Organo inesistente
CAMERA DEI DEPUTATI |
N. 4430 |
primo grado: padre, figlio;
secondo grado: fratelli, nonni, nipoti (figli dei figli);
terzo grado: bisnonni, pronipoti (figli di un nipote in linea retta, cioè figlio del figlio del figlio), nipoti in linea collaterale (cioè figli di un fratello o di una sorella), zii (cioè fratelli e sorelle dei genitori);
quarto grado: primi cugini (cioè figli di un fratello o di una sorella dei genitori), prozii (cioè zii dei genitori, fratelli di uno dei nonni) pronipoti in linea collaterale (figli dei figli dei fratelli).
L'affinità è invece il vincolo non consanguineo che intercorre fra un individuo e i parenti del suo coniuge, anche se estinto: sono affini entro il secondo grado il coniuge, i suoceri, i generi, le nuore e i cognati. La differenza è che non c'è rapporto di consanguineità. In caso di divorzio o di annullamento del matrimonio si interrompe il rapporto di affinità, mentre nel caso di morte del coniuge l'affinità acquisita rimane tale.
L'indicazione del quarto grado di parentela o affinità, con riferimento al quale è oggi necessario l'accertamento ai fini dell'ottenimento dei benefìci per i superstiti delle vittime della criminalità organizzata, non è una previsione che tutela le vittime innocenti della criminalità organizzata ma l'introduzione di un tale requisito soggettivo, anche se interpretata dalla giurisprudenza e dal Consiglio di Stato in sede consultiva come una presunzione iuris tantum, è indice di poca conoscenza del fenomeno mafioso e di altrettanta poca sensibilità nei confronti delle vittime stesse.
È evidente, infatti, che sono meritevoli di tutela anche quei soggetti che hanno pagato con la vita o hanno subìto gravi e irreversibili lesioni per avere saputo dire di no al fenomeno mafioso, non condividendo le azioni e i codici di condotta che l'appartenenza o la semplice vicinanza ad alcuni ambienti malavitosi comporta. Non dice no soltanto il soggetto organico a una organizzazione criminale che incomincia a collaborare con la giustizia, ma dice parimenti no (e per questo a volte paga questo no con la vita) anche chi non condivide e non fa propri certi (sub) valori e cerca di vivere seriamente, silenziosamente e onestamente, anche mettendosi in evidente contrasto con prossimi congiunti, quali genitori, figli o fratelli. Spesso proprio quello che potrebbe sembrare un banale no, il seguire semplicemente un diverso modello di vita, per amore della legalità, della correttezza e dell'onestà è stato pagato ed
è pagato da molti onesti cittadini con la vita.
Per di più le eventuali colpe di prossimi congiunti non possono ricadere certo su chi ha rifiutato modelli di vita delinquenziali o illeciti a volte sacrificando grandissimi affetti e strettissimi legami di sangue. È necessario accertare che il beneficiario di determinati benefìci sia del tutto estraneo ad ambienti delinquenziali o malavitosi, sganciando tale esame dal semplice grado di parentela o affinità o, almeno, limitandolo sull'altro necessario presupposto della convivenza.
In una realtà sociale come quella attuale spesso molti di noi non sanno bene chi sono i loro parenti o affini di terzo o quarto grado o, comunque, non sanno dove vivono, cosa fanno, se hanno modelli di vita sani e onesti o no. Come si può pensare, allora, che una vittima innocente della criminalità organizzata, che magari è tale per aver allontanato una famiglia o dei parenti, possa non ricevere determinati e dovuti
1. All'articolo 2-quinquies, comma 1, lettera a), del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 2008, n. 186, le parole: «entro il quarto grado» sono sostituite dalle seguenti: «entro il secondo grado e comunque sul presupposto necessario di un rapporto di convivenza al momento in cui si è verificato l'evento criminoso o attuale».