XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 13 dicembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


      Le Commissioni I e III,

          premesso che:

              l'articolo 7-vicies-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, la carta d'identità su supporto cartaceo venga sostituita, all'atto della richiesta del primo rilascio o del rinnovo del documento, dalla carta d'identità elettronica;

              il medesimo articolo prevede che l'emissione della carta d'identità elettronica sia riservata al Ministero dell'interno e che le caratteristiche tecniche, le modalità di produzione, di emissione, di rilascio della carta nonché di tenuta del relativo archivio informatizzato siano definite con decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ed il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Agenzia per l'Italia digitale, il Garante per la protezione dei dati personali e la Conferenza Stato-città e autonomie locali;

              la carta di identità in versione cartacea, facilmente falsificabile, è ormai ampiamente superata e viene talvolta contestata in alcuni Paesi esteri e alla frontiera, risultando particolarmente problematica per gli italiani residenti all'estero;

              la carta d'identità elettronica ad oggi non viene rilasciata ai cittadini italiani residenti all'estero, iscritti all'Anagrafe italiana residenti all'estero (Aire);

              nell'ambito dei lavori della Commissione interministeriale permanente della Carta d'identità elettronica, istituita ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Ministro dell'interno 23 dicembre 2015, recante Modalità tecniche di emissione della carta d'identità elettronica, a cui partecipano rappresentanti di Ministero dell'interno, Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Ministero per la pubblica amministrazione, Agenzia per l'Italia digitale, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e Anci, sono in corso di svolgimento le attività finalizzate a rendere possibile l'emissione della carta di identità elettronica ai cittadini italiani residenti all'estero;

              l'iniziativa prevede di estendere alle sedi consolari europee le procedure già previste per i comuni, al fine di consentire anche ai concittadini all'estero di presentare domanda di rilascio della Cie e poterla ricevere presso il proprio domicilio, senza costi aggiuntivi rispetto a quanto avviene in Italia;

              a metà ottobre la Commissione Cie ha completato la fase di valutazione e definizione delle soluzioni tecnico-amministrative più idonee a garantire il perseguimento dell'obiettivo, disponendo contestualmente il potenziamento delle dotazioni delle sedi consolari, attraverso la fornitura di postazioni di lavoro a supporto dello svolgimento dei processi di emissione del documento;

              nella stessa sede è stato altresì definito il piano degli interventi necessari all'attuazione del progetto che prevede l'esecuzione di una prima fase pilota ad inizio 2019 e la successiva estensione a tutte le altre sedi entro la prima metà del 2019,

impegnano il Governo

ad assumere ogni iniziativa di competenza atta a sostenere e incentivare la procedura di realizzazione della carta di identità elettronica per i cittadini italiani residenti all'estero.
(7-00134) «Billi, Vinci, Iezzi».


      La I Commissione,

          premesso che:

              l'articolo 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il codice dell'amministrazione digitale, prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr), che subentra all'Indice nazionale delle anagrafi (Ina) ed all'Anagrafe della popolazione italiana residente all'estero (Aire);

              l'Anpr è destinato inoltre a subentrare alle anagrafi della popolazione residente e dei cittadini italiani residenti all'estero tenute dai comuni, secondo un piano di graduale subentro che avrebbe dovuto giungere a compimento entro il 31 dicembre 2014;

              l'Anpr rappresenta una svolta epocale, poiché riunisce in un'unica banca dati le informazioni di circa 60 milioni di residenti in Italia, cui si aggiungono quelle degli italiani residenti all'estero e iscritti nell'Aire, gestite fino ad ora dagli 8.000 comuni italiani, i quali a loro volta utilizzano software gestionali diversi, le cui attività di sviluppo e manutenzione sono attualmente in capo a circa 40 software house;

              i vantaggi principali di un'anagrafe unica sono: 1) la possibilità immediata di accesso ai dati anagrafici da parte di tutte le pubbliche amministrazioni centrali e locali e dei gestori di pubblico servizio; 2) la possibilità per il cittadino di richiedere i certificati anagrafici in qualsiasi comune del territorio nazionale; 3) la possibilità di richiedere la carta d'identità elettronica in qualsiasi comune del territorio nazionale; 4) la semplificazione nella gestione dei cambi di residenza; 5) la semplificazione delle procedure di comunicazione dei dati in occasione della nascita e della morte di una persona; 6) la possibilità di offrire a cittadini ed intermediari servizi online dedicati;

              l'Anpr non è un progetto esclusivamente tecnologico, ma comporterà una vera e propria rivoluzione nella gestione delle operazioni anagrafiche;

              secondo dati recenti, i comuni subentrati nell'Anpr sono al momento 386, dopo l'ingresso di Torino e Milano, e rappresentano più del 10 per cento della popolazione complessiva nazionale, mentre sono in fase di pre-subentro altre 1.342 città, tra cui Palermo, Genova, Bologna, Venezia e Cagliari;

              questa unica banca dati anagrafica costituisce il punto di svolta per la semplificazione della vita dei cittadini e del lavoro degli operatori delle pubbliche amministrazioni;

              l'Anpr rappresenta, in particolare, un punto di svolta per la gestione delle pratiche da parte della rete consolare, poiché sarà un enorme passo in avanti nella realizzazione del cosiddetto «consolato digitale» per velocizzare e semplificare i servizi consolari, sofferenti per una carenza cronica di risorse e al tempo stesso per un consistente aumento di emigrati e quindi di utenti;

              in particolare, l'Anpr consentirà ai consolati di rilasciare alcuni documenti, quali le carte d'identità, senza dover richiedere il nulla osta ai comuni e di trascrivere gli atti dello stato civile senza dipendere dai medesimi enti locali,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa di competenza idonea a sostenere e incentivare il completamento in tempi brevi dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr).
(7-00132) «Vinci, Billi, Iezzi».


      La VIII Commissione,

          premesso che:

              la direttiva 42/2001/CE impone la realizzazione della valutazione ambientale strategica (Vas) per «piani e programmi» aventi per oggetto l'energia. In particolare, l'articolo 4, comma 1, estende tale obbligo anche alle relative procedure legislative, comprese le loro varianti sostanziali;

              la direttiva 43/92/CEE impone la valutazione di incidenza (V.I.) per piani e programmi che coinvolgono la rete Natura2000;

              la Commissione europea e la Corte di giustizia hanno chiarito che le nozioni di «Piano» e «Programma» devono essere intese in senso ampio, come ricordato anche nella «Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo a norma dell'articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente» del 15 maggio 2017 che contiene anche i riferimenti legali delle sentenze della Corte di giustizia europea in merito alla questione;

              la Rete nazionale dei gasdotti, istituita dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 22 dicembre 2000, costituisce un piano/programma di sviluppo della Rete, che incide sul territorio, potenzialmente sulle matrici ambientali (suolo, aria, acqua), determinando localizzazioni e fabbisogni infrastrutturali a scala nazionale;

              ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto legislativo n. 93 del 2011, come modificato con legge n. 115 del 2015, i gestori del sistema di trasporto predispongono gli schemi di Piano decennale di sviluppo della rete di trasporto del gas naturale, che devono contenere misure efficaci atte a garantire l'adeguatezza del sistema e la sicurezza di approvvigionamento, tenendo conto anche dell'economicità degli investimenti e della tutela dell'ambiente;

              per la Rete nazionale degli elettrodotti, comprendente centrali ed elettrodotti, richiamata per analogia, Terna fin dal 2008, anno successivo all'entrata in vigore dell'obbligo della valutazione ambientale strategica in Italia, assoggetta i piani di investimento relativi alla rete infrastrutturale per il trasporto di energia elettrica a valutazione ambientale strategica/valutazione di incidenza ambientale nazionale presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (attualmente sono in corso quelle per i piani di sviluppo 2016 e 2017);

              anche in altri Paesi europei la necessità della valutazione ambientale strategica per la rete infrastrutturale dei gasdotti è fatto acclarato, come risulta, a mero titolo di esempio, dal documento «National Policy Statement for Gas Supply Infrastructure and Gas and Oil Pipelines (EN-4)» inviato dal dipartimento per l'energia Governo inglese al Parlamento dove si precisa che già nel 2011 la rete nazionale di gasdotti veniva assoggettata a valutazione ambientale strategica;

              molte opere della Rete nazionale dei gasdotti spesso non sono conformi a diversi piani urbanistici e in tali casi il Ministero dello sviluppo economico, nell'ambito delle singole autorizzazioni delle opere, ha ritenuto di poter applicare la cosiddetta «variante automatica» agli strumenti urbanistici vigenti che quindi vengono modificati attraverso l'autorizzazione stessa;

              la Corte di giustizia europea nella sentenza 22 settembre 2011 (causa C-295/10) si è già espressa sul punto disponendo che una normativa che preveda varianti automatiche di Piani senza la previa assoggettabilità a valutazione ambientale strategica delle stesse sia contraria alle norme comunitarie e in particolare alla direttiva 42/2001/CEE. La Corte ha specificato che le procedure possono essere coordinate, ma in ogni caso devono prevedere il deposito della documentazione necessaria (i.e. il rapporto ambientale, articolo 11, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 152 del 2006) e garantire le stesse modalità partecipative nel procedimento;

              per quanto riguarda le varianti per piani urbanistici derivanti dalla realizzazione di singole opere è pertanto possibile procedere con procedure coordinate valutazione d'impatto ambientale/valutazione ambientale strategica senza aggravio procedimentale;

              nonostante l'incoerenza con i piani urbanistici esistenti nella maggioranza delle procedure autorizzative delle singole opere è stata del tutto omessa la procedura di valutazione ambientale strategica, ex direttiva 42/2001/CE. Tale circostanza, unitamente all'omissione delle procedure di valutazione ambientale strategica e valutazione di incidenza ambientale per la Rete nazionale dei gasdotti e per i piani di sviluppo dei singoli concessionari potrebbe esporre il nostro Paese all'apertura di procedure d'infrazione per violazione delle direttive 42/2001/CE e 43/1992/CE;

              le procedure di valutazione ambientale strategica sono di fondamentale importanza per permettere ai cittadini una discussione sulle principali strategie infrastrutturali, dibattito che è centrale per poter meglio analizzare costi e benefici ambientali di scelte che certamente non possono essere oggetto di esclusiva valutazione presso gli uffici amministrativi del Ministero dello sviluppo economico anche per le ripercussioni sul quadro generale dello sviluppo del Paese, sui territori interessati dalle opere e in generale per i costi che ricadono su tutta la popolazione italiana attraverso i servizi di rete caricati in tariffa;

              gli scenari di forte crescita dei consumi di gas metano elaborati nel decennio precedente si sono rivelati errati e che rispetto all'anno di picco del 2005 a scala nazionale si è rilevata una diminuzione del 13 per cento circa nei consumi. La rete nazionale dei gasdotti esistente è quindi attualmente sottoutilizzata;

              i dati scientifici pubblicati negli ultimi anni evidenziano che il metano ha una capacità clima-alterante molto superiore alla CO2 a parità di emissioni e che lungo la filiera del metano, dall'estrazione allo stoccaggio e trasporto fino alla distribuzione, si registrano perdite del 2-10 per cento di prodotto;

              una delle più rilevanti opere nell'ambito della strategia, mai sottoposta a valutazione ambientale strategica, di trasformazione del Paese nel cosiddetto «hub del gas» volto esclusivamente all'esportazione è il cosiddetto gasdotto denominato Rete Adriatica promosso dalla Snam;

              il tracciato di tale opera, programmata a metà del decennio precedente, interessa ben tre crateri sismici (terremoti di L'Aquila, di Amatrice e del Vettore) in cui nel frattempo è cambiata profondamente la situazione economico-sociale nonché addirittura quella ambientale con stravolgimento del territorio per frane, fagliazione superficiale, cambiamento del regime idrogeologico;

