XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 110 di giovedì 17 gennaio 2019

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO COLUCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bitonci, Maggioni e Pastorino sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,34).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento. Sospendo pertanto che la seduta che riprenderà alle ore 9,55. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 9,35, è ripresa alle 9,55.

Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale: D'Uva ed altri: Modifiche all'articolo 71 della Costituzione, in materia di iniziativa legislativa popolare, e alla legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 (A.C. 1173-A); e delle abbinate proposte di legge costituzionale: Ceccanti ed altri; Ceccanti ed altri; Magi (A.C. 726-727-1447) (ore 9,56).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge costituzionale n. 1173-A: Modifiche all'articolo 71 della Costituzione, in materia di iniziativa legislativa popolare, e alla legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1; e delle abbinate proposte di legge costituzionale nn. 726-727-1447.

Ricordo che sono state presentate la questione pregiudiziale di costituzionalità Sisto ed altri n. 1 e la questione pregiudiziale di merito Migliore ed altri n. 1.

(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 1173-A)

PRESIDENTE. Passiamo quindi all'esame di tali questioni pregiudiziali (Vedi l'allegato A).

Avverto che i tempi per il relativo esame sono computati nell'ambito del contingentamento relativo alla discussione generale.

A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, in caso di più questioni pregiudiziali, ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.

Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 40, comma 4, terzo periodo, del Regolamento, ad una votazione sulla questione pregiudiziale sollevata per motivi di costituzionalità e poi, con un'altra votazione, sulla questione pregiudiziale sollevata per motivi di merito.

Il deputato Francesco Paolo Sisto illustra la sua questione pregiudiziale di costituzionalità n. 1.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. Nell'accezione di dejà vu si ha l'idea di qualche cosa che si è già vissuto, ma in qualche modo non si ricorda quando; io dico che invece in questo momento non siamo di fronte ad un dejà vu, ma a una memoria ben scolpita nel tempo.

PRESIDENTE. Mi scusi, collega Sisto. Colleghi è possibile fare un po' di silenzio? C'è il collega Sisto che sta intervenendo! Prego, collega.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Riazzero il cronometro e riparto. Nel concetto di dejavu c'è l'immagine di un vissuto che non si sa collegare al quando; mentre qui non c'è un problema di ricordo indistinto, ma c'è un ricordo molto ben distinto. La difesa della Costituzione e il paradosso della incostituzionalità di una riforma costituzionale l'abbiamo già vissuto poco tempo fa, quando abbiamo segnalato, noi di Forza Italia, sempre con fermezza e in difesa della Carta, quanto una riforma potesse essere abrasiva dei principi fondanti e quanto con la Costituzione non si debba e non si possa scherzare. Poi, il popolo, quello stesso popolo che oggi si vorrebbe addurre a pretesto di questa riforma, ci ha dato ragione. Io partirò da una sentenza della Corte costituzionale, come se si potesse giustificare l'incostituzionalità prendendo le mosse in modo omeopatico dalla stessa pronuncia della Corte. La sentenza, citata nella nostra pregiudiziale, è la n. 1146 del 1988 e prevede che “La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quale la forma repubblicana, quanto i principi che, pur non essendo espressamente menzionati tra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione, appartengono all'essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana”. Ebbene, che la formazione delle leggi dipenda dalle Camere lo prevede l'articolo 70, che non è toccato da questa riforma - questo è un dato ineliminabile - e ricorderò a tutti che, finché ci sarà l'articolo 70, questa riforma dell'articolo 71 sarà incostituzionale; basterà il semplice confronto tra l'articolo 70 e questa riforma.

Io andrò, Presidente, per parole chiave, uno strumento informatico che io mi permetterò di utilizzare semplicemente con gli strumenti dell'umano, perché ricordare, per esempio, che la democrazia cosiddetta diretta è soltanto integrativa di quella rappresentativa richiama il concetto di integratore.

Cioè, l'integratore non è un succedaneo, non è qualche cosa che si sostituisca, è qualcosa che integra, rafforza, consente di dare più peso. Noi stiamo invece facendo il contrario, siamo alla sopraffazione della democrazia rappresentativa attraverso la democrazia cosiddetta diretta. Ma il dato più grave che segnalo è che nella Costituzione vi è sempre sintonia fra rappresentanti e rappresentati. Altra parola chiave: sintonia. Qui siamo alla distonia, al conflitto, alla lotta fra il popolo e il Parlamento, fra il popolo e la Corte costituzionale, che dovrà dichiarare incostituzionale una legge che il popolo ha approvato. Potremmo mai giungere a mettere il popolo contro la Corte costituzionale? La collaborazione e non la contrapposizione, la democrazia sostituita da un innesto di democrazia diretta, un sistema che da essere un sistema unitario, con rafforzativi di democrazia diretta, diventa binario. Cioè, qui siamo di fronte allo sdoppiamento del procedimento legislativo, che è una cosa inammissibile! Mettere sullo stesso livello 500.000 firme, il 25 per cento, con il Parlamento e l'articolo 70! E questa contrapposizione, questo ribaltamento fra democrazia rappresentativa e popolare dà il via ad una estremizzazione e sovrapposizione normativa, a un rischio di strumentalizzazione, a un agitare mediante questo strumento interessi privati che possano sovrapporsi a quelli pubblici e generali. Ciò perché, Presidente, c'è una logica nella meccanica, anche dei procedimenti legislativi: la perdita del controllo. Quando si segue una procedura c'è un momento critico in cui colui che propone, propugna questa procedura può perderne il controllo. Noi perderemo il controllo della democrazia. Gli strumenti cosiddetti di democrazia diretta comporteranno, a un certo punto critico, l'incalcolabilità delle conseguenze. Ma si immagini venticinque, ventisei, ventisette proposte di questo genere variegate, spinte da interessi diversificati, spinte da lobby che si organizzino per questo! Come si potrà controllare il Parlamento e la democrazia, l'intasamento della Corte costituzionale? Ci avete pensato a tutto questo o la democrazia diretta è un esimente che consente di non pensare, di non ragionare?

Presidente, nella nostra questione pregiudiziale evidenziamo l'assenza di limiti quantitativi, l'assenza di un limite di spesa, l'assenza di una perimetrazione decisa delle materie in materia penale. Ma stiamo scherzando? Ci potrebbero essere riforme che nascono da specifici interessi di depenalizzazione, di decriminalizzazione o di criminalizzazione, o sanzioni amministrative! Tutto può accadere! Ed è possibile che questo strumento vada dritto al cuore del Paese e al cuore della democrazia. Il tema del referendum propositivo ha anche un altro limite, la mancanza di rapporti con quello abrogativo. Ma se in qualche modo si potesse analizzare il perché noi ci battiamo per la Costituzione - Forza Italia è sempre al fianco della Costituzione - credo che si debba scomodare qualcuno che qualche volta viene scomodato a torto. Nel Simposio Platone fa riferimento all'amore platonico; l'amore platonico parte da quello fisico, poi è amore per l'anima, per le leggi e per la scienza. L'amore per le leggi è un amore importante, l'amore per le leggi significa avere anche la fisicità del rapporto con i principi; significa avere la capacità di combattere per una fede, che è una fede importante, che non è diversa da quella fisica, non è diversa da quella personale, è una battaglia che si combatte con grinta, con gioia. Bene, in virtù di questo amore quasi fisico per i principi, questa notte sono andato a rileggermi i lavori della Costituente sull'articolo 71.

È stato un po' come avere a fianco la Costituzione e amoreggiarci, in qualche maniera, con grande intensità, con grande piacere, con grande voglia di conoscere. Ebbene, Presidente, a leggere i lavori preparatori dall'Assemblea costituente si apprende che nella sottocommissione che si è occupata dell'articolo 71 è stato posto ai voti il principio che possa ammettersi la formazione di una legge direttamente per iniziativa popolare attraverso il referendum senza ricorso all'esame del Parlamento: è stata bocciata questa proposta! Bocciata, perché si disse esattamente che il Parlamento deve sempre essere il filtro! L'articolo 70! Noi stiamo tradendo questa Carta e questi lavori! Noi stiamo andando oltre quello che si è realizzato per anni da giuristi - con tutto il rispetto - lontani anni luce da quest'Aula, di una qualità assolutamente superiore! Mortati, Terracini, Lussu! Parliamo di grandi giuristi, non parliamo di improvvisazione, non parliamo di democrazia diretta appiccicata su un Ministero che dovrebbe legittimare tutto questo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)! Noi parliamo di storia! Parliamo di diritto, parliamo di qualità, e voi volete imporci, a botta di numeri, una Costituzione incostituzionale! Presidente, invito tutti ad amoreggiare con la Costituzione, a conoscerla nel suo intimo, ad andare all'interno delle sue maglie, ad essere capaci di farsi penetrare da quello spirito di garanzia!

Credo che il gioco della politica qui debba lasciare il passo ad una sola parola, come accade in amore, è uguale, Presidente: la parola “fedeltà”. La Costituzione è una donna che non si può tradire, è una donna cui bisogna essere fedeli. È una struttura, una fede, una storia, chiamatela come volete; è qualche cosa che si tocca tutti i giorni. Non si può abusare della Costituzione, non si può andare oltre quelli che sono i principi. Allora, se questa è la fede, se questo è il nostro convincimento, se noi saremo fermi in questa battaglia, indipendentemente dalle convenienze e dal consenso politico, perché sulla Costituzione non si costruisce il consenso, si costruisce anche il dissenso, se serve a mantenere i principi, noi ovviamente insistiamo perché sia votata questa questione di pregiudizialità, e se mi sono scaldato l'ho fatto soltanto per amore (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo di abbassare il tono della voce, per cortesia. Colleghi!

Il deputato Stefano Ceccanti ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di merito Migliore ed altri n. 1.

STEFANO CECCANTI (PD). Presidente, dopo questa irruenza del collega Sisto è un po' difficile intervenire, il mio stile argomentativo è un pochino più pacato di quello del collega Sisto. Io vorrei solo sottolineare in apertura un problema: questa discussione avviene mentre il Regno Unito si trova a gestire in maniera molto confusa gli esiti del referendum sulla Brexit, in cui il rapporto tra democrazia diretta e rappresentativa è molto problematico. Si è creato come un meccanismo a somma zero o a somma negativa tra i due; si discute se il Parlamento possa mettersi d'accordo su una serie di quesiti, anche diversi, forse persino più complicati dei tre quesiti del testo che ci è arrivato ora. Per cui, quando si introduce un nuovo istituto vale sempre la pena di ricordare quella nota frase per cui è facile mandare in orbita un satellite, ma non è detto che quando si manda in orbita un satellite esso rimanga fisso nell'orbita di coloro che l'hanno lanciato, quindi l'invito alla prudenza è un invito necessario.

Perché abbiamo presentato questa pregiudiziale di merito, anche se qui i termini di merito e costituzionalità un po' fatalmente si confondono? Perché sono rimasti aperti i due macroproblemi, al di là dei singoli aspetti di riduzione del danno che si possono sempre inserire e che avevamo ricordato ieri, nella relazione di minoranza.

Il primo è il tema dei limiti: è pericoloso lasciare aperto il problema dei limiti, con la possibilità di demagogia, soprattutto in materia penale come ricordava il collega Sisto, perché qui, a differenza dell'abrogativo, si inseriscono norme, si costruiscono da zero, non si eliminano. E anche in materia di spesa, quando la materia di spesa e di bilancio è quella su cui sono nati i Parlamenti, per cui il rischio di svuotamento è assolutamente grave. E anche il problema della valutazione della Corte costituzionale.

Questo strumento è come un'arma nucleare che noi inseriamo nel sistema, mentre l'abrogativo è un'arma convenzionale. Per l'abrogativo il problema della costituzionalità della normativa di risulta è limitato, perché ci si limita ad eliminare norme, e quindi le norme dovrebbero già essere controllate e il problema della costituzionalità è un caso di scuola; ma il rischio che la Corte si trovi a dover decidere su provvedimenti varati a furor di popolo e non controllati prima, è un problema di difficoltà istituzionale molto grave.

L'altro macroproblema che abbiamo sottolineato è quello dello schema, per cui una volta presentato un progetto di legge, questo progetto va in automatismo al corpo elettorale tranne una rinunzia dei promotori, qualsiasi cosa faccia il Parlamento, anche se il Parlamento ha legiferato nella stessa direzione dei promotori e ha realizzato, nel compromesso, un equilibrio diverso. Al di là delle technicalities, questo è un problema, perché c'è il rischio di presentare agli elettori la scelta tra un corpo elettorale buono e un Parlamento cattivo, che delegittima in radice le nostre istituzioni.

Finché questi due macroproblemi non trovano soluzione, rebus sic stantibus noi non possiamo che votare una pregiudiziale, o meglio ambedue in questo caso, che ci dicono “non andiamo avanti con l'esame degli articoli”, perché non siamo in condizione di votare un testo che sia equilibrato.

Detto questo, faccio però due postille politiche, perché l'ottimo collega Sisto ieri si è come attribuito una patente di super-oppositore, di oppositore più intransigente in quest'Aula. Il collega Sisto ha tanti meriti e può vincere tante gare in quest'Aula, comprese quelle di oratoria; però io vorrei sottolineare che in quest'Aula quelli che siedono al lato sinistro sono obiettivamente gli oppositori più intransigenti, perché votano regolarmente contro sia nel merito sia sulla costituzionalità, sia i provvedimenti che nascono dalla Lega sia provvedimenti che nascono dai 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Viceversa, i gruppi di opposizione che siedono alla destra dell'Aula sono molto intransigenti per i provvedimenti che nascono dai 5 Stelle, ma tendono a condividere nel merito i provvedimenti che nascono dalla Lega, questo è un dato obiettivo, e si propongono di salvare la Lega dall'abbraccio coi 5 Stelle. Per cui, se gli riesce questo obiettivo, potremo magari vedere il collega Sisto sui banchi del Governo nel corso della legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Quindi, lui può vincere molte gare, ma non quella dell'oppositore più intransigente, che ci riserviamo per noi, per dato obiettivo.

Il secondo problema è questo: la materia costituzionale resta diversa dalle altre. Se, quindi, noi discutiamo laicamente su tutto questo testo, non è perché noi siamo interessati a cambiare il giudizio sul Governo, che resta negativo su tutto il Governo, o perché si vogliano fare prove di altre maggioranze: noi discutiamo sulla Costituzione perché la Costituzione resta e i Governi passano, e vogliamo che quando si affronta sia affrontata in maniera seria. Quindi, la materia costituzionale richiede alla maggioranza un surplus di disponibilità rispetto alle materie ordinarie, e richiede all'opposizione un surplus di dialogo rispetto alle materie ordinarie; ma solo questo: non stiamo discutendo di cambiamenti rispetto al rapporto fiduciario, sul quale manteniamo la nostra intransigente opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Federica Dieni. Ne ha facoltà.

FEDERICA DIENI (M5S). Presidente, mi scusi, ma mi viene da sorridere a pensare che in quest'Aula il maggiore difensore del testo costituzionale è un tale presidente Sisto: me lo ricordo come presidente della I Commissione, la scorsa legislatura, che modificando e stravolgendo tutte quelle che erano le procedure previste nelle Commissioni ha forzato un po' i tempi, ci ha fatto votare di notte una riforma molto più ampia di questa, molto più terribile per la democrazia che era la riforma Renzi-Boschi. Quindi, un pochino da sorridere in quest'Aula mi viene.

Anche perché va anche sottolineato che nella sua pregiudiziale, quando parla di quorum strutturale, commette un errore, perché noi in questo testo non inseriamo un quorum strutturale ma un quorum deliberativo: ci tengo proprio a sottolineare questo.

Come affermato nel testo della pregiudiziale, nel nostro ordinamento costituzionale gli strumenti di democrazia diretta, quali l'iniziativa popolare, il referendum, il diritto di petizione si configurano come componenti integrativi che si innestano sul tronco della democrazia rappresentativa, e tale rapporto di reciproca integrazione costituisce il principio supremo dell'ordinamento: quindi si parla di integrazione e non di lotta tra popolo, tra cittadini e Parlamento. Nell'ambito del dibattito sulle riforme costituzionali, la nostra idea di fondo non è quella di mettere appunto in contrapposizione il Parlamento e le istanze dei cittadini, bensì quella di cercare delle soluzioni condivise, delle soluzioni che abbiano il consenso popolare, proprio attraverso la creazione di un'interlocuzione costruttiva.

Il punto di forza della riforma, infatti, vuol essere quello di istaurare un rapporto tra cittadini e Parlamento, attraverso un dialogo approfondito, nel rispetto e nella valorizzazione del Parlamento. A fronte dell'attribuzione ai cittadini del potere di attivare un procedimento che può concludersi con un voto referendario, è stato riconosciuto al Parlamento il potere di approvare una proposta alternativa a quella popolare. Dalla mera lettura del testo appare evidente come la questione pregiudiziale di costituzionalità illustri in modo scorretto, in quanto non conforme alle disposizioni in esame, il contenuto della riforma. Come più volte ribadito, il procedimento previsto nel nuovo articolo 71 della Costituzione ha ad oggetto esclusivamente la legislazione ordinaria, non essendo ammissibile un referendum propositivo per la modifica né della Costituzione né delle leggi costituzionali e delle altre leggi di revisione. Non si introduce pertanto alcun procedimento che consenta di derogare al disposto dell'articolo 138, ma al contrario si intende garantire il rispetto della procedura di revisione costituzionale prevista dal citato articolo della Costituzione.

Inoltre l'articolato esclude testualmente la possibilità di presentare una proposta popolare in materie in cui la Costituzione preveda tra l'altro un'iniziativa riservata, come per la legge di bilancio, procedure o maggioranze speciali, come per esempio per le leggi in materia di amnistia e indulto. Non si attua pertanto alcun ribaltamento dei principi supremi dell'ordinamento, come paventato nella questione pregiudiziale di costituzionalità, né si intende produrre alcun effetto dirompente sull'ordinamento: si intende invece rafforzare le forme di democrazia diretta che si innestano sul tronco della democrazia rappresentativa, valorizzando il rapporto di reciproca integrazione tra volontà popolare e volontà del Parlamento. Ci tengo anche a ribadire in quest'Aula che noi siamo quelli che siamo saliti sul tetto la scorsa legislatura a difesa dell'articolo 138, e non siamo noi quelli che hanno provato a violarlo.

Per quanto riguarda infine la questione pregiudiziale invece proposta dal Partito Democratico, da Migliore, si evidenzia come le eccezioni ivi formulate coincidano per la maggior parte con le questioni più dibattute in sede referente, in particolare con le questioni relative al controllo preventivo di costituzionalità e alla richiesta di modifica delle modalità di voto. Su tali questioni, già riconosciute come meritevoli di approfondimento, la relatrice ha anticipato una posizione di apertura, in una logica di dialogo costruttivo con le forze di opposizione, e dunque quelle questioni saranno dibattute durante l'esame del testo in Aula.

Ci tengo quindi a ribadire che noi stiamo cercando di portare avanti una riforma nell'interesse dei cittadini, che però tenga conto delle diverse posizioni di tutti i partiti in quest'Aula. Ci sta, è logico avere delle posizioni differenti; però non si può trattare di questioni che abbiano a che fare con violazioni della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale di costituzionalità Sisto ed altri n. 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale di merito Migliore ed altri n. 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Essendo state testé respinte le questioni pregiudiziali presentate, dovremmo passare al seguito della discussione del provvedimento.

Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio, Presidente Spadoni. Seppure in un clima un po' confusionario, diciamo, stiamo affrontando un tema molto importante che è quello di una riforma costituzionale la cui portata probabilmente sfugge a molti…

PRESIDENTE. Mi scusi, collega. Colleghi, non è possibile sentire questo brusio. Per cortesia. Colleghi! Prego.

SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio, Presidente Spadoni. Dicevo che la portata di questa riforma probabilmente sfugge non solo a molti osservatori esterni a questa Assemblea ma anche a qualcuno che a pieno titolo fa parte di questa Assemblea, così come sfugge la portata di alcune questioni che all'interno del testo sono contenute, che non sono state risolte nel corso del dibattito in Commissione e che inevitabilmente avranno necessità di essere approfondite.

Per questo le chiedo, Presidente, di porre in votazione la richiesta di rinvio in Commissione di questo testo. Infatti, io ho seguito i lavori della Commissione e ho letto il bollettino alla Commissione e mi sembra che i nodi aperti e le questioni ancora aperte su questo testo, su cui pure dopo l'intervento del collega Sisto in illustrazione della questione pregiudiziale di merito non abbiamo dubbi sulla posizione da tenere, dovrebbero essere affrontati con una certa chiarezza, in una direzione o in un'altra, e io credo che la Commissione e la maggioranza dovrebbero prendersi altro tempo perché portare in Aula un testo del genere è indecente.

Allora, Presidente, le chiedo di ascoltare il parere del relatore, dei relatori di minoranza e di porre in votazione, dopo aver dato la parola a un oratore a favore e a un oratore contro o, se ella ritiene, Presidente, a più colleghi che ritengano di intervenire su questo tema, la richiesta di rinvio in Commissione dell'esame di questo provvedimento.

PRESIDENTE. È chiaro. Dato che il deputato Baldelli ha formalizzato la richiesta di rinvio in Commissione, chiedo ai relatori di esprimere un parere. Prego, deputata Dadone.

FABIANA DADONE, Relatrice per la maggioranza. Grazie, Presidente. Il parere è contrario anche perché molti nodi sono stati sciolti in Commissione e alle 12,30 è convocato il Comitato dei nove. Già ieri c'è stata un'apertura da parte mia più che chiara sulla possibilità di modifica in Aula e l'Aula ha un senso anche per questo giacché per noi non bisognerebbe solo modificare in Commissione. Per fortuna ci sono quattro passaggi garantiti dall'articolo 138 sulle modifiche costituzionali e, quindi, non vedo il motivo per il quale bisognerebbe tornare in Commissione, tenuto conto che abbiamo già dato un'apertura di credito rispetto al Comitato dei nove delle 12,30.

PRESIDENTE. Sta bene.

Il relatore di minoranza?

STEFANO CECCANTI, Relatore di minoranza. Presidente, per le ragioni espresse nella pregiudiziale ci schieriamo a favore del rinvio in Commissione.

PRESIDENTE. Sta bene.

A questo punto chiedo se qualcuno vuole intervenire a favore del rinvio in Commissione del provvedimento.

Ha chiesto di parlare a favore il collega Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). Grazie, Presidente. Intervengo a favore della richiesta del collega Baldelli per motivi molto evidenti. Intanto, io non credo che la sede del Comitato dei nove sia quella più autorevole per la risoluzione di alcuni quesiti che vengono posti e che noi poniamo come esito della discussione sulle linee generali che si è svolta sin qui. La relatrice sa bene, perché ha seguito ovviamente con molta attenzione il dibattito in Commissione e anche in Aula, che ci sono dei quesiti, Presidente, molto importanti e faccio un solo esempio: il ragionevole dubbio, qui espresso da autorevoli colleghi, sulle modalità di voto nella scheda, sull'eguaglianza del voto degli elettori di fronte alle varie possibilità per adesso sin qui esplicate nel testo di legge costituzionale, a prescindere da quella che sarà la legge attuativa. Noi dobbiamo essere sicuri che i principi iscritti nella proposta di modifica della Costituzione siano principi che vanno nella direzione di una salvaguardia di ciò che nella Carta è già scritto. Quel voto, come sin qui descritto nel testo, non avvalora la tesi che avremo un'uguaglianza del voto tra gli elettori, giacché, come lei sa, Presidente, come ha potuto ascoltare da vari interventi, ci sarà la differenza tra chi vota “si” a tutte e due le proposte, nel caso di una doppia proposta referendaria e parlamentare, una differenza tra chi ne vota solo una, la possibilità di un terzo voto per chi esprime voto favorevole su tutte e due, dunque problemi molto significativi di natura costituzionale. Ora, risponderci che il Comitato dei nove, che è il Comitato dove si aggiorna il giudizio, il parere, sui singoli emendamenti presentati per l'Aula, che sono e possono essere comunque diversi da quelli presentati in Commissione, per noi non è sufficiente. Ci sono quesiti di natura costituzionale profonda, che vanno chiariti su questo testo. Non è che ci si possa rispondere che c'è un'apertura di credito, ma questa non è una trattativa di tipo commerciale. Cos'è il credito sulla natura costituzionale di un provvedimento? Il testo che ci viene presentato, per la miriade di interventi che abbiamo sentito da parte degli auditi in Commissione, per gli interventi dei colleghi che qui si sono succeduti, presenta delle ambiguità inaccettabili sotto il profilo della corrispondenza a ciò che prescrive la Carta costituzionale. Per questo, il rinvio in Commissione, al contrario della discussione che potrebbe svolgersi nel Comitato dei nove, non è una semplice discussione nella quale noi vogliamo sapere se accetteranno questo o quell'emendamento, è un ragionamento significativo sulla natura profonda del provvedimento, e - concludo - ci viene risposto che l'articolo 138, come è noto, prevede quattro letture. Ma scusi, questa che tipo di risposta è? Premesso che ho i testi degli interventi dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, quando qui si svolgeva la prima lettura della riforma costituzionale, ma noi votiamo un testo, non è che votiamo un testo che non è perfetto perché tanto ci sarà una seconda lettura alla Camera, noi dobbiamo votare un testo che dia delle risposte significative oggi, a prescindere dalle diverse opinioni. Non è una discussione sull'opinione, è una discussione su quale strumento la Camera dei Deputati stia mettendo nelle mani dei cittadini, per questo appoggiamo la richiesta di un rinvio in Commissione del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare contro la richiesta di rinvio, la deputata Dieni. Ne ha facoltà.

FEDERICA DIENI (M5S). Grazie, Presidente. Noi ovviamente siamo contrari al rinvio in Commissione del testo. Si tratta di una modifica semplice, l'articolo 71 della Costituzione, sul quale abbiamo lavorato tantissimo in sede referente. È da ottobre che cerchiamo di discutere e portare in Aula un testo che sia il più condiviso possibile. Abbiamo fatto una settimana intera di audizioni, abbiamo ascoltato le opposizioni, abbiamo portato in quest'Aula un testo che è stato modificato tenendo conto degli emendamenti anche delle minoranze, perché noi riteniamo che la Costituzione non sia una cosa che si cambia a maggioranza, ma che sia ovviamente il frutto del risultato di un dialogo tra le varie forze politiche.

Quindi, proprio per questo, ci siamo posti in questo momento come ancora aperti, come ha detto anche la relatrice, ad ulteriori modifiche, che, già come ho illustrato anche nella pregiudiziale di costituzionalità, risolveremo in quest'Aula, quelle per esempio relative alla valutazione e, quindi, al conteggio dei voti. Quindi, su molte cose ancora abbiamo un'apertura, quest'Aula però non è inutile, quest'Aula è il centro del dibattito parlamentare e in quest'Aula si possono modificare ancora alcune cose e si possono risolvere alcune questioni.

Quindi, noi riteniamo di poter continuare e procedere in questo senso. La relatrice ha detto che avrebbe risolto alcune questioni nel Comitato dei nove e si riferiva soltanto al fatto che avrebbe dato delle risposte a quei quesiti che sono stati posti ieri in quest'Aula. Quindi noi siamo a completa disposizione delle opposizioni, cerchiamo di ascoltare tutti, è legittimo avere delle posizioni differenti su un testo costituzionale, come su ogni altra proposta di legge, però questo fa parte delle regole del gioco. Noi stiamo andando avanti convinti che questa sia la strada giusta, tenendo conto, ovviamente, delle vostre posizioni, ma l'Aula è - in prima lettura, tra l'altro - il luogo deputato a risolvere queste questioni.

Quindi per questa motivazione siamo contrari al rinvio in Commissione del testo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore della richiesta di rinvio, il relatore Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Grazie, Presidente. Solo per essere in linea con quanto richiesto dal collega Baldelli, ma per una sola ragione semplicissima: questo è un meccanismo che non funziona.

Quando si torna in Commissione? Quando la proposta non è capace di raggiungere l'effetto. Questa modifica non funziona sul piano elettorale, non funziona la scheda, non funzionano i voti, sono voti eterogenei, sono voti disomogenei, quindi il ritorno in Commissione è doveroso, perché è una proposta che non raggiunge l'effetto. Insisto perché venga rinviata in Commissione.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Grazie, Presidente. Noi ci associamo a questa richiesta e siamo d'accordo perché la tematica è enorme. E poiché la tematica è enorme e le letture dovranno essere molte, occorre cercare di riportare il dibattito in Commissione per vedere se si riescono veramente a risolvere le problematiche; capisco la relatrice che ci sta dicendo che vi è stata un'apertura di credito, ed è una cosa positiva, in Commissione naturalmente è stato già fatto un grande lavoro, ma le criticità di questa norma rimangono, rimangono assolutamente: nell'impianto generale, che vede contrapporre il corpo elettorale alle istituzioni che devono legiferare, ma anche nei passaggi, nelle schede, nel voto, nelle limitazioni che non ci sono sugli argomenti sui quali si possono fare proposte referendarie. Allora, perché strozzare e non sarà possibile comunque strozzare il dibattito, vi sono già richieste di intervento che occuperanno molto tempo. Portiamo il livello da un'altra parte, cioè riportiamo un livello collaborativo, in Commissione si può fare, in Aula certamente no.

PRESIDENTE. Ovviamente, colleghi, trattandosi di un provvedimento di modifica costituzionale, ho ritenuto di far parlare un deputato per gruppo e non soltanto un deputato a favore ed uno contro.

Passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta di rinvio in Commissione del provvedimento.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge per 61 voti di differenza.

Ricordo che, nella seduta del 16 gennaio 2019, si è conclusa la discussione sulle linee generali e la relatrice per la maggioranza e il relatore di minoranza, deputato Ceccanti, sono intervenuti in sede di replica, mentre gli altri relatori di minoranza ed il rappresentante del Governo vi hanno rinunciato.

(Esame degli articoli - A.C. 1173-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge costituzionale, nel testo della Commissione, e degli emendamenti presentati.

La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 1173-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti il deputato Riccardo Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Grazie Presidente, come c'è stato modo di dire già nella discussione in Commissione, siamo davanti ad una proposta di riforma costituzionale, che è tutt'altro che una proposta circoscritta e limitata a un solo articolo. In realtà, è una proposta che ci pone davanti ad una opportunità. Abbiamo sentito poco fa, durante l'illustrazione delle pregiudiziali sospensive, parlare di un rischio di Costituzione calpestata. Io credo, colleghi, che noi dobbiamo essere onesti intellettualmente con noi stessi, onesti con il nostro mandato, onesti di fronte ai cittadini e riconoscere che le occasioni, in cui la Costituzione viene calpestata, ci sono quotidianamente nella vita politica e nella vita istituzionale del nostro Paese. Ad esempio, restando sul tema dell'iniziativa popolare, la Costituzione viene calpestata in silenzio, senza che ciò faccia scalpore o faccia notizia, di fronte ai milioni di firme di cittadini che sono custodite in questi palazzi in calce a proposte di legge di iniziativa popolare sui temi più svariati, che hanno mobilitato i cittadini nelle strade e nelle piazze, che hanno in molti casi illuso i cittadini di partecipare alla vita politica nelle forme previste dalla Costituzione e che poi, per responsabilità dei gruppi parlamentari e senza alcun ruolo proattivo della Presidenza della Camera, vengono calendarizzate e vengono discusse. Anche in questo modo viene calpestata la nostra Costituzione: viene calpestata con gli abusi sulla decretazione d'urgenza; è stata calpestata quando per decenni l'istituto referendario abrogativo, per parlare dell'istituto referendario abrogativo nei fatti, non è stato attivato per mancanza di una legge applicativa che ricordiamo è arrivata solo nel 1970, quindi considerate con quanta distanza rispetto al dettato costituzionale. Quindi siamo di fronte all'opportunità, con questa occasione del dibattito parlamentare, di riformare, di modificare, di rivitalizzare le forme e gli istituti dell'iniziativa popolare nel nostro Paese; siamo però di fronte a un rischio che diventerà una certezza che è il rischio che si paventava nelle pregiudiziali di costituzionalità: il rischio diventerà una certezza qualora il testo resterà quello che è. Ho avuto modo di lanciare un allarme ieri nella discussione generale sul provvedimento in esame ed è lo stesso modo con cui si spiega perché non si tratta di una riforma circoscritta. La riforma rischia di investire la stessa forma di Governo che è propria del nostro ordinamento; rischia di investire la centralità del Parlamento perché, a mio avviso, c'è un errore teorico alla base della formulazione della riforma dell'articolo 71. L'errore è credere che debba esserci una competizione tra democrazia rappresentativa e cosiddetta democrazia diretta. Anzi inviterei tutti a non utilizzare il termine democrazia diretta perché riguarda e rimanda a un'altra fase della storia degli ordinamenti politici, della storia delle istituzioni, a un'altra fase direi lontana da noi molti secoli. Quello di cui noi dobbiamo parlare e quello su cui noi ci dobbiamo applicare per migliorarli sono gli istituti di partecipazione popolare, che nascono all'interno dei sistemi rappresentativi, che nascono per avere e per dare luogo a una dinamica non competitiva, non sostitutiva rispetto alle Assemblee elettive ma una dinamica assolutamente complementare.

