XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 98 di lunedì 10 dicembre 2018

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 15,05.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

MIRELLA LIUZZI, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 7 dicembre 2018.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Benvenuto, Bianchi, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Carfagna, Castelli, Castiello, Cirielli, Colucci, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Federico, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Formentini, Fraccaro, Frusone, Galli, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Iovino, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lotti, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Orsini, Pastorino, Picchi, Quartapelle Procopio, Rixi, Rizzo, Ruocco, Scerra, Carlo Sibilia, Sisto, Sodano, Spadafora, Spadoni, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Raffale Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione delle mozioni Molinari, D'Uva ed altri n. 1-00083 e Gadda ed altri n. 1-00087 concernenti iniziative volte alla tutela dei prodotti agroalimentari italiani propri della dieta mediterranea, con particolare riferimento ad una proposta di risoluzione in discussione presso l'Assemblea generale dell'ONU in materia di nutrizione e salute (ore 15,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Molinari, D'Uva ed altri n. 1-00083 e Gadda ed altri n. 1-00087 concernenti iniziative volte alla tutela dei prodotti agroalimentari italiani propri della dieta mediterranea, con particolare riferimento ad una proposta di risoluzione in discussione presso l'Assemblea generale dell'ONU in materia di nutrizione e salute.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto che sono state presentate le mozioni Luca De Carlo ed altri n. 1-00091 e Paolo Russo ed altri n. 1-00092 (Vedi l'allegato A), che vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

CARLO FATUZZO (FI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su cosa intende intervenire?

CARLO FATUZZO (FI). Presidente, mi cimento in un intervento sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO FATUZZO (FI). Presidente, io ho letto, nella Costituzione, che noi parlamentari svolgiamo la nostra attività senza vincolo di mandato. Ho letto, poi, nel Regolamento che noi parlamentari ci riuniamo in gruppi e che è lecito passare da un gruppo all'altro.

PRESIDENTE. Però, questa non è materia per l'ordine dei lavori. Chiedo scusa, onorevole Fatuzzo.

CARLO FATUZZO (FI). E se mi dice di cosa è materia, perché io credo che riguardi noi parlamentari e la nostra funzione.

PRESIDENTE. Onorevole Fatuzzo, con l'intervento sull'ordine dei lavori, apprezzate determinate circostanze che lei magari rileva, si dovrebbe dire che secondo il suo avviso sarebbe opportuno cominciare a discutere una materia piuttosto che un'altra, da cui, appunto, “ordine dei lavori”. Quindi, non è pertinente il suo richiamo all'ordine dei lavori. Le chiedo scusa se le ho tolto la parola, ma dobbiamo andare avanti. Lei dovrà verificare, attraverso il Regolamento se lo ritiene, quale strumento possa essere più congeniale per porre all'attenzione dell'Aula le sue considerazioni.

È iscritto a parlare il deputato Lorenzo Viviani, che illustrerà la mozione Molinari, D'Uva ed altri n. 1-00083, di cui è cofirmatario.

LORENZO VIVIANI (LEGA). Grazie, Presidente. Governo e onorevoli colleghi, a luglio 2018 l'Organizzazione mondiale della sanità e l'organizzazione delle Nazioni Unite, al fine di ridurre di un terzo, entro il 2030, i casi di morte per diabete, cancro e malattie cardiovascolari, avevano dichiarato che nelle diete era necessario ridurre i grassi saturi, il sale, gli zuccheri e l'alcol, il cui consumo oltre misura può portare effetti dannosi per la salute. L'obiettivo naturalmente è auspicabile e condivisibile, sebbene fin da subito abbia fatto discutere il metodo con il quale è stato proposto di raggiungerlo, cioè disincentivando l'uso dei suddetti prodotti tramite l'adozione, da un lato, di una tassazione simile a quella sull'alcol, sul tabacco e sulle altre sostanze nocive e, dall'altro, di avvisi di pericolo sulle etichette degli alimenti.

Dopo un lungo negoziato, il 27 settembre di quest'anno i Capi di Stato e di Governo dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite hanno approvato una dichiarazione politica molto equilibrata, di ampio respiro e senza toni prescrittivi, un risultato in linea con gli interessi italiani di tutela della salute e dell'eccellenza del made in Italy nel settore agroalimentare. Ciò nonostante, il 12 novembre, sempre di quest'anno, sette Paesi, guidati da Brasile e Francia, hanno presentato, alla II Commissione dall'Assemblea generale dell'ONU, una risoluzione contenente sostanzialmente le misure punitive già proposte nella bozza preliminare. Se approvate, esse danneggerebbero pesantemente il made in Italy agroalimentare, le nostre tradizioni gastronomiche, il nostro export, la nostra agricoltura e la reputazione dei prodotti tipici italiani. Qualora il nuovo testo presentato fosse approvato andrebbe a vanificare l'intento della dichiarazione del 27 settembre e tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite sarebbero sollecitati ad applicare tasse ed etichette dissuasive all'acquisto e restrizione alla pubblicità e al marketing su gran parte dei prodotti alimentari tipici del made in Italy, i quali verrebbero classificati come nocivi per la salute.

Dunque, ci troviamo di fronte a una forzatura internazionale. Infatti, è schizofrenico ridiscutere un principio che era stato approvato e chiarito ai massimi livelli dai Capi di Stato e di Governo all'ONU. Inoltre, un organismo politico come l'ONU non può approvare indicazioni prescrittive come quelle indicate nel documento del 12 novembre, il quale usa esplicitamente la seguente locuzione: “È urgente che gli Stati membri approvino (…)”, locuzione lesiva dalla sovranità nazionale di ciascun Stato.

Dunque, oggi quest'Aula è chiamata a discutere di un vero e proprio attacco da parte di alcune nazioni alla cultura, al modo di essere, ai valori tradizionali e storici dell'Italia. Si tratta di un attacco che coinvolge tutti noi e colpisce la nostra agricoltura, le nostre tradizioni culinarie, le nostre tradizioni nella lavorazione degli alimenti. Colpisce una cultura che gli altri Paesi a ragione ci invidiano e che molti temono, perché sono consapevoli della competitività che abbiamo nell'export. Basti pensare, infatti, quanto i nostri prodotti vengano sofisticati nella denominazione e nell'aspetto estetico delle confezioni e a prodotti come il parmesan e la mozzarella, che ingannano il consumatore e che non si avvicinano neanche lontanamente alla qualità delle nostre materie prime e alla lavorazione secondaria delle nostre manifattura (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Proprio la scorsa settimana, ricevendo una delegazione cinese, mi ha colpito quanto gli stessi siano alla ricerca - soprattutto i giovani - del vero made in Italy, sinonimo anche, a detta loro, di sicurezza alimentare e cibo sano.

Ecco, penso che noi rappresentanti delle istituzioni italiane saremo capaci di parlare per ore del nostro livello di eccellenza nelle materie prime, nella lavorazione dei prodotti e nei controlli che avvengono sugli stessi dalle autorità preposta. Ma non dobbiamo convincerci tra di noi e, piuttosto, dobbiamo dare un chiaro segnale di forza, in maniera a mio avviso unitaria, affinché l'Italia faccia sentire la sua voce in sede internazionale contro questo aberrante controsenso (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Infatti, quella espressa in sede ONU è una stupida ed avulsa convinzione, figlia di una mentalità che toglie la nostra eccellenza dal contesto più ampio e completo della dieta mediterranea, la quale ci è, essa stessa, invidiata dal resto del mondo ed è stata dichiarata patrimonio immateriale dell'umanità perché considerata un modello sano ed equilibrato, fondato prevalentemente su cibi di origine vegetale e sul consumo bilanciato e diversificato.

In un'Italia che viene completamente invasa dal cibo spazzatura, da cattive abitudini alimentari e dal fast food, che stanno causando un aumento consistente di obesità giovanile nel nostro Paese, la nostra dieta mediterranea e i prodotti dell'agroalimentare che lo accompagnano dovrebbero essere considerati come un punto fermo a cui aggrapparci e un modello da suggerire, incentivare ed esportare all'estero. Ricordiamoci che l'Italia, nel 2017, è stata considerata il Paese più sano del mondo, il secondo più longevo e il terzo con meno individui obesi dell'intera area OCSE. Per questo la risoluzione ONU dello scorso novembre, spinta da un asse tra Brasile e Francia, ci sembra profondamente sbagliata dal punto di vista concettuale oltreché svantaggiosa economicamente per il nostro Paese. Infatti, la filiera, tra trasformazione, distribuzione al dettaglio e ristorazione, ha un valore di 130 miliardi all'anno, costituisce il 9 per cento del prodotto interno lordo nazionale, occupa più di 3 milioni di lavoratori e coinvolge più di un milione di imprese, pari al 25 per cento delle aziende del nostro Paese.

Lo scorso anno il nostro export riferito all'agroalimentare ha superato la cifra dei 40 miliardi, trainato dalle categorie merceologiche che verrebbero colpite dai provvedimenti proposti, come vino, formaggi e salumi. L'applicazione a livello globale dei provvedimenti proposti dall'asse franco-brasiliano condurrebbe a una forte contrazione delle vendite dei prodotti agroalimentari italiani all'estero, con la conseguente riduzione della bilancia commerciale, e metterebbe a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro. Di fronte a questi numeri non possiamo rimanere indifferenti. Abbiamo già avuto l'esempio delle etichette a semaforo, che hanno avuto degli effetti proprio sui prodotti del made in Italy, i quali hanno subito una forte contrazione delle vendite.

La paura che si vogliano favorire i cibi sintetici prodotti da grandi colossi industriali è, purtroppo, veramente molto ma molto forte. Seguendo questo tipo di mentalità, si rischierebbe di giudicare salutare una bibita gassata light e rischiosi per la salute prodotti di qualità artigianale e senza conservanti solo perché per la loro stagionatura e conservazione è stato utilizzato il sale. Molte volte proprio la ricerca di alimenti con bassi tenori di sali, zuccheri e grassi ha portato alla produzione di alimenti strapieni di sostanze derivanti dalla sintesi chimica industriale a scapito della componente naturale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Onorevoli colleghi, dopo che tutte le forze politiche al Senato hanno ribadito la loro disapprovazione, è giusto che lo stesso forte messaggio esca da questo ramo del Parlamento. Il presente atto di indirizzo, su cui l'attenzione di quest'Aula è chiamata a votare e che mi accingo a concludere di illustrare, impegna il Governo a confermare la massima determinazione nella difesa del settore agroalimentare italiano in tutte le sedi politiche e diplomatiche internazionali, in particolare all'ONU e nell'ambito dell'Unione europea; a porre in essere e a continuare a svolgere l'azione diplomatica sul piano internazionale volta al ritiro o ad una rilevante modifica della risoluzione presentata all'Assemblea dell'ONU, al fine di scongiurare le inique conseguenze che l'approvazione di tale documento avrebbe per il settore agroalimentare italiano, in particolare per le esportazioni italiane; a sollecitare chiarimenti su quali siano state le finalità che hanno portato la Francia e i sette Paesi proponenti a promuovere questa iniziativa in collaborazione con i Paesi extra UE senza un preventivo accordo con gli Stati membri europei (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Francia, ricordiamo, che insieme all'Italia presenta il maggior numero di DOP e IGP, le quali verrebbero pesantemente - dico pesantemente - penalizzate da queste risoluzioni.

Concludendo, cari colleghi, vi invito di nuovo ad essere tutti uniti nella difesa delle nostre produzioni agroalimentari, perché, oltre a dover fare l'interesse delle aziende e del nostro popolo, siamo chiamati a una battaglia contro chi vuole infangare uno dei gioielli del nostro Paese.

L'Italia è una nazione famosa per la sua storia e i suoi beni culturali; ci riempiamo di sdegno quando un'opera d'arte viene vandalizzata dallo scellerato di turno, ma con tanto altro sdegno dobbiamo condannare chi paragona le nostre eccellenze dell'agroalimentare alle sigarette e ad altri prodotti dannosi per la salute (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Cenni, che illustrerà la mozione Gadda ed altri n. 1-00087, di cui è cofirmataria.

SUSANNA CENNI (PD). Presidente, colleghi, se oggi siamo qui a discutere di cibo, di salute, di sicurezza alimentare e di relazioni internazionali è perché, come è noto, tra qualche giorno potrebbe essere discussa e poi assunta - noi ci auguriamo di no - una risoluzione dall'Assemblea generale dell'ONU. Una risoluzione che, ancora una volta, riapre una questione più volte ipotizzata in questi anni, e cioè la generica etichettatura di cibi considerati non salutari, con una sorta di alert che colpirebbe alimenti contenenti grassi, sali e zuccheri, per scoraggiarne il consumo, e che, in virtù di un approccio, appunto, generico, colpirebbe una fetta importante della nostra produzione agroalimentare.

È del tutto evidente che la questione di come influire di più sulla corretta alimentazione per ridurre l'impatto di alimenti ricchi di questi ingredienti per prevenire malattie non trasmissibili, obesità e contribuire alla promozione di stili di vita corretti, è e deve essere assolutamente centrale nelle politiche di Stati membri ed istituzioni europee e mondiali.

Nel luglio del 2018 l'OMS ha presentato il reportTime to Deliver”, con una serie di raccomandazioni per ridurre l'impatto negativo di alcuni alimenti, ridurne l'abuso, ridurre l'abuso di alcol, tabacco, evitare stili di vita sbagliati, promuovendo una spesa consapevole per arrestare sovrappeso e obesità infantile entro il 2025, e attuando politiche e misure legislative e fiscali per ridurre al minimo il consumo di cibi nocivi. Tutto ciò, secondo l'OMS, per contrastare diabete, cancro, malattie cardiovascolari e ridurre entro il 2013 i morti per malattie non trasmissibili, anche riducendo grassi saturi, sale, zuccheri ed alcol.

Se la finalità è assolutamente condivisibile, ciò che sin dall'inizio ha destato grande perplessità è la meccanica classificazione fra cibi buoni e cibi cattivi, perché con alti contenuti di sodio, di zucchero o grassi saturi; questo senza un riferimento alla qualità e quantità del consumo dei medesimi alimenti. Sono, ovviamente, state numerose le osservazioni, le polemiche e le indicazioni che hanno seguito questo rapporto, ne parlava prima di me il collega che è intervenuto.

Il nostro Governo, in questi anni, attraverso il lavoro del Ministro Martina, ha più volte sollevato il tema e portato in discussione la questione dell'etichettatura a semaforo, voluta, per esempio, dal Regno Unito, e ancora negli anni precedenti ci si è mobilitati per evitare un'imposizione delle etichette sui nostri vini simili a quelle apposte sulle sigarette. Lo si è fatto perché è del tutto evidente che un documento come quello in ipotesi - che, pare all'articolo 7, inserirebbe nuove norme per l'etichettatura, con avvertimento di pericolo e la riformulazione delle ricette senza alcun collegamento o considerazioni su sane ed equilibrate abitudini alimentari, consumo consapevole, prevenzione - colpirebbe innanzitutto le produzioni agroalimentari italiane, generando, di fatto, una barriera comunicativa e fiscale per il nostro export, soprattutto verso alcuni Paesi. Penso, ad esempio, agli Stati Uniti.

Formaggi, olio di oliva, salumi, industria dolciaria, vitivinicolo in questi anni sono stati e sono caratterizzati da un impegno formidabile delle rispettive filiere nel generare e far crescere livelli altissimi di varietà, sicurezza e qualità in molti casi senza eguali in Europa e nel mondo.

E credo sia giusto ricordare anche la nostra inarrestabile battaglia - quella sì necessaria - per avere etichette che raccontino tracciabilità e origine delle nostre produzioni in sede di Unione europea.

Va ricordato che la ricchezza, l'eccellenza e le qualità nutrizionali del nostro agroalimentare hanno valso al nostro Paese il riconoscimento della dieta mediterranea quale patrimonio culturale immateriale dell'umanità il 16 novembre del 2010; ed anche in virtù di quella dieta e di quell'alimentazione di base oggi il nostro Paese ha la percentuale più alta di ultraottantenni. Così come di alcuni alimenti, certo caratterizzati dalla presenza di grassi, sono note le qualità salutistiche, e penso, in particolare, all'olio extravergine di oliva.

Qualche anno fa il Dipartimento scienze della vita dell'Università di Siena ha analizzato l'olio extravergine di oliva toscano, certificato IGP, sostenendo che l'olio extravergine di oliva è una delle principali fonti di polifenoli, quindi un gruppo di sostanze chimiche con proprietà antiossidanti e potenziali benefici, ed ha buoni effetti sulla salute umana appunto per la consistente presenza di polifenoli. Un polifenolo dell'olio di oliva, hanno spiegato le ricercatrici che hanno curato questo lavoro, ha proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antitrombotiche. Nel nostro laboratorio - dicono le due ricercatrici - abbiamo delineato il meccanismo molecolare attraverso il DPE, che contribuisce ad inibire la progressione del cancro al colon, andando ad interferire con i processi di infiammazione e di angiogenesi. Ed ancora: il DPE, attraverso l'inibizione di markers infiammatori e angiogenici noti per contribuire al comportamento aggressivo del cancro al colon, riduce la crescita del cancro stesso e i modelli tumorali preclinici. Quaranta grammi al giorno, 3-4 cucchiai, meglio se crudo; 20 grammi, invece, secondo l'Unione europea, sono riconosciuti come la dose adeguata per avere effetti preventivi a livello cardiovascolare.

Ho citato questo esempio perché è del tutto evidente che non si può esaminare un singolo prodotto solo attraverso la presenza di grassi, zuccheri o sale. Le nostre politiche in campo agroalimentare in questi anni hanno sempre tenuto assieme più dimensioni fondamentali, la buona produzione dal punto di vista qualitativo nel primario e nella filiera, rendendola il più possibile tracciabile e leggibile dai consumatori con adeguate etichette, e l'educazione alimentare, tutte dimensioni indispensabili per promuovere stili di vita salutari.

E questo lo si è fatto non solo con intenti e con proclami, ma anche con provvedimenti legislativi che più volte hanno visto anche un voto unanime di queste Aule e che hanno inserito l'educazione alimentare nei progetti didattici. Lo si è fatto con il contributo della ricerca, ad esempio con il supporto del CREA, ed ancora con i numerosissimi eventi dentro a Expo che hanno consentito di mettere sotto i riflettori il tema della sicurezza alimentare e di una corretta alimentazione.

Il precedente Governo ha in più occasioni assunto iniziative per chiedere un pronunciamento dell'Unione europea. Alla fine del 2017 fu istituito un tavolo fra i Ministeri competenti - delle politiche agricole, alimentari e forestali, dello sviluppo economico e della salute - e mondo agricolo per la definizione di una posizione nazionale; quel tavolo produsse una proposta di etichetta nutrizionale, molto diversa dallo schema a semaforo, che certamente non classificava con i criteri di cui abbiamo detto gli alimenti.

Ecco, colleghi, queste sono ore importanti, perché il 13 dicembre è praticamente domani. Io sono certa che su temi come quello che stiamo trattando e affrontando qui esista in questa sede una condivisione unanime, e ritengo sia importante trovare ogni modo per esprimere la nostra volontà: quella di garantire ai consumatori il massimo di trasparenza e di qualità, di promuovere politiche e norme che mettano al centro la salute dei consumatori, dell'ambiente, stili e comportamenti alimentari corretti, e anche la combinazione fra questi fattori; come stiamo facendo con la legge sull'agricoltura biologica, che ha ricevuto la scorsa settimana un voto unanime in Commissione agricoltura e che approda oggi appunto in Aula.

Ma dobbiamo anche rilanciare con forza una convinta difesa del nostro agroalimentare, che rischia fortemente di essere colpito da provvedimenti generici e assai sbagliati dal punto di vista della salute, dell'economia e del commercio internazionale. Noi stiamo parlando di oltre 130 miliardi di fatturato, di oltre 40 miliardi di export, di imprese, lavoratori e lavoratrici; stiamo parlando di tradizioni, di storia della produzione e della trasformazione agroalimentare, di agricoltura, di piccoli laboratori artigianali e anche di industria agroalimentare. Stiamo parlando anche di immagine, di immagine del nostro Paese: un'immagine costruita in tanti anni di impegno prima di tutto dei singoli agricoltori e trasformatori, l'immagine del made in Italy.

Per questo siamo a chiedere anche con la nostra mozione una forte iniziativa del Governo in campo diplomatico, per modificare quella risoluzione, e un'iniziativa in tutte le sedi necessarie per impedire che un così approssimativo sistema di etichettatura e possibili sovrattasse colpiscano il nostro made in Italy. Desidero però anche dire con chiarezza - lo dico al rappresentante del Governo - che il presupposto per ottenere dei risultati in questo campo è la costruzione di alleanze, alleanze con competenze e con altri Paesi: attività che in questi mesi non mi pare sia stata perseguita con assiduità dal nostro Governo, e che rischia di portare il Paese in una situazione di totale isolamento. Faccio quindi, Presidente, tramite lei un appello al Governo: usciamo da quell'isolamento, perché battaglie come questa, che tutti siamo disponibili a giocare assieme, per il nostro sistema Paese non le possiamo certamente vincere da soli (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Russo, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00092. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO (FI). Presidente, l'Organizzazione mondiale della sanità e l'Organizzazione delle Nazioni Unite, con impegni adottati nel 2011 e poi nel 2014, hanno avviato un'azione per il controllo a livello mondiale delle malattie non trasmissibili. Parliamo del diabete, parliamo del cancro, parliamo delle malattie cardiovascolari; parliamo dell'influenza e dell'azione che hanno su queste patologie l'uso del tabacco, l'alcol, le diete malsane, l'inattività fisica. Chi non condivide non solo le finalità, ma anche una modalità di approccio necessaria al fine di ridurre non solo le patologie, ma ridurre anche i danni che queste patologie comportano? Gli obiettivi principali di questi report hanno una finalità misurata, al 2030 per ridurre di almeno un terzo i morti per queste patologie ed arrestare la crescita del sovrappeso, e soprattutto dell'obesità infantile entro il 2025. Questi documenti indicano anche le modalità: interventi volti a eliminare gli acidi grassi dall'approvvigionamento alimentare, misure legislative e regolamentari che riducano al minimo il consumo di prodotti nocivi per la salute e promuovano stili di vita, promozioni di sistemi di produzione e fornitura di alimenti favorevoli alla salute. L'Organizzazione mondiale della sanità chiariva di non avere alcuna intenzione di criminalizzare specifici alimenti, quanto piuttosto l'idea era quella di fornire indicazioni per una dieta sana. Dopo importanti, complesse, complicate trattative, nel settembre 2018 i Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri della NATO hanno approvato la dichiarazione Time to Deliver, che veniva incorporata nella risoluzione dell'Assemblea Generale del 10 ottobre 2018. Molto più equilibrata: il testo parla di regimi alimentari che possono esserlo solo nel loro complesso, e rapportati comunque sempre allo stile di vita che si conduce. Tuttavia il 12 novembre 2018 il Brasile, la Francia, l'Indonesia, la Norvegia, il Senegal, il Sudafrica, la Thailandia hanno nuovamente presentato alla II Commissione dell'Assemblea generale dell'ONU una risoluzione nell'ambito della iniziativa Global Health and Foreign Policy, mirante a creare un legame tra alcune malattie ed alcune tipologie di alimenti o bevande, riprendendo sostanzialmente alcune delle misure punitive già previste nel rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità del luglio 2018.

Mi viene subito da domandarmi, per la verità, come alcuni Paesi europei ed europeisti, e fortemente vincolati, fortemente politicamente legati al sistema europeo, in qualche misura si sentano attratti dalle posizioni del Senegal, del Sudafrica e della Thailandia, e non piuttosto da una comune posizione dell'Unione europea. Qual era l'obiettivo dei proponenti? L'obiettivo era quello di evidenziare che i prodotti messi all'indice dovessero essere colpiti da restrizioni, da dazi, da regolamentazioni stringenti sulla loro commercializzazione, e laddove fosse approvata la risoluzione, tutti i Paesi si sarebbero sentiti autorizzati ad apporre etichette con ben visibili bollini su cibi e bevande, come quelli che sono in uso sulle sigarette.

Precisiamo subito che le finalità dell'Organizzazione mondiale della sanità sono assolutamente condivisibili; ma una cosa sono le finalità, altra cosa, come l'Organizzazione stessa ha chiarito, voler in qualche modo provare a banalizzare un'estremizzazione, legando ad un prodotto una patologia, legando all'uso di alcuni prodotti talune patologie. Guardate, non voglio indicare come la scienza puntualizzi che elemento essenziale affinché un prodotto diventi dannoso, pericoloso, velenoso, è la quantità. L'acqua stessa di per sé è una necessità assoluta, ma è evidente che l'acqua stessa, ingerita in quantità rilevantissime, in decine e decine di litri, è essa stessa velenosa.

Quindi il tema, guardate, non è la qualità del prodotto in sé, ma il tema è lo stile di vita, il tema è l'ordine alimentare, il tema è la qualità della vita, il tema è l'uso e il consumo di quel prodotto nel contesto sociale di quell'individuo. Non esistono cibi sani o insalubri, ma esistono semmai regimi alimentari più o meno sani, esistono stili di vita più o meno sani, esistono insomma modelli comportamentali, questi sì, che possono essere indicati.

Non può esistere nessuna indicazione scientifica che indichi, per esempio, che l'olio extravergine di oliva possa essere ritenuto dannoso. Intanto, escludo che chiunque di noi faccia uso di questo meraviglioso prodotto, cardine essenziale della dieta mediterranea che viene considerata un modello - non soltanto modello dal punto di vista della salute, ma anche dal punto di vista della condizione culturale, poiché l'olio stesso, questo prodotto, rappresenta il legame alla terra, la storicità di un prodotto, la manifattura, un percorso -, chiunque di noi faccia uso di olio extravergine di oliva, ne consumi 100 millilitri in un solo pasto. È evidente che, se non si misura quel consumo, contestualizzato rispetto allo stile di vita di quel soggetto, diventa tutto fuorviante e, soprattutto, diventa tutto banale e dannoso per il nostro sistema produttivo, ancor di più, per il nostro modello culturale e, ancor di più, per i processi di filiera che il sistema agricolo va facendo nel nostro Paese accanto al sistema industriale. Insomma, a furia di giocare con questo modello c'è il rischio che una Diet Coke possa essere considerata con cartellino verde e, viceversa, una fetta di prosciutto di Parma con semaforo rosso. È in sé la considerazione che è evidente che una nota del genere non può che essere discriminante, soprattutto non può che essere condannata dal nostro Paese ed osteggiata in tutti i modi.

Non voglio qui ricordare, come hanno fatto i colleghi che mi hanno preceduto, la qualità del modello alimentare italiano, l'iscrizione della dieta mediterranea nella lista del Patrimonio culturale immateriale dell'umanità, non voglio considerare come quel modello rappresenti anche un'impronta ecologica, capace di risparmiare le risorse del nostro pianeta; voglio soltanto significare quanto vale tutto questo. Lo voglio significare perché non vorrei pensar male, non vorrei che la vera motivazione che sta alla base di questa crociata contro la qualità dei prodotti italiani sia sostanzialmente una motivazione mercatista e commerciale. Le esportazioni italiane valgono 41 miliardi, oggi, forse, anche di più, in ragione della crescita nei primi sei mesi del 2018 del 3 per cento, abbiamo più di 5 mila prodotti alimentari tradizionali censiti, 297 sono le specialità a marchio, 415 i vini a marchio riconosciuti a livello comunitario, il settore produttivo di trasformazione, di distribuzione al dettaglio e di ristorazione che vale complessivamente 244 miliardi, il 13 per cento del Prodotto interno lordo e coinvolge 1.300.000 imprese per oltre 3 milioni di lavoratori. L'attacco al nostro modello significa attaccare tutto questo; ma io ho il timore di considerare che, viceversa, è per attaccare tutto questo, per attaccare una delle linee di successo del made in Italy, una delle linee capaci di vincere sui mercati internazionali e capaci di vincere, su quei mercati, con la potenza evocativa dei nostri prodotti, quella è la motivazione per cui poi si prova ad inventare un'etichetta così discriminante.

Ricorderei che la ristorazione italiana nel mondo è la seconda a livello globale, seconda solo a quella cinese, ed è evidente che etichette a semaforo non fanno che danneggiare significativamente il comparto. C'è un importante studio, fatto da Nomisma nel 2015, che ha rilevato come il parmigiano reggiano in Inghilterra avesse perso il 14 per cento di mercato, in ragione della etichetta a semaforo; è evidente che è un attacco non solo al modello culturale, è un attacco al Paese, alla identità, alla storicità. E a questo attacco dobbiamo rispondere.

Bene ha fatto, il Senato, ad approvare mozioni, bene saprà fare la Camera, approvandole a sua volta, io auspico con il consenso più largo possibile e dichiaro fin da qui, da subito, la disponibilità, se vi sono le condizioni politiche, a mediare anche sulle mozioni, per giungere ad una sola mozione, ma è importante che anche la Camera si esprima e si esprima su un principio a cui non si vuole misconoscere la necessità che vi sia una corretta informazione da parte dei consumatori. Qui è l'esatto contrario, vogliamo che l'informazione ci sia, sia chiara, inequivoca e corretta.

Ma spiegatemi che significa indicazione di origine “UE” e “non UE” e spiegatemi perché non sia piuttosto necessario, viceversa, contrapporre a questa generica e incomprensibile, per il consumatore, definizione, non sia più naturale una origine dei prodotti, un'etichetta che indichi l'origine dei prodotti, non solo della nazione, meglio ancora della regione. Peraltro, alcuni Paesi, proprio la Francia, l'Italia, la Lituania, il Portogallo, la Romania, la Grecia, la Finlandia e, anche più di recente, l'Austria e la Spagna, hanno introdotto degli schemi nazionali per l'etichettatura obbligatoria di alcuni alimenti.

L'altra questione che noi chiediamo all'Europa è, non soltanto di sostenere queste ragioni, ma cosa si fa per difendere la nostra corazzata dall'Italian sounding? Cosa fa l'Europa per garantire alle imprese agricole del nostro Paese di evitare di essere copiate in ogni parte del mondo? Cosa si fa per i consumatori del mondo, per far sì che abbiano la consapevolezza assoluta che ciò che acquistano sia esattamente ciò che vorrebbero acquistare? Mi pare che da questo punto di vista l'Europa sia alquanto timida, oserei dire, drammaticamente prudente, e, allora, noi ci sentiamo di impegnare il Governo, e non questo Governo, ma il Governo del Paese, con la massima determinazione a difendere la filiera italiana del settore agroalimentare. L'Italia sta facendo uno sforzo importantissimo da questo punto di vista, uno sforzo per superare quella contrapposizione storica tra le produzioni agricole e le produzioni industriali, uno sforzo importante per comprendere che la filiera è unica, il successo è unico, il modello è unico, la riconoscibilità e l'evocazione sono uniche. Per cui questa filiera va non solo rafforzata, ma difesa su questo fronte e, guardate, io non escludo nemmeno di trovare soluzioni diverse, mi pare che l'Italia vada presentando l'etichettatura a batteria, cioè la possibilità di misurare la quantità del sale, la quantità degli zuccheri, la quantità dei grassi, non in una misura astratta per chilo o per 100 grammi, ma in una misura concreta che sia esattamente la quantità di prodotto che si assume in un'eventuale pasto.

