XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 29 gennaio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


      La III Commissione,

          premesso che:

              il Venezuela vive da anni una grave crisi economica, politica ed umanitaria. Il collasso economico, insieme alla mancanza di libertà e del rispetto dei più elementari diritti civili e democratici, ha spinto l'opposizione parlamentare a manifestare nel Paese con la recente destituzione de facto del Presidente Maduro e l'autoproclamazione a Presidente «pro-tempore» da parte di Juan Guaidò, Presidente dell'Assemblea nazionale;

              l'opposizione è rimasta la sola espressione legittima e il Parlamento l'unico organismo istituzionale eletto liberamente e costituzionalmente dai cittadini venezuelani; il fatto di aver dichiarato nei giorni scorsi «illegittimo» il Parlamento da parte del Tribunale supremo controllato dal presidente Maduro, ha rappresentato quello che appare ai firmatari del presente atto l'ultima scelta azzardata e scellerata del Governo, con il rischio di portare il Paese nel baratro e di andare incontro a un pesante conflitto civile;

              il Paese sudamericano, che negli anni Settanta risultava tra i più ricchi del mondo e ai vertici di tutte le statistiche mondiali, oggi è ridotto ad essere un Paese in cui un decimo della popolazione è scappato, il 90 per cento vive sotto i livelli di dignità, la maggior parte della popolazione vive sotto la soglia di povertà, senza assistenza sanitaria e medicinali, la maggioranza dei bambini non va più a scuola, mentre la produzione petrolifera, rimasta la sola risorsa economica del Paese, è scesa da 3 milioni di barili a 900.000; il regime venezuelano di Maduro ha gravemente limitato le libertà politiche del suo popolo e generato una crisi economica che ha portato a condizioni di miseria ormai insopportabili e diffusa in un Paese dalle grandi potenzialità economiche;

              in questi ultimi anni sono intervenute numerose autorità internazionali, dall'Onu all'Organizzazione degli stati americani, dal Mercosur fino alla principale risorsa spirituale del Paese, la Chiesa cattolica e la Conferenza episcopale, che ha tentato di instaurare un dialogo nazionale tra il Governo e l'opposizione, supportata dal Vaticano e dai mediatori internazionali, con l'obiettivo di trovare una via d'uscita dalla crisi; tutti tentativi falliti a causa della mancanza di serietà delle autorità venezuelane, che hanno cercato esclusivamente di guadagnare tempo e ritrovare un proprio riconoscimento internazionale;

              l'Unione europea insieme ad altri organismi democratici, non ha riconosciuto né le elezioni presidenziali di Maduro, né quelle dell'Assemblea nazionale costituente, né le autorità insediatesi con tali processi illegittimi;

              il Parlamento europeo, con la recente risoluzione approvata il 25 ottobre 2018 sulla situazione in Venezuela (2018/2891(RSP)), ha affermato che la comunità internazionale non accetterà i risultati elettorali se i leader dell'opposizione continueranno a rimanere in carcere e se ai partiti politici sarà ancora vietato di partecipare a libere elezioni;

              la situazione che si è determinata in Venezuela, dopo anni di sistematiche violazioni delle libertà democratiche, è seguita con grande preoccupazione dalla comunità internazionale;

              è necessario garantire il diritto del popolo venezuelano di decidere liberamente il proprio futuro e di scegliere democraticamente la guida politica del Paese; molti Paesi si sono da subito schierati in appoggio alle centinaia di migliaia di venezuelani e a coloro che in questi anni si sono battuti con coraggio, sacrificio e sofferenza per restaurare la libertà in Venezuela contro il regime chavista;

              occorre che l'Unione europea sostenga in modo chiaro e univoco il ripristino della democrazia in Venezuela, scongiurando il pericolo di una guerra civile e assumendo una posizione comune e condivisa, al di là delle singole dichiarazioni da parte di Paesi membri;

              grande è anche la preoccupazione che l'uso della forza e gli atti di violenza, compiuti in questi giorni dalle forze di sicurezza ai danni di cittadini venezuelani, che chiedono la restaurazione della legalità democratica, degeneri ulteriormente, con il pericolo di una vera guerra civile, inasprendo la repressione e traducendosi in ulteriori e drammatiche esplosioni di violenza ai danni della popolazione;

              il Presidente del Consiglio europeo Tusk si è espresso in favore di un sostegno dell'Unione europea alle forze democratiche del Venezuela e l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea Mogherini ha sollecitato «con forza la tenuta urgente di elezioni presidenziali libere, trasparenti e credibili»; dichiarazioni cui hanno fatto seguito quelle congiunte di Spagna, Francia e Germania, che danno un «ultimatum» a Maduro per la convocazione di nuove elezioni, «entro 8 giorni», in mancanza delle quali i tre Paesi europei seguiranno i numerosi altri Paesi nel riconoscimento di Juan Guaidò, quale legittimo presidente ad interim del Venezuela; identico messaggio è arrivato dal Regno Unito;

              il Venezuela accoglie la terza comunità italiana in ordine di importanza in tutto il Sudamerica e, se si calcolano anche i discendenti, tale comunità supera i due milioni di persone; ciò sollecita una particolare attenzione da parte del nostro Paese all'evolversi della situazione del Venezuela in riferimento alla sicurezza dei tanti cittadini italiani o di origine italiana che vivono nel Paese sudamericano,

impegna il Governo:

          ad assumere una posizione univoca, in linea con quella delle altre maggiori nazioni europee;

          ad operare in sede europea per un atteggiamento comune dell'Unione, che sostenga con forza la legittima espressione democratica del popolo venezuelano rappresentata dal Parlamento, negando quindi ogni ulteriore riconoscimento all'illegale regime di Maduro e appoggiando la necessità di ripristinare i diritti civili e democratici, compreso il sostegno alla richiesta di immediate elezioni libere nel Paese sudamericano;

          ad attivarsi per prestare immediatamente soccorso ai connazionali italiani in pericolo, per favorire l'ingresso senza impedimenti di aiuti umanitari nel Paese, al fine di evitare che la crisi umanitaria e sanitaria si aggravi ulteriormente.
(7-00163) «Orsini, Gelmini, Valentini, Carfagna, Cappellacci, Napoli, Fitzgerald Nissoli».


      La XII Commissione,

          premesso che:

              una persona su quattro, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, soffre di disturbi legati alla salute mentale, ma solo il 60 per cento dei malati cerca aiuto e, in particolare in Italia, secondo l'ultimo Rapporto sulla salute mentale (2016), sono 807.035 le persone con problemi di salute mentale assistite dai dipartimenti di salute mentale (esclusi i dati della regione Valle d'Aosta e della provincia autonoma di Bolzano). Del totale circa 310 mila sono entrati per la prima volta nella vita in contatto con i dipartimenti di salute mentale. In entrambi i sessi risultano meno numerosi i pazienti al di sotto dei 25 anni;

              circa il 40 per cento delle richieste ai medici di base e il 20 per cento dei ricoveri sono conseguenti a patologie psichiatriche e la spesa sanitaria per le patologie di natura psichiatrica è di 3,5 miliardi di euro. 5 milioni di cittadini, circa, devono ricorrere alle cure private;

              secondo le più consolidate evidenze scientifiche la metà di tutte le malattie mentali inizia all'età di 14 anni, ed è quindi fondamentale riconoscere da subito i sintomi delle patologie, tra cui spicca la depressione;

              la legge 13 maggio 1978, n. 180, nota anche come «legge Basaglia» ha avviato in Italia un percorso di riforma della psichiatria e del superamento del rapporto tra malattia mentale e pericolosità sociale, al radicale mutamento del sistema dei trattamenti sanitari obbligatori nonché alla preferenza per servizi e presìdi socio sanitari extraospedalieri di cura, prevenzione e riabilitazione diffusi nel territorio, per favorire l'inclusione sociale;

              l'abolizione del rapporto disturbo mentale/pericolosità sociale sposta il fulcro dell'assistenza psichiatrica sul fronte dei diritti sociali, della fruizione delle prestazioni assistenziali volte a garantire il diritto fondamentale alla salute mentale, tutelato dall'articolo 32 della Costituzione e restituisce il diritto di cittadinanza alle persone con problemi di salute mentale;

              dal 1978 ad oggi, gli unici atti di carattere generale che si sono occupati di normare i princìpi della legge 180 sono stati il progetto obiettivo Tutela salute mentale 1994-1996 di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 1994, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 93 del 22 aprile 1994 e il progetto obiettivo Tutela salute mentale 1998-2000, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 274 del 22 novembre 1999, testi sicuramente condivisibili, ma privi per propria natura della «forza» giuridica necessaria e ormai ampiamente datati;

              lo stesso superamento dell'istituto del manicomio, pilastro della rivoluzione della «legge Basaglia», è stato lento e ci sono voluti circa vent'anni, perché gli ospedali psichiatrici fossero sostituti da centri di salute mentale (CSM), da centri diurni (CD) per favorire la permanenza a casa, da strutture residenziali per chi ha bisogno di assistenza per lunghi periodi e da servizi psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC), cioè i reparti psichiatrici degli ospedali generali;

              negli anni il sistema sanitario nazionale, nelle sue articolazioni regionali, ha organizzato su tutto il territorio nazionale la rete dei servizi per la salute mentale articolata, secondo quanto riportato nel rapporto salute mentale del Ministero della salute, in 163 dipartimenti di salute mentale, 1.460 strutture territoriali, 2.284 strutture residenziali che ospitano oltre 30.000 persone, 899 strutture semiresidenziali, 285 servizi psichiatrici di diagnosi e cura ospedalieri, per un totale di 3.623 posti letto, oltre 22 unità ospedaliere accreditate per ulteriori 1.148 posti letto. Si tratta di una rete che garantisce ogni anno l'assistenza a più di 800.000 persone, grazie al lavoro di circa quarantamila operatori, guardato come un modello a livello internazionale;

              nonostante tale organizzazione, oggi non sono pienamente attuate alcune scelte e non sono pienamente esigibili alcuni diritti prospettati dalla riforma della psichiatria a causa di una applicazione disomogenea per qualità, efficienza, efficacia da regione a regione e a causa delle risorse dedicate alla salute mentale dal servizio sanitario nazionale, anche nel raffronto con altri Paesi europei;

              in particolare, i dipartimenti di salute mentale (Dsm) presenti nelle regioni vanno diminuendo di numero, in ragione di accorpamenti di più aree territoriali conseguenti a programmi di «razionalizzazione» e di contenimento delle risorse con conseguente estensione del bacino di utenza (in alcune regioni fino a 2 milioni di abitanti) che crea vere e proprie impossibilità di governo, ponendo fine alla dimensione della «piccola scala» che era uno dei princìpi fondativi della riforma del 1978 e del lavoro territoriale;

              il quadro complessivo del personale dei Dsm risente non solo delle diminuite risorse finanziarie ma anche di difficoltà di investimento per quanto riguarda le risorse umane del servizio sanitario (si vedano ad esempio i recenti rapporti della Siep, la Società italiana di epidemiologia psichiatrica);

              i Centri di salute mentale (Csm), presenti mediamente in numero adeguato in tutto il territorio nazionale (1 ogni 80-100.000 abitanti), non sono equamente distribuiti e, in alcune regioni, per via delle razionalizzazioni e degli accorpamenti, vanno ulteriormente riducendosi di numero, insistendo su aree estese e popolazioni sempre più numerose, con fasce orarie di apertura ridotte e solo per 5 giorni alla settimana, facendo sì che gli interventi di gestione della crisi, di presa in carico individuale, di sostegno alle famiglie e all'abitare e di integrazione sociale finiscano per essere insufficienti o del tutto assenti;

              il servizio psichiatrico di diagnosi e cura (Spdc) rappresenta, drammaticamente, l'unico servizio all'interno del territorio che risponde nell'arco delle 24 ore e il suo buon funzionamento è strettamente dipendente dalla coerente organizzazione dipartimentale e da un investimento rilevante sul Csm. La fragilità del servizio territoriale e spesso la totale mancanza di coordinamento e di comunicazione producono sovraffollamento, pratiche di contenzione, porte chiuse. Sono questi, infatti, i luoghi del trattamento sanitario volontario (Tsv) e del trattamento sanitario obbligatorio (Tso), e per la maggior parte (8 su 10) rimangono luoghi chiusi non solo per i ricoverati, ma anche, dall'esterno all'interno, per le associazioni di familiari e utenti, per il volontariato formalizzato e informale;

              il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) regolamentato dalla legge 23 dicembre 1978 n. 833 (articoli 33-35), un atto composito, di tipo medico e giuridico, che consente l'effettuazione di determinati accertamenti e terapie ad un soggetto contro la sua volontà, che talvolta è stato praticato in modo violento con episodi estremi di morte del paziente, ha modalità di esecuzione diverse tra una regione e l'altra o anche nell'ambito della stessa regione. Differenze, queste, che espongono i cittadini a cattive pratiche e a lesioni dei loro diritti fondamentali, solo in ragione della loro appartenenza territoriale. Anche nelle statistiche il ricorso a questa pratica trova differenze molto significative (da un tasso di 6/100.000 per anno in alcune regioni a 30/100.000 in altre) mostrando ancora di più, e drammaticamente, le differenze delle politiche territoriali;

              le «strutture residenziali» sono presenti in tutte le regioni e ormai consumano più della metà delle risorse regionali per la salute mentale e la tendenza a ricorrere al «posto letto residenziale» riduce irrimediabilmente la consistenza e la capacità di intervento dei servizi territoriali;

              alcune strutture residenziali appaiono sovradimensionate nel numero, lontane dalla quotidianità dei paesi e dei quartieri, anonime, prive di oggetti, regolate ancora da logiche manicomiali. Spesso separate dal Csm, con équipe del tutto distinte e con profili professionali inadeguati, presentano un volto totalmente autoreferenziale. Sono dunque luoghi che non danno sbocco a forme di habitat/convivenza più autonome è integrate nella comunità;

              solo con la legge 17 febbraio 2012, n. 9, e la legge 30 maggio 2014, n. 81, è stata stabilita la chiusura dei sei ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), le cui condizioni erano simili se non peggiori di quelle dei vecchi manicomi. Il superamento effettivo di queste strutture è stato completato nel 2017 per far posto non solo alle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive (REMS), ma soprattutto a percorsi di cura e riabilitazione individuali con misure di sicurezza non detentive (le Rems dovrebbero ospitare ex lege, non più di 20 posti letto);

              anche in questo caso però, le differenze tra le singole regioni sono enormi, visto che a edifici all'avanguardia provvisti di spazi verdi, laboratori e aree ricreative, resistono strutture che assomigliano a piccole carceri in cui si applica ancora il regolamento penitenziario nonostante l'accordo della Conferenza unificata del 26 febbraio 2015;

              al di là delle criticità evidenziate, è necessario diffondere una maggiore cognizione sulla curabilità dei gravi disturbi psichiatrici, dai quali si può guarire, avendo ben presente che, secondo le attuali conoscenze scientifiche, sono da considerarsi multifattoriali con componenti psicologiche, biologiche e sociali;

              appare oggi sempre più urgente assicurare una uniformità di trattamento ai malati mentali su tutto il territorio nazionale, con interventi che si pongano in continuità con la legge 180 e con i progetti obiettivo «Tutela salute mentale»;

              affinché si possa affermare un dibattito privo di conflitti ideologici, utile alla stesura di norme che partano dalle buone pratiche che esistono nel nostro Paese, è necessario che le istituzioni ascoltino e dialoghino con chi quotidianamente affronta la malattia mentale: le oltre 800.000 persone affette, i circa 2 milioni di familiari che le seguono, gli operatori del Servizio sanitario nazionale;

