XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 11 dicembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,

          premesso che:

              in tutta Europa si sta assistendo a un aumento delle organizzazioni e dei gruppi neofascisti, neonazisti, razzisti e xenofobi, che incitano all'odio, uccidono e incoraggiano i loro seguaci a ricorrere alla violenza e alle vessazioni contro presunti nemici, pervadono la scena pubblica, accompagnandosi sia con atti e manifestazioni di esplicito odio e persecuzione contro singoli e intere comunità;

              si sta dunque assistendo allo sviluppo di significativi processi riaggregativi di episodi violenti, in corso in tutta Europa in un contesto in cui sono progressivamente messi in crisi i consolidati principi di eguaglianza, delle culture favorevoli alla solidarietà e all'integrazione, della delegittimazione (che ha investito tutta Europa), degli organismi elettivi e rappresentativi, a partire dal Parlamento, dei partiti e delle istituzioni nel loro complesso per fare spazio a valori morali di tipo tradizionale, all’«autorità», all'insofferenza verso tutte le diversità culturali e «razziali»;

              nel XXI secolo vi sono chiari segnali dell'affacciarsi di un «nuovo» antisemitismo con atti isolati, certamente, espressione di minoranze numericamente irrisorie e politicamente ininfluenti, ma atti da non sottovalutare poiché sono indicatori di una malattia mai debellata nella cultura occidentale;

              le grandi tragedie del Novecento, quando le peggiori ideologie totalitarie si affermavano utilizzando proprio gli strumenti offerti dalla democrazia liberale, sembrano riproporsi di fronte alle sfide che la società deve affrontare in questi primi decenni del nuovo secolo;

              nel nostro Paese, purtroppo, le azioni «dimostrative» dei gruppi neonazisti e neofascisti sono cresciute in maniera esponenziale e stanno avendo luogo in tutta Italia, dalle grandi città come nelle più piccole realtà di provincia;

              ciò dimostra come oggi questi gruppi si sentano in grado di poter dire e far tutto in un clima in cui sempre più spesso queste azioni vengono sottovalutate e ancor di più vengono considerate come singoli e sporadici episodi;

              purtroppo, oggigiorno, la discriminazione trova spazio anche sul web, tanto che, ogni giorno online vengono rilevati 7.000 «hate speech»; ovvero espressioni che mirano a diffondere, fomentare, promuovere o giustificare l'odio razziale, la xenofobia, l'antisemitismo o altre forme di intolleranza e ostilità nei confronti delle minoranze e tra i vari canali usati un ruolo fondamentale lo ricoprono soprattutto i social network;

              la norma fondamentale che vieta ogni forma di odio deve essere considerata il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966 e reso esecutivo nel nostro Paese dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881, che, all'articolo 20, prevede che vengano espressamente vietati da apposita legge qualsiasi forma di propaganda a favore della guerra, ma anche ogni appello all'odio nazionale, razziale o religioso che possa costituire forma di incitamento alla discriminazione o alla violenza;

              l'articolo 30 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo stabilisce chiaramente che nulla in detta dichiarazione «può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati»;

              come riferito da Europol, il Commissario europeo per la sicurezza, Sir Julian King, intervenendo nel corso di un evento svoltosi il 22 marzo 2017, in occasione della commemorazione degli attentati avvenuti a Bruxelles nel 2016, ha sottolineato la crescente minaccia dell'estremismo violento di destra, affermando di non conoscere nessuno Stato membro dell'Unione europea che non sia colpito in qualche modo dal fenomeno, citando in particolare il massacro del 2011 in Norvegia, l'assassinio della deputata britannica Jo Cox e gli attacchi ai centri di asilo e alle moschee di tutta Europa;

              è importante ricordare che l'Unione europea nasce proprio sulle macerie del fascismo e fin dalla propria istituzione ha voluto far trionfare valori come la dignità umana, la libertà, la democrazia e il rispetto dei diritti umani, compresi quelli delle minoranze: tutto ciò è quanto di più lontano ci sia dall'ideologia razzista e xenofoba che oggi, attraverso alcuni episodi, si vuole far prevalere;

              è necessario continuare a essere portatori dei valori che hanno contribuito a fondare l'Unione europea, combattendo l'ignoranza con la cultura, l'oblio con la memoria, la chiusura mentale col pensiero critico, l'ostilità con la solidarietà;

              il fenomeno è purtroppo in crescita in tutte le società più avanzate e la comunità internazionale, da anni, sta cercando delle strategie di contenimento e di contrasto;

              il Parlamento europeo, con la risoluzione 2018/2869, approvata il 25 ottobre 2018, ha preso atto che la mancanza di una seria azione nei confronti dei gruppi neofascisti e neonazisti sta provocando un'allarmante e crescente normalizzazione del fascismo, del razzismo, della xenofobia e di diverse forme di intolleranza nei Paesi dell'Unione europea, con colpevoli «collusioni di leader politici, partiti politici e forze dell'ordine con neofascisti e neonazisti in alcuni Stati membri»;

              la violenza fascista e nazista ha tolto la vita a migliaia di persone, tra i quali rifugiati e immigrati, appartenenti a minoranze etniche e religiose, difensori dei diritti umani, attivisti, politici e membri delle forze di polizia; è stato fatto uso e abuso degli strumenti democratici per diffondere odio e violenza;

              lo Stato liberale esiste per difendere non soltanto i diritti di libertà di ogni cittadino nei confronti di ogni minaccia interna ed esterna, ma soprattutto gli atti che potrebbero saldarsi con altre forme di intolleranza religiosa, per esempio di matrice islamica, che predicano odio contro gli ebrei e contro lo Stato di Israele;

              è importante soffermarsi sul fatto che, oltre alla violenza fascista e nazista, esistono altre, non meno gravi, forme di intolleranza, messe in atto dai nemici della società aperta che sono da considerarsi come antitesi della cultura politica liberale: tutte le manifestazioni di odio razziale, tutti i richiami ad esperienze storiche funeste del Novecento, tutte le intimidazioni e le prevaricazioni, ogni forma di predicazione dell'odio e del disprezzo verso le minoranze;

              è necessario esercitare pari rigore contro tutte le forme di intolleranza ed esaltazione della violenza, sotto qualunque bandiera o divisa si presentino, sia quella dei naziskin o dei centri sociali, sia quella dei patetici epigoni di Hitler o dei collettivi anarco-insurrezionalisti, ma siano anche quelle forme che si manifestano nelle moschee o nelle scuole coraniche nelle quali si predicano l'odio e la violenza contro lo stile di vita dell'Occidente, contro i cristiani, contro gli ebrei;

              l'Italia, fortunatamente, non è un Paese razzista: a ottant'anni dalla vergogna delle leggi razziali, a 75 anni dalla deportazione degli ebrei del ghetto di Roma, la memoria di quelle tragedie è ancora profondamente radicata fra i cittadini italiani, ma non si possono sottovalutare gli episodi di intolleranza che si ripetono e che mostrano un allarme sociale che esiste, anche in Italia;

              ai fenomeni appena citati si ricollegano inevitabilmente le conseguenze di anni di mancata gestione del fenomeno migratorio, un fenomeno che i Governi precedenti guidati da Berlusconi erano riusciti sostanzialmente ad arrestare e che, dopo la caduta dell'ultimo Governo Berlusconi, è esploso in modo incontrollato;

              nel nostro ordinamento le disposizioni previste nella cosiddetta «legge Mancino », volte a prevenire, vietare e sanzionare i crimini e le violenze legate all'odio, al razzismo, alla xenofobia e all'intolleranza, dovrebbero trovare una più rigorosa applicazione al fine di scongiurare il ripetersi di eventi non più tollerabili;

              la condanna dell'intolleranza, del razzismo, delle nostalgie per il passato totalitario, è una parte essenziale della nostra cultura ed è per questo motivo che le istituzioni hanno il dovere di garantire la piena attuazione e la tutela della libertà e contrastare ogni forma di ideologia fascista e/o di discriminazione razziale, etnica, nazionale, di orientamento sessuale, religiosa o nei confronti di persone affette da disabilità,

impegna il Governo:

1) ad adottare le opportune iniziative al fine di contrastare tutte le organizzazioni, i movimenti, le fondazioni o le associazioni che esaltano o promuovono il fascismo o il nazismo;

2) ad adottare iniziative volte a prevenire la diffusione della propaganda ideologica basata sull'odio e sull'intolleranza con particolare riferimento alla sua diffusione negli spazi pubblici e sul web; attraverso la diffusione di campagne informative ed educative in ambito scolastico;

3) ad adottare ogni iniziativa di competenza affinché trovino effettiva applicazione le disposizioni previste nel nostro ordinamento volte a prevenire, vietare e sanzionare i crimini e le violenze legate all'odio, al razzismo, alla xenofobia e all'intolleranza, con particolare riguardo a quelli di ispirazione fascista o nazista;

4) ad adottare tutte le iniziative necessarie per contribuire attivamente a garantire la sicurezza dei cittadini che ancora oggi subiscono forti discriminazioni, come la comunità ebraica, in stretto dialogo con le organizzazioni della società civile e le organizzazioni non governative impegnate contro tali discriminazioni.
(1-00093) «Orsini, Pettarin, Occhiuto».


      La Camera,

          premesso che:

              nel giugno 2018 l'Organizzazione mondiale della sanità ha presentato il report «Time to deliver», contenente una serie di raccomandazioni agli Stati membri per ridurre l'impatto negativo di alimenti ricchi di grassi saturi, sale e zuccheri e migliorare la regolamentazione degli stessi;

              tali raccomandazioni, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, hanno la finalità di contrastare il diabete, il cancro e le malattie cardiovascolari e l'obiettivo di ridurre di almeno un terzo, entro il 2030, i morti per le malattie non trasmissibili, anche riducendo nella dieta l'apporto di grassi saturi, sale, zuccheri e alcol;

              a seguito delle polemiche suscitate da tale documento, l'Oms chiariva di non aver avuto l'intenzione di criminalizzare specifici alimenti quanto piuttosto quella di fornire indicazioni per una sana dieta, raccomandando nel contempo politiche adeguate a promuovere un consumo parsimonioso di alcuni alimenti;

              tuttavia, il 12 novembre 2018 sette Paesi, guidati da Brasile e Francia, hanno presentato, alla seconda commissione dell'Assemblea generale dell'Onu, nell'ambito dell'iniziativa «Global Health and Foreign Policy», una risoluzione contenente, sostanzialmente, le misure già proposte e corrette nella bozza preliminare del giugno 2018;

              qualora il nuovo testo presentato fosse approvato, andrebbe a vanificare l'intento della dichiarazione sul tema, approvata dai Paesi membri dell'Onu del 27 settembre 2018 tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite sarebbero sollecitati ad applicare tasse, etichette dissuasive all'acquisto, come per le sigarette, e restrizioni alla pubblicità e al marketing su gran parte dei prodotti alimentari tipici del made in Italy, i quali verrebbero classificati come nocivi per la salute;

              sembra impensabile che si vada a ridiscutere un principio che era stato approvato e chiarito ai massimi livelli dei Capi di Stato e di Governo all'Onu. Inoltre, un organismo politico come l'Onu non può approvare indicazioni prescrittive come quelle indicate nel documento del 12 novembre, nel quale viene esplicitamente riportata la seguente locuzione «è urgente che gli Stati membri approvino»;

              il settore agroalimentare italiano, nel 2018, ha messo a segno un nuovo record delle esportazioni con un aumento del 3 per cento nei primi sei mesi, dopo il valore di 41,03 miliardi del 2017, proprio grazie al traino soprattutto di prodotti quali: vini, formaggi e salumi, vale a dire categorie merceologiche che verrebbero colpite dai provvedimenti proposti dalla bozza di risoluzione;

              l'applicazione, a livello globale, dei provvedimenti proposti dai citati sette Paesi condurrebbe a una forte contrazione delle vendite dei prodotti agroalimentari italiani all'estero, con la conseguenza di ridurre i margini positivi della bilancia commerciale, nonché di mettere a serio rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro e la stessa sopravvivenza di tantissime piccole e medie imprese, tenuto conto che solo il 2 per cento delle aziende alimentari italiane supera i 50 addetti;

              le produzioni italiane, per la loro intrinseca peculiarità, sono poste alla base della «Dieta mediterranea», riconosciuta dall'Unesco «Patrimonio immateriale dell'umanità», quale modello alimentare sano ed equilibrato, fondato prevalentemente su cibi di origine vegetale e sul consumo diversificato e bilanciato, che aiuta a prevenire malattie croniche come patologie cardiovascolari, diabete e obesità;

              nelle società occidentali agiate si riscontrano maggiormente casi di obesità e malattie legate ad uno stile di vita e alimentare errato, soprattutto nelle fasce più deboli della popolazione dove sono più marcate le diseguaglianze socio-economiche. La riduzione di tali diseguaglianze dovrebbe essere assunta come priorità e strategia di lungo termine da parte di tutti gli Stati membri e dalle Nazioni Unite;

              l'iniziativa dei sette Paesi del 12 novembre 2018 appare slegata, quindi, da qualsiasi considerazione in merito a sane ed equilibrate abitudini alimentari, chiedendo nuovamente apposite etichette nutrizionali e la riformulazione delle ricette sulla base di modelli culturali lontani dal «made in Italy» e dalle tradizioni plurisecolari trasmesse da generazioni di nostri agricoltori, che si sono impegnati per mantenere le caratteristiche inalterate nel tempo, a favore di un modello di alimentazione artificiale ispirato a consumi standardizzati su base planetaria;

              quindi una risoluzione che imponesse di scrivere su un prodotto alimentare sano come il formaggio grana o come il latte intero, ovvero sull'olio extravergine di oliva, che nuoce alla salute, sarebbe non solo sbagliata ma, da un punto di vista scientifico, completamente priva di fondamento;

              provvedimenti coercitivi come quelli suggeriti dalla risoluzione presentata all'Assemblea generale dell'Onu deresponsabilizzano, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, il consumatore e ne condizionano le scelte, senza indirizzarlo verso una dieta più salutare;

              una ricerca Nomisma del 2015 sugli effetti delle «etichette a semaforo» nel mercato inglese ha evidenziato un significativo calo nelle vendite e nelle quote di mercato proprio dei prodotti tipici italiani, con perdite addirittura del 14 per cento per quanto riguarda il parmigiano reggiano Dop porzionato;

              si ritiene di dover scongiurare la diffusione di sistemi di valutazione dei prodotti agroalimentari unicamente basati sui profili nutrizionali oppure su rappresentazioni grafiche che pongono ingiustificatamente l'accento sulla composizione del singolo prodotto, a prescindere dalle modalità e dalla frequenza di consumo;

              se si approvasse in sede Onu la risoluzione presentata il 12 novembre 2018, l'effetto sarebbe quello di avvantaggiare unicamente i produttori di alimenti dietetici e di sostituti chimici per alimenti e di provocare un grave danno al Made in Italy agroalimentare;

              l'applicazione di tasse o etichette discriminanti, ove già in vigore, non ha condotto ad alcun miglioramento dei trend relativi alla diffusione dell'obesità e delle malattie non trasmissibili; le imprese del settore agroalimentare e le associazioni di agricoltori hanno manifestato forte preoccupazione per le disposizioni contenute nella risoluzione in discussione all'Assemblea generale dell'Onu,

impegna il Governo:

1) a difendere, con la massima determinazione, il settore agroalimentare italiano in tutte le sedi politiche e diplomatiche internazionali, in particolare all'Onu (e nelle sue agenzie come Oms e Fao) e nell'ambito dell'Unione europea;

2) ad attivarsi con tutti gli strumenti a sua disposizione nella trattativa in corso in sede Onu per contrastare l'ulteriore diffusione dell'etichettatura a semaforo sui prodotti alimentari, al fine di promuovere invece l'utilizzo di sistemi di etichettatura che diano corrette informazioni nutrizionali e indichino l'origine dei principali ingredienti utilizzati;

3) a porre in essere e continuare a svolgere una pronta e decisa azione diplomatica sul piano internazionale volta a cancellare o a modificare fortemente la risoluzione presentata nell'ambito dell'iniziativa «Global Health and Foreign Politics» in discussione all'Assemblea dell'Onu, al fine di scongiurare le inique conseguenze che l'approvazione di tale documento avrebbe per il settore agroalimentare italiano e in particolare per le esportazioni italiane;

4) ad avviare un confronto, nelle opportune sedi, al fine di chiarire quali siano le finalità che hanno portato la Francia e i sette Paesi proponenti a promuovere questa iniziativa in collaborazione con Paesi extra europei senza un preventivo accordo con gli altri Stati membri europei. La Francia, nonostante sia un Paese che, in maniera del tutto analoga all'Italia, vanta numerosi prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica, riconosciuti dall'Unione europea, potrebbe danneggiare tali prodotti e, ove questo documento venisse approvato senza modifiche, si espone essa stessa ad essere pesantemente penalizzata;

5) a promuovere campagne per incoraggiare regimi alimentari equilibrati in Italia, dove siano presenti tutti gli alimenti salutari della dieta italiana.
(1-00094) «Molinari, D'Uva, Gadda, Paolo Russo, Luca De Carlo, Fornaro, Viviani, Sabrina De Carlo, Formentini, Ehm, Bubisutti, Cabras, Coin, Cappellani, Gastaldi, Di Stasio, Golinelli, Emiliozzi, Liuni, Olgiati, Lo Monte, Romaniello, Lolini, Gallinella, Vallotto, Cillis, Grimoldi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Comencini, Ribolla, Caffaratto, Billi, Zoffili, D'Arrando, Tuzi, Ianaro, Bologna, Leda Volpi, Trizzino, Lorefice, Mammì, Sarli, Sportiello, Scerra, Torto, Papiro, Bruno, Di Lauro, Galizia, Giordano, De Giorgi, Villani, Delrio, Cenni, Cardinale, Critelli, Dal Moro, D'Alessandro, Incerti, Portas, Scalfarotto, De Filippo, Quartapelle Procopio, Nevi, Anna Lisa Baroni, Brunetta, Caon, Fasano, Sandra Savino, Spena, Occhiuto, Meloni, Lollobrigida, Gemmato, Caretta, Ciaburro».

Risoluzione in Commissione:


      La XI Commissione,

          premesso che:

              la riforma del mercato del lavoro, comunemente nota con il nome di jobs act, adottata nella scorsa legislatura dai Governi a guida PD, si è posta, tra gli altri, l'obiettivo di razionalizzare e rivedere le procedure e gli adempimenti in materia di inserimento mirato delle persone con disabilità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, e degli altri soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio, al fine di favorirne l'inclusione sociale, l'inserimento e l'integrazione nel mercato del lavoro, avendo cura di valorizzare le competenze delle persone;

              le disposizioni riguardanti tali soggetti hanno, ovviamente, toccato anche il tema della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive; a questo proposito l'articolo 18, comma 3, del decreto legislativo n. del 2015 – «Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183» – ha esplicitamente previsto che le norme in materia si applicano al collocamento dei disabili, di cui alla legge n. 68 del 1999, «in quanto compatibili»;

              la disciplina dei benefici ordinari connessi alla disoccupazione è stata del tutto innovata rispetto alle norme previgenti e le disposizioni introdotte dal jobs act risultano essere di maggior favore rispetto alle antecedenti, con particolare riferimento alla decadenza dal beneficio economico e dallo stato di disoccupazione;

              la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, n. 34 del 23 dicembre 2015, ha ulteriormente precisato che le attività di politica attiva del lavoro previste dall'articolo 18 del decreto legislativo n. 150 del 2015 devono essere svolte anche ai fini del collocamento mirato;

              il requisito per l'iscrizione negli elenchi del collocamento è lo stato di disoccupazione, e in questo caso si applica l'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2015; pertanto, la persona priva di impiego, che dichiara la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro, si iscrive nell'elenco del collocamento mirato dove ha la residenza o in altro elenco nel territorio dello Stato;

              la predetta circolare, inoltre, chiarisce che all'iscrizione nell'elenco del collocamento mirato si ritengono applicabili analogicamente le disposizioni di cui agli articoli 9 e 10 del decreto legislativo n. 22 del 2015 dettate con riferimento alla «NASpI» rinvenendosi la medesima ratio a fondamento dei due benefici, ovvero favorire l'inserimento lavorativo delle persone disoccupate evitando, in particolare, i disincentivi legati alla perdita immediata dei benefici connessi allo stato di disoccupazione;

              pertanto, per quel che concerne il rapporto di lavoro subordinato e la permanenza nell'elenco del collocamento mirato è previsto un regime di compatibilità declinato nei seguenti termini: l'iscritto che instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia superiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale, 8.000 euro, decade dall'iscrizione, salvo il caso in cui la durata del rapporto di lavoro non sia superiore a sei mesi. In tal caso, l'iscrizione è sospesa per la durata del rapporto di lavoro; l'iscritto che instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia inferiore al reddito minimo escluso da imposizione, 8.000 euro, conserva l'iscrizione;

              l'attenzione e la cura prestata nel corso dell'operato dei Governi a guida PD nella scorsa legislatura, volto alla salvaguardia e alla tutela dei soggetti più deboli e a rischio di marginalità sociale ed economica, appaiono aver subìto una battuta di arresto a seguito delle conseguenze derivanti dall'entrata in vigore del cosiddetto decreto «Dignità», decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96;

              in tale provvedimento, infatti, sono contenute disposizioni in materia di diplomati magistrali e per la copertura dei posti di docente vacanti e disponibili nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria;

              più precisamente, l'articolo 4, comma 1, dispone che al fine di assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2018/2019 e di salvaguardare la continuità didattica nell'interesse degli alunni, all'esecuzione delle decisioni giurisdizionali che comportano la decadenza dei contratti, a tempo determinato o indeterminato, stipulati, presso le istituzioni scolastiche statali, con i docenti in possesso del titolo di diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002, si applica, anche a fronte dell'elevato numero dei destinatari delle predette decisioni, il termine di 120 giorni dalla data di comunicazione del provvedimento giurisdizionale al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

              l'articolo 4, comma 1-bis, stabilisce che allo scopo di salvaguardare la continuità didattica nell'interesse degli alunni per la durata dell'intero anno scolastico 2018/2019, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvede a dare esecuzione alle predette decisioni giurisdizionali nei confronti dei docenti in questione anche mediante la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo indeterminato in contratti di lavoro a tempo determinato con termine finale fissato al 30 giugno 2019;

              il medesimo articolo 4, ai commi 1-quater e 1-quinquies, dispone il bando di un concorso straordinario al quale potranno partecipare i diplomati magistrali e i laureati in scienze della formazione primaria che abbiano maturato nel corso degli ultimi otto anni scolastici, almeno due annualità di servizio specifico, anche non continuative nonché concorsi ordinari per titoli ed esami, con cadenza biennale, per tutti coloro i quali non hanno prestato servizio per 24 mesi;

              siffatte disposizioni hanno efficacia anche nei confronti dei docenti diplomati magistrali, assunti a tempo indeterminato in osservanza del computo delle quote di riserva, disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, recante «Norme per il diritto al lavoro dei disabili»;

              l'articolo 7, comma 2, del menzionato provvedimento legislativo definisce le modalità di assunzione obbligatoria presso i datori di lavoro pubblici, stabilendo che i lavoratori disabili iscritti in un apposito elenco (articolo 8, comma 2) con unica graduatoria, che risultino disoccupati, hanno diritto alla riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d'obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso;

              lo stato di disoccupazione risulta quindi costituire elemento essenziale ai fini del diritto all'inserimento nell'elenco;

              stante quanto appena riportato, i docenti diplomati magistrali, assunti a tempo indeterminato in osservanza del computo delle quote di riserva, corrono il rischio di subire un grave e ingiustificato pregiudizio in quanto soggetti alla trasformazione del proprio contratto di lavoro da tempo indeterminato a tempo determinato, fino al 30 giugno 2019, e al tempo stesso impossibilitati, non essendo in possesso del requisito dello stato di disoccupazione, a iscriversi all'elenco che concede il diritto alla riserva dei posti;

              allo scopo di garantire le tutele e i diritti dei lavoratori in questione, appare indispensabile operare per sanare questa incresciosa situazione, lesiva dei diritti dei soggetti disabili,

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine di adottare le adeguate iniziative, anche di carattere normativo, utili a salvaguardare il diritto dei lavoratori di cui in premessa di poter beneficiare della riserva dei posti garantiti dalla disciplina in materia di diritto al lavoro dei disabili, in occasione della partecipazione ai concorsi per l'immissione in ruolo.
(7-00128) «Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


      ZOFFILI e LOCATELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          nei giorni scorsi, un uomo di 32 anni, escursionista e residente in Albavilla, in provincia di Como, è scomparso senza lasciare tracce;

          in dettaglio, il 7 dicembre 2018, nel pomeriggio, dopo aver finito di lavorare a Nuova Olonio di Dubino (So), dove svolge la professione di agente di commercio, ha raggiunto l'abitazione di montagna di proprietà della famiglia presso Chiesa in Valmalenco, a San Giuseppe, località Barchi (Sondrio);

          da quel momento in poi non si hanno più notizie;

          i carabinieri del Ris di Parma hanno avviato indagini, concentrando la loro attenzione principalmente nel Ristoro Barchi, distanze circa 50 chilometri dalla casa di famiglia, in quanto in quella località sono stati trovati gli sci dell'uomo;

          l'escursionista non è mai rientrato in città e da alcuni giorni non risponde al telefono cellulare, al punto che i suoi familiari, allarmati, hanno chiesto l'intervento delle forze dell'ordine;

          l'ultimo ad aver visto l'uomo sarebbe il gestore del rifugio in Valmalenco, che peraltro nei giorni scorsi avrebbe ritrovato il suo telefono cellulare e lo avrebbe consegnato ai carabinieri;

          l'imponente macchina delle ricerche ha visto operare i vigili del fuoco, le unità cinofile, gli uomini del soccorso alpino della VII delegazione di Valtellina e Valchiavenna, i militari del Sagf della Guardia di finanza e i volontari della Protezione civile, che stanno setacciando un'ampia area boschiva a quota 1.700 metri e oltre;

          a ostacolare le operazioni di ricerca vi sono le avverse condizioni meteorologiche con nebbia e sporadiche precipitazioni anche nevose;

          al momento gli inquirenti non escludono nessuna pista, da quella di un allontanamento volontario del 32enne a un incidente nei boschi, fino ad arrivare alle ipotesi più drammatiche –:

          se il Governo disponga di informazioni più precise sui fatti richiamati in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per ritrovare l'uomo scomparso.
(4-01840)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta immediata:


      EMANUELA ROSSINI, GEBHARD, PLANGGER e SCHULLIAN. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

          il Ministro per gli affari europei presiede il Comitato interministeriale per gli affari europei che ha il compito di concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti comunitari;

          nell'ambito del quadro finanziario europeo 2021-2028, che sarà all'ordine del giorno del Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre 2018, sembra confermata la riduzione sia dei pagamenti diretti che dei fondi rurali Feasr;

