XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 10 ottobre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,

          premesso che:

              secondo l'ultimo rapporto sulla salute mentale (2016), sono 807.035 le persone con problemi di salute mentale assistite dai dipartimenti di salute mentale (esclusi i dati della regione Valle d'Aosta e della provincia autonoma di Bolzano);

              sono passati quarant'anni anni dall'approvazione della legge 13 maggio 1978, n. 180, nota anche come «legge Basaglia» che ha avviato in Italia un percorso di riforma della psichiatria sulla base di tre princìpi fondamentali: superamento della logica manicomiale fondata sull'esclusione della persona da comunità di appartenenza, precisa regolamentazione dei trattamenti sanitari obbligatori circoscritti solo a casi limitati e preferenza per servizi e presìdi socio-sanitari extraospedalieri di cura, prevenzione e riabilitazione diffusi nel territorio, per favorire l'inclusione sociale;

              tale strategia ha dato finalmente dignità e diritti a chi soffre di disturbi mentali. Per la prima volta, infatti con la «riforma Basaglia» chi soffre di disturbi mentali da soggetto pericoloso, incurabile, da allontanare dalla società, è diventato soggetto protagonista della propria vita con i diritti di cittadinanza, compreso il diritto alla cura e alla possibilità di guarigione;

              prima della legge n. 180 in Italia erano presenti 98 ospedali psichiatrici, regolati dalla legge 14 febbraio 1904, n. 36, che ospitavano più di 89.000 persone e dove i ricoveri avvenivano in modo coatto, perfino su richiesta di chi segnalava la presunta pericolosità della persona in questione, dove non esistevano limiti di età per il ricovero, e bastava un certificato medico che dichiarasse il soggetto pericoloso per sé o per gli altri. Per questo spesso venivano internati anche bambini piccolissimi, solo perché le famiglie non potevano o non volevano prendersene cura e dove, più che curare i pazienti si tendeva a sedarli e contenerli;

              la prima modifica dei manicomi si ebbe con la legge 12 febbraio 1968, n. 132, che fissò un massimo di 500 posti letto per manicomio, abolì l'iscrizione al casellario giudiziario degli internati e introdusse il ricovero volontario con la speranza che nel tempo potesse diventare la modalità principale di ricovero;

              soltanto con la legge Basaglia, però, vi sono stati il superamento dell'istituto del manicomio e la restituzione del diritto di cittadinanza alle persone con problemi di salute mentale, l'eliminazione della pericolosità dai criteri per cui una persona doveva essere curata, e l'introduzione del trattamento sanitario obbligatorio (TSO), sempre «nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione»;

              la portata storica della legge n. 180, quindi, non risiede soltanto nelle norme di immediata attuazione, quanto piuttosto nella affermazione della dignità delle persone, del godimento dei diritti civili e politici dei malati, della volontarietà nell'accesso alle cure, che sono state poi perseguite con legislazione ordinaria in primis dalla legge n. 833 del 1978 di riforma sanitaria e dalla normativa di dettaglio, che tuttavia hanno faticato ad affermarsi nella concreta declinazione nelle regioni e nei territori;

              infatti, la rivoluzione iniziata con la «legge Basaglia» ha richiesto e continua a richiedere molto tempo differenziandosi da regione a regione e, se molte di quelle disposizioni hanno trovato piena applicazione, diverse norme di principio, la cui attuazione era affidata a provvedimenti successivi e conseguenti, non hanno trovato risposta. Un esempio ne è il principio della cosiddetta «territorializzazione» dell'assistenza psichiatrica per il quale una definizione a livello nazionale della responsabilità, dei compiti e degli standard qualitativi è affidata ad un Progetto obiettivo per la salute mentale di 20 anni fa;

              tutt'oggi, gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali attuati di norma dai servizi e presìdi extraospedalieri hanno assoluto bisogno di una rinnovata cornice di obbiettivi e strumenti nazionali chiari, forti e condivisi per orientarne l'operatività;

              l'unico atto formale di carattere generale dello Stato, dal 1978 ad oggi, che si è occupato di normare i princìpi della legge 180 è stato il progetto obiettivo «Tutela salute mentale 1998-2000», di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 274 del 22 novembre 1999. Un testo sicuramente condivisibile, ma privo per sua propria natura della «forza» giuridica necessaria e ormai ampiamente datato;

              lo stesso superamento dell'istituto del manicomio, pilastro della rivoluzione della «legge Basaglia» è stato lento e ci sono voluti circa vent'anni, perché gli ospedali psichiatrici fossero sostituti da centri di salute mentale (Csm), da centri diurni (Cd) per favorire la permanenza a casa, da strutture residenziali per chi ha bisogno di assistenza per lunghi periodi e da servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc) cioè i reparti psichiatrici degli ospedali generali;

              solo con la legge 17 febbraio 2012, n. 9, e la legge 30 maggio 2014, n. 81, è stata stabilita la chiusura dei sei ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), le cui condizioni erano simili se non peggiori di quelle dei vecchi manicomi. Il superamento effettivo di queste strutture è stato completato nel 2017 per far posto non solo alle residenze per le misure di sicurezza detentive (Rems), ma soprattutto a percorsi di cura e riabilitazione individuali con misure di sicurezza non detentive; le Rems dovrebbero ospitare ex lege, non più di 20 posti letto, mentre invece nella struttura più grande d'Italia, Castiglione delle Stiviere, nata dalle ceneri del vecchio ospedale psichiatrico giudiziario sono ricoverati 160 pazienti, di cui 140 uomini e 20 donne;

              si tratta di 28 strutture presenti in tutta Italia, di cui 4 definitive, per 604 persone ricoverate. Sono forti le differenze tra regioni visto che accanto a edifici all'avanguardia provvisti di spazi verdi, laboratori e aree ricreative, resistono strutture che assomigliano a piccole carceri in cui si applica persino il regolamento penitenziario nonostante l'accordo della Conferenza unificata del 26 febbraio 2015; Una particolare criticità è rappresentata dalla lista d'attesa per l'ingresso in Rems: in teoria, sarebbero oltre 400 le persone con misura di sicurezza detentiva che non hanno trovato ancora posto, ma in realtà molte di queste persone hanno già trovato una soluzione con l'inserimento in altre strutture sanitarie, suscita invece preoccupazione la situazione delle persone rimaste in carcere. La soluzione, come ha rappresentato anche il Consiglio superiore della magistratura, non è l'aumento dei posti Rems (da considerarsi extrema ratio) quanto una più puntuale attuazione della legge n. 81 del 2014 per l'adozione di misure di sicurezza non detentive;

              anche gli Spdc e i Csm sono spesso oggetto di critiche, poiché tra le regioni ci sono molte differenze nei servizi di cura alle persone con disturbi mentali: così come oggetto di critica sono le modalità con cui troppo spesso viene adottato il trattamento sanitario obbligatorio (Tso), regolamentato dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (articoli 33-35), un atto composito, di tipo medico e giuridico, che consente l'effettuazione di determinati accertamenti e terapie ad un soggetto contro la sua volontà, che talvolta è stato praticato in modo violento con episodi estremi di morte del paziente;

              al di là delle criticità evidenziate, c'è bisogno di diffondere una maggiore cognizione sulla curabilità dei gravi disturbi psichiatrici, dai quali si può guarire, avendo ben presente che, secondo le attuali conoscenze scientifiche, sono da considerarsi multifattoriali con componenti psicologiche, biologiche e sociali;

              è necessario comunque dare risposte concrete a queste critiche, senza per altro giustificare pericolose scorciatoie verso un ritorno alla logica manicomiale;

              appare oggi sempre più urgente assicurare una uniformità di trattamento ai malati mentali su tutto il territorio nazionale, con interventi che si pongano in continuità con la legge 180 e con il progetto obiettivo «Tutela salute mentale 1998-2000»;

              affinché si possa affermare un dibattito privo di conflitti ideologici, utile alla stesura di norme che partano dalle buone pratiche che esistono nel nostro Paese, è necessario che le istituzioni ascoltino e dialoghino con chi quotidianamente affronta la malattia mentale: le oltre 800.000 persone affette, i circa 2 milioni di familiari che le seguono, gli operatori del servizio sanitario nazionale;

              da quanto anche è emerso dall'inchiesta sui dipartimenti di salute mentale della Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del servizio sanitario nazionale avviata dal Senato nel corso della XVI legislatura nel contesto sanitario italiano, le normative vigenti sulla tutela della salute mentale offrirebbero sufficienti possibilità di attuazione ed organizzazione dei servizi, attraverso la filosofia di cura territoriale, individualizzata e centrata sui luoghi di vita delle persone, come delineata già dalla legge n. 180: dove l'applicazione della normativa vigente è avvenuta senza indugio e i servizi di salute mentale sono stati realizzati in modo efficiente, gli stessi sono stati valutati dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come un modello di eccellenza internazionale; ove ciò non è avvenuto, si sono prodotte lacune, anche gravi, nella rete globale dell'assistenza sanitaria, fino a situazioni di franco degrado. Peraltro, le diverse declinazioni regionali delle normative nazionali, anche quando legittimamente congrue agli indirizzi generali, hanno comunque prodotto una difformità di servizi sul territorio nazionale, con differenze, anche sostanziali, nelle possibilità di cura del cittadino nel luogo di vita;

              ove è presente la disapplicazione delle norme, per disimpegno politico e/o incapacità amministrativa, sono conseguite carenze e difformità negli interventi sociosanitari per la psichiatria a livello regionale e locale come ad esempio l'apertura solo diurna dei centri di salute mentale, spesso per fasce orarie ridotte e l'esiguità di interventi territoriali individualizzati ed integrati con il sociale;

              in una disciplina come la psichiatria e nel campo più vasto della salute mentale, più che l'uso di tecnologie sofisticate (pur esistendo un sempre migliore ed evoluto trattamento farmacologico), conta la relazione interpersonale e la presenza di personale sufficiente, motivato e competente come condizione necessaria per la realizzazione di interventi di qualità;

              il quadro complessivo del personale dei Dsm in Italia risente di un contenimento finanziario ma anche di difficoltà di investimento per quanto riguarda le risorse umane del servizio sanitario (si vedano, ad esempio, i recenti rapporti della Siep, la Società Italia di epidemiologia psichiatrica);

              la riduzione del personale ha riguardato in modo rilevante i Dsm italiani, nei quali operano in media 57,7 unità di personale per 100.000 abitanti di età superiore ai 18 anni, dato significativamente inferiore al 66,6 x 100.000 indicato nel Po 1998-2000;

              da ultimo, se si riconosce che i bisogni e i diritti di chi soffre di disturbi mentali, anche gravi, sono da rispettare diventa fondamentale che l'inclusione sociale, abitativa e lavorativa rientri a pieno titolo nel percorso terapeutico-riabilitativo;

              infatti, una delle maggiori problematiche aperte nel campo della salute mentale è rappresentata dalla difficoltà che gli utenti, le famiglie e i servizi hanno nel portare avanti percorsi di inserimento lavorativo. Ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, le aziende hanno l'obbligo di assumere persone rientranti nelle categorie protette in relazione al numero dei propri dipendenti; inoltre, le cooperative sociali rappresentano una reale opportunità di impiego per chi soffre di disturbi psichiatrici anche gravi. Si tratta, però, di due possibilità ancora troppo poco utilizzate ed estremamente difficoltose per le quali un importante ruolo lo possono svolgere i dipartimenti di salute mentale come dimostrano le esperienze più avanzate;

              in fine, sono trascorsi più di diciassette anni dall'ultima conferenza nazionale sulla salute mentale tenutasi nel gennaio 2001, e per tutte le ragioni sopra descritte, si rende necessaria una nuova convocazione,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per rimuovere qualsiasi forma di discriminazione, stigmatizzazione ed esclusione nei confronti delle persone con disagio e disturbo mentali, nonché promuovere l'esercizio attivo dei diritti costituzionali e delle libertà fondamentali da parte degli stessi;