In questo senso, il Nutri-score promosso, per esempio, dai francesi, è evidente che ha in sé una connotazione negativa e non intelligente e soprattutto non vera. Ma chi vi è dietro questo Nutri-score? Le multinazionali? I produttori di edulcoranti? La chimica? Cosa c'è? Noi preferiamo la naturalezza dei prodotti e a quella naturalezza vogliamo fare riferimento, partendo da quel successo, successo politico con la p maiuscola, della filiera agricola nazionale, della filiera agricola italiana.

Ma noi chiediamo anche che ogni azione debba essere supportata da evidenze scientifiche; non servono maghi, non servono considerazioni astratte, non servono convinzioni ideologiche; occorrono, piuttosto, evidenze scientifiche, e a quelle noi vogliamo riferirci. E poi vogliamo che si intervenga in Europa, per rafforzare le misure a favore dell'indicazione dell'origine degli degli alimenti, chiudere finalmente questa pratica che ormai da troppi anni ristagna in Europa, quasi a considerare l'Italia un Paese «di serie B», che pretende una cosa illogica. Cosa di illogico pretendiamo? Pretendiamo che il consumatore europeo possa essere posto nella condizione di scegliere esattamente il prodotto che vuole scegliere, provando a leggere quel prodotto attraverso un'etichetta facilmente intellegibile, quel prodotto dove è confezionato, dove è prodotto, per avere certezza su quelle informazioni necessarie, che renderebbero la competizione ancora più giusta e renderebbero ragione ai produttori italiani e agli agricoltori italiani del lavoro che ogni giorno provano a fare.

Ma noi chiediamo anche che, nell'ambito delle risorse preordinate e destinate alla penetrazione all'estero del made in Italy, si rafforzi l'immagine commerciale del nostro settore agroalimentare e, soprattutto, dei valori insiti nel modello della dieta mediterranea, che è molto più di una dieta, è uno stile di vita, è un approccio è un approccio moderato, intelligente, è un approccio di vita diversa, che noi vogliamo significare.

E poi è indispensabile, signor Presidente, promuovere campagne per incoraggiare in ogni scuola regimi alimentari equilibrati, magari a chilometro zero, dove siano presenti tutti gli alimenti salutari della dieta mediterranea, altro che merendine: più frutta, più frutta del territorio, più prodotti di quell'agricoltura legata a un territorio e interprete di quei sentimenti.

E poi noi crediamo ci sia anche la condizione e l'occasione per fare una riflessione sul Ministero. Viene chiesto da più parti. Altro che Ministero dell'agricoltura e del turismo, la vera “portaerei” italiana sarebbe il Ministero del cibo, il Ministero dell'alimentazione, e il Ministero del cibo che metta insieme, come accade per esempio in Francia, la potenza del nostro Paese, che significa mettere insieme tutti quelli che già lavorano per la stessa finalità, rendere il nostro Paese ancora più forte sui mercati nazionali ed internazionali, ma rendere quella forza capace di evocare la storia dei nostri padri. Un ministero del cibo che si contraddistingua per uniformità di modelli procedurali, sia nella parte veterinaria sia nella parte sanitaria sia nella parte autorizzativa sia nella parte industriale sia nella parte della difesa del made in Italy e sia nella parte dell'agricoltura. Solo in questo modo potremmo davvero difendere le nostre produzioni, difendere il lavoro degli agricoltori, difendere l'italianità, ma soprattutto solo in questo modo potremmo competere con Paesi vicini che mettono in campo una massa critica importante di risorse che noi invece abbiamo parcellizzato un po' dovunque sia tra Stato e regioni, ma nell'ambito delle competenze statali, abbiamo più Ministeri che si occupano in modo parcellizzato di una medesima questione. Presidente, per queste ragioni noi abbiamo suggerito una mozione che auspichiamo possa essere approvata e, soprattutto, possa generare e alimentare quel clima di difesa dell'italianità e del lavoro degli agricoltori italiani che sta alla base del successo delle imprese italiane in Europa e nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luca De Carlo, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00091. Ne ha facoltà.

LUCA DE CARLO (FDI). Grazie Presidente. La scorsa estate, l'Organizzazione mondiale della sanità ha presentato il report “Time to deliver”, contenente una serie di raccomandazioni agli Stati membri per ridurre l'impatto negativo di alimenti ricchi di grassi saturi, sale e zuccheri, e migliorare la regolamentazione degli stessi. Il 27 settembre 2018, in sede ONU, su richiesta dell'Italia, è stata adottata una dichiarazione politica successivamente incorporata nella Risoluzione dell'Assemblea generale del 10 ottobre che non prevedeva queste misure. Nonostante questo punto di equilibrio raggiunto, in data 12 novembre 2018 si è riunita la seconda Commissione dell'Assemblea generale dell'ONU, nella quale è stata presentata una risoluzione sottoscritta da sette Stati del gruppo del Foreign policy global and health initiative, Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia. Tale Risoluzione, tra l'altro, esorta gli Stati membri ad adottare politiche fiscali e regolatorie per indurre i Paesi membri a frenare il consumo, anche tramite l'utilizzo di “etichette a semaforo” da porre ai prodotti, degli alimenti e delle bevande con le caratteristiche sopra citate. Tale indirizzo colpirebbe un prodotto agroalimentare italiano esportato su tre, con effetti gravissimi per l'economia nazionale. La stessa ONU, però, quasi sbugiardando se stessa, riconosce il valore della dieta mediterranea, tanto da averla dichiarata patrimonio dell'umanità, suffragata da numerosi studi scientifici che hanno dimostrato come essa sia la dieta che garantisce, in assoluto, la miglior valenza salutistica.

Ecco, non mi dilungo nell'esporre quella che è la nostra mozione, ma faccio alcune considerazioni su come questa sia veramente un caso di tutela dell'interesse nazionale e perché. Perché se noi dovessimo adempiere e seguire le raccomandazioni dell'ONU… Chissà perché e chissà sotto quale veste poi ce le regala, perché non è un organo assolutamente di indirizzo, è semplicemente un organo consultivo, che dà il proprio parere alla luce degli studi che sono emersi in questi ultimi anni. Ma se noi dovessimo adeguarci e ascoltare le direttive dell'ONU subiremmo un fortissimo danno sotto il profilo dell'esportazione, danno peraltro già assolutamente provato con l'etichettatura “a semaforo” nel Regno Unito, ma anche nel Cile stesso, cioè dall'altra parte del mondo, dove i nostri prodotti hanno subito un fortissimo calo proprio dovuto al fatto che venivano penalizzati da un'etichettatura che non aveva nessun altro scopo se non quello, secondo noi, di indebolire il prodotto italiano nel mondo. Perché indebolire il prodotto italiano? Perché tutti sanno - e qui parlo e mi riferisco ai nostri competitor europei –, sanno benissimo che il nostro è un prodotto che non vende solamente la qualità, che è altissima, ma avendo una storia, la tradizione l'eticità del prodotto. E perché lo fa? Lo fa perché all'interno ci siamo dati delle regole talmente stringenti, a volte penalizzanti per i nostri produttori, che assolutamente garantiscono ai nostri buyer, a chi acquista i nostri prodotti di avere un prodotto di assoluta qualità. E, quindi, nel seguire quella che è una motivazione alta, una motivazione giusta, cioè quella di ridurre le malattie come cancro e diabete, malattie che oggi sono diffusissime soprattutto nelle società cosiddette civili, più evolute, più sviluppate come la nostra, prendiamo delle decisioni assolutamente sbagliate, decisioni che penalizzano il nostro export, il nostro made in Italy, ma che non risolvono il problema.

Ho citato prima i casi dell'Inghilterra e del Cile, laddove sono state introdotte etichette “a semaforo”, esse non hanno diminuito il tasso, ad esempio, di quelli che conducono una vita non propriamente sana e nemmeno quello degli obesi, quindi non hanno nemmeno ridotto l'incidenza delle malattie come cancro e diabete.

Quindi, un'operazione assolutamente inutile che ci fa pensare proprio che sia un'operazione contro il nostro Paese. Si fa finta di non capire che questo problema va risolto alla radice. È ormai noto che le disuguaglianze che ci sono nella società consumistica hanno portato ad avere le fasce più deboli che si cibano di prodotti spazzatura, mentre nelle fasce medio-alte si è creata una sorta di consapevolezza circa l'importanza di una dieta salubre, di una dieta che consenta una vita diversa, ma il paradosso sta nel fatto che mentre si penalizzano fortemente i prodotti italiani, i prodotti alimentari, non si fa nessuna menzione, ad esempio, di quei prodotti che sarebbero contrari ad una vita attiva come la televisione, perché stare davanti la televisione è sicuramente sinonimo di una vita non certo attiva. Perché non compare un'etichetta sulle televisioni o perché non c'è una tassazione sulle televisioni che ne penalizza e ne disincentiva l'acquisto? Quindi, è paradossale che ci si concentri solo ed esclusivamente su questo. Perché non ci si concentra, ad esempio, su Renault, su Citroën, su Volkswagen che sono comunque i mezzi di trasporto che consentono, magari in un'ottica così assolutista e talebana, di avere uno stile di vita sicuramente peggiore di chi cammina tutti i giorni a piedi? Perché non lo si fa, ci sono dei grandi interessi dietro? Probabilmente, ed è probabilmente questa l'insistenza che l'ONU oggi ha nei confronti di questa direttiva; non l'ha fatto una volta, lo fa per la seconda volta, ci prova la seconda volta. A me fa piacere che oggi tutte le forze politiche da destra a sinistra abbiano una visione netta e chiara di tutela del made in Italy, mi piacerebbe anche però che la tutela del prodotto italiano passi anche attraverso la tutela dei produttori del prodotto italiano, perché altrimenti noi vendiamo una cosa che eticamente non è supportata da fatti oggettivi. Sarebbe paradossale spiegare al mondo, ad esempio, perché un cartone di latte costa un euro e cinquanta e al produttore agricolo, all'allevatore, vanno solo 30 centesimi. Non si parla in questo caso di tutela dell'agricoltore, come non si parla di tutela del bracciante agricolo nel momento in cui, ancora e in molte parti d'Italia, esistono fenomeni come il caporalato che porta a non pagare 10 euro all'ora per le prestazioni lavorative ma solamente da un euro e cinquanta a 3 euro. Questi sono i problemi che noi dobbiamo risolvere, da affrontare senza demagogia, liberi da ogni ideologia, ma sapendo benissimo che per tutelare il prodotto italiano oggi non si possa assolutamente prescindere dal tutelare anche chi questo prodotto lo crea. Auspico veramente che questa Assemblea possa, anche in maniera univoca, con una voce solamente, fare assumere iniziative di competenza, in tutte le sedi opportune, per la tutela e la valorizzazione delle eccellenze agroalimentari italiane al fine di evitare che ad esse vengono applicate sovrattasse o etichette che ne scoraggino il consumo presso il più vasto pubblico (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il deputato Cillis. Ne ha facoltà.

LUCIANO CILLIS (M5S). Grazie Presidente, il made in Italy agroalimentare, che in tutto il mondo oramai è sinonimo di eccellenza e garanzia di qualità, poggia le sue basi su un più vasto paniere di beni a denominazione di origine e di indicazione geografica protetta riconosciuti dall'Unione europea; si tratta di ben 295 prodotti DOP, IGP e SGT, e ben 523 vini DOCG, DOC e IGT. Un complesso, quello dei prodotti tutelati, che copre il 54 per cento della SAU nazionale, allargando il panorama all'intero comparto. Un volume d'affari che, nell'insieme della filiera agroalimentare, tra produzione, trasformazione, distribuzione al dettaglio e ristorazione, somma un valore di circa 130 miliardi l'anno e costituisce il 9 per cento del PIL nazionale; occupa 3.200.000 lavoratori pari al 13 per cento del totale in Italia; 1.300.000 imprese pari al 25 per cento delle aziende iscritte nei registri camerali. Le misure contenute nella risoluzione presentata nell'ambito dell'iniziativa Global health and foreign policy minano alle fondamenta questa intera impalcatura e si aggiungono agli attacchi che il comparto primario italiano subisce a causa di fenomeni come l'italian sounding, l'utilizzo di pratiche agronomiche sleali quali l'uso di fitofarmaci da anni vietati in Europa a tutela della salute dei cittadini e dell'ambiente ma consentiti in molte altre nazioni emergenti, e lo sfruttamento della manodopera. Problemi su cui però l'ONU non sembra porre la dovuta attenzione.

Presidente, pongo in evidenzia, inoltre, come l'uso di pratiche sciagurate che si prospettano nell'atto presentato all'Assemblea delle Nazioni Unite il 12 novembre 2018 da sette nazioni a guida franco-brasiliana abbiano svelato già il loro potenziale negativo; in particolare, faccio riferimento alle etichette a semaforo utilizzate nel mercato inglese che secondo quanto emerge da una ricerca Nomisma abbiano significato una notevole contrazione del mercato dei prodotti dell'agroalimentare italiano, che per il solo parmigiano si è attestata addirittura al 14 per cento. Altro risvolto negativo, molto discutibile, è la modifica degli ingredienti dei prodotti finalizzata a sostituire il sale, i grassi o gli zuccheri con additivi di sintesi: mi verrebbe da dire, oltre il danno la beffa. Se sciaguratamente questa iniziativa dovesse andare avanti ci troveremmo di fronte a dei veri e propri paradossi. L'olio d'oliva che, per merito del contenuto in acido oleico, superiore a 70 per cento, viene riconosciuto dall'Agenzia per la salute alimentare degli Stati Uniti alla stregua di un farmaco e di cui la stessa Agenzia suggerisce di scrivere sulle bottiglie che il consumo di circa mezzo cucchiaio di olio senza aumentare le calorie complessive assunte quotidianamente garantisce un importante effetto di prevenzione per la salute, potrebbe, contemporaneamente, dover sopportare la presenza di un bollino nero che ne sconsiglia l'utilizzo per l'elevato contenuto in grassi. L'elenco di paradossi simili si potrebbe facilmente estendere a tanti altri prodotti. I prodotti agroalimentari italiani sono alla base di tutte le diete salubri in tutto il mondo, salvaguardarli da strumenti normativi errati non vuol dire solamente difendere l'agricoltura e il patrimonio di know-how italiano, ma anche il diritto di nutrirsi correttamente della popolazione di tutto questo mondo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la deputata Rosella Muroni. Ne ha facoltà.

ROSSELLA MURONI (LEU). Grazie Presidente, le mozioni presentate oggi rappresentano davvero un elemento importante per il sistema agroalimentare italiano; un sistema che, come è stato ricordato, rappresenta una fetta di ricchezza, di produzione, di cultura del nostro Paese davvero importante che spesso viene messo sotto attacco. Ricordo brevemente, perché già i colleghi che mi hanno preceduto l'hanno fatto, come nascono queste mozioni, ovvero il fatto che il 27 settembre i Capi di Stato e di Governo di 193 Paesi, membri delle Nazioni Unite, hanno approvato la dichiarazione politica concernente le misure rivolte ad accelerare l'approvazione di interventi finalizzati a ridurre nei prodotti destinati all'alimentazione l'utilizzo di grassi saturi, di sale, zuccheri ed alcol il cui consumo oltre misura potrebbe avere effetti dannosi per la salute. Fin qui diciamo si era addivenuti a un percorso, ad un titolo, a contenuti anche assolutamente condivisibili, non fosse che il 12 novembre sette Paesi facenti parte dell'Assemblea delle Nazioni Unite, tra cui Brasile e Francia, ricordiamolo, hanno presentato una nuova proposta di risoluzione contenente misure operative, questa volta, che si rivelerebbero come fortemente penalizzanti per i prodotti agroalimentari tipici e a denominazione d'origine del nostro Paese. Questo è un problema assolutamente italiano, fino a danneggiare prodotti quali l'olio d'oliva, i formaggi, i salumi, prodotti per cui l'Italia è famosa nel mondo.

Il cosiddetto sistema delle etichettature a semaforo, come è stato spiegato dai miei colleghi, appare sostanzialmente come un sistema neutro perché si limita a indicare le calorie, i grassi, gli zuccheri, i sali contenuti nei prodotti, ma è lungi dall'essere un sistema neutro perché dà un'indicazione importante ai consumatori: collega la presenza di quelle sostanze con un danno alla salute; è un messaggio indiretto molto potente, che è stato registrato già in Inghilterra, laddove è stato applicato, e che ha fortemente penalizzato i prodotti italiani.

Il paradosso reale è che l'etichettatura a semaforo finirebbe per favorire i prodotti artificiosi che, a fronte di bassi contenuti calorici, di grassi, di sali e di zuccheri, contengono altre sostanze poco salutari, come edulcoranti, coloranti e additivi chimici, certamente non compatibili con una dieta equilibrata come è quella mediterranea che è, appunto, la base culturale enogastronomica del nostro Paese. Dunque, nelle prossime settimane e nei prossimi giorni saranno avviati i negoziati in sede ONU per pervenire a una posizione comune ed è fondamentale che il Governo italiano faccia sentire, in maniera forte e coesa, la propria voce. Per questo è auspicabile che le mozioni presentate diventino un'unica mozione con cui questa Camera si esprima, in maniera univoca, in difesa del sistema agroalimentare.

È un sistema, quello italiano, che non è nuovo a subire attacchi. Ricordo il tentativo portato avanti con il CETA, con l'accordo internazionale che colpiva i nostri prodotti e sostanzialmente sdoganava l'italian sounding, cioè quel processo per cui i prodotti alimentari italiani vengono portati sui mercati internazionali non da produttori italiani e con nomi simili a quelli italiani e, quindi, facendo evocare il nostro Paese nella produzione e compiendo delle vere e proprie truffe ai danni dei consumatori nonché, naturalmente, del nostro sistema economico. Ricordo, inoltre, che spesso in Italia abbiamo dovuto difendere i nostri prodotti dall'arrivo degli OGM, cioè degli organismi geneticamente modificati, e questo perché? Perché davvero il sistema agroalimentare italiano rappresenta un'unicità. Non è un patriottismo sterile il mio, ma è il riconoscimento del fatto che il nostro sistema agroalimentare ha delle radici profonde ma, soprattutto, deve poter avere un futuro importante in termini di produzione agroalimentare. Ne va di pezzi importanti del nostro territorio e, soprattutto, di quei territori a rischio spopolamento, che spesso ospitano la produzione di qualità fortemente legata al territorio e che racconta anche la cultura del nostro Paese. Infatti, non esiste un Paese come il nostro in cui davvero la cultura agroalimentare ha dietro di sé un approccio culturale e un fondamento a 360 gradi che così verrebbe messo assolutamente in crisi.

E, però, dicevo che questa enunciazione da parte delle Nazioni Unite non è il primo tentativo d'attacco. Ecco, io credo che noi dovremmo, oltre a reagire all'ennesimo attacco che viene portato al nostro sistema agroalimentare, non perdere più le occasioni per difendere concretamente i nostri produttori. Prima il collega di Fratelli d'Italia ricordava quanto sia difficile fare agricoltura nel nostro Paese e quanto, invece, sarebbe necessario portare l'agricoltura italiana, che ha in sé un valore tradizionale, per riconoscerne l'elemento di modernità eccezionale anche in termini di difesa del territorio. Infatti, parliamo spesso di rischio idrogeologico e i coltivatori e gli agricoltori sono quei custodi che sono necessari per fare quel presidio puntiforme territoriale che aiuta a mettere in sicurezza il nostro Paese.

Eppure, la cosa paradossale, che dicevo prima, è che dietro questa etichetta a semaforo naturalmente si racconta che quello che si vuole difendere sono gli interessi dei consumatori. Ecco, è per questo che io dicevo che non dobbiamo più perdere occasioni, perché noi italiani per primi abbiamo tutto l'interesse a costruire un sistema di etichettatura chiara e di informazione seria ai consumatori, un'etichettatura che indichi con chiarezza l'origine dei nostri prodotti agricoli. Non abbiamo nulla da nascondere perché la nostra agricoltura è un'agricoltura di qualità. Quindi, dobbiamo prendere questo ennesimo attacco come il riconoscimento del fatto che il nostro sistema ha bisogno di più strumenti per crescere ed essere davvero solido.

L'etichettatura a semaforo invece va, come raccontavo prima, esattamente nel senso contrario e, come hanno già ricordato, uno dei prodotti italiani che verrebbe messo in crisi da questo sistema è l'olio d'oliva, vale a dire uno dei brand principali del nostro Paese, per cui il nostro Paese è riconosciuto nel mondo e che, come già sappiamo, conosce una grande crisi legata a fenomeni come la siccità nell'anno scorso, la vicenda della Xylella e la pressione dei mercati del Mediterraneo. Ecco, adesso arriva anche l'etichetta a semaforo e davvero questo è un comparto che potrebbe andare in crisi.

Io credo che, invece, sia fondamentale raccontare che il nostro Paese non ha nulla da nascondere e, anzi, abbiamo tutto l'interesse a parlare di etichette trasparenti, ma che siano realmente trasparenti e che guardino davvero alla qualità dei prodotti e alla salute dei cittadini. È per questo che noi dovremmo rafforzare la nostra agricoltura, per esempio indicando e rafforzando le filiere di consumo e penso alle mense scolastiche dato che oggi parleremo anche della legge sul biologico. Quand'è che i nostri figli avranno il diritto a mangiare con filiera corta prodotti italiani certificati e possibilmente biologici nelle nostre mense? Dunque, la prima difesa del prodotto agroalimentare va fatta nel nostro Paese, nel nostro Paese che deve rafforzare il mercato interno, perché è vero che noi esportiamo moltissimo ma è anche vero che la crisi economica in questi anni ha sempre più messo in discussione e in crisi la qualità e i consumi di qualità delle famiglie italiane.

E a proposito di modello alimentare, la dieta mediterranea ha una storia straordinaria perché la dieta mediterranea è stata scoperta da uno scienziato americano che si chiamava Ancel Keys che nel 1962 si trasferì nel Cilento, che è la patria internazionale della dieta mediterranea. Peraltro, ricordo che nel 2015 il nostro Paese ha ospitato l'Expo a Milano e i centenari del Cilento, guidati dal sindaco Stefano Pisani, il sindaco di Pollica, sono andati a raccontare proprio questa unione tra salute e corretta alimentazione, tra la dieta mediterranea, i prodotti territoriali, le sane abitudini alimentari e la qualità della salute. È un territorio, quello cilentano, che registra una grande presenza di centenari e contemporaneamente livelli bassi rispetto alle malattie da cui si è partiti per affermare questo sistema di etichettatura a semaforo.

Ecco, Ancel Keys nel 1962 iniziò a studiare la nostra alimentazione e per quarant'anni, studiando gli abitanti del Cilento, scoprì un nesso straordinario tra la longevità, la salute e contemporaneamente la qualità della dieta mediterranea, quella dieta mediterranea che l'etichettatura a semaforo vorrebbe mettere in crisi e - ripeto - paradossalmente e crudelmente partendo da un'idea di difesa della salute dei cittadini, ma qui di difesa c'è solo l'interesse di qualcun altro - certamente non dell'Italia - e noi a questo dobbiamo rispondere.

Peraltro, a Pioppi esiste il museo per la dieta mediterranea, dedicato proprio ad Ancel Keys, che ospita ogni anno centinaia di scuole che lì imparano quanto sia importante mangiare italiano e questo non - non guardate il banco dove sono seduta - per un malinteso senso sovranista, ma per un'identità, una qualità dell'identità territoriale che è fondamentale. Si deve raccontare a questi ragazzi che è giusto mangiare italiano, non perché non si devono provare altri prodotti ma perché c'è una qualità del prodotto alimentare italiano che può essere garantita, da una parte, e che mangiare italiano vuol dire anche favorire un certo modello di sviluppo, aiutare i territori che in questo momento sono in crisi e raccontare la cultura che c'è dietro al cibo e all'alimentazione.

Però, a proposito di reazione, sarebbe il caso che il nostro Paese iniziasse lui stesso a usare la leva fiscale per aiutare alcuni consumi e per disincentivarne altri. La mia collega, la senatrice De Petris, negli anni passati ha fatto una battaglia fortissima per modulare il meccanismo dell'IVA e per penalizzare, ad esempio, le bibite ad alto contenuto di grassi e gassose. Cioè, quello che io chiedo al Governo italiano è che, oltre a respingere questo ennesimo attacco, l'Italia abbia l'orgoglio, il coraggio e la capacità di mettere in campo una serie di iniziative che, a partire dalla salute dei cittadini, inizino ad indicare quali sono i consumi giusti per la qualità della vita, per la salute e anche per aiutare l'agroalimentare italiano.

Lo ripeto: discuteremo anche del provvedimento sul biologico, che è atteso da moltissimo.

C'è un comparto, che è quello della produzione agricola biologica, che sta crescendo moltissimo anche nei consumi, ma questa sta crescita va accompagnata, perché di questo ha bisogno l'economia italiana anche in campo agroalimentare, di un Governo e di un Parlamento che sappiano prendere delle decisioni giuste, che aiutino l'economia e che tengano insieme la salute dei cittadini, la qualità dell'ambiente e lo sviluppo economico.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gastaldi. Ne ha facoltà.

FLAVIO GASTALDI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, le mozioni in discussione oggi rispondono a un'esigenza condivisa in larga parte da tutte le forze politiche. Stiamo parlando di mozioni che si sono rese necessarie dopo la presentazione di risoluzioni in Commissione Onu da parte di sette Paesi guidati da Francia e Brasile che vanno a modificare la dichiarazione politica approvata da 193 Capi di Stato e di Governo dove si era trovata la convergenza su un testo bilanciato, di ampia portata e senza termini prescrittivi. Nel voler riaprire la questione c'è evidente malafede; malafede di chi vuole proporre un modello basato su prodotti riformulati con ingredienti chimici in sostituzione degli ingredienti naturali e di qualità. Viene naturale pensare che dietro questo attacco al made in Italy ci siano gli interessi commerciali di quei Paesi che non possono vantare prodotti di eccellenza come i nostri e ne temono lo straordinario successo.

È un dato ormai assodato che quello su cui si basavano le tesi dei Paesi guidati dalla Francia, i cosiddetti profili nutrizionali che classificano i cibi in base alla quantità di sali, grassi e zuccheri, sia privo di evidenze scientifiche e non sia riconosciuto dalla medicina. Sotto la copertura della salute umana si vuole colpire un'agricoltura e una filiera agroalimentare che sono le migliori del mondo.

Permettetemi che sia svilente per questa Assemblea, con tutti i problemi che l'agricoltura italiana ha ad oggi, ritrovarsi a discutere di un bollino a semaforo da apporre sui nostri prodotti che compongono la dieta mediterranea, patrimonio mondiale immateriale dell'umanità. Vorrei vedere la stessa convergenza di quest'Aula, per esempio, sui tagli previsti alla nuova PAC e sulla gestione, a dir poco scandalosa, di alcuni PSR regionali. Vorrei anche vedere la stessa convergenza, per esempio, su altri problemi, per esempio sui danni da fauna selvatica, sugli ungulati, sui cinghiali, sugli orsi o i caprioli.

Tante volte abbiamo visto come i piani di sviluppo hanno detto di voler mettere delle barriere oppure di mettere degli animali per difendere le proprie colture. Ad oggi abbiamo visto, ed è sotto gli occhi di tutti, che non è quella la soluzione, e, ovviamente, dobbiamo assolutamente prendere coscienza tutti insieme, esattamente come abbiamo fatto ad oggi, che questo è un problema oggettivo che va affrontato sulla base di dati oggettivi. Danni da organismi provenienti da tutto il pianeta, e penso, per esempio, al tarlo asiatico del legno, che ha colpito anche zone del mio paese; penso alla cimice asiatica o penso alla xylella in Puglia, su cui questo Governo sta già agendo in tal senso. Ed è anche utile vedere come la convergenza su questo sia stata portata avanti non solo in sede di Commissione agricoltura, ma anche da parte, poi, dell'Aula, per esempio sulla proposta sul biologico che andremo a discutere subito dopo e che nei giorni successivi troverà l'approvazione.

E poi parliamo anche, perché no, dei prezzi delle materie prime, sono stati accennati già prima, quali il latte, i cereali e la carne, che molte volte non coprono i costi di produzione. Ci troviamo il più delle volte ad avere una materia prima pagata direttamente al produttore che non riesce minimamente a coprire i costi che deve affrontare un'azienda agricola. E qua andiamo inevitabilmente a parlare della battaglia storica, che vorrei portare in questa legislatura, che è quella del ricambio generazionale nelle aziende agricole, perché, se vogliamo parlare di ricambio generazionale e di un futuro dell'agricoltura, non possiamo prescindere dal fatto che dobbiamo inevitabilmente parlare di giovani, di futuro, e quindi di piani di insediamento.

Mi rifaccio, quindi, ai PSR regionali, dove ad oggi, in qualche regione italiana, manca lo scorrimento delle graduatorie per far sì che tutti quelli che hanno avuto accesso ai bandi e alle misure trovino effettivi pagamenti.

Poi penso al subentro di ISMEA, che sarebbe una misura utile, molto settoriale, sul fatto che ci sono delle indicazioni geografiche che potrebbero avere la stessa cultura, la stessa maniera di coltivare la terra, e quindi fare delle macro regioni dentro le quali si attui un piano di sviluppo locale. Quindi, diverse regioni che possono essere stanziate sulle varie latitudini d'Italia. E poi penso anche all'aiuto della Banca della Terra, che può dare un aiuto soprattutto all'avvio delle nuove aziende agricole. E, se parliamo di giovani, non possiamo non parlare delle scuole: è stato accennato prima, bisogna investire sulle scuole e bisogna investire nelle mense, ma è anche vero che quello che abbiamo fatto con l'approvazione della legge sulla tutela dei prodotti a filiera corta e a chilometro zero andava proprio nella direzione di premiare chi partecipava ai bandi delle mense con criteri di premialità a chi utilizzava prodotti a chilometro zero oppure a filiera corta.

Questo perché è importante sapere già fin da bambini che cosa si mangia, quindi è importante l'educazione alimentare insieme a tutt'altri tipi di educazione, ma è importante questo concetto, perché, se non si inizia fin da bambini ad instaurare tutto un processo di crescita che vada anche oltre la semplice istituzione scolastica, le semplici materie scolastiche, anche la semplice educazione civica che abbiamo proposto in questi giorni di portare all'attenzione fin dalla scuola elementare, fin dalla scuola dell'asilo, questo credo che sia fondamentale per il futuro e la crescita del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Non possiamo anche dimenticare, per esempio, che sull'asse Cuneo-Torino si è svolta un'attività di mangiare consapevole, a testimonianza del fatto che nei nostri territori il cibo avanzato sulle tavole dei bambini delle mense è messo all'interno di contenitori che vengono portati a casa. Questo credo che sia uno degli esempi più belli per far conoscere il concetto che non si spreca il cibo: tutto quello che non si consuma sul momento si può portare a casa e mangiare in un secondo momento. Penso, per esempio, all'esperienza degli orti scolastici, dove i nostri prodotti hanno una stagionalità; anche lì, per noi che proveniamo dal mondo agricolo sono scontate, ma, evidentemente, non lo sono soprattutto per bambini e ragazzi che non sono cresciuti in un contesto agricolo, ma in un contesto cittadino.