          è nota l'importanza della politica agricola comune, quale momento essenziale nella costruzione e nel mantenimento di un'Europa giusta, prospera e coesa;

          l'onorevole Paolo De Castro, vicepresidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, ascoltato innanzi a diverse Commissioni riunite di Camera e Senato l'8 novembre 2018, ha espresso preoccupazioni per l'insufficienza di risorse da destinare ai rimborsi diretti e ai Fondi di sviluppo rurale, che sono i due pilastri della politica agricola comune;

          il 7 dicembre 2018, durante la sessione plenaria del Comitato europeo delle regioni, è stata ribadita l'importanza delle politiche di coesione e, tra queste, quelle perseguite con il secondo pilastro della politica agricola comune: su questo aspetto i delegati italiani si sono trovati d'accordo a prescindere dalle appartenenze politiche –:

          quale linea politica il Governo intenda promuovere nelle sedi intergovernative e comunitarie in relazione al quadro finanziario pluriennale europeo, su cui ha già espresso posizioni critiche proprio in relazione ai tagli previsti alle politiche agricole, per venire incontro alle istanze degli imprenditori agricoli italiani in ordine all'adeguato finanziamento dei due pilastri della politica agricola comune.
(3-00381)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

          con decreto ministeriale n. 300 del 13 novembre 2018, il Ministro interpellato ha stabilito i profili di competenza ed esperienza e i criteri di massima per l'individuazione dei componenti della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale Via e Vas di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006;

          il 19 novembre 2018 il Ministero ha emesso un avviso pubblico per la manifestazione di interesse alla nomina a componente della suddetta commissione;

          tra i requisiti previsti dal suddetto decreto ai fini della manifestazione di interesse alla nomina, il Ministro interpellato ha inserito quello secondo il quale «non possono presentare la manifestazione di interesse coloro che abbiano fatto parte della Commissione Tecnica di Verifica dell'Impatto Ambientale VIA e VAS per un periodo complessivo di otto anni, comprensivo dell'eventuale periodo di prorogatio» e coloro che «abbiano fatto parte della medesima Commissione nominata con decreto ministeriale 19 luglio 2011, n. 112»;

          ad avviso degli interpellanti, siffatto requisito, nonostante il generico riferimento alla necessità di rispettare il principio di rotazione degli incarichi di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190, al piano nazionale anticorruzione e al piano triennale di prevenzione della corruzione del Ministero, risulta privo di fondamento legislativo e, per l'effetto, destinato a restringere ingiustamente la platea dei potenziali candidati;

          il decreto ministeriale appare agli interpellanti illogico nella parte in cui, per un verso, non richiede specificamente ed esplicitamente che il citato avviso sia destinato a professionalità quali, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, soggetti esperti in pianificazione territoriale, geologi ed esperti in eco-sostenibilità ed economia circolare e, per altro verso, si prevede la possibilità che la manifestazione sia avanzata da economisti in senso generico;

          il decreto ministeriale risulta ad avviso degli interpellanti generico, illogico e di dubbia legittimità costituzionale nella parte in cui impedisce la manifestazione di interesse a soggetti che siano stati «rinviati a giudizio» per ipotesi delittuose diverse da quelle di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale;

          non risulta, secondo gli interpellanti, confacente alla trasparenza e al buon andamento cui deve essere ispirata l'attività della pubblica amministrazione la circostanza che il Ministro interpellato abbia avviato l’iter di nomina della commissione prima ancora di avere ottenuto il visto della sezione di controllo della Corte dei conti;

          il Ministro interpellato ha fissato per il 10 dicembre 2018 il termine per la presentazione della manifestazione di interesse, circostanza, quest'ultima, che giustifica l'urgenza dell'interpellanza –:

          quali concrete e urgenti iniziative di competenza intenda mettere in atto il Ministro interpellato per garantire lo svolgimento di una procedura selettiva trasparente, imparziale, aperta alla più ampia partecipazione degli aspiranti in possesso dei requisiti e idonea a individuare le professionalità più adeguate all'espletamento dell'incarico.
(2-00204) «Miceli, Buratti».

Interrogazione a risposta orale:


      ZANETTIN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          stamane l'intera Roma Nord si è svegliata avvolta da una densa nube di fumo, causato da un grosso incendio nell'impianto di raccolta e smaltimento rifiuti dell'Ama in via Salaria;

          a bruciare è stato un capannone di oltre duemila metri quadrati;

          un odore fortissimo di bruciato e immondizia persiste tutt'ora in tutta la zona nord est della Capitale, provocando nei cittadini disagio e difficoltà respiratorie, e si è esteso anche al centro storico;

          nello stesso impianto Tmb, gestito dall'Ama, si erano sviluppati, già altre volte, incendi;

          questo ennesimo episodio conferma la disastrosa gestione del servizio di smaltimento e raccolta rifiuti dell'amministrazione capitolina, che non appare in grado di proporre alcuna soluzione concreta, se non lasciare i cassonetti stracolmi di rifiuti e cumuli di sacchetti per strada, proprio nell'imminenza delle feste natalizie –:

          se il Governo intenda fornire elementi sulle concentrazioni di diossina riscontrate l'11 dicembre 2018 nell'area di Roma nord interessata dall'incendio dell'impianto Ama;

          se il Governo intendo assumere le iniziative di competenza, anche normative e in collaborazione gli enti territoriali interessati, per garantire, in prossimità delle feste natalizie, che sia evitata un'emergenza nella gestione dei rifiuti nell'area sopra richiamata.
(3-00380)

Interrogazione a risposta scritta:


      RAFFAELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          nei colli di Imola (Bologna) è localizzata la discarica per rifiuti urbani e speciali non pericolosi più grande (circa 4.500.000 ton) e più vecchia (esiste dagli anni ’70) dell'Emilia-Romagna. In tale contesto calanchivo sono stati coltivati 3 lotti, sviluppati senza una visione progettuale d'insieme, che ha comportato diversi problemi;

          si rileva una forte contaminazione del suolo al piede della discarica (accertata da ARPAE) posto in prossimità di un rio e di campi coltivati. Da anni si registrano infatti elevati superi delle «CSC» (concentrazioni sogli di contaminazione) di inquinanti quali cromo VI, arsenico, nichel, ferro, boro, cianuri, manganese, mercurio, nitriti, selenio e solfati. Anche a seguito di un piccolo intervento di bonifica avvenuto nel 2017, nell'area delle vasche di raccolta del percolato, i superamenti delle CSC permangono invariati;

          sono stati segnalati innumerevoli volte negli anni da parte dei cittadini residenti, ad Arpa e al comune di Imola, odori molto forti, acri, pungenti provenienti dal corpo discarica; odori, che oltre ad essere insopportabili e penalizzare dunque la qualità di vita di molte famiglie, causano talvolta giramenti di testa, pizzicore agli occhi e alle mucose di naso e bocca;

          dopo più di quarant'anni di forti impatti ambientali sul territorio dei comuni di Imola (Bologna) e Riolo Terme (Ravenna), e considerato che gli impatti di una discarica chiusa continuano per almeno altri 30 anni (tempo previsto dalla legge per la gestione post-mortem dell'impianto), è logico pensare che l'impianto venga chiuso. Invece nel 2015 il gestore Herambiente spa ha depositato un nuovo progetto di ampliamento per la sopraelevazione del 3° lotto e per la realizzazione del 4° lotto, per un totale di 1.500.000 tonnellate;

          l’iter di valutazione di impatto ambientale ha ottenuto il parere contrario del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per la presenza di un vincolo di tipo forestale nell'area interessata dal 4° lotto. Al fine di portare comunque avanti il progetto, durante l’iter già avviato di autorizzazione, il quarto lotto è stato stralciato e il parere si è concluso positivo per la sola sopraelevazione (375.000 tonnellate). Questa procedura, che ha portato a un parere favorevole Via a seguito di un frazionamento del progetto originario ha comportato la vittoria al tribunale amministrativo regionale (Bologna) del ricorso delle associazioni ambientaliste. Dunque da gennaio 2018 la discarica è chiusa;

          nel frattempo Herambiente spa e ConAmi avevano comunque ri-depositato (27 febbraio 2017) il progetto di ampliamento del 4° lotto avviando l’iter di Via. La conferenza di servizi finale del 29 gennaio 2018, non ha espresso il parere, poiché è appena giunta la notizia della sentenza avversa del TAR –:

          se il Governo sia a conoscenza della gravità della situazione che vede esposti i cittadini da anni a inquinanti di varia natura provenienti dalla discarica e dispersi nelle varie matrici ambientali e se intenda promuovere una verifica da parte del Commando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente al fine di acquisire un quadro completo e aggiornato dello stato dei luoghi.
(4-01842)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FERRI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

          con nota prot. 2617 del 30 novembre 2018 il direttore ad interim dell'Archivio di Stato di Massa disponeva la chiusura da quella data della sezione dell'Archivio di Stato di Pontremoli, dopo che la stessa era stata chiusa al pubblico dal 16 novembre 2018;

          la medesima nota del direttore ad interim ha disposto, a decorrere dal 1o dicembre 2018, che il personale in servizio presso la sezione di Pontremoli svolga il proprio orario di lavoro presso la Sede di Massa;

          la chiusura della sezione di Pontremoli dell'Archivio di Stato e il contestuale trasferimento dei lavoratori sono stati disposti tenendo in considerazione la comunicazione n. 10739 del 6 novembre 2018 del comando provinciale dei vigili del fuoco, al fine di assicurare la sicurezza del personale in servizio;

          con nota prot. 2539 del 15 novembre 2018 è stato fissato al 30 novembre 2018 il termine di conclusione del mandato del direttore dell'Archivio, rimanendo pertanto attualmente vacante l'incarico;

          già nel 2017 erano state effettuate richieste per l'effettuazione di perizie e dei fondi necessari all'adeguamento e messa a norma dell'edificio sede della sezione di Pontremoli;

          la sede della sezione di Pontremoli dal 2014 conserva anche gli atti delle sezioni di tribunale di Carrara e Pontremoli e tutta la loro documentazione fino al 2008, oltre ad ospitare frequenti manifestazioni culturali;

          è necessario dare risposte urgenti per la celere ripresa delle attività lavorative e della riapertura al pubblico della sede di Pontremoli, tutelando al contempo anche le esigenze dei lavoratori –:

          quali iniziative abbia intrapreso il Ministro interrogato per far fronte alla situazione venutasi a creare e se — e con quali tempi — ritenga di adottare iniziative per l'immediato avvio delle procedure per la riapertura della sede.
(5-01089)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata:


      GALANTINO, CORDA, RIZZO, ARESTA, CHIAZZESE, DEL MONACO, D'UVA, FRUSONE, ERMELLINO, IORIO, IOVINO, ROBERTO ROSSINI, GIOVANNI RUSSO e TRAVERSI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          nell'ambito del personale della difesa e in linea con le sue linee programmatiche, il Ministro interrogato ha affermato di garantire le legittime aspettative degli uomini e delle donne in uniforme e non, in particolare per quanto concerne:

              a) la tutela dei rapporti familiari (attraverso una razionalizzazione dei trasferimenti e degli impieghi e la risoluzione delle problematiche alloggiative);

              b) le prospettive di avanzamento in maniera trasparente e meritevole;

              c) le associazioni sindacali;

              d) la pubblicazione di elenchi del personale in ausiliaria;

              e) la valorizzazione e tutela del personale civile –:

          quali siano le attività poste in essere dal Governo al fine di raggiungere tali obiettivi, illustrando quali di essi sono stati parzialmente o totalmente raggiunti.
(3-00386)


      LOLLOBRIGIDA, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MELONI, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:

          secondo i dati consultabili sul sito ufficiale Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria generale dello Stato – conto annuale, nella sezione dedicata al personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia, si registrano circa trentanovemila dipendenti precari ai quali si aggiungono quelli presenti nel comparto soccorso pubblico;

          nonostante le molteplici dichiarazioni pubbliche e gli impegni presi anche dall'attuale Governo circa la necessità di garantire maggiore stabilità lavorativa nei richiamati comparti, anche al fine di salvaguardare la sicurezza del territorio, non è stato adottato alcun provvedimento concreto a tal fine;

          non risulta, inoltre, alcuno stanziamento volto a favorire la stabilizzazione del personale precario delle Forze armate, che vive in condizioni di precariato lavorativo ed economico, neanche nel prossimo futuro;

          il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante «Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese», è intervenuto in modo radicale sulle regole del lavoro precario del settore privato, fortemente penalizzato dal cosiddetto Jobs Act, riforma varata dal Governo Renzi;

          in particolare, l'articolo 1 del citato decreto-legge, rubricato «modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato», prevede espressamente che il contratto di lavoro subordinato non possa avere una durata superiore ai dodici mesi e che tale durata possa essere estesa a ventiquattro mesi solo al ricorrere di determinate condizioni;

          l'articolo 3 del medesimo decreto-legge, tuttavia, prevede l'inapplicabilità della riforma de qua ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle pubbliche amministrazioni con evidente disparità di trattamento e ricadute, tra l'altro, anche nei confronti del personale precario del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico;

          l'estensione al personale precario in questione delle citate disposizioni di cui al decreto-legge n. 87 del 2018, relative alla trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato al ricorrere di determinate condizioni, consentirebbe di dare dignità professionale e la giusta valorizzazione agli operatori del settore che ogni giorno lavorano per difendere lo Stato e la comunità, mettendo a rischio la propria incolumità –:

          quali urgenti iniziative intenda assumere per risolvere la problematica del precariato nelle Forze armate.
(3-00387)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


