XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 19 giugno 2018

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 19 giugno 2018.

      Baldino, Bitonci, Bonafede, Buffagni, Carfagna, Carinelli, Castelli, Cirielli, Colucci, Cominardi, D'Uva, De Micheli, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Fantinati, Ferraresi, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Galizia, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giorgetti, Grillo, Guidesi, Micillo, Morrone, Picchi, Rampelli, Rosato, Spadafora, Spadoni, Terzi, Tofalo, Valente, Raffaele Volpi.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 18 giugno 2018 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
          BIGNAMI: «Disposizioni concernenti la promozione della libertà di culto, il contrasto del fondamentalismo religioso e il censimento dei luoghi di culto» (744);
          POLVERINI: «Modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n.  81, in materia di disciplina del lavoro accessorio» (745);
          CENNI: «Istituzione del Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali» (746).

      Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

      Le seguenti proposte di legge sono state successivamente sottoscritte dal deputato Vianello:
          ZOLEZZI ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 19 agosto 2005, n.  195, in materia di accesso alle informazioni ambientali detenute dalle imprese» (46);
          ZOLEZZI ed altri: «Disposizioni per il censimento dei materiali contenenti amianto, la bonifica progressiva e lo smaltimento sostenibile dei suddetti materiali nei luoghi pubblici e privati, per l'eguaglianza nell'accesso ai benefìci previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto, per l'istituzione del registro economico dell'amianto nonché per il recepimento della direttiva 2009/148/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con l'esposizione all'amianto durante il lavoro» (50);
          DAGA ed altri: «Incentivo per la realizzazione di opere finalizzate al recupero e al riutilizzo delle acque meteoriche» (51);
          VIGNAROLI ed altri: «Modifiche alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, concernenti la gestione dei prodotti e dei rifiuti da essi originati secondo criteri di sostenibilità ambientale e di coesione sociale» (54);
          VIGNAROLI ed altri: «Modifica all'articolo 221 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, in materia di gestione dei rifiuti di imballaggio da parte dei produttori» (55);
          VIGNAROLI ed altri: «Disposizioni per la disciplina e la promozione dell'attività di compravendita di beni usati, istituzione del Consorzio nazionale del riuso, nonché disposizioni per la formazione degli operatori del settore» (56);
          ZOLEZZI ed altri: «Disposizioni in materia di raccolta differenziata e trattamento dei rifiuti sanitari» (57);
          ZOLEZZI ed altri: «Disposizioni in materia di trattamento dei rifiuti organici domestici» (58);
          VIGNAROLI ed altri: «Incentivi per favorire la diffusione dei prodotti derivanti da materiale post-consumo a base plastica (plasmix e scarti non pericolosi dei processi di selezione e di recupero), nonché disposizioni concernenti la realizzazione dei veicoli» (59);
          VIGNAROLI ed altri: «Disposizioni per la reintroduzione del sistema del “vuoto a rendere”» (60);
          DAGA ed altri: «Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.  380, volte all'introduzione di una maggiorazione del contributo per il rilascio del permesso di costruire per gli interventi di trasformazione del territorio eseguiti su aree agricole ovvero libere e non urbanizzate» (61);
          DAGA ed altri: «Disposizioni in materia di recupero degli immobili abbandonati e disciplina delle iniziative di autorecupero» (62);
          DAGA ed altri: «Disposizioni per l'arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli edificati» (63);
          DAGA ed altri: «Disposizioni per la prevenzione e il contrasto del dissesto idrogeologico» (64);
          DAGA ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n.  31, recante attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano» (74);
          DAGA ed altri: «Delega al Governo per la tutela dei consumatori dai rischi connessi con l'uso di materie plastiche nella confezione degli alimenti» (75);
          DAGA ed altri: «Introduzione dell'articolo 6-bis della legge 14 gennaio 2013, n.  10, concernente l'unità di misura arboricola, nonché disposizioni per l'attuazione dell'articolo 6 della medesima legge, in materia di sviluppo degli spazi verdi urbani» (78);
          ZOLEZZI ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, in materia di procedure di bonifica di siti contaminati» (81);
          ZOLEZZI ed altri: «Modifiche all'articolo 411 del codice penale e alla legge 30 marzo 2001, n.  130, concernenti la disciplina della pratica funeraria della cremazione a freddo» (83);
          ZOLEZZI ed altri: «Introduzione del referto epidemiologico nel controllo sanitario della popolazione» (84).

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

      Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 15 giugno 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n.  234, le seguenti relazioni concernenti progetti di atti dell'Unione europea:
          relazione in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico (rifusione) (COM(2018) 234 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e le norme nazionali vigenti;
          relazione in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali (COM(2018) 274 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e le norme nazionali vigenti;
          relazione in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2008/106/CE concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare e che abroga la direttiva 2005/45/CE (COM(2018) 315 final).

      Queste relazioni saranno trasmesse alle competenti Commissioni, non appena costituite.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      La Commissione europea, in data 18 giugno 2018, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che saranno assegnati alle competenti Commissioni, non appena costituite:
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle informazioni elettroniche sul trasporto merci (COM(2018) 279 final), corredata dai relativi allegati (COM(2018) 279 final – Annexes 1 to 2) e dal relativo documento di lavoro dei servizi della Commissione – sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2018) 184 final). Questa proposta è soggetta alla verifica della conformità al principio di sussidiarietà, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea; il termine di otto settimane per la verifica di conformità decorre dal 18 giugno 2018;
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n.  596/2014 e (UE) 2017/1129 per quanto riguarda la promozione dell'uso dei mercati di crescita per le PMI (COM(2018) 331 final), corredata dal relativo documento di lavoro dei servizi della Commissione – sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2018) 244 final);
          Proposta di regolamento del Consiglio che estende agli Stati membri non partecipanti l'applicazione del regolamento (UE) 2018/... che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria per il periodo 2021-2027 (programma «Pericle IV») (COM(2018) 371 final). Questa proposta è soggetta alla verifica della conformità al principio di sussidiarietà, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea; il termine di otto settimane per la verifica di conformità decorre dal 18 giugno 2018;
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma per l'ambiente e l'azione per il clima (LIFE) e abroga il regolamento (UE) n.  1293/2013 (COM(2018) 385 final), corredata dai relativi allegati (COM(2018) 385 final – Annexes 1 to 2);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma «corpo europeo di solidarietà» e abroga i regolamenti [regolamento sul corpo europeo di solidarietà] e (UE) n.  375/2014 (COM(2018) 440 final), corredata dal relativo allegato (COM(2018) 440 final – Annex). Questa proposta è soggetta alla verifica della conformità al principio di sussidiarietà, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea; il termine di otto settimane per la verifica di conformità decorre dal 18 giugno 2018;
          Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce il programma di assistenza alla disattivazione nucleare della centrale nucleare di Ignalina in Lituania (programma Ignalina) e che abroga il regolamento (UE) n.  1369/2013 del Consiglio (COM(2018) 466 final), corredata dai relativi allegati (COM(2018) 466 final – Annexes 1 to 4);
          Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce un programma di finanziamento specifico per la disattivazione degli impianti nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi, e che abroga il regolamento (Euratom) n.  1368/2013 del Consiglio (COM(2018) 467 final), corredata dai relativi allegati (COM(2018) 467 final – Annexes 1 to 4);
          Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla valutazione e sull'attuazione dei programmi UE di assistenza alla disattivazione nucleare in Bulgaria, Slovacchia e Lituania (COM(2018) 468 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo per la gestione integrata delle frontiere, lo Strumento di sostegno finanziario relativo alle attrezzature per il controllo doganale (COM(2018) 474 final), corredata dai relativi allegati (COM(2018) 474 final – Annexes 1 to 2);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo europeo per la difesa (COM(2018) 476 final), corredata dal relativo allegato (COM(2018) 476 final – Annex);
          Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna le proposte di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativi al Fondo europeo di sviluppo regionale e al Fondo di coesione, a un meccanismo per eliminare gli ostacoli giuridici e amministrativi in ambito transfrontaliero e alle disposizioni specifiche per l'obiettivo «Cooperazione territoriale europea» (Interreg) sostenuto dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dagli strumenti di finanziamento esterno (SWD(2018) 283 final).

      La Commissione europea, in data 18 giugno 2018, ha comunicato che i seguenti progetti di atti dell'Unione europea, già annunciati in data 24 maggio e 8, 12, 13, 14 e 15 giugno 2018, sono soggetti alla verifica della conformità al principio di sussidiarietà, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea:
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli ordini europei di produzione e di conservazione di prove elettroniche in materia penale (COM(2018) 225 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante prescrizioni minime per il riutilizzo dell'acqua (COM(2018) 337 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Diritti e valori (COM(2018) 383 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Giustizia (COM(2018) 384 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma antifrode dell'Unione europea (COM(2018) 386 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e che abroga il regolamento (UE) n.  508/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2018) 390 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma di sostegno alle riforme (COM(2018) 391 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Europa digitale per il periodo 2021-2027 (COM(2018) 434 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il meccanismo per collegare l'Europa e abroga i regolamenti (UE) n.  1316/2013 e (UE) n.  283/2014 (COM(2018) 438 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma relativo al mercato unico, alla competitività delle imprese, comprese le piccole e medie imprese, e alle statistiche europee e che abroga i regolamenti (UE) n.  99/2013, (UE) n.  1287/2013, (UE) n.  254/2014, (UE) n.  258/2014, (UE) n.  652/2014 e (UE) 2017/826 (COM(2018) 441 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma «Dogana» per la cooperazione nel settore doganale (COM(2018) 442 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma «Fiscalis» per la cooperazione nel settore fiscale (COM(2018) 443 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma spaziale dell'Unione e l'Agenzia dell'Unione europea per il programma spaziale e che abroga i regolamenti (UE) n.  912/2010, (UE) n.  1285/2013 e (UE) n.  377/2014 e la decisione n.  541/2014/UE (COM(2018) 447 final).

      Il termine di otto settimane per la verifica di conformità decorre, per ciascuno di tali progetti, dal 18 giugno 2018.
      La Commissione europea, in data 19 giugno 2018, ha comunicato che la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che integra la legislazione dell'Unione europea in materia di omologazione in relazione al recesso del Regno Unito dall'Unione (COM(2018) 397 final), già annunciata in data 6 giugno 2018, è soggetta alla verifica della conformità al principio di sussidiarietà, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea; il termine di otto settimane per la verifica di conformità decorre dal 19 giugno 2018.

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

      Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 19 giugno 2018, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, commi 2, lettera b), 3, 5 e 7, della legge 6 giugno 2016, n.  106, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo concernente disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 luglio 2017, n.  117, recante codice del Terzo settore (33).

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

      Nell’Allegato A al resoconto della seduta del 5 giugno 2018, a pagina 7, seconda colonna, quartultima riga, dopo le parole: «della navigazione e al» devono aggiungersi le seguenti: «codice dei contratti pubblici, di cui al».

DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2018 (DOC. LVII, N. 1)

Doc. LVII, n.  1 – Risoluzioni

RISOLUZIONI

      La Camera,
          in sede di esame del Documento di economia e finanza 2018 (Doc LVII n.  1), degli allegati e del relativo annesso,
          premesso che:
              nonostante il Governo tenti di mettere in risalto le performance positive del nostro Paese, ad una più attenta analisi gli indicatori economici che delineano la situazione italiana non appaiono rassicuranti come testimoniato, del resto, dagli ultimissimi dati dell'Istat che evidenziano un deciso rallentamento della ripresa italiana e dell'eurozona;
              nel quadro macroeconomico tendenziale, infatti, la crescita del Pil reale per gli anni 2017-2018 risulta essersi attestata all'1,5 per cento e la previsione per il 2019 passa dall'1,5 all'1,4 per cento. La Commissione europea, tra l'altro, nella giornata del 3 maggio 2018 ha rivisto la crescita italiana per il 2019 ad un livello ancora inferiore, l'1,2 per cento: segnali davvero poco incoraggianti, soprattutto alla luce dei dati previsti dal DEF per il 2020 e il 2021, con una prospettiva di crescita, rispettivamente, dell'1,3 e 1,2 per cento;
              inoltre, il nostro Paese continua ad avere performance delle principali variabili economiche intorno alla metà della media dell'eurozona, in ragione di politiche di bilancio nettamente più restrittive negli ultimi 25 anni. Come sintetizzato in una lettera del Mef alla Commissione europea, l'avanzo primario medio annuo dell'Italia è stato 1,3 per cento;
              il deficit e il debito pubblico tendenziale del 2017 sono rivisti al rialzo, dopo la decisione di Eurostat di includervi anche la spesa per il «salvataggio» delle banche, costato alle casse dello Stato 6,3 miliardi di euro. Rispetto alla NADEF 2017, il deficit per tale anno passa dal 2,1 per cento previsto al 2,3 per cento, mentre il rapporto debito/PIL è pari al 131,8 per cento rispetto al 131,6 per cento previsto;
              anche gli obiettivi di indebitamento tendenziali per i prossimi anni risultano irrealistici ed allarmanti, poiché sono fondamentalmente basati su ulteriori e pesanti riduzioni di spesa pubblica (dalla Sanità, agli investimenti), oltre che sull'innesco nel 2019 delle clausole di salvaguardia per maggiori entrate di 12,4 miliardi di euro nel 2019 e 19,1 miliardi di euro nel 2020: il deficit per il 2018 è infatti previsto all'1,6 per cento, allo 0.8 per cento per il 2019, per poi raggiungere il pareggio nel 2020 e un avanzo dello 0,2 per cento nel 2021: sostanzialmente in linea con il Fiscal Compact;
              sul fronte del lavoro, l'aumento del numero degli occupati e la conseguente crescita del tasso di occupazione a marzo 2018, rilevati dall'ISTAT in un rapporto di qualche giorno fa, non vanno letti con eccessivo ottimismo; dopo i dati del 2017, che hanno visto una netta prevalenza dei contratti a carattere determinato rispetto a quelli a tempo permanente (+ 373 mila contratti contro +73 mila), il 2018 conferma la costante precarizzazione del lavoro: nei primi mesi sono infatti cresciuti i dipendenti a termine, mentre risultano essere diminuiti i contratti a tempo indeterminato e il numero dei lavoratori indipendenti. Tra l'altro, l'aumento dei contratti a tempo indeterminato è quasi esclusivamente concentrato nella fascia di età oltre i 50 anni, mentre nel 2018 la fascia di lavoratori 35-49 anni risulta in calo e la crescita dell'occupazione interessa solamente la componente maschile. La situazione di espansione occupazionale non ha interessato in particolare le donne con figli in età prescolare che non riescono a conciliare i tempi di lavoro e di cura, con un tasso che scende per il secondo anno consecutivo, a dimostrazione della vulnerabilità delle madri sul mercato del lavoro;
              un quadro che dimostra, ancora una volta, come gli incentivi introdotti nella scorsa legislatura per i cosiddetti «contratti a tutele crescenti», che hanno assorbito circa 20 miliardi di euro, abbiano avuto un impatto assai effimero sulla crescita dell'occupazione stabile, non, essendo stati confermati al termine del triennio previsto. In merito, il CNEL ha sottolineato nel corso delle audizioni come la metà dei contratti derivanti dalle agevolazioni del Jobs Act siano scomparsi, con il probabile esito di un aumento del lavoro sommerso. L'occupazione giovanile, la più colpita dalla crisi, non sembra tra l'altro aver giovato delle politiche sul lavoro degli ultimi anni, caratterizzandosi sempre di più per una elevata incidenza dei lavoratori a termine (circa un terzo, in aumento di nove punti rispetto al 2008): tra l'altro, la metà dei giovani a tempo determinato ha un lavoro di durata inferiore a 6 mesi (48,4 per cento, dati ISTAT);
              a tutto ciò si aggiunge da un lato la consistente riduzione del numero annuo di ore lavorate rispetto ai livelli pre-crisi (considerando solo i dipendenti a tempo indeterminato, nel 2017 i lavoratori a tempo pieno sono diminuiti di circa 650 mila unità rispetto al 2008, mentre quelli a tempo parziale sono cresciuti di 720 mila. Il totale dei lavoratori part-time, includendo anche i contratti a tempo determinato, è di 2,6 milioni, di cui più del 60 per cento in part-time involontario), e, dall'altro, l'anemica dinamica salariale, pari allo 0,2 per cento, in rallentamento rispetto al 2016;
              altro fattore molto preoccupante riguarda il livello di investimenti pubblici, che rimane ben al di sotto del tasso pre-crisi, come dimostrano le stime preliminari dell'ISTAT. Dopo la diminuzione significativa del 2016 (pari al 5,1 per cento), nel 2017 è previsto infatti un nuovo calo del 6,2 per cento: un risultato inferiore alle attese del NADEF. La spesa per investimenti nel 2020 è prevista tra l'altro a livelli ancora inferiori rispetto al 2013. Si segnala in tal senso come gli investimenti pubblici con il loro elevato moltiplicatore rappresentino uno strumento essenziale per l'emersione dalla crisi;
              i valori medi degli indicatori economici e sociali sono sempre meno significativi data l'inedita varianza territoriale e per condizione sociale: la disuguaglianza nei redditi, misurata con l'indice di Gini, è passata dal 28 per cento circa della metà degli anni ’80 al 32,5 per cento circa degli anni più recenti (dati OCSE). Se a ciò si aggiunge quanto rilevato dagli indicatori BES il quadro risulta ancora più preoccupante, a causa dell'aggravamento di alcune criticità sul fronte della disuguaglianza e della povertà assoluta, che coinvolge nel 2017 circa 1,8 milioni di famiglie, pari al 6,9 per cento (+0,6 per cento rispetto al 2016): si tratta di 5 milioni di persone, l'8,3 per cento della popolazione; nel periodo pre-crisi il livello si attestava al 3,9 per cento. Tra l'altro, la povertà assoluta non è distribuita in modo omogeneo sul territorio: il 43 per cento si registra nel Mezzogiorno;
              lo scenario globale, europeo e dell'eurozona si prospetta decisamente più difficile rispetto agli ultimi anni alle nostre spalle. In tale contesto, lo stallo politico innalza il rischio di un'offensiva speculativa dei mercati finanziari internazionali, agevolata in autunno dalla fine della protezione dell'ombrello del quantitative easing, che ancora sostiene i corsi dei nostri titoli di Stato e tiene sotto controllo l'innalzamento dello spread;
              in particolare, il nostro Paese necessita di una pluralità di interventi strutturali per la difesa del territorio e dell'ambiente, che richiedono un impegno dello Stato con un piano di investimenti pubblici che consenta: la promozione di un'economia a basse emissioni in linea con gli obiettivi della COP21; un programma di mobilità sostenibile e per la rigenerazione urbana che parta dalle periferie; la strategia «rifiuti zero»; una riduzione dei consumi, in particolare di quelli energetici; un radicale efficientamento di casa, mobilità e trasporti e la contestuale conversione dei consumi residui verso uno scenario al 100 per cento rinnovabile entro il 2050;
              si conferma la costante riduzione del rapporto spesa sanitaria/PIL che si attesta, per il 2018, ad un livello pari al 6.6 per cento, continuando a decrescere nel triennio 2019-2021 per arrivare, alla fine di quest'arco temporale nel 2021, al 6,3 per cento e la mancanza di investimenti in tecnologie avanzate. Questi dati consolidano il definanziamento della sanità pubblica, già significativamente sotto la media dei rispettivi valori della Unione europea a 15, non consentendo di risolvere le criticità concernenti la capacità di garantire livelli di assistenza e servizi. Tale previsione include, inoltre, anche la normativa legata al rinnovo dei contratti per il personale dipendente e convenzionato con il SSN;
              da sottolineare altresì la progressiva decrescita di personale paramedico, necessario al mantenimento di standard accettabili per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale;
              altro preoccupante fenomeno è dato dalla drastica diminuzione nei prossimi anni di medici di base, non adeguatamente rimpiazzabili stante lo sbarramento determinato dal numero chiuso nelle facoltà di medicina;
              il superamento della crisi economica e Finanziaria, ancorché non definitivo, ha inciso sui bilanci degli enti locali e territoriali in modo drammatico, mettendo a rischio la possibilità di garantire i servizi pubblici essenziali, anche a causa del progressivo svuotamento degli investimenti dello Stato a sostegno delle amministrazioni locali;
              a differenza di quanto si continua a raccontare, il principale driver della crescita del nostro Paese a partire dal 2014 è stata la politica monetaria espansiva della Bce, crescita, peraltro, che riguarda tutta l'Eurozona, ma che nel caso italiano è stata pari alla metà della media degli altri Paesi membri;
              l'agenda liberista delle cosiddette «riforme strutturali», dal Jobs Act ai pesanti tagli inferti a settori come quelli sanitario e scolastico, va sostituita con un programma pluriennale keynesiano che faccia ripartire gli investimenti pubblici relegati dagli ultimi due governi al livello più basso che la storia dell'Italia Repubblicana ricordi, in particolare nel Mezzogiorno;
              gli obiettivi programmatici sull'indebitamento netto, previsti nello scenario tendenziale, vanno significativamente innalzati in quanto la loro conferma condannerebbe l'economia italiana alla sostanziale stagnazione, a livelli di disoccupazione inaccettabili ed a forme di occupazione sempre più precaria e sottopagata, tanto più in un quadro di attenuazione della politica monetaria espansiva;
              la compensazione delle clausole di salvaguardia non può avvenire con nuovi tagli di spesa che determinerebbero effetti recessivi ancora maggiori di quelli che deriverebbero dagli aumenti dell'Iva e delle altre imposte indirette,

