XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 127 di venerdì 15 febbraio 2019

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

SILVANA ANDREINA COMAROLI, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Bellucci, Boldi, Brescia, De Filippo, Delmastro Delle Vedove, Fioramonti, Gallo, Giaccone, Giachetti, Lorefice, Nappi, Rostan, Ruocco e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,34).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, in relazione alla situazione dei lavoratori socio-sanitari della provincia di Caserta - n. 2-00267)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Sportiello ed altri n. 2-00267 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Sportiello se intenda illustrare la sua interpellanza. Mi fa segno di sì. Ha quindici minuti per farlo. Prego.

GILDA SPORTIELLO (M5S). Grazie, Presidente. Questa mattina discutiamo in Aula di una questione di grande allarme sociale che investe centinaia di operatori socio-sanitari che lavorano nell'area del casertano. Su questo territorio infatti opera un consorzio di cooperative denominato Ati e composto dalle cooperative Quadrifoglio, Pellicano e Aido, che impiega gli operatori socio-sanitari tra le varie strutture della provincia. Stiamo parlando di 170 persone, 170 operatori socio-sanitari inquadrati dal consorzio Ati e attualmente impiegati presso le strutture ospedaliere di Maddaloni, San Felice a Cancello, Marcianise, Piedimonte Matese, Sessa Aurunca, Santa Maria Capua Vetere, presso il servizio psichiatrico-diagnosi e cura dell'ospedale di Caserta e presso il coordinamento farmaceutico dell'ASL Caserta 1, presso la farmacia del poliambulatorio di Caiazzo distretto 15. Stiamo parlando di 170 persone che vivono in una situazione di precarietà dal 2005, circa 13 anni ormai, perché il committente, l'ASL di Caserta, utilizza rinnovi periodici per continuare il rapporto di lavoro col Consorzio Ati. Tredici anni di precarietà nella vita di una persona sono un tempo lunghissimo. L'incertezza contrattuale, nonostante - lo ricordiamo - un rapporto lavorativo che di fatto è stato continuativo genera uno stato di perenne ricattabilità, in cui il lavoratore spesso si vede costretto a dover rivedere al ribasso le proprie condizioni occupazionali.

Questa interpellanza, a mia prima firma, sottoscritta da tutti i miei colleghi del MoVimento 5 Stelle della Commissione Affari sociali, mette quindi sotto i riflettori una questione che interessa la città di Caserta e la sua provincia. Ma purtroppo questo è solo un esempio di un modus operandi che riguarda tutto il comparto sanità in tutto il Paese.

Questo sistema di esternalizzazione di servizi fondamentali si è consolidato nel tempo anche a causa dei limiti di spesa di interventi normativi, prediligendo un presunto criterio di economicità, che tuttavia umilia la forza lavoro e penalizza il servizio che si dovrebbe garantire ai cittadini, perché i costi sociali della precarietà del lavoro sono molto più alti dei risparmi ricavati da questo modo di trattare lavoratrici e lavoratori, che, nonostante questo stato di drammatica precarietà, ogni giorno cercano di garantire un servizio pubblico all'altezza, donne e uomini che ogni giorno lavorano in residenze per anziani, a contatto con i disabili, in situazioni molto delicate quindi, che richiedono una professionalità e una forza emotiva notevole, per affrontare quotidianamente contesti così particolari.

Questi operatori socio-sanitari esplicano mansioni assistenziali in ambiti sanitari complessi quindi, quali la degenza ospedaliera, la radiologia, il pronto soccorso, la salute mentale. Nonostante una situazione lavorativa instabile, che pregiudica fatalmente la serenità di queste persone, gli operatori sanitari impiegati presso il Consorzio Ati sono riusciti comunque a garantire in questi tredici anni cure e assistenza a soggetti in particolare stato di fragilità. Non dimentichiamo inoltre che i livelli essenziali di assistenza, che il servizio pubblico deve erogare, non possono prescindere dal lavoro di queste persone. Appare quindi evidente che, continuando lungo questa strada, saranno sempre più forti le ripercussioni sui livelli di assistenza sanitaria erogati in questa particolare area del Paese. Non è possibile inoltre negare il giusto riconoscimento di competenze e di professionalità a questi lavoratori, che dovrebbero essere impiegati in funzione della loro professionalità e non semplicemente in base a un mero calcolo numerico legato al monte ore da ricoprire.

Come saprà bene il sottosegretario, la programmazione delle attività di un'azienda sanitaria, la definizione degli obiettivi e la verifica della disponibilità finanziaria, anche derivante da vincoli nazionali e regionali, costituiscono atti prodromici, posti alla base del Piano triennale dei fabbisogni delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale.

I piani triennali, compatibilmente con la cornice finanziaria prevista per il Servizio sanitario nazionale, devono essere redatti nel rispetto della legislazione vigente e sono approvati dalle rispettive regioni di appartenenza, secondo quanto previsto dalla disciplina regionale in materia e tenuto conto della riorganizzazione della rete ospedaliera, effettuata ai sensi del decreto n. 70 del 2 aprile 2015. I piani triennali inoltre devono essere predisposti in coerenza con i rispettivi atti aziendali, di cui all'articolo 3, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, ferma restando la specifica disciplina prevista per le regioni in piano di rientro dal deficit sanitario, rispetto alle quali detti fabbisogni devono essere verificati dal Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, nonché dal Tavolo per il monitoraggio dell'attuazione del Regolamento, di cui al decreto del Ministero della Salute del 2 aprile 2015, n. 70.

Considerato che, quanto appena esposto, è solamente uno dei casi di quanto avviene diffusamente e della situazione che vivono gli operatori socio-sanitari, chiediamo quindi al Governo se il fabbisogno del personale, con specifico riferimento all'operatore socio-sanitario, nell'ambito delle strutture ospedaliere e sanitarie della regione Campania, sia da ritenersi congruo sulla base della normativa vigente; se nelle strutture ospedaliere e sanitarie dell'ASL di Caserta il personale sia sufficiente a garantire ai cittadini la piena erogazione dei livelli essenziali di assistenza; infine chiediamo se il Governo non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, di intervenire per porre rimedio a una situazione di precarietà, che si protrae da 13 anni per i 170 lavoratori della provincia di Caserta. Ci auguriamo, quindi, che il Governo possa accogliere queste istanze di tutela della salute e di giustizia sociale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Armando Bartolazzi, ha facoltà di rispondere.

ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente e onorevoli interpellanti. In merito alla questione segnalata nell'interpellanza in esame occorre ricordare preliminarmente che in questi ultimi anni il comparto sanità è stato interessato da una progressiva espansione delle azioni di contenimento delle assunzioni. Molte aziende sanitarie hanno infatti fatto ricorso a tipologie di lavoro flessibile, utilizzando anche cooperative di servizi, i cui costi gravano su spese per beni e servizi, con l'intento di superare gli ostacoli posti dal limite di spesa per il personale, attualmente fissato alla spesa del 2004 (meno 1,4 per cento). Ne è derivato un incremento del fenomeno del precariato, con il rischio che le prestazioni sanitarie possano essere affidate anche a persone non sempre in possesso delle necessarie competenze. Nella consapevolezza che i livelli delle prestazioni sono legati ad una seria politica del personale, sono quindi state già adottate iniziative per trovare le soluzioni in grado di favorire nuove assunzioni e, nel contempo, per stabilizzare il personale precario.

Un primo intervento è stato previsto dall'articolo 1, commi 541 e seguenti, della legge n. 208 del 2015, la cosiddetta legge di Stabilità 2016, con la promozione di un piano straordinario di assunzioni nel Servizio sanitario nazionale, in parte riservate ai lavoratori precari.

Allo scopo di assicurare che tali assunzioni straordinarie tenessero conto dei reali fabbisogni degli enti del Servizio sanitario nazionale, la normativa in questione ha disposto che le regioni dovessero presentare un apposito Piano dei fabbisogni, da sottoporre alle valutazioni dei tavoli di verifica degli adempimenti e di monitoraggio. Successivamente, ai sensi dell'articolo 6-ter del decreto-legge n. 165 del 2001, è stato emanato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica, il decreto 8 maggio 2018 che ha definito le linee di indirizzo per la predisposizione dei piani dei fabbisogni di personale da parte delle amministrazioni pubbliche, ivi compresi gli enti del Servizio sanitario nazionale. Detto decreto ha chiarito che le nuove previsioni, di cui all'articolo 6-ter, commi 3 e 6, del decreto-legge n. 165 del 2001 riguardano il regime ordinario di adozione dei fabbisogni, mentre restano ferme le particolari disposizioni di settore, ivi comprese quelle dell'articolo 1, commi 541, 543 e 544 della legge n. 208 del 2015, che dettano un regime speciale per le assunzioni di carattere straordinario e limitato nel tempo. Pertanto, nel corso della riunione congiunta del tavolo tecnico di verifica in data 17 dicembre 2018, appositamente convocata per adempiere alle valutazioni di cui al citato articolo 1, comma 541, lettere b) e c) della legge n. 208 del 2015, è stato sottoposto a valutazione il piano di fabbisogno del personale della regione Campania.

In tale sede, con specifico riguardo agli operatori sociosanitari, il tavolo di verifica ha ritenuto che le richieste di assunzioni nuove o derivanti da potenziali stabilizzazioni possono essere accolte rispetto al personale OSS a tempo indeterminato presente al 31 dicembre 2016, tenendo conto anche delle cessazioni intervenute nell'anno 2017, per un massimo di 1.537 unità.

Occorre precisare, peraltro, che il tavolo ha espressamente chiesto alla struttura commissariale di tener conto, in tali procedure di assunzione, dei servizi similari resi nell'ambito delle cooperative e di fornire elementi informativi al riguardo.

Le conseguenti attività finalizzate all'effettiva assunzione del personale in parola sono, dunque, di stretta competenza della regione Campania, che, interpellata dal Ministero, ha riferito quanto segue.

Con decreti del commissario ad acta sono stati approvati i piani triennali del fabbisogno di personale delle aziende sanitarie presenti in territorio campano per il triennio 2018-2020, nel rispetto del decreto ministeriale n. 70 del 2015, della legge n. 161 del 2014 e del limite di spesa previsto per il personale.

Pertanto, viene previsto l'onere in capo alle aziende sanitarie regionali di garantire il costante monitoraggio e il controllo dell'andamento della spesa relativa al costo del personale attraverso gli strumenti, le modalità e le procedure già in essere presso i competenti uffici regionali e la struttura commissariale, nonché di adottare i necessari atti, dandone contestuale, tempestiva ed analitica informazione agli uffici regionali, qualora dal monitoraggio si evinca che il costo del personale non rispetti, anche in termini di previsione, il limite posto dalla vigente disciplina nazionale e regionale.

La regione Campania ha inteso precisare, altresì, che le facoltà di assumere personale attribuite alle aziende sanitarie con l'approvazione dei piani triennali di fabbisogno di personale 2018-2020 potranno essere oggetto di variazioni, modificazioni ed integrazioni in considerazione dei piani triennali 2019-2021, da adottare entro il mese di marzo 2019, e le aziende sanitarie dovranno subordinare le assunzioni programmate nei piani triennali 2018-2020 ai seguenti adempimenti: verificare la coerenza dei profili professionali rispetto a quanto previsto nelle declaratorie contrattuali; verificare l'attuazione della programmazione e delle azioni di efficientamento delle attività aziendali, tenuto conto dei vincoli nazionali e regionali, ivi incluse le regole di programmazione regionale e di riordino della rete ospedaliera; privilegiare le assunzioni tese a ridurre le forme contrattuali atipiche, in coerenza con le disposizioni concernenti le procedure concorsuali riservate per l'assunzione di personale precario del comparto sanità; definire gli obiettivi e verificare il rispetto del limite di spesa del personale stabilito dalla legge n. 191 del 2009, che equivale a meno 1,4 per cento della spesa del personale del 2004.

Nei citati piani triennali, ad oggi, è previsto il reclutamento di circa 1.197 unità per il personale del comparto area tecnica, in cui sono inclusi anche gli operatori sociosanitari.

Inoltre, la regione Campania afferma che è stato avviato il processo di stabilizzazione previsto dal decreto legislativo n. 75 del 2017 anche per il personale con qualifica di operatore sociosanitario in possesso dei requisiti previsti da detta normativa e dalle circolari ministeriali.

In tale processo è escluso il personale interinale, come previsto dal dettato normativo di riferimento.

Tanto premesso si ritiene, in conclusione, che la regione Campania abbia già gli strumenti per procedere alle assunzioni in parola, attesa la specifica indicazione, effettuata dal tavolo di verifica, di tener conto, nell'ambito delle 1.537 unità ivi previste, anche dei soggetti che hanno reso servizi similari resi nell'ambito delle cooperative.

PRESIDENTE. La collega Sportiello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

GILDA SPORTIELLO (M5S). Grazie, Presidente. Innanzitutto, ringrazio il sottosegretario e ritengo che siano, quindi, state adottate delle misure importanti e rilevanti proprio per far fronte a questa situazione di precarizzazione e di esternalizzazione dei servizi, che chiaramente vanno a gravare sul servizio pubblico e sull'utenza, soprattutto in situazioni come quella della sanità campana, chiaramente, in piano di rientro e che ha non poche difficoltà, che fornisce un servizio fondamentale.

In particolare, sono contenta che in occasione del tavolo tecnico di verifica del piano di fabbisogno del personale che si è tenuto il 17 dicembre sia stato fatto anche un focus sulla situazione degli operatori sociosanitari e che, soprattutto, vengano considerati gli operatori sociosanitari che sono assunti dalle cooperative e che forniscono un servizio da anni, al pari dei loro colleghi che, invece, non sono assunti dalle cooperative, che hanno tutto il diritto di avere il giusto riconoscimento che meritano dopo tanti anni di servizio.

