Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2667


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
CHIMIENTI, BRESCIA, DI BENEDETTO, D'UVA, LUIGI GALLO, MARZANA, VACCA, SIMONE VALENTE, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, BUSINAROLO, BUSTO, CASTELLI, COLLETTI, COLONNESE, DELLA VALLE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, LUPO, MANTERO, PARENTELA, SPADONI, TERZONI, TURCO
Istituzione di percorsi didattici e programmi di educazione alla parità di genere, all'affettività e alla sessualità consapevole nelle scuole secondarie di primo grado e nei primi due anni delle scuole secondarie di secondo grado, nonché integrazione dei corsi di studio universitari
Presentata il 15 ottobre 2014


      

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Onorevoli Colleghi! Da uno studio dell'università di Edimburgo risulta che il 25 per cento dei suicidi tra i ragazzi europei dai 16 ai 25 anni di età è dovuto all'omofobia.
      Relativamente all'Italia, in «Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia», scritto da Marzio Barbagli e Asher Colombo per Il Mulino, si legge che un terzo dei gay e un quarto delle lesbiche hanno pensato almeno una volta di togliersi la vita e nel 6 per cento dei casi ci hanno anche provato.
      Secondo l'Associazione nazionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale, oltre il 90 per cento degli omosessuali almeno una volta nella vita si è sentito discriminato da parte della società o, più in generale, dello Stato. Una condizione che, nel 30 per cento dei casi, emerge anche all'interno di contesti «protetti» come quello della famiglia e del giro di amicizie.
      Alla sequenza di dati citati si aggiungono, con la loro drammaticità, i fatti di cronaca relativi al 2013 nel nostro Paese: nel giro di pochi mesi, tre ragazzi italiani si sono tolti la vita perché non riuscivano a vivere la propria omosessualità. Avevano rispettivamente 21 anni, 14 anni e 15 anni.
      Ora, la domanda è molto semplice: come si può intervenire? Cosa può fare la politica per evitare che l'anno prossimo il bilancio e i dati citati si ripresentino immutati se non addirittura peggiorati?
      Le statistiche esposte e gli innumerevoli fatti di cronaca che hanno descritto in questi ultimi anni episodi di violenze e discriminazioni consumatisi principalmente in ambiente scolastico hanno spinto i deputati proponenti a presentare la proposta di legge, consci del fatto che la difficile via da seguire per contrastare il dilagare degli stereotipi, dei ruoli di genere e i conseguenti drammi che il bullismo omofobico sa scatenare sia proprio la via dell'educazione.
      Non può infatti essere sufficiente un intervento normativo che inasprisca le pene e che dunque intervenga sul versante penale, ad esempio prevedendo l'estensione della legge Mancino-Reale ai reati commessi per motivi omofobici o transfobici, a impedire il verificarsi di episodi che poco hanno a che fare con la violenza fisica, come nei drammatici casi di suicidio avvenuti nel 2013.
      In tutti e tre i casi, le violenze e le discriminazioni subite erano di natura psicologica più che fisica e si sono consumate in ambienti scolastici.
      Nel giugno 2013, il Governo approvava una serie di misure volte a inasprire le pene nei casi di violenza sulle donne, dando attuazione alla Convenzione di Istanbul, sottoscritta nel 2011 dai Paesi dell'Unione europea e resa esecutiva in Italia dalla legge n. 77 del 2013. Tuttavia, il puntuale riverificarsi di episodi di femminicidio (il 2013 ha segnato un incremento del numero di femminicidi rispetto agli anni precedenti, con ben 134 donne uccise, mentre nel 2014 i dati finora registrati indicano un aumento di femminicidi) avalla la teoria secondo cui la violenza di genere, così come l'omofobia, non si combattono efficacemente solo attraverso l'introduzione di sanzioni penali. La legge sul femminicidio si applica prevalentemente dopo che la violenza si è già consumata, concentrandosi sulle fasi della denuncia e dell'assistenza alla donna vittima di violenza.
      Per incidere attivamente sulla prevenzione è fondamentale intervenire nelle scuole, avviando con gli studenti un'attività interdisciplinare che conduca a riflettere sugli stereotipi di genere, a combatterli e a mostrare le continue e distorte costruzioni dei ruoli maschili e femminili. Solo instaurando un dialogo attivo su queste tematiche sarà possibile combattere e superare quei presupposti culturali che alimentano e incentivano la discriminazione tra i sessi e che, se non contrastati, continueranno a crescere.
      Dunque un duplice fronte di azione: da una parte, l'educazione alla parità tra i sessi per prevenire episodi di violenza sulle donne e, dall'altra, l'educazione al rispetto di ogni diversità per prevenire il bullismo omofobo e transfobico. Ciò che conta per il Movimento 5 stelle (M5S) e per i deputati firmatari di questa proposta di legge è la costruzione di una società fondata sul rispetto della diversità e non sull'odio e sulla paura. Per contribuire a raggiungere questo obiettivo ambizioso occorre innanzitutto educare alla diversità e al rispetto di essa.
      In entrambi i casi il M5S ritiene che tali rivoluzioni culturali e i corrispondenti processi educativi si debbano inevitabilmente compiere nei luoghi del sapere, tra i banchi di scuola, nelle aule in cui i ragazzi che diventeranno i cittadini di domani costruiscono giorno dopo giorno la loro personalità.
