XVIII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 52 di venerdì 28 settembre 2018
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO
La seduta comincia alle 9,30.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ANNA RITA TATEO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Claudio Borghi, Brescia, Colucci, Gregorio Fontana, Gelmini, Giachetti, Guerini, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Ruocco e Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,35).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative di competenza a sostegno degli agricoltori e dei vivaisti colpiti dalla diffusione della Xylella fastidiosa e per la prevenzione e il ripristino del potenziale produttivo - n. 2-00078)
PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Elvira Savino e Occhiuto n. 2-00078 (Vedi l'allegato A).
Chiedo alla deputata Savino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ELVIRA SAVINO (FI). Grazie, signor Presidente, illustro la mia interpellanza. Da anni, ormai, come è noto a tutti, nella regione del Salento, in Puglia, tra Gallipoli e Santa Maria di Leuca vengono distrutte intere coltivazioni di ulivi a causa della presenza di un batterio originario della California, chiamato “Xylella fastidiosa”. Tale parassita, difficile da eliminare, è giunto in Italia con l'importazione di piante ornamentali di caffè infette, provenienti dall'America centrale, e purtroppo ha colpito le distese di uliveti di cui la Puglia è ricca, mettendo i coltivatori nelle condizioni di doverli eradicare e bruciare, in quanto pericolosi anche per la fauna.
Il batterio è stato trasmesso dalla “cicala sputacchina”, che è un insetto ad apparato pungente succhiatore che, a sua volta, assorbita la linfa dalle piante, la trasporta su altri fusti e li contagia. Il ceppo di batterio che ha devastato gli ulivi in Puglia è in grado di attaccare anche altre piante, come il ciliegio, il mandorlo, l'oleandro e alcune piante ornamentali. L'unico rimedio ad oggi conosciuto per eliminare il parassita pare sia il taglio radicale del tronco e l'estirpazione delle radici stesse.
Le ripercussioni negative sull'agricoltura pugliese risultano evidenti e si tradurranno in un danno inestimabile. Il batterio, infatti, diffuso anche in altre zone d'Italia, sta producendo gli stessi effetti disastrosi con un reale pericolo per tutta la penisola.
La Francia ha adottato misure considerate in linea con la legislazione dell'Unione europea contro la diffusione della Xylella fastidiosa che prevedono il blocco delle importazioni delle piante dalla Puglia e da altre zone colpite dal batterio. Il decreto, firmato dal Ministro dell'agricoltura francese, in vigore già dal 4 aprile del 2015, vieta l'importazione di 102 tipi di piante vive dal territorio pugliese e di quelle piante contaminate dal batterio e inibisce gli scambi intraeuropei con la Puglia, con un conseguente rafforzamento di un piano di controllo su tutto il territorio transalpino.
La Procura di Lecce continua a indagare su eventuali ritardi, omissioni e manipolazioni rispetto all'importazione delle piante provenienti dai Paesi extracomunitari in Europa e alla diffusione colposa di malattie delle piante. Nonostante il 17 luglio del 2018 siano scaduti gli ultimi sei mesi di proroga, i pubblici ministeri titolari dell'indagine hanno deciso di non chiedere al giudice per le indagini preliminari l'archiviazione di questo fascicolo, che è stato aperto appunto nel 2015, ma di poter continuare a indagare su tre dei dieci, tra ricercatori e funzionari, già iscritti nel registro degli indagati, su cui maggiormente sarebbero emersi elementi tali da necessitare di un approfondimento. Dopo l'estate gli investigatori della Forestale depositeranno presso i pubblici ministeri l'informativa finale, sulla quale stanno ancora lavorando. L'ipotesi di reato resta quella di diffusione colposa di malattia delle piante perché i due magistrati sono convinti della tesi finora sostenuta, ovvero che il batterio killer non è arrivato casualmente nel Salento, ma vi sia stato portato volutamente, complice un mancato controllo di chi sarebbe dovuto essere preposto a vigilare con opportune tutele e non l'ha fatto.
Il 21 marzo del 2018 si è svolto a Bari un convegno organizzato dall'Accademia Pugliese delle Scienze, a cui hanno partecipato tutti i principali ricercatori coinvolti nello studio di questa patologia vegetale, tra cui Donato Boscia e Maria Saponari, entrambi dell'istituto per la protezione sostenibile delle piante del Consiglio nazionale delle ricerche e Francesco Porcelli, professore associato al dipartimento di scienze del suolo, della pianta e degli alimenti dell'Università di Bari “Aldo Moro”.
Il nodo cruciale emerso è - come era da aspettarsi - che l'ulteriore espansione verso nord della Xylella continua appunto inesorabilmente: è arrivata da Oria a Cisternino, alle porte della provincia di Bari, e ha invaso notevoli porzioni della zona di contenimento delle province di Brindisi e Taranto, al punto che si pensa potrebbe essere necessario spostare ancora al nord il confine della zona cosiddetta cuscinetto.
In presenza di una preponderanza di prove e di un consenso diffuso nella comunità dei ricercatori, è un'inutile e dannosa perdita di tempo ricercare ulteriori evidenze scientifiche, che ormai appaiono abbastanza inequivocabili, richiedere l'ennesimo esperimento e formulare l'ennesima teoria, se non finalizzata alla ricerca della cura e dell'eliminazione dell'agente patogeno.
Nel corso della precedente legislatura numerosi sono stati gli atti di sindacato ispettivo, tra i quali una mia interpellanza urgente, presentata qui in Aula, e anche le Commissioni agricoltura di Camera e Senato avevano svolto numerose audizioni, ma si è sempre, ancora adesso, a un punto morto.
Quindi, noi chiediamo quali iniziative il Governo intenda porre in essere per affrontare e risolvere senza ulteriori ritardi la fase di crisi economica degli agricoltori e dei vivaisti che, rispettivamente, con l'abbattimento delle piante di ulivo e con la sospensione e l'annullamento dei contratti di fornitura perdono la loro evidente fonte di reddito e di sopravvivenza; quali iniziative si intendano adottare per incentivare la ricerca finalizzata a studiare il patogeno, cioè l'insetto vettore e di individuare ogni misura idonea a prevenire e curare gli ulivi e le altre specie di piante attaccate dalla Xylella fastidiosa, mediante progetti che mettano in rete tutti gli istituti di ricerca operanti a livello nazionale e internazionale, salvaguardando l'aspetto paesaggistico, ambientale e produttivo dei territori colpiti, caratterizzati nelle zone della provincia di Lecce, Brindisi e Taranto da uliveti secolari, da uliveti produttivi e da vegetazione spontanea colpita da questo batterio; quali iniziative il Governo intenda adottare per definire e attuare un piano di certificazione delle produzioni vivaistiche in grado di verificare tutte le produzioni, in modo da certificare l'assenza del patogeno prima di ogni movimentazione di materiale vivaistico e da evitare qualsiasi blocco di esportazioni, e per riconoscere incentivi e sovvenzioni a tutti coloro che aderiscono al protocollo di certificazione delle produzioni vivaistiche; e quali proposte si intendano avanzare anche a livello europeo per finanziare delle attività di prevenzione e di ripristino del potenziale produttivo ridotto, sia a causa dell'infezione causata dalla Xylella fastidiosa, nonché per la certificazione di tutte le aziende anche vivaistiche che oggi sono esposte a rischi economici molto importanti.
PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per le Politiche agricole alimentari forestali e turismo, Alessandra Pesce, ha facoltà di rispondere.
ALESSANDRA PESCE, Sottosegretaria di Stato per le Politiche agricole alimentari forestali e turismo. Signor Presidente, onorevoli deputati, voglio innanzitutto evidenziare che l'emergenza Xylella fastidiosa riveste una priorità per il Ministero delle Politiche agricole alimentari forestali e turismo che, come spiegherò più avanti, ha costituito un tavolo tecnico mirato e ha avviato indagini conoscitive approfondite e dedicate sulla problematica.
Per contrastare la diffusione dell'organismo nocivo, l'Unione europea ha adottato specifiche misure di emergenza nel 2015, che prevedono tra l'altro azioni di eradicazione di tutte le piante infette, anche di quelle che, nella zona “cuscinetto”, risultano piante ospiti, seppur non infette, entro un raggio di cento metri da ogni pianta infetta. Tali determinazioni sono state recepite nell'ordinamento italiano, da ultimo, con il decreto ministeriale del 13 febbraio 2018. Che tali misure siano considerate le uniche efficaci per eliminare la fonte di inoculo utilizzata dagli insetti vettori per diffondere ulteriormente la patologia è stato altresì confermato dalla pronunzia della Corte di giustizia del 9 giugno 2016, che ha ribadito la legittimità di tali misure adottate con la decisione 2015/789 dell'Unione europea.
Per quanto attiene alla complessa gestione di tale emergenza, le attività poste in essere si sono incardinate, da un lato, sull'esigenza di difendere i territori ancora indenni e, dall'altro, di convivere con la batteriosi nelle aree salentine già contaminate, sulla scorta di un duplice criterio di approccio finalizzato al contrasto della diffusione della patologia. Quindi, nell'area di confine con le aree indenni è stata effettuata una puntuale applicazione delle misure di quarantena, mentre, nelle aree ove la patologia si è insediata e l'abbattimento delle piante infette non risulta attuabile in ragione dell'estensione del focolaio, si è fatto ricorso a mirate tecniche agronomiche, chimiche e biologiche, onde recuperare comunque il potenziale produttivo delle piante infette. Risulta fondamentale anche la ricerca, che sta effettuando numerose attività nelle aree coinvolte per aumentare il livello di conoscenza sull'emergenza in corso e si sta concentrando sull'epidemiologia della batteriosi, sul ruolo del vettore, su nuove tecniche diagnostiche, sull'individuazione di fitosanitari che rallentino o addirittura impediscano lo sviluppo del batterio nella pianta.
Le stesse tecniche agronomiche vengono rafforzate per limitare la batteriosi, eliminando precocemente le parti di piante infette e, ulteriormente, si cerca di individuare le varietà tolleranti o resistenti, per ripristinare il potenziale produttivo grazie a nuovi impianti, o al reinnesto sulle piante non ancora infettate.
A tal riguardo, il Comitato fitosanitario nazionale, nella riunione del 14 marzo 2018, sulla scorta della documentazione prodotta dalla regione Puglia e dal CNR di Bari, ha dichiarato resistenti alla sub specie Pauca (una delle quattro sottospecie della Xylella fastidiosa) le varietà Leccino e FS17, che pertanto potranno essere privilegiate nel caso di autorizzazioni all'impianto rilasciate in deroga dal servizio fitosanitario pugliese.
In ordine, poi, alle azioni di ripristino del potenziale riproduttivo, finalizzate al superamento dell'emergenza e al rilancio del settore olivicolo nelle aree colpite, ricordo che la legge 27 dicembre 2017, di bilancio e di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018, ha esteso il Fondo per la competitività del comparto cerealicolo anche al settore olivicolo delle aree interessate dall'emergenza fitosanitaria, precostituendo un importo di un milione di euro per ciascuna annualità (2018-2019-2020) in favore di quanti reimpiantino piante tolleranti o resistenti al batterio nelle aree infette.
Parallelamente, la regione Puglia ha attivato le misure previste dal programma di sviluppo rurale.
Per quanto riguarda le iniziative volte al settore vivaistico, per definire e attuare un piano di certificazione delle produzioni, l'Italia sta partecipando attivamente a un gruppo di lavoro internazionale dell'Organizzazione europea per la protezione delle piante, denominato XF actor task 9.4-VSPP, finalizzato ad elaborare un sistema di certificazione volontaria specifico per la produzione di piante esenti da Xylella fastidiosa, identificabili tramite un marchio ad hoc.
Attualmente il predetto gruppo di lavoro ha elaborato uno schema di certificazione, ormai definito nelle linee generali, basato sul controllo del processo produttivo, sulle caratteristiche delle strutture produttive, sul controllo di qualità interno, sull'applicazione delle procedure e sull'utilizzo di un marchio identificativo per le piante ottenute.
Premesso quanto sopra, il Ministro Centinaio si è dichiarato fortemente determinato a fornire risposte concrete sul problema della Xylella fastidiosa agli agricoltori. A questo scopo, è stato costituito un tavolo tecnico composto da ricercatori del CNR, del CREA, delle Università, dalla regione Puglia e dal Servizio fitosanitario regionale e nazionale. Il tavolo, in breve tempo, si è già riunito due volte, anche con l'audizione di aziende agricole colpite e testimoni diretti e sta mettendo a punto il dossier con le azioni più incisive da mettere in campo con la piena collaborazione della comunità scientifica, delle istituzioni e dello stesso territorio.
Il Ministro si è impegnato anche nella tutela di questo comparto produttivo in sede europea ed è suo intendimento lavorare all'adozione di un piano olivicolo nazionale.
PRESIDENTE. La deputata Elvira Savino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
ELVIRA SAVINO (FI). Grazie, signor Presidente, grazie signor sottosegretario. Diciamo che ci vorrà ancora molto tempo per ritenersi pienamente soddisfatti sull'evoluzione di questa drammatica situazione e di questa emergenza. Io capisco che questo Governo, evidentemente, non ha responsabilità per quello che è avvenuto negli scorsi cinque anni, per i ritardi, per i non adempimenti, per le mancanze che ci sono state nella gestione di questo fenomeno, però è evidente che adesso la Puglia si aspetta delle risposte, che voi evidentemente avete il dovere di dare, peraltro in ragione delle dimensioni enormi che ha assunto questo fenomeno che riguarda un settore produttivo importante e un'eccellenza del nostro Paese, che è la produzione olivicola, e che è evidente che incide in maniera determinante su tutta l'economia del Paese.
Noi riteniamo che si sia perso troppo tempo e che adesso sia giunto il momento di assumersi le responsabilità, perché, come lei sa, questo fenomeno è iniziato cinque anni fa e riguardava un territorio piccolissimo, pochi ulivi nella provincia di Gallipoli, poi si è passati a 8 mila ettari, adesso siamo a 750 mila ettari, una dimensione insostenibile, una vera emergenza, una vera epidemia, che necessita di azioni concrete.
Questo fenomeno riguarda non solo l'agricoltura, ma tutto l'agroalimentare del nostro territorio, ma soprattutto rischia di compromettere una tradizione millenaria, che ci identifica come territorio e della quale noi vorremmo tornare ad essere fieri.
Io, nell'atto di sindacato ispettivo che avevo presentato, per esempio, la scorsa legislatura, avevo evidenziato con forza quanto, per esempio, fosse stato assurdo - per questo vorrei che adesso ci si muovesse in Europa con maggior incisività - il blocco dell'importazione da parte della Francia di 102 specie non contaminate o, comunque, che nulla avevano a che fare con l'infezione del batterio della Xylella fastidiosa, e tra l'altro pure dei frutti delle piante, quindi una misura che non aveva nessuna giustificazione sul piano logico; avevo evidenziato anche come noi fossimo stati fermi e come poi, quando il batterio è stato individuato in Francia, la Commissione si fosse subito mossa per introdurre misure di contenimento del fenomeno, mentre i nostri ulivi già venivano abbandonati, già c'era moria dei nostri olivi e nulla era stato fatto.
Per cui io condivido quello che lei ha detto di un'azione forte in Europa su questo tema, perché, come al solito, anche in questo caso, rispetto a questo fenomeno così drammatico, l'Europa ci aveva lasciato soli, e questo è un punto.
E poi, diciamo che adesso, a mio avviso, bisogna muoversi su due piani, che sono sicuramente quello che lei ha illustrato in maniera puntuale, ossia quello dell'aspetto scientifico; quindi, per il contenimento del batterio non ci sono ancora opinioni unanimi su come contenerlo o su quali possano essere i metodi, però c'è unanimità perlomeno sul come, sulle azioni da compiere. Quella principe resta, sicuramente, quella delle eradicazioni. Io dico semplicemente che, però, in questi cinque anni, da un punto di vista dell'individuazione delle problematiche scientifiche, per attenersi troppo al rigore scientifico si è anche perso troppo tempo: tavoli, confronti, esperti.