(Iniziative in ordine alla riforma dell'organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali – n. 2-00256)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fassina ed altri n. 2-00256 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Fassina se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Con l'interpellanza che abbiamo sottoscritto insieme ad altri colleghi vorremmo capire dal Governo se intende intervenire, ed eventualmente in quale direzione, sulla cosiddetta riforma dell'ex Ministro Franceschini che riguarda l'organizzazione interna del Ministero, con importanti interventi, in particolare, sulle soprintendenze, che sono diventate uniche e territoriali, e che hanno accorpato le soprintendenze ai beni archeologici, architettonici e paesaggistici, e, nell'ambito di tale riorganizzazione, hanno definito dieci poli museali autonomi.

Nella scorsa legislatura abbiamo cercato di correggere l'impostazione di questi interventi, ma dai banchi dell'opposizione non ci siamo riusciti; torniamo su questo punto perché, a due anni, a oltre due anni di distanza dall'introduzione di quella cosiddetta riforma, a nostro avviso vengono confermati i problemi che avevamo allora evidenziato, in particolare l'indebolimento della tutela, il significativo indebolimento, il depotenziamento, l'impoverimento della tutela dei beni archeologici in particolare.

Circa un anno fa una lunga lista dei più qualificati interlocutori, studiosi ed esperti della materia hanno proposto un manifesto per la tutela dei beni culturali. Ricordo che, tra i firmatari, compaiono figure quali Adriano La Regina, Gianfranco Amendola, Valerio Magrelli, Vittorio Emiliani, Ferdinando Zucconi Galli Fonseca, i quali, sulla base dei primi risultati empiricamente riscontrabili della riorganizzazione del Ministero, delle soprintendenze e dei poli museali, hanno messo in evidenza come fosse fortemente debilitata la funzione di tutela e come si smarrisse anche la qualità delle attività dei poli museali, in particolare a causa di operazioni di marketing piuttosto disinvolte, di cui si potrebbero fare esempi, ma, per brevità, non voglio qui elencare.

E allora vengo alle questioni specifiche che poniamo al Governo. In particolare, vorremmo sapere se il Governo non ritenga opportuno, al fine di risolvere o comunque affrontare la situazione sempre più grave che ho riassunto, ovvero adottare iniziative per il ripristino di uffici di soprintendenza autonomi, esplicitamente dedicati ai beni archeologici, che esercitano insieme la funzione di tutela, ricerca e valorizzazione.

Secondo: se non intenda adottare iniziative per il ripristino della direzione generale archeologia che garantisca coordinamento e omogeneità di azione a livello nazionale per quanto riguarda la tutela e gli aspetti specifici di rilievo nazionale.

Terzo: se il Governo non ritenga utile adottare iniziative per il riaccorpamento dei musei archeologici e delle aree archeologiche non autonome alle soprintendenze archeologiche. Quarto: se il Governo non intenda avviare procedure concorsuali pubbliche per la direzione dei più importanti musei e parchi archeologici, procedure concorsuali che dovrebbero essere svolte da commissioni di esperti in archeologia in luogo delle attuali generiche prove selettive svolte da un'unica commissione eterogenea e che demanda poi la decisione finale al Ministro o a un direttore generale di nomina ministeriale.

Quinto e ultimo: se il Governo non intenda definire una disciplina specifica in grado di garantire la qualità, la dignità, i diritti scientifici e le responsabilità degli archeologi professionisti e degli archeologi che operano all'interno delle amministrazioni pubbliche attraverso il possesso dei necessari requisiti universitari.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Gianluca Vacca, ha facoltà di rispondere.

GIANLUCA VACCA, Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali. Grazie, Presidente. L'onorevole Fassina, unitamente agli onorevoli Fornaro e Fratoianni, chiede al Ministero dei Beni e delle attività culturali notizie in merito alla riorganizzazione del Ministero stesso ad opera della cosiddetta riforma Franceschini, in particolare sulla possibilità di ripristino della direzione generale delle soprintendenze dedicata all'archeologia, nonché all'adozione di ulteriori misure specificatamente dedicate ai siti e alla professione di archeologo. Permettetemi di ricordare, come sicuramente l'onorevole Fassina ricorderà, che molti dei dubbi e delle criticità che vennero anticipate allora, quando la riforma fu discussa e introdotta, erano condivise anche dalla forza politica alla quale appartiene il sottoscritto e quindi siamo ben consapevoli di tutto quanto venne sottolineato e delle criticità che si sarebbero potute palesare a seguito della riforma. Permettetemi anche di rammentare che il Ministro Bonisoli ha manifestato sin dall'inizio del suo mandato, nell'audizione di fronte alle Commissioni congiunte di Camera e Senato, la propria volontà di apportare alcune modifiche ai provvedimenti di riorganizzazione del Ministero operate dal suo predecessore al fine di procedere non ad una controriforma ma ad un assestamento organizzativo. Il Ministro stesso aveva peraltro premesso che avrebbe utilizzato un metodo graduale che prevede una fase di ascolto, una di analisi e una di condivisione delle proposte. In tal senso è stato avviato un processo di ascolto a livello interno con i direttori dei musei autonomi, i direttori di tutti i musei, i poli museali e i responsabili degli archivi, delle biblioteche e i sovrintendenti, nonché, la prossima settimana, con i segretari regionali. Lo scopo di tale incontro è quello di far emergere eventuali criticità sul piano organizzativo.

Quanto alla fase di analisi, con proprio provvedimento del 31 gennaio scorso, il Ministro Bonisoli ha istituito una commissione di studio alla quale ha attribuito compiti di ricerca e analisi finalizzate a formulare proposte per il riordino della struttura e dell'articolazione organizzativa del Ministero e per la redazione delle proposte di modifica. La commissione è presieduta dal segretario generale del Ministero, il dottor Giovanni Panebianco, e ne fanno parte i consiglieri del Ministro, ovvero il professor Alfredo Moliterni, consigliere giuridico, e il professor Maurizio Decastri, consigliere per le analisi di identificazione delle direttrici dello sviluppo organizzativo del MiBAC. Gli altri membri sono il capo dell'ufficio legislativo, l'avvocato di Stato Lorenzo D'Ascia, il direttore generale dell'organizzazione del MiBAC, la dottoressa Marina Giuseppone e il capo ufficio stampa, il dottor Giorgio Giorgi.

La commissione, che ha già avviato i propri lavori, potrà disporre audizioni, richiedere contributi e specifici approfondimenti, anche a soggetti esterni all'amministrazione, e dovrà fornire al Ministro un quadro delle criticità riscontrate e prospettare possibili proposte di modifica all'organizzazione del Ministero entro l'inizio di marzo.

Tali proposte saranno quindi esaminate dal Ministro, che avvierà successivamente una fase di condivisione delle concrete modalità e delle linee di intervento nell'organizzazione del Ministero. Alla luce di ciò appare quindi prematuro fornire risposte puntuali ai quesiti cui si fa riferimento nell'atto parlamentare, poiché si verrebbe inevitabilmente ad interferire con il processo di ascolto e di analisi preliminare delle criticità che si è inteso avviare all'interno del Ministero e che è ancora in corso. Non appena, ovviamente, tale fase sarà conclusa, c'è la massima disponibilità da parte del Governo a venire a riferire in Parlamento e a interloquire con il Parlamento per i successivi provvedimenti.

PRESIDENTE. Il deputato Fassina ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Ringrazio anche il sottosegretario Vacca che ha descritto la procedura in corso. Capisco il lavoro avviato dal Ministro Bonisoli sul piano del metodo; capisco anche l'esigenza di non interferire con un processo di ascolto che, se avesse già conclusioni acclarate, ovviamente, verrebbe inevitabilmente indebolito. Tuttavia ci aspettavamo qualche linea guida, proprio perché è necessario ascoltare e c'è una ricognizione da fare. Ci pare che, anche alla luce di quanto avevamo condiviso nella scorsa legislatura, almeno con una parte delle forze che oggi compongono la maggioranza, vi fosse l'intenzione di procedere in una direzione di correzione significativa dell'impianto che è stato realizzato perché le evidenze che abbiamo, a oltre due anni dall'attuazione di quella cosiddetta riforma, sono chiare.

Tuttavia prendiamo atto dello svolgimento dei lavori, prendiamo atto anche della scadenza ravvicinata che ci è stata comunicata e torneremo a interpellare il Governo al fine di conoscere, in tempi che non siano biblici, se e quali risposte puntuali intende dare alle specifiche domande che oggi abbiamo posto.

(Iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, in relazione alle indagini sulla tragica morte dell'agente di polizia penitenziaria Sissy Trovato Mazza - n. 2-00257)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cannizzaro e Occhiuto n. 2-00257 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Cannizzaro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FRANCESCO CANNIZZARO (FI). Sì, grazie Presidente. Onorevoli colleghi, membri del Governo, la presente interpellanza urgente mira a interrogare il Governo e a portare in Parlamento il dibattito su un caso noto, quello riguardante Sissy Trovato Mazza, l'agente di polizia penitenziaria raggiunta da un colpo di pistola il 1° novembre 2016 presso l'Ospedale civile di Venezia, dove, subito dopo, la stessa entra in uno stato vegetativo per due anni. Il 12 gennaio scorso, purtroppo, Sissy viene definitivamente strappata alla vita terrena. Inizialmente il caso viene catalogato come un suicidio, ma da lì emergono, già nell'immediatezza, tante, tantissime anomalie, ad esempio le tracce che sono state riscontrate subito nelle mani, nel corpo, così come i tanti lividi e segni che, comunque, chi è intervenuto sul luogo ha riscontrato, oltre alle tantissime rivelazioni divulgate da molti organi di stampa in precedenza e soprattutto anche nelle ultime settimane. Tali rivelazioni, trapelate dagli organi di stampa, spingono anche chi è rappresentante delle istituzioni e dei territori come noi a rafforzare, ove ce ne fosse bisogno, l'attenzione su una vicenda che sa veramente di assurdo.

Lo facciamo oggi attraverso anche questa interpellanza e credo che lo facciamo in uno spirito assolutamente di dovere nei confronti di una regione e nei confronti di una sorridente comunità come quella di Taurianova, la comunità di cui, appunto, Sissy Trovato faceva assolutamente e orgogliosamente parte, e lo facciamo con dovere nei confronti di una famiglia che, giustamente, a distanza di due anni, rafforza l'idea di quello che dovrebbe essere il conseguimento della verità.

Noi abbiamo appunto assunto degli impegni con la famiglia, con la comunità di Taurianova, con le associazioni locali e con i comitati civici istituiti a nome di Sissy Trovato per ricercare la verità. Proprio il 27 gennaio ho personalmente partecipato ad un'iniziativa, ad una commemorazione organizzata dalla pro loco di Taurianova, “Taurianova nel Cuore”, dove vi è stato un po' anche un momento assolutamente emozionante alla presenza della famiglia; è stato in quel momento che ho promesso al padre, guardandolo negli occhi, che avrei svolto il ruolo di deputato e di rappresentante delle istituzioni mettendo a disposizione tutti quelli che sarebbero stati e sono i poteri di un parlamentare per contribuire, ove - ribadisco - ce ne fosse il bisogno, a richiamare l'attenzione rispetto a questa vicenda così assurda, per proseguire chiaramente in questo percorso già tracciato dagli organi competenti e raggiungere quello che è l'obiettivo che l'intero Paese credo si aspetti, cioè il raggiungimento della verità su una vicenda che certamente nasconde diversi dubbi e su cui sono tante le anomalie che non elenco. Ne ho citata qualcuna ma lo abbiamo fatto per iscritto attraverso l'interpellanza. Per ultima - per ultima! - vi è una questione - e chiedo all'onorevole sottosegretario, che ringrazio per la presenza, di volerla attenzionare maggiormente - che ha evidenziato la stessa famiglia, attraverso una missiva che ha voluto mandare alle istituzioni e che anche gli organi di stampa più volte hanno evidenziato, con riguardo a un'eventuale incompatibilità da parte della procura competente che sta svolgendo le indagini, che è appunto la procura di Venezia.

Lo spirito, onorevole sottosegretario, di questa interpellanza punta a dare, ognuno per la parte che gli compete, un contributo per non far sopire quella che è chiaramente l'attenzione, per mantenere alta l'attenzione su una vicenda che, ovviamente, deve necessariamente conseguire quello che è l'unico e solo obiettivo: la verità per Sissy Trovato Mazza, che era lì il 1° novembre, così come tutti gli altri giorni dell'anno, a svolgere il proprio lavoro come servitrice dello Stato.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Vittorio Ferraresi, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO FERRARESI, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Gli onorevoli interpellanti chiedono di conoscere le iniziative che si intendono assumere per far luce sulla dolorosa vicenda dell'agente penitenziario Sissy Trovato Mazza, al fine di determinare con assoluta certezza quanto accaduto, anche attraverso l'attivazione dei poteri ispettivi relativamente all'operato della procura della Repubblica di Venezia, territorialmente competente, e trattare il procedimento penale che ne è derivato.

Il Ministero - voglio immediatamente comunicarlo - si è attivato nel senso richiesto, disponendo l'acquisizione di informazioni e documenti in merito all'attuale stato del procedimento penale iscritto presso la procura generale della corte d'appello di Venezia a seguito della morte dell'agente Trovato Mazza. Il pubblico ministero titolare dell'indagine, sulla scorta del materiale probatorio raccolto, ha richiesto l'archiviazione in data 19 marzo 2018 per il procedimento penale iscritto nei confronti di ignoti per il delitto di istigazione al suicidio, ai sensi dell'articolo 580 del codice penale. A seguito dell'opposizione presentata dall'amministratore di sostegno della persona offesa, allora ancora in vita, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Venezia, con ordinanza in data 30 ottobre 2018, ha disposto ulteriori indagini, fissando per il loro espletamento il termine di 120 giorni dalla comunicazione del provvedimento, pertanto comunico che questo termine non è ancora scaduto. Il procuratore della Repubblica ha riferito che l'attività di indagine in questione, quindi, è ancora in corso.