2) a valorizzare le attività e le iniziative volte a promuovere la prevenzione del disagio e del disturbo mentali, con particolare riferimento ai determinanti sociali, allo stile di vita, all'ambito familiare, al lavoro, alla scuola, agli ambienti di lavoro e alla comunità;

3) ad aggiornare, al fine di garantire l'effettiva tutela della salute mentale quale componente essenziale del diritto alla salute, i livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 12 gennaio 2017, privilegiando percorsi di cura individuali in una prospettiva di presa in carico della persona nel complesso dei suoi bisogni, per una piena inclusione sociale secondo i principi della «recovery», e sulla base di un processo partecipato;

4) ad adottare, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, un piano nazionale per la salute mentale, prevedendo interventi, azioni e strategie finalizzati alla promozione della salute mentale, alla prevenzione del disagio e dei disturbi, al contrasto della discriminazione e delle violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali;

5) a promuovere la seconda Conferenza nazionale per la salute mentale per un confronto vero dal quale uscire con un rinnovato impegno per attuare i principi della legge n. 180 del 1978, a partire dal diritto alla tutela della salute mentale e dai diritti di cittadinanza, così come indicato dall'articolo 32 della Costituzione;

6) ad adottare iniziative per ricostituire la Commissione ministeriale salute mentale quale tavolo di confronto permanente tra il Ministero della salute, le regioni e la società civile che rappresenti, a livello nazionale, gli interessi delle persone con problemi di salute mentale e delle loro famiglie;

7) ad adottare le iniziative di competenza per verificare il rispetto della normativa in materia trattamento sanitario obbligatorio (Tso) in modo tale da offrire ogni tutela possibile contro l'illegittimo ricorso a forme di restrizione della libertà personale nei riguardi delle persone con disturbo mentale nonché eliminare ogni forma di trattamento degradante, a partire dalla contenzione meccanica e di segregazione;

8) ad adottare iniziative per assicurare, in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito della programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, la risposta ai bisogni di cura, di salute e di integrazione sociale attraverso un approccio multisettoriale e intersettoriale al fine di favorire l'inclusione nelle attività del territorio;

9) ad adottare iniziative per considerare le Rems, in continuità con il superamento degli Opg, solo come extrema ratio evitando un loro utilizzo in modo improprio, considerando, invece, il progetto terapeutico-riabilitativo individuale quale strumento per adottare misure alternative alla detenzione come previsto dalla legge n. 81 del 2014 e richiamato dalla delibera del Consiglio superiore della magistratura 19 aprile 2017;

10) ad adottare iniziative per definire adeguate risorse, in sede di riparto delle disponibilità finanziarie per il servizio sanitario nazionale, visti anche i livelli essenziali di assistenza, da destinare alla tutela della salute mentale.
(1-00059) «Carnevali, De Filippo, Rosato, Ubaldo Pagano, Marco Di Maio, Morani, Pezzopane, Gadda, Siani, Pini, Enrico Borghi, Serracchiani, Fragomeli».

Risoluzione in Commissione:


      La XIII Commissione,

          premesso che:

              la grave crisi in cui versa da tempo la pastorizia, specialmente quella sarda, richiede con urgenza azioni concrete e interventi strutturali per rilanciare un settore che rappresenta una strategica risorsa economica e sociale;

              il comparto ovino nella sola Sardegna è strutturato su circa 15 mila aziende zootecniche con un indotto di oltre 40 mila addetti, aziende che, rappresentano circa 3 milioni di capi, detengono più del 40 per cento del patrimonio ovicaprino nazionale;

              la Sardegna rappresenta l'area di riferimento nazionale per quanto riguarda il mercato del latte e del pecorino romano prodotto leader del comparto: nell'isola si stima una produzione complessiva di 300 mila tonnellate di latte;

              il comparto offre oltre 380 mila quintali di prodotti caseari, la maggioranza dei quali indirizzati alla trasformazione di pecorino romano Dop;

              il suddetto formaggio è, tra i prodotti derivanti dal latte di pecora, il più rilevante in tutta Europa in termini di volumi prodotti e valore generato;

              tra le criticità più rilevanti del settore si segnalano: l'estrema volatilità del prezzo del latte, che subisce forti oscillazioni non solo in senso temporale ma anche geografico e tra diversi fornitori di una stessa azienda di trasformazione e un sistema cooperativo frammentato e sottocapitalizzato con limitate capacità di adattamento al mercato;

              la mancanza di disponibilità di dati produttivi ufficiali omogenei e trasparenti, a partire dai quantitativi di latte munto, impedisce un'azione di programmazione produttiva reale e favorisce invece una opacità produttiva con conseguente deprezzamento dei prodotti oltre che scarse tracciabilità;

              è pertanto indispensabile estendere al comparto del latte ovicaprino il decreto ministeriale 7 aprile 2015 in materia di dichiarazioni obbligatorie,

impegna il Governo

ad adottare iniziative per estendere al comparto ovicaprino, il decreto ministeriale 7 aprile 2015, sulle modalità di applicazione dell'articolo 151 del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante l'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, per quanto concerne le dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari.
(7-00069) «Cadeddu».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


      NOBILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

          il quotidiano la Repubblica ha scoperto e denunciato che nel 2002 il concorso pubblico con cui il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte è diventato professore ordinario sarebbe illegittimo, in quanto il professore Guido Alpa era parte della commissione che lo ha promosso;

          il medesimo quotidiano denuncia che nel 2002, all'epoca del concorso, il Presidente Conte e il suo amico e mentore Guido Alpa avrebbero già avuto addirittura uno studio legale insieme;

          il Presidente Conte in data 8 ottobre 2018 ha indirizzato a la Repubblica una lunga lettera nella quale afferma: «A differenza di quanto riportato, io e il professor Alpa non abbiamo mai avuto uno studio professionale associato né mai abbiamo costituito un'associazione tra professionisti»;

          invero però, stando ad un curriculum vitae risalente al 2013 presentato alla Camera dei deputati dal Presidente Conte per concorrere al Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa, egli ha di suo pugno dichiarato di: «aver aperto con il prof. avv. Guido Alpa un nuovo studio legale, dedicandosi al diritto civile, al diritto societario e fallimentare»;

          sembra dunque risultare antitetico il curriculum vitae del 2013 rispetto a quanto affermato al quotidiano la Repubblica;

          invero, ai sensi della sentenza n. 716 del 2001 del Tar Friuli Venezia Giulia «Nelle procedure di concorso, costituiscono quindi cause di incompatibilità dei componenti la Commissione esaminatrice, oltre ai rapporti di coniugio e di parentela e affinità fino al quarto grado, le relazioni personali fra esaminatore ed esaminando che siano tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia stato giudicato non in base al risultato delle prove, ma in virtù delle conoscenze personali o, comunque, di circostanze non ricollegabili all'esigenza di un giudizio neutro, o un interesse diretto o indiretto, e comunque tale da ingenerare il fondato dubbio di un giudizio non imparziale, ovvero stretti rapporti di amicizia personale»;

          inoltre, come riportato dalla delibera dell'Autorità nazionale anticorruzione n. 209 del 1° marzo 2018: «In ordine alla composizione delle commissioni di concorso per il reclutamento di professori e ricercatori secondo le modalità previste dalla legge n. 240 del 2010, deve quindi richiamarsi l'articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994 (“Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi”) ai sensi del quale “I componenti [della commissione], presa visione dell'elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi ed i concorrenti, ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile”»;

          invero, ai sensi delle pronunce del Consiglio di Stato Sez. VI, 31 maggio 2013, n. 3006, TAR Lazio, Roma, 21 febbraio 2014 n. 2173: «sussiste una causa di incompatibilità – con conseguente obbligo di astensione – per il componente di una commissione giudicatrice di concorso universitario ove risulti dimostrato che fra lo stesso e un candidato esista un rapporto di natura professionale con reciproci interessi di carattere economico ed una indubbia connotazione fiduciaria»;

          ancora, ai sensi del TAR Sicilia, II, 18 ottobre 2016, sent. n. 2397: «Pertanto, se è pur vero che, di regola, la sussistenza di singoli e occasionali rapporti di collaborazione tra uno dei candidati ed un membro della Commissione esaminatrice, non comporta sensibili alterazioni della par condicio tra i concorrenti, è altrettanto vero che l'esistenza di un rapporto di collaborazione costante (per non dire assoluta) determina necessariamente un particolare vincolo di amicizia tra i detti soggetti, che è idonea a determinare una situazione di incompatibilità dalla quale sorge l'obbligo di astensione del commissario, pena, in mancanza, il viziare in toto le operazioni concorsuali» –:

          se per queste ragioni, intenda fornire chiarimenti definitivi sulla vicenda.
(4-01345)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


      BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          da quanto emerge dagli organi di stampa, il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato il taglio degli oltre 300 milioni di dollari garantiti sino al 2017 dagli Stati Uniti all'UNRWA, l'agenzia dell'Onu che assiste i profughi palestinesi;

          tale decisione mette in discussione il ruolo dell'UNRWA e ne contesta i criteri con cui definisce «profugo» un palestinese, confliggendo pertanto con il diritto al ritorno nella terra d'origine per i rifugiati e le loro famiglie;

          gli Usa furono tra i fautori della creazione dell'UNRWA con l'idea che avrebbe dovuto condurre all'applicazione della risoluzione n. 194 del 1948 dell'ONU che sancisce la realizzazione di un diritto atteso da cinque milioni di persone da 70 anni e quindi la posizione espressa da Trump rappresenta una rottura dell'impegno assunto dagli Stati Uniti;

          sempre a quanto riferiscono organi di stampa, primi segnali di risposta alla decisione annunciata da Trump sono arrivati dalla Germania con la sua promessa di aumento del proprio budget in favore dell'UNRWA e dalla Spagna –:

          quale sia la posizione del Governo in merito alla situazione descritta in premessa in vista delle opportune iniziative da assumere.
(5-00687)