Adesso, come lei ha detto, in seguito alle audizioni che ci sono state nelle nostre Commissioni, sono stati individuati dei progetti - quelli del CREA, il FATA – che, secondo me, adesso è arrivato il momento di attuare senza ulteriori indugi, senza più parlarne, ma facendo; perché, ripeto, questo tentativo di approfondimento scientifico continuo, poi i blocchi del TAR e i ricorsi al TAR ci hanno fatto perdere cinque anni e, invece, l'infezione si sarebbe potuta contenere e probabilmente il virus non si sarebbe esteso in maniera così esponenziale. Quindi, evitiamo adesso di ripetere questo errore.
E poi, oltre a questo aspetto scientifico, che è stato a mio avviso ormai sufficientemente approfondito e chiarito, c'è il tema vero, che è quello dei ristori, cioè qui c'è un problema serio che riguarda quell'economia e ovviamente i soggetti coinvolti, gli agricoltori, i vivaisti, necessitano di essere supportati in qualche modo.
Quindi, come è stato detto, magari vi può essere qualcosa nella prossima legge di bilancio; derogare ai requisiti richiesti per accedere al Fondo di solidarietà nazionale può essere un tema, oppure per esempio attivare dei piani strategici particolari del PSR, attivando misure di solidarietà e un programma specifico nel PSR per queste questioni, perché - ripeto - questa, tra l'altro, non è una grandinata, non è un problema che si può recuperare l'anno successivo, è irreversibile: chi ha subito questo danno non lo recupera sicuramente in tempi rapidi e non avrà possibilità l'anno successivo di essere ristorato, quindi bisogna supportarli in qualche modo. Quindi, servono risorse per le bonifiche innanzitutto, bonificare quei territori perché poi tornino a vivere, per la diversificazione, per i reimpianti, per la semplificazione burocratica che è un altro aspetto fondamentale, perché chi volesse reimpiantare un uliveto in un territorio che è stato infetto, oltre a sostenere un costo economico importante, deve far fronte e scontrarsi con una burocrazia complessissima che andrebbe assolutamente snellita.
Gli agricoltori vanno aggregati, a mio avviso, non lasciati soli, ma messi insieme, vanno insegnate loro le buone pratiche, capire l'importanza della repentinità, cioè dell'essere rapidi negli espianti per contenere l'estensione del virus.
Quindi, la politica deve agevolare queste situazioni, deve agevolare, da una parte, il recupero dei cultivar, ma soprattutto deve semplificare, sia lo Stato che le regioni, gli strumenti attraverso i quali accedere a questi fondi di sostegno per questi agricoltori stremati.
Noi sappiamo che la Puglia produce il 45 per cento della produzione olivicola nazionale ed esportiamo il 10 per cento di olio nazionale sul territorio, quindi è un danno enorme. Bonificare le zone infette è stato detto.
Poi come lei ha detto, giustamente, il Ministro Centinaio - e noi lo apprezziamo - è venuto in Puglia, però noi non vogliamo che sia soltanto una presenza doverosa, vogliamo che il Ministro ci dia delle indicazioni e delle soluzioni che non siano soltanto, come è stato fatto per esempio, la possibilità di snellire le procedure per l'eradicazione, oppure il decreto per l'abbattimento; inseriamo qualcosa di concreto, nei prossimi giorni, nei prossimi provvedimenti per sostenere questa economia.
I nostri agricoltori hanno la necessità di tornare a produrre reddito agricolo in quei territori, dobbiamo evitare che quelle zone che sono state colpite da questo batterio diventino un cimitero e non si riprendano. Quindi, in sostanza, per concludere, sintetizzando, quello che noi chiediamo è – perché no? - un presidio fisso del Ministero dell'agricoltura in Puglia, per presidiare a questa vicenda; vogliamo risposte chiare in merito al ristoro degli agricoltori che sono stati messi in ginocchio e che non hanno più redditività aziendale; snellimento della burocrazia per gli abbattimenti nelle zone di contenimento e nelle zone cuscinetto; ristori rapidi e certi per le aziende che hanno eradicato, perché alcuni produttori hanno aspettato tre anni per avere, dopo le eradicazioni, dei ristori quasi irrisori; un'adeguata informazione per gli agricoltori che devono essere messi in condizioni di conoscere la tempistica e le modalità più facili per le eradicazioni; un'attività di monitoraggio costante del fenomeno e, poi, la possibilità di reimpiantare varietà resistenti, come lei ha detto, nelle zone affette, con un sostegno economico dello Stato.
Questo, perché la Puglia possa tornare a vivere; noi auspichiamo, per esempio, che il Ministro torni in Puglia, magari con una certa periodicità, a verificare le condizioni di questo territorio, perché possa essere vivificato, possa tornare a vivere, a produrre reddito, perché, guardi, per noi, l'ulivo non ha una valenza soltanto economica, ma è un elemento identitario del nostro territorio, racchiude il senso di una tradizione millenaria, della quale siamo fieri, nella quale ci identifichiamo; vogliamo che continui a essere e torni a essere il simbolo principe del nostro territorio. Ovviamente, chiediamo a questo scopo che non si continui a parlare di questa questione solo in termini fumosi o in termini vaghi o tecnici, ma che si adottino delle risposte e delle soluzioni concrete affinché questi cittadini, i nostri agricoltori, le nostre produzioni, abbiano finalmente le risposte che meritano e possano tornare a investire nel loro territorio su questo comparto che è importantissimo, non solo per la nostra regione, ma per l'intero Paese.
PRESIDENTE. In tribuna è presente oggi la Confederazione europea dei piccoli comuni, con i presidenti delle federazioni nazionali che noi salutiamo. Sono qui per un convegno e ci fa piacere accoglierli (Applausi).
(Chiarimenti in merito ai contenuti della riunione del 1° febbraio 2018 tra ASPI, provveditorato alle opere pubbliche e MIT e al diniego di accesso ai relativi atti - n. 2-00101)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nobili ed altri n. 2-00101 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Andrea Romano se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmatario, o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ANDREA ROMANO (PD). Grazie, Presidente. La nostra interpellanza, di cui è primo firmatario il collega Nobili, riguarda un episodio preciso, ma, più in generale, il dovere della trasparenza, relativamente a quanto precedette la tragica vicenda del crollo del ponte Morandi. Lo scorso 22 agosto, il collega Nobili, anche come membro della Commissione trasporti, si è recato al Ministero delle Infrastrutture per chiedere conto di alcuni documenti che erano stati pubblicati a stralci sulla stampa. Di che documenti si trattava? Si trattava del resoconto di una riunione avvenuta il 1° febbraio di quest'anno a Genova, per l'appunto, tra alcuni rappresentanti della società Autostrade, il provveditorato alle opere pubbliche e alcuni funzionari della direzione generale di vigilanza del Ministero delle Infrastrutture.
Secondo quanto riportato dalla stampa, nello specifico dal settimanale l'Espresso, e vado a leggere: Nel corso di questa riunione, almeno sette tecnici, cinque dello Stato e due dell'azienda di gestione, quindi, della società Autostrade, sapevano infatti che la corrosione alla pila 9 (quella che poi crollò) e alla pila 10 aveva provocato una riduzione fino al 20 per cento dei cavi metallici interni agli stralli, i tiranti di calcestruzzo che sostenevano il sistema bilanciato della struttura. E che nel progetto di rinforzo presentato da Autostrade erano stati rilevati alcuni aspetti discutibili per quanto riguarda la stima della resistenza del calcestruzzo.
Perché è importante questa citazione? Perché da quanto risulterebbe dallo stralcio pubblicato dalla stampa, per l'appunto, la società di gestione sapeva che c'era qualcosa che non funzionava nel ponte Morandi poi crollato e, dunque, sarebbe insostenibile la tesi della imprevedibilità del disastro. Il collega Nobili, letto questo stralcio del settimanale l'Espresso, si è recato di persona al Ministero delle Infrastrutture per avere accesso, per l'appunto, a questo verbale, ma l'accesso è stato negato. Ed è stato negato con motivazioni ingiustificabili, diciamo la verità, perché la legge prevede l'accesso ad atti di questo tipo; la legge sulla trasparenza è una legge, lo ricordo ancora una volta, rafforzata dall'intervento legislativo nel corso della scorsa legislatura, voluto dal Partito Democratico che, con il Freedom of Information Act, ha reso ancora più facile l'accesso a documenti di questa rilevanza, sia da parte dei cittadini, sia da parte dei rappresentanti del Parlamento. Quindi, la nostra richiesta, che oggi ribadiamo attraverso questa interpellanza, riguarda un fondamentale aspetto di trasparenza relativo agli eventi che condussero, per l'appunto, alla tragedia del ponte Morandi.
Abbiamo chiesto trasparenza, perché credo che sia doveroso trasferire alla cittadinanza italiana, all'opinione pubblica, tutti i dettagli del percorso che ha condotto, purtroppo, alla tragedia del ponte Morandi. Ora, ci dispiace che non sia qui il Ministro Toninelli, ma mi rivolgo naturalmente con deferenza al sottosegretario che lo rappresenta, perché vorrei sottolineare, anche di fronte a lui, come un conto sia il dovere della trasparenza - e lo faccio presente anche al rappresentante di un partito che sulla trasparenza ha fatto tanta propaganda, tante chiacchiere, invece, quando poi si è trovato, nel concreto della gestione governativa, a dover rispettare l'obbligo di trasparenza, come appunto rispecchia questo episodio, non ha ritenuto, questo partito, di tenervi fede -, e un conto siano le chiacchiere con cui si alimenta la pratica della propaganda. Infatti, vede, sottosegretario, la propaganda è una brutta bestia, sembra obbedirti docilmente, anche quando ti affacci da un balcone, anche quando sotto quel balcone hai i rappresentanti del tuo partito che sventolano bandiere, ma prima o poi la propaganda chiede il conto, chiede il conto come chiede il conto l'opinione pubblica, come sta chiedendo conto l'opinione pubblica di Genova, della Liguria e dell'Italia delle tante stupidaggini, mi viene da dire, che sono state dette in questi 45 giorni dal Governo, dal Ministro Toninelli, nello specifico, relativamente alle responsabilità che un Governo, nella pienezza delle sue funzioni, ha il dovere di assumere, relativamente a quanto è accaduto, appunto, a Genova, in pieno agosto.
Se il Ministro ha omesso di tener fede all'obbligo di trasparenza, e di questo teniamo conto, non ha invece omesso nessun passaggio di un percorso un po' tragicomico, mi viene da dire, di propaganda che ha reso il Ministro Toninelli, nel giro di poche settimane, l'esempio più clamoroso dell'incompetenza e dell'insipienza di un Governo che quando si tratta di passare dalla propaganda ai fatti, quando si tratta di passare dalle chiacchiere alle decisioni operative, rivela tutta la sua inconsistenza.
Rivediamo alcuni dei passaggi più tristi, mi viene da dire, perché qui parliamo di morti, di feriti, di danni pesantissimi a una città, a un territorio, a un intero settore della nostra economia. Quali sono stati i passi principali di questo percorso nella tragicommedia incarnata anche fisicamente da un Ministro Toninelli che nel giro di poche settimane è diventato lo zimbello di questo Governo? Vediamone i principali. Cominciamo dalla pagina forse più triste di questo percorso: i funerali delle vittime; funerali delle vittime alle quali voi avete preso parte, signor sottosegretario, attraverso di lei mi rivolgo anche al Governo, provando a incassare un qualche facile risultato di propaganda, qualche facile applauso, addirittura spingendovi a fare fotografie, selfie, di fronte alle bare dei morti. Ed è stata quella, io credo, la pagina che doveva già farci capire quanto sarebbe stato pesante e tragico, non solo per noi che rappresentiamo un partito di opposizione, ma per l'opinione pubblica italiana, il vostro percorso nella gestione o, meglio, nella mala gestione di quelle che sono state le conseguenze di quel crollo.
Abbiamo visto, appunto, una penosa scena di propaganda politica in una giornata che doveva essere non solo di raccoglimento, ma anche di compostezza, lo ripeto, di compostezza, di moderazione e di precisione, circa quelli che sarebbero stati gli impegni del Governo nella gestione delle conseguenze di quel fatto.
Ma pochi giorni dopo quella pagina relativa ai funerali, abbiamo visto il Ministro Toninelli venire in quest'Aula tardivamente, devo dire, visto che non aveva ritenuto di interrompere le vacanze, nonostante le ripetute richieste dell'opposizione di venire in Parlamento a riferire su quello che il Governo aveva in animo di fare, concretamente; abbiamo ascoltato e visto fisicamente il Ministro Toninelli in quest'Aula attaccare l'opposizione. Richiesto dal Parlamento su quali sarebbero stati i passi concreti del Governo circa, appunto, la gestione delle conseguenze di quel crollo e le risposte da dare alla città di Genova, alla regione Liguria e a tutto il nord Italia, il Ministro Toninelli ha pensato bene di attaccare l'opposizione per quello che, secondo lui, sarebbe accaduto in passato, con una piccola e ulteriormente tragicomica ciliegia, ovvero quella di denunciare pressioni sul proprio conto, venute da non si è capito chi, durante la seduta d'Aula a cui ha partecipato il Ministro Toninelli, pressioni da poteri occulti o poteri non meglio identificati.
E, di fronte all'imbarazzo che quelle sue parole avevano provocato in quest'Aula e anche nella discussione pubblica, pochi giorni dopo, non pago di quanto aveva detto in quest'Aula, il Ministro Toninelli ha tirato fuori le carte che avrebbero dovuto dimostrare, secondo lui, quali erano state queste pressioni. Senonché quelle carte si riferivano a fatti avvenuti ben prima che il Ministro Toninelli assumesse questo ufficio, e quindi erano carte che erano state inviate al suo predecessore, con un'ulteriore, mi viene da dire, figuraccia.
Dopodiché il Ministro Toninelli ha proseguito questo percorso nella tragicommedia, nominando come uno degli ispettori che avrebbero dovuto investigare sul crollo del Ponte Morandi un funzionario, Bruno Santoro, che, guarda caso, era già stato consulente privato di Autostrade, e per questo è sotto indagine della procura di Genova per la stessa tragedia, e che per questo naturalmente si è dimesso poco dopo, essendo allo stesso tempo indagato ed indagatore; con una decisione, quella del Ministro Toninelli, che ha dimostrato ulteriormente la sua insipienza e incapacità di gestire nel concreto quanto stava accadendo.
Vogliamo ulteriormente ricordare l'imbarazzo provocato, non in noi, lo ripeto, che facciamo politica, che facciamo questo lavoro, ma nell'opinione pubblica, l'imbarazzo provocato dalle risate dei Ministro Toninelli di fronte al plastico del Ponte Morandi? Forse emozionato dalla notorietà televisiva che ha acquistato intorno a questa terribile tragedia, il Ministro Toninelli ha pensato bene di farsi delle risate di fronte alla televisione, di fronte all'opinione pubblica italiana, accompagnando la dimostrazione del plastico del Ponte Morandi.
Vogliamo ulteriormente ricordare le parole usate dal Ministro Toninelli circa le strampalate sue fantasie su quello che avrebbe dovuto essere, o sarebbe dovuto essere il ponte del futuro? Secondo il Ministro Toninelli quel ponte avrebbe visto i genovesi ritrovarsi per fare shopping, ritrovarsi per mangiare, ritrovarsi per ballare, in un crescendo veramente grottesco di parole che hanno trovato non in noi, lo ripeto ancora una volta, ma in una delle figure più eminenti della cultura genovese e italiana, Gino Paoli, una risposta che riporto in quest'Aula emendandone le parti più dure. Cito appunto Gino Paoli, che ha detto pochi giorni fa: “L'idea di un ponte vivibile è una stupidaggine”. Gino Paoli ha usato un'altra frase, un'altra parola. Aggiungendo poi lo stesso Paoli: “Bisogna essere un cretino - mi perdoni, sono parole di Gino Paoli - per entrare in competizione con Renzo Piano”. Ma questo è stato il Ministro Toninelli.