              alcuni tratti del gasdotto in questione, il Sulmona-Foligno, il Foligno-Sestino e il Sestino-Minerbio, risultano ancora nella fase di autorizzazione finale e, a causa del diniego dell'intesa da parte delle regioni Abruzzo e Umbria, attualmente è in corso una procedura presso il Consiglio dei ministri in cui è stata ribadita la posizione negativa delle due regioni per il tratto Sulmona-Foligno;

              a Sulmona il 21 aprile 2018 si è tenuta una manifestazione popolare contro questo «Hub del gas» con la partecipazione di oltre 10.000 persone con decine di comuni posti sul tracciato, della regione Abruzzo, di movimenti politici di diversa estrazione nonché della diocesi di Sulmona, a testimonianza della fortissima opposizione popolare a tali progetti in territori in cui sono ben altre le priorità di intervento;

              con decreto del 7 marzo 2018 veniva rilasciata l'autorizzazione della centrale di compressione e spinta di Sulmona, che presenta le stesse criticità per quanto riguarda la valutazione ambientale strategica;

              forti dubbi sulla localizzazione di questa dorsale sono stati espressi già nella risoluzione del 2011 n. 7/00518 che impegnava il Governo pro tempore a rivalutarne il tracciato, cosa mai avvenuta;

              tutte le criticità sopra rilevate per quanto attiene alla valutazione ambientale strategica sono applicabili anche a questo grande gasdotto sia per quanto riguarda l'inserimento nella Rete nazionale dei gasdotti sia per quanto riguarda le cosiddette varianti automatiche sia per quanto riguarda i piani di sviluppo di Snam;

              per i tratti Sulmona-Foligno (progetto depositato il 3 febbraio 2005; decreto ministeriale n. 70 del 7 marzo 2011) e Foligno-Sestino (progetto depositato il 2 febbraio 2005; decreto ministeriale n. 256 del 16 maggio 2011) sono stati rilasciati i decreti di compatibilità ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, comprensivi sia della valutazione d'impatto ambientale che della valutazione di incidenza ambientale;

              in via ordinaria i decreti di compatibilità ambientale hanno durata di 5 anni, ma nel caso specifico hanno invece una durata di fatto illimitata nel tempo grazie al combinato disposto di diverse norme che hanno fatto salvi i procedimenti avviati prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 4 del 2008, in quanto si applicherebbe al provvedimento quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 26 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (nella versione vigente al momento dell'emanazione del decreto ministeriale n. 70 del 2011 di compatibilità di centrale e gasdotto) così come modificato dall'articolo 23, comma 21-quinquies, della legge 3 agosto 2009, n. 102 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali» che così recita: «21-quinquies. Al comma 6 dell'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dall'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: I termini di cui al presente comma si applicano ai procedimenti avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4»;

              la necessità di prevedere una data di decadenza del parere se non viene esercitato il diritto acquisito, fatto comune, tra l'altro, a qualsiasi atto autorizzativo della pubblica amministrazione, è un'ovvia conseguenza dei principi stessi della direttiva 337/1985 e successive modificazioni e integrazioni che ha introdotto la valutazione di impatto ambientale nell'ordinamento comunitario; infatti uno dei principi fondamentali è che l'ambiente e le relazioni all'interno di esso sono intrinsecamente mutevoli, così come le conoscenze dello stesso possono mutare, e bisogna quindi bilanciare, da un lato, il legittimo affidamento del proponente e, dall'altro, la tutela dell'ambiente che deve tener conto dei miglioramenti delle conoscenze e delle tecnologie nonché dei mutamenti avvenuti nel contesto ambientale in cui l'opera deve essere realizzata;

              la Commissione europea ha aperto una pre-procedura d'infrazione, la Pilot 6730/14/ENVI, ritenendo contraria alla direttiva 43/92/CEE «Habitat» la mancanza di scadenza ai pareri relativi ai procedimenti di valutazione di incidenza ambientale e la Presidenza del Consiglio dei ministri con nota 3253 del 27 marzo 2015 ha trasmesso alle regioni e ai Ministeri competenti una nota della Commissione in cui indicava chiaramente (punto 13) di «Stabilire una durata massima di validità delle VINCA (ad esempio 5 anni) per evitare la realizzazione di progetti assoggettati a VINCA 10 o più anni prima quando la situazione del sito Natura2000 era molto diversa e, nel corso del tempo, possono essere stati autorizzati interventi/piani che hanno ridimensionato habitat e specie»;

              la ratio sottesa ai predetti provvedimenti è riconducibile alla circostanza che l'ambiente muta e quello che poteva essere compatibile anni prima può essere incompatibile oggi. A mero titolo di esempio, considerando che valutazione di incidenza ambientale viene realizzata anche per interventi esterni ai Sic/Zps ma che possono avere incindenza all'interno, è appena il caso di ricordare che proprio i territori ricompresi nei Sic/Zps dei comuni interessati dall'intervento sono stati interessati da enormi incendi nell'agosto-settembre 2017 (cioè 6 anni dopo il parere di compatibilità ambientale) che hanno distrutto oltre 2000 ettari di vegetazione. È evidente che un ambiente già fortemente stressato e in cui è necessario un periodo di anni per il recupero della qualità naturalistica, non può sopportare gli impatti delle opere così come erano stati previsti, come, a mero titolo di esempio, le ricadute delle emissioni della centrale che precedentemente erano state considerate come compatibili con la tutela di specie ed habitat;

              la sentenza 67/2010 della Corte Costituzionale evidenzia proprio la necessità di tener conto delle mutate condizioni ambientali nei procedimenti amministrativi. Scrive la Corte «...inalterato lo status quo, sostanzialmente sine die, superando qualsiasi esigenza di “rimodulare” i provvedimenti autorizzatori in funzione delle modifiche subite, nel tempo, dal territorio e dall'ambiente». Continua più oltre: «D'altra parte, la circostanza che l'ordinamento regionale abbia previsto un termine di durata delle autorizzazioni all'esercizio delle attività estrattive “per un periodo massimo di quindici anni, in relazione alla qualità e all'entità del materiale da estrarre”, stabilendo, al tempo stesso, la possibilità di rinnovo “previa nuova istruttoria da parte del distretto minerario” (articolo 2 della legge regionale 1° marzo 1995, n. 19, recante “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 9 dicembre 1980, n. ordine ai giacimenti di materiale da cava”), rende evidente che lo stesso legislatore regionale abbia postulato — come è naturale sia in ogni rapporto di durata — l'esigenza di un controllo ad tempus circa il permanere delle condizioni, soggettive ed oggettive, di legittimazione, in rapporto al (possibile) mutamento del quadro fattuale e normativo nel frattempo intervenuto. In sostanza, eludere in via legislativa la prevista procedura amministrativa di rinnovo equivarrebbe a rinunciare al controllo amministrativo dei requisiti che, medio tempore, potrebbero essersi modificati o essere venuti meno, con esclusione, peraltro, di qualsiasi sindacato in sede giurisdizionale comune.»;

              con sentenza n. 145/2013 la Corte Costituzionale ha rigettato le questioni di incostituzionalità di un provvedimento della provincia autonoma di Trento in materia di rinnovi, proprio perché assicurava «a regime un costante monitoraggio della perdurante positività della valutazione di impatto ambientale, dinamicamente inteso ad eventualmente disporre prescrizioni o modifiche in corso d'opera, subordinandone l'ulteriore prosecuzione (comma 3)...»,

impegna il Governo:

          ad assumere le iniziative di competenza volte a sottoporre a valutazione ambientale strategica e valutazione di incidenza ambientale la rete nazionale dei gasdotti e le sue varianti, nonché i piani di sviluppo dei concessionari;

          ad assumere le iniziative di competenza al fine di prevedere che i singoli progetti infrastrutturali di gasdotti e opere connesse non coerenti con i piani urbanistici vigenti siano sottoposti a valutazione ambientale strategica, anche in forma coordinata con le procedure di valutazione di impatto ambientale e valutazione di incidenza ambientale eventualmente svolte;

          ad assumere le iniziative di competenza volte a verificare l'espletamento delle procedure di valutazione ambientale strategica, valutazione di impatto ambientale e valutazione di incidenza ambientale per l'autorizzazione di nuovi gasdotti;

          a valutare l'opportunità di riesaminare le autorizzazioni rilasciate per i gasdotti e le opere connesse in mancanza delle predette valutazioni ambientali che interessano territori vulnerabili sotto il profilo ambientale;

          a valutare se i mutamenti ambientali, socio-economici e degli scenari energetici, compresi quelli causati dai sismi, dei tratti del gasdotto «Dorsale adriatica» possano essere oggetto di approfondimento, anche ai sensi e per gli effetti delle previsioni di cui all'articolo 28 del decreto legislativo n. 152 del 2006;

          a valutare le criticità emerse nell'ambito delle procedure di approvazione finale della cosiddetta «dorsale Adriatica», ivi compresa l'attuale fase decisoria presso il Consiglio dei ministri per il tratto Sulmona-Foligno, tenendo conto delle posizioni espresse dalle due regioni che hanno negato l'intesa.
(7-00133) «Terzoni, Vianello, Rospi, Ilaria Fontana, Zolezzi, Varrica, Daga, Deiana, Licatini, Ricciardi, Federico, Maraia, Vignaroli, Traversi, Alberto Manca, D'Ippolito, Gallinella, Colletti, Berardini, Grippa, Torto, Zennaro, Corneli, De Lorenzis».


      La XII Commissione,

          premesso che:

              l'Amr, ovvero la resistenza antimicrobica, è un fenomeno naturale biologico di adattamento di alcuni microrganismi che acquisiscono la capacità di sopravvivere o di crescere in presenza di una concentrazione di un agente antimicrobico che è generalmente sufficiente ad inibire o uccidere microrganismi della stessa specie;

              i batteri patogeni resistenti non necessariamente provocano gravi malattie rispetto a quelli più sensibili, ma la patologia diventa più difficile da trattare, in quanto risulterà efficace solo una gamma ridotta di agenti antimicrobici;

              la progressione della resistenza antimicrobica può essere accelerata dall'uso eccessivo e/o inappropriato degli antimicrobici che, insieme a scarsa igiene e/o carenze nelle pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, crea condizioni favorevoli allo sviluppo, diffusione e persistenza di microrganismi resistenti sia negli esseri umani che negli animali;

              l'uso eccessivo di «antimicrobici», ovvero l'utilizzo di qualsiasi sostanza di origine naturale, semi-sintetica o sintetica indebolisce l'organismo e riduce le difese immunitarie;

              l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha raccomandato:

                  1. alla popolazione di: a) prendere antibiotici solo quando prescritti dal medico; b) non usare antibiotici di più o di meno di quanto vengono prescritti; c) non distribuire ad altri antibiotici prescritti; d) prevenire infezioni attraverso l'igiene personale ed evitando contatti con le persone ammalate e vaccinandosi;

                  2. ai medici di: a) prescrivere solo quando sono necessari, come raccomandano le linee guida più recenti; b) sincerarsi con i pazienti circa l'uso corretto degli antibiotici in termini di dosi e tempi di somministrazione; c) confrontarsi con i pazienti circa le modalità per prevenire infezioni;

                  3. agli infermieri di: a) adottare e applicare protocolli per la prevenzione delle infezioni; b) sincerarsi circa l'esattezza del prodotto somministrato e della posologia di somministrazione;

