XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 15 luglio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,

          premesso che:

              l'allarme sociale rappresentato dal degrado delle periferie, tema ampiamente trattato nella XVII legislatura attraverso la Commissione d'inchiesta monocamerale, non ha ancora trovato una soluzione adeguata e i dati recenti evidenziano che il problema è congenito e lontano dall'essere risolto;

              la relazione conclusiva approvata dalla citata Commissione monocamerale nel dicembre 2017 propose alcune strategie e strumenti necessari a porre rimedi sensibili. Nello specifico è stata individuata, tra l'altro, la prospettiva della rigenerazione urbana, ossia l'insieme dei «programmi complessi che privilegiano l'intervento in comprensori già costruiti al fine di rendere vivibile e sostenibile lo spazio urbano, di soddisfare la domanda abitativa e di servizi, di accrescere l'occupazione e migliorare la struttura produttiva metropolitana, di rassicurare la maggior parte della popolazione che risiede proprio nelle aree periferiche», evidenziando parallelamente la necessità di realizzare piani ambiziosi di sostituzione edilizia sul modello degli interventi avvenuti negli ultimi venti anni in diverse città europee, soprattutto francesi;

              la Commissione fece un buon lavoro indicando le prime iniziative per accrescere la vivibilità dei quartieri periferici e la sicurezza dei cittadini, quali l'utilizzo di tutte le forme di sicurezza passiva, attraverso le tecnologie appropriate; l'integrazione delle politiche per la sicurezza a piani di lotta al degrado; la promozione di politiche attive di assistenza sociale, anche attraverso il volontariato, e di lavoro;

              i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono non comprensibili le motivazioni di economicità nella costituzione di nuove commissioni, poste dalla maggioranza alla base della mancata istituzione della Commissione bicamerale di inchiesta richiesta da diverse forze politiche anche in questa legislatura, anche alla luce di dati tutt'altro che rassicuranti legati alla non sopita tendenza al degrado delle aree di margine delle città;

              secondo recenti stime Eurostat, l'83 per cento della popolazione delle aree metropolitane europee vive in periferia; nelle grandi città italiane ci sono 15 milioni di persone che abitano le cosiddette «aree di confine». Si tratta di territori popolati da una moltitudine di persone che chiedono un sostanziale miglioramento della qualità della vita, l'individuazione di «una seconda possibilità» attraverso la realizzazione di scuole, parrocchie, impianti sportivi, centri culturali e luoghi di socialità, costruzione di opportunità di lavoro e, nei casi più complessi, attraverso la realizzazione di nuovi quartieri compatti e multifunzionali;

              l'importanza del lavoro di mediazione svoltò da istituzioni ed enti locali è emerso anche nei recenti fatti di cronaca, di Torre Maura e Casal Bruciato a Roma, dove, sono state impedite rivolte sociali fomentate ad arte, ma non sono state eliminate le cause del disagio diffuso che fa emergere la sensazione di un abbandono da parte delle istituzioni dei cittadini socialmente più deboli e poveri, mettendoli in competizione con altre categorie non adeguatamente trattate dal sistema, nomadi in testa. Queste vicende hanno evidenziato i rischi che si corrono a sottovalutare il tema della marginalità sociale;

              anche i dati di Federcasa sono da soli esaustivi a ribadire il problema residenziale, rappresentato da una parte da circa 650 mila famiglie in possesso dei requisiti che hanno presentato domanda per un alloggio pubblico e dall'altra da 49 mila abitazioni dell'edilizia residenziale pubblica – pari al 6,4 per cento dell'intero patrimonio, occupate abusivamente e spesso sede di attività illegali quando non criminali, come lo spaccio di stupefacenti, la ricettazione, lo sfruttamento della prostituzione, l'organizzazione della tratta di immigrati, episodi acclarati dalle recenti drammatiche storie di cronaca;

              tutte problematiche evidenziate in ben quattordici città metropolitane (Genova, Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Messina, Catania e Cagliari), in cui Roma detiene il primato delle periferie più popolate, seguita da Torino, Milano e Napoli;

              ulteriore criticità fin qui irrisolta è costituita dai campi nomadi e da tutto il «sottostato» di popolazione non censita rappresentata dagli immigrati irregolari che non ottengono lo status di rifugiato, ma non vengono rimpatriati. Si tratta del 10 per cento circa dei sei milioni dei residenti regolari, che operano nella illegalità e che sono per tanto fonte di conflitto sociale nelle periferie, dove trovano il loro habitat per ragioni socio-economiche e culturali;

              anche per questi motivi i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono d'importanza sostanziale la riqualificazione del territorio, messa a dura prova dall'assenza di fondi e dalla stretta sui finanziamenti ai comuni operata negli ultimi due decenni, con conseguenza devastanti. Fortunatamente, il previsto congelamento per il 2019 delle risorse destinate al programma straordinario per le periferie urbane, non è stato attuato e la manovra di bilancio 2019 ha disposto che le convenzioni in essere con 96 enti beneficiari (successivi ai primi 24) possano produrre effetti finanziari dal 2019;

              nella legge di bilancio è stata autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per il 2019 per interventi, da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali, di riqualificazione e recupero delle periferie urbane, con particolare riguardo alle città metropolitane e ai comuni capoluogo di provincia;

              tuttavia, alcuni comuni capoluogo che hanno stipulato le convenzioni nell'ambito del programma di riqualificazione delle periferie urbane, convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 27 giugno 2017, nonché delle delibere del Cipe 2/2017 del 3 marzo 2017 e n. 72/2017 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, si trovano nella necessità di dover rimodulare gli interventi indicati;

              rientra nella necessità di una riqualificazione delle aree urbane la salvaguardia e la tutela del carattere distintivo del «genio italiano», dell'architettura classica e dell'architettura tradizionale, nella prospettiva della conservazione del patrimonio culturale tipico dell'identità italiana attraverso la riconfigurazione delle periferie dissestate con progetti di rigenerazione urbana organica, con la reintroduzione dei concetti di città compatta, multifunzionale, organizzata intorno alle esigenze primarie della persona e della famiglia, a iniziare dalla possibilità di raggiungere a piedi i principali luoghi del proprio quartiere: servizi, scuole, commissariato di polizia o caserma carabinieri, municipio o uffici pubblici, chiesa e luoghi di culto, teatro, cinema, centro sportivo, eccetera;

              il processo di riqualificazione delle aree urbane ed extraurbane rientra in una tendenza culturale e politica consolidata in Europa e in Occidente, con l'introduzione di elementi fondamentali per realizzare la città sostenibile ed ecocompatibile, all'insegna della sicurezza sismica, del risparmio energetico, della bio architettura, della città compatta e multifunzionale, del ritorno alla bellezza e all'identità dei luoghi e degli stili, elementi che necessitano il superamento del concetto dirigista e obsoleto della zonizzazione,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere modalità di riprogrammazione degli interventi previsti per i comuni nell'ambito del programma straordinario per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, garantendo negli anni la continuità degli investimenti per il recupero e la riqualificazione delle periferie italiane;

2) a incrementare le risorse stanziate per la riqualificazione dei tessuti urbani marginali anche attraverso il coinvolgimento dei privati e l'intercettazione virtuosa dei relativi investimenti, con politiche urbanistiche che prevedano la premialità di cubatura in cambio della demolizione di quartieri malsani, insalubri e irrecuperabili e della realizzazione di servizi primari e secondari per migliorare in tempi rapidi la qualità della vita dei cittadini;

3) ad adottare iniziative per ricostruire e dare nuova vitalità all'immenso patrimonio culturale nazionale, trasformando le periferie da luoghi di abbandono e degrado a quartieri con un'identità tale da sviluppare un adeguato senso d'appartenenza e immedesimazione che produca radicamento e cura del bene comune, contrastando i fenomeni dell'abusivismo, delle occupazioni, dell'illegalità;

4) a promuovere l'attivazione di procedimenti di sostituzione edilizia, anche in collaborazione con soggetti privati, volti a eliminare quegli «ecomostri» figli del boom demografico e del trasferimento compulsivo di funzioni sociali ed economiche nelle grandi città;

5) a ridefinire un programma per l'edilizia residenziale pubblica e sociale, individuando nuovi finanziamenti e adottando tutte le iniziative necessarie a combattere, uniformemente su tutto il territorio nazionale, quanti occupano e gestiscono abusivamente immobili;

6) a promuovere ogni iniziativa necessaria alla riqualificazione del territorio attraverso strategie di adattamento ai cambiamenti climatici e di valorizzazione del verde pubblico e della biodiversità, alla realizzazione di foreste urbane tese a migliorare il microclima, alla trasformazione degli edifici in costruzioni antisismiche e di bioarchitettura rispettose dei parametri di risparmio energetico;

7) a favorire misure di lotta all'esclusione e alla marginalità sociale, potenziando il capitale sociale delle periferie attraverso interventi di riqualificazione e cura degli spazi pubblici e di coinvolgimento attivo di cittadini, associazioni, comitati;

8) a salvaguardare e valorizzare l'architettura classica e l'architettura tradizionale, nella prospettiva della conservazione del patrimonio architettonico italiano e della promozione di un nuovo rinascimento urbano ispirato alla salvaguardia dello spirito creativo italiano;