      Per poterlo fare e per poter dare avvio a questa rivoluzione che non può essere rimandata di un solo giorno occorre dunque concentrarsi sulla scuola, luogo meraviglioso di crescita e di formazione, ma che purtroppo negli ultimi anni è anche diventato teatro di malesseri, disagi e tormenti per i ragazzi. Terreno fertile per il proliferare di pregiudizi e atteggiamenti negativi diffusi nei confronti dell'identità di genere, del ruolo di genere e dell'orientamento sessuale, che gli adolescenti discriminati finiscono per interiorizzare e per tradurre nella paura di essere sbagliati e di non essere amati per questo, spingendosi a compiere gesti estremi. Ci riferiamo, ad esempio al caso già citato di un quattordicenne suicidatosi a Roma lo scorso agosto o ancora alla tragica vicenda di Simone, il ragazzo di 21 anni che si è tolto la vita un anno fa lanciandosi da un terrazzo a Roma e che nei giorni precedenti al suicidio si era sfogato in alcune chiamate alla Gay Help Line, il centro di ascolto rivolto alle persone vittime di omofobia, per le prese in giro e le discriminazioni subite in contesto universitario.
      Sappiamo bene come l'ambiente scolastico possa essere luogo di crescita e di arricchimento umano, ma anche come possa diventare estremamente crudele. Ed è appunto sulla scuola e sulle sue contraddizioni che oggi occorre intervenire. Una società omofoba e transfobica, una società che vive tuttora ancorata al pregiudizio e agli stereotipi di genere potrà essere cambiata soltanto con il sapere e con la cultura della diversità, che va necessariamente introdotta tra quelle mura in cui i ragazzi trascorrono la parte più rilevante della loro vita.
      La scuola è infatti il luogo, come scrivono Davide Dèttore, Paolo Antonelli e Jiska Ristori nel libro «Il bullismo omofobico a scuola», dove si formano le proprie esperienze e le proprie visioni della realtà che permarranno in futuro. «A scuola bambini e adolescenti imparano a relazionarsi e ad avere rapporti con persone “diverse” da loro: vogliono sentirsi parte del gruppo, assomigliare a chi conta, a chi è rispettato, a chi piace. Conseguentemente, possono tendere a conformarsi ad alcuni stereotipi, per essere parte del contesto sociale di riferimento, a discapito di una formazione più libera e più flessibile dei vari aspetti della propria personalità. Chi invece ne è fuori diventa più facilmente vittima di discriminazione ed emarginazione. Gli stereotipi, ed in particolare quelli di genere, sono quindi alla base di possibili successivi episodi di bullismo, frequentemente di tipo omofobico (...)».
      Sul substrato degli stereotipi dilaganti e lasciati sedimentare in classe si innesta dunque come conseguenza logica e inevitabile il divampare del cosiddetto «bullismo omofobico».
      Ecco dunque a nostro avviso qual è il momento esatto del processo di sviluppo su cui intervenire prima che sia troppo tardi e prima che si consumino i drammi descritti: occorre agire prima che lo stereotipo si impossessi del modo di pensare del ragazzo, ne plasmi i comportamenti, i gesti e le azioni e finisca per condizionare anche quelli dei propri compagni. «L'esperienza fatta a scuola dagli individui (nel gruppo classe, nel gruppo dei pari) sancisce il passaggio dai comportamenti individualistici a quelli sociali e morali, e diventa la cinghia di trasmissione che va dal livello individuale/familiare ad un livello più organizzato: la comunità e la società».
      Per farlo occorre agire prima di tutto a scuola, dove «avviene una parte rilevante di quella trasmissione di nozioni, princìpi e atteggiamenti che sono necessari alla formazione dell'identità privata e pubblica degli esseri umani (...) La scuola è una “palestra” di società: proprio perché il fine dell'educazione è la proiezione degli individui nel contesto sociale allargato, essa rappresenta una simulazione di società che permette un esercizio di vivere sociale attraverso una progressiva transizionalità».
      È proprio in questo contesto, in questa «palestra di società» che figure autorevoli, carismatiche e decisive come quelle dei docenti potrebbero intervenire sulla progressiva tessitura di quel substrato di stereotipi, arrestandone il divampare e veicolando nozioni e concetti quali l'equità di genere, l'autodeterminazione e l'accettazione della diversità.
      Esistono naturalmente esempi virtuosi di esperienze scolastiche in cui il discorso sulle variabili sessuali e sul rapporto tra generi viene intrapreso e portato al centro delle dinamiche sociali di una classe, ma nella maggior parte dei casi tutto ciò è taciuto.
      Qualora si dimentichino o si ignorino questi aspetti all'interno delle istituzioni scolastiche l'effetto risulta particolarmente negativo oltre che irreversibile. «La solitudine e l'isolamento sociale delle vittime sono particolarmente pesanti perché, a causa del fatto che gli insegnanti tendono a non percepire il fenomeno, all'interno del contesto comunicativo nel rapporto insegnanti-alunni viene messa in atto una disconferma relazionale del tipo tu non esisti/il problema non esiste».
      Ecco dunque enunciati i motivi che ci hanno spinto a intervenire nei contesti scolastici.