Al fine di non lasciare, però, inesplorato alcun aspetto che potesse costituire un dubbio suscettibile di utile approfondimento, sono stati demandati agli inquirenti ulteriori accertamenti istruttori. Tra gli altri, sono stati disposti accertamenti medico-legali, balistici, informatici, genetici, nonché l'acquisizione di ulteriori e sommarie informazioni e controlli sul traffico telefonico della vittima. Pertanto, allo stato risultano essere ancora in corso le ulteriori indagini disposte.

Con riguardo ai dubbi prospettati dagli onorevoli interpellanti in ordine alla correttezza dell'operato dalla procura della Repubblica di Venezia in relazione alla vicenda in esame, deve rilevarsi che nessun procedimento disciplinare è stato ancora formalmente aperto in attesa dell'evoluzione della vicenda sul piano giudiziario. Sotto altro profilo, però, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha disposto nei giorni scorsi, specificamente l'11 e il 14 febbraio 2019, l'espletamento di una visita ispettiva-amministrativa presso la Casa di reclusione femminile di Venezia-Giudecca, previo nulla osta dell'autorità giudiziaria requirente. L'équipe ispettiva delegata ha ricevuto l'incarico di espletare tutti gli accertamenti necessari diretti, in particolare, alla ricostruzione delle relazioni intercorrenti tra l'agente Maria Teresa Trovato e il contesto organizzativo e gestionale della struttura penitenziaria, nonché di verificare i presupposti e gli esiti dei procedimenti disciplinari a cui risultava sottoposta la Trovato Mazza ed ogni altra circostanza utile riconducibile all'agente penitenziario in relazione all'ambiente di lavoro.

Deve concludersi, quindi, che è stato attivato, nella vicenda in esame, ogni strumento utile alla ricerca della verità, qualunque essa dovesse risultare ove diversa dall'ipotesi suicidaria attualmente formulata dall'autorità inquirente. Dovrà, quindi, attendersi la conclusione delle disposte attività di approfondimento istruttorio per giungere ad ulteriori e definitive valutazioni relativamente alla causa della morte dell'agente Maria Teresa Trovato Mazza. In ogni caso, sento il dovere, come sottosegretario per la giustizia, di concludere confermando il mio invito a parlare senza timore alcuno, invito che rivolgo e ho rivolto a chiunque sia in possesso di ogni utile informazione per ricostruire la verità.

PRESIDENTE. Il deputato Cannizzaro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FRANCESCO CANNIZZARO (FI). Grazie, Presidente, e grazie onorevole sottosegretario. Ci conforta un po' quanto espresso dal sottosegretario e, sottosegretario, la nostra interpellanza mirava proprio a questo. Noi abbiamo acquisito con soddisfazione, devo dire, quanto da lei espresso. Ci auguriamo e auspichiamo che questa situazione possa volgere al termine con quella che sarà una giustizia giusta e una verità che dovrà necessariamente emergere, perché è un caso che chiaramente ha molte anomalie, come già abbondantemente detto. Il nostro contributo, rispetto anche a questo dibattito che abbiamo voluto portare in Parlamento, punta, mira e vuole certamente contribuire a mantenere alta, ove ce ne fosse il bisogno, l'attenzione - lo ribadisco - su questa assurda e tragica vicenda.

Quindi, io la ringrazio e ripongo assoluta fiducia negli organi competenti, la magistratura e non solo la magistratura ma anche gli organi che hanno chiaramente il dovere di continuare le indagini e, quindi, di indagare ancora di più rispetto a questa vicenda, non tralasciando nulla e sollecitando, chiaramente, ancora di più un'attenzione maggiore da parte del Governo, da parte del Ministro e del suo Ministero. La ringrazio nuovamente per questa esposizione.

(Iniziative normative volte a salvaguardare la qualità della vita e la sicurezza sul lavoro delle guardie giurate con incarico di pubblico servizio, anche con riferimento al riconoscimento di uno status giuridico adeguato – n. 2-00272)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zolezzi ed altri n. 2-00272 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Zolezzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio i sottosegretari presenti. Con questa interpellanza provo a stimolare ulteriormente i Ministeri di competenza su questo tema, che so essere assolutamente noto a questo Governo, cioè il tema che riguarda i contratti ma soprattutto la qualità di vita delle guardie giurate.

Ci sono stati scioperi importanti anche nell'ultimo mese a Milano e a Napoli. Gli addetti della vigilanza privata sono oltre 70 mila in Italia. Come per altre categorie, vi sono problematiche annose: dal 2008 il contratto non viene rinnovato, la trattativa è ferma, le associazioni datoriali in qualche modo non hanno dato le risposte che si attendevano nel mese di gennaio, per cui, poi, ci sono stati questi importanti scioperi.

Non si riesce a trovare un accordo sul cambio di appalto, ma, in particolare, nell'interpellanza mi sono concentrato su alcuni aspetti che riguardano la qualità della vita degli operatori, dei lavoratori, ma anche aspetti legati alla sicurezza sia dei lavoratori che del pubblico che fruisce di questi servizi. In particolare, si è visto che non si è riusciti a raggiungere un accordo per quanto riguarda, per esempio, il pagamento dei primi tre giorni di mutua, l'orario flessibile, che penalizzerebbe ancora di più i lavoratori già vessati da turni massacranti, con stipendi fermi, compresi gli scatti di anzianità che non vengono più riconosciuti e l'obbligo di straordinari, saltando anche i riposi, e questo è un punto molto delicato. Infatti, sono partito, nel testo, ripercorrendo la storia di alcuni dipendenti di una società che si chiama Corpo guardie giurate Spa con sede a Reggio Emilia, ma con operatività anche in provincia di Mantova. Dopo aver espletato turni regolari, notturni, da sette ore, dopo una breve pausa di due ore e mezzo, questi lavoratori devono rientrare in servizio per ulteriori cinque ore. Il responsabile dell'organico chiede questi servizi che recano disagio ai dipendenti per mancanza di personale. Questi dati sono emersi nel corso degli incontri sindacali, in particolare con Cobas lavoro privato. A un dipendente che aveva rifiutato di rientrare in servizio dopo il turno notturno, nonostante avesse comunicato per tempo di non riuscire a sopperire a tale richiesta, è stata applicata la sospensione non retribuita.

Tali turnazioni apparentemente potrebbero essere in conflitto con il decreto legislativo n. 532 del 26 novembre 1999 e successive circolari emanate dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali che disciplinano il lavoro notturno sia dal punto di vista dell'orario consentito che della durata. Questi i turni di lavoro di 4 o 5 ore, prima o dopo il turno notturno di 7 o 8 ore, con una pausa appunto di 2 o 3 ore, possono essere rischiosi per il lavoratore e non dovrebbero esserci ore in eccesso alle otto ore su ventiquattro. Il lavoro della guardia giurata con questo incarico di pubblico servizio è molto delicato, fornisce servizi di sicurezza sia al pubblico che al privato cittadino o all'azienda privata. Per garantire un efficiente servizio i dipendenti dovrebbero godere di un ottimale riposo psicofisico per prestare attenzione in modo minuzioso e, oltretutto, ricordiamoci che, in molti casi, si tratta di personale che è armato. Le troppe ore di lavoro possono ledere e ridurre la lucidità della guardia che non avendo riposato correttamente diventa un pericolo per se stesso e per gli altri utenti, anche della strada, appunto per il rischio di incidenti stradali. È da considerare che gli orari sopra citati non sono dovuti a un'emergenza ma sono parte integrante dell'orario di lavoro. Situazioni analoghe risultano agli interpellanti presenti in molte altre parti d'Italia. Altri parlamentari della Commissione lavoro poi cercheranno di fare un'istruttoria ulteriore su questi temi. Quindi, ho chiesto ai Ministri interpellati se siano al corrente di questa situazione per stimolarli ad adottare ulteriori iniziative e a promuovere, eventualmente, modifiche della normativa per precisare la disciplina in materia, per tutelare la qualità della vita e la sicurezza dei lavoratori e del pubblico, anche eventualmente valutando il riconoscimento di uno status giuridico adeguato che garantisca l'ottimale svolgimento delle mansioni e delle funzioni alle quali, oggi, le guardie particolari giurate sono chiamate, istituendo eventualmente un registro provinciale delle guardie particolari giurate.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Claudio Durigon, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Con l'atto di sindacato ispettivo in esame si chiede ai Ministri interpellati se siano al corrente della gravosa situazione lavorativa di alcuni dipendenti del Corpo guardie giurate Spa, in provincia di Mantova, e si chiede, inoltre, se il Governo intenda adottare modifiche normative per precisare la disciplina in materia, al fine di tutelare la salute e la sicurezza di tali lavoratori e se si intenda promuovere una riforma volta al riconoscimento di uno status giuridico delle guardie giurate, istituendo un apposito registro provinciale.

In via preliminare, occorre evidenziare che l'organizzazione dell'orario di lavoro è disciplinata dal decreto legislativo n. 66 del 2003, emanato in attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE. Il citato decreto aveva previsto, all'articolo 2, comma 3, che i servizi del comparto della vigilanza privata potessero essere disciplinati in deroga al decreto medesimo, al fine di realizzare un'organizzazione più flessibile dell'orario di lavoro, in presenza di particolari esigenze di ordine pubblico e di sicurezza. Successivamente, il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con la legge n. 133 del 2008, ha modificato l'articolo 2, comma 3, del citato decreto legislativo n. 66 del 2003, prevedendo espressamente che quest'ultimo non si applichi agli addetti al servizio di vigilanza privata. Allo stato attuale si ritiene che la disciplina dell'organizzazione dell'orario di lavoro nel settore della vigilanza privata trovi la propria regolamentazione esclusivamente nella contrattazione collettiva vigente.

Passando all'esame del merito della vicenda, l'Ispettorato nazionale del lavoro ha rappresentato di aver trasmesso un'apposita nota informativa alla segreteria del Ministro del lavoro in data 26 novembre 2018 in esito a una segnalazione pervenuta da parte di una sigla sindacale ed inoltrata anche all'Ispettorato territoriale del lavoro di Mantova. In tale informativa si riferiva in ordine a dei contatti intrapresi con la locale prefettura e ad un tavolo convocato il 9 ottobre del 2018 con la partecipazione della questura, per valutare anche la situazione inerente la generalità degli istituti di vigilanza ed organizzare un intervento complessivo nel settore.

Nel predetto incontro del 9 ottobre era stato deciso di procedere su due fronti. Da un lato, era stata richiamata l'attenzione di tutte le istituzioni operanti sul territorio provinciale al rispetto della normativa di settore; dall'altro lato, era stata calendarizzata una serie di azioni ispettive volte a verificare il rispetto della normativa in tema di orario di lavoro degli istituti di vigilanza. In tale ottica, in data 25 ottobre 2018, è stato effettuato il primo accesso ispettivo presso la società, unitamente a dirigenti della questura, dal quale è emerso che l'orario di servizio è articolato su cinque giorni lavorativi ed uno di riposo, benché gravoso per il personale impiegato, risulta in ogni caso coerente con le disposizioni recate dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro e dalla contrattazione locale.

La società Corpo guardie giurate Spa, in ogni caso, è a tutt'oggi oggetto di attività ispettiva. L'Ispettorato territoriale del lavoro di Mantova ha fatto presente di essere in attesa della consegna della documentazione concernente i turni di lavoro e l'orario complessivamente svolto dalle guardie giurate nel periodo novembre-dicembre 2018, il cui obbligo di compilazione da parte della ditta è appena scaduto. Tale consegna consentirà di conoscere l'andamento delle ore lavorate per il 2018 dal momento che il contratto collettivo nazionale di lavoro pone come periodo di riferimento per la verifica dell'orario massimo di lavoro l'arco temporale annuale gennaio-dicembre. All'esito dell'istruttoria l'Ispettorato territoriale di Mantova si relazionerà con la prefettura e la questura locali, in qualità di enti titolati alla concessione della licenza.

Per quanto attiene, infine, all'istituzione di un registro provinciale delle guardie giurate, auspicata nell'interpellanza parlamentare in questione, si fa presente che con circolare del Ministero dell'Interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, del 9 ottobre 2018, è stato istituito il database nazionale degli operatori per la sicurezza privata. È interesse del Governo seguire gli ulteriori sviluppi dell'attività ispettiva con il primario intento di salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

PRESIDENTE. Il collega Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente; ringrazio il sottosegretario per la risposta, che è importante e dimostra sia le attività locali della prefettura che dell'Ispettorato del lavoro, di cui appunto attendiamo alcuni esiti, però è bene che ci sia stata questa attivazione per verificare se, in effetti, l'orario annuale di questa società rispetti per lo meno il contratto collettivo nazionale. Bene che si sia avviato il percorso per avere un database nazionale su questi operatori; credo che dal punto di vista parlamentare poi si proseguirà l'istruttoria per capire se si può fare qualcosa in più.

Voglio ricordare, appunto, che nella generale gravosità del lavoro, il lavoro di turnista, di per se stesso, secondo per esempio il libro “Aging-Ebook: Il libro d'argento su invecchiamento e lavoro”, tende a limitare la vigilanza, ad aumentare gli errori e ad aumentare gli incidenti, in particolare, con l'aumentare dell'età. Per cui, nel caso del lavoro della guardia giurata, questo fatto di avere un orario definito in una contrattazione nazionale, però, non può prescindere dal fatto che si sovrappone la gravosità del lavoro anche alla sicurezza, all'aumento di incidenti, quindi, con i rischi per gli operatori e per il pubblico.

Pertanto, auspico che prosegua la discussione per verificare se ci siano le condizioni per migliorare anche questo contratto nazionale che ha degli aspetti assolutamente di interesse pubblico ormai assodati nella letteratura internazionale e anche, purtroppo, assodati da vari fatti di cronaca che riguardano anche gli operatori di questo servizio. Poi, è chiaro che ci sarà da valutare se ci saranno le condizioni per inserirlo tra i lavori usuranti.

