XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 5 febbraio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


      La XIII Commissione,

          premesso che:

              il regolamento (CE) n. 1760/2000 istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e di etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine;

              scopo del suddetto regolamento era quello di dare stabilità al mercato delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine a seguito della crisi dell'encefalopatia spongiforme bovina, cosiddetto «morbo della mucca pazza», migliorando la trasparenza in merito alle condizioni di produzione e commercializzazione di tali prodotti, in particolare per quanto attiene alla rintracciabilità;

              il regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori ha realizzato un riassetto della normativa previgente e consolidato in un unico testo le norme di carattere generale sulla pubblicità, sull'etichettatura, sull'indicazione degli allergeni e sull'etichettatura nutrizionale. Inoltre, ha reso obbligatoria per il produttore/allevatore l'indicazione di origine per le carni fresche suine, ovine, caprine e di volatili;

              dal 1° aprile 2015 è divenuto, quindi, obbligatorio in tutti i Paesi europei indicare in etichetta l'origine delle carni fresche, refrigerate o congelate suine, ovine, caprine e di volatili. In etichetta, dunque, si trova indicato il luogo dell'allevamento e della macellazione, mentre l'indicazione dell'origine è su base volontaria, se la carne è ottenuta da animali nati, allevati e macellati nello stesso Paese;

              a tutt'oggi resta ancora esclusa dall'obbligo di etichettatura d'origine, oltre alla carne di cavallo, anche quella di coniglio, il cui consumo è molto diffuso a livello nazionale. Obbligo che, invece, potrebbe garantire una maggiore trasparenza sul luogo di nascita, allevamento e macellazione nonché una migliore tutela per gli allevamenti italiani e per i consumatori;

              le informazioni sugli alimenti devono essere precise, chiare e facilmente comprensibili per il consumatore. L'adozione di un sistema di etichettatura corretto e trasparente appare fondamentale per valorizzare la produzione nazionale, consentire scelte di acquisto consapevoli ai consumatori, dare maggiore sicurezza sui prodotti e tutelare la salute dei cittadini, del territorio, dell'economia e dell'occupazione;

              questo vulnus normativo va colmato il prima possibile, in quanto sono centinaia le aziende molto importanti – alcune anche molto grandi per numero di capi allevati, per capannoni, per investimenti e per impiego di manodopera, soprattutto nel territorio emiliano-romagnolo – che soffrono l'ingerenza nel mercato cunicolo nazionale di carni e prodotti derivati, a prezzi irrisori, provenienti da altri Paesi europei ed extraeuropei. Infatti, sul territorio italiano arrivano stabilmente massicce importazioni di conigli dall'estero, soprattutto dalla Francia e Ungheria, andando ad appesantire il mercato e condizionando negativamente le quotazioni spesso al di sotto dei costi produttivi;

              negli ultimi anni le importazioni italiane hanno subito una trasformazione: quelle dalla Germania, che non è un Paese produttore, sono passate dal 10,6 al 41,3 per cento, superando le esportazioni spagnole e francesi. Il volume delle importazioni dalla sola Germania è di duemila tonnellate l'anno, mentre ci sono dubbi sulla provenienza di conigli (congelati o refrigerati) da altre zone europee o extraeuropee. Tanto è vero che è stata anche denunciata la presenza di un «mercato parallelo» d'importazione dei conigli da Paesi extraeuropei, in particolare dalla Cina: oltre 100 mila conigli alla settimana, dei quali oltre il 60 per cento è rappresentato da prodotti congelati. Sul mercato italiano, in sofferenza anche per fenomeni di dumping, il rischio è che arrivi carne di coniglio di bassa qualità;

              l'indicazione dell'origine dei prodotti è fondamentale sia per la sicurezza che per il diritto all'informazione dei consumatori ma anche per le esigenze in materia di benessere animale. Non si deve dimenticare che il 96,5 per cento dei consumatori italiani ritiene necessario che l'origine degli alimenti debba essere scritta in modo chiaro e leggibile nell'etichetta,

impegna il Governo:

          1) ad attivarsi nelle opportune sedi europee per l'inserimento, nella normativa dell'Unione, dell'obbligo di etichettatura di origine per le carni di coniglio e per i prodotti trasformati a base di coniglio, sia intero che porzionato, oltre a quello di allevamento e di macellazione, così come previsto per le carni fresche bovine, suine, ovine, caprine e di volatili, al fine di salvaguardare un comparto importante della zootecnia nazionale e garantire una maggior certezza giuridica a tutti gli operatori della filiera e una corretta informazione ai consumatori;

          2) a porre in essere ogni iniziativa possibile e utile per tutelare gli allevatori e i produttori attraverso la valorizzazione del prodotto cunicolo che si caratterizza per una qualità superiore rispetto a quella di altre nazioni produttrici e per sostenere la filiera con campagne promozionali alla stregua di altri prodotti made in Italy.
(7-00170) «Golinelli, Viviani, Bubisutti, Coin, Gastaldi, Liuni, Lolini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

          la giovane agente di polizia penitenziaria recentemente scomparsa Sissy Trovato Mazza, veniva ferita gravemente il 1° novembre 2016 da un colpo di pistola nell'ascensore del reparto di pediatria dell'Ospedale civile di Venezia, dove si trovava per servizio, iniziando così un calvario durato ben due anni;

          di quel tragico episodio, incautamente catalogato inizialmente come suicidio, le indagini condotte sino ad oggi non sono ancora riuscite a chiarire chi le abbia sparato, né quale fosse il movente;

          le ultime rivelazioni trapelate dagli organi di stampa ed il clima teso di una vicenda che getta scredito e sfiducia su alcune componenti dello Stato, che avrebbero dovuto conoscere fatti a circostanze denunciate dalla vittima, impongono urgenti riflessioni ed azioni immediate;

          lo sconforto ed il dolore dei familiari dell'agente Sissy Trovato Mazza, che dall'accadimento delittuoso hanno incessantemente cercato interlocutori istituzionali a cui affidare sospetti e preoccupazioni del caso, meritano oggi il dovuto rispetto e la conoscenza della verità sui tristi eventi di cui l'adorata figlia è rimasta vittima;

          l'accertamento dei reali fatti risulta essere maggiormente doveroso nell'interesse proprio delle istituzioni coinvolte che, nell'agire quotidiano a difesa dei diritti e della sicurezza dei cittadini, non possono privarsi della fiducia, o parte della stessa, che il Paese in essi deve riporre;

          è necessario quindi fare piena luce su un episodio che ha colpito un rappresentante dello Stato, coraggioso ed integerrimo, la cui sofferenza ed agonia patita nei due anni di incessanti cure ed attenzioni mediche, rappresenta il più alto dei sacrifici compiuti verso il proprio Paese;

          appare poi necessario secondo gli interpellanti chiarire se vi siano stati profili di incompatibilità nella conduzione delle indagini da parte della procura di Venezia –:

          quali iniziative di competenza si intendano assumere, affinché sia fatta piena luce sugli inquietanti episodi esposti in premessa, anche attraverso l'attivazione di iniziative ispettive, presso la procura di Venezia, e affinché la stessa procura possa disporre delle risorse necessarie, al fine di giungere alla verità e determinare con assoluta certezza i fatti accaduti alla vittima.
(2-00257) «Cannizzaro, Occhiuto».

Interrogazioni a risposta orale:


      ANZALDI e MICELI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          in data 30 gennaio 2019, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte davanti a una platea di industriali milanesi ha testualmente affermato, come riportato dagli organi di informazione, che: «Probabilmente domattina potrebbe uscire una nuova rilevazione Istat con una contrazione del Pil nel quarto trimestre»;

          tale anticipazione inusuale è avvenuta proprio in prossimità della chiusura dei mercati e in coincidenza con il «via libera» nella stessa giornata da parte delle commissioni competenti alla nomina di Gian Carlo Blangiardo alla presidenza dell'Istat, nomina che ha sollevato non poche polemiche;

          si conferma quella che appare agli interroganti una strana attitudine del Presidente del Consiglio a «giocare» con annunci che hanno riflessi economici sui mercati;

          sorgono molti dubbi su come sia stato possibile che un istituto indipendente come l'Istat abbia fornito informazioni al Presidente del Consiglio;

          si ricorda come nel giugno 2018 il Vice Ministro dell'economia e delle finanze, Laura Castelli, nel rilasciare un comunicato stampa su un incontro con l'allora presidente dell'Istat, avesse testualmente affermato che l'incontro era avvenuto: «per fare il punto sulla sinergia necessaria da mettere in atto con la politica per il raggiungimento degli obiettivi di governo», suscitando preoccupazioni e proteste –:

          come sia stato possibile per il Presidente del Consiglio avere in anticipo le informazioni sui dati dell'Istat che avrebbero dovuto essere resi noti solo all'indomani mattina, considerato che la rivelazione di tali informazioni potrebbe avere avuto influenze su possibili operazioni speculative di mercato, con ciò minando la credibilità dell'Istituto nazionale di statistica e dello stesso Paese e confermando, a giudizio degli interroganti, una violazione del diritto dell'Unione europea che stabilisce che gli istituti nazionali di statistica debbano essere totalmente e pienamente indipendenti.
(3-00499)


      MANCINI e MARTINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il 30 ottobre 2018 veniva effettuato da parte della UOT del municipio Roma XI, della polizia locale XI gruppo Marconi e dai vigili del fuoco un sopralluogo presso il ponte – cosiddetto «ponticello» – sito in Roma, via C. Sabbadino, altezza civico 163 (quartiere Piana del Sole, con circa 5.000 abitanti), lungo circa due metri;

          nell'occasione veniva riscontrato il cedimento dei parapetti laterali del ponte che, pertanto, con verbale redatto dai vigili del fuoco, veniva chiuso al traffico con pedissequa denuncia a carico di ignoti;

          il ponte è attraversato da ben due linee Atac: linea 701 e 701L, al momento deviate. La chiusura, inoltre, limita l'accesso alla stazione ferroviaria Nuova Fiera di Roma/Piana del Sole;

          il quartiere Piana del Sole insiste in un'area a forte rischio idrogeologico e, in questo contesto, via C. Sabbadino – direzione grande raccordo anulare, rappresenta formalmente la via di fuga verso l'autostrada Roma/Fiumicino (A91), giusto piano di evacuazione della protezione civile della regione Lazio e di Roma Capitale;

          il «ponticello» è in esercizio dal 1927 – nasce infatti come ponte agricolo – e non è in gestione all'amministrazione di Roma Capitale o del municipio Roma XI;

          sono state effettuate, tuttavia, da parte dell'amministrazione municipale, verifiche strutturali presso il ponte – come da determinazione dirigenziale della direzione tecnica del municipio Roma XI, numero di protocollo CP/173429/2018 del 20 dicembre 2018 – dalle quali è emerso che il ponte risulta non più idoneo ad ottemperare alle funzioni di pubblica sicurezza sopra richiamate;

          le strade limitrofe sono attualmente parimenti inadeguate;

          la chiusura del «ponticello», inoltre, sta creando enormi disagi sia alla cittadinanza – in entrata e in uscita dal quartiere Piana del Sole – che alle attività produttive della zona, ingenerando forti ripercussioni e danni economici all'intero quadrante;

          la strada, designata come via di fuga dal succitato piano di evacuazione, riveste una particolare importanza per l'ordine e la sicurezza dei cittadini in una zona particolarmente esposta al rischio di esondazioni –:

          se il Presidente del Consiglio dei ministri, nell'ambito delle sue competenze in materia di protezione civile, sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative urgenti intenda intraprendere, per quanto di competenza, anche alla luce dell'importanza della via C. Sabbadino per la sicurezza dei cittadini e dell'area tutta;

          se e quali iniziative e/o strumenti, anche di medio e lungo periodo, il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per evitare il persistere della predetta situazione a tutela dell'incolumità pubblica e per garantire una sicura circolazione nell'area in questione.
(3-00501)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      PAITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          il decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130, recante disposizioni urgenti per la città di Genova a seguito del crollo del «ponte Morandi» avvenuto in data 14 agosto 2018, all'articolo 8, prevede che nel territorio della città metropolitana di Genova venga istituita una zona franca urbana il cui ambito territoriale è definito con provvedimento del commissario delegato, sentiti la regione Liguria e il comune di Genova;

          in base a questa norma le imprese che hanno la sede principale o una sede operativa all'interno della zona franca e che hanno subito, a causa dell'evento, una riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento nel periodo dal 14 agosto 2018 al 30 settembre 2018, rispetto al valore mediano del corrispondente periodo del triennio 2015-2017, possono richiedere, ai fini della prosecuzione delle proprie attività nel comune di Genova, una serie di agevolazioni che sono declinate nel provvedimento;

          si evidenzia che, a tale scopo, sono stati stanziati 10 milioni di euro per l'anno 2018 e 100 milioni di euro per il biennio successivo;

          tuttavia, per essere operative le richiamate misure avrebbero bisogno di una circolare esplicativa da parte del Ministero dello sviluppo economico;

          stesso discorso vale per l'articolo 4 della stessa legge riguardante il sostegno a favore delle imprese danneggiate in conseguenza dell'evento;

          a distanza di tre mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione e di 5 mesi dalla emanazione del decreto-legge che già prevedeva l'istituzione della zona franca urbana il Ministero dello sviluppo economico non ha ancora provveduto ad emanare la prevista circolare, determinando una situazione di stallo per l'economia genovese e ligure come si evidenzia anche dalle proteste e dalle sollecitazioni del mondo economico e sindacale del territorio;

          proprio in riferimento alle questioni riguardanti la piena operatività delle misure previste dalla legge n. 130 del 2018 come riportato anche da un articolo d'inchiesta pubblicato dal Corriere della Sera in data 4 febbraio 2019 si evidenzia come si sia in attesa per la città di Genova di ben 40 provvedimenti attuativi che ancora non sono stati emanati;

          tale ritardo sta impattando negativamente sulla città e sull'economia che gravita intorno al principale porto italiano e che come è facilmente intuibile ha ripercussioni su tutto il tessuto economico e produttivo nazionale;

          se a ciò si aggiungono le note lacune già emerse in sede di conversione in legge del decreto-legge n. 109 del 2018 come, ad esempio, l'assenza di misure per cittadini e imprese della cosiddetta «zona arancione» priva di qualsiasi forma di tutela, nonostante gli evidenti disagi aggravati anche in ragione della prossima demolizione dei resti del manufatto, il quadro complessivo mostra un evidente livello di criticità che richiede interventi urgenti da parte dei soggetti competenti;

          si evidenzia come sia stata grave la mancata previsione di una misura di sospensione dei tributi che comporta, come conseguenza, un ulteriore aggravio di incertezze per la comunità genovese colpita dal crollo del Ponte –:

          quali siano le ragioni dell'attuale ritardo da parte del Governo per quanto concerne l'emanazione dei decreti attuativi riguardanti il complesso delle misure di cui al decreto-legge n. 109 del 2018 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 130 del 2018 in particolare con riferimento a quelli richiamati in premessa e se il Governo non intenda adoperarsi per velocizzare il loro iter, come richiesto dalle forze economiche e sociali della città e della Liguria, e in quali tempi e con quale modalità intenda far fronte alle necessità di adottare un'apposita iniziativa per la sospensione dei tributi.
(5-01390)


      FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il Presidente del Consiglio dei ministri, nel corso della sua visita a Locri il 23 novembre 2018, ha dichiarato: «L'altra emergenza è la sanità, l'ospedale di Locri, anche su questo dovremo fornire risposte»;

          da notizie di stampa si apprende che il 2 febbraio 2019 l'unico ascensore funzionante nell'ala nord dell'ospedale di Locri è andato in avaria per la terza volta in due settimane;

          in ragione dell'assenza di ascensori funzionanti i pazienti che necessitavano di trasferimento da un piano all'altro sono stati condotti a braccio lungo le rampe di scale;

          tale episodio è solo l'ultimo di una lunga serie di casi di malasanità e di disservizi che interessano il presidio ospedaliero locrese già oggetto, in passato, di procedimenti penali avviati dalla competente procura della Repubblica e, nei giorni scorsi, di un nuovo sopralluogo da parte dei Nas dei carabinieri a seguito del decesso di un paziente;

          tutti i cittadini, ancor più in un momento di difficoltà quale quello rappresentato dalla necessità di cure mediche, meritano rispetto e devono essere tutelati dallo Stato;

          nel mese di luglio 2018 l'Asp di Reggio Calabria, dalla quale dipende l'ospedale di Locri, è stata destinataria di un provvedimento di accesso antimafia disposto dal prefetto di Reggio Calabria per accertare l'eventuale presenza di infiltrazioni o condizionamenti da parte della ’ndrangheta –:

          quali iniziative urgenti intendano adottare, per quanto di competenza e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, per garantire ai cittadini della Locride il diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività;

          quali «risposte» intenda dare il Governo, per quanto di competenza, alla situazione, a giudizio dell'interrogante vergognosa, in cui versa l'ospedale di Locri e, in generale, tutta la sanità calabrese;

          se nel corso dell'accesso antimafia siano emerse infiltrazioni mafiose presso l'Asp di Reggio Calabria e se le stesse siano in qualche modo collegate con la pessima gestione dell'ospedale di Locri.
(5-01391)

Interrogazioni a risposta scritta:


      FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          secondo l'agenzia AdnKronos, il logo dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia (Anpi), sarà presente sulla locandina di una manifestazione «negazionista» intitolata «Foibe e Fascismo 2019» in programma il 10 febbraio 2019 al Cinema Astra di Parma. A patrocinare l'evento, cui prenderanno parte relatori già finiti al centro di accese polemiche per le assurdità delle tesi espresse, vi sarebbe – tra gli altri – anche l'Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti (Anppia);

          se non bastasse l'impostazione dell'iniziativa ad offendere la memoria di migliaia di Italiani vilmente assassinati dai partigiani di Tito e non, con spregio per il dolore delle loro famiglie, è annunciata all'interno della stessa anche la proiezione di due video che si commentano da sé: «La foiba di Basovizza: un falso storico» (a cura di Alessandra Kersevan) e «Norma Cossetto: un caso tutt'altro che chiaro» (a cura di Claudia Cernigoi);

          l'articolo 1, comma 2, della legge 30 marzo 2004, n. 92, prevede che in occasione del «Giorno del ricordo» – istituito in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e della concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati – siano previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende;

          l'iniziativa in questione, oltre a non tenere in considerazione alcuna le finalità della sopra citata legge, per come pubblicizzata potrebbe assumere ad avviso dell'interrogante rilievo penale, giusto quanto disposto dall'articolo 3-bis della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni;

          la partecipazione di Anpi e Anppia a fianco di coloro che negano la pulizia etnica che venne riservata agli Italiani dell'Istria, della Dalmazia e della Venezia Giulia è, per l'interrogante, incomprensibile, soprattutto se si pensa che le predette associazioni ricevono annualmente centinaia di migliaia di euro di finanziamenti pubblici, sia da parte dello Stato che di articolazioni dello stesso: una differente valutazione delle vicende storico-politiche che si verificarono lungo il confine orientale, non può in alcun modo giustificare, infatti, la partecipazione di dette associazioni ad iniziative che negano l'esistenza delle foibe e la lunga scia di sangue innocente che ad esse si collega;

          nei fatti la foiba di Basovizza, dichiarata monumento nazionale l'11 settembre 1992, è il simbolo di tutte le atrocità commesse sul finire della seconda guerra mondiale e negli anni successivi dalle milizie e dai fiancheggiatori dei partigiani di Tito e non. Quanto alla figura pura di Norma Cossetto, per lei parla la motivazione («Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio») con cui il 9 dicembre 2005 le venne concessa la medaglia d'oro al Merito civile –:

          se i fatti sopra esposti siano noti al Governo e quale sia il suo orientamento al riguardo, per quanto di competenza;

          quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza rispetto a quanto denunciato in premessa, sia per prevenire e/o comunque contrastare possibili violazioni delle norme che condannano il negazionismo, sia per evitare le negative conseguenze che possono derivare all'ordine pubblico dall'effettuazione della iniziativa, a giudizio dell'interrogante vergognosa, di cui in premessa.
(4-02158)


      PETTARIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

          nell'archivio del comune di Cormòns (Gorizia) è stato ritrovato un documento datato 2 marzo 1938, la cui intestazione recita «Estratto dello Schedario degli Italiani delle nuove provincie già militari nell'Es. Austro-Ungarico, morti in seguito alla guerra», firmato dall'allora addetto militare presso la Regia legazione italiana a Vienna;

          il caso ha voluto che quella unica scheda ritrovata sia quella di Giovanni Batta Pettarin, il nonno dell'interrogante. Se lo schedario fu ordinato in ordine alfabetico, la scheda rinvenuta a Cormòns contrassegnata dal numero 21115 farebbe presupporre che il numero di caduti delle nuove provincie italiane per l'Esercito austro-ungarico potesse attestarsi intorno ai 35.000 uomini;

          al ritrovamento, di importanza potenzialmente eccezionale per restituire dignità storica non solo alle genti del territorio goriziano ma del Friuli in generale, di Trieste e di Trento, dell'Istria e del Tirolo, sono seguite incessanti ed approfondite ricerche grazie agli sforzi dell'associazione Società Cormonese Austria, che sono state meritoriamente supportate, tra il 2011 e il 2014, dai funzionari dell'ambasciata italiana a Vienna, dell'Ufficio storico dell'Esercito, di Onorcaduti di Roma, dell'Archivio centrale dello Stato, e non ultimo dall'ex presidente della regione, Debora Serracchiani, che aveva portato la questione ai più alti livelli istituzionali;

          nonostante gli sforzi qui brevemente descritti, le ricerche hanno portato solamente all'indice della documentazione del segretario generale per gli affari civili istituito nel 1915 e dal 1919 divenuto Ufficio centrale delle nuove province, alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il fondo consta di 252 buste e 47 registri di protocollo, tra cui non vi è purtroppo traccia dello schedario;

          secondo l'opinione dei ricercatori, non sarebbe strano se durante il regime fascista, a un registro di questo tipo, utilizzato essenzialmente per la concessione di pensioni di guerra da assegnare ai superstiti, venisse imposta la classificazione di riservatezza, favorendo l'occultamento di una realtà allora ritenuta incompatibile con le logiche di propaganda nazionalista, ossia la morte di decine di migliaia di italiani che combatterono nelle fila dell'esercito nemico contro l'Italia. Si tratta però dei nostri nonni. Non esiste famiglia isontina, triestina o trentina che non abbia avuto un familiare o congiunto combattente nell'Esercito austro-ungarico che attende ancora di essere tratto dall'ingiusto oblio determinato dal ventennio successivo alla guerra –:

          se il Governo sia al corrente e, nella considerazione della doverosità del supporto alla prosecuzione delle ricerche di archivio, anche e soprattutto fisiche, come intenda mettere a disposizione tutti gli strumenti necessari affinché sia assicurato totale e incondizionato sostegno a ogni ulteriore ricerca di verità storica relativa ai caduti delle nuove province italiane nella prima guerra mondiale con indosso la divisa dell'esercito austro-ungarico e, in particolare, alle ricerche fisiche, anche presso gli archivi storici della Farnesina, delle Forze armate e dello Stato Maggiore dell'Esercito, dello schedario citato in premessa.
(4-02162)


      GABRIELE LORENZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          non esiste collegamento ferroviario diretto tra Roma e i capoluoghi di provincia Rieti e Ascoli Piceno e l'unica strada tra la Capitale e le due città che attraversa l'area del cratere sismico venutosi a creare con il terremoto del 2016, funzionando da collegamento naturale tra Roma e la costa adriatica, è una consolare a due corsie, una per senso di marcia;

          l'area dei Monti Reatini è interessata da un processo di spopolamento che ha determinato una riduzione della popolazione del 31,8 per cento tra il 1971 e il 2011, prima degli eventi sismici e dell’austerity economica;

          i dati dell'Istat certificano un calo delle presenze turistiche nella provincia reatina dal 2014 al 2017, pari al 25 per cento, terzultima provincia nonostante il potenziale turistico e la vicinanza con Roma;

          il Reatino e la Val Vibrata – Valle del Tronto – Piceno rientrano nelle «aree di crisi industriale complessa» riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico e la provincia di Rieti è una delle prime in Italia per pendolarismo extra-provinciale;

          la ripresa economica, lo sviluppo del turismo e il contrasto allo spopolamento delle aree colpite dal sisma del 2016 sono strettamente connessi ad adeguamenti infrastrutturali ineludibili;

          la tratta «Passo Corese-Rieti» è un'infrastruttura strategica presente nella «legge obiettivo» n. 443 del 2001 e compresa nell'ambito dei «Corridoi trasversali e dorsale appenninica» alla voce «sistemi ferroviari» con delibera del Cipe n. 121 del 2001;

          risulta approvato il progetto che prevede la realizzazione di una nuova linea per il collegamento diretto tra Roma e Rieti, a semplici binario elettrificato lungo 49 chilometri dalla stazione di Fara Sabina alla stazione di Rieti della linea Terni-Sulmona, quest'ultima oggetto nel prossimo periodo di lavori di elettrificazione di discutibile utilità, in considerazione della messa in esercizio di nuovi treni bimodali prevista nel 2021 come da contratto di servizio tra Trenitalia e regione Lazio;

          nel 2002 nell'intesa generale quadro tra Governo e regione Lazio, l'opera è compresa tra le «infrastrutture di preminente interesse nazionale»;

          il Cipe, con delibera n. 124 del 2003, prende atto dei pareri favorevoli con prescrizioni espressi sia dalla regione Lazio che dal Mibact approvando il progetto preliminare;

          il Cipe approva il progetto definitivo del primo stralcio funzionale con delibera n. 105 del 2006;

          la «Nuova linea Passo Corese-Rieti» è inserita nel contratto di programma RFI 2007-2011 con un costo di 792 milioni di euro e una disponibilità di 90 milioni di euro;

          Rfi, con aggiornamento al contratto di programma 2007-2011, propone lo spostamento di tali risorse sul «Quadruplicamento della tratta Rho-Parabiago», confermata con delibera del Cipe n. 33 del 2010;

          la linea «Passo Corese-Rieti» è presente nel contratto di programma 2017-2021 dopo l'annuncio del «progetto certo nella sua realizzazione» dato in conferenza stampa a Rieti il 17 ottobre 2017 in presenza del Ministro pro tempore Del Rio, del presidente della regione Lazio Zingaretti, del presidente della regione Marche Ceriscioli e dell'amministratore delegato di Rfi Gentile, finanziata per 4 milioni di euro sui 792 previsti, mentre il finanziamento dei restanti è previsto successivamente all'anno 2026;

          l'ordine del giorno 9/01334-B/089, accolto il 30 dicembre 2018, impegna il Governo a procedere con lo studio di fattibilità per la realizzazione di una linea ferroviaria che colleghi Ascoli Piceno con Roma, utilizzando i tratti ferroviari esistenti in territorio reatino e romano –:

          quali iniziative il Governo intenda assumere per anticipare la realizzazione della tratta Passo Corese-Rieti, prerequisito per il collegamento con Ascoli Piceno, facilitando così il traffico pendolare e lo sviluppo turistico e contrastando lo spopolamento in atto;

          quali iniziative intenda assumere per realizzare lo studio di fattibilità per la tratta Antrodoco-Amatrice-Ascoli Piceno e la progettazione di questa infrastruttura come volano per lo sviluppo economico per le aree interne colpite dal sisma del 2016;

          quali iniziative intenda intraprendere per utilizzare i fondi europei destinati alle infrastrutture degli Stati membri in relazione alla tratta Passo Corese-Rieti di cui alla «legge obiettivo» e al proseguimento verso Ascoli Piceno.
(4-02165)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          i Com.it.Es. sono organismi rappresentativi della collettività, eletti direttamente dagli italiani residenti all'estero in ciascuna circoscrizione consolare ove risiedono almeno 3 mila connazionali;

          i Com.it.Es. sono composti da 12 o 18 membri, a seconda che vengano eletti in Circoscrizioni consolari con un numero minore o maggiore di 100 mila connazionali residenti, come risultano dall'elenco aggiornato utilizzato per eleggere i rappresentanti al Parlamento nazionale;

          con il decreto-legge n. 67 del 2012 si era disposto un riordino della normativa riguardante le procedure di elezione dei membri dei Com.it.Es., prevedendo tra l'altro, la modalità del voto informatico per tale tipologia di elezioni e rinviando un successivo regolamento l'attuazione della disposizione;

          occorre evidenziare che l'analisi dell'impatto della regolamentazione, eseguita su tale decreto, aveva rilevato che il voto informatico, oltre a rispondere alle esigenze di modernizzazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione, avrebbe implicato una spesa nettamente inferiore rispetto al voto per corrispondenza, comportando un costo non superiore a due milioni di euro, ossia un decimo delle somme normalmente impiegate per le operazioni di voto per corrispondenza;

          a causa del mancato regolamento, però, le ultime elezioni per la nomina dei membri dei Com.it.Es., indette nel 2015, si sono svolte attraverso il cosiddetto voto per corrispondenza –:

          quale sia lo stato attuale dello studio di fattibilità sull'applicazione del voto informatico alle consultazioni elettorali all'estero;

          quali iniziative il Governo intenda adottare affinché le prossime elezioni per il rinnovo dei membri dei Com.it.Es, possano svolgersi attraverso il sistema di voto informatico.
(5-01381)

Interrogazione a risposta scritta:


      RAMPELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          desta preoccupazione quanto si apprende dagli organi di stampa in merito al trattamento di dipendenti italiani presso l'ambasciata di Libia a Roma. Nello specifico, una dipendente si è vista negare la richiesta di anticipo del trattamento di fine rapporto, per gravi motivi di salute;

          la normativa vigente prevede la liquidazione anticipata del Tfr anche per una quota del 70 per cento per motivi sanitari e/o l'acquisto della prima casa; inoltre, i ratei del Tfr accantonati dal datore di lavoro per conto del dipendente costituiscono somme di competenza di quest'ultimo;

          non sarebbe il solo caso di dipendente dell'ambasciata i cui diritti sono stati negati. Solo dall'inizio del 2011 in poi, l'ambasciata ha iniziato a regolarizzare le posizioni lavorative di tutti gli italiani impiegati, assumendoli a tempo indeterminato. Tuttavia, le mansioni svolte, pur se in orario straordinario e regolarmente pagate, non sempre erano legate ad attività «diplomatiche»;

          dal 2011 in poi, ad aggravare ulteriormente la situazione, a fronte di turni sempre più massacranti, gli straordinari svolti da tutti i lavoratori italiani, non sono più stati pagati;

          la regolarizzazione di orari e straordinari non è mai avvenuta, nonostante le promesse fatte dai tre ambasciatori che dal 2013 si sono succeduti nell'ambasciata di via Nomentana a Roma;

          dal 2014 in poi, il problema diventa più grave, perché le inadempienze si estendono anche alle erogazioni degli stipendi, che vengono emessi a intervalli sempre più lunghi di due, tre, quattro, sei mesi, costringendo molti alle dimissioni;

          nel 2014 l'ambasciatore del tempo dichiarava pubblicamente che la situazione debitoria dell'ambasciata libica a Roma, circa 20 milioni di euro, era principalmente dovuta ai ricoveri dei propri connazionali e che gli stranieri investivano meno in Libia e per questo i flussi di denaro da Tripoli a Roma non erano più regolari;

          lo stesso ambasciatore è stato sospeso dall'incarico nel 2017 con l'accusa di aver assunto «comportamenti che hanno recato un danno consistente all'erario pubblico» –:

          se sia a conoscenza dei fatti elencati in premessa e, nello specifico, della situazione economica dei dipendenti italiani in servizio presso l'ambasciata di Libia, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per tutelarne i diritti e se non ritenga opportuno assumere iniziative urgenti per impedire che la cattiva gestione dei bilanci dell'ambasciata di Libia a Roma possa riversarsi sui dipendenti italiani.
(4-02167)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


      MAZZETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          il nostro Paese smaltisce in discarica il 27,6 per cento dei rifiuti urbani trattati;

          con l'obiettivo di favorire la minore produzione di rifiuti anche attraverso una penalizzazione economica dell'interramento dei rifiuti, e per rendere residuale questa opzione nel ciclo integrato, la legge n. 549 del 1995 ha istituito il tributo speciale per lo smaltimento di rifiuti in discarica, la cosiddetta «ecotassa»;

          il soggetto passivo dell'imposta è il gestore dell'impresa di stoccaggio definitivo, con obbligo di rivalsa nei confronti di colui che effettua il conferimento;

          le finalità dell’«ecotassa» sono apparentemente virtuose: si gravano di un tributo speciale i conferimenti in discarica per incoraggiare la minore produzione di rifiuti e per favorire altre modalità di smaltimento, meno impattanti dal punto di vista ambientale e orientate al recupero di materia ed energetico;

          questo strumento normativo, però, è stato raramente utilizzato al meglio;

          le regioni, cui sono affidate l'esazione del tributo e le modalità per la sua applicazione, hanno recepito la misura con modalità diverse e con i margini di discrezionalità consentiti dalla legge;

          nel 2017 la legge di bilancio aveva bloccato per due anni l'aumento del tributo. Non altrettanto però è avvenuto con la legge di bilancio 2019: gli aumenti sono applicabili e, per esempio, la regione Toscana, che già oggi si colloca nella fascia alta dell'entità del tributo, li applicherà;

          molte imprese toscane sono raggiunte in questi giorni dalle comunicazioni che le avvisano dell'aggravio relativo al conferimento in discarica; le aziende stanno manifestando sconcerto e incredulità rispetto a un provvedimento che ha il sapore della beffa. I termovalorizzatori in Toscana quasi non ci sono;

          la realtà è che, a fronte di un generale aumento del tributo, non corrisponde una dotazione impiantistica per il pretrattamento, il recupero e la termovalorizzazione dei rifiuti in grado di consentire una effettiva riduzione dei conferimenti in discarica. Non tutte le regioni hanno avuto politiche di investimento in impianti di smaltimento diversi dalle discariche, compresi i termovalorizzatori;

          sono inoltre praticamente assenti i provvedimenti per disciplinare il riutilizzo degli scarti industriali e, quindi, per trarne dei sottoprodotti o materie prime secondarie, limitando così la quota di materiali da smaltire –:

          quali iniziative intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per favorire l'implementazione della dotazione impiantistica indispensabile a una virtuosa gestione del ciclo dei rifiuti e se non intenda valutare l'opportunità di una iniziativa normativa volta a legare gli eventuali aumenti dell’«ecotassa» all'effettiva dotazione degli impianti di smaltimento, diversi dalla discarica e dal trattamento dei rifiuti;

          se non intenda adottare iniziative al fine di disciplinare in maniera definitiva il riutilizzo degli scarti industriali per trarne dei sottoprodotti o materie prime secondarie.
(4-02164)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere – premesso che:

          a più di due anni dalla attuazione della «seconda fase» della riforma organizzativa dei beni culturali avviata dal precedente Ministro Franceschini, che ha cambiato fisionomia al settore attraverso l'istituzione delle soprintendenze uniche territoriali organizzate accorpando le soprintendenze ai beni archeologici a quelle per i beni architettonici e culturali, e la nascita di un nuovo assetto museale costituito da dieci nuovi poli museali autonomi, sono tutti concordi sul fatto che la tutela del patrimonio archeologico ne esce fortemente compromessa;

          molti dei rilievi avanzati alla riforma sono contenuti in un «Manifesto» promosso da un fronte che accomuna un folto gruppo di accademici ed esperti di cultura, ex-soprintendenti ma anche magistrati, archeologi del pubblico impiego e giornalisti, e che a tutt'oggi ha registrato l'adesione di oltre mille delle figure più qualificate della cultura archeologica e museale italiana;

          l'aspetto più dibattuto dell'operazione è stato l'intento della riforma di privilegiare la valorizzazione sempre più commerciale del patrimonio artistico a discapito della sua tutela, attraverso la promozione di mostre e iniziative che poco avrebbero a che fare con l'identità dei luoghi che le ospitano. Inoltre, il suddetto accorpamento delle soprintendenze per i beni artistici con quelle per i beni architettonici e paesaggistici rappresenta per gli interpellanti uno dei passaggi più controversi della riforma, poiché alle nuove soprintendenze verrebbero affidati solo compiti di tutela e formazione e non anche compiti di gestione dei musei;

          tra le funzioni delle neo-Soprintendenze si ricordano: il rilascio di autorizzazioni per l'esecuzione di opere e lavori di qualsiasi genere sui beni culturali; la partecipazione e l'espressione dei pareri nelle conferenze di servizi; l'istruzione e le proposte alla competente Commissione regionale per il patrimonio culturale, di provvedimenti di verifica o di dichiarazione dell'interesse culturale, di prescrizioni di tutela indiretta, nonché le dichiarazioni di notevole interesse pubblico paesaggistico ovvero le integrazioni del loro contenuto;

          spending review e nuova efficienza sono l'origine e l'obiettivo della riorganizzazione di un Ministero, il Mibact, che sembra non perseguire più come fine primario la salute e il benessere dell'immenso patrimonio culturale italiano, considerato mero prodotto sottoposto alle leggi del marketing;

          è del tutto evidente, a parere degli interpellanti, come la riforma in questione tenda ad immobilizzare l'efficacia di tutti gli aspetti della tutela territoriale (attraverso un appesantimento della catena di comando e lo svilimento delle competenze scientifiche di soprintendenti e funzionari nelle soprintendenze uniche, l'introduzione dell'istituto del silenzio-assenso e la sottomissione delle soprintendenze alle prefetture), depauperandola sempre più di risorse, tutte orientate verso grandi progetti di valorizzazione commerciale del patrimonio artistico –:

          se il Governo non ritenga opportuno, al fine di risolvere le problematiche esposte in premessa, adottare iniziative per:

              a) il ripristino di uffici di Soprintendenza autonomi esplicitamente dedicati ai beni archeologici, che esercitino insieme funzioni di tutela, ricerca e valorizzazione;

              b) il ripristino della direzione generale archeologia che garantisca coordinamento e omogeneità di azione a livello nazionale per quanto riguarda la tutela e aspetti specifici di rilievo nazionale, come l'archeologia subacquea e la numismatica;

              c) il riaccorpamento dei musei archeologici e delle aree archeologiche non autonome alle Soprintendenze archeologiche;

              d) l'avvio di procedure concorsuali pubbliche per la direzione dei più importanti musei e parchi archeologici, svolte da commissioni di esperti in archeologia, in luogo delle attuali e generiche prove selettive svolte da un'unica commissione eterogenea, che demanda la decisione finale al Ministro o ad un direttore generale di nomina ministeriale;

              e) la definizione di una disciplina specifica in grado di garantire la qualità, la dignità, i diritti scientifici e le responsabilità degli archeologi professionisti e degli archeologi che operano all'interno delle amministrazioni pubbliche, attraverso il possesso dei necessari requisiti universitari.
(2-00256) «Fassina, Fornaro, Fratoianni».

Interrogazione a risposta scritta:


      DORI, PIERA AIELLO, GIULIANO, PALMISANO, PERANTONI, ASCARI, SCUTELLÀ, SAITTA, DI SARNO, BUSINAROLO, CATALDI e D'ORSO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

          il 19 dicembre 2018 la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio delle province di Bergamo e Brescia ha proposto l'adozione di un provvedimento di interesse culturale ex articoli 10, comma 3, lettere a) e d), 13, 14 e 15 del decreto legislativo n. 42 del 2004 relativamente alla «Casa a torre con annessi edifici adiacenti e corti interne» ubicati in Castello n. 30 a Riva di Solto (Bg), località Zorzino;

          nella relazione storico-artistica la Soprintendenza afferma: «In una sintesi cronologica sulle possibili origini del complesso edificato, le circostanze legate alla presenza di un edificio a torre, localizzato in posizione strategica, per avvistamento e segnalazione (...) rendono fattibile la probabile presenza di un castrum di discrete dimensioni, dalla forma sub-circolare, anteriore al XII secolo (...) la formazione successiva, orientativamente collocabile tra il XIII secolo e la seconda metà del 1300, è di un curtivus di edifici fortificati. La sua evoluzione conseguente, collocabile orientativamente tra la fine del XIV secolo e la prima parte del 1500, è il passaggio da curtivus a dimora padronale con pertinenze rustiche»;

          si evince quindi con certezza che, oltre agli edifici oggetto del provvedimento, anche i manufatti presenti in un'area più estesa presentano necessariamente una rilevanza storico-artistica, a prescindere dal loro attuale stato conservativo;

          con deliberazione n. 30 del 5 luglio 2018 il consiglio comunale di Riva di Solto (Bg) adotta un piano di recupero in variante al piano di governo del territorio che prevede la completa demolizione con ricostruzione degli edifici contigui a quelli oggetto del provvedimento di tutela e uno scavo per la realizzazione di una autorimessa interrata;

          i lavori, a giudizio degli interroganti, comprometterebbero in modo irreversibile l'integrità e la conservazione del borgo storico;

          il 3 ottobre 2018 la Soprintendenza suggerisce al comune «di considerare con cautela le demolizioni degli edifici di antica costruzione e contigui al compendio citato...»;

          con deliberazione del 28 dicembre 2018, il consiglio comunale approva definitivamente il piano di recupero. Nonostante nella delibera si affermi di aver recepito «integralmente» le prescrizioni formulate dalla Soprintendenza, in realtà tali prescrizioni, a quanto consta agli interroganti, sarebbero state solo parzialmente accolte, limitandosi alla conservazione di una trave in legno di castagno e della parte di muratura perimetrale al piano interrato. La richiesta della Soprintendenza di effettuare una più ampia e complessiva rivalutazione dell'intervento di demolizione, ad avviso degli interroganti, viene pertanto disattesa;

          con lettera del 29 gennaio 2019 la Soprintendenza prende atto del contenuto della relazione predisposta dal tecnico incaricato dall'amministrazione comunale, che nega la «sussistenza di significativi profili di interesse storico-culturale». Tali conclusioni risultano agli interroganti in contraddizione con le precedenti valutazioni della stessa Soprintendenza;

          la tutela dei borghi storici è il presupposto per il rilancio di un turismo sostenibile;

          l'articolo 9 della Costituzione prevede la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione;

          dal 18 giugno al 3 luglio 2016 si è svolto sul lago di Iseo l'evento «Floating Piers», un pontile galleggiante costruito dall'artista Christo Yavachev tra il comune di Sulzano e Montisola, l'isola lacustre più grande d'Europa. L'evento si è rivelato un successo, con circa un milione di visitatori;

          eventi culturali come «Floating Piers» dovrebbero stimolare lo sviluppo di un turismo basato su storia, arte, cultura, enogastronomia, rispetto dell'ambiente e del paesaggio e non un'ampia e indiscriminata attività speculativa di cementificazione –:

          quali iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, per verificare se nel borgo storico di Zorzino, nel comune di Riva di Solto, e nelle comunità montane e dei laghi della provincia di Bergamo e Brescia, siano pianificate attività edilizie che comprometterebbero la conservazione dei borghi storici mediante una diffusa attività edilizia di demolizione e ricostruzione basata su accertamenti storico-artistici non approfonditi.
(4-02160)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      LABRIOLA e MARIA TRIPODI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          l'Arsenale militare marittimo (M.M.) di Taranto è uno dei tre arsenali della Marina militare italiana (insieme a quello di Augusta e di La Spezia) e, per dimensioni e dislocazione, assume un ruolo cruciale nell'ambito della difesa dell'Italia verso il Mediterraneo;

          l'Arsenale, oltre alle sue funzioni precipue nell'ambito della Marina militare, ha da sempre sulla città di Taranto un notevole impatto, da un punto di vista economico, imprenditoriale, occupazionale, sociale e urbanistico;

          in considerazione della sua rilevanza, secondo gli interroganti, è ancora più preoccupante lo stato di degrado in cui versa lo stabilimento che lo ospita;

          recentemente la rappresentanza sindacale unitaria (Rsu) dell'Arsenale della M. m. di Taranto e le organizzazioni sindacali Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Pa, Flp Difesa e Confsal Unsa, hanno denunciato in una nota inviata ai vertici della Marina militare e al sindaco di Taranto, «lo stato d'emergenza igienico-sanitaria dello stabilimento navale, che rischia di diventare una bomba batteriologica, mettendo a rischio lo stato di salute dei dipendenti dell'Arsenale, già compromesso dal degrado persistente per la presenza di escrementi di topi e volatili»;

          nella medesima nota le organizzazioni sindacali segnalano come tale stato di emergenza igienico-sanitaria sia causato dalla riduzione drastica delle risorse a disposizione del comando, che ha comportato pesanti tagli in termini di funzionamento degli enti e dei servizi pulizie e la modifica del monte ore dei lavoratori, i quali hanno subito un aggravio dei carichi di lavoro, non correttamente riparametrati alle intervenute riduzioni orarie (da 30 a 18 ore mensili pro-capite), con richieste di eccessiva flessibilità nello svolgimento delle attività giornaliere e impossibilità di espletare appieno i troppi compiti nel turno loro assegnato;

          la situazione evidenzia come non si riesca a garantire più il minimo livello igienico-sanitario negli uffici e nei reparti oggetto dell'affidamento, con ricadute negative sia per i lavoratori che per i cittadini di Taranto;

