XVIII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
le vicende giudiziarie che hanno coinvolto la rete dei servizi sociali della Val d'Enza hanno scosso l'opinione pubblica. Cittadini e associazioni sono scesi in campo a tutela dei diritti dei minori, dei più vulnerabili e delle famiglie. Hanno chiesto trasparenza e continuano ancora oggi a far sentire la propria voce per evitare che sul caso possa abbassarsi nuovamente il livello di attenzione;
a dare avvio alle indagini è stata la procura di Reggio Emilia, insospettita dall'elevato numero di fascicoli su violenze, abusi sessuali e maltrattamenti in famiglia aperti su segnalazione dei servizi sociali dell'Unione dei comuni della Val d'Enza;
il quadro emerso dalle intercettazioni è agghiacciante. Quello che veniva presentato all'esterno come un modello istituzionale da emulare altro non sarebbe stato che una forma di business, con un giro d'affari da centinaia di migliaia di euro, finalizzato ad allontanare i minori dal proprio nucleo familiare per collocarli in affido retribuito;
a quanto consta, i responsabili si sarebbero avvalsi della collaborazione di numerosi professionisti del settore, tra cui psicologi, assistenti e neuropsichiatri finiti sotto indagine;
secondo gli inquirenti, gli affidamenti illeciti venivano supportati da documenti e relazioni peritali false, dichiarazioni inventate o manipolate, di modo che emergessero situazioni di abusi o violenze in famiglia in realtà mai verificatisi. L'obiettivo di tali manipolazioni sarebbe stato quello di dipingere il nucleo familiare originario come connivente con il presunto adulto abusante, creando così una rete di indizi che giustificasse l'allontanamento del minore dallo stesso, in difetto dei relativi presupposti;
particolarmente grave appare anche la posizione dell'amministrazione locale che, a quanto consta, avrebbe affidato direttamente il servizio di psicoterapia alla onlus torinese. Secondo fonti stampa, infatti, gli psicoterapeuti scelti senza gara dai servizi sociali del comune di Bibbiano sarebbero stati retribuiti a spese dell'amministrazione con tariffe superiori al doppio rispetto al normale (135 euro l'ora contro una media nazionale di 70 euro) per l'espletamento di prestazioni professionali che avrebbero potuto essere svolte gratuitamente anche da parte del servizio sanitario nazionale;
il 27 giugno 2019, sulla base di questi ed altri rilievi, il giudice per le indagini preliminari ha disposto decine di misure cautelari che hanno coinvolto a vario titolo medici, politici, assistenti sociali, e psicoterapeuti interessati dalla vicenda. Tra i reati contestati vi sono: abuso d'ufficio, maltrattamento su minori, frode processuale, peculato d'uso, ma anche violenza privata e lesioni gravissime, a fronte dei traumi subiti dai bambini durante l'affido, con compromissione inevitabile del loro percorso di crescita;
l'inchiesta in questione, denominata «Angeli e Demoni», ha acceso i riflettori sulla vulnerabilità dei servizi locali che dovrebbero vigilare sulla regolarità del sistema affido dei minori;
numerose criticità, invero, erano già emerse nel documento approvato dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza nella seduta del 17 gennaio 2018, a conclusione dell'indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia, con particolare riferimento all'eccessiva durata degli affidamenti, all'inconsistenza delle motivazioni a sostegno dei provvedimenti e, ancora, all'insufficienza dei controlli effettuati sulle strutture che svolgono attività di accoglienza;
i parlamentari del Gruppo Lega – Salvini Premier hanno immediatamente evidenziato la necessità di avviare una profonda verifica del sistema degli affidi, nell'interesse delle famiglie e della stragrande maggioranza dei professionisti che operano seriamente in questo settore salvaguardando migliaia di bambini da violenze e abusi;
in tale prospettiva, è in dirittura di arrivo finalmente l'iniziativa legislativa promossa dalla Lega Salvini – Premier sull'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, nonché sull'introduzione di una serie di correttivi finalizzati a prevenire situazioni di potenziale conflitto di interesse tra i giudici onorari minorili e coloro che rivestono cariche rappresentative in strutture di accoglienza;
nella medesima prospettiva, in seguito all'inchiesta «Angeli e Demoni», è stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra il Ministero dell'interno e quello per le disabilità e la famiglia, per rafforzare la cooperazione istituzionale tra i soggetti preposti alla tutela dei diritti dei minori. L'intesa ha gettato le basi per l'attuazione di un meccanismo di condivisione delle segnalazioni sui provvedimenti di allontanamento dei minori che veda attori protagonisti il dipartimento per le politiche della famiglia e il dipartimento della pubblica sicurezza. Si è, inoltre, convenuto di promuovere politiche di sensibilizzazione dell'opinione pubblica e di istituire un tavolo tecnico con il compito di definire un'apposita strategia per il conseguimento degli obiettivi prefissati;
con specifico riguardo alla vicenda Bibbiano, inoltre, l'allora Ministro per le disabilità e la famiglia ha sollecitato più volte un incontro con il presidente della regione Emilia-Romagna, al medesimo fine di rafforzare la cooperazione istituzionale. Quest'ultimo, tuttavia, ha declinato l'invito, sottraendosi per ragioni apparentemente politiche ad un importante confronto istituzionale che avrebbe potuto contribuire a fare ulteriormente chiarezza sulla vicenda;
sono le famiglie le vere vittime della vicenda Bibbiano. Genitori, ragazzi e bambini che, in maniera paradossale, hanno subito un trauma gravissimo da parte di quelle strutture di protezione che avrebbero dovuto tutelare il loro benessere;
nel programma del nuovo Governo, i temi relativi alle case famiglia, alle strutture di accoglienza e alla vulnerabilità del sistema degli affidi non risultano espressamente menzionati;
tali questioni non possono essere relegate in secondo piano per ragioni di stampo meramente politico. È indispensabile restituire ad esse la giusta centralità nel rispetto di tutte le famiglie che invocano trasparenza e che hanno inviato negli ultimi mesi centinaia di segnalazioni con riguardo al tema in esame;
il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia è riconosciuto espressamente dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, novellata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, e ribadito in numerosi atti di impegno, anche a livello internazionale, tra cui la Convenzione delle Nazioni unite sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per garantire il rafforzamento della cooperazione tra i soggetti istituzionali preposti alla tutela dei diritti dei minori e delle famiglie, in continuità con gli obiettivi stabiliti nel protocollo di intesa siglato, durante il mandato del precedente Governo, tra il Ministro dell'interno e il Ministro per le disabilità e la famiglia;
2) in ogni caso, ad adottare iniziative, anche normative, per verificare che i provvedimenti di allontanamento del minore siano disposti nel rispetto delle raccomandazioni e dei principi fondamentali in materia e, dunque, in via residuale, per un tempo limitato e, comunque, per ragioni non connesse esclusivamente alle condizioni di indigenza dei genitori, garantendo – laddove possibile – la continuità delle relazioni con la famiglia di origine e il futuro rientro del minore nella stessa;
3) ad adottare iniziative per monitorare le condizioni dei minori affidati e intensificare il sistema dei controlli sulle strutture che esercitano attività di accoglienza, ponendo particolare attenzione al rispetto degli standard minimi, al possesso dei requisiti strutturali e organizzativi, nonché al corretto utilizzo delle risorse, valutando altresì la congruità dei costi in relazione alle prestazioni erogate;
4) a promuovere la creazione di un database nazionale che raccolga dati in merito ai provvedimenti di allontanamento dei minori, alla loro durata, al numero e alle caratteristiche dei minorenni fuori famiglia, agli affidatari e alle strutture che esercitano attività di accoglienza;
5) ad adottare iniziative per prevedere, anche alla luce dei dati raccolti e delle raccomandazioni dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, una modifica del quadro normativo penale, civile e amministrativo di riferimento, che vada nella direzione di rafforzare la tutela dei minori e delle famiglie, assicurare il contraddittorio e il diritto di difesa nell'ambito dei procedimenti che li vedono coinvolti, garantire il rispetto dei principi di trasparenza e rotazione degli incarichi, eliminare in radice ogni ipotesi di conflitto di interesse – con particolare riguardo al regime delle incompatibilità dei giudici onorari minorili – e inasprire le pene per i reati che hanno come soggetti lesi i minori;
6) a promuovere la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni per gli interventi relativi ai minorenni, alle famiglie di origine, agli affidatari e alle strutture di accoglienza, in modo da garantire l'esigibilità e l'uniformità di tali prestazioni sul territorio nazionale;
7) ad adottare iniziative per garantire la gestione e la presa in carico delle segnalazioni inviate dai cittadini in merito ai provvedimenti di allontanamento dei minori dal proprio nucleo familiare d'origine;
8) ad adottare le iniziative di competenza, in specie normative, per assicurare che, a livello locale, l'affidamento dei servizi rivolti ai minori e, tra questi, quelli di psicoterapia non avvenga in via diretta e senza gara, come pare sia accaduto nell'ambito della vicenda che vede coinvolti i comuni della Val d'Enza, e che la loro eventuale esternalizzazione sia ben motivata e passi, di norma, attraverso una procedura di evidenza pubblica, indetta nel rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza;
9) a promuovere campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sul tema dei diritti dell'infanzia, sullo strumento dell'affidamento e sui valori ad esso sottesi.
(1-00267) «Locatelli, Molinari, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Murelli, Piastra, Tomasi, Tombolato, Vinci, Morrone, Raffaelli, Tonelli, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Sutto, Tiramani, Ziello».
Risoluzione in Commissione:
La IX Commissione,
premesso che:
il totale della rete ferroviaria italiana ad alta velocità attualmente in esercizio si estende per un totale di 1.647 chilometri;
la direttrice principale lungo cui si articola è la Salerno-Napoli-Milano-Torino, che a livello internazionale integra il Transeuropean Networks – Transport (TEN-T). Altre direttrici, ad oggi in gran parte in fase di progettazione, sono quelle che collegano Milano, Venezia e Terzo Valico, e quelle meridionali Napoli-Bari e Palermo-Messina-Catania;
la tratta Bologna-Padova è una delle principali linee ferroviarie d'Italia. Si inserisce nei percorsi di due corridoi Ten-T: il Baltico-Adriatico e il Mediterraneo, collegando la città di Padova a Bologna, nodo di interscambio nazionale dei traffici diretti verso Nord/Sud ed Est/Ovest. Attraversa inoltre importanti città, quali Rovigo e Ferrara. La linea, classificata da Rete ferroviaria italiana (Rfi), ente gestore della tratta, come linea «antenna» è stata potenziata per l'integrazione nella rete Alta Velocità/Alta Capacità, ma non costituisce un tratto ad Alta Velocità, è invece una linea elettrificata, a doppio binario, che si snoda per un percorso di 123 chilometri con traffico passeggeri e merci;
la tratta Bologna-Padova costituisce uno snodo ferroviario fondamentale per collegare la città di Venezia con Bologna, Firenze, Roma e Napoli, percorso interamente abilitato all'Alta Velocità, compreso il tratto Padova-Venezia, fatta eccezione proprio per i 123 chilometri di ferrovia tra Bologna e Padova;
Padova e la sua provincia, contano circa un milione di abitanti residenti, ma gli utenti potenziali che beneficerebbero del passaggio all'alta velocità aumentano a circa 5 milioni essendo Padova la porta di passaggio obbligata per l'accesso, da parte di chi viene dal centro sud, alla regione Veneto, prima regione in Italia per flussi turistici, e alla regione Friuli Venezia Giulia. È altresì l'unica Città Metropolitana ad essere esclusa dall'alta velocità nel percorso che collega il sud con il nord dell'Italia;
potenziare ulteriormente il collegamento ferroviario tra Padova e Bologna con il passaggio all'alta velocità, oltre a consentire di utilizzare al meglio le potenzialità economiche, turistiche e culturali di Padova e dell'area limitrofa, produrrebbe ricadute positive nell'ambito della mobilità e, conseguentemente, della qualità dell'ambiente;
va considerato che il passaggio all'alta velocità della linea Bologna-Padova, alla luce della sua estensione chilometrica, non comporta costi insostenibili e tenuto conto dello stanziamento di 5 miliardi di euro per lo sviluppo e il potenziamento delle principali direttrici ferroviarie, previsto dal contratto di programma 2017-2021 tra lo Stato e Rete ferroviaria italiana, approvato con decreto ministeriale n. 87 del 7 marzo 2019,
impegna il Governo
ad assumere iniziative per prevedere l'inserimento nel contratto di programma con Rete ferroviaria italiana Spa della realizzazione di un tratto ferroviario ad Alta Velocità che colleghi le città di Bologna e Padova.
(7-00347) «Mulè, Caon, Bergamini, Pentangelo, Zanella».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
l'amianto è stato in passato un elemento ampiamente usato nell'industria e nell'edilizia anche se altamente nocivo e cancerogeno, in quanto produttivo di effetti neoplastici (mesotelioma, tumore polmonare, alla laringe e all'ovaio), fibrotici (asbestosi, placche pleuriche e ispessimenti pleurici) e complicazioni cardiocircolatorie;
qualsiasi esposizione ad amianto è dannosa, sia per ex lavoratori di siti contaminati che per i loro familiari e i cittadini che vivono nelle vicinanze delle fabbriche;
la legge n. 257 del 1992 reca norme relative alla cessazione dell'utilizzo dell'amianto, incluso il divieto di estrazione e utilizzo dell'amianto, la bonifica dei siti, tutele sanitarie e previdenziali, e prevedeva l'adozione da parte delle regioni di Piani di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica; specificatamente: censimento dei siti estrattivi e delle imprese utilizzatrici e operanti nello smaltimento e nella bonifica; programmi per dismettere l'attività estrattiva e bonificare i siti; controllo della salubrità ambientale e di sicurezza del lavoro; rilevazione sistemica delle situazioni di pericolo, derivanti da amianto; controllo delle attività di smaltimento e di bonifica; assegnazione delle risorse finanziarie alle Usl per lo svolgimento delle attività di controllo; censimento degli edifici nei quali siano presenti materiali contenenti amianto;
l'articolo 10, comma 4, della suddetta legge, prevedeva che, in caso di inottemperanza da parte delle regioni, avrebbe provveduto con proprio decreto il Presidente del Consiglio dei ministri;
purtroppo questa legge è stata solo parzialmente attuata;
la regione Campania ha approvato la delibera n. 258 del 2018 recante disposizioni sulla bonifica di materiali contenenti amianto;
il database del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha censito 96 mila siti contaminati da amianto di cui 4 mila nella regione Campania;
secondo Codacons, 2.400 scuole sarebbero a rischio contaminazione da amianto, minacciando l'incolumità di 350 mila studenti e 50 mila docenti;
ogni anno sarebbero 6 mila le vittime per patologie legate all'amianto;
sarebbero 160 mila i lavoratori ex esposti all'amianto riconosciuti dall'Inail e 90 mila sono i soggetti con riconosciuta malattia professionale o provvedimento giudiziario di riconoscimento; secondo l'Associazione italiana ex esposti amianto, il numero potenziale di esposti all'amianto sarebbe 680 mila e 80 mila sarebbero il totale delle vittime di amianto;
la soluzione per debellare le patologie asbesto correlate è evitare l'esposizione ad amianto tramite bonifiche che, tuttavia, avvengono con lentezza: a queste va affiancato un monitoraggio sanitario per permettere la diagnosi precoce e un intervento tempestivo;
solo nel febbraio 2018 è stata siglato un accordo in sede di conferenza Stato-regioni per l'adozione del protocollo di sorveglianza dei lavoratori ex esposti all'amianto, coinvolgendo diversi soggetti istituzionali, quali Inail, regioni, Asl e il Ministero della salute al quale, annualmente entro il 31 maggio, devono essere inviati i dati raccolti sul controllo sanitario dei lavoratori ex esposti;
solo parte delle regioni ha provveduto alla raccolta dati e all'adozione di un protocollo per la sorveglianza degli ex esposti;
la regione Campania risulta essere carente ed aver organizzato negli anni attività sporadiche e non risolutive, oltre a non essere dotata di un sistema di prevenzione di patologie legate all'esposizione all'amianto; conseguentemente, molti soggetti ex esposti ad amianto in Campania, al pari di residenti in altre regioni, si sono dovuti recare in strutture fuori regioni, sostenendone i relativi costi; a Castellammare di Stabia sono presenti cantieri navali di Fincantieri di rilevanza nazionale e internazionale, in cui è stato impiegato amianto quale materiale coibente, fonoassorbente ed antincendio nella costruzione;
dal 1980 Fincantieri ha diminuito l'uso di amianto, stoccando quello che già possedeva per svariate tonnellate in capannoni mentre alcuni operai continuavano a venire impiegati in mansioni a contatto con amianto senza specifiche protezione, tant'è che si sono verificate decine di vittime tra questi lavoratori per esposizione all'amianto;
nel febbraio 1995 la presenza di amianto nei magazzini e nel cortile del cantiere venne accertato dalle analisi fatte dall'Asl Napoli 5;
l'impiego di amianto nei cantieri stabiesi è confermato anche da testimonianze degli operai;
nel novembre 2014, tre ex dirigenti di Fincantieri sono stati condannati per la morte di 37 operai causate da patologie legate all'amianto, impiegati nei cantieri di Palermo;
recentemente ad un uomo, già operaio impiegato nell'indotto Fincantieri a Castellammare di Stabia per vent'anni, è stato recentemente riscontrata l'asbestosi –:
quali iniziative di competenza intende attivare il Governo per assicurare che le regioni diano seguito agli impegni assunti in sede di Conferenza Stato-regioni nel febbraio 2018, nonché a quanto previsto all'articolo 10, comma 2, della legge 257 del 1992 e, in caso contrario, se non intenda esercitare i poteri di cui al comma 4 del medesimo articolo di legge;
se il Ministro della salute intenda adottare iniziative per delineare regole fondamentali per una uniforme disciplina della sorveglianza sanitaria per tutto il territorio nazionale;
se il Governo intende chiarire, per quanto di competenza, se i cantieri Fincantieri di Castellammare di Stabia risultino ad oggi totalmente bonificati dalla presenza di amianto.
(2-00528) «Di Lauro, Del Monaco, Manzo, Iovino».
Interrogazioni a risposta scritta:
CASO e MICILLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nel giugno 2017 la stazione ferroviaria di Napoli Afragola è stata inaugurata «definitivamente», dopo almeno altre quattro precedenti inaugurazioni, con la prospettiva di diventare l’hub ferroviario del Mezzogiorno entro il 2022 e nel frattempo servire le province di Napoli, Caserta e Benevento evitando ai loro abitanti di dover raggiungere Napoli per accedere ai treni ad alta velocità;
dopo un'attesa di quasi venti anni (il progetto è stato presentato nel 2003) e una spesa di circa sessanta milioni di euro, la stazione è attualmente servita da un numero di treni ad alta velocità sensibilmente inferiore rispetto a quelli che fermano e fanno scalo a Napoli centrale, benché la linea ferroviaria sia la medesima. Nella tratta Afragola-Roma, infatti, si contano 10 Frecciarossa e 9 Italotreno a confronto di 42 Frecciarossa e 21 Italotreno che partono da Napoli centrale mentre nella tratta Roma Termini-Afragola si contano 20 Frecciarossa e 9 ItaloTreno a fronte di 50 Frecciarossa e 21 ItaloTreno che fermano a Napoli Centrale;
lo scarso utilizzo della stazione ferroviaria di Afragola costringe ancora i cittadini che risiedono a nord della provincia di Napoli e nelle province limitrofe a raggiungere il capoluogo per utilizzare i treni veloci, benché non vi siano impedimenti a far sostare tutti i treni da e per Napoli anche ad Afragola;
attualmente la stazione di Afragola non è servita da linee ferroviarie metropolitane né da linee tranviarie o autolinee che assicurino un adeguato collegamento con le aree circostanti e le città di Caserta e Benevento –:
se il Governo sia a conoscenza delle ragioni del sottoutilizzo della stazione ferroviaria di Afragola e quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire, anche in via sperimentale, che la maggior parte dei treni ad alta velocità in arrivo da Napoli e da Roma fermino anche ad Afragola.
(4-03848)
CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il comma 362 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 «al fine di ripristinare gradualmente la durata triennale della validità delle graduatorie dei concorsi di accesso al pubblico impiego» ha esteso entro determinati limiti temporali la validità dell'efficacia delle graduatorie;
secondo un orientamento del Consiglio di Stato, la proroga delle graduatorie del limite della loro efficacia triennale (deroga introdotta dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge del 29 dicembre 2011, n. 216 e successivamente più volte reiterata), non troverebbe applicazione rispetto all'amministrazione sanitaria, non soggetta a «limitazioni delle assunzioni»;
infatti, secondo la richiesta prot. GEN 2019/0052082 del 29 agosto 2019, inviata dal commissario straordinario della azienda ospedaliera di Perugia al dipartimento per la funzione pubblica avente ad oggetto «richiesta di chiarimenti in merito all'applicazione dell'articolo 1, comma 362, della Legge n. 145/2018 “Bilancio di previsione per l'anno finanziario 2019”», anche le aziende sanitarie della regione Umbria si sono attenute a questo orientamento e non hanno mai considerato prorogate le graduatorie ai sensi delle disposizioni di legge succedutesi nel corso del tempo, mantenendo il principio della loro validità triennale;
si evidenzia infatti che è sempre stato controverso se tra «amministrazioni soggette a limitazioni delle assunzioni» e quindi alle varie proroghe di efficacia delle graduatorie rientrassero o meno gli enti del servizio sanitario nazionale;
eppure la giurisprudenza ha riconosciuto anche l'esistenza nell'ordinamento attuale di «un generale favore per l'utilizzazione delle graduatorie degli idonei, che recede solo in presenza di speciali discipline di settore o di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico prevalenti, che devono, comunque, essere puntualmente enucleate nel provvedimento di indizione del nuovo concorso» (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 14 del 2011);
allo stato vi sono molteplici graduatorie, non solo nella regione Umbria, stilate a seguito di pubblici concorsi per la copertura di posti vacanti d'organico delle varie strutture sanitarie e molti operatori sanitari nutrono la fondata aspettativa di essere assunti;
la problematica esposta è fondamentale al fine di consentire alle amministrazioni sanitarie il reclutamento del personale necessario ad assicurare i livelli essenziali di assistenza (Lea) sanitaria con le corrette modalità –:
quali iniziative, anche di tipo normativo, intenda adottare il Governo al fine di favorire lo scorrimento e l'utilizzo delle graduatorie per le assunzioni del personale e chiarire la normativa in materia applicabile agli enti del servizio sanitario nazionale, fornendo le indicazioni applicative in tema di estensione dei termini di validità delle graduatorie e di reclutamento del personale mediante l'utilizzo in via prioritaria di graduatorie approvate.