Dunque veniamo subito a un punto che è toccato in maniera centrale dagli emendamenti che ora qui discutiamo in modo complessivo: il punto finale dell'iter del referendum propositivo. Come sappiamo, in base alla proposta in esame, il referendum propositivo può avere luogo come fase finale di un iter della proposta di iniziativa popolare, qualora essa, nell'arco di diciotto mesi, non sia discussa dal Parlamento oppure sia approvata in una formulazione diversa e poi arriverò anche a trattare della formulazione diversa.

Il punto più pericoloso che va assolutamente disinnescato in questa riforma dell'articolo 71, a mio avviso, non è mai stato neanche quello del quorum. Sul quorum credo si sia raggiunta una soluzione soddisfacente. Il punto più pericoloso è quello del confronto, dello scontro, della competizione tra la proposta parlamentare e la proposta popolare, qualora vi sia una proposta parlamentare. Davvero non si comprende quale sia la ratio, quale sia la motivazione, quale sia la necessità di dare luogo a questo scontro. Se davvero si vuole avere una dinamica costruttiva, una dinamica complementare, una dinamica di stimolo da parte dell'iniziativa popolare rispetto al lavoro del Parlamento – e questo è quello che ci è stato detto e auspicato da tutti i costituzionalisti che abbiamo ascoltato –, se è questa la dinamica cui si vuole dare luogo, non si comprende questo ballottaggio, questo scontro finale tra Parlamento e popolo, tra proposta popolare e proposta parlamentare, che sono il frutto di un esercizio, entrambe, della sovranità popolare. Perché noi dobbiamo mettere in competizione due espressioni della sovranità popolare? Se c'è un aspetto che ha reso così funzionante, così efficace il referendum abrogativo ex articolo 75 della Costituzione è proprio l'intelligenza – avrebbe detto Marco Pannella –, l'intelligenza lungimirante che ebbe il costituente nell'immaginare lo strumento del referendum abrogativo come strumento che fa fare, attraverso un intervento abrogativo, una cosa diversa da quella che fa il legislatore, e in un tempo diverso: fa correggere quello che ha fatto il legislatore. Invece, noi, in questo caso, avremo due espressioni della sovranità popolare che fanno la stessa cosa nello stesso tempo. Se immaginate questo scontro calato nella dinamica degli scontri politici come avvengono oggi, delle strumentalizzazioni che ci possono essere, strumentalizzazioni demagogiche, voi comprendete, noi comprendiamo, colleghi, la pericolosità di questo passaggio, che non ha nulla a che vedere con il rafforzamento dell'iniziativa popolare. Saremmo di fronte a uno svilimento al contempo dell'iniziativa popolare e della dignità e dell'iniziativa parlamentare. Allora, il mio appello, la mia preghiera ancora in questa fase - ma davvero da parte dei proponenti deve esserci ora, ora, un chiarimento sulle intenzioni -: si vuole disinnescare questo scontro, inutile, dannoso, foriero solo di strumentalizzazioni plebiscitarie e di derive plebiscitarie e demagogiche?

Altra questione, che non è questione di tecnicismi e su cui ci sono diversi emendamenti di colleghi, sicuramente alcuni miei: la valutazione nel confronto tra la proposta popolare e la proposta parlamentare. Nel testo che ci arrivato dalla Commissione e che è ancora quello su cui dobbiamo confrontarci si dice che si procede a referendum nel caso in cui il comitato promotore non intenda accettare una formulazione diversa della legge approvata dal Parlamento. Ma, colleghi, diversa non è un concetto giuridico, diversa, da un punto di vista giuridico, non vuol dire nulla, non vuol dire nulla. Noi non possiamo accettare che si inneschi lo scontro su una valutazione di una diversità che può essere formale, che può essere addirittura un correttivo formale.

Allora, è evidente che la valutazione della diversità dei due testi, diciamo così, della difformità dei due testi è auspicabile che sia una valutazione di un organo terzo e noi già lo abbiamo nel nostro ordinamento questo organo: è evidentemente l'ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione che emana già da molti anni delle ordinanze nelle quali valuta proprio, nei casi in cui ci sia una richiesta di referendum abrogativo pendente e sia sopraggiunta una approvazione di una norma da parte del Parlamento sullo stesso tema, l'Ufficio centrale valuta proprio se l'innovazione legislativa vada nella direzione della richiesta del referendum o meno e in che modo si debba tenere il referendum o riformulare il quesito, in questo interloquendo con il comitato promotore. È evidente che sarebbe inspiegabile, invece, in questo caso, lasciare una valutazione della stessa tipologia, sotto il profilo giuridico, alla discrezionalità politica, e quindi anche, evidentemente, alla volontà di fare una battaglia politica o di fare una strumentalizzazione, assolutamente legittima, da parte del comitato promotore. Questo è altro punto centrale e credo che, se riusciamo, se si riesce ad onorare proprio la centralità di quest'Aula parlamentare, facendo una modifica del testo su questi due punti che ho appena detto, lo scontro finale, il ballottaggio finale e la valutazione della difformità dei due testi affidata all'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, avremo già fatto un passo in avanti significativo.

Ma altre questioni, purtroppo, ci sono, e sono questioni, anche queste, gravi. È il tema, affrontato da molti interventi nella discussione sulle linee generali, dei limiti di materia. Ci tengo a ribadire, anche in questa fase dei lavori, in cui spero di avere un po' più di ascolto da parte dei colleghi, ma anche ascolto da parte della relatrice e da parte dei membri del Governo, che sicuramente la formulazione più corretta e che creerebbe meno problemi di tipo interpretativo rispetto ai limiti di materia sarebbe quella che rimanda esplicitamente all'articolo 75, e quindi che rimanda esplicitamente ai limiti di materia che sono stati individuati dal costituente per il referendum abrogativo. Formulazioni diverse, come quelle che noi abbiamo davanti in questo momento e che, purtroppo, sono formulazioni vaghe, colleghi, perché, quando si dice che la proposta deve essere conforme ai principi fondamentali e ai diritti sanciti dalla Costituzione, è evidente a tutti che è proposta e formulazione di una tale genericità che ci aprirà ad una fase, soprattutto nei primi episodi di utilizzo di questo strumento, di una necessità di un'interpretazione che può spaziare enormemente.

E, soprattutto, non è sufficiente questa limitazione dei temi. Non è sufficiente perché, invece, rifacendosi al dettato della Costituzione già vigente, all'articolo 75, noi avremmo lì una chiara formulazione. Avremmo una chiara formulazione che qui, ad esempio, viene tenuta fuori, rispetto alle leggi tributarie. Ma, rifacendoci alla formulazione che esclude anche le leggi di bilancio, noi ci tireremmo dietro tutte le pronunce della Corte costituzionale, tutta la giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di referendum. Così, ad esempio, potremmo escludere, e credo che vadano escluse, norme e provvedimenti che propongono riforme pensionistiche. Più in generale, vanno esclusi provvedimenti che siano principalmente volti ad avere un impatto sulle finanze pubbliche. Insomma, non è possibile utilizzare questo strumento per riscrivere una legge di bilancio. È evidente a tutti, è ragionevole, è prudente, è razionale evitare che si possa riscrivere una legge di bilancio in questo modo.

L'altra questione, sempre stando sul tema dei limiti, è quella su cui è avvenuto uno sbandamento notevole della maggioranza in Commissione. Con un emendamento della maggioranza si sono andati ad annacquare quei limiti che già non erano soddisfacenti, indicando i vincoli internazionali ed europei, e siamo arrivati a una forma ancora più blanda, ancora più lasca, che è quella dei principi del diritto europeo e del diritto internazionale. Ma lo si dica chiaramente: si vuole rendere possibile un referendum propositivo sulla moneta unica? Infatti, con questa formulazione, sarebbe possibile un referendum propositivo sulla moneta unica, perché è evidente. Poi, certo, ci si può appellare alla Corte, e arriverò anche al lavoro che deve fare la Corte in via preventiva. Ci si può appellare alla Corte e sperare in una interpretazione estensiva della Corte, ma non è quello che voi avete scritto in questa riforma costituzionale e non è quello che in questo momento stiamo discutendo, ed è per questo che quella parte lì va sicuramente radicalmente emendata e chiarita.

Ci devono essere, quindi, dei limiti più forti, ci deve essere una formulazione più chiara di questi limiti; questo proprio nella consapevolezza che va rafforzata l'iniziativa popolare. L'iniziativa popolare che avrebbe luogo in questo modo sarebbe un'iniziativa popolare quasi esclusivamente strumentalizzata da forze politiche o da gruppi di interesse, e non solo creerebbe un probabile scontro tra Parlamento e gruppi di interesse o gruppi di cittadini, ma potrebbe creare quasi sicuramente uno scontro anche con la Corte costituzionale. Qui veniamo al ruolo dei controlli: voi avete previsto esclusivamente un controllo di ammissibilità della formulazione proposta per via popolare.

Credo che, invece, sia necessario considerare la novità dell'istituto che noi andiamo ad introdurre: si va ad introdurre una nuova fonte normativa, una nuova modalità di legiferare, che potenzialmente passa sopra o, direi, passa di lato al Parlamento. È necessario, quindi, pensare a un nuovo compito della Corte costituzionale, e questo non può essere solo una valutazione dell'ammissibilità, tra l'altro su quei pochi criteri di ammissibilità che avete indicato; deve essere un vero e proprio controllo di compatibilità costituzionale, questo deve essere il mandato che ha dal costituente, perché noi, in questo momento, questo stiamo facendo, stiamo facendo azione di riscrittura della Costituzione, questo deve essere il nuovo compito che ha la Corte costituzionale.

È importante ribadire anche in questa fase, perché ci è stato detto dalla relatrice, e comprendo perfettamente le motivazioni che hanno spinto la relatrice a dirci questo sia in Commissione sia ieri nella relazione iniziale prima della discussione sulle linee generali e poi nella replica, che la preoccupazione nell'introdurre un controllo preventivo di costituzionalità sia una preoccupazione dovuta all'esigenza di evitare un imbarazzo della Corte nel dover giudicare, nel potersi trovare a giudicare poi, successivamente, magari in maniera difforme dal primo giudizio che aveva dato.

Ma è ormai chiaro, a questo punto della discussione, ed è stato chiarito anche in sede di audizioni da illustri costituzionalisti, che non solo è compatibile, ma è auspicabile un controllo preventivo, che sarebbe un controllo di compatibilità costituzionale in astratto su una norma, e che questo non creerebbe alcun imbarazzo se, a distanza di anni, di fronte a un'occasione che solleva un giudizio incidentalmente, un giudizio di costituzionalità, perché questo avviene e viene richiesto da un tribunale della Repubblica, non c'è alcun imbarazzo se sul caso specifico, su un aspetto specifico della legge, la Corte costituzionale si dovesse poi trovare, invece, a valutare l'incostituzionalità rispetto a una norma che aveva preventivamente giudicato come conforme al dettato costituzionale. Questo è un altro aspetto decisivo, a mio avviso, per l'accettabilità, per il fatto che noi possiamo modificare la nostra posizione e il nostro giudizio su questa proposta di riforma costituzionale o, invece, se noi dovremo continuare a fare un'opposizione dura, un'opposizione assolutamente ferma.

Credo che ci sia stato, in tutta questa discussione, un eccesso di confusione; l'ho detto già ieri, c'è stato un eccesso di confusione dettato dalla fretta di approvare questo provvedimento. Probabilmente, se vi fosse stata la disponibilità ad una settimana in più di discussione in Commissione, alcuni errori dovuti alla fretta, appunto, e alla confusione si sarebbero potuti evitare. È questo il caso, ad esempio, della parte finale, di quello che è il sistema di voto. Il sistema di voto, è evidente, - immagino, anche da quello che ci ha detto la relatrice, ieri -, è un altro dei punti che, mi sento di poter dire, sicuramente sarà modificato, altrimenti, se dovesse restare così, sarebbe un altro punto, un altro elemento inaccettabile, perché andrebbe palesemente contro il nostro dettato costituzionale, contro l'articolo 48; sarebbe un sistema di voto che non metterebbe i voti sullo stesso piano, non farebbe un conteggio neutrale, sarebbe un sistema di voto che favorirebbe coloro che esprimono un voto per il cambiamento. Si tratterebbe di una gradazione, quindi, di un voto ponderato che favorirebbe di più i cittadini che sono per la proposta che va ad innovare rispetto allo status quo.

È evidente che c'è una svista, è evidente che c'è un errore, però, lasciatemelo dire, colleghi, questo errore, come altri, sono probabilmente dovuti al fatto che si è inteso ritagliare degli istituti che sono propri di altri ordinamenti, è stata citata la Svizzera, sono stati citati gli Stati Uniti. Occorre valutare però se sia possibile ritagliare degli istituti che, lì, vivono radicati in una tradizione, in una mentalità, in una consapevolezza, direi, quasi, in un'antropologia che è assolutamente diversa dalla nostra. Quando si vanno ad introdurre in un ordinamento costituzionale degli istituti che consentono una produzione normativa, come stiamo facendo noi, non si può ragionare assolutamente in astratto, ci si deve calare nella realtà storica, nella realtà della storia delle nostre istituzioni, del funzionamento del nostro ordinamento, ma, direi anche del modo in cui i cittadini vivono le istituzioni e la partecipazione alla vita politica. Vi è l'esempio della Svizzera: è un Paese molto vicino geograficamente a noi, ma estremamente lontano da noi; così come quello di alcuni Stati degli Stati Uniti.

L'ho detto ieri in discussione generale e ci tengo a ribadirlo qui, un ordinamento, un istituto come questo non c'è a livello centrale in nessun sistema parlamentare ed è questo il motivo per cui, se non si faranno subito dei correttivi, noi rischiamo, con uno strumento del genere, di travolgere, di investire negativamente la stessa forma di Governo. Allora, se si pensa di fare un sistema presidenziale o semipresidenziale, ha un senso rafforzare in questo modo, come li avete disegnati voi, alcuni istituti di partecipazione popolare, perché in quei Paesi parliamo di forme di Governo diverse, parliamo - come ormai spero sia noto a tutti nell'Aula e sia elemento di consapevolezza anche rispetto al giudizio su questa riforma - di sistemi in cui non c'è un rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo.

È evidente a tutti che un uso di questi strumenti che dovesse portare a una tornata di referendum propositivi su alcuni provvedimenti che toccano gli aspetti principali di un programma di Governo inevitabilmente avrebbe un effetto, non solo di sfiducia sul Parlamento, ma, neanche troppo indirettamente, sulla stessa tenuta del Governo. Abbiamo bisogno, noi, di creare questo o abbiamo bisogno di rafforzare gli istituti di partecipazione popolare? Questa cosa ancora non è chiara. La maggioranza avrà modo di chiarirla, io credo, nelle prossime ore, mostrando, nei fatti, la portata delle modifiche che si vogliono fare rispetto al testo che stiamo discutendo, mostrando una lungimiranza e un'intelligenza lungimirante, accogliendo alcuni degli emendamenti che sono stati proposti, che sono emendamenti ragionevoli, che non sono emendamenti di ostruzionismo, in questo modo, davvero, onorando il lavoro di questo Parlamento, un lavoro che dovrebbe impegnarci ancora di più del solito nel momento in cui affrontiamo una riforma costituzionale di questa portata.

Non cediamo colleghi, non cedete, non cediamo alla illusione che dare un potere di questo tipo ai cittadini significhi rafforzare la partecipazione popolare. Temo, e concludo - e questa è una riflessione che non tocca appieno la proposta, ma la tocca comunque, a mio avviso, e dovrebbe essere una riflessione comune -, che se non ci sarà rapidamente una nuova rinascita, una nuova capacità di dare vita a dei partiti, a delle forze politiche che siano in grado di rappresentare una modalità di partecipazione, di aggregazione, di mobilitazione dei cittadini, sia un'illusione pensare in altro modo di rafforzare la partecipazione civica, perché se non ci sono forze politiche che sanno onorare la Costituzione tutto rischia di diventare plebiscito (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-+Europa-Centro Democratico, Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Pollastrini. Ne ha facoltà.

BARBARA POLLASTRINI (PD). Signora Presidente, sottosegretari, illustrando la nostra relazione di minoranza al provvedimento, l'onorevole Ceccanti ha già avuto modo di esporre le preoccupazioni, le grandi preoccupazioni del nostro gruppo. Ora, in sede di discussione sul complesso degli emendamenti, vorrei tornare sul merito di quelle considerazioni serie e gravi, valutazioni che non si prestano a battute dai banchi di Forza Italia, che sulle riforme ha tenuto un atteggiamento, nel corso degli anni, quantomeno ondivago.

Il fatto è che in noi suscita un allarme l'eventuale chiusura della maggioranza a modifiche limpide, nette, di sostanza al testo in esame. È vero, lo ha già sottolineato ieri l'onorevole Fiano, la relatrice Dadone ha illustrato le proprie convinzioni con un garbo e un rispetto che, ahimè, non sono frequenti in quest'Aula. Ma ora, davanti a noi, c'è la prova regina, il parere della maggioranza sugli emendamenti e il voto su ogni emendamento. Guardate, la cultura del tanto peggio tanto meglio, lo voglio ridire, non appartiene al mio gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), semmai, appartengono al mio gruppo la tensione e la ricerca di una responsabilità sui principi della democrazia che vanno oltre ogni interesse di parte, di giornata e di propaganda.

Colleghe e colleghi, io non posso dimenticare, non rimuovo l'incipit della passata legislatura, con quest'Aula in piedi ad applaudire il discorso del Presidente Napolitano sull'urgenza di riforme coraggiose. Di lì è seguito il lavoro di un comitato di saggi e i successivi passaggi parlamentari, con il rimpianto dichiarato da molti di tutta l'Aula, in tutta l'Aula, per gli scacchi subiti nel corso dei trent'anni precedenti. Neppure io voglio rimuovere il voto del 4 dicembre, quando una proposta di riforma complessiva è stata respinta nelle urne: sono state scelte costose – guardate, costose - persino in termini di divisione con una parte della nostra storia, scelte però di chi ci ha creduto e che non smettono ora di farci pensare e riflettere. Anche per questo - tengo a dirlo - noi non vogliamo rinunciare a cambiamenti utili, come dimostrano i disegni di legge presentati in questa legislatura e altri provvedimenti su cui stiamo lavorando. Ho fatto questi cenni perché, quando si parla di partecipazione e di restituzione di un potere ai cittadini, noi non stiamo dalla parte dello status quo. D'altronde, il referendum propositivo e l'iniziativa legislativa popolare rafforzata era ed è parte anche della nostra proposta, ma - ecco il punto decisivo, dirimente per noi - lo è in un equilibrio che preveda la primazia - lo ripeto, la primazia - del Parlamento e quindi lo è a condizioni precise. Dunque, ci riguarda aprire a innovazioni della seconda parte della Carta.

PRESIDENTE. Scusi, collega. Colleghi, c'è ancora un brusio altissimo; vi chiedo di abbassare il tono della voce.

BARBARA POLLASTRINI (PD). Grazie, signora Presidente. La ringrazio davvero. Dunque, ci riguarda - dicevo - aprire a innovazioni della seconda parte della Carta, per avvicinare la sensibilità popolare a istituzioni più giuste, efficienti, riconoscenti dei territori, dei comuni, del civismo e - fatemelo dire - anche di quel civismo animato dalle associazioni del Terzo settore e del volontariato, rispetto alle quali, alla maggioranza capita invece di istituire la cosiddetta tassa sulla bontà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non è polemica, non è per spirito di polemica che l'ho ricordato, è il modo per chiedere anche oggi al Presidente del Consiglio di mantenere subito la promessa di sanare una ferita inaccettabile.

Dicevo che capiamo delusioni, inquietudini e rabbie che percorrono il nostro Paese e che percorrono l'Europa, un'Europa e un Paese - io vorrei attenzione, che è fatta anche di rispetto e di ascolto, che dobbiamo l'un l'altro - ancora affamato di lavoro e di troppe povertà. E allora sì, può esserci un altro percorso, quello di procedere per temi, al fine di non chiudere per sempre in Italia il capitolo delle riforme. Del resto - lo ricordava ieri l'onorevole Speranza - molti costituzionalisti e comitati lo consigliano, tuttavia – chiarezza per chiarezza, chiarezza per chiarezza – questo va fatto in un disegno esplicito e coerente sulla visione d'insieme, sull'approdo, sulla finalità che si vuole raggiungere. Mi riferisco proprio a una delle questioni che più faticano a farci incontrare. Parlo del legame tra i contenuti di questa proposta, le ragioni sbandierate a sostegno della riduzione del numero dei parlamentari e i concetti espressi da personalità legate al MoVimento 5 Stelle sulla fine della democrazia rappresentativa e la nascita di un'era dominata da una democrazia popolare della rete. Se a tutto ciò si aggiunge la sintonia della Lega con il patto di Visegrad o la vicinanza al regime di Putin e ancora gli attacchi alla stampa, la schedatura degli scienziati, la riduzione dei diritti umani, la compiacenza verso un linguaggio che fomenta l'odio o la disinvoltura nell'uso delle divise da parte di un Ministro che, per primo, dovrebbe difendere uno stile di sobrietà ed equilibrio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), ecco, se, sommiamo tutto questo, diventa più chiaro perché ad allarmarci è la finalità, appunto l'approdo, non solo formale, ma sostanziale, verso un diverso equilibrio tra i poteri dello Stato, che non potrebbe mai trovarci d'accordo.

Per queste ragioni, non è dunque pretestuoso, da parte del mio gruppo, chiedersi quale sia l'obiettivo reale di questa riforma: c'è un retropensiero che la guida? Sono le parole di ieri della collega Corneli o - come temo - altre parole più scardinanti e altre volontà più distruttive? Dovreste ritenere tutti, ma anche voi della maggioranza, doverosa quindi quell'attitudine di cautela delle opposizioni. Noi, ad esempio, non pensiamo che il numero dei parlamentari sia intoccabile - anzi -, semmai credo che il nostro Paese avrebbe bisogno di un Senato più simile alla seconda Camera tedesca, con l'accorpamento tra le regioni e l'eliminazione di alcune specialità. Aggiungo che oggi si dovrebbe accelerare sull'autonomismo e su un federalismo solidale e virtuoso, proprio per unire il Paese e anche per dare seguito, a proposito di referendum, a quelli consultivi, che si sono svolti in Lombardia e in Veneto. Non è dunque - lo voglio ridire, signora Presidente - la radicalità che ci spiace, che mi spiace, ma il senso di marcia, la direzione che quella radicalità vuole imprimere. Io credo nell'intento di valorizzare il cuore e il fulcro della nostra democrazia, che risiede e rimane nel riconoscimento del Parlamento e dunque nella cultura e nella cura del suo prestigio, che va oltre ogni singolo parlamentare e viene prima dei destini e delle convinzioni di ogni singolo parlamentare, altrimenti il rischio è che, foglia dopo foglia, come un carciofo, per usare la metafora di ieri dell'onorevole Fornaro, nelle nostre mani rimangano solamente le spine. E la Brexit è lì a insegnarcelo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) è sui giornali di oggi e quanto sta succedendo ce lo insegna. Presidente, signori del Governo, il lavoro in Commissione, anche, o forse innanzitutto, per il contributo del nostro gruppo, ha dato il frutto del quorum fissato al 25 per cento degli aventi diritto. Si tratta - come più volte rammentato - di circa 12 milioni e mezzo di elettori, vale a dire una soglia di partecipazione che non toglie, ma aggiunge credibilità all'uso del referendum propositivo, tuttavia restano aperti altri temi che per noi non hanno minore rilievo, anzi sono temi che, se non affrontati con saggezza, possono produrre l'esplodere di veri e propri conflitti istituzionali. Mi riferisco a limiti certi e definiti alle materie oggetto di proposta, questo in particolare sulle discipline di bilancio, tributarie e fiscali e su quelle di profilo penale. Mi riferisco alla contraddittorietà con l'articolo 75 della Costituzione in merito al referendum abrogativo. Penso alla questione sollevata dai colleghi Ceccanti e Migliore di un esame preventivo di costituzionalità per le proposte di legge di fonte popolare e diretta. E ancora penso al tema affrontato con la vostra proposta, con assoluta ambiguità, del cosiddetto ballottaggio tra l'eventuale testo votato dal Parlamento e quello indicato dal comitato promotore e sottoscritto da 500 mila cittadini. Potrei aggiungere il rinvio generico a una legge attuativa concernente il numero annuo di referendum e di leggi di iniziativa popolare rafforzata e, infine, la formulazione e l'interpretazione di una scheda del tutto arabesca su cui dovrebbero esprimersi i cittadini. Ho cercato di dire che il mio gruppo non era e non è contrario a una maggiore partecipazione dei cittadini e al loro coinvolgimento informato sulle scelte che investono la convivenza e la qualità del nostro vivere civile. Ma lo ripeto, con una conseguenza per noi vitale, che ribadisco, che ribadiremo, che ripeteremo: quella conseguenza è la necessità di non contrapporre mai una cosiddetta democrazia diretta a una democrazia rappresentativa, che risulterebbe nei fatti delegittimata.

Gli istituti di partecipazione popolare nascono all'interno della democrazia rappresentativa, l'arricchiscono, si intrecciano, ma mai ne hanno il primato! Fra l'altro, dovrebbe essere assurda una simile interpretazione da parte di chi, candidandosi e facendosi eleggere, dovrebbe prevenire con ogni mezzo l'insorgere di quel conflitto. Lo dico nel modo più semplice: il nostro compito è preservare il nucleo fondamentale dei principi scolpiti nella Costituzione, senza ipotecarne il futuro. Si tratta di un punto determinante. La nostra era e rimarrà una Repubblica parlamentare. Il primo articolo della Carta prevede che la sovranità appartiene al popolo, il quale la esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione. Se è così, consentire in via surrettizia un conflitto tra una fonte legislativa estranea a qualunque Assemblea elettiva e l'azione del Parlamento significa prefigurare quella contrapposizione tra popolo e istituzioni che non solamente è dannosa ma pericolosa per la tenuta del nostro ordinamento. C'è poi un'altra ragione connessa alla prima, ed è nella necessità di prevenire ogni degenerazione o abuso della norma che si intende approvare. La storia, colleghe e colleghi - lo dico soprattutto ai più giovani -, la grande storia dell'umanità, nel corso degli ultimi secoli non solo degli ultimi semestri, è lastricata di annunci rivoluzionari sul potere nelle mani del popolo, spesso risolti in regimi brutali e totalitari. Nulla di tutto ciò è naturalmente oggi davanti a noi, e la misura del giudizio deve sempre calibrarsi alla realtà per come si manifesta. Questa consapevolezza, però, non può e non deve impedirci di scorgere i segnali inquietanti di insofferenza, intolleranza, rifiuto della democrazia rappresentativa e liberale per come l'abbiamo conosciuta ed ereditata. Basta alzare lo sguardo, anche di poco, oltre il cortile di casa nostra: un Premier di un Paese che oggi è parte integrante dell'Unione europea, neppure dissimila questa volontà. Nel suo caso, parlo del Primo Ministro ungherese, sceglie persino di battezzare il nuovo modello di Governo con un ossimoro devastante, quello di una democrazia illiberale. E ancora, solo alcuni giorni fa, la violenza politica, la peggiore, quella che si esprime nella forma dell'omicidio politico, è ricomparsa nel cuore dell'Europa, a Danzica, dove è stato ucciso il sindaco di quella città, un nuovo protagonista della democrazia, del dialogo, dell'apertura e della cooperazione. Il punto non è dunque negare o rimuovere le cause di un malessere che riguarda milioni di persone in ragione della crisi economica e di diseguaglianze immorali, il punto è che proprio quando la democrazia appare più fragile, quando è più difficile contrastare l'avanzare di pulsioni autoritarie, proprio in quel frangente la democrazia va difesa e preservata con maggiore delicatezza e sensibilità.

Ecco perché noi consideriamo un errore e un pericolo, non per una parte, ma per tutti, la semplice ipotesi di cavalcare e addirittura fomentare un malcontento popolare che esiste, pensando magari di piegare quel malessere a una finalità sbagliata. Svuotare ancora di più le istituzioni della rappresentanza e le assemblee elettive, cioè i luoghi dove la democrazia deve primeggiare per capacità di confronto, concretezza, rispetto delle differenze, ricerca trasparente di mediazioni alte e di un'egemonia dei principi fondativi della Repubblica guadagnata sulla reputazione e sul consenso. Non fosse che per queste ragioni, la maggioranza non dovrebbe ignorare le questioni critiche che da più parti, da interlocutori diversi - penso al ciclo di audizioni di esperti e costituzionalisti ascoltati in Commissione - sono state sollevate, quel rischio di produrre un corto circuito tra l'iniziativa referendaria e l'assenza di un filtro di costituzionalità per norme che, secondo il processo da voi previsto, possono divenire leggi dello Stato. Cosa potrebbe accadere, stando al testo attuale - badate, non è un esempio astratto -, se una legge sottoposta a referendum e votata da oltre 12 milioni di italiani venisse giudicata ex post gravata da una pesante ipoteca di costituzionalità? Quale clima imprevedibile potrebbe innescarsi, alimentando in forme inedite il conflitto tra corpo elettorale e Corte costituzionale? Prevedere e prevenire dinamiche simili, dunque, non è un dettaglio, è per noi un imperativo, un imperativo morale, è pura sostanza, in un passaggio come quello che stiamo affrontando. Insomma, nella legislazione attuale sul referendum abrogativo il comitato promotore di uno o più quesiti trova nella Corte di cassazione un giudice terzo circa l'ammissibilità; voi prevedete l'estensione di quel criterio anche al referendum propositivo, ma, come ho cercato di dire, non quel giudizio preventivo di costituzionalità che invece è essenziale.

Oltre a ciò, riferite al comitato promotore, organo non elettivo, una funzione di giudice di se stesso, a fronte di qualunque intervento parlamentare sul testo proposto e destinato eventualmente, dopo diciotto mesi, se respinto o modificato anche di una sola virgola, al voto dei cittadini. Nella vostra impostazione spetta al comitato stesso giudicare se il Parlamento abbia o meno inteso assumere natura e sostanza della proposta, oppure se il testo iniziale debba venire sottoposto al giudizio degli elettori. Capite come, in questa logica, viene a mancare l'istituto di un arbitro terzo in grado di esprimere una valutazione obiettiva circa il merito della possibile contrapposizione tra il Parlamento, organo eletto, e il comitato promotore, organo privo di altrettanta legittimazione, se non quella raccolta, del tutto minore, delle 500 mila firme. Peraltro, 500 mila cittadini il cui parere, a quel punto, il comitato non sarebbe neppure obbligato a recepire nuovamente. Domandatevi perché, come ricordava l'onorevole Magi, un'indiscussa autorità in materia referendaria come Marco Pannella fosse contrario a queste logiche. Obiettivamente è un sistema destinato a creare un corto circuito istituzionale, favorendo in realtà una svalutazione della partecipazione.

Questo paradosso si determina per una ragione persino semplice da individuare. Lo dico così: il tema è se questa riforma intende favorire, nel senso di rafforzare, gli strumenti e le forme della democrazia partecipativa e rappresentativa oppure se, come alcuni esponenti della maggioranza in questi anni hanno più volte rivendicato, essa intende sostituire in modo progressivo e traumatico l'impianto fondante del nostro ordinamento.

In questo caso saremmo dinanzi ad uno stravolgimento della natura della nostra democrazia, e su questo piano noi non intendiamo consentire.

Care colleghe e cari colleghi, noi siamo qui per discutere, per continuare a confrontarci, ma pensiamo sia giusto definire il perimetro e la finalità di una riforma che vogliamo migliorare nettamente e rendere coerente con l'impianto e i princìpi della nostra Costituzione. Voi troverete su questi banchi un'opposizione rigorosa, attenta e combattiva. Libertà è partecipazione, diceva una bella canzone di Gaber; e libertà è quella democrazia da inverare: sì, da inverare, ma mai da scardinare. Una partecipazione, fatemelo dire, da estendere anche alla valorizzazione di partiti, sindacati, associazioni, comuni, regole di trasparenza della rete, educazione civica, limpidezza nell'accesso alla politica, rispetto delle norme antidiscriminatorie, contrasto a linguaggi di odio e a ogni violenza. La qualità della democrazia è e resta per noi un valore non negoziabile, la bussola che i padri e le madri costituenti, quelle madri a cui dobbiamo la specialità dell'articolo 3 della nostra Carta, ci hanno consegnato in eredità. Sarebbe un atto di grande saggezza se quel patrimonio scegliessimo tutti di preservare, nell'interesse non di una maggioranza, non di un movimento, di un Governo o di un gruppo, ma nell'interesse della dignità di ogni persona che quella Costituzione mette al centro, di chi verrà dopo di noi, di una civiltà democratica, che fonda il bene comune (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Laura Ravetto. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO (FI). Grazie, Presidente. Allora, approda in Aula la norma-manifesto dei 5 Stelle. Ieri l'ho chiamata la norma-clava: la clava che voi vorrete agitare durante la campagna elettorale alle europee, scatenando la guerra… La collega Dieni diceva: no, ma quale lotta; no, non una lotta: la guerra tra élite e popolo, dove per élite voi farete finta di dire che è il Parlamento, nascondendo agli italiani, tentando di nascondere, perché ormai ne sono tutti consapevoli, che siete voi oggi il Parlamento, voi siete la parte maggioritaria di questo Parlamento.

