XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 17 luglio 2019

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 17 luglio 2019.

      Amitrano, Andreuzza, Ascari, Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Borghese, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cantalamessa, Carelli, Carfagna, Castelli, Castiello, Cirielli, Colletti, Colucci, Cominardi, Covolo, Davide Crippa, D'Ambrosio, D'Ettore, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Frusone, Galli, Gallinella, Gallo, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Giorgis, Grande, Grillo, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Invernizzi, Locatelli, Lollobrigida, Lorefice, Lorenzin, Losacco, Lupi, Manzato, Maschio, Micillo, Migliorino, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Nardi, Nesci, Occhionero, Paolini, Parolo, Pellicani, Picchi, Pittalis, Pretto, Rampelli, Rizzo, Rosato, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Schullian, Scoma, Carlo Sibilia, Sisto, Soverini, Spadafora, Spadoni, Spessotto, Stumpo, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Vitiello, Vito, Raffaele Volpi, Zanettin, Zennaro, Zoffili.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

      Amitrano, Andreuzza, Ascari, Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Borghese, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cantalamessa, Carfagna, Castelli, Castiello, Cirielli, Colletti, Colucci, Cominardi, Covolo, Davide Crippa, D'Ambrosio, D'Ettore, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Frusone, Galli, Gallinella, Gallo, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Giorgis, Grande, Grillo, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Invernizzi, Locatelli, Lollobrigida, Lorefice, Lorenzin, Losacco, Lupi, Manzato, Maschio, Micillo, Migliorino, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Nardi, Nesci, Occhionero, Paolini, Parolo, Pellicani, Picchi, Pittalis, Pretto, Rampelli, Rizzo, Rosato, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Schullian, Scoma, Carlo Sibilia, Sisto, Soverini, Spadafora, Spadoni, Spessotto, Stumpo, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Vitiello, Raffaele Volpi, Zanettin, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 16 luglio 2019 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
          MOLLICONE ed altri: «Disposizioni in materia di spettacolo dal vivo, disciplina delle fondazioni lirico-sinfoniche e ripartizione del Fondo unico per lo spettacolo» (1985);
          MOLLICONE ed altri: «Istituzione e disciplina dei consigli aziendali di gestione, in attuazione dell'articolo 46 della Costituzione» (1986);
          NOVELLI: «Introduzione dell'articolo 34-bis della legge 23 dicembre 1978, n.  833, in materia di accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori per malattia mentale che provochi gravi disturbi del comportamento alimentare» (1987).

      Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

      La proposta di legge MAZZETTI ed altri: «Disposizioni per il sostegno del settore immobiliare e delega al Governo per la revisione della normativa urbanistica ed edilizia e per favorire la rigenerazione urbana» (1759) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Versace.

Trasmissione dal Senato.

      In data 16 luglio 2019 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza i seguenti disegni di legge:
          S. 987. – «Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica federale della Nigeria, fatto a Roma l'8 novembre 2016; b) Accordo di mutua assistenza in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica federale della Nigeria, fatto a Roma l'8 novembre 2016; c) Accordo sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica federale della Nigeria, fatto a Roma l'8 novembre 2016» (approvato dal Senato) (1988);
          S. 1014. – «Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate o sottoposte a misure di sicurezza tra la Repubblica italiana e la Repubblica argentina, fatto a Buenos Aires l'8 maggio 2017» (approvato dal Senato) (1989);
          S. 1015. – «Ratifica ed esecuzione del Trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica orientale dell'Uruguay, fatto a Montevideo l'11 maggio 2017» (approvato dal Senato) (1990);
          S. 1016. – «Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dell'Ecuador, fatto a Quito il 25 novembre 2015; b) Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dell'Ecuador, fatto a Quito il 25 novembre 2015» (approvato dal Senato) (1991);
          S. 1017. – «Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Costa Rica, fatto a Roma il 27 maggio 2016; b) Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Costa Rica, fatto a Roma il 27 maggio 2016» (approvato dal Senato) (1992);
          S. 1138. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale e scientifica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dominicana, fatto a Santo Domingo il 5 dicembre 2006» (approvato dal Senato) (1993);
          S. 1170. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo in materia di cooperazione di polizia tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Cuba, fatto a L'Avana il 16 settembre 2014» (approvato dal Senato) (1994).

      Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

      A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

          I Commissione (Affari costituzionali):
      CIRIELLI: «Disposizioni in materia di rilascio della licenza di porto d'armi agli appartenenti alle Forze di polizia» (1243) Parere delle Commissioni IV e V.

          II Commissione (Giustizia):
      ZANELLA ed altri: «Disposizioni per la tutela della dignità della persona nella rete internet» (1674) Parere delle Commissioni I, V, VII, IX, XII e XIV;
      MINARDO: «Esenzione dei giovani professionisti dall'obbligo di assicurazione» (1833) Parere delle Commissioni I e VI.

          VI Commissione (Finanze):
      CASO ed altri: «Modifiche agli articoli 132-ter e 134 del codice di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n.  209, in materia di definizione dei premi relativi all'assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore» (780) Parere delle Commissioni I, II, V, X e XIV;
      CENTEMERO ed altri: «Istituzione del Comitato interministeriale per l'economia digitale nel settore bancario, finanziario e assicurativo nonché disposizioni in materia di esercizio delle funzioni regolatorie» (1673) Parere delle Commissioni I, II, V, IX, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

          VII Commissione (Cultura):
      MINARDO: «Norme per il potenziamento dell'attività sportiva per contrastare l'obesità infantile» (1412) Parere delle Commissioni I, V, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

          IX Commissione (Trasporti):
      MINARDO: «Delega al Governo per la disciplina dell'installazione di meccanismi di blocco dei veicoli a motore in base al tasso alcolemico del guidatore» (1531) Parere delle Commissioni I, V, VI, XII e XIV.

          XII Commissione (Affari sociali):
      MINARDO: «Disciplina del possesso e della detenzione di cani da presa e da difesa» (1411) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
      MINARDO: «Disposizioni concernenti il conferimento di incarichi ai medici di medicina generale presso i dipartimenti di emergenza e accettazione, per la trattazione dei casi non urgenti» (1627) Parere delle Commissioni I, V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

      Il Presidente della Corte dei conti – Ufficio di controllo di cui all'articolo 162, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.  50, con lettera in data 11 luglio 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 162, comma 5, del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.  50, la relazione sull'attività di controllo sui contratti secretati esercitata dalla Corte dei conti, riferita al periodo dal 1o giugno 2018 al 31 maggio 2019 (Doc. LXX, n.  2).

      Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dal Ministro dello sviluppo economico.

      Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 26 giugno 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1-quater, comma 8, del decreto-legge 29 agosto 2003, n.  239, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n.  290, il rapporto sull'andamento delle autorizzazioni concernenti la realizzazione o il potenziamento di centrali termoelettriche di potenza superiore a 300 MW termici, relativo al periodo 1o aprile 2018 - 31 marzo 2019.

      Questo documento è trasmesso alla VIII Commissione (Ambiente) e alla X Commissione (Attività produttive).

Trasmissione dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta.

      Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 12 luglio 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5-bis del decreto-legge del 14 agosto 2013, n.  93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n.  119, la prima relazione sullo stato di utilizzo delle risorse stanziate per potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza, riferita agli anni 2017 e 2018 (Doc. CCLIII, n.  1).

      Questa relazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      La Commissione europea, in data 16 luglio 2019, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di regolamento del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) 2019/124 e (UE) 2018/2025 per quanto riguarda determinate possibilità di pesca (COM(2019) 338 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XIII Commissione (Agricoltura), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

      Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 16 luglio 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n.  234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
      Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
      Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
          Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea nella Commissione per la pesca nell'Atlantico centro-occidentale (COM(2019) 284 final);
          Relazione della Commissione – Controllo dell'applicazione del diritto dell'Unione europea – Relazione annuale 2018 (COM(2019) 319 final);
          Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea nel Comitato per la pesca nell'Atlantico centro-orientale (COM(2019) 327 final);
          Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'agenda strategica per l'innovazione dell'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT) 2021-2027: promuovere il talento e la capacità d'innovazione in Europa (COM(2019) 330 final);
          Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (rifusione) (COM(2019) 331 final);
          Relazione della Commissione al Consiglio concernente la valutazione dei progressi comunicati dall'Italia alla Commissione e al Consiglio per quanto riguarda il recupero degli importi dovuti dai produttori di latte a titolo del prelievo supplementare per i periodi dal 1995-1996 al 2001-2002 (a norma dell'articolo 3 della decisione 2003/530/CE del Consiglio) (COM(2019) 335 final);
          Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione (UE) 2019/276 per quanto riguarda gli adeguamenti degli importi mobilizzati a titolo dello strumento di flessibilità per il 2019 da utilizzare per la migrazione, l'afflusso di rifugiati e le minacce alla sicurezza (COM(2019) 600 final).

Trasmissione dall'Autorità di regolazione dei trasporti.

      Il Presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti, con lettera in data 20 giugno 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 37, comma 5, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, la relazione sull'attività svolta dalla medesima Autorità, aggiornata al mese di giugno 2019 (Doc. CCXVI, n.  1).

      Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti).

Atti di controllo e indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI DE MARIA ED ALTRI N. 1-00199, MURONI ED ALTRI N. 1-00223, LOLLOBRIGIDA ED ALTRI N. 1-00225, MOLINARI E D'UVA N. 1-00226 E GELMINI ED ALTRI N. 1-00227 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI POLITICHE URBANE E RIQUALIFICAZIONE DELLE PERIFERIE

Mozioni

      La Camera,
          premesso che:
              come raccontano i dati di cui si dispone e le realtà che si hanno sotto gli occhi, le città contemporanee vivono un'epoca di grandi contraddizioni in termini di crescita demografica, sicurezza, distribuzione delle ricchezze, disuguaglianze sociali, utilizzo dei suoli, mutamenti climatici e approvvigionamento energetico;
              secondo gli studi e le ricerche delle maggiori organizzazioni internazionali (Ocse, Onu) che da oltre un decennio si occupano della trasformazione delle grandi aree urbane e metropolitane e delle principali tendenze che le caratterizzano, l'accelerazione dell'urbanizzazione ha rafforzato il peso delle grandi città e delle aree metropolitane. Ormai quasi i due terzi della popolazione mondiale si avvia a vivere (entro il 2050) nelle grandi città o in centri «meta-metropolitani»;
              già nel 2006 la «zona Ocse» annoverava il 53 per cento della popolazione residente in grandi aree urbane e ben 78 aree metropolitane con una popolazione superiore a 1,5 milioni di abitanti;
              una ricerca Onu del 2015 stima che entro il 2025 l'aumento della popolazione urbanizzata sarà mediamente di 65 milioni di abitanti per anno e che il 96 per cento delle città europee con oltre 300 mila abitanti è destinato a crescere nell'arco dei successivi 15 anni;
              la crescente concentrazione demografica, che assume intensità e velocità diverse a seconda delle varie aree continentali, produce una concentrazione di ricchezza cui si accompagna una crescita di diseguaglianze ed un aumento della povertà all'interno delle aree urbane;
              molte grandi città dell'Europa, delle Americhe e dell'Asia concentrano quasi la metà del prodotto interno lordo nazionale nelle loro aree metropolitane ed un prodotto interno lordo pro-capite superiore a quello nazionale;
              nello stesso tempo, in gran parte delle medesime situazioni, i tassi di disoccupazione o di inattività lavorativa sono superiori agli indici nazionali ed in molti casi alle zone rurali e scarsamente urbanizzate;
              la povertà e l'esclusione non sono più da tempo fenomeni urbani e metropolitani propri delle città meno avanzate o dei cosiddetti «Paesi in via di sviluppo» ma segnano profondamente (con una marcata accelerazione dei fenomeni dopo il 2008) anche le città e le metropoli dei Paesi più avanzati, configurando un forte assottigliamento dei ceti medi urbani tradizionali e delle condizioni medie di prosperità e di benessere;
              gli immigrati ed i loro discendenti rappresentano, insieme ai gruppi sociali impoveriti dal restringimento delle classi medie, le componenti più vulnerabili delle popolazioni che tendono a raggrupparsi nelle grandi città;
              tutto ciò produce costi elevati; la povertà e l'esclusione si traducono in alti livelli di criminalità che rafforzano le reti e le organizzazioni criminali che ormai agiscono su scala globale e operano sempre più attivamente anche nel settore finanziario;
              già nel 2006 l'Ocse segnalava un tasso di criminalità, nelle città principali dell'area, superiore del 30 per cento al tasso nazionale ed una forte concentrazione spaziale dei fenomeni di criminalità in quartieri depressi con minore accessibilità alle infrastrutture, ai servizi, ai poli formativi principali (università, scuole) e sui quali i livelli di investimenti pubblici e privati pro-capite sono nettamente inferiori ai quartieri più integrati;
              parte rilevante della disgregazione del tessuto sociale è rappresentato dai fenomeni di intolleranza tra gruppi etnici o religiosi di diversa radice e che trovano alimento in particolare nella contrapposizione tra nuovi poveri immigrati e non, figli di una medesima condizione di diseguaglianza ed esclusione;
              la crescita demografica delle aree urbane e la conseguente tendenziale espansione dei perimetri urbani costituisce una delle componenti più allarmanti sullo stato complessivo della salute del pianeta;
              mutamenti climatici, aumento esponenziale delle superfici impermeabilizzate e del consumo di suolo, riduzione e compromissione delle riserve idriche, ritardi e sperequazioni nelle politiche di riconversione energetica finalizzate alla riduzione ed al progressivo abbandono dell'uso dei derivati fossili, rappresentano le grandi sfide dell'umanità di questo secolo, sfide che possono essere vinte o perse principalmente nel teatro urbano e metropolitane;
              anche perché la crescente urbanizzazione a livello mondiale sta producendo, per converso, un crescente degrado del suolo mondiale non urbanizzato che, secondo una stima della Fao, già per il 33 per cento «altamente degradato» anche per l'impoverimento che ne è derivato per la concentrazione delle moderne coltivazioni intensive; una condizione che mette a rischio il benessere di 3 miliardi e mezzo di persone;
              da questi dati emerge quindi il profilo di una «nuova questione urbana» che si configura come un vero e proprio transito da una civiltà urbana ad un'altra il cui destino è tutto da scrivere e che, seppure con caratteristiche specifiche e scale dimensionali diverse e spesso assai distanti, caratterizza l'intero pianeta e si gioca su una nuova strategia di crescita nella quale l'aumento della popolazione urbana e delle possibilità di ricchezza e di benessere debbono necessariamente convivere con maggiore eguaglianza, risparmio delle risorse naturali, nuovi modelli energetici, contenimento del consumo di suolo e dell'espansione del suolo urbanizzato;
              una ricerca del Cresme del 2016 (World Cities Vision 2030-2050) documenta ancor meglio e con dati aggiornati la crescita delle grandi metropoli delle economie emergenti ma anche delle città della vecchia Europa e come esse stiano cercando di progettare la loro «rivoluzione» attrezzandosi per crescere e competere, offrendo nuove opportunità di lavoro e di sviluppo e una nuova qualità della vita;
              le linee di azione in corso nelle principali metropoli capitali europee si sviluppano su indirizzi comuni e che fanno riferimento ai contenuti dell'Agenda urbana europea 2030;
              tali indirizzi contemplano: piani climatici riguardanti l'ambiente e l'energia, per migliorare la qualità dell'aria e ridurre le emissioni di CO2; grandi investimenti per la mobilità sostenibile, per la rigenerazione dei tessuti urbani ed edilizi, per la riconversione energetica degli edifici e per la loro rifunzionalizzazione; grandi programmi per la digitalizzazione; potenziamento delle infrastrutture culturali e formative e dei centri per la ricerca scientifica e tecnologica; programmi di housing sociale; valorizzazione dello spazio pubblico;
              sono in atto importanti trasformazioni condotte con politiche di partnership pubblica e privata, iscritte all'interno di piani strategici con obiettivi temporalizzati;
              le strategie di Agenda 2030 sono dunque in pieno sviluppo nella gran parte delle nazioni europee, sorrette da programmi e finanziamenti nazionali ed europei all'interno dei quali è possibile ravvisare l'ormai strettissima relazione, fin quasi alla coincidenza, tra politiche urbane in senso generale e politiche per la riqualificazione delle periferie;
              in Italia tale condizione assume una speciale connotazione e si inserisce in un contesto di particolare complessità nel quale le crescenti e nuove contraddizioni si sommano ad antichi problemi mai del tutto risolti e superati e ad una condizione distorsiva dello sviluppo moderno delle principali città italiane guidato per lungo tempo dalla rendita urbana, da un rapido e concentrato inurbamento che ha modificato in poco tempo il rapporto tra città e campagna consolidatosi in secoli di storia di un Paese ancora prevalentemente agricolo fino ai primi anni del secondo dopoguerra;
              tutto questo consegna una condizione nella quale esistono larghi squilibri territoriali tra diverse aree del Paese e tra diverse aree urbane del nord, del centro e del sud, nella quale la dimensione pubblica della città, che ha caratterizzato peculiarmente lo sviluppo delle città italiane dall'antichità al Medioevo, al Rinascimento e fino all'Ottocento e che ancora si mantiene viva e presente nella sostanziale conservazione dei tessuti storici di borghi e città, si è fermata progressivamente e va declinando, minacciata o totalmente compromessa dalle vecchie e nuove contraddizioni;
              gli strumenti normativi posti a presidio e garanzia di un equo sviluppo urbano tra le componenti pubbliche (servizi, spazi pubblici, attrezzature collettive, urbanizzazioni primarie, infrastrutture, edilizia sociale) e quelle private (residenza privata, attrezzature per servizi privati o per la produzione manifatturiera) sono fermi agli anni Sessanta e Settanta, figli di una stagione ormai lontana;
              del tutto particolare e legato alle peculiari contraddizioni dell'inurbamento post unitario e post bellico è il fenomeno dell'abusivismo edilizio che ha generato enormi costi finanziari, sociali ed ambientali, che ancora oggi rappresenta una delle cause della fragilità idrogeologica del modello insediativo italiano e che non accenna a diminuire anche per il cedimento periodico delle istituzioni e delle amministrazioni che più o meno esplicitamente, più o meno surrettiziamente hanno alternato campagne di lotta e di repressione del fenomeno con soluzioni indultive;
              il fenomeno dell'abusivismo ha segnato la forma della gran parte delle città italiane sia in relazione alle forme insediative sia in relazione ai tessuti produttivi e commerciali, accentuando il carattere distributivo « sprawl» dei perimetri urbani e metropolitani, più dispersivi e costosi sotto ogni punto di vista;
              oggi, in presenza delle nuove contraddizioni globali (precedentemente descritte) le periferie urbane vanno assumendo una connotazione trasversale che riguarda il complesso dell'organismo urbano nel quale i fenomeni di degrado e marginalità, di impoverimento dei ceti medi urbani, di abbandono dello spazio pubblico e di patrimonio privato, di crescita delle sacche di insicurezza urbana e di aumento della criminalità non riguardano più solo le aree esterne delle città, ma interessano anche zone centrali o semicentrali, investite dalle modificazioni del mercato immobiliare, dai flussi insediativi di immigrati, dall'invecchiamento del patrimonio edilizio diffuso;
              si parla ormai di «spappolamento», di «lacerazione», di «sfaldamento» dei corpi urbani e, per converso si contrappone la necessità di una «ricucitura» dei tessuti;
              l'Italia appare, nel contesto europeo e mondiale, caratterizzata, come si è visto, da un grande dinamismo e da grandi obiettivi tesi ad affrontare i termini della «nuova questione urbana» e a contrastare gli aspetti negativi della globalizzazione, come il fanalino di coda delle politiche urbane; si tratta di una condizione di ritardo e di arretratezza o al meglio di stasi segnata da assenza di progetti di grande respiro, irrigidimento normativo, scarsezza di risorse, conflitto di competenze tra diversi enti territoriali, incapacità di molte regioni ad avvalersi delle risorse messe a disposizione dall'Unione europea per programmi e progetti innovativi e di rigenerazione urbana;
              dopo anni di inerzia e di sostanziale episodicità degli interventi sulle città, senza un quadro organico e coordinato, con la legge 28 dicembre del 2015, n.  208, articolo 1, commi 974, 975, 976, 977, 978, è stato istituito un «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia» che ha segnato una significativa inversione di tendenza nelle politiche pubbliche nazionali a sostegno delle aree urbane;
              con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 dicembre 2016 è stata approvata la graduatoria dei progetti (n.  120), il cui valore finanziario complessivo ammonta a circa 3,8 miliardi di euro comprensivo dei cofinanziamenti a carico di altri bilanci pubblici, dello stesso ente partecipante, o di altri enti pubblici o privati, mentre la quota complessiva da imputare al finanziamento statale corrisponde a un valore di circa 2,1 miliardi di euro;
              i comuni dal n.  1 al n.  24 hanno beneficiato delle risorse previste all'articolo 1, comma 978, della legge 28 dicembre 2015, n.  208 (500 milioni di euro);
              per i restanti comuni (n.  96 comuni) il finanziamento è stato assicurato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 che, ai sensi dell'articolo 1, comma 140 della legge 11 dicembre 2016, n.  232 (legge di bilancio 2017) ha assegnato al programma 800 milioni di euro a valere sul fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale e dalle delibere del CIPE n.  2 del 3 marzo 2017 e n.  72 del 7 agosto 2017 che, ai sensi del comma 141 della citata norma, hanno assegnato l'importo residuo di 761,32 milioni di euro a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione relativo al periodo di programmazione 2014-2020;
              a seguito della disponibilità dell'intero ammontare delle risorse necessarie, nel mese di gennaio 2018 è stata completata la sottoscrizione di tutte le convenzioni;
              su questo contesto si è innestata, nel 2018, la modifica legislativa introdotta con l'articolo 13 del decreto-legge 25 luglio 2018, n.  91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2017, n.  108, cosiddetto «Milleproroghe». Tale norma ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse con i 96 comuni. Successivamente, in Conferenza unificata, è stato sancito l'accordo del 18 ottobre 2018 a cui è stato dato seguito con l'approvazione della legge 30 dicembre 2018, n.  145 (legge di bilancio 2019);
              le disposizioni in questione, contenute all'articolo 1, commi da 913 a 916, stabiliscono che le convenzioni dei 96 enti successivi ai primi 24, producono effetti nel corso dell'anno 2019 relativamente al rimborso delle spese sostenute e certificate dagli enti beneficiari in base al cronoprogramma, attraverso l'utilizzo dei residui iscritti sul fondo di sviluppo e coesione e che le economie realizzate dagli enti territoriali rimangono acquisite al bilancio statale per essere destinate al finanziamento di spese di investimento dei comuni e delle città metropolitane. A tal fine, la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli enti beneficiari provvedono all'adeguamento delle convenzioni già sottoscritte. Sono, pertanto, in corso di perfezionamento gli atti integrativi alle convenzioni già sottoscritte con i citati 96 enti;
              nella passata legislatura la Camera dei deputati aveva anche istituito una «Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie» che aveva concluso i suoi lavori con un rapporto conclusivo votato sostanzialmente all'unanimità e che aveva condotto ad un'ampia indagine territoriale e all'indicazione di alcune linee unitarie di intervento;
              purtroppo, sia le modifiche legislative al «bando per le periferie» che la decisione di non ricostituire la Commissione parlamentare nella XVIII legislatura hanno interrotto un proficuo lavoro che rischia di ritardare o compromettere molti progetti e di riportare l'Italia in una condizione di episodicità di interventi, di disinteresse delle istituzioni e di marginalità rispetto alle dinamiche in atto nelle trasformazioni strategiche in corso negli altri Paesi europei e nelle maggiori nazioni del mondo,

