XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 11 luglio 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,

          premesso che:

              le persone che vivono in povertà assoluta in Italia hanno superato nel 2017 il numero di 5 milioni, si tratta del valore più alto registrato dall'Istat dal 2005;

              le famiglie in povertà assoluta sono stimate in 1 milione e 778 mila, ovvero 5 milioni e 58 mila individui. L'incidenza della povertà assoluta è del 6,9 per cento per le famiglie (era il 6,3 per cento nel 2016) e dell'8,4 per cento per gli individui (dal 7,9 per cento nel 2016). Si tratta dei valori più alti dal 2005. In particolare, situazione più drammatica si registra al Sud, dove 1 abitante su 10 vive in indigenza. Sono 1,2 milioni i bambini e ragazzi in povertà;

              si registra anche un aumento della povertà relativa, con una incidenza al 15,5 per cento ovvero 9 milioni e 368 mila persone; in tale categoria rientra chi vive nelle famiglie, stimate in 3 milioni 171 mila, che hanno una spesa al di sotto della soglia di 1.085 euro e 22 centesimi al mese per due persone: una condizione che riguarda 1 italiano su 6;

              l'incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per le famiglie di operai e assimilati (19,5 per cento) e per quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (37 per cento), queste ultime in peggioramento rispetto al 31 per cento del 2016. L'Istat conferma le difficoltà per le famiglie di soli stranieri, tra le quali l'incidenza della povertà relativa raggiunge il 34,5 per cento, con forti differenziazioni sul territorio, il 29,3 per cento al Centro, il 59,6 per cento nel Mezzogiorno;

              l'Inps ha diffuso il 28 marzo 2018 i dati relativi al primo trimestre di funzionamento del reddito di inclusione. Dal rapporto dell'Osservatorio statistico si evince che nel primo trimestre 2018 sono stati erogati benefici economici a 110 mila nuclei familiari raggiungendo 317 mila persone se a queste si aggiungono le circa 120.000 famiglie beneficiarie del sostegno per l'inclusione attiva si arriva ad un totale di circa 500.000 persone interessate;

              la maggior parte dei benefici vengono erogati nelle regioni del Sud (il 72 per cento); Campania, Calabria e Sicilia sono le regioni con maggiore numero assoluto di nuclei beneficiari; insieme rappresentano il 60 per cento del totale dei nuclei e il 64 per cento del totale delle persone coinvolte;

              l'importo medio mensile del reddito di inclusione risulta variabile a livello territoriale, dai 225 euro per i beneficiari della Valle d'Aosta a 328 euro per la Campania;

              dalla composizione dei nuclei famigliari che hanno percepito il reddito di inclusione, risulta che sono 57 mila i nuclei con minori, che rappresentano il 52 per cento dei nuclei beneficiari; questi coprono il 69 per cento delle persone interessate; sono 21,5 mila i nuclei con disabili, che rappresentano il 20 per cento dei nuclei beneficiari, e coprono il 20 per cento delle persone interessate;

              dal 1° giugno 2018 sono stati estesi i requisiti per ottenere il reddito di inclusione; questo consentirà a circa 200 mila famiglie in più di ottenere il beneficio del reddito di inclusione; non sarà, quindi, più necessario che il nucleo familiare abbia al suo interno un minore, un disabile, una donna in stato di gravidanza o un disoccupato over 55. L'eliminazione di questi requisiti consentirà l'allargamento della platea di beneficiari a circa 700 mila famiglie, circa 2,5 milioni di persone, rispetto alle 500.000 famiglie attuali ovvero circa 1,8 milioni di persone coinvolte;

              si afferma da più parti che l'estensione dei requisiti consentirebbe al reddito di inclusione di diventare beneficio universale, ma questo non corrisponde al vero, in quanto oggi come affermato dall'Istat le persone in povertà assoluta sono oltre 5 milioni e le persone in povertà relativa sono altre 9 milioni; il reddito di inclusione continua ad essere una misura parziale che si rivolge solo ad una parte delle famiglie in povertà assoluta, a causa delle insufficienti risorse assegnate al fondo nazionale per la lotta e l'esclusione sociale di cui all'articolo 1, comma 386, della legge 28 dicembre 2015, n. 208;

              l'importo mensile del reddito di inclusione è di 187 euro per famiglie composte da una singola persona, 294 euro per due persone, 382 euro per tre e 461 euro per quattro; questi importi con tutta evidenza non possono rappresentare un efficace affrancamento dalla povertà nel periodo in attesa del progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa finalizzato proprio al definitivo affrancamento della povertà;

              si è in attesa della proposta del reddito di cittadinanza, che il Governo intende avanzare, presente anche nel contratto di Governo, non ancora definita né con riferimento alle modalità né con riferimento alle risorse disponibili a sostenerlo; ad oggi il reddito di inclusione è l'unico intervento posto in essere e sul quale è necessario intervenire, sia implementando ulteriormente le risorse, sia attivando i percorsi di inclusione sociale e lavorativa indicati chiaramente dalla legge 15 marzo 2017, n. 33, nonché dal decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147;

              la legge 15 marzo 2017, n. 33, e il decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147, prevedono tra l'altro che: l'introduzione della misura nazionale di contrasto alla povertà, denominata reddito di inclusione, è individuata come livello essenziale delle prestazioni da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale; è rafforzato il coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali nell'ambito dei princìpi della legge n. 328 del 2000; la misura unica ha carattere universale; sono attivati progetti personalizzati di inclusione sociale e lavorativa; la misura unica è articolata in un beneficio economico e in una componente di servizi alla persona;

              la lettera c) del comma 2 dell'articolo 1 della legge 15 marzo 2017, n. 33, dispone che la definizione dei beneficiari avvenga nei limiti delle risorse del fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale; la lettera d) del medesimo comma del citato articolo prevede la graduale estensione dei beneficiari;

              è fondamentale procedere al rafforzamento dei centri per l'impiego, sia in termini di presenza territoriale che di risorse e di riqualificazione del personale, e a un numero adeguato di nuove assunzioni; i centri per l'impiego, oggi, constano di 550 sportelli, contano meno di 9 mila dipendenti, dei quali 1300 a tempo determinato (mentre in Germania sono 110 mila) con un sistema di banche dati unificato insufficiente,

impegna il Governo:

1) ad attuare tutti i percorsi sociali e lavorativi recati dalla legge 15 marzo 2017, n. 33, e dal decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147, effettivamente ed uniformemente su tutto il territorio nazionale, al fine di attivare concretamente tutti i progetti personalizzati di affrancamento dalla povertà sia lavorativi che di offerta di servizi sociali alla persona di cui alla legge n. 328 del 2000;

2) ad assumere iniziative per rendere effettivamente universale la misura unica nazionale di contrasto alla povertà e alla esclusione sociale, implementando le risorse al fine di renderla esigibile almeno a tutte le persone in povertà assoluta, anche prevedendo un aumento degli importi mensili del reddito di inclusione sociale;

3) a garantire, per quanto di competenza, il rafforzamento, il coordinamento e l'attuazione degli interventi in materia di servizi sociali nell'ambito dei princìpi della legge n. 328 del 2000 come richiamati dalla legge 15 marzo 2017, n. 33, e dal decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147;

4) ad assumere le iniziative di competenza finalizzate al contrasto efficace alla povertà, attraverso il rafforzamento dei centri per l'impiego, prevedendo tra l'altro: risorse adeguate; un numero congruo di nuove assunzioni; una gestione integrata dei centri per l'impiego; l'adozione uniforme di modelli standard che offrano sul territorio nazionale servizi uguali per tutti; la riqualificazione e la formazione del personale; l'attuazione del sistema informatizzato unico sul lavoro in tempi certi.
(1-00012) «Rostan, Fornaro, Bersani, Boldrini, Conte, Epifani, Fassina, Fratoianni, Muroni, Occhionero, Palazzotto, Pastorino, Speranza, Stumpo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


      RACITI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          in Italia, l’iter di recepimento della direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi, cosiddetta direttiva Barnier, e le successive modifiche intervenute con il decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, non hanno garantito la piena liberalizzazione del mercato italiano dell'intermediazione del diritto d'autore;

          il settore risulta pertanto, ancora di fatto dominato dalla Società italiana degli autori ed editori (S.i.a.e.), cui attualmente si oppongono solo piccole e giovani realtà, che costituiscono però una valida alternativa, grazie soprattutto al tipo di offerta tecnologicamente molto avanzata;

          ad inasprire ulteriormente il clima nel mercato è intervenuto il settimanale L'Espresso, con un'inchiesta, a firma di Emiliano Fittipaldi. L'indagine ha svelato che la S.i.a.e. avrebbe commissionato ad una società privata di investigazioni, la Ifi Advisory, un'attività di dossieraggio nei confronti di un competitor, al fine di ottenere informazioni sensibili su presunte irregolarità nei contratti con gli artisti e nella gestione societaria; per adempiere l'incarico, la Ifi Advisor si sarebbe anche avvalsa dell'aiuto della Black Cube, una agenzia privata israeliana fondata da ex agenti del Mossad;

          la S.i.a.e. avrebbe investito 400 mila euro per ottenere tali informazioni, che sarebbero poi confluite nel report chiamato «Progetto Spotlight»;

          la S.i.a.e., senza negare il rapporto con l'agenzia di investigazioni, ha replicato che in realtà l'incarico commissionato rientrava nell'ambito di una normale attività di business intelligence nei confronti di un competitor –:

          se il Governo risulti essere a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di approfondire quanto emerso grazie all'inchiesta giornalistica, e se non ritenga opportuno intervenire, con la massima sollecitudine, per acquisire un quadro più preciso sull'effettiva entità e finalità dell'investimento effettuato dalla S.i.a.e., essendo questa un ente pubblico economico che svolge funzioni di interesse generale per conto dello Stato, nonché sottoposto alla vigilanza congiunta della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Ministero dell'economia e delle finanze, per le materie di specifica competenza;

          se sia intenzione del Governo proseguire nella liberalizzazione del settore di mercato dell'intermediazione del diritto d'autore.
(3-00071)