(4-03858)
SERRITELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il mandato settennale del consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), organo di vertice della suddetta Autorità indipendente di cui è componente lo stesso presidente, scadeva nella data del 26 luglio 2019;
nella riunione del 23 luglio 2019 del consiglio dell'Agcom, a soli tre giorni dalla scadenza mediante la delibera n. 379/2019/CONS, veniva affidato l'incarico di direttore del servizio risorse umane e strumentali, ai sensi dell'articolo 24 del Regolamento – per il quale gli incarichi di direzione delle strutture organizzative di primo livello sono attribuiti dal Consiglio, hanno una durata non superiore a quattro anni e sono rinnovabili – all'ingegner Arturo Ragozini, sostituendo l'avvocato Nicola Sansalone allora responsabile ad interim del Servizio risorse umane;
l'articolo 7 del decreto-legge del 21 settembre 2019, n. 104, recante misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, stabilisce che «il Presidente e i componenti del Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249, in carica alla data del 19 settembre 2019, continuano a esercitare le proprie funzioni, limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti, fino all'insediamento del nuovo Consiglio e comunque fino a non oltre il 31 dicembre 2019»;
ancora oggi non sono stati eletti i consiglieri che la legge riserva al Parlamento, al fine di rinnovare tale organo –:
se il Governo abbia dato avvio, per quanto di competenza, alle procedure per la nomina del Presidente dell'Agcom, considerato anche il suddetto termine del 31 dicembre 2019.
(4-03859)
LUCASELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
è ormai notizia l'attracco al molo san Cataldo del porto di Taranto della nave Ocean Viking, di Sos Mediterranee e Medici senza frontiere, per lo sbarco dei 176 migranti soccorsi in due distinte operazioni ad una quarantina di miglia dalle coste libiche;
Lampedusa è ormai al collasso e il nuovo Governo ha aperto il porto pugliese, primo segnale del passaggio da una politica di «porti chiusi» a una politica di «porti aperti»;
all'indomani dell'accordo di Malta è forte la preoccupazione per una nuova ondata migratoria incontrollata che si riverserà sull'Italia, da sempre destinazione preferita degli scafisti;
la sensazione dell'interrogante che, con il trascorrere delle ore, sembra, purtroppo, trasformarsi in certezza è che questo accordo sia stato uno stratagemma dell'Europa per fingere di aiutare l'Italia in materia di accoglienza per poi lasciare i migranti sul territorio italiano in nome del trattato di Dublino;
la stessa Ministra Lamorgese, al termine del Consiglio dell'Unione europea a Lussemburgo, non si è inizialmente voluta pronunciare su quali Paesi avessero aderito all'intesa di Malta, per poi ammettere poco dopo che solo tre Paesi oltre a Italia, Francia, Germania e Malta hanno accettato di aderire alle nuove ricollocazioni dei migranti che, però, sono su base volontaria;
sbandierata come svolta storica, l'Italia è andata incontro all'ennesimo fallimento in materia di redistribuzione dei migranti;
quello di Taranto è un territorio già alle prese con perduranti, gravissime emergenze, e non può permettersi di essere gravato di ulteriori pesanti carichi. Le scelte compiute a livello nazionale hanno fortemente penalizzato il futuro di una città che ha subito e subisce molte ferite sul piano sanitario, occupazionale, ambientale e sociale –:
per quali motivazioni sia stato scelto il porto di Taranto per lo sbarco dei migranti a bordo della nave della Ong Ocean Viking e quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare per evitare che la redistribiazione su base volontaria dei migranti, come delineato nell'accordo di Malta, si traduca in una nuova emergenza immigrazione per l'Italia.
(4-03868)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta scritta:
RAMPELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il 21 e il 22 settembre 2019 si è svolta per il quinto anno consecutivo a Bruxelles, città sede del parlamento dell'Unione europea, la fiera Men having babies dedicata alle coppie gay che vogliono comprarsi un bambino con l'utero in affitto;
l'associazione organizzatrice offre seminari mensili e annuali a New York e collabora con le associazioni di genitori Lgbt per organizzare conferenze a San Francisco, Taipei, Chicago, Florida, Toronto, Tel Aviv e Bruxelles sul tema della maternità surrogata;
la conferenza di Bruxelles, secondo gli organizzatori, fornisce «consulenza imparziale sulla maternità surrogata negli Stati Uniti e in Canada, consulenza medica e di bilancio approfondita, e una gamma ancora più ampia di fornitori di servizi pertinenti rispetto al passato»;
tra gli appuntamenti in programma ne spicca uno dal titolo «Panoramica delle opzioni genitoriali disponibili per i gay europei, tra cui maternità surrogata e adozione negli Stati Uniti e in Canada»;
ai genitori che vogliono intraprendere il percorso, l'associazione garantisce un pacchetto completo, con tanto di consigli sulla selezione di «fornitori di servizi di maternità surrogata eticamente affidabili, suggerimenti per risparmiare sui costi e un supporto finanziario»;
le coppie omosessuali che si recano alla fiera possono consultare pacchetti completi con tutti i servizi: accompagnamento psicologico, assistenza legale, fornitura di ovuli, fornitura di madre surrogata, voli e hotel nei Paesi individuati dove farla partorire. Il tutto con un costo da un minimo di 95 mila dollari a un massimo di 160 mila;
l'associazione mette a disposizione anche un team di avvocati, per coloro che sono interessati a discutere e approfondire ulteriormente gli aspetti sociali, etici, legali ed empirici della maternità surrogata e dei genitori Lgbt;
in Italia la maternità surrogata è vietata dalla legge;
molti altri Stati europei vietano tale pratica;
in Belgio la maternità surrogata è consentita per fini altruistici ma non a fini commerciali;
il Parlamento europeo ha già condannato la pratica dell'utero in affitto –:
se il Governo sia intenzionato ad attivarsi in sede europea affinché tutti i Paesi membri dell'Unione vietino la pratica dell'utero in affitto e la possibilità di promuoverla.
(4-03852)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
SURIANO e LUCIANO CANTONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
nel territorio di Motta Sant'Anastasia (Catania) e in prossimità dei centri abitati sono presenti due discariche di rifiuti di proprietà della società Oikos spa, rispettivamente la discarica contrada Tiritì, chiusa nel 2014 per danno ambientale e mai bonificata, e la discarica in contrada Valanghe d'Inverno attualmente utilizzata; una delle due fu aperta alla fine degli anni settanta e nel tempo è stata interessata da vicende travagliate, con chiusure, riaperture con provvedimento provvisorio, sequestri e attività giudiziarie;
esse hanno stravolto il paesaggio occupando una vasta area e hanno nel tempo abbancato notevoli quantità di rifiuti provenienti da ogni parte della Sicilia, creando enormi disagi soprattutto per gli insopportabili miasmi che periodicamente si manifestano e da cui sono scaturite proteste e denunce;
nel 2010 nascono dei comitati di cittadini a Misterbianco e Motta Sant'Anastasia e nel 2011 iniziano le indagini dell'inchiesta giudiziaria chiamata «Terra mia», la quale nel 2014 svela una fitta trama di relazioni illecite tra funzionari della regione e imprenditori operanti nel settore dei rifiuti e che coinvolge Oikos spa insieme ai suoi vertici aziendali;
dal quotidiano «La Sicilia» del 10 novembre 2018 si apprende che sulla discarica «esaurita» di contrada Tiritì, la cui bonifica era stata assicurata dall'ex presidente della regione Rosario Crocetta ed ora oggetto di impegno del nuovo presidente Nello Musumeci, è intervenuta la «Commissione consiliare speciale di studio e monitoraggio discariche» del comune di Motta con una nota a firma della presidente dottoressa Daniela Greco, che riferisce che i rilievi compiuti da Arpa sulla rete dei piezometri dal settembre 2016 al settembre 2017 e ulteriori approfondimenti nel periodo aprile-maggio 2018 avrebbero consentito di accertare presenza non occasionale di acqua, non influenzata dalle condizioni atmosferiche e con concentrazione di nitriti, solfati, manganese e boro, superiori alle soglie di contaminazione (piezometro Pz10);
dai rilievi effettuati sia dalla commissione speciale discarica nel 2016 e sia dall'Ingegnere Di Rosa ad aprile del 2019 sembrerebbe che parte della discarica «valanghe d'inverno» sia stata realizzata al di fuori dell'area autorizzata dalla regione con il DRS 221/2009, in terreni non di proprietà Oikos (part. 131); la relazione dell'ingegner De Rosa, depositata al prot. gen. n. 11681 del comune di Motta cui la regione chiede un parere di conformità in merito alla perimetrazione e alla reale catastazione dello stato dei luoghi in cui insiste l'insediamento industriale, attesta inequivocabilmente che la particella 131 – intestata alla società Ilap-Fabbrica di laterizi – ricada in zona agricola;;
a ciò si aggiunge che in occasione del 27 settembre 2019, giornata del Global Strike for future contro i danni ambientali del pianeta causati dall'uomo, i dirigenti scolastici dei due comuni si sono visti recapitare una lettera della ditta Oikos, inviata anche al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per comunicare il loro disappunto, minacciando addirittura una diffida, in relazione alla manifestazione pacifica organizzata che si sarebbe tenuta davanti agli istituti scolastici prima dell'inizio dell'orario scolastico e il cui slogan annunciato era «bambini liberi di respirare»; –:
se siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano promuovere una verifica, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, per monitorare le matrici ambientali influenzate dalla presenza della discarica e se intendano avviare anche tramite l'istituto superiore di sanità, uno studio epidemiologico sui residenti più prossimi alla discarica interessata da emanazioni continue e costanti;
se si intendano adottare iniziative, per quanto di competenza in relazione alla lettera di diffida che il legale dell'Oikos spa ha inviato ai dirigenti scolastici.
(4-03864)
ELISA TRIPODI e FEDERICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
con delibera n. 909 dell'8 luglio 2016 l'assessorato al territorio e all'ambiente della regione Valle d'Aosta ha autorizzato la realizzazione e gestione di una discarica per rifiuti speciali inerti in località Pompiod nel comune di Aymevilles;
tale discarica è ubicata in area fortemente antropizzata, con presenza di attività produttive di particolare pregio quali coltivazione della vite, allevamento di bestiame, nonché apicoltura;
nelle immediate vicinanze del sito sono presenti anche siti di elevato interesse quali sentieri naturalistici e siti di interesse comunitario;
in data 5 giugno 2019 sono state depositate presso la presidenza della regione Valle d'Aosta oltre 1000 firme raccolte tra i cittadini residenti nella zona preoccupati, a dir loro, della poca trasparenza in merito alla gestione della discarica stessa, ai flussi dei rifiuti in termini di provenienza, quantità e tipologia;
successivamente, in data 17 settembre 2019, una delegazione del comitato che ha raccolto le firme è stata audita in seno alla III Commissione Permanente del consiglio regionale della Valle d'Aosta dove sono state ribadite le tante preoccupazioni già formalizzate all'interno della petizione –:
se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per il tramite del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di verificare la fondatezza delle preoccupazioni emerse e, nel caso, tranquillizzare la popolazione residente in merito alle attività svolte nella discarica di Pompiod.
(4-03867)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GALLO, MANZO, SARLI, VILLANI, NESCI, TESTAMENTO, DEL SESTO e NAPPI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:
la Reggia di Portici, residenza estiva costruita nel 1738 per volere del re di Napoli Carlo di Borbone e della moglie Amalia di Sassonia, è tra le più importanti testimonianze storiche della famiglia reale borbonica e della sua corte. Posta alle pendici del Vesuvio ha un bosco superiore, originariamente dedicato alla caccia, ed uno a valle, di tipo ornamentale, che si estende fino al mare;
nel 1876, la parte più estesa della Reggia fu acquistata dalla provincia di Napoli, che nella Reggia e nel parco insediò la Real scuola superiore di agricoltura, la prima per l'Italia meridionale ed insulare alla quale seguirono la creazione dell'Orto botanico nel Giardino di Flora e Giardino Soprano, l'apertura al pubblico del Bosco di Mascabruno e la successiva realizzazione della Villa comunale; nel 1935 l'Istituto superiore agrario è stato sostituito dalla facoltà di agraria dell'università di Napoli, la cui presenza oggi rende complessa una concreta valorizzazione del sito reale di Portici, a fronte di notevoli cambiamenti avuti nei decenni. Al riguardo, si pensi al numero di studenti di gran lunga superiore rispetto al secolo scorso, ai macchinari, ai laboratori e agli appezzamenti necessari per supportare le attività dei nuovi indirizzi del corso di laurea con la conseguente necessità di spazi sempre più ampi;
a partire dagli anni ottanta, la mancata tutela di questo sito ha comportato il deterioramento del palazzo reale e del Parco superiore della Reggia, attraverso una sequenza di atti che hanno causato danni irreparabili;
durante il regno di Carlo di Borbone e Amalia di Sassonia, il palazzo reale ha ospitato i reperti degli scavi di Ercolano, attualmente conservati all'interno di depositi del Museo archeologico nazionale di Napoli. Tali reperti, pari circa a 1.200, per la maggior parte sono conservati da anni senza che vi sia l'opportunità di esporli e di condividerli con visitatori e studiosi –:
se intenda adottare iniziative volte a restaurare il sito archeologico di Portici, ripristinando lo stato dei luoghi con l'eliminazione di tutti i manufatti e le strutture costruite dagli anni Ottanta e che deturpano il fascino di uno dei siti più rilevanti e rappresentativi della storia del sud Italia;
se si intenda restituire al palazzo reale la sua funzione di Herculaneum Museum, destinando alcune delle sale alla raccolta e alla tutela dei reperti dell'antica Ercolano e restituendo, così, ai visitatori e agli studiosi oltre 1.200 reperti archeologici;
se ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere un'oasi naturalistica all'interno del Parco superiore della Reggia, al fine di proteggere le numerose specie di animali che vivono al suo interno e reintroducendone delle altre, preservando il patrimonio naturalistico.
(5-02933)
NITTI e LATTANZIO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:
nel corso del convegno «Donne di Magna Grecia» organizzato a Taranto tra il 26 e il 28 settembre 2019 dall'Istituto per la Storia e l'archeologia della Magna Grecia, è stato annunciato un importantissimo rinvenimento di un giacimento di reperti archeologici durante i lavori preparatori alla tubazione nel tratto sottomarino del gasdotto Tap;
come riportato dal sito LecceSette e dal Nuovo Quotidiano di Puglia in data 28 settembre 2019, nella parte conclusiva dell'incontro, trasmesso in streaming, la dottoressa Maria Piccarreta, Soprintendente archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto ha fatto riferimento «ad un progetto nuovo, che si riferisce ai lavori nell'ambito delle operazioni di sorveglianza per la realizzazione del gasdotto nelle acque italiane, confinanti con quelle albanesi»;
secondo quanto affermato dal sito LecceSette, il rinvenimento di reperti in questione farebbe riferimento, in particolare, ad un relitto di un'imbarcazione di epoca antichissima e antecedente al periodo romano, intercettato dalle sofisticate attrezzature subacquee di Tap;
la profondità estremamente elevata di tale rinvenimento, disperso su un fondale di 780 metri di profondità, rappresenterebbe ad oggi il relitto più profondo mai indagato;
la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto ha la competenza della sorveglianza archeologica durante le operazioni di realizzazione del gasdotto Tap;
come riportato dal Nuovo Quotidiano di Puglia il 28 settembre 2019, una nota da Tap ha dato conferma alla notizia, specificando come nel corso dei sondaggi funzionali alla posa della tubazione nel tratto sottomarino del gasdotto, Tap abbia individuato elementi di significativo interesse archeologico dispersi sul fondo marino nella zona economica esclusiva italiana al centro del Mare Adriatico, ad una profondità di circa 780 metri;
la nota Tap ha poi specificato come «di concerto con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Provincie di Brindisi, Lecce e Taranto, Tap ha fornito il proprio supporto nel recupero dei reperti interessati mettendo a disposizione tecnologie d'avanguardia solitamente utilizzate nell'ambito della pratica subacquea industriale tipica del settore oil & gas. Tutte le operazioni avvengono sotto la direzione scientifica di funzionari e tecnici della Soprintendenza e la supervisione tecnica di archeologi professionisti del team Tap con pluriennale esperienza nel campo degli interventi in ambiente sommerso» –:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato affinché i reperti archeologici di eccezionale rilevanza rinvenuti nel corso dei lavori di realizzazione del gasdotto Tap e quelli non ancora recuperati non vengano dispersi, ma siano posti in sicurezza e successivamente debitamente valorizzati.
(5-02935)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta scritta:
COVOLO, CENTEMERO, BITONCI, CAVANDOLI, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la legge del 30 dicembre 2018 n. 145, ha istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, il Fondo indennizzo risparmiatori (Fir), chiamato ad indennizzare i risparmiatori che hanno subito un pregiudizio ingiusto da parte di banche e controllate con sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1o gennaio 2018;
la domanda di indennizzo può essere presentata, esclusivamente in via telematica e corredata da idonea documentazione, a decorrere dal 22 agosto 2019, per i 180 giorni previsti dalla normativa, tramite la piattaforma Consap - Concessionaria servizi assicurativi pubblici, nonché agenzia ministeriale che gestisce le domande di accesso al Fondo indennizzi;
tuttavia, la piattaforma stessa presenta tuttora molti punti critici ed è quasi totalmente impraticabile, poiché molte voci da completare non risultano essere chiare e, se compilate scorrettamente, rischiano di compromettere il risultato finale a discapito dei risparmiatori traditi dalle banche finite in default tra il 2015 e il 2016;
i risparmiatori necessitano di maggiore chiarezza, considerando che il termine di 180 giorni disponibili per procedere con la domanda di indennizzo si avvicina sempre di più e le migliorie tecniche non sono ancora state apportate. Molti risparmiatori, infatti, si sono smarriti nella giungla di richieste di documentazioni e dubbi interpretativi che non sono ancora stati risolti;
inoltre, secondo quanto riporta un articolo del 16 ottobre 2019 del Corriere del Veneto, le domande pervenute dal 22 agosto ad oggi sono appena 97. Altre 1.500 circa sono «parcheggiate» in attesa di integrazioni. Di conseguenza, questi numeri dimostrano che le istanze sono ancora molto poche rispetto a chi ha diritto al ristoro –:
quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato considerando le difficoltà interpretative dei risparmiatori nel presentare la richiesta di indennizzo, e se intenda valutare l'opportunità di adottare iniziative per prorogare il termine di presentazione della domanda, nella speranza che vengano apportate quanto prima le migliorie tecniche necessarie.
(4-03860)
CIRIELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2007, n. 116, fornisce un'apposita disciplina in materia di depositi dormienti;
tale decreto può essere applicato ai seguenti rapporti contrattuali identificati dall'articolo 2: deposito di somme di denaro, effettuato presso l'intermediario con l'obbligo di rimborso; deposito di strumenti finanziari in custodia ed amministrazione; contratto di assicurazione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 209 del 2005, in tutti i casi in cui l'assicuratore si impegna al pagamento di una rendita o di un capitale al beneficiario ad una data prefissata;
tra gli intermediari, presso i quali si potrebbe rinvenire un deposito dormiente, il summenzionato decreto indica all'articolo 1, comma 1, n. 6, anche la società per azioni Poste Italiane – divisione Bancoposta;
risulterebbe pacifica, pertanto, l'applicazione dell'intera disciplina anche ai libretti postali cosiddetti dormienti, ovvero quei libretti non movimentati da oltre 10 anni e che hanno un saldo superiore ai 100 euro;
per queste ragioni, a questi ultimi, si applicherebbe l'articolo 3 che prevede, in caso di conti dormienti, che l'intermediario debba inviare al titolare del rapporto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento indirizzata all'ultimo indirizzo comunicato o comunque conosciuto, o a terzi da lui eventualmente delegati, l'invito ad impartire disposizioni entro il termine di 180 giorni dalla data della ricezione, avvisandolo che, decorso tale termine, il rapporto verrà estinto e le somme ed i valori relativi a ciascun rapporto verranno devoluti al fondo la cui gestione è affidata ad un'apposita commissione nominata dal Ministro dell'economia e delle finanze;
si apprende, però, che in concreto gli esiti dell'invio delle comunicazioni sarebbero spesso infruttuosi; anzi, fonti giornalistiche rilevano anche che, molto spesso, le lettere raccomandate con avviso di ricevimento non verrebbero proprio inoltrate ai titolari dei conti, che scoprirebbero di aver perso i propri risparmi solamente in un momento successivo;
l'obbligo di avvisare i titolari dei libretti dormienti si ricaverebbe anche dall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 144 del 2001 («Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta»), che dispone la comunicazione ai clienti delle unilaterali variazioni contrattuali sfavorevoli;
da ultimo, in relazione agli obblighi in tal senso, è d'uopo ricordare una sentenza del giudice di pace di Sala Consilina del 19 ottobre 2017, n. 494, che avrebbe riconosciuto la responsabilità di Poste Italiane s.p.a., per mancato invio della raccomandata di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 2007;
a parere dell'interrogante, risulterebbe oltremodo necessaria una maggiore tutela nei confronti dei risparmiatori, cosiddetti contraenti deboli, potenziando la conoscenza dei complessi meccanismi insiti nelle contrattazioni finanziarie, affinché gli stessi possano far valere i loro diritti –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere, anche di natura normativa, per assicurare il rispetto della comunicazione da parte di Poste Italiane s.p.a. di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 2007, nei confronti dei titolari dei cosiddetti conti dormienti.
(4-03861)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta orale:
ASCARI, BUOMPANE, GRIPPA, NAPPI, LUCIANO CANTONE, MENGA e D'ORSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
Cismai è stato al centro di alcuni scandali riguardante l'impiego dei servizi sociali nella gestione di minori;
la sua attività e i suoi metodi sono stati fortemente criticati da associazioni ed esperti e sono state al centro del cosiddetto scandalo Bibbiano che ha visto l'arresto di numerosi soggetti ed altre decine di indagati, inclusi assistenti sociali e psicologi;
attualmente, alcuni tribunali ed altre istituzioni pubbliche usufruiscono dei servizi del Cismai, tra cui sembrerebbe anche l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, la quale le avrebbe commissionato la nuova indagine nazionale sui maltrattamenti di minori, che dovrebbe concludersi nel 2020 dopo una rilevazione campionaria che coinvolgerà 231 comuni italiani;
non solo, sembrerebbe che il Consiglio superiore della magistratura e la Scuola superiore della magistratura abbiano promosso per anni corsi di formazione per i magistrati italiani incentrati sulle idee (non riconosciute dalla comunità scientifica) del Cismai;
è fondamentale fare luce sulle basi scientifiche dei metodi adottati dal Cismai e sulla diffusione dei suoi metodi sul territorio italiano, a partire dall'impiego nelle istituzioni italiane –:
di quali elementi disponga in merito a quanto esposto in premessa;
se sia a conoscenza del numero di soggetti che collaborano con i tribunali italiani formati presso il Cismai o enti affiliati ovvero che utilizzano metodi da esso elaborati;
se sia a conoscenza degli importi erogati, e per quanti anni, dalla Scuola superiore della magistratura al Cismai direttamente o ai suoi rappresentanti o enti associati;
se non intenda adottare iniziative normative al fine di meglio specificare i criteri, validi su tutto il territorio nazionale, in tema di rapporti tra tribunali ed enti o esperti che si occupano di servizi sociali e servizi per l'infanzia.