Trovarsi come unico prodotto quello sui banchi del supermercato evidentemente non può fargli prendere consapevolezza se quel prodotto è stagionale o meno (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché, purtroppo, in questi giorni e in questi anni sui nostri scaffali dei supermercati abbiamo prodotti che ci arrivano dall'estero che hanno livelli di fitofarmaci elevatissimi e fanno concorrenza sleale rispetto ai nostri, che hanno sì livelli di fitofarmaci più ristretti, ma perché? Perché ce lo siamo imposti noi come stile di vita, ce lo siamo imposti come rispetto della nostra qualità, a tutela di un prodotto che sappiamo essere il migliore, e quindi vogliamo esportare proprio facendo forza sul fatto che è stato prodotto in una certa maniera. Ma, evidentemente, non basta avere solo la consapevolezza di fare prodotti di qualità, bisogna anche saperli esportare. E nel momento in cui si esporta con la consapevolezza, fin da bambini, come si diceva prima, che quel prodotto è di qualità, allora a questo punto bisogna farlo sapere, far prendere consapevolezza anche agli organismi a livello internazionale.

E far prendere consapevolezza agli organismi a livello internazionale vuol dire anche battere i pugni, esattamente come è stato fatto sia in Senato adesso (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e sia come si farà alla Camera, si spera, in questi giorni, perché è importante far sentire la voce dell'Italia su questo tema. Non saranno sicuramente organismi sovranazionali, che, come è stato ricordato anche dagli interventi precedenti, si dovrebbero occupare anche di tutt'altre cose molto più gravi rispetto a questo, che non andare a colpire un'economia, che è quella italiana, che si basa sull'export e dove si parla di un milione e 300 mila imprese che si basano sull'agroalimentare italiano. Si sta parlando di famiglie, si sta parlando di agricoltori, si sta parlando di commercianti che basano la loro vita su questa attività. Dove è stato applicato il bollino a semaforo, e termino, Presidente, in Regno Unito e in Cile, abbiamo visto come sono calate drasticamente le esportazioni di certi prodotti in quei Paesi.

Questo credo che sia il migliore esempio di come questo non so se forse andava contro effettivamente il made in Italy, ma, sicuramente, per agevolare qualcun altro, si va a distruggere il nostro mercato, il nostro made in Italy a livello internazionale, che ha già tanti problemi tra l'Italian sounding e varie copie, e non abbiamo nessuna intenzione di voler ulteriormente vendere (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Celeste D'Arrando. Ne ha facoltà.

CELESTE D'ARRANDO (M5S). Presidente, la mozione che oggi discutiamo è un atto importante, che pone l'accento su aspetti che necessitano di essere affrontati con la giusta attenzione, che sono la corretta educazione alimentare e la tutela delle eccellenze agroalimentari del nostro made in Italy.

Già nella Commissione affari sociali è stata approvata all'unanimità una risoluzione a mia prima firma sul contrasto all'obesità, per impegnare il Governo a mettere in campo azioni di sensibilizzazione per una corretta alimentazione, dando risalto alla dieta mediterranea, già riconosciuta dall'UNESCO patrimonio immateriale dell'umanità, e all'incremento dell'attività fisica al fine di ridurre l'insorgere di malattie come diabete e malattie cardiovascolari. L'OMS e l'ONU hanno ribadito la necessità di ridurre nelle diete i grassi saturi, il sale, gli zuccheri e l'alcol, e a settembre 2018 è stata presentata una prima bozza di risoluzione che prevede misure fiscali penalizzanti e l'utilizzo di etichette per disincentivare l'acquisto di alcuni prodotti del settore agroalimentare. In merito, è necessario specificare che esistono differenti modalità di attuazione che si basano su principi diversi, senza compromettere o eludere il principio fondamentale di una dieta sana ed equilibrata.

Dopo un lungo negoziato, il 27 settembre 2018 i Capi di Stato e di Governo dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite hanno approvato una dichiarazione politica dal testo bilanciato e di ampia portata, senza toni prescrittivi, in armonia con una visione che dinanzi all'esigenza primaria della tutela della salute non comprometta ingiustificatamente le eccellenze del made in Italy nel settore agroalimentare. Ma il 12 novembre 2018 sette Paesi, guidati da Brasile e Francia, hanno presentato alla II Commissione dell'Assemblea generale dell'ONU una risoluzione contenente misure punitive già proposte nella bozza preliminare. Ricordiamo che una ricerca Nomisma del 2015 sugli effetti dell'etichetta semaforo nel mercato inglese ha evidenziato un significativo calo nelle vendite e nelle quote di mercato proprio dei prodotti tipici italiani, con perdite addirittura del 14 per cento per quanto riguarda il parmigiano reggiano DOP porzionato. Per questo è fondamentale compiere un'attenta analisi rispetto alla diffusione di sistemi di valutazione dei prodotti agroalimentari unicamente basati sui profili nutrizionali, oppure su rappresentazioni grafiche che pongono l'accento sulla composizione del singolo prodotto, senza fare distinzione.

Alcuni dati importanti. Secondo Nomisma Agrifood Monitor, nel 2017 l'export agroalimentare italiano ha superato la cifra record di 40 miliardi di euro, trainato soprattutto da prodotti quali vini, formaggi e salumi. Inoltre, la filiera agroalimentare italiana, tra produzione, trasformazione, distribuzione al dettaglio e ristorazione, ha un valore di oltre 130 miliardi l'anno, pari al 9 per cento del PIL nazionale, che occupa 3,2 milioni di lavoratori (parliamo del 13 per cento totale in Italia) e coinvolge 1,3 milioni di imprese, pari al 25 per cento del totale delle aziende italiane.

Con questo atto di indirizzo vogliamo tutelare maggiormente questo settore sia a livello europeo che a livello internazionale, poiché l'applicazione della risoluzione presentata da questi sette Paesi a livello globale condurrebbe ad una forte contrazione delle vendite dei prodotti agroalimentari italiani all'estero: con forti conseguenze, come mettere a serio rischio sia centinaia di migliaia di posti di lavoro che la stessa sopravvivenza di tantissime piccole e medie imprese.

Ribadiamo quindi l'importanza che gli Stati membri affrontino il problema dell'obesità attraverso una visione di ampio respiro, che non sia meramente prescrittiva e/o punitiva, ma che includa un approccio educazionale e informativo sulla sana alimentazione, sull'importanza di una dieta varia ed equilibrata, sull'adozione consapevole degli stili di vita corretti e sulla protezione dell'allattamento al seno materno, nonché favorire lo svolgimento di attività fisica, senza penalizzare l'industria agroalimentare italiana, che da sempre rappresenta un modello alimentare sano ed equilibrato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tullio Patassini. Ne ha facoltà.

TULLIO PATASSINI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui ancora una volta a dover confrontarci con il mondo perché un'organizzazione internazionale, sotto un concetto astratto di bene comune, si dimentica del bene concreto. Questa volta sono le Nazioni Unite, che partendo da un presupposto assolutamente giusto, la lotta al diabete, alle malattie cardiovascolari, arrivano ad una conclusione completamente sbagliata: l'olio d'oliva fa male, i grassi fanno male; dando degli assiomi che nello svolgimento concreto sono assolutamente sbagliati. E questo a chi giova? Perché un organismo internazionale è così tanto prodigo nel dare giudizi alimentari? Perché è evidente che mettere un bollino su un alimento, e questo bollino va sulle tavole e sui supermercati di tutto il mondo, è un esempio evidente di disinformazione.

Noi abbiamo un made in Italy da tutelare; ma non solo noi: qualunque Paese ha un made in da tutelare, che parte dalle radici, parte dalla terra, parte dai prodotti tradizionali. Perché l'alternativa cos'è? È avere delle etichette perfette, magari predisposte dalle multinazionali del cibo, dai fast food planetari che ci insegnano che quel determinato prodotto ha una serie di caratteristiche organolettiche che non fanno male alla salute? L'Italia è uno dei Paesi più longevi del mondo, è uno dei Paesi in cui la vita media è più lunga: allora perché tutto questo? Questa cosa giova al consumatore? Perché parlare di chimica - perché questa è la conseguenza estrema a cui arriveremo - significa che sulle nostre tavole non avremo più pasta, carne, latte: avremo pillole, pillole di vario colore, come gli astronauti. Questo vogliamo per il nostro futuro, per i nostri cittadini?

L'Italia… E torniamo al mercato italiano, ma questa è una battaglia che sta portando avanti l'Italia, ma che è a giovamento di tutti i consumatori del mondo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Perché è evidente che l'Italia è il Paese al più alto livello di biodiversità. Vorrei solo portare qualche dato: abbiamo 504 varietà di vini, contro le 278 francesi; abbiamo 533 varietà di olive, contro le 70 spagnole; abbiamo 130 razze diverse. Ma non solo (e questi sono dati ufficiali): abbiamo 56 mila specie animali diverse e 78 mila specie vegetali. Addirittura per flora autoctona noi siamo il primo Paese in Europa, con 8.200 specie, da uno studio certificato dalle maggiori università europee con a capofila l'università di Camerino. E noi vorremmo rinunciare a tutto questo?

Noi siamo qui perché ancora una volta interessi planetari mettono in discussione il bene comune dei singoli cittadini: perché è importante non l'uso di un bene, ma l'abuso, e ci vorrebbero invece far dire che beni e prodotti sono buoni o cattivi in astratto. Una dieta, la dieta mediterranea (e ringrazio gli altri colleghi, in particolare i colleghi Castaldi e Viviani, che hanno evidenziato questi aspetti) è una dieta salubre per la sua diversità, perché è varia ed equilibrata. Io ringrazio quindi ancora tutti i colleghi per questa battaglia comune contro l'astrattezza alimentare, per un bene concreto che è la salute dei cittadini, non solo italiani ma europei e mondiali (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Salvatore Giuliano.

SALVATORE GIULIANO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. Consentitemi di esprimere soddisfazione per la compattezza che, in questa battaglia a tutela del made in Italy, in campo agroalimentare, sta emergendo, non solo all'interno del Governo, ma anche tra tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione. Questa compattezza e questo impegno da parte del Governo, attraverso un gioco di squadra che vede ovviamente in prima linea il Ministro Moavero Milanesi e tutta la Farnesina, ma anche il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministero della salute e il Ministero dello sviluppo economico, nonché le associazioni imprenditoriali di categoria, sta portando dei risultati concreti di cui siamo particolarmente soddisfatti.

Così come sottolineato in Senato dal Ministro Centinaio, grazie alla ferma e articolata azione della diplomazia italiana, possiamo esprimere soddisfazione per essere riusciti a espungere preliminarmente dal testo, ancora in fase di discussione, i linguaggi più estremi e a ricondurre il confronto su una proposta di possibile compromesso. L'impegno ad ampio raggio della Farnesina, in stretto raccordo con le altre amministrazioni interessate, ha consentito, fino a questo momento, di conciliare al meglio la salute dei cittadini e la tutela del nostro agroalimentare all'estero, la cui immagine e reputazione rischiavano di venire danneggiate ove fossero passate le politiche e le misure restrittive sul cibo invocate inizialmente dai promotori dell'iniziativa.

Si tratta di un successo che non deve, però, portarci ad abbassare la guardia; al contrario, ci spinge a confermare il pieno impegno del Ministro Moavero Milanesi e della Farnesina a vigilare nei prossimi mesi, per continuare a tutelare, in tutte le sedi competenti, l'eccellenza del nostro made in Italy. Così come è avvenuto al Senato, la settimana scorsa, riteniamo, infine, che l'approvazione di una mozione condivisa e trasversale a tutti i gruppi possa rappresentare un ulteriore segnale di unità da parte del nostro Paese in una battaglia a tutela, non solo dei nostri prodotti, ma anche della salute dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Marin ed altri; Vanessa Cattoi ed altri; Villani ed altri; Rossi ed altri; Rampelli ed altri: Delega al Governo in materia di insegnamento curricolare dell'educazione motoria nella scuola primaria (A.C. 523-784-914-1221-1222-A) (ore 16,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 523-784-914-1221-1222-A: Delega al Governo in materia di insegnamento curricolare dell'educazione motoria nella scuola primaria.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 6 dicembre 2018 (Vedi l'allegato A della seduta del 6 dicembre 2018).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 523-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e Forza Italia ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Felice Mariani.

FELICE MARIANI, Relatore. Presidente, onorevoli colleghi, consentitemi una breve considerazione prima di esporre la mia relazione. Non voglio dire che il Parlamento e la politica non si siano mai occupati di sport, se ne sono occupati tante volte, ma sempre su singoli interventi, mentre non si è mai davvero aperto, nel nostro Paese, un dibattito su quello che significa la cultura dello sport. Mai prima d'ora, in Parlamento, abbiamo avuto la presenza di tante presenze dello sport, di protagonisti dello sport; questo può determinare il progresso civile di un'intera generazione di ragazzi e ragazze, di bambine e bambini, di giovani atleti.

Oggi, noi vogliamo dare un segnale, il segnale che entrare nel merito di quello che significa l'educazione allo sport, che ancora io preferisco rispetto alla parola “educazione fisica”, è un segnale che deve portarci anche ad aprire una grande riflessione. Oggi, tutti i Paesi più evoluti sono Paesi che hanno una grande e diffusa pratica e cultura sportiva. Oggi, noi mettiamo un primo mattoncino in questa direzione.

Il provvedimento che la Commissione cultura scienza e istruzione porta oggi all'attenzione dell'Assemblea nasce da cinque proposte di legge di iniziativa parlamentare, riconducibili sia alla maggioranza sia all'opposizione.

Si tratta, in ordine di presentazione, delle proposte n. 523, primo firmatario il collega Marco Marin, del gruppo di Forza Italia, n. 784, prima firmataria la collega Vanessa Cattoi, del gruppo della Lega, n. 914, prima firmataria la collega Virginia Villani, del gruppo del MoVimento 5 Stelle, n. 1221, primo firmatario il collega Rossi, del gruppo del Partito Democratico, e n. 1222, primo firmatario il collega Rampelli, del gruppo di Fratelli d'Italia. Le cinque proposte erano tutte, fin dall'inizio, coerenti tra di loro e convergenti verso l'obiettivo di introdurre nella scuola primaria una figura di insegnanti di educazione motoria qualificata sulla base di specifici titoli di studio. Questo ha permesso, ci tengo a dirlo, di arrivare a un testo che nell'esame in Commissione è stato condiviso da tutti i gruppi. La proposta di legge n. 1221 Rossi, voglio precisarlo per dovere di cronaca, aveva un impianto più ampio e collocava l'istituzione dell'insegnante di educazione motoria in un quadro molto più articolato di misure di promozione della funzione educativa e culturale dello sport e dell'attività motoria. La Commissione ha, tuttavia, concordato, in modo unanime e, quindi, anche con il consenso dello stesso deputato Rossi e del gruppo del Partito Democratico, di concentrarsi, per il momento, solo sull'obiettivo di istituire l'insegnante di educazione motoria nella scuola primaria, fermo restando che le altre proposte del collega Rossi sono interessanti e potranno essere oggetto di dibattito in futuro nell'ambito dell'esame di altri provvedimenti in materia di promozione dello sport. Per la stessa ragione si è convenuto in modo unanime di non intervenire, almeno per il momento, sulla scuola dell'infanzia, come proposto dal solo progetto di legge n. 914 della collega Virginia Villani.

Per la redazione del testo unificato, la Commissione ha nominato un Comitato ristretto, nel quale, fin dalla prima riunione, è emersa la sostanziale concordia di tutti i gruppi rispetto allo scopo ultimo, ossia quello, come detto, di prevedere uno specifico insegnante di educazione motoria nella scuola primaria. L'idea di fondo è condivisa da tutte le forze politiche, l'idea cioè che l'attività sportiva è importante da ogni punto di vista e non soltanto per il singolo, ma per la società intera, perché, non solo migliora la salute e il benessere psicofisico delle persone, ma le educa a valori sani e a comportamenti consoni alla convivenza civile e pacifica.

Per questo motivo, l'idea condivisa da tutti è che tutti debbano essere introdotti ed educati alla pratica sportiva fin da bambini attraverso la scuola. Alle riunioni del Comitato ristretto ha preso parte anche il Governo, nelle persone del Viceministro Fioramonti e, nell'ultimo incontro, anche del sottosegretario Giuliano, che ringrazio per il loro contributo alla redazione del testo. Ringrazio anche il Ministro che, sia pure indirettamente, ha seguito con attenzione le fasi di lavoro del Comitato e che considera di grande importanza il risultato che ci prefiggiamo.

Il Comitato ristretto ha fin da subito deciso di ricorrere allo strumento della delega legislativa, in modo da demandare al Governo la definizione degli aspetti più tecnici della disciplina, nel rispetto di precise indicazioni che sono state dettate in forma di principi e criteri direttivi nella delega. Il testo che sottoponiamo a quest'Aula è esattamente il testo elaborato in seno al Comitato ristretto. Il lavoro del Comitato è stato ripreso per intero e senza modifiche dalla Commissione plenaria. Non solo, infatti, non sono stati approvati emendamenti al testo del Comitato ristretto, ma non ne sono stati nemmeno presentati.

Sul testo sono stati richiesti i pareri delle altre Commissioni competenti e, trattandosi di delega legislativa, anche del Comitato per la legislazione. A parte la Commissione bilancio che non si è ancora pronunciata, ed esprimerà, quindi, il proprio parere direttamente all'Assemblea, le altre Commissioni e il Comitato si sono pronunciati in senso pienamente favorevole o non ostativo, con l'eccezione della Commissione affari costituzionali che ha espresso parere favorevole con due osservazioni.

La prima osservazione evidenzia l'opportunità di chiarire se le procedure concorsuali per l'assunzione del personale docente di educazione motoria saranno regolate dalla disciplina generale dettata dall'ordinamento per l'accesso ai ruoli per l'insegnamento nella scuola primaria, ovvero almeno di specificare la tipologia di concorso cui si intende ricorrere, ad esempio: concorso per titoli ed esami o per soli esami.

La seconda osservazione suggerisce di prevedere sullo schema del decreto legislativo l'intesa con la Conferenza unificata in luogo del semplice parere della stessa. Considerato il poco tempo disponibile – il parere è stato infatti acquisito giovedì scorso – la valutazione delle osservazioni della I Commissione è stata rinviata alla base di discussione in Assemblea.

Veniamo ora al contenuto della proposta di legge. In sostanza, il testo oggi in discussione dà al Governo un anno per definire nel dettaglio tecnico-giuridico la normativa di legge necessaria per far sì che l'educazione motoria nella scuola primaria costituisca insegnamento curricolare impartito da insegnanti forniti di titoli specifici. Una volta emanato il decreto di attuazione della delega, il che, come detto, non avverrà prima di un anno, il Ministero applicherà la nuova normativa a partire dal primo anno scolastico utile. Questa espressione - primo anno scolastico utile - è stata scelta per lasciare al Ministero il tempo di compiere tutti gli atti necessari all'avvio della riforma. Ricordo, infatti, che dopo l'emanazione del decreto delegato occorrerà ancora svolgere le procedure concorsuali necessarie per la selezione degli insegnanti di educazione motoria, formare i ruoli e così via.

Quanto al profilo degli insegnanti di educazione motoria, la volontà condivisa dalla Commissione è stata quella di equipararli a tutti gli effetti agli altri insegnanti della scuola primaria, quindi sia sotto il profilo retributivo sia sotto quello dello stato giuridico.

Da questa premessa è discesa la decisione di richiedere come requisito la laurea magistrale, che è il titolo chiesto agli altri insegnanti. Si è deciso pertanto di fissare come requisito il possesso di uno o di due titoli di studio alternativi: o la laurea magistrale della classe scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate LM 67, oppure un altro titolo di studio nel campo delle attività motorie, ma necessariamente unito alla laurea magistrale, nella classe scienze della formazione primaria LM 85-bis.

L'altro titolo di studio da unire alla laurea magistrale in scienze della formazione primaria può essere la laurea nella classe scienze delle attività motorie e sportive L 22, oppure il diploma rilasciato dagli ex istituti superiori di educazione fisica, oppure un altro titolo di studio equiparato ai primi due. È stato poi specificato che l'insegnamento di educazione motoria dovrà essere impartito per almeno due ore settimanali per classe di alunni.

Un punto importante che tutti i gruppi hanno toccato è stato quello degli alunni con disabilità. La legge delega chiede espressamente al Governo di prestare attenzione agli alunni con disabilità, con l'obiettivo in sostanza di assicurare che anche loro, compatibilmente con le specifiche disabilità individuali, possano beneficiare dell'insegnamento di educazione motoria.

Infine, la delega prevede espressamente che il decreto legislativo rispetti l'autonomia delle istituzioni scolastiche per quanto riguarda l'organizzazione delle attività e degli orari di insegnamento dell'educazione motoria e le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

Per quanto riguarda le autonomie territoriali ordinarie, la delega prevede l'acquisizione del parere della Conferenza unificata Stato-autonomie territoriali. È previsto, inoltre, che sullo schema del decreto legislativo, quindi prima della sua adozione, il Governo acquisisca anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e i profili finanziari.

Disposizioni integrative o correttive della disciplina del decreto delegato potranno essere inserite entro due anni dall'entrata in vigore del decreto stesso.

Prima di concludere voglio dire due parole sulla copertura finanziaria del provvedimento. Il Comitato ristretto ha lasciato la questione della copertura finanziaria come ultimo punto da trattare, anche per l'ovvia ragione che la manovra di bilancio per il prossimo triennio è ora in corso di definizione.

Di fatto, il Comitato non ha avuto il tempo di discutere a fondo il nodo della copertura finanziaria. Tale nodo, quindi, non è stato sciolto compiutamente e sarebbe stato preferibile che la Commissione avesse avuto più tempo per lavorarci. Ai lavori della Commissione è stata, però, imposta un'accelerazione dalla Conferenza dei presidenti di gruppo riunitasi il 29 novembre, che ha deciso di far iniziare oggi la discussione del provvedimento in Aula. È stata valutata la possibilità di chiedere alla Presidenza della Camera un rinvio della discussione, ma il provvedimento era iscritto, in quota opposizione, nel calendario di Assemblea su richiesta del gruppo di Forza Italia, il quale gruppo, in sede di Comitato ristretto, si è detto contrario a una richiesta di rinvio. Con l'aiuto del Governo è stata, quindi, individuata una copertura finanziaria iniziale, che però andrà integrata prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo.

Come ho già detto, la Commissione bilancio non si è ancora espressa, quindi cominciamo oggi la discussione senza ancora conoscere il suo parere sulla copertura finanziaria. Ad ogni modo, se anche la Commissione bilancio dovesse evidenziare problemi, l'auspicio di tutti – e credo ora di interpretare il sentimento di tutte le forze politiche – è che questi problemi possano essere risolti rapidamente, in modo che la proposta di legge sia licenziata dalla Camera dei deputati prima delle festività di Natale e possa, magari, essere approvata in via definitiva dal Senato già nei prossimi primi mesi dell'anno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Il sottosegretario Giuliano, nel frattempo, è andato via. Prendo atto che il Governo, comunque, non intende intervenire.

È iscritta a parlare la deputata Virginia Villani. Ne ha facoltà.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Il rappresentante del Governo si è allontanato un attimo e rientrerà subito.

PRESIDENTE. Il Governo, comunque, esiste ed è qui con noi.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Sì, sì. Io mi riferivo al sottosegretario Giuliano, sottosegretario competente…

PRESIDENTE. Non si preoccupi. Prego, prosegua.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il testo di legge che la Commissione cultura, scienza e istruzione sottopone oggi all'attenzione di questa Assemblea, come detto precedentemente – ecco qui il sottosegretario, senza di lei non possiamo partire – nasce dall'abbinamento di alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare, tra cui l'Atto Camera n. 914, di cui sono la prima firmataria.

Le proposte sono pervenute da maggioranza e opposizione e tutte concordavano sull'esigenza di introdurre, all'interno dell'organico della scuola primaria, la figura del docente specialista di educazione motoria, che naturalmente sarà selezionato sulla base di specifici titoli culturali. Tutto questo ha permesso di arrivare facilmente a un testo comune, il testo di legge Atto Camera n. 523, Marin, che nella sua veste definitiva ha inglobato le altre proposte di tutti i gruppi parlamentari.

Qual è la novità? In realtà, l'educazione motoria nella scuola primaria oggi è una disciplina inserita a pieno titolo nel curricolo e viene impartita per due ore alla settimana.

Tale insegnamento, però, oggi viene impartito dal docente di posto comune, che non necessariamente ha le competenze e i titoli adeguati per l'insegnamento di questa disciplina. Quindi la novità di questa legge è proprio la volontà, la forte volontà da parte del Governo e da parte di tutti i gruppi di inserire un docente esperto in motoria per avviare i nostri piccoli alunni a un processo di acquisizione e di sviluppo di competenze diffuse attraverso cui i nostri bambini esprimono le proprie abilità, le proprie motivazioni e le proprie percezioni del mondo, interagendo nel contesto socioculturale in cui essi vivono.

Rivalutare tale insegnamento serve, inoltre, anche a contrastare obesità e sedentarietà. Oggi leggevamo, con il collega Mariani, un articolo nel quale si dice che il 73 per cento dei nostri bambini si muove pochissimo ed è a grande rischio obesità.

Quindi, questo tipo di attività costituisce per il bambino, nella scuola primaria, il primo setting strutturato in cui attua attività motorie dotate di connessioni semantiche e logiche con altri apprendimenti disciplinari. Contribuisce, inoltre, in modo significativo, al processo educativo della persona, attraverso lo sviluppo della percezione del sé corporeo, l'apprendimento di competenze motorie, l'aumento delle opportunità quantitative e qualitative, svolgere esperienze motorie in cui gli allievi siano pienamente coinvolti non solo sul piano fisico-motorio ma anche cognitivo, emotivo e sociale.

Purtroppo, dobbiamo costatare sempre di più che, soprattutto nei primi anni della primaria, arrivano bambini che non hanno ancora raggiunto la competenza di salire e scendere le scale, per esempio, o di fare piccoli saltelli: è una cosa, a nostro parere, molto grave.

E' doveroso, quindi, da parte di tutta l'Assemblea prendere atto che le evidenze scientifiche non riguardano unicamente gli effetti delle attività pratiche sul piano organico-funzionale ma si snodano in più direzioni; in particolare, sono in aumento, negli ultimi anni, gli studi svolti sulle relazioni esistenti tra specifiche modalità organizzative delle attività motorie e il funzionamento cognitivo, con particolare riguardo ai processi di memorizzazione, sull'acquisizione di altre competenze disciplinari, sui rapporti tra le diverse tipologie di attività motorie e sportive e sul rendimento scolastico del bambino e dell'adolescente, l'aumento dei livelli di attività fisica quotidiana e, quindi, il successo scolastico.

I risultati di tali studi mostrano in modo diretto e indiretto gli effetti positivi dell'attività fisica sui processi di apprendimento e sui risultati scolastici nell'età evolutiva, soprattutto in considerazione del fatto che per molti bambini e ragazzi fare sport a scuola resta l'unica finestra di opportunità per svolgere attività fisica strutturata, che contribuisce a rispettare le linee guida internazionali e a promuovere effetti positivi sui processi di crescita.

La nostra proposta di legge risponde, quindi, all'esigenza di inserire un docente esperto con qualificata formazione e promuovere l'attività motoria come opportunità chiave per generare significativi benefici per la salute nelle diverse età e promuovere apprendimenti specifici e trasversali.

In quest'ottica avrà un'importanza cruciale anche la formazione specifica dei docenti. Le istituzioni educative e i ricercatori di tutto il mondo sostengono che l'alfabetizzazione motoria dovrebbe avere e deve avere, a nostro avviso, lo stesso valore educativo degli altri linguaggi e degli altri ambiti disciplinari e degli altri alfabeti. L'importanza che questa scelta avrà la vedremo nel futuro dai risultati di tale nuovo approccio nella scuola primaria.

Per questo l'educazione motoria deve essere il punto di partenza, e non certo il punto di arrivo, su cui basare una didattica inclusiva, che possa garantire lo sviluppo armonico di ogni singolo nostro alunno. Questo modo di intendere il movimento come elemento basilare certo non è un pensiero recente: già lo stesso Piaget definiva la motricità come il punto di partenza per lo sviluppo delle funzioni cognitive, e non solo fisiche, del bambino Sulla stessa scia di pensiero Gesell, che ha mostrato come lo sviluppo motorio abbia un ruolo fondamentale nella formazione della personalità e dell'intelligenza del bambino.

Il movimento, potenziando le abilità senso-percettive, influisce positivamente nello sviluppo intellettivo, ha delle ripercussioni sulla dimensione emotiva del bambino; attraverso le attività motorie il bambino acquisisce valori morali importanti come il rispetto, la solidarietà, l'aiuto reciproco. Il movimento, dunque, costituisce un importante strumento di formazione della persona umana. Inoltre, l'educazione fisica a scuola fornisce conoscenze e competenze trasferibili, come il lavoro di gruppo, il tutoring, il comportamento leale, il rispetto per gli altri, la consapevolezza del proprio sé e, a livello sociale, oltre a favorire la comprensione generale del rispetto delle regole di gioco che gli studenti possono immediatamente sfruttare anche per altre discipline di studio e nella vita.

Dati i suoi numerosi benefici, l'attenzione a livello europeo verso la promozione dell'attività fisica è cresciuta in maniera esponenziale. Il Trattato europeo di Lisbona ha offerto le basi sul piano giuridico affinché l'Unione europea richiedesse lo sviluppo della dimensione europea nello sport e la promozione delle questioni sportive a livello europeo; in pratica, il Trattato europeo di Lisbona ha offerto le basi sul piano giuridico per lo sviluppo dello sport e la sua promozione a livello europeo. L'insieme di attività motorie, che ogni individuo sviluppa in forma individuale o organizzata, denominato genericamente sport, viene quindi unanimemente considerato, dopo la famiglia e la scuola, l'agenzia formativa più importante, attraverso la quale può essere garantito ai giovani, fin dalla primissima infanzia, uno sviluppo equilibrato, in un contesto altamente socializzante e orientato all'acquisizione permanente di stili di vita salutari e in generale apportatori di benefici riscontrabili in tutto l'arco della vita. Oggi, nella maggior parte delle scuole italiane, vengono attivati progetti di educazione alla salute, di educazione a corretti stili di vita, oggi parliamo di biologico nelle mense scolastiche, e tutto questo concorre naturalmente a raggiungere l'obiettivo fondamentale di garantire un benessere psicofisico ai nostri bambini. L'educazione fisica è quindi una materia, a pieno titolo, prevista da tutti i curricoli europei nazionali; è obbligatoria in tutti i curricoli nazionali esaminati sia a livello primario che secondario. In tutti i Paesi europei l'obiettivo principale dell'educazione fisica è favorire lo sviluppo psicofisico personale e sociale dei ragazzi e viene spesso sottolineata anche la promozione di uno stile di vita sano. Addirittura, in Irlanda, a Cipro e in Finlandia è divenuta materia obbligatoria, insieme all'educazione alla salute, materia obbligatoria con l'intervento del docente esperto, cosa che in Italia io mi auguro fra qualche, non lo so, anno o mese, possiamo augurarci anche noi. Prevenire il disagio, la dispersione scolastica e la marginalità sociale è un dovere e un impegno della scuola e delle istituzioni.