      DE MARIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

          a quanto riportato pubblicamente, Roberto Fiore, il leader di Forza Nuova, in occasione della inaugurazione di una sede di tale organizzazione, ha detto, fra l'altro: «La virata verso le posizioni nostre nel mondo è sempre più forte (...) Oggi è cambiato qualcosa, dal 4 marzo c'è stato uno spostamento dell'Italia e della politica su posizioni nostre». E ancora, riferendosi alla fase apertasi dopo il 4 marzo: «Non solamente l'Italia si riscopre un Paese non più antifascista e con un'impostazione nazionale (...) Oggi noi abbiamo un governo che riecheggia le nostre tesi. Conversioni? Certamente ci sono conversioni, pensate a quello che fu il fascismo: iniziò con un socialista internazionalista (Benito Mussolini, ndr) che poi si convince che l'internazionalismo era sbagliato, si converte al nazionalismo e quindi crea il fascismo. E quindi possono esserci in questo momento forti conversioni da parte di persone che vedono in quello che noi abbiamo detto costantemente in 20 anni un nuovo punto di riferimento»;

          l'interrogante ritiene queste dichiarazioni molto gravi, perché mettono in discussione la stessa natura della democrazia italiana, fondata sull'Antifascismo e sulla Costituzione nata dalla Resistenza;

          chi oggi governa il Paese dovrebbe rispondere con parole chiare, respingendo anche l'evidente scelta di Fiore di aprire una interlocuzione politica, in nome della scelta di rinnegare il valore fondante dell'Antifascismo –:

          quali siano gli orientamenti del Governo in relazione a quanto riportato in premessa;

          se il Governo intenda proseguire e confermare le importanti iniziative assunte dal precedente Esecutivo per promuovere la memoria dell'Antifascismo e della Resistenza, dell'impegno dei militari italiani che si sono battuti a fianco degli alleati e di quelli che si sono rifiutati di aderire alla Repubblica sociale italiana, del sacrifico dei civili vittime della violenza nazifascista, della tragedia della Shoà e della persecuzione subita da tutte le vittime delle persecuzioni razziali promosse dal nazismo e dal fascismo.
(3-00072)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BRAGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          nel gennaio 2014, all'età di 59 anni, moriva a causa di una patologia tumorale Michele Liguori, tenente dei vigili urbani di Acerra in provincia di Napoli, e assegnato al «pool ambientale» di quel comune costituito di un solo componente: lui stesso;

          con i pochi mezzi a disposizione egli operò alacremente per contrastare le «ecomafie», in quella che più tardi fu tristemente denominata «Terra dei fuochi», dove il ciclo illegale dei rifiuti industriali era oggetto di interesse criminale per le organizzazioni malavitose, a danno di ambiente e cittadini;

          il tenente Liguori fu tra i primi poliziotti municipali ad aver utilizzato ampiamente le sue doti di investigatore per condurre un'intensa indagine sul disastro ambientale in atto nel territorio campano inquinato;

          da ciò che si evince da un articolo di Nello Trocchia, pubblicato da «L'Espresso» il 14 marzo 2018, l'Inail aveva riconosciuto dopo il suo decesso la malattia professionale come causa della morte, e a seguito di tale pronunciamento i familiari avevano presentato al Ministero dell'interno richiesta di inserimento nella lista dei familiari vittime del dovere;

          da ciò che si evince dalla stampa, nel marzo 2018 il dipartimento della pubblica sicurezza del Viminale ha tuttavia negato tale riconoscimento, motivando con queste parole la propria determinazione: «la malattia non può riconoscersi dipendente dai fatti di servizio, in quanto, nei precedenti di servizio dell'interessato non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo ad una genesi neoplastica. Pertanto è da escludere ogni nesso di causalità e o di con causalità non sussistendo, altresì nel caso di specie, precedenti infermità o lesioni imputabili al servizio che col tempo possano essere evolute in senso metaplastico»;

          pare quindi determinarsi un contrasto tra quanto riconosciuto dall'Inail al tenente Liguori e il diniego del Ministero dell'interno riguardo all'inserimento degli interessati nella lista dei familiari delle vittime del dovere –:

          se siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;

          se non intendano acquisire informazioni circa l'istruttoria promossa dall'Inail che considera la patologia che ha portato al decesso del tenente Liguori come dipendente da fatti di servizio e verificare se non sussistano le condizioni per disporre il riconoscimento, da parte del dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale, del diritto degli interessati all'inserimento nella lista dei familiari delle vittime del dovere.
(5-00133)


      BRAGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          è unanimemente riconosciuto che il cambiamento climatico alterna fenomeni meteorologici estremi, quali forti piogge, cicloni, ondate di calore, siccità grave e prolungata. L'Italia, come tutto il bacino del Mediterraneo, non è purtroppo esente da tali fenomeni;

          in particolare, con l'imminente stagione estiva, come spesso riportano di frequente gli organi di informazione, l'Italia è sovente stretta dalla morsa degli incendi acuita da siccità e, come detto, da ondate di calore;

          numerosi roghi, alcuni di origine dolosa, mettono ogni estate a dura prova il Nord, il Centro e il Sud d'Italia senza distinzione;

          particolarmente critica è la ricorrenza di fenomeni incendiari in alcune aree del Paese quali i boschi alpini di Lombardia e Veneto, il parco nazionale del Vesuvio, la Pineta di Castel Fusano a Ostia, i boschi dell'Appennino campano, la Sila, le Madonie e la Sardegna centrale;

          la legge quadro in materia di prevenzione e lotta agli incendi n. 353 del 2000 obbliga i comuni a censire annualmente i terreni percorsi dal fuoco attraverso un apposito catasto, in modo da applicare con esattezza i vincoli del caso, che vanno dal divieto di modificare la destinazione d'uso dell'area per 15 anni, all'impossibilità di realizzare edifici, esercitare la caccia o la pastorizia, per un periodo di dieci anni. Con questo strumento indispensabile, che serve a reprimere usi impropri e illegittimi, chiunque abbia il benché minimo interesse a operare in modo illegittimo, non può farlo, si interromperebbe così questo criminale metodo, terreno fertile per abusivismo e reati a danno della buona economia agropastorale;

          nei casi più gravi è possibile configurare il nuovo reato di «disastro ambientale» introdotto dalla legge n. 68 del 2015 sugli «ecoreati» –:

          se il Governo intenda assumere le iniziative più utili, comprese quelle per una maggiore dotazione di risorse umane e strumentali, a supporto delle operazioni di prevenzione e spegnimento da parte delle donne e degli uomini della protezione civile, dei vigili del fuoco e delle forze dell'ordine impegnati sul campo; data l'evidente origine «criminale» di molti incendi, se non intendano attuare un piano straordinario di controllo del territorio al fine di prevenire e contrastare gli incendi dolosi che, devastando aree dall'alto valore ambientale e paesaggistico, distruggono il futuro della cittadinanza;

          se, per quanto di competenza, i Ministri interrogati non intendano promuovere un monitoraggio nazionale in relazione al catasto incendi, con particolare riguardo ai comuni interessati dai roghi, anche in passato.
(5-00135)


      RIZZO NERVO, SERRACCHIANI, DE FILIPPO, CARNEVALI, CAMPANA, UBALDO PAGANO, PINI, SCHIRÒ e SIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il Ministro dell'interno Matteo Salvini intervenendo il 1° luglio 2018 ad un appuntamento politico ha definito la legge n. 180 del 1978 «una legge che si sta dimostrando un disastro lasciando nella miseria migliaia di famiglie: quella dei malati psichiatrici, che ha cancellato le strutture che li curavano abbandonando le famiglie al loro destino»;

          il 13 maggio 1978, promulgando la legge n. 180 del 1978, il nostro Paese fu capace di un atto di grande civiltà, di grande innovazione scientifica e maturità sociale, che ha interrotto le degenze negli ospedali psichiatrici a favore dei servizi integrativi, spostando l'asse sul concetto di comunità e inserendo l'ambito della salute mentale nel Servizio sanitario nazionale;

          la scelta di chiudere i manicomi e prendersi la responsabilità di dare alla salute mentale la stessa dignità di ogni altra cura ha restituito diritto di cittadinanza a migliaia di persone, dimenticate negli ospedali psichiatrici, determinando una garanzia per il loro futuro;

          negli anni il sistema sanitario nazionale, nelle sue articolazioni regionali, ha organizzato su tutto il territorio nazionale la rete dei servizi per la salute mentale articolata in 163 dipartimenti di salute mentale, 1460 strutture territoriali, 2284 strutture residenziali che ospitano oltre 30.000 persone, 899 strutture semiresidenziali, 285 servizi psichiatrici di diagnosi e cura ospedalieri, per un totale di 3623 posti letto, oltre 22 unità ospedaliere accreditate per ulteriori 1148 posti letto. Si tratta di una rete che garantisce ogni anno l'assistenza a più di 800.000 persone, grazie al lavoro di circa quarantamila operatori, guardato come un modello a livello internazionale;

          oggi non sono pienamente attuate alcune scelte e non sono pienamente esigibili alcuni diritti prospettati dalla riforma della psichiatria a causa di una applicazione disomogenea per qualità, efficienza, efficacia da regione a regione e a causa delle risorse dedicate alla salute mentale dal servizio sanitario nazionale, anche nel raffronto con altri Paesi europei;

          nel 2001 le regioni avevano assunto l'impegno di destinare almeno il 5 per cento dei fondi sanitari alla salute mentale, ma oggi si è al 3,5 per cento a livello nazionale e solo Emilia-Romagna e le province autonome di Trento e Bolzano hanno destinato almeno il 5 per cento;

          i dipartimenti di salute mentale segnalano da tempo un deficit di operatori che va dal 25 al 75 per cento in meno dello standard previsto di 1 operatore ogni 1500 abitanti in 14 regioni/province autonome su 21 –:

          se le valutazioni del Ministro dell'interno siano da considerarsi rappresentative della posizione del Governo sulla legge n. 180 del 1978 e quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per garantire un potenziamento del numero degli operatori e un adeguato finanziamento, omogeneo sul territorio nazionale, per realizzare le previsioni della legge e poter cogliere le sfide vecchie e nuove della salute mentale.
(5-00136)

Interrogazione a risposta scritta:


      PAITA, CARLA CANTONE, CARNEVALI, FREGOLENT, GADDA, GRIBAUDO, MORANI, POLLASTRINI, CENNI, ANNIBALI e SERRACCHIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

          da giorni a Genova, in ampie zone centrali della città, campeggiano su grandi tabelloni manifesti pubblicitari che pubblicizzano una lacca per capelli con chiari richiami sessisti;

          in particolare, compare l'immagine di una donna con scritta la seguente frase: «Le donne hanno in testa una sola cosa», in basso, molto in piccolo e meno in evidenza la seguente frase «la lacca del parrucchiere»;

          via social network si è registrata una significativa indignazione rispetto alla questione, evidenziando critiche nei confronti dell'amministrazione comunale che ne ha consentito l'affissione;

          diversi comuni hanno ormai adottato delibere per intervenire su pubblicità ritenute lesive della dignità della donna;

          il caso in questione evidenzia ancora una volta quanto lavoro culturale vi sia da fare per contrastare un certo profilo di pubblicità che gioca sulle ambiguità e che è comunque prodotto di luoghi comuni che si fa fatica a bandire –:

          se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda promuovere in relazione al caso in questione, promuovendo una disciplina uniforme che contrasti in maniera efficace forme di pubblicità dal chiaro profilo sessista.
(4-00683)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          il decreto direttoriale DVA/DEC/366 del 13 novembre 2014 ha costituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – direzione generale per le valutazioni ambientali, e con sede operativa presso la regione Lombardia, l'Osservatorio ambientale di cui al decreto ministeriale n. 2 del 7 gennaio 2014, relativo alla strada provinciale 46 Rho/Monza (Lotto 3);

          il successivo decreto direttoriale DVA/DEC/2015/0000004 del 30 gennaio 2015 ha modificato il citato decreto direttoriale n. 366 del 13 novembre 2014, attribuendo all'Osservatorio ambientale costituito (e competente per il lotto 3 della strada provinciale 46 Rho/Monza) anche le competenze precedentemente proprie dell'Osservatorio ambientale istituto con decreto DVA/DEC/2014/333 del 5 novembre 2014 (lotti 1 e 2 della strada provinciale 46 Rho/Monza) disponendo, altresì, che "l'operatività dell'Osservatorio Ambientale è stabilita dall'avvio delle attività come indicato nei citati decreti VIA e fino al completamento di tutte le attività connesse alla realizzazione dell'opera e per un periodo di 12 mesi di monitoraggio ambientale post operam", con incarichi di durata triennale dall'insediamento;

          risulta alla interrogante che la fine dei lavori della citata opera, in special modo per i lotti 1 e 2, è presunta a fine 2019;

          nel corso del suo esercizio l'Osservatorio ambientale per la strada provinciale 46 Rho/Monza ha svolto con efficacia le attività di competenza ex lege, assicurando una proficua interlocuzione con gli enti locali e i cittadini dei territori interessati –:

          quali iniziative intenda adottare per assicurare il prosieguo delle attività assegnate all'osservatorio ambientale per la strada provinciale 46 Rho/Monza, al fine di garantire continuità alle sinergie stabilite con le amministrazioni e gli enti a vario titolo interessati all'esecuzione del progetto.
(5-00132)


      BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          come si evince dal «Rapporto nazionale pesticidi nelle acque, edizione 2018» curato dall'Ispra e presentato qualche giorno fa i cosiddetti pesticidi in Italia sono presenti nel 67 per cento delle acque superficiali e nel 33 per cento delle acque sotterranee e superano i limiti rispettivamente nel 23,9 per cento e nell'8,3 per cento dei casi, con un preoccupante aumento rispetto alle precedenti indagini nazionali. Nelle falde, anche a causa del lento ciclo delle acque sotterranee, permangono anche sostanze chimiche ormai bandite da decenni;

          come descrive anche un articolo di Marco Angelillo pubblicato su La Stampa dell'11 maggio 2018, nei 35.353 campioni analizzati dalle agenzie regionali attraverso quasi 2 milioni di analisi realizzate nel biennio 2015-2016 sono state trovate 259 sostanze: prevalgono gli erbicidi perché utilizzati in grandi quantità, soprattutto in primavera, quando le piogge più frequenti facilitano la dispersione nell'ambiente;

          nelle acque superficiali il famigerato glifosato, insieme al suo metabolita Ampa, è l'erbicida che presenta il maggior numero di casi di superamento dei limiti degli standard di qualità ambientale (Sqa) nel 24,5 per cento dei siti monitorati, percentuale che sale al 47,8 per cento per il metabolita;

          in molti campioni sono stati riscontrati neonicotinoidi, erbicidi con una grandissima persistenza recentemente vietati dall'Unione europea perché letali per le api. E ancora, a 25 anni dalla revoca, è stata rilevata la presenza di atrazina e suoi metaboliti, assieme a pericolose miscele di sostanze che si formano in modo del tutto casuale nei fiumi e nelle falde e i cui effetti non sono sempre prevedibili;

          è poi da considerare il fatto che non vi è omogeneità dei campionamenti: nelle regioni del Nord sono stati realizzati più del 50 per cento dei monitoraggi, mentre dal Meridione, ad esempio dalla Calabria, non è arrivato nessun dato; pochissimi dati sono pervenuti dalla Puglia. Esiste, come detto, un problema di diffusione e standardizzazione dei monitoraggi e il Mezzogiorno risulta in forte ritardo, con alcune eccezioni, quali Ragusa e il Lazio –:

          se il Governo non intenda, per quanto di competenza, assumere iniziative urgenti per uniformare le metodiche di analisi delle acque in tutta la Penisola, stante il fatto che nelle acque nazionali, e dunque in tutto l'ambiente e nella catena alimentare, stanno aumentando i residui di sostanze tossiche anche in concentrazioni infinitesimali, e per bandire l'utilizzo di erbicidi quali il glifosato.
(5-00134)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      TESTAMENTO, GALLO, CARBONARO, ACUNZO, AZZOLINA, BELLA, CASA, FRATE, LATTANZIO, MARIANI, MARZANA, MELICCHIO, NITTI, TORTO, TUZI e VILLANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          il patrimonio culturale italiano è molto vasto e di inestimabile valore. Tuttavia, nonostante la sua straordinaria specificità e bellezza, soprattutto nelle sue attrattive di piccola o piccolissima dimensione ovvero strettamente legate alla storia, alle tradizioni e alla specificità dei territori, tale patrimonio non riesce a esprimere tutte le sue potenzialità a causa dell'assenza di una programmazione ad hoc delle attività di restauro, conservazione e valorizzazione ad esse indirizzate e della difficoltà di connettere sinergicamente queste ultime con gli altri attori territoriali. Questo gap ha prodotto un enorme numero di beni culturali chiusi al pubblico, trascurati o addirittura abbandonati e nel più totale degrado: interi centri storici e borghi, singoli monumenti, musei, biblioteche;

          tra i beni culturali attualmente non accessibili al pubblico risulta esserci la Biblioteca molisana. Istituita il 24 settembre 1861, la biblioteca basa tutta la sua dotazione sulle donazioni librarie di Pasquale Albino, avvocato, giornalista e bibliofilo molisano. Attualmente la Biblioteca possiede circa 130.000 volumi, 2.400 periodici, 1000 volumi musicali e 250 cartoline con ritratti di musicisti famosi, scene e costumi da opere italiane ottocentesche;

          la Biblioteca è stata di proprietà della provincia di Campobasso fino al maggio 2017. Successivamente, a seguito dell'accordo di valorizzazione del 13 settembre 2016 fra la provincia, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e regione Molise, è stato sancito il suo passaggio al demanio dello Stato e, pertanto, allo stesso Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;

          l'opera di valorizzazione di cui sopra è rimasta, finora, solo una buona intenzione, visto che la biblioteca è chiusa al pubblico dal 1° settembre 2016, privando studenti, appassionati e studiosi in generale di un patrimonio storico, letterario e musicale indubbiamente unico e punto di riferimento di ricerche nazionali e internazionali;

          recuperare questi beni abbandonati significa riappropriarsi di una parte del patrimonio culturale, agire sulla riqualificazione sociale del territorio, considerata la loro costante collocazione periferica, e offrire nuove opportunità lavorative ai giovani delle varie comunità locali –:

          se e con quale tempistica il Ministro interrogato intenda prevedere un piano nazionale di restauro, conservazione e valorizzazione delle cosiddette attrattive culturali minori;

          quali iniziative il Ministro interrogato intenda altresì porre in essere per rendere nuovamente accessibile la Biblioteca Albino ai cittadini Campobasso e a tutti i molisani.
(5-00131)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


      MARTINO, DELLA FRERA, BENIGNI, GIACOMONI, ANGELUCCI, CATTANEO, BARATTO e BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          con il decreto legislativo n. 90 del 2017, attuativo della direttiva (UE) 2015/849 sulla prevenzione del riciclaggio, entrato in vigore il 4 luglio 2017, è stato modificato, aggravandolo, il sistema sanzionatorio contenuto nel decreto legislativo n. 231 del 2007;

          in particolare, l'articolo 63, comma 1, prevede, per mancata apposizione della clausola di intrasferibilità sugli assegni sopra i 1.000 euro, una sanzione tra 3.000 e 50.000 euro. Precedentemente era prevista una sanzione proporzionale tra l'1 e il 40 per cento dell'importo;

          la direttiva europea (UE) 2015/849 fa puntuale riferimento all'intenzionalità dell'azione commessa al fine di determinare un comportamento ascrivibile all'illecito di riciclaggio, criterio di cui si è perso ogni riferimento nel decreto legislativo n. 231 del 2007;

          in sede di esame dello schema di decreto legislativo n. 504, in materia di antiriciclaggio, la Commissione finanze della Camera, il 27 febbraio 2018, ha approvato un parere contenente osservazioni sulla mancata apposizione della clausola di intrasferibilità in cui si chiede di «(...) assicurare che la sanzione (...) sia ragionevole e proporzionata al valore dell'operazione» in conformità ai principi di adeguatezza previsti dall'Unione europea;

          nel marzo 2018 il Ministero dell'economia e delle finanze ha annunziato di voler provvedere a modificare la norma in termini di proporzionalità; tuttavia, il decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 60, non contiene disposizioni correttive, di fatto ignorando il contenuto delle osservazioni parlamentari;

          le banche non hanno condotto un'azione a tutela dei correntisti, limitandosi a segnalare al Ministero dell'economia e delle finanze l'assegno mancante della dicitura. Solo dopo 7 mesi, nel febbraio 2018, Abi e Bankitalia hanno avviato azioni di tutela dei correntisti;

          si sono verificati (Messina e Venezia) alcuni casi di annullamento delle contestazioni emesse dal Nucleo antiriciclaggio. Le Ragionerie competenti hanno accolto le memorie difensive dei cittadini;

          risulta agli interroganti che circa 1.700 cittadini (dato del marzo 2018) siano incorsi inconsapevolmente nella sanzione, utilizzando libretti ante 2008, che non contenevano la clausola di intrasferibilità già nel corpo dell'assegno medesimo –:

          se non ritenga opportuno assumere iniziative per una modifica dell'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo n. 207 del 2007, da applicarsi retroattivamente a decorrere dal 4 luglio 2017, nel senso di prevedere la reintroduzione del criterio di proporzionalità, nonché di quello della intenzionalità, per le sanzioni riguardanti la mancata apposizione della clausola di intrasferibilità sugli assegni di importo pari o superiore a 1.000 euro che ne siano privi.
(5-00137)