9) a incentivare operazioni di rigenerazione urbana organica concepite all'insegna della promozione del «genio urbanistico italiano» secondo la sua millenaria esperienza dimostrata anche dalla fondazione di nuove città riconosciute in tutto il mondo come ambienti qualificati in cui vivere e promuovere lo sviluppo sociale ed economico;

10) a incentivare in forma graduale l'attivazione di procedimenti di sostituzione edilizia, da parte di soggetti pubblici, privati e pubblico/privato volti ad eliminare quella parte di patrimonio edilizio degradato e privo di qualità che caratterizza le periferie italiane, con il fine di ricostruire con criteri di sostenibilità energetica, sicurezza antisismica e qualità architettonica, prevedendo a tal fine che gli incentivi, in termini di cubatura e fiscali, improntati al raggiungimento della sostenibilità economica, siano proporzionali allo stato di degrado ante operam, questo al fine di non rendere sostenibili solo gli interventi nelle aree dove sono più elevati i valori di mercato;

11) ad adottare iniziative per liberare, bonificare e recuperare le aree degradate dove sono collocati i campi nomadi, con chiare e trasparenti politiche di soluzione dei problemi d'illegalità legati anche alla raccolta e al trattamento dei rifiuti attraverso la loro combustione e l'introduzione nella filiera commerciale e industriale;

12) a promuovere veri strumenti di partecipazione di tutti i portatori di interessi (residenti, commercianti, lavoratori, imprenditori, amministrazioni e altri) su tutti i più rilevanti piani, programmi e progetti, con il fine di giungere ad interventi condivisi, seguendo procedure di evidenza pubblica e di contraddittorio già collaudate in altre nazioni occidentali;

13) a favorire interventi di trasformazione urbana improntati alla rigenerazione, i cui limiti spesso sono dati dall'elevato frazionamento della proprietà immobiliare, in sinergia con i grandi proprietari di patrimoni immobiliari pubblici e privati (Ater, casse di previdenza, Inpgi e altri);

14) a varare un piano per la riqualificazione della più grande e degradata periferia italiana, quella romana, con lo scopo di rendere la Capitale d'Italia competitiva con le altre capitali europee, profondamente trasformate e rigenerate negli ultimi vent'anni fino a rappresentare un valore percentuale indispensabile per il prodotto interno lordo nazionale, anche con il superamento della normativa urbanistica vigente e del relativo concetto obsoleto di zonizzazione.
(1-00225) «Lollobrigida, Meloni, Rampelli, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Risoluzione in Commissione:


      La VII Commissione,

          premesso che:

              l'articolo 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62, prevede testualmente che: «Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali»;

              è presente, quindi, nel sistema di istruzione e formazione nazionale, un sistema integrato che però ha evidenziato negli anni molteplici criticità in particolar modo in relazione ai «diplomifici», fenomeno tristemente noto che ha caratterizzato diverse scuole paritarie spesso accusate di configurarsi come autentiche fabbriche di diplomi a pagamento attraverso lo svolgimento di esami di maturità facilitati, con commissari d'esame compiacenti e docenti disposti a sorvolare su gravi carenze di preparazione, pur di preservare l'incarico, garantendo in cambio ai propri iscritti promozioni assicurate per i restanti anni di studio senza verificarne l'effettiva preparazione didattica;

              non sono rari, infatti, i casi di cronaca riportati dai quotidiani nazionali, che evidenziano come istituti privati idonei, secondo le regole vigenti, a rilasciare titoli di studio equivalenti a quelli rilasciati dalla scuola statale, accolgono studenti provenienti da ogni parte d'Italia per sostenere le prove degli esami di maturità come candidati privatisti e garantiscono l'ottenimento del diploma dietro pagamento di cospicue somme di denaro;

              più precisamente sono definite «scuole paritarie» le istituzioni scolastiche che, a partire dalla scuola dell'infanzia, sono coerenti con gli ordinamenti generali dell'istruzione e posseggono i requisiti fissati dalla legge 10 marzo 2000, n. 62 (comma 2.1 dell'articolo 2 del decreto ministeriale n. 83 del 2008);

              l'articolo 1, comma 4, della legge 10 marzo 2000, n. 62, statuisce che «La parità è riconosciuta alle scuole non statali che ne fanno richiesta e che, in possesso dei seguenti requisiti, si impegnano espressamente a dare attuazione a quanto previsto dai commi 2 e 3:

                  a) un progetto educativo in armonia con i princìpi della Costituzione; un piano dell'offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti; attestazione della titolarità della gestione e la pubblicità dei bilanci; (...)

                  h) contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore.»;

              la parità è riconosciuta con provvedimento adottato dal dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale competente per territorio, previo accertamento della sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 1 della citata legge n. 62 del 2000 (comma 2 dell'articolo 1-bis del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27);

              con l'istanza di riconoscimento il gestore o il rappresentante legale della gestione deve dichiarare di rispettare una serie di impegni, tra cui l'impegno ad utilizzare personale docente munito del titolo di abilitazione prescritto per l'insegnamento impartito e l'impegno a stipulare contratti individuali di lavoro per il coordinatore delle attività educative e didattiche e contratti di lavoro individuali conformi ai contratti collettivi nazionali di categoria per il personale docente della scuola nonché a rispettare il limite previsto dall'articolo 1, comma 5, della legge 10 marzo 2000, n. 62;

              la legislazione attuale permette alle scuole paritarie di avvalersi di prestazioni volontarie del personale docente, in misura non superiore a un quarto delle prestazioni complessive; a ciò si aggiunge la sempre più diffusa forma di ricatto strisciante che la maggior parte dei giovani docenti subisce quando accetta di insegnare a condizioni economiche sfavorevoli, pur di acquisire punteggi assegnati con la docenza e utilizzabili nelle varie graduatorie della scuola pubblica;

              negli ultimi anni si sono susseguite inchieste giudiziarie e prese di posizione da parte di organi politici e istituzionali, ma il fenomeno dei «diplomifici», oltre a non essersi arrestato, è in capillare espansione;

              ultima in ordine di tempo è la vicenda della vendita illecita di diplomi ad aspiranti candidati presenti nelle graduatorie di terza fascia del torinese, denunciata dal quotidiano La Stampa in un articolo a firma Lidia Catalano del 18 aprile 2019 in cui si afferma come «a innescare i sospetti è stata la comparsa, all'interno della nuova graduatoria per il reclutamento di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) della scuola pubblica, di un numero sostanzioso di aspiranti di età giovanissima, con punteggi molto alti ottenuti grazie ai brillanti titoli di istruzione e all'esperienza di servizio pregresso. Le verifiche hanno appurato che i titoli culturali erano stati conseguiti – o acquistati – in scuole paritarie di altre Regioni: soprattutto, come si è detto, dalla Campania, ma anche da Sicilia e Calabria. Anche la prestazione di servizi – quando realmente avvenuta e non solo millantata con certificazioni mendaci – si era svolta, spesso solo per una manciata di ore, in scuole paritarie di altre Regioni»;

              il 23 marzo 2019, il sito «Scuolainforma» riportava poi gli sviluppi di un'altra indagine nata dalla denuncia di Luca Abete, inviato di Striscia La Notizia, che un anno e mezzo prima denunciava in un servizio in onda su Canale5 il caso di un istituto paritario dell'avellinese che dispensava falsi attestati in cambio di denaro, i quali poi consentivano ai candidati per la posizione di collaboratore scolastico di essere inseriti nelle graduatorie e di dunque essere contattati per un incarico;

              il servizio di Striscia La Notizia ha evidenziato attraverso molteplici servizi, un vero e proprio sistema ben collaudato, svelando come con una cifra compresa tra i 2000 e i 3000 euro si potessero ottenere diplomi e attestati senza frequentare lezioni o svolgere prove;

              al centro dello scandalo, come riportato ancora da Scuola Informa, sono finiti l'istituto Mediaform di Acerra (Napoli), il campus Academy di Avellino, un centro studi di Vitulazio, e nel registro degli indagati sono state iscritte altre 44 persone che hanno confermato di aver acquistato i titoli e per i quali ora si profila il reato di corruzione in concorso;

              in data 9 novembre 2018, l'inviato di Striscia La Notizia Max Laudadio raccontava il caso di una scuola di Milano che inviava i propri studenti a svolgere gli esami di maturità in altre scuole del territorio capaci di garantire l'ottenimento del diploma consentendo di scegliere l'argomento da portare all'esame dietro pagamento di una cifra di 2.800 euro per avere la promozione garantita; nel giugno 2013 il professor Paolo Latella, sindacalista Unicobas, redigeva un articolato dossier intitolato «Il libro nero della scuola italiana» in cui pubblicava una serie di testimonianze anonime di docenti di scuole paritarie, pubbliche e private, dislocate in diversi territori della penisola che, al fine di vedersi attribuito il punteggio in graduatoria per il servizio prestato, accettavano stipendi troppo bassi o addirittura non ricevevano alcun compenso;

              in data 1° aprile il sito ilfattoquotidiano.it dedicava in home-page ampio spazio alla denuncia del professor Latella e al contenuto del suo dossier, e in data 1° giugno 2014 la trasmissione Storie, in onda su Rai2, mandava in onda un'intervista al professor Paolo Latella sul contenuto del suo dossier; risulta evidente che il requisito del rispetto dei parametri economici fissati dai contratti collettivi dei docenti non viene rispettato dai «diplomifici», che dovrebbero dunque vedersi immediatamente revocata la parificazione;