impegna il Governo:

          a definire un indebitamento netto programmatico pari al 2 per cento di Pil per ciascun degli anni 2019-2021 al fine di:
              1)  rinviare fino al 1 gennaio 2022 le clausole di salvaguardia senza interventi compensativi sul versante delle entrate o delle spese;
              2)  finanziare, con risorse aggiuntive per 0,5 per cento punti percentuali di Pil nel 2019 e per un punto percentuale di Pil nel 2020 e 2021 un programma triennale di investimenti, un green new deal, per la totale decarbonizzazione del nostro Paese è per la transizione da un'economia lineare a una circolare. Un Piano Verde che si concretizzi altresì in un programma pluriennale di piccole opere per la messa in sicurezza del territorio, per la sicurezza anti-sismica e degli edifici scolastici;
              3)  rilanciare le politiche a tutela della Salute e dell'assistenza sanitaria, garantendo che non si scenda al di sotto del livello del 6,6 per cento e assicurando investimenti pubblici per il rinnovamento tecnologico e l'edilizia sanitaria;
          a concentrare i suddetti programmi nel Mezzogiorno, per una quota di risorse complessive non inferiore al 45 per cento del totale;
          a prevedere, al fine della attuazione di tali programmi, le assunzioni necessarie per profili professionali nelle pubbliche amministrazioni centrali e territoriali, anche nei settori della ricerca, dell'università, del sistema formativo, del monitoraggio e della protezione del territorio;
          in deroga a quanto stabilito nell'ultima Legge di bilancio, a prevedere che gli oneri per il rinnovo contrattuale del personale sanitario siano posti a carico del settore del pubblico impiego e non del Fondo per il Servizio Sanitario Nazionale;
          a chiedere una modifica del Fiscal compact che vada nella direzione di una golden ride relativa alle spese per investimenti, anche nazionali, nonché alle spese per Ricerca & Sviluppo e innovazione, escludendo le spese militari;
          a rafforzare in misura adeguata la Web tax e a intensificare il contrasto all'evasione, anche mediante la ristrutturazione delle aliquote IVA, in particolare delle imprese senza residenza fiscale in Italia, dedicando le maggiori risorse:
              1)  ad interventi sul sistema pensionistico per garantire la nona salvaguardia degli esodati, istituire il canale «opzione donna», introdurre il requisito contributivo minimo di 41 anni e la cosiddetta «quota 100» ed eliminare l'innalzamento automatico indifferenziato dell'età di pensionamento all'aspettativa media di vita;
              2)  all'estensione del Rei (reddito di inclusione) al fine di rafforzare le caratteristiche di strumento universale di contrasto alla povertà;
              3)  ad investimenti nei settori dell'istruzione e dell'università pubbliche, anche attraverso: un piano pluriennale di stabilizzazioni nella scuola che garantisca un costante equilibrio tra immissioni dalle graduatorie e nuovo reclutamento, prevedendo l'introduzione dell'organico di potenziamento nella scuola dell'infanzia e rintracciando una immediata soluzione per i docenti diplomati magistrali ante 2001/2002; misure per garantire l'innalzamento dell'obbligo di istruzione, l'aumento del numero dei laureati (soprattutto nelle lauree tecniche e scientifiche), la lotta alla dispersione scolastica, la formazione degli adulti; l'estensione dei servizi educativi per l'infanzia, che ne garantisca la presenza su tutto il territorio nazionale;
          in materia di bilancio delle amministrazioni territoriali e locali, a promuovere un intervento che aumenti progressivamente l'autonomia impositiva dei Comuni, liberando altresì risorse adeguate a garantire programmi di investimento in favore degli enti territoriali e locali;
          inoltre, sul versante della Unione europea e dell'eurozona,

impegna il Governo

          1)  a sostenere l'introduzione, affianco al vincolo del 3 per cento nel rapporto tra deficit di bilancio pubblico e Pil, con pari rilevanza economica c politica, del vincolo del 3 per cento nel rapporto tra saldo commerciale (esportazioni meno importazioni) e Pil e aggiustamenti a carico del Paese «deviante» anche quando il saldo è positivo e supera il 3 per cento del Pil;
          2)  a promuovere un'iniziativa europea per la stabilizzazione e riduzione dei debiti pubblici;
          3) a promuovere la riscrittura di alcune Direttive come, ad esempio, la Direttiva Bolkestcin e quella sui cosiddetti «lavoratori dislocati» (ritoccata di recente) al fine di arginare il dumping sociale determinato dal principio della concorrenza e del «Paese di origine»;
          4)  a rivedere, attraverso un radicale ripensamento, le politiche di «libero scambio», proponendo in primo luogo al Parlamento di non procedere alla ratifica del CETA.
(6-00001) «Fornaro, Fassina, Bersani, Boldrini, Conte, Epifani, Fratoianni, Muroni, Occhionero, Palazzotto, Pastorino, Rostan, Speranza, Stumpo».


      La Camera,
          in sede di esame del Documento di economia e finanza 2018 (Doc LVII n.  1), degli allegati e del relativo annesso,
          premesso che:
              nonostante il Governo tenti di mettere in risalto le performance positive del nostro Paese, ad una più attenta analisi gli indicatori economici che delineano la situazione italiana non appaiono rassicuranti come testimoniato, del resto, dagli ultimissimi dati dell'Istat che evidenziano un deciso rallentamento della ripresa italiana e dell'eurozona;
              nel quadro macroeconomico tendenziale, infatti, la crescita del Pil reale per gli anni 2017-2018 risulta essersi attestata all'1,5 per cento e la previsione per il 2019 passa dall'1,5 all'1,4 per cento. La Commissione europea, tra l'altro, nella giornata del 3 maggio 2018 ha rivisto la crescita italiana per il 2019 ad un livello ancora inferiore, l'1,2 per cento: segnali davvero poco incoraggianti, soprattutto alla luce dei dati previsti dal DEF per il 2020 e il 2021, con una prospettiva di crescita, rispettivamente, dell'1,3 e 1,2 per cento;
              inoltre, il nostro Paese continua ad avere performance delle principali variabili economiche intorno alla metà della media dell'eurozona, in ragione di politiche di bilancio nettamente più restrittive negli ultimi 25 anni. Come sintetizzato in una lettera del Mef alla Commissione europea, l'avanzo primario medio annuo dell'Italia è stato 1,3 per cento;
              il deficit e il debito pubblico tendenziale del 2017 sono rivisti al rialzo, dopo la decisione di Eurostat di includervi anche la spesa per il «salvataggio» delle banche, costato alle casse dello Stato 6,3 miliardi di euro. Rispetto alla NADEF 2017, il deficit per tale anno passa dal 2,1 per cento previsto al 2,3 per cento, mentre il rapporto debito/PIL è pari al 131,8 per cento rispetto al 131,6 per cento previsto;
              anche gli obiettivi di indebitamento tendenziali per i prossimi anni risultano irrealistici ed allarmanti, poiché sono fondamentalmente basati su ulteriori e pesanti riduzioni di spesa pubblica (dalla Sanità, agli investimenti), oltre che sull'innesco nel 2019 delle clausole di salvaguardia per maggiori entrate di 12,4 miliardi di euro nel 2019 e 19,1 miliardi di euro nel 2020: il deficit per il 2018 è infatti previsto all'1,6 per cento, allo 0,8 per cento per il 2019, per poi raggiungere il pareggio nel 2020 e un avanzo dello 0,2 per cento nel 2021: sostanzialmente in linea con il Fiscal Compact;
              sul fronte del lavoro, l'aumento del numero degli occupati e la conseguente crescita del tasso di occupazione a marzo 2018, rilevati dall'ISTAT in un rapporto di qualche giorno fa, non vanno letti con eccessivo ottimismo; dopo i dati del 2017, che hanno visto una netta prevalenza dei contratti a carattere determinato rispetto a quelli a tempo permanente (+ 373 mila contratti contro +73 mila), il 2018 conferma la costante precarizzazione del lavoro: nei primi mesi sono infatti cresciuti i dipendenti a termine, mentre risultano essere diminuiti i contratti a tempo indeterminato e il numero dei lavoratori indipendenti. Tra l'altro, l'aumento dei contratti a tempo indeterminato è quasi esclusivamente concentrato nella fascia di età oltre i 50 anni, mentre nel 2018 la fascia di lavoratori 35-49 anni risulta in calo e la crescita dell'occupazione interessa solamente la componente maschile. La situazione di espansione occupazionale non ha interessato in particolare le donne con figli in età prescolare che non riescono a conciliare i tempi di lavoro e di cura, con un tasso che scende per il secondo anno consecutivo, a dimostrazione della vulnerabilità delle madri sul mercato del lavoro;
              un quadro che dimostra, ancora una volta, come gli incentivi introdotti nella scorsa legislatura per i cosiddetti «contratti a tutele crescenti», che hanno assorbito circa 20 miliardi di euro, abbiano avuto un impatto assai effimero sulla crescita dell'occupazione stabile, non, essendo stati confermati al termine del triennio previsto. In merito, il CNEL ha sottolineato nel corso delle audizioni come la metà dei contratti derivanti dalle agevolazioni del Jobs Act siano scomparsi, con il probabile esito di un aumento del lavoro sommerso. L'occupazione giovanile, la più colpita dalla crisi, non sembra tra l'altro aver giovato delle politiche sul lavoro degli ultimi anni, caratterizzandosi sempre di più per una elevata incidenza dei lavoratori a termine (circa un terzo, in aumento di nove punti rispetto al 2008): tra l'altro, la metà dei giovani a tempo determinato ha un lavoro di durata inferiore a 6 mesi (48,4 per cento, dati ISTAT);
              a tutto ciò si aggiunge da un lato la consistente riduzione del numero annuo di ore lavorate rispetto ai livelli pre-crisi (considerando solo i dipendenti a tempo indeterminato, nel 2017 i lavoratori a tempo pieno sono diminuiti di circa 650 mila unità rispetto al 2008, mentre quelli a tempo parziale sono cresciuti di 720 mila. Il totale dei lavoratori part-time, includendo anche i contratti a tempo determinato, è di 2,6 milioni, di cui più del 60 per cento in part-time involontario), e, dall'altro, l'anemica dinamica salariale, pari allo 0,2 per cento, in rallentamento rispetto al 2016;
              altro fattore molto preoccupante riguarda il livello di investimenti pubblici, che rimane ben al di sotto del tasso pre-crisi, come dimostrano le stime preliminari dell'ISTAT. Dopo la diminuzione significativa del 2016 (pari al 5,1 per cento), nel 2017 è previsto infatti un nuovo calo del 6,2 per cento: un risultata inferiore alle attese del NADEF. La spesa per investimenti nel 2020 è prevista tra l'altro a livelli ancora inferiori rispetto al 2013. Si segnala in tal senso come gli investimenti pubblici con il loro elevato moltiplicatore rappresentino uno strumento essenziale per l'emersione dalla crisi;
              i valori medi degli indicatori economici e sociali sono sempre meno significativi data l'inedita varianza territoriale e per condizione sociale: la disuguaglianza nei redditi, misurata con l'indice di Gini, è passata dal 28 per cento circa della metà degli anni ’80 al 32,5 per cento circa degli anni più recenti (dati OCSE). Se a ciò si aggiunge quanto rilevato dagli indicatori BES il quadro risulta ancora più preoccupante, a causa dell'aggravamento di alcune criticità sul fronte della disuguaglianza e della povertà assoluta, che coinvolge nel 2017 circa 1,8 milioni di famiglie, pari al 6,9 per cento (+0,6 per cento rispetto al 2016): si tratta di 5 milioni di persone, l'8,3 per cento della popolazione; nel periodo pre-crisi il livello si attestava al 3,9 per cento. Tra l'altro, la povertà assoluta non è distribuita in modo omogeneo sul territorio: il 43 per cento si registra nel Mezzogiorno;
              lo scenario globale, europeo e dell'eurozona si prospetta decisamente più difficile rispetto agli ultimi anni alle nostre spalle. In tale contesto, lo stallo politico innalza il rischio di un'offensiva speculativa dei mercati finanziari internazionali, agevolata in autunno dalla fine della protezione dell'ombrello del quantitative easing, che ancora sostiene i corsi dei nostri titoli di Stato e tiene sotto controllo l'innalzamento dello spread;
              in particolare, il nostro Paese necessita di una pluralità di interventi strutturali per la difesa del territorio e dell'ambiente, che richiedono un impegno dello Stato con un piano di investimenti pubblici che consenta: la promozione di un'economia a basse emissioni in linea con gli obiettivi della COP21; un programma di mobilità sostenibile e per la rigenerazione urbana che parta dalle periferie; la strategia «rifiuti zero»; una riduzione dei consumi, in particolare di quelli energetici; un radicale efficientamento di casa, mobilità e trasporti e la contestuale conversione dei consumi residui verso uno scenario al 100 per cento rinnovabile entro il 2050;
              si conferma la costante riduzione del rapporto spesa sanitaria/PIL che si attesta, per il 2018, ad un livello pari al 6.6 per cento, continuando a decrescere nel triennio 2019-2021 per arrivare, alla fine di quest'arco temporale nel 2021, al 6,3 per cento e la mancanza di investimenti in tecnologie avanzate. Questi dati consolidano il definanziamento della sanità pubblica, già significativamente sotto la media dei rispettivi valori della Unione europea a 15, non consentendo di risolvere le criticità concernenti la capacità di garantire livelli di assistenza e servizi. Tale previsione include, inoltre, anche la normativa legata al rinnovo dei contratti per il personale dipendente e convenzionato con il SSN;
              da sottolineare altresì la progressiva decrescita di personale paramedico, necessario al mantenimento di standard accettabili per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale;
              altro preoccupante fenomeno è dato dalla drastica diminuzione nei prossimi anni di medici di base, non adeguatamente rimpiazzabili stante lo sbarramento determinato dal numero chiuso nelle facoltà di medicina;
              il superamento della crisi economica e finanziaria, ancorché non definitivo, ha inciso sui bilanci degli enti locali e territoriali in modo drammatico, mettendo a rischio la possibilità di garantire i servizi pubblici essenziali, anche a causa del progressivo svuotamento degli investimenti dello Stato a sostegno delle amministrazioni locali;
              a differenza di quanto si continua a raccontare, il principale driver della crescita del nostro Paese a partire dal 2014 è stata la politica monetaria espansiva della Bce, crescita, peraltro, che riguarda tutta l'Eurozona, ma che nel caso italiano è stata pari alla metà della media degli altri Paesi membri;
              l'agenda liberista delle cosiddette «riforme strutturali», dal Jobs Act ai pesanti tagli inferti a settori come quelli sanitario e scolastico, va sostituita con un programma pluriennale keynesiano che faccia ripartire gli investimenti pubblici relegati dagli ultimi due governi al livello più basso che la storia dell'Italia Repubblicana ricordi, in particolare nel Mezzogiorno;
              gli obiettivi programmatici sull'indebitamento netto, previsti nello scenario tendenziale, vanno significativamente innalzati in quanto la loro conferma condannerebbe l'economia italiana alla sostanziale stagnazione, a livelli di disoccupazione inaccettabili ed a forme di occupazione sempre più precaria e sottopagata, tanto più in un quadro di attenuazione della politica monetaria espansiva;
              la compensazione delle clausole di salvaguardia non può avvenire con nuovi tagli di spesa che determinerebbero effetti recessivi ancora maggiori di quelli che deriverebbero dagli aumenti dell'Iva e delle altre imposte indirette,