(Elementi e iniziative in merito al servizio di protezione del giornalista Paolo Berizzi, destinatario di ripetuti atti intimidatori e minacce – 2-00254)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Carnevali ed altri n. 2-00254 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Carnevali se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ELENA CARNEVALI (PD). Grazie, Presidente. Sottosegretario Durigon, dopo la Turchia e anche l'Ucraina, con quindici e quattordici segnalazioni, l'Italia e la Russia sono tra i Paesi con il più alto numero di allerte nel 2018, in tutto sono tredici. Questo è un dato allarmante che è stato riportato solo tre giorni fa da questo rapporto annuale, che è preparato da dodici organizzazioni che gestiscono la piattaforma del Consiglio d'Europa per la protezione del giornalismo e per l'incolumità dei giornalisti. È una situazione di crescente violenza contro la stampa che il Consiglio d'Europa definisce particolarmente grave e che dovrebbe essere un monito preoccupante, perché si prende di mira soprattutto chi fa informazione e, spesso, chi rischia la propria vita.

Secondo questo rapporto, peraltro, si dice anche che questo crescente numero di minacce e di segnalazioni è arrivato dopo che si è insediato questo nuovo Governo a partire da giugno. Inoltre, si sottolinea che i due Vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, esprimono regolarmente sui social un linguaggio ostile nei confronti dei media e, addirittura, si è arrivati all'idea di minacciare anche di togliere la protezione a Roberto Saviano, piuttosto che, spesso, un attacco al giornalismo e alla libera stampa.

Noi, tra i tanti giornalisti, qui ci prendiamo cura di Paolo Berizzi, un giornalista bergamasco, un giornalista della testata de la Repubblica, autore del libro “NazItalia” e di importanti indagini soprattutto sull'area dell'estremismo nero, che è stato minacciato da parte di militanti neofascisti e di ultrà di estrema destra, in particolare, da Forza Nuova, Do.Ra. e Mab.

Il 26 di gennaio, dopo una sua partecipazione per motivi di lavoro al funerale dell'ultrà varesino che è rimasto ucciso negli scontri a margine della partita Inter-Napoli, Paolo Berizzi viene puntato e avvicinato e solo grazie all'intervento e alla presenza della DIGOS e dei funzionari della questura sono state evitate delle conseguenze molto gravi.

Il coraggioso inviato de la Repubblica ha ricevuto anche sui social numerose minacce, estese non solo a lui, ma anche alla sua famiglia, con l'augurio di documentare presto il funerale della madre, di avere una morte con dolore e pena, di essere portato in un box e di vedersi strappare la lingua. Anche nella nostra città, a Bergamo, in cui il giornalista vive sono state tante le minacce: dal danneggiamento della sua auto a scritte molto ingiuriose, minacce, svastiche sotto la propria casa, alla presa di mira di una testata giornalistica di Bergamo, BergamoNews, con un attacchinaggio notturno di volantini nei quali Berizzi veniva definito “la vergogna di Bergamo”.

Al giornalista Paolo Berizzi era stata - dico “era stata” - disposta la vigilanza generica da parte delle forze dell'ordine: un dispositivo che gestisce e garantisce il passaggio più volte al giorno di mezzi della polizia sul luogo di dimora della persona sottoposta a tutela. Un servizio reso con molta perizia dagli agenti che, però, lasciava scoperto il giornalista per molte ore del giorno.

Bene abbiamo fatto - e ringrazio, peraltro, il Comitato per l'ordine e la sicurezza di Bergamo, la prefettura e la questura, che ha inviato, poi, un rapporto al Ministero - a presentare questa interpellanza sia alla Camera che al Senato per segnalare se non fosse il caso di rivedere l'attuale vigilanza generica, dove - noi sappiamo già che la risposta ci verrà data - è stata poi destinata e, quindi, può usufruire attualmente di una scorta.

Io penso che, di fatto, questo sia il motivo di fondo, oltre alla preoccupazione nei confronti del giornalista Paolo Berizzi, di questa interpellanza che vogliamo ampliare: siamo in una condizione, anche in merito a questo rapporto, di doverci fare carico, innanzitutto, di cambiare il linguaggio, l'ostilità nei confronti di chi garantisce un'informazione libera e documentata e di garantire la protezione e l'incolumità dei giornalisti. Questa è la ragione dell'interpellanza che abbiamo presentato al Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Claudio Durigon, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Presidente, onorevoli deputati, come è noto, la valutazione delle situazioni di potenziale esposizione al pericolo individuale è effettuata in attuazione della legge n. 133 del 2002, sulla base di valutazioni tecniche operate da un duplice livello: quello locale, nell'ambito della riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, presieduta dal prefetto, con la partecipazione dei vertici provinciali delle forze di polizia, che forniscono gli elementi informativi raccolti in sede istruttoria, e quello centrale, a cura dell'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, cui spetta il coordinamento di elementi raccolti in sede locale con eventuali ulteriori dati e la conseguente adozione delle definitive determinazioni in merito.

Venendo al caso segnalato dagli interpellanti, si rappresenta che l'esposizione al rischio del dottor Paolo Berizzi è stata costantemente monitorata dalla prefettura di Bergamo, in particolare, nelle riunioni di coordinamento delle forze polizia dell'8, del 24 e del 31 gennaio scorso. È stata svolta un'approfondita analisi della posizione del giornalista destinatario, nel mese di febbraio 2017, di un servizio di vigilanza generica radiocollegata.

All'esito delle valutazioni effettuate è stato proposto dall'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale l'applicazione di una misura di protezione ravvicinata in relazione all'ampia campagna denigratoria avviata nei confronti del giornalista dopo la pubblicazione di reportage sull'estrema destra e della presentazione del suo ultimo libro “NazItalia”. Sono stati, inoltre, oggetto di esame i commenti intimidatori postati sul web indirizzati al dottor Berizzi da appartenenti a gruppi di estrema destra e formazioni ultras, dopo che lo stesso aveva partecipato quale inviato del giornale la Repubblica ai funerali del tifoso Daniele Belardinelli svoltisi in provincia di Varese. In quell'occasione il giornalista, avvicinato da una trentina di appartenenti al sodalizio di estrema destra Do.Ra., si è potuto allontanare in sicurezza con l'intervento della Polizia di Stato presente sul posto.

Con nota del 1° febbraio 2019, l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, condividendo la proposta formulata dalla prefettura di Bergamo, ha disposto nei confronti del dottor Paolo Berizzi l'istituzione di un dispositivo di quarto livello, che sarà eseguito dal personale dell'Arma dei carabinieri, fermo restando il dispositivo di vigilanza generica radiocollegato già in atto.

PRESIDENTE. Il collega Sensi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Carnevali ed altri n. 2-00254, di cui è cofirmatario.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. No che non siamo soddisfatti della sua risposta, signor sottosegretario, e la mia non è una formula di rito come si conviene tra maggioranza e opposizione secondo una liturgia che rispettiamo come fosse un gioco delle parti. No, la sua risposta non ci soddisfa, non è etimologicamente abbastanza perché, purtroppo, la questione delle minacce e delle aggressioni, delle intimidazioni e delle violenze, non solo verbali, subite dai giornalisti nel nostro Paese non può essere evasa come non fosse un'urgenza democratica. Non so se il sottosegretario ci ascolta, ma non ci ascolta.

Mi permetta, signor sottosegretario, per il suo tramite, Presidente, il Governo che lei rappresenta in quest'Aula non sembra sentire questa urgenza e, anzi, a mio modo di vedere, contribuisce ad aggravare, talvolta lasciando correre comportamenti offensivi, altre volte, molto più spesso, rendendosi responsabile diretto di un incanaglimento del clima nei confronti di chi svolge la professione di giornalista.

Vede, signor sottosegretario (lo dico a lei, Presidente), c'è chi ritiene che proprio nella ragione fondante di una delle due forze della maggioranza, il MoVimento 5 Stelle, ci sia il seme di un fastidio, di un'intolleranza, di una scarsa capacità di sopportazione nei confronti della libera informazione. Della Lega eviterò oggi di parlare perché non è educato parlare degli assenti; Durigon non vale perché è di Latina. Certo, gioca un suo ruolo il potere. Lo dico per il suo tramite, Presidente: ora siete a Palazzo Chigi, siete al Governo del nostro Paese, e si sa, chi sta al potere, chi oggi rappresenta l'establishment (un tempo si sarebbe detto la casta) di solito mal tollera la critica, il giudizio spesso sferzante, l'inchiesta, lo scrutinio, l'esame, l'analisi. Non è una novità di questo Governo, ma certo questo Governo sembra non brillare per pazienza (usiamo questo eufemismo) nei confronti della stampa, che esercita il proprio lavoro di setaccio sui provvedimenti, le dinamiche, i protagonisti di questa stagione politica.

Non è solo il potere dunque a rendere segnatamente il MoVimento 5 Stelle così renitente, tanto recalcitrante all'autonomia di giudizio dei giornalisti: è qualcosa di più profondo e costitutivo, se posso dire, e riguarda quella che oggi viene chiamata la disintermediazione, l'allergia, peggio anzi, la radicale alterità nei confronti di qualsiasi forma di mediazione di tipo sociale, economico e politico. Sono tendenze beninteso che agiscono in tutto l'Occidente, e non solo, e non solamente in forma negativa, ci mancherebbe; ma che trovano nei 5 Stelle, a mio modo di vedere, quasi una ragione sociale identitaria di questo partito: l'ostilità nei confronti della stampa, l'aggressività nei confronti del sindacato, la sufficienza nei confronti della magistratura, lo svilimento della competenza, le “manine”, i burocrati, sono tutte facce dello stesso fenomeno. Noi siamo i portavoce del popolo, anzi noi siamo il popolo: un frame che veniva richiamato proprio ieri in quest'Aula, contraddittoriamente rivendicato. E dunque qualsiasi mediazione, qualsiasi filtro, qualsiasi interfaccia tra il popolo e il potere che non sia la nostra - consentitemi la brutalità - tradisce il popolo, lo confonde, indebolisce, complica, e per ciò stesso va superato, va fiaccato, va messo in crisi, va posto in questione, talvolta sbeffeggiato, ridicolizzato, rimosso, se possibile; reso in maniera plateale ed evidente, grazie ad esempio ad un uso della rete e dei social network su cui ci sarebbe davvero molto da parlare da capire per comprendere la stagione che stiamo vivendo e l'onda sulla quale sono montati per arrivare al potere - invito tutti a leggere l'interessante articolo apparso ieri sulla rivista americana Wide a tal proposito - additato insomma come un nemico, un nemico del popolo per l'appunto, un nemico della democrazia così intesa.

Se questi sono i presupposti, signor sottosegretario (lo dico sempre tramite lei, Presidente), e ne abbiamo giorno dopo giorno esempi di ogni tipo da parte di questo Governo: liste di proscrizione dei giornalisti cattivi, insulti personali e di categoria, pressioni intollerabili sulle testate, episodi di esclusione, provando a fare terra bruciata attorno al giornalista colpevole di avere scritto qualcosa di sgradito o di avere fatto la domanda spiacevole. Se questi sono i presupposti, dicevo, non c'è davvero di che stupirsi di quanto assai poco credibile poi risulti la risposta del Governo circa lo stato di condizionamento e di intimidazione in cui si trovano ad operare oggi i cronisti e le testate già colpite da tagli mirati, selettivi, operati dal vostro Governo.

Intimidazione, dicevamo: il caso di Paolo Berizzi sollevato dalla collega Carnevali in questa interpellanza è paradigmatico, ma purtroppo tutt'altro che solitario nel nostro Paese. Penso alla vita blindata - lo ha detto la collega Carnevali - che si trovano a vivere giornalisti come Paolo Borrometi o Federica Angeli; penso alle reiterate minacce ed aggressioni subite da Daniele Piervincenzi, prima ad Ostia con Edoardo Anselmi e l'altro ieri in Abruzzo con Sirio Timossi e David Chierchini; al collega de l'Espresso Federico Marconi assieme al fotografo Paolo Marchetti, colpevoli di documentare le celebrazioni e il memoriale di Acca Larentia; ad Andrea Palladino e Andrea Tornago, a Federico Gervasoni, questi ultimi come Berizzi nel mirino della destra neofascista e neonazista per le loro inchieste sulle reti finanziarie, le coperture e le connivenze. Sono solo alcuni dei quasi 4 mila giornalisti minacciati dal 2006 ad oggi, 3.122 concentrati solo a partire dal 2011, con un tasso di impunità per chi minaccia del 98,3 per cento, secondo le statistiche di Ossigeno per l'informazione, una piattaforma preziosa che denuncia le pressioni e le violenze che spesso deve subire chi nel nostro Paese fa questo lavoro; con un tasso di impunità per coloro i quali si macchiano di questi reati altissimo, pari al 90,1 per cento.

E' questo, signor sottosegretario (lo dico sempre attraverso di lei, Presidente) il punto che sto cercando di argomentare: se questi sono i dati impressionanti delle condizioni in cui versa la libertà di stampa in Italia…

Lo dico con senso della misura: ho letto stamattina l'intervento di Senaldi, abbiamo il senso delle proporzioni; però anche la consapevolezza di come basti poco. Se è questa l'aria che tira per chi fa le domande scomode, per chi non si fa bastare la propaganda dei potenti di turno, per chi illumina i lati oscuri del nostro Paese, dalla criminalità organizzata ai gruppi neofascisti, com'è possibile che il Governo italiano, la maggioranza, invece di aiutare i giornalisti, invece di sostenere il loro lavoro, invece di metterli in condizioni di svolgere la loro professione, li additino come nemici, li insultino, minaccino di lasciarli da soli, di non proteggerli, di togliere loro la scorta? La scorta come metafora e non come costo: metafora di protezione, di cura, di riguardo.