                  4. ai farmacisti di: a) spiegare che l'antibiotico non cura influenza o raffreddore; b) illustrare dettagliatamente modalità di somministrazione, in termini di dosi e tempi corretti;

              l'Oms, evidenziando i rischi della resistenza antimicrobica e dell'utilizzo di antibiotici, ha affermato come esso sia «una delle maggiori minacce per la salute pubblica, a causa dell'impatto epidemiologico ed economico del fenomeno» e che al riguardo ha approvato nel 2015 un piano d'azione globale per contrastare la resistenza antimicrobica;

              quest'ultimo documento, il «WHO Global Action Plan on Antimicrobial resistance» dell'Oms (2015), si basa sulle seguenti linee d'azioni:

                  1. migliorare il livello di consapevolezza e di comprensione del fenomeno Amr attraverso efficaci programmi di comunicazione, informazione e formazione;

                  2. rafforzare le attività di sorveglianza sul fenomeno Amr;

                  3. migliorare la prevenzione ed il controllo delle infezioni, in tutti gli ambiti;

                  4. ottimizzare l'uso degli antibiotici sia in medicina umana che veterinaria (antimicrobial stewardship);

                  5. aumentare/sostenere la ricerca e l'innovazione;

              il Governo italiano, sulla base del «WHO Global Action Plan on Antimicrobial resistance», nel 2017, ha adottato il «Piano Nazionale di Contrasto all'Antimicrobico Resistenza (PNCAR) 2017-2020», che impegna tutte le regioni e province autonome italiane alla sua attuazione;

              il Pncar rappresenta lo strumento per tradurre in atto la strategia italiana volta a fronteggiare l'aumento dell'antibiotico-resistenza (Amr) e della diffusione di microrganismi resistenti agli antibiotici;

              il Pncar prevede uno sforzo di coordinamento nazionale, obiettivi specifici e azioni programmate, attraverso:

                  1. sinergia tra i livelli nazionale, regionale e locale e i diversi attori chiave coinvolti;

                  2. governance dove i ruoli delle istituzioni siano definiti chiaramente;

              entro 6 mesi dall'emanazione del Pncar sono state previste la preparazione e l'adozione di un documento operativo che definisca le responsabilità delle diverse istituzioni;

              il Pncar ha gli obiettivi generali di ridurre la frequenza delle infezioni sostenute da microrganismi resistenti agli antibiotici e associate all'assistenza sanitaria ospedaliera e comunitaria; gli ambiti di interesse del Pncar sono:

                  1. sorveglianza e prevenzione dell'antibiotico resistenza;

                  2. uso appropriato e sorveglianza del consumo degli antimicrobici;

                  3. sorveglianza, prevenzione e controllo delle infezioni correlate all'assistenza;

                  4. formazione degli operatori sanitari;

                  5. informazione/educazione della popolazione;

                  6. ricerca e sviluppo;

              il decreto del direttore generale della prevenzione sanitaria del 3 novembre 2017 ha istituito un tavolo multisettoriale – al quale si incontrano competenze ed expertise dei diversi ambiti a livello nazionale e regionale – di coordinamento per l'implementazione e il monitoraggio del Pncar. Al tavolo è conferito il mandato di favorire il raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano;

              i suddetti documenti non sono stati pienamente implementati ed il Pncar non è ancora pienamente compiuto,

impegna il Governo:

1) a promuovere presso la popolazione la conoscenza delle problematiche relative alla resistenza antimicrobica, al fine di sensibilizzare la cittadinanza;

2) a prevedere le opportune iniziative, di concerto con le regioni, per contrastare il fenomeno della resistenza antimicrobica, anche dando piena attuazione a quanto previsto dal Pncar;

3) a coinvolgere, per quanto di competenza, nell'ambito di tali iniziative, la società italiana malattie infettive e tropicali (Simit) o le altre associazioni di categoria rappresentanti la comunità di infettivologi italiani;

4) ad avviare efficaci campagne di sensibilizzazione dei cittadini, e dei professionisti coinvolti, volte a promuovere un uso corretto e responsabile dei farmaci antibiotici;

5) ad assumere iniziative per implementare i programmi di formazione dei veterinari e dei medici, con particolare riguardo ai medici di medicina generale, al fine di migliorare l'appropriatezza prescrittiva di farmaci antibiotici e consentire l'individuazione delle terapie più idonee e corrette.
(7-00131) «Novelli, Pedrazzini, Mugnai, Bagnasco».

ATTI DI CONTROLLO

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


      SPENA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          nella notte tra il 10 e l'11 dicembre 2018, un vasto incendio è divampato nello stabilimento di trattamento dei rifiuti dell'Ama di via Salaria a Roma, bruciando spazzatura, olio e plastica, con grande preoccupazione tra i 40 mila residenti per possibili conseguenze sulla salute. L'impianto è ora sotto sequestro da parte della procura;

          l'impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) per i rifiuti indifferenziati, oggetto dell'incendio, è da molti anni fortemente contestato dai residenti del III Municipio della Capitale anche per l'insostenibile odore che emana; i residenti sono preoccupati anche perché l'impianto è ubicato nel bel mezzo di case e uffici, con un asilo nido a poche centinaia di metri in linea d'aria;

          a seguito dell'incendio, l'Arpa regionale si è immediatamente attivata per monitorare la qualità dell'aria. Dai primi risultati emerge un aumento dell'inquinamento atmosferico, e in particolare di Pm10, con il superamento dei limiti di legge in alcune centraline;

          il tmb (impianto di trattamento meccanico-biologico per i rifiuti indifferenziati) del Salario doveva essere chiuso da almeno due anni. L'assessore capitolino all'ambiente, Pinuccia Montanari, ne aveva promesso la graduale diminuzione delle attività fino alla chiusura. In realtà, anche a causa di una raccolta differenziata sostanzialmente invariata e l'aumento della produzione dei rifiuti, l'impianto non solo non è stato chiuso, ma nel 2017 ha aumentato i rifiuti lavorati, passando da 117.500 a 155.400 tonnellate, dunque con un +32 per cento;

          il Campidoglio aveva fissato come termine ultimo il 2019 per la chiusura dell'impianto di via Salaria, ma la condizione necessaria era comunque quella del raggiungimento del 70 per cento di raccolta differenziata;

          dalle ultime dichiarazioni del sindaco Raggi, l'intenzione sarebbe quella di non riaprire l'impianto, e di aumentare la Tari per i romani: «oggi dovendo ricollocare all'improvviso 800 tonnellate al giorno mi sento di dire che ci saranno degli effetti sulla tariffa»;

          sarà compito del Campidoglio individuare un nuovo sito, se è vero che lo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, recentemente si è pronunciato, confermando che è compito dell'amministrazione Raggi produrre l'atto che indichi i siti idonei per realizzare gli impianti di smaltimento dei rifiuti –:

          se il Governo non ritenga di promuovere, per quanto di competenza e in collaborazione con gli enti territoriali, opportuno verifiche al fine di escludere rischi per la popolazione residente nelle aree interessate dall'incendio e garantire la tutela della salute pubblica e dell'ambiente;

          quali iniziative si intendano promuovere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di evitare situazioni emergenziali nella gestione del ciclo dei rifiuti a Roma e nel Lazio, anche alla luce dei lavori svolti dalla cabina di regia tecnica attivata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in relazione alle criticità connesse allo smaltimento dei rifiuti nella regione.
(4-01863)


      BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:

          come si evince dalla stampa locale siciliana nel mese di ottobre 2018 la ditta Oikos spa, ha presentato al comune di Centuripe (Enna) una richiesta di autorizzazione per la realizzazione di una piattaforma integrata di gestione e valorizzazione dei rifiuti da realizzarsi nel medesimo territorio comunale, in contrada Muglia, con una variante allo strumento urbanistico vigente;

          la ditta Oikos, come si legge nell'articolo del Giornale di Sicilia del 14 novembre 2018, è peraltro già oggetto di inchiesta da parte della procura della Repubblica di Catania per due impianti di trattamento rifiuti nella provincia etnea, ovvero tra Misterbianco e Motta S. Anastasia relativamente alle discariche di Tiritì e Valanghe d'inverno. La ditta è stata già oggetto, nel 2016, di un atto di sindacato ispettivo da parte dell'interrogante anche in merito alla gestione commissariale;

          sono ancora 68, concentrate in Calabria, Abruzzo, Campania e di cui 8 in Sicilia, le discariche abusive da bonificare e per le quali l'Italia paga una penalità all'Unione europea in seguito alla condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea del 2014;

          tutta la cittadinanza di Centuripe, così come quella dei comuni limitrofi Catenanuova, Paterno, Biancavilla e Ramacca ha manifestato pubblicamente il 18 novembre 2018 per il «no» alla discarica;

          l'area individuata è peraltro vincolata idrogeologicamente dal piano paesistico regionale, in quanto parte di un'asta fluvio-torrentizia che, peraltro, si pone in zona immediatamente a monte della piana di Catania e diviene corpo idrico fondamentale all'approvvigionamento delle coltivazioni agrumicole della stessa piana;

          l'impattante progetto Oikos prevede un approvvigionamento mediante conferimento da parte di soggetti pubblici di rifiuti solidi urbani e assimilabili non differenziati o mal differenziati per la successiva produzione di combustibile solido secondario (Css) anche mediante impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb); quanto detto appare all'interrogante non conforme alla direttiva (UE) 2018/850, che modifica la direttiva 1999/31/CE sulle discariche di rifiuti e per le sue caratteristiche rischia di trasformare l'ipotizzata discarica in un collettore di rifiuti da territori esterni alla Sicilia;

          Centuripe ha infine un alto valore urbanistico e gode in effetti di una particolarità. La sua forma urbis è quella di stella marina, rimasta così nei secoli: ha una spettacolare vista sull'Etna, tanto da essere definita il balcone della Sicilia. Presenta non solo vedute particolari e suggestive, ma anche un notevole patrimonio archeologico risalente al dominio romano –:

          di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per prevenire danni al patrimonio ambientale, paesaggistico, storico e archeologico dell'area, minacciato da un progetto invasivo come quello Oikos sopra richiamato, anche tenendo conto dell'esigenza di rispettare pienamente la normativa europea in tema di smaltimento dei rifiuti e di evitare ulteriori procedure di infrazione.
(4-01870)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