impegna il Governo

          a definire un indebitamento netto programmatico pari al 2 per cento di Pil per ciascun degli anni 2019-2021 al fine di:
              1)  rinviare fino al 1 gennaio 2022 le clausole di salvaguardia senza interventi compensativi sul versante delle entrate o delle spese;
              2)  finanziare, con risorse aggiuntive per 0,5 per cento punti percentuali di Pil nel 2019 e per un punto percentuale di Pil nel 2020 e 2021, un programma triennale di investimenti, un green new deal, per la totale decarbonizzazione del nostro Paese e per la transizione da un'economia lineare a una circolare. Un Piano Verde che si concretizzi altresì in un programma pluriennale di piccole opere per la messa in sicurezza del territorio, per la sicurezza anti-sismica e degli edifici scolastici;
              3)  rilanciare le politiche a tutela della salute e dell'assistenza sanitaria, garantendo che non si scenda al di sotto del livello del 6,6 per cento e assicurando investimenti pubblici per il rinnovamento tecnologico e l'edilizia sanitaria;
          a concentrare i suddetti programmi nel Mezzogiorno, per una quota di risorse complessive non inferiore al 45 per cento del totale e per l'occupazione giovanile e femminile. La discriminazione delle donne nel mercato del lavoro è inaccettabile e fattore di freno dello sviluppo;
          a prevedere, al fine della attuazione di tali programmi, le assunzioni necessarie per profili professionali nelle pubbliche amministrazioni centrali e territoriali, anche nei settori della ricerca, dell'università, del sistema formativo, del monitoraggio e della protezione del territorio;
          in deroga a quanto stabilito nell'ultima Legge di bilancio, a prevedere che gli oneri per il rinnovo contrattuale del personale sanitario siano posti a carico del settore del pubblico impiego e non del Fondo per il Servizio Sanitario Nazionale;
          a chiedere una modifica del Fiscal compact che vada nella direzione di una golden ride relativa alle spese per investimenti, anche nazionali, nonché alle spese per Ricerca & Sviluppo e innovazione, escludendo le spese militari;
          a rafforzare in misura adeguata la Web tax e a intensificare il contrasto all'evasione, anche mediante la ristrutturazione delle aliquote IVA, in particolare delle imprese senza residenza fiscale in Italia, dedicando le maggiori risorse:
              1)  ad interventi sul sistema pensionistico per garantire la nona salvaguardia degli esodati, istituire il canale «opzione donna», introdurre il requisito contributivo minimo di 41 anni e la cosiddetta «quota 100» ed eliminare l'innalzamento automatico indifferenziato dell'età di pensionamento all'aspettativa media di vita;
              2)  all'estensione del Rei (reddito di inclusione) al fine di rafforzare le caratteristiche di strumento universale di contrasto alla povertà;
              3)  ad investimenti nei settori dell'istruzione e dell'università pubbliche, anche attraverso: un piano pluriennale di stabilizzazioni nella scuola che garantisca un costante equilibrio tra immissioni dalle graduatorie e nuovo reclutamento, prevedendo l'introduzione dell'organico di potenziamento nella scuola dell'infanzia e rintracciando una immediata soluzione per i docenti diplomati magistrali ante 2001/2002; misure per garantire l'innalzamento dell'obbligo di istruzione, l'aumento del numero dei laureati (soprattutto nelle lauree tecniche e scientifiche), la lotta alla dispersione scolastica, la formazione degli adulti; l'estensione dei servizi educativi per l'infanzia, che ne garantisca la presenza su tutto il territorio nazionale;
          in materia di bilancio delle amministrazioni territoriali e locali, a promuovere un intervento che aumenti progressivamente l'autonomia impositiva dei Comuni, liberando altresì risorse adeguate a garantire programmi di investimento in favore degli enti territoriali e locali;
          inoltre, sul versante della Unione europea e dell'eurozona,

impegna il Governo

          1)  a sostenere l'introduzione, affianco al vincolo del 3 per cento nel rapporto tra deficit di bilancio pubblico e Pil, con pari rilevanza economica c politica, del vincolo del 3 per cento nel rapporto tra saldo commerciale (esportazioni meno importazioni) e Pil e aggiustamenti a carico del Paese «deviante» anche quando il saldo è positivo e supera il 3 per cento del Pil;
          2)  a promuovere un'iniziativa europea per la stabilizzazione e riduzione dei debiti pubblici;
          3)  a promuovere la riscrittura di alcune direttive come, ad esempio, la Direttiva Bolkestcin e quella sui cosiddetti «lavoratori dislocati» (ritoccata di recente) al fine di arginare il dumping sociale determinato dal principio della concorrenza e del «Paese di origine»;
          4)  a rivedere, attraverso un radicale ripensamento, le politiche di «libero scambio», proponendo in primo luogo al Parlamento di non procedere alla ratifica del CETA.
(6-00001)
(Nuova formulazione) «Fornaro, Fassina, Bersani, Boldrini, Conte, Epifani, Fratoianni, Muroni, Occhionero, Palazzotto, Pastorino, Rostan, Speranza, Stumpo».


      La Camera,
          premesso che:
              il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio;
              il DEF si articola in tre sezioni e si inquadra al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell'Unione europea;
              il DEF viene trasmesso alle Camere entro il 10 aprile affinché esse si esprimano su tali obiettivi e sulle conseguenti strategie di politica economica contenute nel Documento;
              dopo il passaggio parlamentare, il Programma di Stabilità e il Programma Nazionale di Riforma vanno inviati al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile.
Il Documento è stato trasmesso in data successiva a quella prevista, dilatando quindi le tutte le tempistiche relative all'esame del documento;
              il DEF all'esame, presentato dal Governo Gentiloni non reca il nuovo quadro programmatico, limitandosi pertanto all'aggiornamento delle previsioni macroeconomiche ed al quadro di finanza pubblica tendenziale che ne consegue, tenendo conto della legge di bilancio 2018;
              per quanto riguarda il quadro macroeconomico, il DEF 2018 espone l'analisi del quadro macroeconomico italiano relativo all'anno 2017 e le previsioni tendenziali per l'anno in corso e per il periodo 2019-2021;
              il Documento stima una crescita del PIL nel 2018 all'1,5 per cento, invariata rispetto ai valori indicati nella Nota di aggiornamento del DEF 2017 dello scorso settembre;
              negli anni successivi, il DEF prevede che il tasso di crescita reale si posizioni all'1,4 per cento nel 2019 e all'1,3 per cento nel 2020, sia in ragione di una maggiore cautela nella valutazione dei rischi geopolitici di medio termine (che si sono più chiaramente evidenziati negli ultimi mesi), sia per effetto dell'aumento previsto delle imposte indirette, derivante dalle c.d. clausole di salvaguardia;
              Per il 2021, infine, il tasso di crescita del PIL è stimato pari all'1,2 per cento;
              in base a quanto previsto dalla legge n.  243 del 2012, in coerenza con le regole europee, le previsioni macroeconomiche del DEF sono state sottoposte alla verifica dell'Ufficio parlamentare di Bilancio, che ha validato il quadro previsionale con propria nota del 5 aprile 2018;
              diversi osservatori, tra cui l'ISTAT, segnalano il rischio di sovrastima della crescita;
              per quanto riguarda il quadro di finanza pubblica, il Documento espone un indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche del 2017 pari al 2,3 per cento, in miglioramento di 0,2 punti percentuali rispetto al dato 2016 (2,5 per cento) ed in continuazione del percorso discendente avviato nel 2015, quando rispetto al 2014 si era registrato un livello di deficit pari al 3 per cento;
              il dato 2017 è lievemente superiore al 2,1 previsto nella Nota di aggiornamento dello scorso settembre, a causa dell'impatto determinato su tale saldo dall'intervento di risanamento del settore bancario operato a seguito del decreto-legge n.  99 del 2017;
              per gli anni successivi il quadro previsionale colloca l'indebitamento all'1,6 per cento di Pil nel 2018, allo 0,8 nel 2019 ed infine in pareggio nel 2020, fino a pervenire ad una posizione di avanzo dello 0,2 per cento nel 2021;
              non essendo il documento provvisto del quadro programmatico, il quadro a legislazione vigente contempla l'aumento delle imposte indirette nel 2019 e, in minor misura, nel 2020;
              con riguardo al debito pubblico, il quadro tendenziale pone il rapporto debito/PIL per il 2018 al 130,8 per cento, in discesa dal 131,8 del 2017. Il documento in esame stima di raggiungere il 122,0 per cento nel 2021;
              il quadro di finanza pubblica contenuto nel DEF individua il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale – vale a dire l'obiettivo di medio termine (OMT) per l'Italia – nel 2020, secondo quanto già previsto nella Nota di aggiornamento 2017. Si prevede infatti che il saldo strutturale negativo, che è stato pari a -1,1 per cento di Pil nel 2017, diminuirebbe rapidamente nel triennio successivo, sino a collocarsi in territorio positivo (+0,1 per cento) a fine 2020, che si mantiene anche nel 2021.
              la Commissione europea stima un saldo strutturale peggiore rispetto al DEF di -0,6 punti di PIL nel 2017, -0,7 punti nel 2018 e -1,6 punti nel 2019;
              la terza Sezione del DEF 2018 reca il Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in stretta relazione con quanto previsto nel Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delle finanze pubbliche, in coerenza con gli indirizzi formulati dalle istituzioni europee nell'ambito del semestre Europeo;
              nella riunione dell'11 luglio 2017 il Consiglio dell'Unione europea ha approvato le raccomandazioni specifiche per paese, chiudendo così il ciclo annuale del Semestre medesimo. Per quanto riguarda l'Italia, si tratta di quattro raccomandazioni, riguardanti gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità (I), la giustizia, la pubblica amministrazione e la concorrenza (II), i crediti deteriorati e il settore bancario (III), il mercato del lavoro e la spesa sociale (IV),

impegna il Governo

          a presentare al Consiglio europeo e alla Commissione europea il Programma di Stabilità e il Programma Nazionale di Riforma formulati in armonia con l'indirizzo politico-economico emerso dal programma di Governo presentato al Parlamento per la fiducia;
          ad assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco della clausole di salvaguardia inerenti l'aumento delle aliquote IVA e delle accise su benzina e gasoli;
          ad individuare le misure da adottare nel 2018 nel rispetto dei saldi di bilancio ed a riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica nel rispetto degli impegni europei per quanto riguarda i saldi di bilancio 2019-2021;
          ad individuare gli interventi prioritari necessari per dare attuazione alle linee programmatiche indicate dal Presidente del Consiglio dei ministri nelle sue comunicazioni alle Camere e su cui ha ottenuto la fiducia, sottoponendo tempestivamente tali nuovi indirizzi all'approvazione parlamentare e presentando quindi al Consiglio europeo e alla Commissione europea un aggiornamento del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma.
(6-00002) «D'Uva, Molinari».


      La Camera,
          premesso che:
              il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio;
              il DEF si articola in tre sezioni e si inquadra al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell'Unione europea;
              il DEF viene trasmesso alle Camere entro il 10 aprile affinché esse si esprimano su tali obiettivi e sulle conseguenti strategie di politica economica contenute nel Documento;
              dopo il passaggio parlamentare, il Programma di Stabilità e il Programma Nazionale di Riforma vanno inviati al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile.
Il Documento è stato trasmesso in data successiva a quella prevista, dilatando quindi le tutte le tempistiche relative all'esame del documento;
              il DEF all'esame, presentato dal Governo Gentiloni non reca il nuovo quadro programmatico, limitandosi pertanto all'aggiornamento delle previsioni macroeconomiche ed al quadro di finanza pubblica tendenziale che ne consegue, tenendo conto della legge di bilancio 2018;
              per quanto riguarda il quadro macroeconomico, il DEF 2018 espone l'analisi del quadro macroeconomico italiano relativo all'anno 2017 e le previsioni tendenziali per l'anno in corso e per il periodo 2019-2021;
              il Documento stima una crescita del PIL nel 2018 all'1,5 per cento, invariata rispetto ai valori indicati nella Nota di aggiornamento del DEF 2017 dello scorso settembre;
              negli anni successivi, il DEF prevede che il tasso di crescita reale si posizioni all'1,4 per cento nel 2019 e all'1,3 per cento nel 2020, sia in ragione di una maggiore cautela nella valutazione dei rischi geopolitici di medio termine (che si sono più chiaramente evidenziati negli ultimi mesi), sia per effetto dell'aumento previsto delle imposte indirette, derivante dalle cosiddette clausole di salvaguardia;
              Per il 2021, infine, il tasso di crescita del PIL è stimato pari all'1,2 per cento;
              in base a quanto previsto dalla legge n.  243 del 2012, in coerenza con le regole europee, le previsioni macroeconomiche del DEF sono state sottoposte alla verifica dell'Ufficio parlamentare di Bilancio, che ha validato il quadro previsionale con propria nota del 5 aprile 2018;
              diversi osservatori, tra cui l'ISTAT, segnalano il rischio di sovrastima della crescita;
              per quanto riguarda il quadro di finanza pubblica, il Documento espone un indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche del 2017 pari al 2,3 per cento, in miglioramento di 0,2 punti percentuali rispetto al dato 2016 (2,5 per cento) ed in continuazione del percorso discendente avviato nel 2015, quando rispetto al 2014 si era registrato un livello di deficit pari al 3 per cento;
              il dato 2017 è lievemente superiore al 2,1 previsto nella Nota di aggiornamento dello scorso settembre, a causa dell'impatto determinato su tale saldo dall'intervento di risanamento del settore bancario operato a seguito decreto-legge n.  99 del 2017;
              per gli anni successivi il quadro previsionale colloca l'indebitamento all'1,6 per cento di Pil nel 2018, allo 0,8 nel 2019 ed infine in pareggio nel 2020, fino a pervenire ad una posizione di avanzo dello 0,2 per cento nel 2021;
              non essendo il documento provvisto del quadro programmatico, il quadro a legislazione vigente contempla l'aumento delle imposte indirette nel 2019 e, in minor misura, nel 2020;
              con riguardo al debito pubblico, il quadro tendenziale pone il rapporto debito/PIL per il 2018 al 130,8 per cento, in discesa dal 131,8 del 2017. Il documento in esame stima di raggiungere il 122,0 per cento nel 2021;
              il quadro di finanza pubblica contenuto nel DEF individua il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale – vale a dire l'obiettivo di medio termine (OMT) per l'Italia – nel 2020, secondo quanto già previsto nella Nota di aggiornamento 2017. Si prevede infatti che il saldo strutturale negativo, che è stato pari a -1,1 per cento di Pil nel 2017, diminuirebbe rapidamente nel triennio successivo, sino a collocarsi in territorio positivo (+0,1 per cento) a fine 2020, che si mantiene anche nel 2021;
              la Commissione europea stima un saldo strutturale peggiore rispetto al DEF di -0,6 punti di PIL nel 2017, -0,7 punti nel 2018 e -1,6 punti nel 2019;
              la terza Sezione del DEF 2018 reca il Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in stretta relazione con quanto previsto nel Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delle finanze pubbliche, in coerenza con gli indirizzi formulati dalle istituzioni europee nell'ambito del semestre Europeo;
              nella riunione dell'11 luglio 2017 il Consiglio dell'Unione europea ha approvato le raccomandazioni specifiche per paese, chiudendo così il ciclo annuale del Semestre medesimo. Per quanto riguarda l'Italia, si tratta di quattro raccomandazioni, riguardanti gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità (I), la giustizia, la pubblica amministrazione e la concorrenza (II), i crediti deteriorati e il settore bancario (III), il mercato del lavoro e la spesa sociale (IV),

impegna il Governo

          a) a presentare al Consiglio europeo e alla Commissione europea un aggiornamento del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma ai sensi della lettera d), in armonia con l'indirizzo politico-economico emerso dal programma di governo presentato al Parlamento per la fiducia;
          b) ad assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco delle clausole di salvaguardia inerenti l'aumento delle aliquote IVA e delle accise su benzina e gasoli;
          c) ad individuare le misure da adottare nel 2018 nel rispetto dei saldi di bilancio ed a riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica nel rispetto degli impegni europei per quanto riguarda i saldi di bilancio 2019-2021;
          d) ad individuare gli interventi prioritari necessari per dare attuazione alle linee programmatiche indicate dal Presidente del Consiglio dei ministri nelle sue comunicazioni alle Camere e su cui ha ottenuto la fiducia, sottoponendo tempestivamente tali nuovi indirizzi all'approvazione parlamentare e presentando quindi al Consiglio europeo e alla Commissione europea un aggiornamento del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma.
(6-00002)
(Nuova formulazione) «D'Uva, Molinari».