E infine, venendo poi alle cronache di questi ultimi giorni, sarebbe opportuno parlare del tortuoso, misterioso e lacunoso percorso del decreto-legge su Genova. Un decreto-legge annunciato già nel giorno del funerale, riannunciato già dal Ministro Toninelli in quest'Aula, riannunciato successivamente dal Presidente del Consiglio Conte, che (ricordiamo bene la scena) sventolando dei fogli che evidentemente erano bianchi, disse: ho qui in mano il decreto-legge su Genova; quando evidentemente aveva in mano dei fogli bianchi, perché il decreto-legge su Genova poi si è visto soltanto nella giornata di ieri, a lunga distanza dallo sventolio un po' sventurato del Presidente del Consiglio Conte. E quando quello sventolio è cessato, e quando è arrivata una prima bozza di quel decreto-legge, ancora pochi giorni fa, a oltre 40 giorni dai tragici fatti del crollo del Ponte Morandi, quel decreto-legge si è rivelato essere una sorta di gioco enigmistico, in cui al posto delle cifre c'erano dei puntini di sospensione che avrebbero dovuto essere riempiti non si sa bene da chi.
Poi il decreto-legge è arrivato, è arrivato finalmente alla Presidenza della Repubblica; e quel decreto-legge si è rivelato, come sappiamo tutti avendolo letto, estremamente lacunoso. Un decreto-legge che dopo questo percorso misterioso, che addirittura ha portato il Vicepresidente del Consiglio Salvini ad ammettere: ma guardate, non so nemmeno io dove sia finito il decreto-legge; e se non lo sapeva Salvini, figuriamoci davvero quale doveva essere la consistenza di questo decreto-legge, la cui consistenza abbiamo scoperto ieri: è un decreto-legge che è dedicato tra l'altro solo in parte al crollo di Genova, avendo anche altri argomenti al proprio interno, e che tra l'altro non prevede l'introduzione della zona economica speciale, come era stata richiesta dai genovesi, non comprende la nomina del commissario, per la quale si rimanda ad un'ulteriore periodo di almeno 10 giorni, e poi vedremo se 10 giorni si trasformeranno in più giorni. In cui mancano tante altre cose: per esempio non prevede risorse per il terzo valico, cosa che sarebbe stata opportuna e necessaria. Insomma, sono stati, signor sottosegretario, questi 45 giorni, come testimonia anche la pagina nel decreto-legge, 45 giorni buttati via, dietro incompetenze e lotte di potere tra di voi, tra le forze che compongono questo Governo, che evidentemente non si erano messe d'accordo, e che alla fine hanno prodotto un risultato del tutto insufficiente.
Ma d'altra parte, sottosegretario, come si pretende di avere da un Governo siffatto risposte al dramma di Genova, quando non conoscete nemmeno il nome del sindaco di Genova? È di ieri o di ieri l'altro, se non ricordo male, una nota del Vicepresidente del Consiglio, l'onorevole Di Maio, che convocando una riunione dei cassintegrati dell'Ilva si è rivolto anche al sindaco di Genova; senonché si è rivolto al sindaco Doria, che come sappiamo non è più sindaco di Genova da oltre un anno. Ma se non conoscete nemmeno il nome del sindaco di Genova, come si può pretendere che voi diate risposte concrete e fattive al dramma di Genova?
Eppure noi lo pretendiamo! E vi diamo un suggerimento: visto il percorso catastrofico, sia per la persona del Ministro Toninelli sia per i risultati concreti che non avete portato a casa, ripartiamo da zero. E ripartiamo dai fondamentali, ripartiamo dalla trasparenza: è per questo che abbiamo presentato la nostra interpellanza. Ripartiamo dal capire insieme cos'è accaduto prima del crollo del Ponte Morandi, ripartiamo dal capire cosa avevano saputo i funzionari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in quella riunione del 1° febbraio coi rappresentanti della società Autostrade e coi rappresentanti del Provveditorato per le opere pubbliche, e capiamo insieme quali sono state le manchevolezze e le omissioni che hanno condotto al crollo del ponte di Genova.
Anche per questo, signor sottosegretario, è inspiegabile e ingiustificabile il rifiuto venuto dal Ministro Toninelli alla richiesta di trasparenza che noi abbiamo avanzato, alla richiesta di accesso agli atti che ha avanzato il collega Nobili. È ingiustificabile sia perché viola lo spirito e la sostanza della legge sulla trasparenza degli atti, sia perché viola un impegno che dovrebbe essere comune alle forze di Governo e alle forze di opposizione: capire insieme cos'è accaduto prima del crollo del ponte di Genova, quali sono le responsabilità vere, non quelle che voi sbandierate facendo chiacchiere e sparando nel mucchio contro questo e contro quello, sulla base di un meccanismo di propaganda e colpevolizzazione che non porta a niente. Cerchiamo di capire insieme cos'è accaduto, cerchiamo di capire insieme davvero cosa serve alla città di Genova, alla regione Liguria e al Nord Italia.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Dell'Orco, ha facoltà di rispondere.
MICHELE DELL'ORCO, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Presidente, all'indomani del crollo di una sezione del Ponte Morandi sulla A10, i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno da subito focalizzato l'attenzione sull'individuazione di tutti gli elementi utili alla ricostruzione dettagliata di ogni aspetto rilevante del tragico evento. In tale contesto, si è proceduto a raccogliere gli atti e a ricostruire l'attività di verifica ricollegabili con l'opera, e più in generale con la tratta autostradale nel quale il viadotto è ricompreso.
Relativamente alla richiesta di accesso al verbale della riunione del 1° febbraio 2018 avanzata per le vie brevi il giorno 22 agosto 2018 presso la sede del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti direttamente ad un funzionario ministeriale, che peraltro risulta sia stato piuttosto professionale, segnalo che tale richiesta non risulta sia stata formalizzata nelle forme e con le modalità previste dalla normativa vigente. Mi riferisco alle norme sul diritto di accesso ai documenti amministrativi, di cui alla legge n. 241 del 1990, o di accesso civico generalizzato (cosiddetto FOIA), di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, come modificato dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, e con le raccomandazioni operative di cui alla circolare n. 2 del 2017 della Ministra Madia.
Dunque al di là della questione burocratica (e chiedo all'interrogante però di ascoltarmi), va considerato che la documentazione richiesta era già consultabile. Lo ripeto: la documentazione richiesta era già consultabile e pubblica, con grande evidenza nella cartella “CTA Viadotto Polcevera” sin dal giorno 7 febbraio 2018, sul sito istituzionale del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Piemonte, la Valle d'Aosta e la Liguria. Visto che mi si parla di trasparenza, quello che voi stavate chiedendo era già pubblico.
In ordine all'ultimo quesito, se sia vero che i tecnici della Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali fossero a conoscenza delle criticità relative alla corrosione delle pile 9 e 10, ricordo che dal giorno successivo al tragico evento la magistratura ha avviato un'indagine, solo all'esito della quale si potranno stabilire coinvolgimenti e/o responsabilità personali. In relazione comunque a tali indagini, il Ministero, nel più assoluto rispetto delle prerogative della magistratura, ha garantito che continuerà a prestare la massima collaborazione.
PRESIDENTE. Il deputato Luciano Nobili ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto o meno della risposta alla sua interpellanza.
LUCIANO NOBILI (PD). Grazie, Presidente. Evidentemente non sono soltanto insoddisfatto della risposta ricevuta, perché è una risposta ovviamente che non risponde al quesito che abbiamo posto con gli altri colleghi e che il mio collega Romano ha precedentemente illustrato, ma mi permetto di aggiungere, sottosegretario, che si tratta di una risposta non solo insoddisfacente, ma persino insultante. Io capisco che in un momento in cui c'è un Governo che fa strame di ogni regola, che calpesta quotidianamente la Costituzione, le prassi parlamentari, possa sembrare poca cosa la mancanza di trasparenza, seppur su una vicenda molto triste e grave come questa, posso capire che potrà sembrare poca cosa non rispondere alle richieste dei cittadini, ma violare, nel suo piccolissimo, il rispetto dei diritti di sindacato ispettivo che ha un parlamentare di questa Repubblica è francamente gravissimo. Dico ciò perché il 22 agosto, caro sottosegretario, mentre il Ministro competente era in Costa Azzurra, e lo rivendicava, il sottoscritto, molto semplicemente, si è recato presso gli uffici competenti, dove ha trascorso un'intera mattinata, dopo diversi rimbalzi e rimpalli, per poter avere visione di un documento che era disponibile a stralci su alcuni giornali e che non era disponibile in nessun altro modo. I funzionari del Ministero, molto gentili e molto competenti, che hanno tutto il mio rispetto e il mio apprezzamento per il lavoro che fanno anche in condizioni difficili e con una guida politica purtroppo così inadeguata, mi hanno rifiutato questa disponibilità. Quindi, se questi documenti fossero stati pubblici mi sarebbero stati indicati e mostrati. Mi è stato esplicitamente detto che quei documenti non potevano essermi mostrati anche perché erano, forse, oggetto di sequestro da parte delle autorità investigative, sequestro che poi si è verificato non esserci. Dopodiché la risposta è quindi assolutamente insoddisfacente, ma, ripeto, la violazione del diritto del sindacato ispettivo di un parlamentare o del diritto alla trasparenza dei cittadini di Genova, e non solo di Genova, è poca cosa rispetto, invece, alle tante cose che il collega Romano ha enumerato, perché dal 22 agosto purtroppo di giorni ne sono passati tanti, come ne sono passati tanti dal 14, il giorno della tragedia, esattamente 45 giorni, 45 giorni oggi, 45 giorni da 43 morti, da famiglie spezzate, da centinaia di feriti, da migliaia di sfollati, da migliaia di imprese e di lavoratori messi in ginocchio. E a tutto questo che risposta c'è stata? C'è stata prima una fantomatica ricerca dei responsabili, che non compete al Governo, ma sul cui il Governo si è esercitato, come si esercita sempre nella ricerca di responsabili e colpevoli immaginari per sottrarsi alle proprie responsabilità.
Ebbene, la ricerca della verità. Non ci siamo nella ricerca della verità, la vogliamo quanto voi, vi stiamo chiedendo questi documenti, vi abbiamo chiesto questi documenti proprio perché non abbiamo nulla da temere. Vogliamo, insieme a voi, accertare le responsabilità, ma responsabilità vere, precise, sapere cos'è accaduto, sapere chi poteva fare qualcosa e non lo ha fatto perché quella tragedia non si consumasse.
Però, poiché oltre alla necessaria ricerca della verità, c'è un'altra necessità, forse più stringente e più importante, è la necessità di dare risposte a una città gravemente ferita, e queste risposte non ci sono, e quali sono state prima le menzogne, poi la mancanza di trasparenza, poi la vacanza e il rivendicare del farla da parte del Ministro competente, poi la denuncia di inesistenti pressioni, poi le accuse rivolte ai predecessori, che oggi fanno parte dell'opposizione, di avere addirittura ricevuto prebende, favori, denari dal concessionario, quando poi si è scoperto che, come un boomerang che torna indietro, quelle accuse si sono rivoltate contro la vostra maggioranza, visto che l'unico partito politico finanziato dal concessionario autostradale è il principale alleato del Ministro Toninelli e visto che gli unici consulenti a verbale e a libro paga del concessionario autostradale sono stati, nel tempo, il Presidente del Consiglio e proprio i consulenti che il Ministro Toninelli ha scelto, per poi, anche lì, tornare indietro e fare una penosa retromarcia, come ispettori sulla vicenda del crollo del ponte.
Dopo tutto questo, è arrivata la sdegnata sufficienza con cui si è accolta la disponibilità di un grande genovese come Renzo Piano e il suo progetto, è arrivata la sdegnata sufficienza con cui si è rifiutata la disponibilità della società competente a ricostruire in tempi brevi il ponte che era crollato, si è messa in campo la possibilità di farlo costruire ad un'azienda che poi si è verificato che non ha possibilità, dal punto di vista tecnico e legale, di svolgere quel lavoro.
Caro sottosegretario, ho molto rispetto per lei, noi vediamo spesso solo lei in Commissione e in Parlamento, più che un sottosegretario alle infrastrutture è un sottosegretario per i rapporti col Parlamento del Ministro Toninelli, che noi abbiamo la fortuna di vedere solo in poche comunicazioni, senza possibilità di interlocuzione.
Bene, dopo tutto questo, arriva persino l'ironia sulla nazionalizzazione dei barbieri personali, di fronte a una tragedia simile. Infine, questa lunghissima, snervante, frustrante attesa di 45 giorni, finalmente arriva un decreto, che prima è un fantasma – lo ricordava il collega Romano, addirittura il Ministro Salvini è costretto a dire: non so che fine abbia fatto questo decreto –, lo scopriamo in un percorso accidentato fra i palazzi del potere che oggi abitate, la Ragioneria generale dello Stato, al Quirinale, un decreto incompleto come le parole crociate in cui mancano i dati fondamentali, e alla fine, finalmente questo decreto, dopo quarantacinque giorni, è nella nostra disponibilità, nella disponibilità dei genovesi, nella disponibilità dell'opinione pubblica, ed è un decreto beffa, è un cerotto insignificante di fronte a ferite che ancora sanguinano e che purtroppo sanguineranno per i prossimi mesi e per i prossimi anni, un decreto da cui manca tutto, tutto, non ci sono le coperture, non ci sono le risorse, non c'è il nome del commissario. Sono quarantacinque giorni che fate conferenze stampa, passerelle televisive e non siete ancora in grado, e chiedete ancora giorni, per produrre il nome di un commissario, di chi si dovrà occupare di questa tragedia, mancano i soldi per il trasporto pubblico locale, mancano i soldi per l'autotrasporto, manca la zona economica speciale, che significa l'opportunità per quel territorio di far fronte a quella che diventerà una gravissima crisi economica perché il sottosegretario conosce benissimo l'importanza e la portata di quel ponte e di quel percorso per il porto di Genova per le nostre merci, manca la cassa in deroga per le piccole e medie imprese che saranno colpite gravemente da questa tragedia, manca la richiesta, che era stata fatta dalle amministrazioni locali, di poter trattenere il 3 per cento dell'IVA, che i genovesi continueranno a pagare, per poterla usare per le loro emergenze, per quello che dovranno fronteggiare, mancano le assunzioni di personale che hanno chiesto gli enti locali, gli enti locali a guida della maggioranza del Governo, il sindaco di Genova, il presidente della regione hanno chiesto delle assunzioni del personale per far fronte a queste emergenze, non c'è neanche questo in quel decreto, neanche questo. E, poi, non c'è la risposta, perché di fronte una tragedia del genere, di fronte a una città così ferita, cosa può fare lo Stato, cosa può fare il Governo se non solo garantire gli interventi necessari per l'emergenza, ma anche garantire un po' di rilancio delle opportunità che, fino ad ora magari Genova non ha avuto, e non ci sono le risorse per il terzo valico ferroviario, non ci sono le risorse per la Gronda, che ormai è un altro fantasma totalmente sparito, infrastrutture che servono a quel territorio e che questa tragica vicenda poteva essere l'occasione per dare un rilancio e un respiro a quelle opere e neanche questo c'è.
Quindi, questo decreto è uno schiaffo a Genova, è uno schiaffo ai genovesi. Dopo la tragedia del ponte Morandi, dopo le vittime, Genova viene derubata, derubata, con lo stesso metodo e la stessa logica con cui sono state derubate le altre città italiane a cui sono state sottratte le risorse per gli interventi nelle periferie urbane; è un'attività di destrezza con la quale avete ormai una certa dimestichezza.
Genova ha bisogno di misure importanti e non più differibili, e non avete portato nulla di tutto quello che serve, avete portato solo una cosa a Genova, avete portato la claque e i selfie ai funerali e non ci soddisfa questo, non ci basta perché, guardate, a me potrebbe bastare, visto che siamo all'opposizione, la consapevolezza che, dopo questi quarantacinque giorni e i mesi che passeranno, quegli applausi si tramuteranno rapidamente in fischi, ma questa consapevolezza non ci basta, perché su Genova non ci interessa la polemica politica, su Genova non ci interessa la battaglia quotidiana, su Genova ci interessa l'interesse di quella città.
