XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 145 di mercoledì 20 marzo 2019

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI

La seduta comincia alle 15.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta dell'11 Marzo 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno Il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, il Ministro per la Famiglia e le disabilità e il Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, quest'ultimo in sostituzione della Ministra della Salute.

Invito gli oratori a un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.

(Chiarimenti in ordine ai contenuti e ai tempi delle iniziative normative del Governo in materia di sostegno all'edilizia e di riforma del codice degli appalti – n. 3-00621)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno, Molinari ed altri n. 3-00621 (Vedi l'allegato A).

La deputata Elena Lucchini ha facoltà di illustrare l'interrogazione, di cui è cofirmataria.

ELENA LUCCHINI (LEGA). Grazie Presidente, signor Ministro. Il settore delle costruzioni è fondamentale per l'occupazione e per gli investimenti ed è quello maggiormente colpito dalla crisi economica degli ultimi anni. Il decreto-legge per lo sblocco dei cantieri fa sperare le imprese e il Paese intero per una svolta effettiva dell'andamento economico e delle possibilità di lavoro. I rappresentanti di Governo della Lega hanno presentato proposte concrete per sbloccare le grandi opere e i piccoli cantieri, per dare risposte certe ai cittadini e lavoro a tante piccole imprese maggiormente colpite dalla crisi. La Lega ha sempre riservato particolare attenzione alla semplificazione dell'accesso di piccole e medie imprese locali nelle gare del proprio territorio, seguendo principi di economicità e di valorizzazione sociale. Le chiedo quindi, Ministro, se le proposte citate in premessa trovano spazio nel decreto “Sblocca cantieri” e quali tempi si prevedono per la riforma strutturale del Codice degli appalti.

PRESIDENTE. Il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli, ha facoltà di rispondere.

DANILO TONINELLI, Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti. La ringrazio, Presidente, e ringrazio la collega Lucchini e il collega Molinari. In queste ore il Governo, mantenendo fede al contratto e agli impegni assunti nei confronti degli italiani, sta approvando un decreto-legge, come ha ben detto lei, per il rilancio del settore dei contratti pubblici e per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali. Da questo punto di vista, posso dire che c'è assoluta sintonia tra il lavoro fin qui svolto dal Ministero che rappresento e le vostre istanze, le istanze degli interroganti, questo a dispetto di una narrazione che vuole strumentalmente rappresentare una contrapposizione. Questo perché chi ha voluto svolgere una valutazione più approfondita su alcune singole opere, che sono controverse da decenni e in alcuni casi oggetto di corruzione e spreco di denaro pubblico, è proprio chi vuole portare avanti con determinazione tutte le opere realmente utili, grandi o piccole che siano. Il nostro Governo infatti sa bene che la prima grande opera necessaria al Paese è una semplificazione delle procedure finalizzata non ad indebolire i controlli, ma ad evitare l'eccesso di burocrazia che comporta, non solo un rallentamento delle procedure, ma che consente anche possibili infiltrazioni criminali nella gestione del denaro pubblico. Anche per questo, uno dei primi tavoli di lavoro che ho avviato come Ministro è stato quello sulla riforma del Codice degli appalti, a cui ha fatto seguito una consultazione pubblica, diretta anzitutto ad ottenere un quadro delle esigenze dei vari operatori del settore.

Per venire alla specifica questione posta, posso confermare che, da un lato, non c'è intenzione di limitare le tutele per le micro-piccole e medie imprese, previste dall'articolo 51 del Codice citato dagli interroganti e, al tempo stesso, proprio per favorire questi soggetti e valorizzare così le esigenze sociali nel senso richiesto, è prevista una riforma delle procedure per gli affidamenti sotto soglia. Più in generale, sotto il profilo della semplificazione, della trasparenza e della immediata comprensibilità delle regole operative, senza far venir meno i controlli, è intendimento del Governo intervenire per il ritorno del regolamento unico, che è un'esigenza rappresentata da tutti gli operatori del settore nel corso della consultazione. Quanto sto qui annunciando lo andrò a portare tra poche ore nel Consiglio dei ministri.

PRESIDENTE. La deputata Elena Lucchini ha facoltà di replicare.

ELENA LUCCHINI (LEGA). Grazie, signor Ministro, per il suo riscontro. Ho ascoltato con attenzione le sue parole e confidiamo quindi che nel decreto-legge “Sblocca cantieri” siano contenute norme a favore delle piccole e delle medie imprese, che rappresentano per la stragrande maggioranza il tessuto imprenditoriale di questo Paese, norme peraltro previste dalle direttive comunitarie, dalla legge delega del 2016 e contenute nell'articolo 51 del Codice, ove si impone alle stazioni appaltanti di garantire l'effettiva possibilità di partecipazione agli appalti da parte di piccole e medie imprese, anche introducendo misure premiali per gli appaltatori e i concessionari, che le coinvolgono nelle procedure di gara e nell'esecuzione dei contratti. Confidiamo, altresì, che la riforma strutturale del Codice degli appalti sia emanata in tempi brevi perché questo Paese ha bisogno di infrastrutture, ha bisogno di opere, ha bisogno di tornare a crescere (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

(Chiarimenti circa i tempi previsti per l'adozione del decreto ministeriale di cui all'articolo 25 della legge n. 120 del 2010 relativo ai proventi derivanti dalle sanzioni per violazioni del codice della strada, nonché all'impiego degli autovelox – n. 3-00622)

PRESIDENTE. Il deputato Baldelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00622 (Vedi l'allegato A).

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente Rampelli.

Il titolo dell'interrogazione già spiega tutto: i comuni sono in difficoltà finanziarie e, molto spesso, ricorrono allo strumento delle multe per far quadrare i loro bilanci. Un esempio classico è quello di mettere l'autovelox a tradimento per portare a casa il maggior numero di multe e difficilmente, invece, prevenire il maggior numero di incidenti. Non tutti sanno che i comuni sarebbero obbligati dal Codice della strada e da successive leggi a presentare ogni anno, entro il 31 maggio, una relazione telematica al Ministero dei Trasporti e al Ministero dell'Interno per dire quanti soldi incassano con le multe e come li spendono, perché il Codice della strada prevede che circa il 50 per cento del totale di questi denari vengano spesi per manutenzione e sicurezza stradale. Da anni bisogna fare un decreto attuativo che disciplini l'utilizzo dell'autovelox e che disciplini questa relazione telematica per fare in modo di poter obbligare tutti i comuni al rispetto della legge. Così come tutti i cittadini devono rispettare la legge, devono rispettarla anche i sindaci (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli, ha facoltà di rispondere.

DANILO TONINELLI, Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti. La ringrazio, Presidente, e ringrazio anche il collega Baldelli. Sulla questione legata alla problematica - e sottolineo problematica, dieci anni sono tanti - emanazione del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'Interno in materia di destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate per violazione, come ha detto lei, dei limiti di velocità, condivido pienamente tutte le perplessità espresse e la necessità di portare al traguardo questo importante provvedimento. Infatti, nel corso del 2018, abbiamo lavorato alla rielaborazione del testo, anche, ovviamente, in sinergia con il Ministero dell'Interno.

A fine gennaio scorso, lo schema di decreto è stato inviato alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e il 6 febbraio si è tenuta una prima riunione tecnica tra tutte le amministrazioni centrali coinvolte, compreso il Ministero dell'Economia e delle finanze. Nelle prossime settimane saranno affrontati tutti gli aspetti tecnici che consentiranno alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali di dare al più presto il nulla osta al decreto. I proventi derivanti dalle sanzioni saranno utilizzati per la manutenzione e messa in sicurezza stradale, priorità fondamentale della nostra azione di Governo, come dimostrato anche dall'importante lavoro che si sta conducendo per riformare il Codice della strada. Saranno adottate tutte le misure necessarie per garantire un uso corretto degli autovelox, in modo da evitare vessazioni a danno dei cittadini, spesso, costretti a pagare multe salate senza nemmeno essere stati correttamente informati circa l'installazione dei mezzi tecnologici di rilevazione della velocità.

PRESIDENTE. Il deputato Baldelli ha facoltà di replicare.

SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente Rampelli. Quando il Ministro dei Trasporti mi dà, ci dà ragione su battaglie che portiamo avanti da anni e che abbiamo condiviso in quest'Aula con tutte le forze politiche, io sono molto contento, però le devo dire anche, Ministro Toninelli, che di Ministri che ci hanno dato ragione nel corso degli anni ne abbiamo visti tanti e, purtroppo, questo decreto non è ancora stato fatto.

Io prendo per buono quello che lei mi dice: mi aspetto che questo decreto esca nel giro di qualche giorno, non di qualche mese. Mi auguro che tenga conto del fatto che solo 300 comuni su 8 mila si degnano di presentare questa relazione a cui sarebbero tenuti per legge e che debbano presentare questa relazione anche tenendo presente tutti gli anni passati in cui non l'hanno presentata, perché devono giustificare quanti soldi hanno preso con le multe e come li hanno spesi. Perché io considero giusto che se lei, Ministro Toninelli, con il suo nuovo SUV diesel viola il Codice della strada passando con il semaforo rosso e dovesse prendere una multa, la paghi rispettando il codice della strada.

Alla stessa stregua, io credo che sia giusto che un sindaco paghi per aver violato il Codice della strada non avendo rispettato la legge, non avendo presentato il rendiconto oppure avendo utilizzato queste risorse in maniera diversa dalla sicurezza e dalla manutenzione stradale. Teniamo presente che in Italia, più o meno, 3 miliardi e mezzo, 4 miliardi di euro all'anno è il valore delle multe che vengono fatte: 1,7 miliardi è l'introitato, più tutto quello che non viene pagato che diventa cartella esattoriale, sulla quale si aggiungono gli interessi, e via dicendo. Noi su questa battaglia non molliamo, ci aspettiamo delle risposte concrete. Io sono contento che lei sia d'accordo con me, anche noi siamo d'accordo con noi stessi, ci aspettiamo, però, risultati e non chiacchiere. E ci auguriamo di poterci cominciare a occupare anche di altri temi oltre a questo, perché la vessazione verso troppi cittadini certamente non contribuisce alla credibilità delle istituzioni né nazionali né locali (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

(Chiarimenti in merito ai criteri seguiti per la concessione del patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri al XIII Congresso mondiale delle famiglie, anche in relazione alla non gratuità dell'evento – n. 3-00623)

PRESIDENTE. La deputata Rotta ha facoltà di illustrare l'interrogazione Pini ed altri n. 3-00623 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmataria.

ALESSIA ROTTA (PD). Ministro, si scrive “Congresso delle famiglie” e si legge “propaganda”: dietro il supposto tema della famiglia si nasconde, in realtà, l'affermazione di un modello retrivo di società a cui state cercando di portarci anche attraverso altri provvedimenti, citerò solo il “DDL Pillon”. Voi state usando la famiglia naturale come grimaldello per scardinare anni di battaglie di libertà per affermare tesi antistoriche; un consesso - lo voglio ricordare - su cui ha mostrato anche perplessità la Chiesa italiana. Poi, siete degli ipocriti perché proprio oggi, quando si vota un provvedimento - e mi riferisco al reddito di cittadinanza -, che penalizza proprio le famiglie, le famiglie più numerose, le famiglie con disabili, se voleste davvero fare qualcosa per la famiglia, a questo vi atterreste; invece, siete degli ipocriti.

Allora, mi chiedo come sia possibile che il Governo pensi, se lo ha fatto ce lo dirà il Ministro, di concedere un patrocinio, a fronte del fatto che i patrocini vengono dati solo per manifestazioni gratuite - in questo caso, si pagano 15 euro - e, soprattutto, quale sarebbe l'alto rilievo culturale, sociale e scientifico quando tra gli organizzatori, come è noto, ci sono varie associazioni, diciamo culturali, soprattutto, con tesi che sono giudicate antiscientifiche anche dall'università di Verona.

PRESIDENTE. Il Ministro per la Famiglia e le disabilità, Lorenzo Fontana, ha facoltà di rispondere.

LORENZO FONTANA, Ministro per la Famiglia e le disabilità. Grazie, Presidente. Rispondendo agli interroganti, preciso che, in primo luogo, il comitato organizzatore del Congresso mondiale delle famiglie ha presentato formale richiesta di patrocinio presso i miei uffici nei mesi passati, inoltrando, come prassi, tutti i documenti necessari: atto costitutivo, statuto, programma, dati anagrafici, modulo di richieste e dichiarazioni delle veridicità di quanto indicato nella domanda, seguendo la procedura che viene richiesta a tutte le associazioni o enti richiedenti.

A seguito dell'analisi e di una valutazione approfondita dei documenti ricevuti, considerando il rispetto della circolare UCE del 16 febbraio 2010 e considerando che, negli anni precedenti, il Congresso è stato ospitato in diversi Paesi europei ed extraeuropei con il sostegno dei Governi e con la partecipazione all'edizione dello scorso anno di Sua Eminenza, Cardinale Pietro Parolin, è stato concesso il patrocinio nel novembre scorso. Ricordo, poi, che la concessione del logo è materia che riguarda il Dipartimento per l'informazione e l'editoria.

Per quel che concerne l'istruttoria a cui si fa riferimento nell'interrogazione, comunico che non è stata formalizzata alcuna richiesta di revoca del patrocinio, ma è stato soltanto richiesto l'approfondimento di alcuni aspetti tecnici connessi per l'appunto alla concessione del patrocinio, in particolare, relativi al pagamento di un ticket d'ingresso. Al riguardo, si è potuto chiarire che l'iniziativa in oggetto non può assumere, nemmeno indirettamente, un fine lucrativo, così come si evince agevolmente dallo statuto del comitato e dalla dichiarazione, sotto la propria responsabilità, allegata al modulo della richiesta del rappresentante legale, tant'è che il pagamento di un biglietto per l'ingresso è previsto limitatamente ad una parte del Congresso, mentre sono previsti altri diversi eventi all'interno di questa iniziativa che non lo contemplano.

Sottolineo che, come da locandina inoltrata nei mesi scorsi per la presentazione dell'evento, i temi posti alla nostra attenzione dai promotori riguardano i diritti dei bambini, crescita e crisi demografica, salute e dignità della donna e, soprattutto, politiche aziendali per la famiglia e la natalità. Come si evince, si tratta di argomenti in attinenza con le deleghe che mi sono state assegnate. Voglio precisare, infine, che tale Scott Lively citato nella vostra interrogazione non risulta essere presente tra gli speaker del Congresso. Chi ha potuto e voluto seguire la mia attività di Governo in questi primi mesi sa benissimo che mi sono battuto, e sempre mi batterò, per tutelare e valorizzare la famiglia ed il ruolo delle mamme e donne lavoratrici. Parlo di fatti: 100 milioni di euro per il Fondo famiglia, smart working, potenziamento e maggiore flessibilità per i congedi parentali, 80 milioni di euro di investimento sulla conciliazione dei tempi famiglia-lavoro, incentivi agli asili nido aumentati del 50 per cento; azioni concrete per aiutare le famiglie.

PRESIDENTE. La deputata Giuditta Pini ha facoltà di replicare.

GIUDITTA PINI (PD). Presidente, dunque innanzitutto, Ministro, se può dare un colpo di telefono ai due sottosegretari Spadafora e Buffagni, che da due settimane stanno facendo interviste sostenendo che non ci sia il patrocinio e che se c'è comunque c'è un'istruttoria che lo revoca, così lo fa lei e non lo devo fare io; immagino che non mi risponderebbero.

Vede, Ministro, noi non stiamo soddisfatti dalla sua risposta perché non è una risposta, al di là dello smart working che lei non ha neanche finanziato; ma lasciamo perdere. Il problema, Ministro, è che lei - non so se lo sa perché la vediamo molto poco in quest'Aula - fa il Ministro, non fa le veci del tesoriere della fondazione vicina al MENL, il partito che unisce le destre della Le Pen e le altre d'Europa, e non è neanche in qualità di vicesegretario della Lega quando invita Aleksey Komov a tenere i suoi comizi. Lei è Ministro della Repubblica italiana, e non può dare i patrocini nella sua città, e facendo un percorso che io capisco: lei è anni che sta lavorando per portare queste posizioni della destra sovranista e più retrograda d'Europa in Italia. Non può pensare che tutto questi passi sotto silenzio - c'è poco da ridere, Ministro - perché la cosa non finisce qui: il patrocinio come c'è rimane sul sito, noi continueremo a portare avanti questa battaglia; e non finisce qui, perché rappresentiamo milioni, ci sono milioni di persone. Lei dovrebbe rappresentare anche quelle donne, anche quegli uomini, anche quelle famiglie che non si riconoscono in tutto questo, e non dovrebbe venire qui a vantarsi di dare il patrocinio della Repubblica italiana a un evento che non ha nulla di culturale, non ha nulla di una battaglia per la qualità e il miglioramento della qualità della vita delle donne, ma che ha tanta propaganda. La cosa non finisce qui, non si preoccupi, Ministro. È stato un piacere vederla qui: vedrà che avremo ancora ancora modo di parlarle (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Orientamenti in merito alla conferma del patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri al XIII Congresso mondiale delle famiglie – n. 3-00624)

PRESIDENTE. Il deputato Marcello Gemmato ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lollobrigida ed altri n. 3-00624 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

MARCELLO GEMMATO (FDI). Presidente Rampelli, Ministro, colleghi, come ricordato dal 29 al 31 marzo si celebrerà il Congresso mondiale delle famiglie, che riunisce, al netto di quanto pensano e dicono i colleghi del PD, migliaia di attivisti di tutto il mondo legati alla famiglia: la famiglia intesa come naturale, quale unità stabile e fondamentale della nostra società. All'evento è stato concesso, a quanto pare, il patrocinio del Presidente del Consiglio e il suo, Ministro. Apprendiamo però dal quotidiano la Repubblica che il sottosegretario Vincenzo Spadafora ha sostenuto che i patrocini sarebbero stati ritirati. Il Dipartimento per la famiglia invece, sempre secondo organismi di stampa, rivela, ci dice che non è stato loro comunicato nulla. Ministro, vogliamo sapere da lei se questo patrocinio c'è o no, e qual è la posizione ufficiale del Governo.

PRESIDENTE. Il Ministro per la Famiglia e le disabilità, Lorenzo Fontana, ha facoltà di rispondere.

LORENZO FONTANA, Ministro per la Famiglia e le disabilità. Presidente, non ripeterò ovviamente quanto già affermato prima riguardo ai tecnicismi sulla consegna del patrocinio. Ringrazio comunque per avermi dato l'occasione per chiarire alcune notizie emerse negli ultimi giorni che, ci tengo a precisarlo fin da subito, sono destituite da ogni fondamento.

In relazione alle vicende citate il mio orientamento, quale Ministro di questo Governo, è stato quello di concedere il patrocinio all'evento in oggetto, orientamento che tuttora intendo confermare, così come intendo confermare la mia partecipazione al convegno. Vorrei infatti sottolineare che la concessione del patrocinio risale a novembre, pertanto è davvero sorprendente che soltanto in questi ultimi giorni sia assurto agli onori della cronaca. Amareggia poi che questa polemica sia stata innescata poi proprio mentre eravamo in viaggio verso New York, per partecipare, insieme al Dipartimento per la famiglia, alla Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne; un appuntamento, questo, che è stato utile per rilanciare le nostre iniziative e confrontarci in un quadro internazionale proprio sui temi della tutela della donna, della conciliazione dei tempi famiglia-lavoro, del welfare aziendale.

All'ONU ho avuto la possibilità di illustrare, con generale e sentito apprezzamento dei tanti rappresentanti istituzionali di altri Paesi, un pacchetto di 80 milioni rivolto proprio alla tutela ed alla protezione delle madri e dei padri lavoratori, dopo che per diversi anni in questa materia si è registrato un progressivo e costante disinvestimento. Purtroppo c'è chi ha ritenuto di dare maggior peso a delle fake news relative ad un convegno, piuttosto che al lavoro di nove mesi di Governo che ci ha portato a investire circa 3 miliardi di euro per la famiglia, la natalità e le persone con disabilità.

Tengo poi a chiarire che non abbiamo ricevuto richieste di ritiro di patrocinio di alcun tipo, né di natura politica né di natura amministrativa, ma solo richieste di approfondimento istruttorio, a cui abbiamo dato puntuali risposte per il tramite dei nostri uffici. Eventualmente mi sarei aspettato qualche richiesta di chiarimento, magari anche in forma privata, ma al momento questa non è ancora venuta.

Ho letto infine che nei giorni scorsi qualche associazione della cosiddetta area antagonista avrebbe invitato al boicottaggio degli alberghi di Verona che hanno siglato una convenzione con il Congresso mondiale delle famiglie. Esprimo a questi albergatori (colgo questa occasione) e ai loro dipendenti la mia solidarietà e la mia vicinanza, rammaricato che lo scontro ideologico possa toccare simili ed inaccettabili livelli, ancor più su un tema che non dovrebbe essere divisivo come la tutela della famiglia, della maternità, dell'infanzia, della paternità, a cui noi, al di là di sterili strumentalizzazioni, continuiamo e continueremo sempre ad indirizzare il nostro lavoro con serietà, impegno ed assoluta dedizione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Marcello Gemmato ha facoltà di replicare.

MARCELLO GEMMATO (FDI). Ministro, mi ritengo soddisfatto della sua risposta, ma rilevo purtroppo il fatto che è minoranza all'interno del suo Governo, perché il MoVimento 5 Stelle, che ricordo prima a me stesso che all'Aula, è la forza di maggioranza relativa in questo Governo… Dico e sostengo che per esempio Luigi Di Maio avrebbe dichiarato, o meglio ha dichiarato, che a Verona è una destra di “sfigati”, la destra degli “sfigati”. Vincenzo Spadafora, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, sostiene il che il patrocinio al Congresso delle famiglie di Verona è fuori dal tempo. Carlo Sibilia, sottosegretario… Ricordo, quello che ci ha detto che lo sbarco sulla luna non è mai avvenuto, quello che ha presentato una proposta di legge sulla legalizzazione dei matrimoni di gruppo e tra specie diverse - attenzione, Ministro - purché consenzienti. Quindi ci ricorda, l'ottimo sottosegretario, che non si può tornare come se fossimo al Medioevo, e probabilmente ci suggerisce queste nuove ipotesi di famiglia.

Ministro, soprattutto al Meridione la famiglia è quella rete sociale che in questo momento riesce a tenere in piedi la nostra società meridionale; le famiglie, che non solo da un punto di vista strettamente educativo, ma anche da un punto di vista economico, riescono a contrastare quella crisi sociale ed economica che nel dopoguerra non ha avuto eguali in termini di profondità e di larghezza. Allora, Ministro, rispetto a questo ritengo che la posizione del Governo debba essere una posizione più forte: la sua voce avrà la nostra vicinanza, la sua voce avrà il nostro sostegno. Ritengo però che Fratelli d'Italia debba essere e sia sempre a supporto della vita, della famiglia, della libertà educativa, che per noi sono valori non negoziabili sull'altare di un contratto di Governo.

(Iniziative volte a rivedere i criteri per la definizione dei requisiti minimi relativi all'attivazione e al mantenimento dei punti nascita – n. 3-00625)

PRESIDENTE. La deputata Lorenzin ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00625 (Vedi l'allegato A).

BEATRICE LORENZIN (MISTO-CP-A-PS-A). Presidente, Ministro, la salute materna e infantile rappresenta un'area prioritaria della salute pubblica: la gravidanza, il parto e puerperio in Italia sono la prima causa di ricovero delle donne. Gli eventi intorno alla nascita sono riconosciuti a livello internazionale tra i migliori per valutare la qualità di tutta l'assistenza sanitaria di un Paese.

L'accordo Stato-regioni del 2010 ha recepito le linee guida delle società scientifiche italiane ed internazionali per il Programma nazionale per il parto sicuro, che fissava in mille nascite/anno lo standard a cui tendere nel triennio 2010-2013 per il mantenimento ed attivazione dei punti nascita; per ridurre e razionalizzare sotto i mille parti l'anno si poneva il bisogno di abbinamento per pari complessità di attività delle unità ostetrico-ginecologiche con quelle neonatologiche-pediatriche.

La possibilità di punti nascita con numero inferiore, e comunque mai al di sotto di 500 parti anno poteva essere prevista solo su base di motivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni reali delle varie aree geografiche interessate con rilevanti difficoltà in attivazione dello STAM.

PRESIDENTE. Concluda.

BEATRICE LORENZIN (MISTO-CP-A-PS-A). Poiché abbiamo letto da più parti sulla stampa che numerosi politici locali del MoVimento 5 Stelle hanno chiesto la riapertura di punti nascita già chiusi…

PRESIDENTE. Deve chiudere.

BEATRICE LORENZIN (MISTO-CP-A-PS-A). Vorremmo chiedere se il Ministro Grillo ha intenzione di rivedere i criteri per individuare gli standard minimi dei punti nascita.

PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, Riccardo Fraccaro, ha facoltà di rispondere.

RICCARDO FRACCARO, Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta. Signor Presidente, colleghi deputati, rispondo al quesito posto dall'interrogante sulla base degli elementi forniti dal Ministro Grillo, impossibilitato a partecipare per motivi di salute. Il Ministro della Salute condivide il principio ispiratore dell'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010, che governa tuttora la disciplina dei punti nascita. Tale accordo muove infatti dalla consapevolezza che un punto nascita in cui non si raggiunga un sufficiente numero di parti all'anno è una struttura sanitaria che, proprio per la mancanza di una significativa casistica, non è in grado di assicurare quegli standard di sicurezza che debbono essere garantiti alla partoriente e al nascituro. Detto questo, è pur vero che sono passati quasi dieci anni dall'accordo Stato-regioni e che in questo lasso di tempo sono mutate alcune importanti circostanze oggettive. Innanzitutto, il trend delle nascite è stato segnato da una significativa riduzione, con un calo del 21 per cento rispetto al 2009. Questa forte denatalità, unitamente ad un'oggettiva carenza di professionisti in ambito materno neo-neonatale sta cambiando in modo importante lo scenario del nostro territorio, ed obbliga a una riflessione su alcuni elementi dell'accordo del 2010, fermo restando, è bene ribadirlo, la necessità di mantenere la sicurezza e la qualità dell'offerta per la donna e per il neonato.

Da altro punto di vista, sempre in questi stessi anni, è significativamente migliorata la capacità delle istituzioni sanitarie di raccogliere dati ed elementi di misura sui processi assistenziali e sui risultati clinici. La coincidenza di questi due elementi, denatalità e ampia disponibilità di dati epidemiologici, potrà dunque consentire al Ministero della Salute, con l'ausilio del comitato percorso nascita nazionale, e in condivisione con le regioni, di ridisegnare l'architettura delle reti e dei punti di offerta ospedalieri territoriali nell'ambito materno-infantile. Partendo dai dati dei flussi correnti mediante analisi statistico-epidemiologiche, si potranno infatti definire con accettabile predittività gli elementi utili, sia individuare i principali aspetti strutturali e organizzativi dei punti nascita sia identificare i parametri necessari per disegnare una rete di offerta ottimale per l'assistenza alle donne e ai neonati, nonché per creare un forte collegamento circolare territorio-ospedale-territorio nelle fasi pre e post partum. Concludo dunque confidando che questo cambiamento di prospettiva, che potrà essere condiviso con le regioni già in sede di rinnovo del patto per la salute, possa portare a soluzioni innovative, in grado di garantire un servizio di massima prossimità pur in un regime di invariata attenzione alla sicurezza della donna e del nascituro.