Il vero obiettivo della vostra proposta è creare una dicotomia tra Parlamento e popolo, come se il Parlamento non fosse esso stesso espressione del popolo. Voi volete creare una competizione, una sfida, un derby l'abbiamo chiamato in Commissione, tra proposte di iniziativa popolare e proposte di iniziativa parlamentare; e volete farlo sacrificando la stabilità delle istituzioni, creando il caos istituzionale. Volete consolidare una prassi legislativa basata sulle emergenze, sulle mozioni; volete il referendum emotivo. Che poi, diciamoci la verità: tutti i referendum sono un po' emotivi, perché, come diceva Schmitt, il referendum non lo fa il popolo che risponde, lo fa il promotore che pone la domanda.

Voi dite che nel nostro ordinamento non ci sono strumenti adeguati di democrazia diretta: falso! Ci sono leggi di iniziativa popolare, ci sono le petizioni, c'è già il referendum abrogativo, che anzi forse, come qualche collega ha detto ieri, in discussione sulle linee generali, per eterogenesi dei fini verrà depotenziato da questa vostra iniziativa. Voi non volete questo, voi non volete questi strumenti che sono già previsti e che sono sempre stati pensati dai nostri padri come integrazione, come stimolo alla democrazia rappresentativa: che vi rammento, è il caposaldo di democrazia, lo schema di democrazia di tutti i Paesi occidentali. Perché voi poi parlate di Svizzera, parlate di California, di Stati Uniti, ma lì sappiamo che ci sono gli strumenti di democrazia diretta perché quelli sono ordinamenti fissi, che non sono sottoponibili a scioglimento anticipato; ma tutti i Paesi occidentali democratici come li intendiamo noi non hanno lo strumento che state pensando in questa sede.

Noi ci troviamo non di fronte ad una logica di affiancamento: una logica di sopruso, una logica di angheria, di violenza, di imposizione di un modello vostro rispetto al modello della democrazia rappresentativa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

Per questo ci aspettiamo - lo dico qui, magari qualcuno ci ascolta - una mobilitazione dell'accademia, dei giuristi, degli esperti di diritto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente): dovete lottare con noi, questo è uno scempio, questa norma è uno scempio per il nostro ordinamento. Anche dei cittadini, è ovvio: dei cittadini che hanno a cuore i valori della nostra Carta costituzionale.

Colleghi dei 5 Stelle, è una proposta solo vostra: la Lega qui non c'è, si vede plasticamente, i colleghi della Lega non ci sono, ieri in discussione sulle linee generali c'eravate voi e loro proprio non c'erano. Ma colleghi della Lega, sarete complici di questa cosa: riflettete, sarete complici (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

Se l'obiettivo era davvero quello di fornire degli strumenti efficaci ai cittadini, di partecipazione efficace, voi lo sapete benissimo cosa si dovrà fare: la riforma dei Regolamenti parlamentari. Vi appoggiavamo pure, anche se non ci piacciono le riforme neppure dei Regolamenti a colpi di maggioranza, come state facendo oggi; ma era meglio di questa cosa, perché voi a colpi di maggioranza oggi, dopo aver criticato quegli altri che criticammo anche noi, state facendo la stessa cosa: volete imporre la dittatura della minoranza a colpi di maggioranza dei numeri che avete oggi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Arriviamo ai punti di merito; ieri li abbiamo già parzialmente esposti. Colleghi dei 5 Stelle, l'ho detto ai pochi di voi che c'erano ieri, lo dico a tutti voi: quando siete entrati in Parlamento io una cosa sola vi riconoscevo. Dicevo: però, dai, entrano qui i fieri oppositori delle lobby. Io ci stavo, io sono una liberale; dicevo: dai, porteranno un valore aggiunto. Cosa mi fate oggi? Mi presentate una proposta di legge che sarà lo strumento delle lobby per farsi approvare delle leggi ad hoc; perché è ovvio che raccogliere 500 mila firme sarà semplicissimo per un gruppo organizzato. Ieri ho fatto l'esempio dell'industria dei tabacchi. Secondo voi sarà difficile, colleghi dei 5 Stelle, raccogliere 500 mila firme, e attenzione, sulle leggi di spesa cioè sui soldi di tutti, per allocare delle risorse a favore di un gruppo industriale piuttosto che di un altro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)? Davvero voi credete questo? Io non credo che pensiate questo: io credo che lo sappiate, e mi viene anche il dubbio che pensiate di sfruttarlo, che magari pensiate di sfruttarlo attraverso la piattaforma Rousseau.

500 mila firme su leggi di spesa. Leggi di spesa: la possibilità più demagogica per tutti di fare dei referendum. L'ho detto ieri: farete certe leggi, ad esempio, la proposta del tipo: andiamo tutti in pensione a 45 anni. Ma attenzione: quelli saranno stanziamenti e soldi di tutti, che metteranno a sconquasso il bilancio dello Stato. Noi avevamo presentato allora degli emendamenti, da una parte di aumentare il numero delle firme almeno ad 850 mila, dall'altra di escludere le leggi di spesa da questo progetto. Naturalmente voi andate per la vostra strada, ci avete ignorati.

Non solo: abbiamo una situazione delicata su un altro punto, che è quello della possibilità di tenere un numero massimo di referendum per un anno. Noi abbiamo presentato anche qui un emendamento: abbiamo detto “un numero massimo va indicato”. Perché? Perché se un comitato promotore, con le medesime 500 mila firme che - ricordo - sono due-tre città italiane medie, proponesse 50-100 proposte di referendum, che facciamo? Il Parlamento, che in 18 mesi tra Camera e Senato dovrebbe esaminare ed approvare quelle proposte, sarebbe ingolfato. Qui non è più la democrazia diretta che viene aiutata: qui è la democrazia diretta che viene usata per ingolfare l'attività parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), per mettere fuori gioco il Parlamento, per decidere che il Parlamento non decide più niente, e che dei gruppi organizzati fuori decidono per voi, per voi cittadini, perché il Parlamento l'avete eletto voi.

Criteri di costituzionalità: anche in questo caso avevamo proposto degli emendamenti; abbiamo detto: attenzione, guardate che non basta questa dicotomia controllo preventivo-controllo successivo. Cioè, il vostro testo cosa dice? Che la Corte costituzionale, a deposito anche solo di 100 mila firme, deve valutare la conformità della proposta rispetto ai principi della Costituzione.

Attenzione: ai principi, non agli articoli! Quindi che cosa potrà succedere?

Che la Corte costituzionale magari prima dice: “Sì, va bene, non ci sono delle palesi difformità di questa proposta rispetto ai principi e, quindi, vi lascio fare il referendum”. Poi, però, una volta che la legge viene approvata, ha dei profili di incostituzionalità, non rispetto ai principi ma rispetto ai singoli articoli e deve dichiarare l'incostituzionalità di una legge voluta dal popolo. Cioè qui, Dieni, relatrice, non c'è solo la dicotomia tra popolo e Parlamento; voi volete creare anche la dicotomia tra popolo e Corte costituzionale…

PRESIDENTE. Collega, le ricordo che deve rivolgersi alla Presidenza.

LAURA RAVETTO (FI). Scusi collega e scusi Presidente. Mi devo rivolgere a lei, mi devo rivolgere a lei.

Quindi, glielo dico, Presidente: state creando la guerra tra popolo e Parlamento, tra Corte costituzionale e popolo, tra istituzioni e popolo. Questo state creando!

Un altro tema è la scheda di voto. Io non so se avete visto, colleghi, qui il fac-simile allegato - dove l'ho messo? - al dossier studi Camera, perché già questo dovrebbe far capire come è stata scritta questa proposta di legge. Cioè, qui avremo una scheda con tre quesiti. In uno si dice: “Vuoi tu la proposta popolare?”; nel secondo si dice: “Vuoi tu la proposta parlamentare?”; e nel terzo, dove lo scrutatore dovrà fare molta attenzione perché dovrà verificare che tu abbia messo “sì” al primo e “sì” al secondo per darti l'opzione sul terzo altrimenti non l'avrai, c'è scritto: “Se tu vuoi sia la popolare sia la parlamentare quale preferisci?”. Ora, voi capite che già la scheda è complessa ma qui c'è un problema che ho esposto già ieri e che sono certa - certa! - che la sensibilità del Ministro Fraccaro su questo sarà alta e mi aspetto che il Ministro modifichi e faccia modificare (sarà il Parlamento, per carità, ma dia indicazioni al suo gruppo parlamentare di modificarlo). Questo è gravissimo perché integra una palese violazione della parità di voto perché la seconda preferenza, e cioè: “Quale tu delle due proposte preferisci?”, è riservata solo a coloro che avranno votato “sì”. Chi ha votato “no” su entrambe le proposte non avrà diritto di esprimersi. Qui non è uno vale uno: qui è uno vale uno se tu hai votato “sì” (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). È una palese violazione della parità di voto!

Ieri ho fatto l'esempio tipico di un 26 per cento di cittadini che dice “si” sulla proposta popolare, un 25 che dice “sì” sulla proposta parlamentare e un 49 per cento dei cittadini che dice “no” su entrambe. Cosa farà chi ha votato “si” sulla proposta popolare? Strumentalmente voterà “sì” anche sulla proposta parlamentare, così da garantirsi la seconda preferenza. E, allora, quel 26 per cento si potrà riesprimere, vincerà sull'altro 25 per cento, passerà la proposta elettorale e quel 49 per cento, che aveva votato “no,” non potrà esprimersi. Quindi, il 49 per cento che vota “no” più il 25 per cento che vota “si” sulla proposta parlamentare saranno messi sotto da un 26 per cento: 26 per cento contro 74 per cento di cittadini che o non ne volevano nessuna o volevano un'altra legge (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). E questa è democrazia diretta? No! Questa cosa va cambiata.

Ministro Fraccaro, io so che lei è sensibile. Presidente, mi rivolgo al Ministro per suo tramite perché ho presentato una riformulazione: “Se le Camere approvano la proposta in un testo diverso da quello presentato e i promotori non rinunziano, il referendum è indetto su entrambe le proposte. In tal caso l'elettore - l'elettore! - ha anche facoltà di esprimere un voto di preferenza” e non come dite voi: “l'elettore che si esprime a favore di ambedue”. L'elettore basta, l'elettore basta! Quindi, ci aspettiamo questa riformulazione, Ministro (tramite il Presidente).

C'è, poi, un altro tema che rubo al professor procuratore Nordio. È un tema che ci ha posto ieri ed è il tema del quorum. Allora, Ceccanti è stato anche bravo e si è fatto approvare un quorum, in un comma, che neanche c'era nella proposta, dove si dice che le proposte sottoposte a referendum…“la proposta sottoposta a referendum - e anche questo è importante dirlo: è al singolare - sarà approvata se ottiene la maggioranza dei voti validamente espressi purché superino un quarto degli aventi diritto”. Allora, Ceccanti, questo va bene perché è meglio di niente. Non sappiamo se sia stato fatto per blandire il voto del suo gruppo parlamentare ma probabilmente no però è stato fatto. Però, cosa ci dice il professor Nordio? Attenzione, perché la collocazione di questo comma è incoerente o porta con sé dei dubbi, perché questo comma viene subito dopo il comma in cui si dice che si fa il referendum perché la proposta presentata con le 500 mila firme dai promotori non è stata convertita dal Parlamento, cioè nei diciotto mesi Camera e Senato non la convertono.

Si dice che se Camera e Senato non la convertono si può fare il referendum e sarà valido se si esprimerà un quarto degli aventi diritto al voto (faccio notare: “la proposta di referendum”). Successivamente a questo comma si fa l'altra ipotesi perché qui, in questo testo, non ci sono solo due possibilità di chiedere il referendum: chiedi il referendum se non viene convertita la legge e chiedi altresì il referendum qualora i testi siano stati convertiti dalla Camera e dal Senato e naturalmente siano difformi rispetto alla proposta popolare originaria. Allora, anche qui potrai chiedere il referendum e avremo i due quesiti. Qui, però, non c'è il quorum. Qual è il quorum qui? Infatti, il comma è precedente e per di più è riferito alla “proposta”, al singolare. Qui è una nuova proposta di referendum. Allora, Presidente - e mi rivolgo, tramite lei, al Ministro - chiedo, per cortesia, di spostare il comma e di metterlo dopo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). È da primo anno di giurisprudenza questa roba qua!

Gli argomenti sono tanti e questi per noi sono i principali. L'ho detto ieri: il nostro gruppo anche in quest'Aula ha ripresentato gli emendamenti con un unico scopo: resistenza. Noi qui faremo resistenza! Noi vogliamo arginare, noi vogliamo evitare che questa proposta vada in porto. Noi non accettiamo compromessi perché tanto è inutile. Infatti, vi abbiamo fatto delle proposte migliorative e non sono state accolte. Quindi, noi faremo resistenza. A Ceccanti, Presidente, per suo tramite, voglio dirgli che lui ha detto in quest'Aula che magari non avremo il primato dei primi oppositori a questa norma ma, colleghi del MoVimento 5 Stelle, nessuno di voi ci darà dei nemici del popolo perché noi difendiamo il popolo, perché difendiamo il nostro ordinamento e i valori della nostra Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Emanuele Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO (PD). La ringrazio, Presidente. Noi abbiamo in svolgimento in quest'Aula un dibattito molto significativo che tocca, secondo me, elementi profondi degli assetti formativi della Costituzione italiana e, in generale, delle democrazie liberali. A questo si deve la profondità, il vigore e anche la passione di molti degli interventi che sentiamo e anche di quello che abbiamo appena ascoltato dalla collega Ravetto, nonché la vasta congerie di argomenti che qui sono stati delineati e che anche nella giornata di ieri, nella discussione sulle linee generali, abbiamo citato.

La mia opinione è che noi siamo così coinvolti - tutti i colori politici che qui sono rappresentati - da questa discussione perché tutti siamo coscienti della crisi che attraversano le democrazie liberali in Occidente. Io ho già ieri convenuto e ho riconosciuto dei meriti, cosa che non sono solito fare per nulla, alla presenza in quest'Aula per la seconda volta del MoVimento 5 Stelle, che muove da una volontà di rappresentanza di un sentimento di distacco, di delusione e di rabbia nei confronti delle istituzioni che loro sentono di rappresentare. Dunque, è del tutto coerente che non poteva esserci soggetto politico più adatto per rappresentare in quest'Aula la volontà di aprire nuove strade o di rafforzarne di antiche per permettere che la partecipazione popolare al processo di costruzione della democrazia fosse più diretta. Però, bisogna decidere insieme se la strada che voi provate a portare qui dentro sia coerente con quanto vi siete ripromessi, sia efficace, sia giusta e interpreti bene il dettato costituzionale. Noi siamo stati, anche noi, autori di una citazione dello strumento del referendum propositivo nella proposta di modifica della Costituzione che abbiamo portato avanti nella scorsa legislatura, perché riconosciamo che un ragionamento su quello strumento possa essere fatto. La domanda è: nella funzione legislativa - che è il cuore della struttura della democrazia rappresentativa, oltre alle altre funzioni, quella esecutiva e quella di giudizio – esistono, devono esistere, possono esistere fonti e soggetti diversi, che, allo stesso titolo, con la medesima condizione, con la identica struttura di corrispondenza alla Carta costituzionale possono legiferare? Noi a questa domanda rispondiamo di no. Voi sottoponete ad una parificazione, sembrava in un primo tempo, il potere legislativo parlamentare e quello popolare, oggi ci appare più chiaro, pur nella confusione dello strumento che avete sin qui edificato, addirittura fate prevalere sul potere di giudizio del Parlamento e su quello di una Corte suprema, da noi la Corte costituzionale, il giudizio di un comitato auto-costituitosi e che diviene arbitro di un processo legislativo complesso, delicato, foriero di conseguenze anche molto significative per la struttura dello Stato, che può essere investita dai cambiamenti che portano con sé le leggi.

Qualcuno potrebbe dire - e ci saranno sicuramente, vi è un esercito di persone che alberga sui social media con il solo scopo di vituperare, di insultare, di offendere, in alcuni casi di minacciare, ma quelli noi li mandiamo all'autorità giudiziaria - e insorgerà dicendo che Fiano, il

Partito Democratico non vuole che il popolo, così come invece è definito dalla Carta costituzionale, possa legiferare. Il problema non è il soggetto, il problema è il processo: il popolo è giusto che legiferi, è giusto che il popolo abbia la possibilità di scegliere e determinare il proprio futuro. Come si mette in atto questo meccanismo? Voi proponete una processualità, che prevede che sia inventata una nuova fonte del diritto, che è il Comitato promotore, che, nel caso in cui il Parlamento entro i diciotto mesi prescritti preveda o attui la votazione di un nuovo strumento parlamentare in alternativa a quello proposto dal quesito referendario, questo Comitato di dieci persone che promuove il quesito referendario potrà decidere se quella scelta dal Parlamento sia una legge confacente per rispondere al quesito referendario. Ora, è del tutto evidente che siamo di fronte ad un caso di legittimazione di un ente non eletto da nessuno, perché i 500 mila cittadini che avranno sottoscritto quel quesito referendario hanno scelto di sottoscrivere un quesito referendario, non di nominare queste persone ad una scelta di tipo imperativo, non di delegare queste persone ad un potere imperativo circa la qualità delle leggi. D'altra parte, non esiste altro caso nella nostra struttura, nel nostro ordinamento, nel quale esistano organi autogiudicanti.

Vorrei segnalare a questa Aula che da pochi giorni una sentenza, per alcuni versi dirompente, della Corte costituzionale ha stabilito, stante l'inammissibilità del quesito posto circa la procedura di approvazione della legge di bilancio del Senato della Repubblica, che ogni parlamentare possa adire - ed è la prima volta che viene affermato - alla Corte costituzionale per denunciare procedure difformi o lesive dei diritti dei parlamentari circa l'approvazione delle leggi.

Dunque, anche in questa Aula, che è il tempio della democrazia, qui dove si esprime uno dei tre poteri centrali costitutivi dell'idea della democrazia liberale, dell'idea degli scritti celebri che istituiscono e che chiarificano l'importanza della separazione dei poteri e la loro autotutela, abbiamo la novità che un organo terzo stabilisce se le nostre procedure, non il merito delle leggi che stabilirà poi la Corte costituzionale, ma se le nostre procedure sono confacenti ai diritti inscritti nella Carta costituzionale.

E, invece, nel processo che voi instaurate con il testo che ci sottoponete, voi dite che dieci persone qualsiasi - qualsiasi! Non c'è criterio di costituzione di un comitato propositore di referendum, non ci sono vincoli di mandato, non ci sono vincoli di curricula per queste persone, non c'è un sistema elettivo di queste persone o di selezione o di scelta di queste persone - avranno un potere che si configura come superiore alla Corte costituzionale, che si configura come superiore al potere legislativo del Parlamento e, infine, anche superiore ad un eventuale potere diretto del popolo di legiferare, quello che potrebbero avere, secondo il testo di legge sin qui adottato, 12 milioni 800 mila persone, che sono il 25 per cento della popolazione italiana avente diritto al voto. Ora, questo è un elemento di fortissima contraddizione dei principi fondamentali che individuano i poteri dello Stato e gli organi terzi che devono giudicarli.

Vorrei qui inserire una parentesi su questa questione dei poteri terzi, giacché da quando vi siete insediati, voi della maggioranza, avete avviato una serie di critiche pesanti sui poteri che, nell'ordinamento della Repubblica italiana, non siano quelli costituiti nel Parlamento, nel potere esecutivo o in quello giudiziario, anzi no, per la verità avete impegnato le vostre accuse anche nei confronti del potere giudiziario. Avete iniziato la legislatura proponendo l'ipotesi di impeachment per il Presidente della Repubblica, perché il Presidente della Repubblica esercitava il suo diritto circa la nomina del Presidente del Consiglio e dei ministri della Repubblica, il capo politico - nonché oggi Vicepresidente del Consiglio - del MoVimento 5 Stelle, onorevole Luigi Di Maio, ha proposto per il Presidente della Repubblica l'impeachment e poi, nei mesi successivi, ne ha elogiato il mandato. Lo proponeva perché? Perché il Presidente della Repubblica esercitava un suo diritto, che è terzo rispetto al mandato elettorale, terzo, come predispone la Costituzione, circa la nomina del Presidente del Consiglio. E ricorderete tutti, io per lo meno, le ricordo - le interviste del Vicepresidente Luigi Di Maio e quella del Vicepresidente Matteo Salvini al di fuori del Palazzo del Quirinale, nelle quali asserivano che la scelta del Presidente del Consiglio era solo loro. E quanto assomiglia questa affermazione di primazia assoluta, incontaminabile, derivante - secondo i suddetti - dal mandato elettorale, dal consenso maggioritario elettorale, che il Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, Ministro dell'Interno, ha fatto riguardo alla magistratura, quando qualcuno si è permesso di avviare un'inchiesta su vari fatti in un caso sul blocco di una nave in un porto italiano? Il Vicepresidente del consiglio Salvini affermò: io sono eletto, noi siamo eletti, la magistratura no.

E quanto assomigliano, queste affermazioni, a quando sono stati attaccati, in questo Paese, in questi mesi, altri enti terzi, la Consob, piuttosto che la Banca d'Italia, o altri enti che giudicano al di fuori del mandato e del consenso elettorale? Lo dico per chiarezza per quello che ci riguarda, per quello che mi riguarda, utilizzando le parole del professor Cassese che, proprio a seguito di quegli episodi di attacco a enti o ad authority terze, ebbe a dire che il conseguimento del consenso maggioritario elettorale non configura la dittatura delle maggioranze perché in democrazia esiste un pluralismo delle fonti, esiste il diritto-dovere che le maggioranze elettorali formino un Governo, esiste il diritto-dovere delle maggioranze parlamentari e dei loro Governi di approvare le leggi e di attuarle con i loro Governi, ma non esiste solo questo nelle democrazie.

E dunque, se osserviamo il percorso che avete compiuto in questi mesi, voi avete, nel corso di essi, prima attaccato, provato ad indebolire altri poteri dello Stato come sono proprio il Presidente della Repubblica, anche se potere è una definizione tecnicamente sbagliata, piuttosto altre funzioni costituzionali - il Presidente della Repubblica, la magistratura, lo stesso Parlamento - rispetto al potere esecutivo perché vorrei segnalarvi che, quando un testo di legge di bilancio esce da Palazzo Chigi – esce da Bruxelles, ma comunque esce da Palazzo Chigi – e arriva prima nell'Aula del Senato e dopo nell'Aula della Camera senza che neanche un emendamento venga discusso, vuol dire, come la Corte costituzionale ha rilevato, che abbiamo fatto prevalere – prevalere, assolutamente – il potere esecutivo su quello legislativo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Tutto ciò ricorda un'idea totalitaristica di funzionamento della democrazia, dove non ci sono più poteri che si confrontano a pari merito, ma ve n'è uno che prevale: per voi, quello del Governo. La Corte costituzionale ha deciso di ammonirvi sul fatto che ciò è potuto avvenire, ma che questa sarà l'ultima volta.

E, allora, dicevo, lungo questo percorso, che vi ha visto: inficiare e attaccare il Presidente della Repubblica, salvo poi osannarlo; attaccare l'indipendenza dalla magistratura perché voi preferite indossare le magliette, le divise delle forze dell'ordine invece che rispettare ciò che prevede la magistratura circa il trattamento dei detenuti; e inoltre attaccare il potere del Parlamento e attaccare il potere di giudizio delle autorità terze; arrivate alla conclusione del percorso, che è quello di istituire un nuovo potere, un quarto potere: quello dei comitati promotori. Voi proponente di istituire, nella nostra Repubblica, un nuovo funzionamento del potere legislativo, ossia il potere legislativo espresso direttamente dal popolo, e che esista un organo terzo di fonte del diritto che stabilirà, autorappresentandosi, essendo giudice di se stesso, come poco fa ha detto la collega Pollastrini, deciderà se il testo parlamentare sia confacente o meno rispetto alle esigenze loro, di dieci persone.

Noi qui dentro, a vario titolo, rappresentiamo 60 milioni di italiani: quelle dieci persone rappresenteranno loro stesse e voi volete mettere nelle mani di dieci persone il futuro della democrazia di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo state facendo, questo state mettendo in pericolo la democrazia. La democrazia è un sistema delicato e per questo motivo i costituenti stabilirono un procedimento aggravato per le modifiche della Costituzione, per questo furono previste quattro letture dall'articolo 138, che prima la collega Dadone citava rispondendo all'istanza di ritorno in Commissione. Per questo è così delicato modificare la Costituzione.

Ma noi non siamo contrari all'idea che si dia finalmente più forza alla partecipazione, ma qui dobbiamo aprire una discussione sulla differenza tra partecipazione e rappresentanza. Qualcuno, nei giorni scorsi, ha fatto un'ipotesi di scuola. Ha detto: il comitato promotore potrebbe proporre un quesito referendario sulla legge vattelapesca, su un testo di legge, su un articolato in quindici articoli che prevede per il Paese la legge vattelapesca e il Parlamento potrebbe rispondere, entro i diciotto mesi, con una proposta di legge vattelappesca-bis identica, sostanzialmente identica a quella proposta dal Comitato referendario o magari identica con diverse coperture, giacché il testo di legge che proponete prevede che la proposta di legge dovrà essere accompagnata da un dispositivo di copertura finanziaria delle spese previste dal testo di legge che magari il Parlamento individuerà diversamente.

Ora accadrà che una legge identica sarà votata dal Parlamento. Guardate che per la prima volta il Parlamento voterà leggi che verranno congelate, cioè, la volontà di 1.945 - insomma di circa un migliaio di parlamentari - rappresentanti fino ad oggi 51 milioni circa di elettori italiani, sarà congelata per la scelta di dieci persone: dieci persone varranno più della rappresentanza di 51 milioni e oltre di italiani, o di 60 milioni, se volete comprenderli tutti.

Primo punto, quindi: la differenza tra partecipazione e rappresentanza. Voi volete allargare la partecipazione ma invertite il principio matematico della quantità di rappresentanza. Noi rappresentiamo 51 milioni di persone, mentre quelli ne rappresentano 10. Se volete potete allargarle a 500.000 persone ma, in realtà, quelle 500.000 non hanno eletto le persone, hanno convenuto sul tema referendario. Vi è poi una seconda questione, ossia il fatto che quel testo di legge potrebbe essere ammissibile secondo una valutazione preventiva della Corte, ma potrebbe non essere costituzionale, potrebbe cioè essere ammissibile circa la compatibilità delle leggi vigenti ma potrebbe non rispettare i diritti fondamentali della Costituzione, perché la Costituzione, in base al testo che per adesso avete presentato, non dovrà preventivamente, ex ante, proporre una verifica del criterio di costituzionalità, dunque, per accedere ad un criterio di maggiore partecipazione, noi diminuiremmo in maniera fantasmagorica il criterio di rappresentanza: qualcuno che non rappresenta sostanzialmente nessuno, se non se stesso, ucciderà il criterio di rappresentanza. Dopodiché, dopo che questo meccanismo, se rimarrà così, verrà messo in funzione, perché converrà fare le leggi qui dentro, scusate? Perché converrà fare le leggi qui dentro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Ma costituiamo delle lobby che fuori abbiano la forza di dare a dieci persone il mandato di costituire quesiti referendari: magari oggi saranno pericolosi per noi, ma domani potrebbero essere pericolosi per voi. Forse che la legittima difesa è solo così come l'avete pensata? Ma come l'avete pensata, è totalmente libertaria: altro che questa! Libertà assoluta! I referendum potranno riguardare la modifica del codice penale: libertà assoluta di possesso delle armi; assoluta larghezza della legittima difesa! Mettiamo insieme dieci persone, rappresentanti di interessi illegittimi - non li voglio citare perché nessuno si senta toccato -, facciamo produrre a questo comitato un dispositivo referendario che sicuramente possa incontrare la volontà di una parte del popolo italiano – lo sottolineo: di una parte del popolo italiano, molto ristretta - e vediamo poi se il Parlamento proporrà un'altra legge. Decidiamo già che diremo sicuramente di no alla legge parlamentare con la volontà del 25 per cento: meno male, collega Sisto, che siamo arrivati al 25 per cento confermativo invece che allo 0 per cento confermativo, ma comunque pur sempre un numero che non ci accontenta (perché lei sia tranquillo, collega Sisto, per il tramite della Presidente).

Dunque facciamo approvare una legge, ma qui dentro il lavoro a cosa servirà esattamente? Signori, noi qui siamo rappresentanti di 51 milioni e qualcosa di aventi diritto al voto: là fuori, per fortuna non più zero ma 12.800.000 persone circa potranno fare molto più del lavoro che si è fatto qui dentro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Infatti, lo sapete, lavorare qui dentro è difficile, è faticoso: si alza sempre quel rompiscatole di Fiano di turno o di Borghi - così cito il mio collega di banco e di funzione - a dire che quell'articolo del Regolamento non va bene e chiede un altro giorno per discutere e siete costretti a leggere gli emendamenti (siete oggi voi e ieri eravamo noi) e siamo costretti a chiedere che il Ministro intervenga e siamo costretti a chiedere alla Presidente che ci faccia parlare e che sia rispettato il nostro tempo di discussione. Domani non ce ne sarà bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Chiunque proporrà in questo Paese una bella legge per quello che volete e con una risposta sì-no verrà accettata: ma quale sarà il comitato referendario che accetterà di tornare in Parlamento, oltretutto avendo una dotazione di fondi? Ma perché dovrebbe tornare in Parlamento, perché dovrebbe tornare in questo che è il tempio della democrazia, dov'è così complicato essere d'accordo in 630 o anche solo in più di 315?

La democrazia non è riposante, non è semplice l'esercizio del consenso, non è facile tradurre il consenso elettorale nella capacità di scelta qui dentro, perché nessuno in questo Paese, e per fortuna in genere nelle democrazie - anzi sempre, se non vado errato - ottiene il 50 per cento più uno dei voti, quindi bisogna accordarsi. Voi avete pensato che la forma dell'accordo sia il contratto, mentre noi la pensano in un altro modo ma, comunque, serve accordarsi e tutte le volte bisogna discutere. Voglio vedere quanto discuterete nelle prossime ore della questione dell'autonomia delle regioni che l'hanno chiesta, oppure delle volte bisogna, con la coda tra le gambe, accettare cose contro le quali si è combattuto, come succede oggi al MoVimento 5 Stelle sulla legittima difesa o come è successo a noi su delle cose, perché anche noi abbiamo, come tutti, sofferto del fatto che le maggioranze di Governo sono necessariamente portate al dialogo, in alcuni casi al compromesso, che non è una parolaccia nella democrazia.

Infatti, la democrazia non è la scelta binaria sì o no, perché, come qualcuno ha detto ieri, quella forma di pensare che la scelta della democrazia sia binaria, è quello che successe ai tempi del famoso referendum, lo dico con rispetto, tra Gesù Cristo e Barabba. È l'idea che sulla vita di una persona, non dico sulla vita nel senso del mantenimento in vita ma sulla qualità della vita di una persona, di fronte a leggi che hanno 15 o 50 o 150 articoli, si possa rispondere con un sì o con un no. Voi producete il contrario di quello che professate, perché pensare che la democrazia, nella sua forma plebiscitaria, cioè portando decine di milioni di persone a votare con un sì o con un no, non come è fino a oggi, cioè sull'idea di abrogare un pezzo di una legge, ma sul fatto di votare e di permettere che un comitato di dieci persone decida se il tuo voto è più forte di quello del Parlamento su questioni complesse, è un pericolo per i cittadini, non per il Partito Democratico ma per i cittadini. I cittadini metteranno il loro futuro nelle mani di dieci persone: pensateci.

Ieri Beatrice Lorenzin ha fatto un esempio che mi è molto piaciuto, quando ha citato la questione Stamina. Domani, quando voi, con i vostri voti, colleghi della Lega, di cui ricordo gli strali contro quella vicenda di Stamina, approverete questa legge di riforma costituzionale, potrà essere posto agli italiani un quesito circa una questione scientifica - e nessuno pensa che ci siano 60 milioni di scienziati in questo Paese -, potrà essere scelto di attuare una prassi o un protocollo sanitario che si è dimostrato falso e dannoso per la salute degli italiani, come ha ricordato ieri l'ex Ministra della salute Beatrice Lorenzin con la vicenda Stamina, e con quel quesito referendario, anche articolato, che prevarrà su qualsiasi testo si possa organizzare nell'Aula del Parlamento, voi sceglierete che gli italiani decidano sul futuro non solo loro ma della salute degli altri 59.999.999 italiani con un sì e con un no.

Al di là del fatto che vi è qui, secondo me, un chiaro capovolgimento di ciò che voi professate. Cioè, voi sostenete - e noi lo condividiamo questo in principio - di voler allargare la partecipazione, ma state restringendo la rappresentanza, peraltro con un modello di scheda elettorale mai visto al mondo per questa dimensione di scopo così qualitativamente ingente, che produce una diseguaglianza marchiana sotto il profilo costituzionale dell'eguaglianza del voto. Voi sottoporrete al voto, nel caso i comitati promotori non accettino l'istanza parlamentare, un primo quesito che è quello: vuoi tu l'approvazione della legge proposta dal comitato promotore o lo status quo, quesito al quale potremo rispondere di sì, se siamo d'accordo.