E, allora, avete raccontato una delle tante menzogne su Genova, avete raccontato la menzogna della nazionalizzazione delle autostrade. Dov'è finita la nazionalizzazione dello Stato? Che fine ha fatto? È scomparsa dal dibattito.
E, allora, visto che le autostrade non le nazionalizzerete mai, nazionalizzate Genova. Facciamolo insieme. Facciamo che la questione Genova diventi una grande questione nazionale e non sia dimenticata, nella rincorsa alla prossima menzogna, al prossimo applauso, al prossimo balcone. Occupiamoci di Genova, perché a Genova c'è in ballo il futuro di tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
(Chiarimenti in merito agli adempimenti connessi alla pubblicazione dei bandi di gara per il nuovo regime degli oneri di servizio pubblico relativi alla continuità territoriale per la Sardegna - n. 2-00116)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Marino ed altri n. 2-00116 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Marino se intenda illustrare la sua interpellanza. Sì, ne ha facoltà.
BERNARDO MARINO (M5S). Grazie, Presidente. Questa interpellanza urgente è incentrata sul tema della continuità territoriale, che è un tema evidentemente cruciale per un'isola come la Sardegna. La proponiamo perché tutti i sardi hanno rischiato in questo mese, a partire dal prossimo mese di ottobre, quindi tra pochi giorni, di rimanere privi di questo strumento essenziale per la loro mobilità, a causa di un pasticcio tecnico - ma anche politico -, che ha visto protagonista la regione Sardegna guidata dal centrosinistra.
La continuità territoriale - lo ricordo - risponde all'esigenza di garantire il diritto alla mobilità dei cittadini e, quindi, alla libertà di circolazione dei cittadini sul territorio nazionale e comunitario. Il compito dello Stato è quello di ridurre gli svantaggi derivanti dall'essere cittadini di zone periferiche di un Paese o, appunto, delle isole.
Ricordo anche che il diritto alla mobilità è garantito dalla nostra Costituzione, agli articoli 16 e 2. L'articolo 16, nel prevedere e tutelare la libertà di circolazione delle persone, richiama implicitamente il fondamentale diritto di libertà, che è sancito dall'articolo 2, attualizzando, al contempo, il principio di uguaglianza sostanziale.
Gli ostacoli alla mobilità, generati da un sistema di collegamenti non sufficiente – e questo è del tutto palese soprattutto in Sardegna - causano l'impoverimento dei territori che ne sono colpiti. Parliamo dello sviluppo economico e sociale di intere regioni del Paese. La Sardegna sopporta da sempre e con sempre maggiore fatica il peso di una continuità territoriale spesso inadeguata alle necessità della popolazione.
Il diritto alla mobilità e alla libera circolazione dei cittadini e delle merci trova, poi, ampio riconoscimento anche a livello europeo. Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, articolo 21, sancisce infatti il diritto di ogni cittadino dell'Unione europea di circolare liberamente nel territorio comunitario. La stessa garanzia viene poi accordata, all'articolo 26, anche alle merci, ai servizi e ai capitali. Nel testo non mancano espressi riferimenti al diritto alla continuità territoriale, che è considerato un bene comune di rilevanza sovranazionale. In Italia è indispensabile rendere effettiva la fruizione del diritto alla mobilità per i cittadini delle isole. Non ci sono alternative valide a una continuità territoriale adeguata e rispettosa dei principi più importanti della Costituzione, ovvero la libertà e l'uguaglianza.
L'esigenza, avvertita dagli Stati, di garantire determinati collegamenti può non trovare rispondenza con gli interessi economici delle compagnie aeree, che potrebbero essere tentate a seguire determinate rotte solo in determinati periodi dell'anno.
Proprio per evitare il configurarsi di queste situazioni, l'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 2408/92, prevede che uno Stato membro possa imporre oneri di servizio pubblico, riguardo ai servizi aerei di linea effettuati verso un aeroporto che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del suo territorio, o una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto regionale nel suo territorio, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico della regione in cui si trova l'aeroporto stesso, nella misura necessaria a garantire che su tale rotta siano prestati adeguati servizi aerei di linea rispondenti a determinati criteri di continuità, regolarità, capacità e tariffazione, cui i vettori aerei chiaramente non si atterrebbero, se tenessero conto unicamente del loro interesse commerciale.
Per questo, dunque, c'è la continuità territoriale. Lo scorso 7 agosto 2018, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli, ha firmato il decreto di imposizione degli oneri di servizio pubblico per la continuità territoriale aerea tra la Sardegna e le altre regioni italiane. Il provvedimento sostituirà dal 1° aprile del 2019 quello precedente, che risale al 2013, e che attualmente regola gli oneri di servizio pubblico vigenti, rideterminandone il contenuto.
Nella definizione del provvedimento, lo stesso Ministero ha parlato di un decisivo passo in avanti, per salvaguardare il diritto a una mobilità adeguata per i sardi e per tutti i viaggiatori, portando a conclusione la procedura di definizione del nuovo regime degli oneri di servizio pubblico per gli aeroporti sardi di Cagliari, Alghero e Olbia con Roma e Milano. Il decreto consentirà di pubblicare un nuovo bando per l'assegnazione delle rotte, che è in via di discussione con la Commissione europea.
Quindi, in questa interpellanza, chiediamo se il Ministero abbia provveduto a tutti gli adempimenti prodromici alla corretta pubblicazione delle gare, volte alla definizione del nuovo regime degli oneri di servizio, relativi alle rotte per garantire la continuità territoriale per la Sardegna.
Chiediamo anche quali iniziative siano state messe in atto, nell'ambito del riassetto gestionale complessivo della compagnia aerea Air Italy, che ha preso il posto della ex Meridiana Fly, in particolare relativamente alla situazione dei dipendenti olbiesi. Un gruppo, infatti, di una cinquantina di dipendenti di stanza all'aeroporto di Olbia sta per essere trasferito, secondo le decisioni della compagnia, all'aeroporto di Milano Malpensa e questo crea, ovviamente, disagi e problemi a questi dipendenti.
Infine, chiediamo anche quali interventi saranno posti in essere in tema di compagnie aeree low cost, perché in Sardegna, in particolare, l'aeroporto di Alghero ha subito gravi problemi, dopo avere praticamente affidato tutto o quasi tutto il suo operativo al vettore low cost per eccellenza, che è quello irlandese di Ryanair. Nel momento in cui Ryanair ha deciso di abbandonare l'aeroporto di Alghero si sono registrati gravi problemi, con un calo di traffico e ovviamente ripercussioni di carattere economico non indifferenti verso il sistema turistico della Riviera del Corallo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Michele Dell'Orco, ha facoltà di rispondere.
MICHELE DELL'ORCO, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. In merito al primo quesito, informo che gli uffici del Ministero, dopo avere ricevuto dalla regione Sardegna, competente in materia di continuità territoriale sarda, i bandi di gara per ciascuna delle rotte onerate e la relativa documentazione tecnica, ne hanno verificato il contenuto congiuntamente all'ENAC e, quindi, predisposto le connesse note informative di gara.
Tutta la documentazione relativa ai sei bandi, per le gare da esperire, qualora nessun vettore aereo accettasse l'imposizione degli oneri senza compensazione finanziaria, è stata trasmessa alla Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea, con una nota a firma del Ministro Toninelli del 20 settembre scorso, per l'inoltro alla Commissione europea e la successiva pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea. Peraltro, il testo del decreto di imposizione degli oneri di servizio pubblico di quel decreto ministeriale dell'8 agosto scorso è stato pubblicato integralmente nella Gazzetta Ufficiale n. 222 del 24 settembre 2018.
In relazione poi agli altri quesiti, ENAC fa presente che la società Air Italy, il 26 gennaio 2018, in vista dell'operazione di trasferimento del ramo d'azienda, ha inviato a titolo informativo la comunicazione fatta alle organizzazioni sindacali ai sensi di legge. Ad oggi, per le 51 unità di personale interessate al trasferimento fuori dal territorio sardo, risulta che per circa 30 unità siano state raggiunte soluzioni, concordate tra i lavoratori e la società stessa, mentre, per le restanti, risulta siano in corso naturalmente delle interlocuzioni.
In tale nota, detta società ha fatto presente che avrebbe integralmente conservato gli attuali livelli occupazionali e applicato la disciplina collettiva di primo e secondo livello, attualmente vigente in Meridiana Fly, che non avrebbe previsto misure nei confronti dei lavoratori, che l'intero organico Air Italy sarebbe passato dalle dipendenze di Meridiana Fly mantenendo l'anzianità di servizio maturata e che il personale di terra avrebbe continuato ad operare presso la propria sede di assegnazione.
Infine, per quanto concerne le compagnie aeree low cost, è intendimento del Ministro avviare a breve un tavolo del trasporto aereo, con la partecipazione dei sindacati e dei principali stakeholders, nel quale saranno affrontate le varie problematiche del settore, incluse quelle concernenti i vettori low cost. Grazie.
PRESIDENTE. Il deputato Marino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
BERNARDO MARINO (M5S). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, sono soddisfatto della risposta che peraltro mi dà l'opportunità di fare alcune considerazioni rispetto a quello che si è verificato, a partire dalla continuità territoriale.
Ricordiamo tutti che nel 2017 l'assessore regionale ai trasporti dell'epoca presentava con grande euforia il suo bando per la continuità territoriale, che era un bando che prevedeva frequenze altissime su determinati aeroporti: ricordiamo su Cagliari, da Cagliari e per Cagliari 21 voli giornalieri, uno ogni quaranta minuti circa, una specie di volo navetta tra Cagliari e il resto d'Italia. Questo bando prevedeva anche frequenze più alte rispetto agli aeroporti di Olbia e di Alghero, ma aveva seri problemi di rispondenza alle logiche europee sul libero mercato e gli aiuti di Stato. Tant'è che quel bando si è rivelato essenzialmente un flop. Addirittura per Cagliari non sono state presentate offerte da parte delle compagnie aeree, senza contare che subito dopo è arrivata la bocciatura clamorosa da parte dell'Unione europea con la Commissione che aveva formulato rilievi piuttosto forti sui contenuti del bando, rilievi sostanziali che avevano messo in luce pesanti errori nella formulazione e ci ponevano del tutto in contrasto con le regole comunitarie - lo ripeto - sulla libera concorrenza.
Quindi, senza l'intervento che è Stato direi tempestivo del Ministero dei trasporti e del Governo in genere, oggi i sardi si troverebbero in una situazione difficile, in una situazione di grave incertezza, senza collegamenti aerei regolari garantiti e - è bene precisarlo - economicamente sostenibili; sarebbero insomma in balìa del libero mercato, in un periodo dell'anno peraltro, cioè questo, in cui la domanda di posti cala vistosamente rispetto ai mesi estivi. Quindi, siamo andati avanti con le proroghe - lo ripeto - in una corsa contro il tempo che si spera abbia consentito alla regione Sardegna, che nel frattempo ha cambiato assessore ai trasporti, di porre rimedio al disastro combinato dal precedente, che si può considerare a mio avviso il vero, il reale responsabile di questa situazione di incertezza.
Vorrei porre l'accento anche su un aspetto meramente politico, che però serve a farci capire come funzionano le cose quando, al timone di un'istituzione, c'è un partito come quello che oggi governa ancora la Sardegna, ancora per pochi mesi. Parlavamo dell'assessore, Massimo Deiana, che è un uno dei cosiddetti tecnici della giunta regionale di centrosinistra, prima versione, poi sono arrivati i politici. L'assessore Deiana, visti i disastrosi risultati ottenuti sulla continuità aerea, non è stato mandato a casa con una non calorosa, ma magari gelida, stretta di mano; è stato bensì promosso a un incarico prestigioso: oggi infatti è diventato presidente dell'Autorità portuale unica della Sardegna, che ha accorpato, con la riforma Delrio, Olbia, trasferendo la sede a Cagliari, una decisione infelice, che ha poche giustificazioni e che l'attuale presidente della regione, Pigliaru, ha avvallato, senza mai esprimere quel parere, che pure il Ministro Delrio aveva sollecitato.
Questa è la politica che non ci piace, la politica dell'accentramento: accentramento geografico e accentramento di potere. E' questa la politica che questo Governo è chiamato a sconfiggere, rispettando i territori, soprattutto quelli che hanno le carte in regola per avere un ruolo importante nello sviluppo economico e demografico di un territorio e che, anziché essere aiutati a crescere, vengono ostacolati, se non penalizzati. È il caso di Olbia, primo porto in Italia per numero di passeggeri, che si è vista sottrarre l'autonomia nelle scelte gestionali strategiche per i porti del nord Sardegna e tutto ciò lo ritengo non accettabile.
Quanto al caso Air Italy, vorrei stigmatizzare l'atteggiamento di quanti, soprattutto tra le fila del centro-sinistra in regione e persino, ahimè, di alcuni sindacati, hanno cercato facili consensi, illudendo i lavoratori in via di trasferimento e mascherando il proprio fallimento nelle trattative con accuse meschine a questo Governo e ai parlamentari sardi della maggioranza che siedono in questo Parlamento.
Do una notizia fresca, fresca: dai cinquantuno trasferiti, si è passati ai venti - come lei, sottosegretario, ha ricordato - e notizie di oggi ci dicono che addirittura i trasferimenti si sono ridotti a dodici. Ricordo che su questa vicenda il MISE ha convocato il tavolo tempestivamente e anche il Ministero dei Trasporti, insieme a ENAC, ha deciso di convocare direttamente l'azienda e tutto ciò ha portato evidentemente a una sostanziale diminuzione del numero delle persone trasferite. Abbiamo fatto insomma ciò che la politica è chiamata a fare: provare a fare opera di persuasione nei confronti di un'azienda privata, che compie una scelta proceduralmente legittima, anche se eticamente discutibile, ma gravosa comunque per i dipendenti e anche per il territorio. I dipendenti vengono - lo ripeto - delocalizzati da una regione povera, come la Sardegna, verso una decisamente più prospera, come la Lombardia. Va detto che non c'erano armi, dal punto di vista tecnico-formale per impedire questa scelta, se non appunto l'arma della diplomazia, che ha comunque prodotto risultati importanti, a fronte di un potere negoziale dimostrato dalla regione Sardegna, pari a zero.
Il centro-sinistra, la sua giunta regionale e il presidente Pigliaru hanno dimostrato con i fatti di avere fallito, un fallimento che non è che l'ultimo di una lunga serie. Le reazioni isteriche rivolte al Governo sono da stigmatizzare. Il Governo era reo, a loro dire, di aver ignorato la vertenza, ignorato una vertenza con 51 trasferimenti. Ma il fatto che la vertenza si arrivata su due tavoli ministeriali non può certo essere considerato un segnale di disinteresse.
Noi certo vigileremo affinché l'azienda Air Italy mantenga la parola data nelle sedi istituzionali, cioè la decisione di mantenere l'aeroporto di Olbia come base e l'intenzione di incrementare i livelli occupati. Air Italy - lo ricordo - nasce dalle ceneri di una compagnia storica per la Sardegna, Meridiana, che ancor prima si chiamava Alisarda ed è il vettore in sostanza, o ciò che ne resta, che ha accompagnato lo sviluppo turistico dell'isola, a partire dagli anni in cui il suo fondatore, il principe Aga Khan, dava vita alla Costa Smeralda. Nel tempo, è diventata la prima compagnia aerea privata italiana, ma come molte altre ha subito la profonda trasformazione del mercato del trasporto aereo con l'avvento delle low cost. Certo, questo non è stato l'unico fattore di crisi; anche scelte manageriali profondamente sbagliate hanno contribuito a causare una crisi profonda, che si è risolta nel 2016, con una vertenza sanguinosa che ha portato a circa 500 licenziamenti. Oggi viene trasferito un reparto, la sala operativa, che poteva continuare a operare da remoto, senza che vi siano ragioni di efficienza e sicurezza tali da motivare il trasferimento, secondo noi, e lo abbiamo sempre detto, ma è chiaro che non si può obbligare un'azienda privata a cambiare le proprie scelte, se essa le ritiene fondamentali sul piano dell'organizzazione interna. Anche queste cose vanno dette perché questa è la realtà, con tutta la comprensione che possiamo avere per chi è chiamato a un trasferimento, che comporta disagi e difficoltà anche economiche. Siamo certi a questo proposito che le organizzazioni sindacali sapranno negoziare le condizioni migliori, le condizioni adeguate per questi residui 12 trasferimenti, perché questo è il loro compito, non accusare la politica in maniera strumentale di non aver imposto a un'azienda privata, che non sta licenziando nessuno, di rinunciare al proprio modello organizzativo; in nome di quale principio ci si chiede.