impegna il Governo:

1)    ad adottare iniziative per rafforzare gli strumenti governativi e parlamentari per promuovere e gestire una nuova stagione delle politiche urbane, istituendo in particolare un dipartimento ad hoc di coordinamento delle politiche urbane;

2)    ad adottare iniziative per una riforma delle competenze territoriali delle grandi aree metropolitane, puntando all'istituzione di città metropolitane elette dai cittadini, con particolare riferimento alle città metropolitane con popolazione superiore ai 500 mila abitanti;

3)    a rilanciare politiche coordinate e finanziate per la riqualificazione delle periferie, come per il bando del 2015, con un programma poliennale della durata di dieci anni, in modo tale da allestire un vero e proprio programma con continuità di finanziamenti e obiettivi, considerato che la promozione di un tale programma può consentire investimenti per 25-30 miliardi di euro in dieci anni e che le città italiane hanno bisogno di obbiettivi e programmazione coordinata a livello nazionale e locale;

4)    a promuovere un'organica riforma della normativa nazionale per il governo del territorio in un quadro unitario e coordinato, il quale, pur nel rispetto del carattere concorrente della materia secondo il dettato della Costituzione, consenta di semplificare procedure e normativa, dare un quadro unitario di principi alla variegata legislazione regionale, favorire una riforma della normativa sugli standard e le dotazioni territoriali per i servizi urbani e metropolitani, costruire le condizioni di una fiscalità urbana equa e che favorisca il finanziamento della «città pubblica», codificare un regime di incentivazioni e sostegno alle politiche di rigenerazione urbana, riconversione energetica, riuso del patrimonio dismesso, demolizione e ricostruzione e contenimento del consumo di suolo;

5)    a favorire una nuova stagione di politiche di edilizia residenziale pubblica con sostegno diretto degli enti pubblici e con accordi con soggetti finanziari per la realizzazione di programmi di housing, finalizzati al recupero e alla riconversione del patrimonio dismesso, alla riqualificazione dei quartieri di edilizia pubblica esistenti e degradati, allo sviluppo della residenza per studenti e per giovani coppie e al potenziamento dell'offerta per anziani attraverso residenze sanitarie assistite pubbliche o convenzionate;

6)    a favorire una politica di effettiva tutela della sicurezza pubblica, adottando iniziative per raccordare tutte le competenze e le autorità presenti sul territorio (comuni, prefetture, corpi di polizia) e costruendo dei «patti per la sicurezza» che in ogni città si avvalgano delle competenze e delle prerogative dei neoistituiti Comitati metropolitani per l'ordine e la sicurezza e che puntino a coniugare cooperazione col tessuto associativo, sussidiarietà e controllo del territorio da parte delle autorità di pubblica sicurezza, unendo quindi sicurezza e solidarietà;

7)    ad adottare le iniziative di competenza per una lotta serrata al fenomeno delle occupazioni abusive ed illegali del patrimonio abitativo pubblico e privato ed una decisa azione finalizzata allo sgombero delle occupazioni abusive quando non motivate da una reale e comprovata necessità che le autorità pubbliche competenti debbono impegnarsi a risolvere preservando il diritto alla proprietà ed i beni comunque comuni;

8)    ad assumere le iniziative di competenza per una riforma dell'ordinamento delle polizie locali che favorisca un loro maggior coordinamento con i corpi nazionali;

9)    a favorire politiche attive per il sociale adottando iniziative per agevolare una crescita degli investimenti da parte delle amministrazioni locali sia in termini di realizzazione di nuove strutture (scuole, centri civici, centri anziani, strutture formative, impianti sportivi), sia in termini di sostegno al reddito delle fasce più deboli, di impegno lavorativo e di inserimento per gli immigrati regolari e di sostegno alle politiche per l'emergenza abitativa (buono casa, sostegno all'affitto);

10)    ad adottare, in questo quadro, iniziative per valorizzare, in un'ottica di virtuose azioni di sussidiarietà, le risorse civiche dell'associazionismo e del volontariato che in campo ambientale, culturale, sociale, sportivo, di manutenzione dello spazio pubblico e dei beni comuni già oggi rappresentano una risorsa di grandissimo valore e importanza e che supportano gratuitamente ma senza un quadro organico di regole e di obiettivi l'azione spesso carente delle amministrazioni locali.
(1-00199) «De Maria, Morassut, Annibali, Ascani, Benamati, Braga, Carnevali, Ciampi, Dal Moro, De Filippo, De Luca, Del Basso De Caro, Marco Di Maio, Fiano, Franceschini, Martina, Morgoni, Mura, Pezzopane, Rossi, Scalfarotto, Schirò, Siani, Ungaro, Viscomi, Gariglio, Sensi, Incerti».


      La Camera,

impegna il Governo:

1)    a rilanciare politiche coordinate e finanziate per la riqualificazione delle periferie, come per il bando del 2015, con un programma poliennale della durata di dieci anni, in modo tale da allestire un vero e proprio programma con continuità di finanziamenti e obiettivi, considerato che la promozione di un tale programma può consentire investimenti per 25-30 miliardi di euro in dieci anni e che le città italiane hanno bisogno di obbiettivi e programmazione coordinata a livello nazionale e locale;

2)    a favorire una nuova stagione di politiche di edilizia residenziale pubblica con sostegno diretto degli enti pubblici e con accordi con soggetti finanziari per la realizzazione di programmi di housing, finalizzati al recupero e alla riconversione del patrimonio dismesso, alla riqualificazione dei quartieri di edilizia pubblica esistenti e degradati, allo sviluppo della residenza per studenti e per giovani coppie e al potenziamento dell'offerta per anziani attraverso residenze sanitarie assistite pubbliche o convenzionate;

3)    a favorire una politica di effettiva tutela della sicurezza pubblica, adottando iniziative per raccordare tutte le competenze e le autorità presenti sul territorio (comuni, prefetture, corpi di polizia) e costruendo dei «patti per la sicurezza» che in ogni città si avvalgano delle competenze e delle prerogative dei neoistituiti Comitati metropolitani per l'ordine e la sicurezza e che puntino a coniugare cooperazione col tessuto associativo, sussidiarietà e controllo del territorio da parte delle autorità di pubblica sicurezza, unendo quindi sicurezza e solidarietà;

4)    ad adottare le iniziative di competenza per una lotta serrata al fenomeno delle occupazioni abusive ed illegali del patrimonio abitativo pubblico e privato ed una decisa azione finalizzata allo sgombero delle occupazioni abusive quando non motivate da una reale e comprovata necessità che le autorità pubbliche competenti debbono impegnarsi a risolvere preservando il diritto alla proprietà ed i beni comunque comuni;

5)    a favorire politiche attive per il sociale adottando iniziative per agevolare una crescita degli investimenti da parte delle amministrazioni locali sia in termini di realizzazione di nuove strutture (scuole, centri civici, centri anziani, strutture formative, impianti sportivi), sia in termini di sostegno al reddito delle fasce più deboli, di impegno lavorativo e di inserimento per gli immigrati regolari e di sostegno alle politiche per l'emergenza abitativa (buono casa, sostegno all'affitto);

6)    ad adottare, in questo quadro, iniziative per valorizzare, in un'ottica di virtuose azioni di sussidiarietà, le risorse civiche dell'associazionismo e del volontariato che in campo ambientale, culturale, sociale, sportivo, di manutenzione dello spazio pubblico e dei beni comuni già oggi rappresentano una risorsa di grandissimo valore e importanza e che supportano gratuitamente ma senza un quadro organico di regole e di obiettivi l'azione spesso carente delle amministrazioni locali.
(1-00199)
(Testo modificato nel corso della seduta) «De Maria, Morassut, Annibali, Ascani, Benamati, Braga, Carnevali, Ciampi, Dal Moro, De Filippo, De Luca, Del Basso De Caro, Marco Di Maio, Fiano, Franceschini, Martina, Morgoni, Mura, Pezzopane, Rossi, Scalfarotto, Schirò, Siani, Ungaro, Viscomi, Gariglio, Sensi, Incerti».