Vi è poi un secondo quesito, nel quale proporrete agli elettori: vuoi tu il testo di legge approvato dal Parlamento oppure lo status quo, e potremo rispondere di sì anche in quel caso. Ma solo se avremo risposto di sì alle prime due righe potremo rispondere anche al terzo quesito, che voi sostenete sia il modello svizzero, cioè esprimendo la preferenza tra uno dei due. Premesso che non condivido l'idea che ci sia una terza scelta - o scegli uno o scegli l'altro - ma, a prescindere da questo, ci sarà e si determinerà una diseguaglianza sotto il profilo costituzionale tra il voto di chi ha scelto di mettere la propria espressione di voto favorevole ad entrambi i quesiti e chi, invece, ne avrà scelto uno solo o nessuno, e sarà un elettore diverso dal primo tipo di elettore, cosa che la Costituzione non permette, perché il voto deve essere libero ed uguale per tutti.

Perché voi fate tutto questo, stante che, ovviamente, potete non condividere i difetti che ho cercato qui di elencare finché terranno le corde vocali? Perché voi mettete in atto questo processo? Perché scegliete di sottoporre la democrazia italiana allo stress di questa confusione deliberativa che proponete? L'ho detto: perché perseguite un obiettivo giusto, che è quello di un aumento della partecipazione; perché, come noi, siete consapevoli di una crisi delle democrazie liberali. Su questo concordo. Che cos'altro dovrebbero portarmi a concludere le scene, le discussioni e le vicende che abbiamo visto in queste ore svoltesi a Londra, a Westminster? A cos'altro dovrebbero condurci le vicende, le scene, le contestazioni, le violenze che abbiamo visto in questi giorni in Francia, con le manifestazioni dei gilet gialli? A cos'altro potrebbero condurci molte altre cose che abbiamo visto in questi anni accadere? Penso alle vicende che hanno riguardato l'autonomia della Catalogna in Spagna, vicende che hanno interessato quei Parlamenti, quello centrale e quello catalano. Penso al fatto che noi abbiamo una crisi della rappresentatività delle democrazie liberali, degli strumenti della democrazia, al fatto che ci si senta inclusi o esclusi; penso a ciò che dicono alcuni di voi o alcuni dei commentatori di moltissimi colori, autorevolissimi, alle grandi letture che si fanno in questo periodo; penso al fatto che le democrazie liberali, così come le abbiamo vissute fino ad oggi, mostrano amplissimi margini di crisi, per cui le persone non si sentono compiutamente rappresentate e non si riconoscono nelle scelte democratiche, cioè nelle scelte che qui avvengono. Ovviamente, parliamo di una parte delle persone. I modelli di traduzione del voto, i sistemi elettorali, non sono sufficienti e penso che una riflessione sul sistema a doppio turno semipresidenziale francese sarebbe interessante farla - e viene fatta in questi giorni - circa ciò che sta succedendo in Francia, circa il fatto che qualcuno che governa per via del sistema a doppio turno, avendo il 23 per cento dei suffragi a favore, cioè il 77 per cento contro, ha effettivamente una rappresentanza sociale che è molto limitata; oppure, come nella Gran Bretagna, vi è il caso di Governi o Parlamenti che non riescono a tradurre la volontà popolare che si è espressa con un referendum sull'uscita dall'Unione europea; oppure, ancora, vi sono regioni - questo succede anche in Gran Bretagna come in Spagna - dei Paesi che non riconoscono un'autorità centrale legislativa, come è il Parlamento spagnolo, eccetera, eccetera.

La risposta deve venire dalla politica, dall'idea che qualcuno si occupi della polis, dall'idea che qui dentro o nei Parlamenti si producano miglioramenti per la vita dei cittadini, passando da processi decisionali che li rappresentino. Però voi mettete in campo un processo che, secondo me e secondo noi, rischia di essere pericoloso: lo è intanto perché producete una nuova ipotesi di conflitto sociale. Questa è l'epoca in cui noi parliamo del conflitto esistente tra élite e popolo. Premesso che io ritengo che la definizione omnicomprensiva di popolo sia ciò che accompagna tutti i fenomeni di populismo da 150 anni circa ad oggi, cioè l'idea che qualcuno possa sentirsi interprete di tutta la volontà popolare. È quando si compie questo meccanismo che si salta l'idea di rappresentanza delegata, perché nessuno di noi rappresenterà mai l'intera volontà popolare; quello avviene quando si creano i sistemi totalitari.

Dunque voi dite - ed è vero - che esiste un conflitto tra una parte della popolazione e ciò che è considerato élite, casta, cioè quelli che decidono, quelli che hanno la delega a decidere, o quelli che sono i poteri forti, a seconda delle accezioni e delle discussioni che sono in corso, ma attenti a cosa state mettendo in campo. Laddove le Costituzioni non prevedono sistemi di bilanciamento e di giudizio terzo, di controllo e bilanciamento, di check and balance, si rischiano nuovi conflitti sociali, anche violenti.

Quando qui dentro, eventualmente, voi sceglierete di mettere nelle mani non della Corte costituzionale, che ha una composizione articolata e, ovviamente, anche di persone che conoscono il diritto, ma nelle mani di 10 persone la scelta che prevalga sulla volontà delegata al Parlamento, quella di quelle dieci persone, quando posponete il giudizio di costituzionalità delle leggi al voto dei cittadini - e, dunque, noi avremmo eventualmente leggi che dieci persone hanno deciso che prevalgano sulla volontà parlamentare, che saranno votate, per essere approvate per lo meno da 12 milioni e mezzo, 12.800.000 persone - e dopo questo voto rappresentativo di un quarto degli aventi diritto, la Corte costituzionale le boccerà, quale conflitto sociale potrà accadere, quale conflitto sociale potrà essere scatenato similmente a quello che succede oggi in altri Paesi senza che sia stata modificata la Costituzione?

Il meccanismo che voi state mettendo in campo, avendo scelto legittimamente che la Costituzione venga modificata capitolo per capitolo (e, dunque, prima il referendum d'iniziativa popolare propositivo, poi il numero dei parlamentari, un domani anche la modifica della legge elettorale di cui ho letto già alcune tracce) rischia di aprire, in questo Paese, una fase non governabile di conflitto tra le istituzioni e di conflitto tra il popolo e le istituzioni.

Io so che la relatrice ha detto che da qui si apre una fase di vostro ascolto e di apertura del dialogo. Non posso dare un giudizio perché non so che cosa significhi questo: significa che retrocedete il giudizio di costituzionalità della Corte ex ante invece che ex post? Significa che sarà la Corte a decidere se l'ipotesi di legge parlamentare prevalga o meno su quella referendaria, come è oggi per la Cassazione, e non più il comitato promotore? Significa che alzerete ancora il quorum? Significa che inserirete anche un quorum di partecipazione? Significa che restringerete le materie sulle quali potrà direttamente legiferare il popolo, escludendo le modifiche del codice penale o escludendo la materia economica tributaria? Che cosa significa la vostra apertura di credito? Noi non sappiamo, oggi, se significa cambiare alcune parole o cambiare nella sostanza lo strumento che sin qui avete messo in piedi. Ciò significa che impedirete la diseguaglianza del voto tra gli elettori con quelle schede elettorali a tre scelte, ma riservate solo ad alcuni?

Fino ad allora, finché non ci sarà chiaro in quale direzione vorrete andare, finché riterremo che la direzione che avete sin qui preso sia pericolosa per i fondamenti della democrazia, noi, qui dentro, con gli strumenti legittimi dell'azione parlamentare, daremo battaglia, per impedire che il disegno di legge di riforma costituzionale che avete presentato - nel testo per adesso presentato - possa essere approvato, perché noi non permetteremo che quest'Aula calpesti i diritti e princìpi fondamentali che sono stati iscritti nella nostra Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, sospendiamo, a questo punto, la seduta, per consentire la riunione del Comitato dei nove e la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo. La seduta è sospesa e riprenderà alle ore 16.

La seduta, sospesa alle 12,25, è ripresa alle 16.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Brescia, D'Uva, Delmastro Delle Vedove, Frusone, Gallo, Giachetti, Giaccone, Grimoldi, Guidesi, Lorefice, Losacco, Micillo, Molinari, Pastorino, Saltamartini, Schullian, Carlo Sibilia, Sisto e Tateo sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

In ricordo di Jan Palach.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio di aver concesso al gruppo di Fratelli d'Italia di poter commemorare Jan Palach, che noi consideriamo e abbiamo sempre considerato una fratello maggiore per intere generazioni giovanili di destra (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Come è noto, il 20 e il 21 agosto del 1968 i carri armati sovietici entravano a Praga, reprimendo nel sangue una stagione delle riforme. Il 16 gennaio del 1969, esattamente cinquant'anni fa, Jan Palach si dava fuoco in piazza San Venceslao. In quel gesto estremo, sino all'olocausto di se stesso, unì l'anelito verso una libertà che appariva soffocata con l'amore di patria. Fu, per noi giovani di destra, il simbolo di un'altra contestazione, quella contro la repressione e l'oppressione dei popoli, fu per noi un fratello maggiore, perché ci insegnò che esistevano contestatori che pagavano con la loro vita il costo delle loro idee (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

In Italia, dove, Presidente, i contestatori andavano incontro più alla carriera che ai carri armati, l'esempio di Jan Palach fu rimosso, perché, secondo le teorie di alcuni uomini politici dell'epoca, fra cui Napolitano, come nell'Ungheria del 1956, chiunque stesse dalla parte degli insorti stava dalla parte dei controrivoluzionari e per noi rappresentò un altro Sessantotto, fu un altro Sessantotto, perché ci insegnò, Jan Palach, che, mentre i sessantottini, come dire, incendiavano il mondo, pensando a se stessi, Jan Palach incendiava se stesso, pensando al mondo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e raccontando il più bel volto di una gioventù che si immola per le proprie idee.

Oggi il clima è cambiato - e mi avvio alla conclusione e la ringrazio - e questa nostra verità, che abbiamo solitariamente, ma orgogliosamente coltivato, fiorisce anche sulla bocca di quelli che una volta erano i nostri nemici. E questa verità, questa torcia umana ci racconta ancora una cosa, questa torcia umana permette che, oggi, in quest'Aula, riecheggino ancora due parole: patria e libertà; due parole per le quali vale la pena spendere una vita e che sovrastano ogni altro principio e valore (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghi. Ne ha facoltà.

ENRICO BORGHI (PD). Signor Presidente, come ha ricordato il collega, sono passati cinquant'anni dal sacrificio di Jan Palach e anche noi desideriamo esprimere i nostri sentimenti di ricordo e unirci a questa commemorazione di una figura che è entrata, a pieno titolo e a tutto diritto, nella storia per la sua volontà, che non era solo di carattere personale, ma di natura collettiva. Jan Palach faceva parte di un movimento che aveva scelto questa forma estrema, in funzione sostanzialmente del tentativo di ribellarsi all'autoritarismo di quel regime. Le richieste che facevano quei ragazzi che si erano autodefiniti torce erano funzionali al fatto che non ci fosse più la pubblicazione obbligatoria di un giornale che era l'unico giornale di quel regime, un regime autoritario e assolutamente antiliberale, e chiedevano l'espressione della libertà di parola.

È stata una grande pagina, che è giusto che si debba ricordare, così come è giusto che, in parallelo, rispetto a questo tema, quest'Aula ricordi - e per parte nostra lo vogliamo fare con grande emozione e con un sentimento che credo debba essere esteso a tutti i colleghi presenti - un'altra figura dell'Est Europa, che non cinquant'anni fa, ma poche ore fa, non per sua scelta, ma per una scelta criminale - mi riferisco al sindaco di Danzica, Pawel Adamowicz (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) - è stato ucciso su un palco perché sosteneva le tesi della libertà, le tesi del diritto, le tesi dell'integrazione.

Quindi, questi aspetti, della libertà, del diritto di parola, della possibilità di incrociare sensibilità e opinioni, devono trovare nel ricordo di ieri la costante attuazione dell'oggi. Crediamo che sotto questo profilo queste azioni non siano espressione di vuota retorica, ma siano il modo con il quale proseguire una comune battaglia in questo senso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Colgo l'occasione per salutare gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto superiore “Giustino Fortunato” di Pisticci, Matera, che seguono i nostri lavori (Applausi). Ha chiesto di parlare il collega Epifani. Ne ha facoltà.

ETTORE GUGLIELMO EPIFANI (LEU). Presidente, volevo anch'io aggiungere qualche parola in ricordo e commemorazione di Jan Palach. Lo faccio con un'esperienza personale di cui mi scuso, ma in qualche modo importante nella mia biografia, perché toccò proprio a me, cinquant'anni fa, davanti agli studenti del mio liceo classico, un liceo classico della periferia di Roma, ricordare Jan Palach, che si era immolato per i valori della libertà e della difesa dell'autonomia del proprio Paese. Ricordo lo sgomento che ci colpì, l'emozione, e ci fu un'intera generazione che poi si sarebbe ritrovata nelle grandi lotte studentesche giovanili di quegli anni attorno a questa figura, a ritrovare il simbolo di che cosa potesse essere per i giovani il sentimento e la pratica della libertà.

Proprio per questo, perché la sua figura parlava a tanti, a molti, ed è una figura che non può essere sequestrata da qualcuno, penso che il modo migliore per onorare Jan Palach ancora oggi è onorarne il ricordo, ricordarne la forza morale e soprattutto gli insegnamenti che dalla sua tragica fine debbono essere permanente memoria per tutte le generazioni che ci sono state dopo e per le generazioni che verranno. E dire ai giovani studenti di oggi, anche del liceo che è qui presente, che c'è stato un uomo, un ragazzo, che cinquant'anni fa preferì sacrificare la propria vita per dire come il valore della libertà è un valore che non può essere né delegato ad altri né può essere soccombente sotto la logica della forza, la stessa logica che molti di noi ritrovarono qualche anno dopo nel sacrificio di Salvator Allende. C'è chi ha la forza e chi ha la ragione, la forza e la ragione, ma la ragione non può soccombere all'uso della forza, quando sono in ballo grandi questioni di libertà, di difesa della propria autonomia e di speranza nella costruzione di una vita migliore (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). Presidente, cinquant'anni fa io non ero nato, la maggior parte delle persone che siedono in quest'Aula non erano nate, però oggi, in quest'Aula si ricorda il gesto di Jan Palach, la Primavera di Praga, quel desiderio cosciente, consapevole, forte di testimonianza di libertà che si opponeva ai carrarmati russi, all'invasione di Praga. La Primavera di Praga, la Primavera delle riforme di Praga contro lo schiacciamento dei più basilari diritti umani da parte di un comunismo ideologico e militare, che privava intere generazioni, interi Paesi della libertà di impresa, della libertà di parola e di tante altre libertà.

Milioni di morti ha consegnato alla storia il comunismo, e Jan Palach non è soltanto un patrimonio della destra ma un patrimonio degli uomini liberi, considerando che quel comunismo, fino al 1989, è rimasto nel nostro continente una presenza concreta, reale, e nel nostro Paese i postumi del comunismo hanno continuato a perpetuarsi, dal punto di vista culturale, ideologico e politico, per molti, molti anni ancora. Credo che Jan Palach sia un esempio di una testimonianza e di una contrapposizione che c'è stata forte tra chi difendeva la libertà e chi la libertà la opprimeva, nel nome di valori teoricamente più alti ma che, nella loro realizzazione pratica, hanno portato fame, terrore e morte (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

PINO CABRAS (M5S). Presidente, Palach fu vittima della logica dei blocchi che attanagliò l'Europa per un lungo periodo. Per decenni l'Europa fu dentro una logica ferrea. Il nome “ferro” ricorreva nel concetto della cortina di ferro, nell'acciaio che forgiava i carri armati e le nuove armi, i missili con i quali i popoli europei erano ingabbiati in una logica delle superpotenze. Quel mondo per fortuna ha superato se stesso, ha trovato la chiave per trovare nella ribellione dei popoli una capacità di sconfiggere le forme più rigide del controllo da parte delle superpotenze. Ricordiamo che in quegli anni non c'era solo la Cecoslovacchia messa a ferro e fuoco dai carri armati, o comunque invasa, ma c'era la Grecia che stava sotto il tallone dei colonnelli, e si giustificavano ovunque questi regimi autoritari con logiche più grandi che li sovrastavano. Ancora oggi queste logiche influiscono sulla vita dei popoli, ma dobbiamo saper liberarcene trovando l'esempio nel coraggio dei singoli, nel coraggio delle forme organizzate di pacifismo, nella capacità di costruire la democrazia. Nel momento in cui c'è una corsa agli armamenti, dobbiamo sempre temere di poter arrivare in una situazione in cui saremo meno liberi, quindi dobbiamo costruire gli anticorpi con la memoria, ricordando che l'Europa è il luogo che ha elaborato sia le grandi tragedie del XX secolo sia le Carte dei diritti che poi sono diventate un patrimonio comune di tanti popoli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sasso. Ne ha facoltà.

ROSSANO SASSO (LEGA). Presidente, quando penso a Jan Palach penso ad un eroe dimenticato, uno di quegli eroi della libertà, uno di quei martiri del comunismo, uno di quei martiri di chi nel 1969 usava uno straccio rosso come bandiera, che purtroppo a 15 anni non ho potuto studiare sui libri di storia. Quando penso a Jan Palach penso ad un ragazzo di ventun'anni che, mentre qui, in Italia, qualcuno faceva il tifo per i carri armati sovietici arrivando poi ad occupare gli scranni più alti della nostra Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), pensò di andare in piazza Venceslao e di cospargersi di benzina, non compiendo un atto di violenza come un brigatista qualunque ma immolando il proprio corpo, dando un segno di libertà, perché lì c'era il comunismo, lì c'era la negazione della libertà, c'era la negazione del dissenso. Quindi ben venga oggi commemorare, perché Jan Palach morì ufficialmente il 19 gennaio, dopo quarantotto ore di tremenda agonia. È giusto ricordare per sempre alle nuove generazioni un eroe, un martire della libertà, un martire del comunismo, Jan Palach (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sasso. Come vede, non è un eroe dimenticato. Desidero informare l'Assemblea che il nostro collega Fausto Raciti è diventato padre del piccolo Enrico. Esprimo al collega, alla mamma e al piccolo neonato gli auguri più sinceri da parte di tutti noi (Applausi).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole D'Alessandro. Ne ha facoltà.

CAMILLO D'ALESSANDRO (PD). Presidente, domani è il 18 gennaio: esattamente 100 anni fa don Luigi Sturzo donava all'Italia un appello che ha fatto la storia, Appello ai liberi e forti. Oggi il Presidente Mattarella è intervenuto ad un dibattito sul centenario dell'Appello; io le chiedo, Presidente, di valutare con la Presidenza tutta una giornata di commemorazione di quest'Aula per un Padre della patria come don Luigi Sturzo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole D'Alessandro, sicuramente approfondiremo con il Presidente Fico e daremo attenzione alla sua richiesta.

Si riprende la discussione della proposta di legge costituzionale n. 1173-A.

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono iniziati gli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 1.

(Ripresa esame dell'articolo 1 – 1173-A)

PRESIDENTE. Onorevole Dadone, si è riunito il Comitato dei nove: la pregherei di raccontare all'Aula a che punto siete con i lavori, anche perché ci sono delle novità che è giusto che l'Aula comprenda.

FABIANA DADONE, Relatrice per la maggioranza. Presidente, ci tenevo ad intervenire, visto che questa mattina mi ero impegnata a sciogliere dei nodi all'interno del Comitato dei nove, soprattutto rispetto alle problematiche emerse non solo nel dibattito in sede di Commissione, ma anche durante la discussione sulle linee generali in Aula; principalmente, relativamente al ballottaggio tra il testo della controproposta parlamentare e quello del comitato promotore sostenuto dalle 500 mila firme, e il successivo nodo, più volte presentato alla relatrice e alla maggioranza, del vaglio preventivo di costituzionalità. Ho quindi vagliato tutti gli emendamenti che sono stati presentati dall'opposizione, e ho deciso di presentare una serie di emendamenti che includessero lo spirito delle proposte che sono state avanzate da tutti, perché nessuna era in grado di sciogliere effettivamente quelli che erano i nodi. Avrei preferito - devo essere onesta - accogliere qualcosa che provenisse dalle opposizioni; ma è andata bene così, l'importante è riuscire a risolvere le problematiche.

Con il primo degli emendamenti, quindi, risolviamo la problematica del ballottaggio, vi è stata una lunga discussione sul voto favorevole o contrario sia alla proposta di legge parlamentare contrapposta a quella popolare e alla seconda preferenza, ed escludiamo quindi il voto popolare sulla controproposta parlamentare. Quindi, andrà al referendum soltanto la proposta sostenuta dalle 500 mila firme. Se questa proposta riuscirà ad ottenere la maggioranza di “sì”, come da quorum, entrerà in vigore questa proposta di legge; in caso contrario invece entrerà in vigore la controproposta che ha avanzato il Parlamento.

In questa maniera, si dà anche la possibilità al Parlamento di non essere necessariamente spinto ad avanzare una controproposta: il Parlamento può infatti decidere di lasciare che tutto rimanga com'è, e quindi decidere di mandare il comitato promotore e le 500 mila firme al referendum e di schierarsi sullo status quo. In questa maniera è chiarito il metodo di voto, si evita lo scontro che noi assolutamente non volevamo: io continuo a ribadirlo, la nostra era tutt'altro che un'ottica ingenua, l'auspicio era quello di creare un dialogo. Spero che in questa maniera comunque si sviluppi un dialogo costruttivo tra il “palazzo” e la cosiddetta piazza, e si eviti quello che qualcuno ha chiamato un derby tra il Parlamento e i cittadini.

Viene escluso sempre con lo stesso emendamento il referendum per le modifiche meramente formali. Questa è stata anche una richiesta che è stata più volte avanzata: è stato quindi specificato all'interno di questo emendamento che non è sufficiente il cambiamento della cosiddetta virgola per poter andare al referendum, e quindi creare volontariamente lo scontro, ma ci dovranno essere delle modifiche effettive. Chi lo valuterà?

Nel testo dell'emendamento in realtà è implicito, ma si intende rilasciare alla legge di attuazione l'assegnazione all'Ufficio centrale per il referendum, in maniera da omologare la disciplina dell'articolo 75 con quella dell'articolo 71, quindi abrogativo e propositivo rafforzato.

Sul vaglio preventivo di costituzionalità noi avevamo preferito l'opzione di un controllo di ammissibilità; però, viste le sollecitazioni… La nostra paura - io l'ho ricordato più volte - era il fatto che si creasse una sovrapposizione tra una pronuncia data in via preventiva rispetto ad una successiva, quindi si creasse una sorta di imbarazzo da parte della Corte costituzionale, che si fosse dovuta trovare a decidere sullo stesso argomento, sugli stessi principi. Abbiamo però compreso che questo era un argomento che è stato molto dibattuto, è stato anche molto sollevato e discusso in sede di audizione, e abbiamo quindi ritenuto di modificare con un secondo emendamento quello che è il secondo capoverso dell'articolo, andando ad eliminare “i princìpi e i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, nonché dal diritto europeo ed internazionale”, inserendo l'inciso “la Costituzione”. In questa maniera riusciamo anche a superare tutte quelle che sono le questioni che riguardano l'articolo 117, terzo e quarto comma, quindi sulle competenze concorrenti ed esclusive da parte delle regioni, che parevano essere violate dalla possibilità di andare a referendum; e risolvere chiaramente tutto il problema interpretativo che si è creato sulla matrice dei princìpi e dei vincoli derivanti dai rapporti europei ed internazionali. Varrà quindi tutta la Costituzione nella valutazione: in questa maniera non si prende soltanto una sezione dell'articolo, solo un principio, solo un'interpretazione sul primo blocco degli articoli piuttosto che sulla seconda parte, la si include tutta.

Un ulteriore emendamento ha accolto il rilievo sul numero massimo di proposte. È stata modificata la parte che riguarda la legge di attuazione, inserendo un riferimento esplicito al numero massimo di proposte. L'ho detto già in relazione illustrativa: avevamo ritenuto che inserendo il concorso di più proposte popolari si riuscisse già ad esaurire la questione; però, mi è parso di capire, dal dibattito, che fosse tutt'altro. Gli emendamenti, da questo punto di vista, sono stati numerosi. Purtroppo però non riuscivano a risolvere la problematica: inserivano o dei limiti temporali come l'anno solare, piuttosto che delle indicazioni proprio numeriche, un anno, due, tre, che non credo siano l'espressione migliore da inserire in un testo costituzionale. Pertanto abbiamo pensato di inserire l'inciso “il numero massimo”. In questa maniera poi si demanderà alla legge di attuazione, che verrà approvato con la maggioranza assoluta; questo per l'emendamento approvato in Commissione. Si andrà a disciplinare tutta quella pluralità di opzioni che in parte c'erano negli emendamenti, ma non erano tutte incluse in un'unica formulazione: quindi la possibilità da parte del comitato promotore di raccogliere più firme nello stesso momento per diverse proposte di legge, oppure la possibilità da parte dell'elettore di sottoscrivere più proposte di legge nello stesso momento, oppure ancora il rischio che arrivassero più proposte di legge, anche di senso opposto, alle Camere e creassero una sorta di ingorgo nel calendario dei lavori.

Da ultimo, tra le proposte più rilevanti, la possibilità di estendere l'anticipazione del controllo di ammissibilità a 200 mila firme anche per il referendum abrogativo. Questo in Commissione era un emendamento che era stato avanzato dall'onorevole Magi, ed ha necessitato una riformulazione che in sede di Commissione non era possibile, era già stato chiarito; abbiamo quindi pensato di riproporlo per l'Aula.

Io spero che questo lavoro venga valutato positivamente da parte di tutti, a dimostrazione del fatto che la volontà era tutt'altro che quella di creare una contrapposizione forte tra chi sta fuori da questo palazzo e chi sta all'interno. Il nostro interesse vero è di dare uno strumento di democrazia diretta sì, ma che funzioni e che permetta anche al Parlamento di riuscire ad andare incontro alle esigenze dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Onorevole Dadone, credo che il suo lavoro sia stato prezioso. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Delrio. Ne ha facoltà.

GRAZIANO DELRIO (PD). Voglio ringraziare l'onorevole Dadone e il Comitato dei nove per il lavoro che è stato presentato adesso, qui e che noi apprezziamo sinceramente, perché ci pare che questo lavoro cambi completamente l'impostazione originale che era stata data a questo progetto di riforma della Costituzione che, secondo noi, così come è stato, credo in maniera non strumentale, illustrato compiutamente questa mattina, appunto, secondo noi, determinava gravi squilibri nel testo costituzionale.

Proprio perché c'è stato uno sforzo molto apprezzabile di modifica del testo da parte anche della maggioranza, credo che sia opportuno, a questo punto, che vi sia una pausa di riflessione, che vi sia una pausa in cui, appunto, i gruppi possano esaminare il testo compiutamente, visto che domattina alle 11 – mi pare – vi sia la scadenza per la presentazione dei subemendamenti, onorevole, e che vi sia, quindi, una pausa per un analisi approfondita del testo - e questo sarebbe da parte nostra indispensabile - oltre ad una valutazione anche sul comportamento che i gruppi terranno in Aula, ovviamente, perché questa vostra, credo auspicabile ma non prevista, apertura comunque va valutata fino in fondo in tutte le sue conseguenze, poiché stiamo parlando di un testo delicato come quello costituzionale.

Quindi, Presidente, noi siamo a chiedere che si aggiorni la discussione, perché il programma attuale degli interventi mi pare che diventi non più attuale alla luce di queste novità. Ecco, lo dico perché io avrei il desiderio di potermi confrontare con il mio gruppo per potere analizzare fino in fondo questi cambiamenti, perché abbiamo ancora questa “cattiva” abitudine democratica di discutere tra di noi su questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Quindi, vorremmo anche poter, insomma, continuare a dare il nostro contributo e visto che nell'Aula di questo Parlamento il contributo dei parlamentari è il motivo per cui siamo stati eletti vorremmo che questo contributo fosse competente e serio. Quindi, io chiedo ai colleghi della maggioranza che venga valutata l'ipotesi di una sospensione e alla Presidenza che venga valutata l'ipotesi di una sospensione fino a martedì possibilmente e poi, però, attendo di potermi confrontare con i colleghi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Dunque, c'è una richiesta di rinvio della seduta a martedì. Su tale richiesta consentirei che vi sia un dibattito tra i gruppi.

Ha chiesto di parlare il collega Speranza. Ne ha facoltà. A favore o contro, immagino che in questa circostanza non vi saranno difficoltà a far parlare tutti i gruppi. Prego, collega Speranza.

ROBERTO SPERANZA, Relatore di minoranza. Presidente, io vorrei provare a chiedere all'Aula un attimo di attenzione su questo passaggio, perché ritengo che non sia un passaggio banale sul piano politico. Ieri, in discussione sulle linee generali, ahimè dinanzi a un'Aula che non era così partecipata come invece è stasera, ho provato a esprimere una grande preoccupazione e, cioè, che dinanzi a un tentativo di riforma della Carta costituzionale del nostro Paese si ritornasse a un cliché già visto molte volte, cioè all'idea di uno scontro tra maggioranza e minoranza, tra forze che sostengono il Governo e forze di opposizione.

Io mi sono preoccupato di questo scenario, ed è il motivo che mi ha portato in Commissione, pur non condividendo nel merito il testo di cui si ragionava, a non partecipare al voto sul mandato al relatore. Ho voluto provare, con quell'atto, a creare condizioni per disinnescare questo muro contro muro sulla Costituzione, che non avrebbe portato da nessuna parte e che, dal mio punto di vista, non porta da nessuna parte. Ora, a me pare che nella giornata di oggi i messaggi che la relatrice ha voluto portarci e, in modo particolare, gli emendamenti presentati, che a una prima lettura, che chiaramente faremo anche in modo più approfondito nelle prossime ore, sembrerebbero assumere i punti fondamentali di dissenso che, almeno da parte del mio gruppo e nella stragrande maggioranza degli interventi che vi sono stati nel corso della discussione in Commissione, sollevavano temi veri, ebbene io penso che questo atto ci possa aiutare a portare la discussione parlamentare, in una materia come la Costituzione, su un terreno diverso di quella del muro contro muro. Per questa ragione io credo che oggi si sia fatto un passo avanti molto importante.

Per questa ragione io credo che ci sia bisogno di continuare su questo terreno e di non rassegnarsi. Probabilmente, ci sono ancora altri punti e penso, in modo particolare, ai limiti di competenza, su cui ci sarà ancora uno spazio di dissenso tra noi, di ragionamento e di interlocuzione, ma credo che questa pagina parlamentare, anche per le parole che ho sentito pronunciare dal collega Delrio, mi sembra che segnali una modalità giusta che tutti quanti insieme dobbiamo provare a rivendicare.

Per questa ragione esprimo il mio parere come relatore di minoranza e poi il gruppo di Liberi e Uguali deciderà se e come intervenire ma, come dicevo, io mi sento di sostenere la proposta che viene fatta da Graziano Delrio perché mi pare che vada nella direzione giusta. Il testo è profondamente cambiato, la proposta, come emendata dalla relatrice, ci offre oggettivamente un impianto di riforma che è molto diverso da quello su cui abbiamo discusso finora. Dunque, io credo che sia legittimo che i gruppi possano ragionare, vedersi, incontrarsi, discutere e, a partire dalle nuove valutazioni, io sono convinto che potremo migliorare ulteriormente questo testo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Adelizzi. Ne ha facoltà.

COSIMO ADELIZZI (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo semplicemente per ribadire quanto c'eravamo detti poc'anzi con i colleghi delle altre forze politiche, ovvero che l'intesa era di fare una breve sospensione per poter poi svolgere delle riflessioni sull'eventuale prosieguo della discussione sul complesso degli emendamenti e valutare i prossimi passi. Quindi, mi sento di fare a tutti una proposta alternativa o, magari, di congelare un attimo la richiesta del collega Delrio del Partito Democratico e di sospendere brevemente la seduta, anche per dieci minuti o per quindici minuti, per poterci un attimo riaggiornare con i colleghi, se lei è d'accordo.

PRESIDENTE. Io sono assolutamente d'accordo e penso che non ci siano obiezioni. Collega Sisto, se posso riepilogare, prima di darle la parola. Il collega Adelizzi chiede, prima di continuare gli interventi sulla richiesta di rinvio della seduta a martedì, di avere una sospensione della seduta di quindici minuti. Io credo che sia dovuto acconsentire a una richiesta di un gruppo relativa ad una sospensione. Peraltro, tale richiesta è stata motivata in maniera molto chiara. Quindi, io sospendo la seduta per un quarto d'ora e riprenderemo alle ore 16,45 con gli interventi degli iscritti sulla richiesta di rinvio della seduta a martedì.

La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 16,45.

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione della proposta di legge costituzionale 1173-A.

Avverto che, come anticipato dalla relatrice, onorevole Dadone, prima della sospensione della seduta, la Commissione ha presentato gli emendamenti 1.900, 1.901, 1.902, 1.903, 3.900 e Tit.900.