Quanto alle low cost, il mio è un invito a vigilare affinché le politiche nei confronti di questi vettori vengano affrontate con meno approssimazione. Anche in questo caso voglio riferirmi alla regione Sardegna, che non ha saputo gestire e forse neanche capire le conseguenze devastanti di alcune scelte gestionali come quella di affidare quasi completamente il destino di un aeroporto ad un'unica compagnia aerea, appunto low cost, che è proprio Ryanair. Quando la low cost irlandese ha deciso di abbandonare il campo - ogni tanto lo fa - l'aeroporto di Alghero ha subìto un drastico calo di collegamenti, collegamenti che sono vitali per la sua economia, che è basata essenzialmente sul turismo, e tuttora non si intravedono segnali forti di ripresa, nonostante la privatizzazione della società di gestione, giunta certamente in forte ritardo.
C'è un'assenza di visione strategica da parte della politica regionale sarda, che ha causato danni economici importanti a un territorio, che è uno dei fiori all'occhiello della Sardegna.
(Iniziative di competenza volte a integrare la disciplina a tutela dei diritti dei passeggeri del trasporto ferroviario, con riferimento alla previsione di sanzioni a carico del gestore delle stazioni ferroviarie nel caso di mancata assistenza - n. 2-00118)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Baldelli ed altri n. 2-00118 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Baldelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente Rosato. Può capitare in Italia che si finisca per aspettare un treno in tempi indefiniti in una piccola stazione magari di provincia e poi si scopre che c'è un Regolamento europeo del 2007 che prevede tutta una quantità di sanzioni, sia per le società titolari delle Ferrovie, sia per le società titolari delle stazioni, in caso di mancata assistenza e di mancata comunicazione di ritardi e disagi sui treni ai passeggeri. Si scopre anche che il decreto legislativo con cui bisognerebbe stabilire queste sanzioni - che nel Regolamento europeo vengono definite come effettive, proporzionate e dissuasive - dovrebbe essere stato fatto entro il 2010 e si scopre che, però, per la parte delle stazioni, queste sanzioni mancano.
E, quindi, come Forza Italia, con i colleghi della Commissione trasporti, ci siamo posti il problema, così come abbiamo fatto qualche giorno fa, tra l'altro, in presenza dello stesso sottosegretario nel corso di un question time sul tema del trasporto marittimo e dei ritardi del trasporto marittimo.
Noi abbiamo l'Autorità dei trasporti; questa Autorità, secondo la legge che recepisce il Regolamento europeo, è delegata ad emanare le sanzioni, ma non abbiamo le sanzioni. Quindi, può capitare che un cittadino rimanga magari ore in una piccola stazione di provincia, magari al mattino presto o la sera tardi, senza che nessuno gli dica che il suo treno è in forte ritardo o con poco ritardo o che magari non passerà per nulla, e senza che l'Autorità per i trasporti possa emettere una sanzione a carico della società titolare della stazione.
A questo punto, chiediamo al Governo che cosa intenda fare per colmare questa lacuna normativa, tenendo presente che, così come sulla vicenda del trasporto marittimo abbiamo ascoltato la conferma da parte del Governo del fatto che il problema esiste ma non abbiamo avuto una risposta, ecco, da questo punto di vista, ci siamo attivati per presentare, e lo faremo nei prossimi giorni, una proposta di legge, che proprio prevede le sanzioni per le società del trasporto marittimo che non rimborsino ai passeggeri quello che il Regolamento prevede in caso di gravi ritardi nel trasporto marittimo.
Abbiamo preparato una proposta di legge, che definisce queste sanzioni che dovrebbe poi irrogare l'Autorità per i trasporti, e chiederemo a tutte le forze politiche di firmarle, perché, in assenza di un provvedimento specifico su questo del Governo, c'eravamo impegnati a scriverlo noi e così faremo. Vogliamo capire se dovremo fare la stessa cosa anche su questo versante o se su questo versante il Governo pensa di prendere un'iniziativa.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Michele Dell'Orco, ha facoltà di rispondere.
MICHELE DELL'ORCO, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. In merito al regime sanzionatorio del decreto legislativo n. 70 del 2014, è stato interessato il Ministero della giustizia - aggiungo un po' come l'altra volta, lo stesso Baldelli aveva fatto un'interrogazione su un altro tema, ma insomma -, il quale ha espresso le seguenti considerazioni.
L'articolo 18 del Regolamento europeo n. 1371 del 2007 specifica che l'onere di informare i passeggeri della situazione e dell'orario previsto di partenza e di arrivo, non appena tale informazione è disponibile, fa capo all'impresa ferroviaria o al gestore della stazione.
Inoltre, l'allegato II, parte II (Informazioni durante il viaggio) del medesimo Regolamento stabilisce che le informazioni riguardanti i ritardi devono essere fornite dalle imprese ferroviarie o dai venditori dei biglietti.
L'articolo 32 del predetto decreto legislativo dispone che siano gli Stati membri a stabilire il regime sanzionatorio applicabile per l'inosservanza delle disposizioni del Regolamento europeo e ad adottare tutte le misure necessarie per assicurarne l'attuazione.
In particolare, l'articolo 15 del decreto legislativo detta la disciplina sulle sanzioni per la mancata assistenza al viaggiatore e prevede che, in caso di inosservanza di ciascuno degli obblighi di cui all'articolo 18 del Regolamento, in materia di assistenza al viaggiatore in caso di ritardo o interruzione del viaggio, l'impresa ferroviaria è soggetta al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 2 mila a 10 mila euro per ogni evento verificatosi.
Diversamente, l'articolo 20 del decreto legislativo prevede che, in caso di violazione degli obblighi di cui all'articolo 29, paragrafo 1 e 2, del Regolamento (Informazioni ai passeggeri in merito ai loro diritti), sono responsabili, oltre che le imprese ferroviarie, anche i gestori delle stazioni e i tour operator e che gli stessi sono soggetti al pagamento di una sanzione che va dai 200 ai 1000 euro.
Di conseguenza, il Ministero della giustizia rileva che il legislatore ha ritenuto di effettuare una precisa e dettagliata scelta sanzionatoria per tutte le ipotesi in cui il viaggiatore possa risentire di un qualsiasi pregiudizio derivante dal trasporto ferroviario, ivi compresa quella oggetto dell'atto in discussione.
Ciò posto, l'Autorità di regolazione dei trasporti rappresenta che, come già evidenziato nel rapporto annuale 2018 della stessa Autorità, nel corso dell'esame di reclami inviati ai sensi dei decreti legislativi di attuazione dei Regolamenti europei a tutela dei passeggeri del trasporto ferroviario, del trasporto effettuato con autobus e di coloro che viaggiano via mare e per vie navigabili interne, sono emerse fattispecie per le quali, a fronte di diritti garantiti dai Regolamenti, non figurano specifiche normative sanzionatorie.
Altresì, si rileva che, non di rado, alcuni attori a cui i Regolamenti riservano obblighi e doveri nei confronti degli utenti non compaiono, nei decreti legislativi di esecuzione, come destinatari della disciplina sanzionatoria. Tale criticità genera riflessi negativi, in special modo quando, in fase di contestazione della violazione dell'obbligo regolamentare, detti soggetti vengono individuati quali responsabili di presunte violazioni.
Tra tali lacune, figura la carenza - a fronte del diritto sancito per i passeggeri sempre dall'articolo 18, paragrafo 1, del Regolamento europeo n. 1371 del 2007 - della relativa previsione sanzionatoria nel decreto legislativo n. 70 del 2014 a carico del gestore della stazione ferroviaria.
Per tale considerazione, l'Autorità di regolazione dei trasporti informa che intende avvalersi della facoltà attribuita dagli stessi decreti legislativi, i quali stabiliscono che, ogni volta che lo ritenga necessario, l'organismo di controllo può avanzare al Parlamento e al Governo proposte di modifica del presente decreto, anche con riferimento alla misura delle sanzioni erogate, come previsto all'articolo 4, comma 3, del citato decreto legislativo.
Aggiungo che, oltre all'Autorità di regolazione, che può presentare in Parlamento e al Governo eventuali modifiche tutte le volte che lo ritenga necessario, può farlo anche l'interrogante, come mi pare abbia anche accennato prima nell'intervento, e nulla vieta che come forza parlamentare possa presentarle in Parlamento come quota e discuterne insieme alle Commissioni competenti.
PRESIDENTE. Il deputato Simone Baldelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio, Presidente Rosato. Colgo l'occasione della questione delle quote dell'opposizione, a cui ha fatto riferimento il sottosegretario Dell'Orco, a cui riconosco la competenza e l'impegno su questo fronte, almeno su quello dell'esame dei diritti dei passeggeri, perché ci troviamo spesso a dover trattare questo argomento per questioni che Forza Italia sceglie di sollevare nel corso dei vari appuntamenti di sindacato ispettivo.
A proposito di quote dell'opposizione, vede, le racconto ciò che è accaduto l'ultima settimana: noi abbiamo avuto un calendario volutamente leggero, con votazioni soltanto nella giornata di ieri, proprio perché, a detta della maggioranza, si sarebbero dovute lasciare le Commissioni lavorare in maniera più libera, più approfondita, più tranquilla, più serena. Ecco, la Commissione trasporti, non solo non ha messo all'ordine del giorno la proposta in quota opposizione, di cui il sottoscritto è primo firmatario e relatore, sul divieto di poter multare da parte degli ausiliari del traffico al di fuori delle loro competenze, ma non ha neanche lavorato nella giornata di martedì e ieri pomeriggio ha concluso i suoi lavori alle ore 15.
Questo per dire che c'è una certa difficoltà a far rispettare le quote dell'opposizione per una legge sulla quale io ho fatto la relazione in Commissione il 25 luglio e che non è stata mai più messa all'ordine del giorno della Commissione. Speriamo che, dalla prossima settimana, visto che è stata inserita nel calendario dell'Assemblea, si possa continuare a discutere su un tema che io credo riguardi da vicino i diritti degli automobilisti e dei cittadini.
Ma, al di là di questo, vede, è singolare che l'opposizione debba caricarsi nella propria quota una questione, una criticità - per citare la risposta all'interrogazione che lei ha dato, con una certa competenza, anche riportando il parere del Ministero della Giustizia - che è evidente, che è riconosciuta dal Governo e che è sotto gli occhi di tutti. Io credo che dovremmo cominciare a renderci conto che esiste una differenza di ruoli tra chi governa e chi è all'opposizione; il Governo dovrebbe farsi carico, attraverso dei decreti legislativi, delle proposte di norme, di questi problemi, io posso presentare delle proposte, le posso anche far sottoscrivere, semmai le vogliano sottoscrivere, anche ai colleghi della maggioranza, e, ammesso che non me le boicottino, le posso chiedere e mettere all'ordine del giorno, ma, vede, non è così che dovrebbe funzionare un Parlamento. Il Governo dovrebbe fare il Governo, l'opposizione dovrebbe fare l'opposizione; non è che l'opposizione deve fare il Governo e il Governo risponde solo quando viene sollecitato.
Ci sono terreni su cui io credo, sottosegretario Dell'Orco, perché conosco anche l'approccio che lei aveva quando sedeva ai banchi dell'opposizione, che noi, maggioranza e opposizione, Governo e Parlamento, potremmo scrivere delle belle pagine in difesa dei diritti dei cittadini, dei consumatori, perché credo che, su questo, le divisioni lascino il tempo che trovano, a meno che non si tratti - come, per esempio, nel caso della class action che è stata discussa in Commissione giustizia e che arriverà in quest'Aula la prossima settimana - di conseguenze tecniche o di errori tecnici che presiedono a scelte politiche che possono essere considerate giuste o sbagliate a seconda dei punti di vista. Su quello ci si confronterà, anche in maniera dura, se necessario; però, se ci sono questioni e terreni condivisi, io credo che si dovrebbe riuscire a collaborare. Io personalmente lo dico in quest'Aula, oggi, lo ripeterò e l'ho già ripetuto ai colleghi della Commissione trasporti, che metterò a disposizione il testo a chiunque lo voglia firmare e sostenere. Tuttavia, deve essere chiaro che poi le proposte condivise non devono andare ad intaccare la quota dell'opposizione a cui l'opposizione ha diritto in quanto tale, perché devono essere condivise e io spero che si possano affrontare, magari anche in sede legislativa. Infatti, è proprio quello il senso di una sede legislativa, cioè quello di poter affrontare temi condivisi, magari marginali, perché non si tratta della riscrittura del regolamento intero del trasporto e, certamente, anche con il conforto, con l'ausilio, con l'audizione e col parere dell'Autorità per i trasporti che su questo terreno dei diritti dei passeggeri in generale ha già portato avanti un lavoro importante, che non ha competenze su tutto, ma che, certamente, è l'interlocutore principale, con il quale il Parlamento e il Governo devono sedersi al tavolino per cercare di capire dove sono i problemi, dove sono le criticità e come poterli affrontare nella maniera migliore. Su questo la disponibilità di Forza Italia c'è e anche l'iniziativa, speriamo che ci sia anche quella degli altri gruppi di maggioranza e di opposizione.
(Iniziative di competenza volte allo studio di possibili concause ambientali della legionellosi e alla bonifica delle aree maggiormente colpite dalla recente epidemia di polmonite - n. 2-00102)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zolezzi ed altri n. 2-00102 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Zolezzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente; oggi, in quest'Aula, affrontiamo il tema dei rapporti fra ambiente e salute. Ci troviamo, nello stesso tempo, in giornate in cui si parla di bilanci; ieri, con grande gioia, abbiamo appreso che ci saranno risorse per i cittadini con il reddito di cittadinanza, sarà la manovra per i cittadini; però anche nei rapporti fra ambiente e salute ci sono enormi risorse da sfruttare. Potremmo anche, davvero, parlare solo di economia su questo aspetto, perché lo studio, per esempio, Environmental cost-benefit analysis, stima in circa 48 miliardi di euro all'anno la spesa sanitaria legata alle esternalità ambientali. Per cui è un tema che ha un fortissimo valore anche meramente economico; si tratta di circa un terzo di tutta la spesa sanitaria tra pubblica e privata, che è pari a circa 150 miliardi di euro all'anno.
In questa interpellanza, pongo l'accento su due fenomeni apparentemente inusuali, apparentemente strani; in realtà, chi segue il fenomeno dei limiti planetari, dei cicli geochimici sovvertiti, sa che, purtroppo, il verificarsi di epidemie potrà essere sempre più presente, anche nella nostra nazione, che ha un ciclo di azoto e fosforo molto sovvertito, così come una forte influenza nel cambiamento climatico. Le epidemie a cui ho fatto riferimento sono le seguenti. La prima è quella del virus West Nile, la febbre del Nilo, che secondo il centro di controllo delle malattie infettive Ecdc ha portato a circa 144 casi in Italia, un dato, in realtà, aggiornato a circa un mese fa, però il dato più eclatante è che, di questi casi, 96 hanno avuto un interessamento del sistema nervoso, è stato il virus neuroinvasive, un virus che viene trasmesso da un vettore che può essere una qualsiasi zanzara. Quindi, c'è una pericolosità per il fatto che è possibile, in zone dove, appunto, il clima lo consenta, essere, in qualche modo, infettati.
L'altra epidemia molto grave, e definita dall'Istituto superiore di sanità come unica al mondo, è quella da polmonite in una zona compresa fra la provincia di Brescia, in particolare, e la provincia di Mantova.