Come Movimento 5 Stelle, governo del cambiamento, abbiamo il dovere di promuovere una nuova didattica orientata alla formazione integrale della persona, in cui l'alfabetizzazione motoria diventi strumento facilitatore di approcci trasversali per trasmettere i valori delle regole, cooperazioni, altruismo e solidarietà che ciascun bambino potrà utilizzare in contesti differenti nel corso della propria esperienza. Un piccolo passo che potrebbe sviluppare competenze di cittadinanza attiva, cambiare l'atteggiamento verso le comunità e a dir poco migliorare il nostro Paese.

Vediamo in dettaglio la nostra proposta: la nostra proposta, come già ben delineato dal relatore, dà al Governo un anno per definire nel dettaglio tecnico-giuridico la normativa necessaria affinché l'educazione motoria nella scuola primaria costituisca un insegnamento curriculare impartito però da docenti forniti di titoli e competenze specifiche; sono vent'anni che ne stiamo parlando, e veramente sono orgogliosa di poter dire (scherzando l'altro giorno con i colleghi in Commissione lo dissi tra l'altro) che mi sono candidata per portare in Parlamento questa esigenza, un'esigenza fortemente avvertita, naturalmente dai bambini, ma anche dai docenti e dagli stessi dirigenti scolastici, che si sono sempre prodigati per garantire tale insegnamento nella limitatezza purtroppo delle risorse a disposizione. Per questo ruolo, è stato previsto il requisito della laurea magistrale che è il titolo richiesto agli altri insegnanti e il possesso di uno dei titoli di cui ha parlato precedentemente il collega Mariani; è stato poi specificato che l'insegnamento di educazione motoria dovrà essere impartito per almeno due ore settimanali per classi di alunni; questo, in realtà, già avviene, e un punto importante, che tutti i gruppi hanno toccato, è naturalmente anche quello della forte attenzione all'inclusività, all'inclusione e, quindi, quale attività, se non quella motoria, può favorire l'inclusione dei bambini con bisogni educativi speciali, favorire il tutoring, favorire il gioco di squadra e i lavori di gruppo. L'obiettivo quindi è assicurare a tutti i bambini con bisogni educativi speciali di avere un insegnamento specifico per l'educazione motoria.

A questi aspetti ovviamente vanno aggiunti i profili di natura economica, attualmente al vaglio della Commissione bilancio.

Per concludere, è giusto sottolineare, però, che per promuovere l'alfabetizzazione motoria nella scuola primaria si realizzano, ormai da diversi anni e anche nel nostro Paese, interventi periodici e di durata limitata e variabile, promossi da diverse istituzioni al fine di ampliare le opportunità di svolgere tali attività.

In quest'ottica, negli ultimi anni è stata attribuita maggiore importanza all'attività fisica e allo sport. Ne è un esempio il progetto di alfabetizzazione motoria nella scuola primaria portato avanti, da alcuni anni, di concerto dal CONI e dal Ministero dell'istruzione.

Tuttavia, il progetto denominato “Sport di classe” è un progetto estremamente limitato sia nel tempo, perché parte ad anno scolastico inoltrato, sia anche limitato a pochi destinatari, perché si riferisce esclusivamente alle classi quarte e quinte, per cui la prima, la seconda e la terza primaria sono escluse da questo progetto.

Ho parlato del progetto “Sport di classe” che, sebbene sia partito con ottime intenzioni, non riusciva a rispondere all'esigenza di garantire a tutte le classi della scuola primaria tale insegnamento. Il succedersi, poi, delle varie riforme purtroppo non ha ancora risolto la problematica riguardante la presenza curriculare dell'insegnante specialista. Siamo finalmente riusciti adesso a trovare una sintesi grazie a un accordo condiviso con le altre forze politiche in Commissione cultura. Infatti, non possiamo lasciare che problematiche di natura economica possano essere un ostacolo ad un'importante svolta nella storia della scuola italiana e per questo facciamo appello anche al Governo affinché si trovino le risorse necessarie perché questo possa avvenire (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Rossi. Ne ha facoltà.

ANDREA ROSSI (PD). Grazie, Presidente. Intanto, per suo tramite, mi consenta di poter ringraziare il sottosegretario Salvatore Giuliano che, per conto del Governo, si è fatto latore, in tempi molto rapidi, di quella che è stata una nostra proposta e ha dimostrato come, attraverso la consapevolezza da parte di diverse forze politiche del Parlamento di operare nella giusta direzione rispetto a una proposta condivisa, si possa ovviamente arrivare in quest'Aula con una proposta di legge delega, in questo caso, che ci consenta di dare una risposta puntuale al mondo dello sport e al mondo della scuola; una risposta molto puntuale - lo sottolineo - e che, però, sicuramente è una proposta che porta alcune risposte che questo settore necessitava di avere ormai da diversi tempi.

Voglio anche ringraziare, di conseguenza, il relatore Mariani, il collega Marin e tutti gli altri colleghi della Commissione che, appunto, si sono fatti interpreti e protagonisti di questo percorso che è avvenuto, come dicevo prima, in tempi abbastanza brevi.

Con questa proposta di legge di delega penso che noi diamo forza a quella che è la Carta europea dello sport. In particolar modo, ci sono due articoli della Carta europea dello sport, gli articoli 1 e 5 che vorrei qui leggere, in cui si trovano in pratica le ragioni, in questa Carta europea, anche di questa legge delega.

All'articolo 1, che riguarda lo scopo della Carta, si dice che bisogna: “Garantire a tutti i giovani la possibilità di beneficiare di programmi di educazione fisica per sviluppare le loro attitudini sportive di base”, mentre l'articolo 5 - “Creare la base” - ci dice: “garantendo la formazione di insegnanti qualificati, in tutte le scuole”, “incoraggiando la creazione di legami adeguati tra le scuole o altre istituzioni scolastiche, i club sportivi scolastici e i club sportivi locali” e “favorendo l'educazione all'etica sportiva per tutti gli studenti fin dalla scuola elementare” ed è quello, appunto, che si cerca di fare attraverso questa proposta di legge delega.

Come dicevo, noi oggi diamo forza a un settore come quello dello sport, come ricordava bene il relatore Mariani nella sua relazione iniziale. Purtroppo, tale materia non sempre ha avuto la necessaria attenzione, la necessaria capacità di poter essere ascoltata e non sempre ha avuto anche la necessaria attenzione economica, perché il tema dello sport troppo spesso - e questo lo sa anche chi ha avuto la possibilità di fare l'amministratore nelle sue esperienze passate - è uno di quei temi, appunto, che è sempre stato relegato, purtroppo, un po' come una delega di serie B.

Invece, attraverso quest'intervento specifico di legge delega noi ridiamo quel giusto valore sociale allo sport. Diciamo che lo sport quindi, attraverso questo intervento, trova la sua giusta attenzione, anche perché - non dimentichiamocelo - stiamo parlando di un mondo composito, di un mondo che vede la presenza di oltre 10 milioni di atleti iscritti tra le diverse federazioni sportive nazionali e tra gli enti di promozione sociale. È un mondo, inoltre, che si relaziona con oltre 165 mila società presenti sul territorio italiano. Quindi, stiamo parlando, appunto, di qualcosa di straordinario per la sua presenza sul nostro territorio.

E allora noi siamo nelle condizioni, attraverso questo intervento, di dare forza a una richiesta, a una richiesta, appunto, di valorizzazione di questa realtà e sono due i filoni sui quali noi abbiamo cercato di costruire questa proposta.

Il primo filone è, appunto, quello dell'educazione motoria per la valorizzazione dell'individuo, la valorizzazione dello sport per dare forza e valore all'individuo e alle sue potenzialità; l'altra è la valorizzazione di una professionalità che in questo Paese è riconducibile ai laureati in scienze motorie, che troppo spesso non sono stati ascoltati e a cui invece noi riusciamo, attraverso questo intervento, a dare una risposta rispetto ad un grido d'aiuto che in diverse occasioni è stato rivolto anche al Parlamento.

Non dimentichiamoci, infatti, che c'è stata in quest'Aula la possibilità, nelle passate legislature, di esaminare alcune proposte di legge. Penso, ad esempio, alla proposta “Coccia, Fossati, Molea, Vezzali” nella XVII legislatura che, appunto, cercava di dar valore ai laureati in scienze motorie e oggi noi con questo intervento siamo nelle condizioni, appunto, di dare forza e dare una risposta, seppure ciò rappresenti un primo passo - seppure! - perché è evidente, come diceva il relatore Mariani, che molto probabilmente il passaggio più complicato che noi concediamo al Governo con questa legge delega sarà la necessità di raccogliere quelle che sono le risorse necessarie per un investimento sul mondo della scuola così importante.

In conclusione - anche perché poi avremo la possibilità, anche domani in dichiarazione di voto, di portare una posizione più articolata -, come ricordava il collega Mariani, il Partito Democratico ha presentato una proposta di legge un po' più articolata che non si fermava solo al rapporto tra scuola e sport, che non si fermava solo al tema dei laureati in scienze motorie ma che cercava di porre l'attenzione anche ad altre questioni, e penso a quella che era l'introduzione di una giornata commemorativa, consapevoli del fatto che già oggi esiste la Giornata dello sport del CONI che è il 3 giugno. Però, ad esempio, dato che noi pensiamo che la scuola svolga un ruolo fondamentale nel processo educativo e di crescita dell'individuo, noi avevamo chiesto la possibilità di valutare l'introduzione di una giornata a ricordo dei tanti eventi tragici che il mondo dello sport purtroppo ha dovuto affrontare, eventi di violenza ed eventi che comunque nulla hanno a che fare con il vero aspetto che è contemplato nella parola “sport” che è, appunto, il rispetto della relazione e dell'educazione.

Avevamo fatto questa proposta e avevamo cercato di portare l'attenzione sul tema delle professioni sportive e sul tema della managerialità nel mondo dello sport.

Inoltre, avevamo cercato di portare l'attenzione al rapporto tra scuole e sport per quanto riguarda soprattutto la presenza oggi, in tante scuole italiane, dell'associazionismo sportivo dilettantistico, che trova, appunto, in quelle scuole e in quei luoghi la possibilità di promuovere le specifiche discipline.

Nel momento in cui, appunto, c'è la possibilità di relazionarsi nel mondo delle scuole e dello sport attraverso l'associazionismo sportivo, è altrettanto giusto che ci siano delle convenzioni quadro che - nel momento in cui c'è una relazione con il soggetto comunque debole o potenzialmente debole, che è il ragazzo nella scuola primaria dai 6 agli 11 anni - garantiscano alcune caratteristiche delle società sportive dilettantistiche che, in relazione con il mondo della scuola, garantiscano, appunto, il soggetto potenzialmente debole.

Quindi, queste sono proposte che non disperderemo, sono proposte che ripresenteremo in quella che vorrà essere, da parte nostra, una legge quadro complessiva sul mondo dello sport e sulla sua governance, anche perché ovviamente abbiamo appena concluso una discussione in quest'Aula sulla legge di bilancio e in quest'Aula - e anche nella Commissione specifica -abbiamo portato, anche con un ordine del giorno, la nostra contrarietà, per esempio, al fatto che sul tema della trasformazione della CONI Servizi S.p.A. in Sport e Salute S.p.A. e, quindi, andando a modificare quella che è la governance del mondo sportivo non ci sia stata quell'adeguata attenzione e coinvolgimento non solo esclusivamente di quest'Aula e delle diverse rappresentanze politiche di quest'Aula, ma anche e soprattutto del mondo sportivo nella sua composizione articolata, che, come dicevo prima, non è fatta solo dal CONI, ma è fatta di federazioni, è fatta di enti di promozione sportiva, che sono, ovviamente, un po' il cuore pulsante, le istituzioni vere che governano oggi lo sport in questo Paese.

Ecco, lì abbiamo avuto, dal mio punto di vista, un esempio negativo di come costruire un processo di riforma del mondo sportivo. Qui, oggi, portiamo in quest'Aula, invece, un contributo positivo di relazioni, di condivisione e di sostegno anche da parte del Governo alla proposta che è arrivata dalla Commissione per portare un valore aggiunto nel mondo della scuola attraverso quello che dicevo prima. È una materia che ritengo fondamentale, nonché straordinaria nella sua varia complessità, che è, appunto, la tematica dello sport (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Patelli. Ne ha facoltà.

CRISTINA PATELLI (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge che stiamo per approvare in questo ramo del Parlamento, e che già in Commissione ha riscontrato un'ampia condivisione da parte di tutte le forze politiche, mira a introdurre nei programmi scolastici l'insegnamento dell'educazione fisica con un numero di ore definito, attuato da insegnanti specializzati in materia. Nel presentare in Aula il disegno di legge “Disposizioni per la promozione dell'attività fisica e dell'educazione motoria nella scuola primaria”, parto dal considerare che l'ultima edizione dello European Health Report mostra come l'Italia stia portando avanti promettenti misure per raggiungere gli obiettivi fondamentali delineati nel Piano Salute 2020.

Ciononostante appare evidente come ancora diversi passi in avanti possano essere fatti su adolescenti e bambini. Si pensi che il 26 per cento dei maschi di 15 anni in Italia è in sovrappeso e obeso. Nel nostro Paese si fa poco o nulla per potenziare la presenza della ginnastica a scuola, come risulta chiaramente dal rapporto “Educazione fisica e sport a scuola in Europa” elaborato da Eurydice, la rete europea per l'informazione sull'istruzione.

Sebbene i dati siano fermi a qualche anno fa, precisamente al 2013, la situazione non è cambiata molto. La nostra è una delle pochissime nazioni dell'Unione europea che, pure avendo indicato l'educazione motoria come materiale obbligatorio nelle scuole primarie, ha consentito la completa flessibilità di orario; e ciò significa fare svolgere attività fisiche ai bambini quando e come meglio credono. Peccato che questo si traduca molto spesso solo nel fare un po' di corsa o qualche esercizio a corpo libero. Solo per fare un paragone, in Irlanda l'orario medio minimo annuo raccomandato per le scuole primarie si attesta intorno alle 37 ore; in Francia si arriva a più di 100, occupando circa il 10 per cento della didattica. Una materia che, dunque, assume pari dignità rispetto a tutte le altre. Facendo un rapido calcolo, gli studenti italiani arrivano alla fine della scuola primaria avendo accumulato un ritardo decisivo rispetto, ad esempio, ai loro colleghi tedeschi, dove le ore ogni anno sono più di 80, e ai danesi, dove l'educazione fisica occupa 70 ore di lezione l'anno.

E sommando mese dopo mese, il divario stimato può sfiorare anche le 500 ore; e non basta che le cose migliorino alla scuola secondaria di primo e di secondo grado, perché in essa, infatti, le ore obbligatorie di educazione motoria sono in media 66 l'anno, permettendoci di superare nazioni come la Spagna, che è ferma a quota 24, ma rimanendo comunque inesorabilmente dietro a Paesi più virtuosi, come la Francia, l'Austria, la Polonia, la Germania, dove anche i ragazzi più grandi devono svolgere circa 100 ore di sport durante l'anno scolastico.

Una delle principali azioni che si vogliono intraprendere è quella di promuovere nei giovani l'assunzione fin dalla scuola primaria di comportamenti e stili di vita funzionali alla crescita armoniosa, alla salute, al benessere psicofisico, oltre che al pieno sviluppo della persona.

Una progettualità che migliora la qualità della scuola e, soprattutto, la rende più attuale, come avviene analogamente con il tema dell'educazione civica, che, per volere di questo Governo, sarà un insegnamento obbligatorio e curriculare della scuola materna sino alla secondaria di secondo grado (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

VALENTINA APREA (FI).Veramente c'è già!

CRISTINA PATELLI (LEGA). Sull'educazione motoria, per perseguire questa strada lungimirante, è stata riconosciuta come l'espressione di un diritto personale e strumento di apprendimento cognitivo, e su questo tema è stato svolto un importante lavoro in Commissione con il contributo di tutte le forze politiche. L'introduzione dell'insegnamento qualificato di educazione motoria offrirà a tutti i bambini migliori opportunità di un sano sviluppo psicofisico. Si tratta di un provvedimento rilevante per il mondo scolastico, che mette al centro le necessità degli alunni, e non solo quelle del personale, senza tralasciare le specifiche esigenze dei bambini diversamente abili, che sono tenute in considerazione attraverso apposite disposizioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Per venire allo specifico sui contenuti, il testo unificato delle proposte di legge che originariamente disciplinavano direttamente l'argomento conferisce al Governo una delega in materia di insegnamento dell'educazione motoria nella scuola primaria, allo scopo di riservare lo stesso a insegnanti con titolo specifico, come già avviene a legislazione vigente per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, e di definire un minimo di due ore settimanali di insegnamento per ciascuna classe. In particolare, in base all'articolo 1, i principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega prevedono: la riserva dell'insegnamento dell'educazione motoria nella scuola primaria a soggetti in possesso alternativamente di laurea magistrale conseguita nella classe LM-67, scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate; laurea magistrale conseguita nella classe LM 85-bis, scienze della formazione primaria, unitamente a laurea conseguita nella classe L-22, scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate, o diploma conseguito presso gli ex Istituti superiori di educazione fisica o titoli di studio ad essi equiparati.

Viene, di fatto, stabilita l'equiparazione degli insegnanti di educazione motoria quanto allo stato giuridico ed economico agli insegnanti della scuola primaria. Tenendo conto che per gli insegnanti di scuola primaria l'orario di insegnamento è pari a 22 ore settimanali, distribuite in non meno di cinque giornate settimanali, a cui si aggiungono due ore da dedicare alla programmazione didattica, da attuarsi in incontri collegiali dei docenti interessati, è prevista la determinazione dell'organico degli insegnanti di educazione motoria in modo da garantire almeno due ore settimanali di insegnamento in ogni classe. È interessante richiamare, al riguardo, la legge n. 205 del 2017, legge di bilancio 2018, che ha disposto che il 5 per cento dei posti per il potenziamento delle discipline motorie e allo sviluppo di comportamenti ispirati a uno stile di vita sano, con particolare riferimento all'alimentazione, all'educazione fisica e allo sport, sia destinato alla promozione dell'educazione motoria nella scuola primaria. In questo modo questa legge va nella direzione di attuare con provvedimenti specifici quanto previsto.

Ricordo che la legge richiama anche il rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche con riferimento all'organizzazione delle attività e degli orari relativi all'insegnamento dell'educazione motoria. Ma, soprattutto, per gli alunni con disabilità, con apposite disposizioni, vengono tenute in considerazione le loro esigenze specifiche. Il testo prevede l'inserimento nel piano educativo individualizzato di indicazioni specifiche per l'espletamento dell'attività motoria che tengano conto del profilo di funzionamento. L'insegnamento delle scienze motorie nella scuola primaria, quindi, è tra i punti del programma del MIUR presentato alle Commissioni cultura e istruzione di Camera e Senato ed è tra gli obiettivi inseriti nel contratto di Governo Lega-MoVimento 5 Stelle. Indice, questo, che il problema della mancata attività motoria a scuola fino a 11 anni è particolarmente sentito dalle forze politiche.

Ricordo ancora che dal rapporto UE-OCSE sullo stato di salute dei sistemi sanitari nei diversi Paesi europei emerge che la percentuale di obesi tra i bambini italiani tra i sette e gli otto anni è tra le più alte in Europa. Secondo il rapporto, il problema è legato almeno in parte agli scarsi livelli di attività fisica praticata.

Attualmente nella scuola primaria, infatti, l'attività sportiva è relegata in un ruolo residuale, svolta per un'ora da insegnanti di altre materie, per cui molti dei nostri ragazzi non ne percepiscono neppure l'importanza; e se in famiglia non c'è sufficiente attenzione nell'insegnare l'importanza dello sport per il benessere psicofisico, molti giovani si astengono dal praticarlo.

L'idea di introdurre e promuovere l'attività fisica e l'educazione motoria nella scuola primaria con degli insegnanti specializzati nella materia è di fondamentale importanza, in quanto bisogna tutelare la salute dei nostri studenti già dai primi anni dell'obbligo scolastico, quando la sedentarietà sviluppa diversi problemi durante la crescita, a partire da quelli posturali. Inoltre l'attività motoria garantisce una maggiore interazione sociale, che risulta importante soprattutto per i bambini tra i 6 e gli 11 anni.

Per quanto attiene alla formazione, i docenti, appunto dicevamo, dovranno essere ex diplomati ISEF o laureati in scienze motorie. Per entrare in ruolo si dovrà superare un concorso pubblico per titoli ed esami, e l'inquadramento sarà quello previsto per gli insegnanti della scuola primaria, con un orario di 22 ore di servizio settimanale. Il disegno di legge prevede che all'insegnamento di educazione motoria siano destinate due ore settimanali, e che in presenza di alunni disabili l'insegnante di educazione motoria sia supportato dal docente di sostegno.

Già dal 2010 erano partiti progetti a livello sperimentale gestiti dal MIUR e dal CONI, riservati ad alcune classi di IV e di V per inserire qualche ore di attività motoria con l'incremento di un'ulteriore ora alla settimana, con la presenza a fianco del maestro di un tutor che era un vero insegnante di educazione fisica. I risultati di tali programmi sono ancora tutti da verificare, mentre le spese sono risultate fuori controllo, con differenze abissali tra Nord e Sud del Paese: nel 2018 un'ora di educazione fisica è costata dieci volte di più in Campania che in Lombardia, 15 euro al Centro-Nord, 130 euro nelle otto regioni meridionali.

Auspico che questa proposta diventi legge al più presto, e che trovi in quest'Aula la più ampia convergenza tra le forze politiche di maggioranza e opposizione, perché oltre all'importanza del movimento nell'età evolutiva, lo sport insegna a rispettare le regole, a saper accettare le sconfitte, e contemporaneamente essere consci dei propri limiti; e come in ogni ambito, non solo nella scuola ma anche nella vita, ogni studente può mostrare le sue capacità, dalla forza alla resistenza, dallo scatto alla concentrazione. Inoltre si dà la possibilità ai ragazzi di avvicinarsi alle varie discipline sportive, di testare le proprie capacità e preferenze, scegliendo poi di praticare una determinata attività sportiva nel proprio tempo libero, magari arrivando all'agonismo, imparando così l'organizzazione del tempo da dividere tra studio e sport: tutti elementi, questi, di fondamentale importanza, che contribuiscono ad una crescita sana ed allontanano i ragazzi dalle devianze e dalle numerose sollecitazioni negative che sempre più li circondano.

Ringrazio - e qui chiudo e concludo - tutti i colleghi che in Commissione hanno lavorato su questo documento, in attesa che vengano assegnate le adeguate coperture finanziarie per attuare tutte le misure incluse nel provvedimento, come sarà previsto nell'articolo 2, che prevede 10 milioni di euro annui a partire dal 2019 (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Valentina Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA (FI). Presidente, sottosegretari, colleghi, sinceramente ho più motivi di soddisfazione in questo dibattito.

Il primo: sicuramente è una legge di Forza Italia. Noi abbiamo chiesto, nella quota destinata alle forze di opposizione, di partire da questa legge nella Commissione cultura e in questa legislatura, la XVIII. Quindi una volontà precisa: come è noto, abbiamo depositato molte proposte di legge, ma abbiamo deciso di partire da questa; e abbiamo trovato ovviamente terreno fertile, perché non abbiamo dovuto faticare per convincere le altre forze politiche di maggioranza e le altre di opposizione, che pure qui abbiamo sentito, sulla bontà di questo provvedimento.

Secondo motivo di soddisfazione, Presidente e sottosegretari: il proponente, l'onorevole Marco Marin, campione olimpico e mondiale di sciabola, ha vinto medaglie d'oro, d'argento, bronzo, nella scherma i giochi olimpici, è stato campione del mondo nel 1995; ma è anche medico. Non sappiamo, Marin, se questa scelta tu l'hai fatta più perché sei stato un campione o perché sei un medico e avverti i limiti degli interventi in questo campo e perché hai osservato la vita degli studenti e dei bambini che sono a scuola, e hai compreso che così non si poteva andare avanti. Hai detto sempre in Commissione che ovviamente entrambe le cose ed entrambe le esperienze ti hanno portato a questo; certo è che da oggi diventa un testimone, Marin: diventa un testimone, un modello positivo per i giovani. Come peraltro il relatore, perché siamo stati fortunati in questa legislatura: abbiamo il proponente che è un campione; non è da meno il relatore Mariani, che ha vinto il bronzo olimpico nella disciplina del judo (Applausi).

Allora due campioni del nostro sport, della nostra nazione, che si ritrovano in Commissione cultura. Commissione che si occupa anche di sport, come giustamente il nostro collega di Fratelli d'Italia, Mollicone, dice sempre che noi dovremmo evidenziare, e presto avremo anche questa competenza ben in evidenza tra le competenze della Commissione cultura. Due campioni che alla fine si ritrovano, pur da strade diverse e da discipline diverse, a convincere dirigenti scolastici, donne di scuola, politici, perché qui c'è anche la legge cosiddetta Rampelli, politici di lungo corso, Rossi ed altri esperti amministratori, quindi gente che comunque ha vissuto e avvicinato i problemi; hanno convinto la Commissione, e quindi oggi siamo qui perché ci siamo ritrovati su questa necessità di partire subito con un'indicazione al Governo.

Lo strumento, la legge delega: è vero, forse era nel contratto, non dubito di questa cosa, è stato ricordato, ne ha parlato il Ministro Bussetti, per carità. Il Ministro Bussetti poi è anche a sua volta un esperto e a conoscenza dei fatti; il sottosegretario Giuliano viene dal mondo della scuola, protagonista della scuola del Sud; un po' tutti abbiamo sentito Virginia Villani. Insomma, decidiamo in Commissione cultura, per essere protagonisti come Parlamento di questo cambiamento, di scrivere una legge delega. Lo strumento è importante, perché è l'intero Parlamento che dà un'indicazione al Governo e dice: ora è arrivato il momento.

E il Parlamento, attraverso la Commissione cultura, decide anche in particolare alcuni aspetti di questa legge, perché, di fatto, indicando l'insegnante di educazione motoria come uno specialista si fa un passaggio e si determina una svolta soprattutto nella scuola primaria. Perché, come è noto, se nella scuola secondaria di primo grado e di secondo grado noi abbiamo dei docenti di educazione fisica (ha detto bene Mariani, dovremmo superare anche la dizione, questo modo di chiamarli abbastanza datato), noi determiniamo una scelta che è quella poi che ha fatto l'Europa; che ha fatto tutto il mondo prima di noi, ma siccome noi siamo in questo continente, quello europeo, ci interessa compiere un'analisi di tipo comparativo con gli altri Paesi europei. Bene: arriviamo quasi ultimi.

Quindi, questa indicazione, nello strumento della legge delega, ci consente anche, almeno sul piano legislativo, di superare un gap che ci vede, appunto, tra i pochi Paesi europei che ancora non hanno previsto l'insegnamento dell'educazione motoria affidato a specialisti.

Ancora, un'ultima motivazione, questa volta più didattica e di sistema, da donna di scuola, da esperta di sistemi scolastici, credo che con l'indicazione che arriva dal Parlamento, ad inizio di legislatura, con una legge delega, di superare le tante sperimentazioni che pure ci sono state in questi anni, ebbene, noi, con questo strumento, chiudiamo il cerchio: dall'anno prossimo o, comunque, da oggi, da quando verrà approvata, Presidente, questa legge, l'Italia sceglie di avere un insegnante specialista di educazione motoria nella scuola primaria. E questa è una svolta. Allora, lasciatemi ringraziare, però, gli insegnanti della scuola primaria che tanto hanno fatto, perché, poi, certamente, è vero, nella maggior parte dei casi sono insegnanti molto più abituati ad ottenere risultati nella lingua italiana, nella matematica, nell'aritmetica, nella lettura o nella scrittura, però, a modo loro hanno sempre fatto, anche, un po' di educazione motoria.

Ma, oggi, noi sappiamo che quel poco o tanto non basta più, perché abbiamo bisogno di avere esperti e specialisti, perché i campioni ce lo dicono, lo sport non è una cosa che si improvvisa, è importante fare sport agonistico o essere corretti anche solo nella camminata; ricordava la nostra collega i problemi posturali che abbiamo tutti, se andiamo tutti quanti adesso a farci visitare o facciamo vedere a qualche medico specialista come camminiamo, questi troverà sicuramente da ridire e sicuramente ci darà una cura. Allora, io dico che prevenire è sempre meglio che curare. Così, sono stati ricordati gli indici alti di obesità, non parliamo, poi, delle malattie legate al cuore, cardiovascolari; tutti i cardiologi che si incontrano nei convegni e negli incontri legati all'educazione dell'infanzia e dell'adolescenza ci dicono: siete matti a tenerli 40 ore a scuola seduti, siete matti e poi volete farceli curare quando sono adulti. Quindi, si tratta di 40 ore, perché abbiamo pure aumentato gli insegnanti per il tempo pieno, vero sottosegretario? Ci saranno più classici a tempo pieno, al Nord sono tutte a tempo pieno, in Lombardia e Veneto, abbiamo i bambini per 40 ore in una classe e, a parte fra mense e dopo mense e qualche momento di laboratorio, purtroppo, li vediamo sempre ancora, come cent'anni fa, seduti a seguire un insegnamento frontale. Quindi, insomma, abbiamo bisogno di fare questa svolta.

E, allora, vediamo nel merito, insomma, che cosa proponiamo. Io credo che - al di là, chiaramente, delle indicazioni specifiche che poi saranno oggetto di atti amministrativi che ci auguriamo il Governo voglia subito far seguire, nel corso di questo anno - la cosa più bella, colleghi, che abbiamo scritto stia proprio nel primo comma: “Al fine di promuovere nei giovani, fin dalla scuola primaria, l'assunzione di comportamenti e stili di vita funzionali alla crescita armoniosa, alla salute, al benessere psico-fisico, al pieno sviluppo della persona, riconoscendo l'educazione motoria quale espressione di un diritto personale e strumento di apprendimento cognitivo, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante disposizioni per disciplinare, a partire dal primo anno scolastico utile rispetto all'entrata in vigore del predetto decreto legislativo, l'insegnamento curricolare dell'educazione motoria nella scuola primaria, da parte di insegnanti forniti di idoneo titolo, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi (…)” e seguono i principi direttivi.

Quindi, come vedete, la scelta non è soltanto legata - per carità è importante anche quello - alle due ore obbligatorie, ma ha un obiettivo didattico, pedagogico e, soprattutto, educativo molto più ampio che si riferisce all'intera crescita della persona, proprio come il rapporto Eurydice, che è stato già richiamato in quasi tutte le sue parti dalla collega Villani, ha sempre ricordato agli Stati membri dell'Europa e cioè che l'educazione fisica a scuola non solo contribuisce a migliorare la forma fisica e la salute degli alunni, ma li aiuta anche a svolgere attività fisica, comprendendone, al tempo stesso, l'importanza e le ripercussioni positive per tutta la vita, oltre a fornire competenze, come abbiamo già detto. E per questo il Trattato europeo di Lisbona del 2009, quindi noi arriviamo dopo dieci anni, lo ripeto, dopo dieci anni, ha offerto le basi sul piano giuridico affinché l'Unione europea richiedesse lo sviluppo della dimensione europea nello sport e la promozione delle questioni sportive a livello europeo.