Pochi giorni fa, signor Presidente (il Partito Democratico lo ha ricordato in quest'Aula, lo ha fatto adesso Elena Carnevali), nel Rapporto annuale del Consiglio d'Europa sulla protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti l'Italia è risultata tra i Paesi dove i rischi e le minacce alla libertà di stampa sono diventate più preoccupanti. Significativo, Presidente, che il rapporto del Consiglio d'Europa fra tutti si concentri su quattro Paesi: l'Italia, la Russia di Putin, la Turchia di Erdoğan e l'Ungheria di Orbán. Ripeto: la Russia, la Turchia e l'Ungheria, una compagnia che ogni giorno di più diventa il recinto, la ridotta, l'angusto perimetro della nostra proiezione esterna, della nostra immagine in Europa e nel mondo. Questo in un contesto globale, dalla morte efferata di Ahmad Khashoggi, il giornalista del The Washington Post, alle intimidazioni nelle Filippine alla giornalista Maria Ressa, nel quale scrivere su una testata, andare in giro con la telecamera nei luoghi meno illuminati, denunciare alla radio le cose che non vanno può diventare un rischio per la propria incolumità, per la propria vita.

Se questo è quanto succede nel mondo ai giornalisti, se questo, Presidente, è quello che succede in Italia, con il suo lugubre primato tra i partner europei, non si stupisca, signor sottosegretario (sempre per il suo tramite), se non possiamo ritenerci soddisfatti della sua replica. Il nostro è un Paese nel quale la libertà di stampa, il pluralismo dell'informazione non solo non vengono considerati molto, troppo spesso un indicatore della qualità della nostra democrazia, ma addirittura nel quale vengono osteggiati, tollerati con degnazione se non con iattanza, vissuti come una molestia, come un fastidioso contrattempo, un rumore di fondo, un borborigmo, se non addirittura come una minaccia, come una inutile mediazione, in un contesto che predica la democrazia diretta (da chi? viene facile il calembour) come unica forma della democrazia, come una rappresentanza distorta, superflua, dunque nociva, per una maggioranza che troppo spesso sembra avere più a cuore Orwell (scelga lei tra La fattoria degli animali e 1984) che Rousseau.

Per quanto ci riguarda, Presidente (ed ho concluso), non ci stancheremo di denunciare questa cultura o incultura del sospetto nei confronti del giornalismo, questa colpevole distrazione di fronte a minacce e intimidazioni subite dai cronisti, questa aggressività che risulta tanto più odiosa in quanto esclude, addita, isola. Penso che l'Italia debba invece un sentimento di solidarietà e di vicinanza a chi si espone ogni giorno a riportare i fatti, a non chinare il capo, a non avere paura, a ricordarci, a ricordarvi che il potere passa, la ricerca della verità no (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative di competenza, anche in sede europea, volte a prevenire e contrastare la diffusione del Fentanyl e ad assicurare controlli efficaci nell'ambito delle strutture del Servizio sanitario nazionale – n. 2-00270)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ianaro ed altri n. 2-00270 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Ianaro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANGELA IANARO (M5S). Presidente, con l'interpellanza odierna si sottopone all'attenzione del Governo una questione di particolare importanza, il dilagare delle nuove droghe. Come si sa, anche in Italia sono state accertate le prime morti dovute al Fentanyl, un oppioide sintetico molto più potente dell'eroina e della morfina, che è normalmente utilizzato in medicina come analgesico narcotico o per la terapia palliativa del dolore cronico neoplastico maligno. La sua potenza, superiore di 80 volte rispetto a quella della morfina, lo rende letale per chi ne fa uso come droga: un fenomeno nato negli Stati Uniti, Paese dove ha causato una vera e propria epidemia. Infatti basti ricordare che, in base agli ultimi dati disponibili relativi al 2017, i morti per overdose negli USA hanno superato i 72 mila casi, e più del 40 per cento di questi decessi è dovuto ad oppioidi sintetici come il Fentanyl.

La droga derivata dal farmaco è letale, perché anche solo 2 milligrammi di Fentanyl possono uccidere una persona.

Per comprendere la pericolosità di questa molecola, segnalo che negli Stati Uniti alcuni agenti di Polizia sono deceduti in seguito al mero contatto cutaneo, poiché l'assorbimento transdermico di questa molecola lo rende biodisponibile in una misura superiore al 95 per cento. La sua estrema pericolosità, inoltre, è dimostrata dal fatto che dal 2000 al 2015, il Fentanyl ha ucciso oltre 300 mila cittadini statunitensi, determinando l'abbassamento dell'aspettativa di vita per due anni consecutivi, il 2015 e il 2016.

Negli Stati Uniti il consumo di questi oppioidi ha subito una crescita notevole sul finire degli anni Novanta, la crisi economica ha infatti favorito il consumo di droghe e i più disperati, i più deboli sono ricorsi agli spacciatori per acquistare eroina nell'illusione di trovare una soluzione ai loro problemi; e qui entra in gioco il Fentanyl, perché è penetrato nel mercato dell'eroina, visti i suoi costi notevolmente più bassi.

Negli USA è normale trovare nel mercato illegale dell'eroina tagliata con Fentanyl o direttamente del Fentanyl spacciato per eroina, proprio perché è più conveniente e redditizio per gli spacciatori vendere tali sostanze, che hanno effetti simili ma molto più potenti dell'eroina. Inoltre, rispetto all'eroina, il Fentanyl offre diversi vantaggi: è completamente sintetico e, dunque, può essere prodotto anche in laboratori rudimentali, è più compatto dell'eroina e, quindi, facilmente trasportabile e presenta enormi vantaggi economici. Cito, a titolo esemplificativo, che un chilo di Fentanyl comprato in Cina, che è il principale Paese produttore, per un costo pari a 3.800 dollari, se tagliato, può rendere oltre trenta milioni di dollari, un'enormità, considerando che un chilo di eroina acquistata per 50 mila dollari può renderne solo 200 mila.

I livelli record di decessi causati da overdose negli Stati Uniti sono causati dalla maggiore letalità della droga. Tagliare l'eroina con il Fentanyl significa renderla molto più potente, esponendo ad un rischio altissimo di morte i consumatori perché abituati all'utilizzo di droghe più leggere. E il fatto che il Fentanyl spesso provochi la morte di chi lo assume non si traduce in un deterrente per i consumatori, anzi, al contrario, un consumatore abituale di oppioidi sviluppa rapidamente una forma di tolleranza nei confronti della sostanza e questo lo spinge a doversi procurare dosi sempre più potenti per non cadere in crisi di astinenza.

Il fenomeno è aggravato dal fatto che il Fentanyl utilizzato come droga è prodotto in Cina e viene contrabbandato nel mondo tramite il dark web. Negli USA, un'indagine di Polizia svolta nei confronti di un'organizzazione criminale cinese ha rivelato il funzionamento della rete di approvvigionamento. I costi di produzione sono molto bassi e i trafficanti di droga che si avvalgono di chimici non professionali, anche loro a basso costo, possono produrre delle sostanze psicoattive per indurre nuova domanda tra i consumatori. Contrastare la produzione di queste droghe è diventato, quindi, sempre più difficile.

Per commercializzare e vendere i prodotti ai clienti in tutto il mondo, anche direttamente ai tossicodipendenti, i produttori di droghe illegali sfruttano il relativo anonimato e la comodità che offre Internet, compreso il dark web, le app di messaggistica peer-to-peer, crittografate, o altre tecnologie emergenti di informazione e comunicazione.

A causa dell'estrema potenza degli oppioidi sintetici, piccole quantità possono essere facilmente trafficate anche attraverso la posta internazionale, oltre ai tradizionali metodi, producendo profitti illeciti non indifferenti. Passando dagli Stati Uniti all'Unione europea, si stima che anche nel vecchio continente la metà delle vendite di droga avvenga mediante ricorso al dark web. La comparsa anche in Europa di oppioidi sintetici è strettamente correlata ad un aumento dei decessi, con enormi rischi per la salute pubblica.

Nel 2017 sono stati scoperti cinque nuovi derivati del Fentanyl e queste sostanze sono disponibili anche in nuove forme, ad esempio spray nasali, che vengono mescolati con altri stupefacenti, come eroina, cocaina, con la conseguenza che spesso i consumatori non sono neanche consapevoli di assumere Fentanyl.

La comparsa di queste droghe potenti comporta difficoltà significative, sia per i servizi sanitari, sia per le forze dell'ordine, che devono contrastarne la diffusione. Come detto, se negli Stati Uniti il Fentanyl rappresenta una delle cause maggiori di morte per overdose, in Europa ci si deve preparare per affrontare un problema della stessa portata.

Infatti, i decessi e i casi di overdose non mortali associati a Fentanyl o ai suoi derivati non controllati evidenziano la necessità di una maggiore e attenta vigilanza.

Tra i Paesi europei maggiormente coinvolti nell'emergenza Fentanyl, c'è il Regno Unito, con circa 4 mila morti per intossicazione da droghe solo nel 2017, preoccupanti i dati relativi ai casi di morte per overdose da Fentanyl, dal 2016 al 2017 sono aumentati del 29 per cento. Altri Paesi coinvolti da questa emergenza sono la Francia, l'Estonia ed in particolare la Germania, che è il secondo maggior consumatore di Fentanyl al mondo dopo gli Stati Uniti. Nella relazione europea sulla droga 2018 stilata dall'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, quindi, di Fentanyl si parla con attenzione e preoccupazione.

Dopo questa lunga ricognizione globale, perché il problema è globale, passo all'analisi dei dati nazionali. Nel mese di luglio dello scorso anno, la Direzione centrale antidroga aveva pubblicato la sua relazione annuale sulla repressione dei traffici di stupefacenti, dove, riguardo al Fentanyl e ai fentanili in generale, specificava che non si erano verificate evidenze della loro presenza nelle piazze italiane. Invece la sostanza era già presente in Italia e aveva già fatto una prima vittima. Il primo caso italiano citato risale, infatti, all'aprile del 2017: un uomo di 39 anni è stato trovato morto nella propria abitazione di Milano. Inizialmente si sospettava un'overdose di eroina, invece si trattava di Fentanyl, ma non si era compreso subito. C'è stato poi un secondo caso, nel giugno del 2018, sempre in Lombardia, questa volta in provincia di Varese, una morte causata da un'overdose di un derivato del Fentanyl, il Furanyl-Fentanyl. Anche in questo caso la scoperta della sostanza è stata successiva. Pertanto, appare evidente che anche in Italia ci siano tutte le premesse perché il Fentanyl diventi un grave problema sociale e poiché prevenire è sempre meglio che curare dobbiamo essere pronti a gestire un eventuale aumento dei decessi dovuti al consumo di questa sostanza.

La comunicazione non tempestiva dell'arrivo del Fentanyl in Italia non ha consentito di conoscere l'esatta diffusione della droga, poiché mancano dati certi relativi ai decessi per overdose avvenuti nell'ultimo anno e mezzo che possano essere legati al Fentanyl e i casi accertati potrebbero essere soltanto la punta dell'iceberg. Oltre al Fentanyl illegale, la cui provenienza è probabilmente cinese, c'è stato anche un primo caso di furto, a fine 2018, nell'ospedale di Melzo, dove sono stati rubati 400 grammi di Fentanyl.

Pertanto, a fronte di questi episodi noti, nel timore che molti di più possano essere quelli ignoti e che non si sia in grado di affrontare adeguatamente il problema, chiedo: se gli interpellati vogliano garantire una maggiore divulgazione dei dati relativi al Fentanyl, poiché la conoscenza consente una risposta razionale ed efficace; se intendano investire l'Unione europea nelle sedi istituzionali proprie della questione, al fine di proporre l'adozione di ulteriori e più efficaci politiche di contrasto alla diffusione del Fentanyl, diramando accurate informazioni alle persone, in particolare alle forze dell'ordine, che sono gravemente esposte al rischio di assorbimento involontario per via transdermica; se intendano sanzionare penalmente il commercio del Fentanyl usato come droga; se sarà garantita un'attenta vigilanza per contrastarne al meglio la diffusione illegale, attivando in particolare la Polizia postale competente per le vendite illegali online; se ci sarà un'indagine per accertare eventuali ulteriori casi di morte non ancora individuati riconducibili al Fentanyl; se si intenda predisporre raccomandazioni per una più sicura detenzione del Fentanyl nelle strutture del Servizio sanitario nazionale; se si intenda prendere contatti con il Governo cinese avviando forme di collaborazione, necessaria per garantire un efficace contrasto al narcotraffico, proveniente principalmente da quel Paese; infine, se il Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio abbia già in programma specifiche azioni mirate per prevenire e contrastare il diffondersi di questa sostanza, tutto ciò perché prevenire e reprimere la catena di distribuzione illegale di Fentanyl deve essere una delle priorità del Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Durigon, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, onorevoli deputati, il Fentanyl e i suoi analoghi di struttura costituiscono una famiglia di oppioidi sintetici. Un piccolo numero di queste molecole viene impiegato nella produzione farmaceutica, mentre la maggior parte, a causa degli effetti psicoattivi che produce, viene commercializzata ed utilizzata illegalmente come sostituto dell'eroina e di altri oppioidi.