          è apprezzabile – anche se non sufficiente a superare pienamente le criticità descritte – l'iniziativa dei vertici della Marina militare di Taranto, volta a rimodulare fra gli enti del territorio le risorse economiche disponibili, ma che, tuttavia, riescono solo a tamponare lo stato di emergenza;

          la situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi per effetto dello stato di agitazione proclamato dagli addetti al servizio di pulizia nell'Arsenale della M. m. di Taranto –:

          se il Governo non ritenga necessario predisporre le iniziative urgenti di competenza atte a reperire le risorse economiche per superare le criticità che hanno causato l'emergenza igienico-sanitaria nello stabilimento dell'Arsenale M.m. di Taranto, attivandosi anche nell'ambito della «vertenza Difesa» già avviata da anni nonché nell'ambito del tavolo tecnico, ancora in corso, coordinato dal comune di Taranto.
(5-01384)


      GALANTINO, CORDA, RIZZO, ARESTA, CHIAZZESE, DEL MONACO, D'UVA, ERMELLINO, FRUSONE, GUBITOSA, IORIO, IOVINO, ROBERTO ROSSINI, GIOVANNI RUSSO e TRAVERSI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          la brigata paracadutisti «Folgore» è l'unica grande unità aviotrasportata dell'Esercito italiano ed è posta alle dipendenze del Comando forze operative nord ed è, altresì, tra le unità dell'Esercito italiano più impegnate al di fuori del territorio nazionale in missioni di soccorso umanitario e di peacekeeping. Fra queste, particolarmente significativa, è stata la missione Unifil in Libano;

          da documenti posti all'attenzione degli interroganti si evince che il Comando «Folgore», il 27 settembre 2018, informa la catena di comando della sospensione dell'attività aviolancistica con fune di vincolo (FV), per un inconveniente verificatosi a fine agosto (2018) con un paracadute T10 e che, per tale circostanza, è stata avviata una indagine tesa ad individuarne le cause, svolta anche attraverso una campagna di lanci prova mediante l'utilizzo di manichini, al fine di individuare eventuali problemi di progettazione e/o costruzione;

          con atto autorizzativo n. 4638 in data 23 ottobre 2018, il Comando brigata paracadutisti «Folgore», ha pubblicato un bando di gara, per la fornitura di materiali di aviolancio per il parco paracadute T10-C aggiudicati ad una azienda di Aprilia il 17 dicembre 2018 per l'importo di euro 243.625;

          il 6 novembre 2018, il segretario generale della difesa/Dna ha avviato le attività precontrattuali per l'approvvigionamento e l'acquisizione di n. 350 paracadute principale EPC P/N 304542 e n. 350 paracadute di riserva P/N 304661 alla ditta aggiudicatrice di gara d'appalto Safran Aerosystem già Zodiac Aerosafety System per il valore di circa 2 milioni di euro;

          la predetta nuova acquisizione è spiegata in ragione della sospensione cautelativa dell'attività di lancio da parte della brigata Folgore con il paracadute T-10C e della fornitura di paracadute divenuta insufficiente per l'assolvimento dei compiti istituzionali della brigata paracadutisti;

          appare necessario agli interroganti sottolineare che a causa dell'acquisizione di un sistema di aviolancio vincolato che ha manifestato difetti di funzionamento sia stato necessario predisporre due bandi di gara aggiuntivi, presumibilmente, per ripristinare la piena funzionalità del parco paracadute T10-C e per ripristinare la piena capacità operativa della brigata Folgore attraverso l'acquisizione di nuovi paracadute di tipo diverso e in sostituzione del T10-C –:

          se il Ministro sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte;

          quali iniziative si intendano avviare, anche sulla base del contratto di fornitura siglato con il fornitore del T10-C che ha evidenziato i difetti sopra indicati, qualora si evidenzino violazioni delle clausole contrattuali;

          se non ritenga di meglio esplicitare l'intero iter procedurale che ha portato a nuove autorizzazioni di spesa a carico del Ministero della difesa e di conseguenza dei contribuenti.
(5-01395)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


      ZANETTIN, BRUNETTA, GELMINI e GIACOMONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          già il secondo firmatario del presente atto, l'onorevole Renato Brunetta, nel corso della discussione della legge di bilancio e con interrogazione in data 29 dicembre 2018 aveva avvertito il Governo del rischio di una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea per aiuti di Stato relativamente al fondo inserito nella recente legge di bilancio per risarcire i risparmiatori truffati dalle banche;

          il Governo aveva immediatamente smentito ogni problema;

          nel corso di una conferenza stampa, il vice Presidente del Consiglio Di Maio ha reso noto che «è arrivata una lettera dell'Ue che dice che non possiamo usare la misura per risarcire i truffati delle banche»;

          il sito di informazioni VicenzaPiu ha pubblicato stralci della lettera pervenuta dalla Unione europea ed indirizzata al dottor Alessandro Rivera, direttore generale del Ministero del dipartimento del tesoro, riportati di seguito:

              «La Commissione conosce l'importanza di indennizzare gli investitori in caso di “misselling” e le conseguenze devono essere a carico del responsabile della stessa banca. Se ciò non è possibile perché tale responsabile ha lasciato il mercato, la compensazione può avvenire – come già accaduto in passato – seguendo taluni criteri: i) il giudizio di una corte o il parere di un arbitro che accerti formalmente che si sia trattato di misselling o almeno la fissazione di criteri che assicurino che il rimborso sia dovuto a ragioni di urgenza sociale; ii) l'uscita dal mercato del venditore dei prodotti finanziari; iii) la destinazione della misura ad investitori non professionali; iv) il pagamento della compensazione solo dopo aver posto in atto il burden sharing»;

          detto ciò per la Commissione «è importante che ogni previsione nazionale in materia sia compatibile con la normativa e i princìpi europei così da assicurare che una siffatta compensazione con i soldi dei contribuenti sia ritenuta una misura sociale ex post volta a compensare gli investitori retail vulnerabili. La Commissione monitora affinché le nuove leggi adottate dagli Stati membri siano compatibili con il diritto dell'unione»;

          la nota si conclude con una richiesta:

              «le saremmo grati se provvedesse a rispondere entro il 31.01.2019. Speriamo che, ai fini dell'adozione del decreto, possa tenere in considerazione gli aspetti evidenziati in questa lettera»;

          non risulta invece la data in cui detta nota è pervenuta al destinatario, anche se il termine indicato per la risposta sembra presupporre che sia arrivata ai primi di gennaio;

          solo pochi giorni fa, e precisamente il 17 gennaio, a Montecitorio il Ministro interrogato, a precisa domanda del gruppo di Forza Italia, aveva testualmente dichiarato: finora non c'è assolutamente nessuna informazione, nessuna lettera – voglio sgombrare il campo – e nessuna azione da parte della Commissione europea neppure informale, di critica;

          se gli stalci pubblicati da VicenzaPiu corrispondano al testo della lettera pervenuta al dottor Rivera dall'Unione europea;

          quando tale lettera sia pervenuta presso gli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze;

          se il Governo abbia risposto alla Commissione europea nel rispetto del termine del 31 gennaio 2019;

          in caso di risposta affermativa, quali siano stati i termini e i contenuti della risposta.
(3-00498)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PRISCO e VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          da tempo i sindacati di polizia penitenziaria denunciano, inascoltati, la carenza di personale negli Istituti di pena italiani, nonché le condizioni di estremo disagio umano, organizzativo e strutturale che ne deriva al Corpo di polizia penitenziaria e che lede i diritti del personale, obbligando lo stesso a lavorare in situazioni di assoluta emergenza e insicurezza;

          tale deplorevole stato di cose è quotidianamente testimoniato dalla carenza dei capi di vestiario, dal degrado degli automezzi, dalla fatiscenza delle caserme, dalla iniquità della pretesa degli oneri per le utenze, dalla gravosità dei turni di servizio, dall'impossibilità di godimento dei riposi settimanali, dal preoccupante aumento delle malattie da stress lavoro-correlato, dal drammatico fenomeno dei suicidi;

          in un contesto del genere intervengono ad aggravare la situazione alcune discutibili iniziative adottate da talune direzioni che, piuttosto che impegnarsi per il benessere del personale, contribuiscono a vessare il personale di polizia penitenziaria;

          è il caso recente della direzione di Orvieto che avrebbe disposto l'interruzione dell'erogazione dell'acqua corrente nelle ore notturne, non senza aver prima ottenuto il nulla osta del Garante dei detenuti, ma per nulla preoccupandosi del fatto che tale interruzione avrebbe inevitabilmente riguardato anche il personale del Corpo, non solo quello in servizio, ma anche quello alloggiato nelle caserme – per le quali si pretende il pagamento delle utenze – sprovvisto così di acqua corrente nelle ore notturne: ci si è preoccupati di prevedere una piccola riserva d'acqua per i detenuti ma non per il personale –:

          se non intenda adoperarsi affinché siano accertate le responsabilità di quanto accaduto nell'istituto di Orvieto, con la conseguente adozione delle necessarie iniziative di competenza, e affinché nell'istituto medesimo sia ripristinato lo statusquo ante nell'erogazione dell'acqua per il personale di polizia penitenziaria;

          quali politiche si intendano mettere in atto per far sì che l'intero Corpo ottenga le risposte dovute in una Nazione in cui ci si aspetta che le forze dell'ordine abbiano dal Governo la necessaria considerazione.
(5-01386)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

          il percorso per varare la nuova pista dell'aeroporto di Firenze e del relativo scalo è stato complesso e lungo, e prevede un costo complessivo di circa 300 milioni di euro;

          il progetto di realizzazione della nuova pista, su cui si sono già espressi positivamente ben due Ministeri, ad avviso degli interpellanti lascia estremamente sgomenti;

          ad oggi è stato concluso il percorso di conformità urbanistica e di valutazione di impatto ambientale; si è riunita più volte una conferenza di servizi; tale progetto era contenuto nel piano nazionale degli aeroporti nazionali; una sua interruzione significherebbe ripartire da zero, e con tempi molto lunghi e perdita di finanziamenti e presumibilmente anche di alcuni investimenti privati;

          sul fronte delle risorse, il decreto «Sblocca-Italia» ha già destinato 50 milioni di euro allo scalo fiorentino, altri 100 milioni di euro sono già indicati, ma saranno concretamente destinati al termine della conferenza di servizi. I restanti 150 milioni per la realizzazione saranno invece finanziati dalla società Aeroporti di Firenze, controllata come Società aeroporti toscani da Corporation America;

          l'investimento, secondo uno studio Aci Europe, porterà un incremento dell'occupazione di 2.200 posti di lavoro diretti e 8.400 indiretti. La sola fase di cantiere creerà almeno 350 posti di lavoro;

          si tratta di un volano economico assolutamente importante per Firenze e per tutta la Toscana. L'indotto economico generato dal nuovo aeroporto è stimato (studio Irpet, Istituto regionale programmazione economica Toscana) in 730 milioni di euro, con un flusso di 4,5 milioni di passeggeri al 2029 e un risparmio tra 20 e 45 milioni di euro per l'utenza toscana dovuta ai minori tempi di trasporto, oltre che straordinari effetti positivi ambientali, sia dal punto di vista di impatto acustico che propriamente territoriale (http://www.pianasana.org);

          il Governo sulle opere pubbliche ha insediato una commissione costi-benefici, che tratterà anche la pratica della nuova pista aeroportuale di Firenze –:

          quale sia la tempistica dell'erogazione dei 100 milioni di euro statali necessari per la realizzazione dell'opera in questione;

          quale sarà la destinazione delle risorse statali, da erogare e già erogate, qualora la commissione costi-benefici dovesse dare parere negativo nonostante i tanti aspetti positivi economici e ambientali sopra riportati e nonostante il privato cofinanzi con proprie risorse il 50 per cento del costo complessivo dell'opera.
(2-00255) «Toccafondi, Schullian».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      MARCO DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          in data 1° febbraio 2019 in territorio di Cotignola, nei pressi dell'intersezione tra lo svincolo autostradale e la strada provinciale 95 si è verificato un nuovo, ennesimo, grave incidente;

          a seguito di tale incidente il sindaco di Cotignola ha nuovamente scritto agli enti competenti (Autostrade e amministrazione provinciale) per chiedere con urgenza interventi di modifica infrastrutturale dello snodo stradale, al fine di garantire e migliorare il livello di sicurezza per gli automobilisti;

          suddetta segnalazione di criticità fa seguito a un'altra già presentata nel maggio 2018 a cui l'amministrazione provinciale rispose sottolineando di avere provveduto al potenziamento della segnaletica;

          purtroppo, ad oggi, non si registrano assunzioni di responsabilità da parte di Autostrade per l'Italia;

          il sindaco nella richiamata missiva ha palesato, pur non avendo competenze dirette, anche la disponibilità del comune di Cotignola a compartecipare a eventuali interventi, di messa in sicurezza del tratto in questione;

          a poca distanza dalla criticità evidenziata si sta intervenendo, ad opera di provincia e comune, per realizzare una rotatoria per regolamentare meglio l'innesto tra la SP 95, la SP 19 e la via Pilastrino, opera che dovrebbe incidere sulla riduzione della velocità dei flussi di traffico provenienti da nord;

          in relazione al ripetersi sistematico di incidenti è improcrastinabile e necessario intervenire –:

          quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di verificare con la società concessionaria Autostrade per l'Italia le modalità di intervento per la definitiva messa in sicurezza dello svincolo autostradale in territorio di Cotignola, avendo come obiettivo prioritario quello di ridurre il numero di incidenti, che purtroppo si registrano.
(5-01385)