PRESIDENTE. La deputata Beatrice Lorenzin ha facoltà di replicare.

BEATRICE LORENZIN (MISTO-CP-A-PS-A). Presidente, non posso ritenermi soddisfatta, ma non posso neanche chiedere un'interlocuzione più approfondita al Ministro Fraccaro, che non è il Ministro della Salute. Mi dispiace, perché purtroppo è già più di un mese che cerchiamo di interloquire col Ministro della Salute su questo tema. La risposta che noi vorremmo avere è se intendete o meno riaprire i punti nascita che sono stati chiusi perché non solo stavano sotto i 500 parti l'anno, ma stiamo parlando di 120-250 parti l'anno, cioè un parto ogni cinque, sei giorni. Non c'è organizzazione regionale che tenga che possa assicurare una rete neonatologa infantile pediatrica e di assistenza di rianimazione alla madre su questi temi. Tutte le società scientifiche interessate, in particolare quella di ginecologia e ostetricia e di pediatria si sono espresse negli ultimi mesi in modo molto chiaro al riguardo. Quindi, ben venga lavorare sul decremento delle nascite per cercare di dare continuità assistenziale prima e post parto, cioè con un'assistenza sui territori, soprattutto nelle aree disagiate, ma certamente non possiamo scaricare sulle regioni il tema politico, che dovrebbe riguardare e investire tutti quanti noi. Cioè, quando c'è da chiudere un punto nascita perché non c'è la sicurezza per la mamma e il bambino, è un tema di un'intera comunità, che non può essere rimpallato con uno scambio di responsabilità tra Governo e regioni, perché così alla fine chi ci rimette sono i più fragili, cioè i bambini e le donne incinte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative volte a fronteggiare la grave carenza di personale nel Servizio sanitario nazionale – n. 3-00626)

PRESIDENTE. La deputata Michela Rostan ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00626 (Vedi l'allegato A).

MICHELA ROSTAN (LEU). Grazie, Presidente. Stiamo correndo verso una grave emergenza dentro il Servizio sanitario nazionale: c'è già e si aggraverà una carenza cronica di personale, a partire dai medici e dagli infermieri. Secondo i sindacati, nel 2025 potrebbero mancare, in Italia, 16.500 medici specialisti nel settore pubblico. Entro quella stessa data andranno in pensione la metà dei medici attualmente impiegati. Oggi abbiamo medici che, nella misura del 54 per cento, ha un'età superiore ai 55 anni; nei prossimi cinque anni, inoltre, andranno in pensione più di 14 mila medici di famiglia, mentre mancherebbero già all'appello tra i 50 e i 60 mila infermieri. Allora, noi vogliamo chiedere al Governo in che modo intenda fronteggiare questa situazione, che si ripercuote chiaramente sulla qualità del servizio erogato, ma anche e soprattutto sulla qualità del lavoro di chi rimane in servizio.

PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, Riccardo Fraccaro, ha facoltà di rispondere.

RICCARDO FRACCARO, Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta. Signor Presidente, colleghi deputati, rispondo al quesito posto dagli interroganti sulla base degli elementi forniti dal Ministro Grillo.

La questione evidenziata nell'interrogazione e la ricostruzione delle vicende che hanno determinato le riferite criticità sono ben note al Ministero della Salute. Su una cosa, infatti, è impossibile avere dubbi, cioè che le ragioni che hanno determinato l'attuale carenza di professionisti sanitari non fossero estremamente chiare e prevedibili da lungo tempo. Senza entrare nello specifico delle singole discipline, una mera analisi dei trend assunzionali del passato, che ha conosciuto un picco molto rilevante negli anni Ottanta, sarebbe bastata da sola a prevedere gli effetti nefasti che l'attuale gobba pensionistica sta per determinare, e che, è bene precisare, non risentono, se non in modo marginale, degli ulteriori pensionamenti per effetto delle recenti riforme adottate da questo Governo.

Ebbene, non essendo stata adottata in passato alcuna misura sistematica, questo Governo, fin dal giorno del suo insediamento, ha dovuto ricorrere a una pluralità di misure settoriali al fine di evitare peggiori conseguenze sulla funzionalità ed efficienza del Servizio sanitario nazionale. E così, per garantire il necessario prosieguo del percorso formativo dei neo-laureati in medicina propedeutico all'effettivo esercizio della professione, già lo scorso anno si è provveduto ad integrare le risorse per il finanziamento dei contratti di formazione medico-specialistica, arrivando a 6.200 contratti finanziati con fondi statali.

Con la legge di bilancio per il 2019, poi, sono stati previsti, a beneficio dei contratti di formazione specialistica, nuovi stanziamenti, che, in rapida progressione, arriveranno a 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2023.

Inoltre, con riferimento alla carenza di medici di medicina generale, una delle prime azioni intraprese è stata quella di procedere al progressivo e graduale incremento del numero di borse disponibili per il corso di formazione specifica, le quali sono state più che raddoppiate.

Con il “decreto semplificazioni”, infine, sono state adottate disposizioni urgenti in materia di formazione specifica in medicina generale, allo scopo di semplificare, ferme restando le prioritarie esigenze del percorso formativo, l'accesso agli incarichi convenzionali da parte dei laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale.

In conclusione, mi sia consentito di dire che tanto è stato fatto in poco tempo, ma tanto ancora dovrà farsi, nella piena consapevolezza che tali misure costituiscono solo l'avvio di un percorso che richiederà certamente ulteriori misure, più sistematiche e di maggiore prospettiva, che possano portare ad una definitiva soluzione della problematica in questione.

PRESIDENTE. La deputata Michela Rostan ha facoltà di replicare.

MICHELA ROSTAN (LEU). Grazie, Presidente. Ringrazio per la risposta. Prendiamo atto nuovamente dell'assenza della Ministra, con la quale è diventato davvero complicato poter interloquire. Noi non ci riteniamo soddisfatti, perché pensiamo che non si abbia una piena cognizione del problema.

Vede, Ministro, siamo di fronte a numeri che rischiano di far saltare seriamente il Servizio sanitario nazionale, e a quelli già citati vanno aggiunti anche tutti quelli di “quota 100”: sappiamo che ci sono già almeno 41 mila soggetti del personale sanitario attualmente in servizio pronti ad aderire. Dunque, il rischio di caos nella sanità è altissimo. “Quota 100” rischia di mettere in ginocchio il Servizio sanitario nazionale, con ripercussioni gravissime sull'assistenza dei cittadini italiani: 4.500 medici hanno già presentato la domanda di pensionamento anticipato, così come lo hanno fatto circa 22 mila infermieri, e a questi si aggiungono 9 mila tecnici e tecnici di laboratorio, 2 mila operatori nel settore della riabilitazione, più di mille dirigenti sanitari e 306 medici veterinari.

Se non si prendono immediati rimedi, con la sostituzione per tempo del personale che va in pensione, noi ci ritroveremo con i reparti ospedalieri chiusi, i servizi negati e, soprattutto, l'assistenza rifiutata. Il 25 per cento in meno dei medici e il 30 per cento in meno degli infermieri, sul totale di coloro che hanno raggiunto i limiti stabiliti per aderire a “quota 100”, sono colpi molto duri per il sistema. Qui, verrà messa seriamente in pericolo la possibilità di garantire sul territorio nazionale il diritto alla salute, per non parlare delle sperequazioni fra Nord e Sud del Paese, delle liste d'attesa, dei livelli essenziali di assistenza in tutte le regioni d'Italia.

E, allora, è necessaria, da parte del Governo, un'iniziativa seria. Bisogna, a nostro giudizio, convocare ad horas un tavolo con le organizzazioni di categoria e attivare tutte le procedure per un turnover rapido; va reclutato nuovo personale con urgenza, altrimenti verrà meno il senso stesso di Servizio sanitario nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

(Chiarimenti in merito alle iniziative per il superamento del blocco delle assunzioni nel settore sanitario, con particolare riferimento alle regioni sottoposte a piano di rientro – n. 3-00627)

PRESIDENTE. Il deputato Nicola Provenza ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00627 (Vedi l'allegato A).

NICOLA PROVENZA (M5S). Grazie, Presidente. Signor Ministro, le misure finanziarie dell'ultimo decennio, meglio conosciute col nome di spending review, si sono purtroppo tramutate, spesso, in tagli lineari e hanno finito per non efficientare la spesa sanitaria, piuttosto hanno determinato la cronicizzazione di una emergenziale e non più sostenibile carenza di personale sanitario, con una gravissima compromissione dei livelli essenziali di assistenza. I problemi sono sicuramente e ulteriormente aggravati nelle regioni in piano di rientro, in quelle regioni che non riescono a garantire i LEA, sia per incapacità gestionali, ma, anche, per carenza di personale.

Concludo, Ministro, chiedendole quali siano le proposte che lei intende rappresentare, nella annunciata interlocuzione con la Ragioneria, al fine di sbloccare le assunzioni in sanità, assicurando che le regioni in piano di rientro non siano ulteriormente penalizzate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, Riccardo Fraccaro, ha facoltà di rispondere.

RICCARDO FRACCARO, Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta. Signor Presidente, la ringrazio. Colleghi deputati, rispondo al quesito posto dagli interroganti sulla base degli elementi forniti dal Ministro Grillo. Con questa interrogazione viene richiamata l'attenzione sulla condizione dei professionisti del Servizio sanitario nazionale che, in questi anni, si sono trovati a lavorare in un contesto sempre più difficile, caratterizzato da vincoli per le assunzioni, dal blocco dei rinnovi contrattuali e da altre reiterate misure di contenimento della spesa pubblica. In tale contesto, la maggior parte delle regioni ha segnalato la carenza di diversi professionisti, con la conseguente difficoltà di assicurare la programmazione dei turni di lavoro secondo standard minimi.

È vero che, negli anni, sono stati fatti tentativi per favorire nuove assunzioni e, nello stesso tempo, per risolvere il problema del precariato; tuttavia, nessun tentativo ha sortito effetti significativi, sia per la ristrettezza delle risorse economiche che a causa del perdurante limite di spesa del personale degli enti e del Servizio sanitario nazionale, che tuttora impedisce ogni seria azione nella direzione di un effettivo e adeguato turnover del personale. Tale vincolo ha, infatti, perso nel tempo qualsiasi attualità e significato; esso, anzi, ha finito per produrre nel lungo periodo effetti distorsivi della spesa stessa, dato che molte aziende per aggirare i vincoli assunzionali hanno fatto ricorso alle esternalizzazioni, mettendo a rischio anche la qualità dei servizi sanitari. Peraltro, le stesse regioni, oltre che le organizzazioni di categoria, hanno reiteratamente richiesto una modifica di tale parametro di spesa, al fine di poter assicurare ovunque i livelli essenziali di assistenza.

Nella piena consapevolezza di ciò, il Ministro della Salute rivendica con forza l'iniziativa appena intrapresa, che è rivolta a rivedere questo vincolo, adottando, se del caso, misure progressive e comunque tali da non penalizzare le regioni in piano di rientro, le quali, anzi, più delle altre, avrebbero bisogno di investire innanzitutto nelle risorse umane, fermi restando i limiti dei rispettivi piani di rientro stessi.

Tanto premesso, si conclude confermando che si sta tenendo un'interlocuzione tra i Ministeri competenti e le regioni per condividere un'ipotesi normativa da adottare in tempi rapidi, volta ad allentare ragionevolmente i vincoli di spesa per l'anno 2019 e a incrementare il livello di spesa massima per l'anno 2020, anche per le regioni in piano di rientro, per le quali deve essere espressamente attribuita valenza prioritaria alle assunzioni indispensabili per l'espletamento dei presidi sanitari pubblici programmati.

PRESIDENTE. Il deputato Nicola Provenza ha facoltà di replicare.

NICOLA PROVENZA (M5S). Ministro, grazie per la risposta che riteniamo assolutamente soddisfacente, perché in linea con le esigenze, con le aspettative di tutto il mondo della sanità e soprattutto per l'attualità che questo tema, in questo momento, riveste nel nostro Paese. Infatti, è importante riparametrare anche le risorse umane, in ragione della deprivazione dei singoli territori e delle carenze oggettive. Tutto questo deve avere una finalità che è quella di evitare che i professionisti, che operano nel campo della salute, possano continuare ad avere difficoltà e, soprattutto, ai quali non è concessa una programmazione di lavoro secondo gli standard minimi necessari a garantire i livelli essenziali di assistenza.

Noi veniamo da decenni nei quali, attraverso il blocco del turnover, le misure di contenimento della spesa per il personale, abbiamo dovuto fare i conti con un aumento dell'età media dei dipendenti, un incremento dei carichi di lavoro con turni massacranti, il ricorso a forme di lavoro flessibile e precarizzato, con l'intervento, da questo punto di vista, anche in settori molto delicati dell'assistenza, come il pronto soccorso e la rianimazione. Questo ha un po' messo in ginocchio il servizio pubblico, non più in grado di rispondere ai bisogni della popolazione, con un aumento delle liste d'attesa, con la limitazione dell'offerta di cura e assistenza ed è in questo senso che accogliamo con favore l'impegno del Ministro, perché cogliamo - ed emerge da questo - questa intenzione che sia in corso, intanto, una importante interlocuzione con i Ministeri competenti e con le regioni per trovare una rapida soluzione normativa al vincolo delle assunzioni nella sanità, in tutto il Paese, non solo per le regioni in equilibrio di bilancio, ma anche per quelle che hanno piani di rientro e che rappresentano, lo ricordo a me stesso e a tutti noi, 30 milioni di cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 18,15.

La seduta, sospesa alle 15,45, è ripresa alle 18,15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascari, Bartolozzi, Covolo, Fusacchia, Giorgis, Maggioni, Scoma e Viscomi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1018 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni (Approvato dal Senato) (A.C. 1637-A/R).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1637-A/R: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni.

Ricordo che, nella seduta di ieri, il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione senza emendamenti e articoli aggiuntivi dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo approvato dalle Commissioni, a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia – Articolo unico - A.C. 1637-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI (MISTO-+E-CD). Grazie, Presidente, rappresentanti del Governo. Noi ovviamente rispettiamo la procedura del voto di fiducia e non ci uniamo al coro, che tutte le volte si ripete, di coloro che magari, stando all'opposizione, hanno da obiettare sull'utilizzo di questa pratica. Quello che però ci pare sia giusto aggiungere è che questa fiducia non vi basterà perché purtroppo la fiducia voi l'avete dilapidata sia in Europa che in Italia. Siamo di fronte al provvedimento che avete considerato, nella comunicazione, l'esecuzione più importante del contratto politico che avete stipulato all'atto della formazione del Governo, un provvedimento già bollato per la sua inutilità, sia sul versante dell'illusione previdenziale, sia su quello della lotta alla povertà, anzi si può dire che mette il sigillo alla fase recessiva che avete favorito più o meno consapevolmente e di cui il Paese ha cominciato a chiedervi conto. Ormai, il 10 aprile è vicino e per quella data le furbizie che andate escogitano sul Documento di economia e finanza non basteranno; emergerà che non siete in grado di rispettare neppure i parametri che avete concordato con l'Europa, sia sul deficit, che sul debito e questo purtroppo non vi consente ulteriori margini di manovra, pena la ripresa della giostra sui nostri titoli del debito pubblico e il downgrade delle agenzie di rating, che tanto allarmano gli investitori esteri. Ma voi continuate a giocare - ed ho concluso - con manovre di distrazione, ritenendo che la paura dei migranti vi risolva tutti i problemi. Non sarà così e alla fine i nostri concittadini dovranno fare i conti con un'insidiosa fase recessiva, che con le vostre politiche di bilancio avete determinato, anziché contrastarla. Il Parlamento vi darà questa ulteriore fiducia formale, ma quella vera l'avete definitivamente persa. Anche per questo, i deputati di Più Europa vi negheranno anche quella parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-+Europa-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tasso. Ne ha facoltà.

ANTONIO TASSO (MISTO-MAIE). Grazie, Presidente, buonasera sottosegretario Cominardi, onorevoli colleghe e colleghi. La componente MAIE del gruppo Misto voterà favorevolmente sulla questione di fiducia posta dal Governo sull'approvazione dell'articolo unico del disegno di conversione in legge, che reca misure urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni. È un tema delicato, che si muove in un contesto molto difficile: quando si parla di contrasto alla povertà, contrasto alle disuguaglianze economiche e alle esclusioni sociali e si cerca di fornire garanzia del diritto al lavoro, ecco che l'aggettivo “urgente” assume carattere di improcrastinabile rilevanza. In termini quantitativi parliamo di un provvedimento che mette in campo cospicue risorse e non si può correre il rischio che non venga attuato. Abbiamo dichiarato la fiducia a questo Governo fin dal suo insediamento, reiterandola più volte e quindi ribadisco quanto indicato all'inizio di questo mio breve intervento, confermando la fiducia al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Soverini. Ne ha facoltà.

SERSE SOVERINI (MISTO-CP-A-PS-A). Grazie, Presidente. Noi con dispiacere ci troviamo di fronte - e voteremo contro - a un altro decreto ideologico, come è stato il “decreto dignità”, un altro decreto ideologico sulla questione della povertà e del lavoro. Perché è ideologico? Perché l'errore fondamentale di questo decreto è stato quello di mischiare la povertà con il lavoro, è stato quello di produrre un'altra, l'ennesima, contraddizione, cioè l'assunzione di precari presso la pubblica amministrazione, i tanto citati navigator. Ebbene, tutto questo decreto, che è esattamente ideologico, va contro quella che è la filosofia dell'approccio del lavoro, una filosofia concreta e competente. Avremo persone che, perse negli uffici regionali, si occuperanno di lavoro e non entreranno nel merito delle cose da fare non prima di un anno, dopo essere stati assunti da precari; avremo una confusione tra politiche sociali e politiche del lavoro e avremo l'ennesimo e inutile costo su un tema così rilevante per il futuro del nostro Paese. Quindi, ribadiamo il nostro “no” a questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Applausi Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Gebhard. Ne ha facoltà.

RENATE GEBHARD (MISTO-MIN.LING.). Grazie, Presidente. Come Autonomie, apprezziamo molto siano state accolte le nostre proposte emendative e così riconosciute le nostre competenze legislative e amministrative. L'inserimento della clausola di salvaguardia rafforzata, con riferimento alla riforma costituzionale del 2001, serve ad evitare eventuali conflitti di competenza e di contenziosi, che certo non gioverebbero ai cittadini. È invece importante poter lavorare concretamente, con regole chiare, qualità ed efficienza per un welfare pubblico capace di prevenire, sostenere e assistere i più fragili e vulnerabili. La previsione specifica che le province autonome possono provvedere autonomamente all'erogazione dei servizi attraverso il proprio ordinamento, per soddisfare i bisogni dei beneficiari del reddito di cittadinanza, sottolinea questo impegno. L'obiettivo comune rimane quello di creare una rete di sostegno alle povertà. Noi ci asterremo sulla fiducia, proprio per riconoscere al Governo di aver voluto tutelare le nostre competenze. Rimane la nostra perplessità rispetto al quadro complessivo di scelte, o meglio non scelte, che portano a nostro avviso a un immobilismo degli investimenti produttivi e a una decrescita tendenziale. Mancano ancora misure attive per il lavoro, che possono andare ad incidere sulla crescita, sull'aumento del PIL e sull'occupazione, recuperando la fiducia nel Paese da parte di investitori e, pensando alla quota 100, dei giovani a cui dobbiamo pensare con una politica lungimirante e realistica (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Colucci. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO COLUCCI (MISTO-NCI-USEI). Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo. Noi con l'Italia-USEI non voterà la fiducia ad un Governo in cui le materie del lavoro e delle attività produttive sono gestite dal MoVimento 5 Stelle e, in questo caso, non voteremo la fiducia con maggiore convinzione perché nel decreto si ha particolare preoccupazione per il reddito di cittadinanza, una vera e propria misura assistenzialista, che non risolve il problema della disoccupazione e che impegna 8 miliardi di euro, tolti agli investimenti, al taglio del costo del lavoro. Investimenti e taglio del costo del lavoro che sarebbero strumenti essenziali per sostenere le imprese, che sono le uniche a creare ricchezza e a creare posti di lavoro. Noi crediamo che non sia lo Stato a creare ricchezza e posti di lavoro. Per noi questo provvedimento non include il reddito di cittadinanza, ma parla di “reddito di pigrizia”, non fa cercare lavoro, fa rinunciare ad offerte di lavoro e fa assumere atteggiamenti passivi e parassitari.

A queste valutazioni aggiungo e concludo, Presidente, un giudizio negativo nel ricorrere allo strumento della fiducia, che è in contraddizione con la storia e gli impegni del MoVimento 5 Stelle.

Siamo abituati certamente alle loro incoerenze: ricordo che il MoVimento 5 Stelle era quello che voleva fare le riunioni trasparenti attraverso lo streaming e, oggi, le loro riunioni sono le più segrete di tutti; che si dovevano raggiungere le istituzioni con i taxi e gli autobus e, oggi, sono superscortati con auto blu. Un vero esempio di perfetta costruzione di una casta.

Concludo, facendo un richiamo ai colleghi della Lega: abbandonate il prima possibile il MoVimento 5 Stelle, perché, andando avanti così, rovineranno il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Rostan. Ne ha facoltà.

MICHELA ROSTAN (LEU). Grazie, Presidente. Negli ultimi dieci anni abbiamo smarrito il vocabolario della politica di fronte al Paese reale, piegato dalla crisi e sfiancato dalla paura. L'Italia da molti anni, ormai, vive una sofferenza profonda nei suoi ceti più popolari, che sono poi la spina dorsale della nostra identità.

I numeri ISTAT ci hanno consegnato un quadro drammatico: 5 milioni di persone in povertà assoluta. Significa che non possono permettersi le spese minime per una vita dignitosa, casa, salute, vestiario. Quasi 2 milioni di famiglie con molti minori: nel 2005, erano il 3,3 per cento della popolazione, nel 2017, l'8,4. Da 2 milioni a 5, naturalmente, la maggior parte nel Mezzogiorno, con un'inversione di tratto: nel passato a finire in indigenza erano soprattutto gli anziani, ora sono soprattutto famiglie e minori, segno che questa povertà attraversa drammaticamente il lavoro, la vita quotidiana e si scarica sul tessuto sociale sottraendo pezzi di futuro. Altri 10 milioni di persone sono in povertà relativa, che, in una famiglia di due, significa tirare avanti con, in media, meno di mille euro al mese: magari, riesci a mettere un tetto sulla testa, forse, un piatto a tavola; di certo, ti sono negate condizioni essenziali di dignità; ti neghi le cure, rinunci quasi a tutto.

C'è un popolo intero in condizioni di sofferenza di fronte al quale appare davvero stridente sentire parlare di gente sul divano, fannulloni o furbetti da stanare. È evidente che, per fortuna, si può contare sul sostegno di un'ampia rete di volontariato, a volte, non soltanto familiare, tante volte, sociale: si ricorre alla Caritas, ai genitori, ai nonni, talvolta anche a lavoretti di fortuna; ovviamente, però, in questo magma si nasconde anche qualche area di illegalità e mi pare inevitabile.

Ma leggere tutto il disagio degli italiani, tutta la povertà come la formazione di un esercito di furbetti che non ha voglia di fare niente appartiene, nella migliore delle ipotesi, a quello smarrimento di senso e della parola, allo spegnimento dello sguardo sulla realtà che riguarda la politica e il dibattito pubblico intero.

La povertà esiste, è qui fuori, ha tanti volti e chi, come noi, è deputato a compiere scelte in rappresentanza dei cittadini deve farsene carico. Ed è per questa unica ragione che, dal mio gruppo parlamentare, non sono mai arrivate in queste settimane di discussione parole irridenti sul provvedimento che stiamo affrontando. Mai.

C'è un grande rispetto e una grande attenzione verso il tentativo che contiene questo provvedimento: quando un Governo prende 7 miliardi di euro e li mette sulla povertà, noi non alziamo le spalle, ci apriamo al confronto. Abbiamo avuto attenzione, abbiamo ascoltato le audizioni nelle Commissioni congiunte, abbiamo provato a modificare il provvedimento nelle direzioni che ritenevamo giuste e con lo stesso spirito affrontiamo anche questo dibattito in Aula, che sfrondiamo di qualunque supponenza e cerchiamo di riempire di analisi e contenuto, anche critico. Purtroppo, però, siamo costretti a farlo con la fiducia, quindi, di nuovo, senza la possibilità di intervenire nel merito con correttivi e proposte, di nuovo, con un dibattito strozzato.

Questa è la decima fiducia del vostro Governo. Ci interessa, però, l'anima di questa legge, mentre non ci piace per nulla né la modalità con cui si conduce la discussione né il dettaglio operativo delle misure. Troppi punti deboli in questo provvedimento, troppa fretta aggiungerei.

Si poteva aprire una discussione vera per arrivare al provvedimento più adatto ai bisogni del Paese.

Ma cos'è che non va in questo provvedimento? Non va, innanzitutto, la confusione sull'identità della misura, che è con tutta evidenza un'azione di contrasto alla povertà. Che c'è di male a dirlo? Sembra quasi che ci si vergogni a parlare di assistenza, ma l'assistenza ai poveri è una cosa degna e giusta, il welfare è un cardine della nostra Carta costituzionale. Sostenere le persone che non ce la fanno è un merito, se lo si fa, però, in modo corretto; e si fa in modo corretto, se si ha la capacità di costruire progetti individuali di uscita dal disagio. Parafrasando l'incipit di un famoso romanzo russo direi che ogni persona è povera allo stesso modo, ma ognuno lo diventa a modo suo.

A queste persone è utile dare un po' di soldi, ma non soltanto questo: ci vogliono politiche nel sociale che si facciano carico della precondizione e attivino su quel contesto un'azione mirata, in modo da almeno tentare di tirare fuori quella persona dal disagio, far mandare i figli a scuola, prendere una patente di guida, costruire un percorso di uscita da una dipendenza, prendere un titolo di studio, curare una patologia.

“Sogno una società che non abbia più bisogno di carità”, diceva don Tonino Bello: il grande obiettivo di chi lavora nel disagio è costruire il proprio superamento, cioè la cancellazione di quel problema. Invece, erogando il sussidio e non accompagnandolo con alcuna politica sociale si lascia inalterato il problema e si mette sulla ferita non una cura, ma un panno caldo: dà sollievo, certo, ma non guarisce.