(3-01041)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta scritta:
CAIATA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la strada statale 743 Nerico-Bella Muro (strada statale 743) è un'importante arteria in fase di completamento, il cui percorso attraversa la Basilicata e che collega la strada statale 407 Basentana (strada statale 407 (Svincolo di Balvano)
7 Via Appia (strada statale 7) – nota come Ofantina (area industriale di Nerico) –, con la strada statale 407 Basentana (strada statale 407) (Svincolo di Baivano);
tale arteria ha origine in seguito al terremoto dell'Irpinia del 1980, quando il Governo pro tempore decise di dare avvio ai lavori per la realizzazione di un collegamento veloce tra le aree industriali di Basilicata e Campania;
l'opera tuttora incompleta nasceva da un'ipotesi di progetto iniziale a cui sono susseguiti tutta una serie di annunci e proclami, oltre a svariati tentativi di consegna che dopo quasi quarant'anni non hanno portato ad alcun risultato, se non ad un ammontare complessivo delle spese di 330 milioni di euro;
inoltre, per esigenze amministrative e procedurali i lavori sono stati divisi nei seguenti lotti funzionali:
il 1° lotto che va dalla progressiva chilometri 0+000 (area industriale di Nerico) alla progressiva chilometri 5+800 (svincolo di Pescopagano), è stato ultimato, collaudato e consegnato alla provincia di Potenza, per la parte di sua competenza, il 5 dicembre 2012 ed alla provincia di Avellino, sempre per la parte di competenza, il 29 novembre 2012;
il 2° lotto, riguardante il completamento quasi totale del tratto viario dal chilometro 5+800 al chilometro 27+450, ed il 3° lotto, riguardante lo svincolo di Castelgrande, gli impianti delle due gallerie Montenuovo e Castelgrande, la tratta viaria da progressiva chilometri 22+050 a progressiva chilometri 22+680 e due cavalcavia sono stati consegnati all'Anas nell'anno 2018 ed aperti al pubblico in data 14 settembre 2018, ad eccezione della galleria Montenuovo in quanto oggetto di completamento circa;
l'impermeabilizzazione delle pareti e l'installazione dei corpi illuminanti;
a seguito di un ulteriore affidamento dei lavori di completamento della galleria Montenuovo, la ditta esecutrice ha completato le opere nel febbraio 2019. La gestione dei lavori è stata affidata allo staff del Ministero dello sviluppo economico, diretto dal commissario ad acta Filippo D'Ambrosio nominato ai sensi della legge n. 289 del 2002, articolo 86. Nel mese di dicembre 2018 in corrispondenza alla data del suo pensionamento, il commissario ad acta Ing. Filippo D'Ambrosio è stato sollevato dall'incarico di commissario ad acta. Il Ministro competente non ha provveduto alla nomina di un sostituto a cui far riferimento sia per la consegna dell'opera da parte dell'impresa, sia per la conseguente consegna del tratto di strada dal Ministero all'Anas per la messa in funzione della stessa, ad avviso dell'interrogante creando un vulnus amministrativo nel completamento dell'opera;
l'arteria, sebbene ultimata per il tratto che va dallo svincolo di Castelgrande allo svincolo di Rapone di circa cinque chilometri, risulta inagibile al diretto bacino di utenza per cause esclusivamente burocratiche. Ai fini del completamento, resta ancora sospeso lo svincolo di Muro Lucano, quale ultimo lotto stralcio ancora in fase di appalto, nonostante la creazione di uno svincolo provvisorio che permette l'utilizzo della strada in quel tratto –:
quali iniziative di competenza, anche di natura normativa, intenda assumere il Governo al fine di consentire il superamento della situazione di stallo amministrativo per il completamento dell'opera infrastrutturale e del suo utilizzo.
(4-03850)
GRIBAUDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:
la strada statale 21, che collega il sud del Piemonte con il sud della Francia attraverso il Colle della Maddalena e collega in particolare la città di Cuneo con Gap (Hautes-Alpes, Paca), attraversa i comuni di Demonte e Aisone, ove la strada passa all'interno dei centri abitati con strettoie pericolose sia per la transitabilità ordinaria sia per la sicurezza statica degli edifici prospicienti; detta strada statale è percorsa ogni giorno da oltre mille mezzi pesanti (autorimorchi o autoarticolati), in parte, per il trasporto merci tra Italia e Francia e, in parte, per il trasporto di acque minerali prodotte in lata valle;
il consiglio di amministrazione dell'Anas approvava già nel 2008 un progetto preliminare per una variante alla strada statale 21 «Colle della Maddalena» in provincia di Cuneo, che prevedeva una spesa complessiva dell'opera di circa 252 milioni di euro da realizzarsi in tre lotti, di cui il primo (variante di Demonte) era inserito già nel contratto di programma di Anas 2007-2011, con previsione d'appaltabilità nel 2009;
il primo lotto ha visto la progettazione di due varianti, la prima quasi completamente in sotterraneo, con un costo complessivo di investimento pari a circa 100 milioni di euro; la seconda con un tracciato più breve a valle dall'abitato, con un sola galleria, di circa 500 metri di lunghezza, e un viadotto, di pari lunghezza (per la quale è stato elaborato nel 2011 uno studio di fattibilità condiviso dagli enti locali) con un investimento complessivo di circa 51 milioni;
la seconda soluzione è stata inserita dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nella programmazione 2016-2020;
il sindaco di Demonte dal giugno 2016 ha dovuto ridurre la circolazione dei mezzi pesanti all'interno del centro abitato per consentire la realizzazione di opere di ristrutturazione di edifici del 1600 di grande pregio storico e artistico, che presentano lesioni strutturali a causa del traffico pesante, con la deviazione del senso di marcia in direzione Francia sulla strada provinciale 337 fino a dicembre 2016 per i mezzi pesanti;
il progetto definitivo relativo all'intervento – strada statale 21 della Maddalena variante di Demonte e Vìnadio (Airone) lotto I – variante di Demonte, inserito nel contratto di programma 2016-2020, è stato sottoposto, ai sensi dell'articolo 215, commi 3 e 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016, all'esame del Consiglio superiore dei lavori pubblici, che si è espresso con parere n. 39 del 21 giugno 2018 favorevole con osservazioni;
con avviso pubblico del 30 maggio 2018, protocollato dal comune di Demonte il 5 giugno 2018, Anas ha avviato la procedura di valutazione d'impatto ambientale; in virtù di ciò è atteso il parere dei Ministeri competenti per poter disporre la gara d'appalto dell'opera in questione;
con parere rilasciato il 27 settembre 2019, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha dato indicazione negativa all'ipotesi di galleria, con particolare riferimento alle possibili interferenze fra la realizzazione della galleria di esodo e la conservazione dei resti del «forte della consolata»;
il progetto di circonvallazione risulta dunque oggi definitivamente bloccato –:
quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per realizzare la circonvallazione di Demonte, visti i danni strutturali che il traffico pesante sta causando ai centri abitati, i rischi per la salute dei cittadini e la necessità di salvaguardare nel futuro le ristrutturazioni messe in opera dal comune di Demonte;
se i fondi previsti per la realizzazione del progetto bocciato siano disponibili per ulteriori ipotesi progettuali.
(4-03851)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
ROSPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella serata del 10 ottobre 2019 nel comune ionico di Policoro, in provincia di Matera, si è verificata una sparatoria in pieno centro cittadino nel parcheggio antistante l'ospedale;
il conflitto a fuoco ha interessato due pregiudicati locali e considerando il luogo e l'orario solo per un caso fortuito non si contano ulteriori vittime tra la popolazione;
negli ultimi anni la fascia ionica ha subito un aumento esponenziale della criminalità organizzata, come dimostrano anche gli arresti eseguiti nelle corse settimane nel comune di Scanzano jonico, sempre in provincia di Matera;
tra le attività criminali maggiormente diffuse sul territorio ionico vi sono la gestione del racket delle estorsioni, in particolare nei confronti delle imprese ortofrutticole che rappresentano il traino per l'intera economia locale, gli incendi dolosi al fine di intimidire la popolazione e gli imprenditori locali, le rapine, lo spaccio di droga e diversi tentati omicidi, tutti caratterizzati dall'utilizzo di metodi mafiosi;
questo susseguirsi di attività criminali comporta un continuo stato di paura e ansia nella popolazione locale nella classe imprenditoriale del luogo che ogni giorno vive nel timore di minacce e ripercussioni –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica esposta in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di potenziare l'organico delle forze dell'ordine sul territorio per poterlo meglio presidiare e contrastare le attività criminali in continuo aumento.
(4-03855)
CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
negli ultimi anni, grazie alle attività delle forze dell'ordine, la procura della Repubblica di Salerno avrebbe aperto una moltitudine di fascicoli, afferenti reati contro la pubblica amministrazione su questioni che avrebbero riguardato il comune di Eboli; fonti giornalistiche rilevano come, in occasione del consiglio comunale tenutosi pochi giorni fa, precisamente il 3 ottobre 2019, il presidente del consiglio comunale, Fausto Vecchio, abbia attaccato la compagnia dei carabinieri di Eboli, rivolgendo loro una serie di accuse;
il signor Vecchio, infatti, evidenziando problematiche concernenti la sicurezza territoriale, avrebbe dichiarato che «sembra che le Forze dell'Ordine abbiano perso un po’ il controllo della situazione, parlando con i cittadini la sensazione pare proprio questa; è la percezione che si ha in periferia, dove c'è il Far West; sul territorio c'è una forte paura nell'uscire di notte a causa dello spaccio di bande di teppisti che compiono scorribande al loro piacimento; per non parlare del centro storico che è incontrollato ed è meta durante la notte di extracomunitari – che spero vengano censiti perché non si sa se sono regolari o irregolari –; poi ci sono organizzazioni che perseguono il loro business, incontrollati ed indisturbabili; mentre il Comandante della Compagnia dei Carabinieri in persona è impegnato nelle misurazioni degli spazi antistanti a qualche fabbricato [...] mi sembra un episodio che meriterebbe di essere discusso probabilmente davanti al comando provinciale dei carabinieri, al Prefetto, al Questore, alle autorità superiori. Una vera vergogna, tanto rumore per nulla»;
da tali dichiarazioni trasparirebbe, ad avviso dell'interrogante, che un rappresentante di un'istituzione abbia accusato il comandante dei carabinieri – e, quindi, un'altra istituzione – di occuparsi di questioni meno importanti piuttosto che della sicurezza del territorio;
a parere dell'interrogante, le riportate affermazioni del presidente del consiglio comunale di Eboli contro la compagnia dei carabinieri del territorio risultano essere di estrema gravità, soprattutto alla luce dell'impegno che la stessa pone in essere quotidianamente nell'accertamento di qualsiasi violazione, con immensi sacrifici e spirito di abnegazione –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per mettere in campo tutte le azioni volte a tutelare la legalità e a garantire il sostegno all'Arma dei carabinieri in relazione a simili episodi.
(4-03856)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta scritta:
DI MURO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la decisione di Trenitalia di chiudere Ferrotel di Ventimiglia comporta il licenziamento di 5 lavoratori della società Pulitalia servizi, azienda che gestisce in appalto, per conto di Ferservizi, i Ferrotel in Liguria;
il Ferrotel è la struttura che ospita il personale mobile di Trenitalia che, per effetto dei turni, deve pernottare fuori residenza e alla frontiera con la Francia;
trattasi di un edificio per il quale non è mai stato deciso di investire in opere di adeguamento e ammodernamento, nonostante le ripetute richieste anche da parte dei sindacati;
i licenziamenti derivano, quindi, dalla scelta di Trenitalia di rivolgersi a strutture alberghiere del territorio anziché utilizzare il Ferrotel, di proprietà del gruppo;
l'interrogante, in proposito, ha scritto una missiva agli amministratori delegati di Trenitalia e di Federservizi l'11 giugno 2019, ad oggi priva di risposta;
per i sindacati «si tratta dell'ennesima crisi degli appalti ferroviari in Liguria. Solo questa settimana siamo stati costretti a dichiarare uno sciopero sull'appalto della pulizia delle stazioni per i ritardi dei pagamenti, a chiedere l'intervento della committenza sull'appalto delle batterie di Savona per l'assenza di tutele reddituali sul cambio appalto, e l'intervento della capogruppo Fs Holding per i licenziamenti di Ventimiglia» –:
se e quali iniziative di competenza intendano adottare, anche convocando un tavolo istituzionale con i vertici aziendali e le rappresentanze sindacali dei lavoratori, a salvaguardia dei posti di lavoro e a soluzione della crisi degli appalti ferroviari in Liguria.
(4-03853)
FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge n. 4 del 2019 convertito dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, istituisce il reddito di cittadinanza, misura di sostegno alla povertà;
in sede di conversione del decreto è stato inserito, all'articolo 2, il comma 1-bis, il quale prevede l'obbligo per tutti i cittadini extra Unione europea di produrre, non solo l'attestazione Isee come i cittadini italiani ed europei, ma anche certificazione – spesso impossibile da reperire – «rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, tradotta in lingua italiana e legalizzata dall'autorità consolare italiana» attestante la situazione reddituale e patrimoniale all'estero nonché la composizione del nucleo familiare;
la norma prevede, comunque, che un successivo decreto ministeriale stabilisca i Paesi per i quali è «oggettivamente impossibile» procurarsi tale documentazione, ma il termine per l'emanazione del decreto è scaduto nel mese di giugno 2019 e il decreto non è stato ancora emanato;
in data 5 luglio 2019 l'Inps ha emanato una circolare con la quale ha sospeso «a tempo indeterminato» tutte le domande di reddito di cittadinanza presentate da cittadini extra Unione europea, in attesa dell'emanazione del decreto ministeriale;
tale sospensione riguarda anche i titolari di status di rifugiato i quali, per espressa previsione di legge, sono esonerati dall'obbligo di produrre la suddetta documentazione;
in un articolo del 7 agosto 2019 pubblicato da «Il Foglio.it» si leggeva: «Il Ministero del lavoro fa sapere che il decreto è in fase di ultimazione. In questi giorni ci sta lavorando il ministero degli Esteri, e potrebbe essere pronto prima della pausa estiva, altrimenti verrà pubblicato a settembre»;
in data 10 settembre 2019, le associazioni Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione), Apn (avvocati per Niente), Fondazione Guido Piccini e Naga, hanno depositato un ricorso contro l'Inps al tribunale di Milano;
a parere dell'interrogante l'articolo 2, comma 1-bis, della legge 28 marzo 2019, n. 26, contrasta con il generale principio di parità di trattamento dello straniero previsto dall'articolo 2, comma 2, del testo unico sull'immigrazione, con l'articolo 3 della Costituzione nonché con Testo unico immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) e l'articolo 28 del decreto legislativo n. 150 del 2011, ponendo gli stranieri in una situazione di svantaggio proprio in ragione della loro condizione di stranieri –:
se, tenuto conto che il termine per l'emanazione del decreto con l'elenco dei Paesi extra Unione europea è scaduto nel giugno 2019 non intenda assumere iniziative per procedere all'immediata emanazione del decreto contenente l'elenco dei Paesi dai quali è «oggettivamente impossibile» recuperare la documentazione richiesta ai cittadini extra Unione europea per l'accesso al reddito di cittadinanza, al fine di sbloccare le domande di reddito di cittadinanza dei cittadini dei Paesi in questione.
(4-03854)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
BENEDETTI, CUNIAL, GIANNONE e VIZZINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
la legge 2 dicembre 2016, n. 242, entrata in vigore il 14 gennaio 2017, reca «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa»;
l'interruzione della coltivazione e della trasformazione della canapa in Italia per oltre cinquanta anni ha determinato un pesante gap tecnologico rispetto agli altri Paesi produttori sia nell'ambito della genetica, settore in cui l'Italia aveva in passato primeggiato, sia per quanto riguarda l'efficienza dei macchinari agricoli e di quelli per la prima trasformazione;
allo scopo di aiutare il settore a superare tale divario, l'articolo 6 della legge citata prevede incentivi per la filiera della canapa per favorirne il miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione;
si prevede quindi che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, compatibilmente con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, destini annualmente al settore della canapa una quota delle risorse disponibili a valere sui piani nazionali di settore di propria competenza, nel limite massimo di 700.000 euro;
inoltre, una quota delle risorse iscritte annualmente nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sulla base dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge 23 dicembre 1999, n. 499, può essere destinata — con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali — al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e i processi di prima trasformazione della canapa, finalizzati prioritariamente alla ricostituzione del patrimonio genetico e all'individuazione di corretti processi di meccanizzazione;
non risulta agli interroganti che tali risorse — a quasi tre anni dall'entrata in vigore della legge — siano mai state erogate –:
se quanto risulta agli interroganti corrisponda al vero e, in caso affermativo, quali siano i motivi di tale clamoroso ritardo da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nell'erogazione delle risorse previste dall'articolo 6 della legge 2 dicembre 2016, n. 242.
(5-02936)
Interrogazioni a risposta scritta:
LO MONTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
è risaputo che l'agricoltura siciliana vive, ormai da decenni, uno stato di crisi, cui è sottoposto, seppur in misura minore, l'intero comparto agricolo nazionale;
ciò si deve all'introduzione nel nostro Paese di prodotti provenienti da Paesi terzi; si pensi alle arance marocchine e tunisine o all'olio tunisino. L'introduzione di questi prodotti nel nostro Paese, in particolare per la Sicilia, comporta, oltre che una situazione di concorrenza, sleale in alcuni casi, anche il rischio del diffondersi sul territorio italiano di fitopatie che possono danneggiare seriamente le produzioni con conseguenti aggravi di spese per i produttori;
inoltre, si registra la mancanza di campagne di promozione e comunicazione istituzionale dei prodotti siciliani, al fine di incentivarne l'utilizzo da parte del consumatore finale e accrescere la competitività e la qualità del settore agrumicolo e oleario;
in tale disastroso contesto, opportunamente evidenziato dalle associazioni di categoria, l'incremento dei costi di gestione rispetto ai ricavi ottenuti connessi alla vendita dei prodotti agricoli sta lentamente determinando la chiusura di migliaia di imprese agricole, provocando evidenti problemi sociali, ambientali ed economici;
nei decenni precedenti, tra l'altro, i cosiddetti «sostegni specifici» in agricoltura, adottati dai precedenti Governi, sono stati molto penalizzanti per gli agricoltori e gli allevatori siciliani, oltreché lesivi dei loro diritti, poiché non hanno previsto nessun obiettivo strategico nazionale da perseguire e nessun intervento nell'ambito di politiche di valorizzazione della qualità e del miglioramento della commercializzazione e di compensazione effettiva delle situazioni di svantaggio, bensì hanno prodotto esclusivamente una diversa riallocazione delle risorse, spostandole dal Mezzogiorno a tutto vantaggio del Nord del Paese –:
quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere al fine di fronteggiare la grave crisi economica che sta investendo l'agricoltura siciliana e affinché la stessa possa tornare ad essere per la Sicilia settore trainante dell'economia.
(4-03847)
CUNIAL. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
in un'intervista rilasciata sulla «La Gazzetta del Mezzogiorno», il sottosegretario Giuseppe L'Abbate, richiama l'attenzione sull'utilizzo di pesticidi imposti per legge per l'ipotetico controllo della diffusione della xylella fastidiosa in Puglia. Lo stesso afferma di aver «sempre rispettato l'evolversi della ricerca scientifica» e sostiene l'utilità dei pesticidi per «uccidere le sputacchine, gli insetti vettori della patologia», dichiarando che «il principio attivo autorizzato è lo stesso che ritroviamo nei prodotti utilizzati nelle città italiane contro le zanzare», ad avviso dell'interrogante, sminuendone la pericolosità;
il riferimento è ai piretroidi, per i quali ampi e autorevoli studi (ad esempio Canadian Health Measures Survey, PELAGIE mother-child cohort study, VHEMBE cohort study) hanno documentato effetti sanitari negativi nell'essere umano, primi fra tutti le alterazioni comportamentali e dello sviluppo neuro-cognitivo nei bambini. La ricerca scientifica ha anche permesso di identificare la pericolosità dell'acetamiprid, l'altro pesticida neonicotinoide imposto in Puglia insieme ai piretroidi in deroga alle disposizioni vigenti, non citato dal sottosegretario, vietato in Francia da aprile 2018 per gli effetti devastanti sull'ambiente e capace di generare poricolosi effetti biologici (alterazioni istologiche epatiche e spleniche, alterazioni riproduttive e dello sviluppo embrionale), anche a concentrazioni basse;
sul controllo della xylella l'Efsa ribadiva, nel 2015, che «L'uso intensivo di trattamenti insetticidi per limitare la trasmissione della malattia e il controllo dell'insetto vettore può avere conseguenze dirette e indirette sull'ambiente, modificando intere catene alimentari con conseguenze a cascata, a vari livelli trofici. Ad esempio, si guarda con grande preoccupazione all'attuale impatto indiretto dei pesticidi sull'impollinazione»;
gli esperti mondiali di xylella (Sicard, Almeida) nel 2018 affermavano che «l'uso di insetticidi, anche qualora efficace, non è sempre necessario e giustificabile economicamente per la bassa efficacia e gli alti costi», riportando esperienze pregresse a sostegno di questa affermazione. Gli stessi affermavano anche che «utilizzare queste sostanze significa non rendersi conto dell'effetto biocida sugli insetti utili, dell'alterazione dell'ecosistema, degli effetti negativi amplificati dall'abuso degli altri insetticidi, della possibile comparsa di resistenze a quelle sostanze, che le renderebbero rapidamente inefficace»;
l'inutilità dei trattamenti pesticidi imposti per legge, a distanza di alcuni mesi dai trattamenti eseguiti (maggio-giugno), è confermata dagli ultimi rilievi eseguiti dalla regione Puglia (11 settembre 2019) che hanno dimostrato livelli di insetto vettore costanti nella zona cuscinetto; gli insetti vettori sono presenti nella zona contenimento e vi sono «catture crescenti rispetto ai valori precedenti» nella zona infetta, dove si è anche rilevato «un incremento percentuale d'individui positivi a xylella fastidiosa (infetti) rispetto alle determinazioni effettuate nei rilievi precedenti»;
ad oggi nessuna informazione aggiornata è stata fornita sui livelli di contaminazione da piretroidi e neonicotinioidi di suolo, falde acquifere e prodotti agricoli, non è stato misurato l'impatto ecologico globale dei trattamenti pesticidi, né viene monitorata in maniera adeguata la presenza di «insetti utili» (ad esempio impollinatori) nella stessa area –:
se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per garantire anche in Puglia il diritto alla salute dei cittadini, alla tutela dell'ambiente e della biodiversità, nonché il rispetto di tutte le evidenze scientifiche disponibili;
se e quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per evitare che pericolose informazioni in tale ambito siano incentivate e diffuse da parte di chi, diffondendo certi messaggi, mette a rischio la salute pubblica e il territorio;
se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare per porre fine a una discriminazione territoriale che – tramite il «decreto Martina» prima e il «decreto emergenze» poi – fa sì che sul territorio italiano vi siano intere popolazioni costrette a subire irrorazioni di sostanze tossiche, in danno delle acquisizioni della scienza e del rispetto di diritti Costituzionali.