Nell'ottica di questi sviluppi politici, il rapporto dal titolo Educazione fisica e sport a scuola in Europa, con la finalità di descrivere lo stato dell'arte dell'educazione in 30 Paesi, ci evidenzia i punti chiave di debolezza e di forza dell'educazione fisica a scuola. Ora, io mi auguro che quando ci sarà, sottosegretario, una nuova edizione del rapporto Eurydice, l'Italia possa fare una figura migliore e possa essere, anzi, presentata come un modello, perché questo è uno dei pochi vantaggi di quando si arriva per ultimi a fare una riforma: si sono conosciuti anche gli aspetti di forza delle proposte che hanno preceduto la nostra. Abbiamo detto che l'educazione fisica - ci ricorda il rapporto Eurydice europeo - è materia prevista da tutti curricoli nazionali; gli aspetti li ha ricordati Virginia, ma mi piace ricordare, perché questo è molto interessante per capire quanto, questa legge, vada al di là dell'introduzione degli insegnanti di educazione motoria e delle due ore, intanto esempi di approccio interdisciplinare: in Repubblica Ceca, Germania e Norvegia, le regole stradali per i pedoni e per i ciclisti fanno parte del curriculum di educazione fisica; nei Paesi nordici gli alunni imparano a usare mappe e altri strumenti per orientarsi nell'ambiente naturale; oddio, senza fare quello che era successo - voi sapete, no? - a quei ragazzi che erano andati in cerca di grotte e, quindi, ecco, senza spingerci troppo in là, ci basterebbe che, davvero, i nostri ragazzi sapessero orientarsi un po' di più, senza magari utilizzare i navigatori elettronici. Piuttosto, mi piace ricordare, ancora, che in Repubblica Ceca, Grecia e Polonia, questo farà piacere a Marin e a Mariani, è molto importante familiarizzare i giovani agli ideali e ai simboli olimpici; è una cosa che noi abbiamo cancellato nella scuola, lo sport agonistico, la passione, il capire come si diventa campioni, cosa fanno i campioni quando fanno i campioni, cioè quando vanno a gareggiare; questa è un'altra forma di emulazione, di buon esempio, di tutoraggio, di testimonianza di buone pratiche. In Slovenia, gli insegnanti di materie diverse dall'educazione fisica sono incoraggiati a interrompere occasionalmente le lezioni in classe per il minuto della salute. Presidente, mi chiedevo, potrebbe farlo anche lei, qualche volta, quando stiamo ore e ore, in quest'Aula, e ci date la pausa tecnica soltanto dopo 3 o 4 ore. Qui, il minuto della salute, durante questa breve interruzione gli alunni svolgono attività motorie di rilassamento, aggiusterebbe un po' le famose… poi i campioni che sono nel Parlamento ci potrebbero aiutare…

PRESIDENTE. Lo proporrò in Ufficio di Presidenza.

VALENTINA APREA (FI). Magnifico! Già questo è un ottimo risultato anche per noi, che ne abbiamo forse più bisogno dei bambini, perché loro, insomma, in qualche modo recuperano.

Giochi e ginnastica sono le due attività obbligatorie più comunemente insegnate. Le autorità centrali di molti Paesi hanno previsto nei curricoli attività motorie di base come camminare, correre, saltare, lanciare e, fra le attività obbligatorie di educazione fisica nelle scuole, i giochi, come si sa, quelli con la palla sono i più diffusi.

Ma vi dico che, per esempio, in tutt'Europa, atletica, danza, giochi, ginnastica, fitness, salute, attività all'aperto e avventure, nuoto, sport invernali o altro fanno parte dell'attività curricolare. Adesso anche noi - beh, io parlo del nord, sicuramente molte scuole hanno le settimane bianche - ma, per esempio, il sud potrebbe fare nuoto, il primo trimestre sicuramente dell'anno, settembre, ottobre, guardo il sottosegretario Giuliano che proviene dal Salento, quindi, secondo me, voi un bel corso di nuoto potete pure… Sull'orario, due ore; le due ore sono indicative questo è chiaro, però una figura che, invece, è esperta e specialista può sicuramente andare ben oltre l'orario, c'è l'effetto contaminazione per vari tipi di attività fisica e sport extracurricolari. Pensate che in molte scuole danesi gli studenti praticano la corsa mattutina prima dell'inizio delle lezioni, altri Paesi utilizzano intervalli prolungati durante i quali vengono svolti vari tipi di attività fisica all'aperto o in palestra. Noi adesso, ecco sorridiamo - no? - quando sentiamo queste cose; bisognerebbe proprio farlo e bisognerebbe imparare da bambini e non arrivare alla nostra età e sentire il medico che ti dice, qualsiasi medico: guardi, lei sta bene, ma se non fa venti minuti almeno - eh, è vero? - di camminata lei, insomma, è a rischio come tutti gli altri. Beh, insomma se le nostre scuole acquisiscono un po' più di sensibilità anche per queste forme, che non è perdita di tempo perché purtroppo noi siamo “gentiliani” nella testa, se i bambini non stanno con la testa sui libri e non studiano, tutto il resto è gioco e perdita di tempo. Insomma, naturalmente noi ci auguriamo che con questa legge, sottosegretario, appunto è stato detto ma voglio ribadirlo anch'io, si chiuda definitivamente la fase della lunga sperimentazione, che ha visto sia il Ministero col CONI, i progetti nazionali, il progetto sport di classe per il potenziamento dell'educazione motoria nella primaria, un nuovo sistema di governance dello sport a scuola attraverso l'integrazione delle competenze di MIUR e CONI, i centri sportivi scolastici, gli studenti con disabilità, la formazione iniziale sul campo dei docenti, sono stati tutti approcci sicuramente importanti, ma sperimentali, che chi ha vissuto direttamente nelle scuole sa che lasciano poi il tempo che trovano perché la debolezza intrinseca della sperimentazione evidentemente non dà buoni frutti: cambia l'insegnante l'anno dopo, le ore, invece di due ore diventa un'ora perché improvvisamente il Ministero non ha più fondi, il CONI improvvisamente cambia protocollo… Insomma, noi abbiamo bisogno di certezze in questo campo; la sperimentazione è servita per capire che queste son cose valide.

E voglio concludere - perché poi tutto il resto davvero lo affidiamo al Governo, avremo modo di parlare, Presidente, quando presentiamo gli articoli - con le regioni, con i contributi delle regioni. Bene, io, in sei anni di giunta regionale in regione Lombardia, ho approvato, insieme all'assessore Rossi, un altro campione della canoa, i provvedimenti «A scuola di sport», «Lombardia in gioco V edizione», con finanziamenti certi, un milione l'anno e anche qui, vedete, accordi di collaborazione fra regione Lombardia ufficio scolastico regionale, CONI Lombardia, CIP Lombardia, ANCI Lombardia e comuni hanno fatto la loro parte. Concludo con i numeri, che sono tantissimi. Dunque, il progetto è rivolto a tutte le classi, dalla I alla V, 20 settimane al fine di favorire… il 50 per cento delle risorse viene ripartito su base provinciale, quindi erano tutti. Ecco anche per il 2018 e 2019, quindi sono ancora in corso, noi abbiamo le scuole beneficiarie del contributo regionale, sono state praticamente tutte le scuole primarie della Lombardia e termino su questo dato. Oltre a constatare l'aumento del numero di alunni partecipanti, dai 62.811 dell'anno scolastico 2014-2015 ai 111.638 del 2017-2018. Quindi, vuol dire che c'è una richiesta davvero diffusa e ci auguriamo che questo provvedimento e questa svolta, che segna comunque sicuramente un cambiamento decisivo nell'organizzazione dell'insegnamento della scuola primaria, possa essere solo l'inizio di un'attenzione maggiore e di una benevolenza nei confronti dello sport e dell'educazione motoria (Applausi).

PRESIDENTE. Intanto salutiamo alunni e insegnanti dell'Istituto comprensivo “Marco Polo”, di Roma, che assistono i nostri lavori (Applausi).

È iscritto a parlare il deputato Federico Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Credo che questo sia, al di là del clima dimesso del lunedì, un giorno importante perché è una delle proposte di legge, in questo caso delega, nata in Commissione grazie, come ricordava la collega Aprea, al testo del collega Marin, di Forza Italia, incardinato e poi abbinato con gli altri testi, tra cui quello a prima firma di Fabio Rampelli e del sottoscritto che - ricordiamolo, visto che abbiamo giustamente ricordato tutti i palmarès degli altri, del relatore Mariani, di Marin - Fabio Rampelli, oltre a essere un parlamentare di lungo corso, è stato anche un nazionale di nuoto, è stato ai mondiali di nuoto, quindi insomma questa legge nasce sotto i buoni auspici di persone che lo sport lo hanno praticato a livelli mondiali, lo conoscono bene e sanno quanto importante possa essere per la formazione della persona.

Dicevo, si è svolta in un lavoro congiunto di abbinamento dei testi, di affinamento dei testi e devo dire è un lavoro proficuo, penso anche in Commissione. Evidentemente la nostra sensibilità, la sensibilità di Fratelli d'Italia per la questione generale dello sport, anche proprio per la questione nominale dello sport, a me sembra paradossale, ma quando l'ho scoperto ovviamente ho proceduto subito a formalizzarlo, ma che una Commissione come la VII che si occupa di sport in maniera diretta e per competenza, non lo avesse nel nome e per questa ragione mi sono fatto promotore - ringrazio anche qui colleghi di averla sottoscritta - di una proposta di legge per cambiare la dicitura della Commissione. Io pensavo fosse un atto automatico che si potesse fare in un Ufficio di Presidenza della Camera e invece dobbiamo fare addirittura una proposta di legge. Forse dovremo cambiare questo Regolamento della Camera perché se una dicitura di una Commissione è incompleta probabilmente va completata con una semplice riunione, non addirittura con una proposta di legge, ma noi siamo ottimisti e auspichiamo appunto che la VII Commissione diventi la Commissione cultura, istruzione, sport editoria, ricerca e scienza. Anche editoria manca, e l'abbiamo aggiunta.

Detto questo, entrando nel merito del testo, abbiamo visto che c'è stata una convergenza anche di intenti con i colleghi con i vari testi, per cui in effetti l'abbinamento è stato abbastanza semplice in quanto i testi partivano da tesi e da approcci abbastanza convergenti. La presente proposta ha la finalità di valorizzare la funzione educativa e di tutela della salute attraverso la pratica dell'attività sportiva nell'età più delicata, che è quella, importante, dello sviluppo dei bambini, in particolare appunto della primaria. È importante che in età compresa tra i 7 e gli 11 anni i bambini si avvicinino nel modo corretto alla pratica sportiva e sotto la guida e il controllo di personale qualificato e professionale, per garantire i benefici dell'attività e impedire i danni che potrebbero essere causati da esercizi non corretti. Questo senza nulla togliere, ovviamente, alle maestre, che facilitano in maniera saltuaria, anche talvolta volontaria, dei momenti di educazione motoria. Pensiamo però, e lo pensiamo tutti, che sia necessario, come succede negli altri ordini e gradi, che a fare questa attività sia personale specializzato. La scuola primaria deve offrire, vedete, un'educazione sportiva che non sia solo attività motoria. Infatti, l'importanza delle attività pre-sportive e sportive per i bambini è, fondamentale, Presidente, sia per le positive ripercussioni sulla salute psicofisica, dalla correzione di posture sbagliate, come è stato detto anche dalla collega Patelli, alla socializzazione, che per l'alto contenuto educativo che possono esprimere i valori dello sport - no? Come si dice sempre -, dal rispetto delle regole, dell'avversario, alla lealtà e alla capacità di cooperazione, che sono i fondamenti dell'attività sportiva.

Si potrebbe dire che, soprattutto nell'infanzia, tutta l'educazione è principalmente fisica, in quanto impegnare il corpo nell'esplorazione e nella rappresentazione del mondo è una modalità di base dell'apprendimento: è piena valorizzazione del sé.

Occorre dunque dare un forte impulso all'educazione motoria nella scuola primaria attraverso un percorso formativo che, nel rispetto del bambino e dei suoi ritmi di crescita, utilizzi la cultura e la pratica motoria e sportiva come elemento essenziale dello sviluppo integrale della personalità.

Per questa ragione, con questo provvedimento, con cui diamo indicazione al Governo di istituire il ruolo del personale docente di educazione primaria, al quale possano accedere quanti sono in possesso del diploma di laurea in scienze motorie, come al decreto legislativo 8 maggio del 1998, n. 178, o il diploma degli ex Istituti superiori di educazione fisica (il famoso ISEF), equiparato ai sensi della legge 18 giugno 2002, n. 136, sulla base di graduatorie di merito, per titoli ed esami, definite con decreto del Ministero dell'Università e della ricerca.

È indiscusso il valore che, a livello mondiale, ricopre la pratica sportiva e, soprattutto, la sua corretta applicazione. Per questo motivo riteniamo sia importante promuovere la figura del laureato in scienze delle attività motorie e sportive, insieme a quella di professionisti specializzati e non improvvisati che, nelle scuole primarie, seguano in modo corretto i bambini. Una corretta pratica sportiva è necessaria per i bambini in età evolutiva, come dicevamo. Purtroppo, non a tutti è data la possibilità di un approccio allo sport al di fuori delle ore scolastiche. La presente proposta di legge intende venire incontro anche a quei bambini le cui famiglie, o perché non sono nella possibilità, o perché non comprendono appieno il valore, non agevolano i figli nel corretto svolgimento di attività fisico-motorie.

L'integrazione scolastica degli alunni con disabilità costituisce un punto di forza della scuola italiana, che vuole essere una comunità accogliente, nella quale tutti gli alunni, a prescindere dalle proprie diversità funzionali, possano realizzare esperienze di crescita individuale e sociale. Per queste ragioni la proposta in esame ribadisce quanto già contenuto nell'offerta formativa dei piani scolastici e da disposizioni del Miur in merito alla corretta pratica sportiva anche per i bambini disabili, prevedendo la figura dell'insegnante di sostegno e di supporto all'insegnante di educazione motoria. Obiettivo della presente disposizione normativa è quello di riconoscere e affidare l'insegnamento dell'attività professionale a soggetti in possesso di laurea con formazione specialistica, secondo un piano di offerta formativa e un monte ore non inferiore a due ore settimanali, con un orario di servizio per gli insegnanti pari almeno a 22 ore settimanali, definito con decreto del Ministero dell'Università e della ricerca.

Abbiamo poi presentato un emendamento - non ce ne vogliano i colleghi - che consideriamo migliorativo, per aprire le scuole come laboratori motori con gli enti sportivi e le associazioni del territorio in osmosi con i centri sportivi. In sede di Comitato ristretto, già il Governo lo aveva anche accettato come - evitando facili ironie - punto “g” del provvedimento.

Invito quindi i colleghi della maggioranza a rivalutare la posizione su questo aspetto perché, altrimenti, risulterebbe pregiudiziale. Infatti, in regime di autonomia scolastica le scuole dovrebbero poter divenire centri aperti per il territorio, così come in modo spontaneo molte già fanno con l'autonomia. Questo favorirebbe anche lo sport diffuso extrascolastico a tariffe sociali e sappiamo quanto ciò sia importante per i nostri figli.

In conclusione, anche se non fa parte del provvedimento, credo sia giusto un accenno ai Giochi della gioventù dato che questo provvedimento, potenzia l'educazione motoria, mettendola a sistema e ricreando una rete di un vero e proprio vivaio nazionale sportivo, che parte, come succedeva negli anni passati, dalle scuole, fin da quelle elementari. Giochi della gioventù che sono nati nel sessantanove e poi ripresi nel 2007. Un progetto importante, ambizioso, rinato sotto l'alto patronato del Presidente Repubblica e del CONI, che ha visto, nelle edizioni precedenti, l'adesione di più di 1.600 scuole, 3 mila insegnanti, oltre 10 mila classi e 210 mila studenti ripartiti in 100 province italiane.

Tuttavia, la nostra generazione, quella di chi parla, è cresciuta facendo i giochi nella propria scuola. Se poi si era bravi si passavano le selezioni regionali e si andava alla fase nazionale (ricordate il salto in lungo, il salto con l'asta, l'atletica, la corsa); poi dal 1996 al 2007 sono stati sospesi e quando sono stati ripresi hanno avuto un'impronta partecipativa e non più selettiva. Non abbiamo nulla contro la partecipazione allo sport e crediamo che sia, ovviamente, un cardine costitutivo dello sport, ma questa riteniamo che possa essere, per quanto riguarda i giochi della gioventù, un'impostazione discutibile, perché contraddice lo stesso messaggio olimpico. Lo sport deve essere per tutti, questo sì, ma poi deve anche selezionare i migliori. Questa cultura antimeritocratica ha contagiato, purtroppo, anche lo sport.

Auspichiamo che costoro si diffondano sempre di più e, grazie a questa legge, che diventi questo anche un modo per fare emergere i Pietro Mennea e le Sara Simeoni del domani. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Forza Italia-Berlusconi Presidente)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Manuel Tuzi. Ne ha facoltà.

MANUEL TUZI (M5S). Presidente, onorevoli colleghi, colleghe, la proposta di legge che oggi andiamo ad esaminare è l'esempio lampante di quanto il Movimento 5 Stelle creda nell'importanza del dialogo. È un qualcosa che portiamo avanti da anni nelle istituzioni, un confronto democratico, sano e costruttivo con le opposizioni, per cui quando l'obiettivo è realizzare l'interesse dei cittadini, ebbene, è sempre il benvenuto, finalmente.

L'obiettivo di questa proposta era quello di riportare finalmente nel nostro Paese un concetto lontano, del 1946, dell'Organizzazione mondiale della sanità, ovvero il concetto di salute, che è uno stato di completo benessere fisico, sociale e psichico, e non di semplice assenza di malattia. Diceva l'OMS che delegava agli Stati membri l'importante compito di creare quei percorsi virtuosi e di legiferare in materia al fine di raggiungere concretamente quello stato di salute necessario per i propri cittadini. Queste parole, questo impegno sociale, è di ben 72 anni fa e fa male costatare che oggi siamo nel 2018 e non è stato fatto praticamente nulla.

La legge che portiamo oggi qui in Aula getta quei presupposti, quel mattoncino necessario per la costruzione del diritto alla salute, attraverso la pratica sportiva nella scuola, nella primaria. Lo sport è spesso ormai sovrapposto nell'immaginario collettivo al business, agli ingaggi milionari di un manipolo di atleti e, se va bene, lo si sovrappone al gioco.

Quello che non ha mai fatto breccia nel nostro paese è il concetto di attività fisica come aggregatore di persone e di valori, come pratica di prevenzione sociale e sanitaria, come attività che ha ripercussioni sui cittadini italiani, sulla sanità, sulle tasse.

Purtroppo, i dati - che confermano ciò - ci dicono che l'Italia è indietro ed è in piena emergenza sociale e sanitaria, legata all'obesità, alla sedentarietà. Siamo al primo posto in Europa: venti bambini su 100, qui in Italia, sono in questa condizione, e più scendiamo al sud più questa percentuale sale, di oltre il 50 per cento in alcune zone.

L'obesità infantile - e lo dico da medico - porta un incremento del rischio di malattie croniche, di patologie cardiovascolari, di diabete, di ipertensione e riduce l'aspettativa di vita dei nostri ragazzi. Allora, cosa serve adesso, qui, per la scuola? Serve una visione, serve un'idea di politica e di futuro per i nostri ragazzi, che non va solo nelle competenze digitali, perché dobbiamo offrire ai nostri bambini un mix di competenze, in grado di valorizzare ogni aspetto della loro vita. È in questo quadro che la figura del laureato in scienze motorie, del diplomato ISEF diviene fondamentale, per ridare dignità all'educazione fisica, all'attività fisica, così come serve il docente specializzato nelle lingue straniere, o magari quello che supporta la didattica digitale. Ecco, così dobbiamo ottenere che a garantire tutto ciò, ci sia una corretta formazione dello sviluppo psicofisico del bambino.

Colgo l'occasione per annunciare la presentazione di un ordine del giorno affinché i bambini con deformazioni scheletriche, con problemi posturali, con patologie cardiovascolari, diabete, ipertensione, possano avere pari dignità e possibilità di accesso allo sport e all'attività fisica adattata a scuola. Questo lo si può fare solo attraverso un'azione sinergica tra i medici, i laureati in scienze motorie e i diplomati ISEF, che spero venga accolta con favore anche dalle opposizioni.

Negli ultimi anni a livello mondiale ci si è concentrati sulla promozione della salute e sulla prevenzione, perché permettono di risparmiare la spesa sanitaria riducendo gli accessi ospedalieri, il consumo di farmaci e le conseguenti prestazioni sanitarie. Insomma, si preserva la salute dei cittadini, da un lato, ma nello stesso tempo si ha un consistente risparmio in termini di tasse. Però, in Italia tutto questo fino adesso non è ancora avvenuto. Ed è per questo che forse doveva arrivare il MoVimento 5 Stelle che lo ha inserito nel suo programma e nel suo contratto di governo, dando centralità alla promozione e alla prevenzione della salute e spingendo l'acceleratore sul tema della salute per tutti.

Rileviamo con soddisfazione che su questo tema c'è anche un cambio di rotta da parte dei partiti tradizionali, perché questo Parlamento ha finalmente una nuova visione e al centro del dibattito ci sono la qualità, l'insegnamento, la formazione e le competenze, contrariamente a chi la scuola l'ha affossata mentre annunciava riforme epocali. Con questa proposta i laureati in scienze motorie e i diplomati ISEF ritrovano una dignità che in passato non è mai stata loro riconosciuta e soprattutto acquisiscono un ruolo cardine nel garantire la salute e il benessere psicofisico dei bambini. Fare sport o, meglio, attività fisica permette di non essere più semplici spettatori di un gioco, perché questo non vuol dire fare sport. Noi non vogliamo solo il professionismo, che è fondamentale per il nostro Paese perché deve dare anche l'esempio, ma vogliamo valorizzare lo sport di periferia, quello delle scuole, quello della sana competizione come mezzo di disciplina e aggregazione.

Noi non vogliamo che sia il business o lo spettacolo a gestire lo sport e la nostra riforma dello sport oggi parte da qui, dalle palestre, dalle scuole, dalle periferie e dal futuro dei nostri bambini, lontana anni luce da un'idea affaristica in cui la spettacolarizzazione e la mercificazione hanno preso il sopravvento sui valori fondanti dello sport. Chiariamoci: c'è differenza tra essere spettatori e attori e noi per lo sport qui in Italia vogliamo un teatro di attori, vogliamo che il fulcro sia l'attività fisica per il benessere delle persone, vogliamo un mondo in cui i valori dello sport diventino qualcosa di sano e necessario ma non un accessorio di cui si può fare a meno quando non serve.

Lo ripeto: bisogna riportare lo sport fuori dalle logiche meramente economiche. Basta! Basta al business e basta ai comitati di affari che condizionano la vita delle persone. Difendere il passato significa difendere tutto questo e chi non lo capisce o è cieco o è colluso con questo sistema. Noi vogliamo i mercanti fuori dal tempio e su questo non accetteremo compromessi, perché noi del MoVimento 5 Stelle pensiamo che in ballo ci sia qualcosa di più ovvero il futuro dei nostri ragazzi e qui in Parlamento e là fuori, nei campetti di periferia e nei grandi stadi e palazzetti, deve essere chiaro che d'ora in poi le persone e i giovani atleti saranno il nostro patrimonio da difendere e tutelare e noi del MoVimento 5 Stelle non svenderemo mai il Paese per gli interessi di qualcuno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Patrizia Prestipino. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PRESTIPINO (PD). Presidente, colleghi, io voglio portare la mia testimonianza di docente e di ex assessore allo sport di questa città e di quest'area metropolitana e voglio farlo con la pacatezza, la sobrietà e la misura - la metriotes dicevano i greci - con cui fino adesso si è lavorato in questa Commissione, con concordia e con armonia in tutti i partiti e trasversalmente, perché per noi il valore sociale e culturale dello sport, per la collega preside, per i colleghi campioni olimpionici e per tutti gli altri che hanno a cuore lo sport, l'amore per lo sport, dicevo, noi tutti l'abbiamo fatto confluire in questa proposta di legge delega e in questo Comitato ristretto, che ha lavorato per settimane con il sottosegretario in maniera assolutamente concorde (lo voglio ribadire oggi con forza).

Ma a me e a noi non interessano i toni da propaganda né ci interessa condannare chicchessia del passato o del presente. Noi lavoriamo per il futuro anche perché, caro collega, io ho fatto il presidente di municipio e l'assessore allo sport per il mio partito e l'ho fatto con assoluto senso del dovere e rispetto per le mie comunità. L'ho fatto credendo nel valore sociale dello sport, intendendo lo sport come aggregazione e l'ho fatto contribuendo al lavoro di tantissime associazioni sportive che lavorano al fianco delle scuole, nel pomeriggio nelle strutture scolastiche anche malmesse che nel nostro piccolo o nel nostro grande, a seconda dei diversi punti di vista politici, in ogni regione, in ogni comune e in ogni area metropolitana d'Italia abbiamo provveduto a rimettere in piedi. L'ho fatto anche dando contributi allo sport nelle scuole, nella realizzazione di campi sportivi, perché i nostri ragazzi la mattina, prima, e il pomeriggio, dopo, attraverso l'associazionismo potessero praticare le attività sportive e potessero esercitare l'attività motoria. È per questo che mi dispiace che oggi si usino toni di propaganda su questo argomento che dovrebbe unire - e non dividere - in onore dello sport, di chi è stato campione, di che ha portato la bandiera italiana alle Olimpiadi, di chi lavora ogni giorno con spirito di sacrificio, dall'insegnante di lettere alla maestra fino a questa nuova figura professionale che prenderà vita grazie a un lavoro di concordia e di armonia politica.

E adesso vado al dunque. Questo è un discorso che sta a cuore a tutti, perché l'intervento sulla pratica sportiva è un intervento anche sulla sanità degli italiani, sulla sanità fisica ma, soprattutto, sulla sanità psicologica e morale dei nostri giovani ragazzi e dei nostri bambini. Infatti, è vero - e l'hanno detto - che l'obesità colpisce il 12 per cento dei bambini italiani, ma anche il 24 per cento è in eccesso di peso e questo va a gravare non solo sulla salute del singolo bambino, e, quindi, anche sulle famiglie, ma anche sui costi sanitari, perché può anche produrre, negli anni, non solo un'incidenza economica sulle famiglie ma anche sullo Stato e sulle spese della regione, perché ciò vuol dire cure e vuol dire costi eccessivi, perché si tratta anche di patologie a volte non meglio identificate su cui bisogna lavorare ad personam, e ciò vuol dire che il bambino o l'adolescente quando cresce e diventa adulto può assentarsi dal lavoro e, quindi, anche lì c'è una compromissione delle casse dello Stato. Quindi, lavorare fin da bambini su questo problema significa guardare avanti ed avere una visione del futuro morale ma anche e soprattutto sociale ed economica della nostra società.

“Lo sport - diceva qualcuno - non costruisce la personalità. La rivela” ed è questo che noi puntiamo a fare, cioè che i nostri bambini tirino fuori la loro personalità. Dunque, non solo una corretta postura, come diceva bene la mia collega Valentina Aprea e come hanno detto gli altri colleghi, ma che tiri fuori il meglio di sé, il rispetto delle regole, la relazione con gli altri, con gli altri bambini. Infatti, non è sempre facile per un bambino timido esprimersi e lì, tramite lo sport, imparerà a rispettare le regole e ad esprimere il suo io. Sappiamo che il bambino a 6 anni - e io insegno agli adolescenti però ho pratica anche dei bambini e ne ho avuto pratica da presidente di municipio e da assessore, oltre che da zia di meravigliosi nipoti - ha la personalità dell'“io” e tramite lo sport, lo sport di squadra, può passare dall'“io” al “noi”, attraverso il gioco di squadra che non è più gioco di animazione ma diventa vera e propria pratica sportiva.

Lo sport è servizio alla persona. Il bambino impara ad avere igiene per il suo corpo, si lava, si fa la doccia negli spogliatoi e - perché no? - deve anche imparare a rispettare l'igiene del suo spogliatoio. Tutti abbiamo, credo, sotto gli occhi le immagini della squadra di calcio giapponese che ai Mondiali in Russia ha rimesso in ordine lo spogliatoio come se fosse il bagno di casa propria.

Ecco, I have a dream, ho questo sogno: che i nostri ragazzi, i nostri alunni, durante l'orario curricolare, ma anche dopo, quando fanno sport nelle scuole, tramite l'associazionismo o nelle società sportive dilettantistiche, abbiano a cuore i luoghi dove frequentano e praticano sport. La palestra la mattina, lo spogliatoio, gli spogliatoi delle nostre scuole sono ridotti malissimo. Non so quanti fondi del mio assessorato ho impegnato per la ristrutturazione delle palestre delle scuole di questa città e, soprattutto, degli spogliatoi. A volte fa freddo, non funzionano i termosifoni, c'è l'umidità, piove in palestra: sono cose che tutti noi sappiamo, tutti noi sappiamo.

Caro collega Tuzi, la invito a fare quello che abbiamo fatto noi per anni, i sopralluoghi nelle scuole continuamente, sopralluoghi per vedere quanto fosse agibile una palestra, quanto i nostri ragazzi potessero lavorare e praticare lo sport in sicurezza nelle palestre.

Ho visto palestre con spigoli vivi, perché noi abbiamo licei anche della fine dell'Ottocento, del Novecento, che avevano spazi non adibiti a palestre. Parlo di scuole elementari, parlo di scuole medie, parlo di licei. Bene, ero terrorizzata tutte le volte che entravo in una palestra, gli spigoli vivi erano la cosa che mi terrorizzava di più. Basta poco, lo abbiamo visto, basta poco per farsi del male, per fare male.

E, quindi, penso che questo nostro impegno assolutamente trasversale sia un impegno importante, caro sottosegretario; lo ha fatto durante i lavori di Commissione, lo prenda davvero come un suo e un impegno personale del Governo, perché sto ricevendo tantissimi messaggi da colleghi di educazione fisica, da presidi delle scuole elementari del mio collegio elettorale, che mi dicono: era ora, era ora, fatelo presto, fatelo bene, fatelo subito, perché questo è un atto politico di civiltà, che è assolutamente al passo con i tempi.

Un'ultima cosa, sottosegretario: ho apprezzato molto il passaggio in cui si parla di valorizzare l'associazionismo sportivo; nel nostro piccolo lo abbiamo fatto anche a Roma e nella provincia di Roma. In fondo, con la crisi dell'impiantistica pubblica, le palestre scolastiche sono diventate l'ossatura della pratica sportiva, e quello che è bello è che interagiscono la mattina - la parte curricolare, la parte scolastica - ma deve interagire adesso con il pomeriggio, perché l'associazionismo sportivo è l'anima delle comunità, è quello che permette a famiglie in difficoltà, che hanno anche problemi economici, di frequentare il pomeriggio le associazioni sportive nelle palestre scolastiche a costi sociali.