Sulla richiesta di rinvio dell'esame del provvedimento, ha chiesto di parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. Volevo semplicemente chiarire la necessità tecnica di una riflessione approfondita sugli emendamenti. È stato ben chiaro dalla lucida relazione della relatrice che le scelte del Governo su questo provvedimento sono profondamente mutate, cioè vi è stato un cambiamento direi copernicano nella struttura del provvedimento. Questo, ovviamente, non solo influisce sull'attività relativa ai subemendamenti, perché si tratta non di subemendare degli emendamenti, come posso dire, occasionali, accidentali, accessori, satelliti, ma sono emendamenti strutturali, cioè sono emendamenti che cambiano la facies del provvedimento.

Di conseguenza, c'è il problema di redigerli, di prendere atto di questo mutamento di rotta da parte del Governo, di adeguare l'attività di subemendamenti a questo cambiamento di rotta, ma di reimpostare anche tutta l'attività di rilettura degli emendamenti, perché molti degli emendamenti presentati al testo diventano emendamenti eccentrici, visto il cambiamento che la relatrice oggi ha portato nell'Aula.

Allora, credo che la pausa di riflessione non sia soltanto una pausa politica, ma è una pausa tecnica, necessaria e indispensabile perché i gruppi possano assumere non complessivamente - molto spesso siamo abituati, Presidente, a ragionare, quando si parla sull'ordine dei lavori o come relatori di minoranza, per effetto politico -, qui c'è la necessità di esaminare parola per parola, emendamento per emendamento, l'effetto che fa questo emendamento sulla vecchia struttura del provvedimento in unione con i nuovi emendamenti presentati dalla relatrice. Quindi, se potessi dire, si presenta oggi all'attenzione della Camera un nuovo testo, il testo è nuovo, è diverso, allora la riflessione è indubbiamente necessaria.

Quando noi chiediamo di andare a martedì per poter completare l'attività relativa ai subemendamenti e, quindi, reimpostare anche l'atteggiamento da tenere in Aula sui singoli emendamenti, è evidente che questo è un discorso necessario. Ovvio che, da questo punto di vista, diventerà indispensabile rileggere anche l'approccio alla discussione sul complesso degli emendamenti, ma sarà un precipitato necessario e derivante da quelle che sono state le riflessioni. Quindi, io inviterei correttamente tutti a consentire, su un provvedimento di questa rilevanza, a matrice costituzionale, il giusto tempo di riflessione perché, magari, si possa trovare su certi punti un respiro più ampio che possa consentire all'Aula anche di procedere più speditamente alla discussione del testo e degli emendamenti. Mi associo, pertanto, alla richiesta del presidente Delrio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zucconi. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Il gruppo di Fratelli d'Italia ha apprezzato il lavoro della Commissione, del Comitato dei nove e della relatrice Dadone, che ci pare abbia superato parecchie delle criticità che avevamo evidenziato. Questo sicuramente è da riconoscere volentieri. E proprio al fine di poter valutare gli effetti delle modifiche proposte, ci pare che la proposta di rimandare sostanzialmente i lavori a martedì, anche proseguendo la discussione oggi, ma nella sostanza di rimandarli a martedì, sia la migliore. Quindi aderiamo volentieri alla richiesta proposta dal presidente Delrio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Il relatore di minoranza, il collega Speranza, ha già esposto le nostre ragioni nel merito. Mi sia consentito di dire che nella Conferenza dei presidenti di gruppo avevo auspicato un passaggio come quello che sta maturando, cioè la necessità di approfondire gli emendamenti, che, concordo con il collega Sisto, sono emendamenti strutturali, che necessitano quindi di approfondimento.

In coerenza, bisogna dare atto che la relatrice non ha presentato emendamenti di facciata o accessori, ma, se sono strutturali, bisogna riconoscere quello che noi abbiamo detto e riconosciamo, cioè un passo in avanti, ma proprio perché hanno un carattere strutturale occorre avere il tempo di comprendere quali effetti possono determinare nel cambiamento rispetto al testo originario, soprattutto rispetto al testo degli articoli che rimangono non toccati e che, quindi, rimangono vigenti. Quindi, noi siamo assolutamente favorevoli. Credo che nella giornata di oggi possa ancora andare avanti una parte del dibattito, per poi dedicare, da venerdì in avanti fino a martedì, un approfondimento, lo dico anche immaginando gruppi più grandi del nostro, a riunioni di gruppo che consentano a tutti i parlamentari, perché credo che mai come in questo momento - su un tema come la Costituzione non valga il concetto, che normalmente vale nel lavoro parlamentare, di disciplina di gruppo - ogni singolo deputato debba essere messo nelle condizioni di informazione e di approfondimento adeguato per poter esprimere in assoluta autonomia il proprio giudizio.

Chiudo, quindi, se mi è consentito, con un invito alla maggioranza e al Governo a che un metodo, come quello che è stato seguito in questo caso, di un ruolo propositivo e di ascolto da parte del relatore, sia usato anche sui provvedimenti legislativi ordinari, cosa che oggettivamente all'inizio, nella prima parte di questa legislatura, non è accaduto; noi ce ne siamo più volte rammaricati e, invece, lo vediamo positivamente, perché crediamo che questo stia dentro l'idea della centralità del Parlamento. E quando si rivendica la centralità del Parlamento, nella centralità del Parlamento c'è anche l'ascolto reciproco, altrimenti, come dire, se il Parlamento, se l'Aula è semplicemente una riproposizione dei rapporti di forza che vengono stabiliti ogni cinque anni nelle elezioni, evidentemente il Parlamento rimane un guscio vuoto e non, invece, il luogo in cui ci si ascolta, ci si confronta e si trovano i punti di mediazione nel rispetto dei ruoli di maggioranza e di opposizione. Quindi, è un apprezzamento non scontato, né formale di questo lavoro. L'invito è davvero a che ciò avvenga anche su altri temi.

Quindi, ribadisco da parte nostra - e ringrazio il Presidente per avermi dato la parola, anche se era già intervenuto il collega Speranza - la necessità che vi sia un adeguato tempo di riflessione, proprio perché questi emendamenti sono strutturali, sono emendamenti che ridefiniscono la proposta nel loro complesso.

Secondo noi c'è ancora spazio di miglioramento, però questo può avvenire - lo dico subito - su un tema che c'era, e rimanga, quindi, un invito alla riflessione al relatore, al Governo e alla maggioranza, un'autostrada, una via maestra, sui dubbi che sono stati espressi da molti colleghi sul tema delle materie: sarebbe semplicemente riprendere un collegamento diretto con le materie dell'articolo 75, cioè del referendum abrogativo. Da questo punto di vista, troveremmo un parallelismo, che, costituzionalmente, a nostro giudizio, sarebbe più corretto. Quindi, credo che questo sia un invito a un'ulteriore riflessione. Passi in avanti ce ne sono stati, crediamo che ce ne possono essere ancora altri, nell'auspicio di quel dialogo e di quel confronto tra maggioranza e opposizione, che, come ricordava Roberto Speranza, dovrebbe essere l'elemento guida fondamentale quando si tratta di intervenire sulla Carta costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Schullian. Ne ha facoltà.

MANFRED SCHULLIAN (MISTO-MIN.LING.). Grazie. Condividiamo l'opportunità di sospendere il dibattito in questa fase, riconoscendo e apprezzando il lavoro e soprattutto la qualità del lavoro fatto dalla relatrice.

PRESIDENTE. Dopo avere ascoltato gli interventi dei gruppi, anche nell'informalità durante il tempo della sospensione richiesta dal collega delegato d'Aula dei Cinquestelle, i programmi possono procedere in questo modo.

Proseguiremo con alcuni interventi ancora sul complesso degli emendamenti fino alle necessità dell'Aula, dopo riprenderemo martedì alle ore 14 con gli ultimi interventi previsti sul complesso degli emendamenti per poi passare al seguito dell'esame. Quindi, credo che, consentendo anche a chi deve intervenire di poterlo fare in serenità, possiamo programmare i prossimi voti a partire da martedì.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Silli. Ne ha facoltà. Chiediamo soprattutto intorno a lei se i colleghi possono consentirle…

GIORGIO SILLI (FI). …di abbassare un po' i toni.

PRESIDENTE. Prego.

GIORGIO SILLI (FI). Grazie, Presidente. Grazie mille, francamente siamo un po' spaesati, seppur come dire accogliendo la buona volontà da parte del relatore che cambia sostanzialmente alcuni argomenti che sono stati oggetto di grandi dibattiti all'interno della Commissione affari costituzionali. Non è un segreto che io personalmente, anche durante la discussione, ho avuto più volte a ribadire… Presidente, mi scusi, c'è un po' di…

PRESIDENTE. Sì, ha ragione, onorevole Silli. Soprattutto chi si sta affettuosamente salutando dietro di lei, pratica assolutamente… sì proprio con lei…prego, onorevole Silli.

GIORGIO SILLI (FI). Non è assolutamente una novità, come ho avuto a dire diverse volte in Commissione affari costituzionali, che io non sono un grande fan della democrazia partecipata o, comunque sia, della democrazia diretta elevata all'ennesima potenza. Ci sono momenti in cui è giusto interpellare ed avere un rapporto più stretto e più vicino con quello che noi definiamo il popolo con la “P” maiuscola e altri momenti che, con molta probabilità, si prestano meno a tali operazioni.

Storicamente il potere esecutivo tendeva a convocare assemblee composte dal popolo con la scusa di decidere qualcosa di importante ma, nella realtà, lo faceva per lavarsi le mani di un qualcosa che sarebbe stato scomodo da decidere. I re di Spagna avevano le Cortes; i re di Francia convocavano gli Stati generali, guarda caso sempre e comunque per qualcosa di particolarmente complesso e difficile e in questa maniera si lavavano la coscienza scaricando la possibilità di decidere sul popolo per poi successivamente additare il popolo come responsabile della decisione. Ha detto bene il collega Sisto citando Il Simposio di Platone: l'amore per le leggi è sacro e siamo a fianco della Costituzione, non potremmo altrimenti e purtroppo in questo momento storico, all'interno di quest'Aula e nel percorso all'interno delle Commissioni, ahimè stiamo tradendo la Carta e sostanzialmente questi valori. La proposta di legge costituzionale fa riferimento a un pensatore, a qualcuno di ben preciso, Jean-Jacques Rousseau, nome conosciutissimo. Non a caso la famosa piattaforma dei Cinque Stelle si chiama piattaforma Rousseau, che non era un tecnico informatico che ha creato la piattaforma dei Cinquestelle ma un pensatore studiato in tutti gli esami di storia delle dottrine politiche ed è assolutamente ricordato per essere un fautore e un grande estimatore della volontà generale attraverso gli strumenti di democrazia diretta. Detto così suona anche abbastanza bene da un punto di vista filosofico-politico: perché ci dovrebbe essere qualcosa che non torna? Del resto anche nell'antica Roma, del resto anche nella Grecia antica spesso e volentieri ci si rifaceva al giudizio e alla partecipazione diretta del popolo attraverso le ecclesiae, attraverso i comizi; un'ultima volta addirittura fu la Comune di Parigi nel 1871, anche se in seguito la città fu semidistrutta dopo quel consesso. Perché citare Rousseau? Non certamente per voler gettare in faccia a qualcuno qualche reminiscenza di studi universitari.

Citiamo Rosseau perché effettivamente lui è stato il filosofo che ha sempre messo in discussione quella cosa meravigliosa che regge da tempo il nostro Paese che è la democrazia rappresentativa. La democrazia di Rousseau non è di tipo fiduciario, come abbiamo visto con Locke o con Montesquieu, ma è di tipo diretto e questo lo vediamo ogni giorno perché effettivamente la famosa piattaforma Rousseau utilizzata dal MoVimento 5 Stelle ha un rapporto diretto con tutti i propri militanti o elettori e ciò non è altro che la volontà di riproporre questo modo di intendere la democrazia all'interno di quest'Aula. Questo noi non lo possiamo assolutamente accettare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), non possiamo tornare indietro ai tempi della Rivoluzione francese. Rousseau, al quale voi vi ispirate e sarebbe bello sentire da parte vostra dire chiaramente che vi ispirate a Rousseau con tutti i suoi pro e tutti i suoi contro, teorizzava che la sovranità consiste essenzialmente nella volontà generale e la volontà non si rappresenta. Ma come la volontà non si rappresenta? Allora vuol dire che noi in questo Paese per dei decenni abbiamo sbagliato tutto completamente. Vuol dire che la democrazia rappresentativa assolutamente è il male assoluto. Vuol dire che il provvedimento, la proposta di legge in esame va nella direzione in maniera molto sorniona, a piccoli passi, facendo un passo avanti e due indietro, come abbiamo visto oggi, ma la direzione è quella ossia sostanzialmente di delegittimare la democrazia rappresentativa e quindi degradare i cosiddetti deputati del popolo, i rappresentanti del popolo non più a legislatori ma a semplici commissari di un iter legislativo che sostanzialmente dovrebbe nascere direttamente dal popolo. Ritengo che vi stiate sbagliando: l'ho detto più volte in Commissione. Da un punto di vista filosofico-politico il pensiero di Rousseau può essere un pensiero non dico condivisibile ma che quanto meno fila, ma nella politica di tutti i giorni, nelle democrazie moderne, nella Repubblica italiana non può funzionare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Non possiamo veramente rischiare dei corti circuiti solo ed esclusivamente perché una piccola percentuale di italiani ha voglia di partecipare in maniera attiva e diretta. Ringrazio il relatore perché effettivamente sono stati fatti passi indietro a mio avviso molto sensati. Addirittura all'inizio della discussione in Commissione si parlava di quorum inesistente, se ben si ricorda, e questa era una cosa su cui sicuramente i seguaci di questo filone filosofico-politico erano assolutamente d'accordo. È normale: chi conosce la cosa pubblica, chi conosce le istituzioni non può neppure lontanamente ipotizzare un referendum senza quorum.

Vi dirò in maniera molto pacata, a mio avviso, perché vi state sbagliando in tre punti. Da un punto di vista filosofico, la cosiddetta volontà generale non è attuabile: è fatale per il Parlamento e per le istituzioni; non si può dire che uno vale uno perché uno non vale uno, non può valere uno; il popolo italiano ha diritto ad essere rappresentato da un élite ma non élite intesa come parolaccia ma come persone che sanno come muoversi all'interno delle istituzioni e che conoscono la cosa pubblica. Qualche personaggio famoso usava dire che centomila cretini non fanno un intelligente ed è vero è verissimo; come venti milioni di elettori non fanno altrettanti esperti di medicina, di finanze o di giustizia. Da un punto di vista istituzionale vi state sbagliando perché, a mio avviso, la nostra Costituzione, come ben sappiamo, è il frutto di un compromesso storico (e che compromesso) tra marxisti e cattolici e mantiene un impianto coerente fondato proprio sulla democrazia rappresentativa con il Parlamento che è assolutamente centrale e con organi, organismi ed enti che vengano eletti in secondo o addirittura in terzo grado.

Il nostro sistema è impiantato in questa direzione: nasce, cresce e si sviluppa su quella che è la democrazia rappresentativa. E poi la terza ragione è chiaramente politica: il referendum, che è uno strumento che a me non convince fino in fondo, ma in casi eccezionali è stato importante, importantissimo, ma nasce come strumento per risolvere delle storture, non può essere uno strumento basilare, non può diventare quasi esclusivamente l'unica fonte del diritto, per assurdo, di questo Paese. L'effetto della riforma sarebbe, quindi, dirompente nella sistematicità di tutto l'impianto democratico e costituzionale. Credo che il MoVimento 5 Stelle voglia delegittimare il Parlamento definitivamente, e non lo dico per un'antipatia personale o perché sono un deputato orgogliosamente all'opposizione di questo Governo. Lo dico perché effettivamente le avvisaglie ci sono tutte.

Probabilmente, il 90 per cento dei deputati del MoVimento 5 Stelle non si rende conto di quello che sta votando o degli effetti nefasti che potrebbe sortire questo provvedimento, ma, di fatto, così è. Credo che fingere di far decidere decine di milioni di italiani, esprimendosi semplicemente con un sì o con un no su una proposta preconfezionata, milioni di italiani che sono assolutamente persuasi e subiscono ogni giorno attacchi psicologici dall'esterno attraverso i social, attraverso i media, credo che questo voglia dire non tanto dare un qualcosa in più agli italiani, ma credo che voglia dire approfittarsi dell'ignoranza degli italiani, affinché delle lobby e delle élite, queste sì malvagie, possano portare avanti delle proposte di legge e farsele approvare. Concludo con una citazione di persona grande, di persona che ha segnato la storia di questo Paese e la storia democratica di questo Paese, ma di una persona che non mi appartiene da un punto di vista ideologico, ed è la grande Nilde Iotti, Presidente, che ha seduto sul suo scranno per decenni.

Nilde Iotti diceva: nel sistema democratico voluto dalla Costituzione il Parlamento e solo il Parlamento è l'espressione della volontà popolare. La nostra Costituzione non ammette che il Paese sia privo neanche per un solo giorno di un Parlamento dotato dei suoi poteri. Per questo, credetemi, non in maniera preventiva o polemica, sono fortemente critico nei confronti di una esasperazione dell'istituto del referendum (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI (FI). Grazie, Presidente. Sono contenta che questa proposta sia arrivata in Parlamento perché ci consente, credo, di toccare un tema che, senza il velo dell'ipocrisia, diventa un tema fondante oggi della politica nazionale, al di là di quello che è il contenuto stesso della proposta. Colleghi, collega relatrice, nel caso in cui noi ci trovassimo di fronte…

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, mi scusi. Chiederei cortesemente ai colleghi….prego, onorevole Santelli.

JOLE SANTELLI (FI). Grazie, Presidente. Nel caso in cui ci trovassimo di fronte ad una proposta semplicemente di introduzione nel nostro sistema di un referendum propositivo, senza tutto il contesto politico che lo accoglie, sarebbe una proposta di un tema che è stato discusso per decenni in questo Paese, che è stato oggetto di discussione all'interno dell'Assemblea costituente, quindi un tema puramente costituzionale, un tema, mi permetto di dire, neutro, nel senso che già i costituenti si sono posti il tema di come coinvolgere l'intero popolo in alcune decisioni, i costituenti si sono posti il tema di come attuare delle forme di democrazia diretta. Allora si decise di prevedere un referendum abrogativo e non un referendum propositivo, che, è vero, esiste in altri Paesi.

Quindi, il tema di per sé potrebbe essere quasi un tema di accademia o di discussione, se non fosse che, se togliamo il velo dell'ipocrisia, il contesto storico-politico in cui questa proposta cade è tutt'altro, ed è tutt'altro, amici, non in Italia, è tutt'altro in Europa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Allora, dobbiamo avere anche il coraggio di affermare che c'è un attacco pesantissimo alla democrazia della rappresentanza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), e, siccome la democrazia della rappresentanza è l'unica forma di democrazia che questo mondo europeo e occidentale è riuscito a individuare, questo è un attacco non alla democrazia della rappresentanza, ma alla democrazia in senso lato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Questo, lo dico con serenità, al di là, forse, delle intenzioni degli stessi proponenti. Quindi, chiedo veramente, soprattutto ai colleghi dei 5 Stelle, che della cosiddetta democrazia diretta o di questa proposta di legge, che, in realtà, è un disegno di legge perché notoriamente è molto attenzionato, diciamo, dal Governo, ne hanno fatto una loro bandiera, anche i termini usati in questa Aula devono essere usati con attenzione.

Quando la relatrice parla di un disegno di legge che non deve mettere in contrasto il palazzo con la piazza, il palazzo con il popolo, sono termini sbagliati, collega, sono termini di una comunicazione odierna, ma che lede pesantemente la democrazia. Questo non è un palazzo, questo è il tempio della democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)! E non lo dico per un assetto romantico; lo dico perché, ribadisco, forse, come ricordava prima anche il collega Silli e altri colleghi, alcuni filosofi, amanti dell'utopia, hanno immaginato le società in cui tutti decidevano, ma dopo l'agorà ateniese, ogni volta che il popolo o qualcuno ha promesso al popolo il potere diretto, quello che gli ha regalato è stata la dittatura (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Non c'è mediazione, e non lo dico io, non lo dice la nostra parte politica, ma lo dice l'unico insegnante che ciascuno di noi ha, che è la storia. La storia racconta, nessuno di noi, purtroppo, inventa nulla. Ognuno di noi, forse, si sente protagonista di un'epoca speciale, di un'epoca in cui perseguiamo il futuro; siamo sempre vittime dei nostri sogni e nella storia e nei secoli tanti Paesi sono state vittime di queste utopie, pagandola caramente. Non esiste, ogni volta che si è promesso che ciascun cittadino aveva il diritto di scegliere il proprio destino, dai citoyen ai soviet russi, quello che è risultato è stata la dittatura dei pochi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Ci piacerà, non ci piacerà. Come diceva qualcuno molto più bravo di me e molto più bravo di tanti di noi, la democrazia della rappresentanza non sarà il sistema migliore, ma sicuramente è il sistema migliore che i popoli occidentali hanno trovato, sicuramente è quello più democratico. E, allora, bisogna stare molto attenti quando si manipolano, quando si manovrano gli elementi costituzionali. Sono spaventata, per questo dico che sono contenta di poter parlare in quest'Aula; anche se l'Aula non è piena, anche se molti sono stanchi e non ascoltano, sono contenta. Sono contenta perché questo palazzo, se vuole essere un tempio della democrazia, ha il dovere di raccontare e di analizzare. Siamo in un tempo in cui, amici, negli ultimi dieci anni o vent'anni tutte le democrazie occidentali sono sotto assedio.

Ma non è iniziato da noi: è iniziato, e lo ricordo a tanti, a quelli che sono presenti, con una ubriacatura collettiva che anche noi occidentali abbiamo subito, quando ci siamo innamorati della rivoluzione del web nei Paesi del Nordafrica e del mondo arabo, di questi afflati di libertà e di popolo che volevano la democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Drammaticamente, combattendo tutti questi comandanti, che noi vedevamo con tanto disgusto, perché lontani da noi, che chiamavamo tiranni, abbiamo regalato a quei popoli anche noi, purtroppo, la tirannia vera, l'oscurantismo. Poi, perché questo è stato, quel contagio - e ancora non sappiamo chi c'era dietro tutto quello, ce lo dirà la storia, sicuramente non c'era la rivoluzione del web - ha preso i Paesi occidentali e stranamente ha preso i Paesi del meridione dell'Europa, Spagna, Grecia, Italia e, oggi, Francia. Sono contenta dei “gilet gialli”, di chi invoca la democrazia diretta? Non sono contenta, ma non perché non sono contenta che ci sia il popolo in piazza, se il popolo vuole protestare ha il diritto di protestare, lo ripeto, ha il diritto di protestare! Sapete perché dico “Italia”? Non lo dico casualmente, perché oggi le forze di Governo e, soprattutto, il MoVimento 5 Stelle, in qualche modo, si ritengono interpreti unici della protesta contro il palazzo, ma quella protesta contro il palazzo è stata preparata, quella protesta contro il palazzo è stata costruita. Noi abbiamo iniziato da una campagna giornalistica pesantissima su tutti quelli che venivano considerati i privilegi, le caste; un lavoro serio. Un giorno la storia ci racconterà, anche qui, cosa è realmente accaduto in questo Paese, chi ha mosso quelle campagne. Voi, oggi, forse ne siete i beneficiari, ma non ne siete stati gli autori; oggi, forse ne siete strumenti, non so se ne siete, fino in pieno, protagonisti, colleghi, non so se ne siete in pieno protagonisti.

Torno alla proposta di cui stavamo parlando, perché, come dicevo, si può esaminare in varie parti, perché si può dire: apriamo al referendum propositivo, e allora quante sono le proposte di legge che vengono poste al referendum propositivo? Quali i temi? Quali temi sono negati? Quanti sono? Collega relatrice, soprattutto - sì, lo so, c'è scritto nella legge di attuazione, ma non basta -, quei numeri sono determinanti, lo ripeto, quei numeri sono determinanti. Se si vuole fare un referendum propositivo deve essere su una proposta che deve essere innanzitutto intellegibile, perché, per essere chiara, i referendum che hanno funzionato erano i referendum di grande impatto emotivo: il divorzio, l'aborto, i temi che veramente chiamavano alla coscienza e su cui il popolo era chiamato. Quando abbiamo iniziato ad utilizzare il referendum con tecnicismo, con quesiti difficili, la gente non li ha sentiti e non è andata e non possiamo salvare il referendum, immaginando di abbassare i quorum di rappresentanza, per salvare l'istituto. Non è così; intanto, funziona la democrazia diretta in quanto coinvolge. Allora, mettiamo in termini propositivi due o tre temi e a quel punto si va anche oltre il Parlamento. Che senso ha? Mi chiedo che cosa significa che ci sono delle proposte legislative che passano per il Parlamento con un tempo di diciotto mesi, che è un tempo, in un bicameralismo, abbastanza affrettato, in cui il Parlamento dovrebbe fare sostanzialmente il passacarte, perché poi non ha nemmeno la possibilità di cambiarla, di cambiare quella norma, perché se cambia la norma, allora si può chiedere lo stesso il referendum; quindi, o il Parlamento ratifica pedissequamente la proposta di 500 mila cittadini oppure il Parlamento ha semplicemente perso tempo. Allora, direttamente, alcune proposte vengono messe a disposizione dei cittadini, ma quante, come, dove?

Il relatore, adesso, ha proposto degli emendamenti anche su questo punto; emendamenti molto delicati, io penso che sia uno dei punti fondamentali, dire che vengono esaminate dal Parlamento una, due o tre proposte è un conto, dire: numero “ennesimo” di proposte - questa legge costituzionale non lo dice, perché giustamente essendo uno dei punti più essenziali lo lascia alla legge di attuazione - significa bloccare il Parlamento, significa, ecco lì, creare l'ambiguità nell'uso del referendum, creare quello spazio in cui non si capisce se vogliamo semplicemente introdurre un istituto di democrazia diretta o, in realtà, dietro a tutto c'è l'intenzione della delegittimazione delle assemblee elettive.

Sono punti qualificanti, sono punti determinanti, su questo non credo che ci sia mediazione di virgole e di punti; c'è una profonda distinzione culturale e politica e - lo dico ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, ma lo dico altrettanto fortemente agli altri colleghi, quelli di Fratelli d'Italia e ai colleghi del PD - non c'è mediazione: o si difende la democrazia della rappresentanza o non la si difende, o ci si accoda al coro del populismo inutile oppure si difendono i propri principi. Ogni volta che, per scelte di tattica politica, si è cercato di seguire il vento del populismo si è perso drammaticamente, perché, colleghi, poi, i populisti sono molto più bravi di chi tenta di fare il populismo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

E, allora, forse, oggi, non è bello dire a un cittadino: io come parlamentare ho diritto di proporre una proposta che tu non hai diritto a fare. Io non ho questo problema, io non lo sento come un privilegio, io lo sento come una responsabilità e, forse, e concludo, occorrerebbe che ciascuno di noi ritornasse ad avere un po' di timore reverenziale di quest'Aula, forse troppe volte profanata, a ricordare tutti coloro i quali sono passati, si sono seduti. Io delle volte penso, sedendomi in questi banchi: che diritto ho, io, di sedermi in banchi dove sono passati statisti veri della politica? Io non penso che uno vale uno (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), io penso che ci siano delle storie, che ci sia una politica, che il Paese sia fatto da altro, sia fatto da passione, da sogni, da sangue, da speranze, da competenze, da tanto, io mi sento molto piccola, vorrei che, tante volte, tanti di noi non fossero afflitti da mania di estremo protagonismo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Ritorniamo al senso delle istituzioni, ricordiamoci chi siamo, perché noi passiamo, le istituzioni restano. Noi possiamo ottenere dei piccoli vantaggi dello 0,1, ma non possiamo consentire di distruggere la democrazia in Italia. Viva l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. Salutiamo gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo “Matteo Ripa”, di Eboli. Grazie per essere venuti qui ad ascoltare e a seguire i nostri lavori .

Ha chiesto di parlare l'onorevole Scalfarotto. Ne ha facoltà.

IVAN SCALFAROTTO (PD). Grazie, Presidente. Ci troviamo a intervenire su un disegno di legge di importanza fondamentale per il nostro Paese, pure in un momento di grande incertezza su quello che sarà effettivamente il contenuto di questo disegno di legge. Però, è un disegno di legge che è destinato o che era destinato, quanto meno, a rappresentare una sorta di rivoluzione, una rivoluzione che io credo, in un certo senso, è stata un po' l'anima, la ragion d'essere, il motivo per il quale il MoVimento 5 Stelle è nato. Lo ricordiamo tutti quanti benissimo, quando il MoVimento 5 Stelle è arrivato in Parlamento, la relatrice e io abbiamo debuttato negli stessi giorni, l'arrivo di questo gruppo nutrito di giovani parlamentari serviva ad aprire quest'Aula come una scatoletta di tonno; ricordo che i nostri colleghi del MoVimento 5 Stelle all'epoca dicevano: non chiamateci onorevoli o deputati, noi siamo portavoce.

Ricordo discussioni, in particolare, una mia discussione, proprio fuori da qui, in piazza, con il Presidente Fico, nella quale cercavo di spiegargli che il Parlamento si chiamava così, perché era un posto dove ci si parlava, dove i deputati erano mandati per rappresentare certamente il popolo che li aveva eletti, ma forti di una volontà politica propria, individuale e che l'obiettivo, poi, era quello di rendere il conto del proprio operato al corpo elettorale che li aveva mandati qui.

Invece, il MoVimento 5 Stelle aveva un'altra idea, l'idea che le persone che venivano a sedere in quest'Aula, in realtà, fossero dei meri strumenti, dei portavoce, degli altoparlanti, cioè persone prive di una propria volontà, di una propria visione, di una propria capacità di decidere e che dovevano ricevere di volta in volta l'input da questa fantomatica rete, dico fantomatica, perché, poi, ovviamente, non si trattava di persone che erano state elette con milioni di like o di clic, talvolta sono diventati parlamentari anche autorevoli, penso al Vicepresidente Di Maio, persone che hanno avuto 24 o 25 clic sulla rete e arrivavano qui come meri nunzi, come meri strumenti di una volontà esterna.

Ricordo ancora una discussione in televisione con la Ministra Lezzi, eravamo in una di quelle trasmissioni notturne che guardano in pochi, gli aficionados della politica, e si parlava di leggi elettorali.

Io provai a spiegare qual era la nostra visione, che cosa cercavamo di fare - ricordate tutti che dovevamo cambiare legge elettorale anche in forza di una sentenza della Corte costituzionale -, e ricordo il candore con il quale Barbara Lezzi disse: in realtà non ho niente da dire, perché non ho ancora interrogato la rete e quindi francamente non so che dire. Io rimasi anche un po' stupito, e le dissi: scusi, onorevole Lezzi, mi faccia capire bene, ma lei qui che l'hanno mandata a fare? Cioè, se lei non ha una sua visione, se non ha una sua posizione o non è in grado di esprimere una posizione del suo partito, mi chiedo effettivamente lei cosa ci stia a fare. Cito questi episodi, che sembrano ormai del giurassico ma in realtà parliamo soltanto di qualche anno fa, perché penso che l'inversione a U di cui oggi la relatrice ha parlato e gli emendamenti che sono stati presentati rappresentano secondo me un significativo, direi storico cambiamento di posizione rispetto non soltanto alle posizioni del MoVimento 5 Stelle ma, sottolineo, alla ragion d'essere del MoVimento 5 Stelle. In un certo senso mi viene quasi da dire: benvenuti nel campo della democrazia rappresentativa, benvenuti nel club. Ciò perché il MoVimento 5 Stelle - lo ricordo perché penso che sia molto significativo - ci ha dato un Ministro dei rapporti con il Parlamento e della democrazia diretta, quasi proprio a sottolineare come l'apertura della scatoletta di tonno, lo svuotamento del senso della democrazia rappresentativa era il core business, la ragione effettiva per la quale il MoVimento 5 Stelle appunto nasceva. Pensate al paradosso di avere due Camere, specchio della democrazia rappresentativa, che danno la fiducia a un Ministro che si chiama Ministro della democrazia diretta. Viene da dire: ma che vuoi da noi? Perché ci vieni a chiedere la fiducia? Se tu sei il Ministro della democrazia diretta, perché mai vieni a chiedere la fiducia a persone che stanno qui per rappresentare la democrazia rappresentativa?

Il senso di questo approccio, di questo atteggiamento rispetto alla democrazia, quello che io chiamo il grande inganno della democrazia diretta, in realtà dove vuole arrivare? Che cosa vuole ottenere? Vuole ottenere di fatto il passaggio della sovranità popolare da questi luoghi a un altro luogo. Di fatto è così, l'abbiamo visto benissimo durante l'iter di approvazione della legge di bilancio, perché si è preso il Parlamento e si è detto: tu, caro Parlamento, o ci sei o non ci sei è uguale, perché la legge di bilancio, l'ultima versione, la scriviamo a Palazzo Chigi con input di vario genere, dopodiché, cari signori parlamentari, alzate la manina, premete il bottoncino, avete due minuti per dire sì o no e andate a casa, tanto la legge così come è stata scritta dal Governo, proprio in modo uguale, esce dal Parlamento appunto come se nulla fosse successo. Di fatto siamo di fronte alla prima legge di bilancio nella storia scritta dal Governo al punto tale che la Corte costituzionale, adita dal gruppo del parlamentare del PD, dice: non succeda mai più. Anzi, ci dice: cari signori parlamentari, guardate che voi avete delle prerogative, dei diritti, voi rappresentate la nazione, e se qualcuno mai si azzarderà in futuro a dimenticarsi del ruolo della rappresentatività del Parlamento e della sua natura di luogo, di casa, di anima della Repubblica e della democrazia, basterà ciascuno di voi per farlo valere, basterà Scalfarotto o l'onorevole Santelli, che prima diceva che si sente piccola in quest'Aula. Ebbene, onorevole Santelli, lei non è piccola, in genere e in particolare in questo caso, evidentemente, la sua grandezza come persona e come rappresentante del popolo viene riconosciuta addirittura dalla Corte costituzionale. Vale per Scalfarotto e Santelli, e vale naturalmente per tutti quanti gli altri. Ma l'idea è proprio quella di superare il ruolo della Camera, l'idea è quella di dire che il popolo di fatto della Camera non ha bisogno, il popolo del Parlamento non ha bisogno.