(4-03863)
POLITICHE GIOVANILI E SPORT
Interrogazioni a risposta scritta:
PALAZZOTTO. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
diversi servizi giornalistici – tra i quali l'articolo pubblicato su Il Manifesto il 21 settembre 2019, dal titolo «Basket e integrazione, non si ferma il Tam Tam» e il servizio della trasmissione televisiva «Le Iene» del 24 settembre 2019, dal titolo «Tam Tam Basket: non abbastanza italiani per l'eccellenza» – hanno evidenziato come l'assenza di una legge che consideri cittadini italiani tutti quei ragazzi nati e regolarmente residenti in Italia da genitori stranieri, ha determinato la mancata iscrizione della squadra di basket «Tam Tam» di Castel Volturno al campionato regionale campano;
la «Tam Tam basket», infatti, è composta interamente da minorenni, figli di immigrati di origine nigeriana e dunque considerati stranieri sia per la legge italiana che per quella sportiva;
Tam Tam Basket rappresenta uno dei progetti sportivi e di integrazione più coraggiosi d'Italia e più premiati nel mondo e ha strappato dalla strada e dall'inattività una sessantina di ragazzi che spesso vivono in situazioni economiche e familiari difficilissime;
al fine di rimuovere il suddetto ostacolo e permettere alla squadra di basket «Tam Tam» di Castel Volturno di partecipare al campionato regionale campano, nel testo della legge di bilancio per l'anno 2018 è stata inserita la norma ribattezzata «salva Tam Tam» che prevede la possibilità per tutti i figli di genitori stranieri di poter partecipare a qualsiasi tipo di sport senza alcuna limitazione e discriminazione, se in grado di dimostrare la frequenza del figlio ad almeno un anno scolastico in qualsiasi classe e ordinamento italiano;
grazie alla suddetta disposizione, la squadra «Tam Tam» riuscì a disputare il campionato, dominandolo per la sua intera durata e riuscendo a vincerlo, facendo così riscuotere alla nuova norma, che nel frattempo ha visto destinatari ben 500 mila ragazzini, grande successo nel mondo sportivo;
per la normativa italiana in vigore questi atleti saranno italiani solamente dopo il compimento della maggiore età; conseguentemente essi non potranno partecipare al campionato nazionale di eccellenza under 16 di pallacanestro;
questa situazione ha generato molta amarezza all'interno del gruppo dei ragazzi di Castel Volturno, per il semplice motivo che distrugge la filosofia che ha ispirato il progetto nato in un territorio come Castel Volturno, considerato sotto il controllo della mafia, in particolare quella nigeriana –:
quali iniziative il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, affinché il progetto «Tam Tam Basket» possa continuare ad esistere visto l'importante lavoro di integrazione e cultura della legalità che tale realtà svolge in un territorio come Castel Volturno, dove alta è la presenza della criminalità organizzata, anche promuovendo un'ulteriore modifica della normativa in materia di tesseramento sportivo.
(4-03857)
GUIDESI e BELOTTI. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:
al fine di coordinare la scelta dell'amministratore delegato del Comitato organizzatore di Milano-Cortina 2026, lunedì 7 ottobre 2019 si è svolta una riunione a Verona in cui, oltre al Ministro per le politiche giovanili e lo sport Vincenzo Spadafora e al Presidente del Coni Giovanni Malagò, erano presenti anche i governatori della Lombardia e del Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia, e i sindaci di Milano e di Cortina, Giuseppe Sala e Gianpietro Ghedina;
la rosa tra cui scegliere il futuro amministratore delegato del Comitato Milano-Cortina 2026 vede in corsa l'ex amministratore delegato di Sky Tom Mockridge, l'ex amministratore delegato di Rinascente e Grandi stazioni, Alberto Baldan e l'ex amministratore delegato della compagnia telefonica «3» Vincenzo Novari;
sempre secondo quanto riportato da organi di stampa, il compito di seguire il processo che porta alla selezione del futuro amministratore delegato del Comitato organizzatore di Milano-Cortina 2026, sarebbe stato affidato alla società di «cacciatori di teste» Spencer Stuart, anche se non esiste nessuna specifica lettera d'incarico e non è chiaro con quale procedura il compito sia stato affidato. L'unico documento esistente è la proposta della società Spencer Stuart, datata 24 settembre 2019 avanzata al Coni e inoltrata da quest'ultimo alla società Sport e Salute il 4 ottobre 2019. Nella proposta viene indicata la parcella richiesta per la consulenza pari a 10.000 euro (+ Iva), aumentata del 30 per cento dello stipendio del Ceo che verrà selezionato (circa 500.000 euro/anno);
in conclusione un appalto di circa 160.000 euro sarebbe stato assegnato, di fatto, senza gara e senza la minima documentazione che attesti le modalità di scelta della società Spencer Stuart –:
se quanto narrato in premessa corrisponda al vero e, se confermato, quali siano le intenzioni del Ministro interrogato in merito a questa procedura irrituale e poco trasparente che rischia di gettare, fin da subito, un'ombra di illegittimità sulla gestione delle Olimpiadi invernali del 2026.
(4-03865)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
LORENZIN, CARNEVALI, PINI, SCHIRÒ e RIZZO NERVO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'emicrania è una malattia neuro-vascolare, altamente disabilitante, con conseguente limitazione delle attività quotidiane;
l'emicrania è una delle patologie più diffuse a livello mondiale con una prevalenza stimata al 12 per cento. Inoltre, secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, l'emicrania rappresenta la terza patologia più frequente al mondo nella fascia di età compresa tra i 25 e i 39 anni, la seconda più disabilitante;
l'emicrania è una malattia di genere: pur essendo presente in entrambi i sessi, studi dimostrano come questa patologia sia più frequente di 3-4 volte nelle donne rispetto agli uomini e peraltro nel periodo della vita di maggiore produttività lavorativa e sociale. L'emicrania è infine correlata a diverse comorbidità emerse da recenti metanalisi;
sta finalmente emergendo la consapevolezza che l'emicrania non è un «semplice mal di testa» ma è una patologia seria e invalidante, dall'impatto grave sulla qualità di vita delle persone, soprattutto delle donne. Numerosi studi hanno infine stimato le conseguenze in termini di mancata produttività per le aziende e per i lavoratori. Si citi il recente studio di Assolombarda, che stima in 500 milioni di euro all'anno la perdita netta per il sistema produttivo lombardo a causa dell'emicrania;
con una iniziativa molto opportuna, il Parlamento sta ultimando l'iter approvativo di un disegno di legge per il riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale. Un ulteriore progetto di legge inizia il suo iter adesso per l'inserimento della cefalea tra i Livelli essenziali di assistenza (Lea);
di recente sono state approvate dalle autorità europee e americane (Ema e Fda) nuove classi di farmaci che costituiscono un approccio innovativo nel trattamento dell'emicrania. Si tratta di farmaci selettivi poiché costituiti da anticorpi monoclonali diretti contro un «bersaglio» denominato CGRP o contro un suo recettore, che ha un ruolo centrale nella fisiopatologia dell'emicrania. Le autorità italiane sono ancora impegnate nel percorso autorizzativo che, come denunciato dalle associazioni di pazienti, parrebbe essere eccessivamente lento, non lineare e non pienamente coerente con lo spirito di tale, nuova e diffusa consapevolezza –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questo percorso e delle motivazioni che sembrano rallentare il percorso di approvazione e di rimborsabilità di tali innovativi farmaci, parecchio attesi da una platea molto vasta di pazienti.
(5-02934)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta orale:
SURIANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 4 settembre 2017, in esecuzione del decreto del Ministero dello sviluppo economico datato 25 settembre 2015, ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, è stata costituita la nuova camera di commercio a seguito dell'accorpamento di quelle di Catania, di Ragusa e di Siracusa, con l'elezione di Pietro Agen in qualità di presidente (già presidente della camera di commercio di Catania dal 2007 al 2012, poi commissariata);
nel mese di marzo 2019 il presidente Piero Agen ha rilasciato un'intervista alla giornalista Elena Giordano per la rivista mensile S, il cui titolo è «La mia vita da massone», in cui Agen dichiara di appartenere alla GOI, Grande Loggia del Grande Oriente d'Italia. Come precisato dallo stesso Agen, attualmente è «in sonno» che tecnicamente indica una sorta di sospensione dalle attività rituali della loggia di appartenenza;
in data 4 ottobre 2019 la testata giornalistica on-lineSudpress pubblica un articolo, con il titolo «CamCom: Piero Agen massone, prefettura investe il presidente della regione per verificarne la legittimità», da cui si evince che la Codacons, associazione di consumatori, abbia chiesto, alla prefettura di Catania, di avviare un procedimento per la verifica dei requisiti in capo all'attuale presidente della camera di commercio del Sud Est Piero Agen, poiché avendo dichiarato di essere massone potrebbe violare la legge n. 530 del 1993;
la legge di riordino della camera di commercio n. 580 del 1993, all'articolo 13, comma 2, lettera f), reca la seguente previsione «Non possono far parte del Consiglio Camerale coloro che siano iscritti ad associazioni operanti in modo occulto o clandestino e per la cui adesione siano richiesti un giuramento o una promessa solenne»;
nella Costituzione massonica del GOI sono prescritte le seguenti circostanze: «ogni membro al fine di rendere sacri i propri impegni deve aver prestato Solenne Promessa sul Libro della Loggia da esso ritenuto Sacro» e «il Fratello in posizione di sonno (...) è soggetto ai doveri derivanti dall'iniziazione muratoria»;
si legge ancora nell'articolo che l'avvocato Elisa Di Mattea per conto della Codacons, presente nel consiglio camerale, ha segnalato la circostanza alla prefettura di Catania, che prendendone atto, ha inviato una nota all'organo di controllo cioè al presidente della regione, Nello Musumeci;
a quanto consta all'interrogante in ultimo il 1° ottobre 2019 il capo di gabinetto della presidenza della regione dottoressa Madonia ha trasferito la pratica all'assessorato regionale attività produttive per avviare il procedimento di valutazione;
la gestione del presidente della nuova camera di commercio del Sud Est è per l'interrogante censurabile alla luce delle criticità sopra evidenziate e per il fatto che lo stesso ha espresso la volontà di trattare la vendita di un aeroporto pubblico, ossia l'aeroporto di Catania –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;
se il Governo intenda adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per chiarire l'eventuale compatibilità della carica di presidente di camera di commercio con la partecipazione ad associazioni come quella di cui in premessa.
(3-01042)
Interrogazione a risposta in Commissione:
FERRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in data 16 ottobre 2019 presso la Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati si è svolta l'audizione dei vertici di ArcelorMittal;
nel corso della seduta sono state rivolte domande precise all'ex presidente e amministratore delegato Jehl, alla presenza del nuovo presidente e amministratore delegato Lucia Morselli, sulle intenzioni di ArcelorMittal in ordine al futuro di Sanac;
Sanac è un'azienda che opera nel campo della lavorazione di refrattari dal 1939;
Sanac, leader in Italia nel settore con circa il 35 per cento del mercato nazionale, è presente nel nostro Paese con quattro stabilimenti produttivi, Gattinara, Grogastu, Massa e Vado Ligure, dove sono impiegati complessivamente circa 350 dipendenti con un fatturato annuo di 150 milioni di euro;
in particolare, lo stabilimento di Massa, che occupa ad oggi 120 dipendenti, è attivo nella produzione e nell'assistenza tecnica di refrattari per il sistema di spillaggio denominato «a cassetto» per siviera (sistema brevettato e progettato nello stesso stabilimento);
Sanac è in amministrazione straordinaria dal 2015 e ha risentito negli ultimi anni delle difficoltà giudiziarie e produttive di Ilva, il gruppo industriale da cui provengono il 75 per cento delle commesse di Sanac;
nel mese di novembre 2018 il gruppo Ilva è stato ceduto alla multinazionale dell'acciaio Arcelor Mittal;
ArcelorMittal ha manifestato la volontà di acquisire alcune società monocommittenti di Ilva tra cui Sanac;
tuttavia, ArcelorMittal ha ritenuto necessario un ulteriore periodo di tempo utile per preparare e programmare adeguatamente l'acquisizione, estendendo, con una prima proroga, fino al 30 settembre 2019 la validità dell'offerta e della relativa garanzia bancaria fornita;
successivamente, alla scadenza di tale termine, ha deciso una ulteriore proroga al 20 dicembre 2019;
i sindacati e le istituzioni territoriali in cui sono presenti gli stabilimenti di Sanac hanno espresso forte preoccupazione per lo sviluppo della vicenda;
per queste ragioni e alla luce delle considerazioni esposte, nel corso dell'audizione è stato richiesto un chiarimento sulle intenzioni dell'attuale management di ArcelorMittal in ordine all'intenzione di includere o meno la Sanac all'interno di un progetto industriale che la rilanci e ne valorizzi le potenzialità;
purtroppo, le domande sono rimaste senza risposta ed è forte la preoccupazione che l'azienda non sia una priorità per ArcelorMittal;
Sanac è però uno stabilimento importante dove sono impiegati tanti lavoratori, è un'azienda in salute che produce utili e occupa con successo un importante settore di mercato;
Sanac non presenta le criticità ambientali di Ilva e merita un'attenzione adeguata al valore degli impianti produttivi. Dimenticarsene rappresenterebbe una sconfitta per tutti –:
se il Ministro intenda convocare con urgenza i vertici di ArcelorMittal e i commissari affinché si decida il futuro di Sanac e si faccia chiarezza su quali iniziative urgenti si intendano assumere, in relazione a quanto espresso in premessa, al fine di scongiurare la liquidazione del gruppo Sanac e mantenere gli attuali livelli occupazionali.
(5-02937)
Interrogazioni a risposta scritta:
RAMPELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
a giugno 2017, l'Istat ha pubblicato un report riguardante il trasferimento all'estero, nel triennio 2015-2017, della produzione di imprese italiane in cui emerge che circa 700 imprese abbiano delocalizzato attività o funzioni precedentemente svolte in Italia; di queste, il 69,3 per cento ha trasferito attività sussidiarie o di supporto, il 43,4 per cento invece l'attività principale;
l'articolo 1, comma 60, della legge n. 147 del 2013 (legge di bilancio 2014) stabilisce che le imprese beneficiare di contributi pubblici che abbiano deciso di delocalizzare entro 3 anni dalle concessioni – con una riduzione del personale di almeno il 50 per cento – perdano ogni contributo statale, con l'obbligo di restituire quanto ricevuto;
gli articoli 5, comma 1 e 2, e 6, comma 1, del decreto-legge n. 87 del 2018 (cosiddetto decreto dignità), successivamente convertito in legge, introducono tre norme sanzionatorie per chi delocalizza prima che siano trascorsi 5 anni dal beneficio economico, prevedendo non solo la sua revoca ma anche una multa dal doppio al quadruplo di quanto ricevuto; le tempistiche e le modalità sanzionatorie dovrebbero essere individuate dalle singole amministrazioni;
da un'inchiesta del quotidiano nazionale Il Sole 24 Ore, («Al Mise 158 crisi ma il rilancio non decolla» del 2 luglio 2019), risultano aperti al Ministero dello sviluppo economico almeno 158 tavoli di crisi: un tavolo su cinque riguarda aziende che in parte o del tutto sono state interessate da cessazione di attività in Italia per delocalizzare all'estero;
da un report redatto dall'Osservatorio indipendente CheckPoint Promesse sulle delocalizzazioni in Italia, redatto a seguito di una richiesta di accesso civico generalizzato indirizzata al Ministero dello sviluppo economico (concernente i casi di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 60, della legge n. 147 del 2013 e articoli 5, commi 1 e 2, e 6, comma 1, del decreto-legge n. 87 del 2018 successivamente convertito in legge) emerge che il suddetto dicastero ha risposto che, alla data del 18 luglio 2019, nessuna impresa è mai stata sanzionata per aver delocalizzato, né in applicazione della legge del 2013 né del cosiddetto decreto dignità –:
se sia a conoscenza della questione, ossia dell'esistenza di quattro disposizioni sanzionatorie che non sono mai state applicate, mentre le imprese in Italia continuano a delocalizzare la propria produzione, a danno dell'economia nazionale;
se non ritenga che sia necessario procedere ad una pronta applicazione di dette disposizioni, al fine di interrompere la dannosa pratica di ricevere benefìci economici dallo Stato italiano per poi delocalizzare la produzione all'estero.
(4-03849)
CECCHETTI, CAPITANIO, DONINA, FOGLIANI, GIACOMETTI, MACCANTI, RIXI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
è notizia pubblicata sul quotidiano Il Messaggero circa un anno fa quella dei disservizi di Poste Italiane nella consegna delle raccomandate;
in particolare, si denunciava a mezzo stampa il modus operandi dei postini di lasciare di default l'avviso di giacenza nella cassetta della posta senza neanche verificare se qualcuno risponda al campanello, sia in casa e possa ritirare la raccomandata;
a distanza di un anno nulla è cambiato come emerge anche dall'articolo di stampa del 15 ottobre 2019 su Il Gazzettino;
probabilmente ciò avviene per carenza di personale e, di conseguenza, per accelerare le consegne, sta di fatto che il non effettuare alcun tentativo di effettivo e immediato recapito, lasciando sempre e comunque l'avviso di giacenza, senza invece verificare che il destinatario sia presente in casa e possa così firmare per il ritiro della missiva, crea non pochi disagi ai cittadini;
l'avviso di giacenza, infatti, comporta per il ricevente l'obbligo di recarsi di persona presso un ufficio postale per il ritiro del plico o pacco; i giorni e le fasce orarie coincidono con quelli lavorativi, per cui per i più tutto ciò significa dover prendere dei permessi;
maggiori difficoltà incontrano poi le persone anziane, che giustamente non si capacitano del motivo per cui debbano essere costrette ad andare di persona in un ufficio postale quando sono reperibili sempre a casa, e ancor di più tutti coloro che vivono in piccoli comuni o frazioni ove gli sportelli sono stati chiusi, per cui devono allungare il tragitto di chilometri per ritirare la missiva;
tutto ciò, a parere degli interroganti, è una grave lesione dei diritti dei cittadini, tenuto conto anche del fatto che a causa dei ritardi dovuti all'impossibilità di recarsi di persona per il ritiro si possono perdere convocazioni e scadenze importanti –:
se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, il Ministro intenda assumere affinché Poste italiane, quale gestore del servizio postale in Italia, possa garantire che il recapito delle raccomandate e di tutta la posta che necessiti di una firma al ritiro avvenga secondo le procedure canoniche e non costituisca un aggravio di oneri e incombenze per i destinatari.
(4-03862)
ELISA TRIPODI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'azienda Shiloh che ha il suo unico stabilimento in Italia nel comune di Verrès (Aosta), fa parte dell'omonimo gruppo americano che produce forniture leggere per automobili in particolare telai in alluminio e magnesio;
nel corso di questo ultimo biennio l'azienda ha visto un netto calo del fatturato riconducibile alla crisi mondiale del settore automotive e in particolare al principale cliente Fiat-Chryler Automobiles; tale trend negativo ha già portato alla riduzione dei dipendenti che, all'inizio del 2018, erano oltre 200 unità per arrivare gli attuali 154 lavoratori;
il perdurare e, purtroppo, l'aggravarsi della situazione di crisi mondiale che sta vivendo il mercato dell'auto ha portato l'azienda americana, dopo un periodo di cassa integrazione iniziato a gennaio 2019, ad aprire in data 23 settembre 2019 la procedura di licenziamento per 70 lavoratori su 154 dipendenti;
appare evidente che un'ulteriore perdita di posti di lavoro andrebbe ad inficiare ulteriormente un tessuto sociale ed economico già molto indebolito dalla crisi che tocca tutta la comunità valdostana, ma soprattutto quella verrezziese ancora ferita dalla chiusura dello stabilimento Lavazza;
la situazione appare ancora più grave se si considerano le prospettive negative che si prevedono per l'azienda americana; nel quinquennio 2018/2022 è prevista, infatti, una contrazione del fatturato pari al 50 per cento il chè farebbe propendere per una probabile e non auspicabile chiusura futura dello stabilimento Shiloh –:
se e quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per garantire la continuità occupazionale ed il rilancio produttivo dello stabilimento Shiloh in Italia, al fine di scongiurare la chiusura dell'azienda stessa.
(4-03866)
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta scritta Ferro e altri n. 4-03660, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Silvestroni.
L'interrogazione a risposta scritta Penna e Perantoni n. 4-03829, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sarli.
L'interrogazione a risposta scritta Amitrano n. 4-03832, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sarli.