              infine, se si riconosce che i bisogni e i diritti di chi soffre di disturbi mentali, anche gravi, sono da rispettare, diventa fondamentale che l'inclusione sociale, abitativa e lavorativa rientri a pieno titolo nel percorso terapeutico-riabilitativo visto che una delle maggiori problematiche aperte nel campo della salute mentale è rappresentata dalla difficoltà che gli utenti, le famiglie e i servizi hanno nel portare avanti percorsi di inserimento lavorativo. Ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, le aziende hanno l'obbligo di assumere persone rientranti nelle categorie protette in relazione al numero dei propri dipendenti ed insieme alle cooperative sociali rappresentano una reale opportunità di impiego per chi soffre di disturbi psichiatrici anche gravi. Si tratta, però, di due possibilità ancora troppo poco utilizzate ed estremamente difficoltose per le quali un ruolo importante viene svolto dalla collaborazione tra i dipartimenti di salute mentale e le politiche sociali degli enti locali, come dimostrano le esperienze più avanzate,

impegna il Governo:

          ad adottare iniziative per rimuovere qualsiasi forma di discriminazione, stigmatizzazione ed esclusione nei confronti delle persone con disagio e disturbo mentali, promuovendo l'esercizio attivo dei loro diritti costituzionali e delle loro libertà fondamentali;

          ad aggiornare, al fine di garantire l'effettiva tutela della salute mentale quale componente essenziale del diritto alla salute, i livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 12 gennaio 2017, privilegiando percorsi di cura individuali in una prospettiva di presa in carico della persona nel complesso dei suoi bisogni, per una piena inclusione sociale secondo i princìpi della «recovery» e sulla base di un processo partecipato;

          ad adottare, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, un nuovo piano nazionale per la salute mentale includendovi interventi, azioni e strategie finalizzati alla promozione della salute mentale, alla prevenzione del disagio e dei disturbi, al contrasto della discriminazione e delle violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali;

          a promuovere la seconda conferenza nazionale per la salute mentale, per un confronto vero sulle condizioni del sistema di cura per la salute mentale, dal quale uscire con un rinnovato impegno per attuare i princìpi della legge n. 180 del 1978, a partire dal diritto alla tutela della salute mentale e dai diritti di cittadinanza, così come indicato dall'articolo 32 della Costituzione;

          ad adottare iniziative per ricostituire la Commissione ministeriale salute mentale quale tavolo di confronto permanente tra il Ministero, le regioni e la società civile che rappresenti, a livello nazionale, le competenze degli operatori e gli interessi delle persone con problemi di salute mentale e delle loro famiglie;

          ad adottare le iniziative di competenza per verificare il rispetto della normativa in materia trattamento sanitario obbligatorio in modo tale che vi sia uniformità di trattamento e di applicazione di questo istituto nei riguardi delle persone con disturbo mentale;

          ad adottare iniziative per assicurare, in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito della programmazione e dell'organizzazione dei servizi sanitari e sociali, la risposta ai bisogni di cura, di salute e di integrazione sociale attraverso un approccio multisettoriale e intersettoriale, al fine di favorire l'inclusione nelle attività del territorio, promuovendo l'uso del budget di salute come strumento di integrazione sociosanitaria a sostegno dei progetti terapeutico-riabilitativi individuali;

          a considerare, come dichiarato dallo stesso Ministro della salute in data 13 ottobre 2018, la salute mentale quale obiettivo prioritario nell'ambito del piano nazionale prevenzione definendone, inoltre, adeguate risorse, in sede di riparto della disponibilità finanziarie per il servizio sanitario nazionale, visti anche i livelli essenziali di assistenza, da destinare alla tutela della salute mentale;

          a mettere in campo iniziative concrete volte a far fronte alle drammatiche differenze nell'accesso alle cure e ai servizi forniti dai dipartimenti di salute mentale nelle varie regioni, a tal fine prevedendo l'inclusione di un set di indicatori specifici nei principali strumenti di valutazione del servizio sanitario nazionale, attraverso i quali monitorare l'impegno delle regioni nel superamento delle eventuali disuguaglianze evidenziate.
(7-00164) «De Filippo, Pini, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Rizzo Nervo, Schirò, Siani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:

          la riduzione delle previsioni di crescita dell'economia italiana (con rischi addirittura di stagnazione del prodotto interno lordo) rende ancora più impervia la realizzazione della quota di spesa d'investimento la cui copertura è stata prevista nella manovra di bilancio. I dati di fatto sono invero preoccupanti: il sostanziale blocco delle risorse dal fondo sviluppo e coesione, la drastica riduzione dei cofinanziamenti ai programmi operativi nazionali e regionali, i limiti di spesa posti a carico degli enti territoriali, sia pure attenuati dalla possibilità di un più ampio uso degli avanzi di amministrazione e dalla costituzione di alcuni fondi per investimenti in opere pubbliche, si sommano agli effetti della contrazione del Prodotto interno lordo, che riduce i margini di agibilità per la spesa prevista fuori dai vincoli di bilancio;

          come è noto il deficit al 2,04 computato su una base ipotetica di incremento, del Prodotto interno lordo all'1,5 per cento, mentre attualmente la più ottimistiche previsioni di primarie istituzioni si avvicinano ad un tasso di crescita dello 0,5 per cento più che all'1 per cento. Allo stato, riesce difficile confermare, sia in termini di competenza che di cassa, l'attendibilità delle previsioni;

          un dossier dell'Ance di questi giorni quantifica in 24,6 miliardi, a cui si aggiungono i 4,7 della Tav, il valore delle opere sopra i 100 milioni bloccate dalla burocrazia, ma soprattutto dalla mancanza di politiche infrastrutturali capaci di guardare al rilancio delle grandi opere come una formidabile leva di sviluppo economico, occupazionale e sociale. Un appello rilanciato anche dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia secondo cui l'attivazione dei cantieri sarebbe una mossa anticiclica e decisiva per risollevare i livelli occupazionali con un potenziale di circa 400 mila posti di lavoro:

              i cantieri non ripartiranno e, in mancanza di certezza di copertura, sarà difficile predisporre è pubblicare nuovi bandi di gara. L'Italia si ferma;

              in controtendenza, si possono individuare tre categorie di spesa immediatamente attivabile:

                  a) gli investimenti in capo alle aziende pubbliche o partecipate;

                  b) gli interventi per la riduzione del rischio o la riparazione del danno derivante da calamità naturali (neutralizzate ai fini del calcolo dei saldi di bilancio);

                  c) gli investimenti previsti nei piani dei soggetti che gestiscono servizi di pubblica utilità (acqua, gas, energia elettrica, rifiuti);

          è indispensabile far emergere con evidenza la massa effettiva è dormiente degli investimenti previsti nelle tre categorie sopra menzionate, con particolare riferimento alla cospicua mole di spesa in conto capitale interamente coperta dalla tariffa idrica, del gas, ed elettrica, strutturata secondo il principio del «full recovery cost», che appunto prevede l'integrale finanziamento delle immobilizzazioni materiali e immateriali;

          in tale ambito l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) dispone di tutti i dati necessari a verificare l'effettivo stato di avanzamento della, spesa d'investimento in capo ai soggetti gestori. Va evidenziato ad avviso degli interpellanti, come l'Autorità, concentrata nel ruolo regolatorio e sanzionatorio, non abbia mai esercitato appieno questa funzione di stimolo che la legge espressamente le attribuisce;

          con riferimento alla tariffa dell'acqua, un caso emblematico è quello della regione Campania. Nel 2015 la proposta della regione fu «bocciata» dall'allora autorità, per l'energia elettrica e il gas (Aeegsi) che, per quanto risulta agli interpellanti, comminò una significativa sanzione determinando uno squilibrio tra costi e ricavi calcolato, nel quadriennio, in circa 190 milioni di euro;

          la Regione Campania da oltre un anno ha fornito all'Arera tutti i dati necessari per definire la tariffa della grande distribuzione, dando luogo ad una sorta di «ravvedimento operoso». Risulta agli interpellanti che i competenti uffici dell'Autorità non hanno nemmeno iniziato l'istruttoria tecnica di tale documentazione, dando luogo a quello che appare un «palleggiamento» delle responsabilità e inibendo la rideterminazione di una tariffa che consentirebbe, quando applicata, lo sblocco di oltre 300 milioni di euro di investimenti, parte del quali già accantonati e disponibili –:

          quali iniziative si intendano, adottare al fine di accelerare, con funzione anticiclica, gli investimenti previsti nei piani dei soggetti che gestiscono servizi di pubblica utilità, anche in coordinamento con l'Arera;

          se non si ritenga opportuno avviare una ricognizione della massa di investimenti immediatamente attivabili, individuati nei piani dei soggetti che gestiscono servizi di pubblica utilità, adottando, se del caso, le iniziative di competenza necessarie alla loro sollecita cantierizzazione;

          se non appaia indispensabile fare oggetto di ricognizione la quota di spesa d'investimento in capo alle aziende pubbliche o partecipate, promuovendone l'accelerazione e la qualificazione;

          se non appaia opportuno dar corso ad un piano operativo per la mitigazione dei rischio idrogeologico, la difesa del suolo e la riparazione dei danno causati dalle calamità naturali.
(2-00251) «D'Ettore, Occhiuto, Mugnai, Bartolozzi, Mazzetti, Ripani, Paolo Russo, Sarro, Labriola, Silli, Ruffino, Pentangelo, Vietina, Bignami, Giacometto, Cannizzaro, Maria Tripodi, Marrocco, Cattaneo, Siracusano, Fiorini, Novelli, Pettarin, Cortelazzo, Bond, Baratto, Carrara, Barelli, Porchietto, Pella, Germanà, Palmieri, Gagliardi, Napoli, Bagnasco, Rosso».

Interrogazioni a risposta orale:


      LUCA DE CARLO, OSNATO e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          in vista delle commemorazioni per il «Giorno del ricordo» previste dalla legge 30 marzo 2004, n. 92, dedicate alle terribili vicende avvenute in Istria, a Fiume e in Dalmazia durante e dopo la seconda guerra mondiale, più comunemente identificate come «massacri delle foibe», e al conseguente esodo di circa il 90 per cento degli italiani di quelle terre, accanto alla meritoria e infaticabile opera delle associazioni che si occupano delle terre dell'Adriatico orientale si assiste al proliferare di vergognosi esempi di giustificazionismo e financo di negazionismo da parte di esponenti della sinistra più radicale e non solo;

          il 27 gennaio 2019, mentre ogni persona con un minimo di sensibilità ricordava la giornata della Memoria e la tragedia della shoah, l'Associazione nazionale partigiani di Rovigo pubblicava sul proprio profilo facebook il seguente testo: «Sarebbe bello spiegare ai ragazzi delle medie che le foibe le hanno inventate i fascisti, sia come sistema per far sparire i partigiani jugoslavi che come invenzione storica. Tipo la vergognosa fandonia della foiba di Basovizza»;

          a parere degli interroganti questo post dal sapore quasi negazionista rappresenta una inaccettabile mancanza di rispetto e un oltraggio a tutte le vittime e i loro familiari;

          la disponibilità all'approfondimento storico è cosa ben diversa dal dover sopportare affermazioni del tenore di quelle riportate ed è inaccettabile che una sezione di un'associazione che riceve centinaia di migliaia di euro di finanziamenti statali e locali si permetta di insultare chi ha sofferto e perso tutto, insultando così la verità e l'Italia –:

          in che modo vengano spesi i finanziamenti accordati all'Anpi e se non sia il caso di adottare iniziative per rivederne l'assegnazione, in virtù di queste e altre dichiarazioni e considerato che il post citato appare in contrasto anche con la legge sul negazionismo;

          se non ritengano, per impedire che casi del genere si ripetano, di promuovere e organizzare, insieme alle associazioni degli esuli, iniziative straordinarie per diffondere la verità storica, in particolare tra le giovani generazioni.
(3-00470)


      LABRIOLA e POLVERINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

          dopo numerosi solleciti, richiamati dall'interrogante già nella XVII legislatura con l'interrogazione n. 5-11043, l'UGL, organizzazione più rappresentativa del personale Anac ha nuovamente denunciato i gravi ritardi nell'applicazione dell'articolo 52-quater del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni dalla legge n. 96 del 2017, come modificato dall'articolo 1, comma 298, della legge n. 205 del 2017, che riconosce all'Anac il potere di definire con propri regolamenti l'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento giuridico ed economico del personale;

          recentemente, per quanto consta all'interrogante, il consiglio dell'Autorità ha approvato, con decorrenza 1° gennaio 2019, il solo regolamento sull'ordinamento giuridico ed economico del personale facendo salve le eventuali indicazioni del Consiglio di Stato e le intese con il tavolo sindacale, con sospensione delle disposizioni correlate a numerosi istituti aventi effetti diretti sul trattamento economico (articolo 65); differendole di un anno, così come la conseguente disciplina giuridica;

          per quanto risulta all'interrogante il regolamento approvato non disciplina il procedimento disciplinare, il trattamento previdenziale e il Tfr; rinviando in merito ad appositi regolamenti di futura adozione, non prevede alcunché in relazione al manuale di valutazione delle progressioni di carriera, aspetti che andranno disciplinati con successivi accordi sindacali; in particolare, all'interno del regolamento approvato, appare all'interrogante improprio che la valutazione dei dirigenti debba avvenire da parte dell'organo politico; appare priva di garanzia di idonea terzietà la valutazione del personale rimessa ad una commissione composta da soli tre membri quali il segretario generale, un dirigente interno (senza prevedere i requisiti di idoneità al ruolo) e un solo esperto in materia di valutazione;

          non risulta, tutt'oggi, l'adozione dei regolamenti previsti dall'articolo 52-quater sul funzionamento e sull'organizzazione dell'Autorità, necessari a rendere più snella, efficiente ed efficace l'attività di Anac;

          l'Autorità avrebbe inoltre comunicato che, sebbene i criteri di primo inquadramento siano entrati in vigore il 1° gennaio 2019, i relativi provvedimenti di inquadramento del personale avranno decorrenza dall'anno c successivo, rimandando al 1° gennaio 2020 non solo l'inquadramento economico, ma anche quello giuridico; ancora per l'anno corrente, quindi, non appare chiaro quale sia l'inquadramento giuridico del personale dell'Anac e quale sia la normativa applicabile (contratto collettivo nazionale di lavoro della Presidenza del Consiglio dei ministri ovvero il richiamato regolamento), anche ai fini del trattamento previdenziale e di quiescenza del personale in servizio e di quello prossimo al pensionamento, con ulteriore disattesa della volontà espressa dal legislatore col richiamato articolo 52-quater;

          il trattamento giuridico ed economico del personale non risulterà ancora allineato a quello delle altre Autorità, sebbene Anac presenti tutte le peculiarità ordinamentali delle autorità amministrative indipendenti, come chiarito dal Consiglio di Stato con parere n. 1708/2016 («non può dubitarsi che l'ANAC sia a tutti gli effetti un'autorità indipendente»); in particolare, la tabella di primo inquadramento, di cui all'allegato 3 del regolamento approvato, a giudizio dell'interrogante non tiene conto del grado di professionalità, delle mansioni e dell'anzianità di servizio maturati dal personale, disapplicando i princìpi di inquadramento enunciati dall'articolo 3 dello stesso regolamento, nonché la prassi seguita dalle altre Autorità in sede di primo inquadramento, avvenuto in base a idonei Criteri e tabelle di corrispondenza (Tabella di corrispondenza n. 6 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 162 del 2000);

          appare incomprensibile la previsione di primo inquadramento a «livello 0», rispetto al livello di primo ingresso «livello 6», che sarà attribuito ai soli funzionari di prossima assunzione, peraltro in vigenza del recente blocco delle assunzioni previsto nell'ultima legge di bilancio, la cui procedura di reclutamento risulta ancora in corso –:

          se non intenda adottare iniziative normative urgenti per sanare le problematiche illustrate in premessa affinché sia definito un criterio uniforme di inquadramento del personale a tempo indeterminato attualmente in servizio in Anac e che rispetti i princìpi richiamati dal regolamento stesso, nonché le modalità di svolgimento dei concorsi e le procedure d'immissione in ruolo.
(3-00478)

Interrogazione a risposta scritta:


      MELONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          rimane ancora drammaticamente invariata la situazione generatasi a seguito della frana che nel mese di febbraio del 2017 ha devastato la frazione di Civitella del Tronto, in provincia di Teramo;

          lo smottamento di una parte di collina travolse 60 ettari di terreno, facendo scomparire strade e abitazioni, tanto da rendere la contrada uno dei simboli più tristi del dissesto in Abruzzo;

          la frana, che nel 2017 ha tagliato a metà una collina scivolando a valle alla velocità di un metro al giorno, è stata la conseguenza del terremoto, del gelo e del maltempo: sono state circa 40 le abitazioni distrutte ed evacuate e sono circa 140 le persone senza più un tetto;

          a distanza di due anni i residenti sono ancora sfollati negli alberghi e attendono risposte dalle istituzioni, mentre il borgo, famoso per la fortezza borbonica e ultimo baluardo a cedere ai piemontesi nel 1861, sta letteralmente scomparendo;

          purtroppo, il rischio idrogeologico è tra quelli che comporta un maggiore impatto sociale ed economico secondo solo a quello sismico e, a parere dell'interrogante, occorrerebbe predisporre un piano anti-dissesto per la manutenzione dei boschi, degli alvei dei fiumi e delle aree a rischio valanghe, esondazioni e frane;

          inoltre, mentre per il terremoto dell'Aquila tra il 2009 e il 2011 sono stati rilasciati ben ventimila pareri per le istruttorie relative all'edilizia privata, con la concessione dei relativi contributi, nell'area dell'aquilano e del teramano colpite dal secondo sisma, a distanza di quasi tre anni dal fatto, gli iter conclusi sono meno di trenta;

          sono, quindi, evidenti i ritardi nella ricostruzione nell'area del secondo cratere, falcidiato dagli eventi sismici del 2016-2017, a fronte dei quali occorrono misure urgenti per porre rimedio alla drammatica situazione che sta vivendo questo territorio e per sostenere gli abitanti che hanno chiesto di poter ricostruire questo borgo in un'altra zona e di mantenere unita la loro comunità –:

          quali urgenti iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per garantire la prevenzione e la cura del territorio nazionale, in particolar modo nelle aree dell'aquilano e del teramano colpite dal secondo sisma, e per accelerare la ricostruzione nell'area del secondo cratere.
(4-02107)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

          nel 1999 uno studio condotto in Canada (Goldberg, Siemiatyck e altri) ha confrontato l'incidenza di patologie tumorali nella popolazione maschile residente nei pressi di una discarica a Montreal con quella residente in zone più distanti dall'impianto. La distanza dalla discarica è stata attribuita ad ogni individuo sulla base dell'indirizzo di residenza al momento della diagnosi ed è stato osservato un eccesso di rischio tra gli uomini residenti vicino alla discarica per linfoma non-Hodgkin, tumore dello stomaco, dei reni e del pancreas;

          nel rapporto «Salute della popolazione e gestione dei rifiuti: dati scientifici e opzioni politiche», compilato in occasione del simposio tenuto a Roma il 29 e 30 marzo del 2007 dalla divisione europea della World Health Qrganization, già si affermava che nonostante i casi studiati siano troppo pochi e siano stati fatti con metodi limitanti, tuttavia si possono ricavare indicazioni circa la correlazione fra residenza vicino ad una discarica e malattie dell'apparato riproduttivo. I dati non sono sufficienti per stabilire un nesso di causalità, ma comunque bisognerebbe tenerne conto;

          in provincia di Bergamo nel 2016 secondo i dati Ats relativi a malformazioni congenite nei comuni impattati da discariche o inceneritori come Boltiere, Chignolo d'Isola, Medolago tali casi rasentano il 10 per cento dei nati, 5 volte più del dato considerato tollerabile da Eurocat, network europeo per lo studio delle malformazioni congenite, a differenza di Calcinate (Bergamo) dove è presente un impianto di compostaggio di oltre 85 mila tonnellate all'anno di organico e verde dove il dato è intorno al 23 per cento;

          nel comune di Sogliano al Rubicone è attiva dal 1994 una discarica per rifiuti non pericolosi, alimentata fino al 2014 dai rifiuti urbani non differenziati e non trattati provenienti dalla Repubblica di San Marino. Da un accesso agli atti, risulta agli interpellanti l'aumento delle esenzioni dal ticket per le malattie croniche cardiovascolari, cerebrovascolari e dell'apparato respiratorio nei comuni limitrofi alla discarica, in particolare nei comuni di Poggio Torriana, Borghi, Roncofreddo, Mercato Saraceno, Novafeltria e Sant'Agata Feltria;

          la valutazione epidemiologica sullo stato di salute della popolazione residente nei pressi delle discariche per i rifiuti urbani del Lazio, eseguita nell'ambito del programma Eras e pubblicata ad aprile del 2013 ha evidenziato un aumento delle malattie dell'apparato respiratorio (compresa la broncopneumopatia cronica ostruttiva, BPCO), dei tumori della pleura e del mieloma multiplo per chi risiede in un raggio di 5 chilometri dalle discariche, nonché indizi per il tumore del colon retto e dell'apparato urinario negli uomini e il tumore della vescica nelle donne. Effetti più marcati sono stati riscontrati per i ricoveri con livelli di ospedalizzazione più elevati per malattie del sistema circolatorio, malattie del sistema respiratorio e tumore della vescica per gli uomini, mentre per le donne si sono osservati livelli di ospedalizzazione più elevati per tumore del pancreas, malattie del sistema circolatorio, malattie polmonari cronico ostruttive e malattie dell'apparato urinario;

          a pagina 355 del rapporto si afferma che «l'analisi dei ricoveri dei bambini mostra un eccesso di ospedalizzazione generale (+13 per cento), soprattutto per malattie dell'apparato respiratorio (+16 per cento), se si confrontano i bambini residenti nelle immediate vicinanze dalle discariche (0-1 Km) con quelli delle fasce più distanti (3-5 Km). Gli eccessi osservati si riscontrano principalmente tra i bambini residenti a Civitavecchia, Albano Laziale e Guidonia»;

          il progetto «Sorveglianza epidemiologica sullo stato di salute della popolazione residente intorno agli impianti di trattamento dei rifiuti (SESPIR)» ha valutato l'impatto sulla salute della popolazione residente in prossimità degli impianti di smaltimento di rifiuti solidi urbani. Sono stati considerati gli inceneritori, le discariche e gli impianti di trattamento meccanico biologico in cinque regioni italiane (Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio, Campania e Sicilia);

          per lo scenario di base sono stati stimati 1-2 casi annui di tumore attribuibili agli impianti, 26 casi/anno di esiti negativi della gravidanza (incluso basso peso alla nascita e malformazioni), 102 persone con sintomi respiratori, e circa 1.000 persone affette da fastidio provocato dalle emissioni odorigene degli impianti. Tali stime annuali si traducono in 2.725 anni di vita con disabilità (DALYs) stimati per l'intero periodo;

          attualmente in Italia non esiste uno studio epidemiologico su scala nazionale per verificare, quantificare e qualificare la correlazione fra impianti di gestione dei rifiuti e patologie croniche, decessi, malformazioni ed esiti negativi alla nascita in generale;

          va considerata l'importanza di promuovere la diffusione di dati epidemiologici anche mediante programmi di educazione civica nelle scuole in tema di prevenzione, riutilizzo e riciclo –:

          se i Ministri interpellati intendano avviare uno studio epidemiologico sistematico a livello nazionale per verificare, quantificare e qualificare la correlazione fra specifici impianti di gestione dei rifiuti e patologie croniche, decessi, malformazioni ed esiti negativi alla nascita in generale;

          se intendano promuovere, anche con la diffusione di dati e l'educazione civica, la gestione di prossimità dei rifiuti e il recupero dei materiali ai sensi dell'articolo 195 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
(2-00248) «Zolezzi, Daga, Deiana, D'Ippolito, Federico, Ilaria Fontana, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Ricciardi, Rospi, Terzoni, Traversi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Ermellino, Faro, Flati, Forciniti, Frate, Frusone, Gagnarli, Galantino, Gallinella, Gallo, Giannone, Giarrizzo, Giuliano, Giuliodori, Grande, Grimaldi, Gubitosa, Invidia, Iorio, Iovino, L'Abbate, Lattanzio, Lombardo, Gabriele Lorenzoni, Lovecchio, Macina, Maglione, Maniero, Manzo, Mariani».

Interrogazione a risposta scritta:


      DI LAURO e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          l'associazione «Piazza Attiva» di Castellammare di Stabia, nel maggio 2018, ha denunciato la presenza di una discarica sul Monte Faito, un monte di grande rilevanza turistica e culturale che sorge nella penisola Sorrentina, segnalando che «il materiale di scavo risultante dallo sgombero della ex Statale 269 è stato depositato temporaneamente sul monte [...] da una valutazione visiva, comprende oltre a terra e pietre anche immondizia e materiale di risulta di vario genere, tra cui anche manufatti cemento-amianto (eternit) [...] i materiali non sono stati ancora confinati e inibiti per ridurne il grado di pericolosità verso le persone»;

          Wwf Terre del Tirreno nell'ottobre 218 ha denunciato che «È probabile che ignoti stiano utilizzando indisturbati il sito per continuare a scaricare rifiuti vari. Il Wwf nel suo dettagliato esposto ha allegato diverse foto»;

          rilievi fotografici confermerebbero quanto denunciato: considerata la portata altamente tossica del materiale contenente amianto e tenuto conto del rischio che la progressiva disgregazione per l'esposizione agli agenti atmosferici e il contatto diretto con il suolo possano contaminare l'ambiente circostante, il Wwf ha chiesto un immediato intervento e l'immediata bonifica del sito;

          dopo alcuni incendi estivi il cumulo di detriti si era riversato sulla strada nel novembre 2017 a causa delle forti piogge che provocarono movimenti franosi lungo tutto il percorso che da Vico Equense conduce al Monte Faito. Successivamente, nel febbraio 2018, le piogge provocarono ulteriori smottamenti, trascinando detriti misti a terra e fango e peggiorando la situazione. A seguito delle proteste da parte degli abitanti del Faito nell'aprile 2018 l'amministrazione comunale decise di sgomberare la strada dai detriti;

          l'interrogante ha già provveduto ad inviare nel settembre 2018 al Nucleo operativo ecologico (Noe) di Napoli, alla polizia della città metropolitana di Napoli e all'Asl NA 3 SUD una segnalazione sull'eventuale presenza di amianto presso via della Fattoria (Monte Faito);

          con verbale della conferenza di servizi della città metropolitana di Napoli del 7 dicembre 2018, è stato deciso, alla presenza di diversi soggetti istituzionali, di provvedere alla rimozione del cumulo di detriti tramite spanditura in un'area depressa all'interno del parco stesso;

          l'intero territorio comunale di Vico Equense è stato dichiarato di notevole interesse paesaggistico e ricade nell'ambito di efficacia del P.U.T. area Sorrentino-Amalfitana;

          il sito su cui avverrebbe la spanditura ricade in una zona del Parco in cui «È vietato... attivare discariche per qualsiasi tipo di rifiuti»; «per il recupero e la ricomposizione ambientale delle cave dismesse... è consentito smaltire rifiuti provenienti da demolizioni, costruzioni e scavi, purché privi di materiali tossici e pericolosi». Sono vietati i movimenti di terra di qualsiasi genere; «È vietato abbandonare rifiuti di qualsiasi genere»; e alla lettera d), protezione della flora: «È vietato raccogliere e danneggiare la flora spontanea erbacea ed arbustiva»;

          il deposito di materiale detrito e rifiuti al suolo, protratto per oltre 8 mesi ha arrecato danno al sottobosco naturale, ovvero alla «flora spontanea erbacea ed arbustiva»;

          il sito rientra in area Sic «Dorsale dei Monti Lattari» dove, per qualsiasi intervento potenzialmente capace di limitare la naturalità del sito, è richiesta una valutazione di incidenza ambientale che garantisca che l'intervento non pregiudichi l'integrità del sito;

          le opere realizzate avrebbero di fatto comportato una grave modifica dello stato dei luoghi –:

          quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di evitare che avvenga un vero e proprio disastro ecologico se non anche sanitario sul Monte Faito in un'area che costituisce sito di interesse comunitario.
(4-02113)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:


      POTENTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

          nel luglio del 2015, durante un occasionale intervento di bonifica di corsi d'acqua secondari in prossimità dell'abitato storico di Volterra (PI), emersero strutture murarie che furono classificate come resti di un anfiteatro romano;

          questa scoperta archeologica è considerata di grande valenza e può rappresentare un caso unico a livello mondiale per quanto attiene al rinvenimento di una grande struttura antica rimasta occultata per secoli;

          il comune di Volterra ha da poco avviato le procedure di esproprio dei terreni ove è localizzata la struttura, prerequisito per poter procedere a un intervento di scavo e recupero della struttura;

          le operazioni sono seguite dalla Soprintendenza di Pisa, nella persona del funzionario dottoressa Sorge, la quale sta predisponendo il piano di recupero dell'anfiteatro e il supporto necessario al collocamento dei ritrovamenti che potrebbero essere fatti durante lo scavo –:

          quali iniziative e quali eventuali risorse il Ministro interrogato intenda attivare per garantire la più ampia valorizzazione e divulgazione dell'eccezionale scoperta.
(3-00469)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


      DONZELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          in data 28 dicembre 2018, in risposta all'interrogazione a risposta scritta n. 4-01222 su questioni riguardanti il diritto dei militari all'iscrizione ai partiti politici, si è affrontata la vicenda riguardante un militare del 6° battaglione carabinieri Toscana al quale, nell'aprile 2018, vennero inflitti 5 giorni di consegna, con successivo annullamento del provvedimento da parte della linea gerarchica in accoglimento di ricorso gerarchico del militare; nella stessa risposta si dava per assodata l'esistenza di «fonti aperte» nelle quali lo stesso militare dichiarava di ricoprire l'incarico di dirigente politico;

          ma negli atti integrali del procedimento disciplinare, non risultano alcun tipo di fonte aperta o dichiarazioni del militare in qualità di dirigente politico, se non quelle che attestano il diritto del militare, che è stato più volte candidato alle elezioni amministrative da diversi anni a questa parte, esercitando il diritto costituzionale dell'elettorato passivo;

          il militare venne sanzionato disciplinarmente per essersi legittimamente rifiutato di comunicare l'iscrizione a partito politico a richiesta del proprio comandante;

          la richiesta di rivelare il predetto dato protetto dalla legge sulla privacy non è mai stata supportata da nessun tipo di evidenza pubblica; nella «Comunicazione di conclusione del procedimento disciplinare n. 242/35-2017 datata 27 marzo 2018», non c'è un riferimento specifico ed esplicito a «varie condotte» come riferito dal Governo –:

          se si intenda svolgere un ulteriore approfondimento, attesa l'importanza della posta in gioco e, cioè, i diritti costituzionali dei cittadini militari, esaminando la documentazione del caso in questione.
(4-02116)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      CIAMPI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 16-ter, comma 1, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, ha autorizzato l'assunzione straordinaria di personale nella polizia di Stato (1.050 unità), nell'Arma dei carabinieri (1.050 unità), nella Guardia di finanza (400 unità), per ciascuno degli anni 2015 e 2016;

          per tali assunzioni si è attinto in via prioritaria alle graduatorie dei vincitori dei concorsi approvate non prima del 1° gennaio 2011, concorsi riservati ai volontari in ferma prefissata quadriennale (articolo 2199, comma 4, lettera b) del decreto legislativo 66 del 2010) ovvero ai volontari delle Forze armate raffermati o in congedo, indetti in caso di disponibilità di ulteriori posti rispetto a quelle programmati (articolo 2201, comma 1, del decreto legislativo 2010). Per i posti residui, è stato previsto lo scorrimento delle graduatorie (per i medesimi concorsi) degli idonei non vincitori;

          tale norma ha di fatto escluso, anche per quanto riguarda la Guardia di finanza, numerosi idonei inseriti nelle graduatorie antecedenti all'anno 2011, creando una notevole disparità di trattamento rispetto alle qualifiche acquisite;

          in particolare, sono stati esclusi i militari in congedo interforze delle forze armate (Vfb), nonostante abbiano espletato un periodo di ferma obbligatoria di 3 anni, siano stati idonei ma non vincitori dai concorsi allievi finanzieri indetti precedentemente all'anno 2011 e la graduatoria all'epoca (quando è stata approvata la legge 6 agosto 2015, n. 125) fosse ancora attiva ed efficace, in quanto era stata prorogata dalla legge n. 125 del 2013 fino al 31 dicembre 2016;

          fra questi militari risultati idonei vi sono anche coloro che hanno partecipato nell'anno 2009 al concorso relativo al reclutamento di 147 allievi finanzieri del contingente ordinario della Guardia di finanza, la cui graduatoria finale è stata approvata in data 23 marzo 2010;

          l'articolo 1, comma 362, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, dispone che «al fine di ripristinare gradualmente la durata triennale della validità delle graduatorie dei concorsi di accesso al pubblico impiego, fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali, la validità delle graduatorie approvate dal 1° gennaio 2010» sia estesa nei limiti temporali specificati dal medesimo comma. Nello specifico, alla lettera a), viene sancito che «la validità delle graduatorie approvate dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2013 è prorogata al 30 settembre 2019» –:

          se, con quali procedure e con quali tempistiche, le norme previste dall'articolo 1, comma 362, legge 30 dicembre 2018, n. 145, si applichino anche alla graduatoria dei militari in congedo interforze delle forze armate (Vfb) idonei ma non vincitori dei concorsi allievi finanzieri indetti nell'anno 2009 e le cui graduatorie sono state approvate in data 23 marzo 2010.
(5-01325)


