XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 21 settembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,

          premesso che:

              a distanza di centodieci anni, ancora esiste a Messina una delle più vecchie baraccopoli del nostro Paese, pesante eredità del devastante terremoto del 1908. Un reticolato di baracche e unità abitative «provvisorie», malsane, coperte da eternit che sprigionano letali fibre d'amianto, senza fognature e senza alcun servizio o quasi, e che si è andato estendendo negli anni;

              si tratta di insediamenti dove vivono 6.400 persone in condizioni di estremo degrado. Una vera e propria emergenza igienico-sanitaria e sociale;

              gli ambiti territoriali di risanamento sui quali insistono le costruzioni sono quelli individuati dai vecchi piani particolareggiati redatti all'indomani della legge n. 10 del 1990: Annunziata, Giostra-Ritiro-Tremonti, Camaro, Fondo Saccà, Bordonaro-Gazzi-Taormina, Santa Lucia;

              i citati ambiti territoriali hanno un'estensione di circa 230.770 metri quadrati, e sulla base dei dati ricavati dalla relazione del comune di Messina relativi al censimento effettuato nell'agosto del 2018, in detti ambiti vivono oltre 2.100 famiglie pari a 6.400 persone;

              la situazione socio-sanitaria e ambientale dei citati insediamenti è gravissima: aree fortemente degradate; rifiuti abbandonati sul suolo pubblico; scarichi fognari a cielo aperto; costruzioni precarie e baracche senza i minimi requisiti igienici ed edilizi, spesso con tettoie in cemento-amianto o in lamiera; presenza diffusa di ratti. L'interno delle numerose costruzioni non rispetta i requisiti minimi previsti per gli ambienti abitativi;

              l'azienda sanitaria provinciale di Messina ha evidenziato come moltissime costruzioni sono ricoperte da onduline in cemento amianto in avanzato stato di deterioramento, e spesso le onduline sono a diretto contatto con gli ambienti abitativi;

              le condizioni suesposte rappresentano di fatto un potenziale rischio di rilascio di fibre di amianto nell'ambiente e di conseguenza un ulteriore fattore di rischio per la salute dei tanti residenti;

              in conseguenza della gravissima situazione igienico-sanitaria-ambientale, il sindaco di Messina, Cateno De Luca, ha emanato l'ordinanza contingibile e urgente n. 163 del 6 agosto 2018, per lo sgombero e la demolizione di tutte le strutture abitative che insistono negli ambiti di risanamento;

              entro il 31 ottobre 2018, il suddetto sgombero dovrà riguardare tutte le persone e cose da tutte le strutture abitative che insistono negli ambiti di risanamento e la contestuale recinzione, messa in sicurezza e vigilanza dei siti. Contestualmente, l'ordinanza ha previsto anche la demolizione, entro il 31 dicembre 2018, di qualsiasi manufatto che insiste negli ambiti individuati;

              il 19 settembre 2018, la giunta regionale siciliana ha approvato la richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza socio-sanitaria ambientale riguardante le suddette zone di risanamento,

impegna il Governo

1) alla luce della gravissima situazione socio-sanitaria e ambientale che interessa i suesposti ambiti territoriali di Messina, a deliberare al più presto lo stato di emergenza di rilievo nazionale, ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1.
(1-00037) «Germanà, Siracusano, Prestigiacomo, Bartolozzi, Minardo, Scoma, Occhiuto».


      La Camera,

          premesso che:

              desta preoccupazione e sconcerto quanto riportato da fonti di stampa e dichiarazioni ufficiali da parte di rappresentanti del Governo e del Parlamento austriaco in merito alla prossima discussione di una proposta di disegno di legge per la concessione della cittadinanza austriaca ai cittadini italiani di lingua tedesca e ladina residenti nella provincia già autonoma dell'Alto Adige;

              in base a quanto contenuto nelle bozze ufficiose del disegno di legge di cui hanno riferito importanti testate giornalistiche d'Oltrebrennero, gli altoatesini di lingua tedesca e ladina potrebbero partecipare alle elezioni per il Nationalrat, il Parlamento austriaco, mentre il servizio civile e le prestazioni sociali scatterebbero per ora invece solo per coloro che dovessero trasferirsi in Austria;

              per realizzare questo disegno l'Austria dovrà modificare la propria attuale legislazione e il quotidiano Tiroler Tageszeitung scrive, rivelando fonti attendibili a livello governativo, che l'accesso alla cittadinanza comporterà un costo agevolato di 660 euro. Potranno fare domanda gli altoatesini che si sono dichiarati ai censimenti linguistici italiani previsti dallo Statuto di autonomia di lingua tedesca oppure ladina;

              secondo il deputato della Freiheitliche Partei Osterreichs (Fpc), il Partito della libertà austriaco, Werner Neubauer – interpellato dall'agenzia di stampa austriaca Apa – è realistica l'approvazione del disegno di legge entro l'anno e la bozza sinora elaborata dovrebbe essere la base delle trattative con il Governo di Roma per trovare un'intesa sulla doppia cittadinanza, anche se la decisione sarà assunta in forma unilaterale, senza un lavoro coordinato con l'Esecutivo del nostro Paese;

              l'ipotesi di concessione della cittadinanza austriaca a cittadini italiani costituisce una forzatura che alimenta anche una frattura profonda nella società che si vorrebbe divisa fra cittadini di diversa serie, a seconda del gruppo linguistico di appartenenza;

              sul quotidiano La Stampa un commentatore ha definito il passo intrapreso dall'Austria sulla doppia cittadinanza, nell'ottantesimo anniversario dell’Anschluss, «un gesto simbolico solo apparentemente innocuo. L'indiretta offerta della cittadinanza austriaca, assolutamente inutile data l'ottima condizione dell'autonomia di cui godono i cittadini di lingua tedesca, aprirebbe un'ambigua rivendicazione identitaria-linguistica»;

              l'autonomia costituisce, attraverso gli accordi De Gasperi-Gruber, culminati con il rilascio nel 1992 della «quietanza liberatoria» da parte dell'Austria, l'approdo di un complesso percorso, non certo una tappa come l'iniziativa austriaca sottenderebbe;

              guardare oltre l'attuale status autonomo dell'Alto Adige, estendendo la stessa cittadinanza austriaca a una popolazione compatta residente in una provincia dotata di autonomia quasi integrale, equivale, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, a dichiarare una sorta di annessione, un atto di inaudita gravità. Oltre a creare un solco fra le popolazioni di lingua diversa della provincia di Bolzano;

              la ridiscussione da parte austriaca della «quietanza liberatoria» del 1992, con cui veniva dichiarata chiusa la vertenza internazionale sull'Alto Adige aperta di fronte all'Onu, riapre un conflitto internazionale faticosamente ricomposto e che ha avuto un costo altissimo anche in termini di vite umane (oltre una ventina i civili e militari uccisi nella stagione più cruenta, quella del terrorismo separatista);

              l'inasprirsi delle relazioni bilaterali tra Italia ed Austria, a seguito dell'apertura del dibattito sull'estensione della cittadinanza austriaca, ha già generato in provincia di Bolzano reazioni molto accese e una mobilitazione generale sospinta dal vento catalano da parte dei movimenti dichiaratamente secessionisti, che in consiglio provinciale contano dieci consiglieri su trentacinque;

              la prospettata estensione della cittadinanza austriaca ai cittadini di lingua tedesca e ladina (e solo ad essi), maggioranza assoluta prossima al 75 per cento dell'intera popolazione in provincia di Bolzano, determinerebbe un unicum, a livello internazionale, ossia una provincia italiana dotata di autonomia quasi integrale abitata da una popolazione con cittadinanza dello Stato confinante, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo premessa scontata della possibile richiesta di cessione della stessa sovranità italiana sul medesimo territorio;

              la concessione della cittadinanza italiana agli italiani anche di Slovenia e Croazia non costituisce alcun precedente apprezzabile, data la purtroppo modesta presenza italiana nei territori delle due Repubbliche affacciate sull'Adriatico, con autentico status di minoranza sia nazionale che regionale delle medesime;

              in ogni caso l'Italia riconosce la doppia cittadinanza a chiunque risieda in qualunque parte del mondo e soddisfi dei requisiti essenziali, mentre l'Austria la estenderebbe solo ai cittadini dell'Alto Adige, quindi con espressa finalità rivendicatoria politica sulle popolazioni della provincia italiana dell'Alto Adige,

impegna il Governo:

1) ad assumere immediate iniziative per ottenere il pieno rispetto da parte del Governo austriaco della «quietanza liberatoria» con cui fu definito il quadro limite entro cui esercitare le funzioni di tutela delle minoranze di lingua tedesca e ladina dell'Alto Adige e che escludeva in modo assoluto da parte dell'Austria rivendicazioni territoriali e di status giuridico sugli abitanti della provincia italiana di Bolzano, sia per il presente che per il futuro, ed individuava nell'autonomia lo strumento definitivo di composizione della vertenza internazionale fra le due Repubbliche;

2) ad adottare nei confronti delle autorità austriache iniziative concrete volte a tutelare l'integrità nazionale italiana e la minoranza italiana dell'Alto Adige di fronte al rafforzarsi in Alto Adige di tendenze dichiaratamente secessioniste ed antitaliane alimentate anche da quelle che appaiono ai firmatari del presente atto di indirizzo improvvide iniziative legislative austriache fondate sulla base di una discriminante «etnica».
(1-00038) «Lollobrigida, Meloni, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Crosetto, Deidda, Luca De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

          a distanza di centodieci anni ancora esiste una delle più vecchie baraccopoli del nostro Paese, pesante eredità del terremoto che nel 1908 aveva duramente colpito Messina. Un reticolato di baracche e unità abitative «provvisorie», malsane, coperte da eternit che sprigionano letali fibre d'amianto, senza fognature e senza alcun servizio o quasi, e che si è andato estendendo negli anni;

          si tratta di insediamenti dove vivono 6.400 persone in situazione di condizioni di estremo degrado. Una vera e propria emergenza igienico-sanitaria e sociale;

          gli ambiti territoriali di risanamento sui quali insistono le costruzioni sono quelli individuati dai vecchi piani particolareggiati redatti all'indomani della legge n. 10 del 1990: Annunziata, Giostra-Ritiro-Tremonti, Camaro, Fondo Saccà, Bordonaro-Gazzi-Taormina, Santa Lucia;

          i citati ambiti territoriali hanno un'estensione di circa 230.770 metri quadrati, e sulla base dei dati ricavati dalla relazione del comune di Messina relativi al censimento effettuato nell'agosto del 2018, in detti ambiti vivono oltre 2.100 famiglie pari a 6.400 persone;

          la situazione socio-sanitaria e ambientale dei citati insediamenti è gravissima: aree fortemente degradate; rifiuti abbandonati sul suolo pubblico; scarichi fognari a cielo aperto; costruzioni precarie e baracche senza i minimi requisiti igienici ed edilizi, spesso con tettoie in cemento-amianto o in lamiera; presenza diffusa di ratti. L'interno delle numerose costruzioni non rispetta i requisiti minimi previsti per gli ambienti abitativi;

          l'azienda sanitaria provinciale di Messina ha evidenziato come moltissime costruzioni siano ricoperte da onduline in cemento amianto in avanzato stato di deterioramento;

          in conseguenza della gravissima situazione igienico-sanitaria-ambientale, il sindaco di Messina, Cateno De Luca, ha emanato un'ordinanza contingibile e urgente (n. 163 del 6 agosto 2018) per lo sgombero e la demolizione di tutte le strutture abitative che insistono negli ambiti di risanamento;

          entro il 31 ottobre 2018, il suddetto sgombero dovrà riguardare tutte le persone e cose da tutte le strutture abitative che insistono negli ambiti di risanamento e la contestuale recinzione, messa in sicurezza e vigilanza dei siti. Contestualmente, l'ordinanza ha previsto anche la demolizione, entro il 31 dicembre 2018, di qualsiasi manufatto che insiste negli ambiti individuati;

          il 19 settembre 2018, la giunta regionale siciliana ha approvato la richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza socio-sanitaria ambientale riguardante le suddette zone di risanamento –:

          se, alla luce della gravissima situazione socio-sanitaria e ambientale che interessa i suddetti ambiti territoriali di Messina, il Governo non intenda deliberare al più presto lo stato di emergenza di rilievo nazionale, ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1.
(2-00110) «Germanà, Siracusano, Prestigiacomo, Bartolozzi, Minardo, Scoma, Occhiuto».

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

          nella città di Messina continuano ad insistere, da oltre cento anni, numerosi insediamenti di baracche dove risiedono circa 3.000 nuclei familiari – secondo quanto riportato nell'ordinanza sindacale adottata dal sindaco di Messina il 6 agosto 2018 –, ove le condizioni igienico sanitarie assumono connotazioni di massima criticità, con massiccia presenza di amianto ed assenza di rete fognaria –:

          in data odierna si è appreso, dalla stampa locale della città di Messina – si veda il quotidiano on line consultabile all'indirizzo www.tempostretto.it – che, a seguito delle iniziative dell'amministrazione comunale, la giunta regionale della regione siciliana ha adottato la delibera per la richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza socio-ambientale-sanitaria riguardante le zone di risanamento e delle baracche di Messina e che l'istanza sarà presentata innanzi al Consiglio dei ministri –:

          se il Governo intenda valutare l'opportunità di deliberare lo stato di emergenza nazionale per consentire il risanamento della città di Messina.
(2-00113) «D'Uva, Papiro».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      PARISSE e TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          in data 13 settembre 2018 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha risposto al question time in Commissione n. 5-00421 a prima firma Terzoni sulla prosecuzione dei lavori del progetto viario Quadrilatero che interessa le regioni Marche e Umbria, in cui si dichiara che «alla prossima seduta del CIPE, che si terrà ragionevolmente nella prima decade di ottobre, è prevista l'approvazione dei progetti della SS 76 – Perizia di variante n. 6 (gallerie Gola della Rossa e S. Silvestro) e dei lotti 3° e 4° della medesima Pedemontana, così da fornire al Contraente generale la continuità dei lavori»;

          il 14 settembre si è tenuta un'assemblea pubblica delle sigle sindacali e dei lavoratori della Quadrilatero con i parlamentari del territorio, in quanto la risposta ricevuta durante il question time non indica una data precisa di convocazione della seduta del Cipe;

          si tratta di una data cruciale, in quanto i sindacati e la ditta Astaldi, responsabile dei lavori, non sono giunti a un accordo riguardo al licenziamento di 59 dipendenti su 147 che lavorano nei cantieri di Fabriano. La Astaldi ha fatto sapere che avrebbe rinunciato ai licenziamenti solo in caso di riunione con il Cipe entro la data del 4 ottobre. In discussione ci sono lo sblocco dei finanziamenti e l'approvazione di una specifica variante per il completamento dei lavori delle due ultime gallerie, con lo stanziamento di 9 milioni di euro, la variante 6 per la strada statale 76, e l'approvazione e il finanziamento del terzo e quarto lotto della Pedemontana, circa 100 milioni di euro;

          si ricorda, inoltre, che la legge di bilancio 2018, legge 27 dicembre 2017, n. 205, al comma 1164 dell'articolo 1, prevede: «Al fine di consentire il rapido completamento delle opere, anche accessorie, inerenti alla società Quadrilatero Umbria Marche SpA, da individuare specificamente nell'aggiornamento del contratto di programma 2016-2020 stipulato con ANAS SpA, è concesso ad ANAS SpA un contributo straordinario pari a 32 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022», quindi un contributo straordinario previsto per legge. Pertanto, risulta agli interroganti che il passaggio al Cipe della variante 6 della strada statale 76 potrebbe non rientrare in una delle quattro fattispecie che richiedono la delibera del Cipe, sulla base di quanto previsto dall'articolo 169 del decreto legislativo n. 163 del 2006 –:

          se trovi conferma che, per quanto riguarda la variante 6 della strada statale 76, non sussistano le condizioni che rendono necessaria la deliberazione del Cipe e, in caso contrario, quale sia la data precisa di convocazione del Cipe.
(5-00496)


      CENNI e CIAMPI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          l'attuale assessore alla cultura del comune di Pisa Andrea Buscemi è stato riconosciuto dal tribunale di Firenze responsabile di stalking anche se la sentenza emessa in data 30 maggio 2017 e depositata il 25 agosto 2017 ha dichiarato di non dover procedere per «estinzione del reato per prescrizione»;

          la sentenza della corte d'appello di Firenze ha infatti condannato Buscemi «al risarcimento dei danni a favore della parte civile», oltre a «rifondere alla parte civile le spese di difesa», cioè tutte le spese del primo processo e di quello d'appello;

          nella sentenza sono descritti i fatti che hanno portato il giudice alla condanna: violenze fisiche, pedinamenti, continue telefonate, ricatti, pressioni, minacce e violenze fisiche alle vittime (sono più di una) e ai testimoni. L'abbondanza delle prove testimoniali e documentali rendono conto delle gravi violenze protratte per oltre 15 anni e rilevano chiaramente la condotta aggressiva e manipolatrice del soggetto;

          a carico di Buscemi sono state emesse anche misure cautelari di divieto di avvicinamento a due testimoni. Nella sentenza d'appello, infatti, è riportato: «l'istruttoria dibattimentale ha fatto emergere reiterati atti persecutori messi in atto dall'imputato» e ancora «l'imputato nel corso del procedimento penale si è reso responsabile di condotte di minaccia ai danni di due testi per indurle a non testimoniare, a seguito delle quali il giudice per le indagini preliminari ha emesso un divieto di avvicinamento alle predette testi»;

          contro la nomina di Andrea Buscemi ad assessore si sono mobilitati cittadini, associazioni e un ampio settore dell'opinione pubblica non soltanto a Pisa ma in tutta Italia e hanno preso posizione pubblica molte personalità politiche di tutte le forze politiche, compresa la Ministra Bongiorno;

          tra le associazioni che hanno chiesto le dimissioni di Buscemi vi è la Casa delle donne di Pisa che ha promosso numerose iniziative per sensibilizzare la cittadinanza e l'opinione pubblica sulla vicenda a partire da una raccolta firme;

          la Casa della donna è un'associazione femminile, di promozione sociale, senza scopo di lucro, fondata nel 1996 (ma attiva fin dal 1990) impegnata da molti anni sui diritti delle donne; La Casa è sostenuta dal lavoro volontario delle socie e di tante cittadine. La Casa è uno spazio di incontro, di riflessione e iniziativa culturale e politica dove quotidianamente viene promossa una intensa attività per il contrasto alla violenza di genere in ogni sua forma. La Casa della Donna è collegata alle reti regionali e nazionali dei centri antiviolenza, alle biblioteche e ai centri di documentazione, alle altre Case delle donne;

          il 17 luglio 2018 sono state consegnate al sindaco di Pisa Michele Conti 37 mila firme raccolte per chiedere le dimissioni di Andrea Buscemi;

          il 31 luglio 2018 il consiglio comunale di Pisa ha respinto la mozione che chiedeva la sfiducia e conseguentemente le dimissioni di Andrea Buscemi;

          nei giorni scorsi, lo stesso Andrea Buscemi, che era già intervenuto pubblicamente contro l'associazione, ha dichiarato sui media che «se non verranno sostituiti gli attuali vertici della Casa delle Donne di Pisa» il comune bloccherà i contributi previsti per l'attività sociale e il supporto logistico dell'associazione;

          il sindaco di Pisa, ad avviso dell'interrogante, ha tenuto fino ad oggi sulla vicenda un atteggiamento neutro, non dando nessuna rassicurazione e dimostrando di non volere affrontare in maniera seria questa gravissima situazione –:

          se il Governo sia informato sulla vicenda;

          se il Governo non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza per tutelare l'autonomia delle associazioni impegnate contro la violenza e garantire la piena e libera prosecuzione delle loro attività tutelando e rafforzando i presidi istituzionali a difesa dei diritti dei cittadini e delle cittadine e in questo specifico caso dei diritti delle donne vittime di stalking e violenza.
(5-00504)


      LICATINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          come noto, la Sicilia registra il peggiore dato nazionale relativo al tasso di depurazione;

          solo il 17,5 per cento dei 438 impianti di trattamento delle acque reflue urbane sono a norma, mentre gli altri sono privi di autorizzazione, con autorizzazione scaduta o hanno ricevuto un diniego allo scarico (dati tratti dal «Report Controlli 2017» dell'Arpa Sicilia). Il 18 per cento degli impianti «non è attivo»: realizzato ma non connesso alla rete fognaria o in stato di by-pass;

          in Sicilia gli agglomerati che non sono conformi alla direttiva europea 91/271/CEE – trattamento delle acque reflue urbane – e che sono incorsi nella procedura d'infrazione 2004/2034 con causa 565/10 sono 51. Gli interventi per sanare questa situazione sono finanziati attraverso un atto governativo che è la delibera del Cipe n. 60 del 2012;

          il comune di Santa Flavia è uno dei 51 agglomerati che sono risultati non conformi alla direttiva europea;

          per lo stesso comune a seguito della delibera del Cipe n. 60 del 2012 sono stati stanziati finanziamenti per realizzare due progetti: l'attivazione e l'adeguamento del sistema fognario-depurativo a servizio (6.700.000,00 euro) e il completamento della rete fognaria (2.762.492 euro);

          del completamento della rete fognaria è competente il commissario straordinario unico per la depurazione nominato dal Governo;

          dell'attivazione e dell'adeguamento del sistema fognario-depurativo è competente lo stesso comune;

          alla interrogante risulta che a tutt'oggi il sistema di depurazione è non attivo e che non è ancora partito alcun progetto per sanare la non conformità del servizio idrico integratore;

          nel 2017 controlli operati dal nucleo di polizia ambientale della Guardia costiera di Porticello e dell'Arpa hanno permesso di verificare lo stato di completo abbandono del sito del depuratore diventato ormai una discarica di rifiuti pericolosi –:

          se, alla luce di quanto esposto, il Governo non intenda verificare attraverso il commissario straordinario unico per la depurazione lo stato dei progetti per sanare la mancata conformità alla direttiva europea;

          se il Governo intenda verificare, attraverso l'ausilio del comando carabinieri per la tutela ambientale (Ccta) e del Reparto ambientale marino del Corpo della capitaneria di porto, lo stato ambientale dei luoghi su cui insiste l'impianto di depurazione, nonché la qualità delle acque marine antistanti lo scarico del depuratore.
(5-00507)


      BUTTI, FRASSINETTI, MOLLICONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

          appare agli interroganti evidente che l'ordinamento sportivo, nella parte relativa alla giustizia sportiva, sia allo «sbando»;

          due provvedimenti del Tar del Lazio fa (decreti n. 5411 e 5412 del 15 settembre 2018), su ricorsi delle società di calcio Ternana e Novara, hanno di fatto sospeso gli effetti del provvedimento del collegio garanzia Sport – Coni del 7 settembre 2018 con il quale quest'ultimo si era dichiarata incompetente a decidere sui ricorsi presentati da una serie di società sportive contro la decisione della Federazione italiana giuoco calcio di ridurre il campionato di serie B da 22 società a 19;

          tale inaspettata decisione della Figc ha recato gravissimi pregiudizi a tali società e alla stessa organizzazione calcistica: subito dopo la pubblicazione dei decreti del Tar Lazio, il presidente della Lega Pro Gabriele Gravina ha giustamente dovuto sospendere tutte le partite disputate dalle società sportive coinvolte nel caos giudiziario, sperando di poterle recuperare nel corso della stagione sportiva;

          sono due mesi che l'ordinamento sportivo deve subire questa ingiustizia. Risale al 1° agosto 2018 il primo provvedimento con cui la corte federale d'appello della Federazione italiana giuoco calcio ha confermato, in secondo grado, la decisione del tribunale federale che riammetteva il Novara (e di conseguenza il Catania) a concorrere ai ripescaggi;

          e un ulteriore altro mese è necessario: il Tar del Lazio, infatti, dopo aver rilevato come la decisione del collegio di garanzia fosse avvenuta «in mancanza di qualsiasi eccezione di alcuna delle parti in causa, a seguito della camera di consiglio, senza alcuna comunicazione e tantomeno contraddittorio sul punto» e che, allo stato, sussistono «i presupposti per l'accoglimento della predetta istanza, ai fini del riesame in tempo utile, da parte del Collegio di Garanzia dello Sport, dei motivi di ricorso, ai fini del possibile ripescaggio» delle società ricorrenti, deciderà il 9 ottobre 2018. Per risottoporre nuovamente la questione al collegio di garanzia dello sport per una nuova decisione;

          l'interrogante aveva già segnalato, con interrogazione n. 5-00318 del 13 luglio 2018, il caso del generale Cataldi, dimessosi da procuratore generale presso il Coni a seguito di evidenti interferenze del sistema, a dire del Sottosegretario con delega allo sport on. Giancarlo Giorgetti, «romanocentrico»;

          non si vuole entrare nel merito della vicenda dei «ripescaggi», già evidente a tutti, ma si ritiene invece opportuno segnalare lo stato di degrado e di «sbando» della giustizia sportiva;

          nella citata interrogazione era stato chiesto al Governo di intervenire sulla disciplina della giustizia sportiva, stabilendo i princìpi e i criteri cui questa deve ispirarsi, in maniera tale che la giustizia sportiva rientri nell'alveo dei princìpi costituzionali cui si ispira la giustizia ordinaria –:

          se il Governo intenda chiarire i propri intendimenti in merito alla vicenda sopra indicata;

          se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative normative, anche urgenti intenzione di assumere iniziative normative, anche urgenti sulla giustizia sportiva.
(5-00513)

Interrogazioni a risposta scritta:


      VILLANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

          la legge 13 luglio 2015 n. 107, all'articolo 121, al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali istituisce la carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado;

          il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 novembre 2016, pubblicato in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 281 del 1° dicembre 2016, disciplina le modalità di assegnazione e utilizzo della carta del docente;

          la carta del docente prevede un importo massimo di euro 500 per anno scolastico utilizzabile per l'acquisto di materiale utile all'aggiornamento del docente;

          tra il materiale acquistabile è previsto anche materiale di elettronica, quali pc, tablet, hardware e software;

          il sistema di accreditamento per accedere alla piattaforma carta del docente viene gestito da Agid e Sogei per conto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

          il sistema di accreditamento sin dall'inizio del suo utilizzo ha creato diverse lungaggini e problematiche, soprattutto per gli esercenti i quali hanno diverse difficoltà a portare a termine la procedura di iscrizione alla piattaforma;

          molti esercenti del campo dell'elettronica hanno riscontrato che solo alcuni codici Ateco possono essere iscritti al portale e quindi gestire le richieste dei docenti, limitando di conseguenza la possibilità a tutti gli operatori di usufruire del bonus previsto –:

          se il Governo sia a conoscenza della problematica sopra esposta e quali iniziative intenda assumere al fine di velocizzare e facilitare la procedura di registrazione degli esercenti presso il portale della carta del docente nonché di risolvere la problematica inerente ai codici Ateco che ad oggi limita le registrazioni al portale carta del docente, portando un notevole danno ai piccoli commercianti.
(4-01159)


      ACQUAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          due anni fa le regioni dell'Italia centrale Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria sono state interessate da un intenso sciame sismico che ha messo in ginocchio i territori di queste aree;

          tali eventi sismici hanno portato a un immediato e, purtroppo, inevitabile abbandono dei territori interessati da parte degli abitanti, causando una graduale diminuzione della popolazione residente, soprattutto nelle aree montane;

          nonostante l'abbandono di questi territori, diversi comuni situati all'interno del cratere del sisma hanno deciso di investire nella ricostruzione delle scuole, convinti che proprio dall'istruzione si potesse e dovesse ripartire;

          questi comuni, grazie al supporto delle istituzioni, si sono impegnati alla realizzazione di varie stretture scolastiche a meno di un anno di distanza dall'inizio dell’iter di ricostruzione;

          nonostante la costruzione di nuove scuole, lo sfollamento delle zone interessate dagli eventi sismici ha avuto gravi ripercussioni anche sul numero delle classi e quindi del personale scolastico;

          la soppressione delle classi e la diminuzione dell'organico, seguendo le disposizioni del Ministero, non possono essere il criterio da adottare in una situazione di assoluta emergenza e straordinarietà come quella che interessa i comuni colpiti dal sisma;

          al fine di garantire il costituzionale diritto allo studio e il successo formativo degli alunni che hanno vissuto la triste realtà del terremoto, i sindaci hanno chiesto di mantenere l'attuale organico dei docenti, dei collaboratori scolastici e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata), per un tempo non inferiore a 5 anni o fino al completamento della ricostruzione –:

          se il Governo sia a conoscenza di questa particolare situazione;

          se si intenda garantire lo stesso servizio precedente al sisma, anche per consentire il graduale rientro delle popolazioni colpite dai tragici fatti.
(4-01170)


      D'ATTIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          in alcune dichiarazioni rilasciate il 2 settembre 2018 in una intervista a La Repubblica, il Ministro Tria individua nei porti del nord Adriatico e del nord Tirreno i beneficiari di accordi con la Cina per la «via della seta»;

          «la via della seta» si ferma al nord e ignora il sud, Brindisi in testa;

          se il terminale per la «Via della Seta» dovesse essere l'Adriatico del nord, con il sistema portuale che va da Venezia a Trieste e a Capodistria, l'area portuale pugliese, quindi anche Brindisi, potrebbe essere un anti-terminale per lasciare i container;

          gli stessi container possono essere poi distribuiti nel centro e sud Italia e nell'area del Mediterraneo;

          in più c'è la Turchia che è un partner economico-commerciale importantissimo per l'Italia;

          la crescita di quest'area portuale sarebbe utile per tutta quanta l'Unione europea;

          in fase di discussione del Documento di programmazione economico-finanziaria, le forze di governo hanno dimostrato l'intenzione di potenziare i porti del Mezzogiorno;

          le dichiarazioni di Tria, a giudizio dell'interrogante, sono molto preoccupanti per il Mezzogiorno, anche in previsione della prossima revisione della Rete dei trasporti transeuropea (Ten-T) per la quale ci si aspetta che, in difformità con le dichiarazioni sopracitate, il Governo convinca la Commissione europea a favorire i corridoi meridionali e a riportare nella mappa dei porti strategici quelli del sud come Brindisi e Catania –:

          se il Ministro dell'economia e delle finanze intenda spiegare la sua posizione che, a quanto risulta all'interrogante, non sembrerebbe essere quella del Governo;

          se corrisponda al vero che il Governo intenda escludere a priori i porti del sud Italia da questa visione;

          se il Governo intenda fare chiarezza rispetto agli accordi con la Cina sulla Via della Seta e se tali accordi considerino solo la disponibilità dei porti del nord Adriatico e del Tirreno, escludendo gli altri, soprattutto quelli del sud, alla luce delle dichiarazioni sopracitate;

          se non si intenda comunque cambiare rotta e incentivare più piani per lo sviluppo del sud.
(4-01175)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      UBALDO PAGANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          come segnalato da Legambiente Taranto, il testo dell’addendum ambientale contenente le proposte di integrazione al contratto relativo alla cessione di Ilva, redatto a cura di ArcelorMittal e pubblicato dal Ministero dello sviluppo economico, non prevede, al capitolo 4, alcuna garanzia dell'effettiva assenza di rischi per la salute dei cittadini di Taranto;

          suddetto addendum non è stato ancora pubblicato nella sua versione integrale ad avviso dell'interrogante configurando, in questo modo, una grave inottemperanza alle esigenze di trasparenza e informazione;

          l’addendum ambientale rende noto l'obbligo per Mittal di presentare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare «idonea documentazione che certifichi che l'aumento della produzione garantirà che le emissioni convogliate di polveri rimarranno entro i limiti annuali post adeguamento influsso di massa autorizzati»;

          suddetto obbligo non costituisce alcun impegno mirato alla riduzione delle emissioni inquinanti autorizzate dal piano ambientale;

          l’addendum non prevede il rilascio di un'autorizzazione a superare il limite alla produzione di 6 milioni di tonnellate annue, né fa menzione delle emissioni diffuse e fuggitive, parimenti dannose e rilevanti sotto il profilo dell'inquinamento atmosferico;

          la valutazione del danno sanitario effettuata in passato da Arpa ed Ares Puglia e dalla Asl di Taranto evidenzia l'estrema pericolosità e i gravi rischi per la salute pubblica connessi alla produzione superiore ai 6 milioni di tonnellate annue di acciaio ottenute dal ciclo integrale;

          nonostante la quota di produzione di 6 milioni di tonnellate sia ritenuta dagli stessi enti la massima produzione possibile a opere non realizzate, si deduce dall’addendum che si possa, ad autorizzazione integrata ambientale (Aia) inalterata, aumentare la produzione fino 8 milioni di tonnellate, in deroga al principio secondo cui lo stabilimento Ilva non può superare la quota di produzione di 6,8 milioni di tonnellate, fintantoché le innovazioni e l'adempimento di tutti gli obblighi ai sensi dell'Aia siano rese effettive;

          è pacifico ritenere che l’addendum pubblicato da ArcelorMittal non possa sostituire le statuizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 settembre 2017, quanto, piuttosto, integrarle –:

          se i Ministri interrogati intendano adottare ogni iniziativa di competenza per pervenire a una valutazione preventiva di impatto ambientale e sanitario inerente a una produzione di 8 milioni di tonnellate annue di acciaio liquido;

          se intendano assumere ogni iniziativa di competenza affinché la suddetta valutazione avvenga entro il termine massimo dell'apertura delle procedure autorizzative previste per la riaccensione di AFO 5, l'impianto che consentirebbe ad Ilva una produzione di 8 milioni di tonnellate rivenienti dal solo ciclo integrale;

          se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda esaminare e rendere pubblica la documentazione tecnica attinente alle modifiche proposte da ArcelorMittal rispetto ai filtri dell'impianto di sinterizzazione, di cui, peraltro, non v'è traccia nell’addendum pubblicato, rendendo impossibile, dunque, una valutazione, al di là di quanto affermato dall'azienda, degli effettivi apporti in termini di maggior abbattimento delle emissioni inquinanti rispetto ai filtri a manica;

          se ritengano opportuno un ampliamento delle risorse messe a disposizione del contratto istituzionale di sviluppo, con particolare riferimento alla bonifica territoriale e al restauro della città vecchia di Taranto;

          se intendano assumere iniziative per prevedere l'introduzione di nuovi meccanismi di risarcimento del danno materiale patito dai cittadini di Tamburi, conseguenza delle polveri provenienti dallo stabilimento siderurgico, sia per i danni subìti dalle loro abitazioni che per il loro minor valore di mercato;

          se intendano adottare iniziative per introdurre norme a tutela delle vittime dell'inquinamento che – allo stato – non hanno di fatto alcuna possibilità di conseguire un effettivo risarcimento.
(5-00497)

Interrogazione a risposta scritta:


      CUNIAL. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          la libertà di ricerca è un elemento fondamentale della scienza e dell'indagine scientifica, sancito anche dalla Costituzione;

          in Salento la diffusione del disseccamento rapido degli ulivi (Codiro) ha assunto preoccupanti risvolti economici, ambientali, e sociali. La sussistenza di forti incertezze in merito alle caratteristiche del batterio Xylella fastidiosa, alla sua presenza sul territorio e alla sua propagazione, non sono state sufficienti a ostacolare l'abbattimento di un numero considerevole di piante, nonché l'adozione di pratiche fitosanitarie fortemente impattanti sulla biodiversità e sulla salute;

          nel 2014 la regione Puglia assegna agli enti Cnr di Bari, Di spa dell'università di Bari, Crsfa «Basile Caramia» di Locorotondo e Ciheam-Istituto agronomico mediterraneo la competenza esclusiva di studiare il batterio, effettuare le analisi di laboratorio e diffondere i dati. Nel suddetto comitato non compare nessun batteriologo e nonostante l'emergenza il resto della comunità scientifica non è stata coinvolta;

          l'unico laboratorio accreditato a eseguire analisi «validate» su Xylella fastidiosa è il centro di ricerca Basile Caramia. Istituto già contestato dagli ispettori europei che durante l'ispezione vi hanno trovato criticità tali da compromettere la validità dei risultati;

          su Xylella sia Nature (Alison Abbott, 7 giugno 2017) che l'Accademia dei Lincei hanno preso per buoni risultati mai sottoposti a peer review visto che il primo (e unico) studio revisionato che ha cercato di dimostrare il nesso Xylella fastidiosa-Codiro è apparso nel dicembre 2017 su Scientific Report, rivista non di settore;

          la prima pubblicazione ufficiale sul ritrovamento del batterio, gli studi sul vettore e quelli sulla patogenicità sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Plant Pathology con sede editoriale presso il Dipartimento di Scienze del Suolo di Bari, con capo redattore il professor G.P. Martelli. In ambito scientifico non è visto di buon occhio che un direttore di una rivista pubblichi gli studi del suo gruppo nella rivista da lui stesso diretta;

          le analisi genetiche condotte su Xylella fastidiosa non hanno tenuto conto di eventuali variazioni epigenetiche (Elbeaino et al, 2014) La perizia effettuata da Surico, batteriologo, e Ranaldi, biochimico, entrambi dell'Università di Firenze su incarico della procura di Lecce, ha ipotizzato che potrebbero esistere anche altre popolazioni di Xylella fastidiosa in Salento. Se così fosse indicherebbe che Xylella fastidiosa è in Salento da così tanto tempo da aver avuto il tempo di subire modificazioni genetiche;

          alla Conferenza europea su Xylella fastidiosa che si è svolta a Palma di Maiorca dal 13 novembre 2017 al 15 novembre 2017, organizzata dall'EFSA, diversi ricercatori intervenuti, tra cui Maria Saponari del CNR di Bari, hanno sostenuto che il batterio sarebbe presente sul territorio da almeno 15 anni, alcuni hanno parlato addirittura di 25 anni;

          la regione Puglia nel 2016 ha finanziato bandi per progetti indirizzati alla sperimentazione di cure per il Codiro. Per ammissione di diversi responsabili scientifici, le ricerche dimostrano già ampiamente che è possibile curare il fenomeno del disseccamento al di là della presenza o meno del batterio (Xyloyannis, Giovannetti, Scortichini, D'Amico, Lopes, Carlucci e altri) –:

          se i Ministri interrogati abbiano intenzione di favorire la collaborazione e l'implementazione della ricerca inerente al Codiro;

          se i Ministri interrogati abbiano intenzione di adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di favorire la libera consultazione pubblica del database di tutti i monitoraggi sulla Xylella nella regione Puglia in modo tale che qualunque ricercatore vi possa accedere;

          se i Ministri interrogati abbiano intenzione di adottare iniziative per consentire il trasporto dei campioni infetti con le normali procedure senza le ulteriori complicazioni imposte dal «decreto Martina»;

          se i Ministri interrogati abbiano intenzione di informare la Commissione europea dei risultati ottenuti dalle ricerche scientifiche finanziate dalla regione Puglia e finanziarne la prosecuzione.
(4-01179)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:


      GAGNARLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

          il Polittico della Misericordia, straordinaria opera realizzata da Piero della Francesca tra il 1444 e il 1464, conservata nel Museo civico di Sansepolcro, è nuovamente oggetto di una ipotesi di trasferimento;

          da febbraio a giugno 2016 la tavola centrale del Polittico era stata trasferita a Forlì per la mostra «Piero della Francesca. Indagine su un mito». A dicembre 2016 la parte centrale del polittico era stata trasferita per un mese a Milano, dove era stata esposta a Palazzo Marino in occasione delle festività di fine anno;

          in merito a quest'ultimo spostamento, l'interrogante aveva presentato all'allora Ministro Franceschini una interrogazione in cui avevo osteggiato tale decisione, a giudizio dell'interrogante irrispettosa e non finalizzata a perseguire la tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale sancito dall'articolo 9 della Costituzione, posto che il Polittico era stato praticamente snaturato col trasferimento della sola parte centrale, lasciando a Sansepolcro il resto dell'opera sguarnita del suo elemento principale;

          la nuova trasferta, per la quale è stata avanzata richiesta alla direzione archeologia, arte e paesaggio, servizio quarto circolazione, del Ministero per i beni e le attività culturali, porterebbe l'intero Polittico all'Hermitage di San Pietroburgo da novembre 2018 a marzo 2019;

          un'altra opera di Piero della Francesca, il San Giuliano, anch'esso conservato nel Museo civico di Sansepolcro, era stato trasferito a Mosca per una mostra da febbraio a maggio del 2005. In quell'occasione era previsto, come corrispettivo in favore di Sansepolcro, il pagamento di un nuovo impianto di climatizzazione per il Museo, che non risulta all'interrogante sia mai stato onorato;

          il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni (Codice dei beni culturali e del paesaggio), all'articolo 66 comma 2, lettera b), dispone che non possano uscire dal territorio della Repubblica, i beni che costituiscono il fondo principale di una determinata e organica sezione di un museo, pinacoteca, galleria, archivio o biblioteca o di una collezione artistica o bibliografica;

          è fatto evidente che la Madonna della Misericordia di Piero costituisca il fondo principale per il «Museo civico Piero della Francesca» nella città di Sansepolcro –:

          quale sia l'orientamento del Ministro interrogato circa la richiesta, avanzata dalla Soprintendenza competente per territorio, di trasferimento del Polittico della Misericordia di Piero Della Francesca e se, nel caso in questione, ritenga applicabili le disposizioni dell'articolo 66, comma 2, del codice dei beni culturali e del paesaggio.
(4-01161)


      ASCANI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

          come è noto, nel dicembre 2017, la commissione bilancio della Camera ha approvato la proposta emendativa presentata dall'interrogante e riguardante le imprese culturali e creative, la quale ha introdotto, nella legge di bilancio per il 2018, il credito d'imposta nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per attività di sviluppo, produzione e promozione di prodotti e servizi culturali e creativi;

          il credito d'imposta è stato previsto nel limite di spesa di 500.000 euro per l'anno 2018 e di un milione di euro per il 2019 e il 2020 e rappresenta un incentivo fondamentale per la crescita del settore;

          l'articolo 1, comma 57, della legge di bilancio per il 2018, dispone che «per imprese culturali e creative» devono intendersi «le imprese o i soggetti che svolgono attività stabile e continuativa, con sede in Italia o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo, purché siano soggetti passivi di imposta in Italia, che hanno quale oggetto sociale, in via esclusiva o prevalente, l'ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell'ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, alle arti applicate, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all'audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati»;

          la manovra finanziaria specifica, inoltre, che il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte dirette e dell'Irap e non rileva ai fini della determinazione: della quota di interessi passivi deducibile dal reddito di impresa, ai sensi dell'articolo 61 del Testo unico delle imposte sui redditi; della quota di spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell'articolo 109, comma 5, del Testo unico delle imposte sui redditi;

          con riferimento all'individuazione dei costi oggetto d'interesse, dei parametri da rispettare, i tempi da seguire e soprattutto i requisiti in termini di tipologia di attività da condurre al fine del riconoscimento dell'agevolazione, è necessario attendere la pubblicazione di un decreto attuativo che dovrà essere emanato dal Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le risorse già assegnate per l'anno 2018 (500.000 euro) e per gli anni 2019 e 2020 (un milione di euro per ciascun anno) sono, infatti, ancora «bloccate» –:

          se e come il Ministro interrogato intenda intervenire in relazione alle questioni rappresentate in premessa.
(4-01172)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


      IOVINO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          negli ultimi tempi si sono avute notizie riguardanti irregolarità riscontrate nello svolgimento di concorsi pubblici, e, in particolare, nei concorsi per l'arruolamento di nuovi membri nelle forze dell'ordine indetti dal 2015 al 2018;

          le irregolarità hanno riguardato i seguenti concorsi: «400 allievi agenti della polizia penitenziaria (2015)», «1050 carabinieri», «490 marescialli dei carabinieri», «559 allievi agenti della polizia di Stato (2016)», «3500 VFP1 Esercito», «1096 VFP4 carabinieri», «605 allievi marescialli della Guardia di finanza», «VFP1 Aeronautica, Marina e Capitaneria di porto (2013)»;

          il problema della scarsa trasparenza ha interessato in maniera trasversale tutte le forze dell'ordine, dal momento che sembra esserci stata una compravendita illegale dei risultati dei test per il superamento del concorso;

          un esempio di scarsa trasparenza è rappresentato dai risultati dei test del concorso per «559 allievi agenti della Polizia di Stato» che ha insospettito il capo della polizia Franco Gabrielli tanto da far annullare le prove scritte del suddetto concorso;

          risultano coinvolti anche alcuni dipendenti ministeriali ed è stata scoperta una compravendita delle prove concorsuali per somme ingenti tali da costituire un tariffario ben preciso: 50.000 euro per la certezza di vincere il concorso, 20.000 per le sole prove scritte e 10.000 euro per le fisiche mediche e i test attitudinali;

          a conferma dell'esistenza di tali irregolarità, il capo della segreteria del dipartimento, Enzo Calabria, ha inviato una circolare con la decisione di annullare il concorso ove si fa espresso riferimento alle «indagini da parte dell'autorità giudiziaria che evidenziano la concreta possibilità che la prova scritta del concorso in oggetto sia stata inficiata da circostanze tali da non garantire la regolarità degli esami»;

          il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Santa Maria Capua Vetere e il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli hanno emesso anche la misura degli arresti domiciliari nei confronti di un dipendente civile del Ministero della difesa nonché nei confronti di un ufficiale superiore dell'Esercito, il fratello, la moglie e tre agenti della polizia penitenziaria;

          i reati ipotizzati, a vario titolo, sono di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al millantato credito. Ad oggi dunque si è dinnanzi ad una situazione ove 9 concorsi statuiti negli ultimi 3 anni in Italia sono riconducibili al fenomeno della «compravendita illegale di test», che sembrava essere scomparso e che invece è solo ben nascosto;

          ciò che più turba è non solo che i concorsi delle forze dell'ordine banditi negli ultimi 3 anni in Italia siano stati inquinati dalla compravendita illegale di test, ma che solo per i concorsi di polizia penitenziaria e della polizia di Stato, l'Amministrazione ha preso provvedimenti procedendo a una nuova e trasparente selezione –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa e, in caso positivo, quali iniziative di competenza intendano adottare per rimuovere le irregolarità relative ai suddetti concorsi e per apprestare un controllo più accurato sulle procedure concorsuali future.
(4-01162)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

          fino alla fine degli anni novanta Telecom era uno dei maggiori player mondiali del settore, presente in diversi Paesi del mondo e con una capacità tecnologica di tutto rispetto. Economicamente sana e adeguatamente capitalizzata, era perfettamente in grado di affrontare la sfida della globalizzazione. Nel 1997 il fatturato dell'epoca, convertito in euro, era di oltre 23 miliardi, i debiti sotto gli 8 miliardi, gli investimenti pari a circa 6,5 miliardi e oltre 120.000 i dipendenti;

          dopo vent'anni di privatizzazione, l'attuale Tim fattura 19,8 miliardi di oggi, ha circa 25 miliardi di euro di debiti, investe meno di 5 miliardi di euro, occupa circa 50.000 dipendenti in Italia e le partecipazioni estere si sono ridotte alla sola realtà del Brasile. Risulta quindi evidente che un ventennio di privatizzazione ha gravemente e fortemente impoverito il gruppo Tim;

          il problema principale di cui ha sofferto Telecom Italia, oggi Tim, è la sostanziale e continuativa instabilità della governance aziendale dalla privatizzazione ad oggi;

          gli ultimi mesi hanno consegnato uno scenario straordinariamente preoccupante con l'emersione di migliaia di potenziali esuberi e una feroce battaglia legale tra gli azionisti per il controllo del gruppo che rischia di mettere in secondo piano le scelte da compiere per garantirne la sopravvivenza e lo sviluppo, in un contesto sociale ed economico dove il Paese fa fatica a tenere il passo della crescita globale, anche a causa della endemica scarsità di grandi aziende;

          l'ascesa del gruppo Vivendi in Tim, con finalità legate in particolare al business dei contenuti, ha messo in evidenza la debolezza del sistema infrastrutturale del Paese in mano all'ex monopolista, tanto da spingere il Governo a invitare Cassa depositi e prestiti (CDP) ed Enel a costruire Reti in fibra (Open Fiber) per garantire l'innovazione digitale, con un enorme sforzo finanziario;

          la conseguenza di questa scelta è che oggi due soggetti (Tim e Open Fiber) sono impegnati a realizzare sostanzialmente una duplicazione dell'infrastruttura per la banda ultra larga con un'evidente spreco di risorse. Questa situazione rischia paradossalmente di rallentare il percorso della digitalizzazione del Paese;

          pur salutando con favore la decisione di Cassa depositi e prestiti di entrare nel capitale sociale di Tim, serve ora chiarire quale ruolo può avere la stessa Cassa depositi e prestiti nel futuro dell'azienda. Il suo ingresso nel capitale sociale con una quota di circa il 5 per cento, dovrebbe servire a dare stabilità di governance all'azienda, confermando e difendendo il profilo di public company e assicurare gli investimenti necessari allo sviluppo del Paese, la stabilizzazione finanziaria dell'azienda e le garanzie occupazionali dei dipendenti diretti e dell'indotto (altri circa 50.000 occupati);

          gli interpellanti ritengono fondamentale la difesa del patrimonio industriale e professionale dell'intero perimetro di Tim, della sua rete, dei suoi assets, anche a seguito di eventuali operazioni industriali e societarie che potrebbero determinarsi;

          lo scorporo della rete di telecomunicazioni dall'ex monopolista non trova nessun riscontro nel resto d'Europa, mentre pochissimi sono i casi nel mondo. Il progetto di societarizzazione della rete che Tim sta avviando deve necessariamente prevedere il riassorbimento sotto un'unica entità dell'esperienza Open Fiber e il suo mantenimento entro il perimetro del gruppo per evitare che il Paese perda un'azienda con una massa critica sufficiente a garantire gli elevati investimenti necessari;

          la nuova Tim dovrà garantire scelte di politica industriale coerenti con gli interessi generali del Paese in materia di innovazione, sviluppo digitale e sicurezza delle reti, dovrà valorizzare, innovare, difendere e sviluppare l'infrastruttura di rete nazionale, garantendone l'apertura con una nuova regolamentazione che garantisca le pari opportunità per tutti gli operatori del settore;

          il gruppo Tim ha enormi potenzialità e deve rimanere integro e ogni ipotesi che preveda lo «spezzatino» del gruppo deve essere respinta con decisione;

          la rete di Telecom si può a grandi linee dividere in due parti: la rete di distribuzione e la rete di giunzione. Nella rete cosiddetta fissa di distribuzione attualmente coesistono tre tecnologie per fornire servizi voce e dati. Bisogna tenere conto che, fra la terza e la prima categoria, gli apparati utilizzati in centrale sono molto ridotti sia in termini numerici sia in termini di occupazione di spazi, in quanto un solo apparato, denominato OLT (Optical Line Termination), di contenute dimensioni, sostituisce decine e decine di apparati. Questa parte della rete insieme alle centrali, con annessi sistemi di alimentazione e condizionamento, è la parte che Tim vuole destinare alla «Net-Co»;

          la rete di giunzione ha il compito di aggregare, smistare e indirizzare i dati da e verso la rete di distribuzione. La si può dividere a sua volta in due grandi macro reti: la rete dati e la rete trasmissiva. Nella rete di giunzione, oltre ad una elevata quantità di apparati, risiede «l'intelligenza della rete». È chiaro che se si parla di sicurezza del Paese è in questa parte della rete che si trovano tutte le informazioni e tutti i dati possibili e immaginabili, sensibili e non. Anche la rete mobile può essere divisa in due parti: la rete di distribuzione che si realizza via etere e la rete di giunzione che, con l'avvento del 4G e del 5G, è quasi del tutto coincidente con la stessa rete di giunzione del fisso. Questa è la parte che Tim sembra voler mantenere dentro la «Service-Co»;

          un eventuale controllo di garanzia sulla rete da parte del Governo deve essere esercitato sulla rete alta e una siffatta divisione con 22.000 lavoratori destinati alla rete «bassa», compresi coloro che ancora lavorano sulla rete alta, porterà in breve tempo corpose eccedenze –:

          se il Governo intenda acquisire ogni elemento utile per avere dettagliate informazioni sul piano industriale di Tim;

          se il Governo intenda, anche attraverso l'impegno diretto di Cassa depositi e prestiti, adottare iniziative per tutelare gli interessi di sistema, mantenendo la rete pubblica saldamente in mano allo Stato al fine di garantire scelte di politica industriale coerenti con gli interessi generali del Paese in materia di innovazione, sviluppo digitale e sicurezza delle reti, sviluppo dell'infrastruttura di rete nazionale e salvaguardia occupazionale.
(2-00109) «Fornaro, Palazzotto, Fassina».

Interrogazione a risposta scritta:


      BELLUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          nel novembre del 2017 l'istituto di credito Unicredit ha siglato un accordo con la casa d'aste austriaca Dorotheum, con sede a Vienna, per la cessione delle attività di credito su pegno in Italia, comprese quelle del Monte di Pietà a Roma, attivo fin dal 1500 ed ereditato dalla banca milanese con l'acquisizione di Capitalia, a sua volta nata dall'integrazione della Cassa di risparmio di Roma con il Banco Santo Spirito e il Banco di Roma, a fronte di un corrispettivo di 141 milioni di euro;

          in data 1° luglio 2018, UniCredit ha completato il trasferimento delle attività di credito su pegno in Italia a Dorotheum, a seguito delle autorizzazioni da parte dell'Autorità di vigilanza e, secondo gli accordi tra le parti, UniCredit continuerà a fornire il servizio di rinnovo delle polizze presso i propri sportelli;

          la partnership è realizzata tramite Custodia valore, società nata dall'acquisizione del ramo dedicato all'attività di credito su pegno del gruppo Unicredit da parte di Dorotheum;

          tale cessione ha destato preoccupazione nei lavoratori del ramo pegni dell'Unicredit, distribuiti nelle 35 filiali italiane e presenti prevalentemente nel Lazio e in Sicilia, che chiedono maggiori garanzie contrattuali, posto che, ad oggi, solo duecento dipendenti sono passati nella nuova società con lavoro garantito per cinque anni;

          questa cessione suscita, inoltre, una certa apprensione negli italiani che hanno sottoscritto un contratto di pegno e che adesso vedono i loro preziosi gestiti da una società austriaca la cui attività principale, ad oggi, è la vendita all'asta dei preziosi, attività in netto contrasto con quella del pegno;

          non è neanche chiara, per chi è costretto a ricorrere al pegno come ultima forma di finanziamento, la garanzia di poter disimpegnare i preziosi senza il rischio che vengano venduti in qualche asta e, conseguentemente, sfavorendo le operazioni di rinnovo delle polizze a danno dei singoli;

          per quanto concerne la mera attività del pegno, non si hanno garanzie sia per quanto riguarda i rinnovi sia i rimessi che potrebbero essere in qualsiasi momento rifiutati a chi non può riscattare i preziosi depositati a garanzia del finanziamento, cosa che finora non è mai accaduta da parte degli istituti di credito che si sono succeduti nel pegno;

          sarebbe opportuno avere conoscenza dell'accordo di cessione e del piano di sviluppo della Custodia valore per verificare quale settore si intenda potenziare, se quello delle aste o dei finanziamenti;

          inoltre occorrerebbe chiarire quali garanzie si avrebbero in caso di fallimento della società, se i preziosi destinati alle aste rimarranno nel territorio italiano, se vi sia un impegno da parte di Dorotheum, attraverso Custodia valore, sui rinnovi ed i rimessi e quale sarà il tipo di interesse praticato e gli oneri di custodia –:

          di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a tutelare i risparmiatori e gli utenti e salvaguardare il patrimonio costituito dai pegni degli italiani che verranno gestiti da una società straniera;

          se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per salvaguardare i lavoratori delle filiali presenti sul territorio nazionale interessati alla cessione delle attività di credito su pegno da parte di Unicredit alla casa d'asta Dorotheum al fine di tutelarli da possibili modifiche contrattuali o da azioni unilaterali da parte dell'acquirente austriaco.
(4-01174)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      VISCOMI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          la regione Calabria, con decreto dirigenziale n. 2285 del 9 marzo 2016, ha approvato la «Manifestazione d'interesse per la selezione di n. 1000, lavoratori percettori in deroga o lavoratori disoccupati, con la pregressa esperienza formativa presso gli uffici giudiziari da avviare a percorsi formativi per le qualifiche di ausilio o di operatore amministrativo da conseguire con attività formative in parte in aula e in parte con la formazione on the job presso gli uffici giudiziari e le istituzioni assimilate della Calabria»;

          le finalità dell'azione formativa erano così individuate: a) assicurare gli uffici giudiziari e alle istituzioni assimilate del territorio calabrese, la possibilità di avvalersi delle prestazioni di lavoratori percettori di ammortizzatori sociali in deroga e di disoccupati con pregressa esperienza formativa presso gli uffici giudiziari, con indubbi vantaggi in favore del funzionamento dell'amministrazione della giustizia, nell'interesse generale della collettività; b) dare la possibilità, ai lavoratori disoccupati, di essere avviati in percorsi di formazione, svolgendo un'attività lavorativa di indubbia valenza – professionale e beneficiando di un'indennità di partecipazione ai servizi formativi;

          le modalità che hanno caratterizzato i tirocini sono di seguito indicate: i percorsi formativi sono inseriti nel repertorio dell'offerta formativa unica; gli uffici giudiziari e le istituzioni assimilate, in qualità di soggetti attuatori, garantiscono la presenza di un tutor che accompagna il disoccupato nel percorso di formazione on the job; le attività didattiche sono assicurate dalla regione, in qualità di soggetto promotore; la durata del percorso formativo è di 24 mesi, con l'obbligo di assicurare un minimo di 20 ore settimanali per 5 o 6 giornate lavorative nel rispetto delle modalità organizzative adottate dagli uffici presso i quali viene prestata l'attività stessa;

          con decreto dirigenziale n. 794 del 30 marzo 2017 è stato approvato lo schema di convenzione in attuazione delle intese raggiunte tra la regione Calabria, corte di appello, procure generali della Calabria, magistratura amministrativa e contabile e le istituzioni assimilate. La convenzione è stata sottoscritta dalle parti interessate;

          l'articolo 10 della predetta convenzione prevede che la stessa ha validità di un anno dalla sua firma con possibilità di rinnovo per un ulteriore periodo di pari durata. Gli impegni assunti dalle parti con la presente Convenzione permangono fino alla data di conclusione dei tirocini attivati;

          a far data dal 1° settembre 2017 sono stati avviati i primi tirocini formativi. In date successive sono stati avviati al percorso formativo i rimanenti tirocinanti aventi diritto alla formazione e quindi conseguentemente con termine del tirocinio diverso a seconda dei differenti uffici giudiziari. Si è ora posto il problema di dare seguito ad una proroga dei tirocini al fine di continuare nell'ausilio delle attività giudiziarie;

          la regione Calabria, dipartimento lavoro, ha chiesto al Ministero della giustizia se sia possibile predisporre le deroghe delle coperture assicurative, finalizzate alla prosecuzione dell'attività formativa extracurriculare, per ulteriori dodici mesi autorizzando così gli uffici giudiziari del territorio calabrese ad adibire i medesimi tirocinanti ad altra attività nell'ambito dei servizi degli stessi uffici;