      DEIDDA. — Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          ai sensi dell'articolo 1913 del codice, gli ufficiali e i sottufficiali in servizio permanente, gli appuntati e i carabinieri sono iscritti d'ufficio ai seguenti fondi previdenziali integrativi, tra loro indipendenti e a gestione separata, amministrati dalla Cassa di previdenza delle Forze armate di cui all'articolo 74 del regolamento: a) fondo di previdenza ufficiali dell'Esercito italiano e dell'Arma dei carabinieri; b) fondo di previdenza ufficiali della Marina militare; c) fondo di previdenza ufficiali dell'Aeronautica militare; d) fondo di previdenza sottufficiali dell'Esercito italiano e dell'Arma dei carabinieri; e) fondo di previdenza appuntati e carabinieri; f) fondo di previdenza sottufficiali della Marina militare; g) fondo di previdenza sottufficiali dell'Aeronautica militare;

          l'articolo 1914 del codice dell'ordinamento militare riconosce un'indennità supplementare agli ufficiali e ai sottufficiali in servizio permanente, nonché agli appuntati e ai carabinieri, i quali, all'atto della cessazione dal servizio con diritto alla pensione, siano iscritti da almeno 6 anni ai fondi previdenziali integrativi;

          il comma 1 dell'articolo 1919 del citato codice prevede anche che la suddetta indennità sia dovuta ai sottufficiali della Marina e dell'Aeronautica militare – iscritti da almeno 6 anni al pertinente fondo – anche nell'ipotesi in cui siano essi trasferiti nei ruoli dei dipendenti civili dell'amministrazione dello Stato, oppure nominati ufficiali in servizio permanente effettivo;

          tale diritto, nell'ipotesi di trasferimento nei ruoli civili o di collocamento in congedo senza diritto alla pensione, non è invece riconosciuto in favore del personale dell'Esercito e dell'Arma dei carabinieri, e ciò perché i Corpi d'appartenenza non sarebbero ricompresi tra quelli per i quali tale beneficio sarebbe previsto dall'ordinamento vigente;

          l'articolo 1917 del citato codice prevede, altresì, il diritto alla restituzione dei contributi obbligatori versati nei citati fondi previdenziali, maggiorati degli interessi semplici maturati, nonché la reversibilità delle predette somme, in favore degli appuntati e dei carabinieri, i quali siano cessati dal servizio esclusivamente con diritto alla pensione, prima del decorso dei sei anni d'iscrizione al fondo;

          invece, il suindicato diritto alla restituzione è sempre riconosciuto in favore dei sottufficiali della Marina e dell'Aeronautica militare, anche se cessati dal servizio senza diritto alla pensione, o se trasferiti nei ruoli del personale civile dell'amministrazione dello Stato, nonché se nominati ufficiali in servizio permanente effettivo;

          il decreto legislativo n. 66 del 2010 nella parte in cui esclude dal novero degli aventi diritto alla corresponsione dell'indennità o, comunque, alla restituzione dei contributi già versati, i militari dell'Arma dei carabinieri e dell'Esercito transitati nei ruoli civili o nominati ufficiali, oltre che tutti i militari, appartenenti a Corpi diversi dalla Marina e dall'Aeronautica Militare, collocati in congedo senza diritto alla pensione, appare contrario al principio di uguaglianza sostanziale ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione –:

          se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intendano assumere per integrare il Codice dell'ordinamento militare, al fine di equiparare il trattamento degli appartenenti a tutte le Forze armate, mettendo fine a una ingiusta disparità di trattamento.
(4-01864)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      D'INCÀ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          da un'analisi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 marzo 2018 risulterebbero essere 36 i comuni veneti che hanno evidenziato un saldo negativo delle loro posizioni, contribuendo sia all'alimentazione che alla contribuzione perequativa del fondo di solidarietà comunale;

          concepita per attenuare gli squilibri tra enti comunali, operando una redistribuzione da enti con maggiori capacità di entrata e spesa verso quelli con minori capacità, l'introduzione di questo fondo ha sollevato, tuttavia, molte critiche riguardo al meccanismo di calcolo della quota perequativa, cioè la trattenuta sull'Imu standard effettuata dall'Agenzia delle entrate per ogni comune, costituita da una quota relativa ai fabbisogni standard e dalle capacità fiscali del comune e una quota riferita alla spesa storica;

          gli enti in questione sono comuni con un basso numero di residenti e un elevato numero di seconde case non utilizzate per gran parte dell'anno dai proprietari, ai quali vanno comunque garantiti i servizi quando risiedono nelle loro abitazioni;

          in alcuni periodi dell'anno questi comuni devono gestire presenze anche dieci volte superiori al numero dei residenti, ma con capacità economiche ridotte dal fondo di solidarietà comunale;

          per quanto riguarda l'elaborazione dei fabbisogni standard, per le funzioni destinate ai residenti, i valori dei 36 comuni con saldo negativo sono in linea con le medie nazionali, mentre ci sono scostamenti enormi nei settori che coinvolgono anche i non residenti (ad esempio, la viabilità nel suo complesso);

          senza delle modifiche al meccanismo di contribuzione e ripartizione del fondo di solidarietà comunale per questi comuni la situazione non potrà che aggravarsi, a maggior ragione per quelli che per giunta sono confinanti con comuni delle regioni a statuto speciale del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia che scontano situazioni nettamente migliori;

          in un recente incontro i comuni interessati non hanno escluso di intraprendere le vie giudiziali per ottenere il riconoscimento delle loro richieste e tale iniziativa potrebbe essere intrapresa anche da molti altri comuni italiani che si trovano nelle medesime condizioni –:

          se non ritenga di considerare l'opportunità di adottare iniziative per elaborare dei correttivi, anche di natura normativa, che limitino il danno ingiusto patito ogni anno dai predetti comuni con saldo negativo, senza pregiudicare al tempo stesso la funzione perequativa del fondo di solidarietà comunale.
(5-01109)


      BIGNAMI, GIACOMONI, BARATTO, MARTINO, BENIGNI, CATTANEO e ANGELUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          con circolare 9/E del 7 maggio 2018 l'Agenzia delle entrate ha indicato le nuove modalità di fatturazione dei compensi dei Consulenti tecnici d'ufficio (Ctu) (articolo 4.2. oneri Ctu a carico di soggetti «split payment»). Da tale interpretazione emerge che tutte le fatture del Ctu per il pagamento degli onorari stabiliti dal giudice, emesse sia a società, enti pubblici che a privati, devono essere intestate all'amministrazione della giustizia (il tribunale di riferimento), committente non esecutrice del pagamento, con «solutio» a carico della parte/i onerata dal giudice, quale parte esposta all'onere economico del pagamento quale titolare passivo del rapporto di debito;

          con nota del 28 settembre 2018 avente ad oggetto «Liquidazione dei compensi dovuti ai CTU nell'ambito del procedimento civile – esclusione dello split payment — Circolare Agenzia delle Entrate n. 9 del 7 maggio 2018 e articolo 12 decreto-legge 12 luglio 2018 n. 87 convertito in legge 9 agosto 2018 – Modalità di trasmissione delle fatture intestate al Ministero della Giustizia» il Ministero della giustizia si esprimeva in merito alle segnalazioni pervenute sia da parte degli uffici giudiziari che dei Ctu, in merito alle criticità nella gestione delle fatture elettroniche emesse dai Ctu nei confronti degli uffici giudiziari;

          alla luce delle vigenti disposizioni, la parte obbligata deve continuare a effettuare il pagamento del compenso liquidato dal giudice in favore del Ctu il quale deve però emettere la fattura nei confronti dell'amministrazione evidenziando di aver ricevuto il pagamento dalla parte obbligata e non dall'amministrazione;

          dalle segnalazioni pervenute al Ministero della giustizia, risulta che tali modalità stiano creando numerose criticità in quanto tali fatture, che pervengono agli uffici giudiziari con sistema di gestione contabile Sicoge, risultano come crediti inestinti poiché pagate da terzi. Il sistema Sicoge consente infatti la chiusura automatica delle fatture pagate ma non per quelle non pagate, le quali devono essere chiuse tramite operazione manuale. Ciò affinché il relativo credito possa risultare estinto sulla piattaforma del credito (Pcc) gestita dal Ministero dell'economia e delle finanze;

          il Ministero afferma dunque di aver avviato «un'interlocuzione con l'Agenzia delle Entrate al fine di verificare la possibilità di individuare soluzioni operative in grado di non aggravare ulteriormente le complesse attività degli Uffici giudiziari in tema di pagamento delle spese di giustizia» –:

          quali soluzioni siano state individuate alla luce di quanto descritto in premessa e in quali tempi il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda adottare iniziative per risolvere le criticità evidenziate dalla presente interrogazione.
(5-01112)


      RUGGIERO e TRANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 24 del decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237, recante disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio, convertito, con modificazioni, con la legge 17 febbraio 2017, n. 15, enuncia le «Disposizioni generali concernenti l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale»;

          ai sensi dell'articolo 24-bis, comma 6, del suddetto decreto-legge n. 237 del 2016, per l'attuazione della Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico, istituisce il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, con il compito di promuovere e programmare iniziative di sensibilizzazione ed educazione finanziaria;

          l'articolo 24-bis, comma 8, del decreto-legge n. 237 del 2016, i membri del Comitato, nonché il direttore, durano in carica tre anni e l'incarico può essere rinnovato una sola volta;

          il decreto del 3 agosto 2017 del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico ha istituito il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria;

          in data 21 giugno 2018 il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria si è dotato di un regolamento di organizzazione e funzionamento del Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria;

          l'articolo 24-bis, comma 3, del suddetto decreto-legge n. 237 del 2016 prevede l'adozione di un programma per una «strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale»;

          in data 11 gennaio 2018 è stato trasmesso alla Presidenza della Camera dei deputati, l'atto del Governo pro tempore sottoposto a parere parlamentare, recante lo Schema di programma per una «strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale», sul quale è stato espresso parere favorevole dalla Commissione Finanze e dalla Commissione Bilancio –:

          quali e quante iniziative di educazione finanziaria in Italia siano state censite in seguito all'avvio a gennaio 2018 del censimento al fine di conoscere in modo più completo il panorama dell'offerta attuale e le sue caratteristiche, per identificare buone prassi già sperimentate e validate e per promuovere un coordinamento che favorisca la corretta allocazione delle risorse, evitando l'accavallarsi di iniziative diverse sugli stessi obiettivi.
(5-01113)


      OSNATO e BUTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          in risposta all'interrogazione n. 5-00653, svolta presso la Commissione finanze della Camera dei deputati, in merito al problema della responsabilità del rappresentante indiretto per dichiarazione d'intento falsa o incompleta per operazioni doganali, il Governo ha ritenuto l'operatore doganale con rappresentanza indiretta responsabile, citando l'articolo 77 del codice doganale unionale, senza considerare che lo stesso si riferisce ad una operazione doganale relativa a dazi all'importazione e non all'Iva;

          nella risposta del Governo, il citato articolo 8, comma 3, della legge n. 213 del 2000 dà per scontato che l'espressione normativa «spedizioniere doganale» si riferisca unicamente al doganalista con rappresentanza diretta e non anche all'operatore doganale con rappresentanza indiretta, pur trovandosi, quest'ultimo, nelle medesime condizioni che hanno fatto decidere al legislatore di escludere lo spedizioniere doganale;

          il richiamo alla sentenza n. 7720 del 2013 della Corte di cassazione non sembra appropriato, dato che il problema si riferisce ad una situazione verificatasi dopo la sentenza, relativa ad una diversa procedura che prevedeva la consegna della dichiarazione d'intento alla dogana e non all'Agenzia delle entrate;

          infine, relativamente all'implementazione del sistema telematico dell'Agenzia delle entrate, l'articolo 20 del decreto legislativo n. 175 del 2014, al comma 1, lettera a), dispone che: le parole: «consegnata o spedita al fornitore o prestatore, ovvero presentata in dogana» sono sostituite da: «trasmessa telematicamente all'Agenzia delle entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica». La dichiarazione sarà consegnata al fornitore o prestatore, ovvero in dogana. Entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione, l'Agenzia delle entrate mette a disposizione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la banca dati delle dichiarazioni d'intento per dispensare dalla consegna in dogana della copia cartacea delle predette dichiarazioni e delle ricevute di presentazione;

          è necessario procedere tempestivamente alla corretta funzionalità del sistema informatico e all'adozione di una disposizione che preveda la possibilità per l'operatore doganale di assumere notizie dal sistema informatico stesso sulla legittimità della dichiarazione d'intento;

          è improcrastinabile una corretta interpretazione del citato articolo 20 relativamente ai 120 giorni nei quali l'Agenzia delle entrate deve mettere a disposizione dell'Agenzia delle dogane la banca dati delle dichiarazioni d'intento, ed è necessario tutelare quanti, senza malafede e responsabilità, si trovano a dover affrontare, per quanto esposto, contenziosi lunghi e costosi –:

          quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo in ordine a quanto evidenziato in premessa.
(5-01114)