      TABACCI e SCHULLIAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          con l'articolo 16 del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016, n. 49, è stato introdotto un regime fiscale agevolato per gli atti di trasferimento immobiliari emessi entro il 31 dicembre 2016 nell'ambito delle vendite giudiziarie;

          il comma 1 prevedeva che gli atti e i provvedimenti recanti il trasferimento della proprietà o di diritti reali su beni immobili emessi, a favore di soggetti che svolgono attività d'impresa, nell'ambito di una procedura giudiziaria di espropriazione immobiliare di cui al libro III, titolo II, capo IV del codice di procedura civile, ovvero di una procedura di vendita di cui all'articolo 107 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, fossero assoggettati alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna e a condizione che l'acquirente dichiari che intende trasferirli entro due anni;

          ove non si fosse realizzata la condizione del ritrasferimento entro il biennio, le imposte di registro, ipotecaria e catastale erano dovute nella misura ordinaria e si applicava una sanzione amministrativa del 30 per cento oltre gli interessi di mora;

          con la legge 11 dicembre 2016, n. 232, l'operatività dell'agevolazione è stata estesa agli atti emessi entro il 30 giugno 2017 e il termine biennale per la rivendita degli immobili è stato portato a cinque anni –:

          se i soggetti esercenti attività d'impresa che abbiano acquistato un immobile nell'ambito di una vendita giudiziaria e usufruito delle agevolazioni fiscali di cui sopra, prima dell'entrata in vigore della legge 11 dicembre 2016, n. 232, debbano procedere alla rivendita dell'immobile entro il termine biennale originariamente previsto o se possano beneficiare del termine più favorevole di cinque anni per non decadere dalle agevolazioni fiscali godute.
(5-00138)


      PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          nel mese di maggio 2018, in un articolo dedicato alle proposte del contratto di Governo e pubblicato sul periodico on-line Formiche.net, si riportavano, testualmente, le seguenti dichiarazioni del Ministro interrogato: «ritengo che in Italia si debba riequilibrare il peso relativo delle imposte dirette e di quelle indirette, spostando gettito dalle prime alle seconde», ed ancora, che: «si tratta di una scelta di policy sostenuta da molto tempo anche dalle raccomandazioni europee e dell'Ocse perché favorevole alla, crescita e non si capisce perché non si possa approfittare dell'introduzione di un sistema di flat tax per attuare un'operazione vantaggiosa nel suo complesso»;

          con riferimento alla richiamata flat tax, si tratterebbe, sempre a parere dello stesso Ministro, di un obiettivo perseguibile eventualmente anche passando per l'aumento dell'iva. Infatti, a tal proposito, il Ministro evidenziava nello stesso articolo, che: «la scommessa, secondo i sostenitori della riforma (flat-tax), è che essa porti ad effetti benefici sulla crescita e quindi generi quel gettito fiscale aggiuntivo che dovrebbe compensare, almeno in parte, anche il costo iniziale della riduzione delle aliquote». «Inoltre – incalzava lo stesso Ministro – non si vede perché non si debba far scattare le clausole di salvaguardia di aumento dell'Iva per finanziare parte consistente dell'operazione», affermando altresì: «La tesi non mi sembra sostenibile a meno che si pensi di impedire l'aumento delle aliquote IVA creando altro deficit»;

          stando a quanto premesso sembrerebbe che il Ministro interrogato vedrebbe con favore due interventi di fiscal policy, operatività delle clausole di salvaguardia di aumento dell'iva ed introduzione della cosiddetta flat-tax, capaci di incidere sensibilmente sulla capacità di spesa delle famiglie, in un momento, peraltro, in cui si avvertono nuovi e preoccupanti segnali di stagnazione dell'economia, che sconsiglierebbero il ricorso a misure che allontanino la ripresa economica;

          il 5 luglio 2018 il rappresentante del Governo, in occasione dello svolgimento dell'interrogazione a risposta immediata Pastorino 5-00094, presso la Commissione Finanze, in cui si chiedeva quali fossero le misure di carattere compensativo che il Governo intende adottare al fine di sterilizzare le suddette clausole di salvaguardia, rispondeva che la questione sarà affrontata nell'ambito della «Nadef» e troverà definizione nella legge di bilancio per il 2019;

          all'interrogante appare inverosimile che il Governo, a soli due mesi dal varo dei suddetti due provvedimenti, non abbia la minima idea su come impedire l'aumento delle aliquote IVA –:

          quali siano, in vista dell'imminente presentazione del disegno di legge di bilancio per l'anno 2019, gli orientamenti del Ministro su tutto quanto riportato in premessa.
(5-00139)


      FREGOLENT, COLANINNO, DEL BARBA, FRAGOMELI, LIBRANDI, MANCINI, TOPO e UNGARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          secondo i dati sulle dichiarazioni fiscali delle partite Iva diffusi dal dipartimento finanze, i redditi 2016 segnano l'inizio della ripresa con un aumento rispetto all'anno precedente, ma in termini reali i redditi sono ancora inferiori del 7,6 per cento rispetto 10 anni fa;

          per sostenere la crescita economica e ridare slancio alle imprese, i governi a guida PD nella scorsa legislatura hanno attuato un alleggerimento dell'imposizione sui fattori produttivi e una complessiva opera di semplificazione degli adempimenti fiscali a carico delle imprese;

          in particolare a decorrere dal 2017, è stata prevista la riduzione dell'aliquota dal 27,5 al 24 per cento relativa all'imposta progressiva sul reddito delle società di capitali (Ires), già in vigore dal 2004;

          per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale la legge di stabilità 2015 ha istituito un nuovo regime forfetario di determinazione del reddito, assoggettato a un'unica imposta sostitutiva con l'aliquota del 15 per cento, senza limiti di tempo; è anche prevista una specifica disciplina di vantaggio per coloro che iniziano una nuova attività con aliquota ridotta al 5 per cento per cinque anni;

          allo scopo di incentivare il reinvestimento degli utili all'interno delle piccole e medie imprese, dal 1° gennaio 2018 le imprese individuali e le società di persone in contabilità ordinaria che in passato hanno applicato l'imposta progressiva dell'Irpef potranno optare per l'imposta sul reddito d'impresa (Iri) con un'aliquota del 24 per cento sugli utili trattenuti presso l'impresa;

          con l'entrata in vigore dell'Iri, grazie agli interventi sopra richiamati, sostanzialmente la totalità delle attività produttive sarà sottoposta a imposta proporzionale, con aliquota fissa;

          secondo alcune dichiarazioni rilasciate da esponenti della maggioranza, il calendario della riforma fiscale che starebbe emergendo prevede l'introduzione di una nuova tassazione, basata su un'unica aliquota, definita flat tax, che dal 2019 coinvolgerà solo il sistema produttivo e in una seconda fase sarà estesa alle famiglie –:

          quali novità si intendano introdurre nella struttura dell'imposta applicabile al sistema produttivo rispetto all'attuale tassazione che, già a legislazione vigente, prevede un'imposizione di tipo proporzionale.
(5-00140)


      GIULIODORI, RUOCCO, TRANO, APRILE, CABRAS, CANCELLERI, CASO, CURRÒ, GRIMALDI, MANIERO, MARTINCIGLIO, MIGLIORINO, RADUZZI, RUGGIERO, ZANICHELLI e ZENNARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          al fine di procedere ad una maggiore tracciabilità dei pagamenti e conseguentemente ad una riduzione del volume di evasione fiscale sono state predisposte diverse misure, anche di carattere normativo, strumentali ad un aumento dell'utilizzo degli strumenti di pagamento tracciati ed elettronici;

          gli operatori finanziari applicano le commissioni sul valore del corrispettivo pagato e non sul «profitto netto». Le categorie di settore che gestiscono un elevato numero di operazioni effettuate con i suddetti strumenti di pagamento segnalano un considerevole aumento degli oneri connessi al relativo utilizzo ed in alcune circostanze un valore unitario di commissione per singola transazione superiore al margine di profitto;

          il credito d'imposta riconosciuto ad alcune categorie d'impresa è stato di fatto neutralizzato dall'aumento dei costi relativi ad oneri e commissioni applicati dagli operatori finanziari –:

          se intenda assumere iniziative volte a consentire una riduzione degli oneri connessi all'utilizzo degli strumenti di pagamento tracciati ed elettronici, soprattutto nei casi in cui il valore delle commissioni per singola transazione superi il margine di profitto.
(5-00141)


      OSNATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          nel corso dell'audizione del comandante generale della Guardia di finanza, svoltasi presso la VI Commissione l'11 luglio 2018, il generale Giorgio Toschi ha ricordato come la legge n. 124 del 2015, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, cosiddetta «Madia», sia intervenuta sulla consistenza numerica delle diverse forze di polizia, riducendo, in particolare, la consistenza massima dell'organico del Corpo della Guardia di finanza di circa 5.000 unità, e portandola quindi a 62.000 unità;

          attualmente l'effettiva consistenza del Corpo della Guardia di finanza è pari a circa 57.000 unità, numero che è destinato a ridursi ulteriormente a causa dei pensionamenti;

          appare opportuno intervenire rapidamente al fine di programmare un piano di reclutamento che consenta, nel prossimo quinquennio, di colmare lo scarto tra pianta organica e consistenza effettiva –:

          quali iniziative intenda assumere per ovviare alla grave carenza di personale della Guardia di finanza, che rischia di avere effetti negativi sull'operatività del Corpo.
(5-00142)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


      RUFFINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          nella scorsa legislatura, con i due decreti legislativi nn. 155 e 156 del 2012, il Governo pro tempore aveva dato attuazione alla delega conferitagli dalla legge n. 148 del 2011 per la revisione della geografia giudiziaria;

          il decreto legislativo n. 155 del 2012, in particolare, ha proceduto alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie e dettato la nuova organizzazione degli uffici giudiziari di primo grado sopprimendo 31 tribunali; tra questi, il tribunale di Pinerolo, che, nella sua competenza territoriale, aveva un bacino di utenza di circa 200.000 unità e 58 comuni;

          al tribunale di Pinerolo facevano capo anche le tre vallate Chisone, Pellice e Noce – con le quali non esistono collegamenti ferroviari rispetto al nuovo tribunale di competenza di Torino – dove insistono comuni, come quello di Sestriere, che si trovano a circa 100 di distanza;

          i disagi per la popolazione dell'area colpita da tale inopportuna soppressione sono anche superiori a quelli previsti: le ottimistiche previsioni su un agevole assorbimento da parte della sede accorpante si sono dimostrate infondate, e dei risparmi previsti, peraltro piccoli e a danno degli utenti, non c'è traccia;

          la soppressione del tribunale di Pinerolo ha riguardato non solo le cause civili ed i processi penali, ma anche l'esecuzione degli sfratti, le istanze al giudice tutelare, le tutele, le curatele, le amministrazioni di sostegno, le rinunce all'eredità, le richieste dei certificati del casellario giudiziario, recando un enorme aumento di costi ed un preoccupante allungamento dei tempi per i cittadini;

          tra l'altro l'edificio sede del tribunale di Pinerolo – attualmente vuoto – era, ed è, di proprietà comunale, ed era stato ampliato proprio nell'imminenza della chiusura;

          anche dal contratto di Governo siglato dalle forze politiche che compongono l'attuale maggioranza emerge la necessità di una «rivisitazione della geografia giudiziaria – modificando la riforma del 2012 che ha accentrato sedi e funzioni – con l'obiettivo di riportare tribunali, procure ed uffici del giudice di pace vicino ai cittadini e alle imprese» –:

          se non intenda tenere conto di quanto emerge dal confronto con le esigenze del territorio piemontese e assumere iniziative per provvedere quanto prima ad una rivisitazione della geografia giudiziaria definita con la riforma del 2012, ripristinando in ogni caso gli uffici del tribunale e della procura della Repubblica soppressi di Pinerolo.
(3-00070)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


      ROTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          nel mese di dicembre 2017, il Consiglio dei ministri ha approvato il provvedimento di compatibilità ambientale del progetto per il completamento della trasversale Orte-Civitavecchia, nel tratto compreso tra Monteromano e la Via Aurelia;

          il progetto prevede la realizzazione di diciotto chilometri di strada, nove viadotti, una galleria e due svincoli, per un costo complessivo di 472 milioni di euro;

          il completamento dell'opera, già nel 2001 inserita nell'elenco delle infrastrutture strategiche, di cui alla delibera del Cipe n. 121 del 2001, e individuata anche nella rete TEN-T europea, è di fondamentale importanza per lo sviluppo infrastrutturale e dei trasporti del Paese;

          nella sua prima ideazione, negli anni Sessanta, la strada aveva l'obiettivo di connettere le acciaierie di Terni con il porto industriale di Civitavecchia, ma dopo quarant'anni, naturalmente, le esigenze sono cambiate: Civitavecchia è diventato uno dei principali hub commerciali del Mediterraneo ed è anche il primo scalo crocieristico d'Europa, mentre Orte rappresenta lo snodo per collegarsi alla rete autostradale, ma anche a quella ferroviaria dell'alta velocità;

          subito dopo l'insediamento del Governo, tuttavia, sono iniziati gli appelli da parte di forze politiche che sostengono il Governo, per bloccare la realizzazione dell'opera, contestandone il tracciato;

          in risposta a questi appelli si stanno mobilitando tutti i comparti produttivi e imprenditoriali dell'alto Lazio, perché laddove si dovesse decidere di bloccare il completamento della trasversale si determinerà il definitivo isolamento del territorio del viterbese, considerato che negli ultimi decenni non sono stati realizzati né il raddoppio della Cassia-nord, né il raddoppio della ferrovia Roma-Viterbo –:

          se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per portare a completamento la realizzazione della trasversale, imprimendo una immediata e decisa accelerazione al completamento della stessa e scongiurando la perdita del finanziamento di 472 milioni di euro
(3-00073)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


      BUTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          il progetto Pedemontana risulta fermo ormai da cinque anni al 30 per cento dell'opera, e, a seguito della rescissione del contratto con l'impresa appaltatrice Strabag, inizierà un contenzioso;

          l'Autostrada pedemontana lombarda è un sistema viabilistico con uno sviluppo complessivo di circa 157 chilometri, di cui 67 chilometri di autostrada, 20 chilometri di tangenziali e 70 chilometri di viabilità locale, un'opera strategica per il miglior funzionamento infrastrutturale della regione Lombardia, polo trainante dell'economia nazionale e, oggi più che mai, è necessario portarla a compimento;

          la revisione progettuale, annunciata da Apl dopo la rescissione del contratto Strabag, comporterebbe una spesa di circa dieci milioni di euro e un iter di circa tre anni, a cui aggiungere almeno due per rinegoziare un nuovo project;

          il rischio relativamente al contenzioso con Strabag è duplice: con la rescissione del contratto è probabile il ristoro del 20 per cento, pari a trecento milioni di euro; le «riserve» sono arrivate ad oltre quattro miliardi di euro;

          anche a causa del mancato completamento dell'opera il traffico resta inferiore del 50 per cento rispetto alle previsioni e non paga i costi operativi e finanziari;

          a parere dell'interrogante grave è l'omessa vigilanza della concedente Cal, che avrebbe dovuto imporre i versamenti in equity e vigilare sul rispetto della convenzione;

          la richiesta di fallimento avanzata dalla procura di Milano è stata parzialmente arginata dalla regione Lombardia che ha rinegoziato la durata del prestito fino al 2034 al 7,5 per cento annuo di tasso a vantaggio esclusivo delle banche socie, impegnandosi anche a garantire la solvibilità di Pedemontana a quella data;

          per i due «secondi lotti» delle tangenziali, in questa condizione, non c'è futuro, così come per il ventilato annullamento del pedaggio;

          il quasi fallimento di Pedemontana non ha però impedito, a quanto consta all'interrogante, un incremento delle assunzioni –:

          quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in merito a tutti i fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per salvare e rilanciare l'intera opera Pedemontana, anche attraverso l'istituzione di un pool commissariale, composto da un tecnico, un legale e un esperto di finanza, con mandato di analizzare la complessa situazione e definire una soluzione.
(5-00143)


      BRAGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          da alcuni articoli apparsi di recente sulla stampa locale comasca, unitamente alla risposta dell'assessore regionale alle infrastrutture Claudia Terzi ad una interrogazione presentata in regione Lombardia dal consigliere Orsenigo si evince che, in merito alla «A59-Tangenziale di Como», non sussiste nessuna certezza sul futuro del secondo lotto dell'opera e sulla gratuità del primo lotto, aperto al traffico il 23 maggio 2015; risulta inoltre che regione Lombardia non intenda più costituire la società mista «Lombardia mobilità» (controllo paritetico Anas-regione Lombardia) destinata a gestire unitariamente la rete stradale prioritaria ricadente nel territorio della Lombardia. «Lombardia mobilità» fu annunciata come la soluzione per il completamento dei lotti mancanti delle tangenziali di Como e Varese e per garantire la gratuità dei transiti; la precedente intenzione di azzeramento del pedaggio attraverso l'accordo con l'Anas si è sempre basata sulla necessità di definire accordi specifici con le società concessionarie autostradali lombarde, l'Autostrada Pedemontana Lombarda e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, modificando altresì il testo della convenzione «Concessionarie autostradali lombarde – l'Autostrada Pedemontana Lombarda» di competenza ministeriale e del Cipe;

          mancando questa condizione risulta oggi difficile procedere all'immediato azzeramento del pedaggio del primo lotto dell’«A59-Tangenziale di Como» attraverso un accordo con l'Anas, e per l'esistenza della società concessionaria Cal-Pedemontana e perché non è ancora stato modificato l'accordo tra regione Lombardia e Anas sulla rete stradale lombarda; si apprende poi che con ritardo sia tuttora in corso di redazione il documento di fattibilità delle alternative progettuali del «lotto 2 della tangenziale di Como – itinerario Va-Co-Lc», mentre non sono ancora intercorse alcune comunicazioni sul lotto della tangenziale di Varese;

          l'eliminazione del pedaggio è decisiva per l'utilità dell'opera in questione. Da quando è stato introdotto il pagamento per i fruitori del tratto comasco della tangenziale gli utenti sono calati e il traffico è cresciuto lungo la viabilità ordinaria con gravi ripercussioni in termini di equilibrio della viabilità ordinaria e di salute ambientale; l'opera è così sottoutilizzata e inefficace –:

          se e come il Ministro interrogato intenda dar corso al completamento del sistema viario di Autostrada pedemontana lombarda, in particolare al secondo lotto delle tangenziali di Como e Varese, così come alle opere di compensazione ambientale ancora inattuate, anche modificando la convenzione «Concessionarie autostradali lombarde – l'Autostrada pedemontana lombarda» per consentire l'azzeramento dei pedaggi nelle tratte in questione.
(5-00144)


      GAGLIARDI e CORTELAZZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la variante Aurelia all'abitato della Spezia è un'infrastruttura composta da n. 3 lotti funzionale di cui 2 già in esercizio e il terzo in via di realizzazione. Essa si configura come una tangenziale a monte dell'abitato per una lunghezza di circa 10 chilometri e si sviluppa da ovest zona di San Benedetto ad est area Stagnoni;

          l'Anas soggetto aggiudicatore, approvò il progetto del III lotto con un costo di 254,9 milioni di euro;

          il tracciato dell'asse principale del III lotto della variante Aurelia ha origine all'imbocco della galleria «Castelletti», in località Felettino, e termina in corrispondenza del raccordo autostradale La Spezia-Santo Stefano Magra per mezzo delle rampe dello svincolo di Melara, per uno sviluppo complessivo del collegamento di circa 4,50 chilometri;

          il 29 agosto 2011 l'Associazione temporanea di imprese Consorzio Etruria Tecol si aggiudicava l'appalto integrato dell'opera con scadenza 29 novembre 2015;

          nel dicembre 2013 la Coestra presentava istanza di concordato preventivo per fallimento e nel luglio 2014 il Tribunale di Firenze omologava il concordato;

          nel 2014 subentrava la società Toto e nei primi mesi del 2015 furono ripresi i lavori;

          è notizia di questi giorni che sembrerebbe essere stata avanzata richiesta di risoluzione in danno dall'azienda Toto spa, azione assolutamente lesiva delle esigenze di un territorio che su quell'opera pubblica fa affidamento per risolvere antichi problemi di viabilità;

          la mancata realizzazione di questa opera, oltre ad avere pesanti ricadute occupazionali, produrrebbe un danno enorme al territorio quanto la medesima rappresenta un percorso alternativo di attraversamento dell'area e di accesso alla zona portuale. Peraltro, l'esistenza attuale del cantiere non gestito comporta una situazione di estremo disagio e potenziale pericolo, in danno alle abitazioni limitrofe e alla popolazione ivi residente –:

          se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se non ritenga di affrontare la questione, la cui immobilità non sta creando solo problemi al territorio ma anche ai lavoratori, al fine di individuare tutte le soluzioni per un rapido prosieguo dei lavori e per il completamento dell'opera nel più breve tempo possibile.
(5-00145)