Come riportato dall'onorevole interpellante nella premessa dell'atto di sindacato ispettivo, la Direzione centrale per i servizi antidroga del Ministero dell'Interno ha fatto cenno al fenomeno nella propria relazione annuale per l'anno 2017, quale documento riassuntivo dell'attività e dei risultati ottenuti dal nostro Paese nella lotta al traffico illecito delle sostanze stupefacenti. In particolare, nel sottolineare l'allarmante incremento del numero delle morti per overdose (più 9,7 per cento rispetto all'anno precedente), è stato ipotizzato che tale andamento fosse in qualche modo riconducibile ad un'impennata dei consumi di eroina che, nel periodo di riferimento, ha fatto registrare un sensibile aumento delle quantità sequestrate. In quella sede, rilanciando a livello nazionale un allarme diffuso dagli organismi comunitari e internazionali, era stato auspicato un approfondimento congiunto del fenomeno a cura dei diversi attori istituzionali competenti nel settore per valutare se, come accaduto in altre regioni del mondo, potesse aver giocato un ruolo determinante nella recrudescenza di tali eventi letali la circolazione nel mercato di eroina, mescolata con altre sostanze di derivazione sintetica, mimetiche degli effetti dell'oppio, come il Fentanyl e i suoi analoghi di struttura. Nella stessa relazione si individua nella crescente diffusione degli oppioidi sintetici la possibile causa dell'aumento delle segnalazioni di intossicazioni non letali e di decessi, pervenute al sistema di allerta rapido dell'Unione europea, nel cui territorio, nel periodo 2009-2016, sono stati identificati ben 18 derivati di questa pericolosa sostanza, tra i 25 nuovi oppiacei di sintesi intercettati nel periodo. Ad ulteriore riprova della rigorosa attenzione verso la tematica oggetto dell'interpellanza, si rappresenta che, attraverso il costante lavoro di aggiornamento delle tabelle ministeriali annesse al Testo unico in materia di sostanze stupefacenti, effettuato dal Ministero dalla Salute in relazione alle segnalazioni pervenute dagli organi comunitari e dal territorio, è stato possibile annotare diversi analoghi di sintesi del Fentanyl, tra cui i due citati dagli onorevoli interpellanti. In Italia, nello specifico, sono riconducibili al Fentanyl i due seguenti episodi di intossicazione letale: il primo avvenuto il 2 aprile del 2017 e il secondo il 10 giugno del 2018. Si segnala altresì un sequestro di venti cerotti transdermici a base di Fentanyl eseguito a Rende (Cosenza) il 16 Gennaio 2018 e un furto presso l'ospedale di Melzo (Milano), il 31 dicembre 2018, di quattro fiale di Fentanyl, per complessivi 0,400 milligrammi di principio attivo e non per 400 grammi, come riferito nell'atto di sindacato ispettivo. Sull'episodio sono tuttora in corso le indagini da parte dell'Arma dei Carabinieri.

Con riferimento alle misure di tutela adottate per ridurre il rischio di esposizione a tale classe di sostanze da parte degli operatori di polizia, segnalo già che, nel mese di settembre 2017, la Direzione centrale della polizia criminale ha trasmesso a tutti gli uffici e i reparti territoriali una Nota sui pericoli da contatto con il Fentanyl e con gli altri oppioidi sintetici, redatta dalle autorità di polizia statunitensi e fatta circolare tramite Interpol. Tra le iniziative adottate lo scorso marzo 2018 è stato altresì diffuso a tutti gli appartenenti alle forze di polizia, impegnate in azioni di contrasto sul territorio, e al personale delle dogane uno studio dell'Istituto superiore di sanità sui rischi professionali connessi al contatto con il Fentanyl. Allo stato, non risultano intossicazioni accidentali a carico di operatori delle forze di polizia o del servizio sanitario, come riferito anche dal Centro antiveleni di Pavia, che collabora con il sistema di allerta nazionale. Al fine di contribuire all'azione di rilevamento e messa al bando degli oppioidi di sintesi e, in genere, delle nuove sostanze psicoattive, la Direzione centrale della polizia criminale prende peraltro parte al Sistema nazionale di allerta precoce (SNAP), attivato dall'Istituto superiore di sanità per conto del Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, che raccoglie e analizza, attraverso una rete di centri collaborativi, le segnalazioni relative alla comparsa di nuove sostanze d'abuso a livello nazionale ed europeo. Tale sistema interagisce peraltro con l'Osservatorio europeo sulle droghe e tossicodipendenze, che svolge le stesse funzioni dello SNAP in ambito comunitario. Per la rilevanza dei fatti concernenti i decessi riconducibili all'assunzione di Fentanyl sono state diramate, nel settembre del 2018, due allerte di grado massimo.

Con riferimento poi alla richiesta di predisporre piani di vigilanza da parte della polizia postale, si fa presente che è la Direzione centrale per i servizi antidroga a ricercare, anche sul web, ogni elemento utile ad individuare le modalità di commercializzazione, a ricostruire i flussi di questo tipo di sostanze stupefacenti, al fine di georeferenziare le attività di importazione e di spaccio, e ad attivare miratamente gli uffici territoriali delle forze di polizia per svolgere le conseguenti investigazioni.

Sulla tematica, l'Agenzia italiana per il farmaco ha rappresentato che il contrasto all'uso non autorizzato di prodotti contenti Fentanyl costituisce uno dei principali obiettivi dell'operazione transnazionale denominata Pangea, che vede, per l'Italia, il Ministero della Salute, l'AIFA, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e il Comando dei Carabinieri per la tutela della salute-Nas congiuntamente impegnati nel contrasto al commercio illegale di farmaci e di dispositivi medici attraverso la rete.

In merito alla verifica di funzionamento del sistema di allerta e alla divulgazione di appropriate informazioni sui rischi, la stessa Agenzia ha evidenziato come la stessa adotti da sempre tutte le misure idonee ad un'adeguata comunicazione dei rischi, compresi quelli derivanti dall'iperdosaggio del Fentanyl, ovviamente con riferimento ai rischi osservati in relazione alle preparazioni medicinali autorizzate.

Il tema della lotta agli stupefacenti è peraltro oggetto di attenzione anche nel contesto delle relazioni con la Cina. Sul punto, il Ministero degli Affari esteri ha riferito che, in occasione dell'ultimo vertice UE-Cina del 16 luglio 2018, è stato deciso di lanciare un meccanismo di dialogo annuale sul contrasto alla droga e ai relativi traffici, che andrà a incorporare un precedente meccanismo di consultazione sui precursori di droghe, attivato già dal 2009.

Da quanto riferito, si deduce quindi che tutte le competenti autorità del nostro Paese hanno piena consapevolezza dei rischi connessi all'uso e alla possibile diffusione di questa sostanza e che la rete di vigilanza già attiva è in grado di assicurare un efficace monitoraggio del fenomeno anche grazie allo scambio informativo e collaborativo a livello internazionale.

PRESIDENTE. La collega Ianaro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ANGELA IANARO (M5S). Grazie Presidente, grazie sottosegretario, sono ovviamente soddisfatta e rassicurata dalla risposta ricevuta. Infatti, solo dalla profonda conoscenza dei fenomeni in atto, che mutano velocemente, discende la comprensione e da questa possiamo quindi razionalmente attendere anche una possibile soluzione poiché la non conoscenza nega in nuce qualsiasi possibilità di azioni efficaci. Il potere di sindacato ispettivo è fondamentale, quanto quello legislativo perché consente di poter valutare serenamente, in uno spirito di leale collaborazione tra poteri dello Stato, legislativo ed esecutivo, anche le politiche di controllo, nonché gli interventi di riduzione della domanda e dell'offerta di droghe, fatto che è apparso lacunoso in passato rispetto alla specifica sostanza Fentanyl e alle nuove droghe in generale.

Mi rendo conto che la rete è sfuggente per definizione, ma i nostri agenti, già forgiati in questo compito da anni di esperienza, potranno contrastare al meglio il fenomeno in atto e contribuire a svelarne le reali dimensioni.

Concludo, sostenendo che sono ben consapevole che la risposta al fenomeno è complessa; importante però è avere ben chiaro quale sia il fenomeno che dobbiamo fronteggiare per poter agire al meglio in scienza e coscienza e cooperare, Governo e Parlamento, perché il problema del consumo del Fentanyl non assuma in Italia le dimensioni che ha già purtroppo assunto in altri Paesi stranieri.

(Intendimenti del Governo in ordine alla promozione della questione di legittimità costituzionale relativa alla legge della regione Calabria n. 5 del 2019, in materia di trattamento dei rifiuti urbani, nonché iniziative urgenti di competenza per la gestione dei rifiuti in Calabria n. 2-00268)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente D'Ippolito ed altri n. 2-00268 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato D'Ippolito se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIUSEPPE D'IPPOLITO (M5S). Grazie, Presidente, ringrazio il rappresentante del Governo. Con questa interpellanza io e altri colleghi intendiamo sottoporre all'attenzione del Governo e del Ministero dell'Ambiente una serie di questioni.

Di recente, il dipartimento ambiente e territorio della regione Calabria ha scritto ai comuni e ai gestori dei servizi relativi al ciclo dei rifiuti, ricordando loro il subentro all'ente regione, ai sensi della legge regionale 11 agosto 2014 n. 14 e a decorrere dal 1° gennaio 2019, degli stessi comuni che subentravano nei rapporti contrattuali con essi gestori. Nella stessa nota si legge della richiesta del suddetto dipartimento ai riferiti gestori di continuare a erogare i servizi malgrado manchino i contratti, indispensabili, che a parere degli interpellanti non si sa ancora se, come e quando i comuni potranno stipulare, per le loro diffuse difficoltà sia finanziarie che di carattere strettamente amministrativo.

Il rischio che ne deriva è, ad avviso degli interpellanti, che in Calabria la filiera dei rifiuti possa presto bloccarsi completamente, con ogni intuibile conseguenza d'ordine sanitario e d'ordine pubblico, per le comprensibili riserve dei suddetti gestori a proseguire le attività in mancanza delle garanzie contrattuali. A ciò si aggiunga che in Calabria non sono più in esercizio impianti pubblici di trattamento dei rifiuti e discariche in gestione pubblica o privata. Questa affermazione è confermata da un documento che proviene proprio dalla regione Calabria e proprio dal dipartimento ambiente e territorio. È una comunicazione, un'ordinanza, che il dipartimento emette ed è indirizzata all'ultimo gestore dell'ultima discarica aperta in Calabria, che comunicava, appunto, la necessità di chiudere per la raggiunta capacità di abbanco. In questa ordinanza, con la quale la regione intima al gestore di continuare ad esercitare l'attività, si scrive: “Il vostro è l'unico - ripeto, l'unico - impianto di smaltimento in esercizio sul territorio regionale e assicura la continuità del servizio pubblico essenziale, scongiurando il collasso dell'intero sistema”. Questo scrive la regione Calabria, il dipartimento ambiente e territorio, il 31 gennaio scorso.

Quanto al problema del trasferimento delle competenze - che è l'altro aspetto della nostra interpellanza - ai comuni riuniti in ATO, la stessa regione ha pensato di adottare una soluzione temporanea di affiancamento - l'ha definita - dei comuni, che tuttavia non sembra superare le prescrizioni delle norme vigenti in materia di ambiti territoriali. Infatti, il consiglio regionale della Calabria ha promulgato la legge regionale 25 gennaio 2019, n. 5, con la quale il trasferimento delle funzioni amministrative in materia di rifiuti da regione a comuni-ATO viene di fatto completamente eluso attraverso la previsione di accordi attraverso i quali - questo è testuale nella legge - i comuni “…possono delegare alla regione Calabria le funzioni amministrative relative alla gestione del servizio di trattamento”.

Cioè, la norma dice che la gestione deve passare da regione a comuni-ATO e la regione Calabria fa una legge dove dice che, sì, la gestione passa ai comuni-ATO, però loro possono delegare la gestione alla stessa regione. Evidenti sono i problemi di coerenza sistematica e di rispetto di gerarchia delle fonti nel raffronto con il testo unico ambientale, ovvero gli articoli 198 e 200 (sono gli articoli che attribuiscono le competenze ai comuni e agli ambiti territoriali in materia di rifiuti), nonché 203 (che prevede i contratti di servizio nel provvedimento citato).

Ad essi si aggiungono altrettanto evidenti problemi di conformità normativa, in quanto i gestori continuano - e probabilmente continueranno - ad essere privi di qualunque disciplina contrattuale, in barba alle previsioni dell'articolo 203 del testo unico ambientale. Che cosa comporta l'assenza di una definizione dei rapporti in sede contrattuale tra gestori, comuni e ATO? Vi leggo solo i titoli dell'articolo 203, cioè quelle che sono le previsioni che il contratto dovrebbe contenere e per cui, nel nostro caso, non essendoci i contratti, le previsioni sono totalmente evase. Il contratto, se ci fosse, dovrebbe indicare il regime giuridico, l'obbligo di raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario, la durata dell'affidamento, i criteri per definire il piano economico-finanziario, le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio, le tipologie di controllo, gli obblighi di comunicazione e trasmissione di dati, le penali, le sanzioni, il livello di efficienza e di affidabilità, la facoltà di riscatto, l'obbligo di riconsegna delle opere, idonee garanzie finanziarie e assicurative, i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinati dagli enti locali, l'obbligo di applicazione al personale dei contratti collettivi di lavoro per la categoria.

Ecco, tutto questo, nei rapporti attuali con i gestori di servizi della filiera dei rifiuti in Calabria, dal 1° gennaio non c'è più, perché non ci sono più i contratti stipulati, cioè i gestori operano senza contratti. C'è ancora un altro problema, un problema nel problema. Oltre all'assenza di qualunque disciplina contrattuale, vi sono problemi di regolarità contabile, avendo la legge regionale stanziato, con una variazione al bilancio regionale, la cifra di oltre 87 milioni di euro, per la cui copertura vengono ipotizzati degli improbabili versamenti comunali, nonostante che, invece, gli obblighi siano degli ambiti territoriali ottimali - degli ATO - e non dei singoli enti locali.

Per quanto concerne, poi, la carenza di impianti pubblici di trattamento e smaltimento, la regione Calabria, sempre nel mese di gennaio 2019, ha visto andare deserta per la seconda volta la gara europea per il trasferimento transnazionale dei rifiuti. Nel mentre, si preannuncia la predisposizione di una terza gara, con notevole aumento dei prezzi offerti e che, ove trovasse partecipanti, eroderebbe tutte le risorse finanziarie delle quali beneficerebbero in tariffa i cittadini che seguono la prassi della raccolta differenziata, la quale, pertanto, verrebbe di fatto presto abbandonata.

Inoltre, se tutto quello che ho detto finora non bastasse, la regione è orientata solo a favorire la realizzazione di future mega-discariche private, spesso in spregio di norme di tutela ambientale e storico-paesaggistica, con grave nocumento degli interessi della collettività. Ancora, si aggiunga che, nel tempo, in Calabria, regione che secondo l'ISPRA è la penultima in Italia quanto a percentuale di raccolta differenziata, il suo presidente, Mario Oliverio, in merito al ciclo dei rifiuti ha gestito il regime ordinario con ricorso sistematico a ordinanze in deroga, ben dodici in quattro anni, prassi che nello specifico non è consentita dalla norme in vigore, come peraltro mi è stato già chiarito dal competente sottosegretario per l'ambiente in sede di risposta a un'interrogazione a risposta immediata in Commissione.