Per quanto riguarda il primo fenomeno, ricordo che già nel 2015, in ottobre, con l'interrogazione n. 4/10884, posi appunto l'accento sull'esistenza di studi che affrontavano proprio il tema. La febbre del Nilo è nota in Italia dal 2008 e alcuni studi ecologici documentavano, già dagli anni precedenti, il fatto che gli spandimenti azotati, secondo Sanford, che pubblicò i dati sul Journal of Entomology, aumentano di 9,4 volte la presenza di zanzare sul territorio oggetto dello spandimento, chiaramente, in zone umide. E si è verificato anche quest'anno che una gran parte dei casi segnalati, basta mappare le notizie di stampa, avvengono in zone dove sono avvenuti importanti spandimenti: a Castelletto Borgo, nel comune di Mantova, in realtà, neanche in provincia, dove c'è una centrale a biogas che espande digestati, ad Adria, in provincia di Rovigo, con importanti spandimenti di fanghi, gessi di defecazione e altre amenità. Cosa succede quando ci sono questi casi di grave malattia? Purtroppo, ci sono stati anche una decina di decessi da febbre del Nilo, quest'anno. Si utilizzano, appunto, queste tattiche, queste strategie larvicide per annullare l'esistenza delle zanzare intorno all'abitazione delle persone colpite, ma non si fa nulla per evitare, dall'altro lato, la proliferazione delle zanzare. Quindi, non si è mai intervenuto, finora, con lo stop agli spandimenti. Questa è una delle cose che porto all'attenzione del Governo, ma, in realtà, anche degli altri enti competenti, perché sappiamo che c'è una competenza molto vasta su questi fenomeni di salute e di ambiente che va in capo alle regioni, ma anche in capo agli enti locali e ai sindaci.
Le regioni coinvolte vedono tutta una serie di criticità ambientali molto forti; c'è un'importazione, per esempio, in Lombardia, di 600 mila tonnellate di fanghi ogni anno, di fanghi di depurazione provenienti da altre regioni ed è chiaro che il fango di depurazione, parliamo dei depuratori civili, delle acque bianche, acque nere e fognature, è un rifiuto che va gestito, però, questo trasporto, questo traffico di rifiuti da regione a regione ha assunto delle caratteristiche assolutamente, a mio parere, di insostenibilità che determinano un impatto cumulativo che, forse, c'entra anche con queste epidemie. Addirittura, il fango, parliamoci chiaro, dopo aver fatto 500-600 chilometri, cambia anche struttura e forse cambia anche codice CER. Tanto che alcuni comuni lombardi, nella zona di Lodi e di Pavia, hanno fatto ricorso al tribunale amministrativo contro le leggi regionali, le delibere della regione Lombardia che allargavano, per esempio, il contenuto chimico sul fango stesso, fino a 10 mila milligrammi per chilogrammo di idrocarburi, sul fango tal quale. E i comuni si sono sentiti non tutelati dalla regione da questi provvedimenti.
Questo ricorso è stato vinto, e il TAR ha espresso un suggerimento normativo per cui ci si debba riferire al decreto legislativo n. 152 del 2006, per definire…
PRESIDENTE. Onorevole Zolezzi, lei mi permette, se salutiamo i bambini della scuola primaria “Istituto Maestre Pie Filippini”, che sono venuti qui da noi e stanno andando via (Applausi).
Grazie, onorevole Zolezzi. Mi scusi, prego.
ALBERTO ZOLEZZI (M5S). No, grazie a lei e grazie alle scuole che vengono qui.
Per cui sarà importante capire come fare. Adesso c'è un tavolo aperto, ed è importante che si ragioni su queste normative per migliorare il testo, in qualche modo, su cui aveva lavorato il Ministero di Galletti. È un testo importante perché poi ha delle implicazioni ambientali, e anche a mio parere sanitarie molto importanti. Apparentemente regione Lombardia aveva ragionato su una logica speculativa, a mio parere. Ricordo che l'assessore alle attività produttive regionale dalla scorsa consiliatura era Parolini: Parolini ha un fratello che di lavoro fa appunto il fanghista, che non è una brutta parola, però forse acquisisce un'accezione negativa perché proprio è uno degli stabilimenti che importa più fanghi da altre regioni, quindi non attua una gestione ambientale bensì una gestione speculativa. Adesso è importante cercare di capire come fare per migliorare la tutela ambientale, e quindi porsi qualche limite migliorativo sul discorso del contenuto di idrocarburi, ma in generale sulle importazioni ed esportazioni, sulla tracciabilità; e questo è un po' lo stimolo che cerco di offrire al Governo.
Noi abbiamo quindi l'altro fenomeno grave, quello della polmonite. La polmonite è un po' una violazione della sicurezza del cittadino. Al di sotto del laringe (mi trovo ad affrontare il tema anche della mia professione di medico pneumologo) non ci sono germi, e la polmonite è un fenomeno per cui una condizione normale viene sovvertita: i germi proliferano e causano appunto un'infezione, che può produrre gravi lesioni del polmone. In questo caso, in alcuni dei casi, oltre 50 casi, su 550, quindi un numero elevatissimo di casi di polmonite, è stata isolato il germe della legionella: è un germe che non è trasmissibile per via da uomo a uomo, insomma non è una polmonite contagiosa; l'infezione avviene però tramite particelle di acqua contaminata o particelle di polvere e terriccio umido. Questa sicurezza dalla persona che è stata violata… Può entrare un ladro a casa nostra, ma può entrare anche un germe nelle nostre vie respiratorie, se c'è un fenomeno per cui c'è una proliferazione molto elevata, come apparentemente è stata nella zona del Mantovano e del Bresciano.
Sono state date varie notizie, anche dagli enti più competenti e più titolati a parlare; però sono state dette anche alcune sciocchezze: probabilmente queste torri di raffreddamento tramite il vento hanno portato la polmonite dal nord, da Lonato, Montichiari fino al sud, a Calvisano, Remedello, Asola in provincia di Mantova. In realtà il vento in quelle zone non è mai andato da nord a sud in queste settimane. In realtà c'è un fiume che scorre da nord a sud, che è il Chiese: già ad inizio agosto era stato definito dagli enti locali come una bomba batteriologica, dagli enti locali di controllo, dalla stessa ATS di Brescia; erano tempi non sospetti. I campionamenti sul fiume sono risultati in molti casi positivi, però non è stata emanata alcuna ordinanza particolare relativamente a quel fiume.
Si sono verificati anche 5 decessi confermati da legionella e oltre 200 ricoveri, anche con una spesa sanitaria, come ho detto all'inizio. Ricordo che solo per il 30 per cento delle polmoniti si riesce in qualche modo a definire qual è la causa, per cui 50 già confermate potrebbero essere almeno tre volte tanto, e forse tutta l'epidemia è data da legionella, o da germi comunque molto simili. La legionella prolifera su tubazioni idriche; di solito viene chiamato in causa l'approvvigionamento idrico, la rete italiana che è un po' un colabrodo. Ma in questo caso forse è successo un fenomeno unico al mondo, è successo qualcosa di diverso, perché la legionella in realtà ha bisogno di nutrimento: il fosforo, l'azoto delle acque inquinate, che possono essere inquinate da fanghi digestati e rifiuti vari molto abbondanti nella zona del Bresciano; ricordo che ci sono oltre 85 milioni di metri cubi di rifiuti nella provincia di Brescia sparsi in varie discariche, più o meno autorizzate. La legionella si nutre di manganese, di ferro, e queste sono le stesse sostanze che si vogliono disciplinare nella normativa sui fanghi, perché ce ne sono in grandi quantità. La legionella cresce in condizioni di alta temperatura, e questa stagione, chiaramente legata a un cambiamento climatico più generale, l'ha favorita.
Erano 500 i casi nel 2005, si è arrivati a 1.200 nel 2017, e quest'anno si sono già superati i 1.500, e non siamo ancora alla fine del conteggio. Sicuramente ci sono anche fenomeni generali; però questa specifica epidemia sembra che potrebbe essere per la prima volta correlata ad un discorso ambientale. Per cui chiedo al Governo se intenda migliorare lo studio del rapporto fra ambiente e salute, correlare eventualmente lo spandimento di fanghi ed altri effluenti azotati al al virus West Nile e porre dei limiti precauzionali allo spandimento intorno alle case delle persone colpite, così come si fa del resto per l'emissione delle polveri sottili PM10. Studiare una concausa ambientale della legionellosi e provvedere alla bonifica, e ridurre la pressione ambientale di queste zone, che sono praticamente un girone infernale, tra Brescia e Mantova, con spandimenti di ogni tipo, scarichi nel fiume Chiese e quant'altro. E soprattutto, quindi, operare sia sul decreto legislativo n. 99 del 1992 sui fanghi, ma su tutta la normativa degli spandimenti in un'ottica di sostenibilità.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.
SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Presidente, ringrazio gli onorevoli interpellanti. Con riferimento alle questioni poste sulla base degli elementi acquisiti, occorre premettere innanzitutto che la normativa vigente riguardante lo spandimento dei fanghi di depurazione delle acque è il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99. Tale norma stabilisce le caratteristiche, le modalità e le condizioni in base alle quali i fanghi possono essere utilizzati in agricoltura, definendo tra l'altro i parametri da analizzare e le relative concentrazioni limite. Si tenga presente inoltre che allo stato attuale la procedura normativa stabilisce che le regioni, nell'ambito del rilascio delle autorizzazioni, possono prevedere autonomamente ulteriori limiti e condizioni per l'utilizzazione dei fanghi in agricoltura, ma solo al fine di dettare norme più stringenti volte ad assicurare livelli di tutela più elevati.
Per quanto concerne l'attuale situazione epidemiologica, il Ministero della salute ha evidenziato di aver immediatamente richiamato l'attenzione sull'osservanza di quanto stabilito dal Piano nazionale integrato di sorveglianza e risposta, che regola la sorveglianza epidemiologica dei casi umani del West Nile in Italia. Il Ministero della salute ha ricordato inoltre di aver aggiornato nel 2015 le linee-guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche, con l'ausilio tecnico-scientifico dell'Istituto superiore di sanità e di figure istituzionali esperte del settore.
Per quanto riguarda più specificamente i casi di polmonite tra le province di Mantova e Brescia, sempre secondo quanto riferito dal Ministero della salute, è in corso l'inchiesta epidemiologica e microbiologica di tutti i casi al fine di trovare un'esposizione comune, e sono in corso anche azioni specifiche per identificare la fonte e i metodi di trasmissione del batterio. Al momento prosegue la ricerca clinica sui singoli casi per confermare l'agente eziologico delle polmoniti nei pazienti ricoverati. La rete di distribuzione dell'acqua potabile dei comuni coinvolti è stata controllata, ed è stata esclusa la possibilità di collegamenti tra i comuni; sono comunque stati effettuati campionamenti alle reti idriche in più di 50 punti campionati presso le abitazioni di soggetti con diagnosi di legionellosi.
Sono stati effettuati inoltre campionamenti per la ricerca del batterio legionella anche sulle torri di raffreddamento degli insediamenti industriali della zona: gli esiti, positivi in nove casi su dieci, in tutte e tre le aziende coinvolte, hanno portato ATS, Agenzia di tutela della salute, in base al principio di precauzione a richiedere ai sindaci dei tre comuni interessati l'emissione di un'ordinanza contingibile ed urgente a carico delle ditte per un intervento di sanificazione degli impianti. La regione Lombardia ha segnalato altresì che da 10 anni investe sull'attività di prevenzione del West Nile, integrando la disposizione ministeriale con specifici piani regionali di sorveglianza.
Per quanto concerne, più in particolare, l'incremento del numero dei casi registrati nel territorio regionale negli ultimi mesi, la regione ha evidenziato di aver posto in essere da subito azioni volte ad identificare i casi di legionellosi, ad identificare la fonte e le modalità trasmissione del batterio, alla comunicazione alla popolazione, al coordinamento delle indagini, in costante raccordo con il Ministero dalla Salute e l'Istituto superiore di sanità.
In ordine al tema delle pressioni ambientali, con particolare riferimento all'ambito degli impianti di gestione dei rifiuti, sempre secondo quanto riferito dalla regione Lombardia, sin dal 2014, con l'approvazione del programma regionale di gestione rifiuti, la stessa ha istituito e regolamentato il cosiddetto fattore di pressione per le discariche, criterio localizzativo finalizzato a impedire in maniera specifica su tutto il territorio regionale la realizzazione di impianti di rifiuti nelle aree in cui questi risultano già presenti con elevata concentrazione, determinando un rilevante impatto negativo sull'ambiente circostante. Tale criterio è stato ulteriormente modificato nel 2017 in senso più restrittivo. Sulla base di quanto previsto dalla legislazione regionale, inoltre, e a tutela della specificità territoriale, singole province possono ulteriormente prevedere, nel rispetto del programma regionale dei rifiuti e in base alla previsione di specifici strumenti di pianificazione territoriale, le aree idonee e quelle non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti urbani e speciali.
Ciò premesso il Ministero dell'ambiente, per quanto di competenza, di concerto con il Ministero della Salute e gli altri enti preposti in materia sanitaria, avrà cura di approfondire, mediante idonei strumenti, se esistano correlazioni tra le patologie sopra riscontrate e specifici inquinanti ambientali, adottando le conseguenti misure di prevenzione.
Alla luce delle informazioni esposte, si ritiene opportuno evidenziare, infine, che il richiamato decreto legislativo n. 99 del 1992, di recepimento alla direttiva n. 86/278/CEE, appare non più adeguato alle più recenti acquisizioni tecnico-scientifiche soprattutto per quanto attiene alle valutazioni degli effetti a lungo termine dell'utilizzo dei fanghi sul suolo. Per questa ragione, a livello nazionale, si è ritenuto necessario provvedere ad un aggiornamento degli allegati al suddetto decreto per adeguarli al progresso delle conoscenze scientifiche in materia, soprattutto per quanto riguarda i limiti di concentrazione stabiliti per determinati inquinanti organici, quali idrocarburi policiclici aromatici, PCB, diossine e furani e anche per alcuni parametri microbiologici, segnatamente salmonelle e colifagi somatici. A tal fine, il Ministero dell'Ambiente ha intrapreso da tempo i lavori di aggiornamento, mediante norma regolamentare, degli allegati al suddetto decreto legislativo fin dal dicembre 2016, unitamente agli studi scientifici di rilevanza nazionale, ISPRA e Istituto superiore di sanità, al Ministero dello Sviluppo economico, al Ministero delle Politiche agricole e al Ministero dalla Salute. Nell'aprile del 2018 l'ultima proposta di regolamento è stata inviata al Consiglio di Stato che, in sede consultiva, ha manifestato l'opportunità di acquisire l'avviso della Conferenza Stato-regioni, la quale, nella ultima riunione del 23 luglio scorso, ha espresso il parere di competenza, alla presenza di ISPRA e dell'Istituto superiore di sanità. Il Ministero assicura che il procedimento, già in corso, sarà seguito con la massima attenzione affinché siano, in ogni caso, garantiti elevati livelli di tutela ambientale.
PRESIDENTE. Il deputato Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Ringrazio il sottosegretario Micillo e, per lui, tutto il Governo, per l'attenzione a questo tema, sicuramente complesso. Come dicevo, la competenza è davvero spalmata su più enti, ma gli enti non devono rimbalzare su altri da quello che possono fare. Per esempio, in regione Lombardia, oltre al citato ricorso al TAR di quaranta comuni, è nato un comitato di tutela dei suoli agricoli lombardi, di cui, da semplice cittadino, faccio parte anch'io. Sono state fatte proposte assolutamente di buonsenso per portare gli spandimenti ad un minimo di 500 metri dai centri abitati, per tracciare tutto quello che viene sparso in termini di agroindustrie, non di agricoltura, quindi, quelli che sono i digestati da impianti industriali che trattano rifiuti vari, che trattano scarti di concia delle pelli, in Lombardia c'è molta fantasia anche in quello che viene sparso; però deve essere tracciato. Devo capire dove e quando lo spando, anche perché prima c'era una scuola qui, c'è un'inchiesta, che non ha mai portato a risultati, sulla scuola di Montichiari, in provincia di Brescia, evacuata per dei miasmi, non si è capito se fosse uno spandimento di fanghi, gessi o meno.