Quindi, mettere adesso in connessione questa nuova figura, questo nuovo impegno che ci sarà nelle scuole la mattina sull'attività sportiva con il pomeriggio diventerà fondamentale, perché in fondo diciamocelo che fino adesso sono state le società sportive dilettantistiche ad assolvere al compito della pratica motoria, della pratica sportiva. Sono state loro perché la mattina, almeno nella scuola primaria, come ha detto bene la collega, si fa sport, ma non con questa correttezza, con questo impegno, con questa costanza, con anche una copertura finanziaria ed economica che noi ci auguriamo, caro sottosegretario, che possa davvero crescere, perché è una cosa che noi auspichiamo; lo auspichiamo come parlamentari, come docenti, come presidi, come ex amministratori, perché crediamo nel valore e nella ricchezza di questa legge delega.

Un grande sportivo, che forse tutti voi conoscerete, che è Alex Zanardi, diceva: ci si può drogare anche di cose buone, e una di queste è certamente lo sport. Quindi, al bando le droghe cattive, al bando i grassi che ci fanno male al corpo e al cuore; viva lo sport, quello sano (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Presidente, onorevoli colleghi, complimentandomi con il relatore e con i colleghi che hanno contribuito all'attuale testo, e, per il mio gruppo, con i colleghi Marin ed Aprea, con soddisfazione prendo atto che si sia deciso, per rimanere in tema, di far correre questo provvedimento, che rappresenta un bel passo in avanti nella giusta direzione.

Il nostro supporto convinto in Commissione affari europei alla proposta nasce, tra l'altro, anche dalla necessità di recuperare un gap ad oggi evidente con gli altri Paesi europei; gap conclamato, pur esistendo - è stata ricordata - in ambito comunitario una cornice normativa generale consolidata in tema. La Carta europea dello sport, firmata a Rodi nel maggio del 1992, il Libro bianco sullo sport del 2007, il Trattato di Lisbona, lo ricordava la collega Villani, che all'articolo 6 e all'articolo 165 parla esplicitamente di dimensione europea dello sport a trecentosessanta gradi.

In tale contesto, la comunicazione della Commissione europea del gennaio 2011 indicava, tra l'altro, tra i nodi irrisolti per arrivare ad una dimensione europea dello sport, la differenza di approccio nell'insegnamento dell'educazione motoria nei singoli Stati membri.

Ma, venendo a noi, nel rapporto - anche questo è stato ricordato - del 2013 “Educazione fisica e sport a scuola in Europa”, elaborato da Eurydice, argomentando in modo puntuale, veniva sottolineato il fatto che ci sono per il nostro Paese alcune criticità: flessibilità dell'orario, formazione dei docenti, mancanza di linee guide, che, per la verità, vengono affrontate nei principi della delega in questione. Prima dell'attuale accelerazione voglio citare, come programma positivo, come good practice da rafforzare, da estendere, da ampliare, il progetto “Sport di Classe” in corso, che ha visto un'adesione crescente e risultati che possono e devono fornirci indicazioni utili.

Interessante l'idea del tutor sportivo scolastico, che affianca il docente ed è inserito all'interno del centro sportivo scolastico, la realizzazione di un percorso valoriale contestuale alle attività del progetto avente ad oggetto il fair play, la fornitura di attrezzature sportive, ma, soprattutto - e ho avuto la fortuna e il privilegio di vedere alcuni esempi bellissimi sul territorio - la realizzazione di attività che prevedono percorsi di inclusione degli alunni con BES e con disabilità.

Ancora migliore riuscita, sempre come best practice da citare sul piano regionale, il progetto “A scuola di sport-Lombardia in gioco”, che la collega Aprea ben conosce. Fece molto clamore, e la voglio citare in conclusione, allargando un po' il discorso, l'uscita circa un anno fa dello scrittore Giordano Tedoldi, che in un articolo sul quotidiano Libero propose, aprendo un dibattito, di abolire le ore di educazione fisica, definite solo uno svago, un momento di pausa, affermava lo scrittore in maniera provocatoria, concludendo che questa disciplina è la Cenerentola del programma scolastico, superata, e chi tiene al proprio corpo oggi ha le palestre, i circoli sportivi privati; per tenersi in forma c'è il pilates, lo yoga, la prepugilistica.

Toni provocatori e un po' sprezzanti, cui rispose sullo stesso giornale, tra i tantissimi, uno studente di terza media, in questo caso, con una lettera - leggo solo le prime due frasi - al suo insegnante: grazie per tutto quello che ha fatto per noi, scriveva il ragazzo, rammaricato delle sole due ore settimanali di educazione fisica. Grazie prof, perché ci hai fatto divertire, ridere, ma anche piangere. Ricordo l'emozione e anche le lacrime la prima volta che ho corso la campestre; il freddo, la nebbia, il fango, però all'arrivo il suo incoraggiamento. Grazie per avermi insegnato che è bello vincere, ma è più importante farlo senza barare, come abbiamo sentito e visto dagli atleti più grandi che sono venuti in palestra a parlare di doping.

Solo una testimonianza semplice, ma emblematica del fatto che l'educazione motoria a scuola può fornire conoscenze e competenze trasferibili, come il lavoro in team, il comportamento leale, il rispetto, la consapevolezza del corpo, oltre a favorire la comprensione generale delle regole del gioco, utile anche per le altre materie scolastiche e, soprattutto, nei percorsi della vita (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Partito Democratico).

MARCO MARIN (FI). Presidente, quando ho presentato nella scorsa legislatura per la prima volta questa proposta di legge, ho pensato immediatamente (e per quello l'avevo presentata) che dovesse andare a buon fine. Non è stato così nella scorsa legislatura, ci abbiamo riprovato questa volta; ed è per questo che mi sento di ringraziare intanto il sottosegretario Giuliano, che è presente, ma ancora il Viceministro Fioramonti, il Ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, tutti i colleghi della Commissione, ad iniziare dall'onorevole Aprea che è qui di fianco a me, e che insieme a me ha lottato all'inizio in Commissione, ma ha trovato subito terreno fertile con tutte le forze politiche, e abbiamo deciso di abbinare immediatamente, perché questa forse è una proposta condivisa. Ringrazio anche il relatore Felice Mariani, che come me ha avuto la fortuna di vestire quella maglia azzurra alle Olimpiadi che ti tieni poi sulla pelle e che non ti togli più.

Perché questa legge? Poi domani in dichiarazione di voto sarò più chiaro; ma vorrei ricordare solo alcune cose. Nella scuola primaria, quindi bambini dai 6 agli 11 anni, in modo anche semplice e chiaro, oggi, ringraziando per il lavoro che hanno fatto, l'educazione motoria, l'ora di ginnastica come viene chiamata, viene affidata agli insegnanti, alle maestre: noi parliamo di più di 18 mila scuole, quindi pensiamo a quanti bambini, ai nostri figli. E noi riteniamo invece - evidentemente tutti insieme, tutta la Commissione insieme, tutte le forze politiche - che quelle due ore che noi chiediamo vengano fatte oggi in Italia, l'impegno che chiediamo al Governo, siano indispensabili. So che si tratta di una spesa importante, ma avendo ricevuto l'appoggio sono certo che questo andrà a buon fine, che questa proposta di legge andrà a buon fine, con evidentemente un intervento economico molto importante.

Ma perché diciamo di approvarla? Perché vedete, lo sport insegna - già è stato detto molto, ma voglio ricordarlo - degli stili di vita. Non solo insegna degli stili di vita ai ragazzini stessi, a mio figlio, che oggi frequenta una scuola primaria, ai nostri bambini: insegna la capacità di stare insieme, la capacità di imparare che qualcuno è più bravo di te, e se per caso invece sei più bravo tu, a sapere che devi riuscire a stare insieme agli altri anche se sei magari portatore di un talento; perché non è facile vincere, non è facile perdere, hai le stesse difficoltà e le stesse facilità. Allora noi vogliamo che questa educazione motoria, perché i bambini tante volte alle 6 magari non cominciano… Ai 6 anni, scusate, ho sbagliato l'orario: ho messo un orario al posto di quella che era un'età. A 6 anni magari i ragazzini non vanno nella palestra sportiva: in quelle società sportive dilettantistiche, quei 4 milioni e mezzo di iscritti alle federazioni sportive, che sono poi la spina dorsale dello sport italiano, del volontariato che rappresenta lo sport italiano. Ecco, allora incominciano a fare la ginnastica e l'attività motoria: ma con chi e perché?

Perché è importante imparare degli stili di vita. Prima l'onorevole Aprea ricordava che io sono medico: prevenire, diciamo sempre noi medici, è meglio che curare. Allora la prevenzione è particolarmente importante. Ricordava prima l'onorevole Patelli dei dati sull'obesità: dal 26 al 30 per cento cambia poco, se l'ultimo dato della Federazione dei medici pediatri italiani dice 30 o dice 26 o dice 28. La verità è che il 30 per cento, quindi circa il 26, circa un terzo dei ragazzi italiani a 15 anni soffre di obesità. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che poi quando si diventa adulti si va incontro a delle patologie, con una spesa tra le altre cose per il Sistema sanitario nazionale importante (parliamo di miliardi di euro). Allora se è meglio prevenire che curare ed insegnare stili di vita, è importante che anche a scuola si cominci da subito, non solo con quella valenza sociale di cui parlava prima, ma anche pensando al welfare e pensando ovviamente alla salute dei nostri bambini, a stare insieme; non solo a stare insieme, ma anche a prevenire con stili di vita appropriati quelle che poi posso essere patologie che si sviluppano nella vita delle persone.

E per fare questo serve un approccio scientifico: quindi è importante che chi fa questo coi nostri figli sia preparato, sia laureato, abbia studiato e sappia come farlo. Ringraziando, ripeto, chi l'ha fatto fino ad oggi, ma siccome il mondo va avanti e corre veloce, è giusto che oggi… Tra altre cose è anche giusto dare sbocco lavorativo a chi studia, impegna anni della propria vita e prende una laurea in un settore come quello delle scienze motorie; ma dando soprattutto, pensando ai nostri figli, la possibilità di fare quest'ora di ginnastica, quest'ora di educazione motoria con persone assolutamente preparate.

Ricordo un dato: circa 24.766.000 mila italiani (è il dato vero che mi proviene dal CONI, dagli ultimi studi al CONI) non svolgono alcuna attività sportiva. È un dato enorme; ed è quello anche che si collega all'aspetto sanitario, quindi di welfare, di cui parlavo prima. Se noi cominceremo fin dalla scuola primaria, quindi i ragazzini dai 6 agli 11 anni, ad abituarli al movimento, al fare qualcosa, avremo fatto già così una grande cosa.

Allora l'intervento di oggi, che, ripeto, anticipa la mia dichiarazione di voto di domani, e che voglio completare velocemente, serve per dire: se tutte queste cose, questi dati che oggi ho sentito, se è vero che il Governo ha preso un impegno (e ringrazio il Governo), se è vero che la Commissione in modo unanime ha deciso che questa proposta di legge deve andare avanti, e io che l'avevo presentata già nella scorsa legislatura non posso che esserne particolarmente contento… E ringrazio veramente, perché poi lo sport non ha colore politico, e guai se qualcuno cerca di mettere il cappello sopra al movimento sportivo; perché sono spesso ex atleti quelli che del decidono di dedicare la propria vita allo sport, magari iscrivendosi al corso di laurea in scienze motorie o quelli che hanno fatto l'ISEF prima, e naturalmente sono previsti in questa proposta di legge, perché la loro esperienza - lo dico al sottosegretario - è comunque particolarmente importante, e so di sfondare una porta aperta.

Dicevo, se è veramente così importante, se questo impegno l'abbiamo preso tutti insieme lo portiamo avanti. Voglio ringraziare veramente la Commissione di come l'ha fatto.

Dicevo che non ha colore politico, lo sport: abbiamo dimostrato che si possono fare le cose bene e insieme. Usciranno anche altre cose, altre proposte di legge, che già abbiamo presentato, che riguardano lo sport, in Commissione. Domani, dicevo, mi riserverò di dire altre cose; però credo che il ringraziamento, e anche il metodo di lavoro, possa essere portato ad esempio per tutta l'Aula, perché la Commissione… Quindi con un'iniziativa parlamentare, perché il Parlamento è importante, e non si può svilirlo: noi deputati stiamo dimostrando che il Parlamento e il nostro ruolo sono particolarmente importanti. Lo si fa insieme in questo caso al Governo, che ha avuto la capacità e la voglia di ascoltarci.

Io mi sento di dire che questa è una legge particolarmente importante, che coinvolge tante famiglie e tanti bambini. Alle volte si svilisce la scuola e alle volte lo sport, mentre invece la politica non è fatta solo delle grandi opere, dove possiamo avere magari idee diverse, anzi sicuramente le abbiamo e l'abbiamo visto in questi giorni, ma è fatta anche di qualità della vita delle persone. Questa legge rappresenta un passo avanti nella qualità della vita dei nostri figli e delle famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 523-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Felice Mariani, che vi rinuncia.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, sottosegretario Salvatore Giuliano.

SALVATORE GIULIANO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca. Presidente, mi preme innanzitutto ringraziare tutti coloro che hanno contribuito con il loro impegno a realizzare questo provvedimento. Vede, signor Presidente, io non sono un parlamentare, ma da cittadino della Repubblica italiana vedere la VII Commissione (Cultura) della Camera dei deputati prima, e poi vederla in Aula lavorare in questo modo in sinergia, in totale sintonia, una sintonia che ha trovato il fattor comune nell'interesse per il benessere dei nostri alunni: veda, signor Presidente, questo mi inorgoglisce non poco.

Detto questo, come carattere generale voglio aggiungere, voglio dire qualcosa sul provvedimento nello specifico. L'attività motoria e la pratica sportiva hanno un fondamentale valore formativo ed educativo per lo sviluppo della personalità di ogni alunno: è emerso a chiare lettere nei vostri interventi precedenti; e favorisce la promozione dei corretti stili di vita. Quindi andiamo ben oltre l'attività motoria, i valori aggiunti sono tanti.

La scuola deve quindi considerare la pratica delle attività motorie e la cura del corpo come centrali nello sviluppo complessivo degli alunni: a tal fine, appare necessaria la presenza di personale professionalmente specializzato nel lavorare con il corpo sin dalla scuola primaria.

Già a partire dai programmi del 1955, nella scuola primaria è previsto l'insediamento della specifica disciplina educazione fisica; specifici traguardi prescrittivi per lo sviluppo delle competenze sono individuati nelle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, adottate con decreto ministeriale n. 254 del 2012. Secondo quanto stabilito dalle citate indicazioni nazionali, nella scuola primaria il curricolo dell'educazione al movimento prevede esperienze tese a consolidare stili di vita corretti e salutari come presupposto della cultura personale che valorizzi le esperienze motorie e sportive, anche extrascolastiche e come prevenzione di ipocinesia, sovrappeso e cattive abitudini alimentari, involuzione delle capacità motorie, precoce abbandono della pratica sportiva e utilizzo di sostanze che inducono dipendenza.

L'educazione motoria è l'occasione per sviluppare lo star bene con se stessi, per promuovere esperienze cognitive, sociali, culturali e affettive. Tutti voi avete rimarcato questi valori dell'attività motoria; inoltre, l'attività motoria e sportiva, soprattutto nelle occasioni in cui consente agli alunni della scuola primaria di sperimentare la vittoria o la sconfitta, lo diceva l'ultimo intervento di questa serata, può contribuire al progressivo apprendimento della capacità di riconoscere e di controllare le proprie emozioni. In particolare, l'attività sportiva promuove il valore del rispetto di regole concordate e condivise e i valori etici che sono alla base della convivenza civile. I docenti sono impegnati a trasmettere e a far vivere ai ragazzi i principi di una cultura sportiva portatrice di rispetto per sé e per l'avversario, di lealtà, di senso di appartenenza e di responsabilità, di controllo dell'aggressività - quante volte ci siamo occupati di problemi legati all'aggressività, che molto spesso sfociano in violenza vera e propria -, di negazione di qualunque forma di violenza, quindi.

L'impegno del Governo che deriva dall'odierna legge di delega, quella di cui stiamo discutendo, mira proprio a valorizzare e a garantire la qualità dell'attività motoria e della pratica sportiva nella scuola primaria, affidandone l'insegnamento, in via esclusiva, ad un docente qualificato e specializzato, ossia al docente di educazione motoria. Invero, a garanzia della specifica professionalità della figura, viene stabilito che per accedere all'insegnamento dell'educazione motoria nella scuola primaria i soggetti in possesso dei titoli prescritti debbano superare specifiche procedure concorsuali abilitanti. Il docente di educazione motoria viene equiparato, quanto allo stato giuridico ed economico, al docente di scuola primaria. Ai fini delle determinazioni organiche, viene previsto che il relativo fabbisogno di personale sia definito in ragione di almeno due ore di insegnamento di educazione motoria per classe; ovviamente, viene demandata all'autonomia delle istituzioni scolastiche l'organizzazione delle attività e degli orari di insegnamento dell'educazione motoria.

Infine, e chiudo signor Presidente, atteso il ruolo fondamentale che riveste la disciplina, nel processo di crescita, sviluppo e apprendimento degli alunni, viene stabilito che per i bambini con disabilità, siano previste specifiche indicazioni per l'espletamento dell'attività motoria nel piano educativo individualizzato, sulla base del profilo di funzionamento. Miriamo tutti ad una scuola che faccia star bene i nostri alunni e che sia inclusiva (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Gadda ed altri; Cenni e Incerti; Parentela ed altri; Golinelli ed altri: Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico (A.C. 290-410-1314-1386-A) (ore 18,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 290-410-1314-1386-A: Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 6 dicembre 2018 (Vedi l'allegato A della seduta del 6 dicembre 2018).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 290-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto, altresì, che la XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Pasquale Maglione.

PASQUALE MAGLIONE, Relatore. Presidente, il testo unificato delle proposte di legge A.C. 290 Gadda, Partito Democratico, A.C. 410 Cenni, Partito Democratico, A.C. 1314 Parentela, MoVimento 5 Stelle e A.C. 1386 Golinelli, Lega, all'esame dell'Aula, si compone di 21 articoli e reca norme per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico. Il provvedimento, inserito nei lavori dell'Assemblea nell'ambito della quota riservata ai gruppi di opposizione trae, quindi, origine da quattro proposte di legge, due delle quali, Gadda e Cenni, sono uguali a quelle dell'Atto Senato n. 2811 che è già stato approvato nella scorsa legislatura dalla Camera dei deputati.

In via preliminare, faccio presente che l'intervento normativo, richiesto unanimemente dagli operatori del settore, è motivato in ragione della crescita considerevole del comparto nazionale della produzione biologica che si è verificata negli ultimi anni, sia in termini di produzione, sia in termini di quantitativi di superfici adibite a colture biologiche. Quindi, tali ragioni hanno necessariamente determinato la volontà, da parte del Parlamento, di legiferare in materia. La principale regolamentazione della produzione biologica va, infatti, rinvenuta nella normativa europea e, più specificatamente, nel Regolamento (CE) n. 834/2007, applicabile fino al 31 dicembre 2020 quando diventerà operativo il nuovo Regolamento (UE) 2018/848. Quanto alla normativa nazionale di settore, ricordo che, da ultimo, con il decreto legislativo n. 20 del 2018 è stata rivista la disciplina in materia di controlli…

PRESIDENTE. La ringrazio…

PASQUALE MAGLIONE, Relatore. No, mi scusi, Presidente, non ho terminato….

PRESIDENTE. Prego, prosegua.

PASQUALE MAGLIONE, Relatore. Quanto all'istruttoria in Commissione, sono stati auditi i rappresentanti delle associazioni maggiormente rappresentative nell'ambito della produzione biologica, delle organizzazioni professionali agricole, dell'ANCI e dirigenti del Ministero. Da tutte le audizioni è emerso quello che abbiamo detto precedentemente e cioè la necessità di normare un campo che, in questo momento storico, nella nostra nazione, sta avendo un boom esponenziale.

Con riferimento ai pareri delle Commissioni in sede consultiva, segnalo che nessuna Commissione ha espresso rilievi, ad eccezione delle Commissioni affari costituzionali e politiche dell'Unione europea che hanno formulato un'osservazione. In proposito, segnalo che la Commissione affari costituzionali chiedeva che il piano triennale d'azione nazionale per la produzione biologica e i prodotti biologici, di cui all'articolo 7, fosse adottato previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Tale rilievo non è stato recepito, in quanto, in base all'articolo 5, comma 4, il tavolo tecnico nel quale siedono, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, tre rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano individuati dagli stessi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ha tra l'altro il compito di delineare gli indirizzi e le priorità per il Piano d'azione di cui all'articolo 6, con particolare attenzione alla ricerca nell'ambito della produzione biologica. Si è, quindi, ritenuto che un coinvolgimento delle regioni nella definizione del piano già ci fosse.

Una cosa che è importante sottolineare, prima di passare a quelli che saranno i contenuti, è il fatto che il testo unificato, licenziato dalla Commissione in sede referente, è una sintesi dei testi da cui origina, i quattro di cui abbiamo detto precedentemente, e tiene conto chiaramente di quelli che sono stati i rilievi durante le audizioni, ma soprattutto ha riscontrato una larga condivisione tra tutti i gruppi parlamentari.

Entrando nel merito del provvedimento, l'articolo 1 definisce l'oggetto e le finalità. La produzione biologica viene definita attività di interesse nazionale con funzione sociale e ambientale; il metodo di agricoltura biodinamica viene equiparato al metodo biologico nei limiti in cui il primo rispetti tutti i requisiti previsti a livello europeo per produrre il biologico. L'articolo 2 reca le definizioni di produzione biologica, prodotti biologici, di aziende e di piccole aziende agricole con metodo biologico. L'articolo 3 specifica, poi, che per autorità nazionale si intende il Ministro delle politiche agricole, alimentari forestali e del turismo, chiamato a svolgere attività di indirizzo e di coordinamento a livello nazionale per l'attuazione della normativa europea in ambito nazionale. L'articolo 4 individua come autorità locali competenti le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le quali sono chiamate a svolgere, per il settore, le attività tecnico-scientifiche e amministrative. Le regioni sono chiamate ad adeguare i propri ordinamenti ai principi espressi in questa legge. L'articolo 5 istituisce il tavolo tecnico per la produzione biologica, al quale viene affidato il compito di delineare indirizzi e definire le priorità per il piano d'azione nazionale per l'agricoltura biologica, di esprimere pareri e provvedimenti di carattere nazionale ed europeo in merito alla produzione biologica, di proporre attività di promozione del biologico, nonché di individuare strategie per favorire l'ingresso e la conversione delle aziende convenzionali al biologico. L'articolo 6 istituisce il marchio biologico italiano per quei prodotti biologici ottenuti da materia prima italiana.

L'articolo 7 prevede che il Ministero adotti il Piano d'azione nazionale per la produzione biologica e i prodotti biologici, contenente interventi per agevolare la conversione al biologico, con particolare riferimento alle piccole imprese agricole, sostenere la costituzione di forme associative e contrattuali per rafforzare la filiera del biologico, incentivare il biologico attraverso iniziative di informazione ed educazione al consumo, monitorare l'andamento del settore, favorire l'insediamento di nuove aziende biologiche nelle aree rurali montane, migliorare il sistema di controllo e di certificazione, incentivare enti pubblici ad utilizzare il biologico nella gestione del verde e a prevedere il consumo di prodotti biologici nelle mense pubbliche e in quelle private in regime convenzione, incentivare la ricerca, promuovere progetti per i prodotti provenienti da distretti biologici che permettono la tracciabilità delle diverse fasi produttive, l'informazione al consumatore sulla sostenibilità ambientale, la salubrità del terreno, la lontananza da impianti inquinanti, l'utilizzo di prodotti fitosanitari ecocompatibili e le tecniche di lavorazione e imballaggio utilizzate.

L'articolo 8 prevede che venga adottato il Piano nazionale delle sementi biologiche.

L'articolo 9 istituisce il Fondo per lo sviluppo della produzione biologica, alimentato dal contributo annuale, già previsto a legislazione vigente, dovuto, nella misura del 2 per cento del fatturato dell'anno precedente, dalle imprese titolari dell'autorizzazione all'immissione in commercio di determinati prodotti fitosanitari considerati nocivi per l'ambiente. Il testo ampia il novero dei prodotti soggetti al contributo, includendovi quelli il cui codice indica un pericolo di inquinamento per l'ambiente acquatico. Innovativa risulta, altresì, l'introduzione di sanzioni in caso di mancato pagamento del contributo. Le risorse finanziarie del Fondo sono destinate alla copertura delle spese derivanti dal finanziamento del Piano d'azione nazionale per la produzione biologica, del Piano nazionale delle sementi biologiche, dell'istituzione del marchio previsto all'articolo 6, nonché del finanziamento dei progetti dei progetti di ricerca, inclusi quelli in materia di sicurezza e salubrità degli alimenti, e dei percorsi formativi e per l'aggiornamento dei docenti previsti all'articolo 11.

L'articolo 10 prevede anche che, nell'ambito della filiera biologica, possano essere stipulati contratti di rete e costituite cooperative tra produttori del biologico, e possano, altresì, essere sottoscritti contratti di filiera fra gli operatori del settore.

L'articolo 11, come già accennato, delinea le modalità attraverso le quali operare il sostegno alla ricerca tecnologica e applicata nel settore. A tal fine, viene prevista la promozione di specifici percorsi formativi, la destinazione di quota parte delle risorse dell'attività del Consiglio Nazionale delle Ricerche alla ricerca in campo biologico, la previsione di specifiche azioni di ricerca nel piano triennale del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura CREA, nonché la destinazione, come già accennato, del 30 per cento delle risorse del Fondo per lo sviluppo dell'agricoltura biologica alla ricerca nel settore.

L'articolo 12 è volto a promuovere la formazione professionale nel settore, mentre gli articoli 13 14, 15 e 16 dettano nuove ed innovative disposizioni in materia di organizzazione della produzione e del mercato, fornendo la definizione di distretti biologici all'articolo 13, intendendosi tali sistemi produttivi locali, anche di carattere interprovinciale a spiccata vocazione agricola, nei quali è significativa la produzione con metodo biologico; si caratterizzano per un'integrazione tra attività agricole ed altre attività economiche e per la presenza di aree paesaggistiche rilevanti. I partecipanti al distretto possono costituire un comitato direttivo che avanza la richiesta di riconoscimento alla regione di appartenenza. Con decreto ministeriale sono disciplinati i requisiti per la costituzione dei distretti, mentre con successivo decreto sono poi definiti gli interventi per ridurre gli impatti antropici sul suolo, sulle acque e nell'atmosfera causate da impianti inquinanti. I distretti biologici promuovono la costituzione di gruppi di operatori per realizzare forme di certificazioni di gruppo.

Organizzazioni interprofessionali, previste all'articolo 14, sono finalizzate al riordino delle relazioni contrattuali, aventi il compito di meglio coordinare le modalità di immissione dei prodotti sul mercato e di redigere contratti tipo per la vendita di prodotti; con decreto del Ministero è riconosciuta una sola organizzazione interprofessionale a livello nazionale o a livello della medesima circoscrizione economica. Nel testo sono stabiliti i requisiti per il riconoscimento, tra i quali quello di rappresentare una quota dell'attività economica pari ad almeno il 30 per cento del valore dei prodotti della filiera biologica nazionale o, nel caso di organizzazioni operanti in una sola circoscrizione, il 40 per cento il valore dei prodotti della filiera nella circoscrizione, o il 25 per cento a livello nazionale. Le organizzazioni interprofessionali possono chiedere che alcuni accordi siano resi obbligatori anche nei confronti dei non aderenti alla stessa organizzazione; le regole devono aver avuto almeno l'85 per cento del consenso degli interessati. Il Ministero decide sulla richiesta di estensione delle regole; in caso positivo, le stesse regole si applicano a tutti operatori del settore biologico anche se non aderenti all'organizzazione.

All'articolo 15 sono normati gli accordi quadro stipulati dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale e aventi ad oggetto la disciplina dei contratti di cessione dei prodotti biologici, prevedendo un corrispettivo a favore dei produttori pari almeno ai costi medi di produzione.

All'articolo 16 si parla di intese di filiera volte a valorizzare le produzioni biologiche, i processi di preparazione e trasformazione con metodo biologico, la salvaguardia dell'ambiente, la tracciabilità delle produzioni, la promozione delle attività connesse, lo sviluppo dei distretti, la valorizzazione dei rapporti organici con le organizzazioni di produttori biologici per pianificare e promuovere il comparto, organizzazioni di produttori biologici che sono riconosciuti dalle regioni secondo criteri che saranno definiti con decreto del Ministero delle politiche agricole, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni; vengono quindi indicati i requisiti richiesti alle organizzazioni perché le stesse possano essere riconosciute.

L'articolo 18 prevede il divieto di uso di organismi prevede il divieto di uso di organismi geneticamente modificati nella produzione biologica, nonché il divieto di usare il termine biologico o bio per i prodotti accidentalmente contaminati da organismi geneticamente modificati.

L'articolo 19 prevede che gli agricoltori che producono varietà di sementi biologiche iscritte nel registro nazionale delle varietà da conservazione nei luoghi ove tali varietà si sono sviluppate, hanno diritto alla vendita in ambito locale e possono accede al libero scambio delle stesse. Per le sementi non iscritte ad alcun registro, evolute e adattate a elementi di coltivazione, è riconosciuto il diritto di vendita diretta agli altri agricoltori in ambito locale, in quantità limitata.

Infine, le disposizioni 20 e 21 recano le abrogazioni già espresse e contengono la clausola di salvaguardia a favore delle regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo, sottosegretario Manzato, si riserva di intervenire nel prosieguo.

È iscritta a parlare la deputata Chiara Gagnarli. Ne ha facoltà.

CHIARA GAGNARLI (M5S). Grazie, Presidente. Ci sono diverse ragioni per cui essere soddisfatti del lavoro svolto su questo testo di legge, che mira alla salvaguardia, allo sviluppo delle produzioni agricole e dell'acquacoltura biologiche, tenuto conto che l'aspetto prettamente tecnico-agronomico è disciplinato a livello europeo e che la parte relativa ai controlli e alle certificazioni è stata resa recentemente regolata dal decreto legislativo n. 20 del 23 febbraio 2018, in attuazione della legge delega approvata con il collegato agricolo. Una ragione di metodo: si tratta, infatti, di un testo che unifica quattro proposte, due delle quali dell'opposizione.

Il risultato, grazie all'apporto di tutti i gruppi, anche rispetto al testo di legge che nella scorsa legislatura era stato approvato dalla Camera e che si era fermato in Senato alla fine del 2017, è di certo migliore: più completo sotto gli aspetti della sostenibilità ambientale e della tutela del made in Italy, in particolare in questo ambito produttivo. Un lavoro svolto, quindi, bene in Commissione, con l'intento comune di portare rapidamente in Aula questa proposta di legge. L'agricoltura biologica è, infatti, in un'importante fase di sviluppo e il legislatore non può più rimanere indietro.

