Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 3613


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
FICO, BARONI, NICOLA BIANCHI, BRESCIA, CARINELLI, COLONNESE, DE LORENZIS, DELL'ORCO, DI BENEDETTO, DI VITA, D'UVA, LUIGI GALLO, SILVIA GIORDANO, GRILLO, LIUZZI, LOREFICE, MANTERO, MARZANA, NESCI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SPESSOTTO, VACCA, SIMONE VALENTE
Modifiche al testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, in materia di divieto di interruzioni pubblicitarie nelle trasmissioni destinate ai bambini e di partecipazione di minori alle trasmissioni pubblicitarie
Presentata il 16 febbraio 2016


      

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Onorevoli Colleghi! I media tradizionali e i nuovi media possono costituire uno strumento utile all'accrescimento culturale delle nuove generazioni, allo sviluppo del loro senso critico e civico, alla conoscenza e all'ampliamento di nuovi orizzonti artistici e al loro intrattenimento. Tuttavia, quello che intercorre fra i media – soprattutto la televisione – e i minori è un rapporto complesso, fatto non soltanto di opportunità, ma anche di insidie connesse al potere del messaggio televisivo e al ruolo di «autorità morale» che il «piccolo schermo» è in grado di esercitare. Ed è alla luce di tali insidie che il rapporto è stato variamente regolamentato in tutti gli ordinamenti europei.
      Uno degli aspetti più critici, sul quale si concentra la presente proposta di legge, è costituito dagli effetti della pubblicità televisiva sui bambini. Se, da un lato, l'esposizione dei minori al messaggio pubblicitario si è oggi moltiplicata di pari passo con la moltiplicazione dei media, dall'altro la televisione continua ad essere il medium preferito dai bambini, nonché quello più diffuso nelle famiglie dallo status socio-economico più basso.
      Il pericolo maggiore per i minori (almeno fino all'età di otto anni) deriva dall'incapacità di riconoscere il confine tra un messaggio pubblicitario e un prodotto editoriale, per esempio un cartone animato (non a caso, alcuni ordinamenti hanno vietato l'utilizzo dei personaggi di cartoni animati all'interno degli spot pubblicitari). In altri termini, i bambini fino a una certa età non possiedono quegli strumenti e quei «filtri», dati dalla cultura e dall'esperienza, che consentono di cogliere la specifica funzione persuasiva della pubblicità e di conseguenza essi tendono ad attribuire al messaggio pubblicitario un carattere di «verità».
      La conseguenza di tale incapacità di discernimento induce i bambini a manifestare comportamenti consumistici, a volte compulsivi. Alcuni studi, per esempio, si sono concentrati sui notevoli danni alla salute arrecati dalle pubblicità dei fast food o delle merendine confezionate, studi che non a caso sono all'origine di specifiche restrizioni pubblicitarie adottate in diversi ordinamenti.
      Tutelare i bambini dal messaggio pubblicitario significa, in primo luogo, garantire l'effettiva protezione dei loro diritti fondamentali, sanciti nei più diversi atti giuridici sovranazionali, a cominciare da quel diritto a un armonico sviluppo fisico, mentale e morale che risulta inficiato dalla continua esposizione alle comunicazioni commerciali, soprattutto quelle di prodotti che possono rivelarsi nocivi appunto per la salute fisica o mentale del bambino.
      Una piena ed effettiva protezione dei diritti del minore richiede però al legislatore uno sforzo ulteriore, che va oltre le pur necessarie restrizioni pubblicitarie di alcune categorie di prodotti. Tutelare l'armonico sviluppo dei bambini significa, in sostanza, preservarli dai desideri artificiali prodotti dalla pubblicità e impedire che essi siano trattati e considerati fin dalla tenera età come consumatori, a prescindere dal tipo di prodotto pubblicizzato.
      Un tale cambiamento di paradigma consentirebbe ai bambini di guardare i programmi televisivi con la dovuta serenità, senza che a causa della pubblicità siano introdotte dinamiche in grado di generare tensioni e conflitti familiari o di peggiorare i rapporti sociali con i coetanei. Producendo bisogni e desideri artificiali, infatti, la pubblicità crea allo stesso tempo status e quindi, inevitabilmente, differenze di status, che possono essere all'origine di forme di esclusione sociale nell'ambiente scolastico: effetti negativi che si acuiscono negli ambienti socio-economici svantaggiati.
      Occorre perciò chiedersi se il quadro legislativo italiano, che trae direttamente origine dalla normativa dell'Unione europea, sia completo, cioè in grado di arginare le dinamiche descritte. Uno sguardo al panorama regolatorio comparato consente di riscontrare una marcata disomogeneità e frammentarietà delle normative nazionali, malgrado il tentativo a livello europeo di introdurre una cornice unitaria.
      In questo panorama l'Italia s'inserisce nel novero dei Paesi che si sono essenzialmente limitati a rispettare la cornice europea, a differenza di altri che hanno invece introdotto ulteriori limitazioni alla pubblicità specificamente rivolta ai bambini (cosiddetta content-based regulation) o a quella trasmessa nel corso dei programmi per bambini (target-based regulation).
      In via generale, il testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, di seguito «testo unico», di derivazione europea, vieta «le trasmissioni televisive che possono nuocere gravemente allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori, e in particolare i programmi che presentano scene di violenza gratuita o insistita o efferata ovvero pornografiche». Ai sensi del testo unico, inoltre, le emittenti televisive sono tenute a garantire specifiche misure a tutela dei minori sia nella fascia oraria di programmazione dalle ore 16,00 alle ore 19,00 (cosiddetta fascia protetta) sia all'interno dei programmi direttamente rivolti ai minori, con particolare riguardo al contenuto degli spot commerciali.
      Non mancano tuttavia disposizioni più specifiche, sempre di derivazione europea, che regolano il rapporto fra minori e messaggi pubblicitari:

          a) i programmi per i bambini di durata inferiore a 30 minuti non possono essere interrotti da pubblicità o televendite. Contemporaneamente, in virtù di una disposizione legislativa abrogata ma trasfusa nel regolamento di cui alla deliberazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 538/01/CSP del 26 luglio 2001, i cartoni animati, a prescindere dalla loro durata, non possono essere interrotti dalla pubblicità;

          b) l'inserimento di prodotti (cosiddetto product placement) è vietato nei programmi per bambini;

          c) la pubblicità di alcolici non deve rivolgersi espressamente ai minori e non deve mostrare minori intenti a consumare tali bevande;

          d) la pubblicità e le televendite di sigarette o prodotti a base di tabacco, oppure di medicinali disponibili su ricetta, sono vietate;

          e) le comunicazioni commerciali non possono esortare i minori ad acquistare un prodotto o un servizio sfruttandone l'inesperienza o la credulità, esortarli a persuadere genitori o altri ad acquistare tali prodotti e servizi, sfruttare la particolare fiducia che i minori ripongono nei genitori, negli insegnanti o in altre persone e mostrare senza motivo minori che si trovano in situazioni pericolose.
      Il testo unico demanda poi alle stesse emittenti il compito di autoregolamentarsi attraverso un codice di comportamento sulle pubblicità non appropriate che accompagnano o sono inserite nei programmi per bambini, soprattutto per quanto riguarda quelle relative a prodotti alimentari che contengono sostanze la cui assunzione eccessiva nella dieta non è raccomandata. Il Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale, per molti aspetti, si è spinto più avanti della legge, prevedendo, per esempio, l'opportunità di evitare la trasmissione di pubblicità di alcolici in fascia protetta. Analogamente, va sottolineata la decisione assunta dalla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo di non trasmettere più pubblicità sul canale RAI YoYo, uno dei numerosi canali tematici per bambini presenti sulle piattaforme del digitale terrestre e satellitare.
      Malgrado i passi in avanti compiuti sul terreno dell'autoregolamentazione, nel complesso la disciplina vigente appare insufficiente alla piena tutela dell'integrità psichica, fisica e morale dei bambini. Se, infatti, si guarda al rapporto fra minori e pubblicità da una prospettiva culturale differente – secondo la quale la pubblicità costituisce di per sé un danno, dal momento che il bambino non può e non deve essere considerato un consumatore – allora si comprende facilmente come affermare per legge che una comunicazione commerciale «non può esortare i minori ad acquistare un prodotto sfruttandone l'inesperienza o l'incredulità», né può esortarli «a persuadere genitori o altri ad acquistare tali prodotti», sia una manifesta ipocrisia, dato che la persuasione e l'esortazione al possesso costituiscono la ragion d'essere della pubblicità commerciale.
      Muovendo da queste premesse, altri ordinamenti hanno scelto di tutelare i minori dall'impatto pubblicitario attraverso regole più rigide, vietando tout court la pubblicità nei programmi per bambini o vietandola per determinate categorie di prodotti. Così, fra le diverse soluzioni adottate, la Svezia ha introdotto il divieto di pubblicità rivolte ai minori di dodici anni, in Irlanda invece il divieto opera all'interno dei programmi per bambini in età prescolare. In Norvegia sono vietate le comunicazioni commerciali durante e subito prima l'inizio dei programmi per bambini, così come, più in generale, le pubblicità rivolte specificamente ai bambini. Analoghe disposizioni sono state introdotte in Austria, Danimarca e Finlandia. In Belgio non può essere trasmessa alcuna pubblicità 5 minuti prima, 5 minuti dopo e durante i programmi per bambini. In Grecia il divieto di pubblicità riguarda solo i giochi per bambini.
      Al riguardo va sottolineato che la Commissione europea, la Corte europea dei