      La Camera,
          premesso che:
              la legge n.  196 del 2009 di disciplina della contabilità di Stato dispone che il Governo sia tenuto a presentare, con cadenza annuale, il Documento di Economia e Finanza (DEF) alle Camere per la sua approvazione entro il 10 aprile;
              il Programma di Stabilità, corrispondente alla prima sezione del DEF, e il Programma Nazionale di Riforma, corrispondente alla terza sezione del DEF, devono essere presentati al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile, secondo quanto previsto dall'articolo 9 della predetta legge;
              il Ministero dell'economia e delle finanze ha predisposto un DEF 2018 limitato alla sola descrizione dell'evoluzione economico-finanziaria internazionale, all'aggiornamento delle previsioni macroeconomiche per l'Italia e al quadro di finanza pubblica tendenziale, non formulando alcun nuovo obiettivo di politica economica, né tanto meno ipotizzando alcun nuovo impegno, lasciando la ripresa del ciclo della programmazione delle finanze pubbliche al prossimo esecutivo;
              il Def, limitato al quadro tendenziale, fissa un aumento del Pil dell'1,5 per cento per il 2018, invariato rispetto ai valori indicati nella Nota di Aggiornamento del Def del 2017, seguito da una discesa di un decimale all'anno nel 2019 e nel 2020 (+1,4 per cento) e (+1,3 per cento). L'indebitamento netto a legislazione vigente si attesta all'1,6 per cento del Pil nel 2018, allo 0,8 per cento nel 2019, con il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2020. Il rapporto deficit/Pil, stimato al 2,3 per cento per il 2017, risulta più alto rispetto alla previsione dell'1,9 per cento iniziale, dovendosi incorporare le risorse per gli interventi salva-banche. Quanto al rapporto debito/Pil, questo è previsto al 130,8 per cento nel 2018 (dal 131,8 per cento del 2017), mentre si ipotizza una flessione ottimistica al 128 per cento nel 2019 e al 124,7 per cento nel 2020, incorporando una forte riduzione del fabbisogno e tre decimali all'anno di privatizzazioni;
              sull'incertezza delle previsioni, oltre all'attuale scenario di politica interna, gravano i rischi geopolitici internazionali e le incognite relative ai venti di guerra commerciali che potrebbero rallentare la crescita italiana, alla luce dei rilievi formulati dall'Ufficio Parlamentare del Bilancio, dello 0,5 per cento per cento nel 2018 e dello 0,7 per cento nel 2019 e 2020, nonché il rallentamento della crescita internazionale e la fine entro l'anno dell'imminente termine del programma di Quantitative easing della Banca Centrale Europea;
              le previsioni contenute nel quadro macroeconomico sembrano essere ancora una volta eccessivamente positive: tanto le stime di crescita su Pil, inflazione e tasso disoccupazione quanto quelle sui saldi di finanza pubblica e sulla componente interessi sembrano, infatti, troppo ottimistiche rispetto allo stato attuale dell'economia italiana;
              il Fondo Monetario internazionale ha stimato che il nostro Paese crescerà soltanto del +1,1 per cento nel 2019 a fronte di una stima ottimistica del +1,4 per cento formulata dal Tesoro, con una differenza quindi di 0,3 punti percentuali, equivalenti a circa 5 miliardi di euro;
              dopo i dati sulla produzione industriale relativi al mese di gennaio (-1,5 per cento) e febbraio (-0,8 per cento), l'ISTAT ha diffuso una stima preliminare del PIL relativa al primo trimestre dell'anno che risulta cresciuto del +0,3 per cento nel primo trimestre, rispetto ai tre mesi precedenti, e del +1,4 per cento in termini tendenziali, in rallentamento rispetto al +1,6 per cento registrato nell'ultimo trimestre del 2017, con una variazione acquisita per il 2018 a pari a +0,8 per cento. I dati successivi sulla produzione industriale hanno confermato questa tendenza rafforzando la possibilità che l'obiettivo del +1,5 per cento contenuto nel DEF non possa essere raggiungibile;
              secondo le Previsioni economiche di primavera della Commissione Ue, pubblicate lo scorso 3 maggio, dopo il picco record del 2,4 per cento di Pil nel 2017, la crescita nell'area euro resterà forte, «sullo sfondo di consumi sostenuti e forti esportazioni e investimenti», nel 2018, con un leggero rallentamento previsto nel 2019, a causa della congiuntura internazionale, con una crescita stimata rispettivamente del 2,3 per cento e del 2 per cento. La Commissione prevede che il 2018 sia il primo anno dall'istituzione dell'Unione economica e monetaria in cui tutti i governi gestiranno deficit di bilancio inferiori al 3 per cento del Pil, come indicato dai Trattati;
              per quanto attiene all'Italia, la Commissione ritiene che «l'incertezza sulle politiche è diventata più pronunciata e, se prolungata, potrebbe rendere i mercati più volatili e intaccare il sentimento economico e i premi di rischio», sottolineando, contestualmente, che «i rischi per le prospettive di crescita sono diventati più inclinati verso il basso». Le stime relative all'Italia prevedono una crescita economica sia dell'1,5 per cento quest'anno e dell'1,2 per cento l'anno prossimo; il tasso di disoccupazione sarà invece il terzo più elevato dell'intera zona euro al 10,8 per cento, dietro alla Grecia e alla Spagna, con forte incidenza della componente giovanile;

      considerato che:
              il Documento di economia e finanza in esame contempla, purtroppo, l'attivazione della cosiddetta «clausola di salvaguardia» che comporterebbe nell'anno 2019 l'aumento dell'aliquota IVA ordinaria, dal 22 per cento al 24 per cento (24,9 per cento dal 1 gennaio 2020 e 25 per cento dal 2021), nonché di quella ridotta, dal 10 per cento all'11,5 per cento (13 per cento a partire dal 1o gennaio 2020), con un costo a carico dello Stato di oltre 12 miliardi di euro nel 2019 e più di 20 miliardi di euro nel 2020, riducendo drammaticamente la capacità di spesa delle famiglie con un impatto negativo sulla crescita dovuta al calo di consumi. Infatti, secondo il Centro Studi Confindustria gli effetti cumulati nel triennio 2019-2021 dell'applicazione di tali clausole comporterebbe quasi il 3 per cento in meno di crescita dei consumi delle famiglie, con un impatto non trascurabile sul PIL reale. A tale eredità lasciata dal precedente Governo si devono aggiungere le ulteriori inevitabili spese che nell'anno corrente dovranno essere affrontate per il rinnovo dei contratti pubblici, l'autorizzazione di missioni internazionali ed altre eventuali esigenze indifferibili che impongono una piena assunzione di responsabilità da parte dell'esecutivo in relazione alle coperture finanziarie da adottare;
              sotto tale profilo si segnala la necessità di adottare opportuni provvedimenti di riduzione selettiva della spesa pubblica che non pregiudichino la corretta erogazione di servizi essenziali per i cittadini (in primo luogo, trasporti locali e servizi alla persona), come la razionalizzazione delle centrali di acquisto della pubblica amministrazione che, secondo un recente documento di Carlo Cottarelli, ex Commissario alla spending review, non avrebbero operato in modo efficiente, nonostante le recenti riforme, tanto che ancora oggi risultano pochi i beni e i servizi acquistati attraverso le stazioni centralizzate e almeno 40 miliardi di euro di spesa risultano acquistati arbitrariamente dai responsabili della spesa di enti locali e amministrazioni centrali senza passare da Consip, provocando mancati risparmi per diversi miliardi di euro. È necessario, inoltre, ridurre gli sprechi negli appalti pubblici, specie nel settore dell'acquisto di software e servizi digitali, dove il nostro Paese perde svariati milioni di euro ogni anno. La relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione degli apparati pubblici ha, infatti, messo in evidenza, incrociando i database dell'Anticorruzione e di Consip, che dal 2011 ad oggi le amministrazioni pubbliche hanno bandito 34.183 gare nel settore digitale, aggiudicando appalti per 20,4 miliardi di euro: software, servizi telefonici, piattaforme di trasmissione dati, e manutenzione, ma nell'85 per cento dei casi si è presentato alla gara un solo partecipante, ovviamente vincitore, e la metà delle volte l'offerta non ha proposto alcun ribasso rispetto alla base d'asta;
              sempre sul fronte delle risorse occorre evidenziare che il nostro Paese è tra gli ultimi fra gli Stati membri della Unione Europea nell'utilizzo dei 75 miliardi di fondi strutturali che gli spettano. In Italia manca ancora un documento ufficiale che certifichi il livello di spesa per il periodo 2014-2020, ma dai dati pubblicati dalla Commissione europea emerge con tutta evidenza che l'Italia a marzo 2018 ha speso solo l'8 per cento delle risorse disponibili, collocandosi fra gli ultimi Paesi europei che hanno speso in valore assoluto. Ciò impone un ripensamento della politica di coesione anche in funzione dell'imminente negoziato sul bilancio dell'Unione e considerate le proposte di discussione prodotte dalla Commissione europea che registrano una penalizzazione di queste spese per l'Italia;
              rilevato che gli obblighi di conservazione dei documenti informatici trasmessi alle pubbliche Amministrazioni sono assolti esclusivamente dalle stesse. Nessun obbligo può gravare sui contribuenti, siano essi privati o imprese, né sui loro intermediari che hanno trasmesso i documenti,

impegna il Governo

1)    a disattivare le clausole di salvaguardia relative all'aumento dell'IVA e delle accise sulla benzina e sui tabacchi previsto a legislazione vigente a decorrere dal prossimo 1 gennaio 2019 senza fare ricorso a fonti di finanziamento fantasiose e pericolose, quali per esempio una imposta patrimoniale che andrebbe a incidere negativamente sul valore dei beni mobili e immobili degli italiani e, quindi, adottando un criterio di riduzione della spesa pubblica di tipo selettivo nei termini esposti in premessa e che non incida sulla corretta erogazione dei servizi essenziali alla persona e risulti orientata verso una maggiore efficienza nella gestione delle risorse pubbliche, anche attraverso un attento screening della qualità dei servizi resi e una più penetrante misurazione dei risultati raggiunti dai diversi programmi;
2)    a tutelare il risparmio degli italiani, costantemente richiamato per il suo significativo ammontare (dati Consob: al 30 giugno 2017 gli investimenti degli italiani in fondi comuni, derivati, azioni, obbligazioni e altri strumenti finanziari ammontano complessivamente a 2.777 miliardi di euro) come fonte di eventuale finanziamento di manovre economiche in caso di pretesa «emergenza nazionale», nonché a implementare la detassazione degli strumenti di risparmio da cui le imprese italiane hanno tratto maggior beneficio nel corso del 2017: ci si riferisce, fra l'altro, ai PIR (Piani individuali di Risparmio) che nel primo anno di attivazione hanno registrato la raccolta di circa 11 miliardi di euro;
3)    a riformare il sistema tributario, fornendo un calendario preciso di attuazione che riduca l'incertezza per i contribuenti, con la riduzione della pressione fiscale per famiglie e imprese attraverso l'introduzione della Flat tax da finanziare con la contestuale revisione delle tax expenditures – ferma restando la necessaria tutela costituzionalmente garantita dei contribuenti più deboli, della famiglia e della salute, prevedendo un limite di reddito sotto il quale non si applica la riduzione delle spese fiscali – semplificare le norme per rendere più competitivo il Paese, reimpostare in senso meno inquisitorio il rapporto fra fisco e contribuente, definire tutto il contenzioso e le pendenze tributarie tra contribuenti e amministrazione nel segno di un «condono fiscale» che coniughi nella formula migliore possibile le esigenze di riscossione e la doverosità dell'obbligo tributario da un lato, con le concrete esigenze e vicende dei contribuenti in difficoltà dall'altro lato;
4)    a introdurre una completa detassazione e decontribuzione per sei anni delle nuove assunzioni di giovani, rafforzando i percorsi di transizione scuola-lavoro;
5)    a innalzare il tasso di occupazione del Paese, quale obiettivo strategico per conseguire un mercato del lavoro più dinamico e più inclusivo, per sostenere un sistema di welfare più equo, per garantire un processo di mobilità sociale necessario al fine di aumentare le opportunità dei giovani, evitando inutili restrizioni normative alle dinamiche del mercato del lavoro, promuovendo i processi di reindustrializzazione con robuste politiche attive fondate sulla cooperazione tra Stato e Regioni, accompagnando le nuove organizzazioni del lavoro con strumenti capaci di tutelare i lavoratori, incentivare gli investimenti delle imprese, aumentare i posti di lavoro;
6)    a rivedere il Codice degli appalti per rilanciare gli investimenti, con priorità per quelli immediatamente cantierabili, e l'occupazione, prevedendo, fra l'altro, sia una corsia preferenziale per le micro e piccole imprese (con meno di 50 dipendenti), che costituiscono il 99,4 per cento del tessuto produttivo italiano; sia la semplificazione degli adempimenti a carico degli amministratori, al contempo prevedendo un'adeguata formazione degli stessi, funzionale a dotarli delle competenze necessarie a «maneggiare» la complessa normativa di settore;
7)    a procedere all'effettivo pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione nei confronti di cittadini e imprese, con l'obiettivo di convergere verso la media europea, nel rispetto della direttiva comunitaria «Late Payments»;
8)    ad adeguare ai parametri medi occidentali gli stanziamenti per la difesa, e provvedere a reperire le necessarie risorse da destinare ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, nell'ambito delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, tenuto conto delle specifiche richieste volte a fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza e urgenza, data la necessità di rendere più efficaci i servizi di controllo del territorio e di tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, nonché per la contrattazione collettiva, i miglioramenti economici e l'adeguata dotazione di mezzi e tecnologie adeguati al contrasto al crimine e al terrorismo per il medesimo personale;
9)    a rivedere la riforma Fornero delle pensioni, laddove ha comportato l'utilizzo delle cosiddette salvaguardie, al fine di evitare ingiuste penalizzazioni per i lavoratori che non possano proseguire nel mondo del lavoro e abbiano necessità di andare in pensione;
10)    a tenere conto, nella revisione delle norme relative al sistema pensionistico, della necessità di garantire una maggiore equità tra le varie coorti, prevedendo tutele in particolare per i giovani a rischio di non poter ricevere, in futuro, un'adeguata copertura pensionistica, anche attraverso un maggior sviluppo del mercato dei fondi pensione e della previdenza complementare, ed eliminando gli ingiusti privilegi ancora esistenti;
11)    a promuovere un Piano contro l'esclusione sociale che abbia l'obiettivo di azzerare la povertà nell'arco del quinquennio, attraverso una modularità di interventi sia di carattere monetario sia di carattere reale e che si fondi sull'introduzione di un reddito di dignità (imposta negativa sul reddito) che è dimostrato essere più efficace del reddito di cittadinanza poiché non crea distorsioni nel mercato del lavoro e implica una minore complessità burocratica, oltre che ad essere culturalmente basato sul concetto di società attiva e non di società passiva;
12)    a contrastare l'emergenza demografica dell'Italia e il calo della natalità con un sistema di misure che favoriscano la famiglia come nucleo fiscale, incentivino il continuo passaggio lavoro-famiglia delle donne, sostengano il mantenimento dei bambini nei primi anni di età;
13)    a ridurre il deficit strutturale e nominale al fine di azzerarli entro l'anno 2020, nel rispetto degli impegni presi con l'Unione europea;
14)    a ridurre strutturalmente il debito pubblico attraverso una strategia di politica economica che consenta di attivare un circolo virtuoso rappresentato da minori tasse, più investimenti e consumi, più crescita e minore deficit, e ad accompagnare e rafforzare tale processo in forza degli introiti derivanti dai piani di valorizzazione e di dismissione del patrimonio pubblico, fermo restando una valutazione di convenienza nel medio periodo. Le soluzioni basate sull'utilizzo di imposte patrimoniali sono, al contrario, illusorie e pericolose, perché impoveriscono il Paese, rendendolo facile preda dei fondi «avvoltoio»;
15)    a rendere definitivamente operativo il credito d'imposta per le spese di formazione 4.0 del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal Piano Nazionale Impresa 4.0 e a prevedere il rifinanziamento, nell'ambito del disegno di legge di bilancio 2019, delle agevolazioni previste dal Piano nazionale Impresa 4.0, che devono considerarsi strumento fondamentale per ridurre il gap competitivo delle imprese italiane;
16)    a sostenere una politica industriale e delle infrastrutture che permetta alle imprese italiane di accrescere la produttività, consenta all'Italia di restare inserita nei flussi commerciali tra l'Europa e il resto del mondo, abbattendo così i costi di trasporto e le strozzature della logistica che sono un freno anche alla localizzazione di nuove imprese, permetta di puntare all'obiettivo strategico di fare del nostro Paese il primo paese manifatturiero in Europa, in questo modo garantendo la creazione di nuovi e migliori posti di lavoro;
17)    ad attuare un grande Piano strategico per il Sud, che abbandoni le vecchie e fallimentari logiche assistenzialiste, e guidi il Meridione nel processo di riallineamento ai migliori standard nazionali ed europei, fondati sull'iniziativa e sul merito. Il Piano deve realizzarsi attraverso misure che rilancino incisivamente lo sviluppo infrastrutturale e industriale del territorio, catalizzino gli investimenti pubblici e privati al Meridione, risolvano le non più tollerabili criticità connesse alla disoccupazione dei giovani e delle donne, rendano finalmente effettivo il circuito scuola-formazione-lavoro. Nella prospettiva di rivitalizzare il tessuto sociale ed economico del Sud, fra l'altro, si ritiene necessario estendere l'obbligo di destinare una quota di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionato alla popolazione di riferimento, attualmente previsto solo per le amministrazioni centrali, anche alle società e imprese a partecipazione pubblica, anche adottando ogni iniziativa di competenza al fine di elevare tale quota (cosiddetta «del 34 per cento»), sino al 45 per cento, in analogia alla cosiddetta «Clausola Ciampi». Questa misura fungerebbe da fondamentale volano degli investimenti pubblici e dello sviluppo infrastrutturale sul territorio da parte dei principali operatori economici della realtà italiana. Per il raggiungimento delle finalità così delineate, è fondamentale un uso più efficiente dei fondi europei e un approccio più concreto alle politiche di coesione. In questa direzione, l'obiettivo, assolutamente alla portata, è quello di ottenere dalle competenti Istituzioni sovranazionali gli indispensabili margini di flessibilità, essenzialmente in ambito tributario, da utilizzare per accompagnare e sostenere le misure del Piano strategico per il Sud;
18)    ad adottare disposizioni affinché le pubbliche Amministrazioni (e i gestori di pubblici servizi ex articolo 6-ter del decreto legislativo del 7-3-2005, n.  82) non possano richiedere ai contribuenti e ai loro intermediari i documenti di cui siano già in possesso e siano conservati dalla stessa o da altra Amministrazione. I contribuenti e loro intermediari possano consultare e richiedere copia dei documenti da loro trasmessi e conservati dalle pubbliche amministrazioni;
19)    a prevedere, nell'ambito della valorizzazione della socialità nelle grandi Città e nelle periferie, la promulgazione di un pacchetto di leggi che consti di agevolazioni nella realizzazione, gestione e manutenzione di impianti sportivi polivalenti mediante la creazione di uno Sportello Unico per lo Sport in ogni provincia, che provveda a seguire direttamente tutte le iniziative imprenditoriali utili allo sviluppo del settore;
20)    a escludere la materia delle concessioni demaniali dall'applicazione della direttiva 2006/123/CE, partendo da un semplice presupposto: la direttiva Bolkestein è una normativa dell'Unione europea relativa ai servizi nel mercato europeo comune e non ai «beni» ed escludere il commercio su aree pubbliche dall'applicazione della direttiva citata ovvero delimitarne l'applicazione mediante l'individuazione di criteri per la concessione delle autorizzazioni;
21)    a rivedere la nuova disciplina sul lavoro occasionale, introdotta dall'articolo 54-bis del decreto-legge n.50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  96 del 2017, che ha sostituito lo strumento del voucher – e che di fatto si è rivelata decisamente insoddisfacente – al fine di renderlo funzionale e concretamente utilizzabile quale strumento di semplificazione ed emersione, come in passato, soprattutto per il settore turistico e quello agricolo.
(6-00003) «Gelmini, Occhiuto, Mandelli, Polverini, Carfagna, Brunetta, Vito, Paolo Russo, Bartolozzi, Bignami, Sisto, Cattaneo, Porchietto, Pella, Lupi».