          è da evidenziare che la convenzione, già approvata dal competente Ministero, sancisce all'articolo 10, comma 1: «La presente Convenzione ha validità di un anno dalla sua firma con possibilità di rinnovo per un ulteriore periodo di pari durata». Tale prescrizione non risulta soggetta ad alcuna limitazione nell'ambito della disciplina convenzionale approvata e costituisce l'atto conclusivo di un complesso procedimento amministrativo (bando pubblico, elaborazione graduatorie, riesame atti endoprocedimentali e altro) –:

          se l'inserimento dei tirocinanti negli uffici giudiziari sia da valutare positivamente quanto agli effetti sull'organizzazione del lavoro;

          se intenda adottare le iniziative di competenza per consentire la prosecuzione dell'esperienza per ulteriori dodici mesi, anche adibendo gli interessati ad altra attività nell'ambito dei servizi interessati;

          se non ritenga di adottare le iniziative di competenza per mettere in atto l'esperienza già nota dei tirocini di perfezionamento.
(5-00501)


      UBALDO PAGANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il 18 settembre 2018, presso la casa circondariale di Roma Rebibbia, si è consumata una tragedia per mano della follia omicida di una detenuta che, in stato di custodia cautelare con i suoi due figli, ha gettato gli stessi nella tromba delle scale della sezione nido, causando la morte immediata di uno di essi e la morte cerebrale dell'altro;

          tale imprevedibile tragedia ricalca le molte, purtroppo, registratesi negli ultimi tempi – analoghe nel gesto di follia omicida di genitori – ma con la variante, in questo caso, del luogo del verificarsi dell'evento: una sezione nido di un penitenziario e non un'abitazione privata;

          tale ultima circostanza – l'autorità giudiziaria ha ritenuto di assegnare la custodia cautelare in carcere in luogo degli arresti domiciliari – ha causato l'immediata sospensione dalle rispettive funzioni dei vertici della casa circondariale, riversando così, su di essi, la piena responsabilità di una tragedia imponderabile;

          le responsabilità, in uno stato di diritto, devono essere accertate prima dell'adozione di un qualsivoglia provvedimento;

          il principio di cui sopra è stato evidentemente disatteso in conseguenza dei fatti occorsi a Rebibbia dove, al contrario, ad avviso dell'interrogante, non si è manifestata l'incombenza di trovare dei capri espiatori senza alcun accertamento su un fatto che, ictu oculi, esorbita dalla sfera di controllo e di vigilanza del personale della casa circondariale;

          ad avviso dell'interrogante è inaccettabile che il Ministro della giustizia abbia pubblicamente screditato i vertici della casa circondariale, mortificandone le professionalità conclamate e inferendo dolore alle loro vite, già provate per il dramma impotentemente vissuto –:

          se il Ministro interrogato ritenga opportuno adottare iniziative per l'immediata revoca dei provvedimenti di sospensione adottati dal capo del dipartimento su Sua iniziativa e il reintegro immediato in servizio del direttore, del vicedirettore e del vice comandante di reparto della casa circondariale femminile di Rebibbia;

          se non ritenga necessario assumere iniziative per l'individuazione, in luogo della disposta visita ispettiva, di un soggetto che accerti, in presenza di eventi critici auto ed etero aggressivi, le eventuali responsabilità riguardanti ogni professionalità operante nella casa circondariale, anche in relazione alla situazione di salute dei ristretti;

          se intenda adottare iniziative normative volte a prevedere, in casi analoghi, che sia preferita alla custodia cautelare in carcere la collocazione in una casa famiglia protetta dove dare accoglienza alle madri insieme alla loro prole;

          se il Ministro non consideri opportuno effettuare, ben prima di colpevolizzare incautamente gli operatori penitenziari, una profonda ricognizione delle difficoltà oggettive riscontrate dalle direzioni degli istituti penitenziari dovuta alla consistente presenza di detenuti con problematiche psichiatriche;

          se intenda, alla luce di quanto sopra riportato, assumere iniziative per una revisione delle responsabilità nella gestione sanitaria dei detenuti ora in capo al servizio sanitario nazionale e se ritenga opportuno avviare una riflessione sull'eventuale ripristino degli ospedali psichiatrici giudiziari, soppressi con legge 17 febbraio 2012, n. 9.
(5-00509)

Interrogazioni a risposta scritta:


      ALBERTO MANCA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          nel corso di una recente visita presso la casa di reclusione «Paolo Pittalis» di Nuchis (Tempio Pausania, Sassari), svoltasi in data 3 settembre 2018, si riscontrava presso la struttura medesima il permanere degli annosi problemi alla rete idrica interna, apparsi immediatamente dopo l'inaugurazione della stessa, avvenuta nel 2012;

          tali criticità provocano continue infiltrazioni e perdite lungo i muri, dovute alle otturazioni delle condotte, a loro volta da imputare al fatto che le tubazioni del carcere sono in ferro e il passaggio dell'acqua ne determina tanto l'ossidazione quanto il distacco della relativa zincatura;

          l'acqua che fuoriesce dalle condutture, per via dell'elevata concentrazione di ferro e zinco, si presenta rossastra e con sedimenti di colore marrone. Le percentuali di questi elementi in essa riscontrate risultano superiori alle soglie massime previste dalla legge, pertanto la stessa non è potabile. In conseguenza di ciò, per gli utilizzi alimentari se ne rende necessario un costante e oneroso approvvigionamento dall'esterno;

          i malfunzionamenti della rete idrica in diversi settori dell'edificio costringono, inoltre, intere sezioni dello stesso a rimanere prive di acqua calda e senza riscaldamento nei mesi invernali, con evidenti disagi per i detenuti;

          oltre a questi inconvenienti di carattere strutturale, l'istituto palesa serie carenze di personale: in base alla ripartizione territoriale della dotazione organica prevista dalla «tabella E» del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 giugno 2015, n. 84 (richiamata altresì dal decreto ministeriale 9 novembre 2017), la casa di reclusione «Paolo Pittalis» dovrebbe disporre di:

          quattro funzionari della professionalità giuridico-pedagogica (il doppio di quelli effettivamente presenti);

              tre funzionari contabili (invece di due);

              un funzionario dell'organizzazione e delle relazioni (figura assente);

              due Operatori (figura assente);

              quattro assistenti amministrativi (in luogo dei tre effettivamente presenti);

              un potabile (figura assente);

              due assistenti tecnici (figura assente);

          allo stato attuale si contano dieci unità in meno delle diciassette complessivamente previste e necessarie per garantire l'efficiente funzionamento della struttura, la quale ospita quasi esclusivamente detenuti in regime di alta sicurezza (AS3) –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle situazioni descritte e quali iniziative abbia assunto o intenda assumere in merito.
(4-01167)


      GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il 18 settembre 2018, nella sezione nido del carcere di Rebibbia a Roma, Alice Sebesta, una donna poco più che trentenne, uccideva spingendoli giù dalle scale i suoi due figli di 6 mesi e di un anno e 7 mesi che con lei erano detenuti nella struttura carceraria;

          la donna, incensurata e priva di domicilio, era stata arrestata in flagranza di reato il 27 agosto 2018 perché trovata in possesso nella sua auto di circa 10 chilogrammi di marijuana;

          ai fini della richiesta dei domiciliari, il suo legale, Andrea Palmiero, era riuscito a contattare il padre dei bambini per ottenere proprio un domicilio propedeutico alla scarcerazione, ma tale richiesta veniva respinta dal giudice per le indagini preliminari;

          a quanto risulta dalle testimonianze dirette, lo stesso giorno del duplice omicidio era fissata l'udienza in sede di tribunale dell'esame proprio per discutere la scarcerazione della donna e, sempre secondo le parole dell'avvocato, la donna risultava provata dai 20 giorni di detenzione (resa ancora più difficile per il fatto di non parlare italiano);

          a seguito della tragedia, il Ministro interrogato, nel corso di una trasmissione televisiva, dopo aver comunicato di essersi recato prima a Rebibbia e poi al Bambin Gesù (dove è stata accertata la morte clinica del bimbo più grande), ha dichiarato di aver disposto accertamenti nella sezione e di averne sospeso la direttrice, la sua vice e il vicecomandante del reparto di polizia penitenziaria;

          la riforma dell'ordinamento penitenziario, a giudizio dell'interrogante, appare per l'ennesima volta l'unica risposta necessaria affinché non sia più ammissibile che dei bambini debbano passare i primi anni della loro vita dietro le sbarre ed il percorso portato avanti dagli ultimi Governi aveva previsto anche una parte relativa all'affettività in carcere, che avrebbe senza dubbio evitato il verificarsi di simili episodi;

          a giudizio dell'interrogante la decisione del Ministro interrogato di sospendere i responsabili amministrativi della sezione rappresenta il classico tentativo di individuare «il capro espiatorio» di un sistema che non funziona sia sul piano legislativo che organizzativo, e che finisce per penalizzare i soggetti che, operando con strumenti inadeguati e risorse limitate, di questo sistema subiscono tutte le falle –:

          se sia stata avviata l'indagine amministrativa in relazione alla vicenda sopra descritta e, in caso affermativo, quali siano le responsabilità contestate al personale;

          se siano state seguite tutte le corrette procedure partendo dall'arresto in flagranza fino al tragico epilogo e se non intenda adottare iniziative volte a favorire, in casi analoghi, soluzioni alternative al carcere;

          quanti siano gli agenti di polizia penitenziaria, gli psicologi, gli assistenti sociali e gli educatori in dotazione alla casa circondariale di Rebibbia;

          se, anche in considerazione del fatto che la donna è di nazionalità tedesca e non parla italiano, fosse presente nella struttura il mediatore culturale come previsto dalla legge;

          in che maniera e, specificamente, attraverso quali figure professionali sia garantita la salute fisica e psichica delle donne e dei loro bambini nella suddetta struttura;

          se la donna, nel corso della sua detenzione, sia stata visitata dagli psicologi e, in caso affermativo, quale sia stato l'esito della relazione e se i suoi bambini siano stati visitati dal pediatra;

          se, alla luce anche di questo tragico episodio, non ritenga urgente ed opportuno assumere iniziative volte a riprendere il percorso di definizione di una riforma dell'ordinamento penitenziario che escluda definitivamente la presenza di bambini nelle carceri;

          cosa intenda fare, alla luce dei gravi problemi di sovraffollamento e di carenze strutturali del settore, per garantire la legalità nell'esecuzione penale.
(4-01176)


      LABRIOLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il 18 settembre 2018, presso l'istituto femminile di Roma Rebibbia, si è consumata una tragedia per mano della follia omicida di una detenuta che, ristretta in stato di custodia cautelare con i suoi due figlioletti, ha gettato gli stessi nella tromba delle scale della sezione nido, causando la morte immediata di uno di essi e causando la morte cerebrale dell'altro;

          tale tragedia, imprevedibile, ricalca le molte, purtroppo, registratesi negli ultimi tempi – analoghe nel gesto di follia omicida di genitori – ma con la variante, in questo caso, del luogo del verificarsi dell'evento: una sezione nido di un penitenziario e non una abitazione privata;

          tale ultima circostanza – determinatasi per effetto della decisione di una autorità giudiziaria che ha ritenuto di dover disporre la custodia cautelare in carcere in luogo degli arresti domiciliari della madre dei due bambini – è venuta a pesare come un macigno sui vertici dell'istituto, immediatamente sospesi dalle rispettive funzioni come se la tragedia, assolutamente imponderabile, fosse conseguenza di una qualche loro responsabilità;

          le responsabilità, in uno stato di diritto, devono essere accertate ancor prima dell'adozione di un qualsivoglia provvedimento punitivo; principio non osservato per la tragedia di Rebibbia dove, secondo l'interrogante, di fatto, sono stati trovati subito dei capri espiatori senza accertamenti, senza verità, per un fatto che, icto oculi, esorbita dalla sfera di controllo e di vigilanza del personale dell'istituto;

          non è accettabile ad avviso dell'interrogante che un Ministro della giustizia sia il primo a non rispettare il principio costituzionale della presunzione di innocenza come rileva la circostanza di avere, il suddetto, dichiarato, in una intervista al Fatto Quotidiano, di aver avviato una ispezione per accertare gli errori, mentre, contestualmente, ha adottato i provvedimenti di sospensione per quegli stessi asseriti errori, oggetto ancora di accertamento e verifica;

          non è accettabile che un Ministro della giustizia abbia gettato pubblicamente discredito, ad avviso dell'interrogante, sui vertici dell'istituto, mortificandone le professionalità – da più parti, invece, coralmente riconosciute – e aggiungendo dolore alle loro vite, già provate per il dramma impotentemente vissuto;

          non è possibile per l'interrogante che un Ministro della giustizia, prima di puntare il dito sugli operatori penitenziari, non si sia interrogato – e non si interroghi – sulle difficoltà oggettive incontrate dalla gran parte delle direzioni penitenziarie per la considerevole presenza di detenuti con problematiche psichiatriche, la cui gestione è divenuta particolarmente onerosa a seguito sia del transito della sanità penitenziaria al servizio sanitario nazionale, sia della avvenuta soppressione degli ospedali psichiatrico-giudiziari –:

          se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per provvedere all'immediata revoca dei provvedimenti di sospensione adottati dal capo del dipartimento e per procedere al reintegro immediato in servizio del direttore, del vicedirettore e del vice comandante di reparto della casa circondariale femminile di Rebibbia;

          se non reputi necessaria l'istituzione, in luogo della disposta visita ispettiva, di una commissione permanente che, prendendo le mosse dalla tragedia di Rebibbia, accerti, in presenza di eventi critici auto ed etero aggressivi, le eventuali responsabilità riguardanti ogni professionalità operante nell'istituto, anche alla luce delle condizioni di salute dei ristretti;

          se non ritenga di assumere iniziative normative affinché, nel caso in cui si rendano necessarie misure di restrizione della libertà personale nei confronti di madri di minori, sia prescelta la misura cautelare degli arresti domiciliari o l'assegnazione presso una casa famiglia protetta.
(4-01177)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


      LOSACCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          il Consiglio di amministrazione di Ferrovie Appulo Lucane ha proceduto a nominare il dottor Rosario Almiento nuovo presidente di Ferrovie Appulo Lucane in sostituzione di Matteo Colamussi;

          il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in qualità di azionista di riferimento, ha provveduto a nominare Francesco Cavallo e Angela Tantulli nuovi consiglieri di amministrazione;

          il presidente uscente Matteo Colamussi, per adesso, manterrebbe la carica di direttore generale della società;

          l'avvocato Francesco Cavallo neo consigliere di amministrazione, come riportano gli organi di stampa, di area della Lega, risulterebbe essere indagato dalla procura della Repubblica di Lecce nell'ambito di una inchiesta sulle finte associazioni antiracket che intascavano fondi destinati alle vittime dell'usura e, come riportano le fonti di stampa, c'è stato un sequestro per circa 51 mila euro da parte della Corte dei conti;

          il presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, e l'assessore regionale ai trasporti, Giannini, hanno chiesto nei giorni scorsi al Ministro interrogato di poter giungere ad una decisione condivisa tra Ministero e regione Puglia, considerata l'importanza dell'azienda nell'ambito del servizio di trasporto pubblico sul territorio pugliese e lucano, ma suddetta richiesta è rimasta inascoltata;

          la geografia delle nomine risponde a quella che appare all'interrogante una logica «spartitoria» archiviando ogni forma di presunto «cambiamento» e, rischiando di pregiudicare l'importante azione di risanamento posta in essere nel corso del mandato del presidente Colamussi, nonché il piano di investimenti che si concentra nel breve periodo, in particolare per Matera capitale europea della cultura –:

          se il Ministro fosse a conoscenza delle vicende giudiziarie che riguardano il neo consigliere di Ferrovie Appulo Lucane, avvocato Cavallo, al momento della nomina, in ragione di quali criteri sia avvenuta tale scelta, perché non l'abbia ritenuta inopportuna e se intenda adottare le iniziative di competenza per procedere a una revoca della stessa nomina.
(3-00185)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      MULÈ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          i residenti e le imprese liguri vivono quotidianamente una situazione di grave disagio viario, tanto da ravvisare una vera e propria emergenza trasporti;

          il tragico crollo del «ponte Morandi», nonché l'immobilismo e le non chiare posizioni dell'attuale Governo sulle opere e in particolare sul progetto «Gronda di Genova» hanno peggiorato la condizione della viabilità ligure e in particolar modo genovese, peraltro in condizioni tariffarie generali fra le più elevate del Paese;

          la rete ferroviaria ligure risulta peraltro ancora più disagiata di quella autostradale che ha condannato la regione e la città di Genova a essere uno dei territori del Centro-nord del Paese con crescita scarsa e con un tasso di sviluppo comunque al di sotto di quelli di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna;

          alle condizioni disagevoli della viabilità e dei trasporti stradali e ferroviari si aggiungono quelle della mobilità aerea che presenta tariffe tradizionalmente molto elevate, in particolar modo quelle del vettore Alitalia e soprattutto quelle della tratta Genova-Roma e ritorno;

          la Liguria subisce da sempre una evidente diseguaglianza e discriminazione rispetto alle altre regioni, in considerazione dell'assenza di una concreta e adeguata «continuità territoriale» con il resto d'Italia –:

          se il Ministro interrogato, anche alla luce dei recenti fatti drammatici di Genova e ferma restando la piena autonomia e indipendenza dei vettori aerei, intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di ridurre le tariffe aeree, ivi compresa la previsione di forme di sostegno da concedere al territorio ligure, proprio in considerazione della mancanza di continuità territoriale della Liguria, come illustrato in premessa.
(5-00503)