              la normativa vigente prevede provvedimenti di sospensione o revoca del riconoscimento del titolo di scuola paritaria da parte del direttore generale competente e affida agli uffici scolastici regionali o al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il compito di vigilare, anche tramite ispezioni, sulla permanenza dei requisiti previsti per il riconoscimento di cui al comma 152 dell'articolo 1, della legge 13 luglio 2015, n. 107, ma il servizio ispettivo dello Stato è ridotto al lumicino, e quindi i controlli sono spesso puramente formali e riguardano solo la regolarità degli atti amministrativi;

              inevitabilmente la carenza di strutture valutative efficaci e rigorose lascia zone d'ombra e criticità, con inevitabili ripercussioni negative sul sistema educativo, pubblico e privato,

impegna il Governo:

          ad assumere a tempo indeterminato, tramite concorsi pubblici, un congruo contingente di ispettori ministeriali al fine di porre in essere opportune e regolari verifiche circa l'effettivo svolgimento dell'attività didattica nelle scuole paritarie;

          ad adottare iniziative per introdurre il divieto di sdoppiamento orizzontale delle classi terminali, al fine di frapporre un primo ostacolo normativo al fenomeno della proliferazione di iscrizioni alle classi terminali delle scuole paritarie, con il solo scopo di raggiungere il diploma con percorsi facilitati;

          ad adottare iniziative per introdurre come requisito necessario per il riconoscimento della parità scolastica, l'obbligo di presentare la documentazione che attesti i pagamenti degli stipendi dei docenti, anche attraverso la tracciabilità dei medesimi, e per rimuovere la possibilità, attualmente prevista per le scuole paritarie, di assumere docenti che svolgano la propria attività a titolo gratuito;

          ad adottare iniziative per prevedere che il candidato privatista agli esami di idoneità sostenga le relative prove presso istituzioni scolastiche, statali o paritarie, ubicate nel comune di residenza e che, in caso di assenza di tali istituzioni per il medesimo indirizzo di studio prescelto nel comune di residenza, il candidato privatista sostenga gli esami presso istituzioni scolastiche, statali o paritarie, ubicate nella provincia di residenza e che, nel caso di ulteriore assenza di istituzioni del medesimo indirizzo di studio nella provincia di residenza, il candidato privatista sostenga gli esami presso istituzioni scolastiche, statali o paritarie, ubicate nella, regione di residenza;

          ad adottare iniziative per prevedere che l'istituzione scolastica alla quale il candidato privatista presenta la domanda di ammissione agli esami di maturità non possa accogliere un numero di candidati privatisti superiore al venti per cento degli alunni iscritti e frequentanti l'indirizzo di studio indicato nella domanda medesima, modificando quanto previsto dall'articolo 14 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62;

          ad adottare iniziative per introdurre l'obbligo dell'accertamento periodico della permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità delle scuole non statali da parte del corpo ispettivo, con accertamenti programmati attraverso un piano annuale regionale di verifica dei requisiti predisposto dagli uffici scolastici regionali competenti e con periodicità non superiore ad un anno;

          ad adottare iniziative per prevedere per ciascun istituto paritario l'obbligo di fornire al competente ufficio scolastico regionale, al termine di ogni anno scolastico, le attestazioni relative ai registri dell'anno scolastico, alle presenze degli alunni, ai verbali degli esami di Stato, al numero di candidati privatisti, e ogni altra documentazione utile a dimostrare lo svolgimento della regolare attività didattica.
(7-00279) «Azzolina, Villani, Melicchio, Testamento, Casa, Carbonaro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


      PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

          il 10 luglio 2019 tutta la zona costiera e alcune aree interne dell'Abruzzo sono state colpite da un nubifragio e da una grandinata di portata eccezionale seminando il terrore e causando danni ingenti. Agricoltura e attività produttive sono in ginocchio e le famiglie in gravi difficoltà per tetti rotti e vetture danneggiate, senza dimenticare le persone ferite;

          sono, quindi, necessari e urgentissimi interventi immediati da parte del Governo per venire incontro alle popolazioni colpite;

          è fondamentale che il Ministro delle politiche agricole alimetari, forestali e del turismo si rechi subito in Abruzzo e convochi le associazioni agricole per un primo bilancio e per affrontare le emergenze. La situazione per il comparto agricolo appare tragica;

          tutto il territorio dei campi del Fucino, il cosiddetto orto di Roma, ha subito danni enormi, intere aree coltivate sono allagate. Adesso occorre compiere ogni sforzo possibile per resistere a una stagione agricola già drammaticamente compromessa dalla pioggia di maggio;

          dai primi sopralluoghi la situazione è allarmante, in alcuni casi disperata e vi sono i presupposti per avviare le procedure per la richiesta dello stato di calamità per le aree così duramente colpite;

          la grandine che si è abbattuta a macchia di leopardo e con fortissima intensità in Abruzzo, con chicchi dalle dimensioni del tutto anomale, ha provocato danni alle coltivazioni prossime alla raccolta, mandando in fumo un intero anno di lavoro; la situazione è stata aggravata dalla pioggia violenta che ha allagato campi e strutture; tra le aree maggiormente colpite ci sono il Fucino e le aree più interne, dove la pioggia violenta e alcune grandinate tra Trasacco e Ortucchio hanno devastato alberi, capannoni, serre e ortaggi in campo, lasciando una scia di devastazione per tante aziende agricole in un momento delicato per le colture;

          i danni sono ingenti e hanno colpito ogni tipologia di realtà produttiva con la compromissione non solo del raccolto di stagione ma delle attività del prossimo futuro; è quindi necessario che le autorità competenti valutino il danno e si riconosca lo stato di calamità –:

          se siano state avviate le procedure necessarie per la dichiarazione dello stato di calamità di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo per la regione Abruzzo;

          se sia intenzione del Governo procedere con tempestività alla deliberazione dello stato di emergenza per una soluzione adeguata e urgentissima per le aree così duramente colpite.
(4-03320)


      PAITA, ANDREA ROMANO, FIANO, ENRICO BORGHI, PIZZETTI, BRUNO BOSSIO, NOBILI, GIACOMELLI e GARIGLIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

          ha avuto vasta eco mediatica la notizia riportata dai media circa la possibilità che migliaia di italiani possano essere stati inconsapevolmente intercettati mediante l'installazione di una «app» sul proprio telefonino;

          secondo un'inchiesta, portata avanti dalla società no profit Security No Borders, e pubblicata dalla rivista Matherboard, il virus di intercettazione, Exodus, elaborato per intercettazioni di Stato, potrebbe aver interessato anche utenti «infettati» per errore;

          nel momento in cui il malcapitato utente avrebbe scaricato l’«app», questa avrebbe consentito ai gestori di controllare il cellulare dell'utente a distanza;

          non sarebbe la prima volta che in Italia si verifica una situazione del genere;

          sempre dagli organi di informazione si apprende che la procura di Napoli avrebbe chiesto e ottenuto il sequestro preventivo della società calabrese Esurv srl, produttrice del software Exodus di cui sopra;

          il fatto che suddetto software fosse utilizzato dai principali uffici giudiziari italiani rende ancora più urgente una verifica su come sia stato possibile che ignari cittadini fossero intercettati a loro insaputa;

          secondo molti esperti occorre rivedere le regole per avere misure di sicurezza più stringenti e comunque con un controllo sulle autorizzazioni –:

          se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative per quanto di competenza intenda assumere al fine di acquisire ulteriori elementi su quanto accaduto; se intenda adottare iniziative, anche normative, per tutelare adeguatamente i cittadini dal rischio che informazioni sensibili possano essere in balia della rete senza alcuna salvaguardia dei fondamentali diritti di privacy.
(4-03325)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


      TRAVERSI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          in località Tonnego, comune di Rapallo, è presente centro di trasbordo e messa in riserva rifiuti da raccolta differenziata;

          il centro in questione risulta autorizzato in via ordinaria ai sensi dell'articolo 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006, prescrivendo uno stoccaggio di rifiuti non superiore alle 24 ore per la parte del piazzale superiore dell'area;

          inoltre, secondo il piano di prevenzione e gestione delle acque meteoriche di prima pioggia e lavaggio approvato con atto dirigenziale n. 3042 del 2015 dalla città metropolitana di Genova, nell'area del centro in questione si deve svolgere un'attività di messa in sicurezza, raccogliendo rifiuti per frazioni omogenee senza stoccaggio direttamente al suolo ma in contenitori scarrabili;

          l'attività è finalizzata al recupero dei rifiuti gestiti in quanto provenienti tutti dalla raccolta differenziata;

          in questo senso il tipo di stoccaggio nel centro in oggetto non rispetta i seguenti principi generali in materia:

              lo stoccaggio dei rifiuti deve essere realizzato in modo da non modificare le caratteristiche del rifiuto compromettendone il successivo recupero;

              la movimentazione e lo stoccaggio dei rifiuti deve avvenire in modo che sia evitata ogni contaminazione del suolo e dei corpi ricettori superficiali e/o profondi;

          l'autorizzazione n. 7054 del 9 novembre 2011 non contiene adeguate prescrizioni ai sensi dell'articolo 208 del decreto legislativo n. 152 del 2006 se non quella generica di non stoccare i rifiuti indifferenziati oltre le 24 ore;

          lo stoccaggio, invece, avviene in modo prolungato e reiterato nel tempo (mesi) senza adeguate precauzioni/prescrizioni ulteriori alla generica prescrizione sopra riportata. Nel centro come si evince anche dalle notizie apparse sulla stampa cittadina si accumulano rifiuti indifferenziati in modo permanente e in modo incontrollato facendo prefigurare un rischio ambientate;

          peraltro, il centro di raccolta insiste sull'ex discarica di rifiuti solidi urbani del comune di Rapallo che avrebbe dovuto essere messa in sicurezza prima di procedere a nuova autorizzazione. All'interrogante non risulta che questa attività sia ancora conclusa, mentre l'autorizzazione al centro è stata rinnovata nel 2011;

          in sostanza ad avviso dell'interrogante di fatto è stata autorizzata una nuova attività di stoccaggio e messa in riserva di rifiuti senza aver verificato prioritariamente il livello di inquinamento dell'area esistente, le misure di prevenzione di detto inquinamento, la coerenza tra il livello di inquinamento e la destinazione urbanistica dell'area interessata dalla nuova attività –:

          se sia a conoscenza di quanto descritto;

          se il Ministro interrogato abbia valutato la possibilità di promuovere una verifica del comando carabinieri per la tutela ambientale (C.C.T.A)
(3-00873)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:


      DE LORENZO, CUBEDDU, AMITRANO, TUCCI, GIANNONE, SIRAGUSA, DAVIDE AIELLO, VIZZINI, PALLINI, SEGNERI, COSTANZO, CIPRINI e TRIPIEDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

          «l'asse formato da via Caracciolo, via Partenope e via Nazario Sauro è il lungomare tra i più belli del mondo e per i suoi speciali caratteri è parte della memoria collettiva: si identifica con l'immagine stessa della città, del suo panorama da e verso il mare, in una reciprocità di valori straordinari tra natura e costruito»: con queste parole Francesco Bruno, professore di progettazione architettonica, esprime il pregnante significato identitario assunto dal lungomare per la città di Napoli e non solo;

          tale bene di carattere paesaggistico-culturale deve essere necessariamente tutelato nel pieno rispetto dell'articolo 9 della Costituzione;

          la giunta del comune di Napoli con delibera n. 313 del 21 giugno 2018 approva il progetto definitivo di «Riqualificazione ciclo-pedonale del Lungomare di Napoli, tratto compreso tra Piazza Vittoria e il Molosiglio – componente Mobilità lenta» dell'importo complessivo di 13.200.000,00 euro, finanziato a valere sulle risorse del programma operativo complementare città metropolitane 2014-2020 (Poc Metro);

          tale progetto, nel prevedere la sostituzione della pavimentazione attuale in asfalto con una in pietra lavica nel solo tratto compreso tra piazza Vittoria e il Molosiglio, determinerebbe un'inopportuna discontinuità e disorganicità nell'assetto della pavimentazione dell'intero lungomare, la cui morfologia verrebbe profondamente alterata. Si tratta di una scelta che si pone in evidente contrasto con la tutela ex lege gravante sul bene in questione in quanto luogo identitario della città di Napoli grazie al quale la città è nota a livello internazionale;

          nel merito del progetto destano inoltre gravi perplessità: l'ampliamento del marciapiede lato edifici che dietro la finalità di aumentare lo spazio pubblico pedonale cela, a giudizio dell'interrogante, il soddisfacimento di un mero interesse privato (facente capo ai gestori degli esercizi commerciali posti sul tratto di lungomare) da parte dell'amministrazione comunale a detrimento del preminente interesse pubblico alla conservazione del bene (l'ampliamento del marciapiede costituisce espressione di un uso incompatibile con il carattere storico o artistico del lungomare); il restringimento della carreggiata di via Partenope, senza tenere in debito conto che la strada si trova tra due zone a rischio vulcanico e che, nell'attuale restrizione al traffico non può essere ridotta, costituendo un'essenziale via di fuga in caso di emergenza;

          va considerata la sussistenza di un cospicuo regime vincolistico sul lungomare: vincolo indiretto ex articolo 45 del decreto legislativo n. 42 del 2004 imposto con Ddr n. 171 del 28 settembre 2005; vincolo paesistico del 27 maggio 1958 che ne tutela la conservazione;

          nel comunicato stampa dello stesso consiglio comunale del 3 agosto 2018, presente sul sito del comune di Napoli, è scritto che: «Il progetto a cui si fa riferimento, ha spiegato l'assessore Piscopo, ha ricevuto finanziamenti per tredici milioni e 200 mila euro nell'ambito del POC Metro, incardinato su una progettazione dell'Amministrazione e stanziato dalla legge di stabilità, fondi incardinati all'interno degli assi decisi dal Governo nazionale e con un vincolo di destinazione d'uso. Nessuna utilizzazione diversa è quindi possibile e in caso di mancato impiego per quell'obiettivo sarebbe solo percorribile la rinuncia al finanziamento». E ancora: «il progetto e l'investimento in questione rappresentano il tradimento fatto dall'amministrazione alla città, alla quale era stato promesso il recupero della spiaggia pubblica, la balneazione del tratto di mare e aree di parcheggio, mentre oggi quella pedonalizzazione non è a servizio della città, ma solo un luogo esclusivo per pochi e a servizio solo di alcuni imprenditori[...] Si insiste con interventi su un pezzo di città ormai diventata un privilegio di pochi, mentre potevano effettuarsi altre scelte, non caricando ancora di significato il lungomare» –:

          se e quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di assicurare la necessaria e indispensabile tutela di tale bene.
(3-00874)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


      ZANICHELLI, SPADONI, DE GIROLAMO e ASCARI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          si apprende dalle recenti notizie della stampa la vasta operazione denominata «Grimilde» eseguita all'alba del 25 giugno 2019 dalla polizia di Stato di Bologna, in collaborazione con quella di Parma, Reggio Emilia, Piacenza e con il coordinamento del servizio centrale operativo, nei confronti del sodalizio ’ndranghetistico operante in Emilia-Romagna, storicamente legato alla famiglia mafiosa dei Grande Aracri di Cutro;

          la ricostruzione della maxi-truffa è stata possibile grazie alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia del processo Aemilia. Le operazioni si sono svolte nella provincia di Reggio Emilia ma anche in Lombardia, Lazio, Campania e Calabria e hanno visto impegnato il personale della direzione investigativa antimafia (Dia) di Bologna, Firenze, Milano, Roma, Napoli e Catanzaro;

          complessivamente l'operazione ha portato all'arresto di 16 persone e a oltre cento perquisizioni, ed è stato sequestrato un patrimonio consistente in beni mobili e immobili per un valore di 2 milioni e 300 mila euro, riconducibili ad alcuni indagati attraverso accertamenti patrimoniali svolti dalla direzione investigativa antimafia di Bologna;

          l'attività svolta dalla stessa Dia di Bologna, coordinata dal procuratore capo Giuseppe Amato e dal sostituto Beatrice Ronchi, ha consentito di individuare un'operazione fraudolenta con cui l'organizzazione ’ndranghetistica emiliana ha realizzato un'ingente truffa ai danni del Ministero dell'economia e delle finanze (il cosiddetto Affare Oppido), e ha quindi dato esecuzione a provvedimenti di perquisizioni e sequestri a carico di diversi soggetti;

          più nello specifico, secondo quanto dichiarato dalla Dia stessa, sulla base di una sentenza falsificata, attestante un inesistente diritto risarcitorio, il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe accreditato, nel mese di luglio 2010, una somma di oltre 2 milioni di euro, a una società riconducibile a una famiglia di imprenditori edili calabresi, da anni trapiantati nella provincia di Reggio Emilia e contigui al sodalizio ’ndranghetistico emiliano. L'affare, ideato da un «faccendiere» avvocato napoletano, era stato prospettato alla ’ndrangheta emiliana, la quale aveva individuato un'impresa che presentasse «idonee caratteristiche strutturali» in funzione del notevole rimborso;

          il blitz Antimafia ha portato, tra l'altro, all'arresto di Salvatore Grande Aracri, Francesco Grande Aracri, Paolo Grande Aracri (ritenuti ai vertici del clan operante nelle province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza) e anche di Giuseppe Caruso, allora appartenente al gruppo politico di Fratelli d'Italia, presidente del consiglio comunale di Piacenza dal 2017 e ritenuto appartenente alla cosca mafiosa dei Grande Aracri di Cutro;

          secondo quanto emerge dalla stampa, gli investigatori avrebbero scoperto proprio uno stretto rapporto tra Caruso e Salvatore Grande Aracri. Il gruppo criminale, utilizzando metodi tipicamente mafiosi, effettuava una serie di investimenti, apriva e chiudeva società di comodo, faceva affari anche con imprenditori di primissimo livello nazionale;

          il coinvolgimento di Giuseppe Caruso, nello specifico sarebbe legato al suo ruolo di funzionario dell'Agenzia delle dogane che fa capo al Ministero dell'economia e delle finanze. Caruso sarebbe, inoltre, anche accusato di aver messo in atto, a favore della cosca Grande Arcari, una truffa sui finanziamenti europei per l'agricoltura;

          l'Agenzia delle dogane dal canto suo ha dichiarato in una nota che «condanna con fermezza» qualsiasi tipo di comportamento disonesto e assicura che «adotterà nei confronti del funzionario arrestato tutti i provvedimenti previsti dal contratto e dal codice disciplinare» –:

          qualora i fatti fossero confermati, se intenda chiarire, per quanto di competenza, quali siano stati i meccanismi che avrebbero consentito a Caruso di utilizzare il proprio ruolo all'interno dell'Agenzia delle dogane per favorire interessi illeciti;

          quali iniziative di monitoraggio e prevenzione si intendano implementare all'interno dell'Agenzia delle dogane per evitare che in futuro possano verificarsi e ripetersi tali attività a danno dello Stato, anche al di là del nuovo piano triennale di prevenzione della corruzione, adottato con determinazione del direttore dell'Agenzia il 29 gennaio 2019.
(4-03322)