Il popolo si esprime da solo. Guardate che qui c'è un'altra insidia molto, molto ficcante e molto pericolosa, e sta proprio seduta dentro l'idea del popolo. A che cosa serve una Camera come questa? Perché qui dentro siamo 630? Perché il costituente, come accade in tutte le democrazie rappresentative, ci dice che il popolo è diverso al suo interno, che non esiste una volontà autonoma, unica, granitica di un'entità chiamata popolo, esistono i cittadini ed esistono le cittadine, che la pensano ciascuno diversamente dall'altro. E il costituente ci dice: io provo a rispecchiare le differenze della società, uomini e donne, gente che lavora e gente che cerca lavoro, giovani e anziani, persone con disabilità e persone che non ce l'hanno, persone di vario orientamento sessuale, di varie regioni, di varia cultura, di varia estrazione sociale. Il nostro popolo è una cosa magmatica, colorata, multiforme, diversa, non inquadrabile in una categoria denominata “popolo”. E sapete perché? Perché quando dico che il popolo è uno, per rappresentare la sua volontà mi basta uno. Ne basta uno! Le peggiori dittature del mondo si chiamano repubbliche popolari, o addirittura repubbliche democratiche, come la Repubblica Democratica Tedesca e la Repubblica Popolare Cinese. A Pechino c'è la grande sala del popolo dove si si tengono le celebrazioni, perché per il Governo cinese per rappresentare il popolo cinese basta il segretario, basta un solo partito, perché tanto il popolo è uno e basta un solo segretario perché tanto il popolo è uno. Ma noi non siamo uno, assolutamente no, e non vogliamo esserlo. Quindi è questo che mi preoccupa: mi preoccupa il fatto che il MoVimento 5 Stelle individui un popolo, perché è sinistramente coerente a quella frase che scappò, dal sen fuggita, a Beppe Grillo, che, quando ebbe il grande successo del 2013, disse: ma io non voglio il 20 o il 25 per cento, io voglio il 100 per cento dei parlamentari! Disse quello Grillo, e quello pensava. E questo disegno di legge è niente di più e niente di meno che la realizzazione pratica di un disegno politico evidentemente espresso, formulato da Beppe Grillo. Non è mica una sorpresa! Questo non è un disegno di legge che viene fuori a sorpresa. Ripeto, se ci avete dato un Ministro della democrazia diretta vuol dire che era quello che volevate fare. Quindi che cosa succede? Che quando il popolo è uno, qualsiasi cosa che si frapponga alla volontà del popolo va spazzata via dalla forza rivoluzionaria del movimento. Chiunque! Se il Presidente della Repubblica osa dire: scusate, ma i Ministri li nomino io, c'è scritto nella Carta costituzionale, è perché non fa il passacarte. La Costituzione dice che lui nomina il Presidente del Consiglio e su proposta di questi i Ministri, ma non come la dattilografa che prepara la lista o il segretario che telefona al capo e dice: beh, è così. Il Presidente della Repubblica, nella scelta dei Ministri e del Presidente del Consiglio esercita delle prerogative costituzionali che sono tutt'altro che formali. E quando il Presidente della Repubblica soltanto pochi mesi fa ha fatto tranquillamente osservare che esistevano dei principi costituzionali che egli era obbligato a tutelare, per esempio il risparmio degli italiani, e che questo suo compito di difendere quei valori costituzionali gli imponeva di dire la sua nella scelta del Presidente del Consiglio e dei Ministri della Repubblica, non si è esitato a chiedere la messa in stato di accusa per il Presidente della Repubblica per alto tradimento e attentato alla Costituzione.

Guardate che queste non sono noccioline, non sono banalità, non sono fatti di cronaca spicciola, questa sarà storia del nostro Paese.

Un partito di maggioranza, anzi, il partito di maggioranza relativa che nella persona del suo capo politico minaccia il Presidente della Repubblica perché si frappone alla volontà popolare, all'esecuzione della volontà popolare: come se il popolo fosse uno!

È la stessa cosa che fa il Ministro dell'interno, Vicepresidente del Consiglio anche lui, quando dice: io ho con me 60 milioni di italiani. No, caro Ministro Salvini, lei ne ha molti di meno, ma mai avrà 60 milioni di italiani; posso già garantirle personalmente che saranno al massimo 59.999.999, perché a me non mi avrà, ma penso di poter parlare per molti altri. E allora quando si dice “io ho con come 60 milioni di italiani”, si intende che la volontà appunto di tutto quel popolo sia espressa da uno soltanto, e quindi che il resto vada spazzato via.

Come infatti si viene spazzati via in questo Paese anche quando si ricoprono incarichi di responsabilità in autorità di garanzia, che devono essere indipendenti. Voglio ricordare che il presidente della Consob, cioè il presidente dell'autorità garante dei mercati, si è dimesso dal suo ruolo perché (lo ha detto lui stesso) sfiduciato politicamente. I presidenti di gruppo dei partiti di maggioranza lo hanno sfiduciato! Quindi noi non abbiamo considerato la sua indipendenza e la sua imparzialità come un valore, ma lo abbiamo mandato via perché non prono alle volontà del popolo, di quell'unico popolo che questi partiti pensano di interpretare tutti insieme. Viene quasi da dire: perché ci sono due partiti in maggioranza, ne basterebbe uno solo.

Abbiamo addirittura provato ad asservire alla volontà di questo fantomatico popolo la scienza, signori, cari colleghi e care colleghe, la scienza. Abbiamo mandato via il direttore, il capo dell'Agenzia spaziale italiana dalla sera alla mattina, uno che si occupa di razzi, di vettori e di altissima tecnologia spaziale mandato via non si capisce perché. Perché non rappresentava il popolo! Si capisce nella Cambogia di Pol Pot, si capisce in Corea del Nord, ma francamente in Italia si fa fatica a capire.

Si frapponevano probabilmente alla volontà del popolo i medici dell'Istituto superiore di sanità, che la nostra collega presidente della Commissione affari sociali ha schedato per opinione politica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il presidente Ricciardi che è andato via dicendo che la scienza, in questo Paese, si tenta di assoggettarla alla volontà di questo famoso popolo.

Popolo che, badate bene, è naturalmente vessato, umiliato e messo in condizioni difficili da chi? Ma da noi, colleghi, chiaramente, la casta! Chi sono coloro che sono la fonte di tutti i guai? Come se questa Camera fosse la Camera del primo e del secondo stato, e ci fosse poi la pallacorda, no?, come se aspettassimo la rivoluzione. Siamo noi: quando il MoVimento 5 Stelle è in difficoltà e non sa che pesci prendere, che cosa fa? Si ricorda degli stipendi dei parlamentari: perché naturalmente chi è che affama il popolo, ragazzi? Siamo noi, evidentemente siamo qui; dato che siamo inutili, e che questa cosa si può chiudere, non si capisce per quale motivo veniamo pagati, non è dato sapere.

Pensate che oggi sui principali social media potete trovare lo stipendio del Presidente Juncker e lo stipendio della Vicepresidente Mogherini, che sono stati resi pubblici dagli eurodeputati del MoVimento 5 Stelle perché ovviamente gli affamatori del popolo in Italia siamo noi, gli affamatori del popolo in Europa chi può essere? Il Parlamento europeo naturalmente, quello eletto a suffragio universale; quando lo eleggeremo sulla piattaforma Rousseau tutto questo sarà evidentemente molto più in linea con i desiderata del popolo.

Allora, guardate, tutto questo è un inganno, e prima la collega Santelli lo diceva: parlare di una contrapposizione di questo palazzo con la piazza vuol dire introdurre un virus, un baco che è evidentemente estremamente pericoloso.

Il concetto che deve passare, e un lavoro importante sull'etica politica dovrebbe portarci lì, è assicurare la piena rappresentatività in quest'Aula del popolo che c'è fuori. Cioè il popolo non è una cosa che si contrappone alle persone che stanno qui dentro; e se così è mai stato è un problema. Io condivido il fatto che il rinnovamento della politica, per esempio, sia stato un tema che avevamo all'ordine del giorno: la gerontocrazia, l'assenza di rappresentanza femminile. Per questo dicevo all'onorevole Santelli che qui dentro nessuno è piccolo, e che il contributo di ciascuno è importante: proprio perché abbiamo visto in questi anni un rinnovamento, facce nuove, più giovani, un numero maggiore di donne; e questo dobbiamo continuare a farlo. Ma dobbiamo continuare a farlo compiendo un lavoro insieme che è proprio quello di assicurare il massimo dell'apertura di quest'Aula e del rapporto tra cittadini e parlamentari. Avremo raggiunto lo Stato ideale quando il cittadino non si sentirà cosa diversa da noi, ma si sentirà uno che qui potrebbe essere nella prossima legislatura; e anzi in questo senso al MoVimento 5 Stelle va dato atto di aver portato tante persone che magari non avevano mai fatto politica prima. Devo dire, lo si può dare anche al Partito Democratico, perché anche noi siamo stati profondamente rinnovati come compagine; ma credo che in realtà poi, al di là delle differenze tra partiti, questo valga un po' per tutti. Però questo dovrebbe essere l'obiettivo!

L'obiettivo non dev'essere dire: guardate, c'è una casta che vi affama, perché lì noi facciamo ammalare immediatamente la democrazia; e questo non è un lavoro da statisti, e non è neanche un lavoro da rivoluzionari: è un lavoro da apprendisti stregoni, perché poi alla fine le cose ti scoppiano in mano.

Guardate, l'Europa è piccola, tanti di noi conoscono la Gran Bretagna; io ho avuto la ventura di viverci, di lavorarci per molti anni. Ma lì noi abbiamo l'esempio classico di come lo strumento referendario utilizzato malamente, utilizzato in modo poco accorto, utilizzato dalla politica che abdica ad assumersi le sue responsabilità, e quindi ad esercitare il suo dovere di decidere, come un referendum può mettere un Paese in ginocchio. Il referendum sulla Brexit è stato una sorta di guaio politico, di polpettone, di disastro politico, perché qualcuno, che doveva esercitare un ruolo di responsabilità, ha deciso di demandare al popolo una decisione che era sua; ed era sua perché la complessità… A che cosa servono le Camere? A dare risposte complesse a problemi complessi! In questo secolo non esiste praticamente nulla a cui si possa dire “sì” o “no”, è risolta la questione. Perché la complessità delle cose che noi ci troviamo a gestire richiede lavoro, richiede pazienza, richiede comprendere che non esiste una soluzione giusta e una sbagliata, che la nostra maledizione è che noi non potremo mai andare dei nostri elettori e dire “avevo la soluzione ideale in tasca”, perché chi lo fa è sconfitto in partenza.

Io dico spesso che il Vicepresidente Di Maio ha la formula radar, bacchetta magica e fungo atomico, dove il radar è trovare un problema, la bacchetta magica è “toh, c'è una soluzione così facile, come mai nessuno ci ha pensato prima”; poi prende la decisione, e c'è il fungo atomico perché naturalmente la decisione non l'ha mai presa nessuno prima, caro Vicepresidente Di Maio, perché era sbagliata. Se lei dice: ho tanti precari, facciamo una bella legge che rende i contratti a tempo determinato più difficili, come mai nessuno ci ha pensato prima, la gente, come leggiamo sui giornali, resta a casa perché il decreto-legge “dignità” ha prodotto disoccupazione. Caro Di Maio, nessuno aveva scelto la sua soluzione che le sembrava così semplice, perché la soluzione era sbagliata, perché non esistono soluzioni semplici.

E allora, dato che non esistono soluzioni semplici, noi ci incontriamo qui dentro e lavoriamo duramente; e vorrei che i nostri colleghi del MoVimento 5 Stelle lo riconoscessero e lo comunicassero.

Cerchiamo di trovare qual è il punto di caduta, come ha fatto molto bene oggi la relatrice, l'onorevole Dadone, per cercare quale sia il punto di caduta, in un mondo così complicato, per trovare la soluzione che più si avvicina al bene del Paese. Questo è quello che noi siamo qui a fare.

Allora, quando tu invece dici: “Ma facciamo un bel referendum: o “si” o “no”, noi abbiamo dato il potere al popolo”, guardate, questo è un inganno. È un grande inganno, il grande inganno della democrazia diretta, perché la democrazia diretta, cioè dare la possibilità al cittadino di dire “sì” o “no”, dà forse l'impressione, in quel momento, che è il cittadino che decide, è lui che decide o è lei che decide. Ma la verità è che il cittadino naturalmente prenderà quella decisione ovviamente informandosi come può e varrebbe la pena di parlare anche del diritto all'informazione in questo Paese e voglio ricordare che questo è il Paese nel quale autorevoli rappresentanti del MoVimento 5 Stelle chiamano i giornalisti “pennivendoli” o “prostitute” ed è il Paese nel quale ai giornali e alle radio, come Radio Radicale, si tagliano i fondi affinché chiudano. Noi sappiamo benissimo quanto sia importante potersi fare un'opinione per poter non soltanto votare come atto automatico ma per poter votare come atto di conclusione di un processo di formazione di una volontà, processo che deve condurre a una decisione matura.

E, allora, il grande inganno dov'è? Sta nel fatto - ed è anche nella legge che propone l'onorevole Dadone, soprattutto nella sua versione iniziale - che ora vogliamo far credere al signor Mario di Manfredonia o alla signora Giovanna di Castelfranco Veneto che saranno loro a fare il comitato referendario che raccoglie 500 mila firme e che si costituisce come potere dello Stato, perché di questo si trattava? Ma è evidente che no, è evidente che no. È chiaro che per poter mettere insieme 500 mila firme, i banchetti necessari, le autentiche notarili e quant'altro ci saranno chiaramente dei gruppi dotati di mezzi finanziari e di capacità organizzative che vanno a raccogliere quelle 500 mila firme e il povero signor Mario e la signora Giovanna di, rispettivamente, Manfredonia e Castelfranco Veneto saranno soltanto l'ultimo anello di una catena che darà loro sostanzialmente la possibilità certo di mettere il loro granellino ma su una montagna che non hanno costruito e che non controlleranno.

Se mi fate tornare all'esempio della Brexit che facevo prima, la decisione di votare Brexit e di votare, quindi, per l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea è stata basata anche - non dirò in larga parte, ma anche - da una proposizione portata su tutti i media che con l'uscita dall'Unione europea la Gran Bretagna avrebbe guadagnato 350 milioni di sterline alla settimana per il Servizio sanitario nazionale. Peccato che Nigel Farage, fra l'altro - non è un caso – alleato, nel gruppo parlamentare di Strasburgo e di Bruxelles, del MoVimento 5 Stelle, il giorno dopo del referendum sia andato in televisione e abbia detto: “Oh-oh, mi dicono che ho sbagliato”. In realtà non è così e sono passati due anni - quasi due anni: 22 mesi da quel momento - e la Gran Bretagna è ancora in quella situazione perché la politica non ha fatto il suo mestiere.

Ora, io voglio essere molto, molto chiaro. In nessun momento io penso che la democrazia partecipata sia sbagliata o penso che noi non dobbiamo andare verso maggiori forme di rappresentatività e di partecipazione popolare. Voglio ricordare che nella nostra riforma costituzionale del 2016 si diceva che per le proposte di legge d'iniziativa popolare - e praticamente non ne è mai arrivata una in porto, perché nessuna legge di sola iniziativa popolare, nella Repubblica dal 1948 a oggi, è mai arrivata in porto e penso che ne siano state approvate solo un paio, associate, diciamo, e combinate ad altre d'iniziativa parlamentare - bastavano 150 mila firme per obbligare il Parlamento a esaminare la proposta di legge, mentre oggi sono 50 mila, ma il Parlamento può non considerarle. Dunque, nella riforma costituzionale del 2016 si diceva di aumentare un pochino il numero per fare in modo che non ci sia un'esagerazione di proposte, però con 150 mila, che è migliorativa dal punto di vista della partecipazione popolare rispetto alla proposta di cui è relatrice l'onorevole Dadone, la Camera sarebbe stata obbligata e, ovviamente, avrebbe potuto modificare la proposta, approvarla o respingerla, ma avrebbe dovuto tenerne conto. Nella riforma del 2016 introduciamo i referendum propositivi. Quindi, lungi da me dire che noi non vogliamo un maggior coinvolgimento popolare come correttivo e come arricchimento. In alcuni momenti - oggi sempre la persona che ha parlato prima di me, l'onorevole Santelli, li ha giustamente ricordati - alcuni referendum hanno fatto la storia della politica del nostro Paese: il referendum sul divorzio e il referendum sull'aborto sono stati anche passaggi di grandissimo coinvolgimento dal punto di vista del dibattito pubblico, dove le famiglie si sono divise, hanno discusso, dove il Paese non parlava d'altro. Per cui, va benissimo ed è giusto andare in quella direzione, però non si può neanche pensare di fare cose come quelle che abbiamo visto dentro a questa proposta di legge.

Io sono ben contento del fatto che l'onorevole Dadone e la maggioranza si siano ravveduti ma il solo pensiero di dire che c'è la legge del Parlamento e la legge del popolo, come se il Parlamento fosse, appunto, il clero e la nobiltà - non si sa: veramente sembra Versailles qui, veramente non si capisce -, significa mettere, come dire, la benzina e poi anche la scintilla per creare una sorta di rivolta, ma questo è completamente sbagliato.

Onorevole Dadone - se posso dire alla relatrice, tramite il Presidente -, attenzione ancora ai limiti, attenzione ai limiti di materia, perché è un tema estremamente, estremamente importante e delicato, perché nel momento in cui noi andiamo a dire davvero: “Volete Gesù o volete Barabba?”, cioè la materia penale, quando andiamo a parlare della sanzione penale e consentiamo al popolo di prendere una decisione senza che ci sia una camera di compensazione - che è questa - è un po' come dire ai parenti di una vittima che cosa vogliono fare del reo. Che cosa è il tribunale? Il tribunale è quella camera di compensazione che, in un Paese civile, separa il reo dalle parti civili e pronuncia sentenze in nome del popolo italiano. Quindi, cosa fa il popolo italiano, rappresentato in quel caso dal potere giudiziario? Si frappone tra il reo e le parti civili - diciamo le vittime - e prende una decisione che non è quella della legge del taglione.

Allora, noi dobbiamo capire la gravità che sta dentro a una proposta che ci dice che si può introdurre la tortura, tanto per fare un esempio. Ovviamente abbiamo messo, per fortuna, il controllo di costituzionalità, però onorevole Dadone - tramite il Presidente - non è che le dicevamo cose peregrine, ma eravamo preoccupati per cose di sostanza - sempre tramite il Presidente - perché è importante che noi facciamo in modo che non solletichiamo la pancia (diciamo così). Tutti abbiamo una pancia e ce l'hanno anche gli organismi collettivi, diciamo così. Però, dobbiamo fare appello, se vogliamo una vita pacificata e una comunità ricca, prospera e democratica, e provare a far parlare gli adulti che sono in noi, come si dice in analisi transazionale. Se mettiamo a far parlare il bambino che è in noi con l'altro bambino alla fine ci si prende a botte come nel cortile durante l'ora di ricreazione.

Allora, quello che dovremmo fare, come forze politiche responsabili, è provare a dire all'adulto che sta dentro ciascuno di noi e anche al soggetto collettivo, che è la nostra comunità nazionale, che le decisioni vanno prese qui, con la testa, cercando di capire cosa è bene per tutti e capendo che talvolta, proprio perché si è parte in causa, si deve fare un passo indietro e si deve delegare, come si delega al giudice, una decisione che è giusto che sia presa con la pacatezza e la ponderazione che soltanto un'Assemblea come questa può assicurare.

Allora, io mi rendo conto di aver usato molto tempo, però le dico la verità: per me questa proposta di legge era un po' una sorta di chiave di volta di questa legislatura perché qui si giocava davvero la natura della nostra democrazia. Se posso dire, ho sentito spesso paragonare questa riforma alla riforma del 2016 di cui si è detto: “Insomma, avete provato a cambiare la Costituzione così ampiamente”, ma la riforma del 2016 ha provato ad ammodernare dei meccanismi, ma i meccanismi non sono stati mai snaturati. Si ammodernava, si cercavano di chiarire alcune complessità e alcune contraddizioni e penso al Titolo V e penso al tema del bicameralismo paritario ma, per esempio, la parte della Costituzione destinata alla magistratura non fu toccata, né furono toccati i poteri del Presidente del Consiglio. La democrazia rappresentativa restava tale in forme, secondo me, più moderne e più in linea con le necessità che abbiamo di prendere delle decisioni.

Ma in questo caso, anche questa piccola modifica di un solo articolo, andava chiaramente - e forse con gli emendamenti che sono stati presentati almeno qualche rimedio l'abbiamo trovato - a modificare l'essenza stessa della nostra democrazia, trasformandola da una democrazia liberale in una democrazia plebiscitaria, autoritaria, come ho provato a dimostrare in questo mio intervento.

Per cui, io, naturalmente, ho ascoltato l'intervento dell'onorevole Dadone con molto piacere e spero che questo sia un po', come dire, un ingresso del MoVimento 5 Stelle nel club di quelli che sostengono la democrazia liberale e la democrazia rappresentativa, perché vede, sempre tramite il Presidente, onorevole Dadone, noi abbiamo perso, qualche giorno fa, un importante scrittore israeliano, Amos Oz, che ci ha lasciati e che ha scritto un libro molto bello che si chiamava Contro il fanatismo, che io consiglio a tutti e, sempre tramite il Presidente, anche a lei, onorevole Dadone, dove c'è una bellissima frase che parla del compromesso. È una parola che a noi suona male, suona negativa, no? Uno che scende a compromessi. Però Amos Oz dice delle parole illuminanti, perché dice: la parola compromesso è sinonimo di vita e dove c'è vita ci sono compromessi; nel nostro vivere quotidiano non possiamo mai, giustamente, avere un'opinione e andare giù come dei panzer, ignorando chi ci sta intorno, e questo dovrebbe valere ancora di più dentro quest'Aula. Dove c'è vita, ci sono compromessi, diceva Oz; e dice: il contrario di compromesso non è integrità, e nemmeno idealismo, e nemmeno determinazione o devozione, il contrario di compromesso è fanatismo, è morte. A me viene da dire: il contrario del compromesso non è integrità, il contrario del compromesso è l'integralismo.

Allora, tenere quest'Aula, rispettarla profondamente, come ha detto la mia collega Jole Santelli, rispettarla, ha ragione, io spesso penso che in questi scranni c'è stato seduto Giacomo Matteotti e penso a quale sia la responsabilità di stare qui dentro. Però, se guardassimo a quest'Aula non come un covo di banditi, e non voglio dire che non ci sia stata gente che ha sbagliato, ma non sono stati all'altezza di quello che era il loro compito. Io credo che il titolo di onorevole sia un titolo che avete bistrattato e che, invece, dovremmo recuperare e che dovremmo utilizzare con grande rispetto, perché onorevole non è veramente un titolo, onorevole è un monito, onorevole significa: ricordati che devi essere all'altezza di questo tuo compito, ricordati che l'articolo 54 della Costituzione dice che devi svolgere questo tuo compito con disciplina ed onore.

Quando qui dentro mi chiamano onorevole, non è un modo che serve a farmi gonfiare le piume, anzi, serve a ricordarmi di essere onorevole, di essere all'altezza di questo compito così alto, il più alto che può toccare un cittadino. E allora io ero molto preoccupato, cari colleghi del MoVimento 5 Stelle, perché avevo e ho ancora un po' di paura che qualcuno voglia toccare questo così delicato bilanciamento di poteri, di equilibri, e la vera democrazia che sta nella delega, nella stragrande maggioranza dei casi. Questo noi non possiamo toccarlo.

Io voglio dire, anche a nome del mio partito, che noi, come vedrete, avremo un atteggiamento super responsabile e apprezziamo che siano state accolte le nostre osservazioni, che sono parte del nostro DNA e, come ho detto, sono molto contento che voi facciate questa molto visibile marcia indietro, spero che sia definitiva, perché questo aiuterà anche nel prosieguo dei nostri lavori, nei rapporti e aiuterà la democrazia italiana. Però, io voglio chiarire molto bene che questo compito di sentinelle, questo compito di attenzione al bene supremo della democrazia, quello per il quale ci sono stati ragazzini di diciott'anni che si sono fatti uccidere durante la Resistenza per regalarci una libertà che loro non hanno neanche mai potuto assaporare e che noi qualche volta forse diamo per scontata, ecco, questo compito di guardiani, di sentinelle della democrazia e della Repubblica, che ci è stata consegnata dalla lotta partigiana e che ci è arrivata di generazione in generazione, è un ruolo che noi continueremo a svolgere in modo inflessibile, utilizzando tutti gli strumenti democratici, perché è connaturato al nostro essere democratici.

E se c'è una ragione per la quale sono iscritto e sono dirigente al Partito Democratico è perché so che dentro il DNA del mio partito ci sono questi valori e ci sono questi contenuti, questa consapevolezza di aver avuto in prestito dalle generazioni precedenti un bene supremo, che ho il dovere di restituire, se possibile migliorato, alle generazioni che verranno dopo di me e senza il rischio che la sovranità popolare esca fuori da quest'Aula e si sposti, per dire, a Milano, io sono milanese ma neanche per ragioni di campanile vorrei mai che una società a responsabilità limitata fosse in grado di raccogliere 500 mila firme, come fa con la gestione di alcune piattaforme sulla cui sicurezza abbiamo ancora qualche dubbio; ma insomma, facciamo che la sovranità popolare resta qui, facciamo un patto con i colleghi del MoVimento 5 stelle che le decisioni si continuano a prendere qui, che si collabora, come stiamo dando dimostrazione di fare, ascoltandosi, che è poi un modo di fare molto diverso da quello che abbiamo visto nella legislatura precedente, nella quale, oltre a voler aprire l'Aula come una scatoletta di tonno, la si è umiliata e vilipesa in molti modi. Io ero seduto al posto del sottosegretario, nella scorsa legislatura, e molto spesso mi trovavo da solo ad essere seduto lì, in mezzo a un sacco di deputati di opposizione che cercavano di bloccare il lavoro dell'Aula, ci sono stati momenti in cui non si è potuta votare la fiducia perché fisicamente qualcuno lo impediva, ci sono state occupazioni delle Commissioni, c'è stato qualcuno che è salito addirittura sul tetto del palazzo, mettendo sul tetto di questo Palazzo, che è la casa di tutti, la bandiera di una parte di noi.

Allora, speriamo che tutto questo sia nel passato e che forse, dopo una legislatura di rodaggio, questa esperienza di Governo faccia bene e che le cose vadano meglio. Ricordiamoci che abbiamo l'obbligo di rispettare la Costituzione, di rispettare la Repubblica, possiamo ammodernarla, dobbiamo ammodernarla, ma mai neanche provare a violentarla, a trasformarla, come avete tentato di fare e come pare, e me ne compiaccio molto, avete capito che non si può fare, non si deve fare e non farete (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Grazie, signor Presidente. Mi permetta, attraverso di lei, di fare i complimenti all'onorevole Scalfarotto, che è riuscito ad utilizzare precisamente tutto il tempo a sua disposizione, che legittimamente il Regolamento gli permetteva, peraltro senza un'interruzione, apro e chiudo la parentesi, anche per chi ci sta ascoltando.

PRESIDENTE. Ecco, onorevole Lupi, visto che non ha iniziato, salutiamo, sono tra di noi gli studenti…

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Sì, l'ho fatto apposta, lei sa che le do l'assist

PRESIDENTE. Grazie, il suo esser stato Vicepresidente di questa Camera le facilita… salutiamo gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto superiore Tito Sarrocchi di Siena, che sono qui tra di noi oggi (Applausi).

Onorevole Lupi, riprenda pure, grazie.

MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Grazie, signor Presidente. Intervengo sul complesso degli emendamenti e le decisioni prese precedentemente da maggioranza e opposizione con la posizione del relatore di rinviare alla settimana prossima anche la definizione complessiva del testo che verrà e degli emendamenti che saranno approvati mi permette - spero in maniera sintetica - di fare un ragionamento più ampio. Io credo infatti - inizio in questo modo e non vorrei andare contro corrente - che, se c'è un merito della legittima iniziativa del MoVimento 5 Stelle, che, ricordo, tra l'altro, è coerente con il programma con cui si è presentato ai propri elettori, è quella di porre oggi (poi nel metodo avrei e avrò cose da dire) all'attenzione di quest'Aula e della Commissione un tema reale, un tema vero: come la democrazia diretta, la partecipazione diretta della nostra gente possa ravvivare, possa rafforzare le istituzioni di questo Paese. Viviamo in momenti in cui le istituzioni, per merito o per demerito, è inutile oggi discutere di questo, sono viste come lontane dalla nostra gente. L'istituzione parlamentare, come bene ha ricordato l'onorevole Scalfarotto, che è la democrazia rappresentativa, che è il popolo italiano che partecipa nella sua massima espressione, l'Italia ha sempre avuto alle elezioni politiche, da sempre, una grande tradizione di partecipazione, contrariamente alle altre democrazie.

In alcuni momenti della nostra storia repubblicana, oltre l'80 per cento del popolo partecipava alle elezioni di questo Parlamento, in ogni caso siamo sempre sopra il 70 per cento degli italiani che hanno diritto al voto che eleggono questo Parlamento. Quindi come le istituzioni, questa istituzione del Parlamento negli ultimi anni è percepita dai nostri cittadini, dagli elettori che lo eleggono come distante, lontano. Tanti e tanto hanno lavorato tanto in questi anni per distruggere l'istituzione, per allontanarla dei cittadini: basta una parola su tutte, la casta. Tanti di noi hanno legittimato tale percezione, ma rovinare le istituzioni, distruggere le istituzioni, non cambiarle, credo che sia il più grande degli errori.

Ora, con la proposta di legge costituzionale, viene posto all'attenzione della discussione dell'Aula questo tema: come la democrazia diretta si raccorda con la democrazia rappresentativa, come la partecipazione dei cittadini possa diventare sempre più attiva. È un tema reale, ma tanto più è reale tanto più si vede - l'iniziativa presa dal relatore ovviamente va in questa direzione - qual è la funzione del Parlamento, qual è la funzione della democrazia parlamentare cioè quella della discussione, della sintesi, della mediazione in funzione di una legge che rappresenti il bene comune cioè che rappresenti la volontà di un popolo che, per forza di cose e per grazia di Dio, è non in bianco e nero, ma è a colori: ha tanti colori, ha tante sensibilità, ha tanta rappresentatività.

E allora, la funzione del Parlamento è esattamente in questa direzione e la funzione della democrazia rappresentativa va in questa direzione, non in un'altra direzione. È legittimo che un gruppo parlamentare, un partito, quindi l'espressione diretta di una parte del popolo, presenti in Parlamento ciò che ritiene più vero e forte per cambiare e modificare queste istituzioni. Ma il ruolo del Parlamento è esattamente la sintesi della rappresentanza di quei 60 milioni di italiani che hanno sensibilità, rappresentazioni, ideali, valori diversi, ma che si vedono uniti in questa Aula. Attenzione, la storia dell'Italia e la storia dell'Occidente hanno sempre detto - la storia purtroppo drammaticamente si ripete: uno dei problemi drammatici dell'Occidente è la perdita della memoria non come un ricordo del passato, ma come valori di un passato che devono essere attualizzati in un presente per guardare al futuro - come hanno sempre detto e hanno sempre rappresentato, in nome del popolo e in funzione del popolo, le democrazie rischiano di diventare dittature. L'esempio storico più clamoroso fu la grande rivoluzione francese che, nel nome di un popolo, nel 1789, prese la Bastiglia, ma quattro anni dopo quella presa della Bastiglia, in nome dello stesso popolo, si trasformò nel regime del terrore, in nome dello stesso popolo: Robespierre. Una teorizzazione filosofica che, negli anni e nei secoli, si è chiamata giacobinismo. Addirittura Lenin si è ispirato, in nome del popolo, a quel pezzo di storia. Non è per fare i professori, ma per ricordare qual è il nostro compito. Si è ispirato al leninismo e a una dittatura che nei secoli si è poi sviluppata.