Poi, c'è il grande equivoco del lavoro, che si spalma su questo provvedimento spacciandolo per una misura di contrasto alla disoccupazione, mentre, con tutta evidenza, la disoccupazione si combatte creando domanda di lavoro, quindi attivando investimenti, agendo su un fronte per il quale da questo Governo non si è visto nulla.

Di sicuro, nella società italiana c'è il problema di una povertà che nasce dalla mancanza di lavoro o, meglio, direi dalla mancanza di salario adeguato, perché spesso si lavora male, con stipendi da fame, con ampi vuoti tra un impiego e l'altro, con lavoretti occasionali, con il dramma di un profilo, quello del lavoratore povero, che, pur essendo occupato, non arriva alla fine del mese.

Le vostre tre proposte di lavoro fanno sorridere, se dietro non ci fossero drammi umani. Ci sono zone del Paese dove tre proposte di lavoro non si vedono in tutta una cittadina o in tutta una vita.

Il racconto che anche voi della maggioranza andate facendo quando parlate di pene severe, di controlli, di assegno annullato in caso di rifiuto del lavoro nasconde l'idea che, in fondo, chi vuole lavorare qualcosa lo trova e chi non lo trova è perché vuole fare il furbo.

Mi dispiace deludervi, ma non è così: ve lo diranno i 3 mila navigator, a cui toccherà caricarsi, mediamente, 12 mila persone ciascuno a cui trovare nientemeno che tre lavori per ognuno; poverini, oltretutto, saranno assunti con contratti di collaborazione della durata di 24 mesi.

Con il “decreto dignità” dicevate di aver abolito il precariato: con questo nuovo decreto lo riscoprite, perché create 3 mila nuovi precari. Immagino che se un navigator trovasse un lavoro a tempo indeterminato a uno dei suoi 12 mila assistiti avrebbe la tentazione di pigliarselo lui prima di ogni cosa. Se invece dei 3 mila navigator, di cui non si capisce la funzione, il senso, la ragione, il profilo, aveste assunto 3 mila assistenti sociali si sarebbe già capito di più.

E c'è, poi, il tema della residenza. Qui si sfiora l'assurdo: dieci anni di residenza in Italia per avere accesso al sussidio. Lo si fa per tagliare fuori gli stranieri, ma si tagliano fuori anche gli italiani che sono andati all'estero e sono tornati, e si taglia fuori quel mondo disperato dei senza fissa dimora, il che, per una misura che si vuole fare carico della povertà, è un non senso assoluto.

Abbiamo provato con i nostri emendamenti ad aprire una linea di ragionamento dentro ad una questione indubbiamente complessa: abbiamo proposto di passare dal registro comunale dei senza fissa dimora a una presa in carico sotto la responsabilità dei servizi sociali o di organizzazioni riconosciute, purtroppo senza esito positivo. Quella marea di disagio estremo, di marginalità assoluta, di povertà che fa male al cuore e agli occhi e che, con il vostro istinto securitario, vorreste semplicemente spazzare dai salotti delle città non ha diritto di cittadinanza in questo provvedimento, così come - ma questo si capisce dal dominio leghista anche su una misura voluta dai 5 Stelle - colpisce la durezza con cui si rende complicatissimo l'accesso a questa misura per gli stranieri presenti sul nostro territorio.

Altre obiezioni potrebbero essere fatte anche su altri tratti punitivi, come il divieto di prelevare i contanti dalla card oltre un limite o il divieto di portarsi risparmio al mese successivo, come se riemergesse l'idea di un povero che, in realtà, è un furbo e, allora, bisogna ingabbiarlo.

Su “quota 100”, mi limito a segnalare l'assurdo di combinare l'uscita dal lavoro con il blocco del turnover nel pubblico impiego fino a novembre. Si sta traducendo nella prospettiva di chiudere i servizi e, paradossalmente, i servizi più esposti sono quelli di cui più si ha bisogno sul profilo sociale e sanitario, quelli più faticosi. Rischiano la chiusura molti servizi sociali comunali, molti reparti ospedalieri: sono 41 mila le uscite previste nei ruoli della sanità tra medici, infermieri e personale tecnico. Come si erogano i servizi, se queste persone non vengono immediatamente sostituite? Domande a cui questo decreto non fornisce alcuna risposta. Presidente, mi avvio alle conclusioni.

Come si vede, sono tanti i motivi di obiezione di merito a questo provvedimento; lo avremmo voluto diverso e siamo molto preoccupati per le situazioni di caos e disagio che andrà a creare nel Paese. Non possiamo che votare contro, ovviamente, la fiducia a un Governo che è agli opposti per visione culturale, progetto sociale e idee, ma, come dicevo all'inizio, resta dentro questo provvedimento un'ispirazione di fondo. Mette soldi sulla povertà, sul disagio per i ceti popolari, a cui ci sentiamo di fare un'apertura, almeno di principio, culturale, valutando la possibilità di un voto differente sul provvedimento in sé.

Non vogliamo respingere in toto un impegno finanziario importante su situazioni di disagio di cui si sente la necessità; ne vogliamo apprezzare lo spirito, ne sosterremo la necessità politica, ne difenderemo il bisogno da cui questa legge emerge, ma non possiamo non sottolineare, insieme all'assoluta distanza politica da questo Governo, a cui diciamo un “no” netto, anche l'insoddisfazione per un approccio ai temi del bisogno e della povertà, della disoccupazione e del lavoro che avremmo voluto tutto diverso, per un insieme di azioni che ci sembrano contraddittorie, lacunose, parziali, in molti casi destinate all'insuccesso per come sono state pensate, ma, peggio ancora, per come sono state organizzate (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lollobrigida. Ne ha facoltà.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). Presidente, colleghi, oggi è un'altra delle giornate nelle quali noi ci chiediamo se vi è il rispetto del Parlamento, tanto invocato nel passato da ministri come Fraccaro, da persone come lei, Presidente, che pretendevano su atti fondamentali, come voi reputate questo decreto, potesse essere significativamente eluso attraverso un voto come quello che ci apprestiamo a realizzare, che è un voto di fiducia. Noi credevamo possibile ragionare nel merito di questo provvedimento, che è fatto di due grandi macro realtà: una è quota 100, sulla quale noi esprimiamo una sostanziale condivisione, seppure sarebbe potuto essere un provvedimento più incisivo, con una base più ampia, e poi il reddito di cittadinanza, o quello che voi chiamate così, che, invece, aborriamo, osteggiamo e che ci costringerà a votare contro la fiducia e contro il provvedimento.

Però del provvedimento qui alla Camera abbiamo possibilità di parlarne anche nella dichiarazione di voto, che farà il collega Rizzetto nella giornata di domani o di dopodomani o quando concluderemo la discussione degli ordini del giorno. Credo che ci siano motivazioni più importanti che inducono una forza politica come la nostra, che ha guardato a questo Governo con estrema serenità fin dalla sua nascita, a votare contro la fiducia, perché voi siete un Governo lacerato, spaccato su tutto, che non ha una visione, non ha una prospettiva e non dà una prospettiva a questa nostra nazione. Avete dimostrato di essere divisi sulle grandi opere, avete sbloccato la TAP per fortuna, nonostante gli impegni.

Credo che difficilmente potrete andare in vacanza in Puglia, ma, al di là di questo, avete oggi bloccato la TAV, il treno ad alta velocità, un'opera fondamentale per questa nostra nazione; e non l'avete bloccata nemmeno dando una certezza, perché, da una parte, qualcuno, con il caschetto giallo, assicurava la realizzazione dell'opera, dall'altra, ne confermavate l'impossibilità ad essere realizzata, poi ne veniva annunciata una mignon, in scala ridotta, e poi avete detto che i bandi sarebbero stati bloccati e avete fatto partire gli avvisi. L'unico risultato è l'indeterminatezza su un'opera così importante, che lasciate in questa condizione per poter tirare a campare. Siete divisi su tutto, sulla politica estera che fonda la credibilità di un Governo; lo abbiamo visto sul Venezuela: non siete stati in grado di scegliere tra un sanguinario dittatore come Maduro e un Parlamento democraticamente eletto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Una cosa semplice, che costringe l'Italia tra le nazioni condannate nel girone degli ignavi; e non ci sarà sempre Fratelli d'Italia a risolvervi i problemi, come abbiamo fatto sul Global Compact, permettendo a questo Parlamento di esprimersi e dare all'Italia una condizione di certezza sulla non firma di un vergognoso atto internazionale, che avrebbe significativamente costretto le nazioni o la nostra nazione, in particolare, a non poter più agire in maniera libera sulle politiche migratorie. Siete divisi sulle politiche della famiglia, che, per quanto voi o una gran parte di voi non lo capisca, resta per gli italiani un punto di riferimento sacro, un pilastro di questa nostra società, fatto da uomo e donna, e non, come una parte significativa del vostro Governo probabilmente ritiene, un'ammucchiata che, se va bene, è fatta da soggetti della stessa specie (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Inorridiamo alle discussioni che abbiamo ascoltato, alle dichiarazioni sul congresso di Verona, un congresso in difesa della famiglia, della vita, del diritto alla vita. Abbiamo sentito di tutto da parte di esponenti del vostro Governo, ma certamente, da un movimento che parla di matrimoni tra alberi e uomini, non ci possiamo che aspettare esternazioni di questa natura! Siete divisi sulla politica fiscale, o meglio, siete stati uniti sull'aumento della pressione fiscale in questa nazione. Quando la Lega in queste ore ha rilanciato, perché si avvicina la campagna elettorale, forse, uno dei cavalli di battaglia storici, la flat tax, dai banchi gialli del vostro Governo sono arrivate immediate bocciature. E siete divisi anche sulle politiche migratorie: ieri mattina, in una giornata emblematica di queste contraddizioni, abbiamo assunto una certezza in apertura dei lavori, che mai i porti si sarebbero aperti alla nave che ieri doveva attraccare.

Nel pomeriggio abbiamo saputo che la nave stava attraccando, perché in mare c'era pericolo, forza 7, e quindi i migranti sarebbero restati a bordo, ma al sicuro; e invece, alla sera, abbiamo scoperto di avere 48 nuovi immigrati clandestini in questa nazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). E ricordiamo agli amici della Lega che il blocco navale resta l'unica condizione, da una parte, per garantire il blocco all'invasione e, dall'altra, anche per salvaguardare la vita dei migranti, che, se si accorgeranno nei prossimi mesi che questi porti non sono chiusi, ma solo socchiusi, magari ricominceranno ad utilizzare le coste africane come molo per arrivare, e quindi ricomincerà quello che abbiamo immaginato in questi mesi essere stata un'inversione di tendenza di una politica migratoria folle.

Siete divisi sulle autonomie regionali, un altro fatto emblematico: entro e non oltre il 15 febbraio si ragionerà in Parlamento delle autonomie regionali. Le avete viste? Presidente, le ha calendarizzate da qualche parte? Non ci risulta! E questa Italia non ha più tanto tempo da perdere dietro i vostri compromessi al ribasso; è un'Italia che esce da una crisi come dal dopoguerra poche se ne erano registrate, una crisi che ha portato disoccupazione, che ha portato una riduzione della produzione industriale italiana, e, ovviamente, aspettava ed auspicava delle risposte da parte del vostro Governo.

Invece, sono arrivate le illusioni, quelle che voi avete ben trasmesso, questo sì, alla parte più debole di questa nazione. Avete raccontato che avreste dato soldi, tanti, a tutti e avete preso tanti, tanti, tantissimi voti, in particolare nel Sud della Nazione; ed oggi, invece di avere un provvedimento che risponda a quegli impegni elettorali, vi trovate a presentare un qualcosa che assomiglia molto di più alla mancetta che Renzi diede prima della campagna europea. E, guarda caso, lo farete il primo giorno della campagna elettorale: più simbolico, più efficace di così, per ottenere l'unico scopo che vi siete prefissi, che non è quello di aiutare gli italiani in difficoltà, ma di ottenere consenso alle elezioni europee. Non vi è bastato, in questi mesi, aumentare la pressione fiscale, non vi è bastato bloccare le grandi opere: ci avete messo il carico da undici, indebitandoci per ulteriori miliardi, non per rimettere a posto la nostra nazione, ma per intervenire con un provvedimento di basso profilo, contro il quale noi voteremo convintamente, perché è un provvedimento che agisce sull'illusione per gli italiani, che scopriranno, forse non in tempo per le elezioni europee, ma che vi faranno pagare un conto salato, quando capiranno qual è il gioco che vi si nasconde.

C'era una prospettiva sulla quale immaginavamo si potesse lavorare: avevamo immaginato, chiesto, pensato, si potesse arrivare a ragionare subito di taglio delle tasse, perché un taglio significativo delle tasse della nostra nazione può portare al rilancio dell'economia, a una crescita dell'economia, una crescita virtuosa che porta occupazione. Voi immaginate che il lavoro si crei per decreto? È una fregatura che state dando agli italiani, immaginando che, tenendoli per qualche mese a reddito di cittadinanza, il lavoro improvvisamente si creerà su questa nostra terra e voi lo potrete riuscire a fornire ai nostri giovani, al 32 per cento di giovani italiani disoccupati, attraverso lo strumento, questo sì, di grande fantasia dei navigator.

Gente che è talmente brava a cercare lavoro che in questi anni non lo ha trovato nemmeno per se stessa, ma che lo dovrà trovare a migliaia di persone (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! È un quadro non incoraggiante per questa nostra nazione, che non ci rasserena. Noi invochiamo la solidarietà degli amici della Lega, che sulle politiche economiche vi hanno lasciato davvero carta bianca. Ci preoccupa davvero il loro atteggiamento anche sulla vicenda della flat tax.

Ce n'è una, avremmo potuto rispondere ai Ministri che due giorni fa dicevano che era troppo costosa, c'è una flat tax sul reddito incrementale, che è la nostra proposta, è la proposta di Fratelli d'Italia, che agisce su quello che è in aumento rispetto alle dichiarazioni dell'anno precedente, quindi non mina niente, non costa niente, ma permette di allargare la base imponibile, creando evidentemente le condizioni per l'emersione del sommerso, per esempio. È un provvedimento che noi abbiamo portato, offerto a quest'Aula e che riteniamo sia possibile approvare rapidamente.

Questo reddito di cittadinanza è paradossale – prima veniva citato dalla collega, non credo con lo stesso nostro indirizzo –, di questo reddito di cittadinanza beneficeranno nullafacenti, immigrati e, invece, vengono tagliati fuori i cittadini italiani che sono all'estero e che non ne potranno beneficiare, pur volendo tornare in questa nostra nazione. Noi siamo davvero stupiti, inorriditi del sostegno che la Lega sta dando al provvedimento e non riusciamo a capirne le ragioni perché, da una parte, ci sarà gente che ne beneficerà e non ha mai prodotto niente e, dall'altra, tanti italiani che producono e lavorano quotidianamente che se ne dovranno fare carico oggi e per il futuro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ci sono video in arabo - prima gli italiani, prima gli italiani, prima gli italiani - ci sono video in arabo che stanno promuovendo il reddito di cittadinanza: sembra lo sketch del pizzaiolo egiziano che telefona a casa per portare in Italia tutti i familiari raccontando di questa Italia che è il Paese dei balocchi per gli immigrati. E, di fronte a questo, non capiamo, non riusciamo a capire perché la Lega giustifica il rapporto con voi, un rapporto incomprensibile, con un impegno, un impegno che hanno preso. Salvini ogni tanto dice: ho dato la mia parola. Bene, anche noi abbiamo dato, insieme a lui, la nostra parola il 4 marzo agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e noi siamo dove gli italiani ci hanno messo: in alternativa al MoVimento 5 Stelle, in alternativa alle vostre politiche vecchie e che bocciano questa nazione e la condannano, in futuro, a non avere la possibilità di rilanci. Auspichiamo, speriamo che, con voti convinti come il nostro contro la fiducia al Governo, si riesca a interrompere quel rapporto e si riporti la Lega al suo posto, al Governo, ma ad un Governo in linea con l'interesse nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'ItaliaCongratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Zangrillo. Ne ha facoltà.

PAOLO ZANGRILLO (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, l'annuncio dell'abolizione della povertà, di qualche mese fa, dell'onorevole Di Maio, è ancora vivo nelle nostre coscienze. Chi non condivide l'idea di un mondo dove la povertà non esiste, un mondo dove sono garantite occupazione, equità, il diritto ad una vecchiaia tranquilla, soprattutto in un Paese come l'Italia con 5 milioni di poveri e il 30 per cento di disoccupazione giovanile? Ecco perché gli obiettivi del cosiddetto decretone sono incontestabili: vere priorità. Il nodo sono gli strumenti, i percorsi attraverso i quali si perseguono tali obiettivi. La scelta degli strumenti, infatti, non può prescindere dalla realtà, dai numeri, dalla disponibilità ad una lettura onesta ed oggettiva del contesto. Ed è proprio su questo che il Governo mostra i suoi drammatici limiti. Questo Governo non fa politica: realizza contratti, baratti, realizza provvedimenti e misure utilizzate come merce di scambio, dazioni appositamente pensate per massimizzare i voti a ridosso degli appuntamenti elettorali.

Ma veniamo al merito. Innanzitutto, questo Governo confonde, nel “decretone”, il piano della lotta alla povertà con quello delle politiche attive del lavoro, creando una ricetta, il reddito di cittadinanza, del tutto sbagliata. Il beneficio economico previsto nella disciplina del reddito di cittadinanza, inteso a sostituire l'attuale sistema del reddito di inclusione, si colloca nella fascia più alta dei valori oggi ricorrenti nei sistemi di sostegno al reddito vigenti in Europa: 780 euro, modificabile in ragione della composizione del nucleo familiare e condizionati alla sussistenza di molteplici requisiti di accesso. Di fronte a una tale previsione, signor Presidente, non si può richiamare l'attenzione di un legislatore evidentemente distratto. Va infatti ricordato che oggi, in Italia il 30 per cento dei contribuenti dichiara un reddito inferiore ai 10 mila euro annui, percentuale che, al Sud, sfiora il 40 per cento. Detto in altri termini, ci sono più di 10 milioni di nostri concittadini che lavorano e si sostengono con un reddito in linea con il valore del reddito di cittadinanza.

Se a ciò aggiungiamo che, nelle previsioni del decreto in discussione, è sancito che un titolare di reddito di cittadinanza può rifiutare proposte di lavoro di valore inferiore agli 850 euro mensili, bene, è legittimo domandarsi a quale schema di equità sociale si sia ispirato il legislatore.

Ma è sui centri per l'impiego che affonda ogni ipotesi di credibilità del provvedimento in esame. Nel disegno governativo, i centri per l'impiego rappresentano, infatti, lo snodo essenziale, il crocevia per la realizzazione delle politiche attive del lavoro. In quelle strutture, nella narrazione governativa, si realizza l'incontro tra domanda e offerta di lavoro finalizzata ad aggredire la disoccupazione, prevedendo persino tre offerte di lavoro per ciascun titolare di reddito di cittadinanza. Ecco, di fronte a questo racconto fantastico, occorre un'operazione verità. Il Ministro del Lavoro ci ha spiegato che, per mettere mano ai nostri uffici pubblici di collocamento, si è ispirato all'eccellente esperienza della Germania. Bene, proviamo a seguirlo: in Germania esistono 2.500 centri per l'impiego che occupano 110 mila dipendenti a tempo indeterminato, dipendenti con un livello di scolarità e di preparazione professionale adeguata al ruolo: il 90 per cento sono laureati, assunti con un percorso di formazione dai 12 ai 18 mesi in ragione delle responsabilità che vanno a ricoprire nell'organizzazione. Per rendere tale struttura operativa ed efficiente sono stati investiti molti miliardi di euro, soprattutto sul versante delle piattaforme informatiche dedicate a far dialogare i diversi soggetti implicati nel processo di avviamento al lavoro, a partire da chi il lavoro lo crea, le imprese. Tutto ciò ha impegnato il Governo per cinque anni prima che il sistema andasse a regime, in un Paese, la Germania, con 80 milioni di abitanti e il 4 per cento di disoccupazione.

Venendo a noi, la situazione in cui versano i centri per l'impiego italiani descrive uno scenario decisamente diverso. Oggi l'Italia conta meno di 600 centri per l'impiego, che occupano 8 mila persone, in parte precari, con un livello di scolarità modesto - solo il 20 per cento sono laureati - e dotati di uno skill professionale prevalentemente amministrativo. È per queste ragioni che, allo stato attuale, queste strutture intermediano non più del 2 per cento degli avviamenti al lavoro, non potendo peraltro contare su alcuna moderna e aggiornata piattaforma informatica e non potendo, quindi, offrire alle imprese un raccordo efficiente. Il confronto con realtà consolidate come la Germania è impietoso. In questa sede, per ragioni di tempo e per pietà, mi astengo da affrontare il capitolo dei navigator.

L'altro caposaldo del cosiddetto “decretone” è “quota 100”. Cari amici della Lega, dispiace rilevarlo, ma è ben distante da quella rivoluzione che in campagna elettorale, insieme, abbiamo promesso di realizzare per superare definitivamente la legge Fornero. È bene dirlo: nel 2011 Forza Italia l'ha votata, con la responsabilità necessaria che si addice alle istituzioni, con la responsabilità di chi ritiene fondamentale garantire l'autonomia e l'indipendenza del Paese da un commissariamento che avrebbe potuto innescarsi di lì a poco senza le necessarie e dolorose riduzioni della spesa pubblica. Fu un errore? Forse elettoralmente sì, forse avremmo potuto godere i frutti di un'azione più furba e spericolata, ma sicuramente non degna, non coerente con quello che siamo e che rappresentiamo: una forza responsabile e concreta (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Fummo noi ad assumerci quella responsabilità - c'è da ammetterlo - ma fummo sempre noi a porre di fronte ai Governi della scorsa legislatura il tema del superamento della legge Fornero, tema puntualmente riproposto nel programma di Governo del centrodestra. “Quota 100” è una misura sperimentale, a termine, destinata a un numero circoscritto di potenziali fruitori. Quando vorrete riformare in modo strutturale la Fornero, come noi stessi abbiamo proposto oltre un anno fa, ci vedrete sicuramente favorevoli e convinti sostenitori ma oggi non possiamo dirci soddisfatti di assistere alla montagna che ha partorito il topolino.

E veniamo all'altro aspetto che vorrei sottolineare in questa sede: il metodo. Il metodo con il quale, da quando siete al Governo del Paese, mortificate le istituzioni, in primo luogo il Parlamento, con le sue prerogative. Voi mortificate la Costituzione e il sacrosanto diritto del Parlamento di decidere, di indirizzare e di scegliere le politiche del Paese. Avete approvato, in Consiglio dei ministri, un provvedimento di 29 articoli che oggi ne conta quasi il doppio, disattendendo ogni ragionevole criterio di necessità ed urgenza, fermo restando che le somme del reddito di cittadinanza sono a valere in parte sul già vigente reddito di inclusione. Tutto ciò lo avete fatto senza ascoltare, nonostante le numerose audizioni svolte qui e in Senato, e nonostante le numerose segnalazioni e proposte di buon senso giunte dalle opposizioni.

Nelle Commissioni lavoro e affari sociali abbiamo avuto due settimane piene per esaminare attentamente il provvedimento dopo la barbarie procedurale portata avanti in Senato, dove le proposte delle opposizioni sono state falcidiate in Commissione bilancio dai pareri contrari del Governo, senza alcuna specifica informazione né nel merito delle disposizioni né nel merito degli oneri finanziari. Qui alla Camera, grazie ad un Regolamento diverso, non avete potuto distorcere le procedure e vi è toccato prevedere un esame quantomeno minimo nelle Commissioni di merito. Ma ciò non vi ha impedito comunque di ricorrere alle scorciatoie che stanno caratterizzando l'iter legislativo dell'era giallo-verde: una prima fase di tempi super dilatati, nella quale le opposizioni vi chiedono spiegazioni, attendono pazienti il parere del Governo sugli emendamenti; per poi passare ad una seconda fase di ipervelocità, con tempi serratissimi, procedure ingolfate, tentativi maldestri di battere le opposizioni per sfinimento con tour de force di 14-18 ore continuate.

Ebbene, mi permetto di dirvelo richiamando l'esempio dei colleghi che hanno qualche anno in più, come i colleghi Cannatelli e Fatuzzo: potete provarci quanto volete, ma noi saremo qui, con la forza della ragione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente); com'è successo per il decreto-legge “dignità”, com'è successo con il reddito di cittadinanza, saremo in Commissione e in Aula per tutte le ore, per tutte le nottate che serviranno, convinti che il Parlamento è sovrano, che il popolo è sovrano e che il Governo è tenuto ad ascoltarli, a seguirne indicazioni e rispettarne prerogative e poteri (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Nella giornata di ieri abbiamo fatto la spola dall'Aula alle Commissioni per tre volte, inchiodandoci ad un esame farsa sul quale non ci avete capito un granché nemmeno voi, alla fine: eravamo ancora nelle Commissioni di merito per comprendere come risolvere i problemi creati dagli emendamenti della maggioranza, quando ci avete comunicato che il Ministro Fraccaro era pronto in Aula per porre la questione di fiducia. Continuate a mortificare le prerogative del Parlamento, continuate ad offendere la Costituzione che fino a qualche mese fa sostenevate di voler difendere come baluardo: i cittadini se ne accorgeranno, lo faranno e vi toglieranno la fiducia. Magari non succederà domani, non succederà alle prossime elezioni europee, ma succederà; intanto oggi la nostra fiducia non la potrete avere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Noja. Ne ha facoltà.

LISA NOJA (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, membri del Governo…

PRESIDENTE. Colleghi! Colleghi, per favore!

LISA NOJA (PD). Il Governo ha deciso di apporre la fiducia, la decima, sul provvedimento che contiene le due misure cardine del contratto da cui trae origine questo Esecutivo: il reddito di cittadinanza e “quota 100”. Partirei dalla seconda misura, “quota 100”. Ci avevate detto che quella misura serviva per abolire la “legge Fornero”. Chiariamo subito: la “legge Fornero” resta lì dov'è, e voi avete mentito agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). In quanto forza di opposizione potremmo dirci soddisfatti di questo, ma non lo siamo, perché noi vogliamo bene agli italiani, e ci dispiace molto che, pur a fronte di ingenti risorse stanziate, sprechiate una grande occasione per superare alcune rigidità di quella legge che i Governi precedenti avevano cominciato ad affrontare.