      BIGNAMI, GIACOMONI, BARATTO, MARTINO, BENIGNI, CATTANEO e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          con circolare 9/E del 7 maggio 2018 l'Agenzia delle entrate ha indicato le nuove modalità di fatturazione dei compensi dei Consulenti tecnici d'ufficio (Ctu) (articolo 4.2. oneri Ctu a carico di soggetti «split payment»). Da tale interpretazione emerge che tutte le fatture del Ctu per il pagamento degli onorari stabiliti dal giudice, emesse sia a società, enti pubblici che a privati, devono essere intestate all'amministrazione della giustizia (il tribunale di riferimento), committente non esecutrice del pagamento, con «solutio» a carico della parte/i onerata dal giudice, quale parte esposta all'onere economico del pagamento quale titolare passivo del rapporto di debito;

          con nota del 28 settembre 2018 avente ad oggetto «Liquidazione dei compensi dovuti ai CTU nell'ambito del procedimento civile – esclusione dello split payment — Circolare Agenzia delle Entrate n. 9 del 7 maggio 2018 e articolo 12 decreto-legge 12 luglio 2018 n. 87 convertito in legge 9 agosto 2018 – Modalità di trasmissione delle fatture intestate al Ministero della Giustizia» il Ministero della giustizia si esprimeva in merito alle segnalazioni pervenute sia da parte degli uffici giudiziari che dei Ctu, in merito alle criticità nella gestione delle fatture elettroniche emesse dai Ctu nei confronti degli uffici giudiziari;

          alla luce delle vigenti disposizioni, la parte obbligata deve continuare a effettuare il pagamento del compenso liquidato dal giudice in favore del Ctu il quale deve però emettere la fattura nei confronti dell'amministrazione evidenziando di aver ricevuto il pagamento dalla parte obbligata e non dall'amministrazione;

          dalle segnalazioni pervenute al Ministero della giustizia, risulta che tali modalità stiano creando numerose criticità in quanto tali fatture, che pervengono agli uffici giudiziari con sistema di gestione contabile Sicoge, risultano come crediti inestinti poiché pagate da terzi. Il sistema Sicoge consente infatti la chiusura automatica delle fatture pagate ma non per quelle non pagate, le quali devono essere chiuse tramite operazione manuale. Ciò affinché il relativo credito possa risultare estinto sulla piattaforma del credito (Pcc) gestita dal Ministero dell'economia e delle finanze;

          il Ministero afferma dunque di aver avviato «un'interlocuzione con l'Agenzia delle Entrate al fine di verificare la possibilità di individuare soluzioni operative in grado di non aggravare ulteriormente le complesse attività degli Uffici giudiziari in tema di pagamento delle spese di giustizia» –:

          quali soluzioni siano state individuate alla luce di quanto descritto in premessa e in quali tempi il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda adottare iniziative per risolvere le criticità evidenziate dalla presente interrogazione.
(5-01091)


      RUGGIERO e TRANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 24 del decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237, recante disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio, convertito, con modificazioni, con la legge 17 febbraio 2017, n. 15, enuncia le «Disposizioni generali concernenti l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale»;

          ai sensi dell'articolo 24-bis, comma 6, del suddetto decreto-legge n. 237 del 2016, per l'attuazione della Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico, istituisce il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, con il compito di promuovere e programmare iniziative di sensibilizzazione ed educazione finanziaria;

          l'articolo 24-bis, comma 8, del decreto-legge n. 237 del 2016, i membri del Comitato, nonché il direttore, durano in carica tre anni e l'incarico può essere rinnovato una sola volta;

          il decreto del 3 agosto 2017 del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico ha istituito il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria;

          in data 21 giugno 2018 il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria si è dotato di un regolamento di organizzazione e funzionamento del Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria;

          l'articolo 24-bis, comma 3, del suddetto decreto-legge n. 237 del 2016 prevede l'adozione di un programma per una «strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale»;

          in data 11 gennaio 2018 è stato trasmesso alla Presidenza della Camera dei deputati, l'atto del Governo pro tempore sottoposto a parere parlamentare, recante lo Schema di programma per una «strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale», sul quale è stato espresso parere favorevole dalla Commissione Finanze e dalla Commissione Bilancio –:

          quali e quante iniziative di educazione finanziaria in Italia siano state censite in seguito all'avvio a gennaio 2018 del censimento al fine di conoscere in modo più completo il panorama dell'offerta attuale e le sue caratteristiche, per identificare buone prassi già sperimentate e validate e per promuovere un coordinamento che favorisca la corretta allocazione delle risorse, evitando l'accavallarsi di iniziative diverse sugli stessi obiettivi.
(5-01092)


      OSNATO e BUTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          in risposta all'interrogazione n. 5/00653, svolta presso la Commissione finanze della Camera dei deputati, in merito al problema della responsabilità del rappresentante indiretto per dichiarazione d'intento falsa o incompleta per operazioni doganali, il Governo ha ritenuto l'operatore doganale con rappresentanza indiretta responsabile, citando l'articolo 77 del codice doganale unionale, senza considerare che lo stesso si riferisce ad una operazione doganale relativa a dazi all'importazione e non all'Iva;

          nella risposta del Governo, il citato articolo 8, comma 3, della legge n. 213 del 2000 dà per scontato che l'espressione normativa «spedizioniere doganale» si riferisca unicamente al doganalista con rappresentanza diretta e non anche all'operatore doganale con rappresentanza indiretta, pur trovandosi, quest'ultimo, nelle medesime condizioni che hanno fatto decidere al legislatore di escludere lo spedizioniere doganale;

          il richiamo alla sentenza n. 7720 del 2013 della Corte di Cassazione non sembra appropriato, dato che il problema si riferisce ad una situazione verificatasi dopo la sentenza, relativa ad una diversa procedura che prevedeva la consegna della dichiarazione d'intento alla dogana e non all'Agenzia delle entrate;

          infine, relativamente all'implementazione del sistema telematico dell'Agenzia delle entrate, l'articolo 20 del decreto legislativo n. 175 del 2014, al comma 1, lettera a), dispone che: le parole: «consegnata o spedita al fornitore o prestatore, ovvero presentata in dogana» sono sostituite da: «trasmessa telematicamente all'Agenzia delle entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica». La dichiarazione sarà consegnata al fornitore o prestatore, ovvero in dogana. Entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione, l'Agenzia delle entrate mette a disposizione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la banca dati delle dichiarazioni d'intento per dispensare dalla consegna in dogana della copia cartacea delle predette dichiarazioni e delle ricevute di presentazione;

          è necessario procedere tempestivamente alla corretta funzionalità del sistema informatico e all'adozione di una disposizione che preveda la possibilità per l'operatore doganale di assumere notizie dal sistema informatico stesso sulla legittimità della dichiarazione d'intento;

          è improcrastinabile una corretta interpretazione del citato articolo 20 relativamente ai 120 giorni nei quali l'Agenzia delle entrate deve mettere a disposizione dell'Agenzia delle dogane la banca dati delle dichiarazioni d'intento, ed è necessario tutelare quanti, senza malafede e responsabilità, si trovano a dover affrontare, per quanto esposto, contenziosi lunghi e costosi –:

          quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo in ordine a quanto evidenziato in premessa.
(5-01093)


      UNGARO e FREGOLENT. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          secondo la Fondazione Migrantes solo nel 2016 sono partiti 124 mila connazionali, e il 39 per cento ha tra i 18 e i 34 anni. Il totale dei registrati all'Aire, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero, è di oltre 5 milioni, mentre tre giovani under 30 su quattro, oggi, lascerebbero l'Italia, stando ad un'indagine pubblicata di recente dal Corriere della Sera;

          la logica che animava il progetto del «controesodo», tradotto otto anni fa con la legge 30 dicembre 2010, n. 238, per richiamare in Italia i talenti che lavorano all'estero, fu quella di agire con la leva delle agevolazioni fiscali sulle proprie entrate. Si trattava di un dispositivo inedito che così prevedeva: «I redditi di lavoro dipendente, i redditi d'impresa e i redditi di lavoro autonomo percepiti dalle persone fisiche di cui all'articolo 2 concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche in misura ridotta, secondo le seguenti percentuali: a) 20 per cento, per le lavoratrici; b) 30 per cento, per i lavoratori»;

          la novella normativa rappresentata dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, ha introdotto il regime speciale per i «lavoratori impatriati», che sotto alcuni aspetti è risultato meno conveniente rispetto alla citata legge n. 238 del 2010, se non altro perché abrogava l'estensione dei benefici fiscali;

          vi è poi una scarsissima conoscenza, come lamenta l’«Associazione Controesodo», di detto strumento normativo anche tra gli addetti ai lavori e sussiste la necessità di agire affinché nuovi strumenti normativi rendano effettiva e radicata la permanenza di chi è ritornato in patria, consolidando e potenziando le norme per l'attrazione del capitale umano –:

          se non ritenga opportuno promuovere una semplificazione del regime agevolativo descritto in premessa adottando iniziative per estendere i benefici fiscali come già previsti dalla legge n. 238 del 2010, ad oggi parzialmente abrogata, anche ai cittadini italiani in possesso di diploma di studio di scuola media di IIo grado e ampliando i beneficiari con riferimento ai casi in cui si acquisti un immobile da destinare ad abitazione principale, ovvero si contragga matrimonio o unione civile, al fine di incentivare chi realmente intende trascorrere la propria vita nel nostro Paese.
(5-01094)

Interrogazione a risposta scritta:


      FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          l'Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm) ha commissionato all'Istituto superiore di sanità (Iss) un'indagine epidemiologica sul gioco d'azzardo e a tal fine ha inserito l'impegno di spesa nel programma degli acquisti di beni e servizi;

          la pratica del gioco d'azzardo evolve in numerosi casi in sviluppo di forme di vera e propria dipendenza che la legge 9 agosto 2018, n. 98, prescrive di denominare in atti pubblici come «Disturbo da gioco d'azzardo» (Dga);

          un'indagine epidemiologica ha lo scopo di rilevare nella popolazione italiana la diffusione di tale disturbo e delle fenomenologie che ne attestano il rischio;

          l'Iss, ha pubblicato un avviso pubblico per l'affidamento del servizio «per la realizzazione di indagine epidemiologica sul gioco d'azzardo nella popolazione residente in Italia suddiviso in 2 lotti»;

          la ricerca epidemiologica eseguita nell'ambito dei rapporti contrattuali è lo strumento scientifico del Ministero della salute per l'accertamento epidemiologico a supporto della sorveglianza sanitaria;

          la commissione della ricerca produce un effetto contrattuale che si traduce nella proprietà da parte del committente (Adm) dei risultati del servizio stesso (database, report, analisi e statistiche);

          lo studio epidemiologico, indicato come «trasversale di tipo osservazionale nella popolazione adulta», si è basato su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 12.056 adulti (18+), con una stima del tasso di adesione del 51,2 per cento. Di questi, 12.007 sono risultati validi per le analisi (47,6 per cento maschi e 52,4 per cento femmine);

          risulta che la Explora S.n.c. si sia aggiudicata entrambi i lotti per l'indagine epidemiologica sul gioco d'azzardo per una somma complessiva pari ad euro 739.000,00;

          suscita gravi perplessità – in ordine alla natura di «ricerca epidemiologica» dell’«indagine commissionata» – la presenza di alcune domande, tipiche di rilevazioni a fini commerciali, laddove si fa riferimento a quanto i «giocatori» distribuiscano le loro preferenze nei luoghi fisici dell'azzardo tra i singoli marchi delle aziende concessionarie (tipo: Lottomatica; BET1128; Sisal; SNAI; BETUNIQUE; Match Point; BETn1) e quanto le preferenze sui siti internet si distribuiscano nelle piattaforme in corrispondenza, parimenti, dei marchi dei concessionari;

          per favorire le risposte alle interviste è stato corrisposto a ciascun cittadino intervistato un buono per acquisti commerciali del valore di euro 10;

          l'indagine conoscitiva commissionata dall'Adm all'Iss ha comunque prodotto una notevole quantità di dati sensibili il cui impiego per fini non interamente controllati dal Ministero della salute potrebbe determinare conseguenze imprevedibili e accrescere il rischio di sfruttamento commerciale, poiché il dato dei giocatori, acquisito ed elaborato in base ad algoritmi studiati dall'Iss e utilizzato con concetti tipici del marketing potrebbe risolversi in indicazioni che recano pregiudizio alla salute pubblica;

          il difetto di trasparenza ha comportato l'esclusione della comunità scientifica e del mondo degli operatori dalla valutazione ex ante e in itinere della fondatezza del progetto originario, della qualità di svolgimento della raccolta dei dati, della elaborazione e del commento conclusivo;

          l'esclusione della comunità scientifica e degli operatori impegnati sul campo ha determinato una grave e ingiustificabile «asimmetria informativa» tra le professionalità dei servizi istituzionalmente deputati (sociosanitari del settore pubblico e del non profit qualificato) e le professionalità dell'Adm (ente statale di scopo a giudizio dell'interrogante, in conflitto evidente d'interesse);

          è di tutta evidenza che la priorità vada rigorosamente attribuita alla funzione di direzione strategica del Ministero della salute e che sotto tale profilo non possono esservi commistioni tra autorità sanitarie e Adm proprio per scongiurare conflitti d'interesse in danno dei cittadini –:

          cosa contenga analiticamente il contratto di acquisto della ricerca stipulato tra Agenzia delle dogane e dei monopoli e Istituto superiore di sanità;

          quali accertamenti ispettivi si intendano promuovere sulla direzione dell'Istituto superiore di sanità che ha programmato e gestito l'iniziativa di ricerca e relativo «pacchetto» di diffusione;

          se ritengano di valutare la sussistenza dei presupposti per segnalare lo svolgimento della procedura contrattuale all'Anac per la verifica, per quanto di competenza, della rispondenza di tutto il processo ai requisiti previsti per le procedure di evidenza pubblica;

          quali iniziative si intendano intraprendere per valutare l'idoneità della ricerca «in economia» da parte dell'Istituto superiore di sanità, ovvero mediante l'impiego di strutture pubbliche come è prassi dello stesso Istituto su molte patologie monitorate;

          quali misure di garanzia intendano promuovere per la custodia e il corretto impiego del database, anche attraverso un protocollo di accesso alle informazioni;

          quali direttive si intendano diramare per lo svolgimento di future indagini epidemiologiche, con modalità tali da garantire l'assenza di conflitti d'interesse;

          quali iniziative intendano adottare per la prevenzione del disturbo da gioco d'azzardo patologico e per la verifica ex ante di iniziative di informazione e controllo, in modo da evitare la diffusione di messaggi impropri e fuorvianti che potrebbero essere veicolati con il coinvolgimento dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli o peggio di concessionari di Stato del gioco d'azzardo.
(4-01843)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