Allora, questo è il tema che noi dobbiamo affrontare. E, per affrontare questo tema reale, come democrazia diretta - uso il termine caro al MoVimento 5 Stelle - partecipazione maggiore del popolo, ridurre la distanza tra istituzioni e popolo è un tema reale. Come può rafforzare la democrazia rappresentativa, non indebolirla. Come il Parlamento, che è l'espressione, massima, della sintesi, non si è trovata ancora formula migliore… Suggerisco agli amici e ai colleghi del MoVimento 5 Stelle che si ispirano a Rousseau - parliamo del 1700 ovviamente - le contraddizioni di quel pensiero e le volte in cui Rousseau stesso ha esattamente rappresentato in maniera plastica la contraddizione tra popolo e democrazia. Il popolo addirittura, Rousseau diceva e teorizzava, non è uno strumento perfetto. Anzi, l'estremizzazione del concetto di popolo porta agli estremismi e alle decadenze.

Allora, il punto è che tanto più il tema è giusto tanto più il metodo da seguire, e abbiamo sempre sbagliato, in tutte le legislature che si sono susseguite, per le riforme costituzionali, cioè il cambiamento delle nostre istituzioni per il bene deve essere quello di una condivisione, deve essere quello di una discussione comune, dell'individuazione non della cosa più bella: il meglio è nemico del bene e a volte i detti popolari forse rappresentano la saggezza di un popolo. Allora, deve essere centrale la modalità con cui noi lavoriamo: altrimenti il risultato – è sempre stato così negli ultimi vent'anni – si chiama paralisi. Non si cambia nulla, si sconfigge la democrazia e la sconfitta del ruolo dei partiti è la sconfitta del ruolo di chi, ad un certo punto, rinuncia al proprio compito e si affida al popolo per risolvere problemi e compiti che sono affidati al Parlamento e ai partiti, e non al popolo. Questo è il punto. Il popolo è la rappresentazione viva di una società che deve partecipare, con il suo ruolo e con il suo compito.

Ecco, io credo che questo sia il tema che abbiamo davanti, proprio per non entrare poi nel merito perché altrimenti - sono le osservazioni sintetiche alla proposta di legge e alla discussione che so c'è stata: i colleghi di Forza Italia hanno rappresentato con forza questo aspetto - noi ci ritroviamo ad una contraddizione irrisolvibile: democrazia diretta e democrazia rappresentativa, se sono in alternativa, rischiano poi di portare ad una democrazia diretta, come sottolineato bene da tutti gli interventi, anche quelli che ho ascoltato della collega Santelli e del collega Sisto, come ho letto, nella sua relazione di minoranza, portano esattamente al paradosso - non a caso il giacobinismo - che una minoranza non rappresenta più il popolo.

Il conflitto, il derby tra popolo e Parlamento, tra gente e casta come lo risolviamo? Non si trova una soluzione. Il paradosso di poter dire che addirittura, se il Parlamento non accetta esattamente l'identico testo e il contenuto della proposta del referendum propositivo, addirittura c'è la possibilità di ritornare e di sottoporre al referendum le due leggi e avere il derby, vuol dire che una minoranza sottoposta, come è stato sottolineato, alle lobby e agli interessi decide le leggi del Paese. Cinquecentomila firme su 60 milioni di rappresentanti, una partecipazione anche forse del 25 o 30 per cento, quando un Parlamento viene eletto dal 70-75 per cento, chi decide a proposito della rappresentanza degli interessi particolari? La fonte dell'iniziativa legislativa che, non a caso, è stata affidata dalla Costituzione al Parlamento, mentre l'Esecutivo ha un altro ruolo, non può essere messa in discussione. Puoi decidere, come era nella precedente riforma costituzionale e come tante volte abbiamo discusso, in quale modo le iniziative di legge popolare obbligatoriamente debbano essere esaminate dal Parlamento perché il popolo possa partecipare, attraverso la raccolta di firme, attraverso la proposta, l'esperienza, la sensibilizzazione di argomenti o di temi che il Parlamento si dimentica e ai quali non rivolge la sua attenzione.

Allora, dovremmo, attraverso i regolamenti, attraverso ovviamente leggi che possano essere fatte, rafforzare l'idea che se c'è un'iniziativa di legge popolare, obbligatoriamente il Parlamento lo deve prendere in esame, lo deve esaminare entro una certa data, ma è cosa diversa, perché il cuore dell'iniziativa legislativa rimane nel Parlamento.

E, a proposito di referendum, un grande cantautore a me caro e caro a molti di noi, Giorgio Gaber, quando gli fecero una domanda sui referendum, rispose: non credo ai referendum perché sono antidemocratici. Nella cultura del paradosso che Giorgio Gaber rappresentava con l'intelligenza e il suo acume, lasciò a bocca aperta; presuppongono un “sì” e un “no” che esclude comunque da ogni reale partecipazione: come si fa ad aderire totalmente? Ma, guardiamo, abbiamo un esempio sotto gli occhi di tutti, adesso, della storia contemporanea, di ieri, che si chiama Brexit.

Un referendum, un referendum popolare ha deciso l'uscita della Gran Bretagna, del Regno Unito, dall'Europa. Dove è tornata la contraddizione? Qual è il luogo, nonostante la decisione del popolo, che ha dato indicazioni, che sta cercando drammaticamente di risolvere questo tema, che non è definito con il “sì” e con il “no”? È tornato nel Parlamento, facendo esplodere contraddizioni e contrapposizioni ai rappresentanti del popolo. E noi vogliamo togliere questa contraddizione, vogliamo toglierci questo compito di rappresentazione, questa responsabilità che è affidata ai partiti, che è affidata alle istituzioni? Certo che questo è un tema coerente per chi pensa che il Parlamento debba essere estratto a sorte, è coerente il tutto. Noi crediamo un'altra cosa, che il Parlamento debba essere sempre più la rappresentanza degli interessi del popolo italiano e crediamo che il compito dei parlamentari, dei partiti, sia quello di ritornare a recuperare con orgoglio questo tipo di rappresentanza e di cambiare, perché, se siamo arrivati al punto in cui siamo arrivati, ovviamente gli errori sono stati commessi.

Ho parlato, quindi, dell'incapacità dei partiti ad attuare riforme organiche, e, quando questo accade, si ritorna per risolvere i propri problemi ai cittadini. Ho detto delle iniziative popolari. Concludo citando un grande - tra l'altro è stato senatore a vita - filosofo e politologo, Norberto Bobbio, che, a un certo punto, e questo dovrebbe fare interrogare tutti noi, dice: nulla rischia di uccidere la democrazia più che l'eccesso di democrazia. Nulla rischia di uccidere la democrazia più che l'eccesso di democrazia.

La storia, le dittature sono nate in nome di un popolo, sono nate in nome del popolo che era l'eccesso della democrazia. Nessuno ha lavorato contro il popolo, nessuno ha teorizzato di essere contro il popolo. Nel regime del Terrore Robespierre pensava di rappresentare il popolo, era stato quello che aveva portato alla presa della Bastiglia, eppure abbiamo visto le conseguenze di quel fatto storico. Cito apposta un evento lontano nel passato e nei secoli proprio per dire: attenzione, queste parole di Norberto Bobbio ci aiutino a fare riflessione comune, a individuare gli strumenti migliori, ma a non distruggere le istituzioni, come stiamo facendo non rivendicando con forza, nonostante gli errori che tutti noi abbiamo fatto, perché, se siamo arrivati a questo punto, abbiamo fatto tanti errori, che l'istituzione non è il luogo della casta, ma è il luogo della rappresentanza del popolo che si sente espresso e si deve sentire rappresentato.

E dobbiamo trovare le modalità per cui con efficacia questa rappresentanza si possa attuare.

È evidente che, se questo luogo diventa inefficace, cioè non fa leggi in tempi rapidi, non rappresenta una società viva, non testimonia concretamente l'azione comune, nella diversità legittima di opinioni, legittima di proposte concrete, ma l'obiettivo comune è tutto nel servire il proprio popolo. A me piace usare il termine bene comune: ovviamente, rischieremo non di avere l'Aula vuota come oggi, che legittimante non è vuota perché non c'è un interesse, ma perché siamo nella fase del dibattito, ovviamente, degli interventi sul complesso degli emendamenti. Rischieremo che questa diventi una memoria del passato, un monumento al passato. Ma noi non possiamo permetterci, non se lo può permettere il MoVimento 5 Stelle, non se lo può permettere la Lega, non se lo può permettere nessuno, maggioranza e opposizione, di ridurre il Parlamento ad un monumento storico del passato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI (FI). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, e sottolineo l'espressione onorevoli colleghi a ricordare che non del nostro privato onore si tratta, ma dell'onore di essere qua ad esercitare la sovranità popolare. Mi auguro, colleghi, che siamo tutti consapevoli in quest'Aula della gravità di quanto stiamo discutendo: per un'Assemblea legislativa non vi è compito più delicato che mettere mano alla legge fondamentale dello Stato. Questo vale per ogni materia trattata dalla Costituzione, ma vale a maggior ragione quando si alterano gli equilibri fondamentali sui quali si regge la Carta nel suo complesso. Il testo approvato dall'Assemblea costituente nel 1948 non è un testo privo di difetti, non è affatto la Costituzione più bella del mondo, come affermavano qualche tempo fa anche esponenti o sostenitori dell'attuale maggioranza.

È un testo di compromesso fra diverse visioni dello Stato; un compromesso alto, anche se certamente imperfetto, come ogni cosa umana. Un testo, però, al quale non si possono negare due pregi essenziali per una legge fondante dello Stato. I padri costituenti hanno saputo garantire alla Carta una sua coerenza e organicità interna e sono stati capaci di andare al di là delle contingenze, delle emozioni e dei calcoli del momento, per definire un assetto destinato a durare. Un assetto migliorabile, lo ripeto, ma che è servito a garantirci settant'anni di vita democratica, di pace sociale, di crescita economica. Con queste regole l'Italia è passata dalla condizione di un Paese agricolo, devastato dalla guerra, a quella di una delle massime potenze industriali e tecnologiche del pianeta. Dobbiamo riflettere bene su questo, perché con questa riforma verrà scardinato, se le Camere la approveranno, uno dei pilastri del nostro ordinamento, verrà messo in pericolo il principio stesso della democrazia rappresentativa.

Il sistema rappresentativo, cari colleghi, è l'unico assetto nella storia moderna che ha saputo garantire un autentico esercizio della sovranità popolare. La democrazia liberale di tipo occidentale è la sola nella quale il concetto di popolo sovrano non è stato un espediente retorico o un alibi ideologico, ma l'effettività della guida dei processi decisionali dello Stato. Non sarò io, colleghi, a dovervi ricordare, perché certamente la conoscete benissimo, la celebre massima del Conte di Cavour, che diceva che la peggiore delle Camere è migliore della migliore delle anticamere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Devo, però, ricordare ai colleghi della maggioranza, che forse non hanno riflettuto abbastanza su questo, che, ogni volta nella storia moderna che il ruolo delle Camere è stato indebolito, le anticamere, cioè il potere tirannico, per quanto esercitato in nome del popolo, ne hanno immediatamente preso il posto. Non per caso, uno dei primi e più razionali critici del parlamentarismo si chiamava Carl Schmitt, il quale contrappose al parlamentarismo liberale proprio il concetto di popolo. Non occorre neppure che io ricordi a quest'Aula quale modello di Stato si affermò in Germania, trovando la sua giustificazione nelle idee di Schmitt, non occorre che io ricordi quale fu l'alternativa alla crisi del parlamentarismo della Repubblica di Weimar. Non occorre neppure ancora ricordare cosa avvenne in Russia, quando il potere venne sottratto alla Duma e al Governo che ne era espressione per affidarlo ai soviet dei soldati, degli operai e dei contadini, presunto luogo di espressione della diretta volontà popolare.

Me ne rendo conto, colleghi, questi richiami alle pagine più tragiche e alle ideologie più feroci della storia del Novecento possono apparire lontani, eccessivi, ma non lo sono affatto, proprio perché oggi stiamo mettendo in discussione il ruolo del Parlamento come luogo dell'iniziativa legislativa e dell'approvazione delle leggi. Stiamo creando una possibile contrapposizione fra Parlamento e popolo che porta alla delegittimazione della funzione parlamentare nella sua essenza più profonda. Dico “popolo” fra virgolette, naturalmente, perché, in realtà, la sovranità popolare diretta si traduce sempre nella sovranità di minoranze organizzate e dei loro leader in grado di guidarle. Ne erano ben consapevoli i costituenti; lo stesso Mortati, che pure non era contrario a forme come il referendum propositivo, ma ne vedeva tutti i limiti. Si può parlare, diceva Mortati al Comitato dei 75, di un lato negativo del ricorso al popolo, quello di introdurre un elemento di disarmonia nell'unità dell'indirizzo politico.

Ed è proprio questo il rimprovero che gli avversari del referendum fanno all'istituto: è un punto molto delicato, diceva ancora Mortati con grande onestà intellettuale, che implica particolarità di dettaglio che influiscono sulle funzioni dell'istituto stesso. Bisogna aver cura che il popolo risponda nel referendum come entità organizzata e non come popolo indifferenziato. Questo punto molto delicato del quale parlava Mortati è proprio quello che viene affrontato in un modo che mi consentirete di definire almeno sbrigativo da questa proposta di modifica costituzionale. In realtà, noi stiamo introducendo proprio quello che i costituenti si erano sforzati in ogni modo di evitare, un doppio binario di iniziativa legislativa che, avevano saggiamente previsto, avrebbe vanificato i complessi equilibri della democrazia parlamentare.

Tali equilibri, nel nostro, come in ogni altro ordinamento simile, si basano su una coerenza fra maggioranza parlamentare e Governo e sulla potestà legislativa delle Camere che può essere, in qualche modo, condizionata dal rapporto di fiducia con l'Esecutivo. Tutto ciò è funzionale a garantire un'omogeneità e una coerenza di indirizzo nel complesso dell'azione legislativa del Parlamento e fra il Parlamento e il Governo. Lo stesso strumento della questione di fiducia è volto a rafforzare tale omogeneità di indirizzo: quando vi sia un contrasto, o il Parlamento si adegua all'indicazione dell'Esecutivo o fa cadere il Governo. In un senso o nell'altro la contraddizione comunque si risolve e la risolvono in ogni caso le Camere depositarie della volontà popolare.

Questo delicato sistema di contrappesi è profondamente alterato, direi sconvolto, dalla proposta in discussione. Noi istituiamo una nuova figura di legislatore, il corpo elettorale, totalmente slegata dal rapporto fiduciario con l'Esecutivo, dal meccanismo delle maggioranze parlamentari, da tutti quegli accorgimenti, cioè, che non sono, come forse pensano i colleghi 5 Stelle, una gabbia alla sovranità popolare, ma sono, al contrario, un modo perché essa possa esercitarsi in maniera coerente, efficace e, quindi, effettiva.

Il senso della democrazia parlamentare, in un sistema complesso come sono le società contemporanee, è proprio questo, affidare a un corpo di legislatori specializzati la traduzione degli indirizzi generali espressi dal popolo sovrano, in concreta attività legislativa. L'istituto del referendum in tale ambito è stato previsto dai costituenti proprio come strumento eccezionale di esercizio della sovranità, come diritto di veto del sovrano, del popolo sovrano, naturalmente, contro un'iniziativa legislativa che contraddica la volontà popolare. È ben evidente, nei dibattiti della Commissione dei 75 e poi in sede plenaria, la continua preoccupazione dei costituenti di non confondere questo strumento con quello di iniziativa legislativa. A un diritto di veto non deve corrispondere un diritto di proposta. Mi permetto di citare, da liberale, un mio antico maestro che ebbi il privilegio di conoscere e di frequentare in gioventù, Aldo Bozzi, che non era certo un oppositore preconcetto del sistema referendario. Siamo in un sistema di democrazia parlamentare - ricorda Bozzi alla Costituente - in cui il Parlamento eletto a suffragio universale diretto è il vero e unico rappresentante della volontà popolare; eppure, ad un certo momento il popolo si sovrappone ed impedisce che i suoi rappresentanti diano esecuzione alla loro volontà deliberata nella forma della legge.

Questo pericolo, onorevoli colleghi, è proprio quello che stiamo introducendo in Costituzione con la riforma dell'articolo 71. Non vi è nulla di nuovo in tutto questo; il MoVimento 5 Stelle non ha inventato nulla, per la verità, anzi, vi era una previsione curiosamente simile proprio nella proposta iniziale di Costantino Mortati che fu relatore della Commissione dei 75 sull'ordinamento costituzionale dello Stato. Ma la proposta Mortati venne accantonata di fronte a una convergenza di pareri discordanti e fra essi vanno ricordate figure di altissimo profilo e di diversissimo orientamento politico, da Einaudi a Lussu, da Terracini a Vittorio Emanuele Orlando, critico anche della cauta formulazione attuale dell'articolo 71 che, a suo giudizio, già conterrebbe una indiretta svalutazione dell'iniziativa parlamentare. Erano davvero, tutte queste grandi figure, nemiche della sovranità popolare? Tutt'altro, erano consapevoli, al contrario, del pericolo di contrapporre il popolo al Parlamento e della possibilità straordinaria che questo avrebbe potuto offrire ai demagoghi, agli avventuristi, a minoranze determinate a sovvertire la sovranità popolare.

Vi siete posti seriamente il problema, colleghi, di cosa succederebbe se, davvero, una proposta di legge respinta o modificata dal Parlamento fosse sottoposta al giudizio popolare e venisse approvata? Ad una prima lettura, il testo predisposto dal relatore elimina alcuni aspetti paradossali, ma non cambia la sostanza del problema. La delegittimazione delle Camere sarebbe tale da rendere obbligatorie elezioni anticipate e poiché nessun Parlamento desidera essere sciolto né essere delegittimato, l'attività parlamentare cesserebbe di essere libera e procederebbe sotto il ricatto dei gruppi organizzati in grado di minacciare il ricorso allo strumento referendario. È quanto già in parte avviene con il referendum abrogativo; quante volte le Camere hanno legiferato, di solito, molto male, per evitare un referendum? Ora, questi casi potranno moltiplicarsi potenzialmente all'infinito. Ciò potrà piacere ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, potrà piacere per altre ed opposte ragioni ai colleghi radicali, ma non dovrebbe piacere a chi abbia a cuore un ordinato procedere della democrazia.

La sostituzione del ruolo della maggioranza, espresso dalle elezioni generali, con quello di minoranze organizzate, lobby, corporazioni o realtà politiche minoritarie, ma fortemente strutturate e motivate, si può definire in tanti modi, ma non si può certo definire “democrazia”, quella democrazia che i costituenti vollero garantire nell'istituto referendario, introducendo il limite del quorum. Oggi, non soltanto si stravolge la funzione del referendum, ma si abbatte drammaticamente il quorum, vale a dire la garanzia che il referendum sia davvero espressione democratica.

Fra le nostre pigre e conformistiche abitudini, colleghi, c'è quella di demonizzare spesso l'astensionismo ai referendum. Vedete, colleghi, il quorum non è una cattiveria gratuita, inventata da qualche malintenzionato per frustrare gli sforzi dei volonterosi promotori della democrazia diretta o delle campagne referendarie; il quorum è semplicemente l'unica garanzia possibile contro il prevalere di una minoranza organizzata sulla maggioranza reale dei cittadini. L'astensionismo che viene definito “fisiologico” è una legittima scelta del cittadino elettore che non ritiene, su quella materia o su tutte le materie, di avere interesse o ragione per esprimersi. Che ciò avvenga perché si ritiene soddisfatto delle scelte compiute dal Parlamento, che d'altronde è stato eletto proprio per legiferare, che sia per un disinteresse specifico per quella materia o perché non si sente in grado di compiere una scelta motivata su un argomento specialistico o, semplicemente, per una generale indifferenza verso le cose della politica, è comunque una scelta che merita esattamente lo stesso rispetto e ha esattamente lo stesso valore di quella di chi si reca alle urne per esprimere con convinzione un “sì” o un “no”. Se la maggioranza degli italiani, per qualsiasi motivo, non ritiene di doversi esprimere su un argomento, non c'è ragione democratica al mondo per la quale una minoranza, per quanto significativa, debba invece imporre la sua volontà. Tutto questo diventa, invece, perfettamente logico se vogliamo affidare il potere effettivo alle minoranze organizzate, ma questo, non voglio ripeterlo ancora, è stato, ogni volta, il preludio alle dittature.

È vero, colleghi, su questo tema del quorum, come su altri aspetti del provvedimento, anche nelle ultime ore, si è adottata qualche modifica in chiave di riduzione del danno. Il quorum al 25 per cento è meglio dell'assenza di qualsiasi quorum, come sarebbe piaciuto ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, ma qual è il senso del 25 per cento? Perché a questo 25 per cento di italiani deve essere consentito di decidere per l'altro 75 per cento, che invece non volesse decidere? Non è un'evidente violazione del principio generale di parità dei diritti politici fra i cittadini? Io non so, colleghi del PD, se dietro a questa mediazione che voi avete voluto trovare vi sia soltanto la coerenza intellettuale del professor Ceccanti o vi siano piuttosto dei retro pensieri politici, dei segnali di fumo al MoVimento 5 Stelle, nella speranza di approfittare delle crescenti divisioni politiche della maggioranza per rientrare in gioco, una sorta di anticipazione, insomma, degli esiti del congresso del PD che mi pare si vada delineando anche in altri aspetti di questa discussione. Se così fosse, colleghi, si tratterebbe di una prospettiva miope, non solo per ragioni politiche generali che esulano da questa trattazione, ma perché usare la Costituzione come merce di scambio, nel quotidiano della politica, sarebbe ancora una volta un pessimo modo di legiferare.

In ogni caso, lo ripeto, si tratta di una riduzione del danno, ma il danno rimane ed è grave. Il grande lavoro emendativo elaborato dai colleghi di Forza Italia per l'Aula, si presuppone un obiettivo ben più ambizioso: svuotare questo provvedimento delle sue radicali criticità che abbiamo denunciato, salvaguardare la democrazia parlamentare e attraverso di essa la sovranità popolare. Non entrerò nel merito dei diversi emendamenti, già autorevolmente trattati da alcuni colleghi, se non per soffermarmi su un aspetto particolare, ma di grande rilievo, del quale abbiamo discusso a lungo in Commissione esteri nei giorni scorsi. Una delle materie che i costituenti avevano voluto tutelare in modo speciale, escludendola dall'iniziativa referendaria era la politica internazionale. Per definizione, in ogni Stato moderno, la politica estera è materia di competenza dell'Esecutivo con il controllo e il sostegno del Parlamento. Auspicabilmente, ma non necessariamente, le scelte di politica estera travalicano la normale dialettica maggioranza- opposizione, in nome di un complessivo interesse nazionale che spesso ha prevalso anche in questo Parlamento. Questo perché le grandi scelte di politica internazionale, per esempio la partecipazione all'Unione europea o all'Alleanza atlantica, richiedono un'ovvia continuità di indirizzo che non può essere messa in discussione ad ogni mutamento delle maggioranze parlamentari o degli umori contingenti della pubblica opinione.

Assistiamo in questi giorni a un esempio di scuola di cosa accade quando si affronta un grande tema di politica internazionale attraverso lo strumento referendario: le difficoltà enormi, le contraddizioni ai limiti della crisi istituzionale che la Brexit sta determinando nel Regno Unito sono esattamente quello che accade quando la politica estera si fa per referendum. Io sono tra coloro che considerano la Brexit una iattura, per l'Europa oltre che per la Gran Bretagna. Naturalmente non contesto la legittimità del diritto di Londra a lasciare l'Unione europea, ma, anche dal punto di vista dei sostenitori della Brexit, non sarebbe stato preferibile un processo ordinato, deciso da un Governo, con il sostegno della sua maggioranza parlamentare, a sua volta espressione della sensibilità dell'opinione pubblica britannica? Questo avrebbe consentito di evitare tutte le contraddizioni, lo stallo negoziale, le sconfessioni parlamentari, l'incertezza di queste settimane, il rischio concreto del no deal, dell'uscita senza accordo a due mesi dalla scadenza della Brexit. Di fronte a questa situazione molte voci hanno addirittura prospettato in Gran Bretagna l'opportunità di un secondo referendum che mettesse in discussione i risultati del primo. Se nel secondo referendum la stretta maggioranza che ha deciso l'uscita si trasformasse in una altrettanto stretta maggioranza a favore dell'Europa, cosa accadrebbe? Si annullerebbe il processo avviato? Con quale credibilità il Regno Unito potrebbe ancora sedersi ai tavoli europei? E perché non dovrebbe essere possibile, con la stessa legittimità, fra un anno o due, un terzo referendum, che potrebbe dare un risultato ancora diverso e riprendere da capo il percorso della Brexit?

Onorevoli colleghi, quella che vi ho appena descritto non è una situazione paradossale, è quanto logicamente comporta l'esercizio della democrazia diretta in materia di politica internazionale. Consideriamo la storia del nostro Paese. Con le elezioni politiche del 1948 e la sconfitta del Fronte Popolare, l'Italia scelse di stare nel campo occidentale, ma un eventuale referendum allora con le regole che ci state proponendo oggi, con un quorum di favorevoli al 25 per cento, avrebbe potuto benissimo mettere in discussione la conseguenza logica di quella scelta, cioè l'appartenenza all'Alleanza atlantica, che era fortemente contestata dalle sinistre e considerata con freddezza da alcuni settori del mondo cattolico. Cosa sarebbe stata la storia del nostro Paese senza l'Alleanza atlantica? Oggi, a decenni di distanza, l'unanimità delle forze politiche considera quella scelta lungimirante e indispensabile, allora fu solo il senso di responsabilità politica di Governo e Parlamento a renderla praticabile. Non per caso, se vi fu una materia sulla quale i costituenti non ebbero dubbi, questa fu proprio l'esclusione dei trattati internazionali dalle materie di possibile oggetto di referendum. Su altri temi si ebbero discussioni, un uomo rigoroso come Einaudi, per esempio, ammetteva la possibilità del referendum - naturalmente abrogativo - in materia di tributi, ma l'escludeva su due sole materie: la legge di bilancio e i trattati internazionali. E infatti, la formulazione dell'articolo 75 è chiarissima. Il paradosso sta nel fatto che, almeno in linea di principio, su questo concetto esiste una larga convergenza di vedute, eppure la formulazione nata in Commissione sembra nascondere un retro pensiero diverso. Il testo del secondo comma dell'articolo 1 si distingue per oscurità, sembra creato apposta per creare conflitti interpretativi, per dare lavoro alla Corte costituzionale. Questo non è mai un buon modo di legiferare, colleghi, ma lo è ancora meno quando si mette mano alla Costituzione. L'emendamento presentato dal relatore, a una prima lettura, elimina un grave elemento di ambiguità, sopprimendo la curiosa definizione di princìpi e diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, ma rimane in essere il resto del secondo comma, che è, se possibile, ancora più oscuro. Il referendum non è ammissibile - si dice - se la proposta presuppone intese o accordi, questo sarebbe ciò che rimane dell'esclusione dei trattati internazionali dalle materie oggetto di referendum. L'interpretazione di questo concetto è una sfida logica che sarebbe persino affascinante, forse divertente, se il nostro lavoro di legislatori non fosse una cosa terribilmente seria e gravida di conseguenze per i cittadini. Illustri costituzionalisti sono venuti in audizione a dirci che il riferimento agli accordi internazionali in questa formulazione non è affatto scontato, e che la norma parrebbe alludere piuttosto o per esempio alle intese particolari con minoranze linguistiche o confessioni religiose. Ma anche qualora si accolga in sede interpretativa il riferimento ai trattati internazionali, cosa significa il concetto di presupporre intese e accordi?

È del tutto evidente che nessuna iniziativa legislativa né popolare né parlamentare può imporre al Governo la stipula di un accordo di un trattato internazionale, se non altro perché questo presuppone il consenso di altri soggetti, di altri Paesi, di altri Governi non soggetti alla nostra sovranità. Detta così è semplicemente un'ovvietà. Non è altrettanto ovvio, però, quello che accade quando si tratta della ratifica o della non ratifica di un trattato già stipulato. In questo caso la proposta di ratifica o di non ratifica non presuppone un accordo, perché naturalmente l'accordo c'è già stato. L'eventuale approvazione della proposta non comporta quindi per il Governo l'obbligo di sottoscrivere alcun accordo internazionale, semmai quello di recedere da un accordo già sottoscritto, quindi questa formulazione straordinariamente ambigua lascia aperto un canale pericolosissimo per l'utilizzo dello strumento referendario in materia internazionale. Non è così, colleghi della maggioranza? I nostri dubbi sono infondati? Se lo sono, perché non adottare una formulazione chiara? Perché non riprendere semplicemente la stessa formulazione dell'articolo 75, che esclude senza possibilità di equivoco il referendum per le leggi di autorizzazione a ratificare i trattati internazionali? In questo senso ho presentato un emendamento che, insieme ad altri di tenore analogo presentati da altri colleghi, può consentire di fare chiarezza almeno su un punto importante, sul quale, a parole, esiste un'ampia convergenza di valutazioni.

Sarebbe ovviamente paradossale se fosse vietato procedere per referendum a cancellare la ratifica di un trattato internazionale e invece fosse consentito per referendum imporre la ratifica di quello stesso trattato. Si tenga presente, colleghi, che fra gli aspetti problematici di questa legge vi è anche il pessimo coordinamento fra l'articolo 71 e l'articolo 75. Poiché una proposta di legge di iniziativa popolare, come disciplinata dall'articolo 71, può essere anche una proposta di abrogazione di una legge esistente, si crea un doppio canale per cancellare una legge: il referendum abrogativo dell'articolo 75 e il referendum propositivo di una legge di abrogazione del nuovo articolo 71. Se poi i limiti posti dall'articolo 75 sono diversi da quelli dell'articolo 71, la confusione e l'approssimazione sono evidentemente complete. E se i limiti non sono diversi, perché non scriverlo in modo esplicito e inequivoco? I costituenti si posero il problema della chiarezza anche linguistica della Costituzione. La Commissione dei 75, con un atto di grande saggezza, sottopose il testo alla revisione di un illustre letterato, Pietro Pancrazi, che era membro del CLN in rappresentanza del Partito Liberale ma soprattutto un accademico della Crusca e dei Lincei, il curatore editoriale di alcune delle più prestigiose collezioni letterarie italiane, un critico, uno scrittore raffinato. Se la nostra Costituzione era scritta bene ed era facilmente interpretabile non lo si deve soltanto all'altissimo livello intellettuale e giuridico dei costituenti, ma anche a questa grande attenzione agli aspetti formali del testo. Oggi, absit iniuria verbis nei confronti dei colleghi che hanno redatto questo testo, non stiamo discutendo solo una cattiva norma ma anche una norma incomprensibile. Una norma che, però, ha una sua logica e una sua coerenza intrinseca cara ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, quella di scardinare la democrazia parlamentare come teorizzato dal loro ben remunerato ideologo Roberto Casaleggio. Si corre spesso il rischio - è successo già tante volte nella storia del Novecento - di non prendere sul serio l'elaborazione teorica di soggetti politici che appaiono stravaganti, di considerare certe affermazioni come provocazioni, slogan, utopie bizzarre; al contrario, bisogna leggerle attentamente, perché c'è già scritto tutto: il sinistro programma enunciato dal dottor Casaleggio si va concretamente realizzando, e scardinare la democrazia liberale ne è un passaggio fondamentale. Noi naturalmente non possiamo che essere radicalmente alternativi a tutto questo. Noi, fra Schmitt e Kelsen sceglieremo sempre Kelsen, anche se a entrambi preferiamo Bruno Leoni oppure Von Hayek. Preferiamo comunque sempre la Repubblica di Weimar, con tutti i suoi limiti strutturali, a chi è venuto dopo a sostituirla. Anche allora tutto era scritto: era teorizzata la messa al bando di ogni mediazione democratica fra il popolo, la nazione e il capo. E faccio sempre più fatica a capire come non si rendano conto di questo pericolo i colleghi della Lega, che sono espressione di una cultura politica del tutto diversa da quella partorita negli uffici della Casaleggio Associati.

Onorevoli colleghi, oggi noi stiamo sottoscrivendo una pagina della quale solo il MoVimento 5 Stelle potrà andare fiero, ma proprio per questo è una pagina pericolosa per le istituzioni democratiche.

Stiamo rendendo un pessimo servizio alla Costituzione, all'Italia, alle generazioni future, alla democrazia. Fermiamoci, per favore, finché siamo in tempo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Perego. Ne ha facoltà.

MATTEO PEREGO DI CREMNAGO (FI). Presidente, colleghi, ancora una volta delle proposte scellerate, anacronistiche ed avventate del MoVimento 5 Stelle ci portano in quest'Aula a ribadire la nostra indignazione e il rischio che la società corre. Corriamo un rischio concreto: che le proposte presentate producano risultati oggettivamente contrari a quelli sperati; in una sola parola, l'eterogenesi dei fini.

Questa premessa filosofica è necessaria se in gioco c'è la democrazia e l'integrità della Carta costituzionale. L'eterogenesi dei fini è un principio formulato dal filosofo e psicologo Wundt, secondo il quale le azioni umane possono produrre fini diversi da quelli che sono perseguiti dal soggetto che compie l'azione. Ciò sapete come e perché avverrebbe? Per il sommarsi delle conseguenze e degli effetti secondari dell'agire, modificando lo scopo originario; per tradurlo in un linguaggio comprensibile a tutti, conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali.