      UNGARO e FREGOLENT. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          secondo la Fondazione Migrantes solo nel 2016 sono partiti 124 mila connazionali, e il 39 per cento ha tra i 18 e i 34 anni. Il totale dei registrati all'Aire, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero, è di oltre 5 milioni, mentre tre giovani under 30 su quattro, oggi, lascerebbero l'Italia, stando ad un'indagine pubblicata di recente dal Corriere della Sera;

          la logica che animava il progetto del «controesodo», tradotto otto anni fa con la legge 30 dicembre 2010, n. 238, per richiamare in Italia i talenti che lavorano all'estero, fu quella di agire con la leva delle agevolazioni fiscali sulle proprie entrate. Si trattava di un dispositivo inedito che così prevedeva: «I redditi di lavoro dipendente, i redditi d'impresa e i redditi di lavoro autonomo percepiti dalle persone fisiche di cui all'articolo 2 concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche in misura ridotta, secondo le seguenti percentuali: a) 20 per cento, per le lavoratrici; b) 30 per cento, per i lavoratori»;

          la novella normativa rappresentata dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, ha introdotto il regime speciale per i «lavoratori impatriati», che sotto alcuni aspetti è risultato meno conveniente rispetto alla citata legge n. 238 del 2010, se non altro perché abrogava l'estensione dei benefici fiscali;

          vi è poi una scarsissima conoscenza, come lamenta l’«Associazione Controesodo», di detto strumento normativo anche tra gli addetti ai lavori e sussiste la necessità di agire affinché nuovi strumenti normativi rendano effettiva e radicata la permanenza di chi è ritornato in patria, consolidando e potenziando le norme per l'attrazione del capitale umano –:

          se non ritenga opportuno promuovere una semplificazione del regime agevolativo descritto in premessa adottando iniziative per estendere i benefici fiscali come già previsti dalla legge n. 238 del 2010, ad oggi parzialmente abrogata, anche ai cittadini italiani in possesso di diploma di studio di scuola media di IIo grado e ampliando i beneficiari con riferimento ai casi in cui si acquisti un immobile da destinare ad abitazione principale, ovvero si contragga matrimonio o unione civile, al fine di incentivare chi realmente intende trascorrere la propria vita nel nostro Paese.
(5-01115)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MULÈ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          l'affidatario del servizio di trasporto pubblico locale ha l'obbligo di svolgerlo osservando disposizioni e condizioni riportate nel contratto di servizio, adottando le tariffe deliberate dall'ente competente sul trasporto ferroviario regionale;

          a seguito delle trattative condotte tra Trenitalia e regione Umbria con riferimento alla Carta Tuttotreno (Ctt), si prevede l'introduzione di criteri Isee (costo compreso tra 79 e 665 euro), fortemente penalizzanti per i numerosi pendolari del servizio di trasporto ferroviario;

          l'offerta di treni regionali è calante e non soddisfa le esigenze di mobilità, lasciando scoperte fasce orarie strategiche, in particolar modo per treni diretti e provenienti dalla Capitale, tanto che sempre più numerosi sono i pendolari, non già solo turisti, che a prescindere dal reddito, sono costretti a ricorrere anche a treni Intercity o Frecciabianca, come nel caso delle tratte Orvieto-Roma tra le 6,50 e le 9,00 e le 17,12 e le 20,00 e Terni-Roma (Spoleto e Foligno) tra le 7,32 e le 10,28 e tra le 17,00 e le 18,00 e tra le 19,02 e le 20,35, dovendo acquistare l'abbonamento per il trasporto regionale e in più la Ctt per accedere ai servizi IC e Frecciabianca (aumentata da 350 a 400 euro nel 2017);

          con l'introduzione di criteri Isee si riduce la platea dei beneficiari del contributo pubblico riconosciuto dalla regione per la Ctt, ma così facendo aumentano gli oneri tariffari a carico del resto dei pendolari;

          il contratto di servizio media-lunga percorrenza 2017-2026, riconosce l'importanza degli Intercity per i pendolari, che sono il 30 per cento dell'utenza, e la necessaria complementarietà con il servizio regionale, prevedendo miglioramenti del materiale rotabile e di qualità e puntualità;

          se gli oltre 600 pendolari umbri utenti Intercity e Frecciabianca ricorressero ai regionali, aumenterebbe il sovraffollamento, con problemi di sicurezza e ulteriori ritardi;

          l'Umbria contribuisce con 500 mila euro annui agli acquisti di Ctt, ma il servizio risulta decisamente scarso rispetto a quello offerto dalle Ctt nelle altre regioni, dove i prezzi sono anche più vantaggiosi; il materiale rotabile risulta datato e spesso malfunzionante, mentre spesso Intercity e Frecciabianca sono dirottati sulla linea lenta e risultano meno puntuali dei treni regionali; gli stessi abbonamenti, nonostante i costi elevati, non consentono di salire a bordo dei regionali, e la regione vuole escludere anche l'acquisto della Ctt con abbonamento regionale mensile;

          in virtù del decreto ministeriale n. 6925 del 1974, che consente per le linee direttissime l'applicazione di tariffe che prescindono dalla effettiva lunghezza delle tratte, le tariffe della tratta Roma-Firenze o Roma-Spoleto risultano maggiori rispetto al caso in cui si applicasse il criterio chilometrico. Fermo restando ciò, secondo quanto emerso dalla risposta all'interrogazione n. 5-10846 (XVII legislatura), le tariffe chilometriche per i treni Intercity di competenza ministeriale e non regionale, risulterebbero aggiornate con il richiamato contratto di servizio;

          la modifica della tariffazione chilometrica in senso più favorevole in Umbria, ai suoi contribuenti e utenti, dovrebbe essere immediatamente richiesta a Trenitalia;

          il costo della vita per i pendolari verso Roma risulta più alto di quello di chi resta nella propria città, pertanto l'applicazione di criteri reddituali di tariffazione Ctt dovrebbe quanto meno tenere in conto gli oneri collaterali a loro carico –:

          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per evitare che siano penalizzati i pendolari del servizio di trasporto ferroviario in Umbria, fermo restando il ricorso a tariffazioni progressive in riferimento al reddito volte ad agevolare gli utenti più svantaggiati;

          se intenda adottare ogni iniziativa di competenza per applicare la tariffazione chilometrica per i servizi Intercity di cui in premessa in considerazione delle mutate e superate condizioni rispetto alle disposizioni di cui al decreto ministeriale n. 6925 del 1974.
(5-01111)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CECCHETTI, BONIARDI e ZOFFILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          il 28 novembre 2018 la società Milano-Serravalle Milano Tangenziali in qualità di concessionaria, ha deciso di chiudere il tratto di tangenziale ovest compreso tra l'interconnessione con l'autostrada A8 Milano-Como e lo svincolo per il nuovo polo fieristico di Rho-Pero dall'8 dicembre 2018 al 7 gennaio 2019, per consentire un intervento di manutenzione straordinaria sulle strutture del viadotto di Rho;

          la scelta di chiudere il tratto predetto ha avuto immediate e gravi ripercussioni sul traffico veicolare, con gli automobilisti che sono costretti a riversarsi sulla viabilità ordinaria mandando in tilt la circolazione;

          il tratto di tangenziali ovest ora chiuso al traffico rappresenta uno snodo autostradale nevralgico, già gravato da ordinari disagi di viabilità;

          la scelta di chiudere il tratto è stata assunta con scarso preavviso e, contrariamente a quanto ritenuto dalla società concessionaria, in un periodo caratterizzato da un'alta mobilità per via delle festività natalizie, in vista delle quali i cittadini si spostano per effettuare compere, magari nel centro commerciale più grande d'Europa presente proprio nella zona;

          il commercio al dettaglio, proprio in questo periodo, trae i maggiori benefici dai clienti, anche grazie alla loro circolazione –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, con la massima sollecitudine, affinché, d'intesa con la società concessionaria, venga trovata una rapida soluzione al problema.
(4-01859)


      POTENTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          a Livorno ha sede una strategica infrastruttura portuale conosciuta come «bacini di carenaggio», per la costruzione della quale lo Stato ha concesso, con la legge speciale n. 143 del 13 febbraio 1963, un contributo di 8 miliardi di lire, pari all'80 per cento della spesa stimata, a un consorzio volontario appositamente costituitosi in città tra enti e istituti di credito locali e nazionali;

          in data 27 marzo 2015 l'Autorità di sistema portuale del mar Tirreno settentrionale, in qualità di autorità competente, ha indetto una procedura ristretta per l'assentimento in concessione demaniale marittima del compendio dei bacini di carenaggio del porto di Livorno;

          nell'agosto 2015, tale procedura ha subìto una sospensione a causa dell'incidente mortale (con 12 feriti) occorso a bordo della nave M/n Urania, nave oceanografica da tempo impiegata dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr);

          nell'ambito del summenzionato incidente, il bacino galleggiante è affondato e la nave ha subìto uno squarcio;

          l'Autorità di sistema portuale ha recentemente provveduto (a sue spese) alla liberazione del bacino galleggiante, anche se risulta che, in un momento successivo, esso sia stato irregolarmente occupato con: un piccolo yacht in manutenzione, degli scalandroni a piani composti, numerosi container (anche intorno al dockmaster), un ponte radar smontato, dei prefabbricati sparsi, tubi in pvc e ulteriori materiali di smaltimento stoccati irregolarmente in sacchi bianchi;

          allo stato attuale risulta inoltre che nell'area oggetto della gara di cui sopra, è presente un relitto di una grossa nave sulla banchina adiacente al bacino in muratura; nello specchio acqueo sono presenti un rimorchiatore di colore rosso, oltre a due pontoni con gru nonché una nave;

          la sopravvenuta presenza di tali ostacoli fisici interferisce con la gara, ad avviso dell'interrogante falsando le condizioni di gara, nonché le valutazioni di opportunità basate su rilievi puntuali sullo stato dei materiali, su misurazioni dirette, telemetrie, valutazioni sul campo e rilevazione di vizi non visibili –:

          quali iniziative di competenza intenda assumere per ovviare a questa grave situazione, tenuto conto che il riavvio delle attività manutentive nell'area interessata è particolarmente atteso da tutta la città di Livorno, perché garantirebbe un importante ritorno occupazionale.
(4-01861)


      MANDELLI e GELMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          il prolungamento della metropolitana M5 da Milano sino a nord di Monza, è una infrastruttura determinante per il territorio lombardo, nonché la prima metropolitana in Italia a collegare due città. Si tratta di un progetto che prevede un tracciato, quasi completamente interrato, di quasi tredici chilometri e dodici nuove stazioni, che incrocia la linea 1 milanese a Bettola, zona cruciale di interscambio locale, con un parcheggio da oltre mille posti e vicino alla strada Rho-Monza e alla statale 36;

          peraltro, l'infrastruttura insisterebbe su un'area che ha un forte bisogno di mobilità e di trasporto pubblico, nonché di alleggerire il traffico privato e abbassare l'inquinamento atmosferico;

          nella stessa nota di aggiornamento al Def, il Documento di economia e finanza 2018, il Governo ha posto tra i suoi obiettivi principali lo sviluppo del trasporto pubblico e del trasporto ferroviario locale, nonché la promozione dell'interscambio;

          l'importanza dell'infrastruttura si evidenzia, tra l'altro, ricordando che: a) Monza e Brianza sono, insieme a Napoli, le aree in Italia con la maggiore densità di abitanti per chilometro quadrato, e rappresentano il primo asse industriale italiano; b) nel rapporto sull'ecosistema urbano di Legambiente, Monza e Brianza sono agli ultimi posti per i parametri di qualità ambientale tra i quali l'inquinamento e il trasporto pubblico; c) sono tra le aree del Paese a maggiore densità di traffico. A ciò si aggiunga che la perdurante crisi economica ha fatto aumentare sensibilmente la domanda di trasporto pubblico;

          l'opera, considerata irrinunciabile per il territorio, e in grado di portare lavoro e mobilità sostenibile, costa 1.250 milioni di euro e, secondo gli accordi di massima, 900 di questi dovrebbero essere stanziati dal Governo, mentre i restanti 350 sarebbero da suddividere tra tutti gli enti locali interessati;

          le giunte comunali stanno via via approvando il progetto di fattibilità tecnica e il relativo protocollo di intesa. Poi, si dovrebbe passare alla fase operativa, per poter immaginare l'avvio dei cantieri nel 2021 e la consegna della linea nel 2026. Il Governo però, nonostante le promesse non ha previsto lo stanziamento dei necessari fondi per rispettare il cronoprogramma per l'avvio dell'opera;

          il 29 novembre 2018, presso la Villa Reale di Monza, si è tenuto un consiglio comunale «speciale» composto dai consigli comunali di Milano e Monza e le delegazioni dei comuni attraversati dal tracciato dell'infrastruttura, per sollecitare il Governo a dare seguito agli impegni, e individuare le iniziative per consentire la realizzazione del prolungamento della metropolitana M5;

          a tal fine è indispensabile che il Governo faccia la sua parte. Lo stesso sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha dichiarato: «non voglio raccontare bugie ai miei cittadini: se il Governo non finanzia il 60-70 per cento, una metropolitana non si può fare. Bisogna essere sinceri» –:

          se non ritenga indispensabile adottare le iniziative di competenza per provvedere, quanto prima, all'atteso stanziamento delle risorse necessarie a consentire, nei tempi programmati, la realizzazione della metropolitana M5 da Milano a Monza, quale infrastruttura importantissima per un territorio che ha un forte bisogno di mobilità e di trasporto pubblico, nonché di alleggerire il traffico privato e abbassare l'inquinamento atmosferico.
(4-01862)