      La Camera,
          premesso che:
              il 54 per cento della popolazione mondiale vive in aree urbane, una percentuale che dovrebbe aumentare fino al 66 per cento entro il 2050. Le proiezioni mostrano che l'urbanizzazione combinata con la crescita globale della popolazione mondiale potrebbe aggiungere altri 2,5 miliardi di persone alle popolazioni urbane entro il 2050, con quasi il 90 per cento dell'aumento concentrato in Asia e Africa, secondo un rapporto delle Nazioni Unite;
              la revisione del 2014 del World Urbanization Prospects da parte della divisione popolazione dell'Un Desa rileva che la più grande crescita urbana avverrà in India, Cina e Nigeria. Questi tre Paesi rappresentano il 37 per cento della crescita prevista della popolazione urbana mondiale tra il 2014 e il 2050. Entro il 2050 si prevede che l'India aggiunga 404 milioni di abitanti delle città, Cina 292 milioni e Nigeria 212 milioni;
              la popolazione urbana del mondo è cresciuta rapidamente da 746 milioni nel 1950 a 3,9 miliardi nel 2014. L'Asia, nonostante il suo basso livello di urbanizzazione, ospita il 53 per cento della popolazione urbana mondiale, seguita dall'Europa con il 14 per cento e dall'America Latina e Caraibi con il 13 per cento;
              si prevede che la popolazione urbana mondiale supererà i sei miliardi entro il 2045. Gran parte della prevista crescita urbana avverrà nei Paesi delle regioni in via di sviluppo, in particolare in Africa. Di conseguenza, questi Paesi dovranno affrontare numerose sfide nel soddisfare le esigenze delle popolazioni urbane in crescita, tra cui alloggi, infrastrutture, trasporti, energia e occupazione, nonché servizi di base come l'istruzione e l'assistenza sanitaria;
              la gestione delle aree urbane è diventata, quindi, una delle maggiori e più importanti sfide del 21o secolo. La capacità di realizzare città sostenibili diventa centrale ed è necessario affrontare la questione in maniera strutturale per le implicazioni e gli impatti sociali ed economici che hanno sulla vita di milioni di persone, anche nelle nostre città ed in particolare nelle nostre periferie;
              appare inevitabile, quindi, che il Governo, le regioni e gli enti locali siano chiamati ad impegnarsi ad attuare politiche idonee a garantire che il fenomeno della crescita continua dell'urbanizzazione diventi sostenibile, dal punto di vista ambientale e sociale, evitando che al contrario l'ulteriore involuzione delle periferie lasci spazio ad ulteriore degrado ed esclusione sociale;
              oggi le periferie, in Italia sono, spesso, unicamente luoghi dove si assiste all'abbandono della loro storia e dell'identità, in quanto spesso ambiti urbani dove si perdono, oltre alla identità, forme di cittadinanza inclusive nonché relazioni;
              è del tutto evidente che il tema del riuso o della rigenerazione degli spazi urbani e, in particolare, delle periferie, e a partire da queste, deve entrare nell'agenda politica;
              non è un caso che a partire dalle periferie ma non solo, si assiste al fenomeno capillare di immobili vuoti composti da edifici ex industriali, caserme, case sfitte o invendute, oltre a strutture pubbliche vuote ed abbandonate e, sempre di più, anche spazi del terziario chiusi, uffici e banche;
              il tema del riuso e della rigenerazione delle aree urbane e, in particolare, delle loro periferie, non è relativo solo alle grandi aree urbane, ma riguarda anche piccoli centri;
              lo stato di salute delle nostre città e le condizioni di vita di chi ci vive, in particolare coloro che abitano nelle periferie, inducono all'amara e insostenibile constatazione della presenza di parchi e giardini pubblici in condizioni di degrado, di quartieri dormitorio e di una inutile cementificazione. Così come si registra l'assenza di servizi adeguati, siano essi riferiti a quelli sociali o alla mobilità, nonché l'assenza di luoghi d'incontro e di socializzazione, soprattutto per i più giovani. Per non dimenticare le scarse opportunità offerte alle attività di impresa e occupazionali;
              a promuovere e praticare percorsi e progetti di rigenerazione, dai singoli edifici ai quartieri, sono soprattutto i cittadini: comitati spontanei, associazioni, cooperative che intendono contrastare situazioni di degrado o rischi di speculazione; raramente questi percorsi partecipativi vedono un adeguato sostegno da parte di Governo e amministrazioni locali;
              la questione delle periferie non può essere affrontata con l'avvio di pur positivi programmi straordinari di interventi nelle periferie. Progettare e promuovere la rigenerazione urbana significa approcciare a questa in maniera strutturale, farla diventare una grande opera, una occasione di inclusione sociale, di riappropriazione degli spazi, di risposta ai bisogni abitativi, di volano occupazionale;
              nei Paesi più avanzati dell'Unione europea le politiche di rigenerazione urbana hanno un carattere strutturale e l'obiettivo di definire progetti di ecoquartieri, con il coinvolgimento diretto degli abitanti; in tale visione le periferie rappresentano e devono rappresentare una risorsa;
              esistono nelle nostre aree urbane e, in particolare, nelle periferie ex fabbriche, immobili cielo-terra, pubblici e privati, ex scuole, ex immobili ad uso non abitativo, ex caserme che oggi non hanno più le funzioni originarie in quanto fuori dal contesto odierno anche economico, luoghi inutili per i loro fini originari ma che possono diventare occasione di innalzamento della qualità della vita, di coesione sociale, di risposta al fabbisogno sociale reale;
              il degrado, la riduzione, se non l'azzeramento, di servizi essenziali, dall'abitativo a basso costo, al sociale, al culturale, al sanitario, e la contestuale assenza di pianificazione e anche del minimo ascolto da parte delle istituzioni anche di prossimità hanno dato vita a contesti di illegalità e di esclusione che pesano enormemente sulle condizioni di vita nelle periferie;
              non è un caso che le periferie delle nostre aree urbane ma anche nelle aree svantaggiate e nei comuni oggetto di abbandono da parte dei giovani, sono i contesti in cui vi è la maggiore presenza di giovani disoccupati, inoccupati e demotivati, di nuclei familiari sotto la soglia di povertà per i quali anche interventi come il reddito di cittadinanza rappresentano un effetto placebo o di riduzione del danno, ma che non incidono e non cambiano le loro condizioni di vita;
              nelle aree urbane e non solo nelle grandi aree urbane si è passati da una cementificazione del territorio massiva con una presenza di immobili in eccesso, alla situazione attuale in cui si trovano luoghi e immobili di vita, sociali e di lavoro senza persone. Non a caso dal 1948 al 2000 si è assistito ad una urbanizzazione cresciuta del 400 per cento, mentre la popolazione è cresciuta solo del 27 per cento;
              oggi in Italia si registra la presenza di un patrimonio immobiliare di sei milioni di beni, tra questi abitazioni e immobili pubblici, «parapubblici» e privati, come ex fabbriche, siti industriali dismessi, ex scuole, ex asili, cinema e teatri vuoti, case del Popolo, ospedali, stazioni dismesse, case cantoniere, beni confiscati alla mafia;
              per affrontare i gravi problemi di marginalizzazione sociale e di degrado urbanistico ed edilizio, della carenza e della scarsa qualità di spazi aperti e attrezzature collettive, della insufficiente integrazione dei servizi agli abitanti, che sono alla base dell'affermarsi di atti illegali e di crescita della criminalità, non serve parlare di sicurezza e legalità in termini astratti, bisogna operare sulle e nelle periferie per farle diventare non estranee al centro urbano, né ai margini, ma un volano di riscatto sociale, economico e occupazionale;
              le periferie non devono essere o rimanere solo luoghi o contenitori di immigrati e delle fasce di abitanti più vulnerabili che esprimono anche livelli di illegalità, e sono terreno fertile per le reti e le organizzazioni criminali;
              il tessuto sociale così degradato nelle periferie e l'assenza di risposte concrete al fabbisogno reale di servizi sociali, abitazioni e di occupazione diventano anche terreno fertile per intolleranza e razzismo, in una assurda contrapposizione tra poveri italiani e immigrati che hanno ed esprimono gli stessi bisogni;
              le aree urbane diventeranno solidali ed inclusive solo se con programmi adeguati e interventi di rigenerazione slegati da impostazioni speculative saranno capaci di far diventare, a tutti gli effetti, le periferie parte dell'area urbana stessa e non solo contigua e ricettacolo di esclusione sociale e marginalizzazione, quindi con pieni diritti di cittadinanza;
              il pur positivo programma straordinario di intervento per la qualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo, con il suo iter non omogeneo fatto di interventi legislativi che si sono sovrapposti, ha dimostrato come i programmi sulle periferie vengano ancora approcciati senza la necessaria coerenza e continuità e questo ha comportato ritardi e sottovalutazioni,

impegna il Governo:

1)    ad assumere la questione delle periferie delle aree urbane e della necessità di programmi di rigenerazione urbana, nonché del riuso degli immobili inutilizzati pubblici e privati da finalizzare ad uso abitativo, sociale, culturale, socio-sanitario, in quanto interventi di contrasto al degrado, come strategica e strutturale, adottando tutte le iniziative di carattere programmatico e finanziario necessarie, nonché le opportune iniziative normative;

2)    a prevedere già nel disegno di legge di bilancio per il 2020 una postazione di bilancio, almeno decennale, a sostegno dei programmi di regioni e comuni finalizzati alla rigenerazione delle periferie a partire prioritariamente dal riuso degli immobili pubblici e privati, nonché delle aree dismesse, anche come forma efficace di contrasto al consumo del suolo, attraverso un piano di recupero, di intesa con le regioni e i comuni, di immobili da destinare prioritariamente ad edilizia residenziale pubblica, ovvero alla locazione a costi sostenibili, anche in relazione alle esigenze di studenti fuorisede e giovani coppie, ovvero ad uso sociale, culturale e sanitario, avente come obiettivo la coesione sociale e il contrasto alla povertà, assumendo la rigenerazione urbana anche come volano occupazionale;

3)    ad avviare un piano nazionale di riconversione energetica nell'ambito della rigenerazione urbana, nonché ad adottare iniziative per la riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica tramite interventi di risparmio energetico e di contrasto alla povertà energetica;

4)    a prevedere, d'intesa con la Conferenza delle regioni e con l'Anci, forme effettive di coinvolgimento e percorsi partecipativi nei programmi di rigenerazione urbana degli abitanti, delle associazioni di abitanti, dei sindacati, delle associazioni di volontariato sociale e ambientalista e delle università;

5)    ad adottare iniziative per prevedere l'esclusione dal patto di stabilità di investimenti, da parte di regioni e comuni, per la rigenerazione urbana, basati sul riuso dell'esistente finalizzato a rispondere al fabbisogno abitativo di edilizia residenziale pubblica, sociale nonché culturale, che contrastino l'esclusione sociale e il degrado nelle periferie delle aree urbane.
(1-00223) «Muroni, Fassina, Fornaro, Pastorino».


      La Camera,
          premesso che:
              il 54 per cento della popolazione mondiale vive in aree urbane, una percentuale che dovrebbe aumentare fino al 66 per cento entro il 2050. Le proiezioni mostrano che l'urbanizzazione combinata con la crescita globale della popolazione mondiale potrebbe aggiungere altri 2,5 miliardi di persone alle popolazioni urbane entro il 2050, con quasi il 90 per cento dell'aumento concentrato in Asia e Africa, secondo un rapporto delle Nazioni Unite;
              la revisione del 2014 del World Urbanization Prospects da parte della divisione popolazione dell'Un Desa rileva che la più grande crescita urbana avverrà in India, Cina e Nigeria. Questi tre Paesi rappresentano il 37 per cento della crescita prevista della popolazione urbana mondiale tra il 2014 e il 2050. Entro il 2050 si prevede che l'India aggiunga 404 milioni di abitanti delle città, Cina 292 milioni e Nigeria 212 milioni;
              la popolazione urbana del mondo è cresciuta rapidamente da 746 milioni nel 1950 a 3,9 miliardi nel 2014. L'Asia, nonostante il suo basso livello di urbanizzazione, ospita il 53 per cento della popolazione urbana mondiale, seguita dall'Europa con il 14 per cento e dall'America Latina e Caraibi con il 13 per cento;
              si prevede che la popolazione urbana mondiale supererà i sei miliardi entro il 2045. Gran parte della prevista crescita urbana avverrà nei Paesi delle regioni in via di sviluppo, in particolare in Africa. Di conseguenza, questi Paesi dovranno affrontare numerose sfide nel soddisfare le esigenze delle popolazioni urbane in crescita, tra cui alloggi, infrastrutture, trasporti, energia e occupazione, nonché servizi di base come l'istruzione e l'assistenza sanitaria;
              la gestione delle aree urbane è diventata, quindi, una delle maggiori e più importanti sfide del 21o secolo. La capacità di realizzare città sostenibili diventa centrale ed è necessario affrontare la questione in maniera strutturale per le implicazioni e gli impatti sociali ed economici che hanno sulla vita di milioni di persone, anche nelle nostre città ed in particolare nelle nostre periferie;
              appare inevitabile, quindi, che il Governo, le regioni e gli enti locali siano chiamati ad impegnarsi ad attuare politiche idonee a garantire che il fenomeno della crescita continua dell'urbanizzazione diventi sostenibile, dal punto di vista ambientale e sociale, evitando che al contrario l'ulteriore involuzione delle periferie lasci spazio ad ulteriore degrado ed esclusione sociale;
              oggi le periferie, in Italia sono, spesso, unicamente luoghi dove si assiste all'abbandono della loro storia e dell'identità, in quanto spesso ambiti urbani dove si perdono, oltre alla identità, forme di cittadinanza inclusive nonché relazioni;
              è del tutto evidente che il tema del riuso o della rigenerazione degli spazi urbani e, in particolare, delle periferie, e a partire da queste, deve entrare nell'agenda politica;
              non è un caso che a partire dalle periferie ma non solo, si assiste al fenomeno capillare di immobili vuoti composti da edifici ex industriali, caserme, case sfitte o invendute, oltre a strutture pubbliche vuote ed abbandonate e, sempre di più, anche spazi del terziario chiusi, uffici e banche;
              il tema del riuso e della rigenerazione delle aree urbane e, in particolare, delle loro periferie, non è relativo solo alle grandi aree urbane, ma riguarda anche piccoli centri;
              lo stato di salute delle nostre città e le condizioni di vita di chi ci vive, in particolare coloro che abitano nelle periferie, inducono all'amara e insostenibile constatazione della presenza di parchi e giardini pubblici in condizioni di degrado, di quartieri dormitorio e di una inutile cementificazione. Così come si registra l'assenza di servizi adeguati, siano essi riferiti a quelli sociali o alla mobilità, nonché l'assenza di luoghi d'incontro e di socializzazione, soprattutto per i più giovani. Per non dimenticare le scarse opportunità offerte alle attività di impresa e occupazionali;
              a promuovere e praticare percorsi e progetti di rigenerazione, dai singoli edifici ai quartieri, sono soprattutto i cittadini: comitati spontanei, associazioni, cooperative che intendono contrastare situazioni di degrado o rischi di speculazione; raramente questi percorsi partecipativi vedono un adeguato sostegno da parte di Governo e amministrazioni locali;
              la questione delle periferie non può essere affrontata con l'avvio di pur positivi programmi straordinari di interventi nelle periferie. Progettare e promuovere la rigenerazione urbana significa approcciare a questa in maniera strutturale, farla diventare una grande opera, una occasione di inclusione sociale, di riappropriazione degli spazi, di risposta ai bisogni abitativi, di volano occupazionale;
              nei Paesi più avanzati dell'Unione europea le politiche di rigenerazione urbana hanno un carattere strutturale e l'obiettivo di definire progetti di ecoquartieri, con il coinvolgimento diretto degli abitanti; in tale visione le periferie rappresentano e devono rappresentare una risorsa;
              esistono nelle nostre aree urbane e, in particolare, nelle periferie ex fabbriche, immobili cielo-terra, pubblici e privati, ex scuole, ex immobili ad uso non abitativo, ex caserme che oggi non hanno più le funzioni originarie in quanto fuori dal contesto odierno anche economico, luoghi inutili per i loro fini originari ma che possono diventare occasione di innalzamento della qualità della vita, di coesione sociale, di risposta al fabbisogno sociale reale;
              il degrado, la riduzione, se non l'azzeramento, di servizi essenziali, dall'abitativo a basso costo, al sociale, al culturale, al sanitario, e la contestuale assenza di pianificazione e anche del minimo ascolto da parte delle istituzioni anche di prossimità hanno dato vita a contesti di illegalità e di esclusione che pesano enormemente sulle condizioni di vita nelle periferie;
              non è un caso che le periferie delle nostre aree urbane ma anche nelle aree svantaggiate e nei comuni oggetto di abbandono da parte dei giovani, sono i contesti in cui vi è la maggiore presenza di giovani disoccupati, inoccupati e demotivati, di nuclei familiari sotto la soglia di povertà per i quali anche interventi come il reddito di cittadinanza rappresentano un effetto placebo o di riduzione del danno, ma che non incidono e non cambiano le loro condizioni di vita;
              nelle aree urbane e non solo nelle grandi aree urbane si è passati da una cementificazione del territorio massiva con una presenza di immobili in eccesso, alla situazione attuale in cui si trovano luoghi e immobili di vita, sociali e di lavoro senza persone. Non a caso dal 1948 al 2000 si è assistito ad una urbanizzazione cresciuta del 400 per cento, mentre la popolazione è cresciuta solo del 27 per cento;
              oggi in Italia si registra la presenza di un patrimonio immobiliare di sei milioni di beni, tra questi abitazioni e immobili pubblici, «parapubblici» e privati, come ex fabbriche, siti industriali dismessi, ex scuole, ex asili, cinema e teatri vuoti, case del Popolo, ospedali, stazioni dismesse, case cantoniere, beni confiscati alla mafia;
              per affrontare i gravi problemi di marginalizzazione sociale e di degrado urbanistico ed edilizio, della carenza e della scarsa qualità di spazi aperti e attrezzature collettive, della insufficiente integrazione dei servizi agli abitanti, che sono alla base dell'affermarsi di atti illegali e di crescita della criminalità, non serve parlare di sicurezza e legalità in termini astratti, bisogna operare sulle e nelle periferie per farle diventare non estranee al centro urbano, né ai margini, ma un volano di riscatto sociale, economico e occupazionale;
              le periferie non devono essere o rimanere solo luoghi o contenitori di immigrati e delle fasce di abitanti più vulnerabili che esprimono anche livelli di illegalità, e sono terreno fertile per le reti e le organizzazioni criminali;
              il tessuto sociale così degradato nelle periferie e l'assenza di risposte concrete al fabbisogno reale di servizi sociali, abitazioni e di occupazione diventano anche terreno fertile per intolleranza e razzismo, in una assurda contrapposizione tra poveri italiani e immigrati che hanno ed esprimono gli stessi bisogni;
              le aree urbane diventeranno solidali ed inclusive solo se con programmi adeguati e interventi di rigenerazione slegati da impostazioni speculative saranno capaci di far diventare, a tutti gli effetti, le periferie parte dell'area urbana stessa e non solo contigua e ricettacolo di esclusione sociale e marginalizzazione, quindi con pieni diritti di cittadinanza,

impegna il Governo:

1)    ad assumere la questione delle periferie delle aree urbane e della necessità di programmi di rigenerazione urbana, nonché del riuso degli immobili inutilizzati pubblici e privati da finalizzare ad uso abitativo, sociale, culturale, socio-sanitario, in quanto interventi di contrasto al degrado, come strategica e strutturale, adottando tutte le iniziative di carattere programmatico e finanziario necessarie, nonché le opportune iniziative normative;

2)    a prevedere già nel disegno di legge di bilancio per il 2020 una postazione di bilancio, almeno decennale, a sostegno dei programmi di regioni e comuni finalizzati alla rigenerazione delle periferie a partire prioritariamente dal riuso degli immobili pubblici e privati, nonché delle aree dismesse, anche come forma efficace di contrasto al consumo del suolo, attraverso un piano di recupero, di intesa con le regioni e i comuni, di immobili da destinare prioritariamente ad edilizia residenziale pubblica, ovvero alla locazione a costi sostenibili, anche in relazione alle esigenze di studenti fuorisede e giovani coppie, ovvero ad uso sociale, culturale e sanitario, avente come obiettivo la coesione sociale e il contrasto alla povertà, assumendo la rigenerazione urbana anche come volano occupazionale;

3)    ad avviare un piano nazionale di riconversione energetica nell'ambito della rigenerazione urbana, nonché ad adottare iniziative per la riqualificazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica tramite interventi di risparmio energetico e di contrasto alla povertà energetica;

4)    a prevedere, d'intesa con la Conferenza delle regioni e con l'Anci, forme effettive di coinvolgimento e percorsi partecipativi nei programmi di rigenerazione urbana degli abitanti, delle associazioni di abitanti, dei sindacati, delle associazioni di volontariato sociale e ambientalista e delle università;

5)    ad adottare iniziative per favorire la rigenerazione urbana, basate sul riuso dell'esistente finalizzato a rispondere al fabbisogno abitativo di edilizia residenziale pubblica, sociale nonché culturale, che contrastino l'esclusione sociale e il degrado nelle periferie delle aree urbane.
(1-00223)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Muroni, Fassina, Fornaro, Pastorino».