Avreste, infatti, potuto rafforzare misure strutturali che consentissero il pensionamento anticipato per chi svolge lavori gravosi o usuranti. Avreste potuto considerare correttivi rivolti a chi nella propria vita non ha potuto, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, avere una continuità contributiva: le donne, per esempio, su cui spesso grava la cura nelle famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), o le persone che hanno avuto prolungati problemi di salute. Avreste potuto fare tutto questo, e l'avreste potuto fare senza minare la tenuta finanziaria del nostro sistema contributivo, e quindi senza ipotecare il futuro delle generazioni future, delle migliaia di giovani che hanno, anche loro, diritto ad immaginare di poter accedere ad un trattamento pensionistico dignitoso. Invece no: voi mettete in campo una misura che non è strutturale (dura solo tre anni) e che si rivolge ad una platea molto ristretta, solo coloro che abbiano 38 anni di contributi versati continuativamente e 62 anni di età. In sostanza, tra tre anni e dopo aver speso più di 20 miliardi tutti i problemi strutturali legati alla Fornero resteranno irrisolti, le future generazioni saranno gravate da un debito pesantissimo e saranno state sottratte al Paese risorse che avrebbero potuto essere investite in crescita e benessere di tutti i cittadini italiani. Complimenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

La seconda misura bandiera è il reddito di cittadinanza. Guardate, chiariamoci: qui nessuno è contrario alle finalità dichiarate nel provvedimento, contrasto alla povertà, emarginazione, esclusione sociale. Il problema è che per realizzare finalità tanto ambiziose bisognerebbe avere almeno la curiosità di capire le condizioni in cui vivono le persone povere, emarginate ed escluse, e bisognerebbe avere l'umiltà di ascoltare chi da anni sostiene ed aiuta queste persone. Voi purtroppo nel corso dell'esame di questo provvedimento avete dimostrato di non avere la curiosità di capire e di non avere l'umiltà di ascoltare. Non basta avere buone intenzioni, cari colleghi, perché le buone intenzioni, prive di competenza e conoscenza, possono produrre gravi danni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Se voi aveste ascoltato chi quelle competenze e quelle conoscenze le ha, vi sareste resi conto che la lotta alla povertà richiede anzitutto la capacità di restituire alle persone senso di dignità e fiducia nel futuro. Perché essere poveri, cari colleghi e care colleghe, non significa solo non avere cibo, non avere vestiti, non avere un tetto sopra la testa: essere poveri, come spiega il premio Nobel, Amartya Sen, significa non avere la possibilità di svolgere la vita che si amerebbe vivere. La povertà è carestia di libertà effettiva di sviluppare il proprio potenziale e di realizzare il proprio progetto di vita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questa carenza di libertà richiederebbe una presa in carico complessiva e multidimensionale, una comprensione dei diversi bisogni delle persone e delle diverse mancanze nel nucleo familiare, differenziando tra adulti e bambini, tra persone con disabilità, anziani, giovani, ciascuno con un proprio diritto individuale a tracciare un proprio percorso di vita. A questo serviva il reddito di inclusione, a questo!

E voi invece, di fronte alla carenza di libertà delle persone povere, le buttate tutte in un unico grande calderone gestito dai centri per l'impiego; e questo perché partite dall'errore gravissimo di considerare la povertà come il frutto esclusivo della mancanza di lavoro. Non è così: la povertà è una condizione che ha molte cause diverse, di cui una può essere la mancanza di lavoro, ma difficilmente è l'unica. Voi invece testardamente avete scardinato uno strumento che stava funzionando, il reddito di inclusione, e che si fondava sui servizi sociali territoriali, per mettere in piedi una misura di politica attiva per il lavoro ibrida e barocca, che si fonda sui centri per l'impiego; i quali centri per l'impiego sono privi di competenze specifiche sulla povertà e sul disagio sociale, e sono stati pensati con l'unico compito di aiutare tutte le persone, non solo quelle povere, a trovare un lavoro.

Ma non vi siete fermati a questo: avete costruito un meccanismo di controlli polizieschi che arrivano a punire con la prigione chi sbaglia, e di quell'errore fate pagare le conseguenze a tutta la famiglia, considerata come un corpo unico e non come un insieme di individualità distinte. Avete messo in campo un sistema che umilia le persone povere, pretendendo di far decidere allo Stato come debbano spendere i soldi del beneficio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). In altre parole, cari colleghi della maggioranza, vi arrogate il diritto di negare ad una famiglia povera la possibilità di risparmiare un po' del reddito di cittadinanza per poter, per esempio, comprare una bicicletta a Natale al proprio bambino per farlo sentire, almeno una volta in un anno, uguale agli altri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ma quello che dispiace di più è che, nel momento in cui spendete in tre anni più di 24 miliardi di euro degli italiani per - dite - abolire la povertà, lasciate indietro proprio le persone che sono più in difficoltà: lasciate indietro i senza dimora, che non potranno mai dimostrare il requisito della residenza decennale e continuativa.

Lasciate indietro i senza dimora, che non potranno mai dimostrare il requisito della residenza decennale continuativa. Lasciate indietro le famiglie numerose, a cui applicate coefficienti più penalizzanti di quelli previsti per le famiglie di adulti o con pochi figli.

Lasciate indietro – e questo mi addolora davvero – le persone con disabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Forza Italia-Berlusconi Presidente), quelle a cui avevate promesso un aumento universale delle pensioni di invalidità e che, invece, in questo provvedimento, trattate peggio delle altre famiglie, non riconoscendo che, a parità di reddito, quelle famiglie sono più povere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Oggi, sull'altare della ricerca spasmodica del consenso elettorale in vista delle europee, voltate le spalle a coloro di cui avevate promesso di occuparvi: ai lavoratori usuranti, ai lavoratori che svolgono occupazioni gravose, alle donne, alle famiglie numerose, ai minori e alle persone con disabilità; e lo fate sprecando una grande occasione. Sprecate questa occasione per arroganza, per testardaggine ideologica e per indisponibilità a confrontarvi. Lo fate mettendo sulle spalle delle future generazioni un peso la cui insostenibilità risulterà chiara a tutti tra pochi mesi. Ma, ciò che è più grave per me, lo fate creando un tale pasticcio che in futuro sarà difficile riproporre una misura di contrasto alla povertà credibile e accettabile dagli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Noi, che ci eravamo posti con attitudine laica, costruttiva, aperta, di fronte a questo provvedimento, non possiamo essere complici di una tale beffa ai danni proprio della parte più fragile del nostro Paese, ed è per questo che annuncio il voto contrario del Partito Democratico alla fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ziello. Ne ha facoltà.

EDOARDO ZIELLO (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, illustri rappresentanti del Governo, è doveroso replicare alle ingiuste, aspre critiche mosse dall'opposizione, un'opposizione che molto probabilmente scorda che nel dicembre del 2012 approvò quella legge infame chiamata “riforma Fornero”, che noi ci accingiamo a cancellare e che ha devastato la vita a milioni di italiani (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Noi vogliamo eliminarla! Qualcun altro l'ha votata perché si è inchinato ai voleri dell'Europa; noi, a differenza di altri, non diciamo “ce lo chiede l'Europa”: noi cancelliamo la “legge Fornero” perché ce lo chiede l'Italia e ce lo chiedono gli italiani, perché noi siamo stati eletti dagli italiani e non da altri (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)!

Per il suo tramite, signor Presidente, ricordo al Partito Democratico, che ci accusa di esserci dimenticati delle persone disabili, che è una critica davvero ingiusta, una critica foriera di una contenutistica totalmente piena di falsità e di inesattezze, perché siamo stati noi della Lega, cari colleghi del Partito Democratico, a chiedere l'istituzione di un Ministero totalmente dedicato per la famiglia e la disabilità (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Siamo stati noi che nella legge di bilancio abbiamo aumentato i fondi per la disabilità, passando da 400 milioni a 550 milioni per il Fondo per la non autosufficienza. Abbiamo aumentato gli operatori del sistema che vanno a operare nel settore della disabilità, prevedendo 40 mila insegnanti di sostegno per aiutare i giovani studenti disabili nelle nostre scuole. Abbiamo previsto l'aumento delle risorse per il Fondo per le politiche sociali: passano da 260 milioni a 400 milioni. Abbiamo previsto il ripristino del Fondo per il “dopo di noi”, perché il Governo passato lo aveva tagliato: si parla delle persone gravemente non autosufficienti che, purtroppo, non hanno neanche la possibilità di gestire autonomamente se stesse. Ebbene, noi non soltanto abbiamo recuperato delle risorse – 51 milioni –, abbiamo aggiunto altri 5 milioni, passando a 56 milioni. E questo è il nostro impegno per i disabili, quindi lezioni da parte del Partito Democratico sulle politiche della disabilità non le accettiamo e non le vogliamo, perché, a differenza loro, noi le mettiamo in cima alla nostra agenda politica le persone diversamente abili (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Signor Presidente, oggi, qui alla Camera dei Deputati, finalmente tutte le questioni relative al sistema pensionistico e le politiche di contrasto alla povertà sono tutti nodi che arrivano al pettine. Dico questo perché fino a pochi mesi il Partito Democratico e anche altri esponenti delle opposizioni ci dicevano che noi non avevamo neanche previsto le coperture economiche per eliminare la “Fornero”. Ci dicevano addirittura che non c'erano i miliardi, che noi, nella legge di bilancio, non l'avevamo scritto. Ebbene, mi piace smentirli con i numeri: circa 100 mila domande presentate per la “quota 100” e circa 4 milioni di persone che saranno raggiunte dal reddito di cittadinanza. Questi sono i numeri, sono i numeri di un Governo sensibile alle problematiche del popolo italiano, un Governo che è stato eletto dai cittadini italiani e che fa semplicemente l'interesse dei cittadini italiani, e non di chi arriva dall'altra parte del mondo, cari colleghi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

È questa la differenza di un partito come il nostro, che decide di investire 22 miliardi per ripristinare un diritto sociale, un diritto che dovrebbe essere portato avanti dalla sinistra e, invece, lo portiamo avanti noi: il diritto di andare in pensione ad un'età dignitosa, ad un'età adeguata; perché noi pensiamo, signor Presidente, che quando una persona arriva a 65 anni, a 62 anni, l'unico lavoro che gli possiamo chiedere è quello di fare il nonno, perché deve aiutare a crescere il nucleo familiare (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Noi mettiamo al centro la famiglia, la famiglia è sacra, perché se la famiglia non sta bene non ci può essere nessuna crescita economica.

È importante riavvolgere il nastro della storia parlamentare recente, per ricordare perché un partito come il nostro si è sempre battuto per eliminare la “legge Fornero”. Si arriva a quell'anno, il 2012, dicembre, con l'arrivo dell'infame e infausto decreto-legge n. 201, recante disposizioni per le modifiche per l'adeguamento del sistema pensionistico, con un Governo appoggiato dal Partito Democratico e anche da alcuni esponenti di Forza Italia, che oggi ci attaccano perché dicono che cancelliamo la “riforma Fornero”. Ebbene, noi, già a quel tempo, anche avendo una forza parlamentare davvero ridotta - eravamo pochi, sia alla Camera che al Senato - ci siamo sempre opposti a questo provvedimento folle, e io sono orgoglioso di dire che la Lega si è sempre opposta alla votazione della “riforma Fornero” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). E noi, votando contro, avevamo fatto anche una promessa: avevamo detto che, quando saremmo tornati al Governo, avremmo cancellato questo provvedimento infame. Così, neanche ad un anno dall'insediamento di questo Governo, sono fiero e orgoglioso di dire che dimostriamo, ancora una volta, di passare dalle parole della campagna elettorale ai fatti del Governo, come ci ha sempre contraddistinto la storia della Lega, perché noi siamo il partito che fa i fatti, non fa soltanto le parole. Non siamo il partito delle “renzate”, siamo il partito delle cose concrete (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Ma perché eliminare la “legge Fornero”? Per un semplice vezzo? No, per due grandi motivi, il primo l'ho ricordato poc'anzi: perché è necessario ripristinare un diritto sacrosanto, quello di andare in pensione ad un'età giusta. Il secondo è quello di rilanciare e incentivare il mercato del lavoro, signor Presidente, perché noi, come partito, vogliamo bloccare quell'esodo di migliaia di giovani miei coetanei che ogni anno scappano da questo Paese perché non riescono a trovare il posto di lavoro. Non riescono a trovare il posto di lavoro perché molto spesso quel posto di lavoro è occupato da persone che sono ad un'età avanzata, ad un'età che non gli permette di essere più efficienti - da un punto di vista lavorativo - come quando sono entrati nel mondo del lavoro, ed ecco che, con quei 22 miliardi, con cui noi prevediamo di pensionare circa un milione di italiani, siamo sicuri che almeno l'80 per cento di quei posti di lavoro saranno assegnati a giovani italiani, che il posto di lavoro finalmente lo avranno grazie a questo Governo, perché noi pensiamo a dare il lavoro non a chi arriva dall'altra parte del mondo il giorno prima, noi pensiamo a dare il lavoro ai cittadini italiani, perché meritano tutto il nostro impegno (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

E come abbiamo dimostrato questa concretezza sulle politiche migratorie, lo faremo nelle politiche economiche e nelle politiche del lavoro. Ecco perché abbiamo inserito l'“opzione donna” per tutte le donne che hanno versato 35 anni di contributi, ecco perché l'anticipo del TFS, ecco il divieto di cumulabilità del reddito da pensione con il lavoro, per il semplice fatto di spingere le persone ad accettare “quota 100”, che non è una misura sperimentale, è una misura che già durerà tre anni, con 22 miliardi – se fosse stata sperimentale, avremmo previsto le risorse soltanto per un anno – e sarà destinata a durare finché la Lega sarà al Governo, perché per noi il diritto di andare in pensione ad un'età ragionevole è un diritto sacrosanto che vogliamo assolutamente ripristinare e che, grazie al voto che si ci accingiamo a dare in questa Camera e al voto che daremo al Senato ben presto sarà una realtà concreta.

Vengo al reddito di cittadinanza. È evidente che noi non avevamo pensato, come partito, durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 4 marzo, di varare il reddito di cittadinanza.

Però, abbiamo sempre detto una cosa, cioè che i 5 milioni di italiani poveri che si trovano nel nostro Paese per colpa delle politiche sbagliate e scellerate del Partito Democratico, di cui alcuni esponenti ridono, mentre parlo dei nostri connazionali in una condizione di povertà, mentre si dovrebbero vergognare di ridere delle disgrazie che hanno creato… vi dovreste veramente vergognare di questo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle), perché siete il partito che non ha risolto i problemi che noi, invece, stiamo con tanto impegno cercando di risolvere!

Il reddito di cittadinanza non è una misura meramente assistenzialista (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), è una misura che si collega al reinserimento nel mercato del lavoro. Io capisco la frustrazione dei colleghi del Partito Democratico, che stanno per vedere approvare una riforma importante, che rilancerà l'economia di questo Paese, però, mi raccomando, contenetevi, sennò poi sul video non venite molto bene (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)

PRESIDENTE. Deputato, si rivolga alla Presidenza.

EDOARDO ZIELLO (LEGA). Con il Patto per il lavoro e con il Patto per la formazione e l'inclusione sociale noi garantiamo che tutti i fruitori del reddito di cittadinanza saranno delle persone totalmente obbligate a seguire un percorso, che non si siederanno sul divano, come fanno invece alcuni deputati del PD nel Transatlantico (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Sono dei fruitori del reddito di cittadinanza?

PRESIDENTE. Deputato Ziello, stigmatizzo quello che ha detto.

EDOARDO ZIELLO (LEGA). Sicuramente, grazie a questo Patto anche per l'inclusione sociale, che andrà a quegli italiani che non sono in grado né di lavorare né di formarsi, costoro verranno inseriti all'interno di un percorso di inclusione che gli garantirà anche il diritto di tornare ad essere o a sentirsi protagonisti nella comunità, perché chi entrerà nel percorso di inclusione sarà assistito dagli assistenti sociali del comune e il comune potrà far fare loro delle attività di pubblica utilità. Quindi, non c'è niente di più bello, per una persona che si trova in una condizione di marginalità sociale, di vedersi protagonista della propria comunità (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle). Questa è una novità molto importante, perché le persone fragili devono essere valorizzate dalle amministrazioni comunali.

Poi, con i due accorgimenti che abbiamo inserito noi della Lega, cioè la residenza da dieci anni, di cui gli ultimi due in forma continuativa e grazie, anche, alla richiesta delle certificazioni attestanti l'assenza di immobili all'estero per gli eventuali cittadini stranieri fruitori nel proprio Paese di provenienza, noi siamo sicuri che questo reddito andrà prioritariamente ai cittadini italiani, come avevamo promesso ai nostri elettori.

PRESIDENTE. Concluda, deputato.

EDOARDO ZIELLO (LEGA). Perché con il reddito di inclusione succedeva questo, signor Presidente, e concludo, che chi prendeva il reddito di inclusione, poi, se lo andava a spendere nel proprio Paese di provenienza perché non c'era alcun controllo e, quindi, si rischiava anche di creare un danno erariale al nostro Paese. Noi invece abbiamo detto: controlli e reddito prima esclusivamente agli italiani.

Concludo, dicendo che il gruppo della Lega voterà a favore di questa fiducia e finalmente passeremo dall'epoca delle lacrime di coccodrillo della Fornero, consapevole del danno che aveva fatto, alle lacrime di contentezza e di gioia dei milioni di italiani che noi stiamo per liberare dalle gabbie infami della “riforma Fornero”.

Annuncio il voto favorevole del gruppo della Lega (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Silvestri. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SILVESTRI (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui, oggi, a celebrare il traguardo storico del MoVimento 5 Stelle, ovvero la nostra risposta naturale ai bisogni dell'attuale società. Un provvedimento semplicemente giusto, come è stato giusto, nella nostra storia, introdurre la giornata lavorativa di otto ore, il congedo di maternità per le lavoratrici, una sanità garantita per tutti. Queste sono vittorie della nostra società, vittorie che oggi diamo tutti per scontate e giuste, talmente scontate da provocare uno scandalo quando queste non funzionano e chiunque, oggi, ne mettesse in discussione l'esistenza sancirebbe immediatamente la propria morte politica. Lo stesso, da oggi, vale per il reddito di cittadinanza; il popolo italiano ha un diritto in più, il diritto della dignità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ed ha un'occasione in più, la possibilità di essere reinserito nel mondo del lavoro e nella comunità. Un nuovo diritto e una nuova opportunità che portiamo avanti con ostinazione da anni, che ci ha visti marciare da Perugia ad Assisi insieme a migliaia di cittadini, dimostrando che se lo diciamo lo facciamo veramente e che volere è potere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Gli italiani, Presidente, vivono ormai, da decenni, una graduale contrazione del loro reddito, guadagnano sempre meno e, per favore, usciamo dai cliché del Nord e del Sud, la crescita del disagio sociale si sta diffondendo a macchia d'olio per tutto il Paese e ce ne stiamo accorgendo anche dall'elevato numero di domande che ci giungono per il reddito di cittadinanza. In pochi giorni, più di 600 mila adesioni, la maggioranza delle quali vengono dal Piemonte e dalla Lombardia, tante quanto dalla Campania. E questo non è un caso, ma è lo specchio della realtà che, a molti, evidentemente, è sfuggito.

Solo per dare una fotografia della situazione attuale, sono più di 5 milioni gli italiani al di sotto della soglia di povertà e, badate bene, non stiamo parlando di persone che non riescono più ad andare in vacanza o di persone che non riescono più a comprare il telefonino all'ultimo grido, qui, parliamo di persone a cui è stata portata via la casa, di persone a cui mancano anche solo i mezzi per lavorare, di persone per le quali il reddito di cittadinanza rappresenta la presenza o meno di una cena in tavola. Cittadini che vivono in quegli spazi abbandonati dallo Stato dove la criminalità organizzata, oggi, la fa da padrona e che, fino a ieri, non avevano alternative, e oggi gliela stiamo dando.

A questi dati, già di per sé allarmanti, vanno aggiunti quelli del sovraindebitamento delle famiglie, ovvero quando una famiglia, solo per far fronte alle spese necessarie per andare avanti, spende più di quanto guadagna. Vent'anni fa queste famiglie erano circa 200 mila, oggi, sono diventate due milioni, un esercito di persone pronte a finire nelle mani di strozzini e di truffatori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E tutto ciò, Presidente, è andato solamente a incrementare, con naturalezza, purtroppo, il disumano fenomeno dei suicidi economici, piccoli imprenditori e capi famiglia che vivono l'umiliazione di non poter sostenere dignitosamente né se stessi né i propri familiari, che ad un certo punto arrivano, purtroppo, a togliersi la vita. Dal 2012 ad oggi parliamo quasi di mille persone, perché, oggi, se non se ne fosse accorto, noi siamo tecnicamente seduti su una polveriera sociale. Il disagio economico incide direttamente sui consumi che, a loro volta, si ripercuotono direttamente sulle imprese; un effetto a valanga per l'economia che, alla fine, ci coinvolge tutti quanti.

Davanti a questa fotografia spietata della nostra società chi ci ha preceduto è rimasto fermo; il massimo che si è limitato a fare è stato mistificare il concetto di aspettativa verso lo Stato con quello del tentare la sorte. Le famiglie hanno perso casa? Bene, lanciamo il “VinciCasa”; gli italiani non hanno più un lavoro, che problema c'è? Lanciamo il “Turista per sempre”. Fino ad oggi si è lucrato sulla disperazione, ben sapendo che i disperati sono pronti a tutto, anche a indebitarsi fino al collo pur di avere una soluzione pratica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ecco, ecco quindi, il cambiamento vero di cui si parla, passare finalmente da uno Stato che incentiva a scommettere su un Gratta e Vinci, piuttosto che uno Stato che incentiva a scommettere, sì, ma su sé stessi e sulla propria formazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Infatti, noi non siamo venuti qui a creare un altro “Gratta e Vinci” come soluzione economica, con qualche slogan spietato tipo: “salva la tua famiglia” o “sconta il debito”, perché conosciamo veramente questa realtà, noi veniamo da questa realtà e i problemi di queste persone ce li portiamo sulle spalle ogni giorno che veniamo al lavoro e che veniamo in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ed è proprio con questa consapevolezza e con i dati che ho citato che abbiamo ideato e costruito un rilancio economico per l'intero Paese. Ed è proprio pensando a questo rilancio economico che mi rivolgo agli imprenditori che, purtroppo, la superficiale narrazione che è stata fatta del reddito di cittadinanza e di “quota 100” non ha informato a dovere sul loro ruolo, quello di fulcro di questo nuovo sistema. Infatti, sarà per loro un'occasione per assumere lavoratori formati e qualificati, dal percorso offerto sia dal Patto della formazione sia dal Patto per il lavoro. Oltre a questo, le imprese potranno ricevere direttamente il reddito di cittadinanza al posto del beneficiario, una volta che questo sia assunto, e si aiuterà anche ad avviare una propria attività, sostenendo così la vera ossatura dell'economia italiana, che risiede nella piccola e media impresa.

Noi siamo stati al fianco dei nostri concittadini e delle nostre imprese come nessuno aveva mai osato fare fino adesso. Nessuno si era mai caricato sulle spalle l'onere di coordinare il Ministero del Lavoro, le regioni, i comuni, l'ANPAL, l'INPS, le agenzie per l'impiego, Poste Italiane, CAF, patronati. Per usare un linguaggio rugbistico, noi stiamo andando a mettere la testa dove gli altri non hanno avuto il coraggio di mettere nemmeno un piede (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Abbiamo avuto il coraggio di istituire “quota 100”, il primo passo della rivoluzione pensionistica che milioni di italiani aspettano da anni.

Voglio ricordarlo: “quota 100” era tra i venti punti con i quali il Movimento 5 Stelle si è presentato alle scorse elezioni politiche (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Un milione di persone, da adesso, potranno anticipare la pensione fino a cinque anni rispetto ai requisiti della scellerata “legge Fornero” e fare spazio a quei nuovi approcci, a quei nuovi punti di vista, tanto nell'impresa quanto nella nostra pubblica amministrazione. Diamo spazio ai giovani attuando quel ricambio generazionale che l'Italia aspettava da anni, quel ricambio generazionale che il Movimento 5 Stelle ha portato nella politica italiana e ha portato anche in queste aule (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Presidente, fare opposizione oggi al reddito di cittadinanza vuol dire opporsi ai cittadini. Cosa significa essere riformisti, se non si appoggiano leggi come questa, che difendono l'ammodernamento dello Stato sociale, ampliando i diritti degli italiani. C'è voluto il Movimento 5 Stelle per rimettere la vita delle persone al centro dell'azione politica, perché reddito di cittadinanza, pensione di cittadinanza, “quota 100”, “decreto dignità”, sono misure che compongono una visione organica della società; che piaccia o meno, noi vogliamo che riparta dal sociale. E preparatevi, preparatevi perché il prossimo passo sarà il salario minimo orario e, allora, anche lì vi vedremo fare opposizione? Perché, se così fosse, buona fortuna! Noi vogliamo l'Italia così, è così che la immaginiamo. Per questi motivi che io ho elencato e per il nostro attivismo decennale in cui queste misure le abbiamo sognate prima, volute e realizzate infine, per i cittadini che nel 2018 hanno votato un'idea diversa di Paese e per chi questo sogno lo ha generato, ma purtroppo oggi non è più con noi per gioirne insieme, confermo la fiducia di tutto il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

Poiché in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo è stato stabilito che la votazione per appello nominale abbia luogo a partire dalle ore 19,35, sospendo la seduta fino a tale ora.

Procediamo sin da ora, però, all'estrazione a sorte del nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dal deputato Crippa.

La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 19,30, è ripresa alle 19,40.

(Votazione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1637-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.

Indico la votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo approvato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.

Avverto che, come da prassi, al fine di garantire l'ordinato svolgimento della votazione, la Presidenza accoglierà un numero di richieste di anticipazione del voto fino ad un massimo del 3 per cento della consistenza numerica di ciascun gruppo.

Per agevolare le operazioni di voto, invito i deputati ad avvicinarsi al banco della Presidenza, seguendo il proprio turno di votazione, che è evidenziato sul tabellone elettronico, evitando quindi di stazionare nell'emiciclo e di rendere così più difficoltosa l'espressione del voto.

Ricordo che, prima della sospensione della seduta, la Presidenza ha già provveduto ad estrarre a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

La chiama avrà inizio dal deputato Andrea Crippa.

Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.

(Segue la chiama)

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 19,43)

(Segue la chiama).

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA (ore 19,45)

(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 19,48)

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo delle Commissioni, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia:

Presenti: 574

Votanti: 570

Astenuti: 4

Maggioranza: 286

Hanno risposto : 323

Hanno risposto no: 247.

La Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier).

Sono così precluse tutte le proposte emendative presentate.

