Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4355


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato SBERNA
Disposizioni concernenti il seppellimento dei resti mortali
dei bambini non nati
Presentata l'8 marzo 2017


      

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Onorevoli Colleghi! — L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e il Guttmacher Institute statunitense hanno condotto una ricerca sul numero di aborti nel mondo dalla quale emerge il dato drammatico che nel periodo tra il 2010 e il 2014 sarebbero stati circa 56 milioni i casi di interruzione di gravidanza.
      In Italia, tuttavia, ultimamente il tasso di abortività risulta essere inferiore rispetto a quello degli anni precedenti: dai dati risultanti dalla relazione del Ministro della salute sull'attuazione della legge n. 194 del 1978, presentata il 7 dicembre 2016, risulta che, nel 2014, sono state praticate 96.578 interruzioni volontarie di gravidanza (IVG), mentre nel 2015 ne sono state effettuate 87.639.
      Non è noto, invece, il dato delle IVG operate al di fuori dei limiti consentiti dalla legge. Dalla menzionata relazione emerge una stima preoccupante, tenendo conto anche della diminuzione del numero delle donne in età fertile: secondo L'Istituto superiore di sanità, infatti, il numero di aborti clandestini delle donne italiane è stimato tra 12.000 e 15.000. Per la prima volta è stata effettuata una stima anche per le donne straniere, che è risultata compresa tra 3.000 e 5.000 aborti clandestini.
      L'elevato numero di ginecologi che in Italia risultano essere obiettori di coscienza (circa il 69,3 per cento) lascia presumere che queste stime siano verosimili se non addirittura inferiori a quanto accade nella realtà.
      Opinione diffusa è quella che considera l'aborto come un fatto privato, una decisione che la donna assume in prima persona su di sé, un diritto a lei riconosciuto. Si relega l'uomo in una posizione marginale nel processo decisionale o, comunque, non determinante; la decisione di abortire, al di là della motivazione che la sostanzia, comporta come conseguenza per la donna anche una profonda solitudine. La donna si trova il più delle volte ad affrontare «da sola» un evento che non ha ripercussioni solo sul proprio stato fisico ma anche su tutta la sua vita psichica, cosa peraltro a cui non si presta la necessaria attenzione e su cui non si è sufficientemente informati.
      L'IVG come anche l'aborto spontaneo che riguarda almeno il 15 per cento delle gravidanze clinicamente riconosciute è un'esperienza spesso vissuta dalla donna in modo traumatico, sia sul piano fisico che su quello psichico. La maternità, infatti, come ormai molti psicologi, psicoterapeuti e psicoanalisti affermano costituisce, se vissuta in maniera armonica, un momento maturativo unico per la donna. All'opposto, quando traumaticamente impedita, comporta conseguenze di natura psico-fisica che possono intervenire anche a distanza di 5-10 anni dall'aborto.
      Tra le caratteristiche principali della sindrome post-abortiva è stata individuata la cosiddetta regressione, cioè la tendenza a rivivere l'esperienza passata, come forma di auto-punizione, con il continuo riemergere di stati ansiogeni, disordini alimentari e del sonno.
      Ciò perché l'aborto rimette in gioco dinamiche collegate all'intero sviluppo psicologico della donna (la femminilità, la sessualità, il rapporto futuro con il partner, l'eventualità o meno di avere altri figli eccetera) e pone comunque la donna di fronte ai problemi della perdita e del lutto. L'aborto provoca la brusca interruzione del lungo processo che accompagna la donna nella sua crescita femminile e che costituisce il preludio alla sua esperienza di maternità, ecco perché il lutto che viene elaborato dopo l'aborto rappresenta una fase da cui non si può prescindere in quanto è necessaria l'elaborazione sia della perdita dell’«oggetto» sia della perdita simultanea e concreta di una parte del sé.
      È chiaro che le problematiche psicologiche che possono essere conseguenti a un'interruzione di gravidanza sono molteplici e che l'importanza dello stress dipende dal significato che la donna dà all'evento, da come considera il bambino (ostacolo alla realizzazione di sé, delle proprie aspirazioni, soprattutto lavorative, un grande dono e un modo per dare senso alla vita e al matrimonio) e dalla risonanza che questo ha nell'ambiente circostante.