      La Camera,
          premesso che:
              l'allarme sociale rappresentato dal degrado delle periferie, tema ampiamente trattato nella XVII legislatura attraverso la Commissione d'inchiesta monocamerale, non ha ancora trovato una soluzione adeguata e i dati recenti evidenziano che il problema è congenito e lontano dall'essere risolto;
              la relazione conclusiva approvata dalla citata Commissione monocamerale nel dicembre 2017 propose alcune strategie e strumenti necessari a porre rimedi sensibili. Nello specifico è stata individuata, tra l'altro, la prospettiva della rigenerazione urbana, ossia l'insieme dei «programmi complessi che privilegiano l'intervento in comprensori già costruiti al fine di rendere vivibile e sostenibile lo spazio urbano, di soddisfare la domanda abitativa e di servizi, di accrescere l'occupazione e migliorare la struttura produttiva metropolitana, di rassicurare la maggior parte della popolazione che risiede proprio nelle aree periferiche», evidenziando parallelamente la necessità di realizzare piani ambiziosi di sostituzione edilizia sul modello degli interventi avvenuti negli ultimi venti anni in diverse città europee, soprattutto francesi;
              la Commissione fece un buon lavoro indicando le prime iniziative per accrescere la vivibilità dei quartieri periferici e la sicurezza dei cittadini, quali l'utilizzo di tutte le forme di sicurezza passiva, attraverso le tecnologie appropriate; l'integrazione delle politiche per la sicurezza a piani di lotta al degrado; la promozione di politiche attive di assistenza sociale, anche attraverso il volontariato, e di lavoro;
              i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono non comprensibili le motivazioni di economicità nella costituzione di nuove commissioni, poste dalla maggioranza alla base della mancata istituzione della Commissione bicamerale di inchiesta richiesta da diverse forze politiche anche in questa legislatura, anche alla luce di dati tutt'altro che rassicuranti legati alla non sopita tendenza al degrado delle aree di margine delle città;
              secondo recenti stime Eurostat, l'83 per cento della popolazione delle aree metropolitane europee vive in periferia; nelle grandi città italiane ci sono 15 milioni di persone che abitano le cosiddette «aree di confine». Si tratta di territori popolati da una moltitudine di persone che chiedono un sostanziale miglioramento della qualità della vita, l'individuazione di «una seconda possibilità» attraverso la realizzazione di scuole, parrocchie, impianti sportivi, centri culturali e luoghi di socialità, costruzione di opportunità di lavoro e, nei casi più complessi, attraverso la realizzazione di nuovi quartieri compatti e multifunzionali;
              l'importanza del lavoro di mediazione svolto da istituzioni ed enti locali è emerso anche nei recenti fatti di cronaca, di Torre Maura e Casal Bruciato a Roma, dove, sono state impedite rivolte sociali fomentate ad arte, ma non sono state eliminate le cause del disagio diffuso che fa emergere la sensazione di un abbandono da parte delle istituzioni dei cittadini socialmente più deboli e poveri, mettendoli in competizione con altre categorie non adeguatamente trattate dal sistema, nomadi in testa. Queste vicende hanno evidenziato i rischi che si corrono a sottovalutare il tema della marginalità sociale;
              anche i dati di Federcasa sono da soli esaustivi a ribadire il problema residenziale, rappresentato da una parte da circa 650 mila famiglie in possesso dei requisiti che hanno presentato domanda per un alloggio pubblico e dall'altra da 49 mila abitazioni dell'edilizia residenziale pubblica – pari al 6,4 per cento dell'intero patrimonio, occupate abusivamente e spesso sede di attività illegali quando non criminali, come lo spaccio di stupefacenti, la ricettazione, lo sfruttamento della prostituzione, l'organizzazione della tratta di immigrati, episodi acclarati dalle recenti drammatiche storie di cronaca;
              tutte problematiche evidenziate in ben quattordici città metropolitane (Genova, Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Messina, Catania e Cagliari), in cui Roma detiene il primato delle periferie più popolate, seguita da Torino, Milano e Napoli;
              ulteriore criticità fin qui irrisolta è costituita dai campi nomadi e da tutto il «sottostato» di popolazione non censita rappresentata dagli immigrati irregolari che non ottengono lo status di rifugiato, ma non vengono rimpatriati. Si tratta del 10 per cento circa dei sei milioni dei residenti regolari, che operano nella illegalità e che sono per tanto fonte di conflitto sociale nelle periferie, dove trovano il loro habitat per ragioni socio- economiche e culturali;
              anche per questi motivi i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono d'importanza sostanziale la riqualificazione del territorio, messa a dura prova dall'assenza di fondi e dalla stretta sui finanziamenti ai comuni operata negli ultimi due decenni, con conseguenza devastanti. Fortunatamente, il previsto congelamento per il 2019 delle risorse destinate al programma straordinario per le periferie urbane, non è stato attuato e la manovra di bilancio 2019 ha disposto che le convenzioni in essere con 96 enti beneficiari (successivi ai primi 24) possano produrre effetti finanziari dal 2019;
              nella legge di bilancio è stata autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per il 2019 per interventi, da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali, di riqualificazione e recupero delle periferie urbane, con particolare riguardo alle città metropolitane e ai comuni capoluogo di provincia;
              tuttavia, alcuni comuni capoluogo che hanno stipulato le convenzioni nell'ambito del programma di riqualificazione delle periferie urbane, convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  148 del 27 giugno 2017, nonché delle delibere del Cipe 2/2017 del 3 marzo 2017 e n.  72/2017 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n.  232, si trovano nella necessità di dover rimodulare gli interventi indicati;
              rientra nella necessità di una riqualificazione delle aree urbane la salvaguardia e la tutela del carattere distintivo del «genio italiano», dell'architettura classica e dell'architettura tradizionale, nella prospettiva della conservazione del patrimonio culturale tipico dell'identità italiana attraverso la riconfigurazione delle periferie dissestate con progetti di rigenerazione urbana organica, con la reintroduzione dei concetti di città compatta, multifunzionale, organizzata intorno alle esigenze primarie della persona e della famiglia, a iniziare dalla possibilità di raggiungere a piedi i principali luoghi del proprio quartiere: servizi, scuole, commissariato di polizia o caserma carabinieri, municipio o uffici pubblici, chiesa e luoghi di culto, teatro, cinema, centro sportivo, eccetera;
              il processo di riqualificazione delle aree urbane ed extraurbane rientra in una tendenza culturale e politica consolidata in Europa e in Occidente, con l'introduzione di elementi fondamentali per realizzare la città sostenibile ed ecocompatibile, all'insegna della sicurezza sismica, del risparmio energetico, della bio architettura, della città compatta e multifunzionale, del ritorno alla bellezza e all'identità dei luoghi e degli stili, elementi che necessitano il superamento del concetto dirigista e obsoleto della zonizzazione,

impegna il Governo:

1)    ad adottare iniziative per prevedere modalità di riprogrammazione degli interventi previsti per i comuni nell'ambito del programma straordinario per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, garantendo negli anni la continuità degli investimenti per il recupero e la riqualificazione delle periferie italiane;

2)    a incrementare le risorse stanziate per la riqualificazione dei tessuti urbani marginali anche attraverso il coinvolgimento dei privati e l'intercettazione virtuosa dei relativi investimenti, con politiche urbanistiche che prevedano la premialità di cubatura in cambio della demolizione di quartieri malsani, insalubri e irrecuperabili e della realizzazione di servizi primari e secondari per migliorare in tempi rapidi la qualità della vita dei cittadini;

3)    ad adottare iniziative per ricostruire e dare nuova vitalità all'immenso patrimonio culturale nazionale, trasformando le periferie da luoghi di abbandono e degrado a quartieri con un'identità tale da sviluppare un adeguato senso d'appartenenza e immedesimazione che produca radicamento e cura del bene comune, contrastando i fenomeni dell'abusivismo, delle occupazioni, dell'illegalità;

4)    a promuovere l'attivazione di procedimenti di sostituzione edilizia, anche in collaborazione con soggetti privati, volti a eliminare quegli «ecomostri» figli del boom demografico e del trasferimento compulsivo di funzioni sociali ed economiche nelle grandi città;

5)    a ridefinire un programma per l'edilizia residenziale pubblica e sociale, individuando nuovi finanziamenti e adottando tutte le iniziative necessarie a combattere, uniformemente su tutto il territorio nazionale, quanti occupano e gestiscono abusivamente immobili;

6)    a promuovere ogni iniziativa necessaria alla riqualificazione del territorio attraverso strategie di adattamento ai cambiamenti climatici e di valorizzazione del verde pubblico e della biodiversità, alla realizzazione di foreste urbane tese a migliorare il microclima, alla trasformazione degli edifici in costruzioni antisismiche e di bioarchitettura rispettose dei parametri di risparmio energetico;

7)    a favorire misure di lotta all'esclusione e alla marginalità sociale, potenziando il capitale sociale delle periferie attraverso interventi di riqualificazione e cura degli spazi pubblici e di coinvolgimento attivo di cittadini, associazioni, comitati;

8)    a salvaguardare e valorizzare l'architettura classica e l'architettura tradizionale, nella prospettiva della conservazione del patrimonio architettonico italiano e della promozione di un nuovo rinascimento urbano ispirato alla salvaguardia dello spirito creativo italiano;

9)    a incentivare operazioni di rigenerazione urbana organica concepite all'insegna della promozione del «genio urbanistico italiano» secondo la sua millenaria esperienza dimostrata anche dalla fondazione di nuove città riconosciute in tutto il mondo come ambienti qualificati in cui vivere e promuovere lo sviluppo sociale ed economico;

10)    a incentivare in forma graduale l'attivazione di procedimenti di sostituzione edilizia, da parte di soggetti pubblici, privati e pubblico/privato volti ad eliminare quella parte di patrimonio edilizio degradato e privo di qualità che caratterizza le periferie italiane, con il fine di ricostruire con criteri di sostenibilità energetica, sicurezza antisismica e qualità architettonica, prevedendo a tal fine che gli incentivi, in termini di cubatura e fiscali, improntati al raggiungimento della sostenibilità economica, siano proporzionali allo stato di degrado ante operam, questo al fine di non rendere sostenibili solo gli interventi nelle aree dove sono più elevati i valori di mercato;

11)    ad adottare iniziative per liberare, bonificare e recuperare le aree degradate dove sono collocati i campi nomadi, con chiare e trasparenti politiche di soluzione dei problemi d'illegalità legati anche alla raccolta e al trattamento dei rifiuti attraverso la loro combustione e l'introduzione nella filiera commerciale e industriale;

12)    a promuovere veri strumenti di partecipazione di tutti i portatori di interessi (residenti, commercianti, lavoratori, imprenditori, amministrazioni e altri) su tutti i più rilevanti piani, programmi e progetti, con il fine di giungere ad interventi condivisi, seguendo procedure di evidenza pubblica e di contraddittorio già collaudate in altre nazioni occidentali;

13)    a favorire interventi di trasformazione urbana improntati alla rigenerazione, i cui limiti spesso sono dati dall'elevato frazionamento della proprietà immobiliare, in sinergia con i grandi proprietari di patrimoni immobiliari pubblici e privati (Ater, casse di previdenza, Inpgi e altri);

14)    a varare un piano per la riqualificazione della più grande e degradata periferia italiana, quella romana, con lo scopo di rendere la Capitale d'Italia competitiva con le altre capitali europee, profondamente trasformate e rigenerate negli ultimi vent'anni fino a rappresentare un valore percentuale indispensabile per il prodotto interno lordo nazionale, anche con il superamento della normativa urbanistica vigente e del relativo concetto obsoleto di zonizzazione.
(1-00225) «Lollobrigida, Meloni, Rampelli, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».


      La Camera,
          premesso che:
              l'allarme sociale rappresentato dal degrado delle periferie, tema ampiamente trattato nella XVII legislatura attraverso la Commissione d'inchiesta monocamerale, non ha ancora trovato una soluzione adeguata e i dati recenti evidenziano che il problema è congenito e lontano dall'essere risolto;
              la relazione conclusiva approvata dalla citata Commissione monocamerale nel dicembre 2017 propose alcune strategie e strumenti necessari a porre rimedi sensibili. Nello specifico è stata individuata, tra l'altro, la prospettiva della rigenerazione urbana, ossia l'insieme dei «programmi complessi che privilegiano l'intervento in comprensori già costruiti al fine di rendere vivibile e sostenibile lo spazio urbano, di soddisfare la domanda abitativa e di servizi, di accrescere l'occupazione e migliorare la struttura produttiva metropolitana, di rassicurare la maggior parte della popolazione che risiede proprio nelle aree periferiche», evidenziando parallelamente la necessità di realizzare piani ambiziosi di sostituzione edilizia sul modello degli interventi avvenuti negli ultimi venti anni in diverse città europee, soprattutto francesi;
              la Commissione fece un buon lavoro indicando le prime iniziative per accrescere la vivibilità dei quartieri periferici e la sicurezza dei cittadini, quali l'utilizzo di tutte le forme di sicurezza passiva, attraverso le tecnologie appropriate; l'integrazione delle politiche per la sicurezza a piani di lotta al degrado; la promozione di politiche attive di assistenza sociale, anche attraverso il volontariato, e di lavoro;
              secondo recenti stime Eurostat, l'83 per cento della popolazione delle aree metropolitane europee vive in periferia; nelle grandi città italiane ci sono 15 milioni di persone che abitano le cosiddette «aree di confine». Si tratta di territori popolati da una moltitudine di persone che chiedono un sostanziale miglioramento della qualità della vita, l'individuazione di «una seconda possibilità» attraverso la realizzazione di scuole, parrocchie, impianti sportivi, centri culturali e luoghi di socialità, costruzione di opportunità di lavoro e, nei casi più complessi, attraverso la realizzazione di nuovi quartieri compatti e multifunzionali;
              l'importanza del lavoro di mediazione svolto da istituzioni ed enti locali è emerso anche nei recenti fatti di cronaca, di Torre Maura e Casal Bruciato a Roma, dove, sono state impedite rivolte sociali fomentate ad arte, ma non sono state eliminate le cause del disagio diffuso che fa emergere la sensazione di un abbandono da parte delle istituzioni dei cittadini socialmente più deboli e poveri, mettendoli in competizione con altre categorie non adeguatamente trattate dal sistema, nomadi in testa. Queste vicende hanno evidenziato i rischi che si corrono a sottovalutare il tema della marginalità sociale;
              anche i dati di Federcasa sono da soli esaustivi a ribadire il problema residenziale, rappresentato da una parte da circa 650 mila famiglie in possesso dei requisiti che hanno presentato domanda per un alloggio pubblico e dall'altra da 49 mila abitazioni dell'edilizia residenziale pubblica – pari al 6,4 per cento dell'intero patrimonio, occupate abusivamente e spesso sede di attività illegali quando non criminali, come lo spaccio di stupefacenti, la ricettazione, lo sfruttamento della prostituzione, l'organizzazione della tratta di immigrati, episodi acclarati dalle recenti drammatiche storie di cronaca;
              tutte problematiche evidenziate in ben quattordici città metropolitane (Genova, Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Messina, Catania e Cagliari), in cui Roma detiene il primato delle periferie più popolate, seguita da Torino, Milano e Napoli;
              ulteriore criticità fin qui irrisolta è costituita dai campi nomadi e da tutto il «sottostato» di popolazione non censita rappresentata dagli immigrati irregolari che non ottengono lo status di rifugiato, ma non vengono rimpatriati. Si tratta del 10 per cento circa dei sei milioni dei residenti regolari, che operano nella illegalità e che sono per tanto fonte di conflitto sociale nelle periferie, dove trovano il loro habitat per ragioni socio- economiche e culturali;
              anche per questi motivi i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono d'importanza sostanziale la riqualificazione del territorio, messa a dura prova dall'assenza di fondi e dalla stretta sui finanziamenti ai comuni operata negli ultimi due decenni, con conseguenza devastanti. Fortunatamente, il previsto congelamento per il 2019 delle risorse destinate al programma straordinario per le periferie urbane, non è stato attuato e la manovra di bilancio 2019 ha disposto che le convenzioni in essere con 96 enti beneficiari (successivi ai primi 24) possano produrre effetti finanziari dal 2019;
              nella legge di bilancio è stata autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per il 2019 per interventi, da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali, di riqualificazione e recupero delle periferie urbane, con particolare riguardo alle città metropolitane e ai comuni capoluogo di provincia;
              tuttavia, alcuni comuni capoluogo che hanno stipulato le convenzioni nell'ambito del programma di riqualificazione delle periferie urbane, convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  148 del 27 giugno 2017, nonché delle delibere del Cipe 2/2017 del 3 marzo 2017 e n.  72/2017 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n.  232, si trovano nella necessità di dover rimodulare gli interventi indicati;
              rientra nella necessità di una riqualificazione delle aree urbane la salvaguardia e la tutela del carattere distintivo del «genio italiano», dell'architettura classica e dell'architettura tradizionale, nella prospettiva della conservazione del patrimonio culturale tipico dell'identità italiana attraverso la riconfigurazione delle periferie dissestate con progetti di rigenerazione urbana organica, con la reintroduzione dei concetti di città compatta, multifunzionale, organizzata intorno alle esigenze primarie della persona e della famiglia, a iniziare dalla possibilità di raggiungere a piedi i principali luoghi del proprio quartiere: servizi, scuole, commissariato di polizia o caserma carabinieri, municipio o uffici pubblici, chiesa e luoghi di culto, teatro, cinema, centro sportivo, eccetera;
              il processo di riqualificazione delle aree urbane ed extraurbane rientra in una tendenza culturale e politica consolidata in Europa e in Occidente, con l'introduzione di elementi fondamentali per realizzare la città sostenibile ed ecocompatibile, all'insegna della sicurezza sismica, del risparmio energetico, della bio architettura, della città compatta e multifunzionale, del ritorno alla bellezza e all'identità dei luoghi e degli stili, elementi che necessitano il superamento del concetto dirigista e obsoleto della zonizzazione,