      PANIZZUT, BUBISUTTI, MOSCHIONI, CENTEMERO, CAVANDOLI, COVOLO, FERRARI, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          la vicenda del 76enne triestino Franco Schnautz, vittima di truffa, finito in un'indagine per evasione fiscale, è alquanto paradossale;

          dopo cinque anni di battaglie giudiziarie per truffa ed evasione fiscale, l'inchiesta penale si è conclusa con un'assoluzione piena perché «il fatto non sussiste»;

          nel mentre, tuttavia, la vittima ha dovuto chiudere l'azienda e licenziarne i dipendenti; alla stessa è stato sequestrato il conto corrente, sono stati negati dalle banche prestiti e fidi, sono stati pignorati la casa e un quinto della pensione;

          nonostante l'assoluzione, e quindi il riconoscimento della sua innocenza, la giustizia tributaria chiede a Schnautz la restituzione di 700 mila euro;

          l'evasione fiscale contestatagli trae origine proprio dal raggiro subìto;

          Schnautz era titolare di una società di trasporti, la Di.be.ma, fondata nel 1963 e specializzata nel mercato delle televendite dei prodotti alimentari; lavorava nel nord-est con dipendenti e collaboratori, tra cui alcuni «padroncini» – autonomi e con partita iva – per le consegne;

          da verifiche incrociate operate dalla Guardia di finanza sugli anni dal 2012 al 2008 emerge che le fatture emesse mensilmente da uno dei padroncini al quale Schnautz si era appoggiato per il servizio di trasporto sono false;

          l'uomo tuttavia, ignaro, aveva proceduto negli anni a portare in detrazione ai fini Iva anche quelle fatture;

          chiamato a testimoniare, il «padroncino» patteggia la pena raccontando la storia, ovviamente inventata, di un accordo con Schnautz, che li vedeva fare affari insieme con fatture su operazioni inesistenti e spartizione delle somme relative all'Iva;

          ne consegue l'istruttoria tributaria, che si chiude nel giro di un anno con la sentenza di colpevolezza e la richiesta di 700 mila euro per l'intero periodo dal 2008 al 2013, e quella penale che, come già detto, si conclude dopo cinque anni con l'assoluzione, perché il difensore è riuscito a dimostrare l'innocenza del suo assistito –:

          se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare urgentemente affinché l'amministrazione tributaria si allinei alla giustizia penale, riconoscendo che il signor Schnautz è stato vittima di una truffa e, di conseguenza, proceda alla cancellazione della sanzione di 700 mila euro indebitamente comminatagli.
(5-01327)

Interrogazione a risposta scritta:


      PARENTELA e D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          nell'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-10977 del 29 marzo 2017 l'interrogante ha riassunto la vicenda dell'ampliamento di una discarica presso Scala Coeli (Cosenza), comune di poco più di 1.000 abitanti che vivono in prevalenza di agricoltura e allevamento in un territorio non a vocazione industriale e dunque privo di produzione di rifiuti speciali;

          il predetto comune ha una bassissima produzione di rifiuti (293 chilogrammi/abitante all'anno) e ha già attivato il servizio di raccolta differenziata;

          nel piano dei rifiuti della regione Calabria si prevede la chiusura delle discariche entro il 2020;

          il quesito della citata interrogazione ha riguardato le eventuali iniziative dei Ministri interrogati di carattere normativo al fine di scongiurare l'ampliamento della discarica di Scala Coeli, che danneggerebbe un ecosistema delicato caratterizzato da colture con marchio Dop e Igp e produzioni biologiche;

          in un recente comunicato stampa di Legambiente si ritengono violate le prescrizioni della precedente autorizzazione integrata ambientale (AIA) relativa al riferito ampliamento;

          nel predetto comunicato si precisa che l'area di riferimento «ricade in zona con diverse aste fluviali per le quali era stata prescritta la sdemanializzazione già in occasione della precedente valutazione e tali prescrizioni non risultano ancora adempiute e costituiscono violazione delle condizioni dell'AIA originaria»;

          nel comunicato in parola si chiedono «gli opportuni adempimenti di legge per violazione delle prescrizioni della precedente AIA»;

          ivi si riporta che, «da nota dell'Agenzia del demanio (prot. n. 2018/11353 del 22/06/2018)», «nelle more della definizione della procedura di sdemanializzazione, la circostanza di utilizzo sine titulo di aree demaniali può costituire ipotesi di occupazione abusiva di demanio pubblico»;

          nello stesso comunicato si osserva che «l'ATO1 Cosenza (costituita a settembre 2018) non ha ancora approvato il piano d'Ambito e considera di valutare la disponibilità del proponente a rendere utilizzabili le volumetrie per lo smaltimento dei rifiuti urbani»;

          a tale ultimo riguardo, secondo la struttura tecnica di valutazione, si riporta nel comunicato suddetto, «la discarica in progetto non rientra nella programmazione regionale dei rifiuti in relazione ai rifiuti appartenenti al circuito pubblico non essendo prevista nel Piano Regionale dei Rifiuti»;

          secondo la stessa struttura tecnica di valutazione, si legge nel riferito comunicato, «la proposta di ampliamento della discarica si configura più propriamente come una nuova discarica attesa la dimensione 12 volte maggiore e la totale separazione idraulica tra i due invasi»;

          «per dimensioni ed impatti che vanno considerati ex novo – prosegue il comunicato – lo studio invece si basa su considerazioni che già esiste la discarica» e ivi non sono analizzate, è scritto nel comunicato, «le interferenze tra il progetto ed il contesto agricolo e gli impatti con il passaggio di animali ed i conseguenti effetti sulla sicurezza sanitaria»;

          nello stesso comunicato si rileva un’«incomprensibile giravolta del Dipartimento agricoltura della Regione Calabria», «allorquando riformula il proprio dissenso espresso a seguito delle deduzioni di parte redatte da un agronomo» a favore dell'inesistenza di «effetti diretti o indiretti su produzioni biologiche, DOP, IGP»;

          nel comunicato si argomenta contro l'ampliamento della discarica in predicato, sia con riferimento alla normativa che allo stato dei luoghi e all’iter del progetto, che dovrebbe essere valutato attentamente alla luce di quanto più sopra riassunto –:

          quali iniziative di competenza intendano assumere in relazione alle criticità descritte in premessa, alla luce della circostanza che l'area in questione ricade in una zona demaniale, promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente in ordine allo stato dei luoghi, tenendo conto della necessità di tutelare un delicato ecosistema e le sue colture con marchio Dop e Igp le altre produzioni.
(4-02114)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

          secondo quanto denunciato dalla moglie, il detenuto Giuseppe De Felice, 31 enne ristretto nel carcere di Viterbo, sarebbe stato picchiato selvaggiamente dagli agenti penitenziari;

          De Felice, precedentemente recluso a Rebibbia, è nel carcere di Viterbo da circa un mese. Si trovava nel quarto piano D1 quando, come riferito dalla moglie e riportato da un articolo de Il Dubbio dell'8 dicembre 2018, «gli hanno perquisito la cella, messo a soqquadro tutto e hanno calpestato la foto che ritraeva noi due; mio marito ha reagito urlandogli contro, prendendoli a parolacce». A quel punto un agente penitenziario lo avrebbe portato sulla rampa delle scale e una decina di agenti penitenziari, senza farsi vedere in volto, lo avrebbero massacrato di botte. De Felice ha raccontato alla moglie che gli agenti avrebbero indossato dei guanti neri e una mazza bianca per picchiarlo. Poi lo avrebbero portato in infermeria, ma senza visitarlo, dopodiché lo avrebbero messo in isolamento per un'ora;

          il capogruppo di +Europa Radicali al consiglio regionale del Lazio Alessandro Capriccioli si è recato in visita ispettiva presso la casa circondariale di Viterbo e ha incontrato il detenuto in questione, che ha ribadito la versione dei fatti riportata dalla moglie;

          la moglie di De Felice ha poi contattato Rita Bernardini del Partito Radicale, che ha inviato la segnalazione urgente agli organismi preposti, dal garante nazionale Mauro Palma a quello regionale Stefano Anastasia, oltre che al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e al direttore del carcere di Viterbo pregandolo di verificare quanto denunciato dalla signora e di far visitare urgentemente il detenuto in modo da mettere agli atti della sua cartella clinica il relativo referto, come previsto dall'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 123;

          si tratterebbe, se confermato, di un episodio gravissimo, tra l'altro in un carcere che ha fama di essere un istituto «punitivo», e in cui negli ultimi mesi si sono verificati due suicidi;

          nel giugno 2018, il Garante regionale per i diritti delle persone private della libertà Stefano Anastasia ha presentato un esposto alla procura di Viterbo, nel quale si legge che diversi detenuti da lui incontrati in quel carcere «hanno riferito di essere stati vittime di violenze per mano di agenti di polizia penitenziaria»; una parte di essi mostrava «segni evidenti di contusioni e lacerazioni sul corpo». Si riportavano, poi, le testimonianze di detenuti (tutti stranieri) che descrivevano modalità e dettagli tali da rendere credibili i racconti; le vittime sostenevano inoltre «di non essere state visitate da medici se non dopo diversi giorni o, in altri casi, dopo diversi mesi»;

          sono inoltre in corso le indagini per il suicidio di un detenuto italiano avvenuto quest'estate. A quanto si apprende dall'articolo de Il Dubbio citato, i vicini di cella avrebbero chiesto agli agenti di intervenire dopo che il detenuto, in stato di forte agitazione, aveva urlato che si sarebbe suicidato, ma gli agenti avrebbero sottovalutato il problema e sarebbero ritornati dopo due ore, quando oramai il ragazzo era morto con il cappio ricavato dal lenzuolo;

          sempre a Viterbo, il 23 luglio 2018, si è suicidato Hassan Sharaf, un egiziano di 21 anni che avrebbe finito di scontare la pena il 9 settembre, ma è stato trovato impiccato, nella cella di isolamento dove era stato trasferito da appena due ore. Il ragazzo, durante la visita di una delegazione del garante regionale dei detenuti, mostrò all'avvocata Simona Filippi alcuni segni rossi su entrambe le gambe e dei tagli sul petto che, secondo il suo racconto, gli sarebbero stati provocati da alcuni agenti di polizia che lo avrebbero picchiato il giorno prima. Il Garante Anastasia ha fatto un esposto sulla vicenda di Hassan, che aveva riferito al garante di avere «molta paura di morire». Ad oggi non è noto se la procura competente abbia avviato o meno le indagini per verificare l'accaduto; secondo quanto riportato da un articolo de Il Dubbio dell'11 dicembre, la moglie di De Felice ha ricevuto una sua lettera nella quale il marito ha scritto di essere stato visitato e che gli è stata diagnosticata la perdita di udito in un orecchio;

          sulla vicenda riportata non vi è stata alcuna dichiarazione da parte del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria né da parte del Ministro interpellato;

          è necessario che le autorità competenti facciano rapidamente luce sull'accaduto, perché avere certezza sulle reali condizioni e sul rispetto dei diritti degli istituti penitenziari, è una priorità che non riguarda solo i detenuti ma tutti i cittadini –:

          se i fatti riportati in premessa rispondano al vero e se il Ministro interpellato non ritenga di dover promuovere con urgenza un'ispezione presso il carcere di Viterbo per verificare il rispetto della legge e dei diritti dei detenuti garantiti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali, al fine di evitare in futuro il ripetersi dei fatti riportati in premessa.
(2-00247) «Magi, Schullian».

Interrogazione a risposta scritta:


      SERRACCHIANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          i pasti per i dipendenti della casa circondariale del Corneo di Trieste vengono forniti dalla società consortile Unilabor, appaltatrice di preparazione e somministrazione dei pasti stessi;

          la mensa eroga quotidianamente circa 40 pasti per i dipendenti del carcere triestino e non ha nulla a che vedere con la cucina che prepara i pasti per i detenuti;

          secondo notizie di stampa, nei giorni scorsi la cuoca ha avvertito la direzione di Unilabor che i piatti di plastica – che la società dovrebbe fornire – erano esauriti;

          i dipendenti sono stati pertanto costretti a mangiare panini o cibo che non necessita di un piatto per essere consumato;

          secondo il sindacato Sappe, anche la qualità del cibo è particolarmente scarsa e con un numero di portate inferiore agli standard minimi, poiché manca spesso il pane, la carne o la frutta e non viene rispettato il menù previsto del capitolato d'appalto;

          inoltre, la denuncia del sindacato riguarda anche la salubrità di alcuni locali adibiti a mensa, dove manca l'occorrente per la conservazione, preparazione e consumazione degli alimenti;

          sempre secondo la denuncia dell'organizzazione sindacale Sappe, all'interno del vano cucina mancano anche alcuni vetri alle finestre, sostituiti con dei pannelli in plastica –:

          se il Ministro sia a conoscenza della situazione della mensa dei dipendenti della casa circondariale Coroneo di Trieste e della situazione generale della ristorazione;

          tenuto conto che il personale di polizia penitenziaria in forza al Coroneo è di 120 unità su un organico di 147, a fronte di 211 detenuti con una capienza di 139 e quindi con un organico molto al di sotto degli agenti previsti e che le condizioni in cui operano questi lavoratori sono alquanto disagiate, quali iniziative intenda adottare per far fronte sia alla carenza d'organico sia alla situazione di oggettiva difficoltà in cui vengono erogati i pasti per i dipendenti del carcere.
(4-02112)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

          a Venezia l'allontanamento delle grandi navi da crociera dal bacino di San Marco e dal Canale della Giudecca rappresenta ormai un'esigenza condivisa da tutta l'opinione pubblica nazionale e internazionale. Nonostante il tema sia all'ordine del giorno da molto tempo, e nel 2012 il Governo abbia promulgato un decreto interministeriale (n. 79/12) per limitare il passaggio e, successivamente, la capitaneria di porto abbia emesso un'ordinanza per ridurre progressivamente, attraverso un algoritmo, il numero delle navi che potranno transitare in laguna, la risoluzione del problema è sempre di là da venire;

          l'ultimo Comitatone (il Comitato misto, istituito ai sensi dell'articolo 4 della legge 29 novembre 1984, n. 798), riunitosi il 7 novembre 2017, aveva individuato nell'area della prima zona industriale di Porto Marghera l'area adeguata dove realizzare il nuovo terminal per le navi da crociera e in questo senso aveva incaricato l'autorità portuale di approfondire gli aspetti progettuali;

          nel mese di novembre 2018, il Ministro interpellato ha formulato la richiesta al presidente dell'Autorità portuale Pino Musolino, nel corso di un incontro, di ricevere le schede dei diversi progetti depositati nel corso del tempo per portare le Grandi navi fuori dalla laguna;

          da articoli di stampa si apprende che la documentazione è stata inviata al Ministero dall'autorità portuale e che sarebbe al vaglio dei tecnici del Ministero;

          secondo quanto si è potuto apprendere le schede progettuali trasmesse al Ministero sono relative ai progetti: il progetto Venis Cruise 2.0 della società Duferco che prevede la realizzazione di un terminal crocieristico alla bocca di porto del Lido; la realizzazione del nuovo terminal nell'attuale terminal petrolifero a San Leonardo, oggi in concessione all'Eni; terminal alla bocca di porto di Malamocco a Santa Maria del Mar; terminal offshore (Venice Offshore Onshore Port System - VOOPS -) a 8 miglia al largo della costa; il progetto della società One Works al Lido, davanti alle spiagge di San Nicolò; l'avamporto galleggiante alla bocca di porto del Lido; il trasferimento del crocieristico a Chioggia nella zona portuale Saloni –:

          se si sia concluso l'approfondimento per la realizzazione di un terminal nell'area della prima zona industriale di Porto Marghera; quale sia la valutazione dell'Autorità portuale di Venezia sulle proposte inviate; quale sia l'orientamento del Ministro interpellato, e se dai progetti presentati emerga una soluzione con le caratteristiche e le connotazioni nautiche e di sicurezza adeguate ad ospitare un nuovo terminal crocieristico.
(2-00246) «Pellicani, Verini, Del Basso De Caro, Topo, Carnevali, Sensi, Gadda, Ubaldo Pagano, Buratti, Fragomeli, Carla Cantone, De Luca, Siani, Morgoni, Gavino Manca, Melilli, Di Giorgi, Marattin, Anzaldi, Zardini, Ferri, Prestipino, Navarra, Lacarra, Cantini, Lepri, Pezzopane, Mor, Mura, Ciampi, Guerini, Pizzetti, Cenni, Serracchiani, Bazoli, De Filippo, Marco Di Maio, Andrea Romano, Critelli, Morassut, Carè, Del Barba, Mancini, Mauri, Pagani, Rossi, Viscomi».