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
COMAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la società Sovea di Codogno ha chiesto l'autorizzazione a costruire su prato verde un impianto di compostaggio per produrre cippato e compost, trattando rifiuti verdi e agricoli, nel territorio di Crotta d'Adda (Cr), in una zona agricola caratterizzata dalla presenza di altri corsi d'acqua minori e da una consistente rete di canali irrigui che ne contrassegnano profondamente il paesaggio;
il centro abitato di Crotta d'Adda si trova ad una distanza di soli 700 metri a sud dell'area di progetto, e il centro abitato di Acquanegra Cremonese a 1,65 chilometri verso Est;
l'intero lotto sarà interessato da nuove edificazioni; si prevede lo stoccaggio in cumulo dei rifiuti in ingresso e le emissioni generate dall'attività sono principalmente di tipo diffuso, e non convogliabili, dovute alla movimentazione dei materiali, alle fasi cosiddette di «pretrattamento» come la sfibratura, macinazione, vagliatura e altro e al transito dei mezzi in arrivo e in uscita dall'impianto;
la carenza normativa sulla definizione univoca dell'impatto olfattivo ha permesso, secondo l'interrogante, un calcolo delle emissioni odorigene nell'area massima calcolabile, ivi comprese le strade di collegamento, che non ha potuto fare a meno di dichiarare una capacità di emissione di odori comunque superiore alla soglia consigliata dalla regione Lombardia, sia a Ca’ de’ Tocchi, frazione di Acquanegra, sia a Fornace, frazione di Crotta d'Adda, che nel centro abitato di Crotta;
secondo la sentenza della Corte di Cassazione numero 12.019 del 23 marzo 2015, che stabilisce che gli odori molesti sono illeciti anche se provengono da impianti autorizzati e che il limite da non superare è quello della «stretta tollerabilità», si configura il reato, in caso di molestie olfattive gravi, equiparato al lancio di oggetti pericolosi, qualora l'odore rechi effettivamente disturbi rilevanti per i cittadini;
i cittadini locali sono preoccupati, non condividendo lo studio ambientale preliminare che evidenzia emissioni di polveri esclusivamente di tipo diffuso, equiparabili a quelle di una attività agricola e provenienti da operazioni di triturazione, vaglio, sfibratura, macinazione;
analisi effettuate per un impianto simile, di portata molto inferiore, nel comune di Ghedi, evidenzia, invece, dati analitici per le polveri diffuse tra i 191 e 79 microgrammi al metro cubo (polveri totali) e tra 81 e 46 microgrammi al metro cubo per il PM10, ossia valori superiori del limite annuo della qualità dell'aria fissato in 50 microgrammi per metro cubo per le aree abitate e in 40 microgrammi per metro cubo per le aree verdi e protette;
il tragitto dei camion, in entrata e in uscita dalla sede del progetto, attraverserebbe la località residenziale e artigianale di Fornace, con una frequenza di 106 camion al giorno che inquieta i residenti, passando peraltro per ponti che richiedono verifiche strutturali e manutenzione;
con riferimento alla viabilità di accesso all'area, la comunicazione inoltrata da regione Lombardia ad Agenzia interregionale per il fiume Po sollecita l'AIPO, stante l'opportunità di verificare il buono stato di manutenzione e l'idoneità dei ponti in questione a sostenere il transito veicolare, a prendere contatti con gli enti gestori delle strade al fine di concordare le verifiche tecniche del caso. Risulta all'interrogante che tali verifiche non sarebbero ad oggi state eseguite –:
se il Governo alla luce del caso evidenziato in premessa, intenda assumere iniziative normative per modificare le disposizioni sia di carattere procedurale, sia in ordine alle emissioni odorigene che attualmente sono consentite nella realizzazione delle centrali di compostaggio, affinché sia garantita la qualità dell'aria e l'incolumità dei cittadini.
(4-01158)
Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in oggetto, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, si osserva che nel Testo unico ambientale (di cui al decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006) l'inquinamento odorigeno viene genericamente ricondotto all'inquinamento atmosferico, e non sono individuabili nello stesso Testo unico, limiti specifici per le emissioni odorigene, se non quelli assegnati ad alcune sostanze per le emissioni convogliate e alla loro conseguente regolamentazione.
La valutazione dell'impatto olfattivo è presa in considerazione nell'ambito dei procedimenti autorizzativi per le attività industriali (autorizzazioni ambientali integrate — AIA), ove vengano prodotte emissioni odorigene. Infatti, in molti dispositivi AIA sono presenti specifiche prescrizioni concernenti le emissioni odorigene.
Di norma, viene imposto l'obbligo di monitoraggio dell'emissione di sostanze odorigene abbinato alla valutazione della qualità dell'aria presso i recettori sensibili. All'esito di tali attività di monitoraggio, e nel caso di rilevazione di problematiche di odori, viene usualmente prescritto ai gestori degli impianti di presentare un piano di adeguamento con la definizione di misure volte a risolvere le criticità rilevate. La mancata ottemperanza alle prescrizioni presenti in AIA determina sanzioni ai sensi dell'articolo 29-quaterdecies del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Il legislatore ha approvato il decreto legislativo n. 183 del 15 novembre 2017, recante attuazione della direttiva (UE) 2015/2193 che si propone di dare indicazioni in merito alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi, nonché di riordinare il quadro normativo concernente gli stabilimenti che producono emissioni in atmosfera.
Ulteriore riferimento normativo è ravvisabile la legge n. 68 del 2015, cosiddetta «norma sugli ecoreati» recante «Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente».
Sempre in relazione alla valutazione delle emissioni odorigene, il sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (SNPA), nell'ambito del programma triennale delle attività 2014-2016, esteso all'anno 2017, ha redatto linee guida finalizzate a disporre di un quadro di riferimento comune, data l'eterogeneità delle esperienze acquisite e delle metodologie di approccio utilizzate.
Le autorizzazioni relative ad impianti di trattamento dei rifiuti sono di competenza regionale. Secondo quanto previsto dall'articolo 196 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, spetta alle regioni l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti e dei rifiuti non pericolosi, l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi.
Nelle competenze delle regioni rientra anche la delimitazione, nel rispetto delle linee guida generali, degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati, oltre alla definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti e per l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento.
La Decisione di esecuzione (UE) 2018/1147 della Commissione del 10 agosto 2018 stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per il trattamento dei rifiuti, le quali prevedono la trattazione specifica delle emissioni odorigene.
Il documento contribuisce alla definizione di standard di riferimento utili alla governance dei possibili impatti degli impianti di trattamento, da parte delle regioni per quanto riguarda il rilascio delle autorizzazioni, da parte delle Arpa circa lo svolgimento dei controlli. Ciò potrebbe consentire un potenziamento del controllo sulle emissioni odorigene e quindi garantire una maggiore a qualità e la salubrità dell'ambiente.
La regione Lombardia ha precisato che la vigente normativa regionale (legge regionale n. 5 del 2010 e legge regionale n. 26 del 2003) pone in capo alle province, nel caso di specie quella di Cremona, sia la competenza in materia di valutazione ambientale sia quella autorizzativa.
In merito all'impianto della ditta SOVEA la procedura di verifica di assoggettabilità alla V.I.A. è stata svolta ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e della Delibera di Giunta regionale 10 febbraio 2010 «Metodo per l'espletamento della verifica di assoggettabilità alla V.I.A. per gli impianti di smaltimento e/o recupero rifiuti» (Delibera di Giunta regionale n. 11317 del 2010).
In particolare, la citata delibera ha introdotto un metodo semi-quantitativo a supporto della valutazione ambientale per gli impianti di gestione rifiuti come quello in questione. Tale metodo valuta l'impatto odorigeno connesso alla gestione di rifiuti caratterizzando l'impianto oggetto di valutazione attraverso uno specifico indice che prende in esame le diverse tipologie di operazioni di gestione dei rifiuti effettuate, la tipologia di rifiuti e la quantità degli stessi.
La Regione precisa che la provincia, quale autorità competente, nel corso dell'istruttoria ha verificato che i valori soglia che rendono obbligatoria la procedura di V.I.A. non vengono superati e che sono necessari interventi mitigativi e/o compensativi.
Il proponente ha poi ulteriormente approfondito la tematica dell'impatto odorigeno effettuando gli approfondimenti previsti dalla delibera di Giunta regionale del 15 febbraio 2012 n. 3018 «Determinazioni generali in merito alla caratterizzazione delle emissioni gassose in atmosfera derivanti da attività a forte impatto odorigeno» e nello specifico:
è stato verificato l'impatto odorigeno rilevato presso l'impianto che la medesima società gestisce in comune di Ghedi, analogo a quello in progetto per tipologia di rifiuti trattati, struttura, modalità di conduzione ed ubicazione;
si è stimato il potenziale impatto odorigeno dell'impianto in progetto;
sono state individuate specifiche mitigazioni;
è stato integrato il capitolo relativo alla salute pubblica (redatto ai sensi della Delibera di giunta regionale n. 4792 del 2016 come riportato nella relazione stessa) con una valutazione quali quantitativa degli inquinanti correlati alle emissioni odorigene ed una valutazione degli effetti dell'attività nei confronti della popolazione interessata.
A supporto della valutazione fatta dalla provincia, la regione rileva altresì che le valutazioni formulate dal proponente sono state ritenute idonee anche da ARPA e dalle ATS territorialmente competenti, come desumibile dalla lettura dei contributi resi in istruttoria i quali si concludono con una serie di prescrizioni, adeguatamente recepite dalla Provincia nell'ambito del proprio provvedimento di non assoggettamento a V.I.A.
Per quanto riguarda l'istanza di autorizzazione integrata ambientale, in sede di conferenza di servizi svoltasi il 21 gennaio 2019, sono emerse una serie di criticità espresse dall'ATS dalla provincia di Cremona dal comune di Crotta D'Adda, per le quali la provincia di Cremona, in qualità di autorità competente in materia, nel maggio scorso ha emesso il decreto n. 388 del 2019 di diniego all'impianto.
In particolare l'ATS competente ha rilevato che, considerate le dimensioni del comune, l'indicatore sanitario che maggiormente consente valutazioni è l'ospedalizzazione per patologie respiratorie. Tale indicatore è correlato all'inquinamento ambientale, con particolare riferimento alle polveri sottili. Nel caso specifico i dati ARPA fanno osservare che la soglia sanitaria di riferimento e quella normativa di area sono state ampiamente superate.
Il comune di Crotta D'Adda ha espresso parere negativo al progetto in quanto, nonostante la documentazione più volte presentata dal proponente, le diverse problematiche non hanno trovato adeguata soluzione, come l'impatto odorigeno del progetto, la valutazione della produzione di polveri, le modalità previste di gestione delle acque meteoriche, l'adeguatezza della viabilità di accesso (l'impianto non risulta accessibile ai mezzi pesanti), oltre al non rispetto delle BAT.
La provincia di Cremona, nell'esprimere le proprie valutazioni, tra cui quella secondo la quale il proponente non ha dimostrato di aver adeguatamente applicato le BAT 1, 12, 17, 21, 36 che, ai sensi del comma 16, lettera a), dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 152 del 2006, devono risultare applicate ai fini del rilascio dell'A.I.A per installazioni nuove, così come previsto dal comma 1 dell'articolo 29-bis del medesimo decreto, in qualità di autorità competente, tenuto conto delle osservazioni emerse in sede della Conferenza dei servizi del 19 gennaio 2019, ha emesso il decreto n. 388 del 2019 di diniego dell'autorizzazione.
Più in generale, per quanto riguarda le possibili iniziative normative volte a modificare le disposizioni di carattere procedurale in ordine alle emissioni odorigene attualmente consentite nella realizzazione delle centrali di compostaggio, la regione Lombardia precisa che con d.g.r. n. 12764 del 16 aprile 2003 «Linee guida per la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di compost», è stato individuato un limite di emissione all'uscita dei sistemi di trattamento mediante biofiltrazione, pari a 300 O.U.E/m3.
Successivamente, con Delibera di Giunta regionale n. 3018 del 15 febbraio 2012, la regione ha approvato la linea guida «Determinazioni generali in merito alla caratterizzazione delle emissioni gassose in atmosfera derivanti da attività a forte impatto odorigeno», allo scopo di disciplinare la procedura autorizzativa per impianti che causano emissioni odorigene, fornendo indicazioni per la valutazione dell'impatto prodotto ai recettori sia mediante l'uso di modelli di dispersione sia con l'adozione di una specifica metodologia di gestione delle lamentele basata sulla raccolta delle informazioni su questionari compilati dalla popolazione esposta. La citata normativa non precisa, tuttavia, come effettuare una stima delle emissioni diffuse areali multiple.
La regione ha rappresentato che, per quanto di sua competenza, è in corso la revisione della Delibera di Giunta regionale n. 11317 del 10 febbraio 2010 «Metodo per l'espletamento della verifica di assoggettabilità alla VIA per gli impianti di smaltimento e/o recupero rifiuti».
Con l'aggiornamento della delibera citata verranno introdotti elementi in grado di meglio caratterizzare gli impatti odorigeni e i conseguenti interventi necessari per il loro contenimento.
Il decreto legislativo n. 183 2017 ha modificato il decreto legislativo n. 152 2006, aggiungendo l'articolo 272-bis, che introduce una specifica possibilità per la normativa regionale e per le autorità competenti, in sede di autorizzazione, di prevedere misure di prevenzione e limitazione appositamente definite per le emissioni odorigene.
Tali misure di prevenzione e limitazione potranno consistere in valori limite di emissione, espressi in concentrazione volumetrica (come quantità su un volume, che possono essere espresse in O.U.E./m3 o in mg/Nm3), nonché specifiche portate massime (quantità sul tempo, espresse in OUE/s) e concentrazioni massime da definire in sede di autorizzazione.
Potranno, inoltre, comprendere prescrizioni relative agli impianti aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l'obbligo di attuazione di piani di contenimento, così come procedure volte a definire, in sede di autorizzazione, i criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili intorno agli stabilimenti.
Tanto premesso, circa le emissioni odorigene, il Ministero dell'ambiente e della tutela della territorio e del mare assicura che valuterà possibili misure legislative volte a tutelare la qualità dell'aria e la salute dei cittadini.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.
da decenni si assiste «inermi», quasi fosse un evento ineluttabile, allo scempio di boschi e montagne, in particolare nel Centro-Sud d'Italia, a causa degli incendi boschivi;
lo Stato affronta il fenomeno con strumenti che, alla luce dei fatti, si dimostrano poco efficaci e anche poco trasparenti;
il servizio antincendio boschivo (aib), è svolto secondo le seguenti modalità:
a) sul piano nazionale, i mezzi pubblici di spegnimento, essenzialmente gli aerei canadair, sono affidati a società private attraverso un appalto dal costo di diverse centinaia di milioni di euro, oltre al costo per ogni ora di volo, che è di circa 15.000 euro;
b) sul piano regionale, invece, sia i mezzi (elicotteri), sia il personale sono forniti da società private attraverso appalti che ciascuna regione effettua autonomamente, per diversi milioni di euro, oltre al costo per ogni ora di volo, quantificabile dai 2.000 ai 5.000 euro a seconda del tipo di velivolo;
sul suolo, gli interventi di spegnimento sono affidati a operai idraulici forestali molto spesso assunti con contratti a termine e impegnati solo in caso di necessità, in una assurda e controproducente situazione di precarietà;
da tempo, associazioni ambientaliste, testate giornalistiche e anche forze politiche hanno posto l'accento in modo critico sul sistema del «servizio aib», in particolare per quanto riguarda gli appalti ai privati, sottolineando con forza che si tratta di un meccanismo poco efficiente e poco trasparente;
giova ricordare che una recente inchiesta giudiziaria della procura di Catanzaro ha portato all'arresto, oltre che di amministratori e dirigenti pubblici, anche di un manager della ditta beneficiaria dell'appalto per la gestione degli elicotteri, la Babcock Mission Criticai Services Italia SpA, la stessa società che negli ultimi sei anni, anche se in precedenza con la denominazione di Inaer Aviation Italia Spa, ha gestito i canadair dello Stato;
alla stessa società il Ministero dell'interno, in data 2 febbraio 2018, cioè lo stesso giorno in cui scadeva l'appalto precedente, ha appaltato nuovamente il servizio di gestione di detti velivoli, per una dorata di quattro anni (anziché tre come in precedenza), rinnovabili, al costo base di 359.251.110,80 euro (Gazzetta ufficiale 5a Serie speciale, anno 159o, n. 24 del 26 febbraio 2018), oltre il prezzo delle ore di volo;
sulla vicenda degli appalti dei mezzi aerei del «servizio aib», nel 2017 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato un'inchiesta, che dovrà concludersi entro l'ottobre di quest'anno, al centro della quale è il sospetto di pratiche monopolistiche per spartirsi le aggiudicazioni;
non si può non rilevare che, viste le dinamiche con cui si sviluppano i roghi, quella degli incendi boschivi estivi si connota come una vera e propria industria del fuoco, alla cui sommità esiste una strategia criminale finalizzata a ottenere profitti illeciti;
un incendio boschivo è distruzione di ecosistemi e rappresenta un vero e proprio attentato alla pubblica incolumità, in quanto diventa la precondizione per ulteriori disastri ambientali, quali i dissesti idrogeologici, oltre a essere causa di gravissime compromissioni delle attività umane e degli interessi diffusi presenti in un territorio;
i costi per riparare i disastri ambientali sono notoriamente molto più onerosi rispetto a quelli della corretta prevenzione e manutenzione del territorio –:
se il Governo non ritenga di assumere iniziative nell'ambito delle proprie competenze, per riformare il servizio antincendio boschivo (aib) al fine di portarlo totalmente sotto il controllo pubblico, per porre fine alla precarietà oggi esistente nel settore degli idraulici forestali e per aumentare le pene per i colpevoli di incendio boschivo doloso.
(4-01096)
Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
Con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, la competenza primaria nella materia della lotta attiva contro gli incendi boschivi è affidata alle regioni mentre allo Stato il solo concorso nell'attività, di spegnimento con l'impiego della flotta aerea del Centro operativo aereo unificato (Coau).
Tale assetto generale è stato confermato dalla legge quadro sugli incendi boschivi 21 novembre 2000, n. 353 che tra l'altro ha attribuito alle regioni il compito di definire e programmare, mediante appositi piani regionali, le attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi.
Il predetto riparto di competenze, non è stato modificato nemmeno dall'assorbimento del Corpo forestale dello Stato.
Con specifico riguardo alla flotta aerea antincendio gestita dal Ministero dell'interno lo stesso Ministero ha rappresentato che il contratto per la gestione operativa e logistica della flotta di Stato, composta da 19 aeromobili Canadair CL-415, stipulato in esito ad una procedura di gara aperta in ambito europeo, ammonta a meno di 45 milioni di euro l'anno, oltre Iva. Tale somma include il costo dell'attività di volo, stimata in 3.500 ore e liquidata solo nella misura dell'attività effettivamente svolta, con un corrispettivo per ora di volo attualmente pari ad euro 2.380,74.
In ordine all'inchiesta giudiziaria della procura di Catanzaro nei confronti di appartenenti alla ditta beneficiaria dell'appalto che ha gestito i canadair dello Stato, il Ministero dell'interno ha precisato che tale vicenda non ha riguardato l'appalto del servizio di gestione logistica ed operativa della predetta flotta di Stato, né ha avuto, finora, riflessi su di esso. Per quanto concerne il nuovo appalto di gestione dei velivoli del 2 febbraio 2018, ancora il Ministero dell'interno ha aggiunto che la durata prevista dal contratto è di 4 anni, prorogabili per un massimo di tre anni e che, pertanto, il prezzo di aggiudicazione si riferisce all'ammontare dei corrispettivi stimati in caso di eventuale proroga dell'appalto fino alla sua durata massima di sette anni.
Nell'importo, pari ad euro 359.251.110,80, è ricompreso il costo dell'attività di volo per la sua durata massima che sarà liquidato soltanto se le predette ore di volo saranno effettivamente svolte.
In ultimo, in relazione all'inchiesta avviata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il Ministero dell'interno riferisce che, per l'appalto del servizio di gestione operativa e logistica della flotta di Stato Canadair, la predetta autorità ha inoltrato una richiesta di informazioni, alla quale è stato prontamente fornito riscontro.
Per quanto riguarda le proprie competenze, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si occupa dei piani anti incendi boschivi (piani AIB) delle aree protette statali (parchi nazionali e riserve naturali statali), in attuazione all'articolo 8, comma 2, della legge n. 353 del 2000, col supporto degli enti gestori di tali aree protette che curano in modo particolare la «previsione» e la «prevenzione» degli incendi boschivi.
Si fa presente che tutte le aree protette statali hanno un proprio piano AIB pluriennale (articolo 8 comma 2 della legge n. 353 del 2000), che cura la previsione e la prevenzione incendi in tali ambiti territoriali, rinnovato sistematicamente alla scadenza.
Al fine di ottimizzare l'azione di contrasto degli incendi boschivi, nel luglio 2018 il medesimo Ministero, l'Arma dei Carabinieri e il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco hanno siglato un apposito protocollo d'intesa volto a definire le attività antincendio boschivo nelle aree protette statali e le possibili collaborazioni fra le diverse istituzioni interessate alla problematica.
Quanto premesso, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare assicura comunque che manterrà alta l'attenzione sulla tematica, al fine di perseguire, in sinergia con i soggetti istituzionali competenti, l'efficienza del servizio antincendio boschivo.
Viene rimessa al legislatore ogni valutazione sull'opportunità di riformare il servizio antincendio boschivo rispetto all'attuale assetto normativo.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.
CURRÒ. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la discarica di Mariano Comense è collocata nella porzione settentrionale del territorio comunale, in località Cascina Settuzzi, insistente nell'area boschiva del Parco Brughiera Briantea. Il complesso comprende un impianto di discarica e un impianto di captazione e recupero energetico del biogas prodotto dalla discarica stessa. L'impianto è costituito da lotti esauriti e attualmente in fase di post-gestionale;
il 25 marzo 2019 si è sviluppato un enorme incendio nell'area di questa discarica: le cronache nazionali e locali riportavano la notizia di un'alta colonna di fumo nero visibile anche a chilometri di distanza in tutto il territorio comasco. Sul posto sono intervenute due ambulanze in prevenzione, l'autoinfermieristica, una decina di mezzi dei vigili del fuoco, tra cui le autobotti di Lazzate e Carate Brianza e l'autopompa di Seregno, nonché i carabinieri e polizia locale per isolare la zona e regolare la viabilità;
gli amministratori dei comuni limitrofi investiti dalla nube, in particolare Mariano Comense, Arosio e Giussano, hanno immediatamente diramato ordinanze, dando indicazione alla cittadinanza di tenere chiuse le finestre degli edifici, sospendere ogni attività fisica all'aperto o di non sostare in aree all'aperto;
il 7 aprile 2019 i vigili del fuoco sono intervenuti nuovamente presso il centro di raccolta rifiuti di Mariano Comense, nel primo pomeriggio, per un nuovo allarme incendio: secondo le informazioni raccolte si tratterebbe di un residuo dell'ultimo incendio probabilmente non ancora spento completamente in profondità. Il fumo si è nuovamente levato dai cumuli di rifiuti ed i vigili del fuoco hanno lavorato alacremente per bonificare e mettere in sicurezza l'area;
gli episodi descritti in precedenza sono solo gli ultimi in linea temporale. Lo stesso impianto, infatti, già nel 2018 era stato coinvolto due volte in episodi incendiari: anche allora i roghi divamparono nell'area senza provocare fortunatamente alcuna vittima;
non può che destare preoccupazione il descritto susseguirsi di simili eventi che hanno interessato la discarica in parola: inquietudine confermata dai dati elaborati e descritti nel «Monitoraggio della presenza mafiosa in Lombardia», un rapporto elaborato nel dicembre 2018 dall'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell'Università di Milano, nel quale si rileva che «La catena di incendi appiccati agli impianti di trattamento di rifiuti in Lombardia costituisce un chiaro indice della presenza di una illegalità assai diffusa nel settore»;
risulta interessante sottolineare come nel suindicato dossier si affermi che, in conclusione, anche richiamando tutte le possibili cause, «non si può non riconoscere una preoccupante anomalia nell’escalation degli atti incendiari che soprattutto dal 2017 ha colpito alcuni territori della regione», con particolare riferimento alla provincia di Como nella quale risulterebbero accertate 41 infrazioni, 37 denunce e 10 sequestri –:
se e quali iniziative abbia in animo di porre in essere il Governo, per quanto di competenza, al fine di prevenire ulteriori eventi incendiari e salvaguardare di conseguenza la sicurezza dei luoghi descritti e dell'ambiente circostante.