      FRATOIANNI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          la redazione di The Vision, in un articolo pubblicato il 10 luglio 2019, racconta di aver avuto accesso ai post del più importante gruppo Facebook frequentato dai militari della Guardia di finanza;

          il gruppo privato conta oltre 16 mila membri e sarebbe stato fondato da Alessandro Capace che sarebbe un sottufficiale della Guardia di finanza;

          l'ingresso alla pagina sarebbe consentito solo ad agenti in servizio, in congedo e loro familiari;

          i post, in particolare quelli pubblicati nelle ultime due settimane ovvero da quando è scoppiato il caso di Carola Rackete e della Sea Watch 3, sono intrisi di razzismo, sessismo, violenza e minacce dirette contro le ong, i migranti e i parlamentari italiani;

          una delle costanti degli appartenenti a questo gruppo Facebook è di considerare la violenza fisica, veicolata attraverso le armi da fuoco, come la risposta a tutto;

          i membri inveiscono contro i finanzieri che non hanno fatto fuoco contro la Sea Watch 3 e chi stava a bordo e chiedono ai prossimi che si troveranno di fronte a una ong di «sparare»;

          non mancano gli insulti sessisti o addirittura le velate minacce di stupro;

          il post dedicato all'arrivo a bordo dei parlamentari di +Europa, PD e Sinistra Italiana riceve commenti in cui i membri de «Il finanziere» si lamentano che i colleghi a bordo non li abbiano buttati tutti a mare con un «blocchetto di cemento»;

          un altro membro del gruppo scrive un lungo e inquietante messaggio in cui viene personalmente minacciata Carola Rackete, si parla di «educazione e linguaggio forbito che uso nelle occasioni speciali»;

          un utente, anch'egli iscritto al gruppo parla di piazzare una «bomba» per uccidere tutti: donne e bambini migranti a bordo, i parlamentari e la capitana Rackete;

          si possono leggere chiamate a «indossare le armi» e più volte si incita al colpo di Stato;

          il golpe viene richiesto a gran voce in particolare dopo la notizia della scarcerazione di Carola Rackete, comandante della Sea Watch 3, da parte del Gip di Agrigento; altri membri iscritti chiedono ai colleghi di non fare più da scorta a «politici e magistrati»;

          la notizia del video in cui si vede un agente di polizia estrarre la propria pistola per minacciare una famiglia di tunisini diventa una buona occasione per capire cosa pensano i finanzieri di come si dovrebbe agire in strada quando ci si confronta con degli stranieri e i pochi che provano a dire che estrarre una pistola potrebbe essere un'azione esagerata ricevono risposte razziste;

          qualcuno ha scritto che quando ci sono tre o più persone bisognerebbe «sparare» per una non meglio precisata «difesa personale», perché è «ora di finirla che i magistrati difendono i delinquenti africani»;

          a parere dell'interrogante è inaccettabile che vi sia un gruppo Facebook in cui i membri iscritti possano indisturbati scrivere minacce di stupro e di sparare in testa a migranti e politici ed è ancora più inquietante se venisse confermata la circostanza che la pagina «Il finanziere» sia gestita e raccolga le parole di uomini in divisa –:

          quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, di concerto con il Comando generale della Guardia di finanza, al fine di appurare se effettivamente i promotori e gli iscritti al gruppo Facebook «Il finanziere» siano finanzieri in servizio o ex finanzieri in congedo;

          quali iniziative di competenza intendano intraprendere nei confronti di chi ha fomentato questo tipo di odio, dato che, a parere dell'interrogante, tali comportamenti sono incompatibili con l'appartenenza al Corpo della guardia di finanza;

          quali iniziative di competenza intendano intraprendere al fine di monitorare e «stroncare» queste campagne denigratorie e di odio sul web.
(4-03329)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


      EPIFANI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          si apprende da fonti di stampa che l'ex militare latitante in Argentina, Carlos Luis Malatto, accusato di crimini contro l'umanità e uno dei più spietati torturatori del servizio del generale Videla, vive in provincia di Messina, nel complesso turistico di Portorosa;

          nel 2011 la magistratura argentina ha spiccato tre mandati di arresto nei suoi confronti. Nella sentenza della Corte d'appello di Mendoza, datata 16 febbraio 2011, 16 testimoni lo chiamano in causa come autore di torture. Secondo la sentenza del 3 settembre 2013 del tribunale federale della città di San Juan, l'ex tenente è stato parte attiva del golpe militare del 24 marzo 1976 e «ha partecipato attivamente a diverse procedure di detenzione ed è uno dei più indicati dalle vittime per la partecipazione a interrogatori sotto tortura». Il 17 luglio 2014 la Corte di cassazione italiana ha respinto la richiesta di estradizione presentata in Italia, dove nel frattempo il tenente colonnello era fuggito per evitare l'arresto in Argentina. La Suprema Corte, pur riconoscendo che Malatto «ha fatto parte di un gruppo di lavoro dedito a torture e violenze» non ha ravvisato indizi sufficienti per autorizzare l'estradizione, anche perché la sentenza di Mendoza non è mai stata trasmessa in Italia dall'Argentina;

          nel 2015 il Ministro della giustizia pro tempore Andrea Orlando, in base all'articolo 8 del Codice penale, ha firmato l'autorizzazione a processarlo in Italia. Si attende la conclusione delle indagini della procura di Roma a carico di Malatto, indagato per la partecipazione a quattro omicidi, fra i quali quello di Juan Carlos Campora, rettore dell'università di San Juan, e quello di Marie Anne Erize, ex fotomodella francese;

          ad oggi, in attesa della conclusione del procedimento a suo carico, e nell'impossibilità di estradarlo sostanzialmente a causa di vizi formali, la situazione di Carlos Luis Malatto è quella di un facoltoso pensionato che ha deciso di soggiornare in Italia,

          da notizie di stampa emergerebbe la possibilità che pervenga all'Italia una nuova richiesta di estradizione; in ogni caso, l'intera vicenda appare per vari profili alquanto anomala e confusa, considerato anche che non risulta essere mai stata trasmessa dalle competenti autorità argentine la sentenza della Corte d'appello di Mendoza –:

          stante la gravità dei reati di cui si tratta, di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda e se non ritenga di adottare ogni iniziativa di competenza per contribuire a far luce sui fatti di cui in premessa.
(4-03330)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


      PELLICANI e SIANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          hanno destato scalpore, indignazione e altrettanta preoccupazione gli episodi di violenza, riportati anche dai media nazionali, che hanno interessato la spiaggia di Jesolo con una baby gang che si è resa responsabile di un'aggressione violenta ai danni dei bagnini dei lidi;

          si tratta di branchi numerosi, anche di trenta ragazzi nella stragrande maggioranza dei casi minorenni che per futili motivi innescano risse e pongono in essere atti vandalici;

          quello di Jesolo è l'ultimo in ordine di tempo di una lunga serie di episodi che ha interessato nel Veneto, in particolare il comune di Venezia e quello di Treviso, tanto che le indagini della questura di Venezia hanno portato anche ad arrestare dei minorenni;

          in particolare, a seguito della maxirissa di domenica 30 giugno 2019 si sono verificati, a quanto consta all'interrogante, ulteriori episodi, come, ad esempio, l'insabbiamento di una moto d'acqua della polizia, che evidenziano come il problema sia ormai una vera e propria emergenza;

          le organizzazioni degli esercenti balneari hanno manifestato a prefetto e questore tutte le preoccupazioni del caso invocando la massima severità nell'individuare e condannare i responsabili di questi episodi;

          si evidenzia anche una emergenza educativa che non riguarda solo la repressione, ma la necessità di allargare l'orizzonte e coinvolgere tutti i soggetti istituzionali e sociali per contrastare questo tipo di fenomeno –:

          se il Governo sia a conoscenza di tale emergenza nel Veneziano, con particolare riferimento alla città di Venezia e del litorale veneziano, e quali iniziative di competenza intenda assumere con la massima urgenza per contrastare i fenomeni di violenza non solo dal punto di vista dell'ordine pubblico ma anche sotto il profilo sociale.
(3-00875)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FIANO, GIORGIS, MIGLIORE, BENAMATI, CANTINI, MARCO DI MAIO, SCALFAROTTO, CARNEVALI, DEL BARBA e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          da notizie a mezzo stampa si è appreso che nella mattina di lunedì 15 luglio 2019, in una delle abitazioni di esponenti di estrema destra colpiti da un provvedimento di perquisizione, sarebbe stato sequestrato dalla Digos di Torino un vero e proprio arsenale con armi da guerra, fucili d'assalto automatici e addirittura un missile terra aria che sarebbe stato usato dalle forze armate del Qatar;

          sono tre le persone che sarebbero state arrestate tra le quali figurerebbe anche Fabio Del Bergiolo, 50 anni, ex ispettore delle dogane specializzato nell'antifrode, militante di Forza Nuova per la quale è stato candidato al Senato nel collegio di Gallarate nel 2001, e finito nei guai nel 2003 per una truffa messa in atto mentre era in servizio a Malpensa;