      BARTOLOZZI e SIRACUSANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la strada statale 640 è una strada statale che collega Porto Empedocle allo svincolo di Caltanissetta sull'autostrada A19;

          il 2 febbraio 2019, circa duemila persone hanno partecipato a una manifestazione a Caltanissetta per protestare contro il blocco dei lavori per il raddoppio della strada statale 640 Caltanissetta-Agrigento. Tra i promotori, a Caltanissetta, sono stati i sindaci del nisseno e dell'agrigentino, i sindacati, con la presenza anche dell'amministrazione comunale di Palermo;

          i lavori sono fermi da diversi mesi in conseguenza delle difficoltà economiche della ditta CMC di Ravenna, che si era aggiudicata l'appalto. Invero, la crisi finanziaria della Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna, quarto gruppo italiano per dimensioni nel settore delle costruzioni, rischia di travolgere tutto. La società è stata ammessa alla procedura di concordato preventivo e la preoccupazione per i lavoratori (e per la conclusione delle opere) è enorme;

          è oramai situazione insostenibile che rischia di lasciare a casa centinaia di operai e di mandare in bancarotta decine di imprese sub appaltatrici creditrici di Cmc. Il forte rischio è quello di isolare ancora di più i territori di Agrigento e Caltanissetta;

          ci sono numerose ditte fornitrici di materiali e altri servizi in subappalto che attendono da troppo tempo di essere pagate dalla Cmc. Il sindaco di Agrigento Lillo Firetto ha dichiarato: «Ci sono due milioni di siciliani che vengono tagliati fuori da fondamentali linee di comunicazione. Bisogna creare delle condizioni migliori per un territorio gravemente compromesso»;

          «Siamo quasi tremila – ha detto Giovanni Ruvolo, sindaco di Caltanissetta – e chiediamo di potere avere una rete viaria che metta in collegamento i nostri territori, per lo sviluppo dell'economia dei centri interni siciliani. Abbiamo accolto positivamente la ripresa entro febbraio dei lavori – continua Ruvolo – e attendiamo che ciò accada. Intanto, la manifestazione di oggi rappresenta la richiesta al governo nazionale di produrre fatti concreti e non parole»;

          il presidente del Comitato creditori della Cmc, Salvo Ferlito, ha ricordato che, come fornitori e subappaltatori, «abbiamo anticipato enormi capitali, indebitandoci con le banche per far sì che la statale fosse completata. Siamo allo stremo delle forze e senza il saldo delle somme che vantiamo, i cittadini di tutta la Sicilia, non solo nisseni ed agrigentini, non potranno fruire di questa opera». L'Anas ha comunicato che i lavori dovrebbero riprendere a febbraio perché la Cmc pagherà un congruo acconto. «Speriamo che il Governo nazionale, che finora non ha detto nulla, si occupi della vicenda»;

          in un appello che il presidente della regione siciliana, Nello Musumeci, ha rivolto con una lettera al Ministro interrogato, ha ricordato come vi siano quaranta aziende messe in ginocchio, e quanto grave sia stato di crisi in cui versano le imprese siciliane che operano in sub-appalto per la Cmc, che in Sicilia è affidataria per la realizzazione di importanti infrastrutture stradali. Il Governatore ha chiesto che «il governo nazionale intervenga sull'Anas per affrontare e risolvere la crisi della Cmc» –:

          quali iniziative immediate si intendano adottare per superare le gravi criticità esposte in premessa e dare le dovute risposte alle imprese e ai lavoratori dipendenti;

          se non si intendano assumere le iniziative di competenza per garantire la realizzazione di infrastrutture prioritarie per lo sviluppo della Sicilia nonché assicurare la viabilità, posto che il ritardo nel completamento di tali opere non solo affligge le popolazioni, ma sta conducendo al fallimento di molti subappaltatori e al licenziamento di centinaia di lavoratori nelle province economiche più colpite dalla crisi.
(5-01389)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


      LOSACCO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          in data 30 gennaio 2019 una nube nera intensa e maleodorante si è sollevata nei pressi dei quartieri Santa Rita e Carbonara, a pochi metri dall'ospedale Di Venere di Bari;

          a lanciare l'allarme sono stati i residenti quando, all'alba, il fumo ha invaso le abitazioni;

          sul luogo sono giunti prontamente i vigili del fuoco e le autorità competenti per circoscrivere l'incendio e verificare i danni;

          risultano essere stati bruciati rifiuti pneumatici, carcasse di frigoriferi e altro con relativa preoccupazione degli abitanti sulle conseguenze per la salute;

          non è purtroppo la prima volta che si verificano episodi simili sempre nella stessa area –:

          se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per rafforzare l'attività di controllo da parte delle forze dell'ordine sul territorio della città metropolitana di Bari e contrastare questi fenomeni che allarmano la popolazione dei quartieri interessati.
(3-00500)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


      MIGLIORE e ORLANDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          in data 2 febbraio 2019 si è appreso, con notizia rilanciata da tutti media, che sarebbe stato revocatoli dispositivo di scorta nei confronti del noto giornalista d'inchiesta Sandro Ruotolo;

          l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale del dipartimento di pubblica sicurezza aveva assegnato il richiamato dispositivo a protezione del Ruotolo nel 2015, quando aveva ricevuto esplicite minacce dal boss dei casalesi Michele Zagaria, per via delle sue inchieste sul traffico di rifiuti tossici in Campania;

          immediata è stata la reazione da parte della Federazione nazionale della stampa nel criticare la decisione di revoca;

          il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, intervistato in merito, ha testualmente affermato che «Sono del parere che i soggetti a rischio vanno sempre protetti. Di volta in volta i parametri sono quelli anche della maggiore visibilità, del tipo di inchieste, di tutto ciò che si esprime nell'ambito di un'attività lavorativa giornalistica» e inoltre ha aggiunto che «il diritto alla sicurezza non deve mai ridurre la sicurezza dei diritti»;

          si sa che le organizzazioni criminali sono sempre pronte a colpire i soggetti, soprattutto quelli con un elevato grado di visibilità e vulnerabilità, perché la mafia non dimentica –:

          se corrisponda a verità quanto riportato dalla stampa, per quali ragioni sarebbe stata assunta la decisione di revoca della scorta e se il Ministro interrogato intenda agire, per quanto di competenza, per rivedere tale decisione al fine di assicurare il richiamato dispositivo di protezione per l'incolumità di Sandro Ruotolo, garantendo allo stesso la possibilità di svolgere il proprio delicato lavoro di giornalista d'inchiesta.
(5-01396)


      MACINA, MAURIZIO CATTOI, DIENI, DAVIDE AIELLO, ALAIMO, BALDINO, BERTI, BILOTTI, BRESCIA, CORNELI, D'AMBROSIO, DADONE, FORCINITI, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI e ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          le profonde alterazioni degli equilibri ambientali tra territorio naturale e rurale, la presenza invasiva dell'uomo, la maggiore frequenza e la violenza dei fenomeni naturali rappresentano un rischio altissimo per la pubblica incolumità e per la tutela ambientale ed interferiscono gravemente sulla sicurezza di tutto il territorio e di tutta la popolazione;

          i prefetti sono sempre più sollecitati dalle regioni e dalle amministrazioni locali ad assumere iniziative per la soluzione di problematiche e squilibri ambientali nell'ambito dei comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica;

          ad avviso dei firmatari del presente atto, le funzioni di pubblica sicurezza ambientale, forestale, agroalimentare ed idrogeologica sono da ritenersi componenti essenziali del sistema di pubblica sicurezza nazionale, al pari della sicurezza dei trasporti, delle reti, delle comunicazioni e delle acque interne;

          risulta di tutta evidenza la necessità di una piena valorizzazione e di un riordino, finalizzato all'efficacia ed all'efficienza dell'impiego del personale e delle risorse disponibili per rafforzare la tutela dell'ambiente e del patrimonio agroforestale che sono in grado di arginare, in particolare sotto il profilo dell'attività di prevenzione, le ricadute in termini di sicurezza pubblica a salvaguardia del territorio e della popolazione; la questione si rende urgente non solo in relazione alle conseguenze della recente riforma che ha interessato il Corpo forestale dello Stato, disperdendone le competenze, ma anche in relazione alla pronuncia di costituzionalità della Corte costituzionale sulla riforma medesima, attesa il prossimo mese –:

          quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in ordine alla possibilità di ricomporre in ufficio organico all'interno del dipartimento della pubblica sicurezza le attribuzioni, nonché le risorse, del disciolto Corpo forestale dello Stato, valorizzando e riordinando in unicum le funzioni di polizia ambientale, forestale e agroalimentare, utilizzando le articolazioni territoriali di prefetture e questure che ben si prestano in ordine ai poteri e agli strumenti necessari per garantire, mediante l'azione di coordinamento esplicata nei rispettivi ambiti, effettività alla tutela degli interessi della sicurezza pubblica ambientale, delle reti e dei trasporti.
(5-01397)


      SISTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          le indiscrezioni dei giorni scorsi sulla chiusura del centro di accoglienza per richiedenti asilo del Cara di Bari Palese sembrano aver trovato conferma in un post pubblicato su facebook dal Ministro interrogato (il 3 febbraio 2019), che ha condiviso un articolo in cui si citano i centri prossimi alla chiusura secondo fonti del Viminale;

          la notizia appena riportata, oltre a destare sconcerto e preoccupazione, sta riversando problematiche non indifferenti sia a livello lavorativo, per le 96 persone impiegate nel centro, sia per i circa 350 migranti attualmente ospitati;

          come riportato da fonti giornalistiche, a giugno del 2018 c'erano circa 1900 persone nel centro che ha una capienza massima di 744, ma negli ultimi 2-3 anni il centro ha accolto una media di 1400-1500 persone, tarando lo standard organizzativo su quelle persone e provando a trasformare, in un primo momento, i contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, per poi, successivamente, considerato l'esubero di personale, ridurre gli stessi di circa il 50 per cento;

          si tratterebbe di un centro che riveste un ruolo fondamentale per l'accoglienza e l'integrazione dei migranti, poiché rappresenta il primo presidio in cui questi ultimi ricevono piena assistenza e un luogo dove poter intraprendere un percorso di integrazione;

          la notizia appena riportata, oltre a confermare la poca chiarezza del Governo sulle politiche da intraprendere sul tema dell'immigrazione e soprattutto dei rimpatri, tema su cui le notizie vengono apprese per mezzo dei social, dimostra altresì la scarsa attenzione sui centri di accoglienza –:

          se il Ministro interrogato intenda fornire gli opportuni chiarimenti circa la prevista chiusura dei grandi centri di accoglienza, tra cui il Cara di Bari, sul dislocamento degli attuali ospiti presenti in tale struttura e in merito al personale contrattualizzato, indicando in quale luogo, in provincia di Bari, saranno accolti i richiedenti asilo alla luce dell'affluenza sul territorio in questione.
(5-01398)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CAPITANIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          alcune applicazioni di navigazione, disponibili gratuitamente per gli smartphone (ad esempio Waze), segnalano ai loro utenti i posti di controllo delle forze dell'ordine presenti in un dato tragitto e consentono agli stessi utenti di segnalare l'eventuale presenza degli stessi;

          la citata funzione di segnalazione dei posti di controllo vanifica l'efficacia delle operazioni di prevenzione e controllo effettuate dalle forze dell'ordine lungo le strade italiane e consente di eludere sistematicamente le norme previste dalla legislazione vigente in materia di circolazione stradale; inoltre – stando a notizie di stampa – la funzione sopra richiamata sarà a breve implementata anche su altre applicazioni di maggior uso comune (ad esempio Google Maps) –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra esposto e se stiano già valutando l'opportunità di adottare iniziative per definire specifiche soluzioni.
(4-02157)


      PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          a quanto si apprende, il Ministero dell'interno avrebbe deciso di togliere la scorta al giornalista napoletano Sandro Ruotolo, che si trova sotto protezione dal 2015, quando aveva ricevuto delle minacce da Zagaria, boss dei casalesi, in seguito alle inchieste condotte dal giornalista sul traffico di rifiuti tossici in Campania, in particolare nel casertano e sul ruolo dei Casalesi;

          il boss Pasquale Zagaria ha più volte manifestato il desiderio di vendicarsi e di «scuoiarlo»;

          la revoca della scorta a Sandro Ruotolo sarebbe stata assunta sulla base di una relazione della prefettura di Roma secondo la quale il cronista non avrebbe più minacce dal 2016;

          Sandro Ruotolo è un professionista da sempre impegnato in una quotidiana azione tesa a diffondere la cultura della legalità ed è un personaggio inviso alla criminalità organizzata non solo per il lavoro svolto in passato, ma anche per le inchieste che continua ancora oggi a realizzare collaborando con il sito Fanpage;

          ha seguito le orme degli aggressori e ricostruito la catena delle minacce al giornalista Paolo Borrometi per le sue denunce sui traffici mafiosi a Pachino;

          è di prossima uscita, sempre su Fanpage, un'inchiesta, sempre condotta da Ruotolo, sulla presunta trattativa tra Stato e camorra sul sequestro Cirillo, per arrivare alla liberazione dell'assessore democristiano e sul ruolo svolto dal clan Cutolo;

          Ruotolo ha accettato di rappresentare il coraggioso sindacato dei giornalisti campani nei territori più a rischio accettando di diventare presidente dell'Unione cronisti della Campania. Togliergli la scorta significherebbe rendergli impossibile onorare anche questo impegno, impedendogli di fatto di tornare nelle zone dominate da mafie e camorra;

          a parere dell'interrogante, la decisione di togliere la scorta a Sandro Ruotolo è sbagliata. Ruotolo non può essere lasciato solo dallo Stato dopo aver, con il suo lavoro, raccontato l'evoluzione del fenomeno mafioso;

          si è di fronte all'ennesimo caso di revoca della scorta a figure simbolo della lotta alle mafie. Così facendo si rischia di lanciare un messaggio molto pericoloso e controproducente –:

          se il Ministro interrogato intenda chiarire quali siano state le valutazioni che hanno portato alla revoca della scorta al giornalista Sandro Ruotolo e se intenda attivarsi per rivedere tale decisione ripristinando quanto prima i livelli di tutela antecedenti la revoca.
(4-02163)


      FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          sabato 2 febbraio 2019, a Palazzolo sull'Oglio si è tenuto un concerto «nazi-rock» che ha richiamato nostalgici di estrema destra da tutta Italia e non solo e organizzazioni neofasciste che si richiamano al nazismo;

          l'iniziativa è stata promossa da Brescia Skinheads, con l'adesione e la partecipazione di militanti di altre organizzazioni simili da Veneto Fronte Skinheads a Lealtà Azione, da Forza Nuova ad organizzazioni neonaziste provenienti dall'estero;

          ai partecipanti il nome del locale e l'orario del concerto dal titolo «No Surrender VoL 2» sono stati comunicati solo all'ultimo, tanto che inizialmente si parlava di una località imprecisata della provincia di Brescia;

          l'iniziativa, già prima che si svolgesse, non lasciava spazio a interpretazioni, dal momento che a esibirsi sul palco c'erano gruppi musicali noti per le loro posizioni di estrema destra, come Sangue ribelle, Onda nera, Aquila Aurea e Ultima ratio;

          sulla locandina diffusa per promuovere l'iniziativa comparivano hooligan neonazisti che si scontrano con dei poliziotti sul terreno di gioco di uno stadio;

          a parere dell'interrogante, un'iniziativa del genere, in cui organizzazioni palesemente neonaziste e neofasciste si ritrovano per esaltare l'ideologia nazista e fascista e celebrarne le gesta non può non suscitare allarme e preoccupazione;

          non si è di fronte ad un semplice concerto di carattere musicale, ma si tratta di un vero e proprio evento politico fortemente caratterizzato;

          vi è un intensificarsi di tali raduni nel Paese e, in questo caso, colpisce soprattutto la scelta di radunarsi nel territorio bresciano, teatro di una delle più orrende stragi fasciste del dopoguerra nel nostro Paese;

          il concerto neonazista di Brescia arriva due settimane dopo il discusso evento organizzato a Verona dall'associazione Nomos per ricordare Jan Palach, serata a cui hanno preso parte gruppi di estrema destra veneta e lombarda –:

          quali siano gli orientamenti del Governo circa i fatti riportati in premessa e se intende chiarire se siano stati opportunamente valutati i pericoli per l'ordine pubblico che lo svolgimento di tale concerto-raduno avrebbe potuto arrecare, considerato che all'interrogante l'evento appariva, già alla vigilia, come un'iniziativa dai contenuti chiaramente neofascisti e neonazisti, in aperta violazione della Costituzione della Repubblica italiana e se le forze dell'ordine preposte, anche successivamente al concerto, abbiano acquisito eventuali elementi da trasmettere all'autorità giudiziaria per tutte le valutazioni del caso;

          quali iniziative di prevenzione e contrasto il Ministero dell'interno abbia predisposto, per quanto di competenza, nei confronti dell'emergere e dello svilupparsi in ampie zone del Paese di organizzazioni e di iniziative di carattere neofascista e neonazista;

          quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, anche attraverso la formulazione di precise indicazioni alle prefetture, e alle autorità provinciali di pubblica sicurezza per monitorare attentamente iniziative come quelle esposte in premessa.
(4-02166)


      TABACCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          la Repubblica italiana, con la legge 20 luglio 2000, n. 211, «riconosce il giorno 27 gennaio(...) “Giorno della memoria” al fine di ricordare la Shoah, le leggi razziali e la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte(...) in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.»;

          il Giorno della memoria è anche una ricorrenza internazionale, così come stabilito dalla risoluzione 60/7 dell'Assemblea delle Nazioni Unite del 1° novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria;

          la data del 27 gennaio fu scelta perché in quel giorno – il 27 gennaio, appunto, del 1945 – fu liberato il campo di concentramento di Auschwitz: le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono al mondo per la prima volta l'orrore del genocidio nazifascista e l'apertura dei cancelli di Auschwitz mostrò al mondo intero gli strumenti di tortura e di annientamento utilizzati nei laser nazisti;

          il 27 gennaio 2019, nell'aula del consiglio comunale di Pisa, il consigliere Manuel Laurora si è rifiutato di alzarsi in piedi durante il minuto di silenzio per la ricorrenza della Giornata della memoria;

          a seguito di questo comportamento definito «altamente lesivo della reputazione delle istituzioni», il sindaco Michele Conti ha invitato il consigliere ad allontanarsi dall'aula, da cui Laurora è stato in seguito espulso;

          Laurora, già noto alle cronache per le sue posizioni razziste, pur essendosi scusato per il suo comportamento, ha mantenuto sul suo profilo Facebook un post che indica il «Mein Kampf» come uno dei suoi libri preferiti;

          nel nostro Paese, com'è noto, fare apologia del fascismo e del nazismo costituisce reato e la cosiddetta legge Mancino, approvata il 25 giugno 1993, punisce la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico –:

          quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di prevenire episodi analoghi a quello esposto in premessa, promuovendo la più ampia conoscenza degli eventi storici sopra richiamati e contrastando la diffusione di posizioni basate sull'odio razziale, tenendo conto che simili comportamenti, soprattutto se messi in atto da eletti, sono fortemente lesivi delle istituzioni e dei principi costituzionali nati dalla Resistenza antifascista.
(4-02168)


      CASA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          secondo quanto riportato dagli organi di stampa il Ministero dell'interno, tramite l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (Ucis) chiamato a gestire le scorte alle persone potenzialmente obiettivi di minacce o attentati, avrebbe avviato la procedura di revoca della scorta già assegnata al giornalista Sandro Ruotolo, che dal 2015 usufruiva della scorta di 3° livello, quindi anche di un'auto blindata con 2 agenti;

          nel nostro Paese è già stato ridotto il numero delle persone sotto scorta, e pertanto, è già stato oggetto di ingenti riduzioni di spesa anche l'impegno di risorse adibite allo scopo dell'assegnazione delle scorte ad autorità politiche, istituzionali e cittadini;

          l'assegnazione della scorta e l'individuazione del livello di rischio vengono effettuate attraverso un preciso meccanismo che impone sia una dettagliata analisi dei quattro livelli di gravità del rischio sia l'interazione con la questura di competenza e la prefettura, nonché una precisa interazione istituzionale tra il prefetto e il questore, anche valutando la probabilità di intraprendere altre forme di tutela;

          il giornalista Sandro Ruotolo, presidente dell'Unione cronisti della Campania (regione con il più alto numero di giornalisti minacciati) e presidente del comitato di inchiesta sulla camorra del comune di Napoli ha già dimostrato che l'assegnazione della scorta è connessa all'effettivo rischio per la propria incolumità; egli non ha cambiato incarico né il pericolo corso può dirsi superato, come ampiamente risulta dalle minacce ricevute e dalla vicende oggetto di continua indagine giornalistica da parte dello stesso Ruotolo;

          in passato episodi gravissimi di una sottostima del rischio effettivo e, pertanto, di un eccesso di rigore nelle revoche dell'assegnazione hanno visto lo Stato esporsi al gravissimo rischio di evidenziare le proprie debolezze e incrinature in una lotta durissima, la lotta alle mafie, proprio nei territori più a rischio;

          è un segno di grande coesione democratica e partecipazione di tutto il Paese contro ogni forma di violenza e sopraffazione mafiosa l'attribuzione di una scorta a chi non è figura istituzionale, ma è espressione di cittadini che, per il ruolo ricoperto e la importante partecipazione alla vita del Paese, si sono schierati contro la criminalità organizzata, tra cui appunto diversi sindacalisti e giornalisti, visto che anche questi coraggiosi cittadini rappresentano lo Stato –:

          se risponda al vero la notizia secondo la quale il Ministero dell'interno, quale autorità nazionale di pubblica sicurezza che ha la competenza ad adottare i provvedimenti e impartire le direttive per la tutela e la protezione delle persone esposte a particolari situazioni di rischio, per il tramite dell'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (Ucis), abbia avviato l’iter per la revoca dell'autorizzazione ad usufruire della scorta di sicurezza di terzo livello a favore del giornalista Sandro Ruotolo;

          ove la detta procedura di revoca fosse confermata, quali ne siano le motivazioni e quali le risultanze della relativa istruttoria; in particolare quali siano le risultanze dell'istruttoria e delle relazioni provenienti dalla prefettura e dalla questura territorialmente competenti;

          quali siano le motivazioni che hanno portato a non optare per un iniziale abbassamento del livello di rischio e le motivazioni che hanno portato a ignorare le indicazioni delle autorità antimafia e se queste siano state informate;

          quali iniziative si intendano intraprendere al riguardo e quali siano i criteri che il Ministro intende adottare per contemperare le esigenze di spesa con quelle di sicurezza di cittadini che sono esposti al rischio ed in prima linea nel nostro Paese nella lotta alle mafie.
(4-02170)


      FORNARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          in data 2 febbraio 2019 il senatore della Lega Nord, Paolo Arrigoni, sui sui profili Facebook e Instagram, ha pubblicato una foto in cui si vede chiaramente che due agenti di polizia in divisa, dunque in servizio, vanno a firmare in un gazebo un appello in sostegno del Ministro dell'interno. Il Senatore ha commentato la foto scrivendo «Nelle Marche anche gli agenti di Polizia firmano per sostenere il Ministro dell'interno Salvini. Fantastico!»;

          il senatore Arrigoni ha successivamente eliminato la foto per poi reinserirla, con i volti degli agenti oscurati, il giorno 3 febbraio 2019 specificando «Ieri sui miei social ho pubblicato questa foto. La foto di due agenti di polizia che con un atto di generosità e coraggio nelle Marche hanno voluto sottoscrivere la raccolta firme a sostegno del Ministro dell'interno Salvini. Poche ore dopo l'ho cancellata per ragioni di privacy e per rispetto a quei due ragazzi».

          (...) «Io rivendico la vicinanza della Lega e del Ministro Salvini agli uomini e alle donne delle Forze dell'Ordine, che ogni giorno rischiano la vita per garantire la nostra sicurezza; ed è solo motivo di orgoglio vedere che quella stima è ricambiata, vedere che gli agenti si mobilitano per un Ministro che finalmente garantisce la loro sicurezza e la possibilità di svolgere nel migliore dei modi il loro lavoro»;

          la questura di Ascoli Piceno ha fatto sapere di aver «aperto un'inchiesta amministrativa per l'accertamento dei fatti» sul caso in questione;

          da privati cittadini i due agenti sono ovviamente liberi di partecipare ad iniziative di partito, ma mentre sono in servizio rappresentano lo Stato e tutti i cittadini italiani –:

          se sia a conoscenza dell'esito dell'inchiesta avviata dalla questura di Ascoli Piceno e quali iniziative siano state intraprese nei confronti dei due agenti.
(4-02171)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FOTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          a seguito della fusione dell'Opera pia collegio maschile Morigi con la fondazione De Cesaris-Nicellli-Cella-Ceruti, il 1° settembre 2008 veniva costituita l'Azienda servizi alla persona (Asp) Collegio Morigi-De Cesaris di Piacenza, azienda avente personalità giuridica di diritto pubblico, dotata di autonomia statutaria, gestionale, patrimoniale, contabile e finanziaria, senza fini di lucro;

          con deliberazione del consiglio di amministrazione n. 19 del 20 giugno 2011, l'Asp Collegio Morigi-De Cesaris, a seguito della deliberazione assunta dalla giunta comunale di Piacenza, accettava la concessione del diritto di superficie di parte dell'area e dei locali del compendio denominato «Ex Collegio San Vincenzo», posto – come detto – in Piacenza;

          con deliberazione del 7 luglio 2011, il consiglio comunale di Piacenza concedeva «la disponibilità del diritto di superficie all'Asp Collegio Morigi-De Cesaris, per anni 30, di parte dei locali del Collegio San Vincenzo, di proprietà comunale, al fine di partecipare al bando di finanziamento predisposto dal MIUR per il recupero d'alloggi da destinare a residenza universitaria»;

          il 27 luglio 2011 detta Asp presentava domanda al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per il cofinanziamento – giusta la lettera della legge 14 novembre 2000, n. 338, recante «Disposizioni in materia di alloggi e residenze per studenti universitari» – delle opere di risanamento conservativo e recupero funzionale del complesso denominato «Ex Collegio San Vincenzo», al fine di ricavare alloggi e residenze per studenti universitari;

          con nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 10 giugno 2015 veniva comunicata all'Asp Collegio Morigi-De Cesaris la definitiva ammissione al cofinanziamento ministeriale della domanda presentata;

          con determinazione n. 11 dell'11 maggio 2017 il direttore dell'Asp aggiudicava i lavori riguardanti il summenzionato recupero d'alloggi a un costituendo raggruppamento temporaneo d'imprese, per un importo complessivo di euro 3.625.600,08 oltre Iva al 10 per cento per complessivi euro 3.988.160,09;

          il comma 5 dell'articolo 1 della citata legge n. 338 del 2000, prevede – tra l'altro – che «le somme attribuite con il piano sono effettivamente erogate sulla base degli stati di avanzamento dei lavori secondo i tempi e le modalità previsti nei progetti». Risulta all'interrogante che, a causa della mancata istituzione della competente commissione ministeriale, deputata – tra l'altro – a valutare gli stati di avanzamento, non sono state ancora erogate all'Asp in questione le somme alla stessa spettanti, con l'imminente rischio di sospensione dei lavori in corso –:

          quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato al riguardo, anche al fine di evitare che ritardi nella conclusione dei lavori finiscano per precludere agli studenti che si iscriveranno all'anno accademico 2019-2020 l'utilizzo degli alloggi in questione.
(5-01382)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          si apprende che a partire dal 4 febbraio 2019, la Burgo Group spa comunicherà il licenziamento a 87 dipendenti della cartiera del Tivano, lo stabilimento situato nel comune di Duino Aurisina al confine tra le province di Trieste e Gorizia;

          si è, dunque, concluso con un nulla di fatto il tavolo convocato al Ministero dello sviluppo economico. Non sarà chiesta la proroga dei contratti di solidarietà per gli 87 lavoratori in esubero. Burgo non vuole trovarsi a ripartire da zero in caso non si porti a termine l'acquisto della linea due da parte delle Cartiere di Ferrara, sebbene tale passaggio sembrerebbe prossimo;

          a quanto sembra, l'azienda in questione continua a riconvertire le sue linee per rimanere sul mercato, ma i dipendenti vengono messi sempre in secondo piano;

          sono ovvie le gravi conseguenze che determineranno i licenziamenti per i lavoratori e le loro famiglie e per tutto il territorio interessato –:

          se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per tutelare gli 87 dipendenti della cartiera di Tivano, che a quanto è dato a sapere, a breve resteranno senza lavoro.
(5-01383)


      GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          è generalmente riconosciuto dagli enti preposti alla sicurezza del lavoro, che nell'ambiente del cantiere edile la gru a torre costituisce uno dei rischi prevalenti;

