Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4430


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
SCOPELLITI, CICCHITTO, D'ALIA, MAROTTA
Modifica all'articolo 2-quinquies del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 2008, n. 186, in materia di benefìci per i superstiti delle vittime della criminalità organizzata
Presentata il 13 aprile 2017


      

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Onorevoli Colleghi! — La concessione dei benefìci di legge ai superstiti delle vittime della criminalità organizzata è dettata dalla disciplina prevista dall'articolo 2, comma 21, della legge n. 94 del 2009, che ha modificato la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2-quinquies del decreto-legge n. 151 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 186 del 2008, che prescrive come tali benefìci possano essere concessi solo se i superstiti non risultino in rapporti di coniugio, di convivenza, di parentela o affinità, entro il quarto grado, con soggetti nei cui confronti siano state applicate misure di prevenzione o che risultino indagati per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
      La parentela è il vincolo di sangue che unisce persone discendenti l'una dall'altra o discendenti da uno stipite comune. I parenti in linea retta discendono uno dall'altro (padre e figlio, nonno e nipote), mentre i parenti in linea collaterale hanno uno stipite in comune ma non discendono uno dall'altro (fratelli, cugini, zio e nipote e altri).
      A seconda che si tratti di parentela in linea retta o collaterale, il calcolo cambia. Nella linea retta, i gradi di parentela si calcolano risalendo da un parente all'altro e si contano tutti i parenti intermedi, ad esclusione dell'antenato con cui si vuole stabilire il grado di parentela. Nella linea collaterale, invece, il grado parentale si specifica risalendo da un parente al primo stipite comune, scendendo a un altro parente e contando il numero di parenti intermedi, comprese le due persone fra le quali si vuole determinare la parentela, ma ad esclusione dello stipite comune (i fratelli, ad esempio, sono parenti di secondo grado).
      I parenti entro il quarto grado si individuano negli ascendenti, discendenti, fratelli, sorelle, zii e cugini primi. I gradi di parentela, ai sensi dell'articolo 76 del codice civile, corrispondono ai passaggi di generazione e si computano in via sia diretta che collaterale. Nel nostro ordinamento non è riconosciuto il vincolo parentale oltre il sesto grado, ai sensi dell'articolo 77 del medesimo codice civile.
      Questi, dunque, secondo il nostro ordinamento, sono i gradi parentali:

          primo grado: padre, figlio;

          secondo grado: fratelli, nonni, nipoti (figli dei figli);

          terzo grado: bisnonni, pronipoti (figli di un nipote in linea retta, cioè figlio del figlio del figlio), nipoti in linea collaterale (cioè figli di un fratello o di una sorella), zii (cioè fratelli e sorelle dei genitori);

          quarto grado: primi cugini (cioè figli di un fratello o di una sorella dei genitori), prozii (cioè zii dei genitori, fratelli di uno dei nonni) pronipoti in linea collaterale (figli dei figli dei fratelli).