      ALBERTO MANCA, VIGNAROLI, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, ILARIA FONTANA, LICATINI, NANNI, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          i tragici eventi alluvionali verificatisi in Sardegna il 18 novembre 2013 cagionarono il parziale crollo del viadotto «Ponte di Oloè» situato lungo la strada provinciale 46 (tra Oliena e Dorgali) e la conseguente morte dell'agente Luca Tanzi (a bordo dell'auto di servizio al momento del crollo); per tale motivo l'infrastruttura fu posta sotto sequestro dalla procura di Nuoro;

          in seguito furono stipulate alcune convenzioni tra Anas e regione Sardegna che consentirono alla prima di seguire lavori di restauro del viadotto, i quali permisero di riaprire il ponte con ordinanza del 22 luglio 2014, con limitazioni di velocità e di carico;

          a seguito delle criticità idrogeologiche e idrauliche verificatesi nel gennaio 2017, si era resa necessaria un'ispezione per verificare eventuali sopraggiunti degradi della struttura, precauzionalmente chiusa al transito; tale verifica portò al rilascio certificazione di transitabilità nella quale veniva ridotto il carico complessivo massimo transitabile sul ponte, passato da 800 a 400 kN;

          a febbraio 2017, dopo la riapertura del ponte, una nuova ondata di maltempo ha indotto la procura di Nuoro, sulla base di una relazione tecnica, ad ordinare il sequestro preventivo del ponte ritenuto non sicuro;

          in seguito si è reso necessario (anche per ottenere il dissequestro) dare corso ai lavori di realizzazione di opere di protezione spondale;

          l'istanza di revoca del sequestro presentata nel febbraio 2018 è stata rigettata e il ponte è rimasto chiuso al traffico; contestualmente il giudice per le indagini preliminari ha autorizzato la provincia ad eseguire opere funzionali alla riapertura del ponte;

          mentre la regione e la provincia portano avanti i progetti per il ripristino della viabilità originaria, all'Anas è stato commissionato uno studio di fattibilità per un nuovo attraversamento del Cedrino da realizzare a valle di quello esistente;

          ad aprile 2018 la procura di Nuoro ha chiuso una nuova indagine in merito alle presunte irregolarità verificatesi nei lavori eseguiti durante la ricostruzione della struttura per conto di Anas: le ipotesi di reato contestate all'amministratore unico ed al direttore tecnico dell'impresa esecutrice dei lavori, nonché al direttore dei lavori, sono frode in pubbliche forniture e attentato alla sicurezza dei trasporti –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta e se non ritenga di dover monitorare i lavori di ripristino della viabilità originaria e lo studio di fattibilità del nuovo ponte, al fine di trovare in tempi rapidi la soluzione del problema e concentrare su questa la totalità delle risorse a tal fine destinate.
(5-00146)


      LUCCHINI, BADOLE, BINELLI, D'ERAMO, GOBBATO, PAROLO, RAFFAELLI e VALBUSA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 15-quater del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, come inserito dalla legge di conversione 4 dicembre 2017, n. 172, ha autorizzato una spesa fino a 35 milioni di euro per la messa in sicurezza dei ponti sul fiume Po, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, legge di bilancio 2017;

          è nota, infatti, la vetustà delle strutture dei ponti sul Po che mettono in pericolo la vita degli utenti, soprattutto di pendolari che quotidianamente percorrono le strade di attraversamento del fiume;

          purtroppo, tali finanziamenti si sono dimostrati insufficienti per mettere in sicurezza le infrastrutture stradali di connessione e pertanto sarebbe opportuno destinare ulteriori fondi con la prossima legge di bilancio;

          nella provincia di Pavia, il ponte della Becca, sulla ex strada statale 617, è diventato il simbolo della provincia; infatti, il vecchio ponte, costruito tra il 1910 e il 1912 sulla confluenza tra i fiumi Ticino e Po, distrutto da bombardamenti durante la seconda guerra mondiale e ripristinato, presenta annualmente problematiche importanti e imprevedibili che obbligano alla chiusura per settimane ai fini della manutenzione straordinaria, creando ripetuti disagi alle comunicazioni e dispendio significativo di risorse per la messa in sicurezza;

          peraltro, il ponte non è percorribile dai mezzi pesanti e ciò mette in crisi la logistica delle aziende e i trasportatori che obbligatoriamente devono trovare strade alternative di comunicazione;

          ultimamente, le istituzioni statali, regionali e provinciali hanno assunto impegni precisi per la realizzazione del nuovo ponte della Becca e la regione Lombardia ha stanziato 800 mila euro per lo studio di fattibilità;

          l'Anas ha preso in carico la realizzazione dell'opera, attraverso i prossimi piani pluriennali;

          i cittadini chiedono soluzioni precise e sicure –:

          se il Ministro interrogato intenda adoperarsi affinché, nell'ambito del riparto delle risorse stanziate per investimenti di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche a valere sui rifinanziamenti del fondo ex articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016 n. 232, una quota importante delle risorse da autorizzare per infrastrutture stradali sia destinata ai ponti del fiume Po ed, in particolare, alla realizzazione del nuovo ponte della Becca
(5-00147)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PALAZZOTTO e BOLDRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          nel 2017 il principale vettore che opera sullo scalo aereo siciliano di Trapani-Birgi «Vincenzo Florio», Ryanair, ha dismesso quasi tutti i collegamenti da e per Trapani, dirottando aerei ed equipaggi verso altre località, consegnando l'aeroporto ad una lenta agonia;

          i dati del mese di aprile di quest'anno hanno fatto registrare un decremento del 90 per cento dei passeggeri per lo scalo di Trapani-Birgi;

          per un comprensorio che proprio grazie all'aeroporto ha visto crescere sensibilmente il settore del turismo e del commercio si è trattata di una vera e propria catastrofe;

          imprenditori, artigiani, commercianti e amministratori locali hanno più volte lanciato l'allarme, basti ricordare che il turismo rappresenta in provincia di Trapani il 20 per cento del prodotto interno lordo circa e occupa intorno ai 15 mila addetti;

          la regione siciliana è il principale azionista dell'Airgest, la società che si occupa della gestione dello scalo e alla stessa spetta il compito di garantire una governance capace di valorizzare sempre di più questa straordinaria risorsa per lo sviluppo del territorio;

          la mancanza di una programmazione efficace è stata la cifra distintiva di tutte le gestioni Airgest. Negli anni la regione è dovuta ricorrere a ben due aumenti di capitale per ripianare i buchi di bilancio, mentre a inizio 2018, il Tar ha accolto il ricorso presentato da Alitalia contro la procedura di affidamento del co-marketing alla compagnia aerea irlandese, l'unica a presentarsi alla gara. Secondo i giudici amministrativi sarebbero state riscontrate violazioni alle norme e ai regolamenti sulla libera concorrenza;

          nonostante nel mese di giugno del 2018 l'assessorato regionale al turismo abbia emesso il decreto di ripartizione delle somme stanziate per il 2020 con la legge di stabilità regionale, pari a 4,725 milioni di euro, che si sommano a quelle già stanziate per le finalità di cui alla legge regionale n. 24 del 2016 di promozione del territorio afferente allo scalo «Vincenzo Florio» di Trapani Birgi, per un totale di oltre 17 milioni e si sia concluso l’iter per il nuovo bando riguardante i collegamenti con l'aeroporto «Vincenzo Florio», quindi a partire dal prossimo anno, rimangono da affrontare nell'immediato le difficoltà economiche in cui versano tutte quelle attività economiche sorte intorno all'aeroporto, confidando nella piena operatività dello scalo e che oggi sono in ginocchio e vedono compromessa anche questa stagione estiva;

          dal rilancio dell'aeroporto di Trapani Birgi dipende non solo il futuro dei circa 120 lavoratori e lavoratrici dello scalo – tra assunti a tempo indeterminato e interinali – e delle attività economiche dell'indotto che hanno creato altra occupazione, ma il destino economico di tutto il territorio trapanese, territorio che ha bisogno di un piano complessivo che potenzi tutte le infrastrutture attorno all'aeroporto, strade, ferrovie, il collegamento con porto e stazione di Trapani, oltre a quello con l'aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo;

          il rilancio e l'incremento del settore del turismo passa anche attraverso l'integrazione strutturale fra tutti gli scali siciliani –:

          se il Governo, per quanto di competenza, intende intervenire e con quali strumenti, per affrontare l'emergenza economica in cui versano le attività economiche dirette e dell'indotto dell'aeroporto di Trapani-Birgi, al fine di tutelarne i livelli occupazionali e la sopravvivenza, in vista di un auspicato potenziamento dello scalo trapanese, dimostrando una concreta attenzione verso quel territorio, il suo sviluppo ed il diritto alla mobilità dei cittadini;

          se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per promuovere gli aeroporti di minore dimensione presenti nel Paese che spesso rappresentano un volano per l'economia di quei territori, attirando vettori nazionali e internazionali affinché utilizzino sempre di più tali scali.
(4-00677)


      FERRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la famiglia e le disabilità. — Per sapere – premesso che:

          la Costituzione della Repubblica italiana, all'articolo 16, garantisce il diritto alla mobilità di ogni cittadino;

          la concreta fruizione di questo diritto per le persone affette da disabilità, nonché per le persone anziane, tutelata in forza del principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione, costituisce lo strumento e la precondizione indispensabile per ciascun individuo per potere esercitare tutta una serie di diritti, nonché per integrarsi nell'ambiente sociale;

          la stazione ferroviaria di Lamezia Terme Centrale rappresenta uno snodo ferroviario importantissimo per tutta la Calabria ma, principalmente, per i cittadini che risiedono nelle province di Catanzaro e Vibo Valentia, nonché per i turisti che arrivano in Calabria per visitarne le bellezze paesaggistiche e culturali;

          nonostante ciò, la stazione di Lamezia Terme Centrale è priva di ascensori che permettano a tutte le persone, affette da disabilità e non, di raggiungere dignitosamente e in sicurezza i binari –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intendano assumere per garantire il diritto alla mobilità nelle stazioni ferroviarie e lungo le linee ferroviarie italiane, con particolare riferimento alle infrastrutture della città di Lamezia Terme, nonché la fruibilità, da parte delle persone con abilità differenti, dei relativi servizi essenziali.
(4-00678)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          dopo quarant'anni dalla strage di via Fani c'è una brigatista rossa, Barbara Balzerani, mai pentita né dissociatasi dal suo passato, che, scontati 25 anni di carcere, continua a parlare di lotta armata, a giudicare, a dare lezioni sugli anni più drammatici della democrazia italiana. Non può che scandalizzare, a giudizio dell'interrogante, l'idea che il rapimento, la morte di Aldo Moro e della sua scorta possano essere giudicati da una tale persona, per di più, nel giorno in cui ricorre il quarantesimo anniversario della strage di Via Fani;