          Eros Cinti, operaio di 42 anni della ditta Geko di Genova, è rimasto ucciso il 21 gennaio 2019 all'interno dei cantieri di Ansaldo Energia, a causa della caduta di un pezzo da una gru, mentre movimentava un carico sospeso;

          i problemi connessi alla manutenzione, all'installazione e all'uso inidoneo della gru a torre sono alla base di molteplici gravi incidenti, infortuni mortali, danni ingenti alla collettività nel caso di incidenti in ambiente urbano; la casistica degli incidenti è ormai consolidata, ed a tale proposito le banche dati Inail ed Ispesl rappresentano un riferimento chiaro ed obbiettivo;

          nella normativa manca una regola tecnica che definisca il soggetto abilitato alla manutenzione delle gru nei cantieri in Italia, per il quale è oggi sufficiente una qualifica generica e pertanto i montatori/manutentori si autodefiniscono tali al momento della iscrizione alla camera di commercio, ma non esistono parametri che ne certificano la professionalità, sebbene siano figure alle quali sono affidati importanti aspetti riguardanti la sicurezza del lavoro –:

          se non ritenga urgente assumere iniziative normative per la definizione e la regolamentazione della qualifica di montatore e manutentore di apparecchi da sollevamento e gru per l'edilizia nell'ambito delle disposizioni del capo III del titolo I del Testo unico in materia di salute e sicurezza del lavoro, di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
(5-01387)


      RIZZETTO e CIRIELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la Treofan è una società con sede a Battipaglia (Sa) che produce film in polipropilene ed è inattiva da oltre un mese;

          l'azienda è interessata dalla procedura di licenziamento collettivo avviato per 80 lavoratori, nonostante sia una realtà aziendale sana, che ha sempre ricevuto commesse da tutta Italia per i più noti marchi alimentari;

          Treofan era di proprietà del gruppo De Benedetti ed è stata venduta nel mese di agosto 2018, per soli 500 mila euro, alla multinazionale indiana Jindal che, a quanto è dato sapere, intende dismettere gli stabilimenti di Battipaglia e Terni per portare tutta la produzione a Brindisi, in Puglia, dove potrà accedere a importanti finanziamenti pubblici;

          è assurdo che sia stata svenduta un'eccellenza nel settore, che non ha mai vissuto periodi di crisi e che si voglia procedere a una chiusura della sede dell'azienda nel Salernitano lasciando senza lavoro i dipendenti. Del pari, non è ammissibile che, se tale dismissione sarà portata a termine, la multinazionale acquirente potrebbe ottenere finanziamenti pubblici con l'apertura delle sedi in altre aree del territorio nazionale;

          a quanto si apprende il 4 febbraio 2019 si è aperto il tavolo di confronto tra le parti per tentare di condurre Jindal a un impegno a favore del proseguimento della produzione in Campania;

          la multinazionale indiana è stata chiamata al tavolo ministeriale insieme a sindacati, regione Campania, regione Puglia ed ex proprietario, La Management e Capitali, che, si ribadisce, ha venduto per soli 500 mila euro agli indiani un'azienda del valore di centinaia di milioni. Una cessione che appare ambigua e che merita accertamenti e verifiche da parte della Consob e dell'Antitrust –:

          se e quali iniziative intenda adottare il Governo per quanto di competenza, affinché lo stabilimento di Treofan non sia dismesso e siano tutelati i diritti dei lavoratori e i livelli occupazionali;

          se si intendano assumere iniziative affinché, sia nel caso in questione che per altri che potranno verificarsi, non sia consentito alla società acquirente di ottenere finanziamenti pubblici, di qualunque natura, con lo spostamento della produzione, benché essa resti in Italia.
(5-01392)


      PERANTONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          in data 10 febbraio 2016, la centrale regionale di committenza «SardegnaCAT» indice la procedura aperta informatizzata suddivisa in 3 lotti, finalizzata alla stipula di una convenzione quadro per l'affidamento dei servizi integrati di vigilanza armata, portierato altri servizi per tutte le amministrazioni della regione autonoma della Sardegna;

          l'8 novembre 2017 viene stipulata la convenzione quadro per il lotto 3, Sardegna nord, con l'associazione temporanea d'impresa (Ati) vincitrice «Coopservice Soc. Coop. P. A.», mandataria di numerose società mandanti. In data 11 maggio 2018, l'azienda ospedaliera-universitaria emette l'autorizzazione all'ordinativo di fornitura per il servizio di portierato e vigilanza e fissa come data di partenza del nuovo appalto il 1° giugno 2018. Il 28 maggio, si sono incontrate le organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL, UGL, Confintesa, FSI e CISAL, l'azienda uscente Secur s.p.a., l'Ati entrante e le società mandanti. In quell'occasione, non è stato raggiunto l'accordo sulla ricollocazione dei lavoratori provenienti dall'azienda uscente da parte dell'Ati entrante, che ha abbandonato il tavolo di trattativa, contestando di doversi far carico di una quindicina di lavoratori già impiegati nei servizi antincendio, servizi non più compresi nel piano di intervento. Il 31 maggio è stato stipulato un accordo, firmato esclusivamente da CISL, UIL e UGL e Coopservice, che si accorda non come mandataria ma esclusivamente con riferimento al personale che dovrà transitare alle proprie dipendenze. Con le altre aziende entranti e le altre organizzazioni sindacali non c'è stato alcun accordo, tantomeno alla presenza della società uscente, come invece previsto dalle procedure di cambio appalto dettate dal contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento, per cui il documento non è un verbale di cambio appalto, ma un accordo sindacale con cui alcune organizzazioni sindacali hanno cercato di garantire la continuità lavorativa;

          in merito alle risorse impiegate nel servizio antincendio – escluso dall'appalto vinto dall'Ati – si fa presente che Secur s.p.a. aveva in forze, oltre ai lavoratori presenti negli elenchi consegnati in sede di cambio appalto, una ventina di risorse con contratto a tempo determinato alle quali, in vista della perdita delle commesse, non è stato rinnovato il contratto;

          il 1° giugno 2018 aderisce alla convenzione quadro anche Ats, che fissa come data di partenza del nuovo appalto il 15 giugno 2018; il 6 e 7 giugno vengono attivate le procedure di cambio appalto per Ats con tutte le parti e viene stilata una graduatoria del personale in ordine di anzianità di servizio all'interno dell'appalto, composta da 61 nomi. L'Ati entrante stabilisce il fabbisogno di risorse in 48 unità, lasciando fuori 13 persone, nonostante la clausola sociale, richiamata sia nell'articolo 12 della convenzione quadro sia nel capitolato d'appalto. Dopo pochi giorni dalla partenza del nuovo appalto, le postazioni Ats sarebbero state coperte, a quanto risulta all'interrogante, anche tramite l'assunzione di nuovo personale, oltre che dai 48 lavoratori;

          nel frattempo, il personale escluso – che era alle dipendenze di Secur in forza di contratto di affitto d'azienda – allo spirare del termine dell'affitto è tornato alle dipendenze del fallimento Sicuritalia Group Service S.C.P.A. in fallimento ed è stato quindi successivamente licenziato dal curatore fallimentare –:

          se il Ministro sia a conoscenza di tale questione e quali iniziative concrete intenda assumere al fine di verificare se nella vicenda di cui in premessa sia stata osservata la normativa di settore e al fine di colmare eventuali lacune normative per evitare il verificarsi di situazioni analoghe in futuro.
(5-01393)


      SOZZANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (bilancio 2019), ha introdotto, ai commi 255 e seguenti dell'articolo 1, disposizioni volte a introdurre nell'ordinamento le pensioni di cittadinanza e il reddito di cittadinanza;

          il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, reca le disposizioni in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni rimodulando, tra l'altro, le disposizioni di legge e le risorse finanziarie relative alla misura del reddito di inclusione;

          in particolare, all'articolo 5 recante «Richiesta, riconoscimento ed erogazione del beneficio», il comma 6 dispone che il beneficio economico è erogato attraverso la Carta Rdc, la cui emissione, in sede di prima applicazione e fino alla scadenza del termine contrattuale, avviene in esecuzione del servizio affidato ai sensi dell'articolo 81, comma 35, lettera b), del decreto-legge n. 112 del 2008;

          il soggetto incaricato del servizio di gestione delle carte acquisti è Poste Italiane s.p.a. sulla base di una convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze aggiudicata a seguito di selezione pubblica, in cui si prevede un corrispettivo a carico del Fondo carta acquisti pari a circa lo 0,1 per cento -0,2 per cento dell'attuale ammontare del beneficio massimo erogato per ogni carta acquieti sperimentale, pari a 480 euro. Il costo della carta include la produzione della carta, la distribuzione al cittadino tramite la rete di uffici postali, nonché l'eventuale sostituzione, le ricariche periodiche sulla base delle indicazioni dell'Inps, la stampa dei moduli, l'invio di comunicazioni ai richiedenti e ai titolari della carta, l'archiviazione delle richieste, la trasmissione telematica a Inps dei dati contenuti in ciascuna carta, un servizio di call center gratuito per informazioni sul programma;

          secondo le indicazioni di Inps ai fini del godimento del sussidio una volta effettuata la domanda, il richiedente deve attendere la comunicazione dell'istituto di accoglimento o rigetto tramite e-mail e/o sms ai recapiti indicati nel modello stesso della domanda. In caso di accoglimento, il richiedente deve attendere la successiva comunicazione di Poste Italiane in cui viene fissato l'appuntamento per recarsi all'ufficio postale per ritirare la richiamata carta Rdc ed il relativo pin. A quel punto l'accredito del sussidio sulla carta avverrebbe a decorrere dal sesto giorno del mese successivo –:

          se si intenda chiarire se Poste Italiane anticiperà con proprie risorse per cassa il sussidio in questione oppure se il Ministero dell'economia e delle finanze erogherà a Poste Italiane le risorse per cassa prima che vengano caricate le card;

          nella seconda ipotesi di cui sopra, in quale giorno del mese il Ministero dell'economia e delle finanze il Governo preveda che verranno erogate per cassa le risorse a Poste Italiane;

          qualora il Governo non provvedesse a erogare le risorse o erogasse le stesse in misura non sufficiente alle esigenze, come Poste Italiane procederà al fine di garantire l'erogazione del sussidio.
(5-01394)

Interrogazioni a risposta scritta:


      DADONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          Abet Laminati è un'azienda tra le più importanti realtà produttrici di laminati plastici decorativi, nata a Bra (Cuneo) alla fine degli anni ’50;

          l'azienda, oltre alla sede principale a Bra, conta 13 filiali consociate estere, 6 aree commerciali in Italia, per un totale di 1.000 dipendenti, di cui 650 nella sede industriale di Bra;

          il 21 gennaio 2019 i vertici dell'azienda hanno comunicato alle rappresentanze sindacali l'intenzione di aprire una procedura di mobilità per 112 dipendenti dello stabilimento braidese;

          l'amministratore delegato ha spiegato che, a causa dell'accresciuta competizione internazionale e della presenza di nuovi concorrenti, risulta necessaria una riorganizzazione del personale e una riduzione dei costi aziendali;

          questa riorganizzazione si configura in una terziarizzazione della logistica attraverso un piano di diminuzione dell'organico aziendale tramite l'apertura di una procedura di mobilità;

          la comunicazione dell'intenzione di apertura della procedura di mobilità è stata improvvisa, vista la solida situazione finanziaria dell'azienda;

          l'impatto della riorganizzazione può comportare rischi occupazionali, oltre che per la sede braidese, anche per le filiali commerciali di e Reggio Emilia;

          nella giornata del 31 gennaio è stato indetto, da parte delle sigle sindacali Filctem, Femca e Uiltec, uno sciopero di otto ore sui tre turni con presidio davanti allo stabilimento braidese –:

          se il Governo sia a conoscenza della situazione;

          quali iniziative abbia intenzione di intraprendere il Governo al fine di scongiurare i licenziamenti e il relativo grave impatto sul territorio dell'annunciato piano di riorganizzazione aziendale.
(4-02159)


      SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          con il cosiddetto «decretone» è stata prevista una nuova figura professionale «il navigator», che avrebbe il compito di «seguire personalmente il beneficiario del reddito di cittadinanza nella ricerca di un lavoro, di un'opportunità formativa o di un reinserimento professionale»;

          a vagliare le candidature e selezionare gli idonei «navigator» sarà l'Agenzia per le politiche attive del lavoro (Anpal);

          il Governo ha indicato nel mese di aprile 2019 la data in cui partiranno i primi accrediti per i beneficiari del reddito di cittadinanza;

          lo stesso Governo ha indicato un periodo di formazione di almeno sei mesi per «formare» i nuovi navigator;

          sempre secondo il Governo, entro giugno saranno già formati 6 mila navigator e a questi si aggiungeranno 4 mila nuovi addetti che saranno assunti dai centri per l'impiego;

          l'assunzione di questi ultimi dovrebbe avvenire con un concorso direttamente da parte delle regioni;

          secondo notizie di stampa, alla regione Friuli Venezia Giulia ne dovrebbero spettare indicativamente 24, da distribuire nei Cpi regionali;

          la regione Friuli Venezia Giulia ha fatto presente, attraverso il suo assessore al lavoro, che mancano a tutt'oggi i decreti attuativi, apposite circolari e uno specifico accordo tra Stato e regioni;

          tra i centri per l'impiego del Friuli Venezia Giulia prevale l'incertezza e un totale disorientamento su quando e quanti navigator arriveranno;

          al centro per l'impiego di viale Duodo a Udine, la responsabile ha dichiarato di aver ricevuto una decina di richieste di persone interessate a diventare navigator, ma che in assenza di qualsiasi indirizzo, l'unica cosa che possono fare è girare le candidature all'Anpal;

          le regioni hanno ampiamente manifestato in questi giorni la loro forte preoccupazione per i meccanismi gestionali e dell'organizzazione, essendo al momento totalmente assente una governance condivisa, vista la molteplicità di soggetti coinvolti, dai comuni all'Inps, dai centri per l'impiego all'Anpal, alle agenzie per il lavoro –:

          quali siano le modalità di applicazione delle disposizioni relative alle figure dei cosiddetti navigator;

          quali siano le ragioni per cui non si sia promossa preliminarmente una stabilizzazione del personale precario dell'Anpal, implementando le risorse necessarie, e in quali tempi si intenda procedere a definire le intese con le regioni per l'emanazione dei necessari bandi per potenziare gli organici dei centri per l'impiego.
(4-02161)