Hanno risposto sì:

Acunzo Nicola

Adelizzi Cosimo

Aiello Davide

Aiello Piera

Alaimo Roberta

Alemanno Maria Soave

Amitrano Alessandro

Andreuzza Giorgia

Aprile Nadia

Aresta Giovanni Luca

Ascari Stefania

Azzolina Lucia

Badole Mirco

Baldino Vittoria

Barbuto Elisabetta Maria

Baroni Massimo Enrico

Barzotti Valentina

Basini Giuseppe

Battelli Sergio

Bazzaro Alex

Bella Marco

Bellachioma Giuseppe Ercole

Belotti Daniele

Benvenuto Alessandro Manuel

Berardini Fabio

Berti Francesco

Bianchi Matteo Luigi

Billi Simone

Bilotti Anna

Binelli Diego

Bisa Ingrid

Bitonci Massimo

Boldi Rossana

Bologna Fabiola

Boniardi Fabio Massimo

Bordonali Simona

Borghese Mario

Borghi Claudio

Brescia Giuseppe

Bruno Raffaele

Bubisutti Aurelia

Buffagni Stefano

Buompane Giuseppe

Businarolo Francesca

Cabras Pino

Cadeddu Luciano

Caffaratto Gualtiero

Caiata Salvatore

Cancelleri Azzurra Pia Maria

Cantalamessa Gianluca

Cantone Luciano

Caparvi Virginio

Capitanio Massimiliano

Cappellani Santi

Carabetta Luca

Carbonaro Alessandra

Carelli Emilio

Carinelli Paola

Casa Vittoria

Caso Andrea

Cassese Gianpaolo

Cataldi Roberto

Cattoi Vanessa

Cavandoli Laura

Cecchetti Fabrizio

Cecconi Andrea

Centemero Giulio

Cestari Emanuele

Chiazzese Giuseppe

Cillis Luciano

Cimino Rosalba

Ciprini Tiziana

Coin Dimitri

Colla Jari

Colletti Andrea

Colmellere Angela

Comaroli Silvana Andreina

Comencini Vito

Cominardi Claudio

Corda Emanuela

Corneli Valentina

Costanzo Jessica

Covolo Silvia

Crippa Andrea

Crippa Davide

Cubeddu Sebastiano

Cunial Sara

Currò Giovanni

Dadone Fabiana

Daga Federica

D'Ambrosio Giuseppe

Dara Andrea

D'Arrando Celeste

De Angelis Sara

De Carlo Sabrina

De Giorgi Rosalba

De Girolamo Carlo Ugo

De Lorenzis Diego

De Lorenzo Rina

De Martini Guido

De Toma Massimiliano

Deiana Paola

Del Grosso Daniele

Del Monaco Antonio

Del Re Emanuela Claudia

Del Sesto Margherita

D'Eramo Luigi

Di Lauro Carmen

Di Muro Flavio

Di San Martino Lorenzato Luis Roberto

Di Sarno Gianfranco

Di Stasio Iolanda

Dieni Federica

D'Incà Federico

D'Ippolito Giuseppe

Donina Giuseppe Cesare

Donno Leonardo

Dori Devis

D'Orso Valentina

Durigon Claudio

D'Uva Francesco

Ehm Yana Chiara

Emiliozzi Mirella

Ermellino Alessandra

Fantinati Mattia

Fantuz Marica

Faro Marialuisa

Federico Antonio

Ferraresi Vittorio

Ferrari Roberto Paolo

Ficara Paolo

Flati Francesca

Fogliani Ketty

Fontana Ilaria

Forciniti Francesco

Formentini Paolo

Foscolo Sara

Frassini Rebecca

Frate Flora

Frusone Luca

Furgiuele Domenico

Gagnarli Chiara

Galantino Davide

Galizia Francesca

Galli Dario

Gallinella Filippo

Gallo Luigi

Garavaglia Massimo

Gastaldi Flavio

Gava Vannia

Gerardi Francesca

Giaccone Andrea

Giacometti Antonietta

Giannone Veronica

Giarrizzo Andrea

Giglio Vigna Alessandro

Giordano Conny

Giuliano Carla

Giuliodori Paolo

Gobbato Claudia

Grande Marta

Grimaldi Nicola

Grimoldi Paolo

Grippa Carmela

Gubitosa Michele

Guidesi Guido

Gusmeroli Alberto Luigi

Ianaro Angela

Iezzi Igor Giancarlo

Invernizzi Cristian

Invidia Niccolò

Iorio Marianna

Iovino Luigi

L'Abbate Giuseppe

Lapia Mara

Latini Giorgia

Lattanzio Paolo

Lazzarini Arianna

Legnaioli Donatella

Licatini Caterina

Lo Monte Carmelo

Locatelli Alessandra

Lolini Mario

Lombardo Antonio

Lorefice Marialucia

Lorenzoni Eva

Lorenzoni Gabriele

Lovecchio Giorgio

Lucchini Elena

Maccanti Elena

Macina Anna

Maggioni Marco

Maglione Pasquale

Mammì Stefania

Manca Alberto

Maniero Alvise

Manzato Franco

Manzo Teresa

Maraia Generoso

Marchetti Riccardo Augusto

Mariani Felice

Marino Bernardo

Martinciglio Vita

Masi Angela

Maturi Filippo

Melicchio Alessandro

Menga Rosa

Micillo Salvatore

Migliorino Luca

Misiti Carmelo Massimo

Molinari Riccardo

Molteni Nicola

Morelli Alessandro

Morrone Jacopo

Moschioni Daniele

Murelli Elena

Nappi Silvana

Nesci Dalila

Nitti Michele

Olgiati Riccardo

Orrico Anna Laura

Pagano Alessandro

Pallini Maria

Palmisano Valentina

Panizzut Massimiliano

Paolini Luca Rodolfo

Papiro Antonella

Parentela Paolo

Parisse Martina

Parolo Ugo

Patassini Tullio

Paternoster Paolo

Paxia Maria Laura

Penna Leonardo Salvatore

Perantoni Mario

Perconti Filippo Giuseppe

Pettazzi Lino

Piastra Carlo

Piccolo Tiziana

Potenti Manfredi

Pretto Erik Umberto

Provenza Nicola

Racchella Germano

Raduzzi Raphael

Raffa Angela

Raffaelli Elena

Ribolla Alberto

Ricciardi Riccardo

Rixi Edoardo

Rizzo Gianluca

Rizzone Marco

Romaniello Cristian

Romano Paolo Nicolò

Rospi Gianluca

Rossini Roberto

Ruggiero Francesca Anna

Ruocco Carla

Russo Giovanni

Saitta Eugenio

Salafia Angela

Saltamartini Barbara

Sapia Francesco

Sarli Doriana

Sasso Rossano

Scagliusi Emanuele

Scanu Lucia

Scerra Filippo

Scutellà Elisa

Segneri Enrica

Serritella Davide

Sibilia Carlo

Silvestri Francesco

Silvestri Rachele

Siragusa Elisa

Sodano Michele

Spadafora Vincenzo

Spadoni Maria Edera

Sportiello Gilda

Stefani Alberto

Suriano Simona

Sut Luca

Tarantino Leonardo

Tasso Antonio

Tateo Anna Rita

Termini Guia

Terzoni Patrizia

Testamento Rosa Alba

Tiramani Paolo

Toccalini Luca

Tofalo Angelo

Tomasi Maura

Tombolato Giovanni Battista

Tonelli Gianni

Torto Daniela

Trano Raffaele

Traversi Roberto

Tripiedi Davide

Tripodi Elisa

Trizzino Giorgio

Troiano Francesca

Tucci Riccardo

Turri Roberto

Tuzi Manuel

Valbusa Vania

Valente Simone

Vallascas Andrea

Varrica Adriano

Vianello Giovanni

Vignaroli Stefano

Villani Virginia

Villarosa Alessio

Vinci Gianluca

Vitiello Catello

Viviani Lorenzo

Vizzini Gloria

Volpi Raffaele

Zanichelli Davide

Zennaro Antonio

Zicchieri Francesco

Ziello Edoardo

Zoffili Eugenio

Zolezzi Alberto

Zordan Adolfo

Hanno risposto no:

Acquaroli Francesco

Annibali Lucia

Anzaldi Michele

Aprea Valentina

Ascani Anna

Bagnasco Roberto

Baldelli Simone

Baratto Raffaele

Baroni Annalisa

Bartolozzi Giusi

Battilocchio Alessandro

Bazoli Alfredo

Bellucci Maria Teresa

Benamati Gianluca

Bendinelli Davide

Benigni Stefano

Bergamini Deborah

Berlinghieri Marina

Bersani Pier Luigi

Biancofiore Michaela

Bignami Galeazzo

Boccia Francesco

Boldrini Laura

Bond Dario

Bonomo Francesca

Bordo Michele

Borghi Enrico

Braga Chiara

Brunetta Renato

Bruno Bossio Vincenza

Bucalo Carmela

Buratti Umberto

Butti Alessio

Calabria Annagrazia

Cannatelli Pasquale

Cannizzaro Francesco

Cantini Laura

Cantone Carla

Caon Roberto

Cappellacci Ugo

Carè Nicola

Caretta Maria Cristina

Carfagna Maria Rosaria

Carnevali Elena

Carrara Maurizio

Casciello Luigi

Cassinelli Roberto

Cattaneo Alessandro

Ceccanti Stefano

Ciaburro Monica

Ciampi Lucia

Colaninno Matteo

Colucci Alessandro

Cortelazzo Piergiorgio

Costa Enrico

Critelli Francesco

Dal Moro Gian Pietro

D'Alessandro Camillo

Dall'Osso Matteo

D'Attis Mauro

De Carlo Luca

De Luca Piero

De Maria Andrea

De Menech Roger

De Micheli Paola

Deidda Salvatore

Del Barba Mauro

Del Basso De Caro Umberto

Delmastro Delle Vedove Andrea

Delrio Graziano

D'Ettore Felice Maurizio

Di Giorgi Rosa Maria

Di Maio Marco

Donzelli Giovanni

Epifani Ettore Guglielmo

Fasano Vincenzo

Fascina Marta Antonia

Fassina Stefano

Fassino Piero

Fatuzzo Carlo

Ferri Cosimo Maria

Ferro Wanda

Fiano Emanuele

Fidanza Carlo

Fiorini Benedetta

Fontana Gregorio

Fornaro Federico

Foti Tommaso

Fragomeli Gian Mario

Frailis Andrea

Franceschini Dario

Frassinetti Paola

Fregolent Silvia

Gadda Maria Chiara

Gagliardi Manuela

Gariglio Davide

Gelmini Mariastella

Gemmato Marcello

Germanà Antonino

Giachetti Roberto

Giacomelli Antonello

Giacometto Carlo

Giacomoni Sestino

Giorgis Andrea

Gribaudo Chiara

Guerini Lorenzo

Incerti Antonella

La Marca Francesca

Labriola Vincenza

Lacarra Marco

Lepri Stefano

Librandi Gianfranco

Lollobrigida Francesco

Longo Fausto

Lorenzin Beatrice

Losacco Alberto

Lotti Luca

Lucaselli Ylenja

Lupi Maurizio

Madia Maria Anna

Magi Riccardo

Manca Gavino

Mancini Claudio

Mandelli Andrea

Mantovani Lucrezia Maria Benedetta

Marattin Luigi

Marin Marco

Marrocco Patrizia

Martina Maurizio

Martino Antonio

Maschio Ciro

Mauri Matteo

Mazzetti Erica

Melilli Fabio

Meloni Giorgia

Miceli Carmelo

Migliore Gennaro

Minardo Antonino

Minniti Marco

Mollicone Federico

Montaruli Augusta

Mor Mattia

Morani Alessia

Morassut Roberto

Moretto Sara

Morgoni Mario

Mugnai Stefano

Mulè Giorgio

Mura Romina

Muroni Rossella

Musella Graziano

Napoli Osvaldo

Nardi Martina

Navarra Pietro

Nevi Raffaele

Nobili Luciano

Noja Lisa

Novelli Roberto

Occhionero Giuseppina

Occhiuto Roberto

Orfini Matteo

Orlando Andrea

Orsini Andrea

Osnato Marco

Pagani Alberto

Pagano Ubaldo

Paita Raffaella

Palmieri Antonio

Pastorino Luca

Pedrazzini Claudio

Pellicani Nicola

Pentangelo Antonio

Perego Di Cremnago Matteo

Pettarin Guido Germano

Pezzopane Stefania

Piccoli Nardelli Flavia

Pini Giuditta

Pittalis Pietro

Pizzetti Luciano

Polidori Catia

Pollastrini Barbara

Polverini Renata

Porchietto Claudia

Portas Giacomo

Prestigiacomo Stefania

Prestipino Patrizia

Prisco Emanuele

Quartapelle Procopio Lia

Raciti Fausto

Rampelli Fabio

Ravetto Laura

Ripani Elisabetta

Rizzetto Walter

Rizzo Nervo Luca

Romano Andrea

Rosato Ettore

Rossi Andrea

Rosso Roberto

Rostan Michela

Rotelli Mauro

Rotondi Gianfranco

Rotta Alessia

Ruffino Daniela

Ruggieri Andrea

Russo Paolo

Saccani Jotti Gloria

Santelli Jole

Sarro Carlo

Savino Elvira

Savino Sandra

Scalfarotto Ivan

Schirò Angela

Scoma Francesco

Sensi Filippo

Serracchiani Debora

Siani Paolo

Sibilia Cosimo

Silli Giorgio

Silvestroni Marco

Siracusano Matilde

Sisto Francesco Paolo

Sorte Alessandro

Soverini Serse

Sozzani Diego

Spena Maria

Squeri Luca

Stumpo Nicola

Tabacci Bruno

Tartaglione Annaelsa

Toccafondi Gabriele

Tondo Renzo

Topo Raffaele

Trancassini Paolo

Tripodi Maria

Ungaro Massimo

Valentini Valentino

Varchi Maria Carolina

Vazio Franco

Verini Walter

Versace Giuseppina

Vietina Simona

Viscomi Antonio

Zan Alessandro

Zanella Federica

Zangrillo Paolo

Zardini Diego

Zucconi Riccardo

Si sono astenuti:

Gebhard Renate

Plangger Albrecht

Rossini Emanuela

Schullian Manfred

Sono in missione:

Angiola Nunzio

Bonafede Alfonso

Campana Micaela

Castelli Laura

Castiello Giuseppina

Cenni Susanna

Cirielli Edmondo

Di Maio Luigi

Di Stefano Manlio

Fioramonti Lorenzo

Fontana Lorenzo

Fraccaro Riccardo

Fusacchia Alessandro

Giorgetti Giancarlo

Grillo Giulia

Liuni Marzio

Liuzzi Mirella

Picchi Guglielmo

Spessotto Arianna

Vacca Gianluca

PRESIDENTE. Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico, ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1637-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, i seguenti ordini del giorno, in quanto del tutto estranei rispetto al contenuto del provvedimento: Fornaro n. 9/1637-AR/7, volto a ricomprendere le prestazioni di lavoro di natura giornalistica nell'ambito dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015, che equipara i co.co.co. ai lavoratori subordinati; Ferro n. 9/1637-AR/21, volto a prevedere la facoltà per il personale medico specialistico di rimanere in servizio fino al settantesimo anno di età; Prisco n. 9/1637-AR/31, volto a permettere ai magistrati di rimanere in servizio sino al compimento dei 72 anni; Trizzino n. 9/1637-AR/63, relativo alla scadenza del mandato dei medici convenzionati esterni che affiancano i medici interni per gli accertamenti medico-legali; Faro n. 9/1637-AR/66, volto a definire “lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali” i lavoratori che svolgono una propria attività presso datori di lavoro operanti in tali settori; Amitrano n. 9/1637-AR/75, diretto a proseguire il processo di dismissione del patrimonio immobiliare dell'INPS al fine di favorire la chiusura dei contenziosi; Cortellazzo n. 9/1637-AR/134, in cui si prevede di dare mandato all'Agenzia delle dogane di non attuare il Protocollo d'intesa sulla liquidità internazionale condivisa relativa al poker online; Pentangelo n. 9/1637-AR/135, volto a riconoscere agli enti previdenziali privati una maggiore autonomia nelle scelte in materia di welfare; Fiorini n. 9/1637-AR/144, concernente il contributo economico per l'acquisto di servizi di baby sitting in favore delle mamme al termine del periodo di congedo per maternità; Bond n. 9/1637-AR/170, limitatamente al secondo impegno, volto ad autorizzare il direttore dell'Agenzia delle dogane ad emanare decreti attuativi a fini di salvaguardia della salute del giocatore.

FEDERICO FORNARO (LEU). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su cosa, chiedo scusa?

FEDERICO FORNARO (LEU). Presidente, sull'ordine del giorno n. 9/1637-AR/7, di cui è stata dichiarata l'inammissibilità.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). È la seconda volta, nel senso che questo medesimo ordine del giorno era già stato dichiarato inammissibile in occasione dell'approvazione del cosiddetto “decreto dignità”. Io sono qui a ribadire le cose che ho detto in quell'occasione: mi pare che questo sia un tema assolutamente affine alla materia che stiamo discutendo, che è oggetto di questo decreto-legge. Francamente, avrei capito un atteggiamento di maggior rigore rispetto ad un'attività emendativa; è un ordine del giorno, che peraltro impegna il Governo a valutare l'opportunità di inserire le collaborazioni coordinate e continuative nell'attività giornalistica nell'ambito più generale del decreto-legge del 2015, cioè in buona sostanza a superare i contratti di co.co.co. di cui oggi sono titolari circa 13 mila giornalisti. Stiamo parlando, ovviamente, non dei giornalisti delle grandi redazioni, le grandi firme, ma di quelli - e credo che tutti noi ne conosciamo, ne abbiamo conosciuti nella nostra attività -, moltissimi, che si arrabattano - mi si passi il termine, senza voler mancare di rispetto -, insomma che fanno fatica a raggiungere il fine mese e che oggi, invece, avrebbero bisogno di una maggior tutela.

Da questo punto di vista, un ordine del giorno con queste caratteristiche, che segnalava al Governo questa problematica, non si capisce le ragioni per le quali ne sia stata dichiarata l'inammissibilità. Senza volere entrare in discussione e neanche avere un atteggiamento critico a priori nei confronti del lavoro degli uffici, però, insomma - noi che li guardiamo tutte le volte, anche per dovere d'ufficio, gli ordini del giorno, dovendoli poi votare - francamente devo dire che non si capisce la ragione, alla fine, per la quale sia stata dichiarato inammissibile questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Deputato Fornaro, con riferimento alle obiezioni sollevate, desidero in primo luogo far presente che il Regolamento, all'articolo 88, configura gli ordini del giorno come strumenti recanti istruzioni al Governo in relazione alla legge in esame, e che, conseguentemente, all'articolo 89, prevede che siano dichiarati inammissibili gli ordini del giorno relativi ad argomenti estranei all'oggetto della discussione. L'ordine del giorno n. 9/1637-AR/7, essendo volto a ricomprendere le prestazioni di lavoro di natura giornalistica nell'ambito dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015, che equipara i co.co.co. ai lavoratori subordinati, non risulta riconducibile ad alcuna delle disposizioni contenute nel provvedimento in esame. Pertanto, non posso che confermarne l'inammissibilità.

Il deputato Graziano Musella ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1637-AR/143.

GRAZIANO MUSELLA (FI). Presidente, vorrei rivolgermi, tramite lei, un po' ai miei colleghi, sottolineando soprattutto, per i partiti tradizionali qui rappresentati, che oggi ci sono in Parlamento parecchi amministratori, amministratori di comuni, amministratori di piccoli comuni, e i comuni sono l'avanguardia, sono il front office dello Stato, ed erogano da anni sostegni alla povertà e alle famiglie. In Italia si spendono oltre 50 miliardi in assistenza sociale, già da anni, altro che i vostri sette, tra l'altro confondendo il sostegno alla ricerca del lavoro con il sostegno alla povertà. E i comuni, negli ultimi anni, sono stati lasciati soli, con tagli sempre più importanti alla loro spesa corrente. Misure come la social card, già iniziate dal Governo di centrodestra a presidenza Berlusconi, sono ancora esistenti in diversi comuni italiani. Oggi, anziché semplicemente dare la possibilità di assunzioni, di rapide assunzioni, e di fondi per affrontare meglio e con più incisività il problema della povertà a livello locale, sul territorio, vi siete inventati un sistema perverso e confuso, che creerà ancora più difficoltà agli enti locali e a coloro che voi volete aiutare, cioè ai nostri concittadini. I comuni devono comunicare all'INPS dati che sono di loro possesso, e potrebbero essere da subito utilizzati per l'erogazione, come è sempre accaduto per qualsivoglia contributo. Quindi, anziché buttar via i denari in cose difficili, si affrontino facilmente le esigenze immediate dei nostri cittadini.

Con questo ordine del giorno, quindi, si impegna il Governo proprio a destinare risorse ai comuni al fine dei controlli, delle verifiche e dei progetti dei lavori socialmente utili, soprattutto per la loro copertura assicurativa, perché i lavori socialmente utili sono da anni - da anni! - in vigore nei nostri comuni, solo che non sono entrati in funzione perché mancavano le coperture assicurative e i comuni non avevano le risorse.

Quindi quest'ordino del giorno impegna il Governo proprio a dare i fondi e le disponibilità ai comuni per dare più certezze ai nostri concittadini, e magari - speriamo - con più di rapidità ad ottenere i risultati che noi tutti vogliamo, cioè andare a sostegno dei cittadini più poveri (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Il deputato Carlo Fidanza ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1637-AR/22.

CARLO FIDANZA (FDI). Presidente, su questo provvedimento, noi, come Fratelli d'Italia, abbiamo condotto una battaglia - soprattutto in Commissione, qui in Aula non è stato possibile, come è noto – in particolare sulla parte che riguarda il reddito di cittadinanza. C'erano altre misure all'interno di questo decreto che ci convincevano di più, ma naturalmente la presenza all'interno di questo decretone del reddito di cittadinanza non può che vederci schierati contro questo provvedimento, soprattutto contro proprio il merito del reddito di cittadinanza, perché non si è voluto, in tutta la fase di discussione, anche già affrontata al Senato, intervenire su una serie di storture che sono contenute nella parte dedicata al reddito di cittadinanza, in particolare su tutte quelle categorie di non cittadini - e sono tantissime - che percepiranno il reddito.

Il paradosso di questa misura è che si tratta di un reddito di cittadinanza che andrà per più del 20 per cento a persone che cittadini non sono: alla faccia del prima gli italiani! Tra queste storture ce n'è una molto evidente, che riguarda i cittadini comunitari residenti in Italia; penso alle tante comunità rom comunitarie che sono presenti sul nostro territorio nazionale, che percepiranno questo sussidio. Lo percepiranno anche perché non si è voluto fare un passaggio fondamentale, se volete dovuto, che si sarebbe dovuto fare già nel corso degli anni, perché si dice spesso che ci sono le convenzioni internazionali, che i cittadini comunitari sono a tutti gli effetti equiparati agli italiani e di conseguenza ciò che è previsto per gli italiani deve essere previsto anche per i comunitari. Ebbene, signori, non è così, perché esiste ormai da tanti anni una direttiva europea, la n. 2004/38/CE, che prevede non l'equiparazione tout court dei cittadini italiani ai comunitari, perché questa direttiva - che naturalmente è stata poi recepita con la legge nazionale - prevede che se tu sei un cittadino comunitario e risiedi in Italia non puoi soggiornare nel nostro Paese per più di tre mesi se non soddisfi alcuni requisiti, che - ascoltate un po' - sono: essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante, quindi devi avere un contratto di lavoro; disporre per se stesso e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti affinché non divenga un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro durante il periodo di soggiorno; e addirittura, pensate un po', avere un'assicurazione per malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro che ti ospita - addirittura un'assicurazione per malattia! -, oppure essere iscritto presso un istituto scolastico pubblico o privato. Ci sono altri paletti che vengono messi da questa normativa. Noi chiediamo, con questo ordine del giorno, una cosa molto semplice, cioè che il Governo si impegni a fare il censimento dei cittadini comunitari che non rispettino questi requisiti e, una volta individuati i cittadini comunitari che non rispettano questi requisiti - e permettetemi di dire gran parte delle comunità rom che ospitiamo nel nostro Paese evidentemente non li rispettano -, escluderli dal beneficio del reddito di cittadinanza. È assurdo pensare che persone che, secondo le leggi europee, non secondo i cattivi populisti di Fratelli d'Italia, non devono gravare sulle finanze pubbliche, perché così dice questa direttiva europea, non solo non vengono censiti e allontanati, rimpatriati, come prevede la direttiva europea, ma addirittura gli viene dato il sussidio del reddito di cittadinanza. Quindi, noi chiediamo al Governo di accogliere quest'ordine del giorno e subito dopo mettere in campo il censimento, espellere e rimpatriare chi non ha diritto, e comunque non dare loro il reddito di cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e di deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. La deputata Giuseppina Occhionero ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1637-AR/8.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (LEU). Presidente, con quest'ordine del giorno vorrei che l'Aula e il Governo accendessero i riflettori su un aspetto particolare del decreto che si occupa del reddito di cittadinanza e delle pensioni, mi riferisco all'articolo 9, comma 7, che dispone la sospensione dell'erogazione dell'assegno di ricollocazione ai soggetti disoccupati che percepiscono la Naspi in seguito a quattro mesi almeno di disoccupazione, oltre che ai lavoratori coinvolti negli accordi di ricollocazione. Ebbene, l'assegno di ricollocazione, in realtà, è una somma di denaro che non concorre alla formazione del reddito ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche ed è una misura economica che viene graduata rispetto ad alcuni parametri, come, ad esempio, quello del profilo personale di occupabilità. Ebbene, noi riteniamo che questo assegno di ricollocazione sia, in realtà, una buona pratica di politiche attive e non ritengo giusto che questo Governo voglia sospendere per tre anni l'erogazione di questo assegno ai disoccupati ordinari, piuttosto che farne beneficio unicamente a coloro che possono usufruire del reddito di cittadinanza.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO (ore 21,20)

GIUSEPPINA OCCHIONERO (LEU). Noi riteniamo che questa sia una grave ingiustizia, perché, di fatto, entrambe le categorie di beneficiari hanno le stesse esigenze o, comunque, esigenze molto simili che sono quelle legate alla collocazione o alla ricollocazione nel mondo del lavoro. Per cui vorremmo che il Governo, con questo ordine del giorno, si impegnasse a mettere in atto tutte le misure idonee per prevedere la conferma della prestazione, non solo ai disoccupati ordinari, ma anche ai percettori della Naspi (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Il deputato Bagnasco ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

ROBERTO BAGNASCO (FI). Presidente, intervengo sull'ordine del giorno n. 9/1637-A/R/158 che mi sembra molto esplicativo della metodologia con la quale il Governo ha impostato questo reddito di cittadinanza. Qui, parliamo di persone che sono ricoverate in ospedale o in centri di cura, quindi, non c'è dubbio sulle difficoltà che attraversano, oltre quelle economiche che evidentemente hanno, perché, se sono persone che possono usufruire del reddito di cittadinanza chiaramente sono persone che hanno già gravissime difficoltà giornaliere, quotidiane, per tirare avanti la giornata. In questo caso, a queste difficoltà, evidentemente, se ne aggiungono delle altre che sono quelle di un ricovero in un ospedale o in una struttura. Ebbene, io a questo punto credo che sia veramente immorale, consentitemi il termine “immorale”, penalizzare nel mese successivo la persona del 20 per cento, perché non ha potuto spendere i soldi essendo ricoverata in ospedale; a questo punto, essere ricoverati in ospedale diventa un'ulteriore colpa oltre alla negatività, evidentemente, del ricovero stesso.