      BRUNO BOSSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          in data 17 luglio 2018 la Corte dei conti ha registrato la delibera Cipe n. 3 del 2018 relativa alla seconda tratta del terzo megalotto della strada statale Jonica;

          la nuova sede della statale 106 «Jonica» sarà tra strada statale 534 di Cammarata e degli Stombi nei pressi di Sibari, e Roseto Capo Spulico;

          il progetto definitivo della prima tratta della strada è stato pubblicato nell'agosto 2017 e sono state intraprese le attività propedeutiche all'avvio del cantiere;

          risultano essere state avviate attività propedeutiche come progettazione esecutiva, attività espropri, il completamento dell’iter approvativo con la previsione dell'inizio lavori entro fine 2018;

          l'intervento del suddetto terzo megalotto riguarda 38 chilometri e si prevedono 1 miliardo e 300 milioni di euro di investimento;

          il tracciato in questione prevede 3 gallerie naturali, 10 gallerie artificiali, 17 viadotti e ponti e 4 svincoli: Sibari Cerchiara, Cerchiara/Francavilla, Trebisacce sud e Roseto;

          si tratta di un'opera molto importante che fa seguito ad un impegno straordinario compiuto nella scorsa legislatura per finanziare un asse viario strategico per il mezzogiorno e l'intero Paese;

          su 491 chilometri complessivi da Reggio Calabria a Taranto, ad oggi, risultano essere stati completati circa 151 chilometri;

          risultano essere in esecuzione, lungo l'intero tracciato, interventi per un importo di 260 milioni di euro;

          nell'ambito della nuova strategia, adottata d'intesa da Anas e regione Calabria, vi è un piano di riqualificazione di altri tratti in territorio calabrese per un importo complessivo di 690 milioni di euro già inseriti nel piano pluriennale 2016-2020;

          l'annuncio della registrazione della Corte dei conti per il terzo megalotto è quindi una importantissima notizia per l'ammodernamento di questa infrastruttura che, purtroppo, per la sua inadeguatezza è fonte di pericolo per chi la percorre e fa registrare numerose vittime;

          si apprende che alcuni esponenti di una forza politica che sostiene l'attuale esecutivo, abbiano manifestato perplessità proprio in merito al terzo megalotto dell'arteria;

          sarebbe gravissimo che proprio adesso si fermi il processo di ammodernamento della strada statale 06 Jonica, compromettendo tutti gli sforzi compiuti nel corso di questi anni per arrivare ad un quadro complessivo e organico di interventi –:

          quali siano gli orientamenti del Governo in merito agli investimenti già stanziati, compreso il terzo megalotto, per l'ammodernamento della strada statale 106 Jonica, considerate la strategicità della infrastruttura e le esigenze di sicurezza di sicurezza di chi quotidianamente è chiamato a percorrerla.
(4-01871)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      BORDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          la mattina dell'11 dicembre 2018 è scoppiato un incendio in un'abitazione della città di San Giovanni Rotondo (provincia di Foggia), probabilmente causato da una fuga di gas, che ha causato la morte di un giovane diversamente abile rimasto bloccato all'interno dell'edificio;

          il tragico evento ha fatto riemergere la questione della mancata attivazione di un distaccamento dei vigili del fuoco nella stessa città, tant'è che l'intervento è stato effettuato dalle unità in servizio a Manfredonia, che dista 25 chilometri e con un dislivello di 570 metri, quindi percorrendo una strada di montagna caratterizzata da tornanti e curve;

          San Giovanni Rotondo, città di residenza della famiglia d'origine del Presidente del Consiglio dei ministri Conte, ha più di 20.000 abitanti ed è sede del santuario in cui visse, operò e morì san Pio e del policlinico «Casa Sollievo della Sofferenza»: luoghi visitati e frequentati da una media annua di 2.000.000 di persone;

          proprio per tale, massiccio afflusso, in occasione di particolari festività ed eventi, il comando provinciale dei vigili del fuoco di Foggia ha più volte istituito un presidio fisso distaccando unità in servizio a Manfredonia, sguarnendo una postazione al servizio di oltre 50.000 residenti e un'area connotata dalla presenza di attività a rischio di incidente rilevante, superfici boscate, porti merci e turistici con presenze rilevanti;

          il 3 dicembre 2018 la segreteria territoriale dei vigili del fuoco della UIL-pubblica amministrazione ha avanzato al Ministero dell'interno, nelle persone del Ministro interrogato e del sottosegretario con delega per i vigili del fuoco, Stefano Candiani, formale richiesta di istituzione di un distaccamento permanente dei vigili del fuoco a San Giovanni Rotondo, avvalorata anche dal fatto che la città di san Pio è parte integrante del parco nazionale del Gargano e ha nel proprio territorio ampie porzioni di superficie boscata di elevato pregio naturalistico –:

          se e in quali termini si intenda procedere per l'istituzione del distaccamento permanente dei vigili del fuoco nella città di San Giovanni Rotondo.
(4-01866)


      DEIDDA, VARCHI, MASCHIO, BUCALO, TRANCASSINI, GEMMATO, SILVESTRONI, CARETTA, FOTI, FERRO e LUCA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il combinato disposto dell'articolo 9, commi 1 e 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 e del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, ha determinato il blocco degli incrementi automatici previsti per la progressione stipendiale e di carriera, che sarebbero stati maturati nell'arco temporale compreso tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2014;

          gli effetti del citato blocco per il personale in attività nel comparto sicurezza e difesa sono cessati a decorrere dal 1° gennaio 2015, mentre sono rimasti esclusi da tale superamento tutti coloro i quali siano cessati dal servizio o siano stati riformati negli anni di vigenza del medesimo blocco;

          con particolare riferimento agli agenti di polizia penitenziaria, i quali abbiano maturato il secondo assegno di funzione negli anni di vigenza del blocco, ma siano andati in pensione prima della decadenza della citata sospensione, l'assegno non è ancora stato riconosciuto, in quanto, da quel che risulta, l'amministrazione della giustizia avrebbe comunicato che la rideterminazione del trattamento di quiescenza, in dipendenza degli incrementi stipendiali maturati in detto periodo di sospensione, potrà essere disposta unicamente a seguito dell'approvazione di apposito decreto legislativo –:

          se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intendano adottare al fine di riconoscere al personale in questione gli scatti stipendiali maturati nel periodo di blocco, superando così qualsivoglia discriminazione.
(4-01869)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PALLINI, AMITRANO, MANZO e PARENTELA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          negli istituti tecnici e professionali, tra i docenti, sono presenti anche gli insegnanti tecnico-pratici (I.t.p.) che svolgono attività didattiche laboratoriali in compresenza con l'insegnante «teorico» della disciplina o anche in piena autonomia. Il titolo di studio per poter accedere a questo ruolo è il diploma di maturità di tipo tecnico o professionale. Gli insegnanti tecnico-pratici prima della riforma delle classi di concorso (legge n. 133 del 2008) erano inquadrati nella tabella C. Oggi, in seguito alla riforma, sono inquadrati nella tabella B;

          la recentissima sentenza del tribunale di Roma n. 5795 del 5 luglio 2018 chiarisce che «il possesso del diploma ITP, ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale n. 39 del 1998, consentiva la partecipazione ai concorsi per l'insegnamento negli istituti di scuola secondaria con il solo diploma. È indubbio quindi che a tali tipologie di diplomi fosse riconosciuto valore di titolo abilitativo all'insegnamento senza alcuna necessità di conseguire un titolo abilitativo ulteriore. Di conseguenza questo decreto ministeriale riconosce il titolo ITP come abilitante, poiché non è necessario il conseguimento di un titolo ulteriore per insegnare. Introdurre una distinzione tra titolo di accesso alla professione e titolo abilitante è assolutamente inutile per i diplomi il cui regime giuridico è antecedente alla stessa attuazione del principio dell'abilitazione all'insegnamento»;

          la maggior parte degli I.t.p. di ruolo insegna col solo diploma, ritenuto abilitante (decreto ministeriale n. 39 del 1998) anche perché, dopo l'entrata a regime del sistema di abilitazione, quale requisito di accesso ai concorsi è stato bandito il concorso ordinario del 2012 al quale, però, è stato consentito l'accesso a una sola categoria di diplomati, a ulteriore conferma della natura abilitante del diploma stesso;

          il concorso infatti era riservato ai soli docenti abilitati. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, oltretutto, non ha mai provveduto ad istituire per gli I.t.p. le scuole di specializzazione per acquisire le abilitazioni all'insegnamento, limitandosi a prevedere soltanto una procedura riservata nel 2005 e l'istituzione dei percorsi abilitanti speciali nel 2013, tuttavia a beneficio dei soli docenti che vantassero 3 anni completi di servizio e, comunque, circoscritti a un numero estremamente esiguo di classi concorsuali;

          molti I.t.p. attualmente insegnano in virtù di un provvedimento giurisdizionale provvisorio, rimesso alla mera discrezionalità dei giudici che non hanno una opinione univoca. Sarebbe, pertanto, opportuno, oltre che auspicabile, garantire la continuità dei contratti almeno fino alla scadenza naturale degli stessi, a prescindere dagli esiti giudiziari, così come è stato fatto nei confronti dei diplomati magistrali, nonostante la pronuncia della plenaria del dicembre 2017. Agli stessi, infatti, è stato comunque consentito di stipulare contratti per l'anno in corso;

          all'ultimo concorso bandito nel febbraio 2018, concorso straordinario, non selettivo e nuovamente riservato solo agli abilitati, non è stata prevista la partecipazione di molti docenti I.t.p. sebbene gli stessi debbano essere considerati abilitati a tutti gli effetti e sebbene numerose pronunce del Consiglio di Stato, nel merito, ne autorizzino la partecipazione in considerazione della palese disparità di trattamento rispetto alle altre categorie, quali Afam ad esempio –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, ritenga opportuno porre in essere, quanto prima, a favore del riconoscimento del titolo abilitante dei docenti I.t.p. (come Afam e diplomati magistrali) e per la partecipazione al concorso straordinario (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 11 del 6 febbraio 2018), in virtù della normativa vigente in materia e delle numerose pronunce giurisprudenziali, garantendo così la parità di trattamento nel mondo dell'insegnamento scolastico e di opportunità nell'accesso al pubblico impiego.
(5-01110)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