Devono essere fatte analisi del suolo prima e dopo gli spandimenti, inteso alla fine della stagione e vedere l'acidità del suolo se può accogliere o meno fanghi o altro. Devono essere dosati i metalli pesanti e deve esserci comunque un limite di spandimento anche per quello che esce dal ciclo dei rifiuti, come appunto per quanto riguarda i gessi. Questo potrà essere uno spunto anche per la normativa nazionale. Comuni come Rodigo, Mariana Mantovana e Asola, in provincia di Mantova, si sono dotati di un regolamento che ha passato i vagli, anche amministrativi locali, ed è possibile farlo, ed è possibile chiedere una tutela maggiore per il proprio comune, che poi può stimolare anche la legge regionale e poi quella nazionale. Spiace leggere comuni, come Volta Mantovana, che dichiarano la propria incompetenza al tema ma il sindaco è un'autorità sanitaria locale, tanto più in questi frangenti, quindi converrebbe che si dotassero di regolamenti di questo tipo.
Sicuramente io continuerò a spingere perché soprattutto sulla West Nile si impongano limiti allo spandimento, soprattutto se si trovano dei casi di malattia, perché chiaramente è inutile che da un lato, do il pesticida e poi do il fertilizzante per le zanzare, con uno spandimento. In realtà, questo può essere portato come aiuto anche nel caso della polmonite – c'è un forte sospetto da parte anche dello stesso Istituto superiore di sanità, per le parole nel dottor Rezza, che ci sia una possibile correlazione ambientale – e dare una distanza intorno ai casi.
Questo comunque sarà anche uno dei temi che porterò all'attenzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli illeciti nel ciclo dei rifiuti, sulle ecomafie, perché chiaramente qui andiamo a scavalco tra reato ambientale e danno sanitario. Ricordo che c'è un'inchiesta sia della procura di Brescia che di quella di Mantova su questi casi. Esiste una letteratura molto forte, andare solo a cercare la legionella nelle torri di raffreddamento, secondo letteratura statunitense, non è sufficiente, perché sì, ci può essere la propagazione ma, in realtà, ci possono essere anche altre cause. Bisogna conoscere quel territorio, dove appunto c'è un record di spandimenti, record di nitrati nelle acque, sia di falda superficiale che profonda, addirittura siamo a 120 a Castiglione delle Stiviere, sono un po' delle paludi quelle zone, paludi proprio per motivi antropici e non per motivi naturali, perché proprio diventano un ricettacolo di ogni tipo di spandimento. Per cui è necessario cercare anche l'eventuale causa d'acqua contaminata, che poi diventa un fertilizzante per la legionella. Se una torre di raffreddamento aspira acqua contaminata o nutriente per la legionella è diverso che se aspira un'acqua diversa e, quindi, può essere quello che ha favorito questa epidemia, altrimenti avremo avuto l'epidemia in tutta Italia, se fosse stato solo un motivo di clima. Grazie al cielo, non è stato così. Negli Stati Uniti, le torri di raffreddamento hanno la legionella sia al nord che al sud, in Florida, ma non c'è la stessa proporzione di epidemie, non è proporzionata neanche al clima. Per cui è giusto che gli enti facciano studi anche locali e che possano, in via tutelativa e cautelativa, cercare di fare anche qualcosa di impopolare. Ho iniziato un'interlocuzione anche personale con l'ATS di Brescia chiedendo che vengano fatti i campionamenti ed esami microbiologici anche della falda sottostante a questi stabilimenti, cartiere, acciaierie, attività produttive che aspirano acqua dalle falde per le torri di raffreddamento. L'accertamento microbiologico è competenza della ATS; allo stesso modo, ho iniziato un'interlocuzione con ARPA per stimolare che venga anche presa l'acqua di falda, per capire in che condizioni è, ed esprimersi se è il caso di fare qualche accertamento specifico e qualche ordinanza specifica. Adesso sicuramente, con la temperatura che finalmente si sta un po' riducendo, si ridurrà la proliferazione della legionella, ma per gli anni prossimi è impossibile non prendere precauzioni per prevenire nuove epidemie e nuovi disastri.
Per quanto riguarda la polmonite, bisogna pensare anche a quel fiume, il fiume Chiese, questa sorta di Stige, di fiume infernale, ci sono briglie, ci sono derivazioni idroelettriche, c'è la pesca a scopo anche ludico, probabilmente andava fermata.
Il principio di precauzione dice questo, non è che devi essere proprio sicuro che sia quello, però abbiamo visto gruppi interi di pescatori che sono andati a pescare e si sono presi la polmonite, persone residenti vicino alle derivazioni idroelettriche, dove c'è appunto questa cascata che libera goccioline, che si sono prese la polmonite e qualcuno è anche, purtroppo, deceduto. Poi occorre valutare cosa fare. Voglio dire che non è che bisogna vergognarsi di mettere un cartello con scritto: attenzione all'acqua. Se è così, se l'acqua è risultata contaminata, bisogna segnalarlo.
Vi è lo scarico di acqua calda. Ci sono stabilimenti che scaricano acqua calda nel fiume Chiese, come alcune cartiere e acciaierie. Probabilmente, in quella fase, per un tempo limitato, poteva essere bloccata l'attività - purtroppo, con la salute non si scherza - limitando gli spandimenti limitrofi a centri abitati e al fiume.
Questa è una delle competenze più importanti dell'assessorato regionale alla sanità e io spero che possano avere coraggio. Non è che ci si aspetta che dicano qualcosa, Gallera ha 150 casi di polmonite; l'assessore regionale alla sanità ha detto che si era superato il picco e adesso siamo a 150. Ha detto che la causa era nelle torri di raffreddamento e poi si è visto che il vento da lì non andava nella giusta direzione. Quindi, non è che bisogna per forza trovare il giorno dopo la soluzione e mettere in campo la bacchetta magica. Però, bisogna seguire il problema e capire che, se poi c'è da lavorare col collega Cattaneo, assessore all'ambiente, bisogna farlo dando delle prescrizioni stringenti, dicendogli che magari alcune leggi regionali non hanno senso. Gallera ha già fallito sull'ospedale di Mantova, sulle linee guida oncologiche non rispettate, secondo quanto ha detto l'allora Ministro Lorenzin in quest'Aula; ha continuato a frequentare gruppi che, secondo la stampa, sono riferibili al neonazismo. Lo invito a concentrarsi molto su questo tema, perché lui ha in mano buona parte delle possibilità di intervenire, anche - ripeto - con ordinanze temporanee, in attesa di avere poi più risposte.
Ricordo che l'assessore Cattaneo preme sullo sblocco, in un certo senso, della normativa sui fanghi. Questi episodi, invece, devono fare capire che c'è da ragionare. Lo sblocco lo stiamo cercando anche con decreti con il Governo, in collaborazione con le varie forze di Governo, ma lo sblocco deve essere mirato poi ad avere davvero una normativa di tutela e di sostenibilità anche economica, perché è inutile portare i fanghi nelle altre regioni, comunque non sarà mai sostenibile.
Questa vicenda sicuramente pone la parola fine al depuratore unico, che si voleva fare a Visano per tutti gli abitanti del lago di Garda (400 mila). Un depuratore unico, proprio nel cuore della zona delle polmonite, con ulteriori spandimenti, chiaramente avrebbe scaricato anch'esso nel fiume Chiese. Probabilmente, almeno questo, in maniera tragica ce lo siamo tolti.
Ricordo anche che la polmonite può dare cicatrici, cicatrici molto importanti che possono rimanere. Ci sono le indagini, ma i cittadini potranno anche rivolgersi alla magistratura, facendo loro stessi degli esposti. So che c'è un comitato che sta partendo a Montichiari. Suggerisco a tutti gli attori in campo di affrontare con trasparenza la questione e le normative. Questa trasparenza sarà quella che aiuterà a rendere, forse, trasparenti anche i polmoni delle persone colpite da questa epidemia.
PRESIDENTE. Salutiamo anche l'associazione 50&Più Varese, che è venuta oggi in visita alla Camera (Applausi).
(Iniziative normative volte ad introdurre deroghe alla disciplina relativa alla salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, allo scopo di consentire interventi mirati di lotta biologica - n. 2-00105)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Parentela ed altri n. 2-00105 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Parentela se intenda illustrare la sua interpellanza. Ne ha facoltà.
PAOLO PARENTELA (M5S). Grazie Presidente. La stragrande maggioranza dei prodotti agricoli, quali vite, olio, agrumi, pomodoro, kiwi, castagne e miele, è minata da fitopatie e parassiti aggressivi, che ogni anno falcidiano intere coltivazioni, con una mancata produzione da nord a sud del territorio nazionale.
L'effetto dei mutamenti climatici e le importazioni di prodotti agricoli potrebbero essere verosimilmente all'origine di un preoccupante proliferare di fitopatie, specie virus, funghi e insetti, che stanno attaccando pesantemente le eccellenze italiane della filiera.
Secondo la Commissione europea, le specie esotiche invasive, non solo sono una causa della crescente perdita di biodiversità ed estinzione delle specie, ma possono anche essere vettori di malattie o causare direttamente problemi alla salute umana.
Tali specie possono danneggiare infrastrutture e impianti, ostacolare la selvicoltura o causare grosse perdite agricole. I costi dei danni, provocati delle specie esotiche invasive nel territorio unionale, ammontano a circa 12 miliardi di euro l'anno, secondo la valutazione d'impatto della Commissione.
In Italia, purtroppo, siamo alle prese con diversi esempi. Nel caso dell'olivo, i problemi sono causati da una famigerata mosca olearia, che qualche anno fa ha causato una riduzione totale dell'80 per cento della produzione di olio. In Puglia conosciamo benissimo la diffusione del batterio xylella fastidiosa, che sta causando una vera e propria emergenza fitosanitaria. Inoltre, abbiamo anche diverse infestazioni delle superfici investite dal cinipide, che è un imenottero particolarmente dannoso per il castagno, originario della Cina, segnalato per la prima volta qui in Italia nell'anno 2002, in provincia di Cuneo. È stato introdotto accidentalmente, a seguito dell'importazione di materiale vegetativo non adeguatamente certificato dal punto di vista fitosanitario; ha quindi azzerato le produzioni di castagne, generando un danno di oltre 200 milioni di euro.
Poi abbiamo le api italiane, che sono minacciate da virus, parassiti e predatori, molti dei quali importati, come ad esempio la vespa velutina, il coleottero sudafricano e la aethina tumida che ha colpito alcune regioni del nord, come la Calabria e la Sicilia. Insomma, per questa fattispecie, le larve si nutrono di miele, di cui ne alterano irreversibilmente le caratteristiche organolettiche. In Calabria risultano distrutte, secondo i dati aggiornati del 2015, oltre 3 mila famiglie di api e la flessione dei volumi del miele prodotto è stata una diretta conseguenza.
Poi abbiamo altri problemi, potrei fare un elenco infinito. Abbiamo anche la popillia japonica, un piccolo scarabeo asiatico, che è in grado di attaccare fino a 300 specie vegetali. Questo in Europa è considerato, appunto, un insetto da quarantena.
Quindi, i coltivatori italiani sono molto preoccupati da questa globalizzazione dei parassiti, in quanto si trovano a fare i conti con specie che sono originarie, ad esempio, dell'Asia o delle Americhe e per le quali il nostro ambiente non è preparato e in alcuni casi non ha quindi i predatori naturali. È fondamentale, quindi, trovare questi antagonisti naturali, così come si è fatto con l'insetto parassitoide, che è il torymus, che è stato usato contro il cinipide galligeno del castagno per tentare di ricostruire un equilibrio ecologico.
È necessario, quindi, che la ricerca e la sperimentazione di nuove tecniche di monitoraggio e di prevenzione ad ampio raggio tutelino i territori da queste nuove specie aggressive di parassiti in tempi utili, ad evitare la propagazione e preservare quindi i nostri raccolti e i nostri frutti.
L'agricoltura italiana, quindi, non può perdere questa sfida. Verrebbe ulteriormente compromessa la credibilità del sistema fitosanitario del nostro Paese, nei confronti ad esempio della Commissione europea, che ha già aperto le procedure di infrazione sul caso della xilella, degli Stati membri, ma anche da parte dei Paesi terzi che importano i nostri prodotti vegetali. Quindi, questa credibilità e già messa a dura prova dalle recenti emergenze fitosanitarie di cui vi ho parlato.
La lotta biologica è una tecnica, che sfrutta i rapporti di antagonismo tra agli organismi viventi, per contenere le popolazioni di quelli dannosi. Questa tecnica si è evoluta nel corso degli anni, soprattutto ai fini agronomici e, in genere, si applica appunto in campo alimentare, per la difesa delle colture e delle derrate alimentari, ma può anche essere usata anche per altre questioni, in ogni contesto dove si richiede il controllo della dinamica di popolazione di qualsiasi organismo. Quindi, il sistema Italia, il sistema agricolo, ambientale e forestale italiano, deve potere ricorrere a questo metodo per cui, quando arriva una specie esotica dannosa, si possano andare a ricercare, nei luoghi di origine di questa specie, eventuali antagonisti naturali, testarli, non solo con prove di efficacia, ma anche con analisi di rischio. Infatti, quando li importiamo per fare un lavoro, vogliamo che servano a quello e non facciano ovviamente più danni di quelli che vogliamo controllare.
Questo lavoro è stato fatto ed è approvato anche a livello internazionale, soprattutto ad esempio sul caso della cimice dei pinoli, però è tutto bloccato.
Infatti, il problema è che il nostro Paese, l'Italia, nel recepimento della direttiva UE Habitat, che appunto serve per la protezione degli ambienti naturali, ha sottolineato l'importanza di non introdurre liberamente specie aliene. Dovrebbe aggiungere una specifica che riguarda i percorsi in deroga, per applicare in tutto e per tutto metodi di lotta biologica, cioè fare in modo - come ho detto prima - che, per le specie aliene, per cui non riusciamo a trovare degli antagonisti naturali nel nostro territorio, si possa arrivare a interventi di lotta biologica, che però prevedono appunto un percorso autorizzativo molto severo e attento.
La ricerca pubblica italiana, quindi, ha trovato gli antagonisti naturali per salvare diverse produzioni tipiche, ma non può immettere in natura queste specie perché l'Italia è l'unico Paese al mondo con questo vulnus normativo, che non consente l'immissione in natura di questi antagonisti naturali nelle specie aliene, che stanno falcidiando tante produzioni agricole, simbolo del nostro made in Italy.
“E' sconfortante aver trovato soluzioni di lotta biologica e non avere la possibilità di utilizzarle”: queste sono le parole del ricercatore, Pio Federico Roversi, entomologo del centro di ricerca Difesa e Certificazione del CREA, il quale ci ha ricordato anche qualche settimana fa - nel corso di un'audizione svolta in Commissione agricoltura, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla Xylella – nuovamente, dopo diversi anni, di sbloccare questa imbarazzante situazione.
“La mancanza di una specifica legislazione per l'attuazione di interventi di lotta biologica classica” - osserva lo stesso Roversi - “pone l'Italia a rischio di gravi danni ambientali, conseguenti all'intensificarsi di introduzioni accidentali di insetti e altri organismi dannosi”. Insomma, oltre al danno - l'entrata di avversità - abbiamo questa beffa, rappresentata dall'impossibilità di difendersi con tecniche bio.
Quindi, noi con questa interpellanza chiediamo al Ministro dell'ambiente se intenda assumere iniziative per rivedere urgentemente questo quadro normativo vigente, al fine di introdurre deroghe che consentano, ancorché in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali interessati, né alla fauna, né alla flora selvatiche locali, interventi di lotta biologica con l'utilizzo di antagonisti naturali provenienti da altri areali.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.
SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente, grazie agli onorevoli interpellanti. Allora, con riferimento alle questioni poste, si fa presente, in via preliminare, che il DPR dell'8 settembre del 1997, n. 357, dispone, all'articolo 12, comma 3, un divieto radicale alla reintroduzione, all'introduzione e al ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone. Ai sensi dei commi 1 e 2 della medesima disposizione, invece, il ripopolamento delle specie autoctone è consentito sulla base di linee-guida adottate dal Ministero dell'ambiente e previa autorizzazione rilasciata dal medesimo Ministero secondo le modalità e con le garanzie previste dalla norma in questione.
