Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4372


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
TINAGLI, MARCO DI MAIO, PARRINI, BOMBASSEI, LIBRANDI
Modifiche all'articolo 13 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di disciplina del lavoro intermittente
Presentata il 16 marzo 2017


      

torna su
Onorevoli Colleghi! – Da molti anni ormai la normativa che disciplina il mercato del lavoro è costantemente volta a trovare un equilibrio tra due diverse esigenze. Da un lato, l'esigenza delle imprese di fare fronte a dinamiche di mercato sempre più instabili e fluttuanti attraverso strumenti che consentano una certa flessibilità nella gestione della forza lavoro. Dall'altro lato, l'imperativo di dare ai lavoratori una serie di tutele e di garanzie che, a prescindere dalle forme attraverso le quali prestano lavoro, consentano una flessibilità che non si traduca in precarizzazione.
      Il processo con cui si è cercato di dare risposta a queste esigenze è stato lungo e faticoso e ha visto l'introduzione, la correzione e talvolta la cancellazione di numerose normative nel tentativo di fornire strumenti sempre più adeguati all'evoluzione del mercato del lavoro. Uno degli strumenti oggetto di numerose modifiche è stato il contratto di lavoro intermittente (o a chiamata), introdotto dal decreto legislativo n. 276 del 2003 (articoli da 33 a 40), successivamente abrogato nel 2007 (articolo 1, comma 45, della legge n. 247 del 2007), per poi essere reintrodotto nel 2008 (con l'articolo 39, comma 10, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008).
      Successivamente, la legge n. 92 del 2012 ha modificato il campo di applicazione del lavoro intermittente limitando la possibilità di applicazione di tali forme contrattuali ai lavoratori con meno di 25 anni di età o a quelli con più di 55 anni di età, anche pensionati.
      L'ultima rilevante riforma del mercato del lavoro è avvenuta con il decreto legislativo n. 81 del 2015, che ha riformato profondamente sia la disciplina relativa ad assunzioni e licenziamenti, sia quella degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro. Tale riforma ha introdotto – parallelamente – forti limitazioni al ricorso a forme contrattuali ritenute meno tutelanti per i lavoratori, come per esempio l'abolizione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, o i limiti per le false partite dell'imposta sul valore aggiunto, nella speranza di far transitare molti lavoratori da queste forme di lavoro finto-autonomo o parasubordinato verso forme contrattuali più tutelanti.
      Questi tentativi effettuati nel tempo sono riusciti solo in parte nei loro obiettivi. Se, infatti, soprattutto a seguito del decreto legislativo n. 81 del 2015 sono aumentate le nuove assunzioni effettuate con contratti a tempo indeterminato, si è però registrato un continuo aumento delle prestazioni di lavoro cosiddetto accessorio, ovvero retribuito attraverso voucher, la cui esplosione è avvenuta in modo particolare a partire dal 2012 (dal 2012 al 2015 i voucher venduti sono infatti passati da 23,8 milioni a 115 milioni).
      Tale dinamica fa pensare che la nuova normativa abbia da un lato consentito l'effettiva transizione di molti lavoratori da forme di lavoro parasubordinato verso forme contrattuali più tutelanti, ma abbia – dall'altro – spinto altri lavoratori verso forme meno tutelanti e più precarie, travolgendo per lo più i lavoratori impiegati in prestazioni di natura occasionale e saltuaria che non abbiano la continuità del lavoro stagionale ma che non possano neppure essere ricompresi nel contratto di lavoro intermittente a causa delle restrizioni sulle condizioni di assunzione ai sensi della normativa vigente (articolo 13, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015).
      Allo stato attuale, il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni a carattere discontinuo e saltuario, ovvero per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno (articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015). Il lavoro intermittente è inoltre utilizzabile per i soli soggetti con più di 55 anni di età, o con meno di 24 anni di età (così come previsto dall'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015). È previsto infine un limite di 400 giornate annue di lavoro effettivo nell'arco di 3 anni solari. Tale limite si applica, nei confronti del medesimo datore di lavoro, a ciascun lavoratore, mentre non è previsto alcun divieto per quanto riguarda la stipulazione di più contratti di lavoro intermittente con datori di lavoro differenti.
      Superato il predetto limite scatta però l'obbligo di trasformare il contratto intermittente in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, pur rimanendo esclusi da tale previsione i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
      La normativa prevede inoltre, a tutela del lavoratore, il principio di non discriminazione: il lavoratore intermittente non può infatti ricevere un trattamento economico e normativo sfavorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte.
      Il trattamento economico e quello previdenziale riconosciuto al lavoratore intermittente è quindi riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione globale e il calcolo delle ferie, e per ciò che riguarda i trattamenti per malattia, gli infortuni sul lavoro, così come per la maternità e i congedi parentali (articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015).
      È evidente che, ai fini del trattamento economico e previdenziale, nonché di altre forme di protezione, il contratto di lavoro intermittente è molto più tutelante per il lavoratore rispetto al lavoro accessorio retribuito tramite voucher. Eppure, la diffusione di questa forma contrattuale è molto limitata. Stando ai dati del Sistema delle comunicazioni obbligatorie, nel corso del 2014 si contavano soltanto 353.525 lavoratori con contratto di lavoro intermittente.
      La presente proposta di legge elimina i vincoli sulle condizioni oggettive dei lavoratori per i quali è possibile stipulare un contratto di lavoro intermittente, con l'obiettivo di stimolare il ricorso a questo strumento rispetto all'utilizzo di forme di lavoro non contrattualizzate o addirittura di lavoro nero.
torna su
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. All'articolo 13 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «È in ogni caso ammesso il contratto di lavoro intermittente per prestazioni che abbiano durata non superiore a 16 ore nell'arco di sette giorni consecutivi, per non più di venticinque settimane nell'arco di dodici mesi consecutivi»;

          b) il comma 2 è abrogato.

Per tornare alla pagina di provenienza azionare il tasto BACK del browser