      Il progetto di legge in esame mira infatti alla prevenzione di qualunque forma di discriminazione basata sul genere di appartenenza e sull'orientamento sessuale nei contesti scolastici, al fine di evitare il perpetrarsi di conseguenti fenomeni di violenza e di bullismo attraverso l'introduzione di appositi percorsi didattici nelle scuole secondarie di primo grado e nei primi due anni della scuola secondaria di secondo grado.
      Tali percorsi didattici dovranno essere orientati all'educazione, alla parità di genere, alla diversità e alla sessualità consapevole, ma senza essere strutturati in forma di materia aggiuntiva, con un'ora o più appositamente inserite nell'orario settimanale. Questa soluzione, seppur condivisibile, avrebbe costi notevoli e in questo preciso momento storico rischierebbe di non essere nemmeno discussa per mancanza di coperture.
      La proposta di legge vuole raggiungere lo stesso obiettivo, ma seguendo un percorso differente e a costo zero.
      Innanzitutto si impegna il Governo a istituire una commissione tecnica per la lotta alle discriminazioni e il superamento degli stereotipi di genere, composta da due funzionari di livello dirigenziale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da due funzionari di livello dirigenziale del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri e da tre funzionari di livello dirigenziale dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR). La commissione verrà indirizzata nello svolgimento delle sue funzioni dalla Consulta delle associazioni per la lotta alle discriminazioni e al superamento degli stereotipi di genere, costituita dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca con apposito decreto.
      Sulla base delle indicazioni fornite dalla commissione tecnica, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovrà provvedere a rivedere, mediante decreto, le indicazioni nazionali per il curricolo della scuola d'infanzia e del primo ciclo di istruzione, quelle per gli obiettivi specifici di apprendimento per i licei e le linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento negli istituti tecnici e professionali per il primo biennio, inserendo tra gli obiettivi specifici di apprendimento anche l'educazione alla parità di genere, all'affettività e alla sessualità consapevole.
      In questo modo sarà possibile prevenire la violenza di genere e il bullismo omofobico arricchendo trasversalmente e interdisciplinarmente il discorso a scuola sulle variabili sessuali, sull'equità di genere e sull'accettazione della diversità. Non ci sarà, dunque, una sola ora dedicata a questi aspetti ma, grazie alla modifica e all'integrazione delle linee guida nazionali, i docenti di tutte le materie dovranno introdurre durante lo svolgimento dei programmi delle loro discipline i temi enucleati e racchiusi nella dicitura convenzionale di «educazione alla parità di genere, all'affettività e alla sessualità consapevole».
      Per poter realizzare tutto ciò, naturalmente, occorrerà che i docenti siano adeguatamente formati in tal senso ed è per questo motivo che all'articolo 4 si effettua un rinvio a quanto statuito dal decreto-legge n. 104 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 del 2013, cosiddetto decreto istruzione, che prevede la formazione obbligatoria dei docenti volta all'aumento delle competenze relative all'educazione all'affettività, al rispetto delle diversità, alle pari opportunità e al superamento degli stereotipi di genere.
      Gli stessi docenti potranno essere coadiuvati da membri scelti dagli organi direttivi delle associazioni iscritte al registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo n. 215 del 2003.
      Il momento è decisivo ed è ora che la politica faccia la sua parte per lottare attivamente contro ogni forma di discriminazione a sfondo sessuale.
      Ricordiamo infatti, come affermato dall'Ufficio regionale per l'Europa dell'Organizzazione mondiale della sanità e dal Centro federale per l'educazione alla salute tedesco nell'opuscolo «Standard per l'educazione sessuale in Europa», che l'educazione sessuale come materia scolastica curricolare ha una storia di oltre mezzo secolo, la più lunga rispetto a tutte le altri parti del mondo. È nata ufficialmente in Svezia, dove è divenuta obbligatoria in tutte le scuole fin dal 1955.
      Successivamente, negli anni settanta e ottanta del secolo scorso, molti Paesi dell'Europa occidentale hanno introdotto l'educazione sessuale nei propri ordinamenti scolastici, inizialmente gli altri Stati scandinavi, ma anche altri Paesi. Ad esempio, l'educazione sessuale è stata introdotta in Germania nel 1968 e in Austria nel 1970. Anche in Olanda e in Svizzera ha avuto inizio negli anni settanta.
      Nell'ultimo decennio del novecento e nel primo decennio del nuovo secolo, l'educazione sessuale è stata introdotta dapprima in Francia, nel Regno Unito e in altri Paesi dell'Europa occidentale e, in seguito, gradualmente, in Paesi dell'Europa meridionale, in particolare in Portogallo e in Spagna. Perfino in Irlanda, dove l'opposizione religiosa è tradizionalmente forte, l'educazione sessuale è diventata obbligatoria nelle scuole primarie e secondarie nel 2003.
      A fronte di questi dati, riteniamo sia fondamentale e doveroso avviare al più presto un serio dibattito sul tema e crediamo che la presente proposta di legge possa contribuire a dare un prezioso impulso a questo inevitabile processo.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità).