      Ed è chiaro che anche l'aborto, come qualsiasi altro lutto, richiede tempo per l'elaborazione e cambia da soggetto a soggetto. Tuttavia il seppellimento sicuramente rappresenta una fase importante di questo processo di elaborazione del lutto.
      La normativa vigente prevede la possibilità di sepoltura qualora l'età gestazionale presunta sia pari o superiore a 20 settimane ai sensi degli articoli 7 e 50 del regolamento di polizia mortuaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 285 del 1990.
      Qualora la gestazione sia inferiore a 20 settimane e non vi sia richiesta di sepoltura da parte dei genitori si è a volte fatto riferimento al regolamento recante la disciplina della gestione dei rifiuti sanitari, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2003. Il trattamento dei citati resti umani è stato assimilato al trattamento delle parti anatomiche riconoscibili per le quali è prevista la sepoltura. Così anche alcune regioni hanno regolamentato la materia: ad esempio, il regolamento regionale della Lombardia n. 1 del 2007 prevede, in mancanza della richiesta di sepoltura, che i prodotti abortivi di età gestazionale presunta inferiore a 20 settimane siano trattati in analogia a quanto disposto per le parti anatomiche riconoscibili.
      La presente proposta di legge mira a integrare la normativa vigente in tema di seppellimento dei resti mortali dei bambini non nati ponendo a carico delle strutture sanitarie, siano esse pubbliche, private o private accreditate, l'obbligo di informare i genitori che si trovano ad affrontare l'evento imprevisto di un aborto spontaneo o quello scelto dell'IVG della possibilità di seppellire.
      È un piccolo onere che aiuta a elaborare il lutto di una perdita attraverso il rito del seppellimento di ciò che resta ma anche a pensare alla maternità in termini più coinvolgenti l'intera vita della donna e della coppia e non riducendola a un fatto meramente biologico, nonché a formare una cultura della vita.
      Infatti, se si intende la cultura come insieme di sapere condiviso su cui si regge un gruppo, si comprende come la società umana si formi anche grazie all'informazione. Certo la cultura non è solo un accumulo di dati, ma è soprattutto il risultato del loro filtraggio, tuttavia, la trasmissione di dati che hanno interesse collettivo perché trattano della vita è necessaria perché ciascuna donna e ciascuna coppia genitoriale possano decidere liberamente.
      Il piccolo feto abortito, anche quando si distacca in una fase molto precoce e in modo non integro dal corpo materno, non costituisce una mera parte anatomica, un organo o un tessuto del concepito, ma il corpo del medesimo nella sua sostanziale interezza. Perciò la pietà verso i bambini non nati costituisce un gesto, forse il più semplice, nell'opera della promozione della vita umana da cui non si può prescindere.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Nei casi di concepiti di presunta età di gestazione da 20 a 28 settimane complete, di feti che abbiano presumibilmente compiuto 28 settimane di età intrauterina, nonché di concepiti di presunta età di gestazione inferiore a 20 settimane, la direzione sanitaria delle strutture sanitarie, pubbliche, private e private accreditate, ha l'obbligo di informare per scritto i genitori della possibilità di richiederne la sepoltura.
      2. Per la sepoltura dei concepiti di presunta età di gestazione da 20 a 28 settimane complete, dei feti che abbiano presumibilmente compiuto 28 settimane di età intrauterina, nonché di concepiti di presunta età di gestazione inferiore a 20 settimane, che all'ufficiale di stato civile non siano stati dichiarati come nati morti, i permessi di trasporto e di sepoltura sono rilasciati dall'azienda sanitaria locale.
      3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, i genitori, o chi da essi delegato, sono tenuti a presentare, entro ventiquattro ore dall'espulsione o dall'estrazione del feto, domanda di sepoltura del feto medesimo all'azienda sanitaria locale accompagnata da un certificato medico che ne indichi la presunta età di gestazione e il peso.

Art. 2.

      1. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo provvede ad apportare le modifiche necessarie all'articolo 7 del regolamento di polizia mortuaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, al fine di adeguarlo a quanto disposto dall'articolo 1 della medesima legge.

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