      BUOMPANE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          Sorgente Group Italia SpA è una holding attiva nei settori immobiliare e della finanza;

          le società immobiliari, finanziarie e di servizi sono 94, situate in Italia, Francia, Svizzera, Gran Bretagna, Lussemburgo, Emirati Arabi Uniti, Stati Uniti d'America, Brasile, con uffici operativi a Roma, Milano, New York, Lussemburgo;

          nell'ambito del gruppo, il patrimonio immobiliare posseduto, gestito e amministrato dai fondi e dalle società controllate – al 31 dicembre 2017 – è di oltre 5,8 miliardi di euro;

          la vigilanza della Banca d'Italia ha disposto lo scioglimento del consiglio di amministrazione della suddetta società, sottoponendo alla procedura di amministrazione straordinaria la sua società di gestione del risparmio;

          il commissariamento deciso dalla Banca d'Italia ha portato allo scioglimento degli organi societari di Sorgente Sgr, con la nomina di Elisabetta Spitz a commissario straordinario, confermando allo stesso tempo Carlo Petagna a direttore generale;

          le motivazioni del provvedimento si riferiscono a violazioni normative e irregolarità nell'amministrazione;

          l'iniziativa della Banca d'Italia, inoltre, è volta a garantire l'attività aziendale e la piena tutela dei diritti degli investitori e dei creditori sociali;

          fin dalle prime righe del documento della Banca d'Italia, si fa riferimento ai «rilevanti rischi strategici e reputazionali derivanti dal deterioramento dei rapporti con la Fondazione Enasarco»;

          l'ente di previdenza dei rappresentati di commercio era il principale cliente di Sorgente Sgr, con oltre un terzo delle masse gestite dalla società detenute come quotista dei fondi immobiliari Megas e Donatello (comparto Michelangelo II) e rappresentando oltre il 50 per cento delle commissioni totali dell'intermediario;

          nel 2014 e nel 2016 Sorgente Group ed Enasarco hanno firmato accordi con i quali Sorgente Sgr e le società del gruppo assumevano una serie di impegni nei confronti di Enasarco, finalizzati tra l'altro al riacquisto e al replacement degli immobili e delle quote di fondi detenuti da Michelangelo II e Megas, a un prezzo già predeterminato;

          gli accordi sono però subito finiti nel mirino delle autorità di controllo di Consob, oltre che di Banca d'Italia, secondo cui quei patti avrebbero determinato «rischi patrimoniali sull'intero gruppo Sorgente, oltre che riflessi significativi sull'autonomia gestoria della Sgr»;

          Sorgente Sgr, a seguito della contestazioni mosse dalla commissione di controllo, ha disconosciuto quegli gli accordi raggiunti con Enasarco;

          dal sopracitato documento della Banca d'Italia, si evince che «le valutazioni espresse nei rendiconti dei due fondi sono state anche influenzate dagli accordi sottoscritti con Enasarco che prevedevano la stipula di impegni di acquisito di numerosi cespiti da parte del gruppo Sorgente Sgr a valori predefiniti, in genere significativamente più elevati di quelli di mercato»;

          la Banca d'Italia ha inoltre rilevato carenze nell'attività di gestione dei fondi e nella gestione delle partecipazioni detenute dai due fondi nel fondo lussemburghese (Htbf) che possiede beni iconici negli Stati Uniti, come il Flatiron di New York;

          da organi di stampa, si apprende come una situazione simile riguarda la Società italiana degli autori ed editori – Siae –, perché gran parte degli immobili della società vede la partecipazione di Sorgente Sgr;

          anche qui i fondi sottostanti (Aida, Nabucco e Norma) sono in perdita –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di implementare il controllo sugli investimenti effettuati dalla Fondazione Enasarco per prevenire ulteriori attività, alla luce di quanto descritto in premessa.
(4-02169)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          l'Organizzazione mondiale della sanità ha inserito le cefalee fra le prime 10 cause al mondo di disabilità;

          secondo gli ultimi studi in Italia soffrono di emicrania 5 milioni di persone. Durante gli attacchi il 71 per cento delle persone non riesce a svolgere attività, né lavorativa lavorativa né scolastica. Soffrono di emicrania cronica circa 800 mila italiani;

          pazienti cefalalgici segnalano, da diverse settimane e in alcune regioni (tra cui Veneto, Emilia-Romagna e Toscana), l'impossibilità di trovare in farmacie pubbliche, private e – in alcune occasioni anche ospedaliere aperte al pubblico – confezioni di Imigran Fiale sottocute 6 mg e anche il generico Sumatriptan fiale sottocute;

          questi farmaci sono insostituibili e non esistono alternative valide ed efficaci in caso di un attacco violento di emicranica, attacchi di cefalee a grappolo in fase attiva –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e, in caso affermativo, quali iniziative intenda assumere per ripristinare urgentemente le scorte di medicinali nelle farmacie.
(5-01388)

Apposizione di firme ad una mozione.

      La mozione Aprea e altri n. 1-00117, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Battilocchio, Calabria, Cassinelli, D'Attis, D'Ettore, Ferraioli, Fitzgerald Nissoli, Gagliardi, Giacometto, Mandelli, Mugnai, Musella, Napoli, Novelli, Pentangelo, Perego di Cremnago, Pettarin, Pittalis, Polidori, Rossello, Rosso, Rotondi, Ruffino, Paolo Russo, Scoma, Silli, Maria Tripodi, Versace, Vietina, Zanella.

Apposizione di firme ad una interpellanza.

      L'interpellanza urgente Carnevali e altri n. 2-00254, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Orlando, Fragomeli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Di Lauro e altri n. 4-02143, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Troiano.

      L'interrogazione a risposta orale Morassut e altri n. 3-00497, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° febbraio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Gribaudo.

Pubblicazione di testi riformulati.

      Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Orsini n. 7-00163, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 116 del 29 gennaio 2019.

      La III Commissione,

          premesso che:

              il Venezuela vive da anni una grave crisi economica, politica ed umanitaria. Con il collasso economico, insieme alla mancanza di libertà e del rispetto dei più elementari diritti civili e democratici, il 10 gennaio 2019, data prevista dalla Costituzione venezuelana per l'insediamento del nuovo Presidente, si viene a creare in base all'articolo 233, un vuoto di rappresentanza della Presidenza della Repubblica, non essendo state svolte le elezioni del 2018, nel rispetto dei principi democratici e costituzionali. Per questi motivi, e in rispondenza all'articolo 233 della Costituzione venezuelana, la Presidenza della Repubblica viene assunta ad interim, dal Presidente del Parlamento, con il compito di indire nuove elezioni;

              l'opposizione è rimasta la sola espressione legittima e il Parlamento l'unico organismo istituzionale eletto liberamente e costituzionalmente dai cittadini venezuelani; il fatto di aver dichiarato nei giorni scorsi «illegittimo» il Parlamento da parte del Tribunale supremo controllato dal presidente Maduro, ha rappresentato quello che appare ai firmatari del presente atto l'ultima scelta azzardata e scellerata del regime, con il rischio di portare il Paese nel baratro e di andare incontro a un pesante conflitto civile;

              il Paese sudamericano, che negli anni Settanta risultava tra i più ricchi del mondo e ai vertici di tutte le statistiche mondiali, oggi è ridotto ad essere un Paese in cui un decimo della popolazione è scappato, il 90 per cento vive sotto i livelli di dignità, la maggior parte della popolazione vive sotto la soglia di povertà, senza assistenza sanitaria e medicinali, la maggioranza dei bambini non va più a scuola, mentre la produzione petrolifera, rimasta la sola risorsa economica del Paese, è scesa da 3 milioni di barili a 900.000; il regime venezuelano di Maduro ha gravemente limitato le libertà politiche del suo popolo e generato una crisi economica che ha portato a condizioni di miseria ormai insopportabili e diffusa in un Paese dalle grandi potenzialità economiche;

              in questi ultimi anni sono intervenute numerose autorità internazionali, dall'Onu all'Organizzazione degli stati americani, dal Mercosur fino alla principale risorsa spirituale del Paese, la Chiesa cattolica e la Conferenza episcopale, che ha tentato di instaurare un dialogo nazionale tra il Governo e l'opposizione, supportata dal Vaticano e dai mediatori internazionali, con l'obiettivo di trovare una via d'uscita dalla crisi; tutti tentativi falliti a causa della mancanza di serietà delle autorità venezuelane, che hanno cercato esclusivamente di guadagnare tempo e ritrovare un proprio riconoscimento internazionale;

              l'Unione europea insieme ad altri organismi democratici, non ha riconosciuto né le elezioni presidenziali di Maduro, né quelle dell'Assemblea nazionale costituente, né le autorità insediatesi con tali processi illegittimi;

              il Parlamento europeo, con la recente risoluzione approvata il 25 ottobre 2018 sulla situazione in Venezuela (2018/2891 (RSP)), ha affermato che la comunità internazionale non accetterà i risultati elettorali se i leader dell'opposizione continueranno a rimanere in carcere e se ai partiti politici sarà ancora vietato di partecipare a libere elezioni;

              la situazione che si è determinata in Venezuela, dopo anni di sistematiche violazioni delle libertà democratiche, è seguita con grande preoccupazione dalla comunità internazionale;

              è necessario garantire il diritto del popolo venezuelano di decidere liberamente il proprio futuro e di scegliere democraticamente la guida politica del Paese; molti Paesi si sono da subito schierati in appoggio alle centinaia di migliaia di venezuelani e a coloro che in questi anni si sono battuti con coraggio, sacrificio e sofferenza per restaurare la libertà in Venezuela contro il regime chavista;

              occorre che l'Unione europea sostenga in modo chiaro e univoco il ripristino della democrazia in Venezuela, scongiurando il pericolo di una guerra civile e assumendo una posizione comune e condivisa, al di là delle singole dichiarazioni da parte di Paesi membri;

              grande è anche la preoccupazione che l'uso della forza e gli atti di violenza, compiuti in questi giorni dalle forze di sicurezza ai danni di cittadini venezuelani, che chiedono la restaurazione della legalità democratica, degeneri ulteriormente, con il pericolo di una vera guerra civile, inasprendo la repressione e traducendosi in ulteriori e drammatiche esplosioni di violenza ai danni della popolazione;

              importanti Paesi europei, quali Regno Unito, Spagna, Austria, hanno riconosciuto Juan Guaidò quale legittimo presidente ad interim del Venezuela ed altri hanno deciso di farlo, in assenza dell'immediata convocazione di nuove elezioni autenticamente libere e democratiche;

              il Venezuela accoglie la terza comunità italiana in ordine di importanza in tutto il Sudamerica e, se si calcolano anche i discendenti, tale comunità supera i due milioni di persone; ciò sollecita una particolare attenzione da parte del nostro Paese all'evolversi della situazione del Venezuela in riferimento alla sicurezza dei tanti cittadini italiani o di origine italiana che vivono nel Paese sudamericano,

impegna il Governo:

          ad assumere una posizione univoca, in linea con quella delle altre maggiori nazioni europee;

          a sostenere in seno alla Commissione europea e in ogni altro ambito politico-diplomatico, un atteggiamento comune dell'Unione, che sostenga con forza la legittima espressione democratica del popolo venezuelano rappresentata dal Parlamento, attraverso il riconoscimento da parte dell'Unione del Presidente Guaidò come legittimo presidente ad interim e la richiesta di convocazione di immediate elezioni libere nel Paese sudamericano, e negando quindi ogni ulteriore riconoscimento all'illegale regime di Maduro;

          ad attivarsi per prestare immediatamente soccorso ai connazionali italiani in pericolo, per favorire l'ingresso senza impedimenti di aiuti umanitari nel Paese, al fine di evitare che la crisi umanitaria e sanitaria si aggravi ulteriormente.
(7-00163) «Orsini, Gelmini, Valentini, Carfagna, Cappellacci, Napoli, Fitzgerald Nissoli».

      Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Rotelli n. 5-01218, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 109 del 16 gennaio 2019.

      ROTELLI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:

          il carcere di Mammagialla di Viterbo versa in una situazione di estrema criticità, segnalata a più riprese dagli agenti di polizia penitenziaria ivi impiegati, che sono scesi in piazza anche il 14 gennaio 2019 denunciando che il carcere «e di conseguenza tutto il territorio viterbese, è veramente in pericolo»;

          la struttura, con una popolazione carceraria di circa 550 detenuti, tra i quali anche cento detenuti psichiatrici, venti dei quali definiti «acuti», è estremamente sovraffollata e carente di personale, soprattutto con riferimento alle professionalità specialistiche necessarie per assistere i detenuti psichiatrici, la cui gestione risulta pressoché impossibile in ambiente penitenziario;

          il 40 per cento dei detenuti presso il Mammagialla, infatti, è in terapia psichiatrica e dodici di loro sono quelli in media giornalmente a carico dello staff multimediale, mentre nel corso del 2018 erano in carico allo staff multimediale 15/16 detenuti al giorno, per un totale di 101 soggetti dal 1° gennaio al 31 dicembre 2018;

          inoltre, l'assistenza psichiatrica nel carcere ammonta a sole 36 ore settimanali nei giorni dal lunedì al venerdì, mentre il sabato e la domenica il personale di polizia penitenziaria è lasciato completamente solo a gestire eventuali crisi di questi soggetti, pur non avendo le specifiche professionalità;

          per quanto attiene alla carenza di personale, attualmente la forza totale operativa della polizia penitenziaria in servizio presso la struttura ammonta a 343 unità, di cui solo 266 sono agenti assistenti e solo 110 sono quelli «su carta» addetti ai reparti detentivi, ma quelli effettivamente in servizio sono solo 101, un numero insufficiente a svolgere il lavoro giornaliero;

          con il decreto ministeriale 2 ottobre 2017, recante «Ripartizione delle dotazioni organiche del Corpo di Polizia Penitenziaria», il personale in servizio presso il carcere di Viterbo è stato, infatti, ridotto di ben settanta unità, andando ad aggravare ulteriormente le già precarie condizioni lavorative degli stessi;

          sulla quantità di personale in servizio presso il carcere ha inciso negativamente anche il raddoppio – dal 2017 al 2018 – delle visite di detenuti in pronto soccorso, che costringono alcuni agenti ad accompagnare il detenuto allontanandosi dalla struttura, circostanza dovuta perlopiù al continuo avvicendamento del personale medico e infermieristico presente in struttura che rende difficile agli stessi di conoscere meglio i detenuti e valutare in loco la criticità delle situazioni;

          la struttura del carcere è fatiscente, in molti spazi non funzionano i termosifoni e le docce dei detenuti sono talmente malconce da costringere il personale di polizia ad allontanare i ferri che spuntano dal cemento che si sbriciola, al fine di evitare situazioni di pericolo;

          le frequenti segnalazioni sin qui effettuate dalle forze di polizia penitenziaria e dalla segreteria provinciale di Viterbo dell'Unione sindacati polizia penitenziaria (Uspp) non hanno sortito alcun esito e la situazione all'interno della struttura viterbese rimane critica e pericolosa per detenuti e agenti in servizio;

          da anni l'Uspp chiede invano che il carcere Mammagialla possa usufruire di una quota maggiore di personale e lavorare in condizioni di maggiore sicurezza, attraverso il potenziamento del sistema di videosorveglianza, l'approntamento di modifiche strutturali volte a permettere agli agenti addetti di essere posizionati all'esterno delle sezioni detentive negli orari di apertura delle celle, nonché il completamento dello spazio previsto presso il pronto soccorso di Viterbo, per ospitare i detenuti in attesa di essere visitati, tenendoli separati dal resto dell'utenza –:

          se sia informato dei fatti di cui in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere rispetto al carcere Mammagialla al fine di garantire la sicurezza degli agenti ivi impiegati e quella di tutto il territorio viterbese, intervenendo al più presto per porre rimedio alle criticità segnalate.
(5-01218)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Toccafondi n. 5-01372 del 31 gennaio 2019.