impegna il Governo:

1)    ad adottare iniziative per prevedere modalità di riprogrammazione degli interventi previsti per i comuni nell'ambito del programma straordinario per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, garantendo negli anni la continuità degli investimenti per il recupero e la riqualificazione delle periferie italiane;

2)    a incrementare le risorse stanziate per la riqualificazione dei tessuti urbani marginali anche attraverso il coinvolgimento dei privati;

3)    ad adottare iniziative per ricostruire e dare nuova vitalità all'immenso patrimonio culturale nazionale, trasformando le periferie da luoghi di abbandono e degrado a quartieri con un'identità tale da sviluppare un adeguato senso d'appartenenza e immedesimazione che produca radicamento e cura del bene comune, contrastando i fenomeni dell'abusivismo, delle occupazioni, dell'illegalità;

4)    a promuovere l'attivazione di procedimenti di sostituzione edilizia, anche in collaborazione con soggetti privati, volti a eliminare quegli «ecomostri» figli del boom demografico e del trasferimento compulsivo di funzioni sociali ed economiche nelle grandi città;

5)    a ridefinire un programma per l'edilizia residenziale pubblica e sociale, individuando nuovi finanziamenti e adottando tutte le iniziative necessarie a combattere, uniformemente su tutto il territorio nazionale, quanti occupano e gestiscono abusivamente immobili;

6)    a promuovere ogni iniziativa necessaria alla riqualificazione del territorio attraverso strategie di adattamento ai cambiamenti climatici e di valorizzazione del verde pubblico e della biodiversità, alla realizzazione di foreste urbane tese a migliorare il microclima, alla trasformazione degli edifici in costruzioni antisismiche e di bioarchitettura rispettose dei parametri di risparmio energetico;

7)    a favorire misure di lotta all'esclusione e alla marginalità sociale, potenziando il capitale sociale delle periferie attraverso interventi di riqualificazione e cura degli spazi pubblici e di coinvolgimento attivo di cittadini, associazioni, comitati;

8)    a salvaguardare e valorizzare l'architettura classica e l'architettura tradizionale, nella prospettiva della conservazione del patrimonio architettonico italiano e della promozione di un nuovo rinascimento urbano ispirato alla salvaguardia dello spirito creativo italiano;

9)    a incentivare operazioni di rigenerazione urbana organica concepite all'insegna della promozione del «genio urbanistico italiano» secondo la sua millenaria esperienza dimostrata anche dalla fondazione di nuove città riconosciute in tutto il mondo come ambienti qualificati in cui vivere e promuovere lo sviluppo sociale ed economico;

10)    a incentivare in forma graduale l'attivazione di procedimenti di sostituzione edilizia, da parte di soggetti pubblici, privati e pubblico/privato volti ad eliminare quella parte di patrimonio edilizio degradato e privo di qualità che caratterizza le periferie italiane, con il fine di ricostruire con criteri di sostenibilità energetica, sicurezza antisismica e qualità architettonica, prevedendo a tal fine che gli incentivi, in termini di cubatura e fiscali, improntati al raggiungimento della sostenibilità economica, siano proporzionali allo stato di degrado ante operam, questo al fine di non rendere sostenibili solo gli interventi nelle aree dove sono più elevati i valori di mercato;

11)    ad adottare iniziative per liberare, bonificare e recuperare le aree degradate dove sono collocati i campi nomadi, con chiare e trasparenti politiche di soluzione dei problemi d'illegalità legati anche alla raccolta e al trattamento dei rifiuti attraverso la loro combustione e l'introduzione nella filiera commerciale e industriale;

12)    a promuovere veri strumenti di partecipazione di tutti i portatori di interessi (residenti, commercianti, lavoratori, imprenditori, amministrazioni e altri) su tutti i più rilevanti piani, programmi e progetti, con il fine di giungere ad interventi condivisi, seguendo procedure di evidenza pubblica e di contraddittorio già collaudate in altre nazioni occidentali;

13)    a favorire interventi di trasformazione urbana improntati alla rigenerazione, i cui limiti spesso sono dati dall'elevato frazionamento della proprietà immobiliare, in sinergia con i grandi proprietari di patrimoni immobiliari pubblici e privati (Ater, casse di previdenza, Inpgi e altri);

14)    a valutare l'opportunità di varare un piano per la riqualificazione della più grande e degradata periferia italiana, quella romana, con lo scopo di rendere la Capitale d'Italia competitiva con le altre capitali europee, profondamente trasformate e rigenerate negli ultimi vent'anni fino a rappresentare un valore percentuale indispensabile per il prodotto interno lordo nazionale, anche con il superamento della normativa urbanistica vigente e del relativo concetto obsoleto di zonizzazione.
(1-00225)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Lollobrigida, Meloni, Rampelli, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».


      La Camera,
          premesso che:
              le moderne periferie urbane sono definibili come una condizione trasversale che riguarda l'espansione fisica delle città, particolarmente pronunciata negli ultimi due decenni, e che comprende tutte quelle zone più densamente popolate, dove sono riscontrabili fenomeni di degrado, di marginalità, di disagio sociale, di insicurezza e di povertà;
              ogni iniziativa avente l'obiettivo di elevare le condizioni delle periferie deve includere tipologie di azioni diverse attinenti alla riqualificazione territoriale, alle politiche abitative, alle politiche sociali e per la sicurezza;
              una delle strategie di fondo delle politiche urbane è la rigenerazione urbana, ovvero l'insieme di programmi articolati che favoriscano interventi in aree già esistenti al fine di rendere vivibile e sostenibile lo spazio urbano, di rispondere alla domanda abitativa e di servizi, di incrementare l'occupazione e migliorare la struttura produttiva metropolitana, nonché di accrescere la percezione di fiducia e sicurezza della popolazione che risiede nelle medesime aree periferiche;
              a tale riguardo, con particolare riferimento al verde pubblico urbano, la restituzione di parchi e aree verdi alle periferie che presentano una elevata densità edilizia, consente di ridurre fenomeni di inquinamento e congestione, migliorando la qualità sociale e ambientale del contesto urbano;
              in Europa, le linee di azione in corso nelle principali città metropolitane si sviluppano su indirizzi comuni che fanno riferimento alle strategie di Agenda urbana europea 2030, attraverso programmi e finanziamenti nazionali ed europei all'interno dei quali è possibile distinguere l'ormai strettissima relazione tra politiche urbane in senso generale e politiche per la riqualificazione delle periferie;
              in Italia, dove gli squilibri territoriali tra diverse aree del Paese e tra diverse aree urbane del Nord, del Centro e del Sud sono caratterizzanti e si sommano a vecchie e nuove contraddizioni dello sviluppo urbano, è ancora più evidente la necessità di porre in essere strategie trasversali che coinvolgano i diversi livelli di governo;
              la legge di stabilità per il 2015 (legge 23 dicembre 2014, n.  190), all'articolo 1, comma 431, ha istituito il piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate;
              il piano promuove progetti di riqualificazione costituiti da un insieme coordinato di interventi diretti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale;
              le risorse originariamente disponibili per il finanziamento dei progetti selezionati ammontanti a 200 milioni di euro e allocate nel «Fondo per l'attuazione del piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate» presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, sono state prima ridotte e poi nuovamente integrate con successivi provvedimenti (delibera Cipe n.  73 del 7 agosto 2017 e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 dicembre 2017), nonché in attuazione della legge di bilancio per il 2018 (legge 27 dicembre 2017, n.  205);
              a seguito di procedura di selezione indetta con apposito bando, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 giugno 2017, è stata approvata la graduatoria dei progetti ammessi, per un numero pari a 451, e sono stati inseriti nel piano, nell'ordine di punteggio decrescente e tenuto conto delle risorse disponibili, i progetti dal numero 1 al numero 46 della graduatoria;
              il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 giugno 2017 prevede lo scorrimento della graduatoria e la sua apertura per un periodo di tre anni dalla data di approvazione, pertanto, risulterebbero finanziabili, grazie alle ulteriori risorse assegnate, ulteriori progetti secondo l'ordine della graduatoria;
              il «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia» è stato istituito con l'articolo 1, commi da 974 a 978, della legge di bilancio per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n.  208) e da ultimo oggetto di disciplina contenuta nella legge di bilancio per il 2019;
              il programma ha consentito alle città e ai comuni capoluogo di provincia di presentare progetti finalizzati:
                  alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate attraverso la promozione di progetti di miglioramento della qualità del decoro urbano, di manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione delle aree pubbliche e delle strutture edilizie esistenti, rivolti all'accrescimento della sicurezza territoriale e della capacità di resilienza urbana;
                  al potenziamento delle prestazioni urbane anche con riferimento alla mobilità sostenibile;
                  allo sviluppo di pratiche, come quelle del terzo settore e del servizio civile, per l'inclusione sociale e per la realizzazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, anche con riferimento all'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali ed educative promosse da soggetti pubblici e privati;
              nel programma sono stati inclusi 120 progetti, presentati da altrettanti enti e approvati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 dicembre 2016 a seguito della partecipazione di tali enti al bando di gara, per un finanziamento pari a 2.061,3 milioni di euro, di cui 501,9 milioni relativi ai primi 24 progetti della graduatoria e 1 miliardo e 559,4 milioni, necessari per la realizzazione degli altri 96 progetti;
              le risorse economiche per i primi 24 progetti erano state già stanziate nella legge di bilancio per il 2016, mentre le altre risorse finanziarie sono state stanziate con l'articolo 1, commi 140 e 141 della legge di bilancio per il 2017, per effetto dei quali sono intervenute 2 delibere del Cipe nel 2017, a valere sul fondo sviluppo e coesione della programmazione 2014-2020 e il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 maggio 2017 a valere sul Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese;
              nel 2018 è intervenuto l'articolo 13 del decreto-legge 25 luglio 2018, n.  91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2017, n.  108, cosiddetto «Milleproroghe». Tale norma ha tra l'altro differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse con i 96 comuni. Successivamente, in Conferenza unificata, è stato sancito accordo il 18 ottobre 2018 a cui è stato dato seguito con l'approvazione della legge 30 dicembre 2018, n.  145 (legge di bilancio 2019); quest'ultima, all'articolo 1, commi da 913 a 916, ha introdotto elementi di maggiore rigore nell'attuazione del programma, stabilendo che:
                  le convenzioni dei 96 enti successivi ai primi 24, dopo il differimento al 2020 della efficacia in base al decreto- legge «milleproroghe», producono effetti nel corso dell'anno 2019 con riguardo al rimborso delle spese sostenute e certificate dagli enti beneficiari in base al cronoprogramma; è stato introdotto il requisito della necessaria rendicontazione delle spese sostenute per l'attribuzione del finanziamento;
                  le risorse finanziarie derivanti dalle eventuali economie di gestione o comunque realizzate in fase di appalto, o in corso d'opera, nonché quelle costituite dagli eventuali ulteriori residui relativi ai finanziamenti assegnati per la realizzazione dei progetti inseriti nel Programma rimangono acquisite ai Fondi a tale scopo istituiti per essere destinate, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, al finanziamento di spese di investimento dei comuni e delle città metropolitane;
              la Presidenza del Consiglio dei ministri, nel corso di quest'anno, ha proceduto al conseguente adeguamento delle convenzioni dei 96 enti;
              il decreto-legge cosiddetto «sicurezza» n.  113 del 2018 ha disposto, al fine di contenere i diversi fenomeni di degrado urbano e di garantire maggiore sicurezza nelle aree urbane, attraverso la sottoscrizione di accordi tra prefetto ed organizzazioni maggiormente rappresentativi dei pubblici esercenti per prevenire illegalità o pericoli per l'ordine e la sicurezza pubblici, la creazione del fondo per la sicurezza urbana, con una dotazione di 2 milioni di euro per il 2018 e di 5 milioni per ciascun anno 2019 e 2020, destinato a concorrere al finanziamento di iniziative urgenti da parte dei comuni in materia di sicurezza urbana, nonché l'aumento delle risorse per l'installazione di sistemi di videosorveglianza da parte dei comuni;
              una delle linee principali di azione contro il degrado sociale è senz'altro da rinvenirsi nel contrasto alle disuguaglianze nelle periferie che passa attraverso il ruolo che possono rivestire lo sport e la scuola, in modo da attivare un percorso virtuoso che «agganci» i giovani e ne riduca, fino ad impedirle, le deviazioni verso la criminalità e la violenza;
              «sport e periferie» è il fondo istituito nel 2015 dal Governo pro tempore che individua come finalità il potenziamento della pratica sportiva, attraverso il finanziamento: a) della ricognizione di impianti sportivi esistenti sul territorio nazionale; b) della realizzazione e della rigenerazione di impianti sportivi destinati all'attività agonistica nazionale e localizzati nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane; c) della diffusione di attrezzature sportive nelle stesse aree; d) del completamento e dell'adeguamento di impianti sportivi esistenti, destinati all'attività agonistica nazionale e internazionale;
              a ottobre 2018 la Presidenza del Consiglio dei ministri ha approvato il secondo piano pluriennale degli interventi, predisposto dal Coni sulla base di un'indagine condotta su tutto il territorio nazionale, per un valore complessivo di 100 milioni di euro con il quale saranno finanziati 452 interventi localizzati nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane;
              nel novembre 2018, ha inoltre pubblicato il bando per la selezione di interventi da finanziare nell'ambito di sport e periferie per un valore complessivo di euro 72.055.094 milioni, con il quale saranno finanziati 245 interventi;
              nel mese di aprile 2019, il Ministro per il sud ha stanziato 21 milioni di euro – a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, area tematica «Occupazione, inclusione sociale e lotta alla povertà, istruzione e formazione» – per un «Piano straordinario asili nido», destinato alle 7 città metropolitane del Sud e finalizzato alla costruzione di nuovi asili; gli asili nido sono uno di quei casi che maggiormente evidenzia la distanza che separa il Sud dal Centro-Nord: nel Mezzogiorno solo la Sardegna si avvicina al traguardo fissato dall'Europa di garantire asili nido per almeno il 33 per cento dei bambini sotto i 3 anni, tutte le altre regioni sono ben lontane;
              la scuola è da intendersi quale polo di aggregazione per la comunità sociale che si estende nel quartiere di riferimento, al fine di puntare al ridimensionamento dei fenomeni di abbandono, rappresentando allo stesso tempo un luogo di utilità sociale al servizio della comunità, in grado di favorire l'integrazione dei gruppi più deboli e la promozione dell'economia sociale. Tale scopo può essere raggiunto, inoltre, attraverso l'importante contributo dei gruppi già attivi sul territorio, come enti pubblici, soggetti del terzo settore e privati,

impegna il Governo:

1)    a promuovere ulteriormente la realizzazione di politiche integrate per la sicurezza urbana, i cosiddetti patti per la sicurezza, in cui tutti i soggetti istituzionali coinvolti (comuni, province, città metropolitane, regioni, anche a statuto speciale in conformità con gli statuti, e Stato) concorrono alla realizzazione di tale politica, ciascuno nell'ambito delle rispettive competenze e sulla base di specifici accordi regolati dalla legge;

2)    a proseguire nell'attuazione del programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, curando la verifica dell'attuazione del medesimo programma e assicurando, come da disposizioni di legge, la tempestiva riassegnazione delle risorse finanziarie derivanti dalle eventuali economie realizzate, per il finanziamento di spese di investimento dei comuni e delle città metropolitane;

3)    a promuovere interventi finalizzati allo sviluppo del verde pubblico come parchi, giardini e aree boschive, garantendo la loro manutenzione, contestualmente monitorando l'applicazione delle disposizioni della legge 29 gennaio 1992, n.  113, della legge 14 gennaio 2013, n.  10, nonché di tutte le vigenti disposizioni di legge con finalità di incremento del verde pubblico e privato;

4)    a proseguire nell'attuazione del piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate.
(1-00226) «Molinari, D'Uva».