Il predetto divieto si è rilevato nella pratica eccessivamente stringente, atteso che lo stesso impedisce l'introduzione di specie alloctone in qualsiasi evenienza, ivi compresa la lotta biologica. Il carattere fortemente restrittivo del divieto in parola emerge anche in relazione all'articolo 22, paragrafo 1, lettera b), della “direttiva Habitat”, alla quale l'articolo 12 del predetto DPR n. 357 dà attuazione. Secondo tale previsione, infatti, in materia di introduzione di specie alloctone, occorre che gli Stati membri adottino particolari cautele, che non si traducono tuttavia necessariamente in un divieto secco ed inderogabile.
Alla luce del predetto quadro normativo, è attualmente in corso l'iter per la modifica dell'articolo 12 del più volte citato DPR. Più nello specifico, si tratta di una modifica che, ove definitivamente approvata, tempererebbe il divieto in oggetto, consentendo l'immissione anche di specie e di popolazioni non autoctone, con le garanzie derivanti dalla prevista necessità di linee-guida ministeriali e dall'autorizzazione caso per caso del Ministero all'ambiente, in linea con la “direttiva Habitat”.
Questa proposta trova riscontro anche nei rilievi tecnici dell'ISPRA, secondo la quale, pur essendo il predetto divieto condivisibile in linea di principio, l'introduzione controllata di agenti esotici ai fini di controllo biologico può concorrere a combattere gli impatti di specie esotiche invasive vegetali e animali, contribuendo quindi in alcune circostanze alla tutela ambientale.
Ciò, naturalmente, a condizione che l'attività sia attentamente pianificata, anche prevedendo test specifici sugli agenti, valutata con una rigorosa analisi del rischio e, se del caso, anche sottoposta ad un attento monitoraggio post rilascio.
PRESIDENTE. Il deputato Parentela ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
PAOLO PARENTELA (M5S). Grazie, Presidente. Siamo molto soddisfatti della risposta del sottosegretario Micillo, che ringrazio per l'attenzione, su questo tema che - come ho ricordato prima - è fondamentale sia per il nostro ecosistema, sia per tutto il sistema agroalimentare del nostro Paese, che appunto dovrebbe essere un Paese che dimostra al mondo intero come si potrebbe portare avanti questa virtuosità senza danneggiare l'ecosistema con i prodotti fitosanitari che sono molto dannosi per l'ambiente e la salute umana.
Quindi, è un'ottima notizia. La raccomandazione che facciamo è quella di cercare in tutti i modi di velocizzare, visto che sono diversi anni che si attende questo provvedimento, soprattutto da parte dei nostri ricercatori italiani, che sono sempre, perennemente e quotidianamente alle prese con i problemi di cui ho parlato prima.
Siamo molto soddisfatti dell'attenzione di questo Governo, attendiamo quindi che si possa sburocratizzare questo iter che permetta al nostro Paese di attivare la lotta biologica.
Colgo l'occasione per ricordare che la Commissione agricoltura, anche nella precedente legislatura, si era occupata di questo tema, sia con atti di sindacato ispettivo, ma anche con atti di indirizzo al Governo. Infatti, fu approvata una risoluzione all'unanimità, quindi votata da tutti i gruppi, proprio per impegnare il Governo a sbloccare questa spiacevole situazione, ma anche ad affrontare, a 360 gradi, tutta la questione legata alla globalizzazione dei parassiti e delle fitopatie, tant'è vero che, oltre appunto a sbloccare la situazione relativa alla lotta biologica, abbiamo previsto anche importanti iniziative che ci auguriamo questo Governo possa portare avanti, visto che quello precedente non lo ha fatto.
Bisognerebbe innanzitutto partire con l'istituire, presso magari il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e del turismo, una cabina di regia con il compito di coordinare le attività del servizio fitosanitario nazionale con tutti i soggetti istituzionali coinvolti per affrontare queste emergenze e prevenire soprattutto l'introduzione e la diffusione di nuovi organismi nocivi e contrastare gli organismi nocivi da tempo insediati sui nostri territori, al fine di evitare questi danni legati al settore primario.
Inoltre occorrerebbe, oltre all'istituzione di questa cabina di regia per coinvolgere anche gli enti locali, le regioni e soprattutto gli enti di ricerca, l'università e ovviamente anche il CREA, promuovere anche in sede europea l'adozione di strumenti, che prevedano in caso di emergenza fondi destinati ai piani di lotta.
Occorre che l'Europa insomma, non solo si occupi di sanzionare magari il nostro Paese se è in ritardo nell'intraprendere queste lotte, ma porti avanti, insieme a tutti gli Stati membri, una strategia europea appunto per applicare nel migliore dei modi questi piani di lotta e condividere, soprattutto con i servizi fitosanitari regionali e con il supporto specifico anche di entomologi e microbiologi, le strategie attuali e future sia di lotta biologica, che di risanamento dei suoli, anche a fronte appunto dei mutamenti climatici in atto, al fine di garantire una efficacia in tutti quei territori dove è stata riscontrata l'emergenza.
Inoltre, un altro problema che ci è stato segnalato anche dal CREA è che, al fine di poter operare una vigilanza con una maggiore efficacia, bisognerebbe razionalizzare i punti di entrata.
Su questo argomento apro una piccola parentesi: un problema serio del nostro Paese è che ha troppi punti di entrata, quindi bisognerebbe razionalizzare i punti di entrata del nostro Paese e potenziare le strutture operative ufficiali preposte per eseguire i controlli appunto sugli scambi commerciali internazionali, con l'obiettivo di contenere e prevenire l'introduzione deliberata nel territorio nazionale e unionale di specie invasive alloctone e dannose.
In ultimo, auspichiamo che al più presto si possa sburocratizzare questo iter, bisogna anche sostenere la ricerca per quanto riguarda la riconversione agro-ecologica del nostro settore primario. L'ISPRA, che dà ragione alla nostra tesi, quella di portare avanti la lotta biologica, ogni anno avverte la classe politica di intraprendere azioni urgenti per limitare i danni che stanno causando diversi prodotti fitosanitari e pesticidi, che purtroppo hanno danneggiato il nostro ecosistema; si parla del 60 per cento di acque superficiali e di profondità inquinate da pesticidi e, quindi, la politica non può più girarsi dall'altra parte e deve affrontare direttamente e al più presto questi problemi per difendere veramente la qualità dei nostri prodotti e la qualità del made in Italy.
(Iniziative di competenza in materia di emissioni odorigene, anche tramite l'emanazione di linee guida volte alla riduzione dei conferimenti di rifiuti depositati all'interno di impianti autorizzati - n. 2-00117)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Vianello ed altri n. 2-00117 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Ermellino se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ALESSANDRA ERMELLINO (M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretario, le misure volte alla prevenzione e alla limitazione delle emissioni odorigene, che in base all'articolo 272-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 sono di competenza regionale, risultano, ad avviso degli interpellanti, in una certa misura carenti, alla luce dell'esistenza di alcune difficoltà di stabilire limiti identici rispetto a realtà industriali assai differenti.
Talvolta non vi sono obblighi in materia per quanto riguarda gli impianti dotati di autorizzazione integrata ambientale, i quali restano affidati soltanto a prescrizioni specifiche all'interno dei singoli procedimenti. A titolo esemplificativo, la regione Puglia si è dotata di una legge per le emissioni odorigene, nel tempo sottoposta a proroghe per l'entrata in vigore, fino all'adozione della nuova legge regionale 16 luglio 2018, n. 32, in una formulazione, sempre ad avviso degli interpellanti, inefficace a livello ambientale, peraltro recentemente oggetto di impugnazione anche da parte del Governo. Inoltre, numerose regioni non hanno neppure provveduto ad emanare specifiche leggi e linee guida, con lo scopo di disciplinare i casi di molestia olfattiva, ma solo direttive.
Per questo chiedo a lei, sottosegretario, se il Ministero interpellato intenda adottare iniziative per introdurre modifiche normative atte a dirimere le criticità poste dalla normativa vigente, se del caso emanando linee guida in materia di emissioni odorigene.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Salvatore Micillo, ha facoltà di rispondere.
SALVATORE MICILLO, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie Presidente e grazie agli onorevoli interpellanti. Con riferimento alle questioni poste, si segnala che è stato recentemente approvato il decreto legislativo n. 183 del 15 novembre 2017, recante Attuazione della direttiva (UE) 2015/2193.
Il provvedimento fornisce indicazioni in merito alla limitazione dell'emissione nell'atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi, nonché riordina il quadro normativo concernente gli stabilimenti che producono emissioni in atmosfera.
Tale provvedimento mira a legittimare le normative emanate dalle regioni sulle emissioni odorigene, oggetto di molteplici contestazioni e contestazioni legali, e a dare avvio ad un processo di sistemazione su scala nazionale della normativa ambientale per le emissioni medesime. Il predetto decreto ha, infatti, modificato l'articolo 272-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, prevedendo una specifica possibilità per la normativa regionale di reintrodurre misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene degli stabilimenti. Tale potere esisteva già in precedenza ed è stato per anni esercitato, sia pure in termini eterogenei, dalle autorità competenti sul territorio.
La norma si propone, pertanto, di assicurare, alla luce delle esperienze derivanti dalle applicazioni regionali locali, una base comune per la progressiva definizione di criteri uniformi a livello statale.
Questa finalità viene perseguita dal comma 2 del citato articolo 272-bis, che stabilisce la possibilità di elaborare indirizzi in relazione alle misure di limitazione delle emissioni odorigene, anche prevedendo specifici valori limitati e prescrizioni. Tale attività è in fase di avvio presso il Ministero dell'ambiente.
A ciò si aggiunga che, secondo quanto riferito dall'ISPRA, il sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, nell'ambito del programma triennale delle attività 2014-2016, esteso all'anno 2017, ha redatto un'apposita linea guida al fine di disporre di un quadro di riferimento comune, data l'eterogeneità delle esperienze acquisite e della metodologia di approccio utilizzato nella valutazione delle emissioni odorigene. La linea guida intende fornire agli enti di controllo informazioni utili per la scelta degli approcci adeguati ed effettuare un'azione di prevenzione, controllo e valutazione di tali emissioni, tenendo conto del più recente stato dell'arte relativamente alla normativa, alle metodologie utilizzabili e più robuste, alla ricognizione delle esperienze di successo in corso e alle tecnologie disponibili.
La programmazione e realizzazione della suddetta linea guida risponde, altresì, all'esigenza di approfondimento nell'ambito dell'attività del SNPA desumibile dall'attuale normativa ambientale nazionale, che non appare sufficientemente dettagliata a fronte della complessità della problematica e dell'impatto olfattivo.
Con riferimento al tema dell'autorizzazione integrata ambientale, premesso che l'articolo 272-bis, attesa la propria collocazione, non si estende agli impianti di gestione rifiuti, si segnala comunque che la valutazione dell'impatto olfattivo è presa in considerazione nell'ambito dei procedimenti autorizzativi dell'attività industriale, ove vengano prodotte emissioni odorigene. Ricorre, infatti, in molti dispositivi AIA la formulazione di specifiche prescrizioni concernenti la procedura delle predette emissioni: di norma, ad essere imposto è il monitoraggio dell'emissione di sostanze odorigene, che viene abbinato alla valutazione della qualità dell'aria presso i recettori sensibili. All'esito di tale attività di monitoraggio e nel caso di rilevazione di problematiche di odori, viene usualmente prescritto ai gestori degli impianti di presentare un piano di adeguamento, con la definizione di misure volte a risolvere le criticità rilevate. Inoltre, talvolta, vengono prescritte nei piani di monitoraggio e di controllo dell'AIA, campagne periodiche di misure olfattive anche all'esterno degli insediamenti industriali.
In merito, infine, alla questione relativa alla possibilità di attuare misure volte alla riduzione del conferimento dei rifiuti, si rappresenta che la prevenzione è tra le azioni prioritarie nella gestione dei rifiuti, che sono soggetti a specifici programmi regionali di riduzione, in particolare quelli biodegradabili, i quali, durante il trattamento, possono generare emissioni odorigene moleste se non correttamente gestite.
PRESIDENTE. Il deputato Vianello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
GIOVANNI VIANELLO (M5S). Grazie, Presidente. Ci dichiariamo soddisfatti della risposta che il sottosegretario Micillo ci ha fornito e da questa risposta riusciamo a fare alcune considerazioni. Innanzitutto, vediamo che la norma di cui stiamo parlando, che è stata modificata a novembre 2017, prevedeva un coordinamento per a far sì che le regioni potessero coordinarsi con lo Stato su questa materia, ma in realtà questo coordinamento non è mai stato fatto dal Governo precedente e quindi, come ha già dichiarato il sottosegretario, lo farà questo Governo. Il Governo del cambiamento, quindi, già agirà anche a sopperire questa mancanza del Governo precedente. Ringrazio anche il sottosegretario per la chiarezza che ha fatto su questa normativa, che riguarda, quindi, impianti che non sono soggetti ad AIA in linea generale, e quindi l'articolo 272-bis non riguarda impianti soggetti ad AIA in linea generale e impianti di rifiuti. Quindi ci preme sottolineare che, quando ci sono dei problemi di emissioni odorigene provenienti invece da impianti di rifiuti, da grossi impianti di compostaggio, raffineria, insomma in Italia ce ne sono tantissimi, evidentemente c'è qualcosa che non va ed è probabilmente nell'AIA.
Quindi, o non vengono effettuati dei monitoraggi dagli enti competenti in maniera puntuale, che possano evitare i problemi delle emissioni odorigene ai cittadini, oppure, evidentemente, l'autorizzazione integrata ambientale che è stata rilasciata ai soggetti gestori prevede quantitativi di trattamento, di produzione o di smaltimento di rifiuti che sono troppo grandi e trovano, forse, collocazione in quel tipo di impianti in maniera errata sul territorio. Gli esempi sono tanti, in Italia; mi viene da pensare a uno, all'impianto ASECO, che è un impianto di compostaggio, non è una raffineria, non è certo un inceneritore, è un semplice impianto di compostaggio, ma, evidentemente, il quantitativo autorizzato di 80 mila tonnellate annue, dalla provincia e dalla regione, in quel territorio, è eccessivo; ci troviamo a Marina di Ginosa, vicino a delle case, una zona che è famosa per le attività turistiche, per il mare bello.
Evidentemente, ci sono dei problemi che devono essere affrontati e li dobbiamo affrontare. In Commissione ambiente, con i colleghi del MoVimento 5 Stelle stiamo già seguendo la materia, da qualche mese, e vorremmo concretizzarla, insieme, ovviamente, all'aiuto del Parlamento e del Governo. Questo perché? Perché, fondamentalmente, non è assolutamente possibile far sì che i cittadini che vivono nei pressi di grossi impianti che hanno delle emissioni odorigene subiscano i fetori che vengono dal trattamento dei rifiuti, dalla combustione oppure dal petrolio ed è per questo che dobbiamo intervenire.
Quindi, auspico che l'attività del Governo e del Parlamento possa focalizzarsi su questa materia per far sì che i cittadini, con il passare del tempo, non abbiano più alcun tipo di problema.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Organizzazione dei tempi di esame di una proposta di legge (ore 11,54).
PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame della proposta di legge n. 791-A: Disposizioni in materia di azione di classe (Vedi l'allegato A).
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 1 ottobre 2018 - Ore 15:
1. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:
SALAFIA ed altri: Disposizioni in materia di azione di classe. (C. 791-A)
Relatrici: SALAFIA, per la maggioranza; BARTOLOZZI, di minoranza.
2. Discussione sulle linee generali della mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00033 concernente iniziative per la celebrazione del centesimo anniversario della vittoria della prima guerra mondiale .
3. Discussione sulle linee generali della mozione Carfagna ed altri n. 1-00045 concernente iniziative volte al contrasto dell'antisemitismo .
La seduta termina alle 11,55.