      CONTE e FORNARO. — Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

          il MoVimento 5 Stelle, attraverso la piattaforma Rousseau, ha attivato una funzione, definita «scudo della rete», atta a «fornire la difesa legale a iscritti ed eletti del MoVimento 5 Stelle dalle cause intentate contro di loro e la tutela del Movimento e dell'Associazione Rousseau»;

          tramite il sistema operativo Rousseau, viene fornito un elenco di avvocati disponibili a svolgere un primo incontro gratuito con iscritti e portavoce per fornire un primo studio e inquadramento della pratica legale (denuncia, querela, esposto, ricorso al tribunale amministrativo regionale);

          fin dal primo lancio dell'idea, nel 2016, con un post sul blog di Beppe Grillo, e poi nel suo sviluppo operativo, a partire dall'aprile 2018, il MoVimento 5 Stelle e la piattaforma Rousseau hanno individuato nel deputato e ora Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, il referente e il responsabile del servizio;

          il Ministro interrogato è rimasto responsabile dello «scudo della rete» fino al settembre 2018, quando già da due mesi era Ministro della giustizia;

          esiste ancora oggi, sul profilo Facebook del Ministro interrogato e sulla piattaforma Rousseau, il video di propaganda con cui l'onorevole Bonafede illustra ragioni e modalità dell'iniziativa dove si chiede agli avvocati a – come dice testualmente il Ministro interrogato nel video – «prestare consulenza professionale in forma gratuita» per un primo incontro conoscitivo e poi proseguire l'incarico con un compenso da concordare;

          il Ministro della giustizia esercita le funzioni di vigilanza sull'ordine degli avvocati (regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578);

          il decreto ministeriale n. 37 del 2018, approvato l'8 marzo 2018 e in vigore a partire dal 27 aprile 2018, ha fissato i minimi inderogabili del compenso degli avvocati, proprio in applicazione del principio dell'equo compenso –:

          se non ritenga che tale iniziativa presenti un sostanziale conflitto di interesse a suo carico, stante la sua funzione di Ministro della giustizia, rendendo opportuna la rimozione del video di propaganda «scudo della rete» dalla piattaforma Rousseau e dal suo profilo che propone agli avvocati la difesa legale degli aderenti al Movimento anche in deroga al principio dell'equo compenso.
(3-00382)


      BAZOLI, VERINI, MORANI, FERRI, VAZIO, ANNIBALI, BORDO, MICELI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il Governo si è già distinto per avere «affossato» la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, cancellando tutti gli spiragli che le commissioni di esperti e i precedenti Governi avevano individuato per potenziare l'area penale esterna e per superare la centralità che la privazione della libertà ha nel sistema di giustizia penale, così come richiesto dall'Europa, assolutamente necessarie, in funzione social–preventiva, per la sicurezza dei cittadini;

          tale era la preoccupazione per simili scelte che, addirittura, sono state cancellate anche quelle specifiche misure mirate alla presa in carico e alla cura all'esterno del carcere delle persone con gravi problemi di salute mentale;

          con il disegno di legge di bilancio per il 2019 a parere degli interroganti è stato assestato un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e, in particolare, all'individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri essenzialmente facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame dell'atto Camera n. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti –:

          quali siano le intenzioni del Governo in materia di esecuzione penale esterna, anche sulla base delle evidenze statistiche che hanno dimostrato l'efficacia in termini di riduzione della recidiva di alcune importanti riforme, come quella della messa alla prova per gli adulti.
(3-00383)


      COSTA, BARTOLOZZI, CASSINELLI, CRISTINA, FERRAIOLI, PITTALIS, SARRO e ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

          in 25 anni, dal 1992 al 2017, oltre 26 mila persone hanno ottenuto un indennizzo per ingiusta detenzione, per essere stati privati ingiustamente della libertà personale. Lo Stato ha versato complessivamente circa 650 milioni di euro;

          la media annuale è di oltre 1.000 persone indennizzate per una spesa superiore ai 29 milioni di euro. Le ingiuste detenzioni hanno toccato cifre record di indennizzi, nel 2017, a Catanzaro, Roma, Bari e Napoli;

          l'articolo 15, comma 1, della legge n. 47 del 2015, così modificato dall'articolo 1, comma 37, della legge n. 103 del 2017, stabilisce che: «Il Governo, entro il 31 gennaio di ogni anno, presenta alle Camere una relazione contenente dati, rilevazioni e statistiche relativi all'applicazione, nell'anno precedente, delle misure cautelari personali, distinte per tipologie, con l'indicazione dell'esito dei relativi procedimenti, ove conclusi. La relazione contiene inoltre i dati relativi alle sentenze di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, pronunciate nell'anno precedente, con specificazione delle ragioni di accoglimento delle domande e dell'entità delle riparazioni, nonché i dati relativi al numero di procedimenti disciplinari iniziati nei riguardi dei magistrati per le accertate ingiuste detenzioni, con indicazione dell'esito, ove conclusi»;

          tale adempimento, per ciò che riguarda la riparazione per ingiusta detenzione, è stato radicalmente omesso. Infatti, la relazione depositata nel 2018 tratta esclusivamente il tema delle misure cautelari personali e non affronta la materia della riparazione per ingiusta detenzione;

          si tratta di un adempimento fondamentale per comprendere le ragioni per cui tante persone sono state private ingiustamente della libertà personale e per comprendere, altresì, le conseguenze disciplinari che tali accertate ingiuste detenzioni hanno determinato sui responsabili di tali atti;

          nell'ordinamento, inoltre, non figura una norma che preveda l'automatica trasmissione delle ordinanze di accoglimento delle domande di riparazione per ingiusta detenzione al titolare dell'azione disciplinare, affinché questi possa valutare se avviare l'azione disciplinare. Ciò determina che in moltissime circostanze venga omessa qualsivoglia valutazione circa la responsabilità dei magistrati per i casi di ingiusta detenzione –:

          se il Governo abbia esaminato e valutato tutte le ordinanze che nel 2018 hanno riconosciuto ingiuste detenzioni, in quante occasioni e con quali motivazioni abbia esercitato l'azione disciplinare nei confronti dei responsabili, in quante occasioni e con quali motivazioni abbia ritenuto di non esercitarla.
(3-00384)


      MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, SEGNANA, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZANOTELLI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          gli sportelli di prossimità, cioè la presenza sul territorio di punti di contatto e accesso al sistema giudiziario, sono il mezzo per permettere ai cittadini di avere un unico punto di contatto, un riferimento vicino al luogo in cui vivono e di disporre di un servizio completo di orientamento e di consulenza;

          sono la risposta del welfare state al cittadino in difficoltà e rende il settore della giurisdizione più prossimo alle esigenze delle persone fragili;

          essi forniscono, anche grazie alle tecnologie del pct e alle banche dati del Ministero della giustizia, servizi diversi: orientano e informano sugli istituti di protezione giuridica (tutele, tutele minori, amministrazioni di sostegno), anche attraverso materiale informativo, distribuiscono la modulistica vigente presso gli uffici giudiziari, danno supporto per predisporre il ricorso, la raccolta e la verifica degli allegati in tema di amministrazione di sostegno, ricevono e depositano presso la cancelleria del tribunale i ricorsi anche mediante strumenti informatici, aiutano gli amministratori di sostegno a compilare i rendiconti periodici di amministrazione di sostegno e tutele, provvedono alla raccolta e deposito presso la cancelleria del tribunale anche mediante strumenti informatici, aiutano gli amministratori di sostegno a compilare gli atti di straordinaria amministrazione, secondo la modulistica del tribunale, e provvedono alla raccolta e deposito presso la cancelleria del tribunale anche mediante strumenti informatici, forniscono consulenza sugli istituti di protezione giuridica per casi complessi;

          ma tali sportelli sono inattuabili senza un serio investimento degli enti territoriali. Occorrono quindi: tavoli di coordinamento (istituiti con accordi, protocolli, leggi regionali e così via) che istituzionalizzino la collaborazione tra i diversi attori tra cui l'ufficio giudiziario; luoghi fisici (anche presso enti già operanti, come servizi sociali, aziende sanitarie locali e altro) per l'apertura degli sportelli; personale degli enti territoriali che devono presidiare tali sportelli e l'eventuale integrazione con volontari; modulistica standard per le varie tipologie di atti che i cittadini possono presentare al giudice tutelare e pubblicazione di tale modulistica su un sito web; sistemi informatici per trasmettere i ricorsi e le istanze dagli sportelli di prossimità al tribunale attraverso l'utilizzo del pct e, nelle forme più evolute, punti di accesso al pct;

          gli sportelli di prossimità sono un rilancio anche del cosiddetto processo civile telematico –:

          al fine di sviluppare detti sportelli di prossimità, quali siano le risorse con le quali intenda sostenere le relative spese, nonché in quali territori e con quali modalità.
(3-00385)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

          gli organi di informazione, nei giorni scorsi, sulla base di uno specifico studio realizzato dall'Aci, che analizza la localizzazione di oltre 36 mila incidenti stradali avvenuti in Italia nel 2017, hanno dato ampio risalto alla notizia che la strada statale 36 del Lago di Como e dello Spluga risulti essere la strada extraurbana più pericolosa del Paese;

          sono stati ben 311 gli incidenti nel solo nel 2017, su un'arteria lunga complessivamente 141 chilometri e che attraversa le province di Lecco e di Monza-Brianza;

          di questi, 180 incidenti si sono registrati negli appena 23 chilometri del tratto della provincia brianzola;

          si tratta di una strada molto frequentata dai pendolari anche per raggiungere le località sciistiche della Valtellina, di Bormio e Livigno, tra l'altro in corsa per le Olimpiadi del 2026;

          secondo Anas, nel mese di ottobre, la strada statale 36 è risultata essere la strada più trafficata di tutto il nord Italia, con punte di 78 mila transiti al giorno;

          vanno considerate la rilevanza della strada statale in questione e la preoccupazione di istituzioni locali, cittadini, associazioni, organizzazioni sociali, per l'evidente criticità in termini di sicurezza –:

          quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di convocare, in tempi rapidissimi, un tavolo istituzionale con Anas, con la partecipazione di tutti i soggetti interessati, istituzionali e non, comprese le parti sociali, per affrontare l'emergenza sicurezza della suddetta strada statale, con l'obiettivo di migliorarne la segnaletica, soprattutto nei tratti più pericolosi, di adottare un sistema capillare di videosorveglianza del tracciato, di un rafforzamento della presenza della Polstrada finalizzato alla riduzione dei sinistri e ad una effettiva sicurezza per chi è chiamato a percorrerla quotidianamente.
(2-00205) «Fragomeli, Anzaldi, Buratti, Losacco, Colaninno, Cenni, Andrea Romano, Ciampi, Mor, Librandi, Gadda, Gariglio, Sensi, Pezzopane, Lepri, De Filippo, Rossi, Marco Di Maio, Cantini, Carè, Carla Cantone, Pellicani, Zan, Ceccanti, Morgoni, Navarra, Incerti, Piccoli Nardelli, Padoan, Critelli, Zardini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MORANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          in data 22 novembre 2018 si è svolta a Roma l'assemblea del Consiglio superiore dei lavori pubblici riguardante il completamento della galleria della «Guinza», lungo il tracciato della superstrada Fano-Grosseto, conosciuta come superstrada dei «Due mari»;

          il Consiglio ha evidenziato come vi sia la necessità di ripresentare uno studio di fattibilità che comprenda il completamento della galleria e la realizzazione del secondo tunnel in relazione alle disposizioni concernenti la sicurezza stradale, in quanto una sola galleria, a doppio senso di marcia, non è più ritenuta adeguata;

          tale parere da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici è vincolante per la fattibilità dell'opera e darà il «via libera» solo se saranno rispettate le richiamate prescrizioni che attengono al rispetto della normativa in materia di sicurezza;

          si fa presente che Anas, in relazione a questa richiamata opzione, ha presentato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la richiesta di inserire suddetto raddoppio nell'ambito del contratto di programma 2016-2020, prevedendo una spesa pari a circa di 310 milioni di euro;

          il completamento di suddetta opera è una priorità per il territorio delle Marche che, come testimoniato anche nella recente riunione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, si è mobilitato, a partire dalle proprie istituzioni regionali e territoriali, per la realizzazione della galleria della «Guinza»;

          i tempi sulla decisione finale sono molto stretti ed è ora atteso un preciso impegno da parte del Governo per il completamento della galleria –:

          in considerazione di quanto registrato presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici, quali iniziative il Governo intenda assumere, anche con riferimento alla richiesta da parte di Anas, per assicurare, per quanto di competenza, in termini tecnici e finanziari il proprio impegno, al fine di realizzare la seconda galleria e aprire quanto prima quella già esistente, nonché per garantire il finanziamento della intera infrastruttura nel tratto marchigiano-umbro da Canavaccio alla E45.
(5-01086)

Interrogazioni a risposta scritta:


      ORLANDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la linea ferroviaria «Pontremolese», qualificata come fondamentale dal gestore Rete ferroviaria italiana (Rfi), ha bisogno da anni del completamento del raddoppio, necessario al traffico di merci e persone tra La Spezia e Parma e da e verso il Veneto;

          il porto della Spezia movimenta la più alta percentuale di merci su ferro rispetto al totale del traffico in Italia; con il completamento del raddoppio potrebbe incrementare tale percentuale con ricadute economiche positive sia dal punto di vista operativo che ambientale, riducendo il traffico su gomma verso l'Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto, abbattendo i tempi di percorrenza e le emissioni inquinanti;

          il contratto di programma 2017-2021 assegna 97 milioni di euro per il completamento del raddoppio della linea ferroviaria Parma-La Spezia, con l'integrazione di circa 138 milioni di euro nel 2018 per la realizzazione del raddoppio Parma-Vicofertile che consentirebbe di migliorare la gestione del traffico, con benefici immediati in termini di regolarità e qualità del servizio offerto;

          sono stati previsti, inoltre, da parte di Rete ferroviaria italiana investimenti in tecnologie che riguardano interventi di adeguamento e potenziamento dell'infrastruttura sempre sulla linea Parma-La Spezia, oltre che sul corridoio Livorno-La Spezia nell'ambito della rete transeuropea dei trasporti (Ten-T): 35 milioni di euro sulla tratta, nell'ambito del rifinanziamento previsto dalla passata legge di bilancio per il piano di investimenti di Rete ferroviaria italiana;

          interventi di ammodernamento tecnologico si rendono necessari, infatti, per consentire un utilizzo migliore, più economico e più sicuro della linea ferroviaria attuale, che favorirà uno sviluppo del traffico merci sulla tratta che va dal porto spezzino sino alla pianura Padana;

          Rete ferroviaria italiana annunciò la possibilità di tariffe scontate per gli operatori che scegliessero di spedire merci su ferro sulla Pontremolese, a partire dall'orario 2018-2019 con l'applicazione di tariffe denominate «Promo» a traffici aggiuntivi rispetto a quelli esistenti. Infatti, in attesa che si realizzi compiutamente l'opera, il problema principale della Parma-La Spezia è costituito dall'obbligo di utilizzo della doppia motrice per superare le forti pendenze. Ciò comporta un maggior costo del servizio: una forte scontistica applicata da Rete ferroviaria italiana potrebbe rendere finalmente competitiva la Pontremolese rispetto ad altre tratte merci, più lunghe e inquinanti –:

          quando sia previsto l'avvio dei lavori per i sub-lotti Parma-Vicofertile-Osteriaza e quando avverrà la loro conclusione;

          se gli interventi previsti di adeguamento tecnologico della rete esistente siano stati effettuati e con quale tempistica si concluderanno;

          se la scontistica di Rete ferroviaria italiana sui traffici aggiuntivi sia operativa; con quali effetti sull'incremento dei traffici e se siano ipotizzabili ulteriori e prolungati ribassi;

          come il Governo intenda procedere per la completa realizzazione dell'opera, che ha un basso impatto ambientale e, anzi, consente lo spostamento su ferro di quote significative di traffico;

          quali altre risorse il Governo intenda destinare alla completa realizzazione dell'opera e con quali tempistiche.
(4-01838)


      CRITELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          il 24 agosto 2018 il comune di Cento (Ferrara), in accordo con la città metropolitana di Bologna e con il sindaco di Pieve di Cento (Bologna), ha deciso, con atto d'urgenza, la chiusura alla circolazione del ponte di collegamento fra Cento e Pieve di Cento;

          il consigliere delegato alla città metropolitana di Bologna, Marco Monesi e il sindaco di Cento, Fabrizio Toselli, hanno sottolineato come si sia trattato di un provvedimento assunto in via precauzionale dettato dalla necessità di salvaguardare la sicurezza dei fruitori del ponte nel momento in cui l'esito degli approfondimenti ha documentato come la struttura non versasse in un buono stato di conservazione;

          Monesi e Toselli sottolineano come siano già iniziate le procedure d'urgenza per il reperimento delle risorse necessarie e assicurano la tempestiva esecuzione delle opere provvisionali per le quali occorrono una quarantina di giorni e circa 200.000,00 euro; inoltre, affermano che procederanno anche al monitoraggio e allo studio del ponte attraverso la strumentazione con celle di carico così da permettere l'individuazione di eventuali anomalie;

          una volta completati i lavori di messa in sicurezza potranno tornare a transitare anche i mezzi pesanti sino alle 33 tonnellate riportando il limite a quello previsto dal codice della strada;

          nel mese di giugno la città metropolitana di Bologna ha affidato una campagna di indagini ispettive sullo stato di conservazione del ponte il quale versava in una situazione di degrado, così che a luglio poi sono state eseguite verifiche di capacità portanti e indagini di rilievo strutturale e materico attraverso carotaggi, rilievi e prove di laboratorio;

          i risultati hanno fatto emergere come la struttura, risalente al 1967 e progettata dal Genio civile di Ferrara, non versasse in buono stato di conservazione e che necessitasse, oltre alle opere provvisionali, di intervenire sulle tre campate con l'installazione di carpenterie metalliche e l'inserimento di tiranti, cui seguirà la sistemazione dei giunti, così da garantire anche l'invarianza idraulica del fiume;

          il consigliere delegato della città metropolitana di Bologna e il sindaco di Cento, oltre ad affermare che questa opera sarà al primo posto dell'elenco di priorità chiesto dal Governo entro il 1° settembre 2018, sottolineano come, dopo la messa in sicurezza della struttura, sarà necessario procedere ad un secondo «step», ovvero il reperimento dei fondi necessari per l'intervento definitivo che prevede la realizzazione completa di un nuovo impalcato per oltre tre milioni di euro –:

          se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per lo stanziamento dei fondi necessari volti al completamento definitivo dell'opera, affinché la normale circolazione possa essere garantita al più presto e al massimo della sicurezza.
(4-01844)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


      ANZALDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          la legge n. 94 del 2009, all'articolo 3, comma 32, prevedeva che il Ministro dell'interno, con regolamento da emanare nel termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, doveva definire le caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa, di cui all'articolo 2, terzo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, che nebulizzano un principio attivo naturale a base di oleoresin capsicum, e che non abbiano l'attitudine a recare offesa alla persona;

          a seguito della citata norma è intervenuto il decreto ministeriale n. 103 del 12 maggio 2011 contenente il «Regolamento concernente la definizione delle caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa che nebulizzano un principio attivo naturale a base di oleoresin capsicum e che non abbiano attitudine a recare offesa alla persona, in attuazione dell'articolo 3, comma 32, della legge n. 94 del 2009»;

          con riferimento a quanto accaduto presso la discoteca la lanterna azzurra si ritiene che l'utilizzo di uno spray urticante per una rapina sia stato la causa scatenante della tragedia che è costata la vita a ben 6 persone con feriti in condizioni ancora molto gravi;

          si apprende che lo spray urticante è stato più volte all'origine di situazioni di pericolo per l'ordine pubblico e sembrerebbe essere usato a sproposito in diverse circostanze e con motivazioni assolutamente offensive;

          ad oggi l'impiego per offesa può comportare responsabilità sia penali che civili con l'accusa per «getto pericoloso di cose» e, nei casi più gravi, può integrare gli estremi del reato di «lesioni personali» ai sensi degli articoli 674 e 582 del codice penale;

          in considerazione delle criticità emerse nel tempo e degli evidenti abusi nell'utilizzo di tale strumento, si evidenzia la necessità di un intervento normativo che ne perimetri in maniera più efficace l'acquisto e l'utilizzo per ragioni legittime di autodifesa a contrasto di ogni suo uso distorto –:

          se il Governo intenda adottare iniziative al fine di regolamentare ulteriormente le modalità di vendita del richiamato spray, evitando abusi nonché prevedendo, in tali casi, l'inasprimento delle sanzioni civili e penali.
(3-00379)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ASCANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha bloccato un progetto di monitoraggio sul bullismo omofobico nelle scuole dell'Umbria. Il progetto, realizzato dal dipartimento di filosofia dell'università degli studi di Perugia e coordinato dal professor Federico Batini, è stato realizzato insieme alla regione ed era stato avviato negli istituti scolastici che avevano aderito all'iniziativa;

          in un'intervista al Corriere dell'Umbria del 5 dicembre 2018 il Ministro interrogato ha dichiarato: «Ho parlato con l'Ufficio scolastico regionale e i questionari sono fermi. Li abbiamo bloccati. Abbiamo chiesto di rivederne la formulazione e di cambiare le modalità di realizzazione del progetto, che non risulta abbia avuto accoglienza positiva». Riguardo alla sua valutazione il Ministro ammette: «Non l'ho letto»;

          è stata mossa l'accusa che il questionario sia stato somministrato senza il consenso delle famiglie. Accusa rigettata dal Professor Batini, che ha spiegato in un'intervista: «Non è vero che abbiamo già somministrato i questionari, non è vero che non chiediamo il consenso delle famiglie»;

          lo scopo della ricerca, a cui si aderisce volontariamente e con il consenso dei genitori, come ha spiegato il professore, è quello di monitorare la situazione relativa alle violenze omofobiche proprio tra i banchi scolastici, indagando sul livello dei fattori di rischio connessi alle diverse tipologie di bullismo e violenza, ovvero la presenza di forme più o meno marcate di pregiudizi che ne costituiscono l'anticamera. Il progetto è stato quindi avviato secondo i termini di legge e con il consenso delle famiglie –:

          se come riportato dai quotidiani, il Ministro interrogato abbia provveduto a bloccare il progetto; in tal caso, se ne non ritenga di adoperarsi, per quanto di competenza per combattere la violenza omofobica e gli atti di discriminazione e marginalizzazione che ne derivano, anche attraverso questi strumenti.
(5-01090)

Interrogazione a risposta scritta:


      BAZZARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          l'istituto comprensivo Ilaria Alpi di Favaro, una municipalità del comune di Venezia, quest'anno ha deciso di non allestire il presepe, pur potendo usufruire di un finanziamento regionale;

          la dirigente scolastica ha dichiarato che la segreteria è sotto organico e non riesce a provvedere agli acquisti e rendicontare tutto in poco tempo;

          un amministratore locale si è offerto di portarne uno di sua proprietà, montandolo lui stesso, nell'atrio della scuola elementare Fucini, ma la preside si è opposta, dicendo che fare o meno il presepe è una scelta che attiene all'autonomia della scuola;

          il diverbio riportato dai media è arrivato all'attenzione del Ministro interrogato che ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Il presepe e la storia in esso contenuta fanno parte della nostra identità culturale, penso che sia un simbolo importante. E penso che il Natale vada festeggiato. Senza remore: la vera integrazione non si fa nascondendo, ma condividendo le proprie tradizioni»;

          alcune persone atee hanno addirittura portato dei fiori alla preside, ai 120 docenti e ai 1.200 bambini, omaggiandoli per il rifiuto del presepe;

          la dirigente sostiene che avrebbe detto «no» all'allestimento del presepe, non per l'esigenza di tutelare le minoranze religiose e rivendica la scelta fatta unicamente sulla base dell'autonomia didattica sua e dei suoi insegnanti. Una decisione basata, a dire della stessa, solo sulla base alle esigenze didattiche, che respinge ogni sorta di strumentalizzazione;

          c'è da dire però che, pochi giorni prima, la preside aveva ricevuto due lettere minacciose da parte di alcune associazioni laiche, che le intimavano di togliere tutti i simboli religiosi all'interno della scuola;

          alcuni esponenti politici hanno ritenuto tutta questa vicenda un fatto preoccupante, al quale opporsi con fermezza;

          di contro, sempre a Venezia, il dirigente del complesso scolastico con la più alta percentuale di bimbi stranieri il Grimani di Marghera ha assunto tutt'altro comportamento, scegliendo di fare il presepe, senza nessun timore di ledere i diritti di 44 nazionalità diverse –:

          quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato al fine di evitare che tutti gli anni, con l'avvicinarsi del Natale, si riproponga la diatriba sul fare o meno il presepe nelle scuole italiane e, in ogni caso, per definire il comportamento da tenere da parte degli istituti scolastici in occasione delle principali festività della tradizione cattolica.
(4-01841)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


      MURELLI, LEGNAIOLI, CAFFARATTO, CAPARVI, EVA LORENZONI, MOSCHIONI e ZANOTELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          l'azienda Nora-Spirale è un'azienda del gruppo Spirale, specializzata nella produzione di calzature e stivali iniettati in materiali termoplastici, Pvc, gomme termoplastiche e nitriliche sia per il tempo libero (stivali da pioggia e doposcì), sia per l'uso professionale legato alla sicurezza sugli ambienti di lavoro;

          nei giorni scorsi, come si apprende da fonti giornalistiche, durante un incontro convocato nella sede della Confindustria di Lucca tra sindacati dei lavoratori e vertici aziendali, è stata annunciata la volontà di chiudere lo stabilimento di Pescaglia posto in località Monsagrati, dove operano ben 42 lavoratori;

          la scelta dell'azienda, stando alle dichiarazioni di alcuni rappresentanti sindacali, non sembra essere dettata da problemi relativi al mercato, bensì conseguente alla decisione di potenziare lo stabilimento centrale, a Cinte Tesino in provincia di Trento, dove l'azienda ha la sede centrale –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga opportuno convocare azienda e rappresentanze dei lavoratori ad un tavolo di confronto nazionale, anche con la partecipazione di parlamentari del territorio interessati alla vicenda, per conoscere le motivazioni che hanno indotto l'azienda a compiere una scelta tanto penalizzante per il territorio toscano quanto traumatica per i lavoratori coinvolti e le reali intenzioni dei vertici aziendali e, in particolare, per tutelare 42 posti di lavoro a rischio.
(5-01095)