      QUARTAPELLE PROCOPIO, DE MARIA, SCALFAROTTO, FASSINO e LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          il 12 e 13 novembre 2018 si svolgerà a Palermo la Conferenza internazionale sulla Libia alla quale saranno invitati tutti gli attori più importanti, sia a livello internazionale che regionale come i rappresentanti dell'Arabia Saudita, Egitto, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Francia, Germania, Spagna, Marocco, Tunisia, Gran Bretagna, Canada, Ciad, Algeria, Cina, Giordania, Malta, dell'Unione europea, dell'Onu, della Lega araba e dell'Unione africana e, sembrerebbe che sarà presente anche il generale libico Khalifa Haftar;

          la Conferenza di Palermo sarà un importante tassello nella lunga strada per risolvere il conflitto libico e un suo esito positivo rappresenterebbe per il popolo libico e tutta l'area regionale un segnale importante di speranza. Inoltre, per il nostro Paese sarebbe un successo importante non solo in chiave mediterranea, nei rapporti con i Paesi della sponda Sud, ma anche per accrescere il peso e l'autorevolezza dell'Italia nel consenso europeo e nella gestione dei flussi migratori;

          già da alcuni mesi il nuovo Governo italiano ha fatto intendere la volontà di sostituire gli attuali vertici del dipartimento delle informazioni per la sicurezza – il direttore generale Alessandro Pansa – e dell'Agenzia informazioni e sicurezza esterna – il direttore Alberto Manenti – che parrebbe, a mezzo stampa, aver presentato già le proprie dimissioni – entrambi prorogati per un anno dal precedente Governo subito dopo le elezioni, perché i loro incarichi erano scaduti nella primavera scorsa;

          nell'ambito dell'organizzazione e delle trattative della Conferenza, Manenti ha dichiarato di non «essere più considerato un interlocutore affidabile – proprio a causa del suo mandato in scadenza – e non essere in grado di agire»;

          recentemente, l'Ambasciatore italiano in Libia Giuseppe Perrone è stato trattenuto in Patria per motivi di sicurezza e attualmente non è stato ancora nominato un suo successore;

          in questo ultimo periodo, la situazione in Libia è tornata ad infiammarsi, con violenti scontri a Tripoli tra gruppi di milizie armate che si contendono il potere e che, grazie alla mediazione dell'Onu, hanno firmato un accordo per sospendere le violenze –:

          in che modo il Governo intenda organizzarsi per la buona riuscita della Conferenza in mancanza del sostegno pienamente legittimo ed operativo dei servizi di sicurezza italiani considerati in «scadenza» e dell'Ambasciatore non in sede a Tripoli e senza quindi poter efficacemente interloquire e coinvolgere tutti gli attori libici che sul terreno stanno dimostrando la propria forza militare e negoziale.
(5-00688)


      SURIANO, SABRINA DE CARLO, CABRAS, CAPPELLANI, CARELLI, COLLETTI, DEL GROSSO, DI STASIO, EHM, EMILIOZZI, GRANDE, OLGIATI, PERCONTI, ROMANIELLO e SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          il Venezuela sta attraversando una fase di grave crisi politica, economica, sociale e umanitaria, causata principalmente dal crollo dei prezzi del petrolio, dal fenomeno del mercato nero e dalle azioni di vero e propria boicottaggio delle grandi aziende distributrici, che ha comportato il peggioramento di tutti gli indicatori economici e che potrebbe portare il Paese a scenari inediti fino a destabilizzare un'intera area geografica che negli ultimi anni ha fatto registrare un periodo di relativa quiete;

          l'instabilità di questi anni ha determinato l'acuirsi della crisi economica fino agli attuali tassi di inflazione che gli analisti stimano intorno al milione per cento; in 5 anni il Paese sudamericano ha visto ridursi il proprio prodotto interno lordo del 40 per cento, traducendosi in una progressiva mancanza di prodotti alimentari, farmaci e servizi essenziali e bruciando, di fatto, tutti gli importanti obiettivi che erano stati raggiunti nei due decenni precedenti;

          si è trattato di obiettivi riconosciuti anche dalla FAO, che aveva premiato il Venezuela per l'impegno dimostrato nel combattere la fame nel Paese, in riferimento al programma «Misión Alimentación», istituito dal Governo nel 2003. Secondo le statistiche ufficiali, il programma è riuscito a distribuire circa 26,5 milioni di tonnellate di prodotti alimentari, arrivando a garantire il 95,4 per cento dei venezuelani con più di 3 pasti al giorno;

          significativi progressi si erano registrati nell'istruzione (l'Unesco ha dichiarato il Venezuela Paese libero dall'analfabetismo nel 2005), nell'assistenza sanitaria, attraverso il programma «Barrio Adentro», che ha permesso la costruzione di più di 13.000 centri medici di varie tipologie, nel campo della distribuzione dell'acqua potabile, rifornendo circa il 95 per cento della popolazione;

          la situazione venezuelana è stata spesso oggetto di indebita ingerenza da parte della comunità internazionale che, anziché favorire un percorso di dialogo, ha contribuito in maniera significativa invece all'aggravarsi della crisi;

          il cosiddetto «Gruppo di Lima», attraverso 11 dei 14 Governi che lo compongono, ha espresso «preoccupazione e il rifiuto di qualsiasi azione o dichiarazione che implichi un intervento militare in Venezuela» come diversamente lasciato intendere dal segretario dell'Organizzazione degli Stati Americani (OSA), Luis Almagro, esprimendosi invece per una soluzione negoziale della crisi –:

          quali iniziative di carattere diplomatico siano state intraprese, anche in accordo agli altri partner internazionali, per contribuire alla soluzione della crisi venezuelana, con particolare riferimento alle iniziative messe in campo per garantire la sicurezza dei nostri connazionali e per salvaguardare i rapporti commerciali.
(5-00689)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PRESTIPINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          in data 27 settembre 2018 gli organi di stampa hanno riportato la notizia che un esemplare della rara aquila di Bonelli, a rischio di estinzione, è stato ucciso a colpi di fucile a Fulgatore, in provincia di Trapani, Sicilia, durante un atto di bracconaggio;

          specialisti dell'Istituto zooprofilattico hanno accertato come a causare il decesso siano stati sette pallini sparati da un fucile, che hanno raggiunto il rapace nella zona del torace;

          un recente rapporto del Wwf aveva già segnalato i monti della Sicilia come una delle quattro aree a più alto rischio per le specie selvatiche;

          l'Italia è lo Stato europeo con il maggiore patrimonio di biodiversità e, allo stesso tempo, uno dei Paesi con il più alto tasso di crimini ambientali e contro la fauna;

          a parere dell'interrogante, le aree in cui è ormai notoria la diffusione del bracconaggio e dei crimini in danno alla fauna necessitano del più alto livello di attenzione da parte delle amministrazioni competenti –:

          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno effettuare, per quanto di competenza, un monitoraggio più preciso delle aree dove è maggiore il rischio di commissione di crimini contro la fauna e l'ambiente, per avere la migliore prevenzione;

          quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere per tutelare la fauna selvatica e le specie minacciate dall'estinzione presenti in Italia.
(5-00679)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DE LORENZO, AMITRANO, VIZZINI, CUBEDDU, GIANNONE, PALLINI, COSTANZO e TRIPIEDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

          nel comunicato stampa della giunta del comune di Napoli del 21 settembre 2018 è scritto che: «nella notte tra il 24 e il 25 settembre in Piazza Plebiscito sarà installato il cantiere per eseguire le opere connesse con la realizzazione della ultima camera di ventilazione della linea sei, nella tratta Chiaia-Municipio, indispensabile per la sicurezza dell'esercizio di questa tratta. L'opera è costituita da un pozzo verticale, eseguito riutilizzando le opere esistenti realizzate in ambito LTR90, e un cunicolo orizzontale di diametro pari a circa 3.00 metri di collegamento alla galleria di linea. Lungo quest'ultima già sono in corso le opere di esecuzione del preimbocco al futuro collegamento. Il progetto è stato approvato con delibera di giunta 152/2018 e ha conseguito tutte le necessarie autorizzazioni - sovrintendenza, prefettura, vigili del fuoco, municipalità, uffici comunali, conferenza cantieri ed eventi»;

          «Uno sfregio. Un'assurdità. Mettere delle grate al posto dei basoli di piazza Plebiscito, sia pure in un'area limitata, è un'offesa al nostro patrimonio culturale»: sono queste le parole di Tomaso Montanari, storico dell'arte il cui giudizio riguarda proprio i lavori da effettuarsi nella piazza più importante di Napoli;

          forte è la preoccupazione degli interroganti per la scelta del comune di Napoli di eseguire i lavori in un luogo storico e culturale importante per la città e per il Paese considerato che non è stato tutelato il patrimonio culturale, non è stata garantita un'adeguata protezione dello stesso né la sua conservazione per fini di pubblica fruizione. Una scelta indecorosa non conforme al dettato costituzionale relativo alla salvaguardia e alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione. Scelta che intacca la cultura e la memoria storica dell'Italia e del suo territorio, il cui patrimonio storico, artistico e culturale è un bene di rilievo costituzionale tutelato dall'articolo 9, secondo comma, della Costituzione;

          il Consiglio di Stato nella sentenza n. 3669/2015 – relativa all'apposizione del vincolo indiretto di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sulla piazza del Plebiscito di Napoli – stabilisce che: «va innanzitutto ricordato che il principio generale del Codice espresso all'articolo 1, comma 2, per il quale la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura, non costituisce la fruizione pubblica e la valorizzazione del bene quale unica finalità della funzione, come sembra ritenere il primo giudice, ma iscrive anche la tutela a pieno e pari titolo (del resto, è del tutto evidente che la conservazione di un bene è il primo e ineludibile passo per la sua valorizzazione). Inoltre, deve essere ancora puntualizzato che non è il bene in sé a costituire oggetto della tutela, ma il valore che sul bene si esprime: perciò, non solo il singolo bene, ma l'intero ambiente potenzialmente interagente con il valore culturale può richiedere una conservazione particolare: e a questo servono le eventuali prescrizioni di tutela indiretta, cioè il cosiddetto vincolo indiretto conformato dall'articolo 45 del Codice» –:

          quali siano le motivazioni che hanno indotto la competente soprintendenza ad autorizzare i lavori per la realizzazione di una griglia di aerazione necessaria per i lavori della linea 6 della metropolitana in piazza Plebiscito;

          nell'ipotesi in cui non sussistano delle congrue motivazioni a supporto dell'autorizzazione dei lavori sopra richiamati, quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di assicurare la necessaria e indispensabile tutela di tale bene culturale.
(5-00676)

Interrogazione a risposta scritta:


      FOTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

          la risposta resa dal rappresentante del Governo all'interrogazione n. 5-00221 — che denunciava l'omesso rispetto, da parte di molte amministrazioni periferiche, di quanto disposto dal codice dei beni culturali, all'articolo 41 e, cioè, l'obbligo di versamento (da parte degli organi amministrativi periferici dello Stato) agli archivi di Stato dei documenti relativi agli affari esauriti da oltre 30 anni — appare all'interrogante disarmante;

          nonostante l'inadempimento sopra evidenziato comporti grave disagio per gli studiosi dell'età contemporanea ed impedisca anche la ricostruzione obiettiva di un periodo storico fondamentale per l'Italia, il rappresentante del Governo ha preferito richiamare l'incongruenza derivante — a suo dire — dall'applicazione dei commi 222-ter e 222-quater dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, incongruenza consistente «da un lato, nell'imporre a tutte le Amministrazioni pubbliche (con la sola esclusione dei presidi territoriali di pubblica sicurezza e di quelli destinati al soccorso pubblico e degli edifici penitenziari), di conseguire una riduzione degli spazi in uso, inclusi quelli destinati ad archivio, e, dall'altro, nel prevedere l'obbligo di versamento, a carico delle medesime Amministrazioni, del materiale documentario selezionato per la conservazione a fini storici (e, dunque, illimitata) nei competenti Archivi di Stato, i quali, però, non sono esentati dal processo di razionalizzazione degli spazi»;

          appare anomalo che il rappresentante del Governo abbia altresì evidenziato che «in ragione dei particolari compiti del Ministero per i beni e le attività culturali e del rilevante onere cui è chiamato sarebbe opportuni prevedere, per esso, una deroga alla disciplina generale fissata dall'articolo 2, comma 222-bis, della legge n. 191 del 2009, che gli consentisse di utilizzare integralmente l'importo dei risparmi conseguiti in sede di razionalizzazione degli spazi per aumentare lo spazio da destinarsi alla conservazione della documentazione storica, cosa che consentirebbe alle altre amministrazioni dello Stato di effettuare i versamenti documentali cui sono tenute», atteso che è in capo anche al Governo il potere-dovere di promuovere la modifica delle norme di legge;

          da ultimo, per il rappresentante del Governo «il mancato versamento di ulteriore documentazione, da parte delle Amministrazioni statali, agli Archivi di Stato competenti e riceverla per dislocazione territoriale dipende dalla impossibilità, da parte di detti Uffici, di accettare ulteriori versamenti atteso che la capacità di archiviazione dei relativi depositi risulta ormai esaurita» –:

          se il Ministro interrogato intenda adottare le iniziative di competenza al riguardo (facendo sì che i direttori provinciali richiedano agli enti pubblici di competenza territoriale di procedere al versamento) pubblicando, per il resto, l'elenco degli archivi che non possono più ricevere materiale per mancanza di spazio o altro impedimento.
(4-01341)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