diritti dell'uomo e altre istituzioni europee tradizionalmente accordano agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità in materia di regolamentazione della pubblicità commerciale, soprattutto quando il bene da proteggere è la morale dei bambini o la morale pubblica. In altri termini, il free commercial speech non gode della stessa tutela di altre forme di free speech. La discrezionalità degli Stati membri in materia di pubblicità commerciale, di per sé già ampia, si allarga ancora di più quando in gioco è la protezione del minore. Analoghe «aperture» si riscontrano sul piano costituzionale interno, se è vero che la libertà di iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana ai sensi dell'articolo 41, secondo comma, della Costituzione. Così ha ribadito anche il giudice amministrativo in relazione alla legittimità del divieto di partecipazione dei minori di quattordici anni negli spot pubblicitari (tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III-ter, sentenza n. 13910 del 2006).
      La presente proposta di legge, nell'estendere il divieto di interruzioni pubblicitarie a tutti i programmi direttamente rivolti ai minori di dieci anni (ovvero ai bambini in età prescolare e scolare), si colloca nell'ambito dei modelli più rigidi a livello europeo, nella consapevolezza, merita ribadirlo, che i diritti dei minori devono essere tutelati pienamente, senza tentennamenti o soluzioni compromissorie. Dal punto di vista del metodo si è scelto di intervenire direttamente sul testo unico, attraverso la tecnica della novellazione, coerentemente con le indicazioni contenute nella circolare del Presidente della Camera dei deputati del 20 aprile 2001.
      Nello specifico, l'articolo 1 della proposta di legge prevede che all'inizio, al termine o durante le trasmissioni rivolte ai bambini fino a dieci anni, a prescindere dalla durata delle stesse, non possa essere trasmessa alcuna forma di pubblicità (viene perciò adoperata l'ampia definizione di comunicazione commerciale audiovisiva, di cui al testo unico).
      Oggi, infatti, la pubblicità è vietata soltanto nei programmi di durata inferiore a 30 minuti ma nulla vieta alle emittenti di trasmettere messaggi pubblicitari all'inizio o al termine del programma, o di ricorrere, grazie a un'interpretazione scorretta delle norme vigenti, all’escamotage della pubblicità fra un episodio e l'altro di un programma per bambini.
      Per le stesse finalità di tutela dei bambini esposte, si è ritenuto coerente introdurre anche il divieto di trasmissione di pubblicità nelle quali siano presenti minori di tredici anni (articolo 2). Invero, tale divieto era stato introdotto già dall'articolo 10, comma 3, della legge n. 112 del 2004 (cosiddetta legge Gasparri), ma era stato eliminato a distanza di appena un anno anche a causa delle veementi proteste degli operatori del settore.
      Giova ripetere, tuttavia, che le limitazioni al free commercial speech, anche quelle più severe, sono tanto più giustificate e necessarie quanto più è a rischio l'effettiva protezione di un interesse pubblico, qual è la garanzia dei diritti fondamentali del minore. In questo senso si è espresso anche il Comitato economico e sociale europeo, nel suo parere del 18 settembre 2012, invitando gli Stati membri a rafforzare la protezione dei minori dall'impatto della pubblicità televisiva.
      Per l'ordinamento italiano sembra maturo il tempo di aggiungere un ulteriore tassello a tutela dei bambini e, per questa via, segnare l'inizio di una piccola rivoluzione culturale che induca a ripensare il modo stesso di intendere l'utilizzo e le finalità dei mezzi di comunicazione. Così come è maturo il tempo di avviare una riflessione sulla frequenza e sugli effetti dei messaggi pubblicitari al di fuori del medium televisivo, per fare sì che anche nel mondo digitale i diritti dei minori possano ricevere la più ampia ed effettiva protezione.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Divieto di trasmissione di comunicazioni commerciali audiovisive).

      1. Il comma 5 dell'articolo 37 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, è sostituito dal seguente:
      «5. Alle emittenti televisive è fatto divieto di inserire qualsiasi comunicazione commerciale audiovisiva durante la trasmissione di funzioni religiose, nonché all'inizio, durante o al termine di programmi o contenitori di programmi rivolti ai bambini fino a dieci anni di età. L'Autorità definisce con proprio regolamento le modalità di applicazione del divieto di cui al presente comma».

Art. 2.
(Partecipazione di minori alle trasmissioni pubblicitarie).

      1. Al comma 8 dell'articolo 34 del testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «È fatto comunque divieto alle emittenti radiotelevisive di trasmettere qualsiasi comunicazione pubblicitaria audiovisiva in cui siano presenti minori di tredici anni».

Art. 3.
(Disposizioni di coordinamento).

      1. Al comma 7 dell'articolo 34 del testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, le parole: «e all'interno dei programmi direttamente rivolti ai minori» sono soppresse.
      2. Al comma 2 dell'articolo 36-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 31

luglio 2005, n. 177, le parole: «che accompagnano i programmi per bambini o vi sono incluse» sono sostituite dalle seguenti: «per i bambini».
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