      La Camera,
          esaminato il Documento di economia e finanza 2018, premesso che:
              lo scenario tendenziale a legislazione vigente esposto nel Documento di economia e finanza 2018 stima una crescita del PIL per l'anno in corso pari all'1,5 per cento, invariata rispetto al 2017, a conferma di un dato assai modesto se rapportato a quello dell'economia globale, il cui PIL è passato dal 3,2 per cento del 2016 al 4 per cento del 2017, raggiungendo il picco massimo dell'ultimo decennio;
              la debolezza della ripresa economica italiana è ben rappresentata anche dal paragone con i tassi di crescita dell'area euro, la cui media è stata pari al 2,4 per cento, vale a dire di quasi un punto percentuale più alta di quella nazionale, laddove in Francia si è registrata una crescita dell'1,8 per cento, in Germania del 2,2 e in Spagna addirittura del 3,1 per cento;
              per i prossimi anni il Documento di economia e finanza prevede addirittura un rallentamento della crescita a un tasso dell'1,4 per cento nel 2019, dell'1,3 per cento nel 2020 e nel 2021, ultimo anno di previsione, all'1,2 per cento, anche a causa del previsto aumento delle imposte indirette derivante dall'attivazione delle cosiddette clausole di salvaguardia, che ridurrà ulteriormente la capacità di spesa delle famiglie, che determinerà, se non compensata da misure che sostengano il potere di acquisto dei lavoratori, un nuovo calo dei consumi;
              tale rallentamento della crescita è confermato anche dalle più recenti previsioni della Commissione europea, con calo ancora più allarmante un calo all'1,2 per cento già nel 2019, a fronte di una media dell'area euro rispettivamente del 2,3 per cento e 2,0 per cento, e i dati dell'Istat relativi al primo trimestre 2018 confermano la «frenata» nella crescita, certificando che la ripresina italiana era solo una falsa partenza determinata da bonus a termine e da particolari condizioni internazionali vantaggiose, come le iniezioni di liquidità garantite dalla BCE, ormai quasi esaurite;
              la Commissione europea nel «pacchetto d'inverno» del Semestre europeo sulla situazione economica e sociale negli Stati membri, ha dichiarato che l'Italia rientra tra gli Stati che presentano «squilibri eccessivi», in quanto «l'elevato debito pubblico e la dinamica costantemente debole della produttività comportano per il futuro rischi con rilevanza transfrontaliera a fronte di un volume di crediti deteriorati e di un tasso di disoccupazione ancora elevati»;
              le previsioni di incremento del PIL dei principali Stati dell'Unione europea formulate dall'OCSE nell’Interim Economic Outlook nel marzo 2018, dal FMI nel World economic outlook di aprile 2018, e dalla Commissione europea nel recentissimo Spring Forecast di maggio 2018, certificano che il ritmo di crescita dell'Italia sconta ancora livelli del tutto insufficienti ad assicurare una crescita economica strutturale, un deciso rilancio degli investimenti, dei consumi e dell'occupazione;
              questo nonostante il fatto che in ambito europeo l'Italia ha beneficiato più degli altri dei margini di flessibilità concessi alla politica di bilancio, e le previsioni tendenziali di crescita contenute nel DEF 2018 sono addirittura superiori alla media di quelle elaborate dai principali istituti di ricerca nazionali e internazionali nei primi mesi dell'anno;
              la debolezza dell'economia italiana, attanagliata da un debito troppo pesante e da scenari di crescita, come visto, deludenti, sta incidendo in maniera fortemente negativa anche sui rendimenti dei titoli di Stato, con l'aumento dello spread e i titoli a breve scadenza superati, in questi giorni, addirittura da quelli della Grecia, e sui capitali investiti nel nostro Paese: il sistema di pagamento della zona euro Target2 lo scorso 7 giugno ha rivelato che nel mese di maggio sono «fuggiti» dall'Italia 38 miliardi di euro;
              in questo quadro appare evidente la assoluta necessità di scongiurare l'attivazione delle clausole e l'urgenza di reperire le risorse necessarie (12,5 miliardi di euro nel 2019, circa 19,2 miliardi nel 2020 e circa 19,6 miliardi annui a decorrere dal 2021);
              inoltre, nell'ambito di una politica economica e di gestione della finanza pubblica che mira al recupero della crescita del Pil, particolarmente complessa per l'Italia, assumono particolare valenza anche i risparmi di spesa realizzati attraverso la spending review, ma che devono essere poi indirizzati al sostegno degli investimenti pubblici che contribuiscono a generare sviluppo economico;
              sullo scenario macroeconomico pesano, inoltre, diversi fattori di incertezza, quali in primo luogo la fine delle politiche monetarie ultraespansive della Banca Centrale Europea, con la graduale uscita del quantitative easing, che si concluderà entro il 2018, e la risalita dei tassi di riferimento prevista per la seconda metà del 2019, e, in secondo luogo, un quadro internazionale, particolarmente minaccioso per le nostre imprese;
              l'azione protezionistica avviata dagli Stati Uniti con la introduzione dei dazi su siderurgia e acciaio come reazione al surplus commerciale tedesco – che quest'anno ha raggiunto il record dell'otto per cento del PIL — è, oggi, il vero problema europeo e dell'Occidente, sul quale si scatenerà una guerra commerciale dagli esiti drammatici per le nostre aziende;
              inoltre, la politica protezionista americana, che sta causando il disinvestimento in atto nei Paesi emergenti e il rientro dei capitali negli USA, sta acuendo la crisi di Paesi emergenti come Turchia, Brasile e Argentina, che rappresentano per l'Italia importanti partner commerciali e mercati per le esportazioni;
              le imprese italiane sono già gravemente penalizzate a causa delle sanzioni commerciali imposte alla Russia e che nei quattro anni in cui sono state in vigore hanno inflitto perdite al mercato delle esportazioni italiane per tre miliardi di euro ogni anno, colpendo in particolar modo le imprese agroalimentari e il mercato delle tecnologie;
              la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dall'accordo sul nucleare con l'Iran e la netta reazione europea stanno mettendo a rischio l'adempimento di contratti già firmati stipulati con le aziende italiane per un valore pari a trenta miliardi di euro;
              la grave situazione di instabilità e di conflitto nell'area del Golfo Persico e del Grande medio Oriente pregiudica mercati vicini che finora hanno costituito sbocchi naturali delle nostre produzioni e sta determinando un nuovo vertiginoso aumento del prezzo del petrolio, passato in un anno dal minimo al massimo storico;
              l'embargo russo colpisce duramente l'export italiano e le nostre imprese agroalimentari: le prime stime parlano di perdite di almeno duecento milioni di euro tra ortofrutta, carni fresche e lavorate, latte e derivati, pasta e pesce;
              il DEF evidenzia, infatti, una forte dipendenza della nostra economia dagli scenari internazionali a causa della funzione di «traino» svolta dalle esportazioni, che sarà possibile contrastare solo mediante un deciso aumento della domanda interna;
              l'indebitamento delle pubbliche amministrazioni pur essendo in miglioramento rispetto al 2016 continua a mostrare numeri troppo elevati, attestati nel 2017 al 2,3 per cento del PIL, che sconta per ben 0,4 punti percentuali gli effetti del salvataggio di MPS e delle banche venete, e il Documento in esame prevede per il 2018 un dato pari all'1,6 per cento in calo di ben 0,7 punti percentuali rispetto al 2017, realizzando l'ennesima previsione eccessivamente ottimistica che necessiterà di prossimi aggiustamenti;
              gli interventi straordinari sul settore bancario hanno inciso per circa un punto percentuale di PIL sul rapporto debito/PIL del 2017 e hanno contribuito in maniera significativa a rallentare la riduzione del debito;
              il rapporto tra debito pubblico e PIL, aumentato in media di cinque punti percentuali all'anno nel periodo della recessione 2008-2013, ad oggi contabilizzato nel 131,8 per cento, continua a mostrare percentuali eccessivamente elevate e smentisce le previsioni del Documento programmatico di bilancio 2018 e della Nota di aggiornamento al DEF 2017, che avevano previsto un calo al 131,6 per cento;
              per quanto riguarda le entrate fiscali, nel 2017 le entrate totali rispetto al 2016 hanno registrato un incremento di circa dodici miliardi di euro, e, in particolare, le entrate correnti evidenziano un incremento di circa 14,1 miliardi, determinato dall'aumento delle imposte dirette, delle imposte indirette e dei contributi sociali;
              il Documento di economia e finanza evidenzia che all'incremento delle imposte indirette ha contribuito il gettito dell'imposta sul valore aggiunto, aumentato anche in forza dell'estensione del meccanismo dello splitpayment ad una platea più vasta di contribuenti;
              in merito appare opportuno ricordare che l'estensione di tale meccanismo, oltre a costituire un evidente aggravio per le imprese, costrette a rinunciare a una parte di liquidità, rappresenta in realtà solo il mancato versamento di un quantum comunque dovuto e non può quindi essere ascritto a miglioramento dei saldi di finanza pubblica;
              per quanto concerne l'analisi dei principali settori di spesa delle pubbliche amministrazioni si evidenzia come nel 2018 si prevede un aumento della spesa per il pubblico impiego di oltre 4 punti percentuali rispetto ai 164 miliardi di euro del 2017; egualmente in aumento è prevista la spesa per interventi di protezione sociale, che nel 2017 ha inciso per circa il venti per cento del Pil, e anche la spesa sanitaria, costata nel 2017 113 miliardi di euro, dovrebbe continuare ad aumentare fino a oltre 120 miliardi nel 2021;
              le politiche di lotta all'evasione fiscale messe in atto negli ultimi anni hanno riportato nelle casse dello Stato 20,1 miliardi di euro, con un aumento del 5,8 per cento rispetto al 2016, ma i numeri continuano ad essere impietosi: la media nell'ultimo triennio osservato si ferma a 109 miliardi, in linea con il 2015 e solo in leggera flessione rispetto al picco di 110,7 miliardi del 2014;
              le attività promosse dagli ultimi Governi per contrastare l'evasione fiscale hanno registrato atteggiamenti e norme contraddittori che, purtroppo, non hanno permesso di proseguire con speditezza lungo un percorso assolutamente necessario per combattere l'illegalità e recuperare risorse;
              per quanto riguarda il settore bancario e finanziario gli ultimi anni hanno visto interventi di salvataggio di alcuni istituti bancari danneggiati da una gestione illegale e irrispettosa dei diritti dei propri correntisti, il cui costo è stato fatto ricadere sulle spalle di tutti i cittadini;
              ad oggi il sistema bancario continua a versare in un grave stato di sofferenza a causa dell'incidenza dei crediti deteriorati;
              occorre accelerare il processo di riduzione dello stock di crediti deteriorati e rafforzare gli incentivi alla ristrutturazione e al risanamento dei bilanci, in particolare nel segmento delle banche soggette alla vigilanza nazionale, e adottare la revisione complessiva del quadro normativo in materia di insolvenza e di escussione delle garanzie;
              i dati sulla disoccupazione mostrano che il relativo dato rimane alto, nel mese di gennaio attestato sull'11,2 per cento in aumento rispetto all'11 per cento di dicembre 2017, e ancora molto lontano dai livelli pre-crisi considerato che nel 2008 si attestava al 6,7 per cento, e che il problema colpisce soprattutto le donne e i giovani;
              rispetto agli altri Stati dell'Unione europea gli ultimi dati Eurostat mostrano come nell'eurozona, con l'8,6 per cento in ribasso di un intero punto percentuale rispetto allo stesso mese del 2017, il tasso di disoccupazione sia nettamente inferiore al dato nazionale, mentre nell'intera Unione europea sia stato di circa il 7,3 per cento, in diminuzione di quasi un punto percentuale rispetto a gennaio 2017;
              l'obiettivo relativo al tasso di occupazione indicato per l'Italia nell'ambito della Strategia «Europa 2020» consiste nell'elevamento almeno al 67 per cento per i soggetti della fascia d'età compresa tra i 20 ed i 64 anni;
              il miglioramento dei tassi di occupazione, a gennaio 2018 pari al 58,1 per cento, è purtroppo da ricondursi alla sola componente a tempo determinato, mentre addirittura calano i contratti a tempo indeterminato e i lavoratori autonomi;
              sull'occupazione stabile continua a pesare in modo drammatico il costo del lavoro, che in Italia è il più alto d'Europa, e i conseguenti fenomeni di illegalità che danno luogo a un'economia sommersa dai numeri spaventosi;
              secondo il Rapporto sul Fisco, il cuneo fiscale in Italia è del dieci per cento superiore a quello che si registra mediamente nel resto d'Europa, prelevando il 49 per cento «a titolo di contributi e di imposte»;
              ancora peggiore, se possibile, è la situazione delle piccole e medie imprese: il total tax rate stimato per una media impresa equivale a un carico fiscale complessivo superiore di quasi venticinque punti rispetto a quello pagato dalla media delle imprese in Europa, sfiorando il 65 per cento;
              è evidente, tuttavia, che senza un insieme di riforme strutturali che incidano profondamente sull'assetto del Sistema Italia, il solo taglio del cuneo fiscale, che resta comunque un obiettivo da perseguire, non sarà sufficiente per conseguire un'accelerazione della crescita del nostro Paese;
              i dati Eurostat confermano che anche per quanto concerne il reddito pro capite il nostro Paese ha un reddito pro capite ormai inferiore a quello della media dell'Unione europea;
              le famiglie subiscono, infatti, la contrazione del proprio potere d'acquisto, causato dall'impoverimento dei salari a seguito dall'aumento della tassazione locale e nazionale, e ancora penalizzate da politiche di bilancio che sin qui non hanno inciso in termini positivi rispetto all'eccessivo carico fiscale che grava su di esse;
              analoga questione interessa i pensionati, colpiti da una tassazione del 21 per cento rispetto alla media europea del 12;
              inoltre, laddove scattassero le clausole di salvaguardia, è già stato previsto che l'aumento dell'Iva potrebbe costare, in media, 317 euro in più alle famiglie italiane nel 2019;
              per quanto riguarda la previdenza, le tendenze di medio-lungo periodo della spesa pensionistica evidenziano che per l'Italia vi saranno significativi peggioramenti rispetto ai dati del 2015, da ascriversi principalmente alla revisione dei parametri demografici, quali minore tasso di natalità e maggiore speranza di vita, e del tasso di disoccupazione strutturale;
              a decorrere dal 2019, inoltre, la legge di bilancio per il 2018 dispone l'esclusione dall'adeguamento decorrente per specifiche categorie di lavoratori impegnati nelle cosiddetta attività usuranti;
              la riforma del sistema previdenziale attuata con la legge Fornero, che irrigidendo drasticamente i requisiti per l'accesso alla pensione, ha prodotto la tristemente nota categoria degli «esodati», ha determinato squilibri ai quali è necessario porre rimedio in via definitiva, intervenendo al fine di garantire maggiore flessibilità per l'accesso al trattamento pensionistico;
              le otto salvaguardie fino ad oggi introdotte non sono state sufficienti, poiché hanno escluso circa seimila esodati, e pertanto è prioritario procedere alla nona salvaguardia per consentire l'accesso all'assegno pensionistico a questa platea di persone, utilizzando le risorse finanziarie avanzate dalle precedenti salvaguardie, ed in particolare dall'ultima, che ha tutelato solo metà delle posizioni inizialmente previste;
              va prorogata, almeno al 31 dicembre 2019, la misura sperimentale «Opzione donna», prevista dalla legge n.  243 del 2004 e successive modifiche, che consente alle lavoratrici di 57-58 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi di andare in pensione con un assegno calcolato con il sistema contributivo. Inoltre, vanno adottate idonee misure affinché detto regime diventi strutturale e sia esteso anche agli uomini, considerato che lo stesso viene applicato a fronte dei contributi effettivamente versati dall'interessato, in anni di lavoro;
              è necessario riconoscere l'accesso all'assegno previdenziale a tutti coloro che hanno maturato 41 anni di contributi, indipendentemente dall'età anagrafica, attraverso lo strumento cosiddetto della «Quota 41» che, ad oggi, invece viene applicato solo per alcune categorie di lavoratori;
              bisogna, infine, abolire il parametro dell'aspettativa di vita che adegua automaticamente i requisiti per l'accesso al pensionamento, poiché rappresenta un meccanismo pregiudizievole che comporta un innalzamento periodico del tempo in cui si potrà accedere all'assegno previdenziale, su un dato meramente previsionale, anche considerato che a fronte di un aumento dei requisiti per il pensionamento derivanti dall'aumento della speranza di vita, di contro, con una diminuzione della stessa, l'età di pensionamento resterebbe stabile;
              negli ultimi anni è in costante crescita un fenomeno di grande interesse sociale, ossia la «fuga» dei pensionati italiani verso l'estero, riconducibile principalmente a due ragioni: il costo della vita minore rispetto all'Italia e gli indubbi vantaggi e benefici derivanti da normative fiscali agevolate per i cittadini che decidano di trasferirsi fuori dai confini nazionali, in particolare in: Australia, Germania, Svizzera, Canada, Belgio, Austria, Tunisia e Portogallo (che nel 2017 – grazie anche all'impatto determinato dalla disciplina fiscale dei cosiddetti «residenti non abituali» – ha registrato dati positivi per quanto concerne il Pil, cresciuto del 2,7 per cento e l'occupazione, aumentata del 3,2 per cento);
              prendendo a modello il sistema fiscale vigente in tali Paesi, la legge di bilancio 2017 ha introdotto nel nostro ordinamento un nuovo regime opzionale di imposizione sostitutiva fissa agevolata sui redditi prodotti all'estero da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia;
              basandosi sull'analisi comparata di alcuni dati significativi relativi al differenziale di crescita tra le regioni settentrionali e quelle meridionali, all'incremento tendenziale (seppur insufficiente) del numero di turisti stranieri, e al tasso di crescita incrementale dei Paesi che – come visto – hanno introdotto specifiche misure di vantaggio, si ritiene tuttavia fondamentale prevedere speciali agevolazioni fiscali esclusivamente in funzione del luogo del territorio dello Stato in cui viene trasferita la residenza;
              la previsione, infatti, di un trattamento fiscale differenziato per i pensionati stranieri che si trasferiscano in un contesto geografico con evidenti criticità socio-economiche (ad esempio in uno dei comuni italiani ricadenti nelle regioni dell'ex «Obiettivo Convergenza»: Puglia, Calabria, Campania, Sicilia) può costituire un efficace strumento di sostegno all'economia generale del nostro Paese attraverso l'attivazione di un processo virtuoso di sviluppo locale;
              il DEF mostra un quadro nazionale caratterizzato da un disagio sociale che non si è arrestato e disuguaglianze in alcuni casi cresciute, un Paese in cui il welfare in generale, ma anche i servizi sanitari, stanno attraversando un periodo di profonda crisi;
              l'Istat ha lanciato l'allarme sulle condizioni socio-economiche della popolazione, affermando che sono cinque milioni gli italiani che vivono in condizioni di povertà assoluta, quelli cioè che non riescono a far fronte a spese essenziali per il mantenimento di livelli di vita minimamente accettabili;
              il fenomeno ha raggiunto una soglia limite e il numero non fa che aumentare: nel 2017 si conta un aumento di 261 mila persone che vivono in condizioni di povertà rispetto al 2016, e il confronto è ancora più implacabile guardando al periodo precedente la crisi economica;
              oggi l'8,3 per cento della popolazione italiana vive in difficoltà estrema, contro appena il 3,9 per cento del 2008, anno di inizio della recessione, e le famiglie in povertà assoluta sono 1,8 milioni, con un'incidenza del 6,9 per cento sul totale dei nuclei, in crescita di sei decimi rispetto al 6,3 per cento del 2016 – pari a 154 mila famiglie in più – e di quasi tre punti rispetto al 4 per cento del 2008;
              i drammatici dati relativi a povertà ed esclusione sociale, colpiscono maggiormente le famiglie numerose e i bambini, e si riflettono anche negli alti tassi di dispersione scolastica e di prematuro abbandono dei percorsi di formazione universitaria;
              inoltre, il basso tasso di natalità, l'invecchiamento della popolazione pone dei problemi nel medio periodo che richiedono lo sviluppo di strategie a lungo termine, quali politiche più mirate di sostegno alle famiglie;
              il Mezzogiorno resta l'area territoriale più esposta al rischio di povertà o esclusione sociale, con una percentuale attestata oltre il 45 per cento, mentre al Centro la percentuale è ferma al 25 per cento e al Nord è sensibilmente inferiore;
              risultano inadeguate le politiche sociali indirizzate alle persone con disabilità basate prevalentemente su erogazioni monetarie, che non riescono a supplire all'inadeguatezza dei servizi di assistenza;
              per quanto riguarda le dinamiche demografiche della popolazione italiana, il basso tasso di natalità sembra essere legato a vari fattori, tra i quali il livello di incertezza del contesto socioeconomico, la concezione dello Stato sociale e il livello di parità di genere;
              tale dato rende inefficace l'erogazione di un premio alla nascita per favorire l'aumento della natalità, mentre si dovrebbe puntare all'introduzione di misure strutturali, quali il reddito d'infanzia, volto a garantire un sostegno alle famiglie per ogni figlio fino a sei anni d'età;
              efficaci appaiono anche politiche volte a promuovere gli asili nido gratuiti e le strutture per la custodia dei bambini, istituzioni adeguate e affidabili, nonché una copertura del congedo parentale all'80 per cento fino all'età dei sei anni del bambino;
              totalmente carente è una politica di sostegno a favore delle famiglie che intraprendono il lungo e, certamente, non facile percorso per l'adozione di minori; secondo i dati, infatti, le famiglie italiane mantengono un'attitudine verso l'adozione internazionale; nonostante ciò, l'assenza di politiche familiari di sostegno alla scelta adottiva ha favorito una crisi delle adozioni internazionali in Italia, con 3.106 minori adottati nel 2012 rispetto i 4.014 dell'anno prima; nello stesso anno la Commissione per le adozioni internazionali – vero motore del sistema – ha smesso di funzionare;
              con riferimento al tema dell'emergenza migranti, il DEF 2018 in esame sottolinea come il calo degli sbarchi registrato nel 2017, pari a oltre due terzi rispetto al 2016, non sia stato accompagnato dalla diminuzione delle presenze nelle strutture di accoglienza, le quali hanno continuato a registrare un andamento crescente;