      FERRO e DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          il comune di Spezzano della Sila, situato a 800 metri sul livello del mare in provincia di Cosenza (CS), si trova alle porte della Sila Grande, a circa 13 chilometri da Cosenza e il territorio si estende sull'altopiano silano, comprendendo anche Camigliatello Silano, noto centro turistico e stazione sciistica, nella quale è altresì presente un centro di accoglienza straordinaria, dove vengono ospitati circa 170 immigrati;

          il 21 maggio 2018, la prefettura di Cosenza ha comunicato, al sindaco del citato comune, l'intenzione dell'Arma dei carabinieri di procedere alla razionalizzazione delle caserme, prevedendo tra l'altro la chiusura della locale stazione dei carabinieri;

          al fine di scongiurare la chiusura della caserma, l'amministrazione comunale ha manifestato la disponibilità a farsi carico del canone di locazione attualmente sostenuto dall'Arma dei carabinieri, con l'individuazione, tra l'altro, di uno stabile da mettere a disposizione dell'Arma, ossia la ex sede della scuola materna;

          la pubblica sicurezza deve essere garantita alle stesse condizioni e livelli in tutto il territorio nazionale, costituendo, del resto, un diritto fondamentale di ciascun cittadino, senza alcuna distinzione, prevalente su qualsivoglia ragione di contenimento della spesa pubblica;

          la residenza in un piccolo comune di 4.566 abitanti non può essere causa di discriminazione, anche in ragione del fatto che nel 70 per cento dei borghi italiani si è in presenza di una bassa densità demografica e che, tra gli obbiettivi del Governo, vi è quello della salvaguardia dei piccoli centri –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di evitare la chiusura della stazione dei carabinieri di Spezzano della Sila, stante anche la disponibilità del comune a sostenere i costi dell'immobile, nonché per scongiurare la chiusura di ulteriori caserme in altri piccoli comuni calabresi, dove svolgono anche la funzione di presidio di legalità.
(5-00690)


      MARIA TRIPODI, VITO, RIPANI, PEREGO DI CREMNAGO, FASCINA, GREGORIO FONTANA e SIRACUSANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza contiene, tra i suoi obiettivi più significativi, quello di «sviluppare una Strategia sistemica per la sicurezza nazionale» e la conferma dell'ancoraggio del nostro Paese, per la proiezione estera, alle organizzazioni ed alleanze tradizionali, quali Nato ed Unione europea;

          altra finalità è quella di «sostenere e valorizzare le opportunità offerte dal Fondo Europeo della Difesa, che prevede finanziamenti per la ricerca tecnologica e per lo sviluppo di capacità strategiche, nonché dal Programma Europeo di Sviluppo Industriale per la Difesa (EDIDP), finalizzato a supportare progetti di cooperazione industriale multilaterale tra aziende europee nel settore della Difesa»;

          la chiave di lettura di tali propositi deve ritrovarsi nell'ulteriore obiettivo di «procedere ad una graduale trasformazione dello strumento militare», perseguito «razionalizzando i sistemi di difesa»;

          il Fondo europeo della difesa ha stanziato finanziamenti, non alternativi a quelli statali, per un importo pari a 13 miliardi di euro per il 2021-2027, per i quali le risorse stanziate dagli Stati costituiscono importantissimi strumenti di negoziazione;

          l'assenza di specificazioni nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) circa i programmi oggetto della «razionalizzazione» corrobora fortemente le preoccupanti posizioni ribadite pochi giorni or sono dal Vice premier Di Maio in materia di tagli alle «spese militari inutili»;

          risulta, infatti, agli interroganti che diversi e strategici potrebbero essere i programmi oggetto della «razionalizzazione»: tra questi l'acquisizione dei velivoli F35, il Camm-Er, programma missilistico italo-inglese facente capo alla società MBDA-ltalia che dovrebbe sostituire diversi sistemi missilistici, oggetto d'inevitabile obsolescenza e, non ultimo, quello della Piaggio Aerospace, società che ha realizzato, sotto la supervisione della Aeronautica militare italiana, un drone, il P-2HH che aveva in essere una commessa di 20 macchine per un importo pari a 766 milioni di euro;

          quello dell'aerospazio e difesa è un comparto che, con i suoi più di 14 miliardi di euro annui, circa lo 0,8 per cento del prodotto interno lordo, crea occupazione per più di 110.000 unità, con la produzione di un gettito fiscale di circa 4,5 miliardi di euro;

          non solo, il comparto è fonte di ricerca e innovazione, con significative ricadute non solo per la difesa, ma anche per usi strategici in ambito civile –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quali siano i programmi oggetto della razionalizzazione e, in ogni caso, quali iniziative intenda assumere per garantire la sicurezza e la posizione dell'Italia, anche in relazione alla negoziazione dei fondi europei.
(5-00691)


      PAGANI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          con il supplemento ordinario n. 41 alla Gazzetta Ufficiale n. 214 del 14 settembre 2018 è stato pubblicato un elenco dei militari collocati nella posizione di ausiliaria, suddivisi per ruolo di appartenenza, delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri. L'elenco, in oltre 70 pagine individua migliaia di militari secondo l'ordine temporale del collocamento nell'ausiliaria;

          la pubblicazione del supplemento ordinario è stata accompagnata da dichiarazioni della Ministra della difesa con le quali ha reso noto che: «da oggi, tutte le pubbliche amministrazioni (nazionali e locali) potranno finalmente attingere al personale della Difesa in ausiliaria, a costo zero»;

          la posizione di ausiliaria è così definita nell'articolo 886 del COM: «La categoria dell'ausiliaria comprende il personale militare che, essendovi transitato nei casi previsti, ha manifestato all'atto del collocamento nella predetta posizione la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra amministrazione»;

          durante il periodo di ausiliaria il personale militare percepisce in via provvisoria, un trattamento di pensione calcolato secondo le norme vigenti, che è sottoposto a uno specifico prelievo fiscale dell'ordine del 10 per cento in aggiunta alle normali imposte sul reddito delle persone fisiche;

          nel momento in cui la «dichiarazione di disponibilità» da parte del militare sembra diventare, nelle dichiarazioni delle Ministra un serbatoio di prestazioni lavorative a costo zero appare evidente all'interrogante la necessità di regolamentarle più correttamente;

          in particolare, dovrebbe essere chiarita con apposite norme la compatibilità tra:

              l'eventuale prestazione lavorativa fornita dal militare e il persistere di un prelievo fiscale particolare;

              le competenze legate al grado posseduto e le funzioni che si intendono assegnargli;

              la definizione della durata temporale della prestazione richiesta;

              la definizione del regime assicurativo per eventuali infortuni;

              lo stato giuridico di militare a fronte dello svolgimento di funzioni civili, con particolare attenzione per prestazioni richieste a militari dell'Arma dei carabinieri –:

          se la Ministra interrogata intenda assumere le opportune iniziative normative per affrontare le questioni indicate in premessa.
(5-00692)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la famiglia e le disabilità, per sapere – premesso che:

          dal nuovo rapporto «(Non) Tutti a Mensa 2018» di Save the Children emergono dati allarmanti;

          il rapporto di monitoraggio sul servizio di refezione nelle scuole primarie, prende in analisi le politiche e le prassi relative alla mensa scolastica in Italia, con focus sui 45 comuni capoluoghi di provincia con più di 100.000 abitanti;

          le componenti e le variabili che vengono monitorate riguardano la percentuale di accesso degli alunni al servizio, i costi previsti da bilancio a carico delle famiglie, le tariffe, i criteri di agevolazione ed esenzione, le restrizioni, le eventuali esclusioni dei bambini dal servizio in caso di morosità dei genitori, ma anche le buone prassi in termini di partecipazione, educazione alimentare, alimentazione, riciclo, promozione della sana alimentazione e menu a basso impatto ambientale;

          dai dati raccolti è emerso che la metà degli alunni (il 49 per cento) delle scuole primarie e secondarie di primo grado non ha accesso alla mensa scolastica e le modalità di accesso o di esenzione spesso contribuiscono a aumentare le disuguaglianze, a scapito delle famiglie più svantaggiate;

          il quadro che emerge è preoccupante, anche perché, tra l'altro, l'erogazione del servizio è fortemente disomogenea sul territorio italiano;

          in 9 regioni italiane (una in più rispetto al 2017), oltre il 50 per cento degli alunni, più di 1 bambino su 2, non ha la possibilità di accedere al servizio mensa; tra queste, cinque regioni registrano anche la percentuale più elevata di classi senza tempo pieno (Molise 94,27 per cento, Sicilia 91,84 per cento, Campania 84,90 per cento, Abruzzo 83,92 per cento, Puglia 82,92 per cento, e in cinque di loro, si osservano anche i maggiori tassi di dispersione scolastica d'Italia (Sardegna 21,2 per cento, Sicilia 20,9 per cento, Campania 19,1 per cento, Puglia 18,6 per cento, Calabria 16,3 per cento);

          la forbice tra Nord e Sud si distanzia sempre più: sono infatti sette le regioni insulari e del Meridione che registrano il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica: Sicilia (81,05 per cento), Molise (80,29 per cento), Puglia (74,11 per cento), Campania (66,64 per cento), Calabria (63,78 per cento), Abruzzo (60,81 per cento) e Sardegna (51,96 per cento);

          l'esperienza della mensa, come è stato egregiamente evidenziato da Carlo Petrini, in un contributo nel rapporto, ha anche un profondo valore educativo, in quanto «La pausa del pranzo fornisce indubbiamente la possibilità di educare gli studenti alla buona e sana alimentazione, al rispetto della diversità, alle regole della convivenza civile»;

          ad oggi la mensa è ancora considerata un servizio a domanda individuale, legato alle esigenze di bilancio dei singoli comuni, e non è riconosciuta come un servizio pubblico essenziale;

          sono solo 33 i comuni che prevedono l'esenzione totale legata a qualche tipo di svantaggio sociale, di questi 9 solo su segnalazione e valutazione dei servizi sociali; 5 la prevedono per composizione familiare (in base al numero dei figli). Solo 19 comuni sui 45 esaminati riconoscono un'esenzione alle famiglie in situazione di povertà, sotto una certa soglia Isee. Il comune di Salerno e quello di Vicenza addirittura non prevedono alcun tipo di esenzione;

          anche le agevolazioni risultano frammentate e disomogenee. Tutti i comuni presi in esame applicano agevolazioni su base economica, ma ponendo ognuno una soglia Isee differente;

          altro fattore discriminante è quello della residenza, criterio per accedere o meno alla mensa scolastica. Sono 28 i comuni infatti che lo applicano come criterio restrittivo, penalizzando molti bambini che, per varie motivazioni, non sono ancora residenti nel comune, mentre 17 non ne tengono conto;

          a tutto questo si aggiunge la pratica altamente discriminatoria dell'esclusione dal servizio mensa dei bambini figli di genitori non in regola con il pagamento delle rette;

          dal monitoraggio effettuato sulle politiche messe in campo dai comuni per l'anno scolastico 2017/2018, i comuni che limitano l'accesso alla mensa ai bambini figli di genitori morosi nel pagamento delle rette sono 9: Brescia, Foggia, Novara, Reggio Calabria, Salerno, Sassari, Siracusa e Taranto e da ultimo Pescara;

          tale prassi accresce le diseguaglianze sociali e ha gravi conseguenze che ricadono direttamente sui bambini, che subiscono l'umiliazione di separarsi dai compagni per tornare a casa o consumare il pasto in classe;

          la mensa scolastica dovrebbe avere 4 requisiti fondamentali: essere inclusiva, senza esclusioni per i bambini che vivono in famiglie meno abbienti, non residenti o morose nei pagamenti; essere accessibile, in termini di tariffe, agevolazioni ed esenzioni e riconosciuta come un livello essenziali delle prestazioni sociali; essere educativa, un luogo di partecipazione e di apprendimento di una sana alimentazione e della lotta allo spreco –:

          se e quali iniziative urgenti i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano intraprendere al fine di riequilibrare le enormi differenze territoriali che creano iniquità proprio tra le famiglie più svantaggiate e se non ritengano opportuno adottare iniziative per riconoscere il servizio di refezione scolastica come servizio pubblico essenziale garantito a tutti i bambini.
(2-00139) «Elvira Savino».