Infatti le proposte di legge in esame non solo non appaiono in grado di raggiungere i propri obiettivi, ma paradossalmente rischiano di produrre risultati diametralmente opposti. E quali sono i rischi? I rischi che la nostra società corre, i rischi che la nostra democrazia corre e che questo Parlamento corre sono la tirannia della minoranza: in nessuna delle vostre proposte, salvo adesso una possibilità di emendamento, sono previsti limiti quantitativi al numero di iniziative referendarie proponibili, e non si prevede un quorum strutturale, semmai solo un quorum approvativo; con il risultato che il referendum può essere approvato anche solo da una manciata di elettori che prende parte alla votazione. Allora questo è uno strumento della minoranza per poter fare ostruzionismo a chi legittimamente è stato eletto, a chi ci deve governare; questo è uno strumento della minoranza che può permettere un ostruzionismo alle Camere fino a farle collassare.

E allo stesso tempo l'altra faccia della medaglia è che questa può essere anche una tirannia della maggioranza, un plebiscitarismo: la maggioranza potrebbe infatti invocare una provocatio ad populum, ed incitare i propri elettori a formare delle proposte plebiscitarie, delle proposte demagogiche sulle iniziative del Governo. In questo senso la maggioranza può agitare la democrazia diretta e lo spettro del consenso popolare per ridurre al silenzio la minoranza, l'opposizione; e questa che cos'è, se non una deriva di una dittatura?

Allora arrivo al terzo problema, forse quello più significativo: contrapporre rappresentanti e rappresentati in un gioco alla morte, perché qualunque dei due ne esca vittorioso è la sconfitta dell'altro ed è la sconfitta di questa casa, che si basa su un principio fondamentale, che i rappresentati scelgono i propri rappresentanti e di questi hanno fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Non c'è contrapposizione, ma c'è la totale sintonia: è su questo che si basa la democrazia, ed è questo che noi vogliamo difendere, sono queste le regole fondamentali. Perché se non fosse così si arriverebbe ad una disgregazione, cadrebbe proprio il concetto di sovranità popolare, e si arriverebbe a quello che Hobbes definiva l'homo homini lupus, ovvero che il singolo definisce qual è l'etica propria, giusta per sé, il singolo si costituisce tribunale delle proprie azioni, e anche in sede di giustizia questo potrebbe essere una deriva immaginabile.

Ebbene, questo è tutto chiaro, perché i 5 Stelle vogliono delegittimare questo Parlamento, credono nell'uno vale uno, non si rendono conto degli sforzi, dei sacrifici che sono costati la vita a tante persone e del percorso lungo che ci ha portato ad avere una casa che ospita i pareri di tutti in un'ottica di maggioranza e guida questo Paese, un grande Paese. Come pensate di poter vivere in una società dove non c'è la rappresentanza, dove ogni cittadino corrisponde solo all'interesse singolo e dimentica la collettività, con un valore di comunità ed una bandiera che ci unisce tutti, ed è la bandiera della democrazia oltre al nostro tricolore?

Voi state riportando il Paese indietro di cent'anni; e lo ripeto, noi corriamo un rischio concreto, un rischio concreto che le proposte presentate producano risultati oggettivamente contrari a quelli sperati. Vico teorizzava che la storia umana contiene in sé potenzialmente la realizzazione di certe finalità; ma il percorso per raggiungere queste finalità non è però da intendersi lineare: può accadere che mentre ci si propone di raggiungere alti e nobili obiettivi, la storia arrivi a conclusioni opposte. Per inciso, i vostri non sono né alti né nobili come obiettivi, questo mi sembra chiaro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Diceva Vico che talvolta infatti l'umanità corre il rischio del ricorso, ossia rischia di ritornare indietro, nel prestabilito percorso di automiglioramento, a causa di errori di natura sociale e politica. Ecco, per me voi siete l'accidente della storia, siete l'errore della storia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente): perché con voi si torna indietro, con la vostra azione politica denigratoria delle istituzioni si rovina un lavoro di anni, di anni.

Ma per fortuna con Vico - e questa è la nostra speranza, ed è questo per cui noi di Forza Italia, tutti i colleghi combattiamo ogni giorno - crediamo che il ricorso sia soltanto temporaneo, come diceva lui. Infatti con forza, fatica, coraggio, sofferenza, competenza, merito, ogni volta l'umanità ha saputo e saprà sempre riprendere il cammino progressivo: perché noi dobbiamo lasciare questa casa meglio di come l'abbiamo trovata, dobbiamo lasciare ai nostri figli un futuro migliore, dobbiamo lasciare un presente di speranza, di sogno, non un presente che distrugge tutto, un presente del “no”, che addirittura vuol far crollare questa casa. Ma chi c'è stato prima di noi ci dovrebbe insegnare che questa è l'unica soluzione possibile per il progresso del Paese. E allora ancora una volta dico: con forza, coraggio, fatica, sofferenza e competenza contrasteremo voi e la vostra visione antistorica, ma soprattutto la vostra visione antidemocratica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bartolozzi. Ne ha facoltà.

Onorevole D'Ettore, se si siede… Grazie.

GIUSI BARTOLOZZI (FI). È l'entusiasmo, Presidente.

Presidente, onorevoli colleghi, l'introduzione di una forma di iniziativa indiretta di per sé costituisce un importante strumento di rafforzamento dell'iniziativa popolare: prova ne è l'ampia condivisione in termini di principio tra varie forze politiche. Occorre però la costruzione del modello, costruzione che non è semplice, perché dev'essere tale da introdurre idonee garanzie procedurali e limiti nel rispetto degli equilibri istituzionali e delle competenze costituzionali relativi all'esercizio della funzione legislativa; anche e soprattutto delle regioni speciali, che hanno competenza legislativa o primaria, e che non può essere ridotta, com'è avvenuto nella proposta all'esame, alla stregua di una questione marginale. Occorre tornare su un concetto che evidenzia la natura sabbiosa del terreno sul quale la maggioranza erratica che sostiene questo Governo bipolare oggi si cimenta disinvoltamente nell'esercizio della revisione costituzionale. Siamo di fronte ad una grande frattura costituzionale, che colpisce al cuore la democrazia rappresentativa ed il ruolo del Parlamento, che come è noto parte degli esponenti della maggioranza ritiene superfluo o da chiudere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Non va sottaciuto che l'idea di rafforzare l'iniziativa legislativa popolare o di introdurre nuove forme di decisione popolare indiretta si colloca nella linea di tendenza consolidata dei progetti di revisione costituzionale finora tentati dall'adozione della Carta fondamentale ai nostri giorni. In forme e modalità diverse, variegate maggioranze politiche hanno espresso l'esigenza, condivisa in termini di principio quale opportunità per migliorare i processi decisionali pubblici, di rinnovare l'istituto dell'iniziativa popolare; lo ha detto prima di me molto bene l'onorevole Santelli.

La nascita della democrazia. La forma di governo ateniese di Pericle del V secolo avanti Cristo determina il passaggio ad una partecipazione popolare democratica, la partecipazione popolare all'ecclesia con l'affermazione dell'isegoria, la libertà di parlare riconosciuta a tutti nell'assemblea. Questa costituisce un salto storico-giuridico epocale verso il governo democratico della polis: la parresia, che costituiva un pilastro della partecipazione, la libertà di esprimersi liberamente e con franchezza, ovvero di esprimersi senza filtri perseguendo la verità, presupponeva un dialogo in cui si confrontassero le opinioni dei partecipanti, dei cittadini che partecipavano liberamente in condizioni di parità all'interno dell'assemblea.

Nei sistemi democratici contemporanei la rappresentanza di diritto pubblico risponde, come è noto, ad una pluralità di ragioni concomitanti: il principio di sovranità popolare, che porta con sé l'introduzione irreversibile del suffragio universale, la presenza dei partiti o movimenti politici, che tendono a svolgere una funzione di manifestazione e aggregazione della pluralità di interessi e orientamenti, l'individuazione di istituti di democrazia diretta mediante i quali il popolo può esprimere, in modo diretto, alternativo e integrativo rispetto alla rappresentanza, la propria volontà.

La rappresentanza resta quindi politica perché ai rappresentanti viene chiesto di perseguire l'interesse generale ma, al tempo stesso, perde il carattere dell'esclusività, intesa come capacità di privare i rappresentanti del loro agire politico trasferendolo al Parlamento e così divenendo solo uno degli strumenti mediante il quale il popolo esercita la propria sovranità. La democrazia è un concetto politico che si concretizza in strumenti giuridici e, dunque, in procedure connesse all'esercizio della sovranità da parte del popolo. Vezio Crisafulli, uno dei maestri del diritto costituzionale, precisava che l'esercizio della potestà sovrana di un popolo non si esaurisce sempre e soltanto in manifestazioni unitarie di volontà spesso, vice versa, articolandosi in una serie di atti parziali e particolari che in diversi modi concorrono alla formazione, all'esplicazione e all'attuazione della potestà medesima unitariamente considerata.

Questa posizione è stata poi ribadita nella giurisprudenza costituzionale nella sentenza n. 106 del 2002, in cui si afferma che l'articolo 1 della Costituzione, nello stabilire con formulazione netta e definitiva che la sovranità appartiene al popolo, impedisce di ritenere che vi siano luoghi o sedi dell'organizzazione costituzionale nella quale essa si possa insediare esaurendovisi. Le forme e i modi nei quali la sovranità del popolo può svolgersi, infatti, non si risolvono nella rappresentanza ma permeano l'intera intelaiatura costituzionale, si rifrangono in una molteplicità di situazioni e di istituti e assumono una configurazione talmente ampia da ricomprendere certamente il riconoscimento e la garanzia delle autonomie territoriali.

Una democrazia rappresentativa correttamente integrata e non soverchiata, come auspica qualche forza politica, da istituti di democrazia diretta dovrebbe tendere a far coincidere la volontà dei governati con quella dei governanti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) e acconsentire che l'esercizio delle funzioni politiche derivi dalla partecipazione popolare. La volontà popolare del corpo elettorale, che coincide con quello decidente negli istituti di democrazia diretta, è tanto più sentita quanto più è ristretta la comunità sottostante, quanto più sono validi i canali di trasmissione della domanda politica costituita dai partiti e dai movimenti e quanto più validi sono i sistemi elettorali.

Una democrazia moderna necessita di una seria ponderazione della forma di governo per la costruzione di un equilibrio tra rappresentatività e governabilità, governo della maggioranza e tutela e rispetto delle minoranze, valorizzazione delle scelte politiche elettorali alla base della formazione dell'indirizzo politico. Un sistema democratico fondato su libere elezioni e sul principio di maggioranza che guida la configurazione del Governo e di processi decisionali politici veniva considerato dallo stesso Kelsen come il minore dei mali. E come ha insegnato Norberto Bobbio, come ha citato già prima di me l'onorevole Lupi, nelle democrazie occidentali contemporanee il tema della crisi della democrazia rappresentativa è ampiamente dibattuto. In realtà, non è la democrazia di per sé che viene messa in discussione ma è la portata della rappresentanza mediante la quale il popolo affida ai rappresentanti le decisioni che regolano la vita dei cittadini, la determinazione dei diritti e dei doveri, aspettando la scadenza dei mandati parlamentari per una nuova decisione sulla loro riconferma o meno.

Considerato che gli istituti della democrazia sono sorti per il controllo del governo della cosa pubblica e che il passaggio dall'oligarchia alla democrazia è avvenuto tramite l'istituto della rappresentanza politica, va considerato come un ulteriore passaggio che la partecipazione nell'ordinamento italiano si stia progressivamente realizzando tramite strumenti atti alla democratizzazione della società. Vi è un'intrinseca e demagogica contraddizione ma probabilmente questa è una conclamata dichiarazione di fallimento nelle forze politiche che sostengono questo Governo, forze politiche che rivendicano la capacità di interpretare e rappresentare i cittadini perché interpreti diretti del popolo. Infatti, abbiamo il Governo del popolo, riforme del popolo, pure un Presidente del Consiglio avvocato del popolo e poi sentono la necessità di dilatare a dismisura le forme di democrazia diretta (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Il vostro appello alla democrazia diretta è l'emblema del vostro fallimento quali canali incapaci di interpretare il bisogno di collegamento tra la società e le istituzioni che occupate.

Populismo e democrazia referendaria sono un ossimoro, una beffarda contraddizione in termini, frutto di una conclamata e assoluta approssimazione nella tecnica di revisione costituzionale. Dominique Rousseau, solo omonimo di quello che voi - avrei voluto dire “caro Ministro Fraccaro”, avrei voluto dire “cari colleghi del MoVimento 5 Stelle” ma ce ne sono pochissimi, solo tre, e quindi mi rivolgo a lei, Presidente - di quello evocato dai colleghi grillini parlava a proposito della democrazia continua, richiamando l'articolo 6 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo, di un obbligo dei parlamentari di riunire delle assemblee primarie di cittadini nella loro circoscrizione per discutere progetti di legge e proposte e raccogliere pareri prima che essi siano presentati all'Assemblea nazionale. Diceva: “La democrazia non è una somma aritmetica di voti e i cittadini non sono intermittenti protagonisti della vita politica. La democrazia è l'esperienza vivente dei cittadini che inventano le forme della loro vita”.

In questo contesto e tenuto conto dell'inevitabile forza della chiamata in causa della sovranità popolare, il problema è, quindi, quello del rispetto delle forme e delle condizioni di esercizio della stessa sovranità popolare. Di fronte all'approssimarsi del referendum del 1946 il giurista siciliano Santi Romano rilevava, da una parte, l'importanza del tutto secondaria dei congegni del governo popolare diretto e, ancora, rilevava che questi erano venuti attenuandosi nella pratica man mano che si dimostravano poco compatibili col sistema della democrazia rappresentativa e specialmente con il governo parlamentare.

Nella nostra Costituzione le forme e i limiti dell'esercizio della sovranità popolare evocano e richiamano il complessivo tessuto costituzionale e, in particolare, gli articoli 75, 125, 123 e 138. I processi decisionali democratici non possono essere astretti nel binomio democrazia rappresentativa - democrazia diretta. I canali sono molteplici e tra di essi cruciale è il circuito della rappresentanza e dell'organizzazione territoriale, nella quale pure si rifrange la sovranità popolare. La deriva è tanto più pregnante se si considera che di fronte alla prorompente crescita dell'astensionismo il voto viene espresso da una parte della popolazione attiva socialmente ed economicamente avvantaggiata e, in definitiva, non realmente rappresentativa. È così più facile che il voto si trasformi in uno strumento che postula e spinge la contrapposizione sociale e consente di approvare politiche tese a sfavorire determinati gruppi.

Utile in tal senso è l'esperienza straniera sui referendum come negli Stati membri degli USA e nella Svizzera dove si registrano invero diversi casi in cui l'istituto viene utilizzato proprio con l'intento di incidere negativamente sui diritti delle minoranze (l'abbiamo sentito dire benissimo dalla collega Ravetto stamattina). Tuttavia, immaginando un adeguato sistema di limiti non si può negare l'utilità dell'iniziativa indiretta che costringe il Parlamento ad esercitare la funzione legislativa e rispetto alla quale l'attivazione eventuale del referendum costituirebbe in qualche modo un fallimento, segnando l'incapacità del Parlamento di decidere. La dinamica espansiva del ricorso agli istituti di partecipazione costituisce, dunque, il chiaro sintomo di una crisi permanente di legittimazione dei poteri pubblici che, mediante l'attivazione della consultazione diretta, trasferiscono la decisione al voto popolare e così sfuggono al confronto politico.

Rafforzare l'iniziativa costituisce un elemento di democratizzazione del processo decisionale ma la logica aggregativa maggioritaria del voto popolare scatena in ogni caso dinamiche oppositive largamente strumentalizzabili sul piano politico e che possono travolgere la stessa maggioranza al Governo. La celebrazione del referendum se consente di recuperare la dinamica bipolare fa emergere sempre una componente plebiscitaria che è contenuta nell'istituto e che non qualifica la relazione fiduciaria tra istituzioni e cittadini necessaria per governare, tanto quanto il rapporto di fiducia che deve intercorrere tra Governo e Parlamento.

Tornando alla proposta in esame, brevemente Presidente, deve osservarsi che per l'esercizio dell'istituto della democrazia diretta, laddove si svolgesse in materia riservata alla competenza esclusiva regionale, si dovrebbe almeno prevedere che il quorum richiesto venga almeno raggiunto in ogni regione o quantomeno nelle regioni ove si incide sulla competenza legislativa primaria regionale.

Al contrario, il progetto all'esame presenta alcune gravi imprecisioni in merito, rilevando l'intenzione di dare largo spazio all'utilizzo dell'istituto partecipativo con contrappesi decisamente ridotti e incompatibili, ma direi confliggenti, con altri principi costituzionali.

In particolare, ciò che non convince e non può convincere consiste proprio nella grave incertezza e inaccettabile genericità dei limiti entro i quali l'iniziativa popolare è ammissibile. Appare assai grave, come per alcuni aspetti già puntualmente osservato da molti deputati, che ci si limiti a stabilire che la proposta popolare non è ammissibile se non rispetta i principi e i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, nonché i vincoli europei e internazionali, se non ha contenuto omogeneo e se non provvede ai mezzi per far fronte a nuovi o maggiori oneri che essa comporti. Non esistono, quindi, ambiti espressamente sottratti all'iniziativa popolare. L'iniziativa può riguardare qualsiasi oggetto che possa essere disciplinato con legge ordinaria, restando escluse solo quelle materie per le quali la Costituzione prevede un procedimento di formazione rafforzato. Prendiamo atto dell'emendamento che è stato presentato, che in qualche modo respinge l'ambito delle materie, ma ci riserviamo di esaminarlo in seguito.

Inoltre, il riferimento al rispetto di principi e diritti fondamentali appare troppo generico e foriero di gravi incertezze sul piano interpretativo. La consultazione popolare diretta va disciplinata attentamente, non solo in ordine alle materie che possono essere oggetto di iniziativa, ma anche in ordine alle modalità di attivazione della procedura, in modo da contingentare i tempi dei lavori parlamentari, evitando che il Parlamento possa essere ostaggio di ripetute iniziative popolari. Ne discende che una regolazione rigorosa appare vieppiù necessaria perché il referendum reca sempre con sé molteplici rischi derivanti dalla polarizzazione della scelta politica, ridotta ad un'alternativa secca tra un “sì” e un “no”.

La dinamica maggioritaria ed aggregativa negativa del voto determina sovente la possibilità di innescare dinamiche plebiscitarie e divisive, pericolose per gli assetti democratici. Risulta indubbio, infine, che un'applicazione dell'articolo 71 nella versione che oggi si sottopone allo scrutinio dell'Aula, che involga competenze esclusive delle regioni speciali, potrebbe condurre ad uno stravolgimento dell'assetto costituzionale, sottraendo alle stesse ciò che la Costituzione e gli statuti di autonomia conferiscono loro con rango primario.

Infatti, l'apposizione di vincoli, limiti e prescrizioni del referendum di cui stiamo parlando potrebbe direttamente inferire sulla competenza primaria delle regioni senza alcuna garanzia per le prescrizioni costituzionali e statutarie, che rischiano, così, di essere pesantemente vulnerate, con grave pregiudizio per l'assetto costituzionale delle competenze.

Riteniamo, quindi, che come è avvenuto per l'incresciosa vicenda della decisione finanziaria che ha obliterato e sopraffatto le prerogative dei parlamentari, sarà la Corte costituzionale a dare a questo Governo una sonora lezione di diritto costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) ed è più plausibile che le regioni a statuto speciale siano le prime ad impugnare questa surrettizia modifica costituzionale, rabberciata e confusionaria, frutto di una approssimativa quanto smodata voglia di far saltare l'attuale assetto costituzionale.

Il testo della revisione costituzionale è lacunoso e inadeguato e, sotto questo profilo, incostituzionale e, direi, eversivo, poiché mina alle basi l'intero assetto della Costituzione. È eversivo come l'intendimento, che questo disegno tradisce, di minare alle fondamenta la democrazia parlamentare: noi non ve lo consentiremo e difenderemo le istituzioni democratiche in ogni modo; difenderemo il Parlamento degli italiani, difenderemo le ragioni delle nostre autonomie costituzionalmente garantite contro la vostra pulsione, che è barbarie.

Ravvedetevi! Ravvedetevi prima che sia troppo tardi o farete precipitare questo grande Paese in un conflitto che tracimerà oltre il dibattito politico, poiché saranno in gioco i diritti fondamentali e i valori democratici, i valori ed i diritti che i nostri padri hanno conquistato e consacrato nella Costituzione e che noi vogliamo trasmettere intatti ai nostri figli (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Come concordato, proseguiremo gli interventi sul complesso degli emendamenti martedì prossimo.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Cassese. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO CASSESE (M5S). Grazie, Presidente. Ho il privilegio di rappresentare il mio territorio in questa importante istituzione ed è in quest'Aula che oggi voglio dar voce al grido di dolore proveniente dalla mia terra per l'ennesima tragica notizia che ha scosso l'intera comunità. È di queste ore, infatti, la notizia del suicidio a Grottaglie, in provincia di Taranto, di Donato Trevisani. Già consigliere comunale, Donato era una persona buona, da sempre impegnata nel sociale. Il suo sorriso mancherà a tutti coloro che hanno avuto, come me, la fortuna di conoscerlo. Presidente, questo, purtroppo, è l'ennesimo caso di morte così tragica in pochi mesi, in una comunità che conta poco più di 32 mila abitanti.

Al di là delle motivazioni specifiche che possono indurre a simili gesti, questi casi ci parlano senza dubbio di un disagio sociale da indagare, da monitorare, su cui intervenire attraverso tutti gli strumenti che abbiamo a nostra disposizione. Non possiamo rimuovere fenomeni così preoccupanti - in Italia il dato è allarmante: 4 mila casi all'anno - e relegarli alla mera dimensione privatistica, familiare. Dobbiamo assumerli anche politicamente e capire cosa fare per impedire che avvengano.

Vedete, la politica nel senso più nobile e autentico, la politica del cambiamento che proviamo a realizzare ogni giorno deve avere al centro le vite delle persone, deve occuparsi del loro benessere materiale innanzitutto, ma anche psichico, avendo come obiettivo la costruzione di una società giusta, sana, serena, in cui il bene dei cittadini è al primo posto. Il mio invito è che chi ha ruoli di responsabilità nelle istituzioni, ad ogni livello, locale o nazionale, si faccia dunque carico anche di queste tragedie e lavori con il massimo della serietà per rimuovere le cause che le determinano.

Rinnovo qui il mio cordoglio e la massima vicinanza ai familiari di Donato Trevisani per la dolorosa perdita subita ed alla comunità di Grottaglie, che ha perso un figlio, un amato concittadino.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (PD). Grazie, Presidente. Ho chiesto di intervenire per utilizzare la sua disponibilità e poter trasferire a lei la preoccupazione di un territorio: il territorio a cavallo tra Romagna e Toscana, che è stato interessato proprio ieri dal sequestro di un tratto di autostrada, o meglio di superstrada, la superstrada E45, nel viadotto che corrisponde alle zone tra Canili di Valsavignone; un tratto molto trafficato, la cui chiusura - rispetto alla quale, ovviamente, non eccepiamo, essendo una scelta della magistratura - sta però provocando gravissimi danni in termini di mobilità, in termini anche economici, in termini di afflussi turistici; ciò sta causando danni che non sono solo legati a quel territorio, ma che sono legati a tutto il Paese, perché bloccando quell'arteria la viabilità alternativa è molto, molto disagevole.

Quindi, quello che stiamo chiedendo - e lo abbiamo fatta anche attraverso un'interrogazione che abbiamo presentato con i colleghi Verini, Ascani e Pagani - è che il Governo posso subito attivarsi e possa al più presto dare una risposta, magari attivando la procedura d'urgenza per poter, in tempi brevissimi, svolgere i lavori necessari per la messa in sicurezza di quel tratto e anche per strutturare una viabilità alternativa. Chiediamo anche che al più presto il Governo incontri i sindaci delle zone interessate per studiare insieme a loro, insieme ad ANAS, insieme a tutte le istituzioni che possono fare qualcosa, una soluzione alternativa nel garantire ovviamente la massima sicurezza ai cittadini e agli automobilisti, ma anche nel garantire a quelle popolazioni la possibilità di non rimanere chiuse in un vicolo cieco (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Grazie, Presidente. Il 19 gennaio 2000 moriva ad Hammamet, in terra tunisina, Bettino Craxi, capro espiatorio di una tremenda stagione politico-mediatico-giudiziaria (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Proprio in quest'Aula, con lo storico discorso del 3 luglio 1992, Craxi chiese alla classe politica tutta, nel suo complesso, di assumersi le proprie responsabilità e di dare una risposta politica alla crisi della prima Repubblica. Ne seguì un silenzio assordante, la cui eco, a distanza di quasi 27 anni, non si è ancora arrestata.

Ma voglio qui ricordare, nel luogo che lo ha visto protagonista per quasi venticinque anni, lo statista Bettino Craxi e sottolineare il suo coraggio: il coraggio di innovare il campo riformista, rompendo con gli schemi tradizionali del passato ed indicando una nuova via, il coraggio di sfidare i fucili puntati dei soldati di Pinochet in Cile, quando nel 1973 si recò sulla tomba del Presidente Allende, il coraggio di andare con le sue convinzioni anche contro colossi di conservazione che sembravano inattaccabili come nel caso del decreto di San Valentino sulla scala mobile; il coraggio di lanciare nel corso del mandato del suo Esecutivo una politica economica di espansione, crescita e sviluppo che, debellata l'inflazione, diede impulso all'attività produttiva fino a far arrivare l'Italia nel G7; il coraggio di una posizione in politica estera lungimirante ed audace che pose sempre l'Italia al centro come quando sostenne con forza la necessità di installare gli euromissili a difesa del nostro Paese dalla minaccia sovietica o quando fece capire con chiarezza a Sigonella agli alleati americani che l'Italia non poteva accettare il ruolo di potenza a sovranità limitata. La mia libertà equivale alla mia vita: è scritto sulla piccola lapide nel cimitero cristiano di Hammamet all'ombra della Medina. Su quella tomba, come ogni anno, depositerò assieme alla famiglia e a tanti amici un mazzo di garofani rossi augurandomi che nel 2020, a venti anni dal giorno in cui Craxi ci ha lasciato, si possa giungere ad una memoria finalmente condivisa, onorata propriamente anche in Italia, il Paese che ha servito e che ha profondamente amato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Calendario dei lavori dell'Assemblea per il periodo 22 gennaio – 1° febbraio 2019 e programma dei lavori dell'Assemblea per il periodo febbraio-marzo 2019.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato stabilito, ai sensi dell'articolo 24, comma 3, del Regolamento, il seguente calendario dei lavori per il periodo 22 gennaio – 1° febbraio 2019:

Martedì 22 (ore 14-21, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 23 (ore 16-20, con eventuale prosecuzione notturna) e giovedì 24 gennaio (ore 10.30-13 e ore 14-18, con eventuale prosecuzione notturna)

Seguito dell'esame della proposta di legge costituzionale n. 1173 e abbinate - Modifica all'articolo 71 della Costituzione in materia di iniziativa legislativa popolare

Nella seduta di mercoledì 23 gennaio, alle ore 9.30, avrà luogo lo svolgimento delle Comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia

Lunedì 28 gennaio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

Discussione sulle linee generali delle mozioni Porchietto ed altri n. 1-00103 e Delrio, Lupi ed altri n. 1-00104 concernenti la realizzazione della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione

Discussione sulle linee generali della mozione Muroni ed altri n. 1-00100 concernente iniziative volte a vietare l'utilizzo dei pesticidi e dei diserbanti nelle produzioni agricole, favorendone lo sviluppo con metodo biologico

Martedì 29 (ore 14-21, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 30 (ore 11-14 e ore 16-20, con eventuale prosecuzione notturna) e giovedì 31 gennaio (ore 10.30-13 e ore 14-18, con eventuale prosecuzione notturna)

Seguito dell'esame della proposta di legge costituzionale n. 1173 e abbinate - Modifica all'articolo 71 della Costituzione in materia di iniziativa legislativa popolare

Seguito dell'esame delle mozioni Porchietto ed altri n. 1-00103 e Delrio, Lupi ed altri n. 1-00104 concernenti la realizzazione della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione

Seguito dell'esame della mozione Muroni ed altri n. 1-00100 concernente iniziative volte a vietare l'utilizzo dei pesticidi e dei diserbanti nelle produzioni agricole, favorendone lo sviluppo con metodo biologico

Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo nelle sedute di mercoledì 23 e 30 gennaio 2019 (dalle ore 15).

Lo svolgimento di interpellanze urgenti avrà luogo nelle sedute di venerdì 25 gennaio e 1° febbraio 2019 (dalle ore 9,30).

Lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni avrà luogo nelle sedute di martedì 22 e 29 gennaio (dalle ore 11).

Il Presidente si riserva di inserire nel calendario dei lavori l'esame di progetti di legge di ratifica deliberati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

L'organizzazione dei tempi per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario sarà pubblicata nell'Allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

Comunico che è stato altresì stabilito, ai sensi dell'articolo 23, comma 6, terzo periodo, del Regolamento, il seguente programma dei lavori per i mesi di febbraio e di marzo 2019:

Mese di febbraio

Disegno di legge S. 989 - Conversione in legge del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione (scadenza: 12 febbraio 2019 – ove trasmesso dal Senato)

Disegno di legge n. 1486 - Conversione in legge del decreto-legge 8 gennaio 2019, n. 1, recante misure urgenti a sostegno della Banca Carige S.p.a. - Cassa di risparmio di Genova e Imperia (scadenza: 9 marzo 2019 – da inviare al Senato)

Eventuale seguito dell'esame della proposta di legge costituzionale n. 1173 e abbinate - Modifica all'articolo 71 della Costituzione in materia di iniziativa legislativa popolare

Proposta di legge n. 1353 e abbinate – Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario (Approvata dal Senato)

Proposta di legge n. 1309 e abbinate - Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa (Approvata dal Senato)

Proposta di legge n. 1409 - Delega al Governo per l'adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, di cui alla legge 19 ottobre 2017, n. 155 (Approvata dal Senato)

Proposta di legge n. 696 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sullo stato della sicurezza e sul degrado delle città

Proposta di legge n. 395 - Modifiche all'articolo 4 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, in materia di accesso aperto all'informazione scientifica

Proposta di legge n. 712 - Modifica all'articolo 4 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, concernente le partecipazioni in società operanti nei settori lattiero-caseario e alimentare

Mozione recante impiego dell'esercito a contrasto della mafia nigeriana nella zona di Castelvolturno (in corso di presentazione)

Proposta di legge n. 1302 e abbinata - Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale in materia di voto di scambio politico-mafioso (Approvata dal Senato)

Proposta di legge n. 52 e abbinata - Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque

Mese di marzo

Disegno di legge n. 1432 - Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2018 (Approvato dal Senato)

Disegno di legge n. 1433 – Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell'assenteismo (Approvato dal Senato)

Proposta di legge n. 684 e abbinata - Disposizioni per il riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale

Proposta di legge n. 1074 - Disposizioni per la semplificazione fiscale, il sostegno delle attività economiche e delle famiglie e il contrasto dell'evasione fiscale

Mozione Lupi ed altri n. 1-00058 concernente iniziative in ordine alla realizzazione del Terzo Valico dei Giovi

Proposta di legge n. 491 - Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie

Comunicazioni del Governo in vista del Consiglio europeo del 21 e 22 marzo

Proposta di legge n. 452 - Disposizioni per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale

Disegno di legge n. 1455 - Modifiche al codice di procedura penale: disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere

Proposta di legge n. 875 - Norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo

Proposta di legge n. 506 - Modifiche all'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile

Proposta di legge n. 1482 – Riduzione dell'imposta sul reddito delle società per gli enti senza scopo di lucro e gli istituti autonomi per le case popolari

Proposta di legge n. 1354 e abbinate - Istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza e del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione (Approvata dal Senato)

Proposta di legge n. 313 - Norme per l'attribuzione a soggetti pubblici della proprietà della Banca d'Italia

Doc. XXII n. 17 - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Nell'ambito del programma è altresì previsto lo svolgimento di atti di sindacato ispettivo e potranno essere inseriti inoltre eventuali progetti di legge di ratifica deliberati dalle Commissioni e documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 22 gennaio 2019 - Ore 11:

1. Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

(ore 14)

2. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:

D'UVA ed altri: Modifiche all'articolo 71 della Costituzione, in materia di iniziativa legislativa popolare, e alla legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1.

(C. 1173-A)

e delle abbinate proposte di legge costituzionale: CECCANTI ed altri; CECCANTI ed altri; MAGI. (C. 726-727-1447)

Relatori: DADONE, per la maggioranza; CECCANTI, SISTO e SPERANZA, di minoranza.

La seduta termina alle 19,25.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

      nella votazione n. 1 il deputato Fassino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

      nelle votazioni nn. 1 e 2 i deputati Bartolozzi, Bonomo, Della Frera, Rossello, Santelli, e Versace hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;

      nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 4 il deputato Mariani ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

      nella votazione n. 2 i deputati Bond e Prestipino hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Pdl 1173-A - Quest. preg. cost. n.1 468 460 8 231 196 264 61 Resp.
2 Nominale Quest. preg. merito n.1 470 462 8 232 174 288 61 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.