              la spesa per operazioni di soccorso, assistenza sanitaria, accoglienza e istruzione è stimata in 4,3 miliardi nel 2017 al netto dei contributi dell'Unione europea e prevista ancora in crescita fino ad una cifra compresa tra 4,6 e 5 miliardi di euro nel 2018, continuando a gravare sul nostro prodotto interno lordo per circa lo 0,3 per cento l'anno;
              il DEF 2018 – nell'evidenziare che l'invecchiamento della popolazione rappresenta uno degli aspetti più critici che l'Italia dovrà affrontare nel corso dei prossimi decenni e che esso ha inevitabilmente un effetto sulla sostenibilità fiscale di medio-lungo periodo – sottolinea che è importante al riguardo valutare adeguatamente il peso dei flussi migratori attesi, misurando il loro impatto sulle finanze pubbliche italiane;
              nell'analizzare l'evoluzione del rapporto debito/PIL sulla base delle variabili demografiche, si ipotizzano due scenari alternativi per il periodo 2022-2070, che tengono conto l'uno di una diminuzione del 33 per cento del flusso netto medio annuo di immigrati rispetto all'ipotesi base, l'altro di un aumento, in percentuali identiche, a partire dal 2018;
              al fine di valutare adeguatamente l'effettivo impatto che l'immigrazione si ritiene possa apportare all'economia italiana nei termini sopra indicati, andrebbero quanto meno forniti dati più dettagliati e circostanziati sulla composizione e tipologia dei flussi ipotizzati (nazionalità, fascia di età, sesso, ecc.), anche per consentire una programmazione funzionale, sostenibile ed efficiente delle politiche migratorie;
              il combinato disposto di alto indebitamento e rigidità dei vincoli derivanti dall'appartenenza all'Unione europea impedisce la realizzazione di una efficace politica di investimenti pubblici, ridotti drasticamente nello scorso decennio e ora fermi al 2 per cento del PIL;
              occorrono da un lato una incisiva azione di contenimento e qualificazione della spesa pubblica, e, dall'altro, un deciso sostegno agli investimenti delle imprese, che richiede il rafforzamento delle misure di agevolazione fiscale, e un sistema finanziario a misura delle piccole imprese finora penalizzate da un inadeguato processo di selezione nell'erogazione del credito;
              per quanto attiene il sistema imprenditoriale il declino delle imprese italiane è un aspetto che contraddistingue il nostro Paese ancor prima della crisi del 2008, tanto che l'ultimo saldo positivo tra livello di natalità e di mortalità delle imprese italiane risale al 2005 e da allora il saldo è stato sempre negativo;
              anche se sono ancora dati parziali, questo trend negativo continua a contraddistinguere l'Italia anche nel 2018, considerato che già nel primo trimestre dell'anno sono «sparite» 15.401 imprese tra nuove iscrizioni e cessazioni: 113.227 le prime, 128.628 le seconde;
              secondo il Dossier pubblicato da Conflavoro, relativo a «Il Mercato del lavoro e imprese 2018», il bassissimo livello di vitalità del sistema imprenditoriale italiano è da ricondursi ad alcuni fattori negativi precisi tra i quali sono da annoverare in primis la percezione negativa e la paura dei cittadini rispetto alle condizioni instabili del mercato che non suggeriscono l'apertura di un'attività, ma anche la diminuzione della popolazione residente;
              con particolare riferimento alle piccole e medie imprese vale la pena ricordare la fine degli incentivi sugli acquisti di beni strumentali che, benché graduale, avrà comunque un impatto negativo sul PIL nazionale;
              drammatici sono anche i dati relativi ai lavoratori autonomi, diminuiti di circa 640 mila unità fra il 2008 e il 2016, vittime della crisi, ma anche dell'eccessivo carico fiscale e burocratico;
              infine, come segnalato da ultimo dal rapporto ISTAT del maggio 2018, tra i settori produttivi maggiormente in difficoltà, riscontriamo l'economia agricola, nella quale nel 2017 si è riscontrata una diminuzione della produzione in volume del 2,4 per cento rispetto all'anno precedente;
              lo    scorso 2 maggio la Commissione europea per il bilancio 2021-2027 ha proposto un taglio sulla politica agricola comune del cinque per cento, pari a un valore complessivo di venti miliardi e che colpirà per 1,8 miliardi il settore in ambito nazionale;
              il taglio dei fondi destinati all'agricoltura è insostenibile per imprese che in Italia rappresentano un settore strategico attraverso produzioni d'eccellenza e la promozione del made in Italy nel mondo;
              inoltre, l'agricoltura si è dimostrata essere un settore anticiclico, la cui occupazione è cresciuta anche durante gli anni della crisi, con un aumento del 3,5 per cento dal 2008 al 2016 a fronte di un crollo del 13,6 per cento dell'industria, soprattutto grazie al fenomeno del ritorno alla terra di molti giovani;
              secondo un'analisi effettuata dalla Coldiretti, infatti, quasi un'impresa condotta da giovani su dieci in Italia opera in agricoltura (8,4 per cento), dove sono presenti ben 51.123 aziende guidate da under 35, che operano in attività che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l'agricoltura sociale per l'inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l'agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili;
              con riferimento al settore ittico la particolare posizione geografica dell'Italia, con i suoi ottomila chilometri di coste, ha reso la pesca uno dei settori prioritari della nostra filiera alimentare, e all'interno dell'Unione europea la nostra Nazione si colloca al primo posto per occupati nella pesca, un comparto caratterizzato dalla presenza soprattutto di piccole e medie imprese;
              negli ultimi anni, tuttavia, in ambito nazionale il settore della pesca sta mostrando tutti i segni di una difficoltà che, se già di per sé sembrava stesse assumendo carattere strutturale, è stata ulteriormente aggravata dalla complicata situazione economico-finanziaria internazionale e nazionale;
              le ragioni di questa persistente crisi sono molteplici: dall'aumento del prezzo del gasolio, alla spietata concorrenza di Paesi poco regolamentati che ha innescato un crollo delle quotazioni del pesce che mettono fuori mercato i pescatori italiani a causa dei costi che sono costretti a sostenere nello svolgimento della propria attività;
              una efficace politica di investimenti pubblici appare necessaria, tuttavia, non solo con riferimento al sostegno del tessuto produttivo, ma anche per la realizzazione delle infrastrutture e delle opere volte a contrastare il rischio di dissesto idrogeologico;
              in questo ambito, la legge di bilancio per il 2017 ha istituito un Fondo per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese in determinati settori di spesa, tra cui i trasporti, le infrastrutture, la ricerca, la difesa del suolo, l'edilizia pubblica, la riqualificazione urbana, in favore del quale è stata prevista la destinazione di oltre 47 miliardi di euro in un orizzonte temporale venticinquennale, pari ad appena 1,9 miliardi di euro l'anno, troppo poco rispetto alle necessità dell'intero Paese;
              il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 luglio 2017 ha ripartito parte di quelle risorse tra una serie di capitoli di spesa, tra cui trasporti, viabilità e mobilità sostenibile, infrastrutture, prevenzione dal rischio sismico, edilizia pubblica e scolastica, difesa del suolo, dissesto idrogeologico, risanamento ambientale e bonifiche, riqualificazione delle periferie, rimozione delle barriere architettoniche, ricerca, attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni e informatizzazione dell'amministrazione giudiziaria;
              la Corte costituzionale, però, ha dichiarato illegittimo il citato Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nella parte in cui non richiede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, e al momento non appaiono chiare le ripercussioni della sentenza;
              la dichiarazione di illegittimità potrebbe, infatti, implicare il divieto di spendere le risorse stanziate, con grave danno per tutti i comuni assegnatari, e, comunque, in mancanza di certezze, molti enti potrebbero bloccarsi per paura di spendere risorse che rischiano di essere revocate;
              gli studi realizzati dal Ministero dell'Ambiente mostrano che almeno il dieci per cento della superficie italiana, pari a quasi trentamila chilometri quadrati, è esposta ad un elevato rischio di dissesto idrogeologico, e la serie storica degli eventi climatici definiti «estremi», quali alluvioni, inondazioni, frane, terremoti e simili, verificatisi negli ultimi 15-20 anni evidenzia che questi si verificano con una frequenza più ravvicinata rispetto ai decenni precedenti;
              inoltre, a partire dal terremoto che la notte del 24 agosto 2016 ha distrutto interi comuni dell'Italia centrale e causato la morte di quasi trecento persone, continuano a verificarsi con grande frequenza eventi sismici di minore o maggiore intensità in tutto il Paese;
              con riferimento alle misure eccezionali in materia di prevenzione del rischio sismico, del dissesto idrogeologico e della messa in sicurezza degli edifici scolastici, il DEF prevede ulteriori oneri pari a 2,5 miliardi per il 2018 e 3 miliardi per il 2019;
              il «Piano nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici e per la messa in sicurezza del territorio» predisposto dal Ministero dell'Ambiente 2012, che censiva le vulnerabilità del territorio nazionale (mappa della vulnerabilità) e definiva le tipologie di interventi necessari, aveva stimato il fabbisogno finanziario in oltre 40 miliardi in 15 anni;
              l'inadeguatezza delle risorse stanziate a tal fine mostra ancora una volta la pericolosa miopia mostrata dal Governo rispetto ai rischi per la popolazione che ne derivano e rendono urgente un finanziamento ulteriore e la velocizzazione delle procedure per la messa in atto degli interventi;
              le conseguenze degli eventi sismici susseguitisi in Italia a partire dall'agosto del 2016 nelle regioni centrali del territorio nazionale non sono affatto risolte, e, anzi, i previsti interventi si stanno caratterizzando negativamente per lunghezza dei tempi e farraginosità delle procedure;
              lo    scarso coordinamento tra i diversi uffici ed enti istituzionali incaricati della ricostruzione sta penalizzando la realizzazione della stessa e, di conseguenza, impedendo il ritorno della cittadinanza e la ripresa delle attività produttive, determinando inevitabilmente l'impoverimento e lo spopolamento dei territori;
              nello scenario economico italiano aggravato dalle conseguenze della crisi finanziaria, continua a porsi in primo piano la questione di un Paese ancorato a due differenti velocità di sviluppo, la cui più diretta evidenza sono sia l'inasprimento dei divari tra le regioni settentrionali e quelle meridionali, sia le diseguaglianze interne alle stesse aree del Mezzogiorno;
              le regioni meridionali, infatti, hanno subito con molta più forza i segni della crisi economica, e lo evidenziano sia i dati relativi alla disoccupazione giovanile, sia quelli relativi al reddito e alla povertà;
              la distanza tra il Centro-Nord e il Sud non si limita al Pil pro-capite, ma a tanti altri indicatori, come la continua migrazione delle forze giovanili verso altri regioni e verso l'estero, l'elevato numero di giovani che abbandonano gli studi, l'irrilevante capacità di attrazione di investimenti dall'estero, il peso ancor maggiore rispetto al resto del Paese della burocrazia, dell'inefficienza istituzionale, della corruzione, della lentezza giudiziaria e dell'economia sommersa;
              la ripresa del Mezzogiorno, però, non dipende dall'entità dei trasferimenti pubblici ma dal grado di efficienza delle istituzioni e dalla capacità di mobilitare le risorse disponibili, determinando una crescita delle imprese e della loro capacità concorrenziale nei mercati, nonché ristabilendo una capacità di attrazione di capitali esteri, fondamentali nel processo di generazione del reddito oltre ad essere lo specchio della credibilità internazionale di un paese;
              appare indispensabile ed urgente disegnare nuove e più efficaci azioni che consentano al Mezzogiorno di intraprendere un percorso di sviluppo, autonomo e responsabile, in grado di valorizzare i tanti elementi positivi comunque presenti in questi territori, al contempo dando nuovo slancio al tessuto economico e produttivo del Mezzogiorno;
              il decreto-legge 20 giugno 2017, n.  91, recante «Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno» ha disciplinato l'introduzione in Italia del concetto di Zona economica speciale già diffuso all'estero, che individua zone del paese collegate ad una area portuale, destinatarie di importanti benefici fiscali e semplificazioni amministrative, che consentano lo sviluppo di imprese già insediate e che si insedieranno, attraendo anche investimenti esteri;
              il cosiddetto decreto Mezzogiorno ha disciplinato le procedure e le condizioni per l'istituzione in alcune aree meridionali di zone economiche speciali (ZES), caratterizzate dall'attribuzione di specifici e sostanziali benefici fiscali e agevolazioni amministrative e procedurali alle imprese ivi insediate o che vi si insedieranno, al fine anche di incrementare gli investimenti stranieri;
              la legge di bilancio 2018, ha istituito poi le Zone logistiche semplificate (ZLS) per favorire lo sviluppo di nuovi investimenti nelle aree portuali delle regioni (settentrionali) non rientranti nella disciplina delle ZES, a condizione che sia presente almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite negli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) ovvero vi sia la presenza di un'Autorità di sistema portuale;
              la differenza principale e non marginale rispetto alle ZES è che le ZLS non godono dei benefici fiscali previsti per le prime (quali il credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi) e che le imprese in esse operanti fruiranno unicamente di procedure semplificate;
              si ritiene, tuttavia, che – al fine di garantire un efficiente e uniforme sviluppo dell'intero sistema Paese in grado di operare in maniera integrata e di massimizzare, altresì, la competitività delle stesse ZES – sia fondamentale assicurare una maggiore sinergia con gli altri snodi strategici del commercio internazionale italiano presenti nelle regioni settentrionali (come ad esempio il porto di Venezia), favorendo lo sviluppo di nuovi investimenti anche nelle aree portuali di tali aree;
              per quanto concerne gli enti locali, il Documento di economia e finanza richiama il ruolo che gli stessi stanno svolgendo proprio nel campo degli investimenti pubblici, e cita gli interventi di sostegno diretto relativi a diversi settori prioritari, primo fra tutti quello relativo all'edilizia scolastica, senza però delineare le ulteriori misure che appaiono necessarie a consolidare il complessivo equilibrio finanziario dei Comuni, indispensabile al fine di permettere agli stessi di adempiere appieno al proprio mandato;
              lo sforzo richiesto ai Comuni in termini di contributo al bilancio pubblico nel periodo 2010- 2017, concretizzatosi in un taglio alle risorse di oltre nove miliardi di euro di tagli, cui si sono aggiunti i maggiori vincoli di finanza pubblica per ulteriori 3,3 miliardi, stanno, infatti, condizionando pesantemente l'operatività degli stessi e l'erogazione dei servizi alla cittadinanza;
              per quanto riguarda le province, l'incertezza istituzionale degli ultimi anni ha prodotto un progressivo indebolimento della loro autonomia finanziaria, mettendole nell'impossibilità di fare davvero la programmazione di area vasta a causa della precarietà finanziaria, se consideriamo che le manovre finanziarie poste a carico delle Province negli ultimi anni hanno peraltro prodotto seri problemi finanziari per molti di tali enti e che le risorse stanziate per il 2018 e per gli anni successivi non consentiranno di far chiudere i bilanci di previsione a diverse province;
              il 18 ottobre 2017 a Strasburgo il Congresso dei Poteri Regionali e Locali, organismo del Consiglio d'Europa, ha approvato una raccomandazione al Governo e al Parlamento italiano nella quale si esprime «preoccupazione per la generale carenza di risorse finanziarie degli enti locali, e in particolare delle province»;
              nella raccomandazione il Congresso esorta il Governo e il Parlamento italiano a «riesaminare, tramite consultazioni, i criteri per il calcolo dei tagli al bilancio e a revocare le restrizioni finanziarie imposte agli enti locali, in particolare alle province, per garantire loro risorse sufficienti, proporzionate alle loro responsabilità. Raccomanda altresì di chiarire le competenze delle province e città metropolitane, riesaminando le attuali restrizioni imposte in materia di risorse umane a livello locale»;
              con riferimento al sistema giustizia duole constatare che, pur a fronte di un lieve miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario, si evidenzia la costante preoccupazione per la durata irragionevole dei procedimenti;
              i dati più recenti, peraltro, inducono a ritenere che le misure adottate non abbiano ancora apportato significativi miglioramenti in termini di efficienza, soprattutto con riguardo alla durata dei giudizi in Corte di cassazione, e, più in generale, di capacità di contrasto degli abusi del processo;
              nel 2014 l'Italia aveva il numero più elevato di cause penali in entrata e pendenti in secondo e terzo grado e tale primato negativo si è confermato anche nel 2016 con riguardo alla durata dei giudizi (0,9 anni in primo grado, 2,4 anni in secondo grado e 0,5 anni in Cassazione);
              l'inefficienza della giustizia penale continua ad ostacolare la repressione del fenomeno corruttivo, una piaga sociale che andrebbe affrontata in una logica sistemica che tenga in adeguata considerazione la diffusività del fenomeno e l'insufficienza delle misure finora apprestate dall'ordinamento;
              il sistema dei controlli, infatti, risulta scarsamente efficace anche per contrastare quei comportamenti illeciti i cui effetti negativi sulle risorse pubbliche sono, spesso, devastanti;
              altro tema di primaria importanza che il nostro Paese si trova ad affrontare da anni, senza arrivare a soluzioni dirimenti, è quello legato all'inadeguatezza del sistema carcerario, dimostrazione tangibile del completo fallimento delle contraddittorie politiche messe in atto dai Governi succedutisi in questi ultimi anni, tutte improntate al «perdonismo» e dirette unicamente a svuotare le carceri senza eseguire interventi strutturali che possano risolvere l'emergenza carceraria sul lungo periodo;
              il    problema del sovraffollamento carcerario non è legato solo al rischio di assumere dimensioni tali da poter creare, come ha creato, problemi di ordine pubblico, ma, soprattutto, al venire meno della funzione rieducativa e riabilitativa della pena;
              il «carattere strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario» in Italia, contestatoci anche dalla Corte europea dei diritti umani, ci impone di agire attraverso interventi di natura strutturale e volti a ridurre il numero dei detenuti in attesa di giudizio, a stipulare accordi internazionali affinché i detenuti stranieri possano scontare la pena nei propri Paesi di origine, a potenziare il numero dei posti detentivi disponibili, sia attraverso l'implementazione delle strutture esistenti, sia attraverso la messa in funzione degli istituti di pena già edificati ma mai resi operativi, sia, infine, attraverso l'edificazione di nuove carceri;
              numerose sono le strutture carcerarie distribuite su tutto il territorio nazionale già edificate ma mai messe in funzione a causa della carenza negli organici degli agenti di custodia;
              noi siamo da sempre dalla parte degli operatori del comparto sicurezza-difesa e del soccorso pubblico, di chi difende le nostre vite ogni giorno indossando una divisa: serve un incremento generalizzato degli stipendi, anche parametrato alle singole specificità, nonché un piano di assunzione straordinaria di agenti delle Forze dell'Ordine per fronteggiare la grave carenza di organico che lascia scoperti interi territori e servizi essenziali per la sicurezza pubblica;
              nel campo della difesa e sicurezza internazionale il DEF prevede lo stanziamento di risorse per il finanziamento del fondo per le missioni internazionali e il rifinanziamento operazione strade sicure per 7.050 unità fino al 31 dicembre 2019;
              il    settore della Difesa rappresenta un comparto strategico della Nazione, un fiore all'occhiello che andrebbe dotato di maggiori risorse, ritenendo una priorità adeguare gli stanziamenti per tale strategico settore ai parametri dei maggiori Stati occidentali, così come impone la sicurezza nazionale ma soprattutto il contrasto al terrorismo;
              un settore altrettanto importante, ma trascurato dalle recenti politiche nazionali è quello della cybersecurity, caratterizzato da una drammatica insufficienza di investimenti, che ci pone sostanzialmente ultimi tra i paesi avanzati e rischia di condizionare seriamente lo sviluppo dell'Italia ed il benessere dei suoi cittadini nei prossimi anni;
              il    DEF all'esame del Parlamento pone un forte accento sulla valenza della ripresa degli investimenti pubblici quale strumento chiave per sostenere imprese e occupazione, evidenziando come però la leva degli investimenti pubblici risulti ancora debole e non pienamente utilizzata;
              in questo quadro i parametri temporali fissati dal fiscal compact si confermano eccessivamente stringenti e di fatto eccessivamente onerosi da rispettare;
              la doverosa riduzione del debito pubblico non può essere realizzata con le cieche politiche di austerità che derivano dall'applicazione di tali regole, che hanno prodotto effetti devastanti sulla mancata ripresa economica, sull'impoverimento dei cittadini, sull'acuirsi delle disuguaglianze sociali, e hanno agito nel senso di una sistematica disintegrazione del sistema di protezione sociale;
              non è sostenibile imporre le medesime regole finanziarie a Stati diversi per tessuto produttivo, imprenditoriale ed industriale, con differenti capacità economiche e sistemi fiscali assolutamente disomogenei, e con tradizioni, storie e culture diverse, senza tenere conto delle peculiarità di ciascuno di essi, e le attuali vicende dell'Unione, rispetto alle quali la Brexit ha rappresentato un segnale da non sottovalutare, lo stanno dimostrando;
              inoltre, in ambito regionale e locale i limiti imposti dal patto di stabilità interno stanno penalizzando l'operatività di tali enti anche al di là dei reali disavanzi;
              di converso l'Italia continua a mostrare grandi limiti nella fruizione dei fondi europei, posto che anche nel bilancio annuale dei 76 miliardi messi a disposizione dall'Unione europea nel mese di maggio appena il 32 per cento risulta impegnato e solo il sei per cento rendicontato;
              in merito ai fondi europei destano, peraltro, profonda preoccupazione gli annunciati tagli alle risorse in favore delle politiche di coesione e della politica agricola comune,