(4-02753)
Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
La prefettura di Como ha relazionato che il 25 marzo scorso, all'interno della discarica comunale a cielo aperto, nella zona di Mariano Comense, si è sviluppato un incendio di notevoli proporzioni.
Le fiamme sono divampate mentre alcuni addetti erano intenti ad accumulare i rifiuti per il loro successivo compattamento e sono state alimentate dalle violente raffiche di vento che hanno interessato questo territorio provinciale.
Durante le fasi iniziali dell'incendio, alcuni dipendenti della ditta incaricata dello smaltimento dei rifiuti, hanno tentato di domare le fiamme, senza successo, mentre sul posto sono prontamente intervenute numerose squadre dei vigili del fuoco, unitamente a personale dell'Arpa, dell'Ats, del 5.Su.Em. 118 e a militari delle tenenza carabinieri di Mariano Comense.
Nella circostanza, le misurazioni eseguite dall'Arpa non hanno rilevato la presenza di sostanze inquinanti nell'aria e, di conseguenza, nessun provvedimento straordinario è stato adottato dall'amministrazione comunale o dagli altri enti proposti.
Nel far presente che l'area in questione è parzialmente videosorvegliata, la prefettura ha informato che, a, seguito dell'incendio, sono state immediatamente avviate le indagini – tuttora in corso – volte ad accertare l'esatta dinamica dell'evento, per il quale, pur non escludendosi a priori l'eventuale natura dolosa, appare verosimile – l'ipotesi dell'accidentalità.
Il gestore dell'impianto ha preannunciato alla provincia di Como l'avvio di un programma di sorveglianza notturna del sito, mediante l'impiego di guardie giurate e il posizionamento di una rete di telecamere perimetrali.
Per completezza di informazione, la prefettura aggiunge che la discarica di Mariano Comense è già stata interessata in passato da eventi analoghi.
In particolare, nel febbraio 2018 si è sviluppato un incendio che ha coinvolto un consistente quantitativo di rifiuti.
Anche in quell'occasione sono intervenuti sul posto i vigili del fuoco, che nella stessa giornata hanno estinto le fiamme e, successivamente, personale dell'Arpa per rilevare la presenza di eventuali sostanze inquinanti e/o intossicanti nell'aria.
Le misurazioni effettuate hanno dato esito negativo o, comunque, hanno evidenziato valori al di sotto della soglia di tossicità, per cui non è stato adottato alcun provvedimento straordinario da parte dell'amministrazione comunale e degli altri organi preposti.
Per quanto concerne le cause dell'evento, non è stato possibile accertarne con precisione l'esatta dinamica e, di conseguenza, è stato ipotizzato un fenomeno di autocombustione.
In ogni caso, all'esito delle indagini effettuate non sono emerse situazioni collegate ad ipotesi di smaltimento illecito di rifiuti.
La prefettura di Como fa presente, da ultimo, che l'impianto di trattamento dei rifiuti solidi urbani in questione è autorizzato all'attività in forza di autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.) di cui al P. D. n. 45/A/ECO del 24 maggio 2013, rilasciata dal comune di Mariano Comense, ed è gestito dalla società Ambiente Futuro s.r.l. che ha stipulato una convenzione con la medesima amministrazione comunale e, allo stato, dovrebbe trovarsi nella fase di chiusura definitiva, essendo ormai giunto al 92 per cento il conferimento del materiale per la riprofilatura e copertura della discarica.
Successivamente alla chiusura, dovrebbe partire un periodo di post-gestione dell'impianto, con un monitoraggio del sito di durata trentennale.
La regione Lombardia, affrontando in linea generale la questione degli incendi, fa presente che, nel 2018 il prefetto di Pavia, a seguito dei casi di incendio verificatisi nel proprio territorio provinciale, ha avviato un piano di controlli speditivi straordinari, coinvolgendo Arpa, provincia di Pavia, vigili del fuoco e carabinieri forestali.
I controlli sono stati realizzati presso i siti autorizzati di stoccaggio dei rifiuti, ad integrazione degli accertamenti che già per legge vengono da sempre svolti dagli enti competenti.
È stato predisposto un apposito gruppo di lavoro, costituito e coordinato dalla stessa prefettura di Pavia, composto da personale dell'Arpa, della provincia, dei vigili del fuoco e dell'arma dei carabinieri. I dati di tale piano di controllo sono stati presentati dal Prefetto il 27 marzo 2018 alla presenza del procuratore della Repubblica.
L'Arpa Lombardia ha predisposto la check list per l'esecuzione del piano di controllo straordinario presso gli impianti di gestione rifiuti della provincia, volto a coinvolgere il maggior numero di risorse possibili nell'esecuzione di controlli speditivi.
Considerata l'esperienza positiva condotta nella provincia di Pavia, la regione Lombardia, volendo contribuire attivamente al presidio dei territori in relazione alle attività di smaltimento dei rifiuti, anche al fine di prevenire azioni illegali e gravemente lesive della sicurezza pubblica e dell'ambiente, lo scorso mese di febbraio ha promosso presso le Prefetture i cosiddetti «nuclei ambiente» (presieduti dai prefetti e composti da forze di polizia, Arpa, vigili del fuoco, Ats e polizie locali).
Al riguardo si sono tenuti diversi incontri nei quali è stato affrontato il tema dei rischi connessi agli impianti di rifiuti e del rafforzamento dell'attività di presidio e di vigilanza da parte della polizia locale e della valorizzazione del cosiddetto controllo di vicinato. Su quest'ultimo aspetto, le polizie locali sono state invitate a sensibilizzare il ruolo dei cittadini e a sistematizzare le informazioni e le segnalazioni che da esse provengono.
È, inoltre, in corso, con il supporto di Arpa, un'attività formativa della polizia locale, da parte di alcune prefetture.
La regione, inoltre, al fine di contribuire al contrasto dell'illegale detenzione di rifiuti e del rischio di incendi, anche dolosi, ha in corso un raccordo diretto con le forze dell'ordine per incrementare l'attività di controllo specifico attraverso un protocollo d'intesa con Noe (convenzione approvata con Delibera della Giunta regionale n. 6336 del 13 marzo 2017, di prossimo rinnovo).
La regione ha inoltre in corso con i Carabinieri Forestali una convenzione per un complessivo presidio del territorio (convenzione approvata con Delibera della Giunta regionale n. 7794 del 17 gennaio 2018). Tale convenzione prevede una serie di attività nell'ambito del programma operativo 2019 «presidio territoriale, ambientale ed idraulico» .
Si informa, inoltre, che è stato avviato in Arpa Lombardia il progetto Savager (Sorveglianza avanzata gestione rifiuti), il cui piano operativo è stato approvato dalla regione nel marzo 2019.
Il progetto prevede di applicare un sistema innovativo in tema di sorveglianza territoriale, per la ricerca di situazioni potenzialmente connesse con pratiche di gestione illecita dei rifiuti, tramite tecniche di osservazione terrestre che prevedono piattaforme satellitari e aeree, utilizzando procedure di geospatial intelligence, creando una lista di «bersagli» presso i quali condurre attività di carattere ispettivo.
Il progetto Savager attua prospetticamente un'analisi morfologica delle costruzioni presenti sul territorio e il loro screening automatizzato, attraverso tecniche di Intelligenza Artificiale, con l'accoppiamento, ove possibile, di informazioni georeferenziate derivanti dall'analisi di banche dati (ad esempio catasti, camere di commercio etc.).
Il progetto, già avviato, prevede, allo stato, che operatori di Arpa effettuino un'analisi «manuale» di zone campione, alla ricerca di potenziali «bersagli», per la codifica delle loro caratteristiche, dati indispensabili per l'addestramento, attraverso Machine Learning, del sistema di Intelligenza Artificiale operante all'interno dello schema di Geospatial Intelligence, cuore del progetto stesso.
La fase iniziale delle attività, da espletarsi nel 2019, prende a riferimento, come territorio di sperimentazione, le provincie di Pavia e di Lodi. Sono in corso di definizione forme di collaborazione con le procure della Repubblica competenti territorialmente e con i nuclei ambiente, laddove istituiti.
Tali collaborazioni consentiranno, inoltre, di gestire immediatamente le informazioni circa situazioni anomale in atto che venissero identificate già nella fase iniziale del progetto.
L'Arpa Lombardia ha sviluppato capacità di uso di droni nel corso di atti ispettivi relativi a impianti di gestione di rifiuti, di varie tipologie, che consente l'effettuazione di controlli più rapidi e precisi rispetto alle tecniche tradizionali. Tale capacità è oggi bagaglio operativo corrente dell'Agenzia.
Sotto un profilo meno diretto ed immediato e con una prospettiva di più lungo termine, la regione segnala, infine, che con apposita delibera n. 1512 dello scorso 8 aprile, ha avviato l'aggiornamento della programmazione del settore rifiuti.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nell'ambito delle proprie competenze e al fine di poter ridurre il rischio di nuovi eventi di potenziale pericolo per la salute umana e per l'ambiente, ha predisposto, in sinergia con le autorità competenti del Ministero dell'interno, una circolare, pubblicata il 15 marzo 2018, recante «Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi».
Successivamente, anche per provvedere all'aggiornamento del testo delle Linee Guida, è stato costituito, con decreto n. 271 del 19 novembre 2018 del capo del corpo nazionale dei vigili del fuoco, un gruppo di lavoro composto da funzionari dei vigili del fuoco e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, finalizzato all'elaborazione di una norma tecnica di prevenzione degli incendi per depositi temporanei e stoccaggi dei rifiuti, così come definiti dal decreto legislativo n. 205 del 2010, anche non soggetti alle procedure di prevenzione incendi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011.
Inoltre, nella conversione del decreto-legge n. 113 del 2018 cosiddetto sicurezza, con la legge n. 132 del 2018 è stato inserito nell'ordinamento l'articolo 26-bis recante «piano di emergenza interna per gli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti» che introduce l'obbligo per i gestori di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti, esistenti o di nuova costruzione, di predisporre un piano di emergenza interna.
Al comma 5 e seguenti lo stesso articolo 26-bis prevede altresì l'adozione di un piano di emergenza esterna, a cura del prefetto e di intesa con le regioni e gli enti locali interessati, finalizzato a mettere in atto le misure necessarie a prevenire gli incidenti e a minimizzarne gli effetti in caso di incidente rilevante attraverso forme di specifica cooperazione nelle attività di soccorso con l'organizzazione della protezione civile.
Si evidenzia inoltre che nelle more dell'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal comma 9 dell'articolo 26-bis del decreto-legge n. 113 del 2018, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare d'intesa con il Ministero dell'interno, nel febbraio 2019 ha emanato una circolare recante le prime indicazioni sulle informazioni che i gestori degli impianti di stoccaggio e trattamento rifiuti esistenti e di nuova costruzione devono fornire ai prefetti per le attività istruttorie finalizzate all'adozione dei piani di emergenza esterni nonché sui contenuti minimi dei piani di emergenza interni.
A seguito delle consultazioni e delle richieste delle regioni si è, altresì, giunti all'aggiornamento delle linee guida pubblicate nel marzo del 2018. Con la circolare n. 1121 del 21 gennaio 2019 sono state, pertanto, pubblicate le nuove limee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si riserva infine di valutare l'opportunità di fornire supporto tecnico nella predisposizione delle linee guida di cui all'articolo 26-bis del decreto-legge n. 113 del 2018 per le quali si prevede la costituzione di un apposito gruppo di lavoro.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.
DI LAURO e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
l'associazione «Piazza Attiva» di Castellammare di Stabia, nel maggio 2018, ha denunciato la presenza di una discarica sul Monte Faito, un monte di grande rilevanza turistica e culturale che sorge nella penisola Sorrentina, segnalando che «il materiale di scavo risultante dallo sgombero della ex Statale 269 è stato depositato temporaneamente sul monte [...] da una valutazione visiva, comprende oltre a terra e pietre anche immondizia e materiale di risulta di vario genere, tra cui anche manufatti cemento-amianto (eternit) [...] i materiali non sono stati ancora confinati e inibiti per ridurne il grado di pericolosità verso le persone»;
Wwf Terre del Tirreno nell'ottobre 218 ha denunciato che «È probabile che ignoti stiano utilizzando indisturbati il sito per continuare a scaricare rifiuti vari. Il Wwf nel suo dettagliato esposto ha allegato diverse foto»;
rilievi fotografici confermerebbero quanto denunciato: considerata la portata altamente tossica del materiale contenente amianto e tenuto conto del rischio che la progressiva disgregazione per l'esposizione agli agenti atmosferici e il contatto diretto con il suolo possano contaminare l'ambiente circostante, il Wwf ha chiesto un immediato intervento e l'immediata bonifica del sito;
dopo alcuni incendi estivi il cumulo di detriti si era riversato sulla strada nel novembre 2017 a causa delle forti piogge che provocarono movimenti franosi lungo tutto il percorso che da Vico Equense conduce al Monte Faito. Successivamente, nel febbraio 2018, le piogge provocarono ulteriori smottamenti, trascinando detriti misti a terra e fango e peggiorando la situazione. A seguito delle proteste da parte degli abitanti del Faito nell'aprile 2018 l'amministrazione comunale decise di sgomberare la strada dai detriti;
l'interrogante ha già provveduto ad inviare nel settembre 2018 al Nucleo operativo ecologico (Noe) di Napoli, alla polizia della città metropolitana di Napoli e all'Asl NA 3 SUD una segnalazione sull'eventuale presenza di amianto presso via della Fattoria (Monte Faito);
con verbale della conferenza di servizi della città metropolitana di Napoli del 7 dicembre 2018, è stato deciso, alla presenza di diversi soggetti istituzionali, di provvedere alla rimozione del cumulo di detriti tramite spanditura in un'area depressa all'interno del parco stesso;
l'intero territorio comunale di Vico Equense è stato dichiarato di notevole interesse paesaggistico e ricade nell'ambito di efficacia del P.U.T. area Sorrentino-Amalfitana;
il sito su cui avverrebbe la spanditura ricade in una zona del Parco in cui «È vietato... attivare discariche per qualsiasi tipo di rifiuti»; «per il recupero e la ricomposizione ambientale delle cave dismesse... è consentito smaltire rifiuti provenienti da demolizioni, costruzioni e scavi, purché privi di materiali tossici e pericolosi». Sono vietati i movimenti di terra di qualsiasi genere; «È vietato abbandonare rifiuti di qualsiasi genere»; e alla lettera d), protezione della flora: «È vietato raccogliere e danneggiare la flora spontanea erbacea ed arbustiva»;
il deposito di materiale detrito e rifiuti al suolo, protratto per oltre 8 mesi ha arrecato danno al sottobosco naturale, ovvero alla «flora spontanea erbacea ed arbustiva»;
il sito rientra in area Sic «Dorsale dei Monti Lattari» dove, per qualsiasi intervento potenzialmente capace di limitare la naturalità del sito, è richiesta una valutazione di incidenza ambientale che garantisca che l'intervento non pregiudichi l'integrità del sito;
le opere realizzate avrebbero di fatto comportato una grave modifica dello stato dei luoghi –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere al fine di evitare che avvenga un vero e proprio disastro ecologico se non anche sanitario sul Monte Faito in un'area che costituisce sito di interesse comunitario.
(4-02113)
Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
La regione Campania ha comunicato che il versante meridionale del monte Faito, ricadente nel territorio del comune di Vico Equense nei mesi di agosto e settembre 2017 è stato interessato da una serie di incendi che hanno percorso l'intera area distruggendone la copertura arborea e vegetale predisponendo l'area ad una elevata pericolosità idraulica ed idrogeologica.
Successivamente nel corso del mese di novembre 2017 si sono susseguiti eventi piovosi di eccezionale intensità che hanno provocato imponenti fenomeni franosi (colate detritiche) lungo le aree di impluvio dell'intero versante che hanno trascinato a valle rilevanti quantità di detriti alluvionali composti da ghiaie e massi calcarei, non più trattenuti dalla copertura vegetale e che si sono riversati lungo i 7 chilometri della strada ex 266 «del Faito» di proprietà regionale ed attualmente in gestione alla città metropolitana (Direzione gestione tecnica strade e viabilità). Per l'elevata quantità di detriti e rocce presenti e la pericolosità del percorso, l'intera strada è risultata impercorribile causando l'isolamento della comunità residente, protrattosi per alcune settimane.
La prefettura di Napoli ha aperto un tavolo tecnico a cui hanno partecipato i rappresentanti del genio civile di Napoli, il demanio regionale, la Città metropolitana, il Comune di Vico Equense, al fine di individuare percorsi e soluzioni atti a consentire il ripristino dei collegamenti con i circa 100 residenti della comunità del Villaggio del Monte Faito, essendo chiuse, tra l'altro, la strada di collegamento con Castellammare di Stabia e la funivia della Circumvesuviana.
Il genio civile di Napoli, a seguito di quanto concordato in prefettura, ha effettuato interventi in somma urgenza riguardanti la sistemazione e la messa in sicurezza degli alvei demaniali di cui ha competenza, realizzando opere di mitigazione del rischio di colate detritiche e caduta massi mediante la posa in opera di barriere paramassi ad assorbimento di energia nelle aree a più elevato rischio, nonché interventi diffusi lungo le aree a maggiore criticità della strada e il disgaggio di elementi instabili a rischio di crollo sulla sede stradale.
Tutti interventi ritenuti preliminari ad una sistemazione idrogeologica più ampia e definitiva del versante che esula, comunque dalle competenze del genio civile.
Gli interventi di sistemazione e di ripristino della sede stradale con la rimozione dei depositi alluvionali franati sono stati eseguiti rispettivamente dalla Città metropolitana di Napoli in quanto ente gestore, che aveva già in corso interventi manutentivi sulla sede stradale, e dallo stesso Comune di Vico Equense.
A seguito delle attività concordate presso la prefettura, la città metropolitana ha emesso ordinanza di riapertura della strada in condizioni meteo favorevoli sotto il controllo della Protezione civile comunale.
Successivamente, nel novembre 2018, la città metropolitana di Napoli ha indetto una conferenza dei servizi «riguardante il deposito di materiale detritico roccioso proveniente da frana avvenuta nel mese di novembre 2017».
Nel corso della conferenza dei servizi che ha avuto luogo nel dicembre 2018 è stata prodotta dalla stessa città metropolitana la caratterizzazione analitica dei detriti accantonati ed il relativo piano di riutilizzo munito di approvazione dell'Arpac, anch'essa presente alla conferenza.
Il parere espresso dal genio civile ha riguardato la compatibilità e la natura geologica dei materiali presenti, trattandosi di detriti alluvionali composti da ghiaie e ciottoli calcarei derivanti dai fenomeni alluvionali nelle aree del versante su cui non era presente attività antropica.
Da quanto rilevato in sede di conferenza dei servizi, il cumulo detritico, non doveva essere rimosso, né soggetto a spanditura nell'area del parco, bensì caratterizzato, stabilizzato e, secondo il piano di riutilizzo redatto dalla città metropolitana ed approvato dall'Arpac, utilizzato per la sistemazione di una modesta depressione, situata al margine della strada. Considerata la vicinanza al centro sportivo la città metropolitana aveva ipotizzato la destinazione dell'area quale uso pubblico, prima che ignoti si rendessero responsabili dell'abbandono di materiali impropri.
L'ente parco, ha altresì rappresentato che, in data 18 aprile 2019, si è svolto un sopralluogo congiunto nell'area, al quale erano presenti i tecnici dell'autorità di bacino e quelli del Comune di Vico Equense.
In generale con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 aprile 2018 è stata conferita alle autorità di bacino distrettuali la piena operatività per quanto riguarda le funzioni e i compiti istituzionali in materia di difesa del suolo, tutela delle acque e gestione delle risorse idriche.
Non rientrano nei compiti delle autorità di bacino distrettuali le azioni di protezione civile o gli interventi per le somme urgenze e quelli di polizia sul territorio.
In riferimento agli esiti del sopralluogo del 18 aprile 2019, autorità di bacino dell'Appennino meridionale ha precisato quanto segue:
in località Faito, è stata rilevata la presenza di materiale di frana di eterogenea composizione, temporaneamente messo a dimora in fase di emergenza, la cui natura dovrebbe essere verificata con apposite analisi in situ. Se ne consiglia la rimozione e l'eventuale smaltimento, sia per motivi legati alla stabilità dei pendii, essendo il sito incluso in area perimetrata dal Piano stralcio per l'assetto idrogeologico (Psai) come R2/P2, che per il decoro e la sicurezza ambientale dell'area;
in località Preazzano/Ticciniano, considerata la pericolosità molto elevata (P4) e il rischio elevato e molto elevato (R4 e R3) individuato dal vigente Psai per il rischio di frane e accertata la presenza di materiale di varia natura versato sul pendio interessato da recenti dissesti, lo stesso deve essere necessariamente rimosso e smaltito e devono essere poste in atto le necessarie azioni per la mitigazione del rischio di frane/o idraulico (incluse le opere per la sistemazione/protezione della scarpata del taglio stradale esistente ai fini della messa in sicurezza del tracciato stradale).
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per quanto di competenza rassicura di monitorare le azioni poste in essere dalle autorità competenti finalizzate alla messa in sicurezza dell'area in questione.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.
ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la discarica in località Panaccioni del comune di Cassino è un sito da bonificare presente con codice FR-082 nel piano regionale bonifiche del Lazio con alta priorità di intervento;
tale discarica era nell'elenco di cui al decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 23 ottobre 2003 concernente la perimetrazione del sito di interesse nazionale ai fini di bonifica (ora sito di interesse regionale (Sir) delle discariche della provincia di Frosinone;
il Sir è costituito da diverse discariche che vennero create in provincia di Frosinone nel periodo di emergenza rifiuti dei primi anni 2000;
il documento «Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio» del 2 marzo 2011 recitava testualmente che «Il prodotto terminale del ciclo, costituito dalla parte secca dei rifiuti, cosiddetto sovvallo, veniva dapprima depositato presso la discarica ubicata in località “Panaccioni” di Cassino e, una volta esaurita questa, nelle ulteriori, successive discariche ubicate in località “San Paride” di Pontecorvo, “Tacciano” di Pignataro Interamna, sito di “via Le Lame” di Frosinone e in quella sita in località “Ara Procella” di Sora»;
la discarica di via Le Lame di Frosinone citata in detta relazione come successiva meta dei sovvalli di trattamento rifiuti al termine delle volumetrie disponibili presso la discarica Panaccioni di Cassino, è parte del Sin «Bacino del fiume Sacco», a causa della grave criticità ambientale che essa costituisce;
malgrado l'elevata priorità di intervento assegnata nel 2012 dalla regione Lazio nel piano regionale bonifiche (PRB), le attività di bonifica della discarica di Cassino in località Panaccioni sembrano non essere mai state avviate e nell'anno dell'aggiornamento del Prb lo stato era fermo al piano di caratterizzazione;
i piani regionali di bonifica dei siti inquinati fanno parte dei piani regionali di gestione dei rifiuti (Prgr) e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha più volte ribadito l'opportunità di procedere all'aggiornamento dei Prb contestualmente all'aggiornamento dei Prgr;
la regione Lazio, nelle more della cabina di regia per la predisposizione dell'aggiornamento del Prgr, aveva assicurato l'aggiornamento anche del relativo Prb, risalente ormai al 2012;
con l'accordo di programma quadro «Bonifica dei siti inquinati e gestione dei rifiuti» sono stati erogati fondi attraverso varie integrazioni per la bonifica di molte discariche facenti parte dell'ex Sin della provincia di Frosinone –:
come siano stati impiegati i fondi statali di cui all'accordo quadro sopra citato per gli interventi di bonifica relativi all'area di cui in premessa;
se intenda assumere iniziative, per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per monitorare lo stato ambientale delle discariche facenti parte dell'ex Sin della provincia di Frosinone e in particolar modo della ex discarica di Cassino in località Panaccioni.
(4-02884)
Risposta. — L'area di discarica, in località Panaccioni nel comune di Cassino, ricadeva all'interno del Sito di interesse nazionale (SIN) di Frosinone, successivamente divenuto di competenza regionale (SIR) in attuazione al decreto ministeriale n. 7 dell'11 gennaio 2013.
Nel perimetro dell'ex SIN di Frosinone ora SIR erano presenti circa 121 discariche di rifiuti solidi urbani, distribuite su tutto il territorio della provincia di Frosinone e ricadenti in 80 comuni (sui 91 costituenti la provincia).
In relazione a dette discariche si evidenzia che dal 2002 al 2007 sono stati sottoscritti n. 4 accordi di programma quadro, per un valore complessivo di circa 45 milioni di euro, di cui oltre 7 milioni di euro a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e destinati alla caratterizzazione e messa in sicurezza delle discariche presenti nel territorio della provincia di Frosinone.
In merito agli aspetti procedurali afferenti l'area di discarica in località Panaccioni, si evidenzia che alla data del 11 gennaio 2013 risultavano eseguite le attività di caratterizzazione e trasmesso il progetto di messa in sicurezza d'emergenza Lotto I.
A differenza dell'impianto ubicato in località Panaccioni, la discarica sita in località Le Lame, ricade all'interno del perimetro del sito di interesse nazionale «Bacino del fiume Sacco».
Gli interventi di manutenzione dei sistemi di messa in sicurezza e l'attuazione delle fasi mancanti, a completamento della caratterizzazione del sito e dell'area interposta tra la discarica e il fiume Sacco, sono stati finanziati nell'ambito dell'accordo di programma per un importo complessivo di 2.516.365,00 euro.
La regione Lazio nel precisare che la materia della bonifica dei siti inquinati è disciplinata dalla Parte IV, Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006 «Testo Unico Ambientale» (T.U.A.), che regola i relativi procedimenti ed individua i compiti dei vari soggetti istituzionali coinvolti, precisa che, a tali norme, si affiancano quelle contenute nella legge regionale n. 27 del 1998, che per quanto riguarda i procedimenti non compresi all'interno dei siti di interesse nazionale (S.I.N.), secondo quanto previsto dall'articolo 17, delega ai comuni nel cui territorio insistono le problematiche ambientali, lo svolgimento di tutto il procedimento disciplinato dall'articolo 242 del Tua.
Il S.I.N. in questione era costituito in larga parte da siti di ex discarica comunale finanziati prevalentemente con fondi derivanti dall'accordo di programma quadro n. 8 (APQ8).
Quindi, fino alla data di esecutività del decreto ministeriale del 13 gennaio 2013, i comuni beneficiari del finanziamento APQ8 trasmettevano le progettazioni relative agli interventi programmati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il quale provvedeva ad approvarli, a seguito di apposite conferenze dei servizi, in base a quanto disposto dalla vigente normativa.
Nel caso di cui trattasi, attraverso una proposta di intervento APQ/8-BV n. 42 al comune di Cassino, con decreto ministeriale 25 novembre 2010 veniva concesso un finanziamento di euro 992.135,00 al fine di realizzare l'intervento di messa in sicurezza d'emergenza e caratterizzazione della discarica, come intervento sostitutivo in danno.
Il progetto da finanziare con la somma suddetta veniva approvato dal comune di Cassino con delibera della Giunta comunale n. 259 del 22 novembre 2002 e trasmesso alla regione Lazio, al fine dell'approvazione del quadro tecnico economico (QTE), che in vigenza del S.I.N. interveniva esclusivamente per quanto riguardava gli aspetti di erogazione del finanziamento accordato.
In relazione al suddetto progetto si è però reso necessario l'aggiornamento del piano della caratterizzazione al fine di conformare quanto prescritto in sede di conferenze ministeriali, pertanto il comune di Cassino, competente in ragione dell'avvenuto declassamento del S.I.N., ha convocato un'ulteriore conferenza dei servizi per l'approvazione del novato progetto, come previsto dalla normativa richiamata nelle premesse.
Sulla scorta della documentazione agli atti la conferenza si è riunita in data 19 novembre 2013 e 21 febbraio 2014 senza giungere alla definitiva approvazione del progetto. Questo ha comportato l'impossibilità per la regione Lazio di procedere all'approvazione del Q.T.E. ed iniziare l'erogazione del finanziamento.
Quest'ultimo risulta impegnato ed a disposizione dell'Amministrazione comunale di Cassino con determinazione dirigenziale n. G14739 del 30 novembre 2017, in attesa che sia possibile iniziare l'erogazione a seguito dell'avvenuta approvazione di un progetto e del relativo Q.T.E., redatto e approvato in conformità alla vigente normativa e assentito in sede di apposita conferenza dei servizi, da tutti gli enti competenti.
In ultimo si evidenzia che in data 11 giugno 2018 si è svolto un tavolo tecnico insieme all'Amministrazione comunale di Cassino e all'Arpa Lazio di Frosinone, all'interno del quale si è concordato che il comune avrebbe provveduto a verificare tutta la documentazione prodotta e trasmessa alla conferenza dei servizi. Ad oggi la regione è in attesa di un riscontro in tal senso.
Alla luce di quanto rappresento il Ministero si riserva di compiere le proprie valutazione in merito all'opportunità di informare il comando carabinieri per la tutela ambientale circa l'esigenza di attivare le iniziative atte a monitorare lo stato ambientale delle discariche facenti parte dell'ex SIN della provincia di Frosinone.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.
MACINA, DIENI, ALAIMO, BALDINO, BERTI, BILOTTI, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, SABRINA DE CARLO, FORCINITI, PARISSE, FRANCESCO SILVESTRI, SURIANO e ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
ferma restando che al centro dell'agenda politica del Governo vi è la sicurezza dei cittadini e del territorio, gli interroganti ritengono urgente e doveroso affrontarne con tempestività ed incisività gli aspetti che ineriscono concretamente al riconoscimento delle esigenze, nonché al rispetto alla dignità degli uomini e delle donne delle forze di polizia che agiscono quotidianamente per assicurarla;
preme agli interroganti segnalare, in primis, la necessità di garantire agli appartenenti alle forze di polizia il pagamento dei compensi per le prestazioni di «lavoro straordinario» svolte –:
se e quali iniziative intenda adottare affinché alle forze di polizia siano assicurate le risorse finanziarie necessarie al pagamento dei suddetti compensi in ordine ai periodi arretrati, nonché per l'anno in corso e quelli a venire.
(4-03642)
Risposta. — Garantire la sicurezza nelle nostre città, sul territorio, è un obiettivo prioritario e strategico per l'intero sistema-Paese, e, come tale, è al centro dell'agenda politica di questo Governo.
Vi è piena consapevolezza della straordinaria importanza, peculiarità e professionalità del lavoro svolto quotidianamente, e negli scenari più complessi, dalle forze di polizia, impegnate nel fondamentale compito di assicurare la tenuta della cornice di legalità, che rappresenta l'indispensabile precondizione per lo sviluppo e il benessere dell'intera comunità.
Dalle attività svolte per il controllo del territorio a fini di prevenzione generale, a quelle tese all'individuazione degli autori dei reati, da quelle dedicate al contrasto al crimine organizzato, a quelle volte a difendere i cittadini dalla minaccia del terrorismo, anche internazionale.
In questo senso, investire risorse in termini di sicurezza significa sempre investire anche per la crescita del Paese.
Da qui la necessità di garantire i massimi livelli degli standard di operatività e di efficacia di tutte le componenti del «sistema sicurezza».
Quanto allo specifico quesito posto dall'interrogante, si assicura che la questione del pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario rese dagli appartenenti alle forze di polizia, all'attenzione ormai da molto tempo, è stata subito presa in considerazione dal nuovo Governo e dal Ministero dell'interno.
L'argomento è stato, infatti, messo in agenda in occasione del Consiglio dei ministri del 19 settembre scorso, ove è stato condiviso l'impegno ad adottare, nel più breve tempo possibile, ogni utile iniziativa che consenta di reperire le risorse aggiuntive necessarie a retribuire le prestazioni di lavoro straordinario delle forze di polizia.
Allo stato, tale intervento risulta necessario in considerazione che le risorse stanziate (articolo 33, comma 1, del decreto-legge n. 113 del 2018, convertito dalla legge n. 132 del 2018) per i compensi delle prestazioni di lavoro straordinario in eccedenza ai budget mensili assegnati, posti in liquidazione fino alla concorrenza della disponibilità finanziaria sull'apposito capitolo di spesa, risultano già interamente utilizzate per la Polizia di Stato.
Si evidenzia, comunque, che per il personale della Polizia di Stato e della Polizia penitenziaria, le ore eccedenti i limiti mensili assegnati, rese nell'anno 2018, qualora non liquidate e non recuperate entro il 31 dicembre dell'anno in corso, sono retribuite nell'ambito delle risorse disponibili entro l'anno 2020, in base al disposto dell'articolo 10, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2018, n. 39.
In conclusione, si intende ribadire la volontà del Governo ad adottare iniziative a favore delle forze di polizia che diano soluzione alla problematica posta dall'interrogante.
Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.
MAGI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la «Tabella 5» dell'articolo 6 del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27 settembre 2010 indica i limiti di concentrazione dell'eluato per l'accettabilità in discariche per i rifiuti non pericolosi. La nota asterisco della medesima «Tabella 5», contiene invece l'elenco delle tipologie di rifiuti per i quali i limiti di concentrazione del parametro Doc non si applicano ai fini sopra indicati. A seguito della novella intervenuta per effetto della entrata in vigore del decreto de|Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 giugno 2015, il codice 190501 risulta presente sia nella lettera a) che nella lettera g) della citata nota asterisco;
la lettera a) prevede, tra l'altro, che i rifiuti derivanti dal trattamento biologico individuati dal codice 190501 possano essere conferiti in discarica «purché trattati mediante processi idonei a ridurne in modo consistente l'attività biologica, quali il compostaggio, la digestione anaerobica, i trattamenti termici ovvero altri trattamenti individuati come BAT per i rifiuti a matrice organica dal d.m. 29 gennaio 2007». La lett. g), d'altra parte, prevede che i rifiuti derivanti da trattamento biologico dei rifiuti individuati dal medesimo codice 190501, possano essere conferiti in discarica «purché sia garantita la conformità con quanto previsto dai programmi regionali di cui all'articolo 5 del d.lgs. n. 36/2003 e presentino un indice di respirazione dinamico non superiore a 1.000 mgO2/kgSVh»;
il 14 dicembre 2017, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare tenuto conto dell'esistenza di alcuni dubbi interpretativi derivanti dalla lettura dell'articolo 6 del decreto ministeriale 27 settembre 2010, ha emanato una circolare ministeriale per l'applicazione dell'articolo 6 del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27 settembre 2010;
dalla citata circolare si legge: «I. La conferibilità dei rifiuti identificati dal codice 190501 in discarica dipende disgiuntamente e autonomamente dal soddisfacimento di una delle due condizioni di cui alle lettere: a) e g): sarà dunque sufficiente che sia soddisfatta una sola di tali condizioni perché il rifiuto sia conferibile in discarica»;
dalla citata circolare si legge: «III. (...) si può quindi ritenere che la valutazione dell'adeguatezza dell'abbattimento dell'indice respirometrico dinamico ai fini della sussistenza del requisito di cui alla lett. a) non può che derivare dalla individuazione di una percentuale di abbattimento rispetto al valore in ingresso. Ciò peraltro deriva planamente dal riferimento, da parte del d.m. in oggetto, al verificarsi di una “riduzione”, ossia di una variazione negativa di un parametro di ingresso. Va precisato altresì che l'individuazione della variazione negativa rilevante ai fini dell'applicazione della sopra menzionata lett. a) dovrà essere effettuata dall'autorità competente nelle modalità che riterrà opportuno, sulla base delle specifiche circostanze di fatto che caratterizzano, nel caso concreto, la gestione dei rifiuti, con particolare riguardo, tra l'altro, alla composizione del rifiuto, alla percentuale di raccolta differenziata e all'attuazione dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 36 del 2003 con riguardo ai programmi regionali di riduzione dei rifiuti biodegradabili in discarica» –:
secondo quale metodologia particolare lo stesso tipo di rifiuto, identificabile con codice CER 190501, possa risultare presente sia nella lett. a) che nella lett. g) della citata nota della Tabella 5 dell'articolo 6 del decreto ministeriale 27 settembre 2010;
se la «consistente riduzione» dell'attività biologica del rifiuto, così come prevista dalla lett. a) della citata nota non ponga un problema di discrezionalità di cui si dovrà far carico l'autorità competente ovvero di una tale indeterminatezza riferibile al parametro «riduzione» che rischia di configurare un'ammissibilità in discarica del rifiuto con codice CER 190501 che varia da regione a regione o nei peggiori dei casi da discarica a discarica;
quali iniziative intenda mettere in atto, a partire da una eventuale modifica del decreto ministeriale 27 settembre 2010 e successive modificazioni, per garantire che i rifiuti tengano smaltiti in discarica con il necessario pretrattamento.
(4-00149)
Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
In merito ai criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare tenuto conto dell'esistenza di alcuni dubbi interpretativi derivanti dalla lettura dell'articolo 6 del decreto ministeriale del 27 settembre 2010, emersi successivamente alle modifiche introdotte dal decreto ministeriale del 24 giugno 2015, ha provveduto ad adottare apposita circolare del 14 dicembre 2017 per fornire alcuni chiarimenti. Successivamente, anche Ispra ha fornito con propria circolare del 29 dicembre 2017 alcune precisazioni tecniche, al fine di omogeneizzare le attività di competenza delle agenzie territoriali.
La tabella 5 contenuta nell'articolo 6 del decreto ministeriale 27 settembre 2010 indica i limiti di concentrazione dell'eluato per accettabilità in discarica per i rifiuti non pericolosi. Nella medesima tabella 5 sono inoltre elencate le tipologie di rifiuti per i quali i limiti di concentrazione del parametro Doc non si applicano ai fini sopraindicati.
A seguito della novella intervenuta per effetto della entrata in vigore decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 giugno 2015, il codice 190501 risulta presente sia nella lettera a) che nella lettera g) della citata circolare.
Per quanto riguarda la questione della consistente riduzione dell'attività biologica del rifiuto, così come prevista dalla lettera a) della citata circolare ministeriale, e il problema della discrezionalità che rischia di configurare l'ammissibilità in discarica del rifiuto con codice Cer 190501 che varia da regione a regione o, se non da discarica a discarica, si ribadisce quanto contenuto nella predetta circolare ovvero che «il raggiungimento del parametro di cui alla lettera g) della tabella 5 del decreto ministeriale 27 settembre 2010 è, senza dubbio, la soluzione preferibile dal punto di vista della tutela dell'ambiente».
Quanto detto non rende accettabile una soluzione interpretativa che consenta, senza alcun'altra specificazione, il rispetto del solo standard meno tutelante. Da tale premessa, anche alla luce degli articoli 1 e 6, lettera a), della direttiva 1999/31/CE, secondo la quale il trattamento dei rifiuti deve essere volto «a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente», risulta chiaramente che tale trattamento non può essere organizzato in modo tale da limitarsi, a regime, al raggiungimento del parametro di cui alla lettera a) del decreto ministeriale sopracitato.
Viceversa nonostante debba ritenersi accettabile un conferimento che rispetti quest'ultimo parametro e non quello della successiva lettera g), tale situazione non può non intendersi come punto di partenza, muovendo dal quale devono essere realizzate tutte le attività necessarie al raggiungimento del parametro di cui a tale ultima lettera. Da ciò deriva che l'applicazione del criterio della «consistente riduzione» dell'attività biologica non può che essere circoscritto nel tempo e accompagnato dalla adozione di tutte le misure necessarie per addivenire, nel più breve tempo possibile, ad un regime in grado di assicurare il rispetto della lettera g) del decreto ministeriale in parola.
A tal fine, per evitare un'applicazione discrezionale di tale previsione la circolare Ispra contiene le indicazioni tecniche utili a garantire l'omogenea applicazione sul territorio nazionale del decreto ministeriale 27 settembre 2010.
Occorre evidenziare, in proposito, che l'applicazione del limite di cui alla lettera g) della tabella 5 del decreto ministeriale 27 settembre 2010 per il codice 190501 appare la scelta, in termini ambientali, più tutelante tra quelle a cui tutte le autorità competenti devono tendere.
Pertanto l'applicazione della lettera a) per il conferimento in discarica è concessa solo in una fase iniziale e transitoria e al verificarsi delle condizioni, indicate dall'Ispra, nelle quali potrebbe essere difficoltoso il conseguimento della stabilizzazione del rifiuto attraverso il raggiungimento del paramento di cui alla lettera g).
Tali condizioni sono rappresentate da una composizione merceologica del rifiuto indifferenziato con un contenuto fino al 50 per cento di frazione organica, da una percentuale di raccolta differenziata inferiore al 20 per cento e da una non completa attuazione del programma di riduzione dei rifiuti urbani biodegradabili di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 36 del 2003.
In ultimo, al fine di garantire che i rifiuti vengano smaltiti in discarica con il necessario pretrattamento, si evidenzia che il conferimento in discarica non può avvenire senza un pretrattamento volto a prevenire o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente, come stabilito dall'articolo 1 della direttiva europea 1999/31/CE.
Tanto premesso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare continuerà a monitorare la corretta applicazione del decreto ministeriale sopracitato da parte da tutte le autorità competenti, anche in relazione ai contenuti della circolare ministeriale in parola.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.
MAGLIONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il contratto di programma 2015-2019 tra il Ministro dello sviluppo economico e Poste Italiane S.p.A. disciplina le modalità di erogazione del servizio postale universale, nonché gli obblighi della società affidataria, i servizi resi agli utenti, i trasferimenti statali, la disciplina concernente l'emissione delle carte valori e le disposizioni in materia di rapporti internazionali;
all'articolo 1, il contratto di programma stabilisce che Stato e società perseguono obiettivi di coesione sociale ed economica e che prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni mediante l'uso della rete postale della società;
il suddetto contratto recepisce la legge del 23 dicembre, n. 190 del 2014, che stabilisce l'introduzione della distinzione, ai fini degli standard di qualità del servizio, in materia di invii postali tra «invio di posta prioritaria», il cui tempo di recapito medio è fissato nel giorno lavorativo successivo a quello di inoltro nella rete pubblica postale, e «invio di corrispondenza ordinaria», il cui tempo di recapito medio è invece pari a quattro giorni. Tale ultimo parametro rappresenta anche il riferimento per la valutazione del raggiungimento degli obiettivi medi e di recapito dei servizi postali universali (ad eccezione della posta prioritaria) (articolo 1, comma 278-279 legge n. 190 del 2014);
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con delibera 396/15/CONS, ha definito, a seguito della proposta di Poste italiane, i nuovi obiettivi statistici di qualità e una nuova determinazione delle tariffe degli invii di posta prioritaria e degli altri servizi universali, ai sensi dell'articolo 1, comma 280, della legge n. 190 del 2014;
la società si impegna al rispetto degli obiettivi di qualità come definiti dell'Autorità ai sensi delle disposizioni legislative sopracitate;
nelle ultime settimane nel comune di Airola e negli altri comuni della Valle Caudina, area che abbraccia sia la provincia di Benevento che quella di Avellino, si sono verificate numerose segnalazioni da parte degli utenti relative ai ritardi ed alla mancata consegna della corrispondenza che hanno causato enormi disagi e potenziali danni economici per la mancata ricezione entro le scadenze previste, di bollette, solleciti e avvisi di pagamento, come riportato dal quotidiano online «Il Caudino», in data 4 aprile 2019 –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se intenda verificare il rispetto del contratto di programma sottoscritto con Poste Italiane Spa e quali iniziative di competenza intenda adottare in caso di inadempienza dello stesso.
(4-03250)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
L'interrogante fa riferimento alle modalità di erogazione del servizio postale universale, con particolare attenzione al Comune di Airola e agli altri comuni della Valle Caudina.
Sentita sul punto, Poste italiane riferisce che il nuovo modello di consegna, denominato «joint delivery», si fonda su un approccio diversificato in base alle aree di consegna, volto a migliorare l'esperienza del cliente, riducendo i costi e aumentando la flessibilità.