      UBALDO PAGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          con il programma operativo nazionale (Pon) inclusione 2014-2020, cofinanziato dal fondo sociale europeo, per la prima volta i fondi strutturali intervengono a supporto delle politiche di inclusione sociale;

          il Pon, in particolare, è finalizzato a contribuire al processo che mira a definire i livelli minimi di alcune prestazioni sociali, affinché queste siano garantite in modo uniforme in tutte le regioni italiane, superando l'attuale disomogeneità territoriale. La maggior parte delle: risorse sono destinate agli Assi 1 e 2 (1.066.628.417,91 euro), volti a supportare l'attuazione del reddito di inclusione (Rei);

          il programma, inoltre, sostiene azioni volte a rafforzare la capacità amministrativa dei soggetti ai vari livelli di governance, oltre che degli stessi beneficiari del Rei, come, ad esempio:

              sostegno alle funzioni di segretariato sociale (ad esempio, rafforzamento dei servizi di accesso con particolare riferimento alla funzione di pre-assessment finalizzata a orientare gli operatori nel percorso da attivare per prendere in carico efficacemente le famiglie);

              rafforzamento del servizio sociale professionale al fine di supportare la creazione delle équipe multidisciplinari per la presa in carico (per le funzioni di assessment, progettazione, valutazione e monitoraggio dell'intervento integrato);

              interventi sociali: sostegno sociale professionale, assistenza educativa domiciliare, assistenza educativa territoriale per la costruzione di requisiti per occupabilità e supporto all'inclusione sociale di giovani e adulti, nonché servizi di mediazione familiare e finanziaria;

              formazione: empowerment degli operatori sociali finalizzato al presidio delle funzioni di pre-assessment e presa in carico (assessment, progettazione e attuazione degli interventi);

              attività di informazione e sensibilizzazione (ad esempio, costituzione di info point/sportello sociale tematico/punti di accesso, campagne informative relative all'offerta di servizi e opportunità ai potenziali destinatari);

              servizi di sostegno educativo scolastico ed extra scolastico;

              tirocini extracurriculari;

              tirocini finalizzati all'inclusione sociale, all'autonomia delle persone e alla riabilitazione (accordo in Conferenza unificata del 22 gennaio 2015);

              percorsi formativi integrati per l'inserimento lavorativo e per la creazione di impresa;

              inserimento delle persone in condizioni di vulnerabilità presso le cooperative sociali, in particolare di tipo b e nel settore non profit;

              accompagnamento «a tempo» finalizzato all'inserimento lavorativo anche in forma auto imprenditoriale (ad esempio tramite avvio di cooperative sociali o di imprese profit);

              accesso al credito finalizzato all'inserimento lavorativo in forma auto imprenditoriale;

              implementazione delle competenze propedeutiche al lavoro;

          gli ambiti territoriali hanno concorso all'avviso pubblico n. 3/2016, avviso non competitivo, che prevedeva la dotazione finanziaria complessiva di 486.943.523,00 euro, con spendibilità nel triennio 2017-2018-2019, per le seguenti azioni: Azione A – rafforzamento dei servizi sociali; Azione B – interventi socio-educativi e di attivazione lavorativa; Azione C – promozione di accordi di collaborazione in rete;

          gli ambiti hanno sottoscritto la Convenzione di sovvenzione soltanto nel secondo semestre 2017 se non nel primo semestre 2018 e il programma si conclude il 31 dicembre 2019;

          agli ambiti è stato richiesto di rimodulare le risorse/economie del Pon Inclusione;

          da parte di alcuni ambiti territoriali pugliesi, è ritenuto strategico conoscere la programmazione ministeriale in merito alla misura –:

          se intenda adoperarsi, per quanto di competenza, al fine di consentire la spendibilità delle economie del Pon Inclusione, anche nel corso del 2010;

          se intenda adottare iniziative per garantire il finanziamento delle misure sopra descritte anche per il prossimo triennio, assicurando la tenuta dei servizi da rivolgere ai beneficiari del reddito di inclusione, oltre che le professionalità che costituiscono la rete e le équipe, che nei fatti garantiscono il pieno funzionamento della misura.
(4-01868)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      GALLINELLA, CADEDDU, CASSESE, CILLIS, GAGNARLI, L'ABBATE, PARENTELA, DEL SESTO, PIGNATONE, CIMINO, MARZANA, ALBERTO MANCA, LOMBARDO e MAGLIONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          il fermo pesca «volontario» o non obbligatorio è stato introdotto nel 2017, in sede di conversione del decreto-legge «Mezzogiorno». In particolare, il comma 1-bis dell'articolo 10 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, ha aggiunto all'articolo 1, comma 346, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, i seguenti periodi: «Per l'anno 2017 e nel limite di spesa di 7 milioni di euro per il medesimo anno, a ciascuno dei soggetti di cui al presente comma (ciascun lavoratore dipendente da impresa adibita alla pesca marittima, compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250) è altresì riconosciuta la medesima indennità giornaliera onnicomprensiva pari a 30 euro nel periodo di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio, per un periodo non superiore complessivamente a quaranta giorni in corso all'anno»;

          risulta che quei 7 milioni di euro, nel 2017, non siano stati utilizzati per la finalità voluta dal legislatore, a vantaggio del settore della pesca: sono stati infatti re-incamerati dal Ministero dell'economia e delle finanze, e dunque definitivamente perduti dal settore, dal momento che il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e quello del lavoro e delle politiche sociali non hanno adottato nel termine utile, ovvero entro l'anno in corso, il decreto interministeriale con il quale avrebbero dovute essere dettagliate le ipotesi legittimanti l'erogazione della nuova indennità;

          i tempi per l'adozione del decreto ministeriale, quest'anno, sono ormai strettissimi, poiché se l'intera procedura, comprensiva del visto della Corte dei conti, non si chiuderà entro il 31 dicembre, esattamente come è avvenuto lo scorso anno, le risorse verranno re-incamerate dal Ministero dell'economia e delle finanze;

          risulta agli interroganti che il 1° ottobre 2018 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha inviato all'ufficio legislativo del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo la bozza del decreto, per l'assenso di competenza, precisando di avere già avuto il concerto tecnico della competente direzione del Ministero medesimo;

          sono ormai trascorsi più di due mesi e non risulta che da allora vi siano stati ulteriori passaggi, mentre il settore e gli operatori sono preoccupati per il reiterarsi di una situazione che rischia di fare nuovamente perdere risorse importanti ai pescatori, che costituiscono un ammortizzatore sociale indispensabile –:

          se siano conoscenza di quanto esposto in premessa e se intendano fornire rassicurazioni circa la positiva conclusione dell’iter procedimentale di adozione del decreto di cui in premessa entro il 31 dicembre 2018.
(5-01116)

Interrogazione a risposta scritta:


      BRAMBILLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          è in corso la Campagna «La stellina della carne bovina italiana» a favore del consumo di carni bovine, realizzata per Assocarni e Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo da RAI Pubblicità;

          il format crossmediale di Be Transparent, «Lezioni di etichetta» creato da Rai Pubblicità, nel 2017 permette alle aziende di fornire nozioni «ad alta definizione» su caratteristiche e valori di prodotto in risposta alle esigenze dei consumatori di avere maggiori informazioni per effettuare scelte di acquisto più consapevoli;

          nel 2015, dopo aver analizzato 800 studi epidemiologici incentrati sulla relazione tra carni rosse e insorgenza di cancro, la Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) che fa parte dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha inserito le carni processate tra i cancerogeni certi (il cosiddetto gruppo 1, che comprende l'amianto, l'alcol etilico e il fumo, le radiazioni ultraviolette e il Papilloma virus) e le carni rosse (manzo, agnello, maiale e altre) tra le sostanze probabilmente cancerogene per l'uomo (gruppo 2A) (IARC Monographs evaluate consumption of red meat and processed meat, PRESS RELEASE N. 240 – 26 October 2015);

          le conclusioni sono confermate anche nella pubblicazione, avvenuta quest'anno, della monografia Red Meat and Processed Meat, che raccoglie il lavoro degli esperti Iarc del Working Group on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans. (IARC Monographs on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans, Volume 114, Red Meat and Processed Meat);

          nel 2017 un altro grande studio, effettuato dal National Cancer Institute di Bethesda negli USA, pubblicato sul British Medical Journal aveva rilevato come il consumo di carni rosse e processate si correli con un aumento medio di mortalità del 26 per cento per tutte le cause e per nove cause specifiche;

          la connessione più forte è emersa con i decessi da epatopatia cronica (aumenta del 230 per cento nei forti consumatori di carni rosse);

          lo spot in questione recita: «Consumare con equilibrio carne bovina può contribuire al naturale benessere dell'organismo»;

          dichiarare benefico per l'organismo un alimento ritenuto probabile cancerogeno per l'uomo dall'Organizzazione mondiale della sanità (classe 2A) è un'incongruenza;

          lo spot in questione recita: «La carne contiene numerosi nutrienti fondamentali per le diverse fasi della vita»;

          tutti i cibi, anche i meno salutari, contengono nutrienti fondamentali: la carne non è la sola ad averne;

          il sito dell'iniziativa pubblicitaria recita: «La carne bovina apporta una significativa quantità di vitamina B12 nella sua forma biologicamente attiva. Assente negli alimenti vegetali»;

          la vitamina è assente negli alimenti vegetali, ma tra assumerla con un alimento che può favorire l'insorgere del cancro e cibi «fortificati» o integrarla ci si chiede cosa sia meglio; i mangimi per animali sono addizionati di vitamina B12, quindi la «quantità significativa» non è così naturale;

          la carne è indispensabile, voleva far credere un annuncio pubblicitario del Consorzio «Carni Italiane Bovine Garantite» (1992); il ricorso della LAV al Comitato di controllo del giurì di autodisciplina pubblicitaria ha ottenuto il cambiamento dell'annuncio apparso su quotidiani e mensili;

          a partire dal 26 giugno 2011, alcune reti televisive nazionali, fra le quali Rai Due e Rai Yo-yo, trasmettevano un messaggio pubblicitario volto a promuovere il consumo di omogeneizzati di carne Mellin da parte dei bambini in età neonatale. Nel corso dello spot, la voce narrante affermava, tra l'altro, che: «Per le sue esigenze specifiche tuo figlio ha bisogno di ferro della carne». Affermazione che, ad avviso dell'interrogante, non trova alcun fondamento e, anzi, è smentita da numerose attestazioni scientifiche;

          la segnalazione di LAV all'Istituto di autodisciplina pubblicitaria della comunicazione commerciale rilevata nel mese di maggio 2018 sulla pagina del sito relativa al prosciutto Gran Biscotto di Rovagnati, descritto come «fondamentale nell'alimentazione dei bambini dalla prima infanzia all'adolescenza», ha portato il Comitato di Controllo a definire tale espressione come impropria e a invitare l'inserzionista a modificare il messaggio e a tenere in debita considerazione i rilievi sollevati nel caso di iniziative di comunicazione future. Cofinanziando la campagna di Assocarni sul consumo della carne bovina italiana, il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo utilizza i fondi di tutti i cittadini, compresi coloro che non consumano prodotti animali per motivi etici o di salute, per rilanciare uno specifico settore, andando anche in controtendenza con le affermazioni di fondamentali istituzioni internazionali di tutela della salute –:

          quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere, per quanto di competenza, in relazione a quanto esposto in premessa.
(4-01867)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