          negli ultimi mesi la Digos di Torino – che all'alba di stamattina ha condotto un'operazione vasta, in molte città del Nord Italia che ha coinvolto anche i colleghi di Milano, Varese, Pavia, Novara e Forlì – ha concentrato la propria attività investigativa proprio sui gruppi oltranzisti di estrema destra che orbitano su Torino, una galassia nera che spazia dai messaggi politici e di propaganda alle infiltrazioni nelle tifoserie calcistiche;

          durante le perquisizioni della scorsa settimana, infatti, gli investigatori coordinati dal dirigente Carlo Ambra, avevano sequestrato uno striscione storico dei Drughi Giovinezza, gruppo ultras della Juventus all'interno della sede Legio Subalpina, in corso Allamano e nelle abitazioni perquisite hanno rinvenuto anche alcuni striscioni appartenenti al gruppo Tradizione, sempre della tifoseria bianconera;

          il gruppo ultras dei Drughi ha anche espresso con uno striscione la propria solidarietà all'arresto di Carlo Fabio D'Allio, 28 anni, considerato il leader del gruppo skin Legio Subalpina, accusato di apologia di fascismo e detenzione e munizionamento di armi da guerra, e scarcerato la scorsa settimana dopo l'udienza di convalida con l'obbligo di firma;

          le notizie riportate in merito al crescente attivismo da parte di soggetti orbitanti nei gruppi dell'estrema destra oltranzista desta sempre più allarme e preoccupazione, anche per la chiara escalation dal punto di vista della violenza, confermata dai sequestri compiuti dalla Digos nella mattina del 15 luglio 2019 –:

          se il Governo intenda costituirsi parte civile e quali iniziative urgenti intenda adottare per contrastare in ogni modo il proliferare di gruppi oltranzisti dell'estrema destra, nonché per contrastare il diffondersi di armi da guerra e fucili d'assalto automatici.
(5-02514)

Interrogazione a risposta scritta:


      FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il Fondo lire U.n.r.r.a. (United Nations Relief and Rehabilitation Administration) è stato istituito nel 1943 allo scopo di fornire aiuto e assistenza immediati ai Paesi più colpiti dalla guerra attraverso programmi orientati a sostenere le fasce più deboli della popolazione ma anche volti alla ripresa della produzione sia agricola che industriale e alla riorganizzazione delle attività;

          il Fondo U.n.r.r.a. è oggi un fondo gestito dal Ministero dell'interno, che mira a fornire interventi per la realizzazione o il potenziamento di servizi socio-assistenziali in favore delle fasce più deboli della popolazione e per il recupero di soggetti che versano in situazione di dipendenza da sostanze alcoliche e/o stupefacenti;

          il Fondo U.n.r.r.a. è regolato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 ottobre 1994, n. 755, che definisce puntualmente i criteri da adottare per la gestione del patrimonio, le modalità per il perseguimento dei fini della riserva, le aree di intervento;

          all'articolo 3 si prevede, nello specifico, che il finanziamento di progetti sia a favore di «persone in stato di bisogno e fasce sociali deboli, quali, in particolare, minori, giovani, anziani, persone con handicap, emarginati, famiglie-problema, tossicodipendenti, stranieri, nomadi»;

          in data 10 aprile 2019 il Ministro dell'interno ha emanato una direttiva con la quale ha disposto che per l'anno in corso i proventi derivanti dalla gestione del patrimonio della riserva e ogni altra somma della riserva stessa, per euro 1.800.000 siano destinati a programmi socio-assistenziali, aventi come destinatari cittadini italiani che si trovano in condizioni di marginalità sociale;

          in seguito è stato emanato avviso pubblico per la presentazione di progetti a valere sul fondo con scadenza 18 luglio 2019 recante la stessa limitazione di cui alla direttiva ministeriale;

          a parere dell'interrogante tale bando contrasta con gli articoli 2, comma 2, e 41 del testo unico sull'immigrazione, nonché con l'articolo 3 della Costituzione, i quali vietano che prestazioni sociali, siano esse di carattere essenziale o meno, siano erogate sulla base del criterio della cittadinanza;

          il bando, così come formulato, a parere dell'interrogante dà luogo a discriminazione ai sensi dell'articolo 43 testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) e 28 del decreto legislativo n. 150 del 2011;

          il bando si pone inoltre in deroga a quanto previsto dallo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1994 –:

          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda mettere in atto affinché venga rimosso il requisito, a giudizio dell'interrogante discriminatorio, del bando citato in premessa e vengano riaperti i termini dello stesso.
(4-03327)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


      TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          con la legge di bilancio 2019, il Governo riduce significativamente le ore di alternanza scuola-lavoro (Asl) nelle superiori;

          l'Asl nasce per portare anche in Italia la metodologia didattica duale con la quale gli studenti di ogni indirizzo. Una metodologia didattica differente dalla classica lezione frontale ma che rappresenta scuola a tutti gli effetti e per questo valutata e monitorata;

          nonostante varie criticità, l'Asl ha dimostrato la sua utilità, perché ha aperto le porte della scuola al mondo esterno, mostrando che il lavoro oggi richiede non solo conoscenze disciplinari, ma anche competenze trasversali;

          si riportano alcuni dati utili: hanno partecipato all'Asl il 90 per cento degli studenti dell'ultimo triennio delle scuole statali e il 76 per cento delle paritarie. Sono stati attivati ben 76.246 percorsi, coinvolgendo 6.000 scuole al 3°, 4° e 5° anno di corso statali e paritarie. Le imprese hanno ospitato il 43 per cento degli studenti in Asl, seguite da enti del terzo settore (11 per cento) e università (7 per cento). Ci sono state esperienze nelle stesse scuole (10 per cento). Alcuni casi di sfruttamento lavorativo degli studenti hanno avuto molta eco sui media, ma per fortuna il numero, secondo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sarebbe molto limitato. È possibile scaricare ogni dato dal focus del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca riferito all'anno scolastico 2016/2017;

          il Governo, invece di continuare in questo percorso che ha avuto un trend positivo, sia qualitativamente che quantitativamente, ha previsto un taglio delle ore minime: 90 ai licei (erano 200), 150 ai tecnici e 180 ai professionali (erano 400 per entrambi). Il calo del 58 per cento del monte-ore si applica anche ai fondi stanziati, con una riduzione pari a 56,5 milioni di euro dal 2019;

          dopo l'anno scolastico 2017-2018 era previsto un bilancio del primo triennio, da cui ricavare dati oggettivi per migliorare un'esperienza che ha già coinvolto circa 1.400.000 studenti e molti loro docenti. Per farlo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca aveva creato un Osservatorio nazionale dell'Asl. Il Governo sembra fino ad ora ignorare i dati del monitoraggio. Invece di completare i monitoraggi, incoraggiare le migliori esperienze, isolare quelle che si limitano ai meri adempimenti formali, si è ingranata la retromarcia, cancellando pure l'espressione «alternanza scuola-lavoro»; d'ora in poi si parlerà di «percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento»;

          la scelta lascia estremamente perplessi: si premia chi ha ignorato le norme, mortificando invece l'impegno di chi si è dato da fare per rispettarle. Ci si chiede quale messaggio si stia dando agli studenti impegnati in quei percorsi;

          le competenze trasversali, ormai fondamentali in un qualunque percorso educativo formativo richiedono una maturazione che naturalmente ha tempi lunghi e chiama in causa l'intera struttura curricolare. Non è con l’«elemosina» di meno di un'ora alla settimana ai licei che si vince la sfida oggi più complessa per i sistemi educativi. Il passo indietro del Governo sull'Asl sembra non solo un brutto segnale per gli studenti e i docenti che avevano provato ad alzare lo sguardo oltre le mura scolastiche e a dialogare con oltre 208 mila strutture ospitanti. È un indizio dell'assenza di una visione chiara di scuola del futuro per i nostri figli alla quale ispirare le politiche –:

          quali siano i risultati del monitoraggio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca relativi all'anno scolastico 2017/2018 e quale percorso il Ministro intenda seguire alla luce dei dati del monitoraggio.
(3-00872)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      VINCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          nel 2013 la Pernigotti spa, azienda piemontese specializzata in cioccolato e nocciolati, era entrata tra le proprietà del gruppo turco Sanset, controllato dalla famiglia Toksoz, e terminava così un lungo capitolo della storica azienda dolciaria di Novi Ligure, 150 anni di storia, 75 milioni di euro di fatturato annuo e 150 dipendenti;

          appena cinque anni dopo, nel 2018, la Pernigotti, dacché avrebbe dovuto rilanciarsi e svilupparsi, diventa un caso di emergenza aziendale e occupazionale di livello nazionale, avendo subito lo spostamento di molte produzioni in Turchia e l'annuncio da parte dei fratelli Toksoz di chiudere definitivamente lo stabilimento, lasciando a casa un centinaio dei 200 dipendenti in organico;

          il caso Pernigotti ha segnato un punto di svolta determinante per la piena presa di coscienza da parte delle istituzioni nazionali, politiche e di Governo, di qualunque livello, circa il fatto che l'Italia e i suoi territori da quel momento non solo stavano perdendo le aziende fisiche del proprio tessuto produttivo, ma anche l'identità culturale, la reputazione, la rinomanza e l'enorme valore immateriale di certi marchi storici aziendali collegati nature con dette aziende e con i prodotti che realizzavano;