Nell'ambito del nuovo contesto legislativo e regolatorio, il piano di Poste italiane è volto a perseguire un efficiente utilizzo dei processi, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 1, comma 279 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2015) e in conformità con le delibere emanate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) nel 2015.
In particolare, contestualmente alla progressiva attuazione del modello di recapito a giorni alterni, autorizzato dalla delibera AGCOM n. 395/15/CONS, a partire dal 16 aprile 2018 Poste italiane ha dato avvio ad una riorganizzazione del modello di recapito nelle restanti aree, fatta eccezione per i grandi centri urbani. Tale riorganizzazione prevede il recapito quotidiano attraverso due reti distinte ma integrate. La prima rete logistica, denominata «di base», provvederà in mattinata, in modalità alternata, alla consegna sulla propria area di competenza per tutti i prodotti postali. Ad essa si aggiunge una seconda rete, denominata «linea business», che opererà quotidianamente consegnando tutti i prodotti postali, ma con un maggiore orientamento alla consegna dei prodotti a firma e dei prodotti e-commerce, anche in fasce orarie pomeridiane (fino alle 19:45) e nei fine settimana, consentendo una risposta più efficace alle mutate esigenze dei cittadini.
Per quanto attiene specificamente i problemi nella consegna segnalati nel Comune di Airola e negli altri Comuni della Valle Caudina si rappresenta quanto segue.
Mentre il Comune di Airola è servito dal centro di recapito di Montesarchio, gli altri comuni della Valle Caudina sono serviti dal centro di recapito di Altavilla Irpinia. Entrambi i centri sono organizzati secondo il nuovo modello di consegna postale cosiddetto «joint delivery» (sopra richiamato). In particolare, il centro di recapito di Montesarchio è stato riorganizzato il 16 aprile 2018, mentre quello di Altavilla Irpinia è stato riorganizzato il 18 marzo 2019. In data 9 settembre 2019, il centro di recapito di Altavilla Irpinia è stato poi accorpato al centro di Avellino, che serve, ad oggi, anche i comuni della Valle Caudina.
I disagi rilevati nello svolgimento del servizio postale sarebbero quindi da ricondursi alla fisiologica fase di assestamento successiva all'applicazione del nuovo modello di recapito, alla quale si sono sommati picchi di traffico e, nel caso della Regione Campania, anche importanti movimentazioni di posta registrata.
Inoltre, Poste ha riferito che si sono sommate talune difficoltà causate da carenze nella toponomastica: soprattutto per quello che riguarda l'area di Montesarchio, vi sono strade appartenenti a differenti frazioni, recanti identica denominazione e numerazione civica. I problemi connessi alla toponomastica sono meno accentuati nei comuni della Valle Caudina.
Sarà compito del Ministero dello sviluppo economico, per quanto di competenza, monitorare l'andamento del servizio al fine di garantire il rispetto del contratto di programma sottoscritto con Poste italiane, tenuto conto del fatto che la fase di assestamento successiva all'applicazione del nuovo modello di recapito è per sua natura transitoria e che, ad oggi, le rilevate criticità risulterebbero in parte superate.
Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.
MANZO, DEL SESTO, DI LAURO, GRIPPA, IOVINO, PARENTELA e VILLANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il fiume Sarno situato nella regione Campania, nasce alla quota di circa 30 metri sul livello del mare dalle pendici del monte Saro, facente parte del gruppo montuoso del Sant'Angelo-Pizzo d'Alvano ed è il più ricco serbatoio di acqua potabile dell'Italia meridionale; attraversa in forma calma e sinuosa i comuni di Sarno, San Valentino Torio, San Marzano, Striano, Poggiomarino, Pompei, Scafati, Torre Annunziata e Castellammare di Stabia per sfociare, in direzione della località Sant'Abbondio di Pompei, in mare di fronte allo scoglio «Petra Herculis»; come si legge sul Fondo ambiente italiano «(...) le problematiche del Sarno, causa una elevata pressione antropica con relativo impatto determinato da scarichi domestici (fecali, agricoli, pesticidi, fertilizzanti, eccetera) e industriali, sono tutte relative al suo forte inquinamento (il più alto d'Europa) che si ripercuote nell'intero golfo di Napoli, fino agli anni Sessanta, era un fiume pescoso e termale caratterizzato da ambienti salubri e incontaminati. Nel 1992 il fiume è stato dichiarato ad elevato rischio ambientale ed è iniziato un tortuoso percorso per il disinquinamento: allo scopo si è divisa l'area in tre comprensori:
dell'Alto Sarno con 8 comuni, una popolazione di 69 mila abitanti e una densità di 398 ab/kmq;
del Medio Sarno con 21 comuni, una popolazione di 445 mila abitanti e una densità di 1.430 ab/kmq;
di Foce Sarno con 10 comuni, popolazione di 225 mila abitanti e una densità di 2.338 ab/kmq»;
nonostante per il corso d'acqua in questione siano state stanziate negli ultimi decenni ingenti somme al fine di mitigarne i danni, questi ultimi continuano a tediare la popolazione limitrofa. Basti pensare a come, nei giorni immediatamente trascorsi, a Castellammare di Stabia, i vigili del fuoco sono intervenuti a causa della caduta di un albero su una serra situata proprio a ridosso degli argini del fiume. Le operazioni di messa in sicurezza venivano accompagnate dallo sgomento degli operatori intervenuti a causa della ingente e catastrofica situazione che si annunciava davanti ai loro occhi. È stata riscontrata una vera e propria isola di rifiuti nel tratto di fiume parallelo, a via Ripuaria: bottiglie di plastica, cassette di sughero, tavole di legno, rami d'albero, palloni e tanti altri rifiuti trasportati dal fiume;
non può sottacersi la circostanza che vede il fiume de quo tra i 20 fiumi più inquinati del mondo. Durante i lavori della conferenza sui fiumi meno salubri del pianeta, tenutasi a New York, il Sarno è stato classificato al sesto posto per livello di inquinamento. Basti pensare che nelle sue acque, e in quelle degli affluenti, secondo il Cnr, c'è cadmio, piombo, arsenico e pesticidi. Conseguentemente, secondo diversi ricercatori italiani e stranieri il mix di inquinanti ha provocato nel corso degli anni un aumento, tra gli abitanti del bacino idrografico, di diverse malattie, da quelle cardio-respiratorie a quelle tumorali; gli interventi di interesse nazionale sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito inquinato, alla quantità e alla pericolosità degli inquinanti presenti nel sito, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante al sito inquinato in termini di rischio sanitario, ecologico nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali –:
se il Ministro intenda adottare le iniziative di competenza, anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per acquisire un quadro aggiornato sulla situazione di fondali, canali e sorgenti inquinanti del fiume;
se il Governo non intenda promuovere, per quanto di competenza, un raccordo istituzionale sulla vicenda volto a porre fine, in tempi brevi, al degrado ambientale, con la riqualificazione dell'area interessata, adottando le iniziative di competenza affinché il sito venga qualificato come sito da bonificare di interesse nazionale.
(4-01644)
Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
La Piana del Sarno, ricadente nel Bacino distrettuale dell'Appennino meridionale – comprende 56 Comuni e si estende per circa 708 km2 dal versante sud-est del Vesuvio fino alla penisola Sorrentina ed all'isola di Capri.
Il Bacino del fiume Sarno comprende 42 Comuni, nelle tre province di Napoli, Salerno ed Avellino, e si estende per circa 500 km2 dai monti Picentini ai monti Lattari ad est e a sud, dai monti Lauro e dal complesso Somma-Vesuvio a nord.
Le principali problematiche che caratterizzano il bacino del fiume Sarno – come si evince dall'analisi di diversi documenti di programmazione territoriale, quali il Piano di gestione del rischio alluvioni, il Piano stralcio per l'assetto idrogeologico e il Piano di gestione delle acque, sono riconducibili ai seguenti aspetti:
rischio indotto da fenomeni alluvionali: la superficie della piana del Sarno a rischio idraulico è pari a circa il 7,8 per cento dell'intera area. Le criticità idrauliche attualmente presenti lungo il corso del fiume Sarno sono quasi tutte attribuibili a restringimenti delle sezioni di deflusso e ad irregolarità dei profili di fondo;
rischio indotto da fenomeni franosi: la superficie della piana del Sarno a rischio idraulico è pari a circa il 52 per cento dell'intera area;
acque superficiali e sotterranee: tutti i corpi idrici superficiali individuati risultano caratterizzati da un non buono stato ecologico ed in alcuni tratti del torrente Solofrana emergono anche superamenti dei parametri chimici delle acque effluenti quali il cromo e il cadmio. Dalle analisi effettuate in diversi punti del reticolo naturale sono emersi superamenti in particolari periodi dell'anno, dovuti alle fluttuazioni di produzioni di alcune aziende agricole/manifatturiere.
Per le acque sotterranee, nell'area ricadono 8 acquiferi che quantitativamente risultano tutti classificati come non buoni, in quanto altamente sovra sfruttati. Infatti la scelta di captare l'acqua mediante pozzi artesiani per l'approvvigionamento idrico ai fini agricoli è indotta dalle condizioni di inquinamento dei principali corsi d'acqua superficiali presenti nell'area. Analogamente risulta non buono lo stato chimico degli acquiferi.
Ulteriore significativa criticità è rappresentata dall'enorme presenza di rifiuti urbani e non, lungo tutto il reticolo naturale che comporta importanti riduzioni delle sezioni in corrispondenza degli attraversamenti e delle confluenze idrauliche.
Al fine di pervenire ad una soluzione definitiva di risanamento del fiume Sarno e dei territori che attraversa, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha convocato, nella prima decade di aprile 2019, i sindaci dei 42 comuni interessati nonché gli esponenti degli enti sovracomunali e regionali competenti in materia, per concordare un percorso unitario da seguire per la realizzazione del Master plan Bacino fiume Sarno.
Obiettivo del Master Plan, il cui ufficio di coordinamento è l'Autorità di Bacino distrettuale dell'Appennino meridionale, congiuntamente al Ministero, è quello di definire e programmare uno scenario di misure di concerto con gli enti territorialmente competenti e declinare un piano di azioni da realizzare in base alle priorità – lavori a breve, medio e lungo termine – e programmazione finanziaria.
L'autorità di Bacino distrettuale dell'Appennino meridionale nel predisporre una preliminare configurazione del Master plan, ha comunicato nel giugno 2019 la produzione dei seguenti primi elaborati:
atlante della caratterizzazione fisico ambientale territoriale e quadro degli interventi in corso;
schede ricognitive trasmesse agli enti e riscontrate;
prima identificazione di misure anche attraverso la predisposizione di schede specifiche per comune (elaborate 42 schede);
schede attività di sopralluogo.
Tra le azioni in corso, a carico della regione Campania, allo stato, l'autorità di Bacino precisa che risultano molteplici interventi nel settore fognario depurativo di completamento delle reti fognarie interne ai comuni di Castellammare di Stabia, Nocera inferiore, Pompei, San Giuseppe Vesuviano, Sarno, Scafati e Striano, nonché i completamenti di alcuni collettori comprensoriali.
Per quanto riguarda la messa in sicurezza dei territori esposti ai rischi naturali, è stato redatto, già a partire dal 2012, il «Grande Progetto di Riqualificazione e recupero del fiume Sarno» finanziato sia con fondi Por FESR 2007-2013, sia con fondi regionali per un importo di euro 217.472.302,30 e, poi, rifinanziato, con Delibera della Giunta regionale n. 462 del 17 luglio 2018, per euro 401.720.467,56.
In proposito la regione Campania ha comunicato che con Delibera della Giunta regionale n. 144 del 13 marzo 2018 è stato approvato il «Programma degli interventi di mitigazione rischio idraulico di interesse regionale afferenti il bacino idrografico del fiume Sarno» e definito l'elenco puntuale degli interventi:
Opere di riqualificazione ambientale Torre Annunziata |
euro 21.291.436,78 |
Adeguamento canale Bottaro a seconda foce |
euro 49.894.166,32 |
Adeguamento e sistemazione fiume Sarno a monte traversa di Scafati e dell'alveo comune nocerino 1° tronco realizzazione area di esondazione di vetice e ampliamento vasca Cicalesi |
euro 49.743.976,34 |
Sistemazione ed adeguamento alveo comune nocerino 2° tronco, Cavaiola e Solofrana a valle della vasca di Pandola e realizzazione della vasca Casarzano |
euro 49.703.484,55 |
Realizzazione vasche comparto alta Solofrana, Calvagnola e Lavinaio ed adeguamento della Solofrana a monte della vasca di Pandola 2° tronco |
euro 49.798.742,89 |
Adeguamento e sistemazione di canali secondari |
euro 18.693.311,02 |
Progetto immateriale di monitoraggio e protezione civile |
euro 3.274.745,76 |
Vasche di laminazione vesuviane |
euro 45.198.830,76 |
Rifunzionalizzazione Canale Conte di Sarno |
euro 41.589.802,31 |
Interventi di bonifica e rimozione dei sedimenti inquinanti nonché di sistemazione idraulica del bacino idrografico del Fiume Sarno, limitatamente al tratto finale compreso tra la traversa di Scafati e la Foce del fiume Sarno |
euro 49.955.081,96 |
Interventi di manutenzione straordinaria delle vasche pedemontane del Vesuvio, Pianillo e Fornillo |
euro 22.576.888,87 |
TOTALE |
euro 401.720.417,56 |
Sempre l'autorità di Bacino informa che ad oggi, per questo programma di interventi, suddiviso in tre lotti funzionali, è in corso la gara di affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva per i primi due lotti e la gara di affidamento della progettazione di fattibilità tecnico-economica, definitiva ed esecutiva per il terzo lotto e che, altresì, sono in corso sopralluoghi e verifiche su tutto il bacino e sui tratti fluviali per la valutazione delle misure da porre in essere.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare assicura, dal canto suo, di sollecitare gli Enti territorialmente competenti a realizzare le azioni previste nel Masterplan Bacino fiume Sarno.
Per quanto concerne le iniziative da assumere affinché il sito venga qualificato come sito da bonificare di interesse nazionale e sulla questione se chiedere l'intervento del comando dei carabinieri per la tutela ambientale ai fini di una maggiore conoscenza dello stato d'inquinamento del fiume ovvero fondali, canali, sorgenti inquinanti, lo stesso Ministero si riserva di compiere le proprie opportune valutazioni.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.
SCANU. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
è in corso il procedimento di autorizzazione unica relativo alla realizzazione di una centrale termoelettrica solare a sali fusi ibrida integrata a biomasse e gasolio di potenza nominale pari a 10,8 MWel, localizzata in agro del comune di Oristano, località «San Quirico - Tanca ’e su Presidente», proposto dalla società «San Quirico Solar Power S.r.l.» andando a occupare un'area di circa 77 ettari di suolo agricolo;
si intende realizzare l'impianto in una zona storicamente a vocazione agricola ove eserciterebbe un'influenza catastrofica; le realtà produttive ed insediamenti collocati in un'ampia area intorno al sito subirebbero incalcolabili danni; l'enorme quantità di micro polveri immesse nell'aria in seguito alla bruciatura delle biomasse comporterebbe un sensibile peggioramento della salubrità ambientale, che avrebbe notevoli ricadute negative sulla salute pubblica e causerebbe un inevitabile abbassamento della qualità delle produzioni agricole e conseguentemente del loro valore;
l'illogicità della scelta allocativa assume maggiore risalto, poiché compiuta in una regione come la Sardegna, dove vi sono estese porzioni di territorio degradate già predisposte all'utilizzo per scopi industriali;
il terreno sul quale l'impianto dovrà sorgere è una zona a forte rischio idrogeologico, ove le modificazioni geomorfologiche necessitate dall'impianto, andrebbero a peggiorare la potenziale casistica incidentale già di per sé alta di un impianto sottoposto alla direttiva «Seveso»;
non sono state prestate adeguate garanzie per il completamento dell'impianto e il suo smantellamento, nonché per i danni derivanti da eventi incidentali;
nelle vicinanze dell'impianto sorgono siti di importanza naturalistica quali lo stagno di «Pauli Majori», individuato come sito di importanza comunitaria (codice ITB030033) e il bosco di «Su Paberile», area sottoposta a plurimi vincoli paesaggistici, nella zona sono stati inoltre censiti esemplari di gallina prataiola, calandra e calandrella, specie protette ai sensi della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23, nonché da varie direttive europee e convenzioni internazionali;
l'economia locale è caratterizzata dalla coltivazione del riso, e varie altre tipologie di coltivazioni cerealicole, uliveti/granai/risaie biologiche; è diffuso inoltre l'allevamento ovi-caprino (vengono prodotte carni di agnello a marchio IGP) e bovino, nei terreni confinanti l'impianto operano l'agriturismo «Archelao» e «l'Agrimacelleria Accareddu»;
la contrarietà di tutte le comunità interessate dall'impianto e dell'opinione pubblica è sfociata in un ampio, trasversale e compatto movimento d'opposizione, composto da associazioni di categoria, sindacati, comitati ed enti locali; tutte le amministrazioni coinvolte hanno in più occasioni e con atti ufficiali dimostrato la loro netta contrarietà all'insediamento dell'impianto –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda adottare, in collaborazione con le parti istituzionali e private coinvolte, per tutelare le aree nell'ambito o in prossimità delle quali dovrebbe sorgere l'impianto, aree che sono sottoposte a vincolo o costituiscono siti di importanza comunitaria e che sono interessate da un'importante produzione agroalimentare, caratterizzata anche da prodotti Doc e Dop.
(4-01441)
Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare si precisa che la zona di realizzazione dell'impianto per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile solare e biomassa è esterna al sistema delle aree protette sulle quali il Ministero dell'ambiente e della tutela territorio e del mare svolge attività di vigilanza. Nello specifico, il sito natura 2000 più prossimo dall'area di progetto è infatti la ZSC ITB030033 «Stagno di Pauli Maiori di Oristano» che dista circa 2,5 chilometri dalla località «San Quirico — Tanca ’e su Presidente».
In merito all'impianto la regione Sardegna ha comunicato quanto segue.
La società San Quirico Solar Power S.r.l., nel dicembre 2014 ha presentato, ai sensi dell'articolo 6 della legge regionale n. 3 del 2009 e dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003, domanda di autorizzazione unica, per la costruzione e l'esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte solare e biomassa e delle relative opere ed infrastrutture connesse.
Nel gennaio 2015, la regione ha comunicato alla società la sospensione dell'autorizzazione unica, in attesa della conclusione della procedura di valutazione ambientale di propria competenza.
Con deliberazione n. 63/51 nel novembre 2016, la stessa regione ha conferito mandato ad effettuare un approfondimento tecnico sui terreni a uso agricolo su cui insiste il progetto ed in particolare sugli eventuali vincoli di destinazione d'uso e sulle potenzialità agronomiche dei terreni.
Con deliberazione n. 52/24 del novembre 2017, la stessa regione, ha espresso un giudizio positivo di compatibilità ambientale sull'intervento, a condizione che fossero rispettate e recepite le prescrizioni descritte nella deliberazione n. 63/51 del 2016.
Nel gennaio 2018, la regione ha richiesto alla società le integrazioni finalizzate al recepimento delle prescrizioni della VIA e al riavvio del procedimento di autorizzazione unica. Nel febbraio 2018, la società ha depositato presso la regione e gli enti competenti il progetto definitivo adeguato alle prescrizioni della VIA, oltre alle integrazioni richieste.
Nello stesso mese la regione ha avviato il procedimento amministrativo di autorizzazione unica e ha indetto la conferenza dei servizi.
Durante i lavori della conferenza, i soggetti competenti in materia ambientale (regione, Arpas, corpo forestale regionale e provincia di Oristano) hanno evidenziato che il progetto definitivo presentato non risulta adeguato a recepire le prescrizioni della VIA.
In quella sede i comuni di Oristano e di Palmas Arborea hanno annunciato il proprio parere negativo.
Il procedimento amministrativo è stato sospeso in attesa delle integrazioni richieste alla società San Quirico. Nell'ottobre 2018, a seguito delle integrazioni inviate dalla stessa società, la regione ha convocato la seconda conferenza dei servizi nella quale è stato espresso parere favorevole con osservazioni dalle quali sono scaturite le proposte di prescrizioni da inserire nel provvedimento.
Nella medesima occasione si è preso atto del parere negativo espresso dal sindaco di Oristano, dal consiglio comunale di Oristano e dall'assessore del comune di Palmas Arborea.
La regione nel dicembre 2018 ha comunicato alla società San Quirico i motivi ostativi alla positiva conclusione del procedimento, ai sensi dell'articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990.
Nel gennaio 2019 la società ha reso note le osservazioni e controdeduzioni che la stessa regione non ritiene accoglibili. Viene quindi comunicato alla società il rigetto dell'istanza presentata e la sua conseguente archiviazione.
Tanto premesso, rimane comunque possibile la presentazione di una nuova istanza conforme e completa, ai sensi della deliberazione della giunta regionale n. 3125 del 23 gennaio 2018, nei termini di validità del giudizio positivo sulla compatibilità ambientale dell'intervento di cui alle deliberazioni di giunta regionale n. 63151 del 25 novembre 2016 e n. 52124 del 22 novembre 2017.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.
VILLANI, CARBONARO, MELICCHIO, MANZO, TESTAMENTO, DI LAURO, SARLI, BELLA, MAGLIONE, BUOMPANE, ILARIA FONTANA, NAPPI, ROSPI, BARBUTO, BRUNO, TUZI e MARIANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il torrente Solofrana e il torrente Cavaiola sono due affluenti del fiume Sarno, il fiume più inquinato d'Europa;
il torrente Solofrana, che attraversa diversi comuni della provincia di Salerno, compreso quello di Nocera inferiore, risulta pesantemente inquinato a causa degli sversamenti delle fogne dei comuni che attraversa, degli sversamenti delle concerie, delle industrie conserviere e di altri siti industriali presenti lungo il suo corso e degli sversamenti abusivi illeciti di altro materiale;
dalle analisi effettuate risulta una notevole contaminazione di metalli pesanti altamente cancerogeni, quali il cromo;
i continui sversamenti rendono le acque del torrente Solofrana fortemente inquinate, con conseguente rischio per l'incolumità delle persone, nonché per la biodiversità della zona, che risulta ormai quasi inesistente;
durante tutto l'anno, ma in maniera maggiore durante il periodo estivo, le esalazioni provenienti dal torrente sono tali da rendere l'aria irrespirabile, creando così enormi disagi alla popolazione residente;
nel corso degli anni sono stati effettuati diversi esposti da parte dei cittadini per denunciare la ormai intollerabile situazione in cui versa il torrente Solofrana;
i cittadini dei comuni attraversati