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:


      MICELI, BAZOLI, VERINI, VAZIO, MORANI, FERRI, ANNIBALI e BORDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          con decreto-legge 22 giugno 2018, n. 73, è stata decretata la sospensione, fino al 30 settembre 2018, dei processi penali pendenti, in qualunque fase e grado, davanti al tribunale di Bari e il corso della prescrizione;

          nonostante la situazione di inagibilità della sede del tribunale di Bari fosse nota da tempo e il Governo precedente avesse già avviato un percorso risolutivo, il Ministro interrogato ha rifiutato la proposta avanzata di nomina di un commissario straordinario con poteri speciali per scongiurare il protrarsi dell'emergenza e ha, contestualmente, annunciato di avere individuato un immobile, di proprietà privata, idoneo ad ospitare gli uffici del tribunale;

          tale immobile si è rivelato essere, a seguito di un'inchiesta giornalistica, di proprietà di una società in cui uno degli amministratori sarebbe vicino ad un esponente di un clan malavitoso;

          il 14 agosto 2018 in conseguenza dell'esito negativo dei controlli amministrativi sul possesso dei requisiti e l'assenza di cause di esclusione, è stata quindi revocata l'aggiudicazione in favore della Sopraf srl, proprietaria di detto immobile;

          il Ministro della giustizia, con una lettera il cui contenuto è stato reso noto a Bari durante la conferenza permanente sul Palagiustizia, ha annunciato che sarà il palazzo ex Telecom al quartiere Poggiofranco di Bari ad ospitare gli uffici giudiziari penali baresi senza nulla aggiungere sui tempi reali e certi per la ripresa dell'attività giudiziaria;

          con la sua iniziativa il Ministro interrogato ha quindi contribuito, nell'emergenza, a far perdere ulteriore tempo;

          la sospensione delle udienze e la inagibilità del palazzo di giustizia hanno di fatto paralizzato non solo i processi ma anche le attività di indagine e di tutela dei cittadini del distretto;

          inoltre, così come previsto dal decreto-legge n. 73 del 2018, a decorrere dal 30 settembre 2018, ha ricominciato a decorrere la prescrizione senza che i relativi processi possano essere celebrati;

          secondo gli operatori del diritto di Bari – «ci sono circa 11 mila processi pendenti» di cui solo duemila non necessitano di notifiche e la task force più volte annunciata dal Ministero della giustizia per affiancare il personale amministrativo non è mai arrivata –:

          quando si procederà alla stipula del contratto di locazione per l'immobile ex Telecom ed in che modi, tempi e costi si farà fronte all'adeguamento delle strutture, all'accorpamento delle sedi con il doppio trasferimento presso via Dioguardi ed alla nomina della task force per le notificazioni e la celere ripresa dei processi pendenti.
(5-00682)


      VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          con decreto del 18 novembre 2016 è stato indetto un concorso per la selezione di ottocento assistenti giudiziari, area funzionale II, fascia economica F2 nei ruoli del personale del Ministero della giustizia;

          all'esito delle prove selettive la graduatoria pubblicata comprendeva complessivi 4915 idonei, dei quali: 1400 hanno preso servizio presso il Ministero all'esito della procedura selettiva, mentre ulteriori 1420 unità sono state assunte con decreto del Ministro pro-tempore Orlando del 1° febbraio 2018;

          oggi vi è una sperequazione sulla sede di lavoro tra i primi assunti, che si ritrovano a lavorare lontanissimo da casa, ed i successivi assunti che hanno potuto scegliere sedi vicine. Tale situazione andrebbe risolta con un interpello per la mobilità;

          ad oggi residuano circa 1835 soggetti idonei in graduatoria, molti dei quali in possesso di laurea in discipline di area giuridico-economica e già abilitati all'esercizio della professione forense;

          prima del concorso del novembre 2016 in Italia il turn-over di questa specifica area di dipendenti pubblici era bloccato da anni, con conseguenti carenze di organico in tutti gli uffici giudiziari;

          il profilo di assistente giudiziario risulta essenziale per il corretto funzionamento degli uffici giudiziari e per l'assistenza ai magistrati sia nei tribunali che negli uffici della procura della Repubblica;

          la graduatoria stilata all'esito del concorso, come da norme vigenti, avrà validità di tre anni dalla pubblicazione. Nel corso del triennio si avrà un ingente numero di pensionamenti con ulteriori carenze di organico negli uffici giudiziari che potrebbe comportare, allo scadere del triennio – come già avvenuto nel dicembre 2017 con un emendamento alla legge di bilancio 2018 per prorogare al 31 dicembre 2018 la validità di tutte le graduatorie della pubblica amministrazione in scadenza – la necessità di una ulteriore proroga della graduatoria;

          il concorso in questione dopo anni di blocco del turn-over consentirà finalmente quel ricambio generazionale sostanzialmente negato a un'intera generazione che ha avuto poche possibilità di accedere alla pubblica amministrazione, e comporterà evidenti benefìci in termini di buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione –:

          se intenda adottare iniziative per consentire lo scorrimento dell'intera graduatoria, permettendo non solo al dipartimento organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi ma a tutti i dipartimenti del Ministero della giustizia di farvi ricorso per colmare gli attuali vuoti in organico che si registrano anche nel dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e nel dipartimento per la giustizia minorile e di comunità.
(5-00683)


      CONTE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il 18 novembre 2016 è stato indetto un concorso per il profilo di 800 assistenti giudiziari che si è svolto tra maggio e ottobre del 2017; in data 28 dicembre 2017 è stata disposta l'assunzione di ulteriori 600 unità in aggiunta agli 800 posti messi a concorso, mediante scorrimento della graduatoria;

          rispondendo nell'Aula di Montecitorio a un question time dell'interrogante, nel luglio 2018, il Ministro interrogato dava garanzie di imminente immissione in ruolo, così come deciso dal precedente Ministro della giustizia, di ulteriori 420 unità mediante scorrimento graduatoria degli idonei;

          sui 4.915 idonei al concorso per assistenti giudiziari, sono state finora reclutate poco più di 3 mila persone; restano a disposizione 1.860 idonei (dato comprensivo delle rinunce) che confidano nello scorrimento della graduatoria, in linea con quanto già avvenuto negli scorsi mesi;

          nel mese di giugno 2010, nascono, nel Lazio e a seguire in tutta Italia, con protocolli di intesa tra regioni e tribunali, progetti formativi per lavoratori in ammortizzatori sociali e disoccupati;

          per non disperdere le professionalità acquisite con tali percorsi è stato istituito nel 2014, l'ufficio per il processo (articolo 50 del decreto-legge n. 90 del 2014), inserendo tali lavoratori a pieno titolo nell'organizzazione;

          con decreto del 20 ottobre 2015, il Ministero della giustizia ha bandito una selezione per strutturare l'ufficio per il processo, riservandolo a soli 1502 tirocinanti;

          molti dei tirocinanti impegnati precedentemente sono rimasti esclusi dall'ufficio del processo; la situazione più drammatica, in Calabria, dove su 670 tirocinanti circa 550 sono stati esclusi dall'ufficio del processo per pochi posti assegnati alla Calabria nella ripartizione;

          il decreto-legge n. 69 del 2013 ha istituito, con l'articolo 73, una ulteriore figura del «tirocinante» presso gli uffici giudiziari: i migliori laureati in giurisprudenza hanno potuto svolgere un tirocinio di 18 mesi nei tribunali; a partire dal 2015, si è cominciato a fornire a questi tirocinanti una borsa di studio del valore di 400 euro mensili;

          da molti anni ormai gli uffici giudiziari sono sensibilmente ridotti nel proprio organico e l'endemica carenza di personale si ripercuote su molti servizi, rendendo indispensabile il ricorso a varie figure, alimentando il precariato –:

          come intenda attivarsi rispetto al tema dello scorrimento della graduatoria del concorso per assistente giudiziario e rispetto a quello più complessivo dei lavoratori precari della giustizia che, da diversi anni, tengono in piedi l'organizzazione e nutrono preoccupazione per il loro futuro.
(5-00684)


      VITIELLO e EMANUELA ROSSINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il 18 settembre 2018 una donna tedesca di origine georgiana, detenuta a Rebibbia dalla fine di agosto per spaccio di stupefacenti, ha gettato i suoi figli di 4 mesi e 2 anni dalle scale, uccidendoli;

          secondo il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), al 31 agosto 2018, sono 52 le madri detenute nelle carceri italiane e 62 bambini vivono con loro in carcere: di queste 27 sono italiane con 33 bambini e 25 straniere con 29 figli;

          l'articolo 11 della legge n. 354 del 1975 prevede che alle madri sia consentito di tenere con sé i figli fino ai tre anni e contempla, inoltre, la possibilità di inserire medici specialisti nelle carceri per tutelare la salute psico-fisica dei bambini e delle madri e di istituire appositi asili-nido presso le strutture penitenziarie;

          successivamente vi sono state diverse novelle normative volte a introdurre misure di detenzione alternative per le madri detenute; la legge n. 62 del 2011, in particolare, ha disposto la creazione di istituti a custodia attenuata, dedicati alla detenzione delle madri con figli di età non superiore ai 10 anni, senza però prevedere nuovi o maggiori oneri per lo Stato e demandando agli enti locali il funzionamento di tali strutture; così gli istituti a custodia attenuata per detenute madri si sono rivelati una soluzione normativa inadeguata al problema;

          la giurisprudenza si è espressa ripetutamente in materia: la sentenza n. 5500 del 2018 della I sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che «il giudice deve fare una concreta valutazione degli interessi in gioco, bilanciando l'interesse dello Stato all'esecuzione in forma carceraria della sanzione penale con le esigenze familiari della richiedente» e le pronunce della Corte costituzionale, da ultimo la sentenza n. 76 del 2017 ribadisce l'orientamento a evitare la «carcerazione» degli infanti;

          l'ultima riforma (legge n. 103 del 2017), è rimasta in gran parte inattuata dopo l'insediamento dell'attuale Governo, specialmente le misure alternative alla detenzione; all'articolo 1, comma 85, lettera s), della suddetta legge si prevedeva una «revisione delle norme vigenti in materia di misure alternative alla detenzione proprio al fine di assicurare la tutela del rapporto tra detenute e figli minori»;

          il carcere per un bambino costituisce una violenza inaudita, in contraddizioni con la Convezione ONU sui diritti dell'infanzia, con la Carta di Nizza, per cui è considerazione preminente l'interesse superiore del fanciullo in tutte le decisioni dell'autorità pubblica e l'articolo 27 della Costituzione –:

          se intenda adottare rapidamente iniziative al fine di ampliare il numero delle strutture a custodia attenuata prevedendo per esempio misure strutturali, invece che emergenziali, per soluzioni alternative alla detenzione per le madri.
(5-00685)