      La Camera,
          premesso che:
              all'interno di uno spazio urbano, le periferie, che comprendono aree della città più o meno densamente popolate, rappresentano la situazione urbanistica e sociale più complessa e talvolta di maggiore criticità;
              oggigiorno le periferie urbane non sono più definibili come luoghi circoscritti ai margini delle aree centrali, ma rappresentano a tutti gli effetti una espansione fisica della stessa città, particolarmente pronunciata negli ultimi due decenni, dove sotto gli occhi di tutti sono riscontrabili fenomeni di degrado, di marginalità, di disagio sociale, di insicurezza e di povertà;
              in tutte le grandi città italiane le scelte architettoniche di pianificazione delle periferie compiute tra gli anni ’70 e ’80 per affrontare l'emergenza abitativa hanno accentuato le problematiche dovute alla fragilità economiche e sociali che si caratterizzano per la presenza di clandestini e per la diffusione di occupazioni abusive e di economia illecita;
              l'edificazione residenziale, spesso priva dei necessari servizi, è la componente principale delle periferie che ha reso particolarmente dinamico il mercato immobiliare residenziale, senza però garantire la presenza di funzioni multiple (innanzitutto i servizi di quartiere) e di quella varietà sociale indispensabile per creare equilibrate comunità urbane;
              la monofunzione residenziale costringe gran parte dei residenti a un pendolarismo lavorativo non sempre supportato da adeguate infrastrutture per la mobilità e l'insediamento periferico non adeguatamente presidiato con servizi pubblici funzionali o istituzionali ha lasciato pericolosi vuoti soggetti al degrado ambientale, all'insediamento criminale, all'abusivismo e ai ricorrenti fenomeni di illegalità;
              le periferie rappresentano, dunque, l'effettiva natura delle grandi città, soggette a fenomeni dirompenti come la longevità, la crisi del ceto medio urbano, il multiculturalismo, il disagio giovanile oltre, naturalmente, agli impatti negativi conseguenti al lungo periodo recessivo che ha determinato un notevole impoverimento soprattutto dei ceti a medio e basso reddito;
              le periferie pur essendo caratterizzate da forti problemi di degrado ed insicurezza, allo stesso tempo, sono i luoghi dove vive e lavora gran parte degli abitanti del nostro Paese: secondo le valutazioni Eurostat riguardanti i livelli di urbanizzazione delle aree vaste, l'83 per cento dei cittadini metropolitani vive in periferia dove è comunque presente una parte importante dell'apparato produttivo e persino circa il 15 per cento delle attrazioni culturali. Nei territori densamente urbanizzati del nostro Paese, infatti, vivono, al di fuori dei centri storici e delle aree centrali oltre 17,4 milioni di residenti;
              le più recenti ricerche sull'evoluzione delle città europee dimostrano che è in atto una nuova stagione di espansione demografica, tanto che, l'Onu calcola che in un orizzonte molto ravvicinato (2025) la popolazione mondiale residente nelle città aumenterà di 65 milioni di abitanti e che, entro il 2030, il 96 per cento della popolazione delle città europee con oltre 300 mila abitanti crescerà demograficamente;
              il dato appena riportato rafforza la convinzione che il tema delle «periferie» tenda a coincidere sempre più con una «questione urbana» complessiva e accresce la necessità di adottare azioni e strategie a medio e lungo termine, oltre a misure immediate, per pianificare strategicamente lo sviluppo urbano nella direzione della qualità, della crescita, della coesione sociale e della sostenibilità;
              a caratterizzare le periferie delle grandi città italiane è la presenza di famiglie disagiate e vulnerabili, di giovani generazioni fuori dai circuiti attivi e occupazionali: secondo dati Istat, il 33,8 per cento dei residenti nei capoluoghi metropolitani vive in quartieri dove c’è una significativa presenza di famiglie con potenziale alto disagio economico. L'incidenza di tali famiglie è variabile fra l'1-3 per cento nel Nord, fino al 4-14 per cento nel Mezzogiorno con punte massime a Napoli, Palermo e Catania;
              il disagio nelle periferie è riscontrabile, soprattutto, nell'accesso al mercato del lavoro che vede forti differenze fra i vari quartieri metropolitani, anche in situazioni tipiche del Centro-nord del Paese dove comunque i tassi di occupazione sono più elevati;
              nello specifico, in più di un terzo dei territori metropolitani è elevata l'incidenza di giovani fra 15 e 29 anni fuori dal mercato del lavoro e fuori dalla formazione (i Neet) con quote più rilevanti nel Centro-Nord che si attestano fra 10-12 per cento, mentre nelle grandi città meridionali il range varia fra 15 e 25 per cento. Situazione analoga si rileva esaminando la distribuzione territoriale del tasso di disoccupazione: il 41,2 per cento della popolazione metropolitana vive nelle aree periferiche dove la disoccupazione è più alta;
              oltre al disagio sociale e abitativo, l'intervento nelle periferie attiene anche alla sicurezza e al decoro degli edifici. Secondo Casa Italia, e sulla base dei dati dell'Istat, il patrimonio edilizio in condizioni mediocri o pessime costituisce una quota significativa di quello esistente nelle città italiane (si passa dal 40 per cento di Napoli e 39,9 per cento di Reggio Calabria, al 35,3 per cento di Messina, al 34,8 per cento di Catania, al 26,6 per cento di Palermo, fra il 10 e il 20 per cento in città come Cagliari, Bari, Genova, Firenze, Venezia e Roma e di poco inferiore al 10 per cento a Milano e Bologna);
              la condizione delle periferie desta, altresì, particolare allarme sociale per quanto attiene alla sicurezza, all'ordine pubblico e all'integrazione della popolazione straniera. Nelle aree periferiche, infatti, sono riscontrabili diversi fenomeni di illegalità, a partire dall'insediamento di clan della criminalità organizzata sino ad arrivare all'occupazione di immobili – di per sé atto penalmente rilevante – che rende incerto il controllo del territorio in quanto può servire da copertura ad attività criminali come lo spaccio di stupefacenti o la ricettazione;
              a ciò si aggiungono elementi di pericolosità generati da comportamenti a forti impatti negativi sull'ambiente, che vanno dalla realizzazione di edifici abusivi, alle discariche e ai roghi di materiali tossici fino allo smaltimento illegale di rifiuti. Le periferie rischiano inoltre di alimentare il conflitto sociale tra ceti deboli, fra italiani impoveriti e migranti senza certa collocazione;
              gli insediamenti Rom, che sono diffusi soprattutto (si tratta di alcune decine in ogni città) a Roma, Milano, Napoli e Torino a ridosso di zone periferiche già segnate da forti criticità generano un clima sociale esplosivo, tanto che, da alcuni anni l'attività principale che si svolge nei campi è il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti, che avviene attraverso «roghi» tossici che creano gravissimo pregiudizio alla salute della popolazione residente nelle aree limitrofe;
              particolare rilievo ha il ruolo della scuola nelle periferie, non ancora pienamente inclusiva a causa degli elevati tassi di dispersione e abbandono con servizi educativi per l'infanzia non equamente distribuiti territorialmente con evidenti sperequazioni esistenti nel territorio nazionale;
              se nel Nord del Paese, minimarket, negozi etnici, phone center, money transfer, hanno sostituito progressivamente le attività tradizionali in un processo che ha via via degradato molti quartieri, rendendoli insicuri nella percezione dei residenti, al Sud permangono, invece, situazioni in cui i grandi agglomerati urbani, soprattutto quelli legati alla residenza popolare, sono privi di servizi essenziali e di una vera e propria economia urbana legata ad attività commerciali e artigianali;
              l'assenza di economia vitale, capace di rendere un quartiere abitato, insieme alla carenza di opportunità di lavoro, costituisce un fattore rilevante di degrado urbano che non è più riscontrabile soltanto nelle periferie ma anche nei grandi agglomerati urbani, primo tra tutti nella città di Roma Capitale che, soprattutto negli ultimi anni, sta registrando un vero e proprio tracollo socioeconomico in cui i cittadini sono costretti a vivere sommersi tra i rifiuti, ormai fuori controllo anche nel centro, tra erbe infestanti sui marciapiedi, animali di ogni specie e alberi caduti;
              alla situazione appena descritta si aggiunge l'incuria che sta travolgendo la Capitale d'Italia con danni ingenti sul manto stradale, stazioni della metropolitana chiuse da mesi e le innumerevoli opere di valore che sono completamente abbandonate al degrado;
              negli ultimi anni la situazione di forte degrado nelle periferie si è ulteriormente aggravata sia a causa della grave crisi economica che ha aumentato il disagio, la sofferenza sociale ed il senso di abbandono ma in particolar modo a causa della mancanza di interventi organici e strategici da parte degli ultimi Governi che al contrario avrebbero dovuto definire nuovi strumenti di azione per il governo delle aree urbane metropolitane;
              si rileva infatti che con il decreto- legge 25 luglio 2018, n.  91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2017, n.  108, è stata differita al 2020 l'efficacia delle convenzioni dei 96 comuni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, nonché della delibera del Cipe n.  2 del 3 marzo 2017, adottata ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge n.  232 del 2016 perdendo fondi importanti per interventi strutturali in molti quartieri periferici;
              solo successivamente in Conferenza unificata, è stato sancito l'accordo del 18 ottobre 2018 a cui è stato dato seguito con l'approvazione della legge 30 dicembre 2018, n.  145 (legge di bilancio 2019) che all'articolo 1, commi da 913 a 916, stabilisce che le convenzioni dei 96 comuni successivi ai primi 24, producono effetti nel corso dell'anno 2019 relativamente al rimborso delle spese sostenute e certificate dagli enti beneficiari in base al cronoprogramma, attraverso l'utilizzo dei residui iscritti sul fondo di sviluppo e coesione e che le economie realizzate dagli enti territoriali rimangono acquisite al bilancio statale per essere destinate al finanziamento di spese di investimento dei comuni e delle città metropolitane;
              a ciò si aggiunge che nella presente legislatura non è stata confermata l'istituzione della «Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie» che negli scorsi anni ha svolto un ruolo fondamentale di studio e di monitoraggio delle nostre città avviando un percorso che sarebbe stato, non solo necessario, ma soprattutto doveroso proseguire e che invece è stato bruscamente interrotto per volere della maggioranza;
              la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, approvata nella seduta del 14 dicembre 2017, aveva altresì espresso la necessità di rafforzare gli strumenti parlamentari e governativi per promuovere e gestire le politiche urbane;
              nell'immaginario collettivo la periferia «tipo» è dunque caratterizzata, in modo più o meno accentuato, da fenomeni di degrado, di marginalità, di disagio sociale, di criminalità, di insicurezza e di povertà anche se nella realtà dei fatti rappresenta una situazione ben più complessa e articolata, come dimostra la presenza di tante associazioni di cittadini volte a promuovere un miglioramento delle condizioni di vita in queste aree;
              le periferie non possono e non devono più essere descritte unicamente come luoghi di stazionamento dell'immigrazione irregolare, di campi di rom e di persone senza fissa dimora che si dedicano alla criminalità predatoria, quali furti in abitazione, furti di autoveicoli e su veicoli in sosta, scippi e borseggi o come luoghi di occupazione abusiva di immobili, pubblici e privati, da parte prevalentemente di stranieri e dove sono presenti baracche abusive occupate da soggetti di etnia varia che senza alcuna igiene accumulano e vivono tra i rifiuti;
              la riqualificazione di queste aree appare dunque essenziale per migliorare la qualità di vita dei residenti offrendo loro servizi, un efficace controllo da parte delle forze dell'ordine, scuole, aree verdi e palazzi condominiali che non rappresentino, nella loro forma e ampiezza, il segnale più evidente che si è in un'area di minor benessere sociale e di maggior emarginazione;
              il contesto generale di riferimento, sia per l'interpretazione dei fenomeni di trasformazione delle città e delle periferie, sia per l'individuazione delle migliori condotte per gli interventi, non può che ispirarsi ai principi dell'Agenda urbana europea sottoscritti anche dal nostro Paese con il patto di Amsterdam del 30 maggio 2016. In particolare, sono obiettivi generali per l'intervento nelle periferie: la tutela della qualità della vita, della salute e della sicurezza dei cittadini; l'inclusione sociale, il lavoro e la valorizzazione delle competenze; la promozione dell'economia circolare e il supporto alla transizione digitale; l'attenzione alle problematiche legate ai cambiamenti climatici, alle energie rinnovabili e alla qualità dell'aria; l'uso sostenibile del territorio e il mantenimento delle aree naturali; il sostegno all'accesso alla casa e all'abitare dignitoso e sicuro; lo sviluppo di reti per la mobilità sostenibile; l'innovazione della pubblica amministrazione per promuoverne l'efficienza al servizio dei cittadini;
              la strategia di fondo, peraltro ormai praticata in tutta Europa, è quella della rigenerazione urbana, ovvero di programmi complessi che privilegiano l'intervento in comprensori già costruiti al fine di rendere vivibile e sostenibile lo spazio urbano, di soddisfare la domanda abitativa e di servizi, di accrescere l'occupazione e migliorare la struttura produttiva metropolitana, di rassicurare la maggior parte della popolazione che risiede proprio nelle aree periferiche;
              per intervenire efficacemente sulle periferie e sulle città non ci si può limitare ad azioni frammentarie o episodiche, ma è necessario mettere in cantiere un grande progetto nazionale i cui risvolti non si limitano al miglioramento delle condizioni sociali e ambientali, ma possono costituire, come avviene negli altri Paesi europei, anche un meccanismo di sviluppo economico e occupazionale sostenibile,

impegna il Governo:

1)    a predisporre politiche per la riqualificazione delle periferie con un programma pluriennale di durata quinquennale, al fine di porre in essere interventi con continuità di finanziamenti e obiettivi per la rigenerazione urbana, il rilancio economico e sociale delle periferie con forme di sostegno e incentivo per le attività economiche commerciali e artigianali;

2)    a promuovere presso la Conferenza Stato-regioni un tavolo tecnico di coordinamento sull'abusivismo per una decisa azione finalizzata allo sgombero delle occupazioni abusive e per la condivisione delle buone pratiche, al fine di uniformare le procedure per le occupazioni abusive ed illegali del patrimonio abitativo pubblico e privato;

3)    a rafforzare il controllo del territorio tramite un'azione coordinata delle polizie locali con i corpi nazionali;

4)    a promuovere campagne di sensibilizzazione per una diffusione del senso di responsabilità civica nella denuncia di reati e della cultura del bene comune, anche attraverso programmi mirati nelle scuole di ogni ordine e grado;

5)    a prevedere le opportune iniziative al fine di effettuare un monitoraggio del rischio e delle connessioni che possono emergere tra il disagio delle aree urbane e i fenomeni della radicalizzazione e dell'adesione al terrorismo di matrice religiosa fondamentalista da parte dei cittadini europei figli degli immigrati di prima generazione;

6)    a predisporre una task force presso il Ministero dell'interno, in coordinamento con le altre amministrazioni competenti, per individuare le aree del territorio nazionale nelle quali ancora persiste il fenomeno dell'abusivismo edilizio, al fine di elaborare le misure più opportune per contrastarlo, avviando piani di recupero dei territori;

7)    ad adottare iniziative per una ricognizione dei campi di rom regolari e irregolari situati prevalentemente nelle aree periferiche delle città metropolitane, anche ai fini dell'elaborazione di misure di contrasto dello smaltimento illegale di rifiuti mediante l'innesco di roghi e dell'attuazione della Strategia nazionale 2012-2020 d'inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti in attuazione della comunicazione COM(2011)173 della Commissione europea, del 5 aprile 2011, approvata dal Consiglio dei ministri il 24 febbraio 2012;

8)    a favorire un'offerta formativa complessiva al fine di elaborare, fatta salva l'autonomia scolastica, proposte per il rafforzamento della formazione e della funzione centrale della scuola nel rapporto con il territorio nonché di migliorare i livelli di istruzione e di contrastare l'abbandono scolastico;

9)    ad avviare iniziative di competenza al fine di potenziare la partecipazione delle Forze armate nell'operazione «Strade sicure» per il controllo del territorio;

10)    a promuovere ogni iniziativa di competenza per sostenere e incentivare la rete delle associazioni e del volontariato che in campo sociale, ambientale, sociale, rappresentano una risorsa fondamentale per il contrasto al degrado urbano e alla manutenzione dello spazio pubblico;

11)    ad adottare le iniziative di competenza per potenziare l'attività di polizia locale attraverso l'istituzione del poliziotto, carabiniere o vigile di quartiere nelle città al fine di garantire una maggiore sicurezza anche nelle periferie;

12)    a promuovere le opportune iniziative volte ad individuare immediate soluzioni finalizzate a contrastare il forte degrado di Roma Capitale e della sua periferia nonché ad avviare, tempestivamente, un'azione istituzionale volta a scongiurare il perpetrarsi dell'emergenza rifiuti e il conseguente disagio che sono costretti a subire i cittadini della Capitale.
(1-00227) «Gelmini, Battilocchio, Calabria, Spena, Marrocco, Occhiuto, Sisto, Milanato, Ravetto, Santelli, Tartaglione, Lupi».