      PALLINI, PIGNATONE, PARENTELA, GALLINELLA, MARZANA, CADEDDU, CASSESE, CILLIS, CIMINO, DEL SESTO, GAGNARLI, L'ABBATE, LOMBARDO, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, TRIPIEDI, PERCONTI, TUCCI, CUBEDDU, DE LORENZO, SEGNERI, SIRAGUSA, VIZZINI, CIPRINI, DAVIDE AIELLO, AMITRANO, BILOTTI, COSTANZO, GIANNONE e INVIDIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          la legge del 31 marzo 1979, n. 92, come modificata dal decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, agli effetti delle norme di previdenza e assistenza sociale, ivi comprese quelle relative all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, considera lavoratori agricoli gli operai assunti da imprese atte all'attività di raccolta di prodotti agricoli, nonché ad attività di cernita, di pulitura e di imballaggio dei prodotti ortofrutticoli, purché connessa a quella di raccolta;

          come noto, le organizzazioni di produttori (Op), riconosciute anche dal regolamento (UE) 1308/13, sono definite agricole anche se non effettuano direttamente la raccolta dei prodotti dei propri associati, divenendo di conferimento dei prodotti dei propri soci – con qualifica di imprenditori agricoli – e occupandosi le organizzazioni di produttori, tra l'altro, delle successive operazioni di cernita, calibratura, confezionamento;

          sono molti i casi in cui l'Inps non riconosce la qualifica agricola degli operai dipendenti da organizzazioni di produttori, che invece, viene accertata a seguito di procedimenti giudiziari –:

          se il Ministro interrogato, in relazione a quanto espresso in premessa, non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per chiarire la corretta interpretazione del quadro normativo relativo sia alla qualifica di operaio agricolo riconosciuta ai dipendenti di organizzazioni di produttori, in qualsiasi forma giuridica costituite, che pur non effettuando direttamente la raccolta dei prodotti dei propri associati, divengono sede di conferimento dei prodotti dei propri soci, con qualifica di imprenditori agricoli, occupandosi delle successive operazioni di cernita, calibratura ed imballaggio, sia alla qualifica agricola della organizzazione dei produttori operanti secondo tali modalità.
(5-01096)


      FATUZZO e ZANGRILLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          la legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Finanziaria 2001), ha introdotto un importo aggiuntivo alla tredicesima mensilità, pari a 154,94 euro, per quei pensionati con trattamento al minimo che, oltre ad aver versato i dovuti contributi previdenziali, risultano avere altri redditi in aggiunta al trattamento pensionistico al minimo, purché l'importo del reddito e della pensione non sia superiore a una volta e mezzo il trattamento minimo, qualora il nucleo famigliare del pensionato sia costituito solo dal medesimo, e non superi l'importo pari a tre volte il trattamento minimo laddove il reddito e la pensione si cumuli con quello del coniuge;

          paradossalmente, dalla disposizione recante l'incremento della tredicesima mensilità risultano esclusi i pensionati che beneficiano di un trattamento pensionistico di importo superiore al minimo (pari a 506 euro mensili), anche di un solo centesimo di euro, mentre l'aumento di 154,94 euro è riconosciuto a quanti percependo redditi aggiuntivi al trattamento minimo di pensione, di fatto godono di un reddito complessivo più elevato. A titolo esemplificativo, un pensionato che percepisce la pensione minima e un reddito la cui somma non supera i 760 euro mensili, cioè non supera una volta e mezzo il trattamento minimo, beneficerà dell'importo aggiuntivo di cui alla legge Finanziaria 2001;

          non risulta peraltro alcun adeguamento degli importi previdenziali al costo della vita da ormai diciotto anni a questa parte;

          il Governo ha dichiarato più volte l'intenzione di intervenire sul sistema pensionistico senza finora provvedere concretamente in alcun modo, né con misure sperimentali, né con misure strutturali, fermo restando che dalle ultime notizie appena una ridotta platea, non più cospicua di 300.000 persone, potrebbe accedere alla pensione in deroga alla legge vigente, peraltro con la riduzione sul trattamento pensionistico di circa il 25 per cento –:

          se e con quali iniziative il Governo intenda a provvedere, con la dovuta urgenza, ad adeguare il trattamento pensionistico di quanti oggi percepiscono esclusivamente la pensione al minimo, come illustrato in premessa.
(5-01097)


      SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, LACARRA, LEPRI, MURA, VISCOMI e ZAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          l'azienda Dm Elektron di Buja (Ud), con 130 dipendenti che produce schede elettriche ha deciso unilateralmente di delocalizzare la propria produzione dallo stabilimento friulano in Romania;

          nella mattinata del 7 dicembre 2018 tutti i lavoratori, dopo aver proclamato 8 ore di sciopero, hanno cercato di bloccare i mezzi pesanti che stavano portando via i macchinari;

          a spingerli verso questo atto estremo di protesta sono le crescenti preoccupazioni per il futuro dello stabilimento; nonostante le reiterate richieste da parte delle organizzazioni sindacali di conoscere i piani aziendali, la proprietà non ha mai voluto chiarire;

          nello stabilimento di Buja c'è chi è occupato da oltre 30 anni e si vede «portare via un pezzo della propria vita»;

          le organizzazioni sindacali e i lavoratori sono convinti che questa volta, rispetto ad analoghe situazioni verificatesi in passato, l'azienda avrebbe deciso di spostare interamente l'attività nello stabilimento di proprietà in Romania;

          dal 7 dicembre 2018 i lavoratori stanno manifestando giorno e notte all'esterno dell'azienda attraverso un presidio;

          la regione Friuli Venezia Giulia ha annunciato «un tavolo di crisi» che era convocato per il 10 dicembre;

          per l'11 dicembre sarebbe stato fissato un incontro con la direzione aziendale, ma i lavoratori temono che i macchinari in fabbrica siano portati via;

          nella mattinata del 10 dicembre i lavoratori si sono stesi tutti per terra davanti i cancelli dell'azienda per impedire il trasloco dei macchinari in Romania;

          ci sono stati momenti di fortissima tensione, allorquando sono intervenute le forze dell'ordine in tenuta antisommossa, arrivate sul posto in gran numero, per consentire ai mezzi il passaggio;

          il segretario della Fiom Cgil di Udine ha denunciato la presenza di un numero sproporzionato di agenti per questa operazione –:

          se non intenda convocare con la massima urgenza un tavolo istituzionale per salvaguardare i livelli occupazionali rispetto alle conseguenze della paventata delocalizzazione dell'azienda Dm Elektron di Buja.
(5-01098)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      LOCATELLI e ZOFFILI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la crisi che da mesi ha colpito la Canepa spa di san Fermo, leader mondiale nella tessitura serica di fascia alta, cui affianca la produzione di tessuti pregiati, sembra irreversibile;

          l'azienda, da circa sette mesi, è stata acquisita da un fondo di investimento, Dea Capital del gruppo De Agostini; l'operazione, iniziata a cavallo tra la fine del 2017 ed inizio del 2018, ha portato all'acquisizione del 65 per cento dell'azienda; poi la nomina dell'amministratore delegato e del rappresentante del Fondo a maggio 2018, quindi la decisione dei rappresentanti del fondo di investire 5 milioni di euro in riorganizzazione ed altri 19, nell'arco dei prossimi 5 anni, per sanare l'azienda e rivenderla;

          il 10 dicembre 2018 l'azienda ha presentato in tribunale la «prenotativa di concordato in bianco», ovvero di un percorso che parte con una domanda incompleta: vengono depositati i documenti, il tribunale assegna un giudice – con l'eventuale nomina di un commissario a tutela dei creditori –, lo stesso giudice fissa il termine entro il quale l'azienda deve presentare il piano concordatario (120 giorni, prorogabili di ulteriori 60);

          trattasi, secondo gli interroganti, di un modo per l'azienda di prendere tempo in attesa di decidere quale strada intraprendere; nel mentre i debiti e i crediti vengono congelati, inclusi i crediti che vantano i lavoratori, i quali non hanno ancora percepito lo stipendio di novembre, né percepiranno ora dicembre e tredicesima;

          se dunque entro i prossimi 6 mesi non dovesse arrivare un piano definitivo, l'azienda verrebbe dichiarata fallita e per i circa 400 dipendenti significherebbe la perdita del posto di lavoro;

          già nei mesi scorsi era stata avviata una procedura di esubero per circa 129 dipendenti, successivamente ridotta a 105, dopo una trattativa che ha portato alla dimissione di alcuni e alla scelta di andar via di altri –:

          se e quali iniziative urgenti, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda adottare con riguardo alla vicenda esposta in premessa, al fine di pervenire alla salvaguardia dei livelli occupazionali e di un'importante realtà produttiva per il tessuto socio-economico del territorio comasco.
(5-01087)


      MURELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          il 4 dicembre 2018 la famiglia Malacalza ha annunciato la decisione di chiudere la Sima&Tectubi;

          la storica azienda operante nel comparto Oil&Gas, con sede legale a Genova e stabilimento a Podenzano (Piacenza), verteva da anni in situazione di difficoltà, colpita dalla crisi del settore offshore, che ha ridotto gli ordini, e dalle sanzioni americane all'Iran, che ha significato la chiusura di un ulteriore segmento di mercato;

          tuttavia, l'intenzione di porre in liquidazione la società è giunta come un fulmine a ciel sereno, specie per i circa 40 dipendenti dello stabilimento, che si ritrovano ora, in prossimità delle festività natalizie, con lo spettro della perdita del posto di lavoro e l'incognita per un reimpiego;

          trattasi, infatti, di lavoratori tra i 40 ed i 50 anni, tutti troppo giovani per accedere alla pensione, ma comunque in età avanzata per potersi facilmente ricollocare, a rischio peraltro di non poter beneficiare neanche di ammortizzatori sociali, le cui tutele si sono molto ristrette negli ultimi anni;

          secondo la proprietà non c'erano più prospettive per continuare l'attività: la mancanza di commesse importanti ed il forte indebolimento della posizione patrimoniale, con perdite per 11 milioni di euro negli ultimi sei anni, sono le motivazioni alla base della scelta di chiudere la storia della Sima&Tectubi, con lo scioglimento e la messa in liquidazione della spa;

          secondo le rappresentanze sindacali provinciali, invece, l'azienda pur in sofferenza poteva essere rilanciata, perché «il prodotto che fa la Sima&Tectubi ha ancora mercato: sono impianti indispensabili per l'estrazione del petrolio e del gas»; quindi per i sindacati «la famiglia (avrebbe potuto) fare di più per salvare la Sima&Tectubi (invece) la proprietà non ha fatto niente per evitare questa fine» come ad esempio cercare altri mercati –:

          se e quali, iniziative di competenza il Governo intenda urgentemente adottare in merito alla vicenda esposta in premessa e, nello specifico, se non ritenga opportuno avviare un tavolo istituzionale con tutte le parti coinvolte al fine di pervenire a soluzioni che possano salvaguardare al contempo una realtà importante per il territorio piacentino e i livelli occupazionali dei lavoratori coinvolti.
(5-01088)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


      CRITELLI, INCERTI, GADDA, CENNI, CARDINALE, DAL MORO, D'ALESSANDRO e PORTAS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          l'Italia, nel caso specifico dello zucchero, da anni subisce la concorrenza sleale delle grandi aziende del nord Europa e rischia di perdere un'ulteriore filiera produttiva del comparto agricolo: ad oggi, le progressive deregolamentazioni hanno portato alla chiusura di 16 zuccherifici su 19;

          nel nostro Paese, nei primi anni del 2000, si producevano 1,6-1,7 milioni di tonnellate di zucchero lavorando 270 mila ettari di terreno;

          a difendere l'ultimo zucchero italiano è rimasta la Coprob (cooperativa produttori bieticoli) che ha due stabilimenti a Minerbio nel bolognese e a Pontelongo nel padovano;

          la liberalizzazione del comparto bieticolo-saccarifero, entrata in vigore nell'ottobre 2017 in virtù del regolamento (UE) n. 1308 del 2013, ha generato una drastica riduzione dei prezzi dello zucchero in Italia;

          l'abolizione delle varie restrizioni al commercio estero per questi prodotti permette alle grandi multinazionali di applicare prezzi irrisori che, nel medio-lungo periodo, portano al monopolio di intere parti di mercato, nonché all'eliminazione dei competitor che non possono produrre in perdita;

          in Italia, la maggior parte del mercato è controllata da tre giganti stranieri, il primo dei quali è la multinazionale tedesca Sudzuker, che possiede 31 stabilimenti dall'Austria alla Bosnia, con una produzione di 5,9 milioni di tonnellate, la francese Cristal Union con 10 stabilimenti e 2 milioni di tonnellate ha preso anche il controllo dell'Eridania, la multinazionale Tereos con 45 siti industriali in 13 Paesi e una produzione di 3,7 milioni di tonnellate;

          per fronteggiare questa corsa al ribasso, produttori italiani di zucchero chiedono da tempo una chiara etichettatura di origine, obbligatoria, per permettere ai consumatori la libertà di scegliere un prodotto di qualità e per far conoscere uno zucchero che deriva da una «bietola 4.0» per la quale sono stati effettuati investimenti, per la genetica, l'irrigazione, la fertilizzazione e la tecnologia meccanica –:

          quali iniziative il Ministro interrogato intenda predisporre per evitare danni insanabili alla filiera italiana dello zucchero, anche adoperandosi in seno all'Osservatorio del mercato dello zucchero dell'Unione europea, nonché per promuovere e garantire la concorrenza, evitando situazioni che possano penalizzare le imprese italiane.
(5-01099)


      FORNARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          con il precedente atto di sindacato ispettivo n. 5-00594 del 2 ottobre 2018, il sottoscritto interrogava in Commissione agricoltura della Camera, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, chiedendo quali iniziative, per quanto di competenza, intendesse assumere al fine di definire una normativa chiara sulla lombricoltura, per favorire lo sviluppo e la diffusione di questa attività, anche in relazione alla sua positiva valenza ambientale;

          il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al corrente delle difficoltà esistenti nell'inquadramento giuridico dell'allevamento dei lombrichi, anche perché la produzione che ne consegue non rientra tra i prodotti agricoli, ma tra i fertilizzanti e, tenuto conto della complessità della problematica e del potenziale interesse nei confronti della materia, si è reso disponibile ad attivare uno specifico tavolo di lavoro, al fine di approfondire le diverse questioni tecniche ed economiche connesse alla quantificazione delle unità lavorative annue (Ula) ed alla armonizzazione dei codici Ateco –:

          quale sia lo stato di avanzamento del tavolo tecnico sulle problematiche connesse alla regolamentazione della lombricoltura, per la definizione di una normativa chiara dell'attività in questione che ne favorisca lo sviluppo, considerata la positiva valenza ambientale della lombricoltura, che potrebbe essere in tal modo valorizzata, sfruttando anche l'attuale clima di significativa attenzione verso le tematiche dell'ambiente, nonché i possibili risvolti della sua diffusione in termini occupazionali.
(5-01100)