      L'affinità è invece il vincolo non consanguineo che intercorre fra un individuo e i parenti del suo coniuge, anche se estinto: sono affini entro il secondo grado il coniuge, i suoceri, i generi, le nuore e i cognati. La differenza è che non c'è rapporto di consanguineità. In caso di divorzio o di annullamento del matrimonio si interrompe il rapporto di affinità, mentre nel caso di morte del coniuge l'affinità acquisita rimane tale.
      L'indicazione del quarto grado di parentela o affinità, con riferimento al quale è oggi necessario l'accertamento ai fini dell'ottenimento dei benefìci per i superstiti delle vittime della criminalità organizzata, non è una previsione che tutela le vittime innocenti della criminalità organizzata ma l'introduzione di un tale requisito soggettivo, anche se interpretata dalla giurisprudenza e dal Consiglio di Stato in sede consultiva come una presunzione iuris tantum, è indice di poca conoscenza del fenomeno mafioso e di altrettanta poca sensibilità nei confronti delle vittime stesse.
      È evidente, infatti, che sono meritevoli di tutela anche quei soggetti che hanno pagato con la vita o hanno subìto gravi e irreversibili lesioni per avere saputo dire di no al fenomeno mafioso, non condividendo le azioni e i codici di condotta che l'appartenenza o la semplice vicinanza ad alcuni ambienti malavitosi comporta. Non dice no soltanto il soggetto organico a una organizzazione criminale che incomincia a collaborare con la giustizia, ma dice parimenti no (e per questo a volte paga questo no con la vita) anche chi non condivide e non fa propri certi (sub) valori e cerca di vivere seriamente, silenziosamente e onestamente, anche mettendosi in evidente contrasto con prossimi congiunti, quali genitori, figli o fratelli. Spesso proprio quello che potrebbe sembrare un banale no, il seguire semplicemente un diverso modello di vita, per amore della legalità, della correttezza e dell'onestà è stato pagato ed è pagato da molti onesti cittadini con la vita.
      Per di più le eventuali colpe di prossimi congiunti non possono ricadere certo su chi ha rifiutato modelli di vita delinquenziali o illeciti a volte sacrificando grandissimi affetti e strettissimi legami di sangue. È necessario accertare che il beneficiario di determinati benefìci sia del tutto estraneo ad ambienti delinquenziali o malavitosi, sganciando tale esame dal semplice grado di parentela o affinità o, almeno, limitandolo sull'altro necessario presupposto della convivenza.
      In una realtà sociale come quella attuale spesso molti di noi non sanno bene chi sono i loro parenti o affini di terzo o quarto grado o, comunque, non sanno dove vivono, cosa fanno, se hanno modelli di vita sani e onesti o no. Come si può pensare, allora, che una vittima innocente della criminalità organizzata, che magari è tale per aver allontanato una famiglia o dei parenti, possa non ricevere determinati e dovuti

benefìci per la sola ragione di essere parente o affine di un soggetto che abbia riportato una condanna per reati associativi di stampo mafioso o sia stato destinatario di una misura di prevenzione?
      In determinate realtà sociali come la Sicilia, la Calabria e la Campania, peraltro, può capitare che una indubbia e innocente vittima della criminalità organizzata risulti essere parente o affine entro il quarto grado di un soggetto che abbia riportato una condanna per reati associativi di stampo mafioso o sia stato destinatario di una misura di prevenzione. Tale fatto oggettivo non può precludere alla vittima o ai suoi congiunti di ottenere i benefìci previsti per le vittime innocenti. Fare questo è un'ingiustizia che può essere foriera di un incremento della criminalità organizzata e non di una sua effettiva repressione.
      I fenomeni mafiosi si combattono nelle aule di giustizia, ma qualsiasi condanna può diventare sterile se non si aiutano tanti innocenti che, messi magari a dura prova dalla vita, in situazioni di fortissimo disagio, possono diventare terreno fertile per la criminalità organizzata.
      Appare, pertanto, necessario prevedere accertamenti istruttori che rispondano e contemperino tra loro, da un lato, il pubblico interesse all'erogazione dei benefìci previsti dalla legge in favore dei superstiti delle vittime della criminalità organizzata e, dall'altro, il pubblico interesse a che tali benefìci non siano in nessun caso concessi a coloro che intrattengano relazioni con soggetti nei cui confronti siano state applicate misure di prevenzione o che risultino indagati per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e questo si garantisce contenendo, ragionevolmente, le verifiche istruttorie entro il secondo grado parentale e soprattutto basandosi sul presupposto di un rapporto stabile di convivenza.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. All'articolo 2-quinquies, comma 1, lettera a), del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 2008, n. 186, le parole: «entro il quarto grado» sono sostituite dalle seguenti: «entro il secondo grado e comunque sul presupposto necessario di un rapporto di convivenza al momento in cui si è verificato l'evento criminoso o attuale».

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