Quindi, mi sembra assolutamente assurdo che il Governo - un Governo che vuole essere vicino alla gente, che ha fatto di questo reddito di cittadinanza un punto di forza e che evidentemente nei confronti soprattutto, prima, dei disabili e, in questo caso, di coloro i quali oltre a difficoltà economiche hanno anche difficoltà di salute - penalizzi in maniera così pesante chi ha la difficoltà di essere ricoverato in ospedale. Non è, cari colleghi, una libera scelta, purtroppo, è solo e solamente una necessità (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Il deputato Delmastro delle Vedove ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. Con questo ordine del giorno Fratelli d'Italia - che non ha mai nascosto di essere fortemente critica verso questo provvedimento che farà esplodere la spesa pubblica, scaricandola o su coloro che ancora si ostinano a produrre reddito in questa nazione o sulle future generazioni, nella peggior logica della democrazia 4.0, della DC 4.0 che voi incarnate – cerca, quantomeno, di mettere una toppa ed escludere dal reddito di cittadinanza i corrotti e i corruttori. Vedete, avete fatto l'altro giorno un provvedimento che si chiamava “spazzacorrotti” non pensavamo che, poi, avreste voluto dargli il reddito di cittadinanza. Fratelli d'Italia chiede che i corrotti e i corruttori, coloro che sono stati condannati per pedofilia, coloro che sono stati condannati per pedopornografia e coloro che sono stati condannati per reati sessuali ai danni delle donne vengano esclusi dal reddito di cittadinanza.

Ci parrebbe strano uno Stato che permettesse al pedopornografo di stare tranquillamente ventiquattro ore davanti al suo pc, perché, intanto, percepisce il reddito di cittadinanza. E, ancora, e infine, abbiamo introdotto un reato che per noi dovrebbe essere causa di esclusione dal reddito di cittadinanza che è l'impiego di minori nell'accattonaggio. Intanto, perché statisticamente è un reato che certamente non commettono i toscani, i piemontesi, i siciliani e i calabresi, ma, forse, un po' di più, l'etnia rom e, per secondo, perché si tratta di un reato ignobile e immorale per il tramite del quale i delinquenti rom stanno a casa e i loro figli, al posto di andare a scuola, vanno fuori dalle stazioni a chiedere i soldi primavera, estate, autunno, inverno, pioggia, neve, grandine, gelo. Allora, noi chiediamo che questo Governo, quantomeno, voglia ritenere causa di esclusione dal reddito di cittadinanza una pregressa condanna per corruzione - “onestà, onestà, onestà” credo voglia dire ancora qualcosa anche per lei -, per pedopornografia, per pedofilia, per violenza sessuale e, viva Iddio, anche per impiego di minori nell'accattonaggio, spezzando quel circolo vizioso che unisce certe etnie allo sfruttamento vergognoso anche dei loro figli (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Dall'Osso ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

MATTEO DALL'OSSO (FI). Grazie, Presidente. È necessario, per valorizzare e non discriminare ulteriormente i disabili, reintegrare il comma 5 dell'articolo 8 della presente legge: “Le medesime agevolazioni non spettano ai datori di lavoro che non siano in regola con gli obblighi di assunzione previsti dall'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, fatta salva l'ipotesi di assunzione di beneficiario di Reddito di cittadinanza iscritto alle liste di cui alla medesima legge”, al fine di aumentare e rendere concorrenziale l'occupazione delle persone iscritte alle liste speciali di cui alla legge n. 68 del 1999, come vi dicevo ieri sera. Non si può persistere ad offrire vantaggi a chi assume secondo la piattaforma del reddito di cittadinanza e non cumulare gli sgravi con chi assume i disabili. Si può esser disabili e beneficiari del reddito di cittadinanza; non si possono continuare a creare categorie di serie A e serie B, senza garantire chi parte svantaggiato. Presidente, se lo ricorda? Nessuno deve rimanere indietro. Ve lo ricordate? Nec recisa recedit. Non lo traduco, perché… anzi, ve lo traduco, anche se siamo in difficoltà non indietreggeremo, sappiatelo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. La deputata Frassinetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, l'ordine del giorno che ho presentato riguarda il mondo della scuola e, specificatamente, gli insegnanti che devono andare in pensione. Il provvedimento, ovviamente, è relativo al decreto n. 4 del 2019; sostanzialmente, il mondo della scuola, già vessato per vari motivi, per le difficoltà, la stabilizzazione, anche in questo caso dovrebbe essere tenuto in considerazione, proprio per l'età media dell'entrata. Noi sappiamo che gli insegnanti hanno un'età media, molte volte, quando prendono l'incarico, superiore anche ai quarant'anni e sappiamo, anche, che esiste una precarietà, un grande stato di precarietà in questo settore. Pertanto, questo ordine del giorno vuole venire in aiuto ai docenti, anche partendo dal presupposto che abbiamo in Italia molti insegnanti anziani, forse siamo tra quelli che abbiamo gli insegnanti più anziani d'Europa. Quindi, l'ordine del giorno sostanzialmente chiede al Governo che valuti gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate, al fine di adottare iniziative normative volte a permettere ai docenti di raggiungere “quota cento”, prescindendo dall'età anagrafica o contributiva cioè sostanzialmente si può raggiungere lo stesso risultato senza essere fiscali al punto, per fare un esempio, che un insegnante, che abbia 63 anni e 37 di contributi, non possa usufruire di questa misura.

Mi auguro che il buonsenso prevalga e che, finalmente, si riesca ad intervenire nel mondo della scuola con un po' di senso pratico e cercando anche di capire tutto ciò che circonda questa problematica e che, quindi, il Governo accolga questo ordine del giorno, grazie.

PRESIDENTE. Il deputato Lacarra ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

MARCO LACARRA (PD). Grazie signor Presidente, questo ordine del giorno è riferito a una specifica categoria di lavoratori, i poligrafici, che stanno subendo più di altri la crisi dell'editoria e, in questo settore, sappiamo che vi sono diverse testate giornalistiche che sono in una fase di grave crisi. In particolare, è stata in quest'Aula svolta un'interrogazione, indirizzata al ministro Di Maio relativamente alla situazione di grave crisi de La Gazzetta del Mezzogiorno, un quotidiano storico della città di Bari e della Puglia.

L'ordine del giorno in esame tende a favorire, attraverso l'applicazione di ammortizzatori sociali, la possibilità, per i poligrafici, di un prepensionamento dopo 32 anni di servizio. Già la legge di bilancio 2019 ha previsto che, per i poligrafici, vi fosse la possibilità di non applicare il principio degli adeguamenti alle aspettativa di vita; ora bisogna compiere un ulteriore passo ossia consentire, attraverso questo ordine del giorno, che si acceda al pensionamento con soli 32 anni di contributi. Faccio presente che è l'occasione per il Governo di mostrare sensibilità rispetto a questi lavoratori e, in particolare, a quelli di questo comparto e di alcune testate, ripeto come la Gazzetta del Mezzogiorno, ma d'altro canto preciso e riferisco che, proprio ieri, in consiglio regionale della Puglia, vi è stato un ordine del giorno approvato all'unanimità, anche da consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle e della Lega, che partecipano a quell'assise, per cui credo che, su questo ordine del giorno, debba esservi convergenza, a prescindere dall'appartenenza politica.

Mi auguro che anche quest'Aula abbia la sensibilità che ha mostrato ieri il consiglio regionale, grazie.

PRESIDENTE. Il deputato D'Ettore ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Con riguardo al provvedimento in esame, abbiamo presentato prima degli emendamenti, che abbiamo in parte trasfuso anche in questi ordini del giorno, per consentire alla maggioranza di riflettere su temi che comportano impegni per il Governo che non distruggono, non demoliscono l'impianto del reddito di cittadinanza, ma ne determinano degli obiettivi, degli indirizzi di maggiore efficienza ed efficacia; in particolare, su un tema, che è già stato trattato, ossia quello che riguarda, con le soglie di reddito che sono state individuate nel provvedimento, la tutela delle persone disabili, che fanno parte di un nucleo familiare.

La normativa proposta dalla maggioranza presenta degli aspetti che devono essere affinati sul piano normativo; in mancanza di proposte emendative, l'unico modo è tentare di far capire a questa maggioranza e al Governo - chiedo su questo l'attenzione del superstite sottosegretario che rappresenta in questo momento la platea governativa - di fare attenzione a questo tema.

Con riguardo al valore massimo del reddito familiare individuato per poter beneficiare del reddito di cittadinanza, questo deve essere moltiplicato per il corrispondente parametro della scala di equivalenza, in relazione al numero di componenti del nucleo familiare, e se questi siano o meno maggiorenni.

Durante l'esame del provvedimento si è deciso, nell'ambito delle Commissioni referenti, di far approvare un incremento, anche grazie alle richieste del nostro gruppo di Forza Italia, ma solamente dal 2,1 al 2,2 del parametro massimo da utilizzare in presenza di famiglia numerosa e solo qualora nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizioni di disabilità grave o di non autosufficienza.

Vi faccio presente che lo scopo del reddito di cittadinanza, come prestazione periodica mensile che è volta a contrastare situazioni di indigenza e di povertà, è chiaramente da parametrare in maniera più efficace e in base anche a quello che è il contenuto costituzionale al quale si riferisce lo stesso reddito di cittadinanza, ancorché non l'abbiate chiarito ma ve lo dico io che si può chiarire. Se il contenuto costituzionale è quello di parametrare la prestazione sociale a quelle che sono le esigenze del nucleo familiare e farlo in funzione della tutela degli indigenti, è chiaro che, in una famiglia numerosa, con la presenza di persone non autosufficienti o con gravi disabilità, questo parametro che, come dire, avete scostato solo di poco rispetto a quella che era invece la richiesta che avevamo fatto, può essere oggetto di un impegno. Infatti, si tratta di andare incontro a un'esigenza del tutto chiara e del tutto evidente, che fa parte della ratio del contenuto normativo stesso del provvedimento che è proposto dalla maggioranza.

Quindi, l'impegno che noi chiediamo è perché questo incremento dello 0,1 per cento è insufficiente e si tradurrebbe in circa 50 euro e solamente nel caso di famiglia numerosa e se vi sia un disabile, non come invece la nostra proposta che copre ogni esigenza. Infatti, l'impegno è il seguente e lo leggo: a valutare gli effetti applicativi del suddetto incremento dello 0,1, da 2,1 a 2,2 del parametro della scala di equivalenza nel solo caso di famiglia numerosa qualora vi sia un disabile grave o non autosufficiente, prevedendo un aumento del medesimo parametro al fine di riconoscere un doveroso maggiore beneficio ai nuclei familiari nei quali sia presente un disabile grave o non autosufficiente.

Cioè, portare a una significativa valutazione, perché i presupposti che voi date in questo modo non rispondono in modo ragionevole ed equo a queste esigenze: disabilità grave e non autosufficienza in un nucleo familiare. Se voi lo limitate ai parametri che avete deciso nella legge, create una disparità di trattamento notevole, senza tenere conto invece dell'esigenza di persone che fanno parte di quella famiglia.

Quindi, se date uno 0,1 o uno 0,2 in più, lo 0,1 non basta, ci vuole qualcosa di più. Non abbiamo dato noi il parametro, non l'abbiamo descritto nella scala di equivalenza, lo lasciamo all'impegno del Governo. Quindi, penso che questo impegno possa essere sicuramente assunto per un'esigenza di carattere sociale che determina l'efficienza e l'efficacia del provvedimento anche sul piano della legittimità costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. La deputata Bucalo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

CARMELA BUCALO (FDI). Grazie, signor Presidente. Con questo ordine del giorno chiedo al Governo l'impegno di valutare la possibilità di un percorso accelerato che permetta di procedere alla stabilizzazione del precariato storico. E parlo di docenti di terza fascia che possono vantare almeno tre anni di servizio nelle scuole statali.

Veda, signor Presidente, noi siamo di fronte ad una vera emergenza, una vera emergenza costituita da migliaia di cattedre vacanti, perché non c'è solo quota 100, ma si aggiungono anche i pensionamenti normali, quelli previsti dalla legge Fornero. Per cui tutto questo creerà realmente un problema serio per il prossimo anno scolastico.

Inoltre, non è stato possibile far coincidere la scadenza delle domande di trasferimento con le domande stabilite dall'INPS per la valutazione di quota 100, per cui la disponibilità dei posti vacanti ai fini del trasferimento sarà un numero falsato. Tutto questo creerà ancora un maggiore aumento di cattedre vacanti.

Inoltre, ritengo che il precariato storico bisogna veramente eliminarlo: è una anomalia che appartiene solo alla scuola italiana. E ricordo che anche il Governo ha previsto la possibilità di avere un transitorio, e quindi eliminare il precariato, al punto 22 del contratto di Governo.

Non si può continuare a pagare dei ricorsi onerosi, perché ribadisco che il MIUR è stato diverse volte condannato proprio in violazione di una direttiva della Comunità europea, la n. 70 del 1999, per abuso di contratti a termine, e credo che sia troppo semplicistico, da parte della senatrice Granato, dichiarare sui social: non possiamo far pagare ai cittadini il prezzo dei ricorsi dei docenti.

E, allora, signor Presidente, voglio ribadire che i docenti di terza fascia sono stati e continuano ad essere costretti a presentare ricorsi perché vogliono una tutela del loro sacrosanto diritto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. La deputata Gribaudo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

CHIARA GRIBAUDO (PD). Grazie, Presidente. Per me è doloroso illustrare questo ordine del giorno; è doloroso perché è l'ennesima prova dell'ipocrisia di questo Governo, quando si parla di politiche attive del lavoro, di precarietà e di futuro. ANPAL Servizi ha in forze 654 lavoratori, 654 persone, uomini e donne, che da anni mettono le loro competenze, la loro esperienza e la loro professionalità nella lotta alla disoccupazione e al servizio della pubblica amministrazione. Sono lavoratori e lavoratrici che hanno superato una selezione ad evidenza pubblica, molti di loro più di una volta, e che, pertanto, potrebbero essere stabilizzati, come previsto dall'articolo 1, comma 1, della legge Madia.

Vi abbiamo ripetuto fino allo sfinimento che mescolare lotta alla povertà… Presidente.

PRESIDENTE. Colleghi! Colleghi!

CHIARA GRIBAUDO (PD). Grazie, Presidente. Vi abbiamo ripetuto fino allo sfinimento che mescolare lotta alla povertà e politiche attive del lavoro non era certamente una buona idea, ma voi avete preferito non ascoltare.

Del resto, non me ne voglia il sottosegretario all'agricoltura che è qui presente, però noi stiamo parlando di un provvedimento importante come il reddito di cittadinanza e quota 100 e c'è un sottosegretario, ripeto, non me ne voglia il sottosegretario all'agricoltura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), ma non c'è nessun ministro e nessun sottosegretario competente. Credo che questa sia una mancanza di attenzione francamente imbarazzante in quest'Aula.

Dopodiché, non mi stupisco perché, del resto, voi avevate da fare un goal a porta vuota, perché questo in termini calcistici poteva essere: stabilizzare questi 654 lavoratori, che avrebbero dovuto svolgere il ruolo che voi, invece, attribuite ai cosiddetti navigator, cioè a 3 mila persone che verranno loro stesse assunte, peraltro con un quizzone, nemmeno con un concorso pubblico, e andranno per due anni a svolgere, forse, una funzione che queste 654 persone già svolgevano con professionalità e avendo, appunto, superato dei concorsi pubblici. È, cioè, l'ennesima presa in giro alla meritocrazia, a un servizio serio che viene svolto quotidianamente da questi lavoratori e queste lavoratrici. Con loro siamo stati fuori da Montecitorio perché crediamo che le loro istanze siano corrette e giuste.

Ve lo dice chi ha anche qualche rammarico, perché questa era una battaglia che ci portavamo dietro già dalla scorsa legislatura e una parte di questi si sono stabilizzati; mancava, come dire, l'ultimo miglio, questi 654 lavoratori, che, invece, ancora una volta, si vedono scavalcati da delle persone, con tutto il rispetto, che non hanno nemmeno la loro professionalità.

Voi state contribuendo a realizzare una precarietà assurda e assoluta, e con questo tipo di impostazione, peraltro, non andrete a dare nessuna risposta di politica attiva del lavoro. Ve lo abbiamo già detto, eppure continuate a non ascoltarci.

Noi abbiamo pensato di presentare questo ordine del giorno perché non solo voi non vi occupate di questo problema, ma li prendete anche in giro: mettete un milione, un milione all'anno dal 2019, ma lo sapete benissimo che con un milione all'anno non si assumono nemmeno dieci persone, ma nemmeno una, tra un po'.

E, allora, è evidente che questa è una presa in giro e che, ancora una volta, non diamo delle risposte vere e concrete a chi, ripeto, quotidianamente svolge un servizio a disposizione della pubblica amministrazione e lo fa con serietà. Queste persone, signor sottosegretario - per tramite, mi riferisco a lei, Presidente -, meritavano maggiore attenzione, perché davvero sono vent'anni, alcuni sono vent'anni che svolgono questo lavoro in maniera precaria. Ero convinta che, visto che avete messo 15 miliardi su questa misura, si potessero realmente trovare le risposte che questi lavoratori attendevano, da anni. Eppure, anche questa volta non abbiamo trovato una risposta. Noi abbiamo provato a presentarvi emendamenti, questo è l'ultimo sforzo: chiediamo al Governo di riflettere attentamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il deputato Fatuzzo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

CARLO FATUZZO (FI). Signor Presidente, abbiamo presentato centinaia di emendamenti a questo importante documento; il 99 per cento, forse il 98 per cento, sono stati bocciati. Insistiamo con gli ordini del giorno.

Questo ordine del giorno entra nel cuore di uno degli argomenti più importanti, la pensione di cittadinanza. Ho già, molte volte, più volte e molte volte detto che non c'è niente per i pensionati in questa legge, quasi niente. Già è stato stabilito, in previsione, che verranno spesi per questa pensione di cittadinanza 350 milioni su 7 miliardi e passa stanziati per tutto il provvedimento. Mi sembrano pochi questi 350 milioni, anche perché, alla fine, a consuntivo, saranno molti di meno; e questo dopo che si prelevano, invece, 2 miliardi e 100 milioni da poche decine di euro a tutti i pensionati che hanno più di 1.500 euro lordi al mese di pensione.

Si toglie ad alcuni pensionati dicendo che si danno ad altri pensionati. Allora, vorrei che voi foste soddisfatti del risultato di questa pensione di cittadinanza; lo vorrei anch'io, ma soprattutto i pensionati stessi.

Quindi, vorrei suggerirvi, con questo ordine del giorno, di allargare la platea di coloro che, pensionati, possano beneficiare di un po' più di quei dieci, venti euro al massimo che a me risultano essere quelli che con questo provvedimento vengono elargiti. Molto meno, molto ma molto meno di una elemosina; è proprio quasi impossibile accettare questa situazione, specialmente dopo che nelle ultime settimane della campagna elettorale si è detto: ecco, diamo anche ai pensionati la pensione di cittadinanza. Come se si avesse in mano la bacchetta magica della favola di Cenerentola e arriva il cocchio d'oro. Non è così facile. E, quindi, con questo ordine del giorno, chiedo rispettosamente al Governo di prevedere come spendere questi denari che avanzeranno, queste risorse che avanzeranno, cancellando tutte quelle altre condizioni restrittive, a parte l'età, 70 anni di età in su, e a parte la misura del reddito da raggiungere, 780 euro al mese per dodici mesi.

Ci sarebbe qualcosa in più per i pensionati. Farebbe bene al Governo, farebbe bene a noi che lo chiediamo, farebbe bene, soprattutto, alle pensionate e ai pensionati, che potrebbero finalmente dire: benedetto il Governo dei 5 Stelle e della Lega, stanno facendo qualcosa di importante e buono. Sarei il primo a dire questa situazione.

Viva i pensionati; pensionati, all'attacco (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. Il deputato Rizzetto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

WALTER RIZZETTO (FDI). Presidente, in modo breve, questo ordine del giorno, in realtà, prende spunto da quello che di fatto è stata una mia, una nostra proposta emendativa in seno alla discussione del provvedimento in Commissione. Penso di non stupire i colleghi nell'affermare che prima di “quota 100”, ad esempio, noi avremmo fatto e avremmo portato avanti la cosiddetta “quota 41”. Ora, capisco che gli annunci mediatici sono piuttosto semplici da poter offrire ai nostri concittadini, però, vede Presidente, ci troviamo di fronte ad una promessa, non soltanto elettorale, di fatto mancata, perché “quota 41”, ovvero raggiungere la pensione dopo 41 anni di lavoro e di contributi, non era soltanto una promessa elettorale di coloro che attualmente fanno parte del Governo - c'era scritto in entrambi i programmi, se non ricordo male -, ma è stato un percorso ampio, virtuoso, interessante rispetto a tutta la scorsa legislatura.

Vede, Presidente, in Commissione lavoro, in cinque anni di legislatura, durante la XVII legislatura, non c'è stato un collega che non si sia dimostrato favorevole alla cosiddetta “quota 41”. Ricordo il sottosegretario Cominardi, ricordo il collega Tripiedi, ricordo molti altri colleghi che hanno “indossato la t-shirt” di “quota 41” per dire: guardate, che questa roba qui è una cosa giusta. È una cosa giusta perché le persone che hanno iniziato a lavorare prima di altre sono, Presidente, negli anni Ottanta, negli anni Novanta, negli anni Settanta, sono, di fatto, le persone che hanno costruito questo nostro Paese, o parte di questo nostro Paese. Sono le persone che, con il loro lavoro, con il loro sudore e con i loro contributi, molto spesso non in condizioni e situazioni apicali all'interno delle aziende, ma con lavori che qualcuno considera umili, ma che sicuramente noi evidentemente non consideriamo umili, hanno costruito questo Paese; hanno acceso un mutuo; hanno cambiato macchina; hanno permesso ai figli di poter studiare; con il loro lavoro, hanno permesso a qualche familiare, ad esempio, di poter restare a casa per prendersi cura di vicini o di parenti che evidentemente non stavano molto bene.

Ma in questo caso c'è stato, da parte di questo Esecutivo, un tradimento nei loro confronti al netto, lo rinnovo, di tutte le promesse elettorali e di tutte le bandiere che tutti abbiamo sventolato in piazza, quando e laddove loro erano a manifestare.

La scorsa legislatura ce la siamo presa con i vari Governi Letta, Gentiloni, Renzi, questa volta, Presidente, dobbiamo prendercela con voi, perché è una cosa non fatta. Non c'è nessuna spunta sulla lista rispetto a “quota 41”: ancora non c'è. E poco mi interessano, anche in questo caso ed in queste ore, le dichiarazioni meramente mediatiche di alcuni esponenti del Governo, il Ministro Matteo Salvini, un po' meno il Ministro Di Maio, che dicono: guardate che “quota 100” e lì, è all'orizzonte, ci stiamo arrivando. Il problema è che noi viviamo qui ed ora; il problema è che queste persone, dopo 41 anni di lavoro - molti tra di loro non si reggono neanche in piedi proprio perché hanno fatto e hanno condotto lavori gravosi ed usuranti in vita - non possono fidarsi della prossima legge di bilancio o di un prossimo provvedimento o di un prossimo Documento di economia e finanza. Peggio mi sento, Presidente, quando stiamo applicando a questo tipo di percorso un vero e proprio paradosso: e il paradosso è quello che dice che le persone andranno in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi, ma le stesse persone con oltre 41 anni di contributi non possono andare in pensione taglieggiati, come lo sono stati, dalla “manovra Fornero”. Voi non avete distrutto, come era giusto fare, l'architrave della “manovra Fornero”. Voi state applicando delle finestre in uscita temporanea che di “quota 41” non parlano: quasi come fossero, Presidente, delle mere – e forse lo saranno - misure elettorali. Ma il vivo non sta in “quota 100”: il vivo sta in “quota 41” al netto del fatto che noi, come gruppo, avremmo votato, se e qualora ci fosse stata la possibilità di potersi esprimere in quest'Aula extra-questione di fiducia, favorevolmente all'articolo di “quota 100”, ma così non è stato.

Chiudo con un esempio. Una persona che ha iniziato a lavorare a 15 anni e che ha 41 anni di contributi e oggi ha 56 anni non potrà andare in pensione. La stessa persona a 62 anni ma con molti anni in meno o con qualche anno in meno di contributi potrà andare in pensione. Ecco, vede Presidente, chiedo al Governo di poter accettare favorevolmente questo impegno e sono sicuro che il Governo lo accetterà favorevolmente e sono altrettanto sicuro che il Governo su queste basi e, in questo solco, andrà ad applicare questo tipo di provvedimento non fra sei mesi, perché già ci sono tutte le proposte possibili ed immaginabili anche con le coperture, ma lo applicherà immediatamente, perché da parte dell'Esecutivo questa è stata una barbarie a coloro che hanno fatto crescere il nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. La deputata Cantone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

CARLA CANTONE (PD). Grazie, Presidente. Mi rivolgo a lei per iniziare questo mio ragionamento su questo ordine del giorno. Lei viene da una regione, la Campania, da una città, credo Napoli, dove i lavoratori edili sono tantissimi. Non solo ma, poiché mi sono occupata di edili per almeno una decina d'anni, so che in particolare nelle regioni del sud e le assicuro anche in Campania, hanno cominciato a lavorare come manovale a tredici, quattordici, quindici anni. Questi lavoratori non solo fanno un lavoro faticosissimo, come è risaputo, disagiato e usurante ma non potranno assolutamente usufruire dalla quota 100 perché non arriveranno mai a 38 anni di contributi con 62 anni di età, pur avendo cominciato a lavorare prestissimo per molti motivi: la precarietà; per fine cantiere in attesa che se ne apra un altro; oppure per pioggia. Sono tanti i motivi per cui c'è discontinuità in questo settore. Noi abbiamo discusso molto in Commissione lavoro e affari sociali su un emendamento che proponeva quello che fra un attimo dirò, che è contenuto nell'ordine del giorno: avevamo ragionato così, fuori da ogni schieramento, e abbiamo compreso tutti com'era importante quell'emendamento ed eravamo tutti d'accordo. Poi - misteri della fede - non è stato ammesso. C'è un accordo fra le parti che dà la possibilità ai lavoratori edili di versare contributi volontari in modo volontario presso l'ente bilaterale, la loro Cassa edile, che si pagano loro e le imprese, e poi mandare tali contributi all'INPS per avere la possibilità di andare in pensione qualche anno prima, non molto: dai conti fatti due o tre anni prima ma sono tanti perché, a 67 anni, due o tre anni di pensionamento anticipato in un settore come questo è di vitale importanza - ripeto: di vitale importanza - perché significa evitare di andare su un ponteggio, dopo i sessant'anni, figuriamoci dopo i 65 o dopo i 67. Allora, poiché c'è la possibilità di aiutarli ad un prepensionamento che loro si pagano con i contributi che volontariamente versano, perché no, perché non favorire una convenzione con l'INPS per dare a loro questa possibilità? Noi con l'ordine del giorno in esame intendiamo impegnare il Governo ad adottare nel prossimo provvedimento utile il percorso che abbiamo indicato nell'ordine del giorno sul quale - insisto - tutti erano d'accordo proprio per favorire il pensionamento. Io penso che domani voteremo, che se il Parlamento voterà a favore dell'ordine del giorno che non è settario, non è di parte, ma è di buon senso, che aiuta - posso dire la classe lavoratrice - si può dire ancora, no? Sì, In un settore così disperato, diamo una mano a dare a loro la possibilità di andare prima. E se il Parlamento domani lo vota, come io mi auguro che lo voterà, forse anche il Governo adotterà quel percorso che noi indichiamo con questo ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il deputato Novelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno. Colleghi, per favore! Colleghi!