      LUCA DE CARLO, DONZELLI e CARETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          recentemente in Toscana si assiste ad una enorme diffusione di coltivazioni e serre gestite da aziende cinesi;

          come si è appreso a mezzo stampa, e come si è verificato direttamente più volte attraverso sopralluoghi, vengono spesso utilizzati fitofarmaci e sementi importati illegalmente, che non seguono le dovute procedure di controllo; inoltre nei terreni dove sono presenti le coltivazioni vengono bruciati vari tipi di rifiuti, tra cui la plastica;

          nelle serre, a volte utilizzate come dormitori abusivi dalla manodopera pagata in nero, non vengono rispettate le norme igienico-sanitarie;

          poiché tali prodotti vengono a volte acquistati da venditori locali, ciò provoca un danno alle aziende toscane e aumenta il rischio per la salute dei consumatori –:

          quali urgenti iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per il potenziamento dei controlli sul commercio delle sementi, per il tramite dell'Ispettorato centrale per la tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf), nonché per promuovere un aumento delle sanzioni sui gestori dei terreni descritti in premessa, al fine di impedire l'utilizzo di fitofarmaci e sementi importati illegalmente e dannosi per le coltivazioni e di conseguenza per i consumatori ignari.
(5-01101)


      GALLINELLA, CADEDDU, CASSESE, CILLIS, CIMINO, DEL SESTO, GAGNARLI, L'ABBATE, LOMBARDO, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, MARAIA, MARZANA, PARENTELA e PIGNATONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          l'Associazione nazionale allevatori suini ha come obiettivo quello di promuovere e attuare iniziative volte al miglioramento, all'incremento, all'utilizzazione, alla valorizzazione tecnico-economica dell'allevamento dei suini e dei prodotti da essi derivati;

          essa detiene, in base a quanto previsto dalla legge n. 30 del 15 gennaio 1991 e successive modifiche ed integrazioni, il libro genealogico (Lgi), strumento primario dell'attività di selezione delle diverse specie e razze di interesse zootecnico;

          il disciplinare del prosciutto di Parma e San Daniele descrive le caratteristiche organolettiche del prodotto finale ed elenca gli animali ammessi alla produzione del prosciutto: «derivati dalle razze Large White, Landrace e Duroc così come migliorate dal Lgi e tutte le altre razze purché provengano da Schemi di selezione o incrocio attuati con finalità non incompatibili con quelle del LGI»;

          mentre appaiono chiari i requisiti delle razze Large White, Landrace e Duroc, non sembrano altrettanto chiari gli schemi di selezione o incrocio per le altre linee genetiche, poiché né sul Lgi né sui documenti ad esso correlati, vi sono dei parametri specifici a cui attenersi;

          i criteri di selezione e le finalità, previsti sia negli articoli 20 e seguenti del Lgi, sia nel disciplinare delle prove in stazione della specie suina, non sono, infatti, definiti in maniera oggettiva e tali pertanto da lasciare poco margine alla discrezionalità; agli operatori della filiera suinicola non sono forniti parametri, valori, schemi o riferimenti puntuali che permettano di definire con chiarezza se i capi di altre linee genetiche possano essere giudicati conformi alla disciplina del prosciutto di Parma e San Daniele;

          considerando inoltre che le produzioni di San Daniele e di Parma assorbono l'ampia maggioranza del mercato delle cosce suine certificate in Italia, e svolgono una funzione di «riferimento di base» per disciplinari degli altri prosciutti per le fasi di allevamento e macellazione, le modalità di accesso alla selezione per l'ammissione degli animali a tali produzioni dovrebbero essere il più possibile trasparenti e oggettive;

          attualmente è in discussione una proposta di piano di controllo unificato della filiera suinicola, elaborata dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, ma al momento non appare sufficiente a chiarire gli schemi di selezione o incrocio per gli animali ammessi alle produzioni di prosciutto Dop –:

          se non ritenga necessario porre in essere iniziative volte a rendere quanto più oggettive e trasparenti le procedure per la valutazione di nuovi tipi genetici ammessi alla produzione del prosciutto.
(5-01102)


      NEVI e SPENA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          in Italia, da diciannove zuccherifici, nel giro di neanche una dozzina di anni, si è passati a due soltanto. Eppure, l'Italia è il terzo consumatore di zucchero in Europa;

          gli altri zuccherifici sono stati prima ridotti dal sistema delle quote, che nell'Unione europea per decenni ha gestito esattamente come il latte, e poi dalla liberalizzazione: il prezzo della materia prima è crollato, da 600 euro di un anno fa ora si è intorno ai 370 euro alla tonnellata. Per rientrare nei costi e fare profitto gli zuccherifici italiani devono stare sopra quota 400 euro;

          secondo la stampa specializzata quattro colossi, due tedeschi e due francesi, controllano il 75 per cento del mercato europeo e vendono sottocosto. Una tonnellata di zucchero arriva in Italia dal Nord Europa a 350-360 euro inclusi i 50-60 euro necessari per il trasporto. Eridania, principale produttore italiano è passata di mano, ai francesi di Cristal Union. L'India sta ponendo in essere un dumping sullo zucchero di altrettanto rilievo;

          a luglio 2018 il Ministro interrogato ha annunciato che dal 2019 cresceranno le risorse destinate al sostegno di questa filiera, da 443,7 a 600 per ettaro per la barbabietola da zucchero;

          a metà ottobre 2018 il Governo italiano ha presentato al Consiglio europeo dei Ministri dell'agricoltura la richiesta di attivare misure eccezionali, cioè lo stato di crisi, per il deterioramento delle condizioni di mercato nel settore dello zucchero. Nel dossier si è messo in evidenza il crollo dei prezzi medi dell'Unione europea diminuiti di oltre il 30 per cento;

          per Unionzucchero, l'associazione degli industriali del settore, e i sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil «a livello nazionale è strategico puntare sulla valorizzazione dello zucchero 100 per cento italiano, favorendo partnership con i principali utilizzatori del prodotto e con la grande distribuzione, garantendo nel breve-medio termine adeguato approvvigionamento, contrastando la volatilità dei mercati...»;

          a fine novembre 2018 presso il Consiglio europeo dei Ministri dell'agricoltura è stato costituito un gruppo di lavoro ad alto livello sulla situazione del settore bieticolo-saccarifero;

          è opinione condivisa degli osservatori che il prezzo dello zucchero risalirà significativamente nei prossimi anni. È di tutta evidenza che, per salvare quel che resta della filiera dello zucchero italiano, deve scendere in campo la politica –:

          quali iniziative ulteriori intenda adottare il Ministro interrogato per sostenere lo strategico settore bieticolo saccarifero italiano.
(5-01103)


      VIVIANI, BUBISUTTI, COIN, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LO MONTE e LOLINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          nel periodo dal 1996 al 2000, con l'intervento della «Cassa per la formazione della proprietà contadina» – oggi Ismea – molti agricoltori acquistarono un terreno agricolo con patto di riservato dominio ovvero il terreno veniva acquistato dallo Stato che si riservava la proprietà del fondo fino al pagamento dell'ultima rata del mutuo. Il patto di riservato dominio si può sciogliere, con atto notarile, estinguendo il debito con lo Stato a patire dal 5° anno dall'acquisto;

          gli acquirenti, altresì, sono obbligati per 5 anni a non vendere il terreno, a coltivarlo direttamente e a eseguire miglioramenti o mantenerlo in buone condizioni;

          originariamente il comma 1 dell'articolo 11 della legge n. 817 del 1971 prevedeva che «i fondi acquistati con le agevolazioni creditizie concesse dallo Stato per la formazione o l'ampliamento della proprietà coltivatrice fossero soggetti per trenta anni al vincolo di indivisibilità.». Successivamente, con la modifica introdotta dal decreto legislativo n. 228 del 2001 questo vincolo è stato ridotto a quindici anni; quindi, gli acquirenti sono obbligati per 15 anni a mantenere indivisibile il fondo;

          si pone un problema per coloro i quali si sono svincolati da Ismea liquidando il debito residuo con lo Stato, ma non possono comunque vendere parte del terreno;

          il comma 5 dell'articolo 11 del suddetto decreto legislativo n. 228 del 2001 prevede che «Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche agli atti di acquisto posti in essere in data antecedente di almeno cinque anni la data di entrata in vigore del presente decreto»;

          la formulazione con cui è stato elaborato il suddetto comma 5 sembra aver creato delle difficoltà interpretative da parte di notai e avvocati, i quali ritengono che la disposizione sia rivolta solo a coloro che hanno acquistato i terreni in data successiva all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 228 del 2001, ovvero dopo il 30 giugno 2001 e a coloro che li hanno acquistati in data antecedente al 30 giugno 1996;

          sembra quindi che esista una sorta di «buco» normativo di 5 anni, durante il quale i soggetti che hanno acquistato terreni con l'aiuto dello Stato non possano usufruire della riduzione del vincolo di indivisibilità –:

          quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di dare una interpretazione univoca a questa norma per risolvere l'ambiguità che sembra aver creato la modifica introdotta, per poter dare certezza alle persone che si trovano nella summenzionata situazione.
(5-01104)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


      GEMMATO, BUCALO, CIABURRO, DEIDDA e RAMPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          la legge 4 luglio 2005, n. 123, riconosce ai soggetti affetti da celiachia il diritto all'erogazione gratuita di prodotti dietoterapeutici senza glutine, affidando al Ministero della salute il periodico aggiornamento dei limiti massima di spesa;

          in un momento storico di tagli alla spesa pubblica, anche in tema di sanità, il costo per l'assistenza alle persone che soffrono di celiachia non è stato esente da revisioni, come dimostra il decreto ministeriale 10 agosto 2018, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 199 del 28 agosto 2018, che modifica i limiti massimi di spesa per l'erogazione dei prodotti senza glutine e revisiona il registro nazionale degli alimenti senza glutine erogabili, apportando tagli significativi alle varie fasce di età;

          licenziato dalla Conferenza Stato-regioni in data 10 maggio 2018 con parere positivo, il provvedimento abbassa i tetti di spesa del 19 per cento, vale a dire di circa trenta milioni di euro;

          le associazioni rappresentative del mondo della celiachia hanno fermamente ribadito il proprio dissenso a quella che si configura come una sforbiciata che potrebbe compromettere l'assistenza ai pazienti italiani;

          la celiachia è, infatti, riconosciuta quale condizione patologica, inserita ne livelli essenziali di assistenza e i relativi prodotti erogabili, elencati in uno specifico registro alimenti del Ministero della salute, fanno parte di una terapia salvavita;

          i celiaci hanno da sempre avuto difficoltà riguardo l'accessibilità ai prodotti sostitutivi, che rappresentano una componente importante nella dieta delle persone, a causa dell'alto prezzo di questi alimenti;

          a ciò si aggiunga un trend di crescita costante da cui ci si attende che la popolazione celiaca triplichi nei prossimi anni: a fronte di quasi duecentomila celiaci diagnosticati oggi in Italia, seicentomila sono quelli attesi, tre volte tanto;

          secondo l'ultimo rapporto della Coldiretti anche il mercato degli alimenti senza glutine è cresciuto del 20 per cento all'anno e l'Italia, anche in questo settore, è capitale indiscussa;

          gli alimenti formulati per celiaci possono essere acquistati presso negozi specializzati che, insieme alle farmacie, rappresentano il 75 per cento del canale di distribuzione, mentre il restante 25 per cento è coperto dalla grande distribuzione;

          in Italia le persone che lavorano nel comparto dei prodotti senza glutine sono circa cinquemila, ma tale patrimonio indiscusso di qualità della cultura italiana territoriale, rappresentato dai numerosi produttori artigianali di alimenti senza glutine, rischia di subire un grave contraccolpo con l'applicazione della prevista riduzione dei buoni;

          sarebbe in atto una collaborazione nelle regioni Puglia, Piemonte, Marche, Emilia Romagna, Lombardia, con il supporto tecnico di Ergo-Web, per la dematerializzazione dei buoni celiachia che porterà il libero accesso alle forniture del buono celiachia tramite tessera sanitaria sul territorio nazionale, con un risparmio stimato per il servizio sanitario nazionale che supera di ben oltre i trenta milioni di euro tagliati ai buoni celiachia –:

          quali urgenti iniziative intenda adottare, anche attraverso l'apertura di un tavolo tecnico, per rimodellare, a livello nazionale, l'intera materia dell'erogazione dei prodotti per celiaci, al fine di garantire la sostenibilità della spesa sanitaria senza ledere il diritto alla salute delle persone con celiachia;

          se non ritenga opportuno, in ogni caso, adottare iniziative per garantire l'applicazione delle riduzioni di cui al decreto ministeriale 2018 solo dopo la piena dematerializzazione dei buoni, per assicurare il mantenimento del potere di acquisto delle famiglie, anche a fronte dei tagli previsti.
(4-01839)

Apposizione di una firma ad una mozione.

      La mozione Fiano e altri n. 1-00072, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Gribaudo.

Ritiro di documenti di indirizzo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

          mozione Molinari n. 1-00083 del 29 novembre 2018;

          mozione Gadda n. 1-00087 del 7 dicembre 2018;

          mozione Luca De Carlo n. 1-00091 del 10 dicembre 2018;

          mozione Paolo Russo n. 1-00092 del 10 dicembre 2018.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

          interrogazione a risposta in Commissione Fragomeli n. 5-00983 del 26 novembre 2018;

          interrogazione a risposta scritta Serracchiani n. 4-01833 del 10 dicembre 2018.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:

          interrogazione a risposta in Commissione Critelli n. 5-00358 del 4 settembre 2018 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01844.