          si riportano solo alcune delle sconcertanti dichiarazioni che la brigatista ha espresso alla presentazione del suo libro «L'ho sempre saputo» presso il Centro popolare autogestito (CPA) di Firenze il 16 marzo 2018, in gran parte ripetute nella trasmissione Matrix del 20 marzo: «Non è mai esistita una storia senza conflitto, senza rotture non si va da nessuna parte (...) C'è questo monopolio assoluto che si sono ripresi in mano. Lo spauracchio di questo 16 marzo è questo sostanzialmente (...) Qui non è che si discute di come è stato possibile che in un paese c'è stata più di dieci anni di guerriglia comunista armata (...) Non è che si discute di questo... che sarebbe interessante no? Che cosa facevano le altre forze politiche nel frattempo, per esempio? (...) Perché non è che la guerra la fai da solo!»; la stessa ha dichiarato: «Tutto questo marasma (...) questa isteria (...) che c'è oggi di dover ridurre la ricchezza di quegli anni, le conquiste di quegli anni (...) concentrati in un episodio, in una mattina. Come se il 16 marzo fosse venuto da Marte (...) non si capisce bene da dove»; Oppure ancora: «fare la vittima è un mestiere (...) non possono fare la storia solo loro», quasi rivendicando quei dieci anni di terrore;

          attacca anche il Ministro dell'interno pro tempore Marco Minniti: «C'è questa spada di Damocle che questi signori intendono mettere sulle lotte attuali (...) Ai 4 ragazzi che avevano manomesso il compressore in Val di Susa gli hanno dato l'accusa di terrorismo, li hanno messi al 41-bis! (...) C'è una sproporzione tra quello che accade e quello che i vari Ministri degli Interni – con l'ultimo, che Dio lo perdoni! - riescono ad elaborare (...) che mette paura, veramente (...)»;

          il 19 marzo il consiglio comunale di Firenze, con una risoluzione votata a larga maggioranza proposta da Forza Italia e Fratelli d'Italia, ha invitato il sindaco Dario Nardella, a sgomberare il CPA. Inoltre, viene definito «inaccettabile per la nostra amministrazione comunale e per tutta la comunità l'invito all'ex Br non pentita Barbara Balzerani, avvenuto proprio il giorno dell'anniversario del rapimento di Aldo Moro». E sono gravi, continua il testo, «le parole usate in quella occasione dalla Balzerani, per le quali nessuna presa di distanza è stata fatta dai rappresentanti del CPA»;

          il 20 marzo 2018 la procura di Firenze, sulla base di una informativa della Digos, ha aperto un fascicolo, al momento senza indagati e senza ipotesi di reato, sulle dichiarazioni fatte dall'ex brigatista rossa nel corso del citato incontro al CPA. Nello stesso giorno Lorenzo Conti, figlio del sindaco di Firenze Lando Conti, assassinato dalle Br il 10 febbraio 1986, ha annunciato che sporgerà querela nei confronti della ex brigatista ritenendo le dichiarazioni di costei lesive ed oltraggiose;

          anche quest'anno, come accaduto 10 anni fa, la gran parte delle rievocazioni televisive ha riguardato i brigatisti e gli esponenti politici del periodo, ignorando quasi totalmente le famiglie delle vittime –:

          quali iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, in relazione alle vicende esposte in premessa e se non si ritenga necessario rafforzare la vigilanza contro ogni possibile recrudescenza del terrorismo di stampo brigatista.
(4-00674)


      PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          una video inchiesta della trasmissione «People & Power», pubblicata sul sito di Al Jazeera il 28 giugno 2018 documenta come l'emergenza immigrazione e la grande frammentazione del sistema di accoglienza abbiano favorito la nascita e la crescita di una serie di fenomeni corruttivi e speculativi nel nostro Paese, in particolar modo intorno ai centri d'accoglienza che ospitano i migranti;

          si parla di una rete di oltre 7.000 centri di accoglienza, per lo più a conduzione privata, che danno rifugio in alcuni casi a poche unità, in altri a centinaia di uomini e donne migranti;

          i centri di accoglienza sono finanziati congiuntamente dall'Italia e dall'Unione europea e operano attraverso contratti stipulati con le prefetture. Occorre sottolineare come la maggioranza di esse operino nel pieno rispetto delle regole, delle leggi e della dignità delle persone ospitate e forniscano un servizio fondamentale nell'accoglienza dei migranti;

          la gestione perennemente emergenziale del fenomeno migratorio però ha consentito sia alla criminalità organizzata che a imprenditori senza scrupoli di infiltrarsi nel settore dell'accoglienza al solo fine di lucrare sulla pelle dei migranti, guadagnando cospicue somme di denaro senza elargire, in tutto o in parte, quei servizi che avrebbero dovuto garantire agli ospiti delle loro strutture;

          nella famosa quota dei «35 euro» al giorno a migrante ospitato, infatti, dovrebbero essere compresi, come servizi di assistenza e accoglienza ai migranti, il cibo, il pocket money, i servizi di assistenza sociale e di mediazione linguistica, l'assistenza psicologica, percorsi di integrazione, corsi di lingua, e altro. Molto spesso tutto questo non avviene, ai migranti di quella cifra arriva poco e niente ed è proprio nelle prefetture che si crea il principale vulnus che permette l'innestarsi del sistema speculativo. Proprio perché il sistema dei controlli, rispetto alla dimensione del sistema di accoglienza è del tutto insufficiente. Il monitoraggio sulle modalità di gestione dei centri è inadeguato e ha lasciato che il sistema si aprisse alla corruzione e allo sfruttamento;

          a tal proposito è emblematico il caso del centro di accoglienza «La Rinascente» di Villa Literno. Non solo la struttura è stalla interessata da due ispezioni che hanno rilevato parecchie criticità soprattutto sulle condizioni igienico-sanitarie, ma, come denunciato nella video inchiesta di Al Jazeera, la prefettura di Caserta ignorava che a fornire i pasti alla Rinascente era l'azienda «La Fattoria», una società a responsabilità limitata destinataria di un provvedimento interdittiva antimafia, per la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata tendenti a condizionarne le scelte e gli indirizzi;

          a parere dell'interrogante non è ammissibile che le prefetture, come testimonia il caso del centro di accoglienza di Villa Literno, non siano nelle condizioni di controllare e verificare che sia i gestori dei centri di accoglienza che il sistema di imprese che fornisce servizi per i centri operino nella piena legalità e non siano direttamente o indirettamente legate alle organizzazioni criminali –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

          se intenda fornire chiarimenti circa la carenza di controlli da parte delle prefetture sulla corretta gestione dei centri di accoglienza per migranti e quali strumenti intenda mettere in atto per superare le suddette carenze, dimostrate anche dagli episodi espressi in premessa;

          se intenda acquisire dalla prefettura di Caserta tutti gli elementi utili a chiarire per quali motivi, la stessa prefettura, ignorasse che a fornire i pasti alla cooperativa «La Rinascente» di Villa Literno fosse l'azienda «La Fattoria», una società a responsabilità limitata destinataria di un provvedimento di interdittiva antimafia;

          se intenda intervenire presso la prefettura di Caserta, nell'ambito delle proprie competenze, per revocare l'appalto alla cooperativa «La Rinascente» di Villa Literno.
(4-00681)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


      FEDERICO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          il 3 luglio 2018 il Censis (Fondazione privata centro studi investimenti sociali) ha pubblicato sul proprio sito internet la sua annuale classifica delle università italiane (edizione 2018/2019);

          la classifica è formulata al dichiarato scopo di orientare «migliaia di studenti pronti ad intraprendere la carriera universitaria»;

          la pubblicazione ha avuto la consueta eco sulla stampa quotidiana che vi ha dato ampio risalto (si veda La Repubblica 3 luglio 2018);

          nei mesi scorsi, come del resto ogni anno, il Censis ha ripetutamente rivolto alle singole università italiane l'invito ad aderire ad un «Osservatorio sulla comunicazione on line delle università italiane», sottoscrivendo una «cedola di acquisto» il cui costo varia da 3.400 euro più iva a 5.900 euro più iva;

          ai sensi dell'articolo 3 dello statuto, il fondo di dotazione del Centro è alimentato da «contributi, donazioni, lasciti, liberalità» sulla cui fonte non viene fornita alcuna informazione;

          il Censis inoltre – per espressa disposizione statutaria (articolo 2) – esercita la sua attività istituzionale di ricerca dietro specifico compenso su richiesta e per conto di pubbliche amministrazioni (ivi comprese eventualmente le università);

          la graduatoria è comunque stata formulata dal Censis, ad avviso dell'interrogante, sulla base di criteri parziali (ad esempio, non sono prese in considerazione ricerca e didattica) e di indicatori del tutto opinabili (ad esempio, internazionalizzazione misurata sul numero degli studenti stranieri iscritti ai corsi);

          è regola elementare di trasparenza e di imparzialità quella per la quale chiunque svolga un compito di valutazione e di classificazione di soggetti che operano in un determinato settore e che pubblicizzi i risultati delle proprie valutazioni presso gli utenti al dichiarato scopo di orientarne le scelte deve evitare ogni situazione di conflitto di interessi e, pertanto, deve quanto meno evitare qualsiasi rapporto economico con le entità/soggetti che pretende di valutare/classificare e deve operare sulla base di criteri oggettivi, condivisi ed adeguatamente pubblicizzati) –:

          se il Governo non ritenga urgente ed opportune assumere iniziative per elaborare una griglia di criteri e di misuratori di detti criteri oggettivi e vincolanti per la formulazione di ogni forma di «classifica» delle università italiane e definire regole di assoluta trasparenza in modo da evitare qualsiasi situazione di conflitto di interessi, anche potenziale, tra valutatori e valutati;

          quali ulteriori iniziative intenda assumere a questo riguardo.
(4-00675)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