      La Camera,
          premesso che:
              all'interno di uno spazio urbano, le periferie, che comprendono aree della città più o meno densamente popolate, rappresentano la situazione urbanistica e sociale più complessa e talvolta di maggiore criticità;
              oggigiorno le periferie urbane non sono più definibili come luoghi circoscritti ai margini delle aree centrali, ma rappresentano a tutti gli effetti una espansione fisica della stessa città, particolarmente pronunciata negli ultimi due decenni, dove sotto gli occhi di tutti sono riscontrabili fenomeni di degrado, di marginalità, di disagio sociale, di insicurezza e di povertà;
              in tutte le grandi città italiane le scelte architettoniche di pianificazione delle periferie compiute tra gli anni ’70 e ’80 per affrontare l'emergenza abitativa hanno accentuato le problematiche dovute alla fragilità economiche e sociali che si caratterizzano per la presenza di clandestini e per la diffusione di occupazioni abusive e di economia illecita;
              l'edificazione residenziale, spesso priva dei necessari servizi, è la componente principale delle periferie che ha reso particolarmente dinamico il mercato immobiliare residenziale, senza però garantire la presenza di funzioni multiple (innanzitutto i servizi di quartiere) e di quella varietà sociale indispensabile per creare equilibrate comunità urbane;
              la monofunzione residenziale costringe gran parte dei residenti a un pendolarismo lavorativo non sempre supportato da adeguate infrastrutture per la mobilità e l'insediamento periferico non adeguatamente presidiato con servizi pubblici funzionali o istituzionali ha lasciato pericolosi vuoti soggetti al degrado ambientale, all'insediamento criminale, all'abusivismo e ai ricorrenti fenomeni di illegalità;
              le periferie rappresentano, dunque, l'effettiva natura delle grandi città, soggette a fenomeni dirompenti come la longevità, la crisi del ceto medio urbano, il multiculturalismo, il disagio giovanile oltre, naturalmente, agli impatti negativi conseguenti al lungo periodo recessivo che ha determinato un notevole impoverimento soprattutto dei ceti a medio e basso reddito;
              le periferie pur essendo caratterizzate da forti problemi di degrado ed insicurezza, allo stesso tempo, sono i luoghi dove vive e lavora gran parte degli abitanti del nostro Paese: secondo le valutazioni Eurostat riguardanti i livelli di urbanizzazione delle aree vaste, l'83 per cento dei cittadini metropolitani vive in periferia dove è comunque presente una parte importante dell'apparato produttivo e persino circa il 15 per cento delle attrazioni culturali. Nei territori densamente urbanizzati del nostro Paese, infatti, vivono, al di fuori dei centri storici e delle aree centrali oltre 17,4 milioni di residenti;
              le più recenti ricerche sull'evoluzione delle città europee dimostrano che è in atto una nuova stagione di espansione demografica, tanto che, l'Onu calcola che in un orizzonte molto ravvicinato (2025) la popolazione mondiale residente nelle città aumenterà di 65 milioni di abitanti e che, entro il 2030, il 96 per cento della popolazione delle città europee con oltre 300 mila abitanti crescerà demograficamente;
              il dato appena riportato rafforza la convinzione che il tema delle «periferie» tenda a coincidere sempre più con una «questione urbana» complessiva e accresce la necessità di adottare azioni e strategie a medio e lungo termine, oltre a misure immediate, per pianificare strategicamente lo sviluppo urbano nella direzione della qualità, della crescita, della coesione sociale e della sostenibilità;
              a caratterizzare le periferie delle grandi città italiane è la presenza di famiglie disagiate e vulnerabili, di giovani generazioni fuori dai circuiti attivi e occupazionali: secondo dati Istat, il 33,8 per cento dei residenti nei capoluoghi metropolitani vive in quartieri dove c’è una significativa presenza di famiglie con potenziale alto disagio economico. L'incidenza di tali famiglie è variabile fra l'1-3 per cento nel Nord, fino al 4-14 per cento nel Mezzogiorno con punte massime a Napoli, Palermo e Catania;
              il disagio nelle periferie è riscontrabile, soprattutto, nell'accesso al mercato del lavoro che vede forti differenze fra i vari quartieri metropolitani, anche in situazioni tipiche del Centro-nord del Paese dove comunque i tassi di occupazione sono più elevati;
              nello specifico, in più di un terzo dei territori metropolitani è elevata l'incidenza di giovani fra 15 e 29 anni fuori dal mercato del lavoro e fuori dalla formazione (i Neet) con quote più rilevanti nel Centro-Nord che si attestano fra 10-12 per cento, mentre nelle grandi città meridionali il range varia fra 15 e 25 per cento. Situazione analoga si rileva esaminando la distribuzione territoriale del tasso di disoccupazione: il 41,2 per cento della popolazione metropolitana vive nelle aree periferiche dove la disoccupazione è più alta;
              oltre al disagio sociale e abitativo, l'intervento nelle periferie attiene anche alla sicurezza e al decoro degli edifici. Secondo Casa Italia, e sulla base dei dati dell'Istat, il patrimonio edilizio in condizioni mediocri o pessime costituisce una quota significativa di quello esistente nelle città italiane (si passa dal 40 per cento di Napoli e 39,9 per cento di Reggio Calabria, al 35,3 per cento di Messina, al 34,8 per cento di Catania, al 26,6 per cento di Palermo, fra il 10 e il 20 per cento in città come Cagliari, Bari, Genova, Firenze, Venezia e Roma e di poco inferiore al 10 per cento a Milano e Bologna);
              la condizione delle periferie desta, altresì, particolare allarme sociale per quanto attiene alla sicurezza, all'ordine pubblico e all'integrazione della popolazione straniera. Nelle aree periferiche, infatti, sono riscontrabili diversi fenomeni di illegalità, a partire dall'insediamento di clan della criminalità organizzata sino ad arrivare all'occupazione di immobili – di per sé atto penalmente rilevante – che rende incerto il controllo del territorio in quanto può servire da copertura ad attività criminali come lo spaccio di stupefacenti o la ricettazione;
              a ciò si aggiungono elementi di pericolosità generati da comportamenti a forti impatti negativi sull'ambiente, che vanno dalla realizzazione di edifici abusivi, alle discariche e ai roghi di materiali tossici fino allo smaltimento illegale di rifiuti. Le periferie rischiano inoltre di alimentare il conflitto sociale tra ceti deboli, fra italiani impoveriti e migranti senza certa collocazione;
              gli insediamenti Rom, che sono diffusi soprattutto (si tratta di alcune decine in ogni città) a Roma, Milano, Napoli e Torino a ridosso di zone periferiche già segnate da forti criticità generano un clima sociale esplosivo, tanto che, da alcuni anni l'attività principale che si svolge nei campi è il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti, che avviene attraverso «roghi» tossici che creano gravissimo pregiudizio alla salute della popolazione residente nelle aree limitrofe;
              particolare rilievo ha il ruolo della scuola nelle periferie, non ancora pienamente inclusiva a causa degli elevati tassi di dispersione e abbandono con servizi educativi per l'infanzia non equamente distribuiti territorialmente con evidenti sperequazioni esistenti nel territorio nazionale;
              se nel Nord del Paese, minimarket, negozi etnici, phone center, money transfer, hanno sostituito progressivamente le attività tradizionali in un processo che ha via via degradato molti quartieri, rendendoli insicuri nella percezione dei residenti, al Sud permangono, invece, situazioni in cui i grandi agglomerati urbani, soprattutto quelli legati alla residenza popolare, sono privi di servizi essenziali e di una vera e propria economia urbana legata ad attività commerciali e artigianali;
              l'assenza di economia vitale, capace di rendere un quartiere abitato, insieme alla carenza di opportunità di lavoro, costituisce un fattore rilevante di degrado urbano che non è più riscontrabile soltanto nelle periferie ma anche nei grandi agglomerati urbani, primo tra tutti nella città di Roma Capitale che, soprattutto negli ultimi anni, sta registrando un vero e proprio tracollo socioeconomico in cui i cittadini sono costretti a vivere sommersi tra i rifiuti, ormai fuori controllo anche nel centro, tra erbe infestanti sui marciapiedi, animali di ogni specie e alberi caduti;
              alla situazione appena descritta si aggiunge l'incuria che sta travolgendo la Capitale d'Italia con danni ingenti sul manto stradale, stazioni della metropolitana chiuse da mesi e le innumerevoli opere di valore che sono completamente abbandonate al degrado;
              negli ultimi anni la situazione di forte degrado nelle periferie si è ulteriormente aggravata sia a causa della grave crisi economica che ha aumentato il disagio, la sofferenza sociale ed il senso di abbandono ma in particolar modo a causa della mancanza di interventi organici e strategici da parte degli ultimi Governi che al contrario avrebbero dovuto definire nuovi strumenti di azione per il governo delle aree urbane metropolitane;
              si rileva infatti che con il decreto- legge 25 luglio 2018, n.  91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2017, n.  108, è stata differita al 2020 l'efficacia delle convenzioni dei 96 comuni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, nonché della delibera del Cipe n.  2 del 3 marzo 2017, adottata ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge n.  232 del 2016 perdendo fondi importanti per interventi strutturali in molti quartieri periferici;
              solo successivamente in Conferenza unificata, è stato sancito l'accordo del 18 ottobre 2018 a cui è stato dato seguito con l'approvazione della legge 30 dicembre 2018, n.  145 (legge di bilancio 2019) che all'articolo 1, commi da 913 a 916, stabilisce che le convenzioni dei 96 comuni successivi ai primi 24, producono effetti nel corso dell'anno 2019 relativamente al rimborso delle spese sostenute e certificate dagli enti beneficiari in base al cronoprogramma, attraverso l'utilizzo dei residui iscritti sul fondo di sviluppo e coesione e che le economie realizzate dagli enti territoriali rimangono acquisite al bilancio statale per essere destinate al finanziamento di spese di investimento dei comuni e delle città metropolitane;
              la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, approvata nella seduta del 14 dicembre 2017, aveva altresì espresso la necessità di rafforzare gli strumenti parlamentari e governativi per promuovere e gestire le politiche urbane;
              nell'immaginario collettivo la periferia «tipo» è dunque caratterizzata, in modo più o meno accentuato, da fenomeni di degrado, di marginalità, di disagio sociale, di criminalità, di insicurezza e di povertà anche se nella realtà dei fatti rappresenta una situazione ben più complessa e articolata, come dimostra la presenza di tante associazioni di cittadini volte a promuovere un miglioramento delle condizioni di vita in queste aree;
              le periferie non possono e non devono più essere descritte unicamente come luoghi di stazionamento dell'immigrazione irregolare, di campi di rom e di persone senza fissa dimora che si dedicano alla criminalità predatoria, quali furti in abitazione, furti di autoveicoli e su veicoli in sosta, scippi e borseggi o come luoghi di occupazione abusiva di immobili, pubblici e privati, da parte prevalentemente di stranieri e dove sono presenti baracche abusive occupate da soggetti di etnia varia che senza alcuna igiene accumulano e vivono tra i rifiuti;
              la riqualificazione di queste aree appare dunque essenziale per migliorare la qualità di vita dei residenti offrendo loro servizi, un efficace controllo da parte delle forze dell'ordine, scuole, aree verdi e palazzi condominiali che non rappresentino, nella loro forma e ampiezza, il segnale più evidente che si è in un'area di minor benessere sociale e di maggior emarginazione;
              il contesto generale di riferimento, sia per l'interpretazione dei fenomeni di trasformazione delle città e delle periferie, sia per l'individuazione delle migliori condotte per gli interventi, non può che ispirarsi ai principi dell'Agenda urbana europea sottoscritti anche dal nostro Paese con il patto di Amsterdam del 30 maggio 2016. In particolare, sono obiettivi generali per l'intervento nelle periferie: la tutela della qualità della vita, della salute e della sicurezza dei cittadini; l'inclusione sociale, il lavoro e la valorizzazione delle competenze; la promozione dell'economia circolare e il supporto alla transizione digitale; l'attenzione alle problematiche legate ai cambiamenti climatici, alle energie rinnovabili e alla qualità dell'aria; l'uso sostenibile del territorio e il mantenimento delle aree naturali; il sostegno all'accesso alla casa e all'abitare dignitoso e sicuro; lo sviluppo di reti per la mobilità sostenibile; l'innovazione della pubblica amministrazione per promuoverne l'efficienza al servizio dei cittadini;
              la strategia di fondo, peraltro ormai praticata in tutta Europa, è quella della rigenerazione urbana, ovvero di programmi complessi che privilegiano l'intervento in comprensori già costruiti al fine di rendere vivibile e sostenibile lo spazio urbano, di soddisfare la domanda abitativa e di servizi, di accrescere l'occupazione e migliorare la struttura produttiva metropolitana, di rassicurare la maggior parte della popolazione che risiede proprio nelle aree periferiche;
              per intervenire efficacemente sulle periferie e sulle città non ci si può limitare ad azioni frammentarie o episodiche, ma è necessario mettere in cantiere un grande progetto nazionale i cui risvolti non si limitano al miglioramento delle condizioni sociali e ambientali, ma possono costituire, come avviene negli altri Paesi europei, anche un meccanismo di sviluppo economico e occupazionale sostenibile,

impegna il Governo:

1)    a predisporre politiche per la riqualificazione delle periferie con un programma pluriennale di durata quinquennale, al fine di porre in essere interventi con continuità di finanziamenti e obiettivi per la rigenerazione urbana, il rilancio economico e sociale delle periferie con forme di sostegno e incentivo per le attività economiche commerciali e artigianali;

2)    a promuovere presso la Conferenza Stato-regioni un tavolo tecnico di coordinamento sull'abusivismo per una decisa azione finalizzata allo sgombero delle occupazioni abusive e per la condivisione delle buone pratiche, al fine di uniformare le procedure per le occupazioni abusive ed illegali del patrimonio abitativo pubblico e privato;

3)    a rafforzare il controllo del territorio tramite un'azione coordinata delle polizie locali con i corpi nazionali;

4)    a promuovere campagne di sensibilizzazione per una diffusione del senso di responsabilità civica nella denuncia di reati e della cultura del bene comune, anche attraverso programmi mirati nelle scuole di ogni ordine e grado;

5)    a prevedere le opportune iniziative al fine di effettuare un monitoraggio del rischio e delle connessioni che possono emergere tra il disagio delle aree urbane e i fenomeni della radicalizzazione e dell'adesione al terrorismo di matrice religiosa fondamentalista da parte dei cittadini europei figli degli immigrati di prima generazione;

6)    a predisporre una task force presso il Ministero dell'interno, in coordinamento con le altre amministrazioni competenti, per individuare le aree del territorio nazionale nelle quali ancora persiste il fenomeno dell'abusivismo edilizio, al fine di elaborare le misure più opportune per contrastarlo, avviando piani di recupero dei territori;

7)    ad adottare iniziative per una ricognizione dei campi di rom regolari e irregolari situati prevalentemente nelle aree periferiche delle città metropolitane, anche ai fini dell'elaborazione di misure di contrasto dello smaltimento illegale di rifiuti mediante l'innesco di roghi e dell'attuazione della Strategia nazionale 2012-2020 d'inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti in attuazione della comunicazione COM(2011)173 della Commissione europea, del 5 aprile 2011, approvata dal Consiglio dei ministri il 24 febbraio 2012;

8)    a favorire un'offerta formativa complessiva al fine di elaborare, fatta salva l'autonomia scolastica, proposte per il rafforzamento della formazione e della funzione centrale della scuola nel rapporto con il territorio nonché di migliorare i livelli di istruzione e di contrastare l'abbandono scolastico;

9)    ad avviare iniziative di competenza al fine di potenziare la partecipazione delle Forze armate nell'operazione «Strade sicure» per il controllo del territorio;

10)    a promuovere ogni iniziativa di competenza per sostenere e incentivare la rete delle associazioni e del volontariato che in campo sociale, ambientale, sociale, rappresentano una risorsa fondamentale per il contrasto al degrado urbano e alla manutenzione dello spazio pubblico;

11)    ad adottare le iniziative di competenza per potenziare l'attività di polizia locale attraverso l'istituzione del poliziotto, carabiniere o vigile di quartiere nelle città al fine di garantire una maggiore sicurezza anche nelle periferie;

12)    a promuovere le opportune iniziative volte ad individuare immediate soluzioni finalizzate a contrastare il forte degrado di Roma Capitale e della sua periferia nonché ad avviare, tempestivamente, un'azione istituzionale volta a scongiurare il perpetrarsi dell'emergenza rifiuti e il conseguente disagio che sono costretti a subire i cittadini della Capitale.
(1-00227)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Gelmini, Battilocchio, Calabria, Spena, Marrocco, Occhiuto, Sisto, Milanato, Ravetto, Santelli, Tartaglione, Lupi».