impegna il Governo:

1)  con riguardo al rilancio dell'economia nazionale, alla difesa del made in Italy e delle produzioni nazionali, alla tutela degli asset nazionali strategici:
          a realizzare una politica economica basata sulla difesa del lavoro, dell'industria e dell'agricoltura italiani da concorrenza sleale e direttive UE penalizzanti, e volta a sostenere la produzione industriale e agricola riconoscibile come marchio Italia e la graduale riconversione della produzione esposta alla concorrenza indiscriminata;
          ad adottare politiche industriali efficienti volte a fronteggiare la minaccia all'economia e alla sicurezza del Paese attraverso la tutela delle aziende italiane di rilevanza strategica o ad elevato contenuto tecnologico, spesso permeabili a manovre esterne indirizzate ad assumerne il controllo;
          a tutelare i nostri beni strategici e la nostra capacità produttiva dall'aggressione straniera a partire dalla tutela della rete di telecomunicazione e delle reti infrastrutture logistiche, tecnologiche e trasportistiche;
          ad intraprendere azioni di salvaguardia delle capacità produttive nazionali, del know how pregiato e dei livelli occupazionali e ad adottare politiche capaci di attrarre gli investimenti stranieri nel territorio nazionale, soprattutto nelle aree depresse del Paese;
          a proporre una revisione delle norme istitutive del Piano Straordinario per il Made in Italy in modo da rispondere ai rilievi della Corte costituzionale senza inficiarne il funzionamento e a farsi promotore di una stabilizzazione della legislazione in materia;
          a contrastare il fenomeno dell’italian sounding tramite iniziative atte a rafforzare la tracciabilità dei prodotti italiani e l'adozione di norme più stringenti sull'etichettatura dei prodotti realizzati in Italia;
          ad adottare una politica fiscale «di vantaggio» per le attività del comparto turistico, attraverso una sensibile riduzione dell'imposta sul valore aggiunto sulle prestazioni rese ai clienti alloggiati nelle strutture ricettive – in sintonia con quanto previsto dalla legislazione di altri Paesi nostri concorrenti diretti- tale da determinare una riduzione del prezzo finale per i consumatori, un aumento del ricavo unitario per gli operatori e, conseguentemente, un aumento dell'attività turistica (indotto sia da una crescita della domanda di turismo, in termini di maggiori presenze e di maggiore spesa, sia dai maggiori investimenti che potranno essere effettuati dal settore;
          a prevedere il rilancio del sistema bancario per assicurare l'accesso al credito a famiglie e imprese, e in questo quadro ad accelerare il processo di riduzione dello stock di crediti deteriorati e rafforzare gli incentivi alla ristrutturazione e al risanamento dei bilanci, in particolare nel segmento delle banche soggette alla vigilanza nazionale, e adottare la revisione complessiva del quadro normativo in materia di insolvenza e di escussione delle garanzie; a favorire una revisione della normativa sul sistema bancario al fine di prevedere la separazione tra banche commerciali e banche d'affari;
          a varare quanto prima un piano straordinario di edilizia carceraria con la creazione di nuovi posti detentivi e l'assunzione di nuovi agenti di Polizia penitenziaria;
          a garantire tempistiche certe e celeri di liquidazione degli onorari spettanti ai professionisti per l'attività difensiva prestata in favore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato;
          a mettere in atto un sistema di incentivi alla partecipazione dei lavoratori agli utili d'impresa come miglior antidoto alla delocalizzazione;
          a prevedere forme di sostegno diretto nei settori produttivi maggiormente trainanti per la nostra economia, e ridare centralità al contratto di lavoro a tempo indeterminato e alla tutela dei diritti dei lavoratori;
          a salvaguardare la dotazione finanziaria destinata all'agricoltura anche in ambito europeo, garanzia di un'agricoltura di qualità, che salvaguardi la salute dei cittadini e consenta il mantenimento e lo sviluppo sociale ed economico delle aree rurali, contribuendo al mantenimento del paesaggio e dell'ambiente;
          a varare un piano di incentivi sia nel settore agricolo che in quello ittico, e, con particolare riferimento alla pesca, prevedere l'aumento al 50 per cento degli sgravi contributivi di cui al decreto-legge 30 dicembre 1997, n.  457;
          ad evitare ulteriori compressioni delle risorse correnti dei Comuni, auspicando una prossima revisione delle regole contabili che consenta agli enti di trasformare in effettiva capacità di spesa almeno quota parte degli avanzi di amministrazione disponibili in bilancio;
          a promuovere la revisione della legge n.  56 del 2014 per dare una prospettiva certa alle province e alle città metropolitane, in coerenza con le disposizioni della Costituzione e della Carta europea delle autonomie locali, sia relativamente agli organi di governo e al loro sistema di elezione, sia relativamente ad una più precisa definizione delle loro funzioni fondamentali, al fine di ripristinare e consolidare in maniera strutturale l'equilibrio nei bilanci:
              ad assegnare risorse agli Enti locali da destinare alla riqualificazione urbana e alla sicurezza delle periferie;
              a ricostruire e dare nuova vitalità al nostro immenso patrimonio artistico, trasformando le periferie da luoghi di abbandono e degrado in quartieri con identità e senso di appartenenza, a contrastare l'abusivismo, le occupazioni illegali e il degrado;
              a valorizzare l'Italia del museo diffuso storico e archeologico, del teatro, della musica, della danza, della rievocazione e delle tradizioni popolari, anche attraverso la deducibilità delle spese per consumo culturale personale che costituirebbe un volano per i consumi e gli operatori del settore;
              a rafforzare, in ambito culturale, gli strumenti di sussidiarietà pubblico-privato, anche attraverso il ripristino del 2xmille alle associazioni culturali e di promozione sociale;

2)  con riguardo alle politiche fiscali:
          ad assumere iniziative strutturali per scongiurare l'attivazione delle clausole di salvaguardia senza aumentare la pressione fiscale;
          a disporre l'introduzione immediata della flat tax al 15 per cento per famiglie e imprese sul reddito incrementale rispetto all'anno precedente e, successivamente, sulla base dei risultati ottenuti, a prevedere l'applicazione del meccanismo della flat tax sull'intero reddito prodotto;
          con specifico riferimento alla normativa in materia di split payment, a disporre l'introduzione di misure compensative in favore delle aziende fornitrici della PA a loro volta costrette a pagare l'IVA ai propri fornitori, e ad apportare modifiche volte ad escludere lavoratori autonomi e artigiani;
          a prevedere l'introduzione di un sistema fiscale per le imprese che premi le attività ad alta intensità di lavoro, attraverso una «super deduzione» del costo del lavoro per le imprese ad alta intensità di manodopera;
          ad abolire il limite all'uso del contante, considerato che non si è rivelato, nel tempo, uno strumento efficace di contrasto all'evasione fiscale e alle operazioni di riciclaggio da parte della criminalità organizzata, che, invece, andrebbero combattute con misure repressive e sanzionatorie più organiche e strutturali, e che, peraltro, non essendo previsto in molti Paesi europei, anche confinanti, rischia di essere solo un freno per i consumi e un ostacolo in termini anche di competitività;
          a proseguire nella creazione di aree di fiscalità di vantaggio, atte a sostenere e potenziare lo sviluppo dei territori, e in questo quadro:
              a) in ottemperanza alle previsioni di cui all'articolo 174 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea ad assumere le iniziative volte a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni insulari;
              b) ad assumere ogni iniziativa utile a promuovere – in analogia con quanto previsto per le Zone economiche speciali (ZES) – una fiscalità di vantaggio in favore delle aree portuali delle regioni settentrionali che, ponendosi al crocevia dei principali corridoi europei ad alta velocità e capacità, possono costituire senza dubbio un partner strategico e di supporto per il sistema portuale del Mezzogiorno;

          ad assumere ogni iniziativa volta a concedere benefici fiscali in favore dei pensionati che trasferiscono la propria residenza in Italia, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, al fine di attrarre un maggior numero di stranieri in Italia, incentivandone la presenza «stabile» e arginando, così, lo spopolamento delle zone interne e attivare un incremento «strutturale» di consumi e investimenti, conseguenti anche all'aumento «indotto» delle presenze turistiche che i nuovi residenti determineranno, contribuendo, così, a colmare il divario esistente tra Nord e Sud;
          ad attivarsi affinché non avvenga il recepimento del fiscal compact all'interno dei trattati costitutivi dell'Unione europea;
          a sostenere in sede europea la necessità di scorporare dal calcolo del deficit le spese per investimenti, per la prevenzione dei rischi idrogeologici e sismici, e quelle per la sicurezza, e ad introdurre una maggiore flessibilità nella individuazione delle circostanze eccezionali di cui all'articolo 81 della Costituzione;
          ad avviare da subito negoziati in ambito europeo per rivedere l'impostazione del complesso dei vincoli derivanti all'Italia dal fiscal compact, al fine di avviare una politica di crescita sostenibile e di ripresa economica e produttiva, con l'impegno da parte italiana a utilizzare la maggiore flessibilità unicamente in investimenti pubblici e sicurezza;