      ZANETTIN e COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          con ordinanza depositata il 3 ottobre 2018 la Corte di cassazione, respingendo l'istanza di rimessione ha definitivamente stabilito che il processo per il crack della Banca popolare di Vicenza si celebrerà proprio a Vicenza;

          da tempo, l'interrogante, anche in diversa sede istituzionale, ha segnalato la necessità che il tribunale di Vicenza, ufficio giudiziario di medie dimensioni, in vista di un maxi processo, che vede come parte lesa migliaia di risparmiatori, possa usufruire di dotazioni informatiche logistiche e di personale aggiuntive;

          per quanto consta all'interrogante, il Ministero della giustizia non ha finora provveduto a fornire al tribunale interessato le dotazioni richieste;

          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per garantire, in caso di rinvio a giudizio degli indagati, le dotazioni necessarie a una celere ed efficiente celebrazione presso il tribunale di Vicenza del maxi processo relativo al «crack» della locale Banca popolare.
(5-00686)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          è necessario adottare urgenti iniziative a tutela dei tirocinanti degli uffici giudiziari che svolgono attività di supporto al personale amministrativo delle cancellerie, come previsto all'articolo 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;

          si tratta di circa 850 risorse che operano in detti uffici dal 2010, di cui una parte impegnata nell'ufficio del processo, che il 31 dicembre 2018 vedranno scadere l'ennesimo progetto formativo, che dal 2013 li vede impegnati nelle mansioni di ausiliario e operatore giudiziario, direttamente con il Ministero della giustizia, a fronte di un mero rimborso spese mensile di 400 euro;

          queste risorse hanno fornito un prezioso sostegno alle cancellerie, pertanto, è opportuno adottare ogni utile iniziativa per non disperdere tali professionalità, divenute necessarie per il buon funzionamento degli uffici giudiziari;

          è doveroso avviare un percorso che preveda la contrattualizzazione di questi tirocinanti come operatori giudiziari, altrimenti non avrebbe avuto alcun senso l'avere investito nella formazione di questo personale. Al riguardo, si evidenzia il grave comportamento dell'amministrazione pubblica che non dovrebbe lasciare nell'incertezza chi svolge tali tirocini e acquisisce le relative competenze, poiché gli sbocchi conclusivi di questi percorsi dovrebbero essere già definiti e chiari per le risorse, al fine di escludere situazioni di emergenza come quella in cui gli interessati attualmente si trovano;

          a quanto è dato sapere all'interrogante il Ministro interrogato è al corrente della situazione che stanno vivendo questi tirocinanti e ha più volte espresso la volontà di provvedere per non disperdere le competenze acquisite da detto personale; tuttavia, ad oggi, a quanto consta all'interrogante non è stato adottato alcun provvedimento idoneo a tal fine –:

          se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato affinché i tirocinanti in questione siano tutelati, avviando un concreto percorso che riconosca agli stessi la contrattualizzazione del rapporto come operatore giudiziario, ciò anche per assicurare il buon funzionamento degli uffici in cui da anni operano proficuamente.
(5-00678)

Interrogazione a risposta scritta:


      LO MONTE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          la mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali è un istituto, opportunamente introdotto nell'ordinamento giuridico, per prevenire e accelerare la definizione di vertenze giudiziarie civili in alcune tipologie che hanno ancora in Italia tempi troppo lunghi e non più accettabili;

          i mediatori, pur nella loro discrezionalità, debbono garantire rapidità ed efficienza nello svolgimento delle procedure;

          si ha sentore di procedure di mediazione che hanno superato la durata di un anno pervenendo, persino, a un anno e mezzo: tutto questo vanifica le finalità dell'istituto, alimentando sfiducia del cittadino nelle istituzioni e nel loro funzionamento –:

          se il Ministro interrogato non intenda promuovere, con sollecitudine, un monitoraggio, in ambito nazionale, sulla durata media delle procedure di mediazione, verificando altresì se siano stati superati periodi temporali superiori a un anno e adottando le iniziative di competenza affinché i mediatori contengano rigorosamente in termini ragionevoli gli eventuali differimenti delle sedute e, quindi, la durata complessiva dei procedimenti.
(4-01342)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      SERRACCHIANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          il 28 settembre 2017 la regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ha sottoscritto con Anas un protocollo d'intesa per la riqualificazione e la messa in sicurezza della strada statale 52-bis e del passo di Monte Croce Carnico;

          il piano riguarda 32 interventi tra cui l'ampliamento della carreggiata esistente, il risanamento di ponti e viadotti, la sistemazione di incroci a raso con la viabilità locale e alcune soluzioni per migliorare il superamento dei centri abitati o di punti critici, anche con ipotesi di varianti locali oltre alla messa in sicurezza delle pareti rocciose;

          l'investimento complessivo ammonta a oltre 63 milioni di euro, interamente finanziati dal contratto di programma Anas-Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 2016-2020 per 30 milioni di euro e dal fondo sviluppo e coesione che ha autorizzato una spesa complessiva di 33 milioni di euro;

          le amministrazioni locali sono fortemente preoccupate per l'assenza di notizie, tenuto conto dell'importanza strategica per tutta la comunità montana della messa in sicurezza della strada statale 52-bis –:

          se il finanziamento e gli interventi siano confermati e a che punto si trovino le progettazioni e le realizzazioni stabilite dall'Anas assieme alla regione Friuli Venezia Giulia.
(5-00677)


      PAGANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          da notizie di stampa risulta che nei giorni scorsi la Commissione europea abbia adottato una decisione riguardante presunti aiuti di Stato versati all'autorità portuale di Napoli, oggi autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centrale, quale beneficiaria della stessa, relativi alla ristrutturazione di beni demaniali, per oltre euro 44.000.000;

          in tale decisione si ipotizza, tra l'altro, che le autorità suddette siano considerate imprese – e i relativi trasferimenti di risorse dallo Stato alle stesse vadano notificati come aiuti di Stato – nella misura in cui esse mettono a disposizione di terzi beni demaniali portuali;

          la stessa decisione sviluppa anche censure sia sulle modalità di rilascio delle concessioni demaniali, sia sulla non legittimità della normativa derivata con la quale vengono calcolati i canoni demaniali, attualmente, com'è noto, fissati con decreti ministeriali validi in tutti i porti italiani;

          tale decisione – a parere dell'interrogante – è foriera di gravi incertezze sia sul regime relativo alle concessioni demaniali in essere, sia sugli stessi titoli mediante i quali la sostanziale totalità dei concessionari demaniali nei porti italiani oggi occupa i nostri porti e offre servizi agli utenti portuali, sia sui rapporti tra autorità di sistema portuale, e tra esse e le imprese concessionarie/autorizzate operanti nei porti italiani;

          l'acquiescenza rispetto a tale decisione potrebbe anche pregiudicare qualsiasi prospettica rivalutazione della disciplina portuale in essere, essendo condizionata da un approccio lesivo sia dei principi alla base della normativa vigente nel nostro ordinamento, segnatamente caratterizzato da una natura pubblica dei porti, e dei beni appartenenti al demanio portuale, sia della riserva di sovranità e delle competenze in esclusiva su tali beni, riconosciute a favore della normativa nazionale prevista al riguardo dalle stesse fonti dell'Unione europea;

          non consta che questa decisione sia fondata su solidi precedenti giurisprudenziali adottati dalla Corte di giustizia, unico soggetto competente a interpretare e applicare con efficacia erga omnes il diritto dell'Unione europea –:

          se sia a conoscenza dei fatti esposti;

          se quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere per salvaguardare l'attuale regime vigente nei porti italiani e la natura pubblica degli stessi, garantendo certezza del diritto e continuità di azione per le autorità di sistema portuale e per tutte le imprese e i lavoratori che operano nei nostri porti;

          se non ritenga necessario ricorrere avverso tale decisione, nonché, quanto meno allo stato, interrompere iniziative volte a modificare la legislazione nazionale in materia.
(5-00681)

Interrogazione a risposta scritta:


      NOBILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          il 6 ottobre intorno alle ore 11 il viceprefetto Giorgio De Francesco è stato travolto e ucciso da un bus turistico presso il centro storico di Roma in Via Cavour;

          secondo una ricostruzione della polizia locale il pullman era appena ripartito dopo aver scaricato un gruppo di turisti in albergo. L'autista, un uomo di 58 anni dipendente di una ditta italiana, è stato fermato per essere sottoposto, come da prassi, all'alcol test e all'esame tossicologico. È risultato negativo a tutti i test. La procura ha aperta una inchiesta, come da prassi, per omicidio stradale;

          si tratta della seconda tragedia simile in pochi mesi. Infatti, a luglio 2018 a perdere la vita era stata, su Corso Vittorio Emanuele, la giovanissima Caterina Pangrazi;

          il Codacons, ha chiesto di «indagare sullo stato delle strisce pedonali dove si è verificato l'investimento mortale. Le strisce sull'asfalto romano, infatti, sono spesso scolorite e trascurate al punto da diventare invisibili ad automobilisti e motociclisti»;

          la triste tragedia ha sollevato molteplici polemiche circa la possibilità di accesso al centro storico dei bus turistici. Infatti, il presidente della commissione mobilità del I municipio di Roma da mesi ha manifestato al sindaco Virginia Raggi la necessità di impedire l'accesso, e per motivi di tutela del patrimonio culturale e artistico di Roma, e per motivi di sicurezza ed incolumità;

          gli stessi negozianti e residenti hanno descritto ai cronisti di Repubblica la caotica e pericolosa situazione di Via Cavour: «Era solo questione di tempo, su questa strada corrono tutti». Pullman, auto, taxi, scooter, vetture in doppia fila. «Noi che viviamo qui siamo abituati, ma nessuno fa nulla»;

          invero, ai sensi del nuovo regolamento varato a giugno 2018 dall'amministrazione capitolina la circolazione dei pullman turistici avrebbe dovuto essere fortemente ridotta. Ma nonostante il regolamento fosse pronto dall'estate, il comune ha deciso di fissare l'entrata in vigore per il 1° gennaio 2019. Il sindaco di Roma ha infatti dichiarato che: «Abbiamo deciso, ascoltando i proprietari dei bus turistici, di iniziare a gennaio 2019. Eravamo pronti con il regolamento ma loro avevano già venduto i pacchetti». Invero, ai sensi dell'articolo 1 codice della strada (C.d.S) «La sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato» e ai sensi dell'articolo 3 del medesimo codice «Al fine di ridurre il numero e gli effetti degli incidenti stradali ed in relazione agli obiettivi ed agli indirizzi della Commissione europea, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti definisce il Piano nazionale per la sicurezza stradale» –:

          di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda e se intenda assumere ogni iniziativa di competenza per garantire la sicurezza degli utenti della strada nei grandi centri urbani, con particolare riguardo ai rischi derivanti dalla circolazione dei bus turistici e dei mezzi pesanti.
(4-01343)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      FOTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          nel comunicato del 21 giugno 2018, diffuso dalla direzione centrale della finanza locale, avente ad oggetto «trasferimenti agli enti locali», testualmente si leggeva: «Si porta a conoscenza che è stato disposto il riparto del contributo erariale, anno 2018, per le fusioni dei comuni, secondo criteri e modalità definiti nel decreto del Ministro dell'interno del 27 aprile 2018. Gli importi attribuiti a ciascun ente sono visualizzati dal prospetto allegato. Si fa inoltre presente che la scrivente Direzione, procederà all'ulteriore ripartizione delle risorse pari a euro 5.278.063,07 (Articolo 1 comma 885, della legge di stabilità 27 dicembre 2017 n. 205) solo in seguito all'effettiva assegnazione delle citate risorse sul pertinente capitolo di spesa»;

          risulta che, ad oggi, il Ministero dell'economia e delle finanze non abbia assegnato ulteriori risorse al capitolo di spesa menzionato nel sopra citato comunicato, la qual cosa impedisce l'integrazione dei contributi erariali, giusto il disposto dell'articolo 1, comma 885, della legge di bilancio 27 dicembre 2017, n. 205 –:

          se il Governo intenda adottare iniziative per provvedere all'integrazione delle risorse in questione, atteso che numerosi comuni già avevano iscritto a bilancio gli ipotizzati importi e che, diversamente, dovranno deliberare le relative variazioni al bilancio di previsione, con possibili negativi effetti sugli equilibri del bilancio stesso.
(4-01335)


      SIRACUSANO, MARIA TRIPODI, FASCINA, GREGORIO FONTANA, PEREGO DI CREMNAGO, RIPANI e VITO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          come riportato dai maggiori organi di stampa, al Ministero dell'interno si starebbe lavorando a un piano di riorganizzazione della polizia che prevedrebbe una redistribuzione sul territorio delle forze dell'ordine, in modo da seguire l'andamento delle emergenze criminali delle diverse zone;

          nel piano citato verrebbe confermata la priorità di città (Roma, Milano e Napoli) che dovranno ottenere un contingente di personale superiore a quello attuale, mentre per le altre questure viene fissata una quota limite sotto la quale non si può scendere, ma senza escludere la possibilità che vengano effettuati tagli;

          quanto appena riportato causerebbe dei notevoli disagi nelle zone in cui si registrano già episodi di criminalità e che, in questo modo, resterebbero del tutto prive di un piano sicurezza adeguato per reprimere e combattere tali episodi;

          a ciò si aggiunge che il documento di economia e finanza (Def) per il 2019, ossia la base economica da cui si partirà per elaborare la legge di bilancio per il prossimo anno, ha in parte dimenticato le Forze armate, di polizia e vigili del fuoco;

          il Governo, pur avendo stanziato le risorse per procedere con delle nuove assunzioni già nel 2019, così da incrementare gli organici e alleggerire il carico di lavoro del personale in servizio, ad avviso degli interroganti non ha fatto altrettanto per valorizzare economicamente il lavoro svolto dagli oltre 470 mila operatori del comparto sicurezza e difesa che ogni giorno sono al servizio del Paese per la tutela dell'incolumità dei cittadini e del territorio;

          nel Def 2019, infatti, non sono previste risorse per far partire la nuova stagione contrattuale vista la scadenza ormai prossima del contratto in essere e non solo; a dispetto delle promesse fatte nelle scorse settimane, nel Def non ci sono le risorse per procedere ad un nuovo riordino delle carriere attraverso il quale rivedere le storture provocate dal precedente;

          anche sulle assunzioni emergono evidenti perplessità, poiché, come riportato dai maggiori organi di stampa, sarebbe stata diramata una nota dal Ministero dell'interno nella quale è stabilito che le assunzioni nel comparto sicurezza sono da considerarsi come un obiettivo «da raggiungere»;

          il Ministro interrogato ha annunciato a Bari che nel «decreto sicurezza» ci sarebbero state le assunzioni straordinarie di uomini nelle forze dell'ordine, 2.500 poliziotti e 1.500 vigili del fuoco, quando poi è stato smentito nei fatti, poiché il Ministro dell'economia e delle finanze ha «bollinato» il provvedimento soltanto dopo aver ricevuto la garanzia che non era prevista alcuna spesa aggiuntiva –:

          se il Ministro interrogato non intenda fornire gli opportuni chiarimenti in merito alle dichiarazioni rese note dalla stampa in merito alle assunzioni di personale nel comparto sicurezza;

          se e quali iniziative intenda assumere al fine di scongiurare un ridimensionamento delle forze dell'ordine che stanno prestando servizio nelle città italiane, al fine di assicurare un più efficace controllo del territorio e di garantire una maggiore sicurezza ai cittadini.
(4-01339)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          a Trebisacce (Cosenza) ha sede il Liceo Scientifico «G. Galilei», la cui dirigenza, a decorrere dal 1° settembre 2018 è stata assunta dalla dottoressa Maria Rosaria D'Alfonso;

          nell'anno scolastico precedente, precisamente dal 16 febbraio 2018 al 31 agosto 2018, l'incarico de quo era stato rivestito dalla professoressa Laura Gioia, in qualità di reggerne;

          in data 26 giugno 2018 i genitori degli alunni frequentanti la classe III D (anno scolastico 2017/2018) dell'istituto, con apposto missiva, rappresentavano alla dirigente scolastica pro tempore una situazione di disagio degli studenti legata, pare, ai comportamenti vessatori ed umilianti posti in essere da una docente curriculare, la professoressa Rosanna De Gaudio;

          gli stessi genitori in particolare, evidenziavano che la suddetta professoressa De Gaudio era solita rivolgersi agli alunni con tono umiliante;

          gli stessi genitori denunciavano, come da lettera, inoltre, che, in occasione, delle «prove parallele» la suddetta docente si era rivolta agli studenti così apostrofandoli: «Sputatevi allo specchio e fate in modo che lo sputo vi torni indietro; vi prendo a calci in c...», strappando in faccia agli alunni con rabbia anche il foglio della verifica;

          in virtù di quanto denunciato, e anche in considerazione di pregresse segnalazioni del medesimo tenore, già notificate alla stessa interessata, la dirigente scolastica professoressa Laura Gioia avviava un procedimento disciplinare e, nelle more della definizione del relativo iter con determina del 30 agosto 2018 n. 4083, in via cautelare, sollevava la professoressa De Gaudio dall'insegnamento della classe;

          secondo quanto segnalato dai genitori, pare che la stessa professoressa De Gaudio già in precedenza sarebbe stata oggetto di denunce e procedimenti giudiziari;

          successivamente ai richiamati episodi, la nuova dirigente scolastici professoressa Maria Rosaria D'Alfonso, con propria determina in contrasto con i precedenti provvedimenti e con i deliberati degli organi collegiali, riassegnava la professoressa De Gaudio alla stessa classe, ora IV D, per l'anno scolastico 2018/2019;

          in conseguenza di tale provvedimento, circa 15 alunni, in ragione dell'oggettiva impossibilità di proseguire il percorso di studi senza ulteriori pregiudizi per il proprio diritto a un clima scolastico positivo e idoneo a favorirne il pieno sviluppo e la crescita, chiedevano il trasferimento ad altri istituti;

          contestualmente, lo stesso sindaco avrebbe chiesto alla dirigente scolastica un incontro al fine di discutere possibili soluzioni, incontro per il quale però la dirigente scolastica, ad oggi, a quanto consta all'interrogante avrebbe sempre negato disponibilità;

          lo stesso sindaco, a questo punto, segnalava la vicenda al Garante per l'infanzia e l'adolescenza della regione Calabria, all'ufficio scolastico provinciale e regionale e allo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca al fine di trovare una soluzione;

          medesima richiesta veniva avanzata dai genitori con nota del 28 settembre 2018 –:

          se i fatti di cui in premessa siano a conoscenza del Ministro interrogato;

          se siano state assunte tutte le iniziative previste dalla legge, ivi compresa una ispezione nella istituzione scolastica in questione al fine di accertare se quanto denunciato dai genitori e dal sindaco corrisponda al vero;

          se i fatti denunciati dovessero risultare veri, quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per risolvere la vicenda.
(5-00680)


      MELICCHIO, CASA, LATTANZIO e MARZANA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          l'Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) è un importante ente di ricerca che negli anni recenti è stato sottoposto a pesanti limitazioni assunzionali ed economiche dovute alle misure di «spending review» imposte dai precedenti Governi e, come evidenziato nella delibera del consiglio di amministrazione del 21 dicembre 2017, attualmente impiega 400 precari storici di cui 144 contratti a tempo determinato con i requisiti della stabilizzazione di cui all'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 75 del 2017, circa 200 precari con assegno di ricerca con i requisiti del comma 2 del suddetto articolo 20, oltre ad almeno 130 precari storici senza i requisiti delle norme di stabilizzazione ma nella delibera in questione con caratteristiche di precariato simile agli stabilizzandi;

          con delibera del 30 gennaio 2018, l'ente ha escluso, secondo dati sindacali, circa 70 stabilizzandi in possesso dei requisiti di cui al citato comma 1 ai sensi delle circolari del Dipartimento della funzione pubblica 3/2017 e 1/2018, includendoli invece nel comma 2;

          nella delibera n. 33/2018, il consiglio di amministrazione identificava 1,6 milioni di euro di finanziamento continuo e stabile negli accordi ASI e un piano assunzionale di 280 unità nel triennio anche attraverso l'utilizzo dei 4,6 milioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 aprile 2018 destinati totalmente alla stabilizzazione e 2,3 milioni di cofinanziamento (il minimo consentito), quantificando in 6,9 milioni di euro i fondi diretti alla stabilizzazione (per un totale di circa 132 assunzioni di ricercatori/tecnologi);

          nella delibera del consiglio di amministrazione n. 60/2018, si determinava il piano assunzionale 2018 con una spesa totale di 10 milioni di euro per 192 assunzioni di cui solo circa 6,3 milioni di euro destinati alle stabilizzazioni (con 600 mila euro destinati obbligatoriamente ai commi 1 e 2, invece dedicati a concorsi pubblici nazionali). Nella stessa delibera a pagina 27, l'ente pur in presenza di un preciso parere dell'Avvocatura di Stato sull'interpretazione del comma 1, con cui l'Avvocatura stabilisce che destinatari della norma possono essere anche coloro che hanno svolto periodi di attività con assegno di ricerca, lo ignorava ed emanava un bando che risulta essere oggetto di ricorsi perché include in una medesima selezione i soggetti sia afferenti al comma 1, che al comma 2;

          l'Inaf, grazie anche al decreto n. 568 del 2018 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che destina all'ente ulteriori 5,3 milioni e alle norme nella legge di bilancio 2018, ha un totale di 12,2 milioni di euro da destinare alle stabilizzazioni corrispondenti a circa 234 assunzioni nel 2018 –:

          se il Ministro interrogato abbia intenzione di intervenire, esercitando il potere regolatorio e di vigilanza previsto dalla legge, per pervenire a un cambiamento nel piano assunzionale approvato con la delibera n. 60 del luglio 2018, predisponendo misure assunzionali corrispondenti alle reali capacità dell'ente;

          come si concili con la legge vigente la delibera del 21 dicembre 2017 e quindi se sia corretta l'applicazione del comma 1 dell'articolo 20, ivi contenuta, anche in considerazione del parere del Dipartimento della funzione pubblica;

          se il Ministro interrogato, alla luce di quanto riportato in premessa, non intenda avviare un'attività ispettiva volta ad accertare espletamenti il corretto espletamento delle procedure per l'emanazione dei bandi di concorso.
(5-00693)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


      ROSTAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          la società Pellegrino spa gestisce il servizio di ristorazione e mensa presso lo stabilimento Fca (ex Fiat Auto) di Pomigliano D'Arco, provincia di Napoli;

          presso la struttura aziendale napoletano sono impiegate 49 persone, con vari livelli contrattuali e diverse tipologie di monte ore;

          15 di questi lavoratori sono a 8 ore, 34 sono in regime di part time;

          per tutti i 49 lavoratori vige da quasi 36 mesi un regime di contratto di solidarietà, che ha decurtato ulteriormente i già esigui salari;

          l'ammortizzatore sociale ha come scadenza il mese di novembre 2018;

          tra i lavoratori c'è grande preoccupazione per la tenuta occupazionale dell'azienda, per la paventata attivazione di ridimensionamenti del personale e per il rischio che non si riesca ad attivare nei tempi una deroga che consenta di proseguire con lo strumento del contratto di solidarietà, oltre la scadenza di novembre;

          il distretto industriale di Pomigliano d'Arco, in provincia di Napoli, vive una crisi profonda, con ricadute sociali molto forti –:

          se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga di adottare iniziative, nell'ambito delle sue competenze, per garantire ai lavoratori la proroga in deroga dei contratti di solidarietà di cui in premessa o l'apertura di un tavolo con le parti sociali e l'azienda al fine di scongiurare tagli occupazionali.
(4-01337)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


      BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          nel mese di agosti 2018 la stampa di settore ha dato notizia dello stato avanzato dei lavori inerenti al decreto ministeriale sulla «Determinazione degli standard di sicurezza ed impiego per le apparecchiature a risonanza magnetica», pubblicando anche una bozza di testo;

          il decreto ministeriale scaturisce dalla necessità di aggiornare e ordinare il quadro normativo con il quale a oggi sono stati codificati gli standard di sicurezza vigenti in risonanza magnetica;

          il decreto ministeriale è volto a specificare il contenuto del regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2017 relativo ai dispositivi medici con modifica della direttiva 2001/83, dei regolamenti (CEE) 178/2002 e 123/2009 e abrogazione delle direttive 90/385 e 93/42 del Consiglio;

          nella bozza appare evidente uno scostamento significativo dalla normativa europea che prevede il coinvolgimento di tutti gli attori sanitari esposti, ovvero sia il medico specialista che il tecnico sanitario di radiologia medica (Tsrm), entrambi preposti ad assicurare, in forza e nell'ambito delle rispettive competenze, un controllo di garanzia e qualità e ogni aspetto che riguardi la sicurezza degli operatori e del paziente, senza che le professioni coinvolte possano esimersi dalle correlate responsabilità;

          la bozza di decreto ministeriale intende far ricadere le responsabilità del sistema solo su alcune professioni, generando un vuoto formale di responsabilità, in netto contrasto con la realtà di fatto vissuta all'interno dei siti di radiologia medica;

          il mancato coinvolgimento di tutti i soggetti operativi negli ambienti di radiologia medica ne determinerebbe l'inaccettabile esenzione di responsabilità, malgrado siano concretamente chiamati a garanzia della sicurezza del paziente, di fatto paralizzando l'operatività dell'attuale servizio sanitario nazionale e impedendo ai Tsrm di continuare a operare, se non a rischio di gravi conseguenze giuridiche inerenti alla responsabilità professionale;

          laddove questi comportamenti determinassero un danno al paziente, assumerebbero diretta rilevanza giuridica sotto il profilo civile, amministrativo e penale;

          il Tsrm è il professionista formato, qualificato e, pertanto, abilitato dallo Stato a svolgere tutti gli interventi che richiedono l'uso delle apparecchiature di risonanza magnetica, in particolare quale garante del principio di ottimizzazione, all'interno del sito di radiologia medica, delle zone controllate, di preparazione e di emergenza, nonché durante la conduzione tecnica dell'indagine;

          la bozza di decreto ministeriale sottrarrà circa 1500-2000 medici radiologi dalla refertazione per destinarli alla compilazione dei questionari preliminari agli esami –:

          per quale motivo i dirigenti ministeriali coinvolti non abbiano ritenuto opportuno interpellare la Federazione nazionale degli Ordini dei Tsrm e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione, ovvero coloro che da sempre operano concretamente e con continuità all'interno dei siti di risonanza magnetica, mai citati nel testo, quasi a volerne negare l'esistenza e le responsabilità che gli competono, per specifica formazione e abilitazione, nell'interesse e a garanzia della sicurezza della persona assistita;

          quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare per modificare l'articolato della bozza di decreto ministeriale al fine di garantire gli obiettivi di sicurezza e qualità delle procedure nel rispetto delle competenze del Tsrm di cui alla legge n. 42 del 1999, e la pari dignità di tutti gli esercenti le professioni sanitarie coinvolti nei siti di radiologia medica.
(4-01336)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


      ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          da più di un mese nel comune di Mara, in provincia di Sassari, sussistono seri problemi sulla linea della telefonia fissa, con conseguente interruzione del collegamento Adsl;

          gravi disservizi si registrano parimenti nella telefonia mobile, dove il segnale è ormai da tempo assai debole, se non inesistente, con la conseguente impossibilità in alcuni casi di utilizzare i telefoni cellulari;

          i predetti problemi della telefonia mobile sarebbero causati — secondo i sindaci di Mara e Padria (che soffre degli stessi disservizi) — dall'operatore Vodafone, secondo il quale dipende da non ancora identificate interferenze con i ripetitori, che impediscono la piena fruizione della tipologia di servizio radiocellulare;

          il sostanziale isolamento telefonico del piccolo paese sardo impedisce al municipio e all'ufficio postale, nonché a tutti gli altri enti, di erogare qualunque tipo di servizio alla cittadinanza; in particolare, nell'ufficio postale — nell'ultimo mese — non è stato possibile effettuare alcuna operazione;

          il sindaco di Mara (Sassari) si è mobilitato per risolvere il problema, tuttavia senza alcun risultato, e pertanto ha chiesto un intervento al prefetto –:

          se il Governo non ritenga opportuno adoperarsi con sollecitudine per porre fine all'isolamento telefonico del comune di Mara (Sassari) e di tutte le aree limitrofe e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere al riguardo.
(4-01338)


      FOTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          con l'entrata in vigore del regolamento dell'Ivass n. 40/2018, alcune imprese di assicurazione stanno impartendo alle agenzie istruzioni relative all'attività di «acquisizione dal contraente delle informazioni utili e pertinenti in relazione alla tipologia del contratto offerto», invocando al riguardo l'articolo 58 del regolamento in questione. L'acquisizione di dette informazioni da parte dell'agente sarebbe finalizzata alla valutazione della coerenza della copertura assicurativa alle richieste ed esigenze manifestate dal contraente. Si tratta di un'attività sostanzialmente corrispondente a quella che nel Regolamento n. 5/2006 era finalizzata all'osservanza degli obblighi relativi alla «adeguatezza dei contratti offerti», tant'è che il detto concetto di adeguatezza è tuttora previsto tra gli obblighi a carico dell'agente (articolo 119/ter del codice delle assicurazioni);

          si evidenzia che il ruolo di consulenza del distributore è valorizzato dalla direttiva europea sulla distribuzione assicurativa e la stessa Ivass ha precisato, nel documento di risposta alla pubblica consultazione, che l'impresa ha una funzione «di supporto a un'attività in cui il distributore assume un ruolo fondamentale e di cui è pienamente responsabile»;

          vi sono casi in cui le istruzioni impartite dalle compagnie sono orientate alla raccolta di informazioni che esulano da quelle strettamente «utili e pertinenti in relazione alla tipologia di contratto offerto » (articolo 58 del codice delle assicurazioni). È il caso di alcuni formulari relativi alle polizze auto in cui sono richieste informazioni sulle proprietà immobiliari, sull'esistenza di mutui, sul reddito familiare, sull'attitudine ad effettuare acquisto di beni e servizi online, sul possesso di tablet e di smartphone e su altre materie estranee all'oggetto della copertura assicurativa. In taluni casi l'acquisizione di dette informazioni è addirittura vincolante per l'emissione della polizza;

          è evidente la strumentale interpretazione che si fa della norma allo scopo di acquisire informazioni utili alla segmentazione dei clienti a fini di marketing. Per contro, è necessario che ciascun distributore valuti con attenzione la rispondenza dei formulari al richiamato principio della utilità e pertinenza delle informazioni da richiedere al cliente. Del resto proprio Ivass sostiene che: «il distributore valuterà caso per caso quali informazioni richiedere, in quanto pertinenti rispetto al tipo di rischio assicurato e alle caratteristiche del contraente» (riferimento: esiti pubblica consultazione — risposte Ivass — articolo 58 - regolamento n. 40/2018) –:

          se e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per quanto di competenza, affinché sia chiarito che il ruolo di supporto delle imprese assicuratrici all'attività professionale di consulenza del cliente svolta dall'agente si limiti a fornire indicazioni agli intermediari, senza che quest'ultime risultino vincolanti per gli intermediari stessi.
(4-01340)


      LEGNAIOLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          l'azienda Nora-Spirale è un'azienda del gruppo Spirale, specializzata nella produzione di calzature e stivali iniettati in materiali termoplastici, Pvc, gomme termoplastiche e nitriliche sia per il tempo libero (stivali da pioggia e doposci), sia per l'uso professionale legato alla sicurezza sugli ambienti di lavoro;

          nei giorni scorsi, come si apprende da fonti giornalistiche, durante un incontro convocato nella sede della Confindustria di Lucca tra sindacati dei lavoratori e vertici aziendali, è stata annunciata la volontà di chiudere lo stabilimento di Pescaglia posto in località Monsagrati, dove operano ben 42 lavoratori;

          la scelta dell'azienda, stando alle dichiarazioni di alcuni rappresentanti sindacali, non sembra essere dettata da problemi relativi al mercato, bensì conseguente alla decisione di potenziare lo stabilimento centrale, a Cinte Tesino in provincia di Trento, dove l'azienda ha la sede centrale –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esporti e se non ritenga opportuno convocare azienda e rappresentanze dei lavoratori ad un tavolo di confronto nazionale, anche con la partecipazione di parlamentari del territorio interessati alla vicenda, per conoscere le motivazioni che hanno indotto l'azienda a compiere una scelta tanto penalizzante per il territorio toscano quanto traumatica per i lavoratori coinvolti e le reali intenzioni dei vertici aziendali;

          quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere a tutela dei 42 posti di lavoro a rischio.
(4-01344)

Apposizione di firme ad una interpellanza.

      L'interpellanza urgente De Lorenzo e altri n. 2-00138, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 ottobre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Scagliusi, Serritella, Spessotto, Termini.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Carnevali n. 5-00044, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 giugno 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Filippo.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Pagani n. 5-00096, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piccoli Nardelli.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Zanettin n. 3-00217 del 5 ottobre 2018.