      NOBILI, PAITA, GARIGLIO e ANDREA ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          ha destato molto stupore e altrettanta preoccupazione il video di un noto rapper della città di Roma, Manuel Gastrite, meglio conosciuto come «Gast» nel quale l'artista si è intrufolato all'interno della cabina di guida di un convoglio della metro B di Roma;

          il video che era in diretta su Instagram è stato poi ripreso dai media avendo molta eco sui social network e anche presso i siti di informazione;

          per dimostrare quanto siano poco efficaci i controlli di sicurezza sui mezzi pubblici romani ha postato in diretta su Instagram un video di 13 minuti in cui, di fatto, «prende possesso» della cabina del conducente della metro B di Roma, tra le fermate di Castro Pretorio e Monti Tiburtini;

          come riporta Il Messaggero, il rapper Gast è entrato totalmente indisturbato nell'ultimo convoglio, la cabina di comando, della direzione opposta a quella in cui viaggiava il treno, evidenziando una clamorosa falla nel sistema di sicurezza di un mezzo di trasporto che quotidianamente trasporta decine di migliaia di passeggeri;

          addirittura il rapper ha avuto modo di affermare «si potrebbero anche mettere bombe»;

          l'Atac ha annunciato di voler aprire un'inchiesta interna per verificare l'accaduto ed eventuali responsabilità;

          si tratta di una iniziativa tardiva che non può rimediare alla assoluta e indiscutibile gravità di ciò che è stato mostrato nel video e che milioni di persone in Italia e nel mondo hanno visto e letto –:

          se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per chiarire come sia stato possibile ciò che ha mostrato l'artista, nonché per verificare la sicurezza delle linee della metropolitana della città di Roma, per rafforzare i controlli da parte delle forze dell'ordine e per rassicurare l'utenza e l'opinione pubblica che si viaggia nel pieno rispetto degli standard di sicurezza.
(5-00511)


      PAITA, PIZZETTI, BRUNO BOSSIO, CANTINI, GARIGLIO, GIACOMELLI, NOBILI e ANDREA ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          dagli organi di stampa si apprende che, tra i 14 esperti nominati dal Ministro interrogato per la struttura tecnica di missione per l'indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e l'alta sorveglianza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, vi sarebbe anche il dottor Gaetano Intrieri;

          in un dettagliato articolo pubblicato su Il Foglio, il curriculum del citato componente della struttura tecnica di missione risulterebbe non veritiero in quanto risulterebbe non essere professore presso l'università Tor Vergata di Roma, come invece avrebbe scritto, non risulterebbe aver conseguito alcun master in business administration (Mba) al Massachusetts Institute of Technology (Mit), e non risulterebbe aver lavorato, per voce della stessa società, presso la nota McKinsey & Company;

          a queste richiamate imprecisioni, che potrebbero già costituire un comportamento di dubbia legittimità, si aggiunge anche una condanna in Cassazione a 2 anni e 4 mesi, rivelata da un altro organo di stampa, «La Verità», per bancarotta fraudolenta per aver sottratto 429 mila euro, per fini personali, dalla cassa compagnia aerea Gandalf, fallita nel 2004 e di cui proprio il Dottor Gaetano Intrieri è stato per cinque mesi amministratore delegato;

          dopo l'esperienza di Gandalf, Intrieri, sempre nell'ambito del settore aereo, risulterebbe essere stato amministratore delegato di Club Air compagnia poi fallita nel 2009, così come amministratore delegato di Eagles Airlines nel maggio 2011 che poi ha cambiato nome in PRiMa-Aero trasporti italiani, fallita nel novembre 2011;

          sulla base di questa «esperienza» maturata nel settore, sempre secondo le ricostruzioni di stampa, il Ministro interrogato gli avrebbe affidato nell'ambito dei compiti della richiamata struttura di missione il dossier Alitalia e della possibile «ri-nazionalizzazione» e rilancio della compagnia aerea –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto richiamato in premessa, se fosse edotto di tali circostanze al momento della nomina per la struttura di missione e se intenda rivedere tale scelta adottando le iniziative di competenza per la revoca dell'incarico per evidente e manifesta inopportunità.
(5-00512)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GREGORIO FONTANA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          il ponte San Michele, noto anche come ponte di Calusco-Paderno, è una delle infrastrutture principali per l'attraversamento dell'Adda e collegamento fondamentale tra la Bergamasca e il Lecchese. È inoltre un elemento viario di importanza strategica per raggiungere la provincia di Milano e il capoluogo lombardo;

          nella serata del 14 settembre 2018, a seguito di una indagine strutturale, Rete ferroviaria italiana ha ritenuto opportuno interdire il passaggio sul ponte sia per i treni che per le macchine, fino a quando non saranno assicurate le necessarie condizioni di sicurezza, valutando in due anni i tempi di risanamento e rimessa in pristino;

          l'amministrazione di Trenord ha messo a disposizione dei bus navetta per i pendolari e ha rinforzato i treni di collegamento, nel tentativo di tamponare i disagi causati dalla chiusura del ponte. Tuttavia, sono numerose le difficoltà che la chiusura sta causando sia alla viabilità, sempre più ingolfata, sia al trasporto di merci su rotaie;

          il ponte rappresenta peraltro un vero capolavoro di archeologia industriale del Paese ed è candidato per essere inserito nella lista Unesco dei patrimoni dell'umanità e meta di continue visite turistiche –:

          quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato al riguardo, se del caso inserendo il suddetto cavalcaferrovia nel piano nazionale di interventi economici previsti per le arterie stradali del Paese, rappresentando esso una strategica struttura di collegamento.
(4-01160)


      ALBERTO MANCA e DEIANA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          Anas s.p.a. è il gestore della rete stradale e autostradale italiana di interesse nazionale ed è una società per azioni, sottoposta al controllo e alla vigilanza tecnica e operativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Come noto e come peraltro già evidenziato nell'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00291 presentata dai deputati Gallinella e Cipriani in data 31 luglio 2018, seduta della Camera n. 35, Anas s.p.a. avrebbe provveduto – tra il 2015 e il 2018 – a un consistente rinnovo delle figure apicali conseguente al cambio di direzione (da Ciucci ad Armani) e in particolare a 13 assunzioni di dirigenti, avvenute – a giudizio degli interroganti – in aperto contrasto con quanto previsto dalla determinazione dell'Anac n. 8 del 17 giugno 2015 recante «Linee Guida per l'attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici» nonché con le norme in materia di selezione del personale dipendente delle società partecipate sancite dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175;

          tra i suddetti dirigenti assunti all'interno del Gruppo Anas, nel contesto del predetto cambio di governance, figurano: Rocco Girlanda, Emanuela Poli, Marco Bonamico, allora compagno della segretaria particolare dell'ex Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio, Claudio Arcovito, Enrico Giglioli, Adriana Palmigiano, Stefania Lombardi, Sergio Papagni, Edoardo Eminyan e Alessandro Rusciano;

          secondo quanto insistentemente riportato da diverse fonti di stampa, Anas s.p.a. avrebbe convertito in contratti a tempo indeterminato i contratti a termine di almeno 4 di queste figure dirigenziali, trasformandone la natura contrattuale in modo repentino e apparentemente immotivato, proprio a far data dal 1° giugno 2018, cioè in corrispondenza con l'insediamento dell'attuale Governo –:

          se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e se le citate assunzioni dirigenziali, avvenute nel contesto del predetto cambio di governance, rispettino i princìpi stabiliti dall'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n. 175 del 2016;

          con riferimento alle citate modificazioni contrattuali, su quali basi giuridiche si fondi la decisione di operare una così sostanziale conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, a maggior ragione nei casi in cui le rispettive assunzioni risultassero anche in contrasto con i princìpi stabiliti dall'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n. 175 del 2016;

          quale fosse la durata prevista per ognuno dei citati contratti a tempo determinato;

          come mai a tutt'oggi gli stipendi dell'amministratore delegato-direttore generale di Anas s.p.a. e dei soggetti titolari di incarichi dirigenziali presso la stessa non siano stati resi pubblici così come sancito dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, relativo alla trasparenza;

          quale sia stata la spesa relativa alla rilevante riorganizzazione descritta in premessa e quali effettivi risultati abbia portato la medesima;

          se i fatti descritti siano stati portati a conoscenza della Corte dei conti e dell'Anac;

          se trovi conferma che l'attuale amministratore delegato-direttore generale di Anas s.p.a. abbia proceduto alla remissione del mandato come riportato dalla stampa;

          se, in un simile contesto e con simili premesse, si ritenga opportuno rimettere a un amministratore delegato-direttore generale uscente la nomina di tutte le cariche dirigenziali in scadenza o dimissionarie delle società del gruppo Anas, come ad esempio Anas International Enterprise (AIE s.p.a.) e Concessioni autostradali venete s.p.a. (CAV).
(4-01178)

INTERNO

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

          il Corpo nazionale dei vigili del fuoco «assicura gli interventi tecnici urgenti diretti alla salvaguardia dell'incolumità delle persone e dell'integrità dei beni e, sulla base di preventivi accordi di programma, il medesimo Corpo pone, inoltre, a disposizione delle regioni risorse, mezzi e personale per gli interventi di lotta attiva contro gli incendi boschivi»;

          ai sensi del decreto legislativo n. 217 del 2005 il dipartimento non fruisce di personale con contratto a tempo non indeterminato;

          il comma 1 dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 139 del 2006 prevede che «Per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 1, il Ministero dell'interno, nell'ambito delle ordinarie previsioni di bilancio, può promuovere la costituzione di distaccamenti volontari, d'intesa con le regioni e con gli enti locali interessati, cui è assegnato il personale reclutato ai sensi dell'articolo 9» e il comma 2 stabilisce che «Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle intese di cui al comma 1, possono contribuire al potenziamento delle dotazioni dei distaccamenti volontari anche mediante l'assegnazione in uso gratuito di strutture, mezzi e strumenti operativi da impiegare per le attività di soccorso pubblico»;

          l'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 139 del 2006 stabilisce che «Il personale del Corpo nazionale si distingue in personale di ruolo e volontario, fatta salva la sovra ordinazione funzionale del personale di ruolo negli interventi di soccorso. Il rapporto d'impiego del personale di ruolo è disciplinato in regime di diritto pubblico, secondo le disposizioni previste nei decreti legislativi emanati ai sensi dell'articolo 2 della legge 30 settembre 2004, n. 252. Il personale volontario è iscritto in appositi elenchi, distinti in due tipologie, rispettivamente, per le necessità dei distaccamenti volontari del Corpo nazionale e per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo nazionale, secondo quanto previsto nel regolamento di cui all'articolo 8, comma 2, ed è chiamato a prestare servizio secondo quanto previsto nella sezione II del presente capo. Il solo personale volontario iscritto nell'elenco istituito per le necessità delle strutture centrali e periferiche può essere oggetto di eventuali assunzioni in deroga, con conseguente trasformazione del rapporto di servizio in rapporto di impiego con l'amministrazione. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81»;

          l'attività del personale volontario dei vigili del fuoco ha assunto negli anni un'importanza straordinaria in termini di apporto fondamentale al pieno soddisfacimento della missione istituzionale del Corpo;

          è attesa definizione delle procedure volte a dare piena attuazione al nuovo piano di assunzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per il prossimo quinquennio finalizzato all'incremento dei servizi di prevenzione e controllo del territorio e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché la stabilizzazione dei cosiddetti discontinui, come disposta ai commi 287 e 288 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017;

          i requisiti stabiliti per l'assunzione del personale volontario discontinuo sono i seguenti: per il personale maschile e femminile fino a 40 anni di età: 3 anni di iscrizione nella graduatoria, 120 giorni di servizio con almeno 1 richiamo negli ultimi quattro anni per il personale maschile e femminile da 40 a 45 anni compiuti: 3 anni di iscrizione nella graduatoria, 250 giorni di servizio per i maschi e 150 per le femmine, per tutti almeno un richiamo di 14 giorni negli ultimi 4 anni; per il personale con età superiore a 46 anni: 3 anni di iscrizione alla graduatoria, 400 giorni di servizio per i maschi e 200 per le femmine, per tutti almeno due richiami di 14 giorni negli ultimi 4 anni. Per il personale in possesso dei suddetti requisiti sono stabiliti, con decreto del Ministro dell'Interno, i criteri di verifica dell'idoneità psicofisica e le modalità abbreviate per il corso di formazione;

          in relazione al personale volontario e discontinuo dei vigili del fuoco della Sardegna, i predetti requisiti parrebbero oltremodo stringenti e non terrebbero conto del fatto che, con particolare riguardo ai 250 volontari della provincia di Nuoro, in pochissimi potrebbero vantare l'anzianità di servizio richieste stante il sostanziale blocco delle chiamate registratosi nelle ultime campagne antincendio della regione Sardegna, introducendo così, di fatto, una intollerabile disparità di trattamento a danno dello stesso personale nell'ambito delle procedure di stabilizzazione in argomento –:

          quale sia lo stato delle procedure di stabilizzazione del personale volontario discontinuo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco della Sardegna nonché la consistenza numerica del personale volontario discontinuo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco della Sardegna avente accesso alla procedura di stabilizzazione;

          quali iniziative ritenga di assumere per garantire ai 250 volontari della provincia di Nuoro in possesso delle anzianità di servizio previste, stante il sostanziale blocco delle chiamate registratosi nelle ultime campagne antincendio della Sardegna, di poter accedere comunque alle procedure di stabilizzazione, superando in tal modo la disparità di trattamento venutasi a creare a danno del predetto personale.
(2-00112) «Pittalis».

Interrogazione a risposta orale:


      CAON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          ha destato scalpore la vicenda, evidenziata dalla stampa nei giorni scorsi, riguardo alla mobilitazione di decine di poliziotti tra il 15 e 16 settembre 2018 per scortare, dopo averli prelevati dai centri per il rimpatrio (Cpr) e dopo un viaggio notturno, 15 cittadini tunisini all'aeroporto di Fiumicino in esecuzione di un ordine d'espulsione, mediante imbarco su un volo charter;

          tuttavia nella mattina del 16 settembre 2018, dopo alcune ore di attesa si è venuto a sapere che il volo charter con scalo a Palermo e diretto in Tunisia, non poteva partire per un guasto al motore. Alle 13 ai sette tunisini provenienti da Torino, e ad altri 8 portati da altre città italiane, viene notificato l'ordine del questore di lasciare l'Italia entro una settimana e di conseguenza vengono rilasciati, non essendo più disponibili posti nei Cpr;

          secondo la stampa i cittadini tunisini sono andati in stazione per tornare ciascuno alla propria dimora. E anche i poliziotti, dopo un turno di lavoro di 20 ore, sono tornati a casa, «ma senza che fosse previsto il pagamento delle ore di straordinario notturno» come affermato da Eugenio Bravo, segretario generale del Siulp Torino, che ha denunciato l'accaduto;

          secondo il sindacalista «...si sa che nessuno straniero ottempera all'ordine di lasciare il Paese del questore: rilasciarli, per quanto legittimo, fa venir meno lo sforzo e l'impegno dei poliziotti e rende vani i costi sopportati dallo Stato...» –:

          quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per evitare il ripetersi di episodi analoghi;

          se corrisponda al vero la notizia che ai poliziotti impegnati nell'operazione esposta in premessa non è stato pagato lo straordinario notturno;

          se non ritenga opportuno introdurre, nell'iniziativa normativa sulla sicurezza di cui è stata annunciata a breve la presentazione in Parlamento, norme che consentano il trattenimento dei clandestini fino al momento dell'espulsione, in particolare rispetto ai recidivi nel mancato rispetto dell'ordine di allontanamento.
(3-00184)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      ROSSO e ZANGRILLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          come riportato da organi di stampa nazionali e locali, la scorsa settimana, ai giardini Alimonda di Torino due agenti di polizia sono stati circondati e picchiati da una trentina di persone, per la maggior parte spacciatori che frequentano la zona;

          l'aggressione ai danni dei poliziotti, da parte sia di stranieri che di alcuni italiani, mirava a liberare un pusher gabonese fermato da una pattuglia e ammanettato, a seguito di una verifica sullo stato di un appartamento, occupato da stranieri, destinatari di uno sfratto, nel quale è stato invece scoperto un vero e proprio laboratorio per confezionare dosi di droga;

          la difficile e pericolosa situazione in cui si sono venuti a trovare gli agenti, colpiti con calci e pugni, oltre che dal lancio di alcuni oggetti, da parte della piccola folla accorsa in aiuto del pusher, non ha avuto un esito drammatico solo grazie all'arrivo di alcune volanti, accorse sul posto in aiuto dei colleghi aggrediti, ma si è comunque conclusa con una prognosi di una ventina di giorni per i due agenti coinvolti;

          qualche giorno dopo frasi come «lo sbirro non conosce la disoccupazione» e altre simili, sono comparse in piazza Alimonda, nel quartiere Aurora, non lontano da dove è avvenuta l'aggressione dei due poliziotti;

          proteste e rabbia sono state espresse già in diverse occasioni dai cittadini di alcuni quartieri della città di Torino, per lo più periferici, ormai preda dello spaccio e ostaggio della microcriminalità che, ormai esasperati, dinanzi ai continui soprusi e a un degrado che non accenna a fermarsi, ma per nulla intenzionati a chinare la testa, sono scesi in piazza per «dire no» al mercato della droga e chiedere alle amministrazioni competenti un maggiore controllo del territorio;

          quanto accaduto ha suscitato anche i commenti e le reazioni dei sindacati delle forze di polizia che hanno evidenziato, come quello dei giardini Alimonda, sia l'ennesimo, grave episodio di intolleranza nei confronti delle forze dell'ordine che, quotidianamente, mettono a rischio la propria incolumità e lo fanno a tutela della sicurezza e a servizio della comunità;

          non appaiono esaustive, a parere degli interroganti, le pur apprezzabili manifestazioni di solidarietà, giunte agli agenti da parte delle istituzioni cittadine, se parimenti non si riconosce il fallimento dei modelli di integrazione, fino ad ora sperimentati e al contempo non si prospettano soluzioni credibili ed efficaci, che portino ad un effettivo recupero delle zone periferiche delle grandi città –:

          se il Governo, alla luce dei gravi fatti sopra descritti verificatisi a Torino ma purtroppo rinvenibili anche in altre grandi città italiane, ritenga opportuno adottare iniziative per destinare una parte delle risorse stanziate dal disegno di legge di bilancio, a un grande piano di recupero delle periferie delle grandi città, non soltanto dal punto di vista urbanistico, ma anche sociale, che punti alla ricostruzione di una società vivibile in cui non esistano zone franche né aree dove l'illegalità sia tollerata.
(5-00499)