Su tutte queste premesse si sottopone ai Dicasteri competenti e all'intero Governo, innanzitutto, il quesito se non si ritenga opportuno, per ripristinare il rispetto della gerarchia delle fonti, promuovere la questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, in relazione alla legge regionale 25 gennaio 2019, n. 5 recante “Disposizioni transitorie per la gestione del servizio di trattamento dei rifiuti urbani” per conflitto con gli articoli 199, 200 e 203 del testo unico ambientale, cioè del decreto legislativo n. 152 del 2006, assumendo però nel contempo urgenti iniziative di competenza per la gestione dei rifiuti nel territorio calabrese, anche prendendo in considerazione l'ipotesi di deliberare lo stato di emergenza e procedere, conseguentemente, alla nomina di un commissario governativo con riferimento alla situazione dei rifiuti nella regione Calabria.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Durigon, ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente e signori onorevoli, con l'interpellanza urgente in oggetto, l'onorevole D'Ippolito, dopo aver illustrato le problematiche inerenti la gestione del ciclo dei rifiuti nella regione Calabria e, in particolare, il previsto trasferimento a decorrere dal 1° gennaio 2019, ai sensi della legge regionale 11 agosto 2014, n. 14, delle funzioni amministrative in materia di rifiuti dalla regione ai comuni riuniti in ambiti territoriali ottimali (ATO), nonché le disposizioni della legge regionale 25 gennaio 2019, n. 5 che, prevedendo la possibilità di accordi attraverso i quali i comuni possono delegare alla regione Calabria le funzioni amministrative relative alla gestione del servizio di trattamento, comporterebbero secondo l'interrogante l'elusione delle previsioni di cui alla citata legge regionale n. 14 del 2014 e delle corrispondenti disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 di cui le prime costituirebbero attuazione, chiede di conoscere se il Governo intenda promuovere la questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, della legge 25 gennaio 2019, n. 5 recante “Disposizioni transitorie per la gestione del servizio di trattamento dei rifiuti urbani”, per conflitto con gli articoli 199, 200 e 203 del decreto legislativo n. 152 del 2006, assumendo nel contempo urgenti iniziative di competenza per la gestione dei rifiuti nel territorio calabrese, anche prendendo in considerazione l'ipotesi di deliberare lo stato di emergenza e procedere conseguentemente alla nomina di un commissario governativo con riferimento alla situazione della regione Calabria.

La legge regionale in parola è stata pubblicato nel Bollettino ufficiale della regione Calabria del 25 gennaio 2019, n. 18. Pertanto il termine ai fini della valutazione di compatibilità costituzionale per l'eventuale impugnativa della legge in argomento, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, verrà a scadenza il prossimo 26 marzo 2019. Entro tale data il provvedimento sarà esaminato dal Consiglio dei ministri.

Al momento, è in corso la necessaria istruttoria da parte del dipartimento per gli affari regionali e le autonomie con le amministrazioni interessate.

In questa fase, quindi, non è possibile fornire ulteriori elementi informativi.

PRESIDENTE. Salutiamo i ragazzi e gli studenti dell'Istituto comprensivo “Castelverde” di Roma e della Scuola primaria “Ernesto Chiovini” di Roma. Grazie per essere qui, ragazzi (Applausi).

L'onorevole D'Ippolito ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GIUSEPPE D'IPPOLITO (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio innanzitutto il sottosegretario per la risposta, per avere manifestato l'attenzione del Governo che, nei termini previsti dalla legge, esaminerà la legge regionale di cui riteniamo debba essere disposta l'impugnazione davanti alla Corte costituzionale.

Devo dire che la Calabria attende con fiducia e attenderà con fiducia la valutazione che il Governo farà su questa legge e che farà sull'intero sistema regionale della gestione dei rifiuti che, ripeto, non sta andando verso l'emergenza ma è già in una situazione di emergenza piena e conclamata in corso.

Nell'illustrare l'interpellanza urgente ho già citato i documenti dei responsabili dei dipartimenti della regione che confermano tale situazione.

La parte politica, la parte responsabile del disastro in atto, ovviamente lo nega ed essendo priva di argomenti, lo nega con affermazioni al limite, anzi direi, oltre il limite del ridicolo. L'ultima è di soli due giorni fa: l'assessore all'ambiente della regione Calabria, Antonietta Rizzo, ha affermato che le difficoltà calabresi nello smaltire i propri rifiuti sono dovuti all'eccessivo utilizzo di discariche da parte del comune di Roma. E, devo dire, ha ragione perché la crisi impiantistica della regione Lazio è la prova dell'inefficienza gestionale e programmatica di una giunta regionale a guida PD al pari della inefficienza gestionale e programmatica della giunta regionale calabrese sempre a guida PD. Quando l'assessore Rizzo si renderà conto che le sue giustificazioni aggravano e non alleggeriscono la posizione della sua giunta, cambierà obiettivo. Che so, forse se la prenderà magari con la Brexit, per dire che i rifiuti della Calabria non possono essere esportati in Inghilterra.

Signor sottosegretario, sono perfettamente consapevole della gravità di una richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza nel settore dei rifiuti e della conseguente richiesta di nomina di un commissario, specie in Calabria dove il commissariamento dei rifiuti è durato ben quattordici anni. Ma, la prego di credermi, la Calabria ha ormai esaurito tutte le proprie alternative: residua solo vedere l'intervento del potere centrale in sostituzione di quello regionale. Infatti, ho illustrato prima la situazione nella quale la Calabria si trova e adesso la riepilogo per titoli: zero impianti di trattamento, esauriti o non conformi a legge; zero discariche pubbliche o private, esaurite; totale assenza di impianti di trattamento dell'organico, mai previsti; gestori non contrattualizzati; ATO non formati; comuni inadempienti; investimenti solo su mega-discariche private magari in zona di tutela ambientale e ancora al di là da venire; fallimento di tutte le operazioni di trasferimento dei rifiuti fuori regione; raccolta differenziata quasi da ultimi d'Italia vanificata da costi sempre più alti per lo smaltimento; l'intera filiera dei rifiuti bloccata; la conseguente, quotidiana scoperta di discariche abusive anche di rifiuti pericolosi in ogni dirupo, in ogni bosco, in ogni luogo di difficile accesso.

Dunque, la situazione nella quale la Calabria si trova è proprio generata dall'inefficienza amministrativa, dall'incapacità gestionale e dall'incapacità programmatoria di chi gestisce il potere a livello locale. In cinque anni dalla legge n. 14 del 2014, che citavo, non si è riusciti ad organizzare gli ATO rifiuti. In altrettanti anni, dal piano regionale non si è riusciti a programmare una rete impiantistica che fosse a gestione pubblica e non privata.

Vede la stessa previsione contenuta nel piano regionale, che prevede un impianto di trattamento e una discarica di distretto per ciascun ATO, non è di per sé un'ipotesi di lavoro sbagliata ma quando in tutta la Calabria si prevedono solo cinque ATO e di questi cinque ce n'è uno che comprende 700 mila abitanti, un altro 550 mila abitanti e quello più piccolo ne prevede 160 mila, allora, non parliamo più di impianti e di discariche di prossimità ecologicamente sostenibili, ma parliamo di megastrutture con un fortissimo impatto ambientale, sociale, antropico e su flora e fauna. Ecco perché chiediamo un intervento di programmazione centralizzato, perché i calabresi non possono aspettare ancora un anno prima di andare a nuove elezioni regionali e mandare a riposo l'attuale governatore Gerardo Mario Oliverio che, nonostante sia attinto da un provvedimento cautelare di obbligo di dimora, in luogo diverso dalla sede regionale, non ci pensa affatto a restituire volontariamente le chiavi dei palazzi della regione ai calabresi, che ne sono i legittimi proprietari. Signor sottosegretario, rappresentanti del Governo, Governo, aiutateci ad anticipare quel momento a tutela della salute e del buon vivere civile di tutti i miei corregionali e di tutta la Calabria (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Orientamenti circa la nomina di un commissario straordinario per risolvere la situazione della viabilità stradale in Sicilia e iniziative normative in relazione alle cause della mancata erogazione dei servizi pubblici essenziali – n. 2-00269)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Germanà ed altri n. 2-00269 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Germanà se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANTONINO GERMANA' (FI). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, la situazione in cui versa il sistema viario siciliano, già da tempo critica, va aggravandosi sempre di più e, in particolare, quello autostradale dove si verificano, sempre più spesso, incidenti, anche gravi, con numerosissimi morti a causa delle pericolosissime e pessime condizioni in cui versa e, quindi, gallerie fatiscenti, carreggiate cosparse di buche e frane diffuse. L'autostrada Messina-Catania, l'A18, è la principale dorsale autostradale della Sicilia orientale nonché parte integrante dell'itinerario europeo E45. La centralità di questa opera è oltretutto rimarcata dai numeri: da anni ormai i volumi di traffico tra Messina e Catania sfiorano circa i 30 milioni di veicoli in transito e, in particolare, tra le località di Taormina e Giardini Naxos, località notoriamente turistiche, annualmente si registrano circa 2 milioni di presenze di turisti; quindi, pensate un po' che vergogna.

Purtroppo, altri dati numerici rendono famosa la nostra autostrada A18 e, quindi, protagonista nel settore viario siciliano. Basti ricordare che nell'anno appena passato, nel 2018, gli incidenti registrati su questo tracciato, caratterizzato da queste gravi e inaccettabili criticità, sono stati 617 e sulla medesima autostrada lo scorso 15 gennaio - e coincidenza vuole che sia passato un mese, dato che oggi è il 15 febbraio - l'ispettore capo della Polizia stradale di Giardini Naxos, Angelo Spadaro, è rimasto ucciso schiacciato contro il guardrail da un TIR sopraggiunto mentre l'agente, svolgendo il suo dovere, stava intervenendo per un altro incidente.

Il governo regionale, orgogliosamente in carica da un anno - mi riferisco al governo in carica di centrodestra -, con alla guida il presidente Musumeci, sta intervenendo con un programma tracciato dall'assessore ai lavori pubblici, l'onorevole Marco Falcone; un programma imponente di circa 120 milioni di euro, che forse non ha precedenti nella storia, e che servirà alla pavimentazione del manto stradale, al guardrail, alla segnaletica - insomma, una messa in sicurezza importante di questa rete autostradale - e anche a rimuovere quella che ormai è definita la “frana della vergogna”, una frana che dal 2015 interrompe una carreggiata dell'autostrada a Letojanni, con un intervento di 4 milioni di euro, un piccolo intervento per una frana che è ormai lì da quattro anni e, quindi, con 4 milioni di euro della Protezione civile.

Ovviamente, sono problematiche riconducibili non a questo governo, ma ad anni di gestioni da parte delle precedenti amministrazioni regionali e da precedenti gestioni del CAS, il Consorzio autostrade siciliane, che è un concessionario delle autostrade siciliane, un concessionario dell'ANAS. E voglio ricordare, perché è bene sempre ricordarlo, che il centrodestra guida la regione Sicilia soltanto da un anno ma che Forza Italia non ha governato la Sicilia per quasi un decennio e, quindi, sono responsabilità che non possono essere attribuite a Forza Italia e, quindi, al mio partito ma, come dicevo, alle precedenti gestioni sia regionali sia del consorzio autostrade, consorzio autostrade che, per non farsi mancare nulla, è stato investito anche da un'importante inchiesta nel 2017 della DIA per appalti truccati, progetti inesistenti, abuso d'ufficio e tante altre cose negative.

Le previsioni che ci danno dal CAS ci dicono che quei pochi milioni di euro, sembrerebbe un paio di milioni di euro che hanno a disposizione per gli interventi di pavimentazione e per rattoppare qualche buca, ormai sono insufficienti e si continua, quindi, a tamponare, a svolgere micro-interventi di poche centinaia di metri, praticamente deviando le corsie e, quindi, incrementando notevolmente anche il numero degli incidenti e causando anche ritardi a chi da Messina parte per andare a prendere un aereo all'aeroporto di Catania o di Palermo.

Ci risulta, inoltre, che un importante intervento - che potrebbe mitigare un po' tutti questi incidenti in quest'autostrada così ammalorata - di 24 milioni di euro, è fermo in attesa del via libera del provveditorato regionale alle opere pubbliche, che è un organo del Ministero dei trasporti, controllato dal Ministero dei trasporti e, quindi, controllato da questo Governo. Così vuole il codice degli appalti, solo che, ahimè, al provveditorato alle opere pubbliche fanno poche sedute e i tempi si allungano a dismisura. Questa è una cosa inaccettabile che oltretutto aggrava, come dicevo, la già inaccettabile situazione in cui versano le autostrade siciliane.

Il Ministro, che abbiamo voluto interpellare con questo nostro atto ispettivo, durante una conferenza stampa del 20 novembre 2018 ha affermato che per risolvere il problema della viabilità avrebbe adottato il “modello Genova”, nominando così un commissario straordinario al quale avrebbe assegnato i poteri e i fondi necessari. Al di là delle appartenenze politiche - queste erano le dichiarazioni del Ministro Toninelli - è necessario lavorare insieme per abbreviare i tempi. Il Ministro continuava affermando che forse già nel prossimo Consiglio dei Ministri - questo lo disse il 20 novembre – sarà nominato un commissario straordinario per la Sicilia per mettere in condizioni di ordinarietà una situazione che al momento appare assimilabile, per buona parte dei 26 mila chilometri di strade provinciali, a quelle postbelliche. E lo stesso Toninelli continuava, dicendo: servono interventi ordinari e straordinari. Sono qui a proporre un commissario straordinario governativo che non si sostituisca alla regione ma che integri. Un nome proposto dalla regione con la condivisione di tutti. Lo dico con grande sincerità: oggi lo Stato torna a interessarsi concretamente della Sicilia e anche qui bisogna riprendere in mano la situazione e se servono poteri speciali lo faremo, così in pochi mesi qualche cantiere potrà essere sbloccato.