      1. La scuola è una comunità inclusiva, le cui attività sono volte al superamento di tutte le discriminazioni basate sulla razza, sull'origine etnica, sul sesso, sulla religione, sull'orientamento sessuale o su qualsiasi altra condizione personale dell'individuo.
      2. La scuola e le università, nel pieno rispetto della propria autonomia, incentivano e promuovono politiche sociali volte al contrasto di ogni forma di violenza, di bullismo o di cyberbullismo generata dalle discriminazioni di cui al comma 1 e dal proliferare degli stereotipi di genere. Le scuole di ogni ordine e grado incentivano la diffusione in orario extra-curricolare di corsi e di incontri tra genitori e alunni sul tema delle discriminazioni fondate sul genere di appartenenza e sull'orientamento sessuale.
      3. Le scuole di ogni ordine e grado, nell'ambito delle proprie finalità, dei loro ordinamenti, della propria autonomia e nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla Costituzione, organizzano e promuovono in orario curricolare appositi programmi di educazione alla sessualità consapevole, finalizzati a garantire agli studenti un'adeguata conoscenza della propria sessualità, della salute sessuale, dei metodi contraccettivi e della prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili.

Art. 2.
(Istituzione di percorsi didattici e programmi di educazione alla parità di genere, all'affettività e alla sessualità consapevole nelle scuole secondarie di primo grado e nei primi due anni delle scuole secondarie di secondo grado).

      1. A decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, il Ministro dell'istruzione, dell'università

e della ricerca, di concerto con il Ministro delegato per le pari opportunità, d'intesa con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, promuove, nelle scuole secondarie di primo grado e nei primi due anni delle scuole secondarie di secondo grado, percorsi didattici a carattere interdisciplinare, iniziative e incontri periodici per gli alunni finalizzati a informare e a stimolare la riflessione degli studenti sulle problematiche della violenza di genere, dell'omofobia e della transfobia, del bullismo e del cyberbullismo nonché a superare i pregiudizi fondati sul genere di appartenenza e sull'orientamento sessuale, integrando l'offerta formativa attraverso l'inserimento nei piani di appositi programmi di educazione alla parità di genere, all'affettività e alla sessualità consapevole secondo le modalità di cui all'articolo 4.
Art. 3.
(Istituzione e composizione di una commissione tecnica per la lotta alle discriminazioni e per il superamento degli stereotipi di genere, elaborazione delle linee guida per la realizzazione dei percorsi didattici e dei programmi di educazione alla parità di genere, all'affettività e alla sessualità consapevole).