      DE FILIPPO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          da tempo, in maniera sistematica, e sempre più di frequente, lungo la fascia jonica metapontina della provincia di Matera nell'area compresa tra Marconia di Pisticci e Scanzano Jonico in particolare si riscontrano una serie di atti criminosi come incendi e furti che hanno come obiettivo il tessuto economico e produttivo del territorio generando allarme e preoccupazione nella popolazione;

          il 17 settembre 2018 si è verificato l'ultimo episodio in ordine di tempo con l'incendio di un deposito ai danni di un'azienda agricola;

          pochi giorni prima, il 13 settembre si è verificato un incendio ai danni dell'auto di un imprenditore, sempre in agro di Scanzano Jonico;

          nei mesi precedenti a partire dalla scorsa primavera si è registrata una escalation di azioni criminose sempre ai danni del tessuto produttivo del comprensorio;

          il sindaco di Scanzano Jonico nel corso di una conferenza stampa, nel denunciare tale situazione, ha avviato uno sciopero della fame per chiedere alle istituzioni competenti adeguate risposte in materia di sicurezza e rafforzamento del controllo del territorio per contrastare simili fenomeni;

          si sa che il territorio in questione risulta essere oggetto di mire espansionistiche da parte del crimine organizzato come si legge anche dalle ultime relazioni al Parlamento concernenti l'attività della direzione investigativa antimafia;

          il comune di Scanzano Jonico dopo la soppressione del commissariato di polizia avvenuto negli anni scorsi non ha più un presidio di sicurezza operativo nel proprio territorio;

          da tempo le istituzioni locali chiedono che venga istituita una caserma dell'Arma dei carabinieri;

          in risposta a tale richiesta la regione Basilicata ha stanziato un finanziamento di 600 mila euro per la ristrutturazione di un immobile, individuato dal comune di Scanzano Jonico, quale sede per la stazione dell'Arma;

          il precedente Governo aveva avviato le procedure autorizzative per la definizione dell'istituzione di un presidio fisso dell'Arma dei carabinieri presso Scanzano Jonico –:

          se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, con tempestività, al fine di assicurare l'apertura della stazione dell'Arma dei carabinieri presso il comune di Scanzano Jonico e per rafforzare le dotazioni organiche dell'Arma e dei commissariati di PS competenti territorialmente nel Metapontino per un maggiore e più efficace controllo del territorio, contrastando le preoccupanti azioni criminali richiamate.
(5-00508)

Interrogazione a risposta scritta:


      MAURIZIO CATTOI e MACINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il 23 settembre 2018, ai sensi dell'articolo 50 della legge regionale del Trentino-Alto Adige 4 gennaio 1993, n. 1, e successive modificazioni, e dello statuto comunale, si svolgerà nel comune di Cavalese un referendum avente ad oggetto le modalità di ricostruzione del teatro comunale (provvedimento del sindaco n. 9427/Prot. d.d.8.8.2018);

          il signor Silvano Welponer, sindaco di Cavalese, tramite dichiarazioni a mezzo stampa, ha invitato gli elettori ad astenersi con fine implicito di perseguire il mancato raggiungimento del quorum di partecipazione che nel caso di specie corrisponde al 30 per cento degli aventi diritto al voto per l'elezione del consiglio comunale (fonte: Welponer: «Il 23 astensione», L'Adige, 13 settembre 2018);

          la partecipazione popolare alla gestione politico-amministrativa della cosa pubblica è un diritto fondamentale, garantito dalla Costituzione che, all'articolo 3, secondo comma, sancisce l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese ed impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono l'esercizio effettivo di tale partecipazione;

          la legge elettore (articolo 98 del testo unico delle leggi elettorali, Titolo VII) prevede che il pubblico ufficiale o chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie attribuzioni nell'esercizio di esse, si adopera ad indurre gli elettori all'astensione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 600.000 a lire 4.000.000;

          l'articolo 51 della legge n. 352 del 1970 sui referendum prevede che le disposizioni penali illustrate al paragrafo precedente si applicano anche quando i fatti contemplati nella legge elettorale riguardino voti o astensioni di voto relativamente ai referendum;

          l'orientamento giurisprudenziale sull'astensionismo è consolidato al punto che la terza sezione penale della Corte di Cassazione nel 1985 riaffermò che è applicabile l'articolo 98 del testo unico del 1957 riguardante l'elezione della Camera dei deputati, anche quando si inducono gli elettorali ad astenersi dal referendum;

          ai sensi dell'articolo 29, comma 5, della legge regionale n. 1 del 1993 e successive modificazioni il sindaco sovraintende alle funzioni statali, regionali e provinciali delegate al comune –:

          se sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e se intenda adottare le iniziative di competenza, anche normative, per assicurare che gli organi esponenziali dei comuni si attengano al corretto svolgimento delle loro funzioni in occasione delle consultazioni per referendum locali e assicurino l'esercizio effettivo della partecipazione popolare alla gestione politico-amministrativa della cosa pubblica.
(4-01173)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro per la famiglia e le disabilità, per sapere – premesso che:

          secondo i dati resi disponibili dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'anno scolastico 2018/2019 mancano su tutto il territorio nazionale 11.647 insegnanti di sostegno didattico su 13.329 unità necessarie nella scuola primaria e in quella di secondo grado;

          sempre secondo la tabella ministeriale elaborata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, pubblicata anche on line su siti specializzati come «Orizzonte scuola», al nord le assunzioni sui posti di sostegno sono minime; infatti, a fronte di 10.350 posti liberi, gli assunti sono stati appena 452, con una percentuale media pari al 4,4 per cento (17,6 per cento alla scuola dell'infanzia; 6,9 per cento alla scuola primaria di primo grado e 0,2 per cento alla scuola primaria di secondo grado); mentre al centro Italia la percentuale sale al 26,3 per cento e al Sud la copertura passa al 59,6 per cento;

          in definitiva su 13.329 posti disponibili, di cui 10 mila solo al Nord, i posti di sostegno coperti sono stati ad oggi solo 1.682 pari ad appena il 12,6 per cento;

          tale situazione impedisce il pieno godimento del diritto allo studio di gran parte degli oltre 240 mila studenti con disabilità presenti nelle scuole italiane –:

          se i Ministri interpellati non ritengano doveroso e urgente intervenire per impartire istruzioni e indicazioni in materia di adeguamento delle consistenze degli organici di diritto alle situazioni di fatto, al fine di favorire la completa funzionalità ed efficienza dei servizi scolastici, che non è stato possibile assicurare in sede di definizione dell'organico di diritto, garantendo così il pieno esercizio del diritto allo studio e all'assistenza didattica delle migliaia di studenti con disabilità che frequentano gli istituti primari e secondari del nostro Paese.
(2-00111) «Ubaldo Pagano, Fragomeli, Pagani, Miceli, La Marca, Bonomo, Rizzo Nervo, Fiano, Morgoni, Fassino, Siani, Bordo, Lacarra, Verini, Berlinghieri, Andrea Romano, Melilli, Prestipino, Ferri, Pellicani, Critelli, Boccia, Anzaldi, Viscomi, De Menech, Enrico Borghi, Schirò, Giachetti, Rotta, Romina Mura, Noja, Ascani, Mancini, Di Giorgi, Pezzopane, Carla Cantone, Topo, Marattin, De Luca, Campana, Moretto, Losacco, Raciti, Migliore».

Interrogazioni a risposta scritta:


      BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          negli ultimi dieci anni in Italia si è avuto un forte aumento del numero degli alunni stranieri: si è passati dalle 400.000 unità nell'anno scolastico 2005/2006 alle 830.000 nel 2015/2016;

          da fonti di stampa (Resto del Carlino – 13 settembre 2018) si apprende che a Bologna sarebbero 709 le classi con oltre il 30 per cento di studenti non italiani (62 in più rispetto allo scorso anno scolastico), con una concentrazione in zona «Bolognina». Il tutto grazie ad una serie di deroghe che ha consentito di superare la soglia del 30 per cento prevista dalla circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 2 dell'8 gennaio 2010;

          ormai, da anni, all'interno di alcuni istituti scolastici bolognesi, vi sarebbero sezioni con classi composte in gran parte da bambini stranieri e, sovente, giungono segnalazioni sulla difficoltà di condurre le lezioni per via della non adeguata conoscenza della lingua italiana da parte di buona parte degli alunni stranieri;

          tale situazione sembra essere determinata anche dalla semplicità con cui si inserisce un bambino straniero, anche appena arrivato in Italia, in una classe già avviata da diversi anni, con evidenti problemi di inserimento e di determinazione del programma individuale da parte degli insegnanti stessi;

          uno studio realizzato nel 2017 dal laboratorio di politica sociale del politecnico di Milano, dimostra, dai dati Invalsi, una diminuzione del rendimento degli alunni italiani nativi nelle classi in cui vi sia una presenza, anche minoritaria, di studenti stranieri;

          nelle conclusioni dello studio, il Professor Costanzo Ranci del Politecnico di Milano afferma che «la performance scolastica cala quando nelle classi si supera la quota del 30 per cento di stranieri, e questa è una soglia cruciale che dovrebbe essere evitata»;

          la circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 2 dell'8 gennaio 2010 prevede proprio che la distribuzione degli alunni con cittadinanza non italiana tra le scuole e le classi costituite in ciascuna scuola avvenga in modo da non superare il tetto del 30 per cento del numero degli alunni stranieri in ciascuna classe;

          sarebbe opportuno, a parere dell'interrogante, che il Ministero individuasse soluzioni univoche al fine di ottenere un'equa distribuzione degli studenti stranieri nelle singole classi per creare un processo di integrazione altrimenti difficilmente realizzabile;

          tale azione di monitoraggio dovrebbe far emergere se negli istituti, con un ingente numero di alunni stranieri, i programmi scolastici subiscano rallentamenti e se sussista il rischio di una sorta di «ghettizzazione» degli alunni italiani;

          inoltre, il Ministero dovrebbe porre in essere gli strumenti normativi per evitare che un alunno straniero entri in una classe già avviata e ad anno scolastico in corso (sarebbe opportuno che prima frequentasse corsi per imparare la lingua italiana in vista dell'anno scolastico successivo) –:

          sia a conoscenza della situazione suesposta;

          se intenda monitorare la situazione degli istituti scolastici di Bologna al fine di garantire un'equa distribuzione degli studenti stranieri nelle singole classi per creare un processo di integrazione altrimenti difficilmente realizzabile;

          se si disponga di dati in merito alle classi degli istituti della città di Bologna nelle quali vi sia una percentuale di immigrati superiore o uguale al 30 per cento;

          se abbia già attivato strumenti idonei di monitoraggio della problematica di cui in premessa;

          se intenda avviare una revisione delle modalità di inserimento degli alunni stranieri nelle singole classi, ponendo come requisito un'adeguata conoscenza della lingua italiana.
(4-01164)


      BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          in data 17 settembre 2018 è cominciato l'anno scolastico. A Cesena la prima campanella è suonata per 17.097 studenti (52.448 in tutta la provincia) tra scuole elementari, medie inferiori e superiori;

          in alcuni plessi scolastici di Cesena non sono mancati i disagi con decine di cattedre scoperte in attesa delle nomine dell'ufficio scolastico provinciale;

          a conferma di quanto sopracitato, gli alunni delle scuola media di via della Resistenza entreranno ad orari sfalsati nei quattro plessi della sede centrale e nei plessi di Villarco, San Carlo e Borello;

          nel sito della scuola in questione il dirigente, tra le motivazioni del provvedimento, indica «la grave mancanza di docenti in organico e l'impossibilità, per la scuola, di procedere a regolare conferimento di incarichi a tempo determinato per indisponibilità di graduatorie nazionali»;

          inoltre, sempre stante a quanto emergerebbe dalla stampa locale (articolo de Il Resto del Carlino del 17 settembre 2018), alle scuole elementari Carducci di Cesena su 33 iscritti alla prima classe ben 20 hanno origine straniera e, invece, alla scuola elementare di Ponte Abbadesse, facente parte del medesimo circolo didattico, su 39 iscritti alla prima gli scolari stranieri sarebbero in netta minoranza;

          il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, preventivamente e congiuntamente all'ufficio scolastico provinciale, avrebbe dovuto porre in essere ogni iniziativa volta ad evitare che in alcuni plessi scolastici di Cesena, all'inizio delle lezioni, vi fossero ancora cattedre scoperte e disagi legati alla carenza del personale docente;

          pertanto il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e l'ufficio scolastico provinciale, essendo a conoscenza, per quanto riguarda l'istituto scolastico delle medie inferiori di via della Resitenza di Cesena, dell'impossibilità di procedere a regolare conferimento di incarichi per indisponibilità di graduatorie nazionali, avrebbero dovuto valutare soluzioni alternative per effettuare le nomine prima dell'inizio dell'anno scolastico;

          il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovrebbe intervenire presso l'ufficio scolastico provinciale per effettuare una equa ripartizione degli studenti stranieri tra i plessi scolastici elementari che costituiscono il terzo circolo didattico di Cesena;

          la circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 2 dell'8 gennaio 2010 prevede proprio che la distribuzione degli alunni con cittadinanza non italiana tra le scuole e le classi costituite in ciascuna scuola avvenga in modo da non superare il tetto del 30 per cento del numero degli alunni stranieri in ciascuna classe –:

          quali siano le motivazioni per le quali si sia venuta a creare una tale mancanza di personale docente presso le medie inferiori di Cesena citate in premessa e quali iniziative siano state assunte per porre rimedio a una situazione di grande criticità;

          se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, nel rispetto della circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 2 dell'8 gennaio 2010, al fine di ottenere una equa ripartizione degli studenti stranieri tra i plessi scolastici elementari che costituiscono il terzo circolo didattico di Cesena;

          quali iniziative intenda adottare per evitare che, all'inizio degli anni scolastici, si verifichino carenze di personale docente con conseguenti disservizi per la popolazione scolastica.
(4-01165)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

          l'assegno sociale è un assegno pagato dall'Inps ai residenti sul territorio nazionale che dimostrino di essere privi di reddito, secondo le soglie previste per il calcolo dell'Isee. Per poter accedere all'assegno nel 2018 il richiedente deve avere 66 anni e 7 mesi, che diventeranno 67 nel 2019. L'importo dell'assegno sociale nel 2018 è di 5.889,00 euro, mentre l'assegno mensile è di 453,00 euro (per 13 mesi);

          il riconoscimento del diritto alla prestazione è provvisorio, nel senso che ogni anno l'Inps provvede a controllare se i cittadini che hanno ricevuto l'assegno, continuano a possedere i requisiti di accesso all'assegno sociale, di residenza e reddituali, e quindi ad avere diritto alla prestazione, dal momento che questa non è reversibile ai familiari in vita né può essere erogata all'estero. Se il cittadino (o lo straniero) si allontanano dall'Italia per più di 30 giorni, l'erogazione della pensione viene sospesa dall'Inps per poi essere revocata dopo un anno;

          secondo rilevazioni dell'Inps risalenti al 2015, ci sono circa 82 mila cittadini stranieri che riscuotono una qualche forma pensionistica assistenziale, in crescita dai 74.429 dell'anno 2014. La maggior parte di loro (65.000 circa) sono titolari di assegno sociale. Secondo dati ufficiosi, e considerando il trend, negli ultimi anni questo dato sarebbe cresciuto fino ai 100 mila del 2018, con un costo, per quest'anno, di oltre 580 milioni di euro;

          dai dati del 2016, sui circa 150 mila permessi di soggiorno erogati, circa il 32,74 per cento è proprio per i ricongiungimenti familiari dei quali il 6,3 per cento ha un'età superiore ai 60 anni;

          per ottenere il ricongiungimento familiare il richiedente deve dimostrare un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale, aumentato della metà della cifra risultante per ogni familiare da ricongiungere. Inoltre, il richiedente deve dimostrare la disponibilità di un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari e di idoneità abitativa. Nel caso di ricongiungimento di genitori ultrasessantacinquenni è previsto l'obbligo di stipulare un'assicurazione sanitaria, o altro titolo idoneo (iscrizione al Servizio sanitario nazionale) a garantire la copertura di tutti i rischi, con relativi oneri (il 7,50 per cento su un reddito fino a euro 20.000 euro), salvo esenzioni;

          tuttavia, agli stranieri titolari di permesso di soggiorno per asilo politico/protezione sussidiaria che presentino domanda di ricongiungimento a favore dei propri familiari, non è richiesta, ai fini dell'accoglimento della propria istanza, la dimostrazione di un reddito, né essi sono tenuti alla dimostrazione della disponibilità di un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari e di idoneità abitativa, né alla copertura degli oneri sanitari per i genitori ultrasessantacinquenni;

          periodicamente l'Inps o la Guardia di finanza scoprono stranieri che percepiscono l'assegno senza risiedere sul territorio nazionale. Tra le nazionalità, le più rappresentate sono quelle albanese, romena, marocchina e argentina. Non mancano comunque anche dei «furbetti» italiani, che vivono all'estero con in tasca l'assegno dell'Inps. Le Fiamme gialle hanno scoperto che alcuni assistiti Inps partivano dalla Romania con appositi pulmini, incassavano e poi tornavano al loro Paese;

          l'attività di contrasto delle truffe perpetrate ai danni dell'Inps e degli altri enti di previdenza, che negli ultimi anni hanno avuto un deciso incremento grazie a un protocollo d'intesa tra la Guardia di finanza e l'istituto di previdenza stesso –:

          se non ritengano opportuno incrementare controlli su tutto il territorio nazionale per contrastare il fenomeno dell'assegno sociale erogato in favore di stranieri e italiani non realmente residenti in Italia;

          se la rete consolare esistente all'estero non possa giocare un ruolo chiave nell'identificazione degli stranieri venuti in Italia per assicurarsi l'assegno sociale e poi rientrati subito nel Paese d'origine;

          quali orientamenti il Governo intenda esprimere in riferimento a quanto esposto e, conseguentemente, quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, affinché sia posto un limite al ricongiungimento di familiari oltre i 60 anni, in considerazione del fatto che i dati dimostrano una crescita di circa 10.000 unità l'anno, senza considerare che i titolari di permesso di soggiorno per asilo politico/protezione sussidiaria, anch'essi in crescita esponenziale, hanno diritto al ricongiungimento senza dimostrazione di avere un reddito adeguato.
(2-00108) «Caon».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      COSTANZO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          il gruppo industriale Comital di Volpiano, operante nei settori delle laminazioni di alluminio per l'industria alimentare e farmaceutica, ha perfezionato, in data 9 luglio 2015, la cessione dell'attività di laminazione dello stabilimento di Volpiano e del marchio Comital al gruppo industriale francese Aedi;

          successivamente alla cessione, la società controllata di Aedi in Italia, Lamalu, ha rilevato le attività di fonderia e di laminazione a freddo;

          il 28 luglio 2017, la società Aedi ha comunicato alla Rsu e alle organizzazioni sindacali l'improvvisa apertura della procedura di licenziamento collettivo dei 148 dipendenti dello stabilimento di Volpiano per cessata attività, nonostante vi fossero numerose commesse e clienti;

          dopo tre mesi di presidio permanente dei lavoratori davanti ai cancelli della fabbrica, si era giunti al ritiro dei licenziamenti e all'accesso alla cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale per i 110 addetti coinvolti, fino al 21 novembre 2018;

          contestualmente alla procedura di licenziamento collettivo, l'azienda ha formulato istanza di concordato preventivo;

          il 19 giugno 2018, di fronte all'assenza di offerte d'acquisto, il tribunale di Ivrea ha dichiarato il fallimento delle aziende Lamalu e Comital, rigettando così l'ipotesi della continuità produttiva che avrebbe mantenuto in attività l'azienda, seppur in modo parziale;

          la dichiarazione di fallimento senza continuità produttiva ha comportato la cessazione della cassa integrazione straordinaria per i dipendenti, che si ritrovano così senza stipendio e senza cassa integrazione;

          il curatore fallimentare nominato dal tribunale di Ivrea ha bandito una gara a evidenza pubblica per l'acquisto di Comital e Lamalu, creando un unico pacchetto con le due aziende e varando la procedura di vendita, che terminerà il 2 ottobre 2018;

          l'articolo 2, comma 70, della legge n. 92 del 28 giugno 2012 ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2016, l'abrogazione dell'articolo 3 della legge n. 223 del 1991;

          l'articolo 3 della legge n. 223 del 1991 disciplinava l'accesso alla cassa integrazione per i lavoratori dipendenti di aziende sottoposte a procedure concorsuali quali il fallimento, il concordato preventivo o l'amministrazione straordinaria, riconoscendo loro di poter usufruire della cassa integrazione per un certo periodo di tempo ed evitando in tal modo il loro immediato licenziamento conseguente alla dichiarazione della procedura concorsuale;

          nonostante i dipendenti non percepiscano alcuna forma di sostegno al reddito, la quasi totalità ha deciso di non licenziarsi rinunciando alla «Naspi», nella speranza che la situazione possa risolversi;

          secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica, in data 9 settembre 2018, il curatore non ha ricevuto offerte concrete –:

          quali urgenti iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, il Ministro interrogato per garantire la salvaguardia occupazionale degli oltre cento lavoratori di Comital, ad oggi rimasti senza reddito, né forme di sostegno;

          se non ritenga opportuno adottare iniziative volte alla riorganizzazione degli ammortizzatori sociali, in modo da consentire ai lavoratori dipendenti di aziende in crisi e sottoposte a procedura concorsuale di poter usufruire ugualmente della cassa integrazione, garantendo loro una tutela al reddito anche in costanza di procedura concorsuali.
(5-00506)


      VISCOMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          i lavoratori già dipendenti dalla Getek del contact center dell'Inps di Crotone hanno da tempo avviato una vertenza relativa alla loro condizione professionale;

          già nella scorsa legislatura era stata votata la risoluzione n. 8-00149 in Commissione lavoro alla Camera in merito alla relativa ricollocazione;

          l'allora Sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali, Franca Biondelli, stava conseguentemente programmando il tavolo tecnico poi interrotto;

          gli interessati hanno chiesto la riattivazione del tavolo e in data 2 agosto 2018 sono stati ricevuti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dove hanno illustrato la loro situazione lavorativa;

          da quella data, a quanto risulta all'interrogante, non hanno più avuto nessun riscontro;

          in altri territori (Paternò), gli ex operatori che erano impegnati sul servizio di contact center dell'Inps, pure essi licenziati, nel mese di giugno sono stati ricollocati (circa 90 operatori);

          in altri territori addirittura si è fatto ricorso a lavoratori interinali;

          soltanto per i lavoratori di Crotone (attualmente circa 40/45 operatori), nonostante la professionalità posseduta, sembrano sussistere ancora perduranti difficoltà di ricollocazione –:

          se e quando il Ministro interrogato intenda convocare il promesso tavolo tecnico con tutti i soggetti interessati a una positiva soluzione della vicenda.
(5-00510)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          il nostro Paese è fra i maggiori consumatori di pesticidi a livello europeo: dall'ultimo Report dell'Agenzia europea per l'ambiente risulta che il consumo di principio attivo nell'Unione europea è mediamente di 3,8 chili per ettaro, ma in Italia sale a 5,7;

          nel 2016 in Italia sono stati venduti 125 milioni di chilogrammi di prodotti fitosanitari; per acquistarli è stato speso quasi un miliardo di euro (per la precisione 950.812.000 euro), ancora di più per i fertilizzanti: 1.572.341.000 euro;

          sono ormai moltissimi gli studi che provano come diserbanti e pesticidi di sintesi chimica siano altamente dannosi per i suoli agricoli, per l'ambiente e per la salute umana;

          la sensibilità dei cittadini è cresciuta negli ultimi mesi anche in seguito alla recente sentenza emanata dalla Corte federale di San Francisco, la quale ha condannato la Monsanto a pagare un risarcimento milionario dollari a favore di uomo che ha denunciato l'azienda affermando che un suo prodotto, contenente glifosato, usato come erbicida, ha contribuito a farlo ammalare di un tumore rivelatosi terminale;

          da anni il glifosato è al centro di un aspro dibattito in Europa e in Italia in relazione al suo uso;

          il 18 febbraio 2018, il Parlamento europeo, dopo aver approvato l'autorizzazione all'uso di glifosato fino al 2021, ha avviato i lavori di una commissione speciale per studiare gli effetti del glifosato e le procedure per autorizzare l'uso dei pesticidi;

          l'Italia già adotta disciplinari produttivi che limitano l'uso del glifosato a soglie inferiori del 25 per cento rispetto a quelle definite in Europa al fine di portare il nostro Paese all’«utilizzo zero» del glifosato entro il 2020;

          dopo la sentenza di San Francisco il vicepresidente del Consiglio Di Maio ha preso posizione, e con toni particolarmente duri ha dichiarato: «Questa sentenza ci dà tristemente ragione: dobbiamo combattere l'invasione sul nostro mercato di questa sostanza, una minaccia che si concretizza con mostruosi accordi commerciali sottoscritti solo in nome del profitto»;

          nella fase attuale non servono più aggiustamenti e modifiche di dettaglio, ma un vero e proprio cambio di mentalità e d'approccio, attraverso il quale nei processi di valutazione e autorizzazione all'uso dei pesticidi vengano sempre messi al primo posto la salute dei cittadini e lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico;

          i dati di crescita del biologico nel nostro Paese e a livello globale indicano in modo chiaro che i cittadini stanno modificando le loro scelte alimentari verso prodotti che offrano maggiori garanzie per la salute e per il rispetto dell'ambiente, facendo crescere il mercato dei prodotti biologici;

          i dati forniti in occasione del 30° salone internazionale del biologico confermano questa tendenza: 1,9 milioni di ettari di terreni a coltura bio (+6,3 per cento sul 2016, il 15,4 per cento sul totale), più di 1.400 punti vendita specializzati e la grande distribuzione organizzata;

          alcuni enti territoriali hanno già dichiarato la volontà di emanare provvedimenti specifici per limitare l'utilizzo del glifosato: la regione Toscana ha annunciato, ad esempio, una norma per escludere dai premi del piano di sviluppo rurale le aziende che ne fanno uso –:

          se il Ministro interrogato, alla luce di quanto evidenziato in premessa, intenda assumere iniziative normative a livello nazionale, oltre che iniziative in sede di Unione europea, volte a vietare, in maniera permanente, l'utilizzo del glifosato in ambito agricolo, al fine di salvaguardare l'ambiente, la biodiversità, nonché la salute pubblica;

          quali iniziative intenda intraprendere per favorire lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico.
(5-00502)

Interrogazione a risposta scritta:


      BIGNAMI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) è un'ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo istituito con il decreto-legge 27 maggio 1999, n. 165, in sostituzione della soppressa Aima;

          tale ente svolge la funzione di organismo di coordinamento e di organismo pagatore nell'ambito dell'erogazione di finanziamenti, contributi e premi dell'Unione europea ai produttori agricoli degli Stati membri;

          nell'ambito dei pagamenti Agea si avvale anche di altri organismi delegati, che gestiscono le erogazioni europee attraverso la funzione di autorizzazione dei pagamenti, l'esecuzione dei pagamenti e la loro contabilizzazione. Per quanto riguarda l'Emilia-Romagna, l'organismo istituito è Agrea;

          nei giorni scorsi vi è stata una segnalazione, di Cia-Agricoltori Ferrara, per il «forte e ingiustificato ritardo dei pagamenti» da parte di Agea di quanto spettante agli agricoltori in seguito alla domanda presentata dagli stessi nel 2017 al fine dell'ottenimento di contribuiti stanziati nel 2016 a sostegno della crisi di mercato del grano duro (fonte: http://emiliaromagna.cia.it);

          da quanto reso noto ammonterebbero a circa 7 milioni di euro i finanziamenti destinati ai produttori di grano duro di qualità a livello nazionale al fine di compensare, almeno in parte, la costante crisi dei prezzi dei cereali che ancora oggi risultano in attesa di essere distribuiti agli agricoltori;

          alle aziende richiedenti, contestualmente all'inoltro della domanda, è stato richiesto, oltre ai requisiti necessari per ricevere il contributo, di sottoscrivere un contratto di filiera della durata di tre anni, allo scopo di garantire anche negli anni a venire uno standard qualitativo elevato del grano prodotto in Italia –:

          se sia a conoscenza della situazione sopra esposta;

          se non ritenga necessario intervenire quanto prima per ottenere da Agea tutte le informazioni necessarie in merito all’iter delle domande presentate al fine di fornire doverose e precise risposte alle aziende agricole interessate;

          se non ritenga opportuno avviare, in prospettiva di una profonda riforma, una seria analisi sulle problematiche riscontrate in questi anni sull'attività dell'Agenzia, con riferimento all'eccesso di burocrazia già da tempo denunciato dalle associazioni di categoria, che rallenterebbe in maniera incisiva l’iter di tutte le procedure e dei pagamenti;

          se intenda valutare, di concerto con la regione Emilia-Romagna, l'ipotesi che Agrea, in qualità di organismo pagatore della regione Emilia-Romagna anticipi le somme da erogare alle aziende agricole che ne hanno diritto in attesa dello sblocco dei pagamenti da parte di Agea;

          quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di garantire una maggior tutela ed un maggior sostegno dell'agricoltura sia sul territorio regionale sia a livello nazionale, considerata l'estrema importanza del settore e le gravi difficoltà in cui versano gli agricoltori a causa della crisi e degli squilibri di mercato e per via dei rilevanti cambiamenti climatici degli ultimi anni.
(4-01166)

SALUTE

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:

          per far fronte alle problematiche legate all'importazione di medicinali di origine vegetale a base di cannabis e per cercare di trovare una soluzione nazionale al problema, il 18 settembre 2014, il Ministro della salute e il Ministro della difesa hanno sottoscritto l'accordo di collaborazione per l'avvio di un progetto pilota per la produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (Scfm);

          con il decreto del Ministero della salute del 9 novembre 2015 viene istituito l'Organismo statale per la cannabis. Il decreto ministeriale disciplina le modalità e le procedure per la produzione nazionale di cannabis terapeutica e quelle relative a prescrizione, allestimento, somministrazione e monitoraggio delle preparazioni magistrali;

          nell'autunno del 2017, a seguito del rapido incremento del consumo di infiorescenze di cannabis ad uso medico, per non rischiare l'interruzione delle terapie in corso è stato autorizzato lo Scfm ad ampliare le proprie strutture e successivamente, tramite un bando di Agenzia industrie e difesa (Aid) è stata consentita l'importazione di cannabis per la trasformazione e distribuzione di 100 chilogrammi di infioriscenze di cannabis ad uso medico di grado farmaceutico, da parte dello Stabilimento;

          il «decreto fiscale» convertito dalla legge n. 172 del 2017 ha consolidato il progetto pilota e stabilito (articolo 18-quater) che lo Scfm sia autorizzato alla fabbricazione e alla commercializzazione delle infiorescenze di cannabis. Inoltre, la legge prevede che l'Organismo statale per la cannabis possa autorizzare l'importazione di quote di cannabis da conferire allo Scfm, e che, con decreto del Ministro della salute, possano essere individuati uno o più enti o imprese da autorizzare alla coltivazione nonché alla trasformazione;

          quanto messo in campo sino ad oggi va apprezzato come percorso all'avanguardia nel panorama europeo, il quale però non può considerarsi concluso. Infatti, sebbene il progetto pilota abbia trovato una sua stabilizzazione e abbia ottenuto risultati in un arco di tempo breve, rimane da affrontare la delicata questione del raggiungimento di una produzione annuale che possa far fronte al costante aumento delle richieste. Una crescita derivata, da un lato, dalla maggiore consapevolezza della comunità medica nel prescrivere ai pazienti cannabis ad uso medico e, dall'altro, dall'aumento delle richieste delle regioni che ne hanno ampliato l'accesso, a carico del servizio sanitario regionale;

          il 19 luglio 2018, il Ministro della salute ha annunciato di avere richiesto al Ministro della salute olandese l'importazione di 250 chilogrammi di cannabis per uso medico, ulteriori ai 450 chilogrammi già concordati per il 2018. Nella lettera rivolta al Ministro olandese De Jonge il Ministro stima una richiesta di 700 chilogrammi sino al 2019, che sarà destinata a diminuire a ragione della crescita della produzione interna;

          il 31 luglio 2018, il Ministro della salute, in occasione di una visita presso lo Scfm, ha dichiarato: «Lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze è un'importante eccellenza di questo Paese che oggi aiuta nella produzione della cannabis terapeutica. Purtroppo non è sufficiente la quantità ed è anche per questo che, con il direttore Anselmino, che ringrazio per il grande lavoro che fa, annunciamo che verrà bandita una sorta di manifestazione di interesse per una partnership pubblico-privato»;

          nella costituzione della partnership pubblico-privato dovrà essere tenuto in debita considerazione il valore strategico di tale opportunità per lo sviluppo futuro del settore in Italia. Considerando però che ad oggi nessun azienda nel Paese è mai stata autorizzata alla produzione di cannabis con Thc, sarà importante riuscire a coinvolgere anche realtà italiane, valutando il coinvolgimento di quelle realtà, che grazie la legge sulla filiera agroindustriale della canapa n. 242 del 2016, hanno sviluppato expertise nella coltivazione della cannabis finalizzata all'estrazione dei principi attivi –:

          quale sia il reale fabbisogno nazionale e regionale di cannabis a uso medico e quali strumenti reputi più opportuni per garantire la corretta e costante comunicazione delle necessità di approvvigionamento al Ministero della salute da parte di tutte le regioni e province autonome;

          quali siano le motivazioni che hanno escluso l'avvio di una gara di rilevanza pubblica per l'importazione di cannabis a uso medico dall'Olanda;

          quali misure strutturali il Governo intenda promuovere per garantire una produzione nazionale di cannabis a uso medico in grado di soddisfare a pieno le crescenti richieste delle regioni e dei pazienti e quindi evitare il ricorso all'importazione dall'estero, nonché sviluppare genetiche adeguate alle specificità delle differenti patologie e condizioni cliniche, e garantire la costanza della somministrazione della medesima sostanza necessaria per gli studi clinici;

          se il Governo intenda adoperarsi, e in caso affermativo con quali tempi, per un rafforzamento delle capacità produttive dello Scfm di Firenze, valutando l'opportunità di realizzare forme di collaborazione pubblico-privato, anche coinvolgendo aziende italiane, che consentano l'investimento di capitali privati e il trasferimento di competenze critiche in grado di potenziare considerevolmente la produzione e le sperimentazioni dello Scfm.
(2-00114) «Magi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          secondo quanto si evince dal piano di riordino ospedaliero della regione Puglia, l'ospedale «Sarcone» di Terlizzi (Bari), sarebbe oggetto di riconversione e ridimensionamento delle unità operative e dei servizi offerti alla cittadinanza. L'operazione porterebbe a lungo termine alla chiusura del nosocomio in quanto tale e alla probabile e contestuale trasformazione in presidio territoriale di assistenza presso il quale i cittadini avranno la possibilità di ricevere esclusivamente prestazioni di prima assistenza;

          un dato significativo e certamente ostativo al progetto di riconversione è quello che si evince da informazioni di stampa; in particolare va tenuto conto del rilevante investimento prodotto dallo Stato per numerosi e distinti interventi di ammodernamento infrastrutturale e tecnologico che, a partire dal 2007, ammonterebbero ad oltre 13 milioni di euro. Appare evidente, dunque, che il processo di riconversione determinerebbe senza alcun dubbio lo spreco delle risorse pubbliche investite nel corso del tempo;

          di contro, secondo quanto si evince delle parole pronunciate dal Ministro della salute nel corso dell'audizione alla Camera dei deputati per l'esposizione delle linee programmatiche del suo dicastero, tra i punti cardine della programmazione si rivela proprio la necessità di porre in essere processi di ottimizzazione della spesa pubblica e di recupero delle risorse, che dovrebbero avvenire anche attraverso un'efficace lotta agli sprechi e alle inefficienze, che è evidentemente non compatibile con la programmata riconversione dell'ospedale «Sarcone» di Terlizzi (ASL Bari) da parte della regione Puglia;

          al processo di riconversione e di sostanziale ridimensionamento in atto della predetta struttura ospedaliera di Terlizzi, sembrerebbe non aver fatto seguito un adeguato potenziamento dei servizi sanitari alternativi sul territorio che possa soddisfare le esigenze della vasta popolazione residente;

          il territorio del nord barese, infatti, sul quale insiste anche l'ospedale Sarcone, comprende i comuni di Ruvo, Terlizzi, Giovinazzo, Corato e Molfetta e la popolazione supera le 200.000 unità. Secondo quanto disposto dalla normativa vigente in materia (decreto ministeriale n. 70 del 2015) e da quanto si evince anche dalla documentazione informativa prodotta dal dipartimento promozione della salute della regione Puglia, questo bacino di utenza dovrebbe essere servito da un ospedale di primo livello;

          attualmente, però, nessuno degli ospedali esistenti, sembra possedere i requisiti, i servizi, i posti letto e in generale tutte le caratteristiche di un ospedale di primo livello;

          la mancanza di un nosocomio adeguato che soddisfi i disposti di legge avrebbe portato la giunta della regione Puglia a una situazione politica e amministrativa di stallo che, di fatto, ha già provocato notevoli disagi alla popolazione residente;

          molti pazienti, infatti, sono costretti già da tempo a rivolgersi alle strutture private per le cure, poiché gli ospedali e le strutture esistenti, anche a seguito del ridimensionamento dell'ospedale di Terlizzi, risultano oberate da ulteriori e non sostenibili processi di lavoro che causano non solo l'allungamento sistematico dei tempi di attesa per le visite, ma pongono a rischio la vita di numerosi cittadini con necessità di cure urgenti –:

          quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di verificare che alla vasta popolazione del nord barese siano assicurati i livelli essenziali di assistenza tramite la fruibilità di una struttura ospedaliera di primo livello che sia adeguata ad assicurare alla cittadinanza il diritto costituzionale alla salute e alla pari dignità sociale, favorendo la rimozione di eventuali ostacoli economici e logistici in ordine alla fruizione del servizio sanitario offerto;

          quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di evitare di rendere vane le rilevanti risorse pubbliche investite nel corso degli anni per migliorare la struttura ospedaliera «Sarcone», poiché, in caso contrario, si potrebbe configurare un elemento di forte nonché paradossale contrasto con le linee programmatiche del Governo che evidenziano innanzitutto la necessità della totale rimozione dello spreco di risorse pubbliche.
(5-00505)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CONTE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          i registri dei tumori sono uno strumento indispensabile per capire il fenomeno delle neoplasie, per individuarne diffusione e tipologie sui territori, per misurarne incidenze e mortalità, per meglio strutturare la conoscenza, la prevenzione, la cura della malattia;

          i registri raccolgono e annotano tutti i tumori incidenti su una zona, organizzando le informazioni per tipologie, classi di età, e altre informazioni statistiche utili allo studio dei fenomeni, alle correlazioni e alle strategie di prevenzione;

          il piano oncologico nazionale 2011-2013, approvato dopo lunga attesa, ha fissato tra gli obiettivi strategici proprio la maggiore copertura territoriale dei registri dei tumori;