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Posizione del Governo in merito all'accordo economico e commerciale (Ceta) tra Unione europea e Canada – 3-00877

      FASSINA e FORNARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'accordo economico e commerciale globale (Ceta) tra Unione europea e Canada sancisce il libero scambio tra le due entità;
          il trattato Ceta è in vigore, in forma provvisoria, dal 21 settembre 2017, ma per entrare pienamente in vigore necessita della ratifica di tutti i Paesi dell'Unione europea;
          attualmente il trattato è stato ratificato da Spagna, Portogallo, Estonia, Lituania, Lettonia, Malta, Danimarca, Repubblica Ceca e Croazia;
          in Italia è aperta da tempo una discussione tra i diversi soggetti economici e sociali che verrebbero toccati dall'entrata in vigore del trattato; sono stati sollevati dei dubbi, in particolare, su due aspetti: l'impatto del libero scambio tra Unione europea e Canada in Italia nel settore agricolo, con la necessità di avere tutte le garanzie per la tutela della qualità e della certificazione dei prodotti italiani di eccellenza che verrebbero esportati, e sulle altrettanto necessarie garanzie sui prodotti che verrebbero importati dal Canada, sia sul piano della tutela delle aziende italiane che della tutela dei consumatori; l'altro aspetto che desta attenzione è l'istituzione dell’Investiment Court cystem (ICs), un sistema di risoluzione delle controversie sugli investimenti che permetterebbe alle imprese di citare in giudizio gli Stati dell'Unione europea dinanzi a un tribunale speciale;
          per quanto riguarda il sistema dell’Investiment Court cystem restano aperti diversi ordini di problemi, quali un'impostazione sostanzialmente favorevole agli interessi delle imprese, la composizione dei tribunali formata da giudici non togati e la scarsa protezione della giurisdizione degli Stati dell'Unione europea;
          il 22 novembre 2018 il Ministro interrogato si è espresso, nel corso di un'interrogazione al Senato della Repubblica, in modo critico verso il trattato, segnalando, anche alla luce del lavoro della task force del libero scambio, istituita presso il Ministero dello sviluppo economico, che il trattato «così come ci è stato proposto non è ratificabile»;
          il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Gian Marco Centinaio, nel corso di un convegno della Coldiretti a Pavia il 28 giugno 2019, ha ribadito che l'accordo va rivisto perché non tutela adeguatamente i marchi italiani  –:
          a fronte delle tante preoccupazioni e contrarietà sollevate dagli operatori del settore e a fronte delle richiamate prese di posizione di diversi autorevoli membri del Governo, quale sia l'effettiva posizione del Governo sulla questione del Ceta e se comunque non intenda favorire un reale confronto con il Parlamento sugli orientamenti da assumere.
(3-00877)


Chiarimenti in merito al ruolo di Atlantia nel rilancio di Alitalia, nonché in merito al piano industriale e alle prospettive occupazionali della compagnia aerea – 3-00878

      PAITA, BRUNO BOSSIO, CANTINI, GARIGLIO, GIACOMELLI, NOBILI, PIZZETTI, ANDREA ROMANO, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI, FIANO e MORETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          domenica 14 luglio 2019, alle ore 18, sono giunte a Mediobanca, advisor di Ferrovie dello Stato italiane nel «Progetto Az», le comunicazioni di interesse del gruppo Toto, di Gregor Efromovich, azionista della compagnia sudamericana Avianca, del proprietario della S.S Lazio Claudio Lotito e del gruppo Atlantia della famiglia Benetton;
          i suddetti soggetti si erano candidati per far parte della newco per il salvataggio di Alitalia;
          Ferrovie dello Stato italiane, in data 15 luglio 2019, ha individuato proprio in Atlantia il partner da affiancare a Ferrovie dello Stato italiane, Ministero dell'economia e delle finanze e Delta;
          da settimane Atlantia, concessionaria di Autostrade, era stata individuata e sollecitata quale soggetto per completare la cordata della nuova società per il salvataggio e rilancio di Alitalia, nonostante smentite e dichiarazioni molto forti da parte di alcuni esponenti del Governo;
          il Ministro dello sviluppo economico, titolare del tavolo di trattative, in data 27 giugno 2019 aveva dichiarato « Atlantia è decotta», «faranno precipitare gli aerei»; lo stesso Ministro il giorno dopo, riferendosi sempre al gruppo Atlantia e in relazione al crollo del Ponte Morandi, ha affermato che quelle persone sono morte perché Autostrade per l'Italia non ha fatto manutenzione;
          il Ministro interrogato, in data 3 luglio 2019, ha dichiarato, «non c’è alternativa alla revoca, totale, della concessione ad Autostrade»;
          in questo tourbillon di dichiarazioni, che meriterebbero di essere «attenzionate» dagli organi di vigilanza e dalle autorità indipendenti, vi è una verità e cioè che il Governo ha avuto un anno per istruire una possibile soluzione e individuare un piano industriale credibile, impegnando anche risorse pubbliche, senza produrre risultati effettivi, con lo Stato che ogni giorno sarà costretto a pagare un milione di euro per ripagare i debiti e con le Ferrovie dello Stato italiane costrette a penalizzare i pendolari;
          i contorni della vertenza rimangono fragili e oscuri con la necessità di fare adeguata chiarezza, prima del mese di settembre 2019, perché nel frattempo si susseguono voci di possibili esuberi, ridimensionamento di personale e di rotte che alimentano una legittima preoccupazione da parte di sindacati e lavoratori –:
          se il Ministro interrogato condivida il giudizio su Atlantia quale azienda «decotta», come ritenga, con queste premesse, che tale ingresso possa essere utile al rilancio di Alitalia e, in questo ambito, quali siano il piano industriale e le prospettive occupazionali e relative a slot e scali per i lavoratori della compagnia aerea.
(3-00878)


Chiarimenti in ordine alla trattativa relativa all'ingresso di Atlantia nella compagine azionaria di Alitalia – 3-00879

      LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la società Atlantia, holding di partecipazioni nel settore delle infrastrutture, delle reti dei trasporti e delle comunicazioni, controlla interamente Autostrade per l'Italia, concessionaria, tra le altre, della tratta autostradale Genova-Ventimiglia dove quasi esattamente un anno fa il crollo del Ponte Morandi ha causato 43 vittime, centinaia di sfollati e milioni di euro di danni;
          subito dopo il crollo del Viadotto Polcevera numerosi esponenti del Governo annunciarono a gran voce la revoca della concessione alla società e che nei confronti della stessa sarebbe stata avanzata una richiesta di risarcimento per tutti i danni conseguenti al crollo;
          in particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri, il giorno dopo il crollo, disse «avvieremo la procedura per la revoca della concessione a società Autostrade», perché «non c’è dubbio che ad Autostrade toccassero onere e vincolo di manutenzione del viadotto», come anche il Vice Presidente del Consiglio dei ministri Di Maio che dichiarò alla stampa, riferendosi ad Atlantia, «si dimettano, non hanno fatto manutenzione», mentre il Ministro interrogato affermò che «chi fa cadere un ponte con 43 morti non sa gestire un bene pubblico»;
          appena pochi giorni fa la commissione indipendente istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per pronunciarsi sull'eventuale revoca delle concessioni ad Atlantia, nelle sue conclusioni ha rilevato che «il crollo lascia presupporre gravi lacune del sistema di manutenzione che si possono ritenere sussistenti su tutta la rete autostradale»;
          è notizia delle ultime ore che Atlantia sarà la terza società, oltre a Delta airlines e Ferrovie dello Stato italiane, ad affiancare il Ministero dell'economia e delle finanze nell'operazione di salvataggio di Alitalia, per la quale serve circa un altro miliardo di euro;
          suscita perplessità negli interroganti il fatto che la stessa società – Atlantia – ritenuta dal Governo incapace di gestire il bene pubblico e responsabile di un disastro gravissimo in termini di vite e anche in termini economici, sia all'improvviso ritenuta adatta per gestire la ex compagnia aerea di bandiera –:
          quali siano i contenuti della trattativa che ha sostenuto l'ingresso di Atlantia nel salvataggio di Alitalia e sulla base di quali motivazioni il Governo abbia cambiato così repentinamente opinione sulla società in questione.
(3-00879)


Chiarimenti in ordine alla nomina del nuovo consiglio di amministrazione di Anas e alla gestione della medesima società – 3-00880

      TONDO, COLUCCI, LUPI e SANGREGORIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in data 21 dicembre 2018 l'assemblea degli azionisti di Anas ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione della società e contestualmente il nuovo amministratore delegato nella persona dell'ingegner Massimo Simonini;
          l'ingegner Massimo Simonini, dirigente di terza fascia, ha assunto il ruolo di amministratore delegato;
          con l'insediamento dell'amministratore delegato, Anas, a quanto consta agli interroganti, in questi sei mesi ha proceduto al licenziamento di molti dirigenti e alla loro sostituzione;
          per quanto consta agli interroganti sembra che in questi sei mesi si siano drasticamente ridotti i lavori appaltati –:
          quali siano stati i criteri che hanno portato alla nomina dell'amministratore delegato e alla sostituzione dei dirigenti di prima fascia e se tutto questo, a parere del Ministro interrogato, non sia causa di un significativo rallentamento nell'attività di Anas e della diminuzione dei lavori appaltati in questo delicato periodo economico dell'Italia, visto che Anas è la più importante stazione appaltante del nostro Paese.
(3-00880)


Posizione della Ministra per il Sud in merito ai procedimenti in atto in materia di autonomia differenziata – 3-00881

      MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, SUTTO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:
          l'11 luglio 2019 si è tenuto il Consiglio dei ministri nel corso del quale si sarebbero dovute esaminare anche le ultime stesure delle bozze delle intese che il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe dovuto sottoscrivere con i presidenti delle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna in materia di autonomia differenziata ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione;
          come noto, la questione dell'autonomia differenziata è stata inserita tra i punti da attuare nel «contratto di governo» sottoscritto all'inizio della legislatura tra il MoVimento 5 Stelle e la Lega Salvini Premier, proprio impegnandosi a portare «a rapida conclusione le trattative tra Governo e regioni attualmente aperte»;
          gli aspetti finanziari sono stati ampiamente superati nelle ultime bozze a seguito dell'intervento del Ministero dell'economia e delle finanze;
          ciò nonostante, l’iter è stato di fatto nuovamente bloccato dal Ministro interrogato a causa dell'articolo 5 relativo proprio alle risorse finanziarie, utilizzando a parere degli interroganti strumentali attacchi a mezzo stampa, come, ad esempio, «nessun bambino sceglie di nascere in una regione invece che altrove»;
          le materie oggetto di una più ampia forma di autonomia, peraltro, sono quelle previste dalla Costituzione all'articolo 117, terzo comma, nonché quelle del secondo comma, lettere l), limitatamente alla giustizia di pace, n) ed s);
          la Corte costituzionale, con la sentenza n.  13 del 2004, ha sostanzialmente precisato che il compito di organizzare la scuola può essere demandato alle regioni, così come succede per la sanità –:
          quale posizione intenda assumere sulla questione di cui in premessa, appurato che il nodo economico è stato ampiamente superato e, a parere degli interroganti, non sussistono ulteriori criticità per non portare a conclusione il progetto.
(3-00881)


Iniziative, anche normative, per un piano complessivo relativo alle zone economiche speciali, comprese quelle del Centro-Nord – 3-00882

      RIZZONE, RADUZZI, CARABETTA, VALLASCAS, DE TOMA, RACHELE SILVESTRI, SUT e PERCONTI. — Al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:
          le zone economiche speciali sono state istituite dal decreto-legge cosiddetto «Mezzogiorno» n.  91 del 2017, con lo scopo di creare condizioni favorevoli, in termini di benefici economici, finanziari e amministrativi, allo sviluppo di imprese già operanti nelle suddette aree o all'insediamento di nuove imprese che possano avviare attività economiche imprenditoriali o di investimenti nelle zone economiche speciali;
          lo sviluppo, quindi, di una zona economica speciale in un territorio circoscritto può, senza dubbio, rappresentare un'occasione di crescita e di sviluppo per aumentare la capacità competitiva e l'attrattività non solo delle regioni del Mezzogiorno, ma anche di tutto il territorio nazionale;
          nelle scorse settimane, nel corso dell'esame del «decreto crescita», sono stati presentati e discussi diversi emendamenti concernenti l'allargamento, anche alle regioni del Nord, della normativa relativa alle zone economiche speciali;
          la richiesta avanzata dai territori del Centro-Nord, su uno strumento, peraltro, già diffuso all'estero, vuole andare incontro al graduale calo dell'occupazione in alcuni territori, a seguito di dismissioni di importanti impianti industriali delle zone suddette –:
          quali iniziative – anche normative – il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di predisporre un piano complessivo per tutte le zone economiche speciali, comprese quelle del Centro-Nord, da finanziare nell'ambito della legge di bilancio per il 2020.
(3-00882)


Elementi e iniziative in ordine alla Strategia nazionale per le aree interne, ai fini dello sviluppo della competitività sostenibile e del contrasto al declino demografico di talune aree del Paese, con particolare riferimento ai comuni montani – 3-00883

      VIETINA. — Al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:
          la Strategia nazionale per le aree interne (Snai) è una politica nazionale diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese;
          tali aree sono definite come quelle più lontane dai servizi di base, che interessano oltre il 60 per cento del territorio nazionale e il 22 per cento della popolazione italiana;
          la Strategia è sostenuta sia dai fondi europei (Fesr, Fse e Feasr), per il cofinanziamento di progetti di sviluppo locale, sia da risorse nazionali (281,18 milioni di euro messi a disposizione dalle ultime leggi di bilancio);
          in coerenza con quanto previsto dall'accordo di partenariato 2014-2020, sono state selezionate 72 aree interne di intervento, che comprendono 1.077 comuni, per 2.072.718 abitanti e un territorio di 51.366 chilometri quadrati, poco meno di un sesto del territorio nazionale;
          al 31 dicembre 2018, risultano approvate le strategie definitive di 34 aree, per un totale di investimenti di euro 565,8 milioni;
          nella costituzione degli ambiti territoriali e nelle successive unioni di comuni, a molti territori più piccoli, in particolare quelli montani, che si stanno spopolando velocemente per le numerose difficoltà, è stato di fatto impedito il riconoscimento di area interna;
          in particolare, la regione Emilia-Romagna, preso atto dei criteri e dei parametri nazionali per definire quali sono le aree interne ed i comuni eligibili secondo la politica nazionale, ha definito alcuni criteri aggiuntivi, considerando tutte le unioni in cui oltre la metà dei comuni appartiene alle categorie «intermedio», «periferico» o «ultraperiferico», ma che al tempo stesso non contengano comuni classificati in fascia A («Polo»);
          tale criterio ha di fatto escluso i comuni montani dell'Appennino cesenate e forlivese, ovvero quei comuni ad altissimo rischio spopolamento, che hanno aderito ad un modello «virtuoso» di unione, ma che ora si ritrovano penalizzati in quanto privati della possibilità di concorrere per il finanziamento di progetti –:
          come siano state utilizzate le risorse destinate alle aree interne riconosciute e finanziate e con quale distribuzione territoriale (Nord-Centro-Sud), se siano stati adottati criteri penalizzanti per alcune realtà e quali iniziative intenda intraprendere per tenere in considerazione tutte le effettive esigenze (anche in termini di cofinanziamento), in particolare dei comuni montani più piccoli ad alto rischio spopolamento, per consentire a questi ultimi di concorrere all'assegnazione di risorse volte ad adeguare la quantità e qualità dei servizi e promuovere sviluppo per valorizzare il proprio patrimonio naturale e culturale.
(3-00883)