Un altra ragione di soddisfazione riguarda i contenuti. Penso, ad esempio, all'introduzione del marchio nazionale biologico italiano, che contraddistinguerà prodotti biologici ottenuti con materie prime coltivate e allevate in Italia, un marchio che andrà a sostenere produttori di biologico in Italia, garantendo l'italianità del prodotto, e che, oltre ad aiutare nella scelta il consumatore, sostiene lo sviluppo territoriale dell'agricoltura biologica italiana, cercando di tamponare una crescita costante della domanda interna, a cui si sta rispondendo in larga parte con prodotto importato.

Viene confermato il tavolo tecnico, con una maggiore ampiezza del novero dei soggetti che avranno parte attiva. Saranno presenti, infatti, oltre le associazioni agricole biologiche dei due distretti della ricerca scientifica, anche rappresentanti dell'associazione dei produttori dei mezzi tecnici utilizzati nell'agricoltura biologica, delle associazioni dei consumatori e degli organismi di controllo.

Ritengo, poi, si sia raggiunto un ottimo risultato alzando l'asticella delle caratteristiche che devono avere i distretti biologici quali forme aggregative funzionali alla promozione, valorizzazione e sviluppo della produzione biologica. È stato introdotto, ad esempio, il requisito del limitato uso di fitosanitari, con la possibilità, per gli enti pubblici all'interno dei distretti, biologici di vietare l'uso dei diserbanti per la pulizia delle strade e delle aree pubbliche. Proprio per raggiungere questi obiettivi ambientali e preservare le caratteristiche qualitative e sanitarie dei prodotti biologici, la legge prevede appositi interventi per ridurre gli impatti antropici su suolo, acqua e atmosfera, escludendo gli impianti e altre installazioni che svolgono le attività previste dalla direttiva sulla prevenzione e la riduzione dell'inquinamento da emissioni industriali, la n. 75 del 2010, attività che rappresentano fonti di rischio significativo per la produzione biologica e la qualità ambientale che deve caratterizzare un biodistretto.

Le finalità del distretto biologico rientrano in uno spettro molto ampio, considerando che presentano ricadute che spaziano da una prospettiva strettamente privata, ad un orientamento focalizzato sui beni pubblici. Quindi si va dal miglioramento dei redditi degli agricoltori attraverso una riduzione dei costi aziendali – è infatti consentita per la possibilità per gli agricoltori ricadenti nel biodistretto di aderire a forme di certificazione collettiva – fino al raggiungimento di una serie di obiettivi ambientali, sociali, organizzativi in una logica territoriale.

In questa prospettiva, il biodistretto necessita di un modello organizzativo di tipo partecipativo che va configurato come un sistema territoriale, nel quale si deve essere sinergia tra diversi aspetti: produzione biologica, tipicità territoriale, qualità ambientale.

La proposta di legge delinea anche strumenti per la programmazione, la ricerca e il finanziamento e iniziative per lo sviluppo della produzione biologica.

Si regolamentano poi accordi quadro, intese di filiera, organizzazioni interprofessionali della filiera, tutti finalizzati al riordino delle relazioni contrattuali e a coordinare al meglio le modalità di immissione dei prodotti sul mercato, rafforzare le strategie che mirano all'aggregazione, rafforzare il potere contrattuale della componente agricola. Si tratta quindi di un disegno normativo non statico che punta all'espansione di questo metodo produttivo qualificato come di interesse nazionale, come con funzione sociale ed ambientale, quale settore economico basato sulla qualità dei prodotti, sulla sicurezza alimentare, sul benessere degli animali, sulla tutela dell'ambiente e della biodiversità dell'ecosistema, sulla riduzione dell'emissione di gas a effetto serra. Penso al Piano di azione nazionale aggiornato annualmente ed adottato periodicamente dal Ministero delle politiche agricole, forestali e del turismo, al Piano nazionale delle sementi biologiche adottato con il supporto del CREA, all'istituzione di un Fondo per lo sviluppo della produzione biologica. Su quest'ultimo devo soffermarmi per la sua importanza in ottica di incentivazione della produzione biologica. La proposta di legge ne stabilisce l'istituzione allo scopo prioritario di perseguire la riduzione dei rischi per la salute degli uomini e degli animali e dell'ambiente. Si tratta di un contributo annuale per la sicurezza alimentare della misura del 2 per cento del fatturato dell'anno precedente relativo alla vendita di prodotti fitosanitari. Per questo si è andato anche ad aggiornare l'elenco di chi deve dare il contributo inserendo prodotti fitosanitari e relativi coadiuvanti che contengono sostanze classificate con “sostanza cronica per l'ambiente acquatico”. Parte del fondo, almeno il 30 per cento, verrà destinata al finanziamento di programmi di ricerca e innovazione, di percorsi formativi e di aggiornamento, programmi di ricerca in materia di sicurezza e salubrità degli alimenti. Insomma, con questa proposta si assume per la prima volta una posizione chiara sulle produzioni biologiche tenendo conto di un dato economico che non poteva essere ignorato e sottovalutato. Tutti gli indici del settore sono positivi, con un mercato che cresce in maniera esponenziale e con un numero in positivo di operatori che intendono convertirsi al biologico e che attraverso questa legge saranno ulteriormente incentivati a farlo sia per la previsione di risorse finanziarie che per la messa in campo di strumenti di ricerca per il miglioramento della qualità delle produzioni.

Alcuni dati possono essere utili da tener presenti per comprendere l'importanza di questo intervento normativo. La superficie nazionale in biologico ha raggiunto quota 15 per cento, un incremento del 6,3 per cento rispetto al 2016 e del 71 per cento rispetto al 2010, con poco meno di 76.000 aziende, che sono il 4,5 per cento del totale. La continua crescita del biologico negli ultimi anni ha interessato in particolar modo i consumi ed è segno che il biologico è entrato stabilmente dell'abitudine alimentare di molti italiani. Dati che rappresentano un biologico che sta mutando profondamente e che quindi necessita di una disciplina organica, protettiva e propulsiva come quella che l'Aula è chiamata ad esaminare e a votare nei prossimi giorni, che sia capace quindi di consolidare le basi di un buon biologico italiano e di fare in modo che il valore aggiunto prodotto nella fase agricola sia effettivamente riconosciuto alle imprese anche in termini economici.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la deputata Antonella Incerti. Ne ha facoltà.

ANTONELLA INCERTI (PD). Grazie signor Presidente, sottosegretario, colleghi e colleghe, come ha appena ricordato il collega Maglione, che ringrazio anche per la relazione esaustiva e puntuale, oggi giunge all'esame in Aula il testo unico sulla produzione agricola con metodo biologico, che è frutto, come si ricordava, di un lavoro congiunto in Commissione, lavoro che peraltro si è avvalso già di precedenti provvedimenti, nonché dell'ultima legge precedente approvata in questo ramo del Parlamento nella scorsa legislatura, che viene qui ulteriormente arricchita nella versione che andremo oggi ad esaminare. E' un provvedimento, questo, atteso e anche molto utile perché parliamo, come veniva ricordato, di un settore che in questi anni ha dimostrato una grande dinamicità, non è più un fenomeno di nicchia ma piuttosto una modalità precisa nel settore primario, sulla scorta anche di un'attenzione particolare da parte dei cittadini al tema della salute, della sicurezza alimentare, al tema di un'alimentazione più sana. Potremmo definirla in questi anni, come ce lo ricordavano anche i dati, una vera rivoluzione culturale applicata all'alimentazione. Dicevo, come ce lo confermano appunto i dati, un trend grandemente positivo, in cui appunto ci sono presenza e aumenti sia negli operatori certificati, sia nella superficie coltivata, come peraltro appunto riportato dal SINAB nell'ultima relazione del luglio 2018. Ricordo anch'io qualche dato per dare valore alla dinamicità di questo settore. Nel 2010 la superficie è aumentata moltissimo (del 71 per cento), anche con riferimento all'incremento del 59 per cento degli operatori nel settore; 1,9 milioni di ettari sono coltivati in Italia, con una crescita esponenziale di anno in anno; in termini assoluti nell'ultimo anno sono stati coltivati con metodo biologico oltre 110 mila ettari in più rispetto all'anno precedente. Alla crescente espansione delle superfici coltivate è direttamente proporzionale la crescita delle aziende specializzate nel settore: negli ultimi anni, è stato rilevato un incremento degli operatori di circa il 59 per cento in più, tra aziende agricole, preparatori industriali, distributori, importatori così come il numero delle aziende agricole in quota rappresentano oggi il 4,5 per cento delle aziende agricole in totale, così come il consumo interno di prodotto biologico ha un valore oggi rilevantissimo di circa due miliardi e mezzo di euro, con un incremento attuale del 10 per cento. Insomma, tutti dati che dimostrano che il comparto è in grande crescita, che si basa sulla fiducia del consumatore, che sa di trovare un prodotto non trattato chimicamente, e che ricorre a tecniche agricole rispettose dell'ambiente; da qui la necessità ovviamente di normare, con una legge puntuale, anche snella, di riferimento, al fine di dotare gli operatori del settore di strumenti che sono necessari a garantire al consumatore prodotti di qualità, a prezzi competitivi, anche rispetto agli altri prodotti agricoli tradizionali.

Entro nel merito di alcune di queste priorità, a mio avviso e a nostro avviso, di questa legge di particolare interesse, a partire dal fatto che ribadisce, per l'agricoltura biologica, come sia un'attività di interesse nazionale, con una funzione sociale, basata su qualità del prodotto e sicurezza alimentare, sul benessere degli animali, sullo sviluppo rurale, sulla tutela dell'ambiente e che concorre appunto, come si diceva, a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra; quindi, un beneficio, del metodo biologico, che ricade su tutte le comunità e che deriva appunto da minori quantità di input chimici utilizzati, riversati nelle matrici naturali, in particolare appunto sole e acqua. Ma anche altri elementi sono di particolare rilievo in questa legge: il fatto che favorisca la riconversione di piccole aziende al biologico, assicurando a queste un mercato e una diffusione del prodotto, attuando anche adeguate campagne di educazione al consumo e, quindi, implementando l'utilizzo del biologico; il fatto che favorisca l'insediamento nelle aree rurali e montane, di cui tra l'altro abbiamo esempi di vere e proprie rigenerazioni di filiere che hanno recuperato, penso al tema dei grani antichi, e che sono motori di sviluppo e creazione di opportunità di lavoro in zone fragili, che rischierebbero lo spopolamento, con le conseguenze che conosciamo anche per la tenuta del territorio; lo stimolo alle istituzioni ancora ribadito per quanto riguarda l'utilizzo di produzione biologica del verde pubblico o di utilizzo nei luoghi di ristorazione collettiva o, come indicato, mense pubbliche o private convenzionali; l'importanza di aver ribadito ancora l'utilità dei distretti biologici dove potranno convivere agricoltura con metodo biologico insieme ad altre attività economiche, purché nel rispetto dell'ambiente; la disciplina delle organizzazioni di produttori e le organizzazioni interprofessionali del biologico; inoltre, l'importanza delle sementi biologiche, con un vero e proprio piano finalizzato ad aumentare la disponibilità di queste sementi alle aziende biologiche e consentire un miglioramento genetico partecipativo, quindi con la collaborazione degli agricoltori, dei tecnici e dei ricercatori per selezionare quelle piante che possano adattarsi meglio ai bisogni degli agricoltori e anche ai vari contesti ambientali e climatici diversi.

Di seguito, l'importanza data alla ricerca che da questo punto di vista ha un ruolo essenziale e in questa proposta di legge, tra l'altro, viene sostenuta anche con l'introduzione di specifici corsi formativi nelle università pubbliche, dai corsi di laurea ai dottorati di ricerca ai corsi di formazione. O ancora, appunto, l'importanza di entrare nelle scuole con formazione.

Questo provvedimento è, quindi, un altro importante tassello che si aggiunge a un'opera di riforma di tutto il sistema agroalimentare che è stata portata avanti specie nella XVII legislatura, e penso a leggi approvate sul tema della biodiversità agraria, penso all'agricoltura sociale, penso alla legge contro gli sprechi alimentari ma anche alla normativa sul vino, al testo unico, perché è sempre più necessario lavorare su azioni congiunte su cui dovrà poggiare tutto il comparto agroalimentare biologico, anche per farlo uscire da un recinto in cui è spesso stato rinchiuso. E aggiungo che è necessario continuare a operare per informare sulla consapevolezza al consumo di cibo sicuro e responsabile.

Concludo aggiungendo un altro punto che, secondo me, è particolarmente importante, cioè che l'agricoltura biologica ha un enorme potenziale per la mitigazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici. Oggi l'agricoltura o, comunque, il settore agricolo non ricopre un ruolo specifico ad esempio nell'applicazione del Protocollo di Kyoto, eppure la possibilità di immagazzinare CO2, la riduzione dell'uso di input esterni e la produzione di energia sostenibile da fonti rinnovabili rappresentano fattori chiave del contributo che questo settore agricolo potrebbe dare alle emissioni e allo sviluppo sostenibile, perché l'agricoltura contribuisce in modo sostanziale ai cambiamenti climatici attraverso l'emissione, ad esempio, di altri elementi come il metano e gli ossidi di azoto. In genere, ci concentriamo sulla CO2 nell'atmosfera ma, in realtà, ci sono altri elementi altrettanto pericolosi, dicevo prima il metano e gli ossidi di azoto, che hanno un forte potenziale di riscaldamento globale, molto maggiore dell'anidride carbonica. Queste emissioni riguardano in particolare l'agricoltura tradizionale.

Nonostante interventi della Comunità europea che ha messo in atto alcune direttive, e penso a quella sulla protezione della risorsa suolo, non abbiamo, però, indicatori precisi dei possibili effetti di politiche che possano cambiare questo stato. Il biologico può quindi avere - e l'agricoltura biologica, in particolare - un ruolo specifico per essere una risposta concreta rispetto alle politiche di mitigazione e di adattamento dell'agricoltura biologica, contribuendo così a una riduzione delle emissioni perché ha una maggiore capacità di trattenere anidride, di sequestro nel suolo, perché si basa sulla fertilità del suolo, si basa sulla produzione di humus e, quindi, minor impiego di energie.

Insomma, l'agricoltura biologica si fonda su un miglioramento della fertilità del suolo e sulla diversità biologica all'interno delle aziende agricole. La capacità innovativa può stare sempre qui e può essere proprio qui, anche nell'esperienza personale di quei coltivatori che adottano ancora conoscenze tradizionali e, quindi, hanno più capacità anche di resilienza rispetto alla carenza di ossigeno e alle risorse idriche. Inoltre, c'è attraverso l'agricoltura biologica una diversa gestione del territorio, un maggior ruolo decisionale dell'agricoltore e, quindi, della comunità locale più in generale, un maggiore controllo delle risorse e, quindi, un modello più capace di indirizzare in senso ecologico il comportamento degli operatori e, di conseguenza, dei consumatori e dei cittadini. Inoltre, è in grado di promuovere quell'attenzione all'alimentazione - e penso alla dieta legata alla stagionalità dei prodotti locali e ai prodotti trasformati - che sono le potenzialità attraverso cui il modello biologico promuove modelli di sviluppo rurali e di riduzione dell'inquinamento che possono essere davvero una risposta concreta ai problemi che riguardano, appunto, l'utilizzo delle risorse e lo sviluppo sostenibile del nostro pianeta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Guglielmo Golinelli. Ne ha facoltà.

GUGLIELMO GOLINELLI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, noi affrontiamo la questione del biologico perché è un settore che ha avuto delle performance economiche molto elevate negli ultimi anni. Negli ultimi dieci anni si parla di una crescita a tre cifre e nell'ultimo anno superiore al 15 per cento - per cui una crescita a due cifre -, con un fatturato che vale intorno ai 5 miliardi di euro, con 75 mila operatori impegnati e dal 2012 ad oggi sono aumentati del 53 per cento i terreni coltivati a biologico.

È importante, però, non mettere l'agricoltura biologica contro l'agricoltura convenzionale, che sappiamo essere, ai giorni d'oggi, per lo più lotta integrata, per cui l'agricoltura che condivide i principi di lotta biologica assieme a principi di intervento con l'utilizzo della chimica quando necessario, anche perché biologico vuol dire più sano per l'ambiente - non in termini assoluti - ma non necessariamente sano per il consumo umano. Infatti, sappiamo che quando un prodotto agricolo ha dei problemi, se viene trattato e viene curato questi problemi non ricadono sull'uomo. Ovviamente, se noi non trattiamo, come spesso avviene nel principio di lotta biologica, questo invece può avere delle ripercussioni.

E non diciamo nemmeno falsità quando diciamo che il biologico fa uso di chimica e fa uso di pesticidi. Semplicemente non usa la chimica di sintesi, perché ad esempio nel caso dei trattamenti contro i fungini si usano anticrittogamici di natura derivante dal rame, si usano i piretroidi e ad esempio in zootecnia si usa l'Ivermectina, che è un antiparassitario che si usa anche in agricoltura convenzionale. Per cui, il biologico è da inquadrare quale forma di agricoltura più rispettosa per l'ambiente, più rispettosa per la biodiversità e utile come forma di reddito per gli agricoltori soprattutto nelle zone di montagna e per le piccole aziende, sapendo, però, che noi siamo in un mondo che chiede cibo e che l'agricoltura biologica arriva a produrre anche il 50 per cento in meno rispetto all'agricoltura convenzionale, per cui non dobbiamo mettere queste due tipologie, come prova a fare a qualcuno, l'una contro l'altra ma integrarle e prendere le parti positive sia dell'una sia dell'altra.

La proposta di legge interviene proprio per normare un settore che, appunto, ha avuto crescite esponenziali. Viene istituito un tavolo tecnico presso il Ministero dell'agricoltura dove partecipano gli stakeholder della filiera, viene individuato un piano di azione triennale per dare una visione, appunto, alla produzione biologica e vengono normate le forme di aggregazione quali le organizzazioni di produttori, l'interprofessione, i distretti biologici, le intese di filiera e gli accordi quadro e questo in un'ottica di mercato che sappiamo essere il nostro faro quando parliamo di agricoltura.

Il problema grande che ha il biologico - e non tanto quello fatto con le materie prime italiane - è dovuto al fatto delle etichette e delle materie prime importate. Infatti, sappiamo che il grano duro per la maggior parte proviene della Turchia, il riso viene dall'India, dalla Thailandia e dal Pakistan, il grano tenero arriva dal Canada, la soia dalla Cina, il girasole dalla Moldavia, i legumi dalla Cina, dall'Egitto e dalla Turchia, l'olio dalla Tunisia e lo zucchero di canna dal Paraguay, dal Perù e dal Brasile.

A fronte di questa enorme importazione di materie prime, che arrivano in Italia, abbiamo pensato - e questa è la proposta di legge che poi si inserisce in quella a firma di tutti i gruppi, Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Lega - all'istituzione del marchio italiano per certificare i prodotti biologici realizzati con materie prime 100 per cento italiane, sapendo che la materia prima italiana è una garanzia di sicurezza, anche a fronte del sistema di controlli a partire dall'ICQRF, dal Corpo forestale dello Stato e da tutto quello che ruota attorno allo Stato italiano, essere i migliori a livello europeo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Spena. Ne ha facoltà.

MARIA SPENA (FI). Grazie, Presidente. Dunque, la legge sullo sviluppo e la promozione dell'agricoltura biologica che prendiamo in esame qui oggi ci spinge a compiere le dovute riflessioni su questioni sia di metodo che di merito. Si tratta di un argomento che suscita forte interesse nella società, sempre più attenta a un'alimentazione sana e naturale e alla tutela dell'ambiente. Intere rubriche si interessano del benessere, del cibo e della vita sana; è chiaro ormai che il green sentiment passa assolutamente per l'agricoltura. Sembra, quindi, corretto che il legislatore se ne occupi, e in primo luogo dovrebbe favorire un'informazione corretta ai consumatori, sostenuta dalle adeguate attività di ricerca, dalla formazione degli operatori che vogliono intraprendere questo tipo di attività.

Infatti, in questo senso questa proposta lo fa non solo agendo direttamente su programmi di ricerca e formazione, ma anche con percorsi formativi nelle scuole, con corsi di laurea ad hoc e anche dei dottorati di ricerca e master. Questo dà anche la possibilità, chiaramente, per itinerari di lavoro per i più giovani. A nostro giudizio, il testo in esame soffre, però, di un'estenuante prolissità e complessità burocratica: ci troviamo di fronte al proliferare di tavoli, di accordi, di intese, di piani, ognuno frutto di complessi procedimenti di nomina, costituzione e gestione. Troviamo nei vari articoli il tavolo tecnico per la produzione biologica, un piano nazionale delle sementi biologiche, comitati promotori dei biodistretti, consigli direttivi dei biodistretti, varie organizzazioni, ognuno frutto di complessi procedimenti di nomina, e quindi costituisce anche una gestione alquanto complessa.

Bisogna poi partire da un importante elemento, Presidente, e cioè dal fatto che l'agricoltura italiana, l'agricoltura in generale italiana, è la più green d'Europa, a prescindere. Ad oggi sono 5.057 i prodotti alimentari tradizionali censiti, 297 DOP e IGP e 415 i vini DOC e DOCG, riconosciuti a livello comunitario. Inoltre, la nostra agricoltura dispone della più vasta rete al mondo di aziende agricole che vendono prodotti a chilometro zero e 10 mila rivenditori in loco. Abbiamo il divieto all'utilizzo degli OGM e siamo al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari, quota inferiore di 3,2 volte alla media dell'Unione europea e ben 12 volte a quella dei Paesi terzi. Manca, però, Presidente, la questione dei controlli, che ci sembrava centrale approfondire su questa proposta; la questione dei controlli su cosa sia e cosa non sia un prodotto biologico.

Avevamo proposto emendamenti in tal senso, che sono stati bocciati per estraneità di materia. In quest'ambito avevamo chiesto che il testo unico si occupasse del regime dei controlli, ma anche questo è stato considerato inammissibile. Occorre ricordare che l'Italia conferma di essere uno dei principali Paesi nella comunità con circa 2 milioni di ettari di produzioni bio. L'Italia è anche, però, importatrice di prodotti alimentari biologici e sarebbe più che mai necessario agire sull'aspetto dei controlli.

Dall'analisi dei dati sulle importazioni di prodotto biologico proveniente da Paesi terzi, nel 2016 si evidenzia un sostanziale incremento delle quantità totali, pari a circa il 28 per cento rispetto al 2015. Si sono, infatti, verificate delle frodi che dimostrano che il sistema dei controlli attuale sia carente. In un settore come l'agricoltura biologica i controlli sono fondamentali. Vorrei ricordare, inoltre, che l'agricoltura non è propriamente materia di Stato, ma di competenza delle regioni; ci sono, poi, dei regolamenti europei in materia di agricoltura biologica, il che ci dovrebbe indurre a prudenza rispetto a quello che andiamo ad approvare. Viceversa, il testo in esame offre una visione centralistica della regolamentazione; a stento è stato approvato un nostro emendamento che prevedeva un maggior coinvolgimento delle regioni. Quindi, questa legge potrebbe essere in odore anche di ricorso delle regioni alla Corte costituzionale per la violazione dell'articolo 117 della stessa Costituzione.

Altro elemento di perplessità riguarda il fatto che, per finanziare il piano e la ricerca sull'agricoltura biologica, si introduce una tassa sui venditori di prodotti fitosanitari, ampliando la platea di prodotti soggetta a tassazione. Si tratta di un nuovo balzello che i rivenditori probabilmente scaricheranno poi sugli agricoltori. In Commissione siamo riusciti a ridurre tale imposta dal 3 al 2 per cento del fatturato dell'anno precedente relativo alla vendita di prodotti fitosanitari soggetti, appunto, a tassazione. Attualmente dà un gettito di 13 milioni l'anno, che aumenterà, grazie all'ampliamento dei prodotti fitosanitari soggetti a tassazione, il fondo agricoltura biologica e quota non specificata di queste risorse.

Infine, Forza Italia aveva chiesto la redazione di un testo unico sulle norme dell'agricoltura biologica che sono disseminate tra più testi e regolamenti e che sarebbe opportuno riordinare, anche per eliminare contraddizioni e conflitti relativi alla gerarchia delle fonti; testo unico richiesto anche dalle maggiori associazioni di categoria, che ci è stato, anche questo, negato. Tra gli aspetti positivi del provvedimento, sicuramente, oltre i programmi di ricerca e di formazione di cui dicevo prima, ci sono sicuramente il marchio biologico italiano, i cosiddetti distretti biologici, cioè i sistemi produttivi locali nei quali è significativa la produzione biologica e la filiera del biologico.

È incentivato l'uso dei prodotti biologici anche nelle mense scolastiche, e ciò non possiamo che condividerlo; nonostante ciò, anzi, consideriamo il provvedimento anche un'occasione mancata sotto il profilo del recupero delle sementi e delle specie nazionali tipiche, oltre che delle lavorazioni e delle trasformazioni alimentari tipiche locali, che altro non sono che il vero biologico della tradizione culturale contadina italiana. Elena Cattaneo, docente della Statale di Milano e senatrice a vita, ha osservato: giova rammentare che l'agricoltura biologica ha una resa molto bassa. Per mais, frumento, riso e soia, le quattro commodities che nutrono il mondo, il biologico produce fino al 50 per cento in meno. Per portare solo prodotti bio sulle nostre tavole e realizzare, così, il lieto fine della favola del biologico avremo bisogno del doppio della terra da coltivare, sottraendola a foreste e praterie. Ma questo significa anche il quadruplo di emissioni di gas serra per effetto dei dissodamenti generalizzati.

Ipotizzare una massiccia conversione della terra biologica per aumentare l'attuale 15,4 per cento delle superfici coltivate in Italia comporterebbe un consumo di suolo enormemente maggiore per avere rese paragonabili alle attuali. L'alternativa c'è ed è già in campo: è l'agricoltura integrata degli imprenditori che innovano, che integra tutti gli strumenti di protezione della cultura, agronomici, fisici, biologici e chimici, secondo uno schema razionale per produrre quanto più possibile con le risorse disponibili usate nel modo più efficiente possibile. Un approccio tanto ragionevole e razionale da sembrare di questi tempi quasi un'eresia.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Muroni. Ne ha facoltà.

ROSSELLA MURONI (LEU). Grazie, Presidente. Questa è una legge attesa da anni, perché, come è stato detto, l'agricoltura biologica nel nostro Paese è in crescita costante; sono in crescita i consumi, nonostante la crisi economica. Il biologico piace perché sicuramente racconta meglio il tema del rapporto con il territorio, ha una funzione agro-ecologica, raccontata bene anche dalla legge, e quindi questa legge arriva in ritardo rispetto a un fenomeno che si sta sempre più allargando nel Paese.

Ed è per questo è che una legge necessaria. Voglio assolutamente sottolineare il fatto che questa è una legge che arriva in ritardo e la discussione che c'è stata sin qui in quest'Aula racconta anche, io credo, il ritardo culturale con cui la politica approccia questo tema, perché qui non si tratta di contrapporre l'agricoltura tradizionale all'agricoltura biologica. Si tratta invece di leggere una progressione, anche un percorso di evoluzione che i territori stanno scegliendo. Sono proprio quei territori che hanno conosciuto la crisi di mercato o una crisi di inquinamento, o una crisi, appunto, territoriale, che stanno scegliendo la produzione biologica come riscatto, quindi non c'è una contrapposizione.

Con buona pace della senatrice Cattaneo, è vero che l'agricoltura biologica produce di meno, ma è anche perché riscopre i tempi e le pratiche dell'agricoltura tradizionale. Questo naturalmente non vuol dire che noi dobbiamo con questa legge imporre il biologico cento per cento, ma che dobbiamo, come politica, attraverso una buona legge, favorire una progressione, un'evoluzione, così come garantire quei controlli, anche quella spinta verso il mercato che fin qui non è stata attuata. Anzi, i produttori del biologico sono stati sostanzialmente abbandonati, mentre invece la scoperta dei metodi biologici sta portando un ritorno all'agricoltura da parte dei giovani. Guardate, io sottolineo di nuovo il tema straordinariamente moderno di questo tipo di agricoltura e, di nuovo, lo ripeto, non voglio contrapporla all'agricoltura tradizionale, o non riconoscere i meriti dell'agricoltura integrata, che naturalmente cerca di tenere insieme le esigenze del mercato con una progressione anche rispetto agli standard di qualità.

Quindi, proviamo, noi politici per primi, ad avanzare in questa discussione e a svolgere un ruolo utile per il Paese, in cui, naturalmente, la contrapposizione non serve ma serve invece una legge attesa. Una legge che, innanzitutto, sottolinei l'attività di interesse nazionale con funzione sociale e ambientale dell'agricoltura biologica. Dal mio punto di vista di ecologista questo colma anche una contrapposizione storica che c'è sempre stata tra i temi ambientali e i temi dell'agricoltura, che io ho sempre ritenuto dannosa, perché invece gli agricoltori, se coinvolti, se aiutati, se supportati possono davvero essere i custodi del territorio, in particolare di un territorio complicato come il nostro. Penso all'agricoltura biologica ma anche quella biodinamica, che recupera le tecniche e le tradizioni. A me dispiace dover sottolineare in quest'Aula anche gli attacchi che sono stati mossi alla collega Cenni per aver contribuito ad un dibattito sul biodinamico. Guardate, quando nella società si sceglie di non affrontare dei temi o si criminalizza la cultura altrui, io credo che, soprattutto da parte della classe dirigente, non si faccia un buon servizio al Paese. Basterebbe girare per i territori, parlare con gli agricoltori, quelli che sono in crisi. Penso agli olivicoltori della Puglia con la xylella, a quei territori che hanno conosciuto una crisi fortissima sulle produzioni, per capire che, invece, l'idea di un'agricoltura sostenibile dal punto di vista ambientale, naturalmente, per me ecologista, ha un valore in sé ma può essere anche davvero una funzione legata alla creazione di nuovi mercati, al marketing, alla promozione del made in Italy.

Noi dobbiamo assolutamente puntare sulla qualità, non sulla quantità: sulla qualità e non sulla quantità. Poi vorrei sapere perché tutti si scandalizzano quando i territori vengono occupati dall'agricoltura - semmai - e mai quando vengono occupati dal cemento: mi sembrerebbe davvero un'operazione importante, invece, recuperare alcune aree alla produzione agricola, perché sappiamo che i territori non coltivati sono anche territori più fragili.

In questa legge sono contenute misure davvero importanti. C'è il tavolo tecnico per la produzione biologica, ci sono finalmente delle definizioni che aiutano il mercato, i consumatori, c'è un'agevolazione verso la conversione al biologico, una conversione guidata, che passa anche da forme associative e contrattuali per rafforzare la filiera, quindi ci si occupa anche di lavoro, di nuove forme di organizzazione; poi c'è l'educazione al consumo, quindi si coinvolgono i cittadini in cambi di stili di vita che possono supportare dal punto di vista dei consumi. Raccontare questo agli italiani vorrà dire anche aiutarli a scegliere prodotti italiani, perché noi questo dobbiamo fare: dobbiamo aiutare i cittadini italiani a riconoscere la buona qualità italiana e far sì che questo, dall'altra parte, aiuti i produttori italiani. Quindi, lo ripeto, l'educazione al consumo, la filiera corta, il monitoraggio necessario, che è fondamentale: le regole e i controlli aiutano tutti perché sono a supporto del lavoro di ognuno.