      1. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con il Capo del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, con decreto da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede all'istituzione e all'organizzazione di una commissione tecnica per la lotta alle discriminazioni e per il superamento degli stereotipi di genere in ambito scolastico, composta da:

          a) due funzionari di livello dirigenziale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

          b) due funzionari di livello dirigenziale del Dipartimento per le pari opportunità;

          c) tre funzionari di livello dirigenziale dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR);

          d) tre esperti in educazione sessuale.

      2. La commissione tecnica di cui al comma 1 elabora le linee guida per la definizione delle modalità di attuazione presso le istituzioni scolastiche delle disposizioni dell'articolo 2.
      3. Le linee guida di cui al comma 2 sono trasmesse al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che le recepisce con apposito decreto, da emanare entro novanta giorni dalla loro ricezione, in osservanza degli obiettivi generali e dei processi formativi propri di ciascun ciclo di istruzione e nel rispetto dell'autonomia scolastica.

Art. 4.
(Integrazione delle indicazioni nazionali dei percorsi di studio).

      1. Sulla base delle indicazioni fornite dalla commissione tecnica di cui all'articolo 3, il Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca provvede a integrare le indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, le indicazioni nazionali degli obiettivi specifici di apprendimento per i licei e le linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento negli istituti tecnici e negli istituti professionali per il primo biennio, al fine di inserire tra gli obiettivi specifici di apprendimento anche l'educazione alla parità di genere, all'affettività e alla sessualità consapevole.

Art. 5.
(Formazione dei docenti).

      1. I percorsi didattici previsti dall'articolo 2 della presente legge sono organizzati e gestiti dai docenti che, secondo quanto stabilito dall'articolo 16 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito,

con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, hanno svolto attività di formazione e di aggiornamento professionali finalizzate all'aumento delle competenze relative all'educazione all'affettività, al rispetto delle diversità, alle pari opportunità e al superamento degli stereotipi di genere, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 5 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119.
      2. I docenti di cui al comma 1 possono essere coadiuvati da membri scelti dagli organi direttivi delle associazioni iscritte al registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni, istituito dell'articolo 6 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215.
Art. 6.
(Rapporto sull'andamento dei percorsi didattici e dei programmi di educazione alla parità di genere, all'affettività e alla sessualità consapevole).

      1. Al termine di ciascun anno scolastico, ogni scuola redige un rapporto sull'andamento dei percorsi di cui agli articoli 2 e 3, che è trasmesso all'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) il quale, nell'ambito delle proprie risorse e competenze, elabora un documento entro il 31 dicembre dell'anno corrente.
      2. Il documento di cui al comma 1 è trasmesso annualmente alle Camere, alla commissione tecnica e alla consulta di cui, rispettivamente, agli articoli 3 e 7.

Art. 7.
(Istituzione e organizzazione di una consulta delle associazioni per la lotta alle discriminazioni e per il superamento degli stereotipi di genere).

      1. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreto da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,

provvede all'istituzione e all'organizzazione di una consulta delle associazioni per la lotta alle discriminazioni e per il superamento degli stereotipi di genere, che svolge un ruolo di indirizzo e di vigilanza sui protocolli e sulle linee guida elaborati dalla commissione tecnica di cui all'articolo 3.
      2. I componenti della consulta di cui al comma 1 sono scelti tra i membri delle associazioni iscritte al registro istituito dall'articolo 6 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215.
Art. 8.
(Modifica dei regolamenti didattici dei corsi di studio universitari).

      1. I regolamenti didattici dei corsi di studio universitari, di cui all'articolo 11, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, deliberati dalla competente struttura didattica in conformità all'ordinamento didattico nel rispetto della libertà di insegnamento, nonché dei diritti e dei doveri dei docenti e degli studenti, sono modificati inserendo al loro interno corsi di studio di educazione alla parità di genere, all'affettività e alla sessualità consapevole.

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