          il gruppo pavimentare della Lega Salvini Premier, nell'intento di arginare il paventato rischio della chiusura o del trasferimento all'estero di aziende storiche italiane con esternalizzazione dei relativi prodotti e marchi identificativi e commerciali, ha promosso un percorso legislativo in grado di assicurare la vigilanza sulle attività produttive legate ai marchi storici e di eccellenza del nostro Paese, all'interno della quale i Ministeri competenti e le istituzioni regionali e locali possano dare efficacia alla tutela delle realtà più significative del nostro Paese (A.C. n. 1631);

          con riguardo all'azienda Pernigotti, in particolare, l'intento è di evitare lo spacchettamento dell'azienda, mantenendone l'unitarietà produttiva e l'unicità nazionale della sede principale;

          notizie di stampa, infatti, parlano di un accordo che prevede la separazione del comparto dei gelati dalla produzione di cioccolato e torrone, con il rischio di uno «spezzatino» aziendale che si vorrebbe evitare;

          dal sito pare che nei prossimi giorni il Ministro interrogato debba incontrare un imprenditore che per la specifica circostanza vorrebbe rilevare il predetto ramo produttivo dei soli gelati Pernigotti e, stante quanto riportato al link parrebbe altresì che detto imprenditore corrisponderebbe al nome di Giordano Emendatori;

          da notizie online(https://www.ilrestodelcarlino.it) si apprende che in passato detto imprenditore è stato indagato per una frode fiscale in cui, con altri soggetti, acquistava aerei privati negli Stati Uniti ma senza pagarvi l'Iva, grazie a un passaggio fittizio in Danimarca;

          qualora quanto finora esposto corrispondesse al vero, il rischio di annullamento dell'unitarietà di marchio e produttiva della Pernigotti, già fatto di per sé grave, comporterebbe una necessaria attenzione e limitazione all'utilizzo di fondi per il sostegno all'occupazione da erogare in caso di acquisto –:

          se corrispondano al vero i fatti citati in premessa, con particolare riguardo al rischio di uno spezzettamento aziendale e, in caso di risposta affermativa, se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per tenere accuratamente in considerazione eventuali precedenti giudiziari di natura penale e/o fiscali degli interlocutori privati che siedono ai tavoli di crisi ministeriali o che avanzano proposte in tale ambito.
(5-02513)

Interrogazione a risposta scritta:


      GIANNONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          il raggruppamento temporaneo d'impresa composto da System House e System Data Center, aziende impegnate nel settore del business process outsourcing, in ambito contact center, si è aggiudicato la gara di contact center di Enel, mercato libero, sui siti di Pistoia, Locri e Taranto, in cui sono impegnati circa 400 lavoratori del call center Teleperformance;

          a seguito di un incontro con le parti sociali, le due aziende, vincitrici dell'appalto, si sarebbero rese disponibili a intraprendere iniziative volte a strutturare le nuove sedi di Taranto, Locri (RC), e Pistoia (oggetto di aggiudicazione), nel rispetto dei tempi e delle modalità previste dalla clausola sociale riportata nella gara d'appalto, e sempre nell'interesse dei lavoratori, ribadendo l'attuazione di un piano di valutazione e sviluppo delle competenze presenti, al fine di conseguire gli obiettivi di qualità previsti nell'offerta di gara e nel modello organizzativo aziendale;

          per quanto concerne i lavoratori interinali attualmente impiegati nella commessa, le aziende si sarebbero dette «disponibili a valutare, a volumi di attività confermati dal committente, ad attingere da quel bacino attraverso un diritto di opzione»;

          è opportuno che le istituzioni a livello regionale e locale collaborino per sostenere le legittime rivendicazioni dei lavoratori –:

          quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, per garantire ai lavoratori della società Teleperformance l'applicazione della clausola sociale, al fine di mantenere il perimetro occupazionale, e assicurare applicazione del comitato delle telecomunicazioni, le retribuzioni attuali a parità di orario lavorativo, la continuità lavorativa anche rispetto alla situazione precedente alla riforma del Jobs Act, nonché l'anzianità di servizio maturata dai suddetti lavoratori.
(4-03323)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


      LAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il cosiddetto «decreto sblocca cantieri», decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, all'articolo 4-quinquies:

              garantisce la realizzazione degli interventi di edilizia sanitaria ritenuti prioritari;

              esclude l'automatica risoluzione degli accordi di programma per i quali non risulti presentata, entro 24 mesi dalla sottoscrizione dell'accordo, la relativa richiesta di ammissione al finanziamento;

              esclude la risoluzione degli accordi di programma ammessi a finanziamento per i quali gli enti attuatori (regioni e provincie autonome), entro diciotto mesi dalla relativa comunicazione, non abbiano proceduto all'aggiudicazione dei lavori, facendo scadere, in tal modo, anche l'eventuale termine di proroga;

          in caso di scadenza anche delle eventuali proroghe – concesse grazie al succitato articolo – può essere individuato un apposito commissario ad acta tra i dirigenti delle amministrazioni dello Stato, in sostituzione dell'ente che inizialmente aveva avanzato la richiesta di finanziamento;

          dalla deliberazione in data 9 marzo 2018, n. 4/2018/G, della Corte dei conti, emergono dati importanti riguardo all'attuazione del programma straordinario per la ristrutturazione edilizia e l'ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario, interessanti la regione autonoma della Sardegna;

          dalle procedure necessarie per l'accesso ai finanziamenti previsti dagli accordi di programma (fondi destinati all'edilizia sanitaria in generale), come previsto nella succitata delibera, si desume che molte realtà locali centro-meridionali (tra le quali la Sardegna), non solo hanno sottoscritto accordi di programma in misura significativamente inferiore rispetto alle quote assegnate, ma sono risultate anche in ritardo nel compimento delle procedure istruttorie che costituiscono il presupposto per l'ottenimento delle consistenti disponibilità finanziarie residue;

          la regione autonoma della Sardegna non ha sottoscritto sufficienti accordi di programma per accedere alle finanze residue, risultando addirittura in ritardo nel compimento delle procedure istruttorie relative agli accordi invece già sottoscritti (risultano 199 gli interventi ammessi a finanziamento, come da tabella allegata alla delibera di cui sopra);

          viene accertato che in base alla stessa delibera (tabella relativa al riepilogo della distribuzione degli accordi di programma) sarebbero disponibili circa 243 milioni e 800 mila euro destinati alla regione autonoma della Sardegna, in quanto non utilizzati per la mancanza di progetti o accordi avanzati dai competenti uffici regionali;

          nel mese di febbraio 2019, lo stesso Ministro interrogato ebbe a segnalare a mezzo stampa alla regione autonoma della Sardegna la disponibilità, in suo favore, della somma di 244 milioni di euro, da utilizzare per interventi di edilizia sanitaria –:

          se ad oggi risultino sottoscritti nuovi accordi di programma dalla regione autonoma della Sardegna, ulteriori rispetto a quelli già ammessi a finanziamento, o comunque nuove richieste di sottoscrizione in atto;

          per quali accordi, tra quelli ammessi a finanziamento, non risulti eventualmente ancora completata la relativa procedura ad opera degli uffici regionali competenti in materia.
(4-03321)


      TROIANO, GRIPPA, MANZO, FARO, NAPPI, BOLOGNA, SAPIA, GIULIODORI, BARBUTO, ROBERTO ROSSINI, TRIZZINO, MENGA e PENNA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          secondo il Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2019 della Corte dei conti, nel 2018 la spesa sanitaria nazionale si è attestata a 115,4 miliardi di euro, «inferiore di poco meno di un miliardo» rispetto alle previsioni del settembre 2018 contenute nella nota di aggiornamento al Def;

          si tratta di un dato che risulta essere in flessione rispetto al documento programmatico per il 2014 che stimava una spesa assoluta di circa 121,3 miliardi di euro;

          lo stesso documento precisa come «maggiori risorse» dovranno essere reperite «sul fronte della spesa per il personale, in relazione non solo allo slittamento» al 2019 «dei rinnovi contrattuali e alla nuova tornata 2019-2021, ma anche allo sblocco dei tetti finora vigenti» previsto dall'accordo sottoscritto tra «Ministero della salute, MEF e Regioni e recepito nel decreto-legge n. 35 del 2019, consentendo maggiori spazi per misure di riassorbimento delle esternalizzazioni e di stabilizzazione del personale a tempo determinato. Insieme ad una metodologia condivisa ai fini della determinazione del fabbisogno di personale degli enti del SSN, questo dovrebbe consentire di superare le attuali carenze che, in questi anni, hanno portato ad un aggravio di lavoro per gli organici in forza nelle strutture e ad un allungamento delle liste di attesa»;

          sempre secondo la Corte dei conti «i vincoli finanziari hanno inciso anche sulla programmazione dei fabbisogni formativi medici. Si registrano carenze in alcune discipline, nonché per i medici di medicina generale. Il che comporta un aggravio di lavoro per gli organici in forza nelle strutture (si pensi all'area dell'emergenza, dove comunque occorre garantire la presenza medica) o un allungamento delle liste di attesa (oltre che nella specialistica anche nella chirurgia, dove mancano gli anestesisti, necessari a garantire l'apertura delle sale operatorie)»;

          il Cogeaps, il Consorzio gestione anagrafica professioni sanitarie, è un organismo che riunisce le Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi e le Associazioni dei professionisti della salute che partecipano al programma di educazione continua in medicina (Ecm) e che ha tra le sue attività la gestione dell'anagrafe degli iscritti;

          emerge dallo stesso rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2019 della Corte dei conti come sia «di rilievo la proposta di inserimento nel programma statistico nazionale 2017-2019, aggiornamento 2019, di uno studio progettuale sulla fattibilità di un sistema informativo statistico sull'offerta di professionisti sanitari mediante l'integrazione dei dati del Co.Ge.A.P.S. con i dati del Registro del Lavoro dell'ISTAT e con i dati del Registro dei Laureati del MIUR» –:

          se il Governo sia informato sui fatti e quali siano i dati ufficiali delle dotazioni organiche delle strutture del servizio sanitario nazionale, completi e divisi per singola struttura, onde verificare se vi sia rispondenza tra le professionalità richieste nelle diverse piante organiche e gli effettivi in servizio;

          se il Governo abbia provveduto in qualche modo al confronto di questi dati con quelli presenti nel Consorzio gestione anagrafica professioni sanitarie e dell'Ordine nazionale dei medici.
(4-03324)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


      ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          in un'ottica di crescita produttiva e occupazionale ma anche fiscale, al fine di far emergere attività in nero, occorre una forte sinergia tra Stato e cittadini per individuare nuove soluzioni che possano favorire opportunità di «autoimpiego» e che, al contempo, consentano di valorizzare le competenze e le peculiarità territoriali del nostro Paese;

          una realtà significativa che risponde a tali esigenze, già molto diffusa nel resto del mondo, riguarda la produzione e la vendita di alimenti fatti in casa attraverso la creazione di una microimpresa domestica alimentare. Si tratta di imprese a tutti gli effetti, con le potenzialità e gli oneri che ne derivano. Esse possono vendere i propri prodotti utilizzando i tradizionali canali commerciali on e off-line, con il solo divieto di somministrazione e di esposizione in vetrina, e i destinatari possono essere sia privati che negozi, bar e ristoranti;

          in Italia non esiste ancora una normativa nazionale che regoli tali attività e si richiama genericamente il regolamento (CE) 852/04, cui si è dato attuazione in Italia nel 2007, sull'igiene dei prodotti alimentari, il quale – all'allegato II capitolo III – inserisce tra le imprese alimentari anche quelle aventi sede in «locali utilizzati principalmente come abitazione privata ma dove gli alimenti sono regolarmente preparati per essere commercializzati»;

          benché il regolamento comunitario sia per sua natura immediatamente applicabile, la nascita di nuove microimprese domestiche alimentari, in gran parte delle regioni italiane, è fortemente osteggiata dalla mancanza di linee-guida applicative per la produzione in casa di tali prodotti alimentari;

          ad oggi solo alcune regioni – tra cui Piemonte, Veneto e Abruzzo – hanno definito le procedure per l'avvio di una microimpresa domestica alimentare e gli adempimenti previsti nelle linee guida regionali comportano adempimenti molto onerosi: occorre, infatti, aprire una partita iva, registrarsi alla camera di commercio, presentare la segnalazione certificata di inizio attività (Scia), seguire un corso per ottenere la certificazione Haccp in materia di igiene alimentare, adeguare la propria cucina a quanto previsto dalla normativa vigente e rispettare, tra gli altri, l'obbligo di preconfezionare, etichettare e tracciare i prodotti, specificando la provenienza di ogni ingrediente;

          sarebbe, quindi, opportuno creare le condizioni perché l'attività di produzione e vendita di alimenti fatti in casa venga riconosciuta come nuova forma di imprenditorialità legale, in quanto essa consente di ampliare l'offerta di mercato a fronte di una domanda crescente di alimenti preparati con metodi casalinghi, di determinare nuove opportunità occupazionali per persone escluse dal mercato del lavoro e di far emergere attività produttive a tutt'oggi informali;

          una semplificazione delle procedure di avvio delle microimprese domestiche alimentari, magari con appositi servizi presso gli sportelli unici per le attività produttive, permetterebbe di accompagnare e sostenere lavoratori e lavoratrici – donne e madri che non posso permettersi di lavorare tutto il giorno fuori casa e che, in questo modo, hanno l'opportunità di reinserirsi nel mercato occupazionale, giovani, persone disoccupate che vogliono reinventarsi un lavoro – nel realizzare un progetto di microimpresa domestica per la produzione e la vendita di cibi fatti in casa, valorizzando le loro abilità in cucina e i metodi casalinghi di preparazione e trasformazione degli alimenti, nel pieno rispetto delle normative di igiene e sicurezza alimentari –:

          quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, di concerto con gli enti locali, per la definizione di linee guida che siano coerenti con il regolamento (CE) 852/04 e che consentano di semplificare anche da un punto di vista fiscale gli adempimenti prescritti per l'avvio delle microimprese domestiche alimentari, il loro accesso al credito, alla formazione e al mercato.
(4-03326)


      FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          da un articolo pubblicato il 1° luglio 2019 su Repubblica.it si apprende che il gruppo Lactalis, che acquistò Parmalat dopo il crack e che conta 80.000 dipendenti nel mondo e un fatturato di 18,5 miliardi di euro l'anno, avrebbe annunciato 30 licenziamenti nel segmento Parmalat Corporate, giustificandoli con l'uscita del titolo Parmalat dalla borsa italiana;

          il timore delle lavoratrici e dei lavoratori è che in realtà gli esuberi non avverrebbero nel segmento Parmalat Corporate, nelle attività internazionali e di finanza, ma si tratterebbe del licenziamento collettivo di impiegati e impiegate in diversi settori;

          i licenziamenti annunciati riguarderebbero in gran parte donne over 50, impiegate che hanno tenuto in piedi l'azienda negli anni in cui le speculazioni finanziarie hanno messo in ginocchio un'azienda gloriosa, poi finita sotto il controllo della francese Lactalis;

          lo spettro del licenziamento per gli over 50 spesso vuol dire non trovare più un'occupazione, data la difficoltà nel trovare una ricollocazione;

          alcuni dei dipendenti che il 1° settembre 2019 si vedranno recapitata la lettera di licenziamento hanno testualmente dichiarato: «alla Parmalat sta andando in scena la grande bugia, e allora deve emergere la verità dell'operazione di Lactalis»;

          i lavoratori lamentano, infatti, come l'azienda ad oggi non abbia dichiarato i criteri adottati per individuare gli esuberi annunciati e pare evidente che la scelta non sia la sbandierata chiusura dell'area corporate ma il licenziamento collettivo di impiegati over 50;

          il totale dei licenziati rappresenterebbero lo 0,11 per cento dei dipendenti totali di Lactalis, un numero non significativo per l'azienda ma drammatico per chi perderà il lavoro senza che un gruppo solido come Lactalis, leader mondiale nel settore lattiero-caseario e secondo gruppo alimentare della Francia, sia in grado di garantire una possibilità di ricollocamento all'interno del gruppo, anche in altre sedi e con altre mansioni;

          secondo una testimonianza dei lavoratori, gli esuberi si starebbero scaricando sulla parte «impiegati» e sarebbero 26 quelli coinvolti, più quattro dirigenti;

          ancora una volta a pagare il prezzo più pesante saranno lavoratori e lavoratrici lontani dalla pensione; una gran parte degli interessati, come detto, è costituita da donne;

          tutto questo avviene mentre Lactalis annuncia l'acquisto di Nuova Castelli (5.500 collaboratori e 29 siti di produzione), a riprova della solidità della multinazionale francese che in Italia controlla anche Galbani;

          per la prima volta in Parmalat si applicherebbe una procedura di licenziamento collettivo, con il vantaggio per l'azienda di poter, probabilmente, sostituire gli esuberi con nuovi assunti con contratti depotenziati nelle tutele dalle ultime leggi sul mercato del lavoro –:

          se il Governo non intenda convocare immediatamente un tavolo di confronto con i vertici aziendali e le organizzazioni sindacali al fine di salvaguardare le 30 unità di lavoratrici e lavoratori Parmalat che oggi rischiano di perdere il posto di lavoro e scongiurare gli esuberi annunciati da una multinazionale come la Lactalis, che non è in crisi, conta 80 mila dipendenti nel mondo, 18,5 miliardi di euro di fatturato e crede di potere ottimizzare le risorse scaricando il peso sulle lavoratrici e sui lavoratori e licenziando 30 dipendenti, la quasi totalità formata da donne over 50 lontane dalla pensione.
(4-03328)

Apposizione di una firma ad una mozione.

      La mozione Melicchio e altri n. 1-00224, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 luglio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Girolamo.

Ritiro di una firma da una interrogazione.

      Interrogazione a risposta in Commissione Terzoni e altri n. 5-02454, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 luglio 2019: è stata ritirata la firma del deputato Rospi.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

          interrogazione a risposta in Commissione Toccafondi n. 5-01032 del 29 novembre 2018 in interrogazione a risposta orale n. 3-00872;

          interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzo e altri n. 5-01555 del 25 febbraio 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-00874;

          interrogazione a risposta orale Paita e altri n. 3-00673 del 4 aprile 2019 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03325;

          interrogazione a risposta in Commissione Traversi n. 5-02135 del 15 maggio 2019 in interrogazione a risposta orale n. 3-00873.