Bisogna anche creare delle occasioni e, da questo punto di vista, il biologico è anche il luogo della ricerca, dell'innovazione. Penso anche alla gestione del verde nelle aree urbane, a quello che noi diamo da mangiare nelle mense scolastiche ai nostri figli. Penso, appunto, alla ricerca, alla formazione: adesso un giovane che vuole diventare agricoltore ha il patentino per utilizzare i pesticidi, ma non ha una formazione altrettanto adeguata a capire come invece rinunciare all'utilizzo di quei pesticidi, in una scelta di libertà che, però, deve avere alla base la conoscenza e la capacità di scegliere in base al territorio e all'obiettivo economico che ci si è posti.

Bisogna aiutare gli agricoltori italiani a diventare dei veri imprenditori, che possano stare sul mercato a livello internazionale e, per fare questo, noi dobbiamo approvare questa legge, che è una buona legge, ma che, lo ripeto, arriva in ritardo da questo punto di vista, perché molto è stato fatto e molto però rimane da fare.

Da questo punto di vista, anche sull'istituzione di questa banca delle sementi biologiche, sapete che la proprietà dei semi è uno dei grandi temi internazionali quando si parla di cibo: è una delle garanzie di sovranità di un Paese. Oggi mi capita di parlare un po' troppo spesso di sovranismo; lo faccio da sinistra ma perché è un tema, dal mio punto di vista, non ideologico, bensì di riconoscimento delle potenzialità di un Paese. Bisogna sapere riconoscere tali potenzialità e quindi saperle promuovere in maniera intelligente.

Poi voglio sottolineare un tema che è fondamentale, cioè quello dei biodistretti del biologico. Guardate, è fondamentale che all'agricoltura italiana vada riconosciuto un valore potenziale di organizzazione di un intero territorio, quindi non più un settore a sé stante ma un settore centrale che dia identità ad un territorio, laddove intorno a quell'identità si possa costruire una filiera economica che va dal turismo alla promozione culturale. Un'idea di territorio coeso, che vada al di là delle province e delle regioni, che attraverso la produzione di un dato prodotto o di una filiera integrata possa davvero aiutare l'intera classe imprenditoriale di quel territorio, a partire, naturalmente, dal riconoscimento dei cittadini e il coinvolgimento dei comuni. Quindi, l'agricoltura smette di essere una “cenerentola” del sistema produttivo italiano e diventa, invece, il centro di uno sviluppo territoriale.

Naturalmente, però, come capite, per fare questo c'è bisogno di questa legge, ma anche di tante altre cose che possano aiutare la formazione e il ruolo dei nostri agricoltori. A proposito di questo ritorno all'agricoltura da parte dei giovani, dobbiamo evitare che sia il fenomeno solo legato ad una crisi economica o alla possibilità di non avere altre chance, ma invece sia un ritorno ad una tradizione che diventa, in funzione moderna, un nuovo modo di fare economia e di guardare al territorio Come faremmo, altrimenti, a bloccare lo spopolamento di intere aree del nostro Paese? Io ho provato a dirlo anche quando abbiamo parlato del condono edilizio che è stato concesso per le aree del terremoto nel Centro Italia: ecco, più di occuparci di condonare gli abusi edilizi compiuti in quelle aree, noi avremmo dovuto ragionare su come aiutare quegli agricoltori che, in maniera ostinata e davvero controvento, hanno continuato a produrre prodotti in quei luoghi, che sono diventati assolutamente inospitali da tanti punti di vista.

Quindi era più importante parlare di come tenere lì il lavoro, le persone, perché quelle case, ricostruite facendo un condono edilizio, non avranno più abitanti, se noi non aiutiamo quegli agricoltori a rimanere lì.

Mi piace allora sottolineare davvero la funzione sociale dell'agricoltura e dell'agricoltura di qualità e di quella biologica in particolare, perché ha questo legame territoriale, che non può essere scardinato, che passa per forza per le piccole dimensioni, ma che ha l'ambizione di diventare filiera industriale, perché è questo a cui, poi, noi dobbiamo prestare attenzione, nel momento in cui si spinge il biologico e il biologico diventa un prodotto da scaffale di supermercato, non più solo di bottega equa e solidale; ecco, noi dobbiamo stare molto attenti a come mettiamo in piedi la filiera e a come garantiamo i controlli e la giusta retribuzione del lavoro compiuto. Questo è un tema che è stato sollevato anche stamattina, rispetto ai produttori agricoli, uno dei mestieri più faticosi che si possa fare e pure peggio retribuiti del nostro Paese.

C'è un nesso forte tra la questione ambientale e la qualità agricola delle produzioni ed è per questo che, pur riconoscendo che i testi presentati, in particolare, dalle onorevoli Cenni e Gadda, sono buoni testi su cui costruire la difesa e la promozione del biologico, come gruppo Liberi e Uguali abbiamo presentato degli emendamenti, li abbiamo presentati in Commissione, ora li ripresenteremo in Aula, perché per noi era importante sottolineare questa visione culturale che a livello internazionale viene chiamata agro-ecologia. Io non vorrei che di nuovo nel nostro Paese si facesse l'errore di sottovalutare il nostro valore, che viene temuto, poi, invece, sui mercati internazionali, perché questo nesso tra qualità ambientale, qualità dei territori e qualità delle produzioni agricole, solo l'Italia può averlo e noi, su questo, dobbiamo essere competitivi a livello internazionale.

Allora, l'approccio agro-ecologico, che è stato anche ribadito ultimamente in un incontro internazionale della FAO, può davvero garantire un'applicazione di concetti ecologici per ottimizzare l'interazione tra le piante, gli alberi, gli animali, gli esseri umani. Guardate, non sono, come dire, cose naïf, sono la base per garantire la qualità della vita delle produzioni, perché sono troppi i territori, in questo Paese, che hanno pagato la produzione spinta, quella dei grandi numeri, quella fatta nonostante tutto e che, poi, appunto, hanno conosciuto, dopo grandi periodi di ricchezza, anche grandi periodi di impoverimento economico e ambientale e, anche, a danno della salute.

Un altro aspetto importante che abbiamo proposto di inserire riguarda il riconoscimento della funzione ambientale dell'agricoltura biologica e, quindi, abbiamo chiesto di legarla moltissimo alla rete delle aree naturali protette, ai siti di Natura 2000, per rendere sinergica la presenza di aree protette e produzioni di qualità, anche qui, per superare un'idea per cui la protezione della natura sia un limite allo sviluppo. È lo sviluppo che ha un limite, ma noi sappiamo bene che, invece, la qualità ambientale può essere un orizzonte davvero importante, anche per guardare al futuro economico di questo Paese.

Il tema più controverso che noi ritroviamo in questa legge, su cui abbiamo provato di nuovo a intervenire con degli emendamenti e che riteniamo davvero fondamentale, è non ignorare un tema che io mi rendo conto sia scomodo, ma che, se noi non lo affrontiamo, secondo me, non facciamo fino in fondo il nostro dovere: parlo della coesistenza tra le produzioni, come quella biologica e biodinamica che escludono in parte l'utilizzo dei fitofarmaci e, quindi, dei pesticidi e, invece, le produzioni che invece li utilizzano. Ecco, questa coesistenza, soprattutto quando è di prossimità territoriale, è davvero difficile, quasi impossibile e noi assistiamo al paradosso per cui, in questo momento, è l'agricoltore biologico che deve difendersi dall'utilizzo dei pesticidi fatti dal vicino di campo, rinunciando, magari, alle proprie produzioni e, quindi, allontanando il confine, ergendo delle barriere, mentre, invece, l'agricoltore che usa i pesticidi può assolutamente ignorare le conseguenze dell'irrorazione dei pesticidi stessi non solo sul proprio vicino che fa produzione biologica, ma addirittura sull'intera comunità, basti pensare a quanto successo in provincia di Treviso o in Val di Non.

Voi sapete bene che i pesticidi, innanzitutto nel nostro Paese, hanno un vasto utilizzo, tanto che l'Italia, a livello europeo, è uno dei Paesi che ne fa maggiore consumo, ma c'è un tema di regolazione e di controlli; anche qui, usciamo dall'ideologia della contrapposizione, perché, lo ripeto, non serve che anche la politica si metta a fare questo gioco, cerchiamo invece di costruire un tema davvero di protezione, coesistenza e di diritto rispetto alla produzione agricola biologica fatta con criteri diversi e, quindi, mettiamo in grado gli agricoltori biologici di non doversi difendere da soli dall'utilizzo di pesticidi che, arrivando sui loro campi, annullerebbero lo sforzo fatto o la scelta fatta - se vogliamo chiamarla scelta, parliamo di difesa della libera scelta effettuata - e, invece, aiutiamoli a crescere e a portare verso il biologico molte più produzioni, perché, lo ripeto, io credo che davvero l'agricoltura possa tenere insieme i saperi tradizionali con una capacità di ricerca, di innovazione e di nuova formazione che noi dobbiamo conoscere con profondità e capire che può essere davvero un'evoluzione che posizioni il prodotto italiano a livello internazionale, senza temere competizioni (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali e del deputato Luca De Carlo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luca De Carlo. Ne ha facoltà.

LUCA DE CARLO (FDI). Grazie, Presidente. Il mio applauso era al sovranismo della collega Muroni che abbiamo ovviamente apprezzato, oltre al passaggio sul made in Italy. Ebbene, oggi, discutiamo di agricoltura biologica, vediamo un po', così, a grandi linee, una definizione di quella che è una nuova legge, una legge che, è vero, forse è qualche tempo che ce l'aspettiamo, ma è altrettanto vero che, secondo me, è frutto di un buon lavoro in Commissione. Qui, vanno ringraziati i relatori e anche chi ha depositato le proposte di legge.

Noi abbiamo cercato, entrerò poi nel dettaglio più avanti, in qualche maniera di migliorarla e, insomma, di dare il nostro contributo che cercheremo poi di riproporre anche durante il dibattimento in Aula, con uno spirito assolutamente collaborativo e non ostruzionistico, ma che punta a dare, appunto, il nostro contributo.

L'agricoltura biologica fonda la propria esistenza sulla promozione di interventi a basso impatto ambientale e, soprattutto, sull'importanza della biodiversità. Il benessere degli animali, poi, e la salvaguardia delle risorse naturali e la salute dell'uomo costituiscono i pilastri portanti del mondo biologico, dove per “biologico” si intende che è un prodotto che dal campo alla tavola, in tutte le fasi che vanno dalla coltivazione alla raccolta, all'allevamento, alla conservazione, alla trasformazione e al confezionamento rispetta regole precise, definite dalle direttive CEE e anche regole che si auto impongono le associazioni che si occupano di biologico.

Di conseguenza, questo nuovo genere di attività deve avvenire su terreni non esauriti, cioè su terreni non coltivati intensivamente - questo è un primo limite, per il quale non tutti i terreni, oggi, possono essere coltivati a biologico, c'è un periodo di conversione che varia a seconda di quanto sia stata intensiva l'agricoltura precedente -, in tali terreni non si impiegano concimi chimici di sintesi, né pesticidi o diserbanti inquinanti e pericolosi per l'uomo e per l'ambiente. Questo dovrebbe già bastare come definizione, per far capire l'importanza che, oggi, riveste l'agricoltura biologica, quindi, possiamo tranquillamente affermare che, ormai, ha fatto breccia e si è resa assolutamente popolare la consapevolezza dei benefici ambientali di carattere generale offerti dal biologico. Infatti, sul territorio rallenta il processo di erosione del suolo, migliora la qualità del terreno e viene ridotta la contaminazione delle falde acquifere.

Per quanto riguarda la produzione e il consumo degli alimenti, la diffusione del biologico riduce enormemente la tossicità dei pesticidi e la pericolosità dei residui dei fitofarmaci. Che sia poi un aspetto dell'agricoltura assolutamente importante ce lo dicono i dati; l'hanno ribadito anche i colleghi che mi hanno preceduto, oggi, quasi due milioni di ettari in Italia sono coltivati biologicamente, in aumento esponenziale rispetto agli anni precedenti.

Ci sono regioni d'Italia, quelle del Sud, la Puglia, la Sicilia, la Calabria che hanno addirittura il 20 per cento di superficie condotta in maniera biologica, un po' meno al Nord dove si concentrano magari aziende di più grandi dimensioni, ma il 15 per cento della superficie coltivata in Italia ormai è una superficie biologica, anche se sono solo il 4 per cento delle aziende, a dimostrazione di un fatto: che le aziende biologiche sono aziende che hanno un maggior numero di ettari e questo anche per uno dei problemi, che poi è un limite, che è quello della resa della produzione agricola, per cui non esiste un tipo di agricoltura oggi in Italia, esistono tanti tipi di agricoltura, che non necessariamente sono in contrasto gli uni con gli altri ma che possono convivere e soddisfare determinati bisogni nel tempo.

Io definirei poi l'importanza del perché scegliere un'agricoltura biologica, scegliere il biologico significa assicurare un futuro maggiormente sostenibile alle prossime generazioni; i mezzi di coltivazione biologica rispettano la terra e sono attenti a non sprecare risorse del pianeta, a partire dall'acqua, che non viene inquinata dai pesticidi che inevitabilmente raggiungono le falde acquifere attraverso il suolo. Inoltre, grazie all'esclusione dei prodotti chimici di sintesi e all'uso sapiente di pratiche agronomiche che derivano dall'agricoltura tradizionale, l'agricoltura biologica vanta il potenziale di mitigare i cambiamenti climatici, perché in grado di ridurre le emissioni di gas serra e di sequestrare grosse quantità di carbonio nei suoli. Questo significa che una conversione globale ai metodi di gestione ecologica trasformerebbe l'agricoltura da uno dei principali fattori coinvolti nel cambiamento climatico ad un'attività a basso impatto, dunque un'efficiente strategia di adattamento alle incertezze climatiche.

Ma perché è importante anche sotto il profilo squisitamente del cibo? Il cibo racchiude in sé le dimensioni del piacere e della necessità e prodotti biologici consentono di preservare una migliore qualità organolettica, offrendo odori e sapori genuini e nutrizionali. In varie indagini di organizzazioni indipendenti è stato ripetutamente dimostrato come il cibo biologico sia più ricco e nutriente rispetto a quello convenzionale; in particolare, le ricerche dimostrano una maggiore quantità di vitamina C, antiossidanti, calcio, ferro, cromo e magnesio. Per di più, scegliere uova e carni biologiche garantisce rispetto e cura degli animali, diminuendo l'esposizione ad antibiotici, ormoni o altri farmaci che arrivano nel nostro organismo attraverso i prodotti di cui si cibano.

Infine, la scelta di alimenti biologici coltivati in aziende di piccole dimensioni aiuta a garantire il sostentamento delle famiglie di agricoltori indipendenti, da considerarsi come una versione locale del commercio equo e solidale, ma anche le vere sentinelle sul territorio. Acquistando, poi, elementi di sicura provenienza biologica, noi consumatori incrementiamo il loro mercato di vendita e la loro produzione in agricoltura, a discapito dei metodi di coltivazione convenzionale. Se è vero che l'unione fa la forza, nel nostro piccolo, le scelte di consumo possono influire molto grandemente anche sul tipo di economia che noi andiamo ad inseguire.

Ma non è tutto oro quello che luccica. Ci sono anche lì i punti critici. Molti dei suoli, dicevano, sono già esauriti, quindi lì è impossibile fare la conversione al biologico; c'è un'impossibilità di fornire quantitativi sufficienti di biologico per il mercato, proprio per la scarsità, anche geografica, italiana; la consistenza dei prezzi d'acquisto, che continuano a essere troppo alti e, quindi economicamente poco appetibili, anche se abbiamo visto che il trend del consumo è in assoluto aumento; poi c'è anche un aspetto che, secondo me, è secondario, ma per altri ha giocato ruoli fondamentali, che è quello dell'aspetto anche esteriore del prodotto: il famoso brutto, ma buono, che dovrebbe stare sulle nostre tavole come un prodotto normale, a volte disincentiva l'acquisto; poi c'è il problema della bassa resa, e, quindi, il fatto che la coltivazione biologica renda da un 19 a un 25 per cento in meno dell'agricoltura convenzionale spesso ci induce a un maggior consumo del suolo, quindi a scapito dell'ambiente, perché sappiamo che se noi, per coltivare la stessa quantità di prodotto dobbiamo consumare più suolo – e qui il suolo non si consuma solo ed esclusivamente con il cemento, come faceva giustamente notare anche la collega Muroni, ma si consuma anche con un'agricoltura con determinate caratteristiche – per cui il bio non è sempre, necessariamente migliore: un'adozione indiscriminata di queste tecniche di coltivazione avrebbe comunque ripercussioni sull'ambiente, soprattutto in termini, come dicevo, di consumo del suolo, in termini di biodiversità; ma gli agricoltori, avendo più bisogno di terra per coltivare la stessa quantità di cibo, sarebbero costretti a distruggere quello che è l'habitat di altri esseri viventi e quindi a lasciare un'impronta più marcata sul pianeta. Quindi appare evidente, da una serie di studi, che l'agricoltura biologica non può essere l'unica agricoltura; è un'agricoltura importante, ma non è la sola e, di concerto con altre pratiche di coltivazione, nell'ambito di una panificazione globale di sistemi di produzione agricola, svolge comunque un ruolo molto importante, fornendo ai consumatori la possibilità di controllare e conoscere ciò che mangiamo. Dovremmo pretendere pratiche migliori per entrambe, in modo da poter soddisfare i bisogni globali in maniera sostenibile, ed è questo un altro dei compiti importantissimi della agricoltura biologica, cioè quella di essere da pungolo anche per l'agricoltura convenzionale. Perché se l'agricoltura convenzionale comincia a capire che, anche solo in termini di prodotto, il prodotto biologico è un prodotto di qualità più elevata, prodotto che ha minor resa, ma una maggior resa economica è evidente che l'agricoltore, nel momento in cui dovrà scegliere un'agricoltura o l'altra o sceglierà quella biologica, oppure saprà, imprenditorialmente perché anche qui l'imprenditore agricolo deve cominciare a fare l'imprenditore agricolo, non deve essere lasciato a una mera condizione di assistenzialismo da parte dell'Europa, che punta a contributi che non aumentano la qualità del prodotto e la produzione regionale, ma punta, certe volte, a un assistenzialismo che oggettivamente fa parte di una cultura che ormai è quasi passata anche in agricoltura. L'agricoltore deve essere un imprenditore agricolo che fa le proprie scelte sulla base delle proprie esigenze e quindi riceve i contributi sulla base del suo piano di gestione dell'azienda stessa.

È evidente che, quindi, il giusto mix e il giusto e equilibrio tra le varie forme di agricoltura consentirebbe di soddisfare tutte le esigenze del pianeta. Immaginiamoci solo se tutta la produzione del mondo oggi fosse in regime di biologico oggi non saremo in grado probabilmente… e se tutti consumassero quello che consumiamo noi in termini di confronto sul pianeta, oggi non saremo sicuramente in grado di mantenere, e anche di dare da mangiare a tutto il pianeta. Però, cominciare a fare capire e far crescere la consapevolezza nei nostri cittadini che c'è un prodotto diverso, che c'è un prodotto che consente un'economia diversa, che consente di sostenere il piccolo agricoltore che magari continua a lavorare abbarbicato ad altitudini dove l'agricoltura convenzionale non avrebbe nessun senso fare, che esiste un sistema di produzione e di vendita che consente, e lo ripeto per l'ennesima volta, di non avere il latte nel supermercato a un euro e cinquanta, ma l'agricoltore pagato 30 centesimi al litro, c'è un corto circuito in questo sistema economico, questo scordo circuito, con il biologico, in qualche maniera, viene lenito. Dopodiché il seguito della discussione sarà in Aula domani, domani ne discuteremo. Abbiamo apprezzato talune innovazioni all'interno di questo provvedimento, come sull'OGM, sui distretti biologici, sulla istituzione del Fondo, su questo primo tentativo di regolamentare le sementi, anche se io ho un approccio molto sovranista sul fatto che le sementi devono essere di chi le produce, e non di qualche multinazionale che con le sementi, di fatto, condiziona un po' l'agricoltura in tutto il mondo. Potevamo fare meglio, abbiamo presentato in Commissione e riproporremo in Aula un emendamento che prevede che laddove si sono sparsi i fanghi non si non si possa fare agricoltura biologica; mi pare evidente che laddove un terreno è inquinato non si possa fare un'agricoltura biologica, perché è nel principio dell'agricoltura biologica quello di essere libera dice da certi condizionamenti ambientali, è evidente a tanti che come vengono trattati i fanghi oggi lascino quanto meno un po' di perplessità sul fatto che i fanghi siano di derivazione industriale, che questi vengano poi mescolati con altri tipi di fanghi e poi sparsi nell'ambiente. Io sono convinto che, nelle more di quello che è il decreto che è stato da poco approvato, si possa attendere e fare in modo che non vengano assolutamente coltivate queste superfici.

Chiediamo che venga introdotto il principio che l'agricoltura biologica punti sul prodotto italiano, altrimenti non avrebbe senso, oggi, produrre in Italia, in nicchie di mercato, un prodotto diverso da quello italiano, anche perché sappiamo che il nostro prodotto è assolutamente un prodotto di qualità, quindi non avremmo nemmeno bisogno di importare o di coltivare qualcosa che è fuori dalla nostra cultura.

Abbiamo apprezzato il fatto che sia stato istituito un marchio, avremmo voluto che ci fosse stato un marchio in più, quel marchio di montagna - c'è già un marchio: prodotto di montagna - avremmo voluto ci fosse un marchio bio di montagna che ancora di più avrebbe definito un prodotto i cui tempi di conversione sono assolutamente più bassi; pensi che in provincia di Belluno c'è un distretto del latte che ha avuto tempi di conversione intorno ai sei mesi, tanto era assolutamente vergine la terra. E' una legge su cui si potrebbe ancora porre qualche correttivo, ma che in linea di massima è una legge che soddisfa anche Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 290-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Pasquale Maglione, che rinuncia.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

FRANCO MANZATO, Sottosegretario di Stato per le Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, solo un flash perché poi domani nel seguito dell'esame faremo magari un intervento un po' più complesso, ma soltanto per ringraziare chi ha proposto questa proposta di legge e per il lavoro che è stato fatto in Commissione, perché è una proposta di legge che anticipa un po' quelle che saranno le linee del Governo nel prossimo anno relativamente alla visione che scriveremo ad ogni filiera della politica agricola italiana, in virtù del ruolo che avrà l'agroalimentare italiano e l'agricoltura in genere. Io credo che ci sia in questo provvedimento un anticipo di quello che succederà in futuro, ma anche il ruolo che avrà il nostro agroalimentare, non solamente per quanto riguarda la qualità, ma anche per il posizionamento che in futuro dovrà avere la nostra agricoltura. E' vero che siamo sempre molto solidali con il resto del mondo rispetto alle necessità di sfamare i più deboli, ma è altrettanto vero che noi siamo poco e niente in termini percentuali rispetto alle grandi nazioni e ai grandi continenti che invece producono e possono sfamare veramente il resto del mondo, penso al Terzo Mondo che, in qualche modo, ha difficoltà nella questione alimentare. Noi abbiamo una responsabilità, che è quella di portare il nostro sistema agroalimentare ad un posizionamento molto più elevato, perché la nostra qualità è legata non solamente alla nostra produzione, ma anche a tutta la filiera e al ruolo che ha l'Italia all'interno del mondo per quanto riguarda la promozione del suo made in Italy, che significa tutto, non solo la tecnologia ma anche tutta la nostra produzione agroalimentare. Io non vedo grande contrapposizione in questo momento tra la produzione convenzionale e la produzione bio, sono due elementi che corrono parallelamente. Sarà alla sensibilità dell'imprenditore di scegliere un tipo di lavorazione piuttosto che un'altra, sapendo anche che c'è, rispetto a quello che ho sentito, un elemento in più rispetto a qualche decina di anni fa, quando le aree ambientaliste erano veramente contro l'azienda produttrice agricola nell'affrontare i problemi ambientali in genere. Oggi c'è un elemento in più che è stato un po' poco preso come spunto nei vari interventi, ma che dirò io in maniera molto brutale: c'è una domanda molto forte di biologico, c'è una domanda da parte del consumatore da questo punto di vista e quindi le aziende agricole stanno valutando di andare in quella direzione ed è ovvio che la sensibilità del consumatore sul biologico, sui prodotti salubri, controllati e rintracciabili spinge l'azienda agricola ad andare in quella direzione, ad investire anche in quella direzione. Questo non vuol dire però colpevolizzare il convenzionale, ma significa semplicemente fare una scelta aziendale produttiva e industriale molto diversa e noi dobbiamo sostenere, creare le condizioni, non spingere semplicemente verso la produzione biologica, ma spingere verso un ambiente che sia più salubre, un territorio che sia sostenibile, esattamente come sono le indicazioni non solamente dell'Unione europea, ma come sono quelle di tutti gli organismi internazionali. Questa è la nostra caratteristica, quella di creare le condizioni, poi il fatto che si abbia una grande capacità di controllo delle nostre produzioni che ci invidiano anche a livello europeo, il fatto che le nostre produzioni siano salubri, che siamo leader nel settore della produzione agroalimentare in termini di qualità, questo ci consegna semplicemente una responsabilità in più ed è quella di, ripeto, posizionare il sistema agroalimentare ad un livello più alto e ciò significa non solamente per quanto riguarda il biologico ma penso anche alle varie commodity che in qualche modo non possono competere con le produzioni mondiali ma possono aumentare la propria qualità. Questo sarà l'indirizzo del Governo; questa legge va esattamente in questa direzione e io ringrazio tutti a partire da quelli che hanno presentato le proposte di legge, gli onorevoli Gadda, Parentela e Golinelli, inserite poi in un unico provvedimento portato in Aula dal relatore Maglione. Credo si possa fare, anche in futuro, con la Commissione nella sua interezza un lavoro proficuo perché abbiamo osservato tutti che l'agricoltura è talmente trasversale che si possono fare buone operazioni normative tutti insieme (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fatuzzo, che non vedo.

CARLO FATUZZO (FI). Sì, Presidente, mi sono spostato per vederla finalmente di fronte con grande piacere e con grande onore, approfittando anche del fatto che c'è qualche posto libero questa sera.

Ieri, domenica, sono rimasto a Roma perché abbiamo terminato, come sa, i lavori sabato nel tardo pomeriggio e li abbiamo ripresi questa mattina e, quindi, ho letto attentamente i giornali di Roma e la cronaca di Roma. Ho letto purtroppo che altri due autobus si sono incendiati, per fortuna senza nessuna vittima: l'autista di uno è stato veloce a scendere dall'autobus catapultandosi fuori dal finestrino, nell'altro caso nessun ferito. Questi episodi, però, si stanno ripetendo a Roma molte volte; le strade sono sempre piene di buche: quando io esco ad un'ora come quella di adesso, devo prendere il taxi e devo dire che nei primi dieci minuti è un galoppare sulle strade, mi sembra di essere nel 1800; e non è solo quello: ci sono anche altre situazioni molto negative come quella degli autobus strapieni dove io non ho più bisogno di appendermi per sorreggermi da qualche parte perché siamo così stretti, anche nelle metropolitane, che si resta in piedi anche se non si vuole, perché siamo pressati come scatole di sardine. Mi auguro che la sindaca di Roma prima di aprire il Parlamento con il suo apriscatole, utilizzi quel famoso apriscatole per consentire ai romani di godere degli autobus e delle metropolitane e non essere così dispiaciuti di vivere a Roma, dove mio padre sessanta anni fa venne tanto volentieri perché era un amante di Roma, proprio per la bellezza della città eterna. Concludo Presidente come sempre, viva i pensionati, pensionati all'attacco!.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Davide Zanichelli. Ne ha facoltà.

DAVIDE ZANICHELLI (M5S). Grazie Presidente, mi preme intervenire al termine dei lavori per riportare quanto accaduto nella scorsa notte a Reggio Emilia, in via Turri. Via Turri è in un quartiere difficile che sta nei pressi della stazione, chi è di Reggio Emilia la conosce; è un quartiere difficile perché abitato da numerosi stranieri e caratterizzato da numerosissimi casi di abusivismo. La scorsa notte è successa una tragedia; un incendio nelle cantine di un palazzo, di un edificio al civico 33, abitato da decine di famiglie; l'incendio ha causato purtroppo la morte di due persone, oltre all'intossicazione di oltre trenta persone tra cui molti bambini, tra cui una versa in condizioni molto gravi. A nome del Movimento 5 Stelle va il cordoglio per le vittime e la solidarietà per tutte le persone intossicate in questa tragedia. Un enorme grazie agli operatori che nella notte hanno lavorato per sedare l'incendio: i vigili del fuoco e le forze dell'ordine per mettere in sicurezza la zona e tutti i sanitari. Tengo ad esprimere anche la rabbia perché è da anni che il quartiere vive una situazione difficile e i cittadini per primi hanno sollevato la situazione.

Il gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle ha chiesto più volte di porre in discussione il tema perché serve una seria riqualificazione. Tra l'altro, è un quartiere che è stato anche ignorato dal bando delle periferie. I nostri consiglieri hanno sollevato, con ordini del giorno e la richiesta di commissioni, il tema della situazione di via Turri e la risposta è stata che era tutto sotto controllo. Ebbene, tutto sotto controllo poi proprio non era. Ora quello che noi chiediamo e quello che ci vuole a Reggio Emilia e in altre zone in cui nelle nostra città sono presenti situazioni di degrado…

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

DAVIDE ZANICHELLI (M5S). …sono maggiori controlli e soprattutto riqualificazioni, perché queste morti non devono ripetersi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 11 dicembre 2018 - Ore 10:

1. Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre.

(ore 14,30)

2. Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:

S. 886 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria (Approvato dal Senato). (C. 1408)

3. Seguito della discussione delle mozioni Fiano ed altri n. 1-00072, Fornaro ed altri n. 1-00078 e D'Uva e Molinari n. 1-00084 recanti iniziative volte al contrasto della violenza neofascista e neonazista .

4. Seguito della discussione delle mozioni Molinari, D'Uva ed altri n. 1-00083, Gadda ed altri n. 1-00087, Luca De Carlo ed altri n. 1-00091 e Paolo Russo ed altri n. 1-00092 concernenti iniziative volte alla tutela dei prodotti agroalimentari italiani propri della dieta mediterranea, con particolare riferimento ad una proposta di risoluzione in discussione presso l'Assemblea generale dell'ONU in materia di nutrizione e salute .

5. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

MARIN ed altri; VANESSA CATTOI ed altri; VILLANI ed altri; ROSSI ed altri; RAMPELLI ed altri: Delega al Governo in materia di insegnamento curricolare dell'educazione motoria nella scuola primaria. (C. 523-784-914-1221-1222-A)

Relatore: MARIANI.

6. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

GADDA ed altri; CENNI e INCERTI; PARENTELA ed altri; GOLINELLI ed altri: Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico. (C. 290-410-1314-1386-A)

Relatore: MAGLIONE.

La seduta termina alle 20,10.