3)  con riguardo agli investimenti pubblici, allo sviluppo infrastrutturale, alla prevenzione e contrasto del dissesto idrogeologico e del rischio sismico:
          a destinare almeno il 3 per cento del PIL a investimenti pubblici e infrastrutture, per tornare a puntare sull'ammodernamento della Nazione, partendo dalla rete digitale, passando dal miglioramento del trasporto pendolare, arrivando all'alta velocità;
          a elaborare e applicare un Piano pluriennale per dare al Sud Italia le condizioni infrastrutturali, logistiche, economiche necessarie alla crescita e allo sviluppo del territorio, come fattore necessario a far ripartire l'intera economia nazionale;
          a valutare l'adozione di un piano di azioni coordinate per l'intera area del Sud Italia, nell'ambito del quale prevedere ed attuare tempestivamente meccanismi di sostegno e di incentivazione, anche attraverso l'impiego di modalità di agevolazione fiscale, mirati a salvaguardare le strutture produttive esistenti e ad attrarre nuovi investimenti;
          ad adottare le iniziative necessarie a combattere efficacemente il gravissimo problema degli abbandoni scolastici, che di fatto priva questi territori anche della possibilità di investire nel futuro attraverso le giovani generazioni;
          ad individuare con rapidità quali comuni, tra quelli che ne abbiano fatto richiesta, abbiano i requisiti per costituire al proprio interno le zone franche urbane di cui alla legge 24 dicembre 2007, n.  244, al fine di rafforzare la crescita imprenditoriale e occupazionale delle micro e piccole imprese;
          ad elaborare un piano di monitoraggio delle risorse destinate dallo Stato e dall'Unione europea al contrasto della disoccupazione e agli altri programmi di sviluppo in favore delle regioni dell'obiettivo convergenza, al fine di verificare che esse siano effettivamente impiegate per i fini previsti e non siano disperse, e al fine di contrastare la lentezza nelle procedure di spesa;
          ad individuare politiche atte alla conservazione e valorizzazione delle risorse naturali delle Regioni, al fine di rilanciare il turismo e la produzione ed il commercio dei prodotti tipici;
          a valutare l'attivazione di procedimenti di sostituzione edilizia, in collaborazione con soggetti privati, volti ad eliminare gli edifici sorti in seguito a fenomeni di abusivismo edilizio e ripristinare i territori, con particolare riferimento alle fasce costiere; a promuovere una rapida individuazione degli interventi infrastrutturali di primaria importanza, anche ai fini del rilancio turistico, e ad individuare misure per garantire la loro tempestiva realizzazione;
          ad elaborare un programma per la messa in sicurezza dei territori, degli edifici, con particolare riguardo a quelli scolastici, di recupero dei centri urbani, attraverso opere di restauro degli edifici storici, per il completamento dei programmi già avviati nei settori dell'edilizia sanitaria, universitaria e carceraria;
          ad inserire nella programmazione gli interventi già definiti e cofinanziati da parte delle regioni e degli enti locali;
          tra gli interventi considerati prioritari ad assegnare precedenza assoluta alla realizzazione dei collegamenti, anche volti all'approvvigionamento energetico, con gli Stati esteri confinanti, per i quali risultano contratti già in essere e per i quali sono già state ultimate le tratte estere;
          rispetto alle azioni per l'emergenza sismica, e stante il fallimento delle strategie messe in campo sinora, ad assumere iniziative per semplificare le procedure e velocizzare la ricostruzione sia pubblica che privata, nonché a prevedere una moratoria decennale sulla riorganizzazione dei servizi pubblici essenziali nelle zone colpite dagli eventi sismici, al fine di evitare lo spopolamento e il definitivo collasso del tessuto produttivo;
          a programmare gli interventi di prevenzione e messa in sicurezza del territorio, individuando la copertura dei relativi costi anche facendo ricorso all'intervento dell'Unione europea per la deroga dal patto di stabilità;
          a reperire risorse adeguate per intervenire sulla prevenzione, anche coinvolgendo il settore privato attraverso i meccanismi premiali della riqualificazione e del recupero;
          a fare in modo che le risorse già disponibili siano spese in maniera efficace e tempestiva, individuando meccanismi di semplificazione e sburocratizzazione;

4)  con riguardo alle politiche sociali:
          a promuovere politiche sociali volte a garantire il sostegno ai soggetti che per ragioni obiettive sono impossibilitati a lavorare, quali i minori, gli invalidi e gli ultrasessantenni privi di reddito;
          a promuovere l'adozione di un piano nazionale di interventi, anche di natura fiscale, finalizzato a contrastare la crisi demografica in atto e incentivare la natalità, con provvedimenti strutturali e permanenti, e in tale ambito:
              a)    a istituire il reddito d'infanzia che preveda la corresponsione di un assegno di quattrocento euro al mese per ogni minore a carico fino ai sei anni di età, volto a garantire un sostegno di lungo periodo alle famiglie con figli;
              b)    a prevedere misure di agevolazione fiscale in favore delle famiglie con figli, tra le quali la riduzione progressiva dell'imposta sul valore aggiunto sui prodotti di prima necessità per l'infanzia, quali pannolini, latte in polvere e altri;
              c) a implementare l'offerta di strutture e di servizi socio-educativi per l'infanzia, anche per la fascia neo-natale e pre-scolastica, gratuiti, a tempo pieno e con un sistema di apertura a rotazione anche nel periodo estivo – e lo stanziamento di apposite risorse finanziarie;
              d) ad assumere iniziative volte a incrementare l'occupazione femminile, prevedendo incentivi per le imprese che assumono neomamme e giovani donne e rafforzando le misure di tutela per le lavoratrici, anche del settore autonomo, nonché a potenziare e consolidare gli strumenti di conciliazione famiglia-lavoro;
              e) a prevedere un sistema di rimborso delle spese sostenute per adozione da parte di genitori adottivi entrambi residenti in Italia, se del caso attraverso il meccanismo del credito di imposta;
              a prevedere il pieno riconoscimento dell'opera dei caregiver familiari e la deducibilità del lavoro domestico;
              ad assumere iniziative per allineare l'assegno per le pensioni di invalidità all'assegno sociale;
con riguardo alla gestione e al controllo del fenomeno migratorio:
              a) riattivare i meccanismi di programmazione e regolamentazione dei flussi migratori regolari, rivitalizzando lo strumento, oramai del tutto depotenziato negli ultimi anni, del c.d. «decreto-flussi», al fine di assicurare «quote» mirate di immigrazione regolare e consentire, dunque, l'ingresso di stranieri nel territorio italiano esclusivamente sulla base di specifici criteri che tengano conto:
                  i. dei fabbisogni occupazionali non reperibili nel territorio nazionale e delle caratteristiche della domanda di lavoro per settore economico e titolo di studio;
                  ii. dell'andamento tendenziale dei tassi di natalità, di fertilità e di invecchiamento della popolazione in Italia e, dunque, delle esigenze connesse al bilancio demografico negativo del nostro Paese e dell'effetto addizionale che l'ingresso di donne in età fertile può determinare sulla dinamica delle nascite;
                  iii. delle condizioni politiche, ambientali, sociali e demografiche dei Paesi di origine e di provenienza, con particolare riferimento alla capacità e alla propensione all'integrazione socio-culturale e al rispetto dei principi volti a garantire la sicurezza e l'ordine pubblico;
              b)    al fine di assicurare la più efficace esecuzione delle procedure di rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza, incrementare le risorse del Fondo rimpatri e, in generale, gli stanziamenti destinati alle spese connesse alle procedure di espulsione, respingimento o allontanamento degli stranieri irregolari dal territorio dello Stato;
              c) assicurare maggiore efficienza e trasparenza al sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati per quanto concerne, in particolare, la gestione, il controllo e il monitoraggio della spesa, al fine di contrastare e prevenire efficacemente fenomeni lucrativi, dietro i quali, il più delle volte, operano organizzazioni criminali;
              d) razionalizzare la spesa connessa al sistema di accoglienza, eliminando gli sprechi e contrastando il conseguimento di indebiti profitti, soprattutto prevedendo un tetto al costo pro-capite mensile per ciascun migrante che non possa in ogni caso essere superiore all'importo massimo delle prestazioni economiche di natura socio-assistenziale erogate ai soggetti che si trovano in condizioni economiche disagiate e che lo Stato ritiene sufficienti ad assicurare una vita sostenibile e dignitosa;

con riguardo al sistema pensionistico:
          ad assumere iniziative per anticipare l'età della pensione sociale a 60 anni per i soggetti privi di reddito;
          a porre in essere ogni idonea iniziativa, anche normativa, che renda più flessibile l'accesso al regime pensionistico per lavoratori e lavoratrici, adottando urgenti provvedimenti per eliminare gli effetti pregiudizievoli del parametro dell'aspettativa di vita, che comporta un ingiusto innalzamento dell'età pensionabile in base a parametri meramente previsionali;
          ad adottare urgenti provvedimenti per procedere alla nona e definitiva salvaguardia dei circa seimila esodati rimasti esclusi dalle precedenti otto manovre, riconoscendo agli stessi l'accesso al trattamento previdenziale;
          a prorogare, almeno al 31 dicembre 2019, la misura sperimentale «Opzione donna», prevista dalla legge n.  243 del 2004 e successive modifiche, che consente alle lavoratrici di 57-58 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi di andare in pensione con un assegno calcolato con il sistema contributivo, nonché a renderlo strutturale ed estenderlo anche agli uomini;
          a riconoscere l'accesso all'assegno previdenziale a tutti coloro che hanno maturato 41 anni di contributi, indipendentemente dall'età anagrafica, attraverso lo strumento cosiddetto della «Quota 41» che, ad oggi, invece viene applicato solo per alcune categorie di lavoratori;

5)  con riguardo al comparto sicurezza e difesa:
              a) a incrementare le risorse destinate al comparto del 2 per cento, adeguando gli stanziamenti agli standard europei, soprattutto per quanto concerne la spesa per dotazioni e stipendi, prevedendo, altresì, che nei contratti del comparto difesa sicurezza vi sia un incremento per specificità;
              b) a destinare almeno il 50 per cento dei beni e proventi sottratti alle mafie alle Forze di polizia e alle Forze armate;
              c) a promuovere investimenti in attrezzature, tecnologie e sistemi informatici;
              d) ad adottare opportune politiche nel campo della cj/ber sicurezza;
              e) a potenziare i presidi istituzionali e delle Forze dell'ordine sul territorio nazionale;

6)  con riguardo alle iniziative da adottare in materia di politica internazionale:
          ad affermare chiaramente in Europa che, in assenza di un cambiamento radicale della politica economica e monetaria dell'Unione europea, l'Italia non esclude di sostenere in sede europea lo scioglimento concordato e controllato della zona euro;
          ad assumere ogni iniziativa utile in ambito europeo ed internazionale volta alla stabilizzazione delle Nazioni estere i cui mercati da sempre costituiscono lo sbocco commerciale delle nostre esportazioni;
          ad esprimere, nella riunione degli Stati membri dell'Unione europea che a fine luglio dovrà votare il mantenimento o meno delle sanzioni commerciali a carico della Russia, un voto contrario, che possa permettere il riavvio degli scambi commerciali con tale Paese;
          a sostenere nelle competenti sedi comunitarie l'impegno dell'Italia contro i tagli ai fondi europei per le politiche di coesione e la politica agricola comune.
(6-00004) «Rampelli, Crosetto, Meloni, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Deidda, Luca De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lollobrigida, Lucaselli, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».


      La Camera,
          premesso che:
              dopo una crisi eccezionalmente lunga e profonda, che ha segnato una caduta del Prodotto interno lordo (PIL) senza precedenti nella storia recente, pari a circa 9 punti percentuali tra il 2007 e il 2013, l'economia italiana percorre dal 2014 un sentiero di ripresa: il 2017 è stato il quarto anno consecutivo di crescita, dopo il timido +0,1 per cento del 2014, la ripresa si è consolidata nel biennio successivo (+ 0,8 per cento nel 2015 e +0,9 per cento nel 2016), per rafforzarsi nel 2017 (+ 1,5 per cento);
              le prospettive restano favorevoli anche per il 2018, anno in cui la previsione di crescita del PIL si conferma nel quadro tendenziale del Documento di economia e finanza (DEF) all'1,5 per cento;
              questo recupero – ancor più significativo considerando che l'andamento dell'economia italiana risultava già modesto prima della crisi a causa di difficoltà strutturali di lungo periodo e nonostante deficit di bilancio molto ampi – è il risultato di uno straordinario sforzo collettivo e delle politiche economiche adottate negli ultimi cinque anni, che hanno contemperato l'esigenza di sostenere la ripresa con quella di ridurre progressivamente l'indebitamento netto, che è passato dal 3 per cento del PIL nel 2014 al 2,3 per cento nel 2017 (1,9 per cento al netto degli interventi di sostegno del settore bancario e della tutela del risparmio) e il debito pubblico, diminuito in rapporto al PIL nel 2015 e nel 2017, dopo una crescita di circa 29 punti percentuali tra il 2007 e il 2013;
              il consolidamento delle finanze pubbliche ha beneficiato altresì del processo di revisione della spesa pubblica, che ne ha migliorato la composizione rendendola sempre più selettiva e orientata alle esigenze delle famiglie e delle imprese;
              nella scorsa legislatura, la credibilità dei Governi ha anche favorito un dialogo continuo e costruttivo con le istituzioni europee in merito alle necessarie riforme della governance economica da attuare a livello dell'Unione europea e a una applicazione delle regole di bilancio più appropriata alle contingenze e alle caratteristiche dell'economia nazionale, che ha consentito da un lato una più adeguata (anche se ancora insufficiente) modalità di calcolo dell'output gap e dall'altro una maggiore gradualità nel percorso di avvicinamento verso l'obiettivo di medio termine, anche attraverso l'approvazione di ampi spazi di flessibilità non solo per eventi eccezionali, ma anche per effettuare investimenti pubblici e approvare significative riforme, che hanno aggredito i limiti strutturali del nostro Paese;
              nella scorsa legislatura sono state così poste le condizioni per proseguire in modo sostenibile lungo il cammino dell'irrobustimento strutturale della crescita, anche per innalzare quella potenziale, dell'aumento dell'occupazione (ad aprile del 2018, il numero dei lavoratori occupati ha raggiunto la soglia di 23,2 milioni a fronte dei 23,18 del 2008, con una crescita di oltre 1 milione di occupati rispetto al picco minimo dei 22,117 milioni registrato nel settembre del 2013 e fra questi, il numero di lavoratori con contratto a tempo indeterminato ha raggiunto la soglia di 14,873 milioni ad aprile 2018, avvicinandosi al livello massimo raggiunto prima della crisi, di 15,032 milioni nel luglio 2008), della riduzione della pressione fiscale, scesa dal 43,6 per cento del 2014 al 42,5 per cento del 2017 (41,9 per cento tenuto conto del bonus 80 euro);
              dall'analisi multidimensionale degli indicatori del benessere equo e sostenibile (BES) contenuti nel DEF emerge tuttavia, il permanere di diseguaglianze e disagio sociale, dal momento che la ripresa è ancora troppo recente e poco robusta perché i benefici possano raggiungere tutti i settori e le aree del Paese rimarginando le ferite lasciate dalla recessione economica;
              il contrasto alla povertà, fenomeno complesso non legato soltanto alla mancanza di reddito, è stato condotto nella scorsa legislatura superando misure parziali, dapprima stanziando con la legge di bilancio per il 2016 risorse strutturali per il Sostegno per l'inclusione attiva (SIA) e, dal 2018, costruendo il primo strumento nazionale dal carattere universale finalizzato alla graduale conquista dell'autonomia: grazie all'introduzione del Reddito di Inclusione (REI), l'Italia si è finalmente dotata di una misura permanente, invocata da decenni, di lotta alla povertà tramite il sostegno al reddito e l'accompagnamento alla ricerca di occupazione quale strumento fondamentale dei processi inclusivi, un disegno che deve essere arricchito in modo da ampliare la platea dei destinatari e la rete di servizi e accompagnato da una grande operazione di sostegno alle famiglie mediante l'introduzione di una misura fiscale universale per i figli a carico e l'istituzione di una dote unica dei servizi di cura nei primi anni di vita dei bambini,

impegna il Governo:

          a completare la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia sulle imposte indirette per il triennio 2019- 2021 già parzialmente realizzata dall'articolo 1, comma 2, della legge di bilancio 2018 (legge n.  205 del 2017), da finanziare mediante il ricorso a misure compensative sul lato della spese e delle entrate, con particolare riferimento all'azione di contrasto all'evasione ed escludendo qualsiasi forma o modalità di condono;
          a continuare a promuovere in sede europea la necessità di una nuova governance dell'Unione, anche attraverso una revisione delle regole di bilancio volta a conferire una maggiore centralità alla crescita economica, all'occupazione e all'inclusione sociale in un percorso sostenibile di riduzione del debito pubblico nonché una reale condivisione dei rischi, sia favorendo il completamento dell'Unione bancaria attraverso un sistema unico di garanzia dei depositi, sia promuovendo la realizzazione di una vera Unione fiscale, che superi la logica intergovernativa, attraverso l'istituzione di un Fondo monetario europeo che salvaguardi la stabilità anche per mezzo della definizione di nuovi strumenti di sostegno alle riforme strutturali, di stabilizzazione del livello degli investimenti in caso di shock asimmetrici e di un sistema di assicurazione ciclica contro la disoccupazione, sulla base delle proposte italiane già in discussione nelle sedi europee e dei pareri espressi lo scorso febbraio dalla Commissione bilancio della Camera sul pacchetto di proposte della Commissione europea sul futuro dell'unione economica e monetaria;
          a rafforzare gli interventi per la crescita inclusiva e il contrasto alle diseguaglianze sociali, attraverso l'introduzione di un salario minimo legale; un incremento significativo delle risorse per il reddito d'inclusione, al fine di raggiungere progressivamente tutte le persone in condizione di povertà assoluta; l'introduzione di una misura universale per il sostegno dei figli a carico, superando la disomogeneità delle attuali agevolazioni e il fenomeno dell'incapienza d'imposta; l'introduzione di una dote unica dei servizi all'infanzia al fine di favorire la natalità e l'occupazione femminile; l'ulteriore rafforzamento delle politiche per la non-autosufficienza;
          a proseguire il percorso di rilancio degli investimenti; sul versante pubblico, con particolare riferimento alla semplificazione e accelerazione delle procedure amministrative e al potenziamento delle capacità progettuali in particolare degli enti territoriali, nonché attuando la clausola del 34 per cento degli stanziamenti in conto capitale ordinario per il riequilibrio territoriale della spesa pubblica; sul versante privato, rendendo strutturali gli incentivi all'investimento delle imprese finalizzato alla competitività e all'innovazione;
          a proseguire nell'azione di riduzione della pressione fiscale e contributiva per imprese e famiglie, attraverso una progressiva diminuzione del carico contributivo sul lavoro a tempo indeterminato; una riduzione della tassazione sul reddito d'impresa, proseguendo lungo le linee già impostate nella precedente legislatura;
          a confermare e rendere strutturali le misure di sostegno alle giovani generazioni, in particolare quelle finalizzate allo sviluppo della cultura e della conoscenza del patrimonio culturale tra i diciottenni.
(6-00005) «Boccia, Benamati, Braga, Di Giorgi, Ermini, Fregolent, Marattin».