      CANCELLERI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il primo anello della «catena del soccorso» del Servizio sanitario nazionale è il personale del servizio di emergenza-urgenza, composto sia dal personale sanitario che dall'autista soccorritore, quest'ultimo assumendo un ruolo fondamentale nella catena del soccorso, non può prescindere da un'ottima preparazione basata sulla formazione e l'aggiornamento;

          nell'atto di intesa tra Stato e regioni, al capitolo «mezzi di soccorso», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 17 maggio 1996, «Approvazione delle linee guida sul sistema di emergenza sanitaria in applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992», è stata istituto la figura dell'autista soccorritore;

          con l'atto 22 maggio 2003, n. 1711, la Conferenza Stato-regioni ha approvato l'accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sul documento recante «Linee guida su formazione, aggiornamento e addestramento permanente del personale operante nel sistema di emergenza/urgenza»;

          la normativa prevede un obbligo di formazione per queste figure quantificato in 1.000 ore di didattica, traducibile in quasi 2 anni di formazione permanente. In molte aree del Paese, soprattutto nei comuni più piccoli e nelle zone più disagiate, il servizio di assistenza e soccorso è effettuato in gran parte da volontari che assicurano circa il 40 per cento dei servizi di emergenza; tale obbligo — pur nella condivisione della necessità di una formazione di qualità — metterebbe molti volontari nella condizione di non poter ottemperare ad un obbligo formativo di tale entità, producendo forti ripercussioni sui servizi e sulla salute pubblica dei cittadini;

          l'associazione autisti soccorritori italiani ha proposto che le linee di indirizzo formativo, dai requisiti d'accesso all'attività didattica teorico-pratica, siano incentrate maggiormente su attività di educazione alla salute, all'assistenza e al soccorso delle persone, suddivisa su moduli progressivi, da quello base, passando per l'intermedio per arrivare all'avanzato. Una formazione unica di base per tutte le realtà regionali, nonché con la possibilità dell'inserimento di ulteriori moduli supplementari, secondo le specificità individuate dalle singole regioni. Implementando ed uniformando il livello formativo in tutte le regioni, con la conclusione del corso formativo con un esame teorico-pratico ed il rilascio di una certificazione regionale da parte degli enti formatori individuati nelle singole regioni, con valenza su tutto il territorio nazionale; tutto questo per permettere all'utente di ricevere un soccorso omogeneo in tutte le regioni ed agli operatori sia volontari che dipendenti, di avere riconosciuta la propria prestazione di volontariato o di lavoro ovunque in Italia, senza dover ricorrere a nuove certificazioni –:

          quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per delineare in modo chiaro la figura del soccorritore, prevedendo uno standard formativo unico a livello nazionale, le attività e le competenze (cognitive, tecniche e relazionali), compresa l'organizzazione didattica della formazione;

          quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire una formazione adeguata del personale in servizio come autista soccorritore, ma anche la presenza di un servizio capillare su tutto territorio nazionale.
(3-00388)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          in Italia e nel mondo sono in aumento le patologie tiroidee che portano moltissimi pazienti in stato di ipotiroidismo, ovvero produzione insufficiente o addirittura nulla di ormoni tiroidei;

          le principali cause di ipotiroidismo sono le tiroiditi autoimmuni e l'ablazione chirurgica della tiroide per gozzo o per patologia tumorale e la terapia con radio iodio per le forme di ipertiroidismo resistenti alla terapia farmacologica;

          la tiroide produce diversi ormoni che regolano praticamente tutte le funzioni dell'organismo. Tra questi ormoni, i più conosciuti e importanti sono T4 e T3;

          nelle diverse forme di ipotiroidismo, il farmaco più prescritto è normalmente l'Eutirox o uno dei suoi analoghi (Tirosint in compresse o in forma liquida, il Tiche o il Syntroxine in forma di capsule molli e meglio assorbibili), sempre però solo T4;

          il T4 è in realtà un ormone inattivo, non in grado di esplicare alcuna funzione; le cellule non lo riconoscono ed è necessario che esso venga trasformato nel T3 che rappresenta l'ormone attivo, l'effettore periferico della funzione della tiroide e, dunque, l'ormone che regola numerosissimi e vitali processi metabolici;

          in molti casi, questa conversione non avviene in modo corretto, derivandone una riduzione dei livelli di T3 che mantiene il paziente in una condizione di ipotiroidismo subclinico, nonostante i valori di TSH, fT4 e FT3 siano valutati nella norma solo perché compresi all'interno del range di riferimento;

          l'inversione del rapporto dei due ormoni, pur se all'interno del range, è patologica al pari di quanto avviene in altre condizioni patologiche ormonali dove i due ormoni prodotti dalla stessa ghiandola sono invertiti nel rapporto;

          il risultato per molte di queste persone ipotiroidee a cui viene prescritto Eutirox o una delle formulazioni con solo T4 è stanchezza cronica, sonnolenza post-prandiale, gonfiore, aumento di peso, brain fog (annebbiamento del cervello), più una serie di altri disturbi che spesso non vengono correlati alla terapia inadeguata;

          questi stessi pazienti trovano enorme beneficio invece nell'assunzione combinata degli ormoni T3 e T4 e questo è oggi possibile con l'assunzione di farmaci quali Tiroide Ibsa (unico farmaco a contenere sia T4 che T3) e tiroide di maiale secca, quest'ultima di importazione estera con complicazioni logistiche ed economiche non indifferenti;

          sembrerebbe che la Ibsa farmaceutici Italia abbia deciso di interrompere la commercializzazione del farmaco Tiroide Ibsa, lasciando abbandonati migliaia di pazienti che vedono così ridurre drasticamente la loro qualità, nonché aspettativa di vita nonostante i costi di produzione di Tiroide Ibsa siano relativamente bassi in relazione ai benefici che questo farmaco sortisce;

          ad oggi, in Italia, non esiste una equiparabile possibilità di cura, nemmeno con l'uso combinato di altri farmaci;

          l'utilizzo terapeutico combinato con T4 e T3 in soluzione idroalcolica (Liotir della Ibsa farmaceutici) non è equiparabile alla terapia con il farmaco contenente T4 e T3 per una serie di motivi:

              occorre portarsi dietro il flaconcino per assumere la dose frazionata di T3;

              il T3 sciolto in soluzione idroalcolica viene assorbito rapidamente alzando il T3 in maniera repentina con possibili episodi di ipertiroidismo iatrogeno;

              la soluzione idroalcolica può provocare fastidio nell'assunzione, in particolare nelle persone che hanno gastrite o non tollerano anche modeste quantità di alcool –:

          se corrisponda al vero che la produzione del farmaco suddetto sia stata interrotta e se non ritenga opportuno attivarsi tempestivamente affinché si apra finalmente un tavolo di confronto in tema di endocrinologia per definire linee guida della cura dell'ipotiroidismo che permettano di personalizzare la terapia, ponendosi dalla parte del paziente, senza avere preclusioni verso forme terapeutiche diverse da quelle diventate convenzionali.
(4-01860)


      VINCI e GOLINELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          già con precedente atto di sindacato ispettivo n. 4-01750, il primo firmatario del presente atto lamentava la problematica relativa ai punti nascita per il comune di Borgo Val di Taro (Parma);

          in particolare, l'accordo del 16 dicembre 2010 sulle «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo» ha impegnato le regioni italiane ad attuare 10 linee di azione per la ridefinizione del percorso nascita;

          con esso viene stabilito in 1.000 parti/anno il volume minimo per configurare le condizioni organizzative, di competenza e di expertise, necessarie per la sicurezza del percorso nascita;

          l'accordo ha pertanto previsto la chiusura dei punti nascita con un volume di attività inferiore a 500 parti/anno, in quanto non in grado di garantire sicurezza per la madre e il neonato, nonché l'adozione di stringenti criteri per la riorganizzazione della rete assistenziale, fissando il numero di almeno 1.000 parti/anno quale parametro cui tendere;

          il Ministero, al riguardo, ha specificato che il criterio di chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti non va considerato con accezione punitiva nei confronti della popolazione, poiché non scaturisce da mere finalità economiche di contenimento della spesa, bensì dalla necessità di fornire alla donna e al neonato un'assistenza di livello elevato e che tale garanzia può essere assicurata innanzitutto da adeguati standard operativi, tecnologici e di sicurezza, ma soprattutto dalla presenza, con livelli di operatività h24 intesa come guardia attiva, di personale qualificato che, potendo seguire una casistica numerosa, è in grado di effettuare un corretto inquadramento delle pazienti e una corretta gestione della gravidanza, mantenendo e accrescendo nel tempo la propria competenza;

          l'accordo ha comunque previsto la possibilità in deroga di mantenere attivi i punti nascita con volume minimo di 500 parti/anno, esclusivamente in caso di reali situazioni orogeografiche critiche, ovvero in presenza di aree geografiche notevolmente disagiate, esclusivamente a condizione che in tali strutture siano garantiti tutti gli standard organizzativi, tecnologici e di sicurezza previsti per le unità operative ostetriche e neonatologico/pediatriche di 1° livello;

          nell'ottobre 2017 il Ministero della salute ha comunicato alla regione Emilia-Romagna il parere negativo espresso dal Comitato percorso nascita nazionale, incaricato con decreto ministeriale 11 novembre 2015 di esprimere un parere rispetto alla deroga richiesta per mantenere attivo, tra gli altri, il punto nascita, operante sull'Appennino Emiliano, di Pavullo nel Frignano (Modena), avente un volume inferiore ai 500 parti annui;

          nel caso del punto nascita di Pavullo nel Frignano la decisione di chiusura del punto nascite di fatto, contrariamente alla suddetta specificazione, si legge come un atto afflittivo per la popolazione del particolare comune montano che in questo modo si vede eliminata anche la sicurezza psicologica di poter intraprendere un percorso procreativo, sapendo di avere al proprio fianco un servizio sanitario presente e sempre disponibile. Va da sé che tale decisione scoraggia le nascite di nuovi figli e destina allo spopolamento il fragile territorio montano del comune di Pavullo;

          da informazioni assunte dagli interroganti, parrebbe che la regione Emilia Romagna, almeno per quanto riguarda Pavullo nel Frignano, non abbia rappresentato nella richiesta di deroga la significativa distanza da percorrere per raggiungere i punti nascita alternativi alla struttura da chiudere né abbia accennato alla pericolosità di eventuali parti in itinere per le partorienti –:

          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intraprendere iniziative urgenti volte a consentire la riapertura del centro nascite di Pavullo nel Frignano (Modena).
(4-01865)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta scritta Bilotti n. 4-01638, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 novembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Pallini.

Ritiro di un documento di indirizzo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Lattanzio n. 7-00071 del 15 ottobre 2018.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

          interrogazione a risposta immediata in Commissione Bignami n. 5-01091 dell'11 dicembre 2018;

          interrogazione a risposta immediata in Commissione Ruggiero n. 5-01092 dell'11 dicembre 2018;

          interrogazione a risposta immediata in Commissione Osnato n. 5-01093 dell'11 dicembre 2018;

          interrogazione a risposta immediata in Commissione Ungaro n. 5-01094 del 11 dicembre 2018.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Bruno Bossio n. 5-00247 del 25 luglio 2018 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01871.

ERRATA CORRIGE

      Interrogazione a risposta scritta Foti n. 4-01832 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 98 del 10 dicembre 2018. Alla pagina 3533, seconda colonna, alla riga ventiseiesima, deve leggersi: «del caso anche attraverso apposita circolare,», e non come stampato.

      Interrogazione a risposta scritta Tiramani 4-01854 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 100 del 12 dicembre 2018. Alla pagina 3592, prima colonna, dalla riga quinta alla riga settima, deve leggersi: «la protezione umanitaria, oltre ad una revoca dall'espulsione e il rilascio di un permesso di soggiorno;», e non come stampato.