Interrogazione a risposta orale:


      COVOLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la superstrada Pedemontana Veneta, nel tratto di interconnessione tra la A31 Valdastico e Breganze (Vicenza), è pronta per essere aperta alla circolazione, ma ad oggi continua a non essere fruibile;

          stando a quanto asserito dalla struttura di progetto Superstrada Pedemontana Veneta (Spv spa), la mancata apertura del tratto predetto è dovuto alla mancata stipula dell'accordo con i concessionari per la regolamentazione degli introiti da pedaggio, necessario dal momento che la tratta si interconnette con il sistema autostradale esistente;

          vanno considerati la strategicità dell'infrastruttura e i benefici connessi all'apertura del tratto stradale menzionato –:

          se intenda fornire maggiori informazioni in merito e quali iniziative intenda adottare – nell'ambito delle sue competenze – affinché le società concessionarie interessate si accordino tempestivamente per pervenire all'apertura del tratto di interconnessione tra la A31 Valdastico e Breganze (Vicenza).
(3-00468)

Interrogazione a risposta scritta:


      MELONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          numerosi servizi giornalistici e televisivi hanno segnalato il pericoloso stato di degrado in cui versano numerosi viadotti dell'autostrada A24/A25, la cosiddetta Autostrada dei Parchi, che collega Lazio e Abruzzo, notizia confermata anche da una recente relazione degli ispettori del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ha segnalato che ben 35 degli 87 viadotti ispezionati presentano un rischio strutturale e che 26 di questi 35 viadotti hanno addirittura un coefficiente di sicurezza pari a uno, che equivale al livello minimo;

          la relazione denuncia il carico eccessivo sui viadotti e rileva che, in caso di terremoto, nessuno dei viadotti sarebbe in grado di reggere;

          sotto alcuni di questi piloni ci sono delle abitazioni, esattamente come sotto il Ponte Morandi di Genova, e in molti comuni vicini all'autostrada la popolazione è allarmata per la situazione di rischio che si sta vivendo;

          la relazione è stata fortemente contestata dal concessionario, il gruppo Toto, che ha accusato il Ministero di aver procurato un allarme ingiustificato, che, a sua detta, ha fatto calare l'utenza del sette per cento, ma lo stesso Ministro interrogato ha dichiarato, già nell'ottobre del 2018, che «sui viadotti della A24 e A25, alcuni piloni, che ho potuto visionare con i miei occhi, sono in condizioni così degradate da risultare allarmanti»;

          nel frattempo, l'aumento dei pedaggi sulle tratte autostradali in questione, che avrebbe potuto raggiungere anche il venti per cento e che sarebbe dovuto scattare dal 1° gennaio 2019, è stato sospeso fino al 30 giugno;

          per quanto attiene, in particolare, alla rete autostradale abruzzese, questa necessita di immediati interventi per la sicurezza e l'ammodernamento, considerato che a causa della carenza di fondi non sono ancora stati neanche eseguiti gli interventi già previsti nel 2001 dalla legge 21 dicembre 2011, n. 443, cosiddetta legge obiettivo;

          in Abruzzo le carenze infrastrutturali, l'insufficienza dei collegamenti, il cattivo stato di manutenzione delle strade nell'entroterra e il costo dei pedaggi dell'A24 e A25, tra i più alti d'Italia, si ripercuotono pesantemente sullo sviluppo economico, occupazionale e turistico della regione –:

          se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere affinché il concessionario dell'autostrada A24/A25 esegua tutti gli interventi necessari per garantire la percorribilità del tratto autostradale di sua competenza in condizioni di massima sicurezza per tutti gli utenti e i cittadini che vivono e lavorano in prossimità dell'Autostrada dei Parchi.
(4-02109)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


      MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          secondo i dati diffusi dal Ministero dell'interno nella XX relazione del commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, Mario Papa, pubblicata nei giorni scorsi, al 31 dicembre 2018 il totale dei casi di scomparsa in Italia è di 229.687 persone, di cui 171.974 sono le persone ritrovate e 57.713 ancora da rintracciare;

          di questi 57.713, 14.504 sono maggiorenni (5.928 italiani e 8.576 stranieri), 41.655 minorenni (2.412 italiani e 39.243 stranieri) e 1.554 maggiori di 65 anni (1.311 italiani e 243 stranieri);

          i maschi sono 44.830 (6.338 italiani e 38.492 stranieri), le femmine 12.870 (3.309 italiane e 9.561 straniere); per 13 non è stato specificato il sesso nella denuncia (4 di cittadinanza italiana e 9 ignota, di cui 8 minorenni e 5 maggiorenni);

          in particolare, il numero di persone scomparse nel corso del 2017 è di 22.109, in relazione al quale i ritrovamenti sono stati 12.784, pari al 57,8 per cento del totale;

          nel 2018, invece, le denunce di scomparsa sono state pari a 18.468, con un totale di 13.745 ritrovamenti, pari al 74,4 per cento;

          al 31 dicembre 2018, pertanto, si registra un trend positivo (+ 16,6 per cento) dei ritrovamenti rispetto al 2017;

          si registra, altresì, una riduzione di 3.641 denunce di scomparsa rispetto al 2017;

          il dato citato testimonia l'affinamento e il miglioramento delle procedure di ricerca e la sempre più proficua collaborazione con le prefetture, le forze di polizia e le autorità giudiziarie –:

          quali iniziative il Ministero abbia adottato al fine di conseguire i risultati descritti in premessa e quali intenda assumere nel prossimo futuro, al fine di ridurre il numero delle persone scomparse e garantire un costante trend positivo nei ritrovamenti.
(3-00472)


      ELISA TRIPODI, MACINA, DIENI, ALAIMO, DAVIDE AIELLO, BERTI, BILOTTI, BRESCIA, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, DADONE, FORCINITI, PARISSE e FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il 23 gennaio 2019 si è compiuto l'arresto di un consigliere regionale della Valle D'Aosta (assessore uscente al comune di Aosta), di un consigliere comunale di Aosta e di un assessore comunale di Saint Pierre, in seguito alle misure cautelari messe in atto nell'ambito dell'operazione «Geenna» dalla direzione distrettuale antimafia della procura di Torino; l'operazione si inserisce tra le numerose inchieste coordinate dalla direzione distrettuale antimafia di Torino nei confronti di appartenenti all'associazione di stampo mafioso di matrice e origine calabrese denominata ’ndrangheta;

          nella conferenza organizzata dalla direzione distrettuale antimafia in occasione dei suddetti arresti è stata evidenziata la modalità organizzativa della ’ndrangheta consolidatasi nella struttura e nelle modalità di funzionamento dell'attuale «locale» di Aosta, nel quale l'associazione criminale risulta ben collegata con esponenti del mondo politico e amministrativo valdostano, cui garantisce il proprio sostegno in occasione delle competizioni elettorali locali, per ottenerne utilità e vantaggi – dalla partecipazione a lavori pubblici, all'ottenimento di concessioni e appalti, dai posti di lavoro ad ogni altra utilità che dipenda dalle decisioni degli amministratori;

          sono stati ricostruiti i rapporti dell'associazione con esponenti politici, come Marco Sorbara, attuale consigliere regionale e, precedentemente, assessore alle politiche sociali del comune di Aosta, Monica Carcea, assessore alla programmazione, finanze e patrimonio del comune di Saint Pierre; uno dei partecipanti del «locale» di Aosta, Nicola Prettico, risulta eletto in consiglio comunale ad Aosta nel 2015;

          il «locale» di Aosta risulta ben radicato sul territorio e presenta caratteristiche particolarmente pericolose, in virtù dei contatti stretti e stabili che può vantare con esponenti del mondo politico e amministrativo valdostano, intervenendo sui soggetti a loro collegati che rivestono ruoli istituzionali; ancora, dalle indagini emerge che esponenti del «locale» di Aosta intrattengano rapporti con affiliati a logge massoniche, il che rappresenta un ulteriore elemento di collegamento con esponenti che ricoprono ruoli di rilievo nel settore economico, imprenditoriale e politico della società civile valdostana;

          appare agli interroganti necessario che siano garantiti il ripristino e la salvaguardia della legalità nell'operato delle amministrazioni comunali di Aosta e di Saint Pierre –:

          a fronte dei fatti esposti in premessa, quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, nel rispetto del sistema delle autonomie in Valle D'Aosta con riguardo allo scioglimento dei consigli comunali, considerato che al presidente della regione spettano in tale ambito le attribuzioni che la disciplina vigente conferisce al prefetto.
(3-00473)


      PALAZZOTTO e FORNARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il Ministro interrogato ha dichiarato recentemente di essere in possesso delle prove di contatti tra le organizzazioni non governative e gli scafisti che trasportano i migranti;

          Pietro Gallo, agente della sicurezza a bordo della Vos Hestia, nave utilizzata da Save the children per i soccorsi in mare, in un'intervista a Il Fatto quotidiano (27 gennaio 2019), ha dichiarato di aver contattato e incontrato la segreteria dell'allora parlamentare europeo e oggi Ministro dell'interno Salvini in merito a fotografie e informazioni utili, che egli stesso avrebbe effettuato e poi inviato al parlamentare europeo, tese a dimostrare l'esistenza di contatti diretti tra gli scafisti e le organizzazioni non governative;

          tra Gallo e l'onorevole Salvini ci fu anche uno scambio telefonico diretto durante il quale il Ministro interrogato si sarebbe offerto di raggiungerlo immediatamente, anche se poi la circostanza non si è verificata perché Gallo e una sua collega erano prossimi all'imbarco. Successivamente una collega di Gallo venne ricevuta a Milano dall'onorevole Salvini e dal suo staff;

          Gallo racconta, inoltre, di aver ricevuto, tramite la collega, rassicurazioni in caso di perdita del lavoro, viste le attività di spionaggio che avrebbero dovuto svolgere;

          in particolare, Gallo sostiene di aver ricevuto la richiesta di registrare, per conto di Salvini e della Lega, qualcuno di Save the children che ammettesse di «fare tutto per pubblicità»;

          lui registrò qualche conversazione, ma niente che rispondesse a quelle aspettative;

          quanto raccontato da Gallo e riportato nell'intervista dimostra come nei fatti l'agente della sicurezza per un periodo abbia svolto il ruolo di «infiltrato» a bordo per conto di un partito politico, nella fattispecie della Lega, raccogliendo informazioni in modo illegale;

          nell'agosto 2018 il Ministro interrogato confermò di aver incontrato personalmente la collega che aiutò Gallo in questa «missione», la definì «in gamba e coraggiosa», aggiunse di aver usato e diffuso le informazioni, dovendo però ammettere l'assenza di riscontri immediati;

          tale raccolta di informazioni, svolta, ad avviso degli interroganti, per infangare artatamente le organizzazioni non governative attraverso alcuni personaggi «infiltrati» su quelle navi e con cui il Ministro interrogato e i suoi collaboratori intrattenevano rapporti, potrebbe contenere profili di illiceità –:

          se corrisponda al vero quanto descritto in premessa e, in caso affermativo, se il Ministro interrogato intenda chiarire a quale titolo abbia svolto una sorta di attività di indagine non autorizzata e raccolto informazioni sulle organizzazioni non governative attraverso «infiltrati» e se stia continuando con le stesse modalità.
(3-00474)


      MADIA, DELRIO, MIGLIORE, CECCANTI, MARCO DI MAIO, FIANO, GIORGIS, MARTINA, ORFINI, POLLASTRINI, GRIBAUDO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          martedì 22 gennaio 2019 sono iniziate le operazioni di sgombero del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto, una struttura situata tra la Tiberina e la Salaria a nord di Roma, che ospitava diverse centinaia di persone tra donne, uomini e bambini;

          tale notizia ha destato grave allarme sociale per la mancanza di un adeguato preavviso e per le modalità con cui è stata condotta, nonché per l'assoluta incertezza in merito alla destinazione di soggetti comunque vulnerabili, tra cui numerosi bambini che, secondo quanto appreso direttamente da taluni degli interroganti, frequentavano la scuola ed erano integrati nel tessuto sociale;

          incerta è la destinazione dei soggetti ospitati anche in relazione allo status giuridico dei diversi ospiti del centro: accanto ai richiedenti protezione internazionale vi sarebbero stati diversi titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari – una tipologia di permesso di soggiorno abrogata, come è noto, a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (cosiddetto «decreto sicurezza») – che si troverebbero ora con il rischio concreto di finire per strada, essendo stati privati della possibilità di rinnovarlo e non potendo accedere ad altre forme di protezione internazionale;

          a parere degli interroganti, con l'eliminazione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari, infatti, il cosiddetto «decreto sicurezza» sta determinando una crescita esponenziale del livello di insicurezza nel nostro Paese e sta condannando definitivamente molti migranti, fino ad oggi integrati, ad una nuova clandestinità;

          la vicenda di Castelnuovo di Porto ha nuovamente portato alla ribalta come disumanità e ideologia – lungi dal contribuire alla gestione e alla risoluzione dei problemi che affliggono chi fugge da guerre e torture, fame o povertà – rischino solo di mortificare ulteriormente e gettare nella disperazione persone già profondamente ferite e che stavano finalmente cercando di ricostruirsi una vita, come, nel caso di Mouna, la giovane somala ospitata provvisoriamente dal sindaco di Castelnuovo di Porto, che, dopo la licenza di scuola media, la perfetta integrazione nel tessuto sociale e l'iscrizione alle scuole superiori serali, rischia ora di restare priva di ogni forma di protezione e alloggio –:

          quanti esattamente, e con quale status giuridico, fossero gli ospiti del centro al momento dell'inizio delle operazioni di sgombero, quale la loro esatta destinazione e quanti e quali, tra questi, rischiano, a seguito delle operazioni di sgombero e dell'impossibilità di rinnovare il permesso di soggiorno per motivi umanitari, di non essere più accolti in nessuna struttura.
(3-00475)

Interrogazione a risposta orale:


      ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          nel dicembre 2018 le cronache locali riportarono la drammatica notizia della scomparsa di una bambina di etnia Rom di diciotto mesi e con gravi problemi di salute a seguito dell'incendio del furgone sul quale viveva assieme ai genitori e agli altri fratelli;

          in particolare, secondo quanto riportato dalla stampa, la famiglia di etnia Rom viveva a bordo di un Ducato bianco e aveva trasferito la propria residenza in uno sterrato tra il molo frangiflutti del Villaggio Pescatori e un parcheggio in località Giorgino, un rione marittimo della città di Cagliari;

          il 23 dicembre 2018 un incendio avrebbe improvvisamente avvolto il furgone e nonostante il tempestivo intervento dei vigili del fuoco che prontamente hanno spento le fiamme, riuscirono a salvarsi solo i genitori e gli altri quattro figli, mentre la piccola di diciotto mesi, secondo le dichiarazioni dei familiari sarebbe rimasta purtroppo a bordo del mezzo;

          tuttavia, successivamente agli accertamenti effettuati sul Ducato dagli agenti della squadra mobile e della polizia scientifica, sul mezzo non venne rinvenuta alcuna traccia della bambina e pertanto venne scartata quasi subito l'ipotesi di una sua morte tra le fiamme;

          recentemente vi sarebbe stata una svolta clamorosa nel caso, grazie all'impegno profuso dalle forze dell'ordine e dagli investigatori della terza sezione della squadra mobile di Cagliari che nel frattempo hanno continuato a svolgere tutte le indagini più opportune per capire cosa fosse successo alla bambina: pochi giorni fa sarebbero stati fermati i genitori e, sebbene accertamenti siano ancora in corso, dalla stampa si apprende che le accuse a loro rivolte sarebbero di omicidio e occultamento di cadavere;

          quanto accaduto a Giorgino è di assoluta gravità e desta forte preoccupazione in quanto coinvolge dei minori, sia la vittima che gli altri fratelli ora rimasti senza i genitori, e sottolinea il grave problema della loro tutela e assistenza in contesti di degrado sociale e igienico-sanitario –:

          quali iniziative di competenza il Governo intenda promuovere per affrontare, anche dal punto normativo, problematiche relative ai campi nomadi, con particolare riguardo alla tutela dei minori che in essi vivono.
(3-00467)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ANZALDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          in data 23 gennaio 2019 presso il liceo scientifico di Bernalda in provincia di Matera, studenti di «blocco studentesco» hanno distribuito un volantino dal titolo «la tua guerra ora» dai contenuti gravi e inaccettabili e che nulla hanno a che fare con la libertà di espressione, posto che leggendolo esso pare configurarsi come un documento di apologia del fascismo;

          al punto 3 del suddetto volantino tra i «padri della patria» viene annoverato anche Benito Mussolini e al punto 6 si propone di reperire fondi per sport «di tiro» e «di combattimento», eliminando progetti «come quello stabilito dall'accordo tra Miur e Anpi» –:

          se tale volantinaggio risulti essere stato autorizzato dalle competenti autorità e se i Ministri interrogati non intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di contrastare la diffusione del richiamato volantino confermando il valore, nelle modalità fino ad ora realizzate, della collaborazione dell'Anpi con le istituzioni scolastiche, in ossequio ai princìpi della Carta costituzionale.
(5-01324)

Interrogazioni a risposta scritta:


      ALAIMO, SCERRA, PERCONTI, D'ORSO, LOMBARDO, FICARA, PARENTELA, CANCELLERI, ANGIOLA, ERMELLINO, CHIAZZESE, DAVIDE AIELLO e ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è composto dai vigili del fuoco permanenti e volontari;

          i vigili volontari sono quei cittadini italiani che, in possesso dei requisiti richiesti per legge, fanno espressa richiesta di iscrizione nei quadri del personale volontario del comando provinciale dei vigili del fuoco di residenza i quali svolgono la propria attività ogni qualvolta se ne manifesti il bisogno;

          con riferimento all'isola di Ustica, il servizio antincendio dal 2005 è stato garantito attraverso un distaccamento di vigili del fuoco volontari e, nel periodo estivo, dagli stessi vigili del fuoco chiamati in servizio come discontinui;

          con il decreto-legge n. 97 del 2017, è stata operata la separazione delle liste dei vigili volontari da quelle dei discontinui con la conseguenza che tutti volontari, operanti sul territorio, hanno scelto di fare parte della lista dei discontinui nella speranza di una successiva stabilizzazione;

          tale situazione ha creato un disservizio alla comunità dell'isola di Ustica, la quale non ha più il distaccamento di vigili del fuoco volontari che garantiva il servizio tecnico urgente;

          la legge n. 87 del 2004, all'articolo 3, comma 1, prevede che «Per far fronte alle peculiari esigenze del servizio antincendio e di soccorso tecnico nelle isole minori della Sicilia, il Ministero dell'interno, nei bandi di concorso per il profilo di vigile del fuoco, può individuare particolari requisiti per l'accesso ai posti disponibili nelle relative sedi di servizio presenti in ciascuna di tali isole, che tengano conto della prioritaria esigenza di garantire la continuità del servizio in relazione alle difficoltà connesse alla situazione geografica e morfologica dei territori»;

          il comma 2 specifica che «il Ministero dell'interno procede al reclutamento del personale nel profilo professionale di vigile del fuoco, da destinare ai distaccamenti presso le sedi di cui al comma 1, mediante concorso per colloquio e prova tecnico-attitudinale, riservato ai vigili iscritti negli elenchi del personale volontario in servizio presso le sedi di cui al comma 1»;

          sarebbe auspicabile una variazione del distaccamento volontario di vigili del fuoco di Ustica in distaccamento permanente, al fine di assumere direttamente i residenti che hanno aderito alla graduatoria de vigili discontinui;

          attualmente il servizio antincendio presso l'isola viene garantito da Palermo attraverso il trasferimento via mare di una squadra di servizio –:

          se e quali iniziative intenda adottare affinché il distaccamento di Ustica sia garantito in permanenza e dotato di personale e attrezzature idonei al territorio e alle sue esigenze.
(4-02110)


      DONZELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          all'articolo 3 dell'avviso pubblico del comune di Firenze approvato con delibera di giunta n. 478 del 16 ottobre 2018, «per la selezione di progetti culturali e di intrattenimento (musicali e non) da tenersi nel periodo natalizio e nella notte di capodanno 2019 nei seguenti luoghi: Piazza Della Signoria, Piazza Del Carmine e Parco Dell'Anconella» del 15 novembre 2018 è previsto che «Il soggetto aggiudicatario dovrà farsi carico di tutti i costi per la realizzazione delle iniziative indicate nella proposta, che dovranno essere a titolo gratuito e con accesso libero» e che erano poste «a carico del soggetto aggiudicatario», «il rispetto e l'attuazione di quanto previsto dalle specifiche normative nazionali e regionali in materia di pubblica sicurezza, servizio d'ordine, pronto soccorso, eccetera, in riferimento alla Circolare del Ministero dell'interno – gabinetto del Ministro del 18/7/2018 – “Modelli organizzativi e procedurali per garantire alti livelli di sicurezza in occasione di manifestazioni pubbliche”, recentemente intervenute ad integrare la Circolare del Capo della Polizia del 7 giugno 2017 (cosiddetta circolare Gabrielli)» specificando che «Gli allestimenti dovranno essere conformi alle norme di sicurezza»;

          secondo quanto segnalato nell'esposto presentato alla procura della Repubblica di Firenze in data 21 gennaio 2019 dal consigliere comunale Francesco Torselli nello svolgimento degli eventi non sarebbero state rispettate le normative in materia di sicurezza –:

          se negli eventi promossi dal comune di Firenze vengano rispettate le normative in termini di pubblica sicurezza;

          quali siano gli orientamenti del Governo circa il mancato rispetto degli obblighi previsti dal bando in materia di sicurezza e quali iniziative intenda adottare per quanto di competenza, al riguardo.
(4-02115)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata:


      SCHULLIAN, GEBHARD, PLANGGER e EMANUELA ROSSINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 142, secondo comma, del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore, di cui al regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, reca il divieto dell'iscrizione contemporanea a diverse università e a diversi istituti di istruzione superiore, a diverse facoltà o scuole della stessa università o dello stesso istituto e a diversi corsi di laurea o di diploma della stessa facoltà o scuola. La norma, in altri termini, preclude il conseguimento di due titoli accademici al termine di periodi di formazione interamente o parzialmente concomitanti;

          si tratta di un divieto obsoleto e anacronistico, la cui rimozione rappresenterebbe un passo importante verso l'ammodernamento del sistema universitario italiano e comporterebbe molteplici vantaggi sia nell'ottica di una migliore valorizzazione delle competenze, sia nell'ottica della realizzazione di un'offerta formativa più in linea con le esigenze del mondo lavorativo, il quale richiede una sempre maggiore interdisciplinarietà. Il divieto risulta essere particolarmente svantaggioso per i settori ad alta incidenza tecnologica, come, ad esempio, la medicina, che sfrutta sempre di più le nuove conoscenze dell'ingegneria biomedica. Assume aspetti addirittura paradossali se si pensa che sono sempre più frequenti gli accordi con le università straniere che consentono di ottenere i cosiddetti double degree, ovvero il riconoscimento del titolo accademico contemporaneamente in Italia e in un altro Paese;

          da ultimo, si è occupata della questione anche la Corte di giustizia dell'Unione europea con riferimento ad un caso in materia di riconoscimento di qualifiche professionali. In estrema sintesi, con la sentenza del 6 dicembre 2018, causa C-675/17, la Corte ha stabilito che l'obbligo di formazione a tempo pieno e il divieto di iscrizione contemporanea a due corsi di laurea, previsti dalla normativa di uno Stato membro, non possono impedire il riconoscimento automatico ai sensi della direttiva 2005/36/CE dei titoli rilasciati in un altro Stato membro al termine di periodi di formazione in parte concomitanti. Tale pronuncia della Corte mette in luce come il divieto di iscrizione contemporanea può dar luogo a situazioni di discriminazione a rovescio, penalizzando ingiustificatamente gli studenti italiani rispetto ai loro colleghi degli altri Paesi europei –:

          se non ritenga, anche alla luce della recente sentenza sopra citata, di adottare iniziative per l'abrogazione del divieto di iscrizione contemporanea a due corsi di laurea, rimuovendo così un freno pesante alla competitività del Paese.
(3-00476)


      FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata», convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132, reca anche alcune disposizioni riguardanti la cittadinanza introducendo, all'articolo 14, nuove disposizioni in materia di acquisizione e revoca della cittadinanza, modificando ed integrando a tal fine la legge n. 91 del 1992;

          in particolare, si introduce nella legge sulla cittadinanza l'articolo 9.1, che subordina l'acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio e per concessione di legge al possesso da parte dell'interessato di un'adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del quadro comune europeo di riferimento per le lingue (Qcer);

          quindi, la legge che è stata approvata, tra le varie cose, prevede che i richiedenti la cittadinanza italiana iure matrimonii (quindi, persone legalmente sposate con un cittadino italiano) debbano avere una conoscenza dell'italiano certificata al livello B1;

          tale certificazione non è dovuta per richiesta di riconoscimento del possesso della cittadinanza italiana iure sanguinis, in relazione alla quale, in verità, si hanno molti più casi di persone che acquisiscono la cittadinanza italiana senza neanche conoscere una sola parola di italiano;

          nel caso di richieste che partono da Paesi esteri, bisogna considerare che la rete di certificazione della conoscenza della lingua è inadeguata e si richiede, a volte, di spostarsi di migliaia di chilometri per avere la certificazione –:

          se il Ministro interrogato ritenga di adottare iniziative per aumentare la copertura territoriale con ulteriori sedi per la certificazione, oppure attivare un portale online dove il richiedente possa partecipare a un esame certificato dal Ministero competente o anche attivare una procedura di certificazione per corrispondenza, nell'interesse delle famiglie dei nostri connazionali residenti all'estero.
(3-00477)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      DE LUCA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          il gruppo indiano Jindal ha comunicato l'avvio della procedura per la cessazione dell'attività dello stabilimento Treofan di Battipaglia facendo pervenire le lettere di licenziamento per tutti i lavoratori;

          è una decisione grave che palesa la volontà del gruppo indiano di trasferire le produzioni da tale sito industriale e compromettere una presenza storica nel settore;

          Jindal ad oggi si è mostrata del tutto indifferente alle sollecitazioni istituzionali e sociali con il rischio di innescare ripercussioni estremamente negative nel territorio della piana del Sele, con potenziali ricadute anche sugli altri impianti di Brindisi e Terni;

          le organizzazioni sindacali ritengono insufficienti le rassicurazioni avanzate dal gruppo indiano, perché l'obiettivo non può essere la ricerca di una presunta soluzione socialmente accettabile ma la garanzia del prosieguo dell'attività produttiva dell'impianto;

          il tavolo ministeriale non ha prodotto fino ad ora i risultati sperati;

          vi è poco tempo a disposizione, poiché l'avvio delle procedure di mobilità impone la ricerca rapida di una soluzione adeguata –:

          quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, affinché il gruppo Jindal si assuma le proprie responsabilità, individuando quanto prima un nuovo e più efficace percorso, concertato con le parti sociali, che consenta di salvaguardare le prospettive produttive e i livelli occupazionali dello stabilimento Treofan di Battipaglia.
(5-01322)


      FURGIUELE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la vicenda dei precari della Sacal Ground Handling s.p.a., la società controllata interamente dalla S.a.cal. Società Aeroportuale Calabrese s.p.a. che gestisce i tre scali aeroportuali calabresi e che si occupa della gestione dei servizi di handling, ossia dei servizi a terra ai passeggeri e agli aeromobili nello scalo di Lamezia Terme, è salita alla ribalta nazionale dopo che il 22 gennaio 2019 le telecamere di Striscia la notizia, il tg satirico di canale 5, sono arrivate all'aeroporto di Lamezia Terme;

          trattasi di una sessantina di lavoratori in situazione di precariato «stabile», in gran parte da oltre dieci anni (hanno iniziato a lavorare come stagionali nel lontano 2007), in forza presso l'aeroporto lametino;

          nel mese di ottobre 2018, dopo alcune fasi di trattativa iniziate nei mesi estivi, si era parlato di stabilizzazione per quasi trenta lavoratori con anzianità di servizio precario tra il 2007 e il 2011; si era avviato l’iter per definire queste stabilizzazioni tramite riunioni ufficiali tra rappresentanti sindacali e vertici aziendali, ma dopo due mesi il tutto è entrato in una fase di «limbo» senza certezze e senza garanzie;

          nel frattempo, l'azienda si è affidata a contratti di somministrazione tramite l'agenzia per il lavoro Tempor, procedendo all'assunzione di ventidue lavoratori con stagionalità di pochissimi anni o con esperienza di pochissimi mesi, per coprire il traffico invernale;

          gli interinali, assunti dal 13 ottobre 2018 al 12 gennaio 2019, hanno visto ora il contratto lavorativo esteso fino al 31 gennaio;

          trattasi di una scelta «tampone» nell'attesa che il quadro della situazioneS.a.cal. venga definito, ma che contrasta con le reali necessità dell'aeroporto, che è uno degli scali strategici d'Italia, nel quale con cadenza regolare aumentano le rotte e le destinazioni servite dalle compagnie aeree, con un trend generale di crescita destinato ad incrementare nel corso degli anni;

          i dati di traffico 2018 hanno registrato un numero pari a 2.756.211 passeggeri (+8,2 per cento) a conferma della necessità di procedere con un serio piano di stabilizzazioni, anziché con contratti a singhiozzo per gruppi saltuari di lavoratori precari –:

          se e quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda assumere riguardo alla vicenda illustrata in premessa.
(5-01323)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


      PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 4 settembre 2018 è stato pubblicato un concorso pubblico di Arcea, per titoli ed esami, per la copertura di dodici posti, categorie D1 e C1, a tempo indeterminato;

          lo stesso concorso è stato poi sospeso, per come si legge in una nota del direttore del predetto ente;

          sul sito di informazione iacchite.com è data notizia che il riferito concorso è stato revocato con provvedimento del 17 ottobre 2018 e che il Codacons ha diffidato la regione Calabria a provvedere all'immediata restituzione di tutte le somme versate dai candidati per la partecipazione alla procedura selettiva in predicato, che ammonterebbero nel complesso a 70 mila euro;

          nel relativo articolo si riporta che secondo alcune voci «tra gli stra-fortunati che» avrebbero «beneficiato della revoca del concorso vi sia» la figlia di un politico vicino al presidente della regione;

          Arcea è altresì l'organismo pagatore per la regione Calabria, riconosciuto con provvedimento del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali del 14 ottobre 2009;

          l'agenzia in predicato è responsabile del processo di erogazione di aiuti, contributi e premi previsti da disposizioni comunitarie, nazionali e regionali a favore del mondo rurale;

          un concorso di Arcea per reclutare il personale, anche ai fini della richiesta per il riconoscimento di cui sopra, è stato indetto nell'anno 2007 con un avviso pubblico per reperire 24 unità per la copertura a tempo indeterminato di varie categorie professionali;

          il riconoscimento di organismo pagatore da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo deve, secondo l'interrogante, tenere conto dell'effettiva dotazione di personale, anche a garanzia del buon funzionamento dell'ente riconosciuto –:

          se sia a conoscenza dei fatti sopra riassunti;

          quale sia al momento l'effettivo organico di personale di Arcea e se la sua attuale consistenza consenta di mantenere il riconoscimento di cui in premessa;

          quali iniziative di competenza intenda assumere nel caso in cui Arcea avesse una situazione di carenza di organico.
(4-02108)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta immediata:


      LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

          la normativa istitutiva del reddito di cittadinanza prevede che per aiutare i circa 4,5 milioni di percettori del sussidio a individuare idonei percorsi di formazione professionale e trovare possibilità di impiego, gli stessi saranno affiancati da tutor, già entrati nel linguaggio comune con il termine di navigator;

          in merito il Ministro Di Maio ha dichiarato: «Assumeremo 10 mila navigator. Li assumeremo subito, faremo dei colloqui, con l'impegno di stabilizzarli con un contratto che riguarda la collaborazione con l'Agenzia nazionale per le politiche attive per il lavoro», ribadendo poi che gli assunti «saranno divisi tra l'Anpal, che ne assorbirà seimila, e i centri per l'impiego regionale, ai quali andranno gli altri quattromila»;

          da notizie giornalistiche risulta che l'annuncio delle predette assunzioni abbia già «scatenato il caos», posto che «tanto l'Agenzia nazionale per le politiche attive per il lavoro che i centri per l'impiego sono letteralmente subissati di richieste di informazioni, “e perfino candidature”, di disoccupati che puntano a diventare navigator»;

          le modalità di assunzione descritte dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali configurano una palese violazione dell'articolo 97 della Costituzione, che prevede l'obbligo del concorso pubblico per le assunzioni nella pubblica amministrazione;

          inoltre, realizza un'ingiusta e ingiustificata disparità di trattamento a danno delle migliaia di vincitori di concorsi pubblici che non hanno ancora potuto prendere servizio a causa del blocco delle assunzioni disposto dal Governo per il 2019 o le cui graduatorie sono addirittura state fatte decadere alla fine del 2018, nonché delle migliaia di precari che lavorano da anni nella pubblica amministrazione in tutta Italia nella speranza di essere stabilizzati;

          nella sola Anpal servizi, alla quale la normativa assegna un ruolo strategico nell'organizzazione dei servizi e nella gestione del reddito di cittadinanza e uno stanziamento previsto di mezzo miliardo di euro nel triennio 2019-2021, il 60 per cento degli impiegati è assunto con contratti a tempo determinato o di collaborazione ed è già in possesso delle competenze per le quali soggetti assunti ex novo dovrebbero seguire un percorso di formazione prima di poter cominciare a prestare servizio –:

          se il Governo non ritenga di procedere all'assunzione dei tutor dando priorità ai soggetti iscritti nelle graduatorie vigenti e ai precari in possesso dei requisiti necessari e, comunque, attraverso lo svolgimento di un concorso pubblico, nel rispetto del dettato costituzionale in materia di assunzioni nella pubblica amministrazione.
(3-00471)

SALUTE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

          l'Agenzia nazionale di sicurezza sanitaria francese (Anses) ha lanciato, in questi giorni, un allarme ai consumatori per la presenza di sostanze potenzialmente pericolose riscontrate all'interno dei pannolini monouso per i bambini, anche in quelli che si definiscono «ecologici»;

          nell'ambito di una ricerca biennale svolta dall'Anses e di recente pubblicazione, i pannolini delle principali marche vendute in Francia conterebbero infatti diversi residui, come alcuni composti chimici usati per conferire profumazione ai pannolini, idrocarburi aromatici, diossine a tracce di alcuni pesticidi – lindano, quintozene ed esaclorobenzene – vietati nell'Unione europea dal 2004;

          gli esperti dell'agenzia francese hanno rilevato che, fatta eccezione per i profumanti, tali sostanze tossiche non sarebbero state aggiunte intenzionalmente ma deriverebbero, nella maggior parte dei casi, da una contaminazione da materie prime, dall'utilizzo di sottoprodotti, come colle o sostanze usate per lo sbancamento, o dalla comparsa durante il processo di produzione (riscaldamento, candeggio): pertanto, l'agenzia francese ha invitato i produttori a «controllare meglio l'origine delle materie prime [...] e migliorare i processi di produzione»;

          tra le sostanze incriminate, sarebbero state riscontrate all'interno dei pannolini usa e getta anche tracce di glifosato, l'erbicida sviluppato dall'azienda di biotecnologie agrarie Monsanto, il diserbante più venduto al mondo, il cui utilizzo, nonostante campagne e mobilitazioni in Europa è ancora autorizzato, pur essendo stato classificato dall'organizzazione mondiale della sanità (Oms) come possibile cancerogeno e un pericoloso interferente ormonale;

          il rapporto dell'Anses si basa sugli studi condotti in Francia dall'istituto francese dei consumi (Ine) e dal Servizio comune dei laboratori (ScI) che hanno realizzato, tra il 2016 e il 2018, test scientifici su 23 diversi modelli di pannolini «usa e getta» delle principali marche disponibili sul territorio nazionale francese, diverse delle quali sarebbero vendute anche in Italia;

          sui pannolini sottoposti ad analisi, sono state trovate 60 sostanze chimiche: in alcuni casi sono le colle usate per gli scotch delle chiusure laterali a contenere idrocarburi oltre i limiti, mentre quasi sempre a destare preoccupazione sono i profumanti aggiunti volontariamente dai produttori, oppure molecole che si formano nel processo di fabbricazione (diossine, Pcb e furano);

          in particolare, stando al citato rapporto dell'Agenzia per la sicurezza sanitaria di Francia, si tratterrebbe di sostanze chimiche pericolose, «che possono migrare nelle urine ed entrare in contatto prolungato con la pelle dei bambini e aggredirla» mentre altre sostanze, aggiunte intenzionalmente, come i profumi «possono procurare allergie cutanee», ed altre ancora «possono venire da materie prime contaminate», compresa la diossina, tossica e cancerogena;

          l'agenzia francese Anses ha dunque chiesto ufficialmente alle aziende produttrici di prendere misure per rimuovere questi residui. Secondo il direttore generale Gerard Lasfargues dell'Anses non è infatti possibile escludere un rischio per la salute «perché si osserva un superamento delle soglie sanitarie per alcune sostanze»;

          pertanto, nonostante il Ministero della salute francese non riporti prove di un vero e proprio pericolo grave e immediato e, benché l'Anses abbia sottolineato quanto il pericolo dipenda sostanzialmente dalle «condizioni di utilizzo», i produttori e i distributori dovranno prendere misure per eliminare i profumi, aggiunti intenzionalmente, controllare «la qualità delle materie prime» e modificare «i processi di produzione che potrebbero essere all'origine della formazione di alcune sostanze»;

          stando alle notizie di stampa, il Governo francese avrebbe immediatamente convocato i produttori per chiedere di dettagliare un piano d'azione, entro due settimane, nonché garantire maggiore trasparenza sulla composizione dei pannolini, in linea con le istanze dei consumatori;

          quello sui pannolini monouso pubblicato in Francia dall'Anses è un rapporto inquietante e da non sottovalutare: la preoccupazione principale degli scienziati risiede nel fatto che i pannolini «usa e getta» sono utilizzati da oltre il 90 per cento delle famiglie dell'Unione europea e che i bambini, nei primi anni di vita, sono costantemente a contatto con i pannolini (ne indossano circa 4.000 in 36 mesi), con il rischio che questi composti superino la barriera della pelle e penetrino nell'organismo;

          come in Francia, anche in Italia la maggior parte dei genitori utilizza per i bambini nei primi anni di vita pannolini monouso –:

          a seguito dell'allarme francese inerente al rilevamento di sostanze chimiche – talvolta in quantità superiore a quella di sicurezza – potenzialmente pericolose nei pannolini monouso per bambini, quali urgenti iniziative la Ministra interrogata intenda assumere, intervenendo presso le competenti sedi istituzionali, al fine di attivare, anche nel nostro Paese, un sistema di monitoraggio e controllo del fenomeno, per scongiurare qualsiasi tipo di rischio, a tutela della salute dei bambini.
(2-00249) «Galizia, D'Arrando, Bologna, Menga, Massimo Enrico Baroni, Leda Volpi, Mammì, Troiano, Lapia, Sportiello, Sarli, Zolezzi, Ianaro, Dadone, Martinciglio, Cancelleri, Businarolo, Ascari, Carinelli, Spessotto, Ciprini, Palmisano, Dieni, Ruggiero, Masi, Marzana, Melicchio, Migliorino, Misiti, Nitti, Pallini, Parentela, Parisse, Paxia, Perantoni, Perconti, Pignatone, Raduzzi, Rizzo, Romaniello, Roberto Rossini, Ruocco, Giovanni Russo, Saitta, Salafia, Sarti, Scanu, Scutellà, Segneri, Francesco Silvestri, Rachele Silvestri».


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

          com'è tristemente noto, la sanità in Campania attraversa condizioni critiche che portano la regione a essere penultima per livelli essenziali di assistenza e la principale causa di ciò è lo stato di precarietà gestionale e assistenziale in cui molte aziende ospedaliere versano;

          un esempio significativo di tali condizioni è l'azienda ospedaliera universitaria «San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona» di Salerno, nella quale il citato stato di precarietà sembra la regola nel modo in cui vengono gestiti ruoli cruciali per il buon funzionamento del nosocomio con un'innegabile ricaduta sui cittadini, sugli assistiti e anche sugli studenti di medicina, trattandosi appunto di un'azienda ospedaliera «universitaria»;

          in questa situazione è attualmente in costruzione nella città di Salerno un nuovo plesso ospedaliero quale sede della citata azienda ospedaliera universitaria nonché del prestigioso dipartimento di medicina dell'università di Salerno che da qualche anno cerca di riportare lustro alla sanità salernitana;

          si tratta di una prospettiva importante che, oltre a una struttura adeguata per il ruolo e per il compito che andrebbe a svolgere sul territorio, si auspica che possa far ambire all'efficienza e al rispetto delle regole;

          attualmente, purtroppo, la gestione dell'ospedale sembra ispirata a ben altri principi;

          elemento cardine della funzionalità e della produttività di un'amministrazione pubblica sono l'attenta selezione su base meritocratica delle figure dirigenziali;

          nell'azienda ospedaliera universitaria «San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona», l'attuale direttore sanitario occupa la posizione dirigenziale, quale facente funzione;

          il direttore generale, Giuseppe Longo, non ha ancora bandito un concorso per tale posizione al fine di garantire qualità e stabilità alla gestione dell'ospedale;

          viceversa, quando i concorsi vengono regolarmente svolti, lo stesso direttore generale Longo non provvede da oltre un anno alla nomina del legittimo vincitore;

          per quanto riguarda l'unità operativa complessa di anestesia e rianimazione della medesima azienda la situazione è emblematica, visto che il concorso è stato bandito nel maggio 2017 ed espletato a gennaio 2018, senza che, ad oggi, a quanto risulta agli interpellanti ovvero ad oltre un anno dalla conclusione delle operazioni concorsuali, si sia proceduto alla nomina del primario da parte del direttore generale Longo;

          al primo posto della terna di idonei è risultata la professoressa di anestesiologia del dipartimento di medicina presso la medesima azienda ospedaliera universitaria, con grave ed evidente pregiudizio per gli studenti e per gli assistiti nonché per il personale sanitario guidato da anni da una figura dirigenziale «precaria»;

          non vi sono motivazioni per tale mancata nomina;

          la professoressa associata, posizionatasi prima fra gli idonei, è già abilitata a professore ordinario (e unico docente) di anestesia del dipartimento di medicina di Salerno e alla stessa è stato attribuito, al momento del pensionamento del precedente primario, anche il primariato di anestesia a Cava de’ Tirreni, plesso minore ma sempre di pertinenza dell'azienda ospedaliera universitaria «San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona» di Salerno, ove la professoressa, oltre all'attività sanitaria, svolge quella didattica purtroppo con mezzi inadeguati e scarse risorse;

          nonostante l'esito del concorso, il direttore generale Giuseppe Longo, allo stato, a giudizio degli interpellanti senza alcun valido motivo, non procede a nominare il primario dell'unità operativa complessa di anestesia e rianimazione dell'azienda ospedaliera universitaria «San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona» di Salerno –:

          se il Ministro interpellato sia a conoscenza della questione illustrata in premessa;

          se e quali iniziative il Ministro interpellato, per quanto di competenza e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, intenda adottare per evitare quelli che a giudizio degli interpellanti risultano essere atti che nascondono dannosi personalismi che potrebbero danneggiare gravemente un importantissimo e alquanto delicato servizio reso ai cittadini nella sanità pubblica.
(2-00250) «Vitiello, Schullian».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          un «medicinale parallelo» è un prodotto (certificato dall'Aifa) commercializzato dalla stessa industria farmaceutica in altri Paesi e immesso in commercio parallelamente alla rete distributiva del fabbricante o del suo concessionario sul suolo nazionale;

          la differenza consiste nel confezionamento secondario (etichetta, astuccio) che viene adattato alla normativa italiana attraverso officine certificate dall'Aifa;

          il medicinale importato – infine – non va confuso con il farmaco generico, che è prodotto sulla base di un brevetto scaduto e con l'originale ha in comune solamente il principio attivo ma non la formulazione;

          le importazioni parallele dei medicinali sono libere e legali tra i Paesi dello Spazio economico europeo (See); esse rappresentano una conseguenza diretta del mercato unico e della differenza dei prezzi praticati negli Stati membri;

          l'importazione dei medicinali rientra tra le cosiddette attività di arbitraggio: le aziende farmaceutiche, attraverso le locali agenzie del farmaco, contrattano il prezzo dei medicinali secondo le procedure del sistema sanitario del proprio Paese;

          uno Stato membro di destinazione può vietare o limitare le importazioni parallele, purché dimostri che le eventuali misure limitative, necessarie e adeguate, siano davvero finalizzate alla tutela della salute e della vita delle persone;

          lo sviluppo del mercato parallelo dei medicinali, oltre a mettere a disposizione fonti di approvvigionamento alternative in caso di carenze sul mercato nazionale, offre numerosi vantaggi di natura competitiva, ovvero: un abbassamento generale dei prezzi di vendita e una concorrenza leale fra i vari operatori del settore. In aggiunta, vi sono benefìci attraverso meccanismi di compensazione per il finanziamento del deficit del sistema sanitario nazionale e risparmi per i consumatori di medicinali importati di fascia C attraverso accordi negoziati;

          il mercato dell’import parallelo europeo è valutato 5,5 miliardi di euro l'anno su un totale mondiale di 120 miliardi; in Italia si attesta intorno ai 120 milioni di euro, circa lo 0,9 per cento del mercato brand e coinvolge 15 aziende con 350 unità: numeri minimi rispetto alle potenzialità, che non generano quel meccanismo virtuoso generato in Paesi come la Danimarca (25 per cento del mercato) o la Germania (8 per cento del mercato);

          l'importazione di un medicinale (anche detta «importazione parallela») si fonda sull'articolo 28 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. L'attività è diretta conseguenza della libera circolazione delle merci e della variabilità dei prezzi praticati nei Paesi dello Spazio economico europeo (Unione europea, Norvegia e Islanda);

          sono 1.556 i farmaci carenti in Italia, secondo l'elenco pubblicato il 28 giugno 2018 dall'Aifa: di questi, 410 non hanno alternative equivalenti;

          il decreto-legge n. 158 del 2012, cosiddetto decreto Balduzzi, convertito dalla legge n. 189 del 2012, all'articolo 12, comma 6, rinnova le modalità di contrattazione del prezzo di tutti i medicinali presenti sul mercato: brand, generici e paralleli, ma la normativa non risponde in modo efficace agli atti di indirizzo europei e non aiuta il potenziale del settore ad esprimersi;

          la carenza di norme sembra danneggiare la qualità del mercato farmaceutico nazionale, dal momento che un maggior ricorso alle importazioni genererebbe pressione competitiva volta all'abbassamento dei prezzi, alla concorrenza tra operatori, a minore speculazione, a più spazi di mercato con più occupazione, a un risparmio per il servizio sanitario nazionale per lo stesso consumatore finale –:

          se non ritenga di adottare, in relazione al settore di cui in premessa, iniziative finalizzate allo snellimento delle procedure di rilascio delle autorizzazioni e dei relativi tempi, alla ridefinizione delle modalità di trattativa sui prezzi e all'armonizzazione della legislazione nazionale con quella di altri Paesi europei, come la Germania, rafforzando al contempo i controlli sulle esportazioni di prodotti a rischio di carenza.
(5-01326)

Interrogazione a risposta scritta:


      LACARRA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          l'Aifa è l'autorità nazionale competente per l'attività regolatrice dei farmaci in Italia; è un ente di diritto pubblico che opera, in base ai principi di legalità, imparzialità e trasparenza, con criteri di efficienza, economicità ed efficacia, secondo l'indirizzo del Ministero della salute, sotto la vigilanza di quest'ultimo e del Ministero dell'economia e delle finanze;

          l'Aifa primariamente provvede alla registrazione dei farmaci, mediante procedure che assicurino tempestività, trasparenza e tracciabilità a tutto l’iter, garantendo l'unitarietà all'assistenza farmaceutica nel territorio nazionale e l'universale accesso ai farmaci;

          l'organizzazione e il funzionamento sono regolati dal decreto ministeriale 20 settembre 2004, n. 245, il cui articolo 4 stabilisce che: «1. L'Agenzia è sottoposta alle attività di indirizzo del Ministro della salute. 2. Il Ministro della salute, in particolare: a) nomina con proprio decreto gli organi dell'Agenzia secondo quanto previsto dal comma 4, lettere a), b), c) dell'articolo 48 della legge di riferimento (...); b) definisce gli indirizzi e le priorità dell'Agenzia, mediante apposite direttive generali contenenti l'indicazione degli obiettivi da raggiungere e le eventuali attività specifiche da intraprendere, trasmettendoli alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province Autonome (di seguito denominata Conferenza Stato-Regioni) (...)»;

          l'articolo 6 statuisce che: «1. Il Consiglio di amministrazione (...) è composto da un Presidente designato dal Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, e da quattro componenti, di cui due designati dal Ministro della salute e due dalla predetta Conferenza, tutti scelti tra persone di comprovata esperienza in materia sanitaria»;

          il 24 agosto 2018 il dottor Stefano Vella, presidente del Consiglio di amministrazione, rassegnava le dimissioni, in polemica con il Governo sul tema dei migranti;

          inoltre, a seguito dell'invito del Ministro della salute a partecipare a una manifestazione di interesse per ricoprire l'incarico di direttore generale, dopo la selezione tra 93 curriculum, il dottor Luca Li Bassi era proposto alla Conferenza Stato-regioni come direttore generale dell'Aifa e, dopo il previsto parere, non vincolante, della Conferenza, il Ministro procedeva alla sua nomina;

          per la nomina del presidente del Consiglio di amministrazione, secondo una prassi instaurata dal precedente Ministro, la Conferenza Stato-regioni avrebbe dovuto inviare al Ministro una terna di nominativi di personalità del mondo scientifico, altamente qualificate nel settore della salute e del farmaco;

          il consiglio di amministrazione dell'Aifa, attualmente ancora acefalo, vede oggi al suo interno due componenti designati dal Ministro della salute e due designati dalla Conferenza Stato-regioni, nelle persone degli assessori regionali dell'Emilia-Romagna e della Lombardia;

          nonostante numerose sedute della Conferenza Stato-regioni, dopo ben cinque mesi, non si è ancora giunti, alla selezione di una terna di nominativi di personalità altamente qualificate nel settore della salute e del farmaco, seppure siano numerosi e gravi i problemi aperti che l'Agenzia deve affrontare: l'immissione in commercio di costosi farmaci innovativi, il pay-back farmaceutico degli ultimi 6 anni, la governance del farmaco in collegamento col tavolo tecnico istituito presso il Ministero della salute ed il Ministero dell'economia e delle finanze, il controllo della spesa delle regioni per i farmaci, cronicamente in rosso –:

          se il Ministro interrogato intenda dare impulso alle procedure per la nomina del presidente del Consiglio di amministrazione dell'Aifa, richiedendo alla Conferenza Stato-regioni la terna di nominativi all'interno della quale esercitare il suo potere di nomina.
(4-02111)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


      MORETTO e CENNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          quella «geotermica» è una forma di energia naturale che trova origine dal calore della terra e, tra le energie rinnovabili, ha un valore aggiunto che condivide soltanto con l'idroelettrico: la continuità della produzione. La geotermia, quindi, può essere intesa come un elemento importante per la green economy e un sostegno significativo per sviluppare politiche low carbon;

          lo sviluppo corretto della geotermia porta con sé inoltre non solo benefici ambientali, contribuendo in maniera importante alla lotta contro i cambiamenti climatici, ma offre anche importanti occasioni per la creazione di nuovi posti di lavoro;

          l'Italia è il Paese dove l'energia geotermica è stata sfruttata per la prima vota a fini industriali. Il nostro Paese è infatti uno dei principali produttori di energia geotermica a livello mondiale;

          da quanto si apprende da fonti stampa nell'ultimo decreto sugli incentivi alle energie rinnovabili (denominato Fer 1) non sarebbero stati inseriti i fluidi geotermici a media ed alta entalpia (di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 22 dell'11 febbraio 2010 e successive modificazioni);

          il 20 dicembre 2018 la Conferenza unificata ha espresso parere negativo allo schema di decreto Fer 1, in particolare per quanto riguarda la mancanza di adeguate agevolazioni per il settore geotermico e quello idroelettrico;

          tra gli operatori del settore, le associazioni categoria e le numerose comunità dove tali impianti sono presenti, è forte l'allarme rispetto alle ricadute negative per lo sviluppo economico, occupazionale e sociale locale che potrebbe causare la mancanza degli incentivi;

          tali indirizzi sono stati confermati dal Viceministro dello sviluppo economico nella risposta alla interrogazione a risposta immediata in Commissione attività produttive della Camera n. 5/01184 resa in data 9 gennaio 2019, nel corso della quale il Governo ha fatto riferimento, rispetto agli incentivi previsti nell'ambito dell'elaborazione del «Fer 2», alla geotermia tradizionale riferita solitamente agli impianti ad alta entalpia (di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 22 dell'11 febbraio 2010), ma non alla citata geotermia a media e bassa entalpia –:

          se nel decreto ministeriale «Fer 2» verranno inseriti appositi incentivi riservati agli impianti con fluidi geotermici a media ed alta entalpia, di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 22 dell'11 febbraio 2010.
(5-01328)


      ORRICO e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          con delibera del Cipe n. 91 del 2000 al fine di promuovere l'internazionalizzazione del sistema delle imprese è stato completato l’iter relativo alla costituzione a livello regionale degli «sportelli regionali per l'internazionalizzazione del sistema delle imprese»;

          la regione Calabria ha istituito lo sportello «Sprint», così come risulta anche dall'elenco pubblicato sul sito del Ministero dello sviluppo economico, nonché sul portale istituzionale della regione Calabria all'indirizzo http://sprint.regione.calabria.it;

          tale sportello, secondo quanto previsto nella apposita «Carta/Servizi» rintracciabile sul sito istituzionale della regione dovrebbe, gratuitamente, orientare, assistere e fornire consulenza, nonché strumenti e informazioni alle imprese operanti in Calabria che vogliano affacciarsi ai mercati internazionali;

          secondo notizie in possesso degli interroganti lo sportello «Sprint», formalmente costituito ed esistente negli atti, di fatto non opera, ovvero è impossibile accedervi sia a mezzo degli indirizzi di posta elettronica pubblicati, sia a mezzo del canale telefonico pubblicizzato;

          dei siti internet indicati quali «strumenti dello sportello Sprint», uno, www.calabriainternazionale.it, risulta irraggiungibile, l'altro, www.sprintcalabria.it, è redatto in lingua spagnola e tratta argomenti totalmente avulsi dalla scopo per cui è stato creato lo strumento;

          il Ministero dello sviluppo economico ha finanziato gli sportelli «Sprint» attraverso accordi di programma. In particolare, le Convenzioni operative, concluse tra Ice e la singola regione, hanno previsto un appostamento di fondi per le spese relative alla promozione dello sportello nel territorio ed alla formazione del personale che opera al suo interno, così come indicato nella pubblicazione «politiche e strumenti per l'internazionalizzazione delle imprese», a cura del Ministero dello sviluppo economico –:

          quali iniziative di competenza intenda intraprendere per verificare l'effettiva attuazione e funzionamento dello sportello «Sprint» della regione Calabria e gli investimenti in esso impiegati vigilando sulle attività e sugli strumenti messi in atto per supportare l'internazionalizzazione delle imprese attraverso l'impiego non solo di risorse economiche e strategie adeguate ma anche di risorse umane che abbiano competenze nel settore.
(5-01329)


      SQUERI e BARELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          tra i principali Paesi dell'Unione europea, l'Italia ha la percentuale più elevata di fonti rinnovabili nel mix elettrico di produzione (37 per cento). In tale mix, l'idroelettrico apporta il 14 per cento del totale, una percentuale superiore a fotovoltaico (9 per cento) ed eolico (6 per cento);

          il valore di questa risorsa non risiede solo nella notevole potenza installata, ma anche nella flessibilità e continuità di esercizio, fondamentale per la sicurezza delle reti e per i servizi di bilanciamento;

          non essendo ancora pubblicati i dati di dicembre 2018 del gestore dei servizi energetici, dai dati ENTSO-E risulta che nel 2018 la produzione nazionale dovrebbe aver sfiorato i 50 TWh;

          in tema di idroelettrico la strategia energetica nazionale (Sen) 2017 prevedeva «... di favorire i rifacimenti (repowering/revamping)» «con progetti innovativi nei grandi impianti esistenti, che potrebbero aumentare la produzione a costi relativamente contenuti...»;

          la Sen 2017 prevedeva, trattandosi di impianti con elevata anzianità di esercizio, di definire regole che consentissero di avviare rapidamente nuovi investimenti, per poter avere una significativa produzione aggiuntiva al 2030 (pagina 82);

          il piano energia clima, inviato nei giorni scorsi a Bruxelles, modifica questa impostazione, in quanto, pur prevedendo che, in sede di rinnovo delle concessioni si privilegerà la riqualificazione degli impianti idroelettrici, al fine di assicurare la capacità utile di invaso e aumentarne la producibilità, tuttavia stabilisce tra gli obiettivi al 2030 del settore elettrico una crescita contenuta della potenza idroelettrica, la triplicazione di quella fotovoltaica e il raddoppio di quella eolica (pagina 46 del piano);

          scompare di fatto l'idea di sostegno nazionale agli investimenti di repowering e all'aumento della capacità degli invasi, demandando tali attività ai nuovi concessionari; quanto agli stoccaggi, si parla di «ottimizzare l'impiego degli stoccaggi idroelettrici esistenti»;

          secondo lo studio Rse «Energia elettrica, anatomia dei costi» 2016 la produttività idro elettrica si è dimezzata in 50 anni per «interramento dei serbatoi e invecchiamento delle infrastrutture»; secondo il consorzio di ricerca eStorage la capacità di hydrostorage è di circa 8 TWh l'anno, ma ormai da molti anni se ne usa solo intorno ai 2 TWh l'anno, pur avendo una potenzialità di 56 TWh –:

          se non ritenga opportuno adottare iniziative per rivalutare le potenzialità dell'idroelettrico e degli stoccaggi, predisponendo adeguati interventi nazionali, al fine di raggiungere gli obiettivi del piano energia-clima al 2030, senza gravare oltremodo i consumatori finali di energia elettrica del peso di una incentivazione alle fonti rinnovabili che si prevede rilevante.
(5-01330)


      SALTAMARTINI, CAPARVI, MARCHETTI, ANDREUZZA, BAZZARO, BINELLI, COLLA, DARA, PATASSINI, PETTAZZI e PIASTRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          nel 2018 la Treofan Holdings è stata ceduta dalla Management & Capitali di Carlo De Benedetti alla Jindal Films Europe per soli 500.000 euro, a condizione di effettuare investimenti finanziari fino al 2020;

          i primi segnali di preoccupazione risalgono a fine novembre 2018 quando, a fronte di una normale contrazione degli ordini, venivano privilegiati lo stabilimento tedesco di Treofan e quello brindisino di Jindal, bloccando una linea di produzione allo stabilimento di Terni. Quest'ultimo rappresenta un sito strategico per la Treofan, in quanto può produrre un'ampia gamma di prodotti che coprono la quasi totalità del portafoglio aziendale. Negli ultimi dieci anni, peraltro, tale stabilimento è stato interessato da tre ristrutturazioni che hanno migliorato gli standard produttivi, consentendo la chiusura in attivo dei bilanci consolidati degli ultimi 4 anni della Treofan Italy;

          a fronte delle indiscrezioni sul futuro degli stabilimenti italiani della Treofan, il 21 dicembre 2018, veniva convocato un tavolo al Ministero dello sviluppo economico quale Jindal non partecipava, dichiarandosi però disponibile ad un incontro a fine gennaio 2019 e impegnandosi a non assumere decisioni strutturali sulla produzione italiana. A tale nota seguivano le dimissioni dell'intero consiglio di amministrazione della Treofan Italy;

          l'8 gennaio 2019, dopo l'improvviso blocco della produzione a Battipaglia, si è tenuto al Ministero dello sviluppo economico il primo tavolo di crisi con i rappresentanti dell'azienda, gli enti locali e le organizzazioni sindacali. Durante l'incontro il Ministero ha ribadito l'importanza degli stabilimenti di Battipaglia e Terni ai fini della regolare acquisizione da parte di Jindal e quest'ultima ha rinviato alla successiva riunione l'illustrazione del piano industriale sul futuro delle due strutture;

          il 24 gennaio 2019 Jindal non si presentava al tavolo convocato dal Ministero dello sviluppo economico contemporaneamente comunicava alle organizzazioni sindacali di Battipaglia la cessazione della produzione e la chiusura dello stabilimento. Nell'apprendere tale decisione, il Ministero dello sviluppo economico ha denunciato possibili speculazioni da parte del gruppo Jindal, chiamando in causa Consob e Antitrust, ed ha convocato per il 28 gennaio 2019 l'ambasciatrice indiana a Roma per riferire circa le intenzioni di Jindal sul futuro degli stabilimenti italiani –:

          quali iniziative intenda adottare per rilanciare gli stabilimenti di Battipaglia e Terni e, con essi, un intero indotto siderurgico capace di realizzare un fatturato di 18 miliardi di dollari e conquistare la leadership nel settore dei prodotti e dei servizi complementari per l'energia, i gas industriali, il minerario e la logistica portuale.
(5-01331)

Apposizione di una firma ad una mozione.

      La mozione Delrio e altri n. 1-00104, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Toccafondi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Alaimo e Macina n. 4-02055, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Varrica.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Schullian e altri n. 5-01310, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gallinella.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

          interrogazione a risposta scritta Schullian n. 4-01885 del 18 dicembre 2018;

          interpellanza Magi n. 2-00225 del 16 gennaio 2019;

          interpellanza Zolezzi n. 2-00239 del 23 gennaio 2019.