ROBERTO NOVELLI (FI). Signor Presidente, questo è uno di quegli ordini del giorno che il Governo farebbe bene ad approvare. Con questo ordine del giorno noi vogliamo contribuire a sanare una delle gravi ingiustizie che non avete provveduto a sanare, pur avendone l'opportunità, all'interno di questo decreto-legge. Questa è un'ingiustizia che colpisce i dipendenti pubblici: sappiamo tutti, è noto che i lavoratori del pubblico impiego, a seconda della causa della cessazione del rapporto di lavoro, hanno tempi di attesa, per quanto riguarda l'erogazione del trattamento di fine rapporto, del trattamento di fine servizio, che varia da un minimo di 105 giorni, in caso di decesso o inabilità del lavoratore, arrivando fino anche ad oltre due anni; peraltro questo termine di due anni non sempre è rispettato.

Sappiamo anche che i lavoratori del settore privato giustamente, in base ai contratti collettivi, hanno tempi di attesa per l'erogazione che variano dai 15, mediamente, fino ad un massimo di 60 giorni. Esiste un ulteriore profilo di discriminazione tra i dipendenti pubblici e i dipendenti del settore privato, ed è rappresentato da quella previsione di tempi ampiamente dilatati nell'erogazione del trattamento di fine servizio, in considerazione dell'ammontare complessivo dell'importo loro dovuto.

All'articolo 23 del decreto-legge voi avete riconosciuto per i dipendenti pubblici un trattamento anticipato rispetto alla normativa vigente, attraverso l'accesso ad un importo finanziabile tramite gli istituti di credito. Ora, lo sappiamo tutti che questa è una foglia di fico, perché l'ammontare dell'importo finanziabile è limitato comunque a 45 mila euro, ed è una somma che per un dipendente medio della pubblica amministrazione appare comunque finanziabile da qualunque istituto di credito.

Signor Presidente (mi rivolgo attraverso di lei al Governo), presso la Camera dei deputati è stata presentata il 28 settembre 2018 e annunciata il 1° ottobre, sempre del 2018, la nostra proposta di legge, che prevede modifiche alla disciplina in materia di pagamento e termini di erogazione dei trattamenti di fine rapporto e di fine servizio, che proprio vuole andare a modificare in maniera sostanziale la normativa vigente, al fine di dare un'equità, una giustizia, una parità di trattamento ai lavoratori del settore pubblico rispetto a quelli del settore privato.

Credo che una sensibilità da parte vostra, che vada a sanare quell'anacronistica e discriminatoria differenziazione che esiste e che ho descritto in questo mio intervento, sia necessaria. Se non lo doveste fare, i dipendenti del pubblico continuerebbero ad essere discriminati rispetto ai dipendenti del settore privato, questa uguaglianza che tanto andate dicendo non ci sarebbe e quindi ve ne dovreste assumere la responsabilità; e di conseguenza chiediamo al Governo un impegno, che è un impegno per noi sacrosanto. Lo ripeto, lo abbiamo anche sancito attraverso una proposta di legge. A prevedere in maniera strutturale, e nel rispetto dei vincoli della finanza pubblica, la riduzione dei termini per la liquidazione del trattamento di fine servizio e a rivedere anche quella disciplina di rateizzazione degli importi, al fine di ridurre la periodicità delle rate ed incrementare gli importi della soglia massima erogabile in ciascuna rata, così da eliminare questa assurda discriminazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. La deputata Mura ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

ROMINA MURA (PD). Presidente, durante le dichiarazioni di voto sulla fiducia ho sentito alcuni colleghi della maggioranza, se non sbaglio il collega della Lega, che esultava per il superamento della “legge Fornero”; ma io credo che sia noto a tutti, a noi, come a tutti i colleghi che siedono in quest'Aula, che la “legge Fornero” non è stata né superata, né cancellata: semplicemente, con “quota 100” si apre una finestra temporale, con un inizio che è il 2019 e una fine che è il 2021, durante la quale un determinato target di lavoratori potrà accedere all'anticipazione pensionistica, avendo maturato i requisiti, 62 anni e 38 anni di anzianità contributiva.

Questo target di lavoratori è proprio un target specifico: in genere, sono lavoratori che risiedono al Nord, hanno prestato la loro attività lavorativa nella pubblica amministrazione, ovvero nella grande industria e, per la maggior parte, sono uomini, perché “quota 100” non è un'opzione di anticipazione pensionistica a cui possano accedere le donne. Perché? Perché le donne, come ben sappiamo, in genere hanno una media di contribuzione di 25 anni, dovuta al fatto che scelgono spesso contratti di lavoro a tempo parziale, una donna su tre abbandona il lavoro dopo il primo figlio; e i dati ci dicono che dopo ogni figlio comunque una donna, anche mantenendo il lavoro, perde, in media, il 4 per cento della retribuzione, quindi, ovviamente poi il calcolo contributivo è legato al periodo di lavoro e anche al percorso retributivo. E questo perché? Perché nel nostro Paese, in maniera strutturale, ancora il carico familiare, la cura, il lavoro di cura e, ovviamente, la maternità è totalmente a carico…

PRESIDENTE. Colleghi, per favore!

ROMINA MURA (PD). È totalmente a carico delle donne. Noi quindi, con questo ordine del giorno, chiediamo in quest'Aula, dopo averlo fatto inascoltati in Commissione, che, visto che abbiamo perso, e avete perso, totalmente l'occasione di questo provvedimento, da qui ai prossimi provvedimenti in cui si possano inserire, vengano previste delle misure che considerino al fine previdenziale appunto il carico di lavoro familiare e la maternità.

Perché - lo ricordo bene a tutti i colleghi - quando parliamo di problema della natalità, dobbiamo metterci in testa che il problema della natalità non lo risolveremo facendo fare retromarcia ai diritti delle donne. Mi riferisco, in particolare, alle riflessioni, agli spunti che sento in questi giorni, della serie: diamo alle donne il reddito di maternità, così rinunciano al lavoro e stanno in casa a fare figli; oppure delle donne che dovrebbero riappropriarsi della loro funzione naturale o infungibile. No. Io credo che sia ambizione di tutte le forze politiche che siedono in questo Parlamento, perché voglio pensare che queste riflessioni ed osservazioni siano estemporanee, siano così, fatte per propaganda, per dire, per andare controcorrente; io credo che l'ambizione di tutte le forze politiche che siedono in questo Parlamento sia di costruire le condizioni affinché, finalmente, le giovani donne non siano costrette a scegliere fra lavoro e maternità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il deputato Bignami ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

GALEAZZO BIGNAMI (FI). Grazie, Presidente. Per provare a spiegare l'utilità di questa proposta partirò da uno dei tanti episodi di vita reale che si consumano in qualsiasi ufficio dell'INPS di provincia, dove quotidianamente avviene quella che qualcuno reputa una leggenda, ma che leggenda non è. Avete presente quando si sente parlare di immigrati tunisini, marocchini, albanesi, che riescono, senza magari neanche stare in Italia, a percepire l'assegno sociale oggi e domani il reddito di cittadinanza? Questa non è una leggenda, è realtà. È realtà perché queste persone, con un meccanismo banale, che sarà lo stesso che verrà utilizzato per attingere al reddito di cittadinanza, rendendo vana quella diga dei 10 anni che qualcuno vuole elevare come limite mediante il quale si farà in modo che non ci siano truffe o altri problemi, ebbene, queste persone con un meccanismo banale riescono ad aggirare questo criterio decennale, che qualcuno appunto vorrebbe essere un discrimine per consentire che altri non prendano questo reddito e questo sussidio. Il meccanismo è semplice: queste persone, che magari hanno ottenuto un permesso di soggiorno o una carta di soggiorno nei tempi in cui governavano i Governi Prodi, Renzi, Gentiloni, una volta ottenuto quel documento, hanno dichiarato una residenza, quella residenza poi non è più stata verificata da nessuno, perché oggi il nostro ordinamento non consente alle forze dell'ordine - ed è questo ciò che la nostra proposta chiede, invece, cambi - di andare a vedere se quelle persone, che sette, otto, dieci, dodici anni fa hanno detto di risiedere in un determinato posto, ancora effettivamente ci vivono, perché nel momento in cui queste persone dichiarano la residenza, da quel momento maturano il tempo, magari decennale, per poi andare a chiedere il sussidio, salvo poi, in quei dieci anni, vivere a casa loro, come dimostra il fatto che nell'anagrafe contributiva dell'INPS risultano non aver mai versato nulla. Come può una persona vivere con 200-300 euro al mese in Italia senza mai aver versato nulla e quindi senza aver mai lavorato? Evidentemente, è impossibile.

Quindi, queste persone, che non hanno mai versato un euro all'erario statale, beneficiano da anni, anni e anni di sussidi, e domani beneficeranno del reddito di cittadinanza, eludendo quel meccanismo decennale che qualcuno ci dice essere appunto la diga che impedirà truffe. Al contrario, riusciranno a beneficiare anche del reddito di cittadinanza, perché le nostre forze dell'ordine, in maniera assolutamente ingiusta, non possono andare a verificare se effettivamente ancora sono residenti. Perché, quando qualcuno ha cercato di spiegare al popolo di centrodestra che il reddito di cittadinanza non sarebbe stato dato agli immigrati, beh, avrebbe dovuto probabilmente anche assumersi le responsabilità fino in fondo di dire che quella proposta non era nel contratto del centrodestra, quello vero, votato dagli italiani, dove, invece, c'era un'altra proposta, quella di rimpatriare tutti coloro che non avevano più titolo di stare in Italia, che sarebbe bene iniziassimo a rimpatriare anche - me lo consenta, Presidente - per evitare fenomeni come quello avvenuto proprio in queste ore…

PRESIDENTE. Deputato Tripiedi, per favore… colleghi…

GALEAZZO BIGNAMI… dove un presunto cittadino italiano - perché io con quelle persone non posso spartire neanche la cittadinanza -, nato in Senegal e che ha avuto dieci anni di residenza in Italia, ha cercato di uccidere decine e decine di bambini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Quelle persone vanno rimpatriate e vanno fatte marcire nelle loro galere di origine! È in questo il discrimine tra un Governo di centrodestra e altro! E speriamo che, finalmente, si dia corso ai rimpatri, perché è su quello che, finalmente, bisogna verificare l'effettiva attuazione del programma di centrodestra (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. La deputata Serracchiani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

DEBORA SERRACCHIANI (PD). Presidente, direi che al Governo giallo-verde le abolizioni non riescono: non è riuscita l'abolizione della povertà con il reddito di cittadinanza, mi duole dover insistere sul fatto che non è stata abolita neanche la “Fornero” con “quota 100”. Del resto, signor Presidente, è difficile immaginare qualunque riforma del sistema pensionistico che duri soltanto tre anni, quindi parte già col piede sbagliato, se non prende in considerazione il sistema in tutta la sua integrità. Noi siamo stati tra i primi a dire che la “riforma Fornero” è stata il frutto di un'epoca difficile, nella quale ci siamo assunti le nostre responsabilità, ma abbiamo altresì detto che quelle responsabilità non erano fini a se stesse, ma che andava riadattato il sistema, soprattutto con una ordinata flessibilità in uscita.

Oggi, questo Governo non fa nulla di tutto questo: non c'è ordine, non c'è organicità e non c'è neppure una visione rispetto a quello che sarà il sistema pensionistico nei prossimi anni. Non si pensa ai più fragili: nulla sui precoci, nulla sui lavoratori gravosi, nulla sui lavoratori usuranti. Non si pensa alle donne, e non si pensa neppure ai giovani, tant'è che non si forma nessun tipo di fondo che possa, in qualche modo, tutelare le prossime generazioni rispetto ad un sistema pensionistico che pensa solo all'oggi e non pensa al domani.

Bene, noi, rispetto a questo, con questo ordine del giorno vorremmo che il Governo tornasse a prestare attenzione al sistema pensionistico italiano, senza distruggerlo e metterlo in difficoltà utilizzando tanti, ma tanti miliardi di euro per accontentare una piccola fascia di pensionandi, che sono quelli - mi permetta di utilizzare questo termine - più semplici nella ricerca del consenso: 62 anni di età, 38 anni di contributi.

È chiaro che stiamo parlando soltanto agli uomini, è chiaro che stiamo parlando soprattutto al Nord, ed è chiaro che stiamo parlando soprattutto ai dipendenti pubblici. Restano fuori le donne, resta fuori gran parte del sistema privato, ma soprattutto, non avendo pensato al sistema pensionistico nella sua organicità, non ci sono misure che aiutino quelle persone che non hanno un montante contributivo continuativo: l'Ape sociale è stato previsto e prorogato soltanto per un anno, “opzione donna” soltanto per un anno. E diciamo anche a questi pensionati, che sono soprattutto quelli che potranno permettersi “quota 100”, ovviamente di scegliere volontariamente di farlo, perché avranno delle pensioni medio alte che consentiranno loro di poter veder ridurre la loro pensione per i prossimi anni, perché naturalmente, se si va in pensione a 62 anni e con 38 anni di contributi, è chiaro che si avrà una pensione ridotta rispetto a quella che si sarebbe maturata.

Ecco, con questo impegno - capisco che possa apparire ad alcuni un ossimoro - noi chiediamo una seria riflessione. Chiediamo una seria riflessione a questo Governo, in particolare al Ministro Di Maio, perché coinvolga le rappresentanze sindacali dei lavoratori e delle imprese e definisca un nuovo sistema di flessibilità in uscita strutturale, non soltanto per tre anni, non soltanto a fine propagandistico, non soltanto per un facile consenso elettorale. Che lo faccia invece in termini strutturali, perché sì, di queste pensioni si deve parlare, del sistema pensionistico italiano si deve parlare, lo si deve adeguare, ma si deve anche pensare, almeno una volta, che il sistema pensionistico non deve dare una risposta soltanto ad oggi ma soprattutto a chi c'è domani, e a chi c'è domani, oggi quelle pensioni le vede gravare pesantemente, dal peso anche dei miliardi che verranno spesi per “quota 100”, senza alcuna soluzione e senza alcuna previsione per i giovani lavoratori, proprio quei giovani lavoratori a cui il Ministro Di Maio si rivolgeva quando faceva il “decreto dignità”, che è lo stesso decreto che a quei giovani lavoratori oggi, quasi sempre, impedisce di avere un contratto regolare, e che domani impedirà, anche con questa decisione, di avere una pensione. Riflettano e prendano come buono questo ordine del giorno, affinché tutti insieme si possa strutturare un sistema pensionistico che guardi anche alle generazioni di domani e che soprattutto non mette a rischio i conti pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Il deputato Bond ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

DARIO BOND (FI). Presidente, questo ordine del giorno cerca in qualche maniera di applicare quello che il Governo, un po' di tempo fa, nella legge finanziaria ultima, ha voluto introdurre, cioè la tessera sanitaria per le slot, per le macchinette con cui tanti purtroppo si rovinano nel giocare. La tessera sanitaria, però, implica un adeguamento tecnologico, che, a conti fatti, equivale a 24 mesi di lavoro, implica una serie di trasformazioni di queste macchine, implica poi anche una serie di piccoli provvedimenti di adeguamento del sistema informatico, che in qualche maniera rinviano di fatto l'applicazione di questo importante provvedimento, che va in qualche maniera a tutelare le fasce deboli della popolazione che giocano magari senza tanta responsabilità. Allora si chiede di delegare il direttore dell'Agenzia delle dogane a verificare effettivamente l'efficacia di questo provvedimento, di trovare delle soluzioni adeguate dal punto di vista tecnico, e di evitare che, come sempre accade, si faccia un provvedimento e non lo si applichi.

Il rischio, poi - faccio lo stesso appello, sempre nell'ordine del giorno, al direttore dell'Agenzia delle dogane -, è che, con un provvedimento del 2017, si vada ad introdurre un meccanismo internazionale. Questo è gravissimo - e mi rifaccio anche alle considerazioni svolte anche in Commissione da altri colleghi, facendo un appello alla presidente della Commissione sociale, la dottoressa Pagano - perché si rischia di introdurre, magari con poca responsabilità, senza renderci conto, una brutta cosa, che è la liquidità internazionale condivisa. Che cos'è la liquidità internazionale condivisa? Ve lo dico, perché molti di voi sono sensibili: si va in qualche maniera a creare un montepremi internazionale, fra Paesi europei e non, molto elevato, e con un montepremi internazionale molto elevato si spinge ancor di più il gioco online dei nostri giocatori italiani, con una esasperazione ancora maggiore, con un rischio ancora di più sociale di giocarsi i propri risparmi, di rovinare delle intere famiglie. Allora, l'appello al direttore delle dogane è, in qualche maniera, con riferimento alla ratifica del 2017 dell'accordo con 5 Paesi europei, di bloccarla per il momento, perché la liquidità condivisa internazionale potrebbe creare un effetto di esplosione dei giochi, non controllabile da nessuno, a casa, fintanto che qualcuno finisce tutto quello che ha, dei propri genitori o, magari, della propria famiglia, e mette a repentaglio proprio la stabilità intera del nucleo familiare. Avere un montepremi molto elevato - ci sono delle statistiche importanti su questo - tende, in qualche maniera, a stimolare ancora di più questo effetto di malattia, come la chiamo io. Il deputato Novelli con le sue risoluzioni e interrogazioni durante la Commissione sanità lo ha messo in evidenza diverse volte, è malattia del gioco, dipendenza da gioco. È un grave pericolo, io ho svolto proprio questo intervento per rendervi coscienti, tutti, del rischio che andiamo a correre; noi andiamo, e lo abbiamo messo anche per iscritto durante la legge finanziaria, a bloccare, in qualche maniera, a limitare la ludopatia, ma con questi provvedimenti andiamo invece ad esaltarla ancora di più. Ogni volta che un giocatore, un dipendente da gioco vede un montepremi più elevato, quel dipendente da gioco diventa ancora più dipendente dal gioco e, allora, Presidente, so che magari la materia non è interessante, però, attenzione, perché la bomba sta per scoppiare; volevamo limitare il gioco d'azzardo in tutte le sue dimensioni, invece, lo stiamo esasperando ancor di più (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Il deputato Zan ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

ALESSANDRO ZAN (PD). Grazie, Presidente. Questo ordine del giorno vuole cercare di colmare un'ingiustizia e una disparità di trattamento che va avanti da molti, molti anni e che non può continuare. Noi ci abbiamo provato con degli emendamenti, ma il Governo…

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, in silenzio…

ALESSANDRO ZAN (PD). Grazie; il Governo e la maggioranza hanno dimostrato ancora una volta di essere sordi a qualsiasi tentativo da parte anche delle opposizioni di cercare di migliorare questo provvedimento. Voglio parlare dei lavoratori di Poste italiane che non hanno mai ricevuto nessuna forma di rivalutazione del proprio TFS, del trattamento di fine servizio. Ora, questo decreto è stato, anche negli ultimi momenti, infarcito dalla maggioranza e dal Governo di provvedimenti tra loro incoerenti che hanno creato veramente un grande carrozzone; è per questo che noi ci ritroviamo, ora, con degli ordini del giorno per cercare di migliorare, all'ultimo, di tentare di mettere mano a delle ingiustizie che appunto non possono continuare.

Io ricordo che a tutti i dipendenti, sia pubblici che privati, viene riconosciuta la rivalutazione monetaria dell'indennità di buonuscita. La domanda è: perché ai lavoratori postali, no? Perché per i dipendenti postali il valore della buonuscita è stato fissato, pensi, Presidente, al 28 febbraio del 1998? Questa rivalutazione è prevista e riconosciuta dalla legge, non si capisce perché una categoria come questa, che rappresenta centinaia di migliaia di lavoratori, sia oggetto di questa disparità di trattamento, di questa discriminazione. Allora, cosa hanno fatto questi lavoratori per ottenere la loro legittima rivalutazione del TFS?

Si sono rivolti ai tribunali, si rivolgono ai tribunali, però, pensate a che prezzo, con cause e contenziosi lunghissimi, con costi per il lavoratore enormi all'inizio, perché poi i tribunali per il 90 e passa per cento danno ragione ai lavoratori e dunque lo Stato deve risarcire questi lavoratori del loro mancato diritto. Allora, evitare che questa cosa continui - mi rivolgo al sottosegretario qui presente anche se è un sottosegretario all'agricoltura, però ne conosco la serietà e il lavoro e mi auguro che si faccia interprete di questa nostra richiesta - conviene anche al Governo. Conviene anche allo Stato che si colmi questo vulnus, per evitare che ci sia questa situazione, questo limbo di ingiustizia, che non può più continuare. Per questo, noi abbiamo presentato questo ordine del giorno e abbiamo anche inserito, per evitare che ci venga bocciato, le parole “a valutare l'opportunità di prevedere”, però immaginiamo e speriamo che si trovi lo spazio in una norma futura, in un provvedimento, per colmare questa ingiustizia che, appunto, non può continuare ancora, visto che è ferma dal 1998 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il deputato Viscomi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

ANTONIO VISCOMI (PD). Presidente, confesso, per la verità, di provare disagio nel presentare oggi un ordine del giorno con cui chiediamo al Governo di adottare misure opportune per riconoscere, finalmente, all'ultima platea di lavoratori rimasti esclusi dalle otto salvaguardie già approvate, l'accesso al trattamento pensionistico con le regole antecedenti alla riforma introdotta con il decreto n. 201 del 2011. Il disagio nasce da ciò, Presidente, poiché nell'ottobre dello scorso anno la Commissione lavoro ha approvato una mozione unitaria, con il parere favorevole del sottosegretario Durigon, che impegnava, già allora, il Governo - cito testualmente - ad assumere tempestivamente: “…iniziative normative volte a tutelare il diritto di accesso al pensionamento della platea di lavoratori e lavoratrici rimasti esclusi e fuoriusciti dal mercato del lavoro e non entrati nel sistema previdenziale, a causa delle modifiche apportate al quadro legislativo dalla riforma Monti-Fornero”.

Il fatto è, Presidente, che a partire dal 2012 numerosi lavoratori e numerose lavoratrici sono stati condannati a un fenomeno che è conosciuto dalla cronaca con il nome di “esodati”, cioè persone che hanno sottoscritto accordi per uscire dal mondo del lavoro facendo affidamento sui criteri pensionistici precedenti alla legge n. 92 del 2012 e che, pertanto, con la modifica dei criteri per il riconoscimento del diritto alla pensione, dopo decenni di lavoro, si sono ritrovate a non essere più occupate e, però, imprevedibilmente, a non poter ancora accedere alla pensione. Ora, c'è stato un lungo e complessissimo lavoro normativo per risolvere il fenomeno degli esodati e questo lavoro ha portato al varo di ben otto salvaguardie, attraverso disposizioni normative che hanno interessato complessivamente poco più di 142 mila lavoratori, su un totale teorico di oltre 203 mila lavoratori stimati come aventi diritto. Uno scostamento significativo, che ha comportato, però, risparmi di spesa; basti pensare che rispetto alla platea di 30.700 unità prevista dall'ottava salvaguardia è stato riconosciuto il diritto al trattamento soltanto a metà dei richiedenti. Tuttavia, queste otto manovre non sono state sufficienti; per questo è ancora prioritario e urgente intervenire per consentire l'accesso all'assegno pensionistico alla platea di uomini e donne in questione stimati ad oggi in circa 6 mila, che stanno vivendo una condizione di grande disagio sociale, perché rimasti da anni senza un reddito. È un provvedimento di giustizia sociale nei confronti di queste persone che, a parità di diritto, rispetto a quelle già salvaguardate, non hanno potuto beneficiare delle precedenti manovre di salvaguardia.

Noi crediamo che l'intervento normativo dovrà essere definitivo e dovrà escludere parametri o limiti temporali che comportino un'irragionevole esclusione degli aventi diritto, considerando, tra l'altro, che le risorse finanziarie per coprire la manovra esistono e avanzano dalle precedenti salvaguardie.

Per questo, Presidente - e concludo -, chiediamo che previo un confronto con le organizzazioni sindacali siano adottate misure idonee per consentire una conclusione finale per l'ultima volta di questa annosa vicenda, rispettando peraltro gli impegni già più volte assunti dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il deputato Lepri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

STEFANO LEPRI (PD). Presidente, ci sono due questioni che voglio illustrare con questo ordine del giorno, che sono, secondo noi - l'abbiamo detto in più occasioni - trattate in modo indegno; uso questa definizione esattamente perché avete definito così, degno e attento alla dignità, questo provvedimento ma, in realtà, su due questioni importanti c'è una grande indegnità. Parliamo del trattamento dei figli che beneficiano del reddito di cittadinanza e facciamo riferimento alla questione delle persone con disabilità.

Dico ciò perché da un lato ci sono evidenti vizi che porteranno verosimilmente a contestazioni della Corte costituzionale e, dall'altro, ciò è particolarmente indegno esattamente perché su queste due questioni i due vostri leader della maggioranza giallo verde avevano fatto promesse da mercante: “riempiremo le culle, quoziente familiare, finalmente le disabilità avranno risposte, abbiamo fatto il Ministero per le persone con disabilità, abbiamo un sottosegretario con disabilità”. Tutto questo, però, finora, è semplicemente una somma di promesse non mantenute. Parliamo, allora, della scala di equivalenza. La scala di equivalenza oggi sostanzialmente dice questo: se hai tre figli o hai quattro figli, alla fine è praticamente lo stesso; se hai quattro figli o sei figli o otto figli, tu prendi lo stesso. È evidente che siamo di fronte ad una discriminazione nei confronti delle famiglie numerose, per una semplice ragione: siete partiti con questa idea ideologica di dare 780 euro al single e, non avendo abbastanza soldi, pur avendone messi tantissimi, siete costretti a fare questa ingiustizia.

Torniamo indietro: che cosa dovreste fare per la scala di equivalenza? Correggerla! Adottate la scala di equivalenza dell'ISEE o quella del reddito di inclusione, o anche quella - ancora più convincente per noi - del disegno di legge a firma Catalfo della scorsa legislatura. Qualcuno tra voi ha detto che la senatrice Catalfo è la mamma del reddito di cittadinanza: bene, facciamola contenta questa mamma! Diamo alla mamma la scala di equivalenza che si merita e che desiderava.