          l'ultimo rapporto dell'Istat sul benessere equo e sostenibile nelle province italiane segnala dati negativi su decessi per tumore e speranza di vita alla nascita per i residenti sul territorio regionale campano. In Italia l'aspettativa di vita si attesta a 82,8 anni. Nella provincia di Caserta il dato si abbassa di tre anni e mezzo, mentre nella città metropolitana di Napoli si ferma a 80,7; la Campania è la regione dove si vive meno a lungo: 81,1 anni, anche perché essa è la regione italiana con il maggior tasso di mortalità per tumori, 10,7 ogni 10 mila abitanti;

          a fronte di questi dati, i registri dei tumori sul territorio regionale campano risultato fermi da anni; a Napoli l'ultimo aggiornamento risale a cinque anni fa. A Salerno e provincia i dati sono fermi addirittura al 2009;

          si tratta di aree che negli anni scorsi hanno registrato sistematicamente una incidenza tumorale superiore a quella nazionale, anche in correlazione ad aree geografiche dove i roghi di rifiuti tossici, le discariche abusive, i tanti impianti per il trattamento dei rifiuti non sempre a norma, con i grossi interessi nel settore della criminalità organizzata, hanno rappresentato fattori di rischio ambientale;

          non a caso le mappe del rischio neoplastico dell'ultima pubblicazione dell'asl di Salerno risalente ai dati 2008-2009 segnalano la presenza di un maggiore rischio di tumore in alcuni distretti (in particolare Salerno, Nocera Inferiore, Sarno-Pagani, Mercato San Severino e Battipaglia), dove vi sono maggiori insediamenti industriali e per il trattamento dei rifiuti;

          nell'area di Battipaglia, in particolare, si registra grande preoccupazione: in meno di 7 chilometri, tra Eboli e Battipaglia, si è strutturata un'area industriale per il trattamento dei rifiuti composta da 20 impianti privati, capaci di trattare 2,5 milioni di tonnellate l'anno, e due impianti pubblici che trattano 114 mila tonnellate l'anno di frazione organica, che si aggiungono a impianti dismessi mai bonificati;

          la differenza territoriale più evidente riguarda le neoplasie del fegato: un maggiore rischio di contrarre un tumore epatico nei distretti di Angri-Scafati, Sarno-Pagani e Mercato San Severino, Battipaglia rispetto al resto della provincia e in particolare al distretto di Sala Consilina-Polla;

          la sanità in Campania è commissariata; il commissariamento è stato disposto per la prima volta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, con deliberazione del 28 luglio 2009, per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo, siglato il 13 marzo 2007; a tale intervento sostitutivo hanno fatto seguito le successive nomine commissariali avvenute con varie delibere della Presidenza del Consiglio dei ministri fino a quella vigente –:

          se intenda adottare iniziative, nell'ambito delle sue competenze e in sinergia con gli altri soggetti istituzionali coinvolti, per assicurare il funzionamento dei registri dei tumori, in particolare quello di Salerno, promuovendo su tale territorio anche una indagine epidemiologica rispetto all'incidenza dei tumori, soprattutto nelle aree dove sono insediati numerosi impianti di trattamento dei rifiuti.
(4-01163)


      BORGHESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          in un recente studio l'istituto statunitense «Pew Research Center», che prende in considerazione i problemi sociali negli Usa e globali, ha dichiarato sui media in questi giorni che il 56 per cento degli adolescenti americani non potrebbe vivere senza il proprio smartphone;

          una percentuale che rende bene l'idea delle dimensioni del problema;

          secondo una stima dell'università di Granada presentata al Congresso mondiale di psichiatria dinamica del mese di aprile 2018, la fascia di età più colpita dall'ossessione per la connessione perenne sarebbe quella che va dai 13 e i 25 anni;

          l'ente di ricerca britannico «YouGov» asserisce che più di sei ragazzi su dieci tra i 12 e i 29 anni non si separano dal telefono cellulare nemmeno un attimo e vanno persino a letto accompagnati dallo stesso;

          secondo gli specialisti che si occupano di questa forma di dipendenza dai telefonini, ad essere colpiti dalla cosiddetta sindrome di «smartphone addiction» sarebbero soprattutto gli adolescenti con bassa autostima e difficoltà relazionali, i cui sintomi, scatenati magari dall'assenza di rete o da cellulare scarico, sono soprattutto ansia e agitazione, ma nei casi davvero gravi anche tremori, vertigini, tachicardia;

          per molto tempo si è parlato dei possibili effetti negativi legati all'uso dei telefoni cellulari ed in particolare di un possibile legame tra le radiazioni emesse dai suddetti telefonini e i tumori al cervello;

          anche l'attuale Ministro francese che si occupa della salute, già da diverso tempo ha posto dei limiti all'uso del cellulare specialmente per i bambini, mettendo in guardia i genitori contro i rischi del dotare i propri figli di telefono cellulare;

          gli esperti del settore dicono che bisognerebbe usare il telefono cellulare con giudizio, evitando le chiamate quando la ricezione è imperfetta o durante viaggi ad alta velocità e, infine, tenere il telefono lontano dalle aree sensibili del corpo; questa è l'indicazione che viene anche dal buon senso;

          inoltre, i ricercatori di Seul hanno applicato una tecnica radio-neurologica piuttosto recente che misura i metaboliti cerebrali chiamata spettroscopia con risonanza magnetica;

          in particolare, hanno valutato due neurotrasmettitori: Gaba e Glx. Gaba, o acido gamma aminobutirrico, è una molecola che inibisce o rallenta i segnali cerebrali e che è stata già associata, in precedenti studi, a stati di ansia. Glx (glutammato-glutammina), renderebbe invece i neuroni elettricamente più eccitati;

          lo studio ha coinvolto 19 teenager, maschi e femmine, di circa 15 anni e mezzo con diagnosi di dipendenza da internet o da smartphone ottenuta con test a punteggio che misura quanto l'uso di internet e smartphone influisce sulla routine quotidiana, sulle relazioni sociali, sulla produttività, sul ritmo sonno-veglia e sulle emozioni. Test ai quali gli adolescenti addicted hanno raggiunto i punteggi più alti: in termini di depressione, ansia, insonnia, impulsività. Tutti i ragazzi coinvolti nello studio, più 19 coetanei non addicted (i sani), sono stati sottoposti a controlli mediante «Magnetic resonance spectroscopy»: i controlli, su questi ultimi, sono stati effettuati una sola volta, mentre sugli addicted, due volte, prima e dopo 9 settimane di terapia cognitivo-comportamentale;

          anche in Italia per molto tempo si è parlato dei possibili effetti negativi legati all'uso dei telefoni cellulari ed in particolare di un possibile legame tra le radiazioni emesse dai suddetti telefonini e i tumori al cervello;

          una ricerca svedese pubblicata negli ultimi tempi ha dimostrato scientificamente i potenziali effetti cancerogeni del telefono cellulare;

          da diversi articoli dei giornali italiani risulta che tali dipendenti di aziende hanno inspiegabilmente contratto un tumore al cervello; gli stessi hanno annunciato di voler far causa ai produttori di telefoni cellulari, colpevoli secondo i dipendenti di mettere in distribuzione prodotti letali;

          se gli impiegati dovessero vincere le cause, l'esito positivo rappresenterebbe un prezioso precedente per migliaia di altri utenti di telefonini cellulari, la cui salute sarebbe stata altrettanto irrimediabilmente danneggiata –:

          se i Ministri interrogati non ritengano di dover assumere iniziative per avviare opportune ricerche sugli effetti prodotti dall'uso degli apparecchi cellulari anche in Italia;

          in che modo si ritenga di intervenire al fine di prevenire danni alla salute e garantire immunità dai rischi, in particolar modo per i bambini che non usano il cellulare a scopo lavorativo ma a scopo ludico.
(4-01168)


      BERGAMINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          nei giorni scorsi la procura della Repubblica di Massa ha iscritto nel registro degli indagati, ipotizzando il reato di omicidio colposo plurimo, il dottor Alessandro Pampana, primario del reparto di medicina del nuovo ospedale delle Apuane (NOA) di Massa;

          l'inchiesta era stata aperta dopo l'esposto presentato a inizio anno dal presidente del consiglio comunale, Stefano Benedetti. In soli 21 giorni, infatti, tra il 20 dicembre 2017 e il 10 gennaio 2018, sono morti 33 pazienti, tutti ricoverati nel medesimo reparto, per lo più anziani di 70, 80 e 90 anni, ma anche un sessantenne e due cinquantenni, affetti da varie patologie;

          le morti registrate sarebbero – secondo l'esposto – riconducibili a possibili infezioni contratte in reparto: i 33 pazienti, entrati in ospedale con patologie diverse, a parere di Benedetti sarebbero infatti morti per aver «contratto batteri intestinali all'interno della struttura»;

          il procuratore della Repubblica, Aldo Giubilaro, ha precisato che l'iscrizione del primario Pampana nel registro degli indagati è «un atto puramente formale»; a breve ci sarà una consulenza di un perito, e tra 60-90 giorni si deciderà se archiviare o continuare le indagini –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere per fare luce sulla vicenda e se non ritenga urgente avviare un'ispezione che coinvolga la struttura del Nuovo Ospedale delle Apuane di Massa, volta a chiarire i reali motivi di una casistica così drammatica.
(4-01169)


      BOLDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          dal 1° al 6 ottobre 2018 si terrà a Ginevra l'ottava sessione della Conferenza delle parti (Conference of the Parties, COP8) della convenzione quadro sul controllo del tabacco (Framework Convention on Tobacco Control, Fctc), nell'ambito del primo trattato internazionale sulla salute pubblica adottato dall'Organizzazione mondiale della sanità;

          la prossima Conferenza delle parti si concentrerà sull'elaborazione di un quadro strategico di medio termine che determinerà le azioni che le parti dovranno intraprendere nei prossimi cinque anni e i progressi e le sfide rivelati nel rapporto globale sui progressi compiuti nell'attuazione della convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta contro il tabagismo;

          le decisioni che l'Organizzazione mondiale della sanità adotterà in tale sede sono di estrema rilevanza se si considera che, nonostante sia noto come l'abitudine al fumo rappresenti uno dei più grandi problemi di sanità pubblica a livello mondiale, la stessa Organizzazione mondiale della sanità stima che al 2025 saranno ancora un miliardo i fumatori al mondo;

          in vista della suddetta sessione, la Commissione europea il 30 agosto 2018 ha inviato un documento alla Fctc in cui esprime apprezzamento sulla posizione assunta, circolata tramite documentazione informale, e l'adozione di misure ancor più restrittive;

          negli ultimi anni vi è stata una crescente attenzione da parte degli Stati membri allo sviluppo e alla promozione degli strumenti per la riduzione dei danni fumo-correlati, sia per quanto riguarda le sigarette elettroniche che per le tecnologie legate ai prodotti di nuova generazione (si vedano, ad esempio, gli interventi del Governo inglese che promuove le policy pro-vaping all'interno del Tobacco Control Plan);

          con il decreto legislativo 12 gennaio 2016, n. 6, è stata recepita in Italia la direttiva 2014/40/UE sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, è stato definito un nuovo quadro normativo volto a garantire un elevato livello di protezione della salute causate dal tabagismo. Il suddetto decreto introduce, inoltre, un'apposita procedura, definita con decreto del Ministero della salute del 7 agosto 2017, volta a riconoscere il potenziale rischio ridotto dei prodotti del tabacco di nuova generazione;

          i prodotti di nuova generazione e le sigarette elettroniche rappresentano un importante settore su cui anche la nuova maggioranza Lega e Movimento 5 Stelle si è più volte espressa prevedendo anche nel contratto di Governo una misura dedicata volta a correggere alcune criticità legate alla tassazione –:

          se il Governo non ritenga che le posizioni assunte dalla Commissione europea possano dar luogo a criticità, viste le posizioni italiane espresse e rappresentare una controtendenza rispetto ai recenti sviluppi nazionali ed europei in tema di riduzione del danno;

          quale posizione il Governo intenda adottare nell'ambito della prossima Conferenza delle parti COP8.
(4-01171)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      DE LUCA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          nella città di Salerno è presente l'unico cementificio d'Italia realizzato ex novo: lo stabilimento fu costruito nel 1992, utilizzando le opportunità date dalla legge n. 219 del 1981 con 120 miliardi di lire di contributo dello Stato e impianti d'avanguardia sia per impatto ambientale che per consumo energetico;

          per anni lo stabilimento ha svolto interamente e integralmente il suo ciclo produttivo di cementeria, garantendo l'occupazione di circa 80 unità lavorative;

          nel 2016 il gruppo tedesco Heidelberg-Cement ha acquisito la proprietà di Italcementi: dall'unione di Heidelberg-Cement e Italcementi è nato il primo produttore mondiale di aggregati, il secondo nel cemento e il terzo nel calcestruzzo, con oltre 63.000 dipendenti in più di 3.000 siti produttivi in 60 paesi in cinque continenti;

          i vari processi di «razionalizzazione aziendale», già posti in essere dal gruppo Italcementi, hanno negli anni assegnato allo stabilimento una mera funzione di centro di macinazione, determinando una notevole riduzione del personale e portando l'attuale organico aziendale a 49 unità (di cui 23 in Cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore, che terminerà nel mese di dicembre 2018);

          appare evidente che la mera funzione di centro di macinazione non riuscirà a garantire un futuro produttivo certo e duraturo allo stabilimento salernitano, con graduale perdita dei livelli occupazionali a partire dalla fine dell'anno in corso;

          il sito di Salerno, non può, in termini industriali e considerate le potenzialità, limitarsi alle attività di macinazione, ma dovrebbe esser posto nelle condizioni di potersi sviluppare, posto che esso è strategico per la prospettiva industriale della città e dell'intera regione, già duramente colpita dalla lunga crisi economica –:

          se il Ministro interrogato intenda convocare, con la massima urgenza, in sede ministeriale un tavolo di confronto al quale partecipino i vertici del gruppo Heidelberg Cement, le istituzioni locali e le rappresentanze sindacali, affinché in tale sede si possa giungere alla condivisione di un piano industriale che garantisca la continuità dell'attività produttiva dello stabilimento salernitano, salvaguardando integralmente i livelli occupazionali.
(5-00498)


      UBALDO PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:

          in tempo di campagna elettorale, a più riprese, il Ministro Di Maio ha promesso ai cittadini di Taranto e di tutto l'arco Jonico pugliese prospettive occupazionali che trascendessero l'impiego prevalente nel settore industriale, in un più ampio piano di diversificazione dello sviluppo economico del territorio;

          è necessario rilanciare la crescita economica e occupazionale dell'area tarantina anche con un'offerta culturale moderna e all'avanguardia, mediante spazi dedicati ad attività didattiche, ricreative ed espositive;

          Taranto è conosciuta come «la città dei due mari», come noto, è indissolubile il legame tra il mare, la città e i cittadini tarantini;

          la tutela dell'ambiente, della vita, della biodiversità, della geodiversità, del paesaggio passa soprattutto attraverso le conoscenze che i cittadini, sin dalla tenera età, acquisiscono di queste risorse;

          è evidente l'esigenza di diffondere la conoscenza della complessità degli ecosistemi che regolano gli equilibri delle componenti ambientali e i loro effetti sulla qualità della vita al fine di proteggere e salvaguardare l'ambiente e promuovere una cultura che coniughi il progresso e il rispetto per l'ambiente;

          la città di Taranto ben si presta a ospitare una struttura didattica, ricreativa ed espositiva dedicata al mare sulla falsariga degli acquari di Genova e di Cattolica, in grado di attrarre e destagionalizzare i flussi turistici nazionali e internazionali –:

          se i Ministri interrogati, alla luce delle intenzioni in tema di sviluppo della città di Taranto espresse a più riprese dal Governo, intendano assumere iniziative per dare nuovo impulso allo sviluppo economico, culturale e occupazionale dell'intero arco jonico, prevedendo la definizione di un progetto culturale, didattico e ricreativo dedicato al mare e fondato sulla realizzazione di un «museo del mare» che valorizzi le aree adiacenti e interne al mare, senza costringere in cattività le specie animali in esso ospitate;

          se intendano avviare da subito un percorso certo che individui le aree da destinare a un «museo del mare» e i fondi necessari, nonché le procedure per un concorso d'idee internazionale che porti in tempi certi alla realizzazione del citato «museo del mare».
(5-00500)

Interrogazione a risposta scritta:


      BATTILOCCHIO, SPENA e GIACOMONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          nel territorio del comune di Guidonia Montecelio (Roma) insistono 25 cave di travertino che per la maggior parte sono in attività dai primi anni del 1900;

          le cave in attività sono regolarmente autorizzate, ai sensi della legge regionale n. 1 del 1980 e successive modifiche. A partire dal 2006 le aziende estrattive di tutto il Lazio, comprese quelle del comune summenzionato, hanno presentato richiesta di proroga prima e di rinnovo dell'autorizzazione poi, ai sensi del regolamento regionale vigente (RR 14 aprile 2005, n. 5). Nel gennaio del 2017, il comune di Guidonia ha iniziato ad emettere pre-dinieghi di proroga e di rinnovo a tutte le cave che ne avevano fatto istanza;

          in seguito ad uno sciopero promosso dalle sigle sindacali dei lavoratori delle cave, il consiglio comunale di Guidonia Montecelio (Roma) ha tentato di coinvolgere la regione Lazio per ricevere indicazioni sulla corretta interpretazione della normativa deliberando un atto di indirizzo: Ricevuto dalla regione Lazio l'atto interpretativo e in seguito all'esito positivo della valutazione d'impatto ambientale per il proseguimento delle attività estrattive, il comune di Guidonia Montecelio (Roma) ha impugnato l'atto con ricorso straordinario al Capo dello Stato; il comune ha stabilito altresì nuovi e diversi dinieghi sulle stesse attività di coltivazione di cava, adducendo, da prima, quale motivazione, l'impossibilità di effettuare il ripristino ambientale (agendo, secondo gli interroganti, in contrasto con quanto sancito dal decreto legislativo n. 117 del 2008 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 2017), e, successivamente, asserendo che il piano di recupero fosse difforme da quello previsto nel 1980 (a quanto consta agli interroganti senza effettuare la verifica dello stesso ai sensi dell'articolo 16 della legge regionale n. 17 del 2004) e contestando le profondità delle cave e le conformità urbanistiche;

          quanto sopra descritto ha portato, fino ad oggi, alla chiusura di due cave ed alla revoca di autorizzazione ad una terza, con conseguenti ripercussioni sull'occupazione e l'economia locale, sulle quali pesa molto il settore estrattivo –:

          se il Governo sia a conoscenza della situazione delle cave di travertino insistenti sul territorio del comune di Guidonia Montecelio (Roma);

          se non si ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per poter risolvere la questione.
(4-01180)

Apposizione di una firma ad una mozione.

      La mozione Biancofiore e Gelmini n. 1-00030, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Novelli.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

      L'interpellanza urgente Lollobrigida e altri n. 2-00090, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Acquaroli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Fragomeli n. 5-00355, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Fregolent.

      L'interrogazione a risposta orale Rossello e altri n. 3-00171, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nevi.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Nardi n. 5-00453, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Cenni.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Ribolla e Grimoldi n. 5-00476, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Eva Lorenzoni.