XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 57 di venerdì 5 ottobre 2018

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO AMITRANO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Cirielli, Gelmini, Giachetti, Lollobrigida, Lorefice, Spadafora e Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,34).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi e iniziative di competenza in ordine alla disponibilità ed alla pubblicità dei dati relativi alle motovedette italiane e libiche transitate nel tratto di mare interessato dalla vicenda denunciata da Open Arms circa il tragico ritrovamento di un gommone e di alcuni corpi senza vita di migranti, nella notte tra il 16 ed il 17 luglio 2018 - n. 2-00063)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Palazzotto ed altri n. 2-00063 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Fratoianni se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

NICOLA FRATOIANNI (LEU). Grazie, signora Presidente. Signor sottosegretario, questa interpellanza, i cui caratteri sono strettamente definiti attorno alla vicenda che la Presidente ha appena ricordato, si inserisce in un contesto più ampio, quello che ha determinato, ormai da molto tempo, per la verità, e non solo con l'arrivo di questo Governo, una vera e propria guerra nei confronti delle organizzazioni non governative impegnate in operazioni di monitoraggio e soccorso nel Mar Mediterraneo centrale: un tratto di mare che - voglio qui ricordarlo - è diventato in questo momento il tratto più pericoloso al mondo; un tratto di mare nel quale, secondo le stime, muoiono in questi giorni, in questo periodo, quasi 300 persone al mese; un tratto di mare che è diventato, purtroppo, il più grande cimitero a cielo aperto del mondo; un tratto di mare nel quale perdono la vita uomini, donne e bambini, perdono la vita persone fragili e vulnerabili, perdono la vita persone disperate, che cercano in qualche modo, vorrei dire in ogni modo, di raggiungere un futuro migliore, fatto di dignità, di sicurezza e di speranza.

Ebbene, vorremmo sapere da lei, dal Governo, che cosa è davvero capitato quella notte, che cosa il nostro Governo sapeva e, per questo, torno a rivolgerle una serie di domande molto precise, che già in quell'occasione avemmo modo di presentare al Governo italiano, a partire non da un'impressione, non da una scelta di posizionamento politico, ma da un'esperienza diretta, da chi in quel momento, a partire da quest'Aula e dalla sua funzione parlamentare, era a bordo di una di quelle navi, l'Astral di Proactiva Open Arms, che si trovava precisamente in quel tratto di mare, nella condizione di dover assistere agli eventi drammatici di quella notte che sono stati ricordati.

Dunque, parto da qui. Il 16 luglio del 2018, alle ore 12,42, le navi Open Arms e Astral, impegnate in una missione di save and rescue, hanno intercettato una comunicazione tra il mercantile Triades e la Guardia costiera libica, in cui quest'ultima segnalava la posizione di un gommone in difficoltà, con migranti a bordo, non lontano dal mercantile stesso.

Secondo il comandante dell'Astral, dalle comunicazioni successive sarebbe emerso che la posizione del gommone sia stata fornita dalla Guardia costiera italiana. Il primo firmatario del presente atto, appunto il mio collega Erasmo Palazzotto, che si trovava a bordo dell'Astral vicino all'area del comando dell'imbarcazione, ha potuto assistere a tutte le comunicazioni avvenute in quelle ore.

Per dieci ore il mercantile Triades è rimasto in prossimità del gommone chiedendo istruzioni alla Guardia costiera libica. Alle ore 20,39, la Guardia costiera libica suggerì al comandante del Triades di contattare la motovedetta Ras-al Jadr, che non risponderà alle chiamate. In seguito, la Guardia costiera libica autorizzò il mercantile a proseguire verso Misurata, in quanto di lì a poco sarebbe arrivato un loro mezzo ad effettuare il soccorso. Da quel momento, non vi è stata più alcuna comunicazione.

Le navi della ONG si sono dirette verso l'ultima posizione segnalata dal mercantile Triades per accertarsi che il gommone non si trovasse ancora in difficoltà. Alle ore 7,20 del 17 luglio 2018, Open Arms e Astral ritrovano i resti di un gommone alle coordinate 34° 13'N 013° 52,4'E.

Il relitto galleggiava leggermente immerso: a bordo tre corpi abbandonati, due donne e un bambino, una delle donne, ancora viva, è stata recuperata dai soccorritori insieme ad altri due corpi ormai senza vita.

Terminate le operazioni di recupero, alle ore 9,18, il comandante della Open Arms, ha avvisato il Maritime rescue coordination centre (l'MRCC spagnolo), in quanto Stato di bandiera della nave, per chiedere istruzioni sul da farsi. Su indicazione dell'MRCC spagnolo, il comandante della Open Arms contattava l'MRCC italiano e quello maltese, chiedendo di farsi carico del coordinamento delle operazioni di salvataggio. A quel punto, Open Arms ha reso pubblica la notizia del ritrovamento del gommone affondato, della superstite e dei corpi senza vita, chiedendo al Governo italiano di farsi carico del soccorso.

Il Ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha replicato che la versione dei fatti riportata dall'ONG e dal deputato fosse falsa e che una testimonianza indipendente avrebbe smentito la notizia rappresentata da Open Arms e dal primo firmatario del presente atto, riferendosi probabilmente alla versione della giornalista, Nadja Kreinwald, a bordo dalla motovedetta libica che avrebbe effettuato il salvataggio.

La giornalista ha prima confermato che in acqua non sarebbe rimasto più nessuno, salvo poi riferire che il capitano libico dell'imbarcazione le avrebbe parlato di altra missione della Guardia costiera libica, avvenuta un paio di ore prima. La giornalista, contattata dal primo firmatario del presente atto, ha confermato la circostanza riferitagli e che l'operazione a cui aveva partecipato era partita da Tripoli e ivi ritornata. Il comandante della Guardia costiera libica di Misurata, Tofag Scare (o Tawfik Skeeb come sembrerebbe) in un'intervista ha confermato un secondo intervento al largo di Khoms, in cui sarebbero stati lasciati a bordo i cadaveri di una donna e di un bambino perché non c'era alcun motivo di recuperarli, sostenendo che nessun'altra persona era a bordo.

Questa versione darebbe ragione alla ricostruzione di Open Arms e del primo firmatario del presente atto, confermando l'esistenza di un secondo intervento, nonostante l'affermazione del comandante della Guardia costiera libica - verrebbe da dire: della presunta cosiddetta guardia costiera libica - che l'aver abbandonato in acqua delle persone vive costituirebbe una bugia e una propaganda contro la presunta Guardia costiera libica.

Il Governo italiano continuerebbe a non fornire prove che smentirebbero tale versione. I tracciati depositati presso la Presidenza della Camera all'esito della risposta all'interrogazione a risposta immediata n. 3-00123, fornita dal Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti in data 1° agosto 2018, non risultano comprensivi delle motovedette italiane e libiche transitate in quel tratto di mare nella notte tra il 16 e il 17 luglio del 2018.

Per questo, signor sottosegretario, intendiamo chiedere al suo Governo, in primo luogo: se il Ministro dell'Interno intenda ancora chiarire sulla base di quali elementi e di quale prova ha dichiarato che la notizia diffusa da Open Arms fosse falsa. In secondo luogo: quale sarebbe la fonte terza a cui si riferiva il Ministro dell'Interno quando sosteneva di avere delle prove per confutare la tesi della Open Arms e del primo firmatario del presente atto. In terzo luogo: se il Governo abbia sentito direttamente o indirettamente le autorità libiche nelle ore successive al ritrovamento sopra richiamato. In quarto luogo: per quali motivi ci siano volute dieci ore per individuare un porto di sbarco e sulla base di quali motivazioni sia stato individuato come porto di sbarco quello di Catania, notoriamente non il più vicino alla rotta dell'Open Arms. E, ancora, in quinto luogo: se sia stato accertato che la Guardia costiera italiana abbia ricevuto una chiamata dal gommone in difficoltà, se corrispondano al vero le dichiarazioni del comandante della nave Astral, il quale ha confermato di aver ascoltato nelle comunicazioni via radio tra il mercantile Triades e la Guardia costiera libica che la posizione del gommone fosse stata fornita dalla Guardia costiera italiana. In sesto luogo: se durante le dieci ore di comunicazione tra il Triades e la Guardia costiera libica, la Guardia costiera italiana fosse a conoscenza della situazione e perché non abbia emanato alcun avviso. Infine: se il Governo sia in possesso dei dati relativi alle motovedette italiane e libiche transitate nella zona nella notte tra il 16 e il 17 luglio o intenda reperirli tramite la Guardia costiera o la Marina militare e se non ritenga che questi dati debbano essere resi pubblici per permettere di individuare esattamente i responsabili di questa tragedia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Luigi Gaetti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI GAETTI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente, onorevoli deputati. Mella mattinata del 16 luglio 2018 un velivolo dell'operazione militare europea Sophia, avvistava un gommone al largo delle coste libiche, comunicandone la posizione. Il velivolo, che, si precisa, non ha mai avuto alcuna comunicazione diretta col predetto gommone, alle ore 13 circa, in ottemperanza alle procedure internazionali di SAR, ne segnalava la posizione alle autorità libiche, chiedendo loro la formale assunzione del coordinamento dell'evento SAR, trovandosi il gommone in area di responsabilità libica. Tripoli assumeva il coordinamento delle operazioni coinvolgendo nell'attività di soccorso la nave mercantile Triades. battente bandiera panamense. in quanto prossima alla posizione segnalata. A quanto risulta, le comunicazioni radio tra le autorità libiche e la motonave Triades venivano ascoltate anche dalla motonave Open Arms, battente bandiera spagnola. In detta fase il centro di coordinamento della nostra capitaneria di porto non veniva in alcun modo coinvolto, essendo l'evento gestito dal centro di coordinamento libico. Il coinvolgimento dell'autorità italiana avveniva solo successivamente quando, alle ore 12,16 del 17 luglio 2018, la motonave Open Arms contattava, dapprima per le vie brevi e poi formalmente, il predetto centro di coordinamento di Roma, riferendo di aver rinvenuto circa cinque ore prima, alle ore 7,21 in area SAR di responsabilità della Libia, il relitto di un gommone con a bordo una donna e due cadaveri, specificamente una donna e un bambino deceduti da diverse ore secondo il parere del personale medico della stessa nave. In quel momento non risultava chiaro se l'evento fosse in qualche modo correlabile ad un altro evento sempre gestito dalle autorità libiche e sul quale era intervenuta un'unità della guardia costiera libica con a bordo una giornalista di un'emittente tedesca, evento che risultava concluso con il salvataggio di tutte le persone a bordo, o si trattasse, invece, di due eventi distinti.

Alle ore 13,59 del 17 luglio 2018, contestualmente ad una richiesta di evacuazione medica d'urgenza, il centro di coordinamento della capitaneria di porto di Roma riceveva dalla Open Arms anche la richiesta dell'indicazione di un luogo sicuro di sbarco, il cosiddetto POS. La nave, che al momento della comunicazione si trovava ancora in area di responsabilità SAR libica, inoltrava la richiesta di POS al centro di coordinamento di Roma e non, invece, al competente centro di coordinamento di Tripoli. Il centro di coordinamento della guardia costiera di Roma, assicurata la priorità alla richiesta di evacuazione medica d'urgenza nel rispetto del principio di cooperazione tra le autorità SAR, chiedeva la cooperazione di Malta in quanto responsabile della SAR prossima ad essere attraversata dalla rotta seguita dalla Open Arms. Malta assicurava la propria disponibilità all'assistenza, ma poi riferiva che tale assistenza era stata rifiutata dal medico della Open Arms in quanto l'unica superstite non necessitava di un'evacuazione medica urgente ma solo di poter essere sbarcata quanto prima in un porto sicuro. Tale circostanza risulta confermata dallo stesso comando di bordo.

Alle ore 19,59 l'Open Arms informava Roma che stava negoziando lo sbarco della superstite con la Spagna, suo Stato di bandiera. Nelle more della decisione delle competenti autorità libiche alle ore 21,32 il centro di coordinamento della Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere riceveva dal centro di coordinamento della capitaneria di porto la richiesta di assegnazione di un posto idoneo per l'imbarcazione Open Arms. Alle 22,10 il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno comunicava il nullaosta all'approdo presso il porto di Catania. Tuttavia, nonostante il centro di coordinamento di Roma e quello di salvataggio in mare di Malta avessero assicurato alla Open Arms la possibilità di evacuare la paziente per motivi sanitari e nonostante fosse stato offerto il porto sicuro in Italia, il comando di bordo decideva di procedere in un porto spagnolo con a bordo la superstite e le due salme, come risulta dalla comunicazione dell'autorità SAR spagnola pervenuta alle autorità italiane alle ore 0,14 del 18 luglio.

Riguardo, infine, alla richiesta dell'interpellante di conoscere i dati relativi alle motovedette transitate nelle acque interessate dagli eventi in parola nella notte tra il 16 e 17 luglio ultimo scorso, osservo che in occasione question time del 1° agosto il Governo ha già depositato in questa sede gli atti e l'elenco di quelle navi che hanno percorso quel tratto di mare. In particolare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha fatto presente che la guardia costiera italiana, istituzionalmente preposta al monitoraggio del traffico marittimo, non dispone dei tracciati delle unità militari e tanto meno di quelle straniere, in quanto trattasi di mezzi navali esentati dalle norme internazionali che prescrivono determinati obblighi ai fini di detto monitoraggio da parte delle competenti autorità marittime nazionali.

Preciso, infine, che secondo quanto riferito dal comando generale del corpo delle capitanerie di porto, dall'esame dei dati ricevuti dal sistema di monitoraggio al tempo dei fatti in questione non risultano presenti nel tratto di mare unità mercantili italiane.

PRESIDENTE. L'onorevole Fratoianni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Palazzotto ed altri n. 2-00063, di cui è cofirmatario.

NICOLA FRATOIANNI (LEU). Grazie, signora Presidente. No, non sono per nulla soddisfatto dalla risposta, anzi dalle mancate risposte - vorrei dire - del sottosegretario a nessuna delle domande precise che questo atto ispettivo riporta in calce e che io ho riprodotto qui questa mattina e a cui non è giunta risposta. Si è limitato, il sottosegretario, all'esposizione, ancora una volta, di un compitino generico. Avevo chiesto cose precise, signor sottosegretario, ma lei non ha risposto e non ci ha detto nulla su quali fossero le fonti del Ministro dell'interno che aveva dichiarato cose pesanti in quelle ore, di fronte non solo a una tragedia - ma a questo è abituato il nostro Ministro dell'interno: sbeffeggiare e ridacchiare attorno alle tragedie - ma di fronte a un fatto preciso, denunciato da un parlamentare della Repubblica. Aveva dichiarato, allora, che era in possesso di una fonte terza. Abbiamo chiesto qui di sapere quale fosse la fonte terza e lei non ha risposto. Abbiamo chiesto a lei qui di rispondere in modo chiaro su una domanda: il Governo italiano ha avuto o meno contatti con le autorità libiche nelle ore successive? Non abbiamo avuto alcuna risposta. Sulla questione dei tracciati siamo ancora lì, alla risposta evasiva del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti che disse al termine di quell'interrogazione a un nostro deputato che chiedeva ulteriori spiegazioni: “Ma voi non avete specificato la richiesta di motovedette; avete parlato di navi e io vi ho risposto limitandomi a parlare di navi civili transitate in quelle ore”. È possibile che il nostro Governo e la nostra Marina non siano in possesso dei tracciati delle nostre motovedette e neanche di quelle motovedette libiche che, vorrei ricordarlo, il nostro Governo e il nostro Paese hanno donato alla cosiddetta guardia costiera libica?

Infine, ancora confusione e ancora il tentativo, perfino nella sua risposta, di continuare quell'operazione di disinformazione di massa attorno alla vicenda delle organizzazioni non governative. Se non ho ascoltato male, ma avrò modo di rileggere con precisione e con calma il testo della sua risposta, ha detto a un certo punto: “nonostante la Open Arms non avanzasse la richiesta di POS, di porto sicuro, all'autorità competente, quella libica”. Siete ancora qui - e con quale coraggio, mi domando - a parlare della Libia come di un porto sicuro, quando voi dovreste sapere che, al netto e al di là di ogni posizione politica sul tema delle politiche migratorie, la Libia non può essere considerata porto sicuro a partire dalle norme che sul piano giuridico definiscono la caratteristica di porto sicuro. Lei sa benissimo - e se non lo sa glielo ricordo io -che porto sicuro non è definizione che può essere tirata da una parte o dall'altra e per esser definito porto sicuro quel porto deve garantire non solo le caratteristiche nautiche di un attracco in sicurezza ma deve garantire, una volta avvenuto lo sbarco, a chi sbarca di essere messo al riparo da quei rischi che definiscono o meno la sicurezza di un approdo e la Libia, in tutta evidenza e secondo le norme internazionali, non è porto sicuro, ne fa testo il fatto che il suo Governo ha, per fortuna senza successo, continuato in queste settimane e durante questa estate a chiedere alla comunità internazionale, in primis all'Europa, di riconoscere la Libia come porto sicuro.

Dunque, caro sottosegretario, la sua risposta non mi soddisfa per niente, semplicemente perché non c'è una risposta, perché ancora una volta aggira il tema. È il tema su cui si addensa la vergogna crescente che il vostro Governo non prova ma che dovrebbe provare e che rischia di proiettarsi sul Paese, la vergogna di chi ha assunto sulle proprie spalle la responsabilità di usare il proprio potere per dare morte invece che per dare vita e per salvare la vita di chi ne ha un disperato bisogno.

Credo che questa responsabilità peserà a lungo sulle vostre spalle, perché, signor sottosegretario, potremo e dovremo dividerci su tutto, potremo e dovremo dividerci su ogni atto del vostro Governo, su ogni atto dell'opposizione, su ogni atto del Parlamento; e questa, in fondo, è la ragione della politica, prendere parte e farlo con passione, anche con radicalità. Non dovremo, però, mai dividerci su un principio più grande, più forte di ogni posizionamento: quello che ricorda a tutti e a tutte che salvare la vita di chi ne ha bisogno è un'assoluta priorità. Le vostre politiche, le vostre scelte, le vostre parole, i vostri toni vanno nella direzione opposta, quella contro l'umanità e contro la vita. Ed è per questo, signor sottosegretario, che voglio dirle, concludendo questo intervento, che, nonostante tutti i vostri sforzi, dovete rassegnarvi al fatto che c'è chi non si rassegna.

È per questo che rivendico qui con orgoglio la notizia che ieri è stata diffusa con una conferenza stampa, che ha annunciato l'avvio della prima missione italiana di monitoraggio nelle acque del Mediterraneo, in quelle acque in cui oggi non c'è più nessuno. Non c'è chi ci dovrebbe essere, perché, signor sottosegretario, signora Presidente, chi va in mare con le ONG, ho avuto l'onore e la fortuna di poter fare questa esperienza dopo il ritorno del mio collega Erasmo Palazzotto nella missione successiva della Open Arms, chi va in mare, chi va in quel tratto di mare, ha chiara una cosa. La cosa più importante che vorrebbe è quella di non doverci più andare, perché in mare dovrebbe esserci qualcun altro. In mare, a svolgere, a coordinare le operazioni di soccorso, dovrebbe esserci chi ha i mezzi per farlo, chi ha il dovere di farlo.

Dovrebbero esserci gli Stati, le istituzioni, dovrebbe esserci la nostra Guardia costiera, composta da uomini e donne straordinari, che per anni, anni e anni hanno sempre svolto il loro mestiere, il loro dovere e il loro compito con dignità, con forza e con precisione. A quegli uomini e a quelle donne va il nostro ringraziamento, va il ringraziamento di chiunque si prenda il carico, il rischio e la fatica di andare in quelle acque per svolgere una supplenza che nessuno vorrebbe dover svolgere. Ecco, le vostre politiche hanno anche questa responsabilità, quella di umiliare l'onore e la dignità di uomini e donne, quelli delle nostre istituzioni, che hanno sempre svolto nel modo migliore il loro lavoro e che oggi, a causa delle vostre scelte, rischiano di non poter fare quello che non solo dovrebbero fare, ma che chiunque svolga quel mestiere e quella funzione sa di dover compiere come una responsabilità, come un dovere assoluto.

Ho finito: non sono soddisfatto, non siamo soddisfatti. Torneremo a chiedere puntualmente e tireremo fuori tutti i dati e tutti gli elementi che smentiscono le vostre ricostruzioni, perché, caro sottosegretario, quella notte, a bordo di quella nave ad ascoltare quelle comunicazioni radio, comunicazioni radio registrate, di cui c'è traccia, c'era qualcuno che siede in questo Parlamento, perché, nonostante i vostri sforzi, ancora in quel tratto di mare c'è qualcuno che, oltre a salvare la vita di chi ne ha bisogno, quando è necessario farlo, cioè oltre a attenersi e a rispettare le leggi internazionali, le leggi del mare, ha ancora la voglia e la forza di vedere e di ascoltare. Questo non dimenticatelo mai.

(Chiarimenti in merito alla mancata adozione del decreto interministeriale volto alla definizione dei parametri necessari per la determinazione delle tipologie di piccoli comuni - n. 2-00067)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Enrico Borghi e Morani n. 2-00067 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Borghi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ENRICO BORGHI (PD). La ringrazio, signora Presidente. Il gruppo del Partito Democratico ha inteso utilizzare lo strumento della interpellanza urgente - insomma, urgente, l'abbiamo depositata il 31 luglio e oggi ci troviamo il 5 ottobre a discuterla, quindi, anche sul concetto di urgenza, potremmo lungamente discettare in questo contesto - in considerazione del fatto che questo strumento ci consente di potere svolgere un'attività di illustrazione e di discussione, in quanto non vorremmo che questo Governo, che enfaticamente si è presentato all'opinione pubblica con il titolo e il rango del Governo del cambiamento, fosse un Governo che come cambiamento intendesse la novità di non dovere applicare le leggi della Repubblica.

E l'ulteriore novità potrebbe anche essere quella di non conoscere le motivazioni, le ragioni, la genesi per le quali la legge della Repubblica è stata promanata. Signor Presidente, stiamo vivendo un periodo un po' particolare nel nostro Paese, contrassegnato dalla iconoclastia. L'iconoclastia era un fenomeno tipico di quei regimi che sostituivano i regimi precedenti e, avendo una certa difficoltà dal punto di vista della rappresentanza dell'identità, trovavano il mastice della propria struttura, cancellando tutto quello che c'era stato prima. Ecco, noi non vorremmo - il senso della nostra iniziativa parlamentare va in questa direzione – che, dentro questo furore iconoclasta che il Governo e le forze di maggioranza hanno messo in campo, peraltro con dei risultati molto discutibili, che stanno cagionando anche dei danni alle periferie e ai territori del nostro Paese, come abbiamo lungamente discusso, ahimè, in solitaria in questo contesto sui contenuti del decreto che ha portato al taglio dei fondi periferie per i comuni italiani, dicevo, noi non vorremmo che la mancata conoscenza dei contenuti e della genesi di questo provvedimento inserisse anche l'attuazione della legge n. 158 del 2017 nel novero di questo nuovo sport nazionale, e cioè della totale cancellazione di quello che c'è stato prima.

Anche perché - come diceva qualcuno, a pensar male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca - in queste ore il Governo è impegnato in un'azione di reperimento, dal nostro punto di vista discutibile, ma sarà un tema che affronteremo in altra sessione, di risorse per far fronte alle impegnative promesse elettorali che ha ritenuto di dovere avanzare. Anche qui, non vorremmo, e manifestiamo quindi il timore, la preoccupazione e il dubbio, che questo ritardo nell'attuazione di questa normativa sia funzionale a rastrellare risorse che vengono in questo caso o che verrebbero in questo caso tolte alle finanze dei piccoli comuni, dei territori delle aree più marginali, per andare a sostenere altre iniziative di spesa corrente. Signor rappresentante del Governo, stiamo discutendo di una legge che innanzitutto, e già questo dovrebbe essere sintomatico, è stata approvata nel Parlamento della Repubblica italiana la scorsa legislatura all'unanimità; anzi, per la verità, all'unanimità da questa Camera e con solo due voti di astensione dal Senato della Repubblica. Già questo dovrebbe dire molto: in un'epoca di forte conflittualità, di contrasto, di incomunicabilità tra le forze politiche, nella scorsa legislatura si è raggiunto un punto di caduta positivo, che ha visto tutte le forze rappresentate nell'arco parlamentare convergere su questa legge, che è una legge, innanzitutto, non solo di spesa; anzi, è una legge che, per la prima volta, sancisce nell'ordinamento giuridico della Repubblica un principio essenziale, basilare, che, però, non è mai stato codificato.

E qual è questo principio? Che vivere, risiedere, operare nei territori che sono caratterizzati da una polverizzazione amministrativa è una risorsa per il Paese. Abitare nei comuni piccoli significa svolgere una funzione anche nell'interesse dell'intera nazione, perché una comunità presente su un determinato territorio montano, rurale, caratterizzato da dissesto idrogeologico, da dispersione demografica, da complessità orografica, consente un presidio del territorio, una tutela dell'ambiente, e consente di potere prevenire dissesti, fenomeni, inurbamenti che costano molto di più alle casse e all'erario rispetto alla permanenza di quella comunità su quel territorio. Si è sancito, cioè, il principio che la residenzialità nei piccoli comuni costituisce una risorsa per la nazione.

E questo dovrebbe portarci lontano da una concezione, diciamo, tardo romantica e un po' conservatrice, sulla base della quale si guardava a questi piccoli comuni come ad una sorta di retaggio del passato, come ad una sorta di elemento arcaico da cancellare, come ad una sorta di romanticismo di un mondo che non c'è più e che deve essere in qualche misura cancellato dall'incedere della grande rivoluzione tecnologica. Non è così! Non è così innanzitutto per la caratteristica con la quale il nostro Paese è strutturato. Stiamo parlando di due terzi del territorio nazionale, stiamo parlando di oltre il 20 per cento della popolazione italiana e stiamo parlando di un pezzo di Italia che da tempo attendeva una lettura della propria specificità.

Questa legge, signor rappresentante del Governo, ha già consentito, ad esempio, di evitare che scelte esclusivamente tecnocratiche e finanziarie determinassero problemi dal punto di vista dell'organizzazione della rete capillare degli uffici postali. Si è dibattuto molto nella scorsa legislatura attorno a questo tema. Siamo riusciti, anche grazie a questa legge, a far capire, a far comprendere che la presenza capillare degli uffici postali nei piccoli comuni non era un elemento residuale che la trasformazione tecnologica cancellava, ma era un elemento di presidio importante proprio per garantire, attraverso l'innevamento digitale telematico che quel tipo di rete può consentire, l'affermazione di nuovi diritti di cittadinanza; e quindi, in funzione dell'applicazione di questa legge, Poste Italiane Spa, che voleva chiudere un determinato numero di uffici postali, proprio perché immaginava, in una logica datata, la lettura del territorio italiano, ha deciso di mantenere aperte queste strutture, proprio nell'ottica di questi elementi che dicevo in precedenza.

Molto potrebbe portare con sé la conseguenza dell'applicazione di questa legge rispetto all'applicazione del Piano nazionale della cosiddetta information technology community, e cioè l'innervamento digitale e telematico, per il quale questa legge ha allocato importanti risorse nel bilancio dello Stato. Però, che cosa accade? Accade che, mentre pezzi della legge stanno funzionando, un ulteriore elemento che in quanto tale non ha evidentemente una partita quantitativa decisiva, ma che comunque è rilevante, e cioè uno stanziamento che era inizialmente di 100 milioni e poi, con l'ultima legge di stabilità, quella che ci siamo lasciati alle spalle, è diventato di 160, non è stato attuato da parte dello Stato.

Ora ci troviamo in questa singolare condizione per la quale la Repubblica ha una legge, questa legge viene attuata da pezzi dello Stato: ho citato in precedenza Poste Italiane, ho citato l'attività che viene condotta dalle strutture preposte per l'information technology. Chi non attua questa legge? Il Governo! Infatti, questa legge prevedeva un obbligo, cioè quello di emanare, entro 120 giorni dalla sua entrata in vigore, ovvero entro il 17 marzo 2018, un elenco di comuni: perché la scelta che questa norma ha voluto portare con sé è stata quella di operare anche una selezione di quali fossero i piccoli comuni beneficiari di una dotazione aggiuntiva di fondo, proprio per dare una direzione dell'equità, e non in una logica di assistenzialismo generico e anche improprio. E quindi il Governo doveva attuare, entro il 17 marzo, questo primo step, la selezione dei comuni, ed entro i 60 giorni successivi avrebbe dovuto emanare il decreto del Presidente del Consiglio che stabiliva il bando con il quale queste risorse sarebbero state attuate.

Attenzione, perché queste risorse sono dei moltiplicatori, a proposito della discussione keynesiana nella quale stiamo addentrandoci sulla Nota di aggiornamento del DEF. Sono dei moltiplicatori, in quanto la legge stabilisce elementi premiali per quei comuni che impiegano tali risorse per cofinanziare investimenti supportati da fondi europei, per cofinanziare interventi che vedono anche investimenti privati, per cofinanziare progetti di rete che vedono i comuni lavorare insieme. Quindi, se lo Stato mette 10, attiva investimenti per 30, 40, 50, 60, e soprattutto attiva una rete di collaborazione e di investimenti che impatta anche positivamente sulla qualità della vita dei cittadini, sull'economia e sulla capacità di efficienza della pubblica amministrazione. Solo un'occhiuta e stantia mentalità burocratica potrebbe immaginare che questo sia uno degli elementi a corredo del bilancio dello Stato, e quindi come tale venga preso in considerazione soltanto nei ritagli di tempo.

Ora, la domanda che noi ci poniamo, e conseguentemente poniamo in questa sede dal Governo è: per quali motivi, dal 17 marzo ad oggi, non è stato fatto nulla? Va bene tutto, va bene che avete impiegato tre mesi a fare il Governo, va bene che questa non è una materia che fa cassetta, va bene che bisogna, anziché fare l'ordinaria amministrazione, fare tutti i giorni gli show su tutti i social possibili e immaginabili, ma vorrei darvi una comunicazione di servizio: esiste anche un mondo reale! E, quindi, quando sarete usciti da questa dimensione e da questa bolla, occorrerebbe anche mettere in condizione i sindaci, che la legge l'hanno letta sulla Gazzetta Ufficiale, di capire come possono attuare una normativa di questa natura. Perché, se ci fosse (e l'iniziativa di oggi è funzionale a fare in modo che si eviti questo rischio) il tentativo di svuotare dall'interno l'attuazione di questa legge, non si capirebbe la portata e l'importanza di uno strumento di questa natura, che porta con sé un lavoro su un'idea dell'Italia. Cioè, su un'Italia che consenta, attraverso la qualità, attraverso l'investimento sulla tipicità, attraverso la valorizzazione delle proprie risorse endogene, di dare un contributo significativo alla crescita e allo sviluppo del Paese.

Signor Presidente, si discute molto sulla crescita, sullo sviluppo e sulla qualità dello sviluppo del nostro Paese. Noi in queste ore abbiamo finalmente avuto l'indicazione della Nota di aggiornamento del DEF, sulla quale nelle prossime ore discuteremo. C'è spiaciuta la dichiarazione del Ministro Tria, che ha comunicato che il Governo non intende dare attuazione ad un precetto di legge, che è quello di stabilire il calcolo della modalità dello sviluppo non più esclusivamente attraverso il concetto del PIL, ma attraverso i parametri del benessere equo e solidale. Questo dà anche l'idea del fatto che il Governo del cambiamento in realtà, sotto questo profilo, è il Governo della reazione, perché siamo ancora fermi alla costruzione della dinamica della ricchezza del Paese, a un concetto di PIL che, come ricordava Bob Kennedy già cinquant'anni fa, è datato e iniquo. Ma questa legge è un pezzo significativo per la costruzione di uno sviluppo sostenibile e di uno sviluppo equo: sarebbe un grave errore non attuarla e, per questo motivo, chiediamo al Governo di rendere conto di che cosa intenda fare.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Luigi Gaetti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI GAETTI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Signora Presidente e signori deputati, la legge 6 ottobre 2017, n. 158, la cosiddetta salva borghi, ha la finalità di promuovere il sostenibile sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale dei piccoli comuni e di favorire l'equilibrio demografico del Paese, incoraggiando la residenza in tali comuni, tutelando e valorizzando il loro patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico.

La normativa in questione definisce quindi misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, da individuare fra quelli aventi una popolazione residente fino a 5 mila abitanti, nonché tra quelli istituiti a seguito di fusioni fra comuni con analoga popolazione, favorendo l'adozione di misure a beneficio dei residenti e delle attività produttive ivi insediate, con particolare riferimento al sistema dei servizi essenziali, al fine di contrastarne lo spopolamento e di incentivare l'afflusso turistico.

In tale ottica, la citata legge ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'Interno un Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni.

La stessa normativa prevede l'adozione di un decreto interministeriale da adottarsi su iniziativa del Ministero dell'interno, sentita l'Istat e di concerto con i Dicasteri dell'ambiente, delle infrastrutture, del lavoro e dei beni culturali, per l'indicazione dei parametri necessari per la determinazione delle tipologie dei piccoli comuni che possono accedere al suddetto fondo.

Successivamente dovranno essere adottati, su proposta del Ministero delle infrastrutture di concerto con i Ministeri dell'Interno, dei beni culturali, dell'economia, delle politiche agricole e ambiente, due DPCM concernenti rispettivamente la predisposizione del Piano nazionale per le priorità e l'individuazione dei progetti da finanziare sulla base del citato Piano. Riguardo alla specifica richiesta sui tempi di definizione del decreto interministeriale con la definizione dei parametri, informo che sono allo stato in corso i lavori di un tavolo tecnico interministeriale. Al riguardo faccio presente che, in seno al tavolo tecnico tenutosi lo scorso 26 luglio, al quale parteciparono oltre all'Istat tutti i Dicasteri concertanti, era stata condivisa una bozza di proposta dei suddetti parametri, sulla quale sono pervenute successivamente talune osservazioni da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, confermate nel corso di una riunione del 13 settembre scorso e in corso di approfondimento. L'intenzione del Ministero dell'interno quale amministrazione capofila è quella di definire il decreto entro poche settimane, per poter poi indicare l'elenco dei comuni che rientrano in una o più tipologie previste. È nota peraltro l'attenzione che l'intero Governo ripone sul processo di sviluppo sostenibile dei piccoli borghi, realtà territoriali che rappresentano una risorsa preziosa, ambientale e culturale, dell'intero sistema Paese. Assicuro quindi che il Ministero dell'Interno manterrà la dovuta attenzione nei confronti della problematica e continuerà a svolgere le necessarie interlocuzioni con tutte le amministrazioni interessate, per una rapida definizione della procedura.

PRESIDENTE. Il deputato Enrico Borghi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ENRICO BORGHI (PD). Signora Presidente, mentre ascoltavo le parole del rappresentante del Governo, che ringrazio per la cortesia, mi è tornato in mente il concetto di morta gora. La morta gora è quel tratto di canale nelle nostre pianure che ad un certo punto si perde tra gli stagni e le nebbie; finisce, ma non si sa bene dove finisca. Signor rappresentante del Governo, noi abbiamo il timore che sia in azione la classica operazione della morta gora burocratica, perché dalle sue parole non si desume un elemento che dal nostro punto di vista è essenziale, cioè il fatto che non occorra infilare l'attuazione di questa normativa nel tradizionale sport che a queste latitudini si fa per bloccare le cose, cioè i tavoli tecnici, i comitati interministeriali, le riunioni di approfondimento, i parametri da applicare. Insomma, signori, chi siano, quanti siano e dove siano i piccoli comuni nel nostro Paese lo sappiamo tutti, e per applicare i parametri che la legge ha stabilito basta mezzo pomeriggio di lavoro, altro che tavoli tecnici, dibattiti, approfondimenti, tavoli interministeriali, discussioni! Di che stiamo parlando? Di cosa stiamo parlando? Bisognava fare questa cosa, magari - lo dico al rappresentante del Governo, visto che avete annunciato di voler cambiare la “legge Bassanini” -, per far lavorare di più i funzionari. Ma quei funzionari lì, che hanno avuto più di tre mesi per guardare mentre stavate facendo il Governo, non potevano impiegare questi tre mesi per stendere questo benedetto elenco e poi mettervi in condizione anche di fare bella figura, signor sottosegretario, cioè di arrivare al dicastero, di prendere in mano l'elenco è dire: benissimo, mettiamo fuori il bando? Invece ci sentiamo dire che dovranno essere adottati due DPCM, bene; che è in corso un tavolo di lavoro tecnico per approfondire, bene; che entro poche settimane… Eccetera.

Intanto prendiamo l'elemento politico dell'impegno del Governo, cioè - e questo vorrei sottolinearlo con parole di fuoco, a marchiare - che la legge sui piccoli comuni non farà la fine del bando periferie, cioè che il Governo in questa sede si è formalmente impegnato a emanare il bando. Signor sottosegretario, lo faccio anche come elemento di autocritica per la forza politica che io qui rappresento. Questa legge è stata fatta per archiviare definitivamente quella stagione che quelle burocrazie, alle quali con grande solerzia vi state affidando forse perché in molti di voi manca la competenza di capire di che cosa state discutendo, pensavano di risolvere i problemi dei piccoli comuni in maniera molto semplice, con il clickday. Lei sa cos'era il clickday? Si metteva una posta di bilancio e poi si lanciava la riffa, la lotteria, il sorteggio. Si diceva: abbiamo qui 150 milioni, i primi, i più bravi, i più furbi, i più capaci, quelli che occasionalmente vincono il biglietto della lotteria si collegano con una struttura telematica al sito del Ministero e portano a casa i soldi, a prescindere dalla qualità dei progetti.

Noi abbiamo voluto fare questa legge per archiviare definitivamente la stagione del clickday, che capisco possa essere molto semplice per chi deve fare l'azione di istruttoria e di analisi e che magari adesso vi viene a dire che bisogna fare i tavoli tecnici, perché così, poi, alla fine dei tavoli tecnici, quando il tempo esausto porterà a dire “bisogna spendere i soldi”, magari qualcuno dirà che bisogna fare in fretta. E come si fa in fretta? Ragazzi, abbiamo la rete. Quindi? Quindi facciamo il clickday, e quindi torniamo, come il gioco dall'oca, da dove siamo partiti. Noi vorremmo assolutamente scongiurare questo elemento, e vorremmo mettere in condizione i sindaci e le amministrazioni regionali che stanno programmando queste risorse di potere avere una certezza del diritto, anche perché - e chiudo su questo elemento - è in corso un'azione importante - ci fa piacere sotto questo profilo che il Governo abbia recepito nei giorni scorsi questo elemento con una dichiarazione del Ministro Lezzi - che con la strategia nazionale delle aree interne consente di poter dare delle risposte a territori che hanno una loro particolare complessità. Questa legge potrebbe tranquillamente integrarsi con quella strategia che è in corso, ma se le vostre strutture non dialogano tra di loro, se le strutture governative continuano nella dimensione delle canne d'organo e delle stanze chiuse e poi vengono qui in quest'Aula a dire che sono in corso approfondimenti sui tavoli tecnici, signor rappresentante del Governo, sa chi muore? Muore la politica. E siccome noi siamo qui perché riteniamo che la politica sia una cosa estremamente seria, facciamo appello affinché questa attuazione non sia soltanto un elemento indispensabile per la certezza del diritto, ma sia anche un elemento sulla base del quale si rivendichi quello che anche voi a chiacchiere avete detto, cioè il primato della politica, che però nei fatti viene surclassato dalle parole che qui abbiamo sentito.

(Iniziative urgenti volte alla prevenzione e al contrasto di fenomeni di razzismo e xenofobia, anche mediante la promozione di campagne di sensibilizzazione e di informazione - n. 2-00081)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cenni n. 2-00081 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Cenni se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SUSANNA CENNI (PD). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, ovviamente anche questa interpellanza viene discussa con grande ritardo rispetto al fatto oggetto dell'interpellanza, infatti prendo spunto da un episodio - e su questo interrogo il Governo - che si è verificato il 2 agosto 2018 a Pistoia. In quella data due giovani italiani - poi si è scoperto successivamente che si trattava di due tredicenni - hanno sparato alcuni colpi di pistola contro un giovane migrante africano di ventiquattr'anni del Gambia, Buba Ceesay.

Questo giovane era ospite della parrocchia di don Massimo Biancalani, di Pistoia, e i due aggressori avrebbero gridato al ragazzo che stava tranquillamente rientrando nel centro di accoglienza “bastardo” e “nero di m…” per poi allontanarsi in bicicletta.

Il giovane è rimasto illeso e molto spaventato ovviamente, come credo sia facilmente comprensibile. Don Biancalani è il responsabile della parrocchia Vicofaro, che è la più grande parrocchia della provincia di Pistoia, ed è da molti anni molto attivo nel campo dell'accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo. Per questo motivo è stato oggetto di ripetuti insulti, sui social e non solo, e anche di continue minacce di morte.

Ora credo sia giusto ricordare che, tra gli insulti, che lui ha ricevuto sui media, figurano anche quelli del Ministro Salvini, che è intervenuto tempo fa, quando ancora non ricopriva questa carica, con la sua modalità - quindi, con un post su Twitter, su Facebook e sui social -, aggredendo il sacerdote che aveva il demerito, evidentemente, di avere portato in piscina alcuni giovani migranti, che si erano spesi gratuitamente a favore di una Onlus locale, e poi successivamente quando la parrocchia è stata temporaneamente chiusa per ragioni tecniche, nella parte dedicata all'accoglienza dei giovani richiedenti asilo.

Ovviamente, rispetto a questa vicenda, c'è stata per fortuna una grandissima solidarietà da parte delle istituzioni locali. Voglio ricordare che don Biancalani ha risolto più di un'emergenza nella gestione dell'accoglienza in Toscana. Ovviamente questo centro è un centro ufficiale, riconosciuto dalla prefettura e da tutti gli organismi che organizzano l'accoglienza nel nostro Paese, tanto associazionismo e così via.

Va purtroppo detto che queste vicende, soprattutto i passaggi che hanno visto come primo protagonista il Ministro Salvini, hanno in qualche modo visto crescere e moltiplicare all'ennesima potenza gli attacchi sui social da parte di vari soggetti, oltre a vere e proprie aggressioni operate da Forza Nuova. Vorrei ricordare che, circa un anno fa, questa organizzazione ha minacciosamente partecipato ed effettuato un presidio anche dentro la chiesa, mentre si celebrava messa e, più recentemente, ha attaccato il sacerdote, con uno striscione apposto dentro la festa di Liberi e Uguali, dove don Biancalani era stato invitato ad un dibattito sul tema dell'immigrazione e dell'accoglienza.

Ecco, questo il fatto di Pistoia. Come ho detto poi, dopo che l'interpellanza era già stata depositata, abbiamo saputo che si tratta di due giovani minorenni, che hanno utilizzato una scacciacani, ma, ovviamente, non per questo, il gesto è meno grave.

Va anche ricordato - credo sia giusto farlo - che questa estate è stata segnata da tantissimi, purtroppo, episodi di questo tipo. Ne cito alcuni nel testo che ho consegnato: l'11 giugno del 2018, a Caserta, due richiedenti asilo del Mali vengono avvicinati da una Fiat Panda, a bordo della quale viaggiano tre giovani italiani, che sparano con una pistola ad aria compressa al grido di “Salvini, Salvini!”; il 20 giugno, a Napoli, un cuoco maliano di ventuno anni rifugiato viene colpito con fucile a piombini; il 3 luglio a Forlì una donna nigeriana viene avvicinata da un motorino e, con un colpo di pistola, le viene ferito un piede; il 5 luglio, ancora a Forlì, un uomo originario della Costa d'Avorio viene colpito all'addome da colpi esplosi da pistole ad aria compressa; l'11 luglio a Latina; il 17 luglio, a Roma, una bambina di etnia rom, di poco più di un anno, viene raggiunta da un colpo di pistola ad aria compressa; il 26 luglio a Partinico; il 26 luglio a Vicenza; il 26 luglio a San Cipriano d'Aversa; il 28 luglio a Milano; il 29 luglio ad Aprilia; il 2 agosto, a Napoli, un venditore ambulante senegalese. E poi, ancora, perché purtroppo, anche dopo che ho depositato l'interpellanza, sono continuati questi atti così gravi nei confronti di ospiti, per così dire, del nostro Paese e di richiedenti asilo.

Allora, io credo che questi episodi di violenza gratuita contro gli stranieri o supposti tali, anche con armi da fuoco, rappresentino una prova inconfutabile di una crescita incontrollata del razzismo, della xenofobia e dell'intolleranza.

Noi abbiamo una normativa che dice altro, abbiamo leggi molto chiare. L'articolo 43 del decreto legislativo n. 286 del 1998 prevede che tutti i comportamenti, che in forma diretta o indiretta abbiano come conseguenza una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata su razza, colore della pelle, ascendenza, origine o convinzioni religiose, siano da reputarsi discriminatorie per la legge italiana. Poi c'è la legge più importante di tutte, quella che sta sopra la testa di tutti noi, l'articolo 3 della Costituzione.

Ecco, sinceramente, noi non siamo riusciti a sentire parole chiare e forti da parte del Governo, a condannare questo insieme di episodi di violenza e razzismo. Anzi, il Ministro dell'Interno, nel commentare pubblicamente alcuni di questi fatti, ha detto che l'allarme razzismo è un'invenzione della sinistra e che il problema sia, in realtà, riconducibile alla criminalità degli immigrati.

Allora, io sono qui a chiedere chiarezza, sottosegretario, a chiedere se il Governo sia a conoscenza dell'episodio di aggressione, che si è verificato a Pistoia il 2 agosto, e se ritenga che sia a rischio l'incolumità fisica di don Biancalani, che è il responsabile della parrocchia di Vicofaro e della comunità di migranti presenti. Apro una parentesi: mentre il Ministro Salvini si dilettava con i social contro di lui, don Biancalani partecipava come relatore ad un importante convegno, organizzato dal Vaticano, da Papa Francesco, proprio in Vaticano, sui temi dell'accoglienza.

Sono ancora a chiedere quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere, per contrastare e prevenire questi episodi di razzismo e xenofobia riscontrati in Italia negli ultimi mesi; ed ancora se il Governo non ritenga necessario, in relazione al moltiplicarsi e al diffondersi di questo fenomeno in tutto il Paese, promuovere un'adeguata campagna di sensibilizzazione e informazione contro ogni forma di discriminazione.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Luigi Gaetti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI GAETTI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie signora Presidente. Onorevoli colleghi, nella serata del 2 agosto scorso, un cittadino di nazionalità gambiana, ospite della parrocchia di don Massimo Biancalani a Pistoia, ha subìto insulti razzisti ed è stato oggetto di due colpi di pistola caricata a salve, da parte di due giovani.

Fin dai primi momenti, secondo quanto riferito dalla locale questura, l'episodio è stato inquadrato nell'ambito delle ricorrenti scorribande serali, da parte di alcuni giovani che frequentano il quartiere. Le tempestive indagini della polizia giudiziaria hanno portato all'individuazione degli autori del gesto, due tredicenni, che, nell'ammettere le proprie responsabilità, hanno riferito che quanto accaduto non è stato frutto di premeditazione, ma dettato dall'impulso del momento, senza alcuna connotazione di carattere politico o razziale.

I due giovani, in quanto non imputabili, sono stati segnalati alla procura della Repubblica, presso il tribunale dei minori di Firenze, che valuterà eventuali provvedimenti civili o amministrativi da emettere. La questura ha altresì proceduto a notificare la misura di prevenzione dell'avviso orale nei confronti del padre pregiudicato di uno dei due minori. Nei confronti del padre dell'altro minore, titolare di porto d'armi, è stato avviato il procedimento per la revoca del predetto titolo di polizia. Lo stesso è stato contestualmente deferito all'autorità giudiziaria, per non avere impedito al figlio di impossessarsi della pistola scacciacani.

In merito alla richiesta degli interroganti, circa l'esistenza di rischi per l'incolumità di don Massimo Biancalani, anche in ragione della sua attività di accoglienza di migranti, la questura di Pistoia, preso atto del riferito danneggiamento di alcune biciclette, in uso ai migranti ospiti della parrocchia di Vicofaro, già in data 22 agosto 2017, aveva predisposto l'immediata attuazione di un dispositivo di vigilanza generica radiocollegata, a tutela dei citati obiettivi, in attesa di eventuali ulteriori determinazioni, da assumere in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Contestualmente erano stati attivati tutti i dispositivi info-investigativi, per raccogliere e segnalare tempestivamente qualsiasi notizia utile al mantenimento dell'ordine pubblico. Il successivo 3 ottobre 2017, preso atto di nuove minacce pervenute a don Massimo Biancalani, la questura aveva disposto l'immediata implementazione delle misure di vigilanza in atto, intensificando altresì i servizi di prevenzione.

In data 17 aprile 2018, la prefettura, in esito ad una riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, ha confermato le precedenti disposizioni in favore di don Massimo Biancalani e prorogato per altri sei mesi, il mantenimento della misura della vigilanza generica radiocollegata.

In data 3 luglio 2018, a seguito di ulteriori minacce pervenute al parroco, è stata disposta l'ulteriore intensificazione delle misure già in atto; misure che, alla luce dell'episodio avvenuto il 2 agosto, sono state nell'occasione ulteriormente rafforzate.

Pur deprecando questo e tutti gli altri spiacevoli episodi citati dalla collega interpellante ed i cui responsabili, già tutti identificati, andranno severamente perseguiti e puniti a norma di legge, tengo però a sottolineare che le indagini delle forze di polizia non hanno, allo stato, evidenziato elementi tali da far ricondurre, nella quasi totalità dei casi, i fatti stessi a matrice di ordine discriminatorio o razziale.

Posso assicurare, inoltre, che le forze di polizia svolgono, sull'intero territorio nazionale, una costante e accurata attività di monitoraggio e di raccolta di informazioni sul fenomeno e che il Governo è seriamente intenzionato a neutralizzare eventuali iniziative che possano sfociare in episodi di violenza o di aggressività a sfondo discriminatorio, nonché ad evitare episodi di intolleranza nei confronti dei cittadini extracomunitari.

Ricordo come un utile strumento di prevenzione a nostra disposizione sia rappresentato dall'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, operante nell'ambito della direzione generale della polizia criminale di questo Ministero che, in qualità di organismo interforze, offre uno spaccato conoscitivo sull'eterogeneo mondo delle discriminazioni e, nel contempo, funge da collettore generale delle segnalazioni meritevoli di interventi mirati, da parte degli organi info-investigativi presenti sul territorio, al fine della prevenzione e del contrasto di tutti i crimini d'odio.

Il citato organismo mantiene, infatti, stretti rapporti con tutte le istituzioni che si occupano di contrasto degli atti discriminatori e, in particolare, con l'ufficio per la promozione delle parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica, l'UNAR, istituito presso il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Siamo, da ultimo, fermamente convinti che sul tema si debba mantenere alta l'attenzione e che, anche attraverso una più stretta collaborazione tra istituzioni locali e nazionali, si debba continuare a promuovere, nel nostro Paese, la cultura del rispetto e l'abbattimento di ogni forma di discriminazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Cenni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

SUSANNA CENNI (PD). Presidente, no, non posso ritenermi soddisfatta della risposta, anche se il sottosegretario ha fatto una ricostruzione attenta e, indubbiamente, sono la prima a riconoscere che, in questo Paese, le forze di polizia stanno lavorando nel modo giusto e le ringrazio, ancora una volta, per il ruolo che svolgono a tutela della nostra sicurezza in questo Paese.

Però, credo anche che questi episodi non possano essere ridimensionati e che sia difficile annoverare nell'impeto del momento un atto che vede questi ragazzi pronunciare quelle parole e girare senza premeditazione fuori di casa con un'arma in mano.

Credo che, ovviamente, siano importanti le misure che lei ha ricordato a tutela della sicurezza di Don Biancalani, però, purtroppo, devo anche ricordare altro, che le minacce sono comunque continuate e che l'atteggiamento che quest'uomo così impegnato sui temi dell'accoglienza ha subito ha anche un'impronta fortemente politica.

Io ho già ricordato gli striscioni di Forza Nuova, gli atti molto pesanti che questa organizzazione ha messo in campo, ma potrei anche ricordare i commenti della locale Lega Nord di Pistoia che, quando c'è stata la decisione per la necessità di messa a norma dell'impianto elettrico e della caldaia del centro e, quindi, la temporanea chiusura di una parte del centro, ha dichiarato: un fatto da noi ampiamente caldeggiato.

Ora, è ovvio che episodi di questo tipo non possono avere un canale politico nelle decisioni che vengono assunte, perché altrimenti c'è davvero qualcosa che in questa democrazia non funziona più.

Ecco, noi non abbiamo mai sentito una condanna seria e responsabile del Governo su queste vicende e questa è una cosa, sottosegretario, impressionante; lo ripeto: impressionante. Ci vorrebbe una presa di posizione forte, vorremmo sentire le parole forti del Presidente del Consiglio, dei Vicepremier, ma non le abbiamo mai sentite.

E, ancora, un Paese, una comunità sono un insieme di persone il cui collante è generato da molte cose: c'è l'ordinamento, a cui tutti dobbiamo inchinarci, e poi ci sono altre cose, ci sono i Paesi, c'è il civismo, c'è il lavoro, c'è lo Stato sociale e, poi, ci sono i modelli culturali; lo ripeto, i modelli culturali.

Ecco, i messaggi che alcuni rappresentanti massimi di questo Governo hanno veicolato sono devastanti; lo ripeto, devastanti! La comunità di Don Biancalani è stata ripetutamente oggetto della pesante, molto pesante ironia di Salvini - il bagno in piscina e così via – e il civismo, la tolleranza, il rispetto reciproco nascono dai modelli culturali che costruiamo tutti assieme.

Guardate, è la stessa cosa che funziona per combattere la violenza sulle donne. Le leggi sono importanti, ma servono i messaggi culturali. Bisogna insegnare ai bambini che bambini e bambine sono la stessa cosa, devono rispettarsi reciprocamente e questo vale anche per l'integrazione, vale per il razzismo. Non bastano le leggi, servono i modelli culturali.

Vedete, è facile ricordare alcuni fermo immagine; sicuramente il bagno in piscina di Don Biancalani con questi giovani immigrati resterà, è quello che ha così ispirato il Ministro Salvini. Però, vorrei ricordare che ci sono anche altri tuffi in piscina, che noi ricordiamo, come quello del Ministro Salvini nell'azienda confiscata alla mafia a Suvignano. Vede, se quell'azienda, grazie al decreto sulla sicurezza, tornerà nelle mani della mafia, noi quell'immagine ve la ricorderemo ogni giorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative di competenza volte a garantire le risorse economiche necessarie alla provincia del Verbano Cusio Ossola per lo svolgimento del referendum del 21 ottobre 2018 - n. 2-00084)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Enrico Borghi n. 2-00084 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Borghi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ENRICO BORGHI (PD). Grazie, signora Presidente. Questa interpellanza urgente sottopone al Governo, oltre che un tema di carattere specifico, anche un unicum dal punto di vista nazionale, rispetto al quale c'è il rischio di creare un precedente, per il quale, dal nostro punto di vista, occorre che venga definita con grande nettezza e con grande chiarezza la modalità con la quale sia possibile svolgere, in maniera ordinata e in maniera assicurata, le operazioni di voto di un particolare referendum. Stiamo parlando del primo referendum indetto nella Repubblica italiana finalizzato a richiedere a cittadini lo spostamento di regione di una provincia.

Si è costituito uno specifico comitato che, nell'autunno del 2017, avvalendosi di un disposto dello statuto della provincia del Verbano Cusio Ossola, ha raccolto delle firme per richiedere l'indizione di un referendum popolare consultivo finalizzato a richiedere il consenso o meno circa la diversa collocazione amministrativa di tale provincia, oggi contemplata all'interno del territorio della regione Piemonte e, significativamente, la richiesta è di poter essere collocata in regione Lombardia.

Non è questa la sede nella quale entrare nel merito del quesito; questa sede vede un'altra domanda e, cioè, se il Governo è a conoscenza - naturalmente è una domanda retorica, visto che sappiamo di interlocuzioni della prefettura - del fatto che la provincia non ha le risorse per poter assicurare lo svolgimento del referendum.

L'amministrazione provinciale, nel momento in cui ha indetto il referendum e ha trasmesso alla Corte di cassazione le firme, ha fatto presente di non avere nel bilancio, nell'esercizio del bilancio 2018, attualmente in corso, le risorse stimate in circa 400 mila euro per assicurare lo svolgimento delle operazioni di voto.

Inizialmente, una circolare della prefettura, equivoca, ha parlato di una suddivisione di questi costi sugli enti locali interessati in rapporto alla popolazione e su questo si è, sul territorio, innescato un dibattito, in considerazione del fatto che non siamo in presenza di referendum promossi dai comuni, siamo in presenza di un referendum promosso da un comitato di cittadini sulla base di una prerogativa dello statuto della provincia e, quindi, secondo il principio della gerarchia delle fonti e dell'autonomia funzionale degli enti, parrebbe logico, in applicazione della normativa, che dovesse essere la provincia a doversi fare carico dei costi delle operazioni di voto, ma, e qui viene il problema, a seguito dei disposti delle leggi della finanza statale, la provincia non ha la disponibilità in bilancio per assicurare quell'esercizio democratico del voto.

Vorremmo che il Governo sgombrasse anche il campo rispetto a fantasiose interpretazioni che abbiamo sentito, sul territorio, avanzare dagli esponenti del comitato circa modalità differenti di organizzazione delle operazioni di voto, tipo riduzione dell'orario, riduzione del numero dei seggi e quant'altro.

L'ordinamento prevede, in maniera molto chiara, come debbano essere svolte le operazioni di voto e, quindi, questo ha un costo e crediamo che il Governo, il Ministro dell'interno in particolare, nel momento in cui ha indetto, con una deliberazione del Consiglio dei ministri, il referendum non poteva non sapere di questa situazione e, quindi, in conseguenza di questo, che cosa intenda fare, quali strumenti, quali modalità possa attivare per garantire le risorse economiche necessarie alla provincia del Verbano Cusio Ossola per la organizzazione e la gestione del referendum del 21 ottobre.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno Luigi Gaetti ha facoltà di rispondere.

LUIGI GAETTI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, signora Presidente. Signori deputati, come è noto, con decreto del Presidente della Repubblica, in data 9 agosto scorso, è stato indetto un referendum consultivo per il distacco della provincia del Verbano Cusio Ossola dalla regione Piemonte e la sua aggregazione alla regione Lombardia, ai sensi dell'articolo 132, comma 2, della Costituzione. La consultazione si svolgerà il prossimo 21 ottobre; la richiesta di indizione del referendum, deliberata all'unanimità dal consiglio provinciale nella seduta del 3 maggio del 2018, è stata dichiarata ammissibile dall'Ufficio centrale per il referendum della Corte di cassazione, nell'ordinanza dell'11 luglio 2018. Essa rappresenta solo una parte del complesso provvedimento previsto dall'articolo 132, comma 2, della Costituzione, che stabilisce: «Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra». L'iniziativa in questione non ha precedenti, in quanto l'articolo 132, comma 2, della Costituzione è stato applicato, sino ad ora, soltanto per distacco di un singolo comune o più comuni e mai per un'intera provincia.

Per quanto riguarda la questione sollevata dall'interpellante circa le spese da sostenere per lo svolgimento della suddetta consultazione, si rappresenta che l'articolo 53, quarto comma, della legge 25 maggio 1970 n. 352, dal titolo: «Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo», pone a carico degli enti locali interessati, in proporzione alla rispettiva popolazione, le spese per tale tipologia di referendum consultivo. Sono, invece, a carico dello Stato, ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, le spese per lo svolgimento del referendum di revisione della Costituzione e altre leggi costituzionali, articolo 138 della Costituzione, e di quelli previsti per deliberare l'abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente valore di legge, articolo 75 della Costituzione.

La consultazione referendaria del prossimo 21 ottobre, come riferito dall'interpellante, secondo una stima effettuata dall'ente provincia, ammonterebbe a circa 400 mila euro. L'attuale quadro normativo ed i puntuali vincoli legislativi sull'imputabilità dei costi per lo svolgimento dei referendum consultivi, riferita chiaramente agli enti interessati, non consentono di ipotizzare soluzioni alternative volte a porre a carico del bilancio dello Stato gli oneri finanziari in questione e, in tal senso, gli uffici ministeriali competenti, con nota del 2 ottobre scorso indirizzata al prefetto, hanno chiarito che l'ente interessato a carico del quale la legge pone le spese per la consultazione referendaria è la provincia del Verbano Cusio Ossola.

PRESIDENTE. L'onorevole Enrico Borghi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ENRICO BORGHI (PD). Grazie, signora Presidente. La risposta pilatesca del rappresentante del Governo fa emergere una sorta di corto circuito tutto interno al movimento della Lega che questo referendum ha promosso, coordinato, supportato e autorizzato. Ora noi ci troviamo la seguente condizione, per la quale un comitato parallelo rispetto alla Lega ha - legittimamente, ovviamente - raccolto le firme, le ha depositate, il Ministro dell'interno, con una procedura d'urgenza, al mese di agosto ha indetto, consapevole del fatto che la provincia non avesse le risorse, il referendum e oggi ci viene a raccontare, oltre alla normativa che peraltro si dava per acquisita, che l'attuale quadro normativo non consente di ipotizzare soluzioni alternative. Tradotto: arrangiatevi. Arrangiatevi! Ora, questo Governo, che cambia - a parole - le leggi ogni quarto d'ora, che dice - a parole - di essere attento ai territori, che declama - a parole - l'attenzione nei confronti delle realtà più periferiche, alla prima occasione, nei fatti, si smentisce. Naturalmente non possiamo che prenderne atto. Con un esercizio di finanza creativa, l'amministrazione provinciale del Verbano Cusio Ossola, che peraltro, grazie a una legge fatta da questo Governo, tra pochi giorni non avrà più il presidente, ma avrà un presidente sganciato rispetto al proprio consiglio provinciale - quindi, una sorta di corto circuito nel corto circuito -, si dovrà, vedremo come, a voi, avete detto, non interessa, quindi prendiamo atto che la funzione elettorale per lo Stato si ferma esclusivamente ad un certo punto. Ci auguriamo che questo non determini problematiche nell'esercizio di voto. Occorrerà evidentemente vigilare sotto questo profilo, ma prendiamo atto che - a parole - dite che volete essere attenti, che volete cambiare, che volete sostenere e, nei fatti, lasciate in balìa di se stesso un ente che è nelle condizioni finanziarie in cui è, in conseguenza delle azioni dello Stato. Da ultimo, è davvero singolare - concludo su questo, signora Presidente - che da oggi il referente culturale del Ministro dell'Interno, che spesso ha utilizzato recentemente, nel suo frasario, elementi culturali riferiti a un maestro di Predappio, diventi invece il procuratore romano dalla Giudea Ponzio Pilato (Applausi dei deputati del gruppoPartito Democratico).

(Iniziative di competenza volte a prorogare il mantenimento degli alloggi di servizio per il personale dei vigili del fuoco e al recupero delle risorse dedicate al soccorso antincendio - n. 2-00124)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Maurizio Cattoi ed altri n. 2-00124 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Cattoi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MAURIZIO CATTOI (M5S). Intendo, illustrarla, signora Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO CATTOI (M5S). Grazie, signora Presidente, grazie, signor sottosegretario. Al di là della enunciazione del tema di cui andrò a trattare, che sembra molto ridotto a casi di minore entità, in realtà l'occasione è molto importante per evidenziare una situazione afferente a due livelli diversi, ma entrambi contenuti nel grande problema che oggi stiamo vivendo come sofferenza ambientale, cioè quella degli effetti perversi, per certi versi, derivanti dalla riforma Madia, che ha visto, negli anni 2015 e 2016 e con effettività dal 2017, l'assorbimento di 7 mila persone del Corpo forestale dello Stato in cinque diverse amministrazioni. In questo caso, l'argomento tratta di personale forestale presente nei Vigili del fuoco.

Come sappiamo, questa riforma ha smembrato un piccolo Corpo, molto efficiente, e ne ha diviso appunto la parte più importante tra Carabinieri, una quota minore nei Vigili del fuoco, poi in Polizia di Stato, Guardia di finanza, Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e parte ancora in mobilità.

Ora, nessuno dei forestali a quel tempo ha potuto scegliere volontariamente la destinazione d'appartenenza, ma, ope legis, si è trovato assegnato ad una di queste amministrazioni, in parte mantenendo la propria collocazione nel reparto, in parte invece a spot, a unità sparse in giro per l'Italia in cerca di collocazione.

Questa è la situazione che, in particolare, hanno sofferto i vigili del fuoco, ex forestali, i quali, anche essi appunto, non avendo scelto di transitare nei vigili del fuoco, si sono trovati a spot, da forestali presenti nei territori montani insieme ai loro reparti ad unità separate dagli altri ma, in questo caso, occupanti ancora alloggi di servizio dei forestali.

Ora, questo personale si è trovato di fronte alla necessità dell'Arma dei carabinieri, che è entrata in possesso delle strutture, di lasciare liberi gli alloggi perché appunto non appartenenti più all'organizzazione alla quale era stata conferita la proprietà dell'alloggio stesso. Ciò con una doppia ferita: quella di aver perso il proprio profilo professionale e il reparto di appartenenza e di non poter più riconoscersi nel luogo in cui per anni e anni hanno operato, e quella di doversi vedere, adesso dopo due anni, intimato lo sfratto per lasciare libero l'alloggio e transitare in altre situazioni anche abitative o familiari. Questo pur in presenza - e questa è la particolarità - di un contenzioso poderoso, che vede gran parte del personale del Corpo forestale transitato nei vigili del fuoco già vincente in primo grado presso la giustizia amministrativa dei vari TAR d'Italia e vincente soprattutto perché chiede di rientrare nel reparto di provenienza, cioè nei reparti dell'Arma dei carabinieri.

Ora, questa situazione sembra di poca entità, ma ha un grandissimo significato per tutta la famiglia dei forestali. I forestali oggi sono una forza unita come un un'unica famiglia intorno al personale che si trova in difficoltà e questa è una situazione che meriterebbe un intervento governativo per cercare di superare questa situazione, almeno con una proroga che dovrebbe protrarsi fino alla conclusione del contenzioso in atto, proprio per consentire la ricomposizione dei reparti e delle situazioni anche familiari che oggi sono in sofferenza.

L'altra particolarità che oggi voglio illustrare con particolare importanza è quella del reparto aereo dell'ex Corpo forestale, che era un reparto aereo di eccellenza: per quasi quarant'anni è stata costruita intorno ad una filiera - un trinomio tra persone, mezzi e organizzazione - un'organizzazione antincendio dedicata alla tutela e alla difesa dagli incendi boschivi, una macchina sofisticatissima e direi quasi perfetta; addirittura, la Corte dei conti più volte l'ha citata come esempio di amministrazione low cost perché, nella sua versatilità, riusciva a ridurre i costi di esercizio mantenendo un'altissima efficienza.

Cosa è successo? Che la riforma Madia è intervenuta pesantemente su questo reparto di specialisti, che contava nel 2016 trenta aeromobili caratterizzati da una modularità di capacità di intervento: c'erano otto piccoli NH500, quelli piccolini che possono essere sistemati in basi temporanee ovunque venga richiesto anche in situazioni di emergenza; successivamente, un livello superiore operativo, diciotto AB412, gli elicotteri che vediamo operare pesantemente sugli incendi in qualsiasi condizione di tempo; fino ai grossi Elitanker, i quattro Erickson che, per la loro capacità di portare grandi quantità d'acqua, vengono in genere sistemati al sud Italia, dove l'approvvigionamento idrico è più difficoltoso che nelle altre parti d'Italia.

Ora, cosa è successo? C'erano duecentocinquanta persone e trenta elicotteri, costituenti un unico organismo perfezionato nel supporto del concorso aereo agli organi che in Italia sono deputati per competenza alla lotta agli incendi boschivi, cioè le regioni. Le regioni hanno goduto, attraverso convenzioni, di un grandissimo apporto specialistico in questi quarant'anni di esistenza del reparto aereo, ma la riforma Madia ha salomonicamente diviso questo reparto, in verticale, dividendo il personale tra carabinieri e vigili del fuoco e, in orizzontale, trasferendo tutti i piccoli elicotteri di intervento immediato ai carabinieri e l'altra metà di elicotteri ai vigili del fuoco; questo praticamente impedendo quella versatilità di intervento che oggi è all'ordine del giorno. Quindi, abbiamo sottratto alla lotta antincendio l'elemento più importante, cioè la tempestività. Perché oggi c'è, a fronte di un numero di incendi pari a quello ordinario, una superficie incendiata notevolmente maggiore? Perché è mancato - e manca adesso - dall'aria e da terra, l'elemento principale che la Forestale sapeva garantire, cioè la tempestività di essere sul posto nel momento in cui si crea l'evento, si crea il piccolo incendio, con la possibilità di intervenire con spegnimenti immediati e, dall'aria, con il dislocamento e lo schieramento versatile a geometria variabile, in estate al Sud e in inverno al Nord, del reparto aereo.

      Ora, il reparto elicotteri dei vigili del fuoco continua ad operare, però con gravi carenze; l'altra metà del reparto, così sofisticamente costruito negli anni, è passato all'Arma dei carabinieri, ma non produce più nessun tipo di attività antincendio.

Questa è una situazione strutturalmente irrisolvibile perché gli incendi o si spengono all'inizio del loro svilupparsi, oppure, quando sono ormai virulenti, esigono un impegno straordinario che costa, in termini di risorse fisiche, umane ed economiche, cifre colossali.

Quindi, io chiedo con questa interpellanza se il Governo intenda in qualche maniera fare fronte ad una organizzazione differente del settore perché non è pensabile una permanenza di questo tipo di struttura in futuro, quando le condizioni climatiche si aggravano, mentre invece le strutture che hanno recepito le funzioni e anche i compiti dell'ex Corpo forestale hanno una rigidità intrinseca, da parte militare e da parte dei vigili del fuoco, che non riesce a modularsi e a svolgere l'importantissimo ruolo di cerniera del Corpo forestale nei confronti soprattutto delle regioni, che di questo hanno goduto nel tempo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Luigi Gaetti, ha facoltà di rispondere.

LUIGI GAETTI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, signora Presidente e signori deputati. Desidero preliminarmente ricordare che l'attuale normativa affida la competenza primaria della materia della lotta attiva contro gli incendi boschivi alle regioni, riservando allo Stato il solo soccorso nelle attività di spegnimento.

Tale assetto generale, del resto confermato e ancor più esplicitato nella legge-quadro del 2000 sugli incendi boschivi, non risulta in alcun modo mutato a seguito dell'emanazione del decreto legislativo n. 177 dell'agosto 2016, con cui si è proceduto alla razionalizzazione delle funzioni di polizia e all'assorbimento del Corpo forestale.

A seguito di tale assorbimento, per assicurare l'espletamento delle competenze transitate al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è stato contestualmente disposto il trasferimento di risorse umane e strumentali, dal soppresso Corpo forestale al Corpo nazionale.

Ciò premesso, per quanto riguarda le osservazioni degli interpellanti sulla funzionalità ed efficienza dei mezzi aerei, informo che gli elicotteri transitati dal Corpo Forestale al Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono 16 e possiedono tutte le relative certificazioni di sicurezza per le specifiche attività di spegnimento degli incendi di bosco.

Peraltro, i piloti e gli specialisti del Corpo forestale dello Stato, transitati nel Corpo dei vigili del fuoco e la relativa flotta aerea, sono stati integralmente ed efficacemente impiegati nel corso della campagna incendi boschivi di quest'anno, consentendo peraltro l'apertura da giugno a settembre anche di due reparti volo temporanei nelle basi di Viggiano, in provincia di Potenza, e in quella di Boccadifalco, in provincia di Palermo.

Posso, pertanto, assicurare che la flotta aerea antincendio di assegnazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha efficacemente coperto tutte le esigenze emergenziali verificatesi nel territorio nazionale nel corso della campagna 2018, compreso l'incendio, di pochi giorni fa, del Monte Serra di Pisa, dove risultano essere state impiegate sia la flotta Canadair sia quella degli elicotteri.

In merito, poi, alla questione posta dall'interpellante riguardo al rilascio degli alloggi di servizio da parte del personale già appartenente al disciolto Corpo forestale dello Stato, il comando generale dell'Arma dei Carabinieri ha fatto sapere che allo stato sono undici gli alloggi di servizio occupati da parte del succitato personale non assegnato all'Arma. In particolare, cinque sono occupati dal personale transitato nel Corpo dei vigili del fuoco, quattro sono occupati da militari della Guardia di finanza e due sono occupati da personale assegnato alla Polizia di Stato.

Al riguardo l'articolo 8, comma 4, del decreto ministeriale del 21 luglio 2017, ha previsto che il personale dell'ex Corpo forestale dello Stato concessionario di alloggio di servizio conserva la titolarità della concessione fino al 31 dicembre 2017, salvo proroga di un ulteriore anno per motivate necessità familiari e personali, proroga che, in considerazione delle predette esigenze, risulta peraltro già concessa agli occupanti e operante sino alla fine dell'anno in corso.

Al suddetto personale, transitato nell'organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, si applicano ormai le vigenti disposizioni che disciplinano le funzioni e i compiti degli appartenenti al Corpo stesso e che regolano anche i casi e le modalità in cui, in relazione all'incarico ricoperto e all'esigenza di garantire un'immediata presenza di servizio, è consentita al dipendente l'assegnazione di un alloggio di servizio.

Da ultimo, faccio rilevare come ogni ulteriore valutazione sull'opportunità di ripensare la distribuzione delle competenze in materia di soccorso e di protezione ambientale sia, ovviamente, rimessa alla volontà del legislatore.

Resta fermo, come ha assicurato il Ministro Salvini nel corso del question-time di mercoledì scorso, che una priorità di questo Governo è il potenziamento di uomini e mezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che dimostra il proprio valore in ogni circostanza e che mette ogni giorno il proprio impegno, con dedizione e passione, a disposizione della comunità e dei singoli cittadini in situazione di difficoltà.

PRESIDENTE. Il deputato Maurizio Cattoi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

MAURIZIO CATTOI (M5S). Grazie, signora Presidente, e grazie, signor sottosegretario. Prendo atto dell'illustrazione dello statu quo in cui ci troviamo ed evidentemente non posso essere completamente soddisfatto ma, soprattutto, perché da tecnico del settore, appartenente già al Corpo forestale dello Stato e conoscendo la situazione reale in cui versano tutti i reparti dell'ex Corpo forestale, oggi operativi nell'Arma o nei vigili del fuoco, so quanta potenzialità è stata perduta in questo tipo di operazione.

Ricordo solo, nello specifico degli incendi boschivi, che i forestali che operavano da terra e i forestali che operavano dall'aria erano come le due mani che insieme curavano, tutelavano e proteggevano il bosco, che, a differenza di quanti molti pensano, non è un combustibile: è un organismo vivente, perché non c'è solo il legno, ma ci sono dentro gli animali e tutta una catena biologica di cui bisogna essere specialisti e appassionati specialisti per comprenderla e per vestire le operazioni che riguardano questa tutela in maniera adeguata.

Dunque, non basta un progetto di razionalizzazione. Ricordiamo che la riforma Madia è avvenuta, con l'assorbimento del Corpo forestale, per questioni di bilancio e il bilancio oggi che paga l'ambiente è invece altissimo in termini di ritardo. È come se, mutuando un esempio dalla sanità, per razionalizzare la sanità avessimo abolito le ambulanze, che corrono in dieci minuti in caso di incidente, per portare dopo due ore un intero ospedale sull'autostrada. Non è la stessa cosa. Si tratta di operazioni fini, che devono essere portate avanti con un know-how che non si crea al momento, perché il Corpo forestale aveva quasi duecento anni di storia da mettere a disposizione del Paese per affrontare i problemi complessi del Paese.

Questa operazione è avvenuta frettolosamente e in maniera sbagliata. Non è stata colpa degli organismi recettori della delega, ma di chi la delega l'ha decisa. Io confido che questa sia la legislatura della ricomposizione delle funzioni nella specialità del forestale e non delle specialità dei forestali. Il forestale è già in sé una specialità che va ricostruita ed eventualmente anche allocata in maniera difforme, però questo è l'obiettivo, credo, anche frutto della scorsa legislatura dell'allora minoranza e oggi maggioranza di Governo, che ci si può porre legittimamente anche trasversalmente tra le forze politiche, che credo si siano rese conto della situazione in atto.

(Iniziative di competenza volte al sostegno delle fasce più deboli nel mercato del lavoro e al riequilibrio della qualità dei servizi pubblici essenziali, in particolare nel Mezzogiorno - n. 2-00080)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Speranza ed altri n. 2-00080 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Conte se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmatario, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FEDERICO CONTE (LEU). Grazie, Presidente. Negli ultimi 25 anni, sopraffatto dalle logiche del mercato e dalla spinta liberista dei poteri forti, il Paese si è progressivamente allontanato dal Mezzogiorno, favorendo la diffusione di diseguaglianze notevoli, che, secondo l'indice di Gini, che è il coefficiente col quale si misura la distribuzione o la cattiva distribuzione della ricchezza e del reddito, l'Italia è al penultimo posto in Europa proprio per i dati del sud, con il sud all'ultimo posto evidentemente.

È un fenomeno che è stato aggravato, negli ultimi quindici anni, dalla globalizzazione e dalle politiche di rigore finanziario messe in essere dall'Unione europea. Dunque, ci consegna, questa parte della storia, un quadro davvero allarmante: il PIL pro capite dei cittadini del Mezzogiorno d'Italia è pari al 55 per cento, la metà, sostanzialmente, di quello di un cittadino del nord; l'impegno nel lavoro delle donne del sud, Presidente, è del 32 per cento, mentre la media europea è del 62; ci sono circa 600 mila famiglie - al nord sono 470 mila - con tutti i componenti in cerca di lavoro e diventano 814 mila le famiglie del sud che sono in condizione di povertà assoluta.

Dal 2009 ad oggi sono stati persi 500 mila posti di lavoro. C'è un fenomeno demografico ingravescente, che è quello dell'emigrazione: i dati dello Svimez ci dicono che dal 2009 sono emigrati dal sud verso il centro-nord un milione e 600 mila cittadini. Ne sono tornati solo 800 mila, ma in parte assolutamente minore quelli tra i 15 e i 34 anni, cioè le energie migliori del Paese. Secondo gli studi demografici, nel 2070 saranno 5 milioni i cittadini meridionali che avranno lasciato il sud, con un fenomeno di spopolamento e di invecchiamento della popolazione assolutamente allarmante.

Questo fenomeno è stato determinato, evidentemente, soprattutto dall'assenza di un apparato pubblico capace di garantire investimenti e di offrire alle famiglie, alle persone prima e alle imprese poi, servizi adeguati. Stiamo parlando del ruolo dello Stato nell'economia, stiamo parlando del fatto che le spese ordinarie investite dallo Stato nel Mezzogiorno dell'Italia, nel migliore degli ultimi dieci anni, sono pari al 28 per cento, ben lontano dal 34,4 per cento della popolazione italiana che vive nel Mezzogiorno d'Italia. Quello scarto percentuale evidentemente è andato a beneficio delle regioni del centro-nord. È un dato che, in termini di miliardi di euro, ci dice che nel 2009 lo Stato investiva in conto capitale - quindi, per investimenti, per investimenti infrastrutturali - nel sud 23 miliardi e nel 2016 solo 13 (ed è un dato che si è ridotto ulteriormente nel 2017).

Per fare fronte a questo fenomeno di riduzione della spesa pubblica, il Governo passato ha reintrodotto una clausola di riserva della spesa pubblica in favore delle regioni meridionali, collocando al 34 per cento l'asticella, in coerenza con la popolazione meridionale. Questa clausola, però, ancora non è operativa, perché sia il passato Governo sia quello in carica - con grave negligenza - ancora non hanno emanato un regolamento attuativo che ne consenta l'applicazione concreta.

Per capire quanto sia importante questa clausola, Presidente, basti pensare che, se fosse stata in vigore dal 2010 in poi, la riduzione del prodotto interno lordo del Mezzogiorno d'Italia non sarebbe stata del 10,7 per cento, ma del 5,4; la perdita di occupazione non del 6,8, ma del 2,8. Dietro a questi numeri ci sono 300 mila posti di lavoro, un dato sul quale la Svimez ha svolto, nell'aggiornamento ai suoi rapporti del 2018, un'ampia rassegna di analisi e proposte, tutte quante convergenti su una sola soluzione: c'è necessità assoluta e vitale per il Mezzogiorno di investimenti infrastrutturali che consentano alle imprese piccole e medie che lo abitano di produrre di più; imprese che hanno dato una grande prova di resilienza negli scorsi anni, in alcuni momenti, in alcuni segmenti, addirittura producendo un prodotto interno lordo superiore, seppur di qualche decimale, a quello nazionale, che adesso, però, soffrono questa mancanza di politiche di sostegno, tanto che per l'anno prossimo vi è una previsione di produzione interna nel Mezzogiorno dello 0,7 per cento, a fronte dell'1,2 per cento del nord del Paese.

È un dato che il Governo dovrebbe valutare con attenzione, perché va a comporre quel dato aggregato di PIL nazionale che così significativamente sta impedendo allo stesso Governo le politiche espansive che esso ha in programma. Il prodotto interno lordo è il denominatore sul quale si articolano i rapporti di deficit e di debito e senza il quale, evidentemente, una scelta politica in deficit spending, come si dice, mette a serio rischio la stabilità del Paese.

C'è quindi bisogno, ora che siamo alla vigilia della legge di stabilità, che sia tenuta ferma la barra di una programmazione di investimenti in conto capitale o, quanto meno, in maniera significativa in conto capitale, cioè che la spesa non venga assorbita soltanto dalla spesa in conto corrente; non esclusivamente, almeno, come sembra, invece, stia per avvenire in ragione degli investimenti per il reddito di cittadinanza e la riforma delle pensioni. Sia chiaro, non ci siano equivoci, due misure importanti, da tempo auspicate per fronteggiare la povertà e per garantire un pensionamento in un'età adeguata, ma che per modalità e tempistiche sembrano pensate da questo Governo più guardando alla prossima scadenza elettorale europea che all'interesse del Paese e che rischieranno, in concreto, al di là delle intenzioni, che consideriamo sicuramente in buona fede, di procurare più instabilità che giustizia sociale.

C'è un tema sugli investimenti che riguarda le risorse europee. Sappiamo che abbiamo una grandissima difficoltà nella spesa dei fondi europei; è una difficoltà nazionale, ma soprattutto meridionale. La Banca d'Italia ci dice che al 31 dicembre del 2017, passati tre anni del settennio di investimenti in corso, al sud Italia la spesa effettiva è poco superiore al 3 per cento di quei fondi; fondi che vengono utilizzati per funzioni non sussidiarie di integrazione e di sviluppo delle zone più disagiate, ma per finalità quasi sempre di carattere ordinario, se è vero, come ci dice l'Agenzia per la coesione territoriale, istituita presso la Presidenza del Consiglio, che nel 2017 al sud Italia, su 691 euro di spesa per cittadino, solo 239 euro vengono dai fondi statali, essendo stati utilizzati quelli europei, evidentemente, per finalità che spettavano allo Stato. Tutto questo si è tradotto in un calo gravissimo della capacità di reddito dei cittadini meridionali. Il reddito medio di un cittadino meridionale è nel 2016 di 27.500 euro. Per capire quanto sarebbe stato importante sostenere quei redditi, basti pensare che, se fosse stato semplicemente nella media nazionale, 32.500 euro, il gettito del PIL procurato dalla spesa di quei redditi sarebbe stato di 7 o 8 punti percentuali superiori.

Quei 7 o 8 punti percentuali che impediscono di definire una manovra in deficit/PIL al 2,4 per cento, per certa sostenibile nei prossimi anni, secondo le formule sviluppate dai migliori economisti.

Questa crisi economica si è tradotta in una crisi sociale, Presidente. Lei viene dalla mia stessa terra, sa quanta sofferenza, quanto disagio, quanta difficoltà nello sviluppo delle vite delle persone e delle famiglie questa condizione economica procura; nell'aspettativa di vita, che passa in pochi anni da più 1 a meno 4; nella erogazione dei servizi essenziali, quelli sanitari, quelli sociosanitari, quelli che riguardano l'istruzione, che in nulla verranno aiutati, e anzi verranno aggravati dall'investimento esclusivo delle risorse dello Stato nel reddito di cittadinanza.

Dicevo prima, ha svolto un ruolo importante e decisivo in termini negativi, in questo processo, l'attività, la politica di rigore finanziario imposta dall'Unione europea. La tendenza al consolidamento finanziario e alla riduzione del debito che ha governato le politiche economiche dell'Unione, il modello tedesco, basato sul rigore finanziario, hanno fortemente danneggiato l'Italia, in particolare il Mezzogiorno. C'è già un'Europa a due velocità. Il nostro modello giuridico, sociale, economico, quello che è nella nostra Costituzione, è stato pensato per tenere insieme democrazia, economia e lavoro e ha nelle politiche di investimento di tipo keynesiano lo strumento di contrasto a fenomeni recessivi e di disoccupazione.

Sono due modelli tra di essi incompatibili. In questo iato si è arricchito un fenomeno di aggravamento della condizione di vita del Paese. Come rimediarvi? Possiamo affidarci a strategie di uscita dall'euro, dall'Unione o dall'Eurozona, che ci condanneranno a una storia di serie B, con l'illusione, magari, di recuperare con politiche di svalutazione della moneta, della divisa, di tipo competitivo? Possiamo farlo con atteggiamenti provocatori e a tratti irriverenti, quali quelli posti in essere da alcuni rappresentanti del Governo per ottenere qualche linea di flessibilità in più? Innanzitutto è già stato fatto, non è una novità. Ma poi a che prezzo, quello dell'isolamento politico? Che cosa intende fare il Governo rispetto all'Unione europea? Quale proposta di politica internazionale vuole fare? Come vuole attrarre l'attenzione dei nostri partner europei?

C'è bisogno di tempo, certo, per cambiare l'architettura dell'Unione, sappiamo che c'è un problema che riguarda le competenze del Parlamento, le funzioni della BCE, ma si può fare questo senza una stagione di tranquillità, di pacificazione dei rapporti, non interdicendo, non contraddicendo, ma coinvolgendo, ad esempio, la Germania su un'opportunità economica? E quale opportunità economica maggiore per l'Europa che non il Mediterraneo, il mare sul quale affaccia l'Italia, in particolare il Mezzogiorno. Cerchiamo, possiamo, può il Governo immaginare un grande programma di investimento infrastrutturale che riguardi l'accesso al Mediterraneo dell'Europa, lo sviluppo dell'Europa nel Mediterraneo attraverso l'Italia? Certo, il Mediterraneo è un insieme di molte cose, di molte culture: il Mediterraneo europeo, quello arabo, quello asiatico, etnie, civiltà diverse, problemi demografici, economici, ma anche grandi scambi commerciali, infrastrutture, logistica. Si pensi ai traffici che vanno attraverso il Canale di Suez, circumnavigando l'Europa nei porti di Amburgo e di Rotterdam, bypassando la nostra Gioia Tauro, che potrebbe, invece, interdire quegli scambi commerciali con un adeguato investimento infrastrutturale che riguardi la rete portuale, che riguardi i collegamenti su terra, l'alta capacità, il trasporto delle persone e delle merci attraverso l'Italia, con il prolungamento dell'Alta velocità da Napoli a Reggio Calabria.

Non sono questi, chiedo al Governo, investimenti sui quali potrebbe chiedere all'Europa una deroga al Patto di stabilità? La golden rule per tenere fuori dal Patto di stabilità investimenti infrastrutturali o, addirittura, chiedere, per una politica di sviluppo in Europa, una politica di sviluppo nel Mediterraneo, per questa scelta dell'Europa come direzione di sviluppo, l'emissione misurata di titoli di debito nazionali o addirittura europei? Che cosa intende fare nel rapporto con i nostri partner europei il Governo per affrontare il problema del Mezzogiorno, che a tutti gli effetti, oggi, è il problema del Paese, la maggiore diseguaglianza del Paese? Questo ci aspettiamo che venga detto qui oggi, non avendo potuto capirlo né dal contratto, che al Mezzogiorno d'Italia dedica poche righe, né dal dibattito, che finora si è svolto su temi macro economici e che presenta i limiti finora dedotti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Claudio Cominardi, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO COMINARDI, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Con riferimento all'interpellanza dell'onorevole Speranza si fa presente quanto segue.

Le variazioni mensili dell'occupazione diffuse dall'ISTAT e prospettate dall'interpellante, per essere meglio comprese, devono essere lette congiuntamente alle variazioni trimestrali. Ciò premesso, la flessione dell'occupazione registrata nel mese di giugno è da attribuire a fattori congiunturali. Su base trimestrale si rileva un incremento dell'occupazione sia nel mese di giugno che nel mese di luglio. Nel medio periodo il numero di occupati conferma la tendenza alla crescita avviata già dal 2014. Il tasso di occupazione, pur diminuito di 0,1 punti percentuali nel mese di giugno, si è stabilizzato nel mese successivo. Su base trimestrale l'indicatore fa registrare un aumento sia a giugno che a luglio.

La flessione del numero di occupati a tempo indeterminato e il parallelo aumento dei lavoratori a tempo determinato, sia a giugno che a luglio, confermano la tendenza sistematica verso l'utilizzo del lavoro dipendente a termine, osservata fin dall'avvio della fase di ripresa dell'occupazione nel 2014, accentuata al termine del 2016 e interrotta solo nel biennio 2015-2016 quando sono stati resi disponibili incentivi per l'assunzione di lavoratori a tempo indeterminato.

I dati sull'occupazione diffusi dall'ISTAT nei mesi di giugno e luglio confermano la tendenza alla crescita dell'occupazione nel medio periodo: in particolare, prosegue la crescita dell'occupazione e del relativo tasso anche per i giovani di 15-34 anni, verificata a livello sia congiunturale (più 0,4 per cento), sia tendenziale (più 1,1 per cento). L'aumento dell'occupazione è più intenso per le donne e nelle regioni del Centro e del Mezzogiorno: il tasso di disoccupazione diminuisce sia rispetto al trimestre precedente, sia in confronto a un anno prima, così come quello di inattività. Nei dati mensili di luglio 2018, in termini congiunturali, la diminuzione del tasso di disoccupazione si associa all'aumento di quello di inattività.

Guardando al Mezzogiorno, nel confronto tendenziale per il quinto trimestre consecutivo si è verificata una diminuzione dei disoccupati (meno 34 mila in un anno, 1,2 per cento), interessando entrambi i generi e gli individui fino a 49 anni. Sul piano nazionale, invece, la forte riduzione tendenziale degli inattivi della fascia 15-34 anni (meno 394 mila, meno 2,9 per cento) è diffusa per genere e classe di età. Al netto della componente demografica, l'occupazione tende ad aumentare in tutte le classi di età; la dinamica della componente giovanile, pur positiva, si mostra tuttavia più lenta nel recupero delle posizioni perdute nel periodo recessivo. L'occupazione femminile conferma la tendenza strutturale alla crescita e, a differenza di quella maschile, ha recuperato ampiamente i livelli pre-crisi; tuttavia rimane marcato sia il divario strutturale dell'occupazione femminile rispetto alla media comunitaria, sia l'elevata differenza tra Centro-Nord e Mezzogiorno.

Il Governo ha inserito nell'iter di conversione del decreto-legge “dignità” un nuovo incentivo per l'assunzione di giovani a tempo indeterminato: si tratta di un esonero contributivo per favorire l'occupazione giovanile, una norma che rilancia gli sgravi contributivi per l'assunzione di giovani under 35. Inoltre sono stati previsti sgravi più forti e mirati, al fine di sostenere quelle fasce del mercato del lavoro che per condizioni territoriali hanno un maggior bisogno di sostegno pubblico. Di converso, è stato disincentivato il ricorso ai contratti a tempo determinato, attraverso l'introduzione di specifiche restrizioni in caso di rinnovo del contratto e la riduzione del numero delle proroghe riferite allo stesso contratto.

Appare chiaro che una misura rivolta a contrastare un uso intensivo dal contratto a tempo determinato, maggiormente diffuso tra i giovani, non può non essere intesa come un intervento che si concentra sulla fascia giovanile. A tal riguardo, basta evidenziare che in Italia nel periodo 2000-2015 la quota di lavoratori a tempo determinato sul totale dei lavoratori per tutte le fasce d'età, vale a dire 15-64, è passata dal 10,1 al 14,1 per cento, mentre in Europa si è passati dal 13,6 al 14. In Italia il differenziale è stato in rapporto di dieci a uno rispetto all'Europa.

Lo stesso indicatore per la fascia d'età 55-64 in Italia si è ridotto nello stesso periodo dal 6 al 5,7 per cento, in Europa dal 6,2 al 5 8, mentre è più che raddoppiato tra i giovani della fascia 15-24 anni, per i quali è passato dal 26,2 al 57,1 per cento, mentre in Europa si è passati dal 39,4 al 43,6 per cento. Inoltre è bene precisare che, attesa la finalità dell'intervento normativo che vuole limitare il ricorso a rapporti di lavoro a termine per favorire l'instaurazione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, si può ritenere che misure volte a contrastare la precarietà occupazionale, in particolare tra le giovani generazioni, possano modificare la propensione e l'inclinazione al consumo dei lavoratori e delle lavoratrici interessati dalle stabilizzazioni attese, con effetti diretti e indiretti per la domanda aggregata alla finanza pubblica. Lo stesso decreto-legge prevede inoltre l'innalzamento del prelievo erariale unico sugli apparecchi idonei per il gioco lecito, al fine di provvedere agli oneri derivanti dalla decontribuzione per gli anni 2019-2020 per l'assunzione di giovani a tempo indeterminato.

Con il decreto-legge “dignità” il Governo si prefigge il perseguimento di alcuni importanti obiettivi: fra questi, la lotta al precariato attraverso una revisione della disciplina dei contratti a termine, anche per quanto riguarda lo specifico ambito dei contratti di somministrazione, e un incremento dell'indennizzo per il lavoratore licenziato senza giusta causa. Il Governo ha al centro della propria agenda la riduzione del precariato e l'aumento delle tutele di quella categoria di lavoratori che è maggiormente esposta a questa condizione, ovvero quella dei giovani. È in questa prospettiva che abbiamo rilanciato gli sgravi contributivi per favorire l'occupazione dei giovani under 35. In linea generale l'impatto atteso è quello di una riduzione del numero dei contratti a tempo determinato, stante i vincoli normativi introdotti ed il maggiore costo, e di un corrispondente, e si auspica più che proporzionale, aumento del numero dei contratti a tempo indeterminato, sia per effetto delle trasformazioni che delle nuove assunzioni.

In altre parole, si stima che le nuove regole avranno l'effetto di reindirizzare la domanda di lavoro verso il contratto a tempo indeterminato, e siamo fiduciosi dei risultati che verranno. Infatti, posto che l'occupazione rimane sostanzialmente stabile, si stima che la forza lavoro verrà redistribuita da rapporti di lavoro a termine verso forme di lavoro più stabili.

Con riferimento al Sud, è intendimento di questo Governo intervenire sulla misura incentivante “Resto al Sud”, volta a favorire l'auto-imprenditorialità dei giovani che vogliono avviare nuove attività imprenditoriali nel Mezzogiorno, prevedendo un'estensione della platea di beneficiari dell'incentivo dai 35 anni, attualmente previsti, a 45 anni, e coinvolgendo anche professionisti rimasti esclusi.

Infine, riguardo agli asili nido, è in fase di approfondimento un sistema integrato di proposte normative volte ad introdurre misure strutturali di sostegno alla natalità, ivi compreso il potenziamento dell'offerta dei servizi socio-educativi per la prima infanzia. A tale fine, sono state avviate le interlocuzioni con gli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di prevedere il loro inserimento nel disegno di legge di bilancio 2019.

PRESIDENTE. L'onorevole Conte ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FEDERICO CONTE (LEU). Presidente, resto profondamente insoddisfatto dall'approccio ragionieristico utilizzato dal Governo nel dare risposta al quesito da me posto: un approccio a tratti negazionista, se non fosse per qualche clausola di stile. Evidentemente rivendicare misure di sgravio che sono in gran parte, come ben sappiamo per aver tutti concorso al varo del “milleproroghe”, la rinnovazione di misure già esistenti, e che non hanno determinato effetti di impatto tali da arginare il fenomeno da me descritto, non può essere la risposta al Sud, ai cittadini meridionali da parte di questo Governo, che nel Mezzogiorno d'Italia ha trovato la sua legittimazione popolare più ampia: perché è lì che il MoVimento 5 Stelle è divenuto il primo partito d'Italia e la Lega è divenuto il primo partito del centro-destra, guadagnandosi così la chance di concorrere alla formazione del Governo. Mi sarei aspettato che il Governo mi desse risposte di carattere strutturale.

Che cosa farà a proposito del trasferimento delle funzioni e delle relative risorse alla regione Veneto e ad altre 11 regioni che hanno chiesto, ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione, di poter esercitare nel proprio ambito regionale funzioni che oggi sono statali? Secondo il criterio dei fabbisogni standard, considerati anche con riferimento alla capacità di produzione di ricchezza, di gettito erariale di quelle regioni. Vi darà seguito, così consacrando definitivamente nel Paese una graduatoria di cittadini di serie A o di serie B a seconda della ricchezza della regione nella quale hanno la fortuna di nascere? E rompendo definitivamente il patto che è siglato nella Costituzione col principio di uguaglianza? O si farà carico, il Governo, di stabilire, come impone l'articolo 117, lettera m), della Costituzione, i LEP, i livelli essenziali delle prestazioni che attengono ai diritti civili e sociali, di guisa che in tutta Italia, in tutto il Paese e per tutti i cittadini siano garantiti stessi livelli di assistenza e stessi livelli prestazionali? Sui quali - su quei livelli - poi trasferire risorse: di più a chi ha più bisogno e di meno a chi ne ha di meno, secondo il patto di solidarietà che tiene unita la nazione.

Mi sarei aspettato una risposta riguardo, ad esempio, la riforma sul credito cooperativo, che toglierà al Mezzogiorno d'Italia l'ultima infrastruttura del credito a disposizione: 700 sportelli delle banche di credito cooperativo, che raccolgono risparmi e li impiegano a favore delle piccole e medie imprese del Sud, che vedranno condizionato il proprio lavoro da un patto di coesione che romperà questa equazione, spendere i soldi lì dove si raccolgono, privando dell'ultima rete economica di sostegno la piccola e media impresa di cui il Mezzogiorno beneficia.

Mi sarei aspettato una risposta sulla ricerca e sullo sviluppo, un piano che riguarda il rapporto tra le università pubbliche e private del Sud, di modo che si possa favorire la loro internazionalizzazione e la loro integrazione territoriale con i ceti produttivi, appunto per la didattica, per la ricerca, per lo sviluppo. Mi sarei aspettato che mi si prospettasse una misura per impedire il fenomeno dello spopolamento, questo corso demografico così preoccupante: ad esempio prevedendo per i parchi territoriali, quelli nazionali e quelle regionali, per le aree protette - che rappresentano un terzo del territorio meridionale, Presidente, un terzo, circa il 30 per cento -, prevedendo per queste aree delle misure di no tax area anche a termine, per consentire alle persone, alle famiglie, alle imprese di vivere lì senza pagare tasse per favorire il rientro delle persone e un'attività di produzione che sia orientata secondo i criteri della green economy.

Mi sarei aspettato che si immaginasse un nuovo modello di riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, si poteva partire, si può partire dai lavoratori della pubblica amministrazione: ridurre le ore di lavoro a parità di salario per fare impegnare costoro nelle attività socialmente utili, iniziando a pensare a un modello di welfare che abbia nel tempo libero e non nel tempo occupato il suo epicentro. Di queste e di tante altre proposte, Presidente, questo gruppo, il gruppo di Liberi e Uguali si farà carico, con una mozione, che è già calendarizzata, nella quale faremo al Governo la nostra proposta, sperando in un maggiore ascolto.

(Chiarimenti in merito alle risultanze delle attività delle strutture preposte ai sensi del decreto legislativo n. 61 del 2011, anche in ordine all'individuazione delle infrastrutture critiche europee e all'eventuale inserimento in tale ambito del ponte “Morandi”- n. 2-00121)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente D'Ettore n. 2-00121 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole D'Ettore intende illustrare la sua interpellanza? Prego.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Presidente, l'interpellanza riguarda sia il ponte “Morandi” che la definizione e nozione di “infrastrutture critiche”, con riguardo a un provvedimento legislativo, il decreto legislativo n. 61 del 2011, che ha dato attuazione alla direttiva europea n. 2008/114/CE. L'interpellanza tende non semplicemente a fare delle richieste, ma a capire quali sono state in questo periodo (e anche con il Governo precedente, dopo che il Governo Berlusconi aveva attuato questa direttiva) le procedure che hanno portato all'individuazione e all'elencazione delle infrastrutture critiche, con tutte le conseguenze che ciò comporta in ordine alla determinazione delle funzioni vitali sulle quali queste infrastrutture vanno a incidere; mi riferisco anche a quella che è stata l'organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri con riguardo in particolare al Nucleo interministeriale di situazione e pianificazione che avrebbe dovuto andare a catalogare queste opere, anche ai fini dell'utilizzo di fondi non solo nazionali ma anche europei, per evitare la distruzione o il danneggiamento, con le conseguenze che poi abbiamo visto, ad esempio, con il ponte “Morandi”.

Già nel 2005 la Commissione europea aveva adottato un Libro verde relativo a un programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche e per l'individuazione e la designazione delle infrastrutture critiche europee e la valutazione della necessità di migliorarne la protezione - cioè infrastrutture critiche europee - individuando anche una definizione che introduce nel nostro ordinamento, in base alla direttiva n. 2008/114/CE poi recepita dal decreto legislativo n. 61 del 2011, un concetto del tutto nuovo ma molto importante, se pensiamo a una serie di eventi poi accaduti, tra i quali, purtroppo, quello del ponte “Morandi”.

Per “infrastruttura critica” la direttiva intende, e in tal senso anche il provvedimento di ricezione interno, un elemento, un sistema o parte di questo essenziale per il mantenimento delle funzioni vitali della società, della salute, della sicurezza e del benessere sociale ed economico dei cittadini, il cui danneggiamento o la cui distruzione causerebbe l'impossibilità di mantenere tali funzioni; quindi, la nozione di “funzioni vitali” della società, della sicurezza e del benessere sociale riferito a un elenco e a un'individuazione dettagliata di infrastrutture critiche europee. È un concetto innovativo che è ormai parte dell'ordinamento interno e che impone obblighi - obblighi! - diretti al Governo e non solo. La direttiva e quindi il provvedimento di recepimento, per l'applicazione degli interventi finalizzati alla produzione di infrastrutture, individuava anche i soggetti responsabili della loro costruzione, manutenzione e funzionamento come un complesso di soggetti, quindi indipendentemente dalla gestione diretta o tramite concessionario, di quelle che erano poi le attività da cui dipende la diretta responsabilità. Abbiamo sentito di tutto in questi mesi rispetto a questo tema, qui noi abbiamo addirittura una normativa che sembra dimenticata anche dall'autorità giudiziaria in questo momento, ma che delinea esattamente compiti e funzioni. Il decreto legislativo, in particolare, prevedeva l'obbligo di predisposizione di un piano di sicurezza da parte dell'operatore (qualunque operatore doveva avere un piano di sicurezza) che doveva essere dettagliato sulla base del controllo del Nucleo interministeriale situazione e pianificazione, insediato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in modo tale che questo Nucleo individui le opere e priorità limitatamente ai settori dell'energia e dei trasporti.

Cioè, con il recepimento si è detto che nei settori dei trasporti e dell'energia questo ufficio deve quantomeno svolgere queste attività, sia per i piani di sicurezza sia per la individuazione; e questo lo diceva anche - si parla dell'Europa ma a volte a sproposito - il programma europeo per le infrastrutture critiche e per la protezione infrastrutture critiche, che aveva determinato tutti i settori riepilogandoli in maniera specifica, tra i quali anche trasporti ed energia; quindi, un complesso organico, articolato, ben preciso.

Non sembra comunque sussistere allo stato una lista definitiva di infrastrutture critiche, non la conosciamo - io l'ho ricercata, l'interpellanza nasce proprio da questo: è mai stata fatta questa lista? - e le attività del Nucleo interministeriale situazione e pianificazione, cioè quel soggetto che doveva essere istituito presso la Presidenza del Consiglio per svolgere questo ruolo non si riescono ad individuare nemmeno attraverso l'attività di trasparenza che la pubblica amministrazione deve concedere in questi casi per legge. Non si riesce a capire, infatti aspetto risposta in questo senso.

I recenti drammatici eventi che hanno interessato le infrastrutture stradali, ferroviarie e idriche esigono un'accelerazione dei processi di messa in sicurezza e protezione di settori essenziali al mantenimento delle funzioni vitali della società, soprattutto in relazione al disposto del decreto legislativo n. 61 del 2011, che ha introdotto nel nostro ordinamento un concetto assolutamente chiaro, anche in ordine agli obblighi giuridici e alle priorità attraverso le quali bisogna operare.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 11,45)

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Vado all'elencazione delle richieste, che voglio leggere, rispetto alla sintesi che ho fatto delle premesse, articolate, che derivano dall'applicazione della direttiva e dal suo recepimento.

Chiediamo quali siano le risultanze delle attività del Nucleo interministeriale e della struttura responsabile di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 61 del 2011 in ordine all'individuazione delle infrastrutture critiche europee - perché non sono nazionali, diventano infrastrutture critiche europee, quando sono individuate in base a questa disciplina che ho ricordato -, segnatamente in relazione ai settori dell'energia e dei trasporti, come meglio specificati nella lista dei sottosettori, tra i quali viene indicato con priorità il trasporto stradale; quali siano i contenuti degli eventuali decreti dirigenziali - perché il procedimento amministrativo rimane quello, quindi decreti dirigenziali in materia, che io non sono riuscito a scovare da nessuna parte - aventi ad oggetto l'individuazione e la comunicazione delle infrastrutture individuate nel territorio nazionale rispondenti alle caratteristiche di criticità indicate nelle linee guida della Commissione europea, quindi quali sono e quali rispondono a quelle caratteristiche. Addirittura, leggendo l'articolo 6 del decreto legislativo n. 61 del 2011 - per chiarire questa parte dalla domanda - si chiarisce anche quali sono le valutazioni che devono essere fatte, quali sono rispetto a queste funzioni vitali svolte dalle infrastrutture critiche, cioè per dire che sono infrastrutture critiche, per definirle tali e quindi per ricomprenderle in un settore di priorità anche ai fini degli interventi. Una volta che si legge e si pensa al ponte “Morandi” l''emozione è forte, perché i criteri di valutazione riguardano le possibili vittime in termini di numero di morti e di feriti, le possibili conseguenze economiche in termini di perdite finanziare di deterioramento di beni e servizi e gli effetti ambientali, le possibili conseguenze fra la popolazione in termini di fiducia nelle istituzioni, le sofferenze fisiche in termini di perturbazione della vita quotidiana, considerando anche la perdita dei servizi essenziali. Questi sono i criteri di valutazione in ordine poi all'individuazione delle infrastrutture critiche. Leggere in un testo legislativo quelli che potrebbero essere i criteri ai fini degli effetti dalla mancata attuazione di questa disciplina, non solo porta emozione ma rabbia, e da qui viene questa interpellanza, che non riguarda chiaramente questo Governo ma riguarda chi, dopo l'attuazione del provvedimento da parte del Governo Berlusconi - perché poi il Governo Berlusconi cadde -, non ha fatto il resto, ciò che doveva fare.

Chiediamo inoltre se il ponte autostradale “Morandi” di Genova sia stato ricompreso o meno nella lista delle infrastrutture critiche europee, e, in caso contrario, per quali ragioni ciò non sia avvenuto, essendo evidente che la sua distruzione avrebbe avuto un significativo impatto su almeno due Stati membri dell'Unione, producendo notevoli ricadute negative anche sulla base dei criteri di valutazione che prima ho elencato, previsti chiaramente dalla legge e che ora sono purtroppo effetti che si sono determinati con il crollo del ponte “Morandi”.

Inoltre, chiediamo, se nel caso di specie, sia stato definito il piano di sicurezza operativo - che riguarda l'operatore, ovvero sia il soggetto proprietario, che l'operatore, sia l'attività del nucleo interministeriale - e se ne siano state attivate le modalità di implementazione. Infatti, quei piani operativi devono essere poi implementati nel tempo, sulla base del controllo e delle direttive di quel Nucleo interministeriale, che doveva essere costituito presso la Presidenza del Consiglio.

Chiediamo se l'eventuale mancato inserimento del ponte Morandi nella lista delle infrastrutture europee ed il mancato eventuale adempimento del decreto legislativo n. 61 del 2011 non siano da valutare, per quanto di competenza, anche sotto profilo di eventuali responsabilità, ai fini della segnalazione ad ulteriori autorità competenti. Non ho utilizzato i termini: “autorità giudiziaria”, perché abbiamo sempre il controllo, quando presentiamo l'interpellanza. Questo volevo dire: ossia trasmettere gli atti all'autorità giudiziaria, se questi adempimenti non sono stati compiuti; adempimenti, non solo da considerarsi obbligatori, ma sicuramente capaci di prevenire alcuni eventi e molti altri ne possono prevenire.

Tra parentesi, i piani di sicurezza operativi devono essere fatti per tante altre infrastrutture, che devono essere individuate in base a quei criteri e i tempi non ce li abbiamo più. L'esperienza ci dice, purtroppo tragica, che bisogna operare e farlo. Ecco il perché di questa interpellanza, rivolta al Governo nella fiducia che abbia non solo il buonsenso, ma la voglia - siamo all'opposizione, ma io sono certo che questo si voglia fare - di trovare immediatamente una soluzione e di dare immediatamente attuazione a questa disciplina.

Abbiamo già la norme, non c'è bisogno di farne altre. Esiste già questa norma, che è stringente, precisa e, tra parentesi, è collegata anche alle risorse europee, a cui si può attingere. Si è prevista la definizione di infrastrutture critiche europee: il ponte Morandi non era una infrastruttura critica europea? Questo evento, tragico e disastroso per il nostro Paese e per la fiducia dei cittadini e le istituzioni, come dice la legge, sia da monito, anche per dare immediata attuazione a un provvedimento che già esiste e che deriva dalla stessa indicazione europea.

In questo senso l'interpellanza si rivolge. Spero nella risposta, potete dare una replica e spero di potere essere soddisfatto, aspetto la vostra risposta. Ma credo anche che questo provvedimento e gli eventuali inadempimenti debbano essere segnalati all'autorità giudiziaria competente.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico, Andrea Cioffi, ha facoltà di rispondere.

ANDREA CIOFFI, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Grazie Presidente. Il Nucleo interministeriale situazione e pianificazione è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio, in attuazione della direttiva del Consiglio europeo n. 2008/114/CE, con il compito di supportare il Comitato politico strategico con funzioni di programmazione e pianificazione delle procedure interministeriali nei settori competenti la sicurezza nazionale.

La finalità assegnata al NISP e alla struttura responsabile che lo supporta è l'implementazione della protezione di infrastrutture riconosciute critiche, ossia quelle che, secondo la definizione europea, sono essenziali per il mantenimento delle funzioni vitali della società, della salute, della sicurezza e del benessere economico e sociale della popolazione ed il cui danneggiamento o la cui distruzione avrebbe un impatto significativo in quello Stato, a causa dell'impossibilità di mantenere tali funzioni.

Tale protezione è volta alla prevenzione, riduzione e limitazione del danno, derivante da minaccia di origine umana, tecnologica e delle catastrofi naturali, quali attacchi terroristici, sabotaggi, operazioni cibernetiche e nello spettro elettromagnetico.

In merito alla trasparenza, di cui parlava l'onorevole interrogante, questo Governo si sta impegnando in maniera seria, per rendere trasparenti tutte quelle cose - sappiamo bene, per esempio, sulle concessioni autostradali - che diciamo non erano trasparenti. Quindi, è un'azione sulla quale il Governo sta lavorando con grande impegno.

Alla luce di quanto premesso, si evidenzia che gli eventi che hanno colpito il crollo del ponte Morandi, ancora oggetto di accertamento in ambito giudiziale, non possono in alcun modo ricondursi all'attività di competenza del Nucleo.

PRESIDENTE. Il deputato D'Ettore ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). No, non sono soddisfatto. Mi spiace che il sottosegretario - che ho visto anche lui perplesso rispetto a questa risposta, che chiaramente è di natura burocratica - ci ha elencato quali sono i compiti del Nucleo e ci ha detto che lo metteranno sul sito, sostanzialmente, per la trasparenza.

Comprendo la vostra difficoltà, essendo subentrati al precedente Governo, ma vi esorto a controllare bene cosa avviene alla Presidenza del Consiglio dei ministri, su questa vicenda e su questo tipo di controlli. Non è vostra responsabilità, quindi non intendo dare responsabilità a chi non le ha in questo momento, però, chiaramente, sottosegretario, forse, invece di limitarsi a leggere una risposta burocratica degli uffici, poteva in qualche modo approfondire meglio la vicenda. Sono certo che lo farà, perché parto sempre dalla fiducia che il buonsenso e, come dire, il rispetto della legalità siano per noi e per voi fondamentali e, quindi, sono certo che lei lo farà. Però la sua è una risposta meramente burocratica. Io la legge la so leggere da solo, non ho bisogno che mi venga riportato quali sono le norme.

Anzi, questa risposta dimostra che c'è qualcosa che non torna, che c'è qualcosa che in quel Nucleo non è stato fatto, qualcosa che non è stato fatto in ordine alla responsabilità e ai piani operativi di sicurezza.

Non c'è nessuna risposta, tra parentesi, sulle infrastrutture critiche. Ci sono o no questi elenchi? Sono stati determinate e individuate le infrastrutture critiche? È inutile che lei, anche partendo dalla sua buona fede e dal fatto che lei si è insediato da poco con il Governo… ma è evidente che manca la risposta sulle infrastrutture critiche, se siano state o meno individuate. Questo Nucleo le ha individuate? Qualcuno le ha individuate? È un obbligo di legge!

Diciamo che il ponte Morandi non rientra tra le infrastrutture critiche europee? Il ponte Morandi non rientra? Questo è il senso della sua risposta? Lei prende per buono ciò che gli hanno dato gli uffici, in ordine al fatto che il ponte Morandi non rientri nelle infrastrutture critiche europee? Io penso che sia una risposta che ha veramente dell'incredibile, perché non può la parte politica accettare che la parte burocratica amministrativa dia queste risposte, perché questo non è vero. Il ponte Morandi è sicuramente tra quelle da considerare, elencare e inserire - e già doveva essere inserito dal 2011 - all'interno delle infrastrutture critiche europee. Infatti, le ho letto le norme, che lei ha riportato solo in parte, totalmente obliterando la risposta sulle infrastrutture critiche.

Io capisco che i sottosegretari debbano venire, portando ciò che gli uffici gli danno in termini di risposte, ma l'indirizzo politico spetta al Governo, non solo politico, ma anche di controllo. La esorto rispetto a questa risposta, perché anche per lei - l'ho visto nella sua perplessità e difficoltà –, al di là della trasparenza, c'è un tema che è fondamentale: perché queste infrastrutture non sono state considerate tra le infrastrutture critiche europee, con tutte le priorità, in ordine agli interventi e agli obblighi sugli operatori, da imporre prima che avvenisse la sciagura sul ponte Morandi? E questo può capitare per altri!

Quindi, è la prima cosa che va fatta, prima di fare i decreti speciali ed eccezionali, una volta che le catastrofi sono accadute. Qui c'era già la normativa di indirizzo! E non si può dire che il ponte Morandi non rientri, come tante altre infrastrutture, tra le infrastrutture critiche europee; rientrano in quelle priorità per le funzioni vitali, ai fini della sicurezza del Paese e della fiducia nelle istituzioni e per evitare morti. Infatti, lo dice la norma il perché rientrano tra quelle ipotesi.

Qui abbiamo la prova - purtroppo provata ex post - che si trattasse di un'infrastruttura critica europea, tale da rientrare in quei criteri di valutazione. Ce la danno i fatti la prova! Sono i fatti che ci danno la prova! È questo che, non solo disturba, ma crea rabbia. È inutile che la vostra rabbia, come Governo, è solo portata nelle piazze: portatela nei provvedimenti e negli atti!

Io non do responsabilità - ripeto, non posso darla chiaramente a voi - ma non accettate questo tipo di comportamento amministrativo! È inaccettabile. E vi esorto. Anzi, se lei può farlo, sottosegretario, immediatamente, uscito da quest'Aula, dica: “mi avete dato una risposta e non mi avete detto perché non è una infrastruttura critica europea”. Lei non l'ha motivata, dice: “non rientra”. Ma come “non rientra”? “Non rientra” non vuol dire niente! C'è l'obbligo di motivazione negli atti amministrativi. E c'è l'obbligo anche politico di motivazione delle risposte che vengono date rispetto alle interpellanze. Non si può dire “non rientra” e basta. Altrimenti lei mi diceva: non rientra, faremo la trasparenza. E in due righe era finita. No, hanno voluto far capire che almeno si leggeva la norma. E così abbiamo riportato la norma! Io, fossi stato nelle sue vesti, sottosegretario, non l'avrei accettato. E fossi stato, ora, dopo questa replica, la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata quella di andare agli uffici e dire: che cavolo mi avete dato nelle mani? Eh? Cosa mi avete dato?

E avrei anche chiesto: ora, si fa così, mi fate la relazione e la mando alla magistratura, chiaro? Perché queste risposte non sono accettabili e, lo ripeto, non le do alcuna responsabilità, perché ho visto le sue difficoltà e le sue perplessità, ma non si può ammettere, non è accettabile che si dica che il ponte Morandi non era da ricomprendere fra le infrastrutture critiche europee, quelle i cui criteri di valutazione davano la priorità, rispetto alle altre, per gli interventi di manutenzione e i piani di sicurezza. Infatti, i fatti dimostrano che era da inserire, quella infrastruttura e, quindi, il crollo si poteva evitare o, almeno, avevamo gli elementi tecnico-amministrativi per intervenire. E, se il precedente Governo non l'ha fatto, quali siano le sue responsabilità non lo so, ma mi viene sempre di più il sospetto che ci sia chi, all'interno di questa pletorica burocrazia costosissima - e poi si parla di quanto costa il Parlamento… -, non segua gli indirizzi politici, non li segua, non li voglia adempiere e trovi, poi, il modo, attraverso l'interlocuzione che hanno i sottosegretari e i ministri con il Parlamento, in quest'Aula, di dare queste risposte. Quest'Aula non merita queste risposte. Non sono queste le risposte che si danno in quest'Aula e, lo ripeto, non do a lei la responsabilità, ma, appena torna al Ministero e torna alla Presidenza del Consiglio, glielo faccia presente, perché dire che non era un'infrastruttura critica europea - lo ripeterò all'infinito - è inaccettabile rispetto a quello che è accaduto. Infatti, la norma è chiara in quello che dice.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA (ore 11,55)

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Voi avete detto che siete il Governo del cambiamento; ecco, cambiate anche nell'interlocuzione con l'Aula e fate capire agli uffici e alla burocrazia - perché voi parlate della burocrazia europea, ma c'è anche quella italiana - che non è questo il rapporto che si deve avere con l'Aula del Parlamento, per il rispetto e la dignità del nostro ruolo, rispetto a una domanda che non trova divisioni, perché nessuno può dividersi su questo tema; trova solo un consenso unitario di tutti noi per trovare delle soluzioni e capire, veramente, chi siano i responsabili, non attraverso le dichiarazioni fatte via Facebook o qualche tweet, ma seguendo la legge, seguendo ciò che ci dice la legge e la legge c'era, lo ripeto, c'era e ci diceva anche che cosa dovevamo fare.

La cosa che mi rende ancora più perplesso è che, in tutto questo, si parla di revoca di concessioni, ma non si parla di quello che tutti avrebbero dovuto fare, sia il proprietario, sia il soggetto operatore, e come? Sulla base di una semplice individuazione tecnica di un'infrastruttura ritenuta critica, perché risponde a quei criteri previsti dalla legge anche ai fini delle valutazioni dell'effetto che la distruzione o il danneggiamento dell'opera poteva provocare, effetti che si sono realizzati per il ponte Morandi. Quindi, dire che non era un'infrastruttura critica è qualcosa di inaccettabile e spero, veramente, sottosegretario, che lei lo faccia presente agli uffici e che la Presidenza del Consiglio agisca su questo, perché in Parlamento questo non può succedere, queste risposte le dobbiamo ai cittadini, ai cittadini di Genova e a tutti gli italiani.

(Iniziative di competenza volte all'acquisizione di dettagliate informazioni sul piano industriale di Tim e chiarimenti in merito alla posizione del Governo circa il mantenimento della rete pubblica in mano allo Stato- n. 2-00109)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fornaro ed altri n. 2-00109 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Fassina se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmatario, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Illustro brevemente il punto essenziale, poi mi riservo di replicare in base alla risposta che avrò dal Governo.

L'oggetto è molto rilevante per le prospettive del nostro Paese sul piano industriale, sul piano della sicurezza informatica e sul piano occupazionale. Tim, come sapete, è stata, negli ultimi mesi, oggetto di un'ennesima offensiva che ha riguardato, innanzitutto, l'assetto proprietario, l'assetto proprietario di un'azienda che, da quando è stata sciaguratamente privatizzata, ha subito un forte ridimensionamento, in termini di fatturato, in termini di capacità di innovazione tecnologica, in termini di investimenti e in termini di occupati. Dobbiamo trovare il modo per recuperare un'azienda ai fondamentali interessi del Paese.

Qualche mese fa, come sapete, Cassa depositi e prestiti è entrata con una quota significativa nel capitale di Tim e l'ha fatto a ridosso di un'assemblea che, poi, si è rivelata decisiva per l'assetto proprietario di Tim. L'ingresso di Cassa depositi e prestiti, che è avvenuto senza alcuna comunicazione del mandato di Cassa depositi e prestiti in termini di programma industriale - è legittimo, credo, avere qualche sospetto - è sembrato andare a contribuire a definire una soluzione negli assetti proprietari ed è stato decisivo per il cambio di investitore prevalente nell'ambito del quadro azionario.

Ecco, allora, nella nostra interpellanza, vorremmo capire sostanzialmente qual è il mandato di Cassa depositi e prestiti in una fase in cui si prospetta una societarizzazione di almeno una parte della rete di Tim, quella parte della rete che sembra meno rilevante, in termini anche di prospettive di valore aggiunto, con un conseguente potenziale impatto negativo sull'occupazione.

Dall'altra parte, vogliamo capire come il Governo, attraverso, appunto, una sua controllata, come Cassa depositi e prestiti, intenda invece garantire che il cuore della rete, la parte più significativa in termini di aggregazione, smistamento e indirizzo dei dati, possa svolgere quelle funzioni coerenti con l'interesse del Paese - lo ripeto - in termini di sicurezza informatica, in termini di qualità del nostro apparato industriale e in termini di occupazione.

Ci sono dei passaggi decisivi che non possono vedere il Governo italiano e questo Parlamento come spettatori. Ci sono in gioco asset davvero strategici, come la rete, che è ancora nel perimetro societario di Tim, Telecom Sparkle; abbiamo bisogno di capire e spero che almeno alcune delle questioni che solleviamo possano trovare risposta.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico, Andrea Cioffi, ha facoltà di rispondere.

ANDREA CIOFFI, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Grazie, Presidente. Ringrazio l'onorevole Fassina e gli interroganti per la questione posta; sono questioni che riguardano la storia di Telecom Italia, oggi Tim, una storia molto lunga, figlia e vittima della privatizzazione, delle scalate a debito, insomma, conosciamo tutti la storia di questa società.

Tale privatizzazione ha determinato una serie di criticità, sia sul fronte occupazionale che in termini generali, con riferimento a un asset così importante per il nostro Paese.

In merito al primo quesito, rappresento che, dagli elementi comunicati dalla società Tim, il piano strategico 2018-2020, approvato il 6 marzo scorso, prevede la digitalizzazione dei processi aziendali. Tim informa di avere investito, nell'anno 2017, 4,5 miliardi di euro e che ulteriori investimenti sarebbero confermati anche per gli anni 2018-2020, per circa complessivi 9 miliardi di euro. Di queste risorse, 1,9 miliardi di euro per anno saranno destinati alla ricerca, con circa 3.000 brevetti nel settore delle comunicazioni mobili e oltre mille persone impegnate in quest'ambito.

Con riferimento al segmento mobile, secondo i dati forniti, la penetrazione LTE con tecnologia 4G copre oggi circa il 98 per cento della popolazione. Su queste basi, Tim si pone l'obiettivo di sviluppare la propria rete 5G e, attraverso la tecnologia Tim, punta a raddoppiare la clientela convergente fisso e mobile.

Tim comunica, inoltre, di avere siglato importanti accordi con i principali player tecnologici, al fine di accelerare la diffusione del 5G, dell'Internet of things, dell'Industria 4.0, della cyber security, della robotica e dell'intelligenza artificiale.

In relazione alla gara 5G appena conclusa, l'investimento complessivo di Tim ammonta a circa 2,4 miliardi di euro.

Tim si è, infatti, aggiudicata un blocco da 3.700 MHz per 80 MHz totali, per quasi 1,7 miliardi, e un blocco da 26 GHz per 200 MHz totali, con 33 milioni di euro, che vanno ad aggiungersi ai due blocchi sulla banda 700 e per i quali ha impegnato circa 680 milioni di euro.

Nel segmento business la società stima che entro il 2020 i ricavi ICT e cloud rappresenteranno il 25 per cento del totale dei ricavi del segmento e il numero di clienti fibra sarà triplicato. La società ritiene che un importante contributo al piano strategico sarà fornito dalle società controllate Tim Brasil, Inwit e Sparkle.

Quanto alla rete fissa, la società comunica una percentuale di copertura attuale di circa l'80 per cento con la fiber to the cabinet e il 9 per cento con la fibra fino all'abitazione, il fiber to the home. Tim stima di poter raggiungere in fibra fino alle abitazioni circa il 15 per cento delle famiglie italiane e cento città con tecnologia FTTH.

Venendo ai progetti di separazione volontaria della propria rete di accesso, la società comunica che il progetto prevede la creazione di un'entità legale separata, NetCo, controllata al 100 per cento da Tim, proprietaria della rete di accesso e di tutta l'infrastruttura (edifici, apparati elettronici e sistemi IT) e dotata del personale necessario per fornire servizi all'ingrosso in maniera indipendente.

La società conferma che il perimetro di applicazione riguarda tutta la rete di accesso di Tim e le attività delle società Telsy e Sparkle.

A tale proposito, il Governo Gentiloni, lo scorso anno, con due decreti del 16 ottobre 2017 e del 2 novembre 2017, ha stabilito una serie di azioni da implementare e il perimetro di applicazione delle misure, disposizioni confermate nel luglio 2018.

Le principali azioni previste a carico delle aziende riguardano: la creazione di un organismo di sicurezza all'interno dalla struttura organizzativa aziendale, la previsione della presenza di un membro ad hoc dedicato a rispondere alle tematiche di sicurezza nel CdA di Tim, l'imposizione di obblighi informativi rafforzati verso il Governo.

Il progetto di separazione volontaria della rete è stato formalmente notificato, a fine marzo scorso, all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. A giugno scorso, il consiglio dell'Autorità ha comunicato che il progetto di separazione legale della rete possiede i requisiti di ammissibilità, in relazione alla non manifesta irragionevolezza, richiesti dall'organo dei regolatori europei (BEREC) e con l'avvio della procedura dell'analisi di mercato coordinata, prevista l'articolo 50 del codice delle comunicazioni elettroniche.

L'iter di analisi di mercato da parte dell'Agcom a seguito della proroga disposta il 3 settembre scorso e tuttora in corso; seguirà quindi una notifica alla Commissione europea, che dovrà decidere se approvare o chiedere integrazioni.

La società stima che i tempi attesi per la fine dell'iter di approvazione e l'avvio della fase operativa avverrà nella prima metà del 2019.

Con riferimento a questo punto, si rappresenta che il Governo si pone in maniera neutrale rispetto al progetto notificato dalla società all'autorità di regolazione che, come anticipato, ha avviato il percorso regolamentare di competenza.

Con riferimento specifico al secondo quesito posto dagli onorevoli interpellanti, rilevo come tutte le valutazioni che saranno compiute dal Governo sul punto saranno ispirate alla protezione degli asset strategici del Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Fassina ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente, ringrazio anche il sottosegretario Cioffi, però non mi dichiaro soddisfatto per nulla, perché avrei preferito che il bilanciamento della sua risposta fosse opposto a quello che ha espresso in questa sede, perché ci ha riportato molte informazioni riguardo al piano industriale di Tim, però il punto fondamentale rispetto al quale siamo profondamente insoddisfatti è l'atteggiamento neutrale del Governo. Di fronte a un asset così rilevante il Governo non può essere neutrale. Lo scopo non è particolarmente malizioso individuarlo: lo scopo fondamentale della societarizzazione di una parte significativa della rete è quello di arrivare a una riduzione significativa di personale. Non vi sono altre logiche, dato che il controllo è al cento al 100 per cento e, allo stesso tempo, questa neutralità diventa preoccupante nel momento in cui non viene esplicitato che cosa intenda fare della sua partecipazione attraverso Cassa depositi e prestiti.

Il Governo ci deve spiegare perché Cassa depositi e prestiti è entrata nel capitale di Tim, se il Governo vuole rimanere neutrale, e qual è l'obiettivo. Per garantire l'interesse generale non è necessaria quella partecipazione; ci sono delle norme, ci sono delle leggi che consentono di farlo senza partecipazione.

Ecco, allora io spero che vi siano altre occasioni, magari anche in Commissione, attraverso le quali possiamo avere qualche risposta in più e poi sarà nostra cura sottolineare che un Governo che intende mettere al centro l'interesse nazionale non si può dichiarare neutrale rispetto alle prospettive e ai comportamenti rispetto della proprietà di un'azienda come Tim.

(Iniziative di competenza volte all'adeguamento della consistenza degli organici di diritto alle situazioni di fatto, al fine di favorire la completa funzionalità ed efficienza dei servizi scolastici, in particolare garantendo il pieno esercizio del diritto allo studio agli studenti con disabilità- n. 2-00111)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ubaldo Pagano n. 2-00111 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all' onorevole Prestipino se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmataria, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PATRIZIA PRESTIPINO (PD). Intendo illustrarla, signora Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PRESTIPINO (PD). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, è un tema, questo, molto delicato, molto complesso, che mi riguarda in prima persona non solo da deputata, ma anche da docente della scuola pubblica. Vogliamo rivolgerci, con questo atto, al Ministro dell'Istruzione e al Ministro per la Famiglia e la disabilità, per chiedere delucidazioni riguardo a una circostanza incresciosa che è rimbalzata su tutti i giornali, su tutti i media recentemente e che è arrivata anche a me di rimbalzo, come docente e deputato eletto in un collegio di Roma, da presidi, colleghi, genitori e ragazzi.

Mi riferisco alla mancanza di 11.647 insegnanti di sostegno nella scuole italiane su 13.300 unità necessarie; parliamo dell'87,4 per cento del totale, cosa che determina una situazione pericolosa e imbarazzante, che crea disagio, che lede il diritto all'istruzione e all'educazione di centinaia di migliaia di studenti disabili; sono circa 550 mila i ragazzi disabili, oggi, nella nostra scuola pubblica, tanto più che l'Italia è stata tra i primi Paesi al mondo a istituire un modello avanzato pedagogico, inclusivo e rispettoso della diversità, tanto da diventare un punto di riferimento in materia. Siamo stati per decenni un esempio di inclusione e di integrazione grazie ad una disciplina coraggiosa, che non ha rincorso i tempi, bensì li ha anticipati.

Si rende necessario ripercorrere insieme, però, alcune tappe che hanno sancito il vero cambiamento di passo del nostro Paese, quei passaggi che hanno segnato profondamente la coscienza sociale, culturale, educativa della nostra comunità e hanno introdotto nel nostro sistema educativo un approccio rivolto all'inclusione, appunto, un sistema avanguardistico sotto il profilo sociale, culturale, etico, politico e, soprattutto, umano.

Almeno fino agli anni Cinquanta dello scorso secolo, il modello cui si ispirava il sistema scolastico della Repubblica verteva sull'esclusione, sulla deliberata separazione di gruppi di studenti con deficit vari di tipo fisico, psichico e sensoriale da tutti gli altri cosiddetti normodotati. Solo negli anni Sessanta cominciò a farsi largo, progressivamente, una prospettiva diversa, anche grazie alla diffusione di un nuovo interesse nei confronti del welfare e dei diritti umani.

La graduale costruzione di una coscienza politico-culturale orientata alla protezione dei diritti degli ultimi coinvolse in maniera molto forte, anche dal punto di vista emotivo, il mondo della scuola, i suoi obiettivi, le sue scelte politiche e didattiche. Tutti abbiamo nel cuore la I care di don Milani soprattutto in relazione alla disabilità. Di conseguenza, con la legge n. 118 del 1971 e dopo con l'istituzione della Commissione Falcucci nel 1974, la legislazione italiana diede il via a un vero e proprio processo di inclusione degli alunni disabili nella scuola pubblica.

Il “documento Falcucci” rappresenta, quindi, un passaggio definitivo da una concezione puramente assistenziale, derivante dalla logica del mero inserimento, a una prospettiva che, invece, era improntata alla relazione di aiuto che è tipica dell'integrazione. Sarà, però, la legge n. 517 del 1977 a recepire pienamente le risultanze e lo spirito di questo documento e a tradurre in norma l'estensione del diritto alla frequenza delle scuole comuni anche per i soggetti più gravi oppure non udenti e non vedenti.

Ma, come ricordato già, il perno attorno al quale l'intera legge ruota è appunto quel concetto di integrazione che a tutti è così caro e che oggi è tornato prepotentemente di attualità, che crea i giusti presupposti per la creazione di un modello dell'inclusione in quanto si occupa dei disabili non come problema specifico da trattare separatamente, ma li colloca all'interno del processo di trasformazione complessiva del sistema scolastico, un sistema che sappia innanzitutto prendere atto delle diversità e sia capace di farne, invece, un valore aggiunto, una risorsa preziosa per la comunità intera.

Un ulteriore passo in avanti si è fatto con la legge quadro sull'handicap nel 1992, la quale sancisce, all'articolo 12, il diritto assoluto all'istruzione e all'educazione nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie, sottolineando l'importanza dell'integrazione scolastica con l'obiettivo di sviluppo delle potenzialità della persona disabile nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione.

La stessa legge, inoltre, afferma che l'esercizio di questi diritti non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalla disabilità. L'inclusione diventa, quindi, il contesto entro il quale tutti gli studenti sono ugualmente valorizzati, rispettati e dotati delle stesse opportunità di formazione, crescita ed apprendimento.

Per rendere operativi, però, i principi della didattica inclusiva, per far sì che davvero gli studenti disabili possano godere pienamente del diritto all'istruzione e all'educazione, per realizzare un contesto effettivo di valorizzazione e cura, è assolutamente necessario che lo Stato si erga a garante di questi diritti, poiché garantirne l'esercizio solo ad alcuni equivale a non garantirli affatto.

Dunque, ritorno al mese di settembre, nel quale abbiamo appreso queste tristi notizie riguardo la mancanza di 11.647 insegnanti di sostegno. Sappiamo con assoluta certezza che la situazione, di una gravità davvero dolorosa - e ne sono testimone visivo ed oculare -, verrà risolta, ancora una volta, con l'impiego di docenti abilitati in tutt'altre materie.

Vi assicuro che, in 25 anni di insegnamento, ho visto situazioni estreme: ho visto, da una parte, colleghi che hanno l'abilitazione al sostegno occuparsi dei loro ragazzi in maniera virtuosa, competente e appassionata; dall'altra parte, ho visto ragazzi disabili che, in mancanza di insegnanti di sostegno nella scuola perché non ancora reclutati, sono stati parcheggiati nelle aule, in fondo all'aula, senza assistenza, o nelle palestre o nel cortile e questo determina l'emarginazione più dolorosa di cui parlavamo prima; e immaginatevi con quale sconforto dei genitori che, invece, si sarebbero aspettati o si aspetterebbero dalla scuola un sostegno a 360 gradi.

Ora, alla luce di questi fatti, qualcuno ha il dovere di spiegare come possiamo ancora sostenere di avere uno dei sistemi scolastici più inclusivi d'Europa e del mondo, come eravamo invece qualche anno fa.

Qualcuno deve spiegare come sia possibile avere norme specifiche per tutelare il diritto sacrosanto delle persone disabili di condurre un'esistenza dignitosa, di poter realizzare la propria personalità e di poter vivere normalmente in questa società, se poi queste prescrizioni sono smentite puntualmente nei fatti, se poi c'è la totale assenza di sensibilità da parte delle istituzioni, se c'è il totale caos nell'organizzazione legislativa, giuridica e anche amministrativa e scolastica, se c'è l'assenza, da parte della politica, di certe promesse, del mantenimento di certe promesse, se manca una chiara volontà di perseguire la strada non del taglio della spesa pubblica sulla pelle degli individui più deboli ma, al contrario, l'incremento della spesa pubblica a favore delle persone più deboli.

Inoltre, la mancata ed effettiva applicazione oggi delle nostre leggi scolastiche, così avanzate, inclusive e capaci di garantire tutti i ragazzi - tutti i ragazzi! - allo stesso modo, vuol dire, di fatto, cancellare le conquiste sociali che sono frutto degli ultimi quarant'anni di storia del nostro Paese, che abbiamo con orgoglio avanzato coram populo davanti al resto del mondo, che sono emerse prepotentemente negli anni Settanta e sulle quali tutti i nostri ragazzi, soprattutto i più deboli, hanno diritto, ancora oggi, di poter fare affidamento.

È per questa ragione che ci rivolgiamo ai Ministri Bussetti e Fontana per chiedere loro se non ritengano moralmente e legalmente doveroso ed urgente intervenire per porre un rimedio, strutturato e definitivo, a questo preoccupante problema della mancanza di sostegno, che toglie il sonno a migliaia di ragazzi ma anche a decine di migliaia di genitori del nostro Paese.

PRESIDENTE. Il Vice Ministro per l'Istruzione, l'università e la ricerca, Lorenzo Fioramonti, ha facoltà di rispondere.

LORENZO FIORAMONTI, Vice Ministro per l'Istruzione, l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. Saluto i colleghi Pagano e Prestipino. Il diritto dei disabili all'istruzione, come è già stato detto, è oggetto di specifica tutela sia nell'ordinamento internazionale sia in quello interno e si configura come diritto fondamentale di cui l'Italia è stata pioniera nel mondo. Pertanto, la discrezionalità del legislatore nell'individuazione delle misure necessarie a tutelare i diritti delle persone disabili trova un limite invalicabile nel rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati.

Quanto detto trova conferma nella nota sentenza n. 80 del 2010, con la quale la Corte costituzionale ha affermato che sono illegittime le norme che pongono limiti relativamente al numero delle ore di insegnamento di sostegno, in quanto comporterebbero automaticamente l'impossibilità di avvalersi di insegnanti specializzati che assicurino al disabile grave il miglioramento della sua situazione nell'ambito sociale e scolastico. In virtù di tale sentenza, i posti in deroga sul sostegno, pur destinabili solo a contratti a tempo determinato, non sono sottoposti ad alcun procedimento autorizzatorio ed è così possibile favorirne lo sviluppo in ragione delle maggiori necessità.

Venendo al suo quesito circa l'adeguamento del succitato organico di fatto in organico di diritto, ribadisco l'impegno di questo Ministero a continuare il percorso di consolidamento già intrapreso.

Ricordo che la legge di bilancio per il 2017 ha istituito nello stato di previsione del MIUR un apposito Fondo stanziando 140 milioni di euro per l'anno 2017 e 400 milioni di euro dal 2018 che, in seguito, il decreto-legge n. 50 del 2017 ha incrementato.

Da ultimo, la legge di bilancio per il 2018 ha disposto un ulteriore aumento del Fondo di 50 milioni nel 2018 e di 150 milioni annui a decorrere dal 2019. Già in precedenza il decreto-legge n. 104 del 2013 ha stabilito di accrescere l'organico di diritto relativo ai posti di sostegno gradualmente, in un arco temporale di tre anni scolastici, e la legge n. 107 del 2015 ha istituito oltre 6 mila posti di potenziamento sul sostegno. Ciò ha permesso in questi anni di assicurare un miglioramento del rapporto tra posti di sostegno e numero degli studenti e studentesse con disabilità, che segnalo in costante e graduale aumento.

Nonostante ciò, permane una carenza di personale scolastico specializzato in alcune regioni che rappresenta la maggiore criticità.

Consapevole di ciò, questa amministrazione ha recentemente adottato specifiche e adeguate iniziative. Primo, per tutti i gradi di istruzione, a solo un anno di distanza dal terzo ciclo del corso di specializzazione per il sostegno, sta per essere attivato il quarto ciclo di specializzazione. Secondo, circa la scuola secondaria si è data attuazione all'articolo 17, comma 2, lettera b) del decreto legislativo n. 59 del 2017, che ha permesso a tutto il personale già specializzato di iscriversi nelle graduatorie di merito regionali, al fine dell'ammissione al terzo anno FIT e alla successiva nomina in ruolo. Per ampliare la platea dei candidati, la stessa norma ha anche previsto che i soggetti già partecipanti al terzo ciclo del corso di specializzazione potranno partecipare comunque alle prove concorsuali, anche se con riserva. E infine, relativamente alla scuola dell'infanzia e alla primaria, il concorso straordinario previsto dall'articolo 4 della legge n. 96 del 2018, che sarà bandito a breve, permetterà a tutti gli specializzati in possesso dei prescritti requisiti di iscriversi anch'essi nelle nuove graduatorie di merito regionali di sostegno.

Più in generale, si sta procedendo a dare piena attuazione al cosiddetto decreto inclusione e si stanno valutando anche ipotesi di puntuali correttivi da apportare al medesimo decreto in raccordo con l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, al fine di rendere sempre più concreta e partecipata l'inclusione nel nostro sistema di istruzione e formazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Pagano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

UBALDO PAGANO (PD). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario per lo sforzo ragionieristico che ha provato a fare nel rispondere alla nostra interpellanza urgente, ma evidentemente, al di là del raccontarci quello che è stato consegnato dal Governo precedente, non mi pare ci siano elementi di novità evidente. Eppure, leggendo il punto 15 del contratto di Governo, che cito, mi pare di capire che loro si siano impegnati a garantire l'inclusione scolastica degli studenti con disabilità attraverso una migliore specializzazione degli insegnanti per il sostegno e l'implementazione della loro presenza in Aula. Bene, evidentemente, come già premesso dalla collega Prestipino, la realtà dei numeri riguardanti gli insegnanti di sostegno risulta con tutta evidenza impietosa, e quindi è bene ricordare la dimensione del fenomeno prima di avanzare i contenuti della nostra replica, anche perché dalla risposta pervenuta dal Governo non mi pare si sia compresa pienamente la gravità della situazione. Un report elaborato dalla CGIL scuola evidenzia come finora, su un totale di 57.322 posti in organico, ne siano coperti solo 25.105 con incarichi a tempo indeterminato, e peraltro, in molti posti, in molte province, le graduatorie ad esaurimento legale sono esaurite e le lungaggini dei vari concorsi hanno determinato la mancanza dei candidati. Ci sono intere province in cui quasi tutti i posti in organico non sono copribili.

Il problema, quindi, resta quello principalmente della specializzazione dei docenti. Ho sentito il sottosegretario parlare di un'accelerazione sull'iter, ma non ho compreso come, invece, si intenda dare organica definizione alla questione, in quanto mancano, proprio numeri in valore assoluto, i docenti specializzati. Secondo i dati diffusi dal MIUR, come ci diceva meglio la collega Prestipino, solo 1.682 cattedre su un totale di 13.329 risultano coperte, e peraltro non in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. Insomma, tra scuola dell'infanzia, primaria e scuola secondaria di primo e secondo grado, ben il 75 per cento di posti è coperto da docenti non specializzati: una percentuale scandalosa e preoccupante. Oltre 11 mila posti scoperti si traducono in un imperdonabile disagio per centinaia di migliaia di famiglie, in quanto, come dicevamo prima ,sono circa 250 mila alunni coinvolti in questa problematica, e solo 120 mila, meno della metà, hanno iniziato quest'anno scolastico con lo stesso insegnante che avevano fino a giugno.

Quindi, più di 130 mila ragazze e ragazzi disabili, invece, hanno trovato o troveranno tra qualche settimana, forse, un docente nuovo, un estraneo che non conoscono e che non li conosce, e in molti casi saranno costretti a cambiarne più di uno durante tutto l'anno scolastico.

É del tutto prassi consolidata che le assegnazioni che vengono effettuate in deroga adesso, la prossima o in queste settimane, potrebbero essere superate già entro la fine dell'anno, e quindi bambini utenti con problematicità evidenti corrono il rischio nello stesso avvio di anno scolastico di cambiare due insegnanti di sostegno, e il più delle volte neanche formati adeguatamente. Insomma, il problema sta assumendo in tutte le dimensioni parti preoccupanti, mettendo a dura prova l'identità della scuola italiana, come ha ricordato la collega, che ancora continua ad esibire l'orgoglio di essere la prima ad aver fatto dell'inclusione una sua caratteristica peculiare. La scuola che include, dunque, assurge a una funzione fondamentale per l'intera società nel momento in cui rappresenta la prima ed essenziale esperienza di vita collettiva. Abbiamo, quindi, il dovere di considerare il ruolo della scuola alla luce di una prospettiva di impegno e di responsabilità atta a consentire il superamento di ostacoli che limitano gli inviolabili diritti di cittadinanza, precludono l'inclusione sociale e indeboliscono irrimediabilmente il prospetto di autodeterminazione e di emancipazione.

Però, guardate, c'è un altro aspetto che mi sta particolarmente a cuore, che ci sta particolarmente a cuore, ed è la questione del precariato nella vicenda che ci occupa. Infatti, l'enorme distanza tra organico di diritto e organico di fatto non solo compromette la continuità didattica degli alunni, ma alimenta vistosamente il precariato. La distinzione tra corpo di ruolo e posti supplenti dovrebbe rispondere alla fisiologica esigenza di garantire un adeguamento degli organici alle scuole nella fase di iscrizione degli alunni, per rispondere alle situazioni reali che si presentano ad ogni inizio anno scolastico. Invece, il meccanismo si verifica ogni anno e mobilita decine di migliaia di persone, con l'obiettivo palese di ottenere un risparmio a medio e a lungo termine sui costi del personale scolastico. La scelta del risparmio, infatti, significa non pagare le mensilità di luglio e agosto agli oltre 50 mila insegnanti assunti a tempo determinato, non fargli ottenere scatti di stipendio e condannarli a una condizione continuativa di precarietà, e dimostra che per lo Stato il risparmio sia un valore di importanza superiore al garantire il diritto all'istruzione e all'educazione degli studenti disabili.

Volendo quantificare il fenomeno, come ha fatto qualche sito specializzato, il costo degli insegnanti di sostegno, delle 60 mila circa unità di insegnanti di sostegno, costa alle casse dello Stato ben 2 miliardi di euro l'anno, a fronte di un regime a costo maggiorato, nel caso in cui si procedesse alla stabilizzazione di tutti coloro i quali, invece, hanno un contratto a tempo determinato o avrebbero un contratto a tempo determinato, di circa 550 milioni di euro l'anno. E allora, in una manovra in deficit che vi apprestate a presentare a questo Parlamento, che mi pare di comprendere dagli annunci roboanti si aggiri per maggiori spese per circa 21 miliardi e mezzo di euro, è mai possibile che non sia doveroso trovarne 550 milioni per chiudere un'esigenza, per chiudere problematiche di questa natura? È mai possibile che tutto quanto passi in secondo ordine perché, magari, poco appetibile nel circuito della comunicazione politica? La reiterazione di questa pratica, che ormai è diventata prassi, rivela non solo una importante deficienza sotto il profilo organizzativo, ma rinnova anche la situazione di perenne emergenza del sostegno ad ogni settembre.

Il punto resta sempre lo stesso: sappiamo da tempo che le iscrizioni di alunni disabili aumentano ogni anno di 7-8 mila unità, eppure il Ministero, invece di adeguarsi a questo trend, resta aggrappato a mere logiche del risparmio, che avviliscono la funzione dell'insegnante e pregiudicano l'educazione degli studenti. Mi pare di comprendere che vi stiate indirizzando per l'attivazione di circa 10 mila posti per le specializzazioni sul sostegno. Bene, temo che anche questi 10 mila posti, stanti i dati che vi ho raccontato, che fino ad oggi nessuno mi pare abbia smentito, saranno del tutto insufficienti a coprire il fabbisogno reale. E, allora, mi permetto di lanciare due ulteriori suggerimenti, ma appelli accorati, in chiusura di questa replica a questa interpellanza urgente.

La questione fondamentale è la stabilizzazione definitiva dei docenti di sostegno, per dare continuità didattica alle persone di disabili che prendono in carico e per dare anche una qualificazione di vita a questi professionisti, vivendo l'implementazione delle politiche dedite alla specializzazione dei futuri docenti di sostegno non semplicemente facendo affidamento sulle risorse a disposizione, ma attraverso un'analisi quantitativa dei fabbisogni reali seguendo il trend, che ogni anno è previsto in aumento. Insomma, proviamo a dare una definizione di sistema ad un problema che tutti quanti fino ad oggi hanno tamponato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative volte all'apertura di un tavolo tecnico per consentire la prosecuzione dell'attività della Marrelli Hospital e la salvaguardia dei livelli occupazionali - n. 2-00126)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Maria Tripodi n. 2-00126 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Tripodi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIA TRIPODI (FI). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Bartolazzi, il Marrelli Hospital del gruppo Marrelli di Crotone è una clinica privata di indirizzo polispecialistico medico-chirurgico, ed è da ottobre 2016 una struttura accreditata anche presso il Servizio sanitario nazionale. Già nei mesi scorsi un gruppo di dipendenti della struttura, medici, infermieri e amministrativi aveva occupato gli uffici del commissario alla sanità Massimo Scura, in conseguenza del fatto che per il 2018 il budget per la specialistica ambulatoriale è rimasto uguale a quello riconosciuto l'anno prima: 147.000 euro, con la differenza che nel 2017 doveva coprire 45 giorni di attività ambulatoriale, mentre per l'anno seguente le medesime risorse dovrebbero coprire tutto l'anno, quindi 365 giorni.

La realtà è che la clinica, nei primi mesi del 2018, ha prodotto 6 mila prestazioni, di cui circa mille solamente coperte dal budget. Le risorse insufficienti per il 2018 assegnate al Marrelli Hospital sono state decise dal commissario ad acta per il rientro dal debito sanitario della regione Calabria e questa è la causa delle difficoltà in cui versa la clinica, alle prese con una forte crisi finanziaria, che rischia di portare alla sospensione di tutte le attività assistenziali fino al 31 dicembre prossimo.

A seguito delle proteste dei lavoratori e del management aziendale, è stato quindi convocato in prefettura anche un incontro con il prefetto Di Stani, alla presenza, tra gli altri, del commissario Scura e del direttore generale dell'ASP Sergio Arena. L'incontro sarebbe dovuto servire per tentare una mediazione che consentisse al Marrelli di continuare la sua mission aziendale, ossia quella di curare i malati.

La clinica ha infatti terminato, come già detto, il budget assegnato dal Servizio sanitario regionale per le prestazioni. Come riportano diverse testate stampa, tra cui anche alcune online come LaC News24, il 27 settembre 2018 il fondatore Massimo Marrelli ha confermato la completa chiusura da parte del commissario Scura, il quale ha dichiarato a chiare lettere che non è interessato alle liste d'attesa delle territorio crotonese. Nonostante ciò e nonostante la totale mancanza di disponibilità del commissario, il fondatore Marrelli ha cercato di trovare una soluzione e rivedere i fondi stessi.

Tutto questo, però, sta mettendo fortemente a rischio il posto di lavoro di oltre 300 dipendenti e operatori della struttura. Il gruppo Marrelli, cui fanno capo, tra le altre, le cliniche Marrelli Hospital e Calabrodental, si appresta ad inviare alle organizzazioni sindacali oltre 300 lettere di licenziamento per altrettanti dipendenti. Vale la pena in questa sede ricordare che il Marrelli Hospital in meno di due anni di attività ha erogato prestazioni sanitarie, producendo mobilità attiva per la Calabria: un terzo dei pazienti ricoverati tra il 2017 e il 2018 risiede infatti fuori dalla regione Calabria. Quanto su esposto è ancora più paradossale, alla luce del fatto che il Marrelli è un fiore all'occhiello della sanità calabrese e che la regione Calabria spende fino a 300 milioni di euro l'anno per curare i propri pazienti fuori dalla regione, che, per carenze generali di servizi, devono usufruire di altre strutture.

In ultimo, il 2 ottobre scorso una delegazione di dipendenti, che peraltro ho personalmente incontrato, hanno manifestato in Piazza Montecitorio per denunciare quanto sta succedendo e per avere riconosciute economicamente le prestazioni della specialistica ambulatoriale eseguite da gennaio a giugno scorso e scongiurare dunque il rischio dei licenziamenti.

L'azienda ha esaurito, come le dicevo, il budget per il 2018 lo scorso 30 settembre e dunque contava sull'erogazione di queste prestazioni per andare avanti fino a dicembre e mantenere le maestranze e gli operatori sanitari.

Il Governo ritiene di attivarsi nei confronti del commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario della regione Calabria e per l'immediata apertura di un tavolo tecnico con i Ministeri e i soggetti interessati, al fine di dare rapida soluzione a quanto esposto e consentire dunque al Marrelli di continuare a svolgere la sua attività, nonché impedire che centinaia di famiglie possano perdere il posto di lavoro e naturalmente la regione Calabria possa avere un danno non solo economico, ma anche sostanziale?

Sottosegretario, se questo è il Governo del cambiamento, le rivolgo un appello: inizi a cambiare anche con concretezza queste problematiche, che attanagliano la mia regione, ma soprattutto tutto il Sud Italia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Armando Bartolazzi, ha facoltà di rispondere.

ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Signor Presidente, onorevoli deputati, a differenza di altre occasioni in cui il Ministero della Salute è stato chiamato in quest'Aula a fornire informazioni in merito alla complessa situazione della sanità calabrese e alle iniziative già adottate o da adottare al fine di migliorare il livello dei servizi sanitari in quel territorio, con questa interpellanza sono stati chiesti elementi puntuali in merito alla situazione del Marrelli Hospital di Crotone.

Su tale argomento, prima di passare all'illustrazione delle notizie che sono state acquisite per l'occasione dal commissario ad acta, bisogna premettere che il Ministero della Salute è in possesso solo delle informazioni ottenute nell'ambito dell'attività di verifica dell'attuazione del piano di rientro, tra le quali non sempre possono rinvenirsi informazioni di maggior dettaglio connesse a scelte organizzative puntuali, demandate ad un diverso livello di responsabilità.

Al Ministero risulta, dunque, che il budget assegnato alla casa di cura Marrelli Hospital per l'anno 2018, per quanto concerne l'acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera, è pari a 7.158.493 euro: un livello significativamente superiore a quanto assegnato alla stessa struttura per l'anno 2017. Per quanto attiene invece il budget per l'acquisto di prestazioni di specialistica ambulatoriale, si deve rammentare che, nella fattispecie calabrese, il commissario ad acta provvede alla sola assegnazione dei limiti di spesa in favore delle varie ASP per i diversi setting assistenziali, demandando a queste ultime la determinazione dei budget per singola struttura privata, da effettuare con specifici provvedimenti che non sono trasmessi ai ministeri affiancanti.

Per tale ambito, occorre quindi riferirsi alle valutazioni effettuate dalla competente ASP circa le scelte in merito alla tipologia e alla quantità di prestazioni da acquistare, nonché in merito alle scelte circa le strutture private da contrattualizzare.

Ciò posto, in merito alle circostanze evidenziate nell'atto ispettivo, il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro della regione Calabria ha inteso precisare quanto segue. Il gruppo Marrelli rappresenta circa il 2,1 per cento della sanità calabrese e il 4 per cento della sanità privata, che include acuti più specialistica ambulatoriale della Calabria.

La clinica Marrelli Hospital di Crotone è di ottima qualità, ma nella realtà regionale calabrese vi sarebbero - a suo dire - strutture sanitarie più grandi che operano con risultati ad essa superiori. I dipendenti della Marrelli Health, come indicato negli allegati ai contratti sottoscritti con l'azienda sanitaria provinciale di Crotone, sarebbero 87 e non 300, come indicato nell'interpellanza.

In merito al possibile licenziamento di tali dipendenti, il commissario ha voluto sottolineare che non esiste né una dichiarazione dello stato di agitazione, né tanto meno di sciopero. A conferma di ciò, le organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL non avrebbero partecipato all'incontro organizzato dal prefetto di Crotone lo scorso 27 settembre, citato nell'interpellanza.

Tanto premesso, il commissario ha voluto ricordare che dal 2015, negli ambiti del rapporto con i privati accreditati, si è passati dall'erogazione di budget a fine anno per pagare la produzione fatta dai privati senza alcuna programmazione e scelta all'acquisto di prestazioni dai privati secondo un'ottica di programmazione.

Inoltre, nel settore acuti sono stati premiati sia i ricoveri che frenano la mobilità passiva extraregionale sia l'appropriatezza dei ricoveri e la sussidiarietà. Una parte dei fondi è stata spostata dal settore ambulatoriale, soprattutto dai laboratori che offrivano prestazioni di base, ai settori acuti per prestazioni salvavita.

In particolare, il “Marrelli” è stato autorizzato con delibera del commissario ad acta n. 31/2016 a erogare prestazioni per acuti e a svolgere attività ambulatoriale solo per interni; dopo pochi mesi esso ha chiesto l'accreditamento, regolarmente autorizzato con DCA n. 110/2016.

Con una dettagliata elencazione, il commissario ha dunque riferito, come in effetti risulta anche a questo Ministero, che, rispetto al 2017, nel 2018 sia sensibilmente aumentato il volume delle prestazioni acquistate dal “Marrelli”, per un importo complessivo superiore a 2 milioni di euro.

Il commissario ha infine informato che, nel corso dell'incontro del 27 settembre 2018 presso la prefettura di Crotone, egli ha già avuto modo di evidenziare, in primo luogo, che a brevissimo verrà accreditata la radioterapia di “Marrelli” e verranno acquistate relative prestazioni per alleviare il disagio dei pazienti calabresi, che altrimenti devono recarsi a Catanzaro compatibilmente con le risorse a disposizione; in secondo luogo, che per aumentare la percentuale di trattamenti di fratture di femore eseguite nelle quarantott'ore su anziani sono stati destinati 170.000 euro all'ASP di Crotone, che può spenderli con i privati che operano in ortopedia, tra i quali vi è anche il “Marrelli”.

Tanto premesso, nel prendere atto degli elementi informativi che il commissario ha reso in occasione di questo atto ispettivo, voglio comunque rassicurare gli onorevoli interpellanti che il Ministero della salute seguirà attentamente l'evolversi della vicenda. A riprova di ciò, sono lieto di informare che nei prossimi giorni si terrà al Ministero un incontro con i rappresentanti della struttura “Marrelli”, finalizzato proprio a comprendere e, se è possibile, superare le criticità evidenziate dai presentatori di questo atto ispettivo.

PRESIDENTE. L'onorevole Tripodi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA TRIPODI (FI). Presidente, ringrazio il sottosegretario per la sua puntuale risposta. Naturalmente, mi reputo moderatamente soddisfatta per la volontà che il Governo ha manifestato in questa sede per risolvere questa situazione.

Per quanto concerne, purtroppo, il commissario regionale e il suo elenco di tecnicismi che ha fornito al Ministero, non posso che ritenermi non soddisfatta, perché è nota a tutti, anche al Governo e al Ministro in questione, la situazione della sanità regionale. Non si può elencare una serie di cifre senza tenere conto della reale problematicità che vive la sanità calabrese, soprattutto il territorio del crotonese.

(Iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per la decadenza dei direttori generali delle aziende del servizio sanitario della regione Calabria che non hanno raggiunto l'equilibrio di bilancio, anche tramite l'esercizio di poteri sostitutivi del Governo nel caso di inadempienza da parte dei commissari delle regioni sottoposte al piano di rientro dal disavanzo sanitario - n. 2-00123)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Sapia ed altri n. 2-00123 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole Nesci ha facoltà di illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria.

DALILA NESCI (M5S). Presidente, sottosegretario, colleghi, la sanità calabrese è nel baratro, sicuramente perché politici e dirigenti non rispettano le regole, perché le considerano carta straccia. Negli ultimi cinque anni, su mia iniziativa, il MoVimento 5 Stelle ha presentato centinaia di esposti alla procura ordinaria e della Corte dei conti: nel merito abbiamo superato quota 500.

Inoltre, abbiamo inviato una montagna di diffide ai direttori generali delle nuove aziende del servizio sanitario regionale, ai governatori Giuseppe Scopelliti e Mario Oliverio, nonché al commissario adacta Massimo Scura. Abbiamo denunciato procedure irregolari, disservizi da quarto mondo, situazione kafkiane e illeciti gravissimi.

Tuttavia, gli evidenti abusi e paradossi continuano nel grande silenzio che avvolge e schiaccia la Calabria. Su tutti ricordo l'illecito surplus di finanziamento regionale al policlinico universitario di Catanzaro: si tratta di un regalo che, dal 2012 ad oggi, ha raggiunto quota 60 milioni di euro. Lo ignora bellamente il governatore della Calabria, Oliverio, il quale ha le chiavi della cassa ma pensa soprattutto ad affidamenti diretti e alle tavolate a spese della regione in vista della propria ricandidatura.

Inoltre, è in corso un progetto scellerato di integrazione tra policlinico universitario e ospedale “Pugliese Ciaccio” di Catanzaro, che servirà, ove portato a compimento, a levare molte castagne dal fuoco all'università e a mettere una pietra tombale sulle sue pesanti responsabilità circa il declino della sanità calabrese e sulla formazione di nuovi medici che non hanno mai visto un pronto soccorso.

Il primo problema della sanità calabrese è l'illegalità diffusa: basti pensare, caso unico al mondo, che il responsabile dei servizi amministrativi dell'ASP di Crotone nominò il direttore generale facente funzioni, cosa che invece spettava al presidente della regione Calabria. Ancora, posso citare il recente decreto con cui il commissario alla sanità, Massimo Scura, si è proclamato direttore generale dell'ASP di Reggio Calabria, cioè controllore e controllato in un tempo solo, per di più in un'azienda sanitaria oggetto di accesso antimafia e da cui sono usciti 400 milioni di euro, con tracce svanite.

Il caos è la regola in Calabria, ne soffrono pazienti e bravi sanitari, costretti a rischiare e a subire sempre. Succede, per esempio, che il governatore nomini un suo consulente saltando le norme nazionali, cioè senza accedere ed accertare che tra i dipendenti regionali ci siano professionalità adeguate; e succede che il consulente, tra l'altro già consigliere regionale e con un vitalizio lordo di 7.500 euro mensili, vada a Roma a rappresentare la Calabria in Conferenza Stato-regioni, pur non avendo mandato elettivo.

Spesso nelle nostre interpellanze abbiamo ricordato tre minori - Federica Monteleone, Flavio Scutellà ed Eva Ruscio - morti per irresponsabilità dei sanitari e, intanto, di politici che hanno chiuso gli occhi, ignorato le falle del sistema e permesso lo sfasciume che noi calabresi viviamo addosso.

In questa sede, occorre fare una cronistoria sulle nomine e i comportamenti dei direttori generali del servizio sanitario della Calabria, in modo che anche i cittadini e i giornalisti visualizzino quanto la regione sia terra di confine, in cui spesso l'illecito diventa normale e alla fine viene accettato per paura o per sfinimento, rassegnazione o istinto di sopravvivenza.

La precedente giunta regionale di centrodestra, a guida Scopelliti, aveva approvato un elenco degli idonei alla carica di direttore generale, ma la giunta in carica, quella invece di centrosinistra, ha considerato quest'elenco insufficiente; dunque, non si è servita degli elenchi analoghi di altre regioni, come indicato dalla legge, ma ha preso tempo e ha provveduto alla nomina di commissari delle aziende del servizio sanitario calabrese, all'uopo utilizzando una procedura che di norma può essere giustificata solo da temporanee ragioni di necessità ed urgenza. La giunta di centrosinistra arrivò persino alla nomina di due commissari candidati sul territorio nei cinque anni precedenti, così violando platealmente la normativa anticorruzione, che, nello specifico, per evitare clientele, impedisce la consequenzialità tra esperienza politica e ruoli dirigenziali di vertice in ambito sanitario.

Il fatto, dopo la nostra denuncia, è stato certificato da una deliberazione dell'ANAC e da un pronunciamento del TAR del Lazio.

Non contenta, la maggioranza di centrosinistra che amministra la Calabria ha prorogato in un anno la durata di questi commissari delle aziende del servizio sanitario regionale, e lo ha fatto modificando una legge regionale, peraltro con successiva impugnazione del Governo nazionale, all'epoca dello stesso colore politico. Accadde che, grazie a questa proroga di legge e a espedienti amministrativi, qualcuno dei commissari acquisì i requisiti temporali per l'idoneità a direttore generale.

Ma la burocrazia della regione Calabria, si sa, è fantascienza, pertanto la regione pubblicò un avviso per la formazione di un nuovo elenco degli idonei alla carica di direttore generale abbassando taluni requisiti richiesti dalla normativa nazionale.

La sanità calabrese ha un bilancio annuale di 3 miliardi e mezzo di euro, che sono il 70 per cento dell'intero bilancio della regione, una somma che fa venire la bava ai malati cronici di clientelismo.

Di regola, questa somma viene ripartita alle aziende del Servizio sanitario regionale, nelle quali dimora incontrastata una vasta popolazione di soggetti politicizzati. Ne elenco alcune tipologie, in modo da far visualizzare la situazione, forse irrecuperabile, se non ponendo la questione sanitaria calabrese come urgente problema dello Stato.

Nelle aziende calabresi ci sono: depressi da lavoro o tesserati di partito ai vertici; furbetti del cartellino pluripremiati; responsabili amministrativi fatti a seguito di sospetti concorsi interni; direttori sanitari privi di requisiti; direttori di distretto incaricati con procedure infine censurate dalla magistratura; medici condannati in Cassazione per omicidio colposo, ma rimasti al loro posto; direttori generali che avviano concorsi per la direzione di reparti inesistenti, che ammettono la carenza di presidi ortopedici e scaricano le responsabilità sugli altri o, ancora, che si prendono il lusso di fare guerra a chirurghi abilitati all'insegnamento universitario e intanto - diciamo per distrazione - assegnano incarichi a dirigenti che hanno presentato domanda fuori termine.

Oltretutto, nelle aziende sanitarie calabresi, ci sono: spassose consulenze chirurgiche al limite della soglia comunitaria; sprechi pazzeschi nella manutenzione e nelle forniture; operai e amministrativi a lungo utilizzati tramite agenzie interinali e, colpevolmente, non ancora stabilizzati; concorsi per assunzioni non autorizzate dal commissario ad acta Scura; procedure concorsuali in libertà, malgrado Scura abbia decretato l'obbligo di scorrere anzitutto le graduatorie valide e, del quale, nonostante un nostro esposto alla magistratura penale e contabile, non ha affatto tenuto conto l'ASP di Vibo Valentia, che ha invece bandito un nuovo concorso per autisti, benché dovesse utilizzare le graduatorie aperte e vigenti.

Ma torniamo alla storia inquieta della regione Calabria e della nomina dei direttori generali. Intanto è uscito l'elenco nazionale degli idonei, nel quale non figurano due direttori generali in carica in aziende calabresi, ovvero Frank Benedetto dell'azienda ospedaliera reggina e Sergio Arena della sanitaria provinciale crotonese. Il primo ha ricevuto una contestazione della regione, riguardo al possesso dei requisiti, poi finita a “tarallucci e vino”. Il secondo ha avuto in azienda un'ispezione ministeriale, per la nota vicenda, passata alla ribalta nazionale, del reparto ospedaliero di chirurgia generale. Arena aveva sospeso il primario, il professor Giuseppe Brisinda, che il giudice del lavoro ha reintegrato al suo posto. Non contento, Arena gli ha aperto un nuovo procedimento disciplinare, sulla base della relazione di una commissione di esperti, da cui si dimise, stranamente, l'unico primario chirurgo effettivo. Varrebbe che il Ministero della Salute rendesse noti gli esiti dell'ispezione ministeriale in questione, che siamo certi sarà stata rigorosa e completa. E questa è una necessità.

Benedetto, invece, ha avuto nell'azienda ospedaliera di Reggio Calabria l'ispezione dei NAS per la famosa vicenda delle medicazioni ortopediche con i cartoni, che ha fatto il giro dell'Italia. Nel merito, auspichiamo di conoscerne presso i risultati, anche perché sul caso il PD ha messo in scena un copione dell'assurdo, nel disperato tentativo di annacquare l'episodio e preservare il governatore Oliverio da ogni eventuale responsabilità.

Arena, invece, fa parte del gruppo dei direttori generali delle aziende calabresi che non hanno raggiunto l'equilibrio di bilancio. Con lui ci sono i direttori generali delle aziende sanitarie provinciali di Reggio Calabria, Catanzaro, Vibo Valentia e Cosenza, nonché il direttore generale dell'azienda ospedaliera di Catanzaro e il direttore generale dell'azienda ospedaliera universitaria di Catanzaro. Ecco i loro nomi: Giacomino Brancati, che non si sa che ruolo ricopra al momento; Giuseppe Perri, di recente andato in pensione; Angela Caligiuri; Raffaele Mauro; Giuseppe Panella e Antonio Belcastro.

In tale clamorosa fattispecie, la legge regionale della Calabria n. 11 del 2014 prevede espressamente la decadenza automatica dei direttori generali. Il dato inconfutabile è che, malgrado la mia diffida al governatore Oliverio ad avviare questa procedura per la decadenza e nonostante anche quella del collega Francesco Sapia al commissario Scura, i due si sono ritrovati d'amore e d'accordo nel non fare nulla, come se gli obblighi di legge fossero un fatto discrezionale. Inoltre, questi direttori generali hanno avuto un bonus di migliaia di euro per i risultati conseguiti. Qui non commento, commenterà il popolo.

Pertanto, sapendo che il disavanzo sanitario è la sommatoria dei disavanzi delle singole aziende del servizio sanitario regionale, sapendo che in Calabria sette aziende su nove non hanno i bilanci a posto, sapendo che dal 2014 il disavanzo sanitario complessivo è passato dai 30 milioni agli oltre 100 milioni annui, chiediamo al Ministero e al Ministro della Salute quali iniziative di competenza intenda avviare o promuovere per porre rimedio a tutta questa situazione, divenuta insostenibile e causa di un continuo peggioramento dell'offerta sanitaria nell'intero territorio calabrese.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Armando Bartolazzi, ha facoltà di rispondere.

ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, ringrazio gli onorevoli interpellanti, poiché con il loro atto ispettivo hanno consentito al Ministero della Salute di effettuare un ulteriore approfondimento su una questione avente evidenti profili di complessità, in gran parte determinati dal composito riparto di competenze tra il livello di governo statale e quello regionale, al quale, pure nel caso delle regioni sottoposte a commissariamento, l'ordinamento vigente assicura un proprio spazio di autonomia.

Devo, dunque, innanzitutto ricordare che il conferimento degli incarichi di direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, di direttore dei servizi sociosanitari delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale, è tuttora disciplinato dal decreto legislativo n. 171 del 2016, come integrato dal decreto legislativo n. 126 del 2017.

La normativa in questione, come noto, ha introdotto il sistema di verifica e di valutazione dei direttori generali mediante la predeterminazione di criteri utili ad esprimere valutazioni chiare e precise, fondate su dati pragmatici e fattori omogenei. Sono state previste, altresì, ipotesi di decadenza dall'incarico di direttore generale, amministrativo, sanitario o dei servizi sociali.

In particolare, con espresso riguardo al direttore generale, l'articolo 2, comma 5, del decreto legislativo n. 171 del 2016 ne dispone la decadenza con provvedimento motivato e la sostituzione se ricorrono gravi e comprovati motivi o se la gestione presenta una situazione di grave disavanzo, imputabile al mancato raggiungimento degli obiettivi, o in caso di manifesta violazione di leggi o regolamenti o del principio di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione, nonché di violazione degli obblighi in materia di trasparenza. Pertanto, anche il mancato rispetto degli adempimenti previsti in materia di trasparenza comporta la cancellazione dall'elenco nazionale degli idonei e la preclusione al reinserimento in esso.

È questo, dunque, il quadro normativo a cui bisogna tuttora riferirsi, ma che - voglio anticipare fin d'ora agli onorevoli interroganti - appare non privo di limiti, che questo Governo è intenzionato ad eliminare intervenendo con maggiore decisione e chiarezza con un nuovo atto normativo.

Secondo la disciplina vigente, quindi, la mancata inclusione nell'elenco nazionale degli idonei dei direttori generali Sergio Arena e Frank Benedetto non risulta ostativa alla permanenza nei loro incarichi, atteso che le disposizioni introdotte dalla citata normativa, per cui gli incarichi possono essere conferiti esclusivamente ai soggetti inseriti nell'elenco, si applica esclusivamente agli incarichi conferiti successivamente alla pubblicazione dell'elenco stesso, quindi dopo il 12 febbraio 2018. In altre parole, il decreto legislativo n. 171 del 2016 non prevede la decadenza degli incarichi già conferiti antecedentemente a detta data, i quali, dunque, possono giungere fino alla loro naturale scadenza.

In merito all'interpellanza in esame, il commissario ad acta per il piano di rientro della regione Calabria ha inteso precisare di non avere alcuna facoltà di decretare la decadenza dei direttori generali aziendali, i quali sono nominati dal presidente della regione. Lo stesso commissario, invece, ha la facoltà - utilizzata, infatti, nei confronti di due direttori generali, in particolare aziende sanitarie provinciali di Cosenza e Reggio Calabria - di suggerire al presidente regionale la revoca dei direttori generali per inadempienze, non solo economiche, di questi ultimi.

Il commissario ha altresì facoltà di bocciare il piano di rientro approvato da un terzo direttore generale - cosa che avrebbe potuto costituire motivo di revoca dall'incarico - all'azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio” di Catanzaro, oppure di nominare un soggetto attuatore, che assuma le funzioni di direttore generale, come effettuato recentemente con la delibera del commissario ad acta n. 166 del 2018, nei confronti del direttore generale dell'ASP di Reggio Calabria, il quale, alcuni giorni dopo, è stato revocato dalla giunta regionale.

Il commissario ha ribadito l'importanza, anche sotto tale aspetto, del piano di rientro, che, in un tempo ragionevole, 3-5 anni, consente ai direttori generali di raggiungere lo scopo, in base alla legge n. 208 del 28 dicembre 2015 (articolo 1, comma 529), contenente la previsione che le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere miste universitarie e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, con una perdita superiore ai 10 milioni di euro o al 10 per cento dei ricavi, debbano essere sottoposti a piano di rientro, secondo i criteri stabiliti dal decreto ministeriale 21 giugno 2016.

Il commissario ha rammentato, inoltre, l'importanza di impegnare i direttori generali alla condivisione e sottoscrizione di obiettivi economici di qualità dei servizi e dell'organizzazione, legando la corresponsione della produttività (il 20 per cento degli emolumenti individuali) al raggiungimento di detti obiettivi.

Per quanto riguarda, infine, i bandi relativi a 14 direttori di struttura complessa del territorio dell'ASP di Cosenza non autorizzati dal commissario, lo stesso ha dato notizia di averne disposto la revoca. Pur prendendo atto delle informazioni ricevute dal commissario, che sono state doverosamente trasferite in questa sede agli onorevoli interpellanti, non posso non concludere, evidenziando il quadro di complessità in cui si sta sviluppando, non senza criticità, l'azione del commissario, la quale, come è oramai ben chiaro, è da tempo sotto la stretta lente di osservazione del Ministero, il quale, come già riferito in numerosi altri atti ispettivi, non mancherà di intraprendere importanti iniziative in favore del rilancio della sanità calabrese.

PRESIDENTE. L'onorevole Sapia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCO SAPIA (M5S). Grazie, Presidente. Sottosegretario, sono soddisfatto della risposta, anche perché voglio ricordare che, di recente, ho costretto il direttore generale dell'ASP di Cosenza ad annullare i concorsi per 14 primari non autorizzati dal commissario al disavanzo sanitario della Calabria, Massimo Scura. Sempre di recente ho costretto il direttore generale dell'ASP di Catanzaro a nominare, in via provvisoria, il responsabile del Polo INAIL, in attesa dell'espletamento di regolare concorso pubblico. Diversamente, quel posto sarebbe finito a un professore dell'Università di Catanzaro, addirittura tramite convenzione, insomma, tipo magia di Harry Potter.

La collega Nesci impedì che il primario cardiochirurgo dell'ospedale di Reggio Calabria fosse scelto fuori dalle norme dell'allora Rettore dell'Università di Catanzaro, Aldo Quattrone. Così, avevano deciso il DG dell'azienda ospedaliera di Reggio Calabria, Frank Benedetto e il commissario alla sanità calabrese. Nesci investì la procura della Repubblica. Allora si svolse un concorso del tutto corretto. Nello specifico, grazie al successivo intervento della parlamentare, si considerò prevalente il curriculum dei candidati, piuttosto che il loro colloquio. Il DG dell'azienda ospedaliera reggina aveva previsto esattamente il contrario. Dunque, se fossero arrivati un Angelo De Gasperis o un Lucio Parenzan sarebbero stati scartati col colloquio.

Ancora, Nesci riuscì a impedire che all'ASP di Vibo Valentia fosse nominato un primario privo dei requisiti di ammissione al concorso. Mi chiedo che cosa sarebbe successo se il MoVimento, privo di consiglieri regionali, non avesse agito e mi chiedo cosa sarebbe successo se non avessimo avuto esperti del calibro di Gianluigi Scaffidi e Tullio Laino, con i quali abbiamo anche predisposto una legge di iniziativa popolare per portare da nove a sette le aziende della sanità calabrese, tutto ciòcon riduzione degli sprechi e delle insopportabili pastoie burocratiche nonché con la centralizzazione degli acquisti a vantaggio della legalità e del risparmio. Tra parentesi, la legge in questione è rimasta nel freezer del consiglio regionale che, intanto, ha potuto occuparsi dell'importanza del cranio del brigante Villella e della legge sul golf: assolutamente vergognoso.

Se non bastasse, il direttore generale dell'ASP di Cosenza, Raffaele Mauro, sta creando il caos nell'ospedale Spoke di Rossano Corigliano, si muove da padrone e in allegria, creando solo disservizi. Ciò malgrado, la depressione riconosciutagli è dovuta all'iperstress da lavoro, quindi, la comunità deve subire le trovate del direttore depresso e fare i salti mortali in un territorio con strade del tutto insufficienti.

Sono stato eletto nel collegio uninominale di Corigliano e ho il dovere di difendere i suoi abitanti da anomalie, abusi e clientelismi vari.

Oltretutto, l'ospedale nuovo della Sibaritide è sempre più un'utopia o, avrebbe detto Carlo Trilussa, una “cojonatura”. L'accordo di programma per la sua costruzione risale al 2007, siamo nel 2018 e le amministrazioni regionali hanno agito nello stesso modo cioè, “cinobalanicamente” avrebbe chiosato Carlo Emilio Gadda. Vi prego di non soffermarvi su questo mio linguaggio evocativo; Cristo diceva che la verità ci renderà liberi e voglio dire la verità. Peraltro, non sto citando nemmeno il celebre Duonnu Pantu, il che sarebbe utile a rendere l'idea di come i direttori generali delle aziende calabresi e il commissario Scura stiano violentando il diritto alla salute che la Costituzione ritiene fondamentale.

Il vulnus è duplice, da una parte, un commissario del Governo che fa come gli pare, dall'altra, direttori generali nominati dal governatore che completano l'opera di smantellamento della sanità pubblica calabrese, producono soltanto disavanzi di bilancio e rimangono in sella.

La legge regionale ne prevede il ritorno a casa e, allora, dobbiamo pretenderne il rispetto. Scura e i direttori generali fanno grossi guai; nel merito, per esempio, rammento la mancata riattivazione degli ospedali di Praia a Mare e Trebisacce, malgrado sentenze definitive impongano di riaprirli.

Chi finora ha spernacchiato le pronunce del potere giudiziario? La risposta è una sola, è Massimo Scura, in concerto con il presidente Oliverio. Sempre a titolo di esempio rinvio al papocchio combinato dal commissario Scura con la sua recente nomina a DG dell'ASP di Reggio Calabria. L'obiettivo era di agire insieme al titolare Giacomino Brancati, in seguito rimosso dal governatore Oliverio, grazie al martello pneumatico del MoVimento 5 Stelle. Per esempio, ricordo ancora il concorso a primario del reparto, che non c'è, bandito e portato avanti dal DG Benedetto, che non risulta affatto nell'elenco nazionale degli idonei pubblicato dal Ministero dalla Salute. Parlo dello stesso DG che per tre anni aveva nominato direttore amministrativo un suo amico pensionato, nonostante la legge lo consentisse per un solo anno; e parlo dello stesso direttore generale che avrebbe minimizzato sulla storia delle medicazioni con i cartoni, ben raccontata e documentata dai giornalisti Paolo Pietro Bellantoni del Corriere della Calabria e Stefano Trapani, di SkyTg24. Parlo dello stesso manager che avrebbe scaricato le proprie responsabilità sul caso e intimidito sindacalisti dell'ospedale, aprendo procedimenti disciplinari. Ciò che trovo esemplare, però, è la storia della chirurgia di Crotone, che ha come protagonista il direttore generale dell'ASP Sergio Arena, seguito a ruota dal solito commissario Scura e dal governatore Oliverio, alias “Pallapalla”.

Riassumo: Arena ha mantenuto il suo posto nonostante il deficit prodotto. Lo scorso 14 giugno ha richiesto un secondo addebito disciplinare nei confronti del primario chirurgo Giuseppe Brisinda ancora prima che il collegio giudicante del tribunale di Crotone sentenziasse rispetto a un reclamo proposto dall'ASP; il secondo addebito è stato comunicato a Brisinda il 6 luglio scorso, lo stesso giorno in cui il collegio giudicante gli dava ragione per la seconda volta. A sostegno del nuovo addebito, Arena ha prodotto elementi presi da due specifiche relazioni, ma in realtà vengono riproposte accuse già oggetto del primo procedimento disciplinare, che aveva portato alla sospensione del primario per sei mesi e senza stipendio. Tale sanzione, chiarisco, è stata annullata dai giudici del lavoro di Crotone, nello scorso aprile.

Nelle citate relazioni si fa riferimento a linee guida e indicazioni a interventi chirurgici, pur senza citarne la letteratura scientifica. Il dato reale trasmesso al Ministero dalla Salute è che nel biennio 2016-2017 la chirurgia dell'ospedale di Crotone ha prodotto risultati straordinari: miglioramento dell'indice di performance, riduzione della degenza e delle complicanze, nonché incremento delle attività operatorie, soprattutto di oncologia maggiore. Questi dati devono essere per forza veri, infatti, a trasmetterli al Ministero è stato lo stesso DG Arena. Invece che ringraziare Brisinda, Arena sta provando a licenziarlo.

Intanto il direttore generale rimane lì, inamovibile, nonostante abbia trascinato l'ospedale dentro a un pesante disavanzo di bilancio, nonostante sulla vicenda della clinica privata Marelli Hospital Arena non sia stato conseguente con la sua deliberazione del marzo 2017, relativa al fabbisogno di prestazioni. In particolare, Arena ha omesso di chiedere il relativo budget al commissario Scura.

Insomma, a Crotone e nelle altre province calabresi continua ad essere depauperato un territorio già misero e povero. Certamente, dalla Calabria aumenteranno i viaggi della speranza. A noi non resta che chiedere un intervento forte e radicale del Ministro della Salute e dell'intero Governo, sperando nella vittoria del MoVimento 5 Stelle alle prossime elezioni regionali.

Siamo consapevoli che i nostri candidati dovranno accettare che il cambiamento della sanità calabrese comporta un'esposizione fisica al pericolo, finanche di morte.

(Chiarimenti in merito allo stato di realizzazione del catasto delle strade con riferimento ai manufatti viari sospesi per il transito di trasporti eccezionali, nonché ai tempi per la piena operatività della struttura telematica «open data»- n. 2-00125)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fragomeli ed altri n. 2-00125 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Carnevali se intenda illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmataria, o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ELENA CARNEVALI (PD). Intendo illustrarla, signora Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELENA CARNEVALI (PD). Grazie, signora presidente e Governo. Interveniamo, peraltro, in un momento particolarmente drammatico che voglio ricordare qui, perché la Calabria sta affrontando un'emergenza dovuta a una condizione di maltempo e di nubifragi che hanno visto perdere la vita a una donna, a un bimbo di sette anni e un altro bimbo è disperso e, quindi, anche in quel territorio, si sta affrontando una situazione particolarmente difficile, con strade chiuse, un ponte anche in quel territorio che è crollato e questa interpellanza ricorda, peraltro, come dalla tragedia del ponte Morandi non ci sia cittadino che, nel momento in cui attraversa un ponte, non avverta un sentimento di preoccupazione.

Vengo da un territorio, insieme al collega Fragomeli, da una zona in cui ponti, viadotti, manufatti sospesi ce ne sono tanti, per via di una conformazione del territorio. Da quasi un mese abbiamo la chiusura di un ponte, San Michele, che unisce peraltro due province, quella bergamasca e quella lecchese, che è chiuso per interventi di manutenzione straordinaria, sta provocando molti disagi, un ponte che prima della chiusura vedeva 20 mila attraversamenti al giorno di veicoli al di sotto delle 3,5 tonnellate. Lo dico perché proprio due anni fa, il 28 ottobre 2016, ad Annone, in provincia di Lecco, si è verificato un crollo di un ponte lungo la strada provinciale 49, sovrastante la strada statale 36 del lago di Como e dello Spluga; a seguito di quel passaggio, il passaggio di un TIR in trasporto eccezionale, perse la vita Claudio Bertini, di Civate. Proprio a seguito di quell'evento, su iniziativa dei parlamentari, a prima firma del collega Fragomeli, approvammo una risoluzione, in Commissione trasporti, che porta la data del 24 maggio del 2017, che impegnava l'allora Governo a promuovere dei tavoli tecnici in ambito regionale, coinvolgendo gli enti territoriali interessati al fine di produrre entro l'anno un sistema digitalizzato su base regionale, supervisionato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per raccogliere i dati di censimento delle infrastrutture sospese, dei viadotti, dei cavalcavia, in particolare prevedendo che fosse riportato l'anno di costruzione e la portata dell'infrastruttura, lo stato, lo storico degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché a prevedere questa struttura telematica, cosiddetta open data, che consentisse l'inserimento delle informazioni in tempo reale, così da garantire la possibilità anche di far conoscere quali sono gli interventi emergenziali, piuttosto che quelli programmati, di manutenzione e una condivisione e consultazione delle medesime informazioni da parte degli enti territoriali che sono coinvolti e dai soggetti che ne sono interessati.

Il Governo, con un decreto ministeriale che porta la data del 15 giugno 2017, ha definito peraltro le misure in tema di autorizzazione alla circolazione dei veicoli eccezionali e dei trasporti in condizioni di eccezionalità. Questa direttiva in base, appunto, all'articolo 5.1 del codice della strada e della normativa vigente del settore, affronta i temi della realizzazione e della pubblicazione del catasto delle strade, con le informazioni necessarie e le caratteristiche relative alla percorribilità delle stesse, alle modalità con cui deve essere svolta l'istruttoria preventiva sulle richieste di autorizzazione, la necessità di un coordinamento tra gli enti proprietari delle strade e delle opere d'arte interessate al transito, le eventuali prescrizioni o le particolari cautele e accorgimenti tecnici da imporre per l'autorizzazione ai fini della salvaguardia e della sicurezza delle persone e del patrimonio statale e della circolazione. Soprattutto in materia di trasporto eccezionale, è stato previsto che, quando gli enti proprietari o gestori di strada risultassero essere diversi da quelli che autorizzano il trasporto o nel caso in cui non siano disponibili e pubblicate le indicazioni aggiornate di percorribilità, di cui a questo catasto delle strade, è stato escluso il principio di silenzio assenso, proprio per garantire la sicurezza dei cittadini ed evitare di percorsi drammatici, come peraltro appunto quello di Annone, ma purtroppo ne dovremmo ricordare altri. L'interpellanza di oggi viene proprio seguito da un dibattito che peraltro c'è stato dopo il dramma di Genova, dopo quello che abbiamo ricordato in apertura e intende, quindi, chiarire quali sono gli intendimenti del Governo su tale delicata materia, che investe la sicurezza dei manufatti, a garantire quindi anche gli operatori economici certezze di circolazione dei trasporti, compresi quelli eccezionali. Si rende sempre più urgente e imprescindibile anche l'individuazione dei corridoi specifici per il trasporto eccezionale, al fine di superare quelle criticità che spesso incontrano per gli itinerari che vengono scelti con un indubbio non solo aggravio di competenza, ma di mortificazione di un comparto, in particolare il comparto nostro, che è manifatturiero. È necessario, ad esempio, che i diversi enti proprietari e concessionari si coordinino tra loro, perché l'attuale frammentazione delle competenze alla fine risulta essere davvero un ostacolo sia per gli interventi di sicurezza da effettuare sui manufatti sia rispetto al regime di transitabilità. E non è una questione che riguarda solo il Nord, per lo sblocco dell'Adriatico considerando il suo tessuto produttivo, ma riguarda anche il Mezzogiorno, dove l'abbiamo purtroppo visto ancora oggi, alla criticità dei manufatti va aggiunta anche una minore capacità della rete viaria a sostenere percorsi alternativi.

Per tutte queste ragioni, al Governo chiediamo di sapere innanzitutto quale sia lo stato di realizzazione del catasto delle strade, in riferimento quindi ai manufatti sospesi e, in particolare anche sul trasporto eccezionale, quali siano i tempi per la piena operatività della struttura telematica open data che è finalizzata a raccogliere in tempo reale le informazioni sulle infrastrutture necessarie e interessate, se da parte del Ministero vi sia una previsione anche di un intervento normativo per quel che concerne il processo di autorizzazione dei transiti dei suddetti trasporti, con l'obiettivo di rafforzare sia la sicurezza sulle strade sia la sicurezza dei cittadini in particolare, e quella degli operatori economici.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Michele Dell'Orco, ha facoltà di rispondere.

MICHELE DELL'ORCO, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente, una delle priorità di questo Governo sin dal suo insediamento è quella di dare sicurezza e servizi ai cittadini che viaggiano, passando dalla logica dell'emergenza alla logica della prevenzione, ed infatti il decreto-legge n. 109, del 28 settembre scorso, recante disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze, ha previsto, tra l'altro, una serie di misure attraverso le quali potremo meglio conoscere le opere pubbliche, compresi strade, viadotti e gallerie, gestirle e monitorarle costantemente, per far sì che possano essere utilizzate al meglio, in assoluta sicurezza. Più in dettaglio, il citato decreto-legge prevede sia la nascita dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, delle infrastrutture stradali e autostradali - perché fino ad ora c'era solo un'Agenzia per quanto riguarda la parte ferroviaria -, quindi deputata al controllo e alla verifica dello stato di salute anche di ponti, strade, viadotti e gallerie, che l'introduzione di sistemi tecnologici di monitoraggio dinamico in grado di garantire il controllo strumentale delle condizioni di sicurezza in tempo reale. E ancora, sempre il citato decreto-legge prevede l'istituzione dell'archivio informatico nazionale delle opere pubbliche AINOP, scusate l'ennesimo acronimo. Quindi, questo decreto «Genova» che, in realtà, si è allargato, ormai riguarda varie emergenze, riguarderà appunto l'Agenzia nazionale per la sicurezza anche delle strade e dei ponti, riguarderà il controllo attraverso dispositivi tecnologici, e poi c'è anche l'introduzione di questo archivio informatico nazionale che comunque, a mio avviso, è una concreta, piccola rivoluzione, finalizzato alla gestione dei dati e delle informazioni riguardanti le infrastrutture pubbliche, anche ai fini della raccolta dati per il censimento di tutte le infrastrutture pubbliche, ivi comprese quelle viarie sospese quali ponti, viadotti e cavalcavia.

In particolare, nell'AINOP, concepito tenendo in considerazione la necessità urgente di garantire un costante monitoraggio dello stato e del grado di efficacia delle opere pubbliche, in particolare per i profili riguardanti la sicurezza, è prevista la configurazione di schede nelle quali saranno riportate informazioni come l'anno di costruzione, la portata nominale dell'opera d'arte, lo stato e lo storico degli interventi di manutenzione sia ordinaria sia straordinaria.

Tutti gli enti e le amministrazioni che gestiscono o detengono dati riferiti ad un'opera pubblica saranno tenuti ad alimentare tale archivio con i dati in loro possesso.

È prevista, inoltre, una sezione consultabile, come ricordava anche l'interpellante, in modalità open data, che permetterà l'inserimento di informazioni in tempo reale e utilizzabili da tutti gli enti proprietari o gestori delle opere pubbliche per divulgare rapidamente informazioni quali interventi emergenziali o programmati di manutenzione che riducano temporaneamente la portata nominale delle opere d'arte. Tutte le informazioni contenute nell'AINOP consentiranno di pervenire ad una valutazione complessiva del livello di sicurezza delle opere per agevolare il processo di programmazione e finanziamento degli interventi di riqualificazione o di manutenzione delle opere stesse e del grado di priorità delle medesime.

Infine, quanto al processo di autorizzazione al transito dei trasporti eccezionali, le informazioni contenute nel predetto sistema consentiranno di gestire in maniera efficiente tali processi autorizzativi.

Per ciò che riguarda, quindi, la richiesta di quando sarà operativa non solo l'agenzia ma tutta questa informatizzazione open data a livello statale ed essendo ciò presente nel decreto che è arrivato già alle Commissioni parlamentari competenti, appena il testo sarà approvato avremo la definizione totale e potremo partire con questa raccolta dati per la manutenzione.

Ho letto anche la notizia, poco fa, di un altro ponte crollato a Lamezia Terme. Su questo dobbiamo partire immediatamente per il controllo veramente cospicuo e proprio dettagliato di ogni lavoro di manutenzione e questo si può fare anche col contributo degli enti gestori.

Inoltre, stiamo anche richiedendo al Ministero dell'economia e delle finanze di prevedere, in legge di bilancio, eventuali fondi per venire incontro ad alcune esigenze anche degli enti territoriali, a partire dalle province che hanno pochi fondi, per cercare di aiutarli, seppure la competenza non sia del Ministero dei trasporti, a gestire questa emergenza e a gestire la manutenzione ordinaria e straordinaria di queste infrastrutture che, purtroppo, sono carenti di controlli perché non è stata fatta la dovuta revisione e manutenzione; e i Governi precedenti forse avrebbero dovuto porre maggiore attenzione non a nuove grandi opere, ma alla manutenzione, prima di tutto, delle infrastrutture che sono già esistenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Gian Mario Fragomeli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GIAN MARIO FRAGOMELI (PD). Signora Presidente, sottosegretario, chiaramente devo manifestare la completa insoddisfazione rispetto alla risposta del sottosegretario e la cosa ci preoccupa molto perché anche lo scenario emergenziale che la mia collega prima ha espresso non viene minimamente recepito nelle preoccupazioni e nelle priorità del Ministero.

Questa risposta a questa interpellanza poteva avvenire forse un anno fa, ma non dopo Genova e non dopo quello che sta accadendo in questi giorni. Noi vi abbiamo dato gli strumenti, vi abbiamo detto che il fattore tempo è fondamentale e non mi basta sentire rispondere con un'ipotetica costituzione di un'agenzia rispetto a un dramma e a una necessità di costruire la più grande concertazione a livello nazionale tra tutti gli enti, perché forse a questo Governo manca un elemento basilare: i ponti non sono solo dello Stato e autostradali; sono di regioni, di province e di comuni.

Nella risoluzione avevamo detto di attivare - e i tempi c'erano e ci sono ancora - il prima possibile, questo grande tavolo di concertazione, perché se la risposta di questo Governo è quella di sostituire i politici ai tecnici e far diventare i politici più burocrati dei tecnici, allora faremo poca strada. Infatti, non basta la letterina del 20 agosto - protocollata 44688 - in cui si chiedeva semplicemente il pezzo di carta a tutte le province e a tutti i comuni e di indicare quali sono i ponti in difficoltà. Non basta!

Il Governo deve attivare e il Ministero deve coordinare in tutte le regioni i tavoli, con della strumentazione che vada a verificare, da subito e immediatamente, la situazione dei nostri ponti e non aspettare che cada il ponte di Lamezia Terme anche oggi.

E sentirci dire che tutto è rimandato non va bene. Cioè, noi qui non siamo ancora in grado di capire questa emergenza e voi al Governo in questo momento parlate di prevenzione ma non costruite le condizioni perché si faccia prevenzione.

La prima cosa è che da domani mattina - anzi, bisognava farlo ieri - il Ministero dovrà convocare tutte le regioni italiane e aprire dei tavoli regionali per capire la situazione dei ponti. O dobbiamo aspettare che si accumulino sempre più morti, gente che muore sui nostri ponti, con le esondazioni e via dicendo? Dopo cinque mesi, non vi basta dire cosa ha fatto il precedente Governo. Avete gli strumenti per farlo, la tecnologia di open data c'è già, c'è Fincantieri e ce ne sono altre. Potreste applicarli da subito per capire come funziona e qual è lo stato dei nostri ponti. E, invece, sentiamo parlare di burocrazia, di archivi, di qualcosa che nascerà.

Non possiamo che dirvi che la preoccupazione aumenta continuamente, perché se non si farà questo non si passerà alla fase successiva che è quella di capire la reale condizione e stanziare i fondi per sistemare i nostri ponti.

Siamo molto preoccupati da questo punto di vista. Noi, in qualche modo, ve lo chiediamo: attivate subito dei tavoli e fatelo immediatamente con tutti gli enti locali. Anticipate le scadenze e non fate come con il commissario di Genova, due giorni prima della scadenza. Non inseguite ma anticipate le scadenze, perché qui in Italia la gente muore.

Vi siete giustamente dichiarati i difensori del popolo, ma fate attenzione perché si fa in fretta a passare, in un'aula, da difensori del popolo e diventare molto presto imputati del popolo. E se andrete avanti a non fare nulla e a parlare solo di agenzie e di cose future, poi diventerete anche i responsabili e verrete giudicati per i vostri omessi interventi. Quindi, attenzione, perché il popolo poi capirà quello che non state facendo.

Allora, il nostro invito è molto chiaro e molto netto. Sono due le problematiche: in primo luogo, - ve lo ripeto - non è una questione solo ministeriale; è una questione che riguarda tutti gli enti territoriali. Organizzate subito questi tavoli e organizzate subito una campagna con un finanziamento per la strumentazione necessaria a capire lo stato attuale dei nostri ponti e a cronoprogrammare gli interventi manutentivi da qui ai prossimi anni; e, conseguentemente, per la legge di bilancio sinceramente avrei evitato di fare l'esempio del decreto su Genova, dove mancano pure i soldi per Genova e figuriamoci se avete pensato minimamente di finanziare anche tutti gli altri interventi che servono solo a controllare lo stato di degrado dei ponti italiani.

Quindi, forse, sottosegretario, avrei evitato di menzionare quel decreto, dove veramente le risorse sono al lumicino e non sono sufficienti neanche per quell'emergenza, figuriamoci per capire quali sono le emergenze da prevenire in questo Paese.

Quindi, vi invitiamo veramente: attivatevi subito, perché qui sta succedendo una cosa gravissima che voi non state minimamente cogliendo nella sua drammaticità, e fatelo subito.

Lo stesso vale per l'economia di questo Paese, dove parlate tanto di rilancio del PIL e del fatto che l'economia riparta. C'è un tema, quello dei trasporti eccezionali che abbiamo sollevato con la collega. Anche su questo punto, mettetelo oggi in un provvedimento. Ci sono le strumentazioni informatiche che possono far navigare le richieste e la condivisione del dato rispetto a un'autorizzazione ad un trasporto eccezionale; non siamo più nell'era dei fax e di chi sa e di chi non sa dove passa un trasporto eccezionale, sul ponte X o sul ponte Y, sulla SP o sulla SS. Ci sono tutti gli strumenti tecnologici. Allora, siccome li avete e potete farlo, per favore attivateli, perché la situazione è realmente preoccupante ed è inutile sentirci dire qui di una fantomatica agenzia - senza che lei, giustamente, avrà ad oggi alcuna cognizione del fatto - e senza nessuna tempistica. Infatti, il fattore tempo è fondamentale su questa cosa e, invece, abbiamo notato che per voi il tempo non è importante.

Ribadiamo - e concludo - che noi sicuramente non vogliamo né lucrare né strumentalizzare i disastri, però mi raccomando: sugli omessi interventi, vi chiedo veramente di cambiare registro e di attivarvi subito, perché il Ministero ha le potenzialità per attivare subito il suo ruolo di controllore e di coordinatore della sicurezza sui nostri viadotti e sui nostri ponti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Interventi di fine seduta (ore 13,32).

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Prestipino. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PRESTIPINO (PD). Grazie, Presidente. Mi fa piacere parlare davanti a lei, che sappiamo molto sensibile al tema dei diritti e delle pari opportunità.

Voglio esprimere, a nome mio personale ma anche di tutto il Partito Democratico, sempre molto attivo sul piano dei diritti umani, la grande soddisfazione per i due premi Nobel che sono stati assegnati oggi: uno al ginecologo Mukwege, attivissimo sul fronte delle donne che sono state vittime di violenze sessuali, ma soprattutto - lasciatemelo dire da donna - per la giovanissima donna Nadia Murad, donna irachena di etnia yazida che è stata sempre grande attivista sul fronte dei diritti umani; un'ex schiava sessuale dell'Isis che ha subito sofferenze atroci, violenze continue e che ha pagato sulla propria pelle il coraggio di averle denunciate. La sua famiglia è stata sterminata insieme ad altre centinaia di persone del suo villaggio proprio dalla ritorsione dell'Isis stesso.

Una storia di sofferenze e di coraggio ben raccontata nel bellissimo romanzo autobiografico L'ultima ragazza, edito da Mondadori. Diceva Eve Ensler: quando si violentano, picchiano, storpiano, mutilano, bruciano, seppelliscono, terrorizzano le donne, si distrugge l'energia essenziale della vita su questo pianeta. Si forza quanto è nato per essere aperto, fiducioso, caloroso, creativo e vivo ad essere piegato, sterile e domato. Ecco, Nadia Murad non si è mai piegata, è una di quelle donne che non si è piegata neanche ai codici etici e sociali imposti dal suo Paese e ha avuto la forza e il coraggio di denunciare al mondo, commuovendolo, i suoi aguzzini, l'ISIS, che sono anche aguzzini di civiltà e di umanità. Il riconoscimento del Nobel rende orgogliosi e ancora più determinate tutte le donne che dalle proprie paure sono ripartite per cambiare il mondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

Annunzio della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018 (ore 13,34).

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 4 ottobre 2018, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 7, comma 2, lettera b), e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018 (Doc. LVII, n. 1-bis).

Con la medesima lettera, il Presidente del Consiglio dei ministri ha altresì trasmesso la relazione ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Doc. LVII, n. 1-bis-Annesso).

Alla Nota sono inoltre allegati: le relazioni sulle spese di investimento e sulle relative leggi pluriennali, di cui ai commi 3, 4 e 5 del predetto articolo 10-bis della legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 1-bis-Allegato I); il rapporto programmatico recante gli interventi in materia di spese fiscali, di cui al comma 5-bis del medesimo articolo 10-bis (Doc. LVII, n. 1-bis-Allegato II); il rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, di cui al comma 1 dell'articolo 10-bis.1 della predetta legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 1-bis-Allegato III); la relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva predisposta ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 10-bis.1 (Doc. LVII, n. 1-bis-Allegato IV).

La Nota di aggiornamento e l'ulteriore documentazione richiamata sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio) e, per il parere, a tutte le altre Commissioni permanenti.

Sui lavori dell'Assemblea (ore 13,35).

PRESIDENTE. Avverto che, con lettera del 4 ottobre, il presidente della Commissione lavoro, anche a nome del presidente della Commissione Affari costituzionali, ha rappresentato l'esigenza, condivisa all'unanimità dall'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi delle Commissioni riunite, che l'avvio della discussione in Assemblea sulla proposta di legge n. 1066, recante misure in materia di vigilanza negli asili nido, previsto dal vigente calendario dei lavori a partire da lunedì 8 ottobre, sia posticipato a giovedì 18 ottobre.

In base alle intese intercorse tra i gruppi, l'esame del provvedimento in Assemblea sarà quindi iscritto all'ordine del giorno a partire dalla seduta di giovedì 18 ottobre, dopo gli altri argomenti già previsti.

Avverto, inoltre, che, sempre con lettera del 4 ottobre, la presidente della Commissione giustizia ha richiesto, sulla base dell'orientamento unanime espresso dai rappresentanti dei gruppi in seno all'Ufficio di Presidenza della Commissione, integrato dai rappresentanti dei gruppi, il differimento a lunedì 22 ottobre dell'inizio dell'esame in Assemblea delle proposte di legge nn. 392 e 460, recanti disposizioni in materia di inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo, attualmente previsto a partire da lunedì 15 ottobre.

In base alle intese intercorse tra i gruppi, l'esame del provvedimento in Assemblea sarà quindi iscritto all'ordine del giorno della seduta di lunedì 22 ottobre, per la discussione sulle linee generali.

Il seguito dell'esame sarà previsto a partire da martedì 23 ottobre, dopo gli altri argomenti già previsti.

Avverto, infine, che, con lettera in data odierna, il presidente della Commissione bilancio, a seguito di quanto unanimemente convenuto in seno all'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, ha rappresentato l'esigenza che l'esame in Assemblea della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018, previsto dal vigente calendario dei lavori per la seduta di mercoledì 10 ottobre alle ore 16, sia posticipato al pomeriggio di giovedì 11 ottobre.

In base alle intese intercorse tra i gruppi, l'esame in Assemblea del provvedimento avrà pertanto luogo nella seduta di giovedì 11 ottobre, alle ore 16.

Organizzazione dei tempi di esame di una proposta di legge (ore 13,38).

PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame della proposta di legge n. 543 in materia di procedimento elettorale e della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018 (Vedi l'allegato A).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 8 ottobre 2018 - Ore 15:

1. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

NESCI ed altri: Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, concernente l'elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, concernente l'elezione degli organi delle amministrazioni comunali, nonché altre norme in materia elettorale e di referendum previsti dagli articoli 75 e 138 della Costituzione (ai sensi dell'articolo 107, comma 1, del Regolamento). (C. 543-A)

Relatrice: NESCI.

La seduta termina alle 13,40.