Disabilità. Non solo avete promesso - addirittura sembrava fatto in qualche post del Vice Presidente Di Maio -, non solo avete promesso invano che avreste aumentato l'assegno di invalidità, cosa che naturalmente non avete fatto, ma addirittura avete previsto che l'assegno di invalidità faccia reddito, cioè venga considerato nel momento in cui si calcola l'ISEE, con il risultato che le persone con disabilità vengono penalizzate da questo calcolo: altro che avvantaggiate, sono penalizzate!

Buon ultimo, per cercare di correggere - ma avete messo una toppa peggiore del buco - avete detto aggiungiamo lo 0,1 per una persona disabile nella scala di equivalenza, ma il risultato naturalmente è una briciola, dimenticando, non ricordando, che l'assegno di invalidità ha una valenza risarcitoria e come tale è davvero ingiusto che venga considerato nel calcolo del reddito. Allora, in conclusione, con riferimento al nostro ordine del giorno - mi rendo conto che il sottosegretario all'Agricoltura non essendo del campo o del ramo è poco attento alla questione - direi che noi dovremmo correggere quanto prima queste storture. Quindi chiediamo quella dignità che viene meno in questi provvedimenti, quella equità che non c'è in questi provvedimenti e, se non vi basta, fatelo perché i ricorsi che arriveranno sicuramente alla Corte Costituzionale daranno loro ragione. Quindi è meglio, forse, correggere prima piuttosto che essere costretti di fronte alla bellezza della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La deputata Carnevali ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

ELENA CARNEVALI (PD). Presidente, io approfitto non solo per presentare l'ordine del giorno, ma approfitto della sua presenza anche per stigmatizzare un fatto che è avvenuto durante la nostra Commissione. Si tratta dell'oggetto che poi, alla fine, ho ripresentato come ordine del giorno. In particolare, il riferimento è all'articolo 14-bis, che riguarda la disciplina delle capacità assunzionali delle regioni, degli enti e delle aziende sanitarie del Servizio Sanitario Nazionale, nonché degli enti locali.

Bene, Presidente, io avevo presentato un emendamento per risolvere il problema del limite assunzionale che esiste attualmente, con la possibilità, quindi, che viene ribadita in questo ordine del giorno, di fare in modo che le graduatorie siano vigenti per tre anni, in modo da evitare molte cose. Innanzitutto, vi è una questione di risparmio di costi; e, in secondo luogo una questione di risparmio di tempi, perché noi abbiamo una grandissima urgenza, peraltro ribadita in un emendamento formulato di fatto dal Governo che inserisce all'articolo 14-bis un secondo comma – e noi ringraziamo di questa attenzione da parte della Ministra Grillo - che però, purtroppo, altro non è che una raccomandazione. Perché dico che è una raccomandazione quella che è stata introdotta? È una raccomandazione perché non cambia, non pone limiti di spesa, cioè si è a risorse invariate, non modifica la questione relativa allo sblocco del turnover, in particolare a quel cappio che abbiamo sul collo, consistente nel limite dell'1,3 per cento relativo alla spesa del 2004. Noi le raccomandazioni, anche in termini ordinamentali, nei testi di legge le possiamo anche gradire; la cosa, però, veramente molto sgradevole è che un emendamento che peraltro andava a incidere, è stato considerato estraneo per materia; non abbiamo capito francamente come facesse ad essere estraneo per materia, ma non è stato ritenuto valido per la discussione e il voto durante il lavoro nelle Commissioni. Questo è un grave errore, che spero venga in parte e in qualche modo un po' sanato, anche se sappiamo il valore degli ordini del giorno; tuttavia lo poniamo ancora qui, perché noi siamo di fronte al fatto – non lo diciamo solo noi, ce lo stanno dicendo tutte le organizzazioni sindacali che appartengono all'ambito sanitario – che abbiamo di fronte 40 mila persone che hanno i criteri per poter usufruire di “quota 100”; la stessa cosa l'ha detta l'ordine degli infermieri: sono 22 mila le persone che potranno usufruire di “quota cento”; questo significa che di fronte al limite che già abbiamo, si ponga di fronte a noi un problema che rischia davvero di essere una voragine nel nostro Servizio sanitario nazionale. Ecco, con questo ordine del giorno, che mi auguro davvero che non solo sani quella che io ho ritenuto francamente un'ingiustizia, si pone l'attenzione, in particolare del Governo sul tema e spero che davvero non venga respinto al mittente, perché sarebbe, a mio giudizio, molto tragico far vedere che c'è una disattenzione rispetto a tutto il mondo sanitario, che in questo momento è in condizioni di estrema difficoltà, con risorse che non sono stati invariate con la legge di bilancio, se non tramite il miliardo stanziato nella scorsa legislatura, e mettere a rischio quello che peraltro lo stesso emendamento del Governo, in questo decreto, dice essere la salvaguardia dei livelli di assistenza. La tutela della salute, a mio giudizio, non è un problema che riguarda solo il Partito Democratico; riguarda la responsabilità di tutti; e mi auguro davvero che ci sia quell'attenzione e si rimedi, a mio giudizio, non solo all'ingiustizia nei confronti dei lavoratori che in questo momento sono costretti a lavorare in condizioni molto faticose e spesso impegnative, ma si rimedi davvero a quello che sta diventando un problema per la collettività (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il deputato Siani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

PAOLO SIANI (PD). Grazie, Presidente. Vorrei farle notare che c'è, in questo provvedimento, una scarsa attenzione alla povertà minorile. Noi veniamo da una regione, da una città piena zeppa di bambini, purtroppo piena di bambini poveri. Le famiglie povere senza bambini in Italia sono il 5 per cento, ma se in quella famiglia c'è un bambino, la povertà è del 9 per cento e le famiglie povere con tre figli sono il 15 per cento. Ora, un quarto dei bambini in Italia vive sotto la soglia di povertà. Nel decreto questo dato viene inspiegabilmente ignorato, perché, come ha detto già il collega Lepri, la scala di equivalenza dà la metà a chi ha figli minori: 0,4 per l'adulto 0,2 per il bambino. Ora, perché è importante occuparsi dei bambini poveri? Perché, se noi non interrompiamo il circuito della povertà, avremo che i bambini poveri saranno adulti poveri; e noi sappiamo che il bambino povero è un bambino anche ammalato e le malattie che ha da bambino se le porta dietro anche da adulto. Nei convegni facciamo questo esempio: anche se la bambina povera sposa il principe azzurro e diventa ricca, le sue alterazioni fisiche se le porterà dietro anche da adulta; allora, è strana questa mancanza di visione sulla povertà minorile! E poi, accanto al contributo economico, come fanno già molti Paesi europei, è necessario inserire buone pratiche; ad esempio nei quartieri a rischio, dove la povertà è più concentrata, asili nido di qualità, scuole aperte tutto il pomeriggio, cioè fornire a questi bambini e famiglie povere delle opportunità.

E questo oggi è ancora più pressante e importante perché sappiamo oggi - e non venticinque anni fa - che il cervello dei bambini si forma molto nei primi mille giorni di vita, e si forma non solo per i geni che hanno avuto dai genitori, ma per l'ambiente in cui vivono. Per cui, credo che sia effettivamente un errore non considerare le famiglie povere come il target di questo provvedimento. Quindi, chiediamo al Governo di riguardare la scala che è stata preparata, dando un peso maggiore ai bambini. Chiediamo di riguardare il canone mensile, perché è evidente che chi ha tre figli ha bisogno di un canone più alto per pagare l'affitto. E vi chiediamo di riguardare la distanza per un genitore che sceglie di lavorare, che non sia oltre i cinquanta chilometri, altrimenti come fa a guardare i suoi bambini? Sono tre cose: mi rendo conto che alcune non sono complicate, sono semplici, si possono accettare e darebbero un segnale di miglioramento. La mia preoccupazione è che stiamo sprecando una grande occasione, e questo è davvero un peccato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La deputata Schirò ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

ANGELA SCHIRO' (PD). Grazie, Presidente. Il mio ordine del giorno ha l'obiettivo di sensibilizzare questo Governo sui diritti socio-previdenziali dei cittadini italiani residenti all'estero, i quali troppo spesso vengono dimenticati da questo Governo. Con il nostro ordine del giorno chiediamo che il Governo corregga con ulteriori interventi legislativi la grave omissione del decreto su reddito e pensione di cittadinanza, che non prevede la tutela dei cittadini italiani che decidono di rientrare in Italia e dei pensionati che risiedono all'estero. Mi spiego meglio: il vincolo dei due anni continuativi di residenza in Italia al momento di presentazione della domanda esclude tutti i cittadini italiani iscritti all'Aire, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero - i quali dovessero decidere di rientrare in Italia dopo un periodo di permanenza all'estero alla ricerca di un lavoro - dalla possibilità di richiedere, in caso di bisogno, il reddito di cittadinanza. Perché? Per il semplice motivo di non poter far valere, essendo iscritti all'Aire, anche per brevi periodi, i due anni di residenza in Italia al momento della domanda.

Siamo tutti consapevoli che sono decine di migliaia i nostri giovani che emigrano all'estero in cerca di un lavoro che l'Italia non è riuscita a garantire loro. Chi conosce la realtà migratoria italiana, soprattutto quella più recente, sa che la grande maggioranza dei flussi continua a riguardare giovani che all'estero si trovano in condizioni precarie, che fanno lavori manuali, anche tra i laureati. Una maggioranza che si colloca prevalentemente in un'area occupazionale poco regolata e protetta, che in tutti i Paesi europei presenta le forme tipiche dell'instabilità occupazionale, della precarietà e del lavoro nero e sottopagato. Giovani sfortunati due volte: la prima volta per essere stati costretti ad emigrare, la seconda volta perché, nel caso in cui fossero costretti a rientrare in Italia per tanti motivi - disoccupazione, precariato, lavoro nero, motivi familiari, disagio culturale - viene loro negato il diritto al reddito di cittadinanza, perché, tra l'altro, rispettosi della norma di iscriversi all'Aire.

Per essere chiari, vorrei ribadire ancora una volta che soprattutto per i giovani il provvedimento avrebbe potuto rappresentare l'occasione per accedere al percorso di immissione e reimmissione al lavoro, e quindi riaprire prospettive di futuro nel nostro Paese.

Lo stesso ragionamento si applica ai nostri anziani emigrati, non solo quelli residenti in Paesi come il Venezuela, i quali rientrano per passare gli ultimi anni della loro vita in Italia. Spesso questi anziani sono privi di pensione e di reddito, poveri. Ogni giorno riceviamo segnalazioni riguardanti giovani e anziani italiani all'estero, anche in Europa, che versano in grave disagio economico e sociale, ne sanno qualcosa i nostri consoli. Anche gli anziani italiani all'estero, dunque, sono esclusi dal diritto alla pensione di cittadinanza, non potendo far valere i due anni di residenza in Italia prima della presentazione della domanda. Nel decreto il Governo avrebbe dovuto prevedere, quindi, l'esclusione del vincolo dei due anni per i nostri cittadini emigrati, giovani e anziani, che decidono per le più svariate ragioni di tornare al nostro Paese.

E, invece, vi siete semplicemente dimenticati di loro. Con l'ordine del giorno chiediamo anche una modifica della misura del pensionamento anticipato con quota 100, che, in pratica, non può essere fruita dai futuri titolari di pensione in regime internazionale, i quali non potranno cessare il lavoro, come richiesto dalla norma, per il semplice fatto che il misero pro rata italiano non consentirebbe loro di sopravvivere. Sarebbe stato più logico e giusto prevedere l'esclusione dei richiedenti quota 100 in regime di convenzione residenti all'estero dal vincolo della cessazione del rapporto di lavoro.

Infine, con questo ordine del giorno vogliamo sollecitare l'urgenza di eliminare il vergognoso fenomeno dell'importo irrisorio delle pensioni in regime internazionale. Ricordo, infatti, che l'importo minimale previsto da una legge vecchia di 25 anni è di circa 12 euro mensili per ogni anno di contribuzione versato in Italia. Chiediamo un aumento di tale minimale per dare adeguatezza alle pensioni pagate dai nostri connazionali residenti all'estero, i quali da tempo, soprattutto in Europa, non hanno più diritto al trattamento minimo e alle maggiorazioni sociali. Continuare ad ignorare le giuste esigenze e istanze dei nostri connazionali non è segno di progresso e civilizzazione. Spero che questo Governo voglia dare un segnale di attenzione all'altra Italia che vive nel mondo ed è troppo spesso trascurata, nonostante il grande contributo economico e di immagine che essa nel tempo ha dato e continua a dare al nostro Paese, innanzitutto approvando il mio ordine del giorno e successivamente introducendo le misure necessarie per ridare riconoscimento e dignità ai diritti socio-previdenziali dei nostri connazionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il deputato Rizzo Nervo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno.

LUCA RIZZO NERVO (PD). Grazie, Presidente. Con questo ordine del giorno intendiamo ribadire con altrettanta determinazione ciò che abbiamo denunciato lungo queste settimane di dibattito in Commissione, anche attraverso emendamenti puntualmente respinti dall'intera maggioranza, e cioè che il decreto che stiamo convertendo in legge contiene una previsione palesemente e, temiamo, volutamente discriminatoria nei confronti dei cittadini stranieri che vogliano accedere al beneficio del reddito di cittadinanza. La “dottrina Lodi”, quella cinica scelta che ha introdotto una discriminazione addirittura fra i bambini di una stessa classe nella possibilità di accesso ai servizi di mensa scolastica, che è stata oggetto di una indignazione diffusa, partita dai cittadini di Lodi e poi divenuta trasversale a tutto il Paese, bene, quella cinica dottrina diventa legge dello Stato; per di più, in un provvedimento che vuole contrastare le povertà e le fragilità delle persone.

La teoria del “prima gli italiani”, che già in questo provvedimento si realizza con l'introduzione del requisito dei dieci anni di residenza, in cui diventa una colpa non solo essere straniero, ma anche essere un italiano andato a cercare fortuna all'estero, e con la limitazione del beneficio ai soli titolari di permesso di lungo periodo, quella teoria illusoria si realizza anche con un'ulteriore misura volta a ridurre a livelli minimi l'accesso degli stranieri al reddito di cittadinanza. E lo fa subdolamente, per via burocratica; neanche attraverso la burocrazia italiana, già di per sé complessa e spesso difficile da affrontare, ma attraverso la burocrazia degli Stati d'origine dei cittadini stranieri, prevedendo, infatti, l'obbligo per i cittadini stranieri extracomunitari di produrre tutta la documentazione certificata del Paese di origine che attesti la composizione del nucleo familiare e la situazione reddituale e patrimoniale.

Questo in Paesi in cui vi sono spesso deficit irrisolvibili di anagrafe personale e catastale; e lo fate letteralmente con le stesse identiche parole, illegittime e discriminatorie, contenute nel regolamento per l'accesso alle prestazioni sociali agevolate del comune di Lodi. E, quando diciamo discriminatorie, Presidente, lo facciamo a ragion veduta, oltre la nostra opinione personale. La vicenda della mensa scolastica di Lodi, infatti, si è conclusa con un'ordinanza del tribunale di Milano che condanna il comune di Lodi per una discriminazione diretta verso i cittadini stranieri. Badate, “diretta” è una parola importante cioè la discriminazione non è stata prodotta in modo indiretto da un atto apparentemente neutro che ha prodotto un esito discriminatorio non voluto. No, il giudice ha detto che siamo di fronte a una diretta imposizione di uno specifico adempimento aggiuntivo, peraltro di difficilissima realizzazione, con finalità già originariamente discriminatorie, evidenziando una illegittimità rispetto all'articolo 43 del testo unico dell'immigrazione ed evidenziando anche un palese contrasto con l'articolo 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. “Quindi una palese violazione…” - è sempre il giudice che parla – “dell'ampia tutela che si trova nel dato normativo nazionale e internazionale contro ogni discriminazione legata alla nazionalità”. E voi, di fronte a questa evidenza, davanti al pronunciamento motivato di un italianissimo tribunale della Repubblica, che fate? Riscrivete pari pari quella regolamentazione discriminatoria nel decreto sul reddito di cittadinanza. Non ci stupisce più di tanto, pur indignandoci molto, perché traspare la stessa perversa volontà di rendere difficili e sofferenti i percorsi di inclusione dei cittadini stranieri che abbiamo già trovato nel decreto sicurezza; quella malcelata idea di selezione naturale attraverso le difficoltà imposte. Avete bocciato i nostri emendamenti, conseguentemente saremo facili profeti nel dire che questa parte del decreto-legge verrà considerata illegittima perché ugualmente discriminatoria. Nell'ordine del giorno vi invitiamo a rivedere la normativa alla luce del pronunciamento del tribunale di Milano prima che debba essere nuovamente la giurisprudenza, finanche forse quella costituzionale, a pronunciarsi. E lo dico soprattutto ai colleghi del MoVimento 5 Stelle e mi fa piacere, Presidente, che sia lei a presiedere l'Aula in questo momento: durante il caso Lodi la natura bifronte del Governo ebbe modo di esprimersi. Il Ministro Salvini disse: fa bene la sindaca; basta con i furbetti; la pacchia è finita; confermando una compulsiva ossessione che lo porta a vedere pacchie ovunque e specialmente laddove si annidano povertà, fragilità e sofferenza degli esseri umani. Ma il Ministro Di Maio disse: i bambini non si toccano, sono contento della reazione degli italiani. E soprattutto lei, Presidente, disse parole nette, prese posizione apprezzabilmente dicendo: io credo che nel momento in cui si fa una delibera che crea discriminazione si debba chiedere solamente scusa. Giusto, Presidente. Un modo per chiedere scusa con i fatti e non tanto e solo con le parole commosse del giorno dopo è non ricadere nel medesimo errore e ribadire con i fatti l'uguaglianza delle persone davanti ai diritti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Avete l'occasione per farlo ancorché purtroppo solo in un ordine del giorno, non sprecate questa occasione; non accettate, colleghi del 5 Stelle in particolare, assuefatti ad una cultura cinica che fa apparire normale ciò che è fonte di sofferenza e discriminazione per molte persone (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno.

Secondo quanto convenuto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento che riprenderà nella seduta di domani, a partire dalle ore 9,30, con l'espressione del parere da parte del rappresentante del Governo, lo svolgimento delle votazioni sugli ordini del giorno, le dichiarazioni di voto finale e la votazione finale.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ricciardi. Ne ha facoltà.

RICCARDO RICCIARDI (M5S). Grazie, Presidente. “Ciao. Se state leggendo questo messaggio, è segno che non sono più a questo mondo. Beh, non rattristatevi più di tanto, mi sta bene così. Non ho rimpianti; sono morto facendo quello che ritenevo più giusto, difendendo i più deboli e rimanendo fedele ai miei ideali di giustizia, eguaglianza e libertà. Quindi, nonostante questa prematura dipartita, la mia vita resta comunque un successo e sono quasi certo che me ne sono andato con il sorriso sulle labbra. Non avrei potuto chiedere di meglio. Vi auguro tutto il bene possibile e spero che anche voi un giorno decidiate di dare la vita per il prossimo, perché solo così si cambia il mondo, solo sconfiggendo l'individualismo e l'egoismo di ciascuno di noi si può fare la differenza. Sono tempi difficili, lo so, ma non cedete alla rassegnazione, non abbandonate la speranza mai.

Anche quando tutto sembra perduto e i mali che affliggono l'uomo e la terra sembrano insormontabili, cercate di trovare la forza e di infonderla nei vostri compagni. È proprio nei momenti più bui che la vostra luce serve e ricordate sempre che ogni tempesta comincia con una singola goccia. Cercate di essere voi quella goccia. Vi amo tutti, spero farete tesoro di queste parole: Serkeftin! Orso, Tecoşer, Lorenzo”.

Io aggiungo partigiano antifascista. Tutta la solidarietà alla famiglia di Lorenzo Orsetti, nome di battaglia Heval Tekoşer, il lottatore. Tutti noi, specialmente chi siede in quest'Aula, abbiamo solo da imparare da persone come Lorenzo. Il mio ricordo non è in quanto toscano come Lorenzo, perché forse persone come lui non sono definibili come appartenenti a una città o una regione, perché avevano davvero come orizzonte il motto: la nostra Patria è il mondo intero (Applausi).

RACHELE SILVESTRI (M5S). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RACHELE SILVESTRI (M5S). Onorevoli deputati, chiedo la vostra attenzione rispetto a ciò che sta disponendo chi governa nella regione Marche e nella provincia di Ascoli Piceno rispetto alla costruzione di uno dei sei nuovi ospedali unici regionali. Il vulnus di questa vicenda sta nella decisione non condivisa con i cittadini e con i loro rappresentanti dei consigli comunali del cosiddetto….

PRESIDENTE. Deputata, ci scusi c'è un problema tecnico al microfono, se può cambiare microfono.

RACHELE SILVESTRI (M5S). Grazie. Il vulnus di questa vicenda sta nella decisione, non condivisa con i cittadini e con i loro rappresentanti nei consigli comunali, del cosiddetto algoritmo a cui un certo modo di fare politica delega la scelta dell'ubicazione di una nuova struttura nosocomiale. Nel merito la consulta della sanità del consiglio comunale di Ascoli Piceno ha più volte sollecitato il governatore regionale per avere contezza di quali siano gli input e i parametri che ha utilizzato la regione nell'impostazione di un algoritmo applicato in questo ambito e che ha di fatto decretato la scelta di quella specifica ubicazione per il cosiddetto Ospedale di Vallata attraverso dei criteri non neutrali che producono inevitabilmente un risultato condizionato e arbitrario, ma non ha mai ricevuto nessuna risposta. Avete capito bene, onorevoli colleghi, la politica si sottrae al confronto civico su una decisione così importante e delega un computer con relativo software preimpostato a scegliere per lei. C'è da chiedersi come sia possibile che un'amministrazione regionale su una questione così delicata, che inciderà significativamente sul futuro degli abitanti e che impegnerà oltre 200 milioni di euro con l'ombra dei privati nella costruzione e nella gestione di alcuni servizi, possa sottrarsi al confronto pubblico con i cittadini e con i portatori di interesse, demandando al calcolatore una scelta così fondamentale. C'è da chiedersi anche come sia possibile che ad oggi non risulta essere stata data risposta alla consulta sanitaria comunale di Ascoli Piceno da parte della regione ad una richiesta inoltrata cinque mesi fa. È opportuno che il confronto politico resti un momento di mediazione sociale e irriducibile alla dittatura degli algoritmi che non potranno mai sostituire il tesoro del volere democratico dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

VALENTINA BARZOTTI (M5S). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VALENTINA BARZOTTI (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, ancora una volta purtroppo in quest'Aula si rende necessario segnalare un caso di cyberbullismo. Nella giornata di ieri ho appreso con amarezza che, tra le mura di una scuola media di Lodi, proprio la mia città, si consumava un grave episodio ai danni di una ragazzina di soli tredici anni che, dopo aver inviato a un compagno immagini di carattere privato, è stata dallo stesso costretta all'angolo. Sotto scacco dal terrore della divulgazione senza consenso di immagini private. Quel che voleva essere un dono di un momento è diventato prigionia.

Non parliamo di semplici immagini, è bene non dimenticarlo: si tratta invero della proiezione digitale del proprio sé, della propria intimità, che da privata diventa brutalmente pubblica. Ricordo a questa illustre Assemblea che, in questi casi, la posta in gioco è la dignità della persona, non solo nella sua dimensione individuale ma soprattutto in quella sociale; e nessuna dimensione sociale, in certe età come quella della tredicenne di Lodi, è tanto impattante quanto la scuola. Qui sono tantissimi i minori che scattano, inviano, guardano, condividono le immagini di più varia natura, verosimilmente senza comprenderne appieno i rischi connessi.

Signor Presidente, tutti noi sappiamo bene che è necessario ed urgente intervenire in maniera sistemica sul fenomeno, tanto del bullismo che del cyberbullismo, interpellando tutti gli attori coinvolti; nonché agire in termini di prevenzione, informazione, educazione digitale, educazione all'empatia, tanto a scuola che nelle relazioni familiari ed interpersonali. Dobbiamo essere consapevoli di essere davanti ad un nuovo modo di comunicare, di interagire, di autodeterminarsi, dove evidentemente il consenso all'utilizzo di qualunque informazione di natura sensibile e il pieno governo dei dati personali equivalgono a imprescindibili presupposti di libertà (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Serracchiani. Ne ha facoltà.

DEBORA SERRACCHIANI (PD). Presidente, tre anni sono passati senza che la giustizia spagnola abbia fatto anche soltanto un passo avanti nel procedimento giudiziario che deve accertare le responsabilità dell'incidente che, all'alba del 20 marzo 2016 (oggi appunto ricorrono tre anni), costò la vita a 13 studentesse del programma Erasmus, durante un viaggio in un bus da Valencia a Barcellona. In quell'occasione perse la vita, tra queste 13 ragazze, una venticinquenne, Elisa Valent, di Venzone, in provincia di Udine.

Noi vorremmo, Presidente, per suo tramite invitare il Governo, e in particolare invitare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ad elevare una formale protesta, in tutte le sedi opportune e in tutte le sedi competenti, affinché le autorità spagnole facciano quello che è loro dovere fare, cioè si muovano, agiscano, diano delle risposte, individuino le responsabilità in un incidente che non può restare senza responsabile. Erano 13 vite giovani, che hanno creduto anche in quell'Europa senza confini nella quale si stavano formando e per la quale avevano appunto fatto questo viaggio straordinario, che è un po' anche il viaggio dell'Europa nella quale crediamo, il viaggio all'interno del progetto Erasmus. Ebbene, noi vorremmo, anche nell'avvicinarsi delle prossime incombenti elezioni, che l'Europa dia un segnale, e che quindi questa Europa dia un segnale anche alla Spagna, anche alle autorità spagnole, e lo faccia il nostro Paese, l'Italia, affinché vengano individuate con chiarezza e trasparenza quelle responsabilità che fino ad oggi, a tre anni di distanza, non hanno avuto alcun accertamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Giovedì 21 marzo 2019 - Ore 9,30:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 1018 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni (Approvato dal Senato). (C. 1637-A/R)

Relatrici: MURELLI (per la XI Commissione) e NESCI (per la XII Commissione), per la maggioranza; SERRACCHIANI (per la XI Commissione) e CARNEVALI (per la XII Commissione), di minoranza.

2. Seguito della discussione della proposta di legge:

DE MARIA ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sullo stato della sicurezza e sul degrado delle città. (C. 696-A)

e delle abbinate proposte di legge: LUPI ed altri; GELMINI ed altri; RAMPELLI ed altri. (C. 1169-1313-1604)

Relatori: BRESCIA, per la maggioranza; MARCO DI MAIO, di minoranza.

La seduta termina alle 23,05.