Ecco, io vorrei dire al Ministro Toninelli, signor sottosegretario per suo tramite, che se vuole nominare questo commissario lo faccia pure, è nelle sue competenze, però dal 20 novembre a oggi sono passati quattro mesi e se questo imponente piano della regione siciliana di 120 milioni di euro non può decollare, non decolla a causa dell'inerzia del provveditorato alle opere pubbliche siciliane, controllato proprio dal Ministero dei trasporti. Quindi, si attivi a far approvare i progetti presentati dal governo regionale siciliano a guida di centrodestra per mettere in sicurezza le nostre autostrade. E, poi, c'è anche da ricordare che le ex province, oggi liberi consorzi purtroppo, e città metropolitane sono sottoposte a un prelievo forzoso - che sarà oggetto di discussione, io spero, presto in questo Parlamento - da parte dello Stato.

Il processo di riforma che si avviò nel 2014 non ha, però, ricevuto un adeguato sostegno finanziario da parte dello Stato centrale, anzi, è stato caratterizzato sempre da un crescente prelievo forzoso che ha quasi cancellato ogni autonomia finanziaria regionale, in palese violazione all'articolo 119 della Costituzione; di tale avviso è anche la Consulta, si veda la sentenza n. 137 del 2018. Il prelievo forzoso operato dallo Stato, in violazione ai principi costituzionali, ha reso impossibile l'erogazione di fondamentali servizi pubblici essenziali, soprattutto in materia di viabilità, ma esso incide, ovviamente, complessivamente, sulla possibilità di fornire adeguati servizi sociali, come l'edilizia scolastica (e ve lo dice uno che è stato anche assessore provinciale alla pubblica istruzione e all'edilizia scolastica).

Siamo, pertanto, innanzi a un caso che potremmo definire come dissesto indotto dalla normativa, che ha reso impossibile il completamento del processo di una riforma avviata prima dal legislatore nazionale e poi dal legislatore siciliano. Tutto ciò premesso, con l'interpellanza chiediamo se le condizioni di cui in premessa corrispondano al vero - noi di questo siamo certi - e, nell'eventualità positiva, quali iniziative intenda assumere questo Governo e, in particolare, se intenda veramente provvedere alla nomina di un commissario, o se non fossero soltanto dichiarazioni farneticante del Ministro Toninelli - alle quali ormai ci siamo anche abituati - e quando lo voglia nominare; infine, chiediamo quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere questo Governo al fine di intervenire sulla causa provinciale delle problematiche illustrate in premessa, cioè in merito al prelievo forzoso.

Pertanto, è bene ricordare, anche in questa sede, che io ho presentato a luglio un disegno di legge sul prelievo forzoso che è stato incardinato, proprio questa settimana, in Commissione bilancio e che potrebbe essere una boccata d'ossigeno per le ex province, oggi liberi consorzi, e quindi per migliorare la viabilità, l'edilizia scolastica e tanti altri servizi importanti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato Durigon ha facoltà di rispondere.

CLAUDIO DURIGON, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in merito al sistema viario siciliano, in particolare all'infrastruttura gestita dal Consorzio autostrade siciliane, i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che svolgono costante attività di vigilanza hanno rilevato alcune non conformità e inadempimenti da parte del Consorzio concessionario. Ciò ha portato, a partire dal 2007, alla formulazione di ripetute contestazioni e diffide, culminate, a luglio del 2010, nel decreto interministeriale MIT-MEF di decadenza della concessione. Nel settembre 2012 tale decreto è stato annullato dal consiglio di giustizia amministrativa della regione siciliana. Le attività di verifica sono comunque proseguite e hanno portato, da ultimo, alle diffide formulate con note del 7 settembre 2017 e del 26 agosto 2018.

In tale contesto sono state richieste al concessionario puntuali controdeduzioni ed è stata evidenziata l'importanza di predisporre un piano operativo per il superamento delle non conformità degli adempimenti più volte contestati. Solo lo scorso 12 febbraio, il concessionario, nel riferire sullo stato di esecuzione delle opere di manutenzione relative all'anno 2018, ha trasmesso un piano programmatico e un piano di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria da effettuarsi nell'arco del triennio 2019-2021.

Sulla base della documentazione acquisita sono stati avviati ulteriori approfondimenti tecnici, tuttora in corso. All'esito delle suddette verifiche i predetti uffici adotteranno tutte le opportune misure volte a garantire la sicurezza dell'utenza e la tutela dell'interesse pubblico.

Con specifico riferimento agli interventi di manutenzione straordinaria nella pavimentazione della tratta Messina-Giardini e Giardini-Giarre, il provveditorato interregionale delle opere pubbliche Sicilia e Calabria evidenzia che il progetto dei lavori è stato inserito nell'ordine del giorno del prossimo 26 febbraio per il prescritto parere del comitato tecnico amministrativo.

Quanto poi alla nomina di un commissario straordinario, ex articolo 11 della legge 23 agosto 2988 n. 400, il Governo sta lavorando al fine di giungere in tempi brevi a una delibera del Consiglio dei ministri che individui il soggetto più adatto a cui conferire tale incarico, per porre finalmente rimedio ai numerosi problemi del settore viario in Sicilia nel solco dell'indirizzo politico di questo Esecutivo, improntato agli investimenti di manutenzione delle infrastrutture esistenti e quindi della sicurezza dei cittadini.

Infine, in merito alla delicata questione del prelievo forzoso sulla quale il MIT è particolarmente sensibile, informo che sono già state avviate interlocuzioni con il Ministero dell'economia e delle finanze per individuare adeguate soluzioni affinché siano assicurate le risorse necessarie per l'erogazione dei servizi pubblici essenziali.

PRESIDENTE. L'onorevole Germanà ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANTONINO GERMANA' (FI). Grazie, Presidente, grazie, signor sottosegretario. La cosa che più mi soddisfa oggi, dichiarandomi insoddisfatto della sua risposta, è che a rispondere alla mia interpellanza sia venuto lei che si occupa di altra materia, ma che forse, probabilmente, ne sa, di lavori pubblici, più del Ministro Toninelli. Quindi, non posso dichiararmi soddisfatto per la sua risposta. Si evince dalla sua risposta che il Governo cerca di prendere tempo perché ancora non sa cosa dire: non sa cosa dire sul commissario. Il Governo ci ha dato una notizia positiva, che è quella di aver messo all'ordine del giorno, da parte del provveditorato alle opere pubbliche, il vaglio dei progetti che il nostro governo regionale ha presentato e questo è importante, però appare evidente che questo Governo ancora non abbia scelto le priorità di intervento e sia indeciso su quale sia la via da percorrere a proposito della nostra viabilità.

I dati indicati in fase di redazione e di illustrazione dell'atto di sindacato ispettivo sono fondati su fatti conosciuti da tempo e, purtroppo, non risolti. Le tratte autostradali - ho citato in particolare la Messina-Catania, ma avrei potuto parlare della Messina-Palermo, della Siracusa-Gela - non sono percorribili in sicurezza e questa è la realtà. Sono sorti addirittura - e di questo ce ne dovremmo vergognare tutti noi che abbiamo ruoli istituzionali, noi tutti parlamentari siciliani, al di là della casacca che ognuno di noi indossa - dei comitati cittadini che si stanno battendo per la sistemazione dell'autostrada 18 Messina-Catania. Addirittura è nato un gruppo social dal nome emblematico “A18, l'autostrada della vergogna”, che vanta quasi 12.000 iscritti i quali, civilmente, dialogando con le istituzioni regionali, portano avanti una battaglia di civiltà. Sono cittadini che pagano le tasse, che vogliono avere dei servizi; si tratta di cittadini seri, responsabili, che chiedono alle istituzioni il rispetto del proprio stesso diritto di rispettare le leggi. Come lo Stato chiede ai cittadini di rispettare le leggi, lo Stato dovrebbe dare il buon esempio. Questo Parlamento ha introdotto il reato di omicidio stradale, però poi consentiamo il suicidio stradale, perché questo è il rischio che si corre percorrendo le nostre autostrade.

Ribadisco anche, in questa fase di replica, i numeri, sperando che la goccia possa scavare la roccia. È di ieri la notizia della pubblicazione di un bando da parte dell'ANAS del valore complessivo di 660 milioni di euro per il risanamento di ponti, di viadotti e di gallerie in tutt'Italia, però, come ormai purtroppo siamo abituati, per la mia isola, per la Sicilia, l'amministrazione ha stanziato soltanto 40 milioni: soltanto 40 milioni per tutte le autostrade siciliane. Ma, cosa ci dovremmo aspettare da un Governo a trazione nordista? Cosa ci dovremmo aspettare al Sud se non qualche mancetta elettorale come può essere quella del reddito di cittadinanza; una promessa elettorale, l'ennesimo contentino, ma che purtroppo non risolverà nulla! Certo, molto dipende anche da chi ha mal governato la Sicilia in precedenza, ma ora il Governo siciliano ha una guida solida, che sta lavorando bene, però io ribadisco che lo Stato deve fare la sua parte. Il provveditorato, quindi, si deve attivare quanto prima: occorre attivare questi nostri programmi.

Il Governo, a parole, ha dimostrato interesse per la questione, ha fatto dichiarazioni pubbliche di stanziamento di fondi, perché però alle parole non seguono i fatti? Le parole non sono state pronunciate ieri, signor sottosegretario, ma in una conferenza stampa del 20 novembre. È vero che sono state pronunciate da Toninelli, quindi non ci meravigliamo.

È grave affermare di voler risolvere il problema della viabilità, adottando il modello Genova, cioè nominando un commissario straordinario al quale andrebbero affidati questi poteri. Abbiamo atteso oltre un mese il testo reale della legge di bilancio, abbiamo giocato con provvedimenti e con numeri finti, salvo, poi, arrivare al famoso maxiemendamento, senza passare neanche peraltro al vaglio delle Commissioni competenti e lì non abbiamo visto né il commissario né lo stanziamento dei fondi necessari, quindi questo Governo, ancora una volta, ha lasciato i siciliani a piedi.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Magi e Schullian - n. 2-00271)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Magi e Schullian n. 2-00271.

Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza è rinviato ad altra seduta.

È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che la mozione Deidda ed altri n. 1-00113, la cui calendarizzazione è prevista per lunedì 18, è stata riformulata e, contestualmente, la qualità di primo firmatario è stata assunta dal deputato Lollobrigida. Alla luce della riformulazione, della quale i gruppi sono stati informati per le vie brevi, tutti i gruppi, la denominazione della medesima mozione risulta essere la seguente: “Iniziative per il contrasto all'immigrazione clandestina e alle organizzazioni criminali straniere, con particolare riferimento alla cosiddetta mafia nigeriana”. Rimane ferma l'organizzazione dei tempi, già pubblicata nel vigente calendario.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sensi. Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Prendo la parola per ricordare in quest'Aula la figura di Adriano Ossicini, scomparso oggi. Ragazzo di novantasette anni, cresciuto in una famiglia cattolica antifascista, già nel 1938 veniva interrogato e schedato dal Regime per avere sostenuto, in un convegno della FUCI, l'obbligo morale di combattere il fascismo, con i presenti - ricorderà lui più tardi - che lo guardavano come fosse impazzito.

Medico, psicologo, tanto gli deve l'Ordine degli psicologi da lui fondato, partigiano, eroe di Porta San Paolo e della Resistenza a Roma, esponente di quella sensibilità politico-culturale che viene spesso chiamata con sufficienza, con gratitudine da parte mia, cattolico-comunista, la Sinistra cristiana, assieme a personalità come Franco Rodano, Felice Balbo, Fedele d'Amico; poi, indipendente di sinistra. Sarà senatore, presidente del Comitato nazionale per la bioetica, Ministro. Lo ricordo scrivere dalle colonne del quotidiano Europa. Per me era una figura mitologica: metà Tex Willer, metà Montaigne.

Penso oggi, e concludo, alla sua incredibile, eroica - senza enfasi, lo dico - giovinezza, al suo contributo paziente alla scienza e alla vita pubblica italiana, ad una riflessione sempre inquieta sulla presenza cristiana, sulla sinistra, sulla sfida della libertà, che si rinnova oggi che lo piangiamo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 18 febbraio 2019 - Ore 11:

1. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

S. 5-199-234-253-392-412-563-652 - D'INIZIATIVA POPOLARE; D'INIZIATIVA DEI SENATORI: LA RUSSA ed altri; GINETTI e ASTORRE; CALIENDO ed altri; MALLEGNI ed altri; GINETTI ed altri; GASPARRI ed altri; ROMEO ed altri: Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 1309-A)

e delle abbinate proposte di legge: MOLTENI ed altri; GELMINI ed altri; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO; MELONI ed altri. (C. 274-580-607-1303)

Relatori: TURRI e ZANETTIN, per la maggioranza; VERINI e CONTE, di minoranza.

2. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

S. 690 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: PATUANELLI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario (Approvata dal Senato). (C. 1353)

e delle abbinate proposte di legge: ZANETTIN ed altri; RAMPELLI ed altri; RUOCCO ed altri; BRUNETTA. (C. 654-772-793-905)

Relatore: MANIERO.

3. Discussione sulle linee generali della mozione Lollobrigida ed altri n. 1-00113 concernente iniziative per il contrasto all'immigrazione clandestina e alle organizzazioni criminali straniere, con particolare riferimento alla cosiddetta mafia nigeriana .

4. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

S. 536 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: BOTTICI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità "Il Forteto" (Approvata dal Senato). (C. 1160)

e delle abbinate proposte di legge: MUGNAI; MELONI ed altri. (C. 390-1005)

Relatori: BARBUTO, per la II Commissione; ZIELLO, per la XII Commissione.

5. Discussione sulle linee generali della mozione Delrio ed altri n. 1-00106 concernente iniziative a sostegno del comparto automobilistico e del relativo indotto, anche al fine di favorirne l'evoluzione tecnologica e la tutela dei livelli occupazionali .

La seduta termina alle 11,45.