      GEMMATO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

          il quotidiano Il Sole 24 Ore del 3 luglio 2018 riporta la notizia che secondo l'associazione Coldiretti da inizio anno risulta quadruplicata l'importazione in Italia di olio d'oliva proveniente dalla Tunisia;

          per cercare di sostenere la difficile situazione socioeconomica del Paese nel 2016 la Commissione europea ha concesso alla Tunisia due contingenti temporanei a dazio zero per le esportazione di olio dirette verso l'Unione europea, in particolare 35 mila tonnellate all'anno per il 2016 e il 2017;

          dalla relazione della Commissione europea risulta però che il Paese non ne ha usufruito quasi per nulla, avendo esportato verso l'Unione tra il 2016 e il 2017 solo 2.557 delle settantamila tonnellate accordate;

          sempre secondo il citato articolo la Tunisia avrebbe chiesto all'Unione europea di rinnovare la concessione di nuove quote di export a dazio zero verso la stessa Unione, dato che l'agricoltura tunisina si è riorganizzata, tanto che per il 2018 è previsto un raddoppio della produzione di olio d'oliva;

          stando all'articolo sembrerebbe che solo nel primo trimestre del 2018 la Tunisia abbia già esportato verso l'Italia ben ventimila tonnellate di olio d'oliva;

          se, quindi, alla Tunisia si concedesse sia di sfruttare le quote non utilizzate per gli anni passati, pari a poco meno di settantamila tonnellate, più altre settantamila tonnellate di quote per il 2018 e il 2019, l'Unione europea si troverebbe di fronte a un'invasione di olio tunisino e la produzione italiana ne uscirebbe gravemente penalizzata;

          in particolare, si consideri che nel 2017 la produzione dell'Italia, che è il secondo produttore mondiale dietro alla Spagna, è stata di 429 mila tonnellate, e che il costo di produzione dell'olio in Tunisia risulta pari a circa due euro al litro, contro il corrispondente costo di produzione italiano pari a circa sette euro al litro (fonte Coldiretti);

          tutto ciò premesso, si intuisce che la portata del fenomeno potrebbe essere tutt'altro che marginale sia per il made in Italy nel complesso, sia in particolare per la tutela del settore olivicolo italiano –:

          di quali informazioni disponga in merito alle notizie riportate in premessa e se le stesse trovino conferma;

          se intendano adottare iniziative, anche in sede europea, volte alla tutela dei prodotti, degli agricoltori e dei consumatori italiani, oltre che dell'economia di alcune regioni italiane e di uno dei prodotti più conosciuti dell'enogastronomia made in Italy.
(4-00679)


      BRUNETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          nelle località laziale di Monteromano, in provincia di Viterbo, agisce in convenzione con la Asl locale una struttura di recupero per tossicodipendenti – Centro Villa Ciulepi – Associazione comunità mondo nuovo onlus;

          a poca distanza dalla struttura, a quanto consta all'interrogante, è stata recentemente avviata la coltivazione a cannabis di circa un ettaro di terreno con evidenti ricadute negative sull'attività del centro, in considerazione della specifica attività di recupero che svolge;

          appaiono inoltre evidenti le rilevanti criticità che comporta questa vicinanza anche per gli ospiti del centro, data l'origine del loro disagio, che stanno cercando di ritrovare un equilibrio e una distanza da comportamenti di dipendenza da sostanze stupefacenti;

          la legge 2 dicembre 2016, n. 246 – Deposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa, le cui regole di attuazione sono state emanate con circolare del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali a gennaio 2017, ha reso possibile la coltivazione della canapa della varietà cannabis sativa nell'ambito del florovivaismo, nonché della promozione della filiera agroindustriale, prevedendo in merito anche un sistema di controlli sulla qualità dei semi e sulle proprietà delle coltivazioni in relazione soprattutto ai livelli di concentrazione di specifiche sostanze psicotrope quali il Thc –:

          se il Ministro interrogato non ritenga di assumere sollecitamente iniziative al fine di prevedere l'istituzione di zone di rispetto che escludano la possibilità di mettere a dimora coltivazioni di cannabis in prossimità di luoghi cosiddetti sensibili, quali possono essere istituti scolastici di ogni ordine e grado, comunità di recupero dalle tossicodipendenze, luoghi di aggregazione giovanili e simili;

          se non si ritenga di rafforzare e intensificare i controlli soprattutto sulle piantagioni di cannabis di piccole dimensioni e diffuse, al fine di verificarne la corrispondenza alle norme vigenti.
(4-00682)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


      BORGHESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il sistema sanitario italiano prevede la presenza diffusa su tutto il territorio nazionale di medici chirurgici ospedalieri e di adeguato personale infermieristico per le cure e gli interventi negli ospedali dislocati sul territorio italiano;

          da dati forniti da Enpam (ente previdenziale delle categoria), si evince che, entro i prossimi 7 anni andranno in pensione circa 30.000 medici ospedalieri su tutto il territorio nazionale;

          mancano circa 15 mila medici negli ospedali italiani, di cui 5 mila medici anestesisti;

          causa di tutta questa situazione sono il blocco del turn over e riduzione dei finanziamenti alla sanità;

          nella regione Lazio garantire ai medici ospedalieri e al personale infermieristico il diritto alle ferie rischia di far saltare almeno il 30 per cento dell'attività operativa di diversi reparti;

          secondo le stime di alcuni sindacati dei medici negli ospedali romani al momento non si potranno effettuare almeno quattromila interventi chirurgici al giorno;

          infatti, il tempo di attesa per il paziente (utente) tra la prenotazione e la prestazione effettiva per un intervento chirurgico in ospedale aumenterà del 30 per cento nelle strutture ospedaliere più in sofferenza;

          in pratica, al paziente sarà fissato un appuntamento dopo sei mesi, anziché tre, o tredici mesi invece di dieci, ma il dato varia in ogni struttura, in base alle patologie e all'urgenza;

          nel Lazio al momento si rischia la chiusura o l'accorpamento di interi reparti senza assunzioni sia di medici che di infermieri;

          del resto, secondo i dati della Cgil, negli ultimi tre anni, tra personale medico in pensionamento e mancate assunzioni, c'è stata una perdita di 2.500 unità, di cui ad esempio 130 all'ospedale San Camillo;

          la situazione non è migliore all'ospedale pediatrico Gaslini di Genova; per la scarsità di medici anestesisti e infermieri decine di interventi chirurgici programmati fra giugno e agosto 2018 saranno rinviati. Sono assicurate nello stesso periodo solo le operazioni d'urgenza ai pazienti oncologici;

          secondo la denuncia la Fp-Cgil, le poche assunzioni programmate nel 2018 procedono troppo a rilento per impedire che si verifichino le croniche emergenze nel periodo estivo dovute alla carenza di personale; si chiedono sacrifici ai lavoratori medici e paramedici in servizio, la cui età media si aggira sui 53 anni di età;

          nonostante le oltre mille stabilizzazioni e l'annuncio della legge sul ricambio generazionale nel servizio sanitario regionale da parte del presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e dall'assessore D'Amato, servono tempi più rapidi e un piano per le assunzioni che riesca a compensare la fuoriuscita di personale;

          secondo le previsioni nei prossimi 5 anni si stimano almeno 7.500 pensionamenti, che arriveranno a 17.500 in 10 anni: secondo i sindacati di categoria servono almeno 12 mila assunzioni, il doppio di quanto annunciato dalla regione;

          un così ridotto numero di personale di medici ed infermieri potrebbe causare un'ulteriore riduzione dei posti letto in tutti gli ospedali del territorio nazionale italiano, portando il rapporto al di sotto del 2,5 per mille abitanti, che collocherebbe l'Italia all'ultimo posto in Europa –:

          quali iniziative il Ministro interrogato intenda promuovere, per quanto di competenza, per un'efficiente programmazione relativamente alle risorse mediche e paramediche in modo da assicurare i doverosi interventi negli ospedali italiani e garantire alla popolazione un giusto supporto medico-chirurgico nei vari ospedali.
(4-00676)


      PAOLO RUSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          in Italia il sistema Drg (diagnosis related groups) è il sistema di rimborso per le prestazioni sanitarie;

          in Italia, l'adozione del sistema del Diagnosis Related Groups quale classificazione dei ricoveri ospedalieri per acuti nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (Ssn), anche a fini di remunerazione degli ospedali, risale al 1994;

          ciò comporta – tra l'altro – che ad essere penalizzate sono le prestazioni «nuove», giustamente definite «eccellenti», che hanno costi più elevati;

          particolarmente colpito, per l'oculistica, è il Drg «trapianto di cornea», laddove, per questa chirurgia, tutto è cambiato negli ultimi 15 anni;

          l'evoluzione mini invasiva del trapianto di cornea, non più basato sulla sostituzione della cornea a tutto spessore ma solo del segmento malato, soffre moltissimo, fino alla impossibilità di esecuzione, per il mancato aggiornamento delle tariffe di rimborso;

          i nuovi trapianti, di complessa esecuzione, consentono migliori risultati funzionali, ma soprattutto un crollo delle percentuali di rigetto;

          le varie leggi sui trapianti hanno sempre e giustamente ribadito che le donazioni di tessuti ed organi non possono essere eseguite con finalità di lucro;

          la legge sui trapianti di cornee del 1993 ha istituito i centri regionali per la raccolta, la selezione e la distribuzione dei tessuti corneali, che in realtà sono «le banche degli occhi»;

          le banche degli occhi si autofinanziano, chiedendo tariffe di rimborso, per i tessuti andati a buon fine, senza trarne utili, nel rispetto della legge che vieta lucro per le attività di donazione;

          grazie a questa legge l'Italia, da fanalino di coda, è oggi tra i Paesi al mondo col più alto numero di trapianti per milione di abitanti, nonostante le banche regionali viaggino a corrente alternata da regione a regione. L'Italia, oltre a garantire il fabbisogno nazionale, è tra i pochi Paesi al mondo in grado di «esportare» tessuti all'estero;

          il Drg nazionale del trapianto di cornea è di circa 1.800 euro, ma il solo costo del tessuto, che necessita di lavoro e spese aggiuntive per le banche, supera il Drg, rendendo economicamente impossibile tale attività, per strutture che rispettino criteri economici –:

          quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare a tutela della salute di migliaia di pazienti e per non rischiare di paralizzare un fiore all'occhiello della sanità italiana, quale quello del trapianto di cornea;

          quali iniziative intenda assumere affinché il relativo drg copra le spese dell'intervento e i tessuti vengano rimborsati a parte, comunque prevedendo un adeguamento annuale di tutte le tariffe che comportano una ingegnerizzazione dei prodotti od una caratteristica di alta innovazione.
(4-00680)

Apposizione di firme
ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta scritta Zoffili n. 4-00589, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Locatelli, Claudio Borghi.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Butti n. 5-00058 del 26 giugno 2018.

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

          interrogazione a risposta scritta Braga n. 4-00057 del 13 aprile 2018 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00132;

          interrogazione a risposta scritta Braga n. 4-00068 del 17 aprile 2018 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00133;

          interrogazione a risposta scritta Braga n. 4-00271 del 5 giugno 2018 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00134;

          interrogazione a risposta scritta Braga n. 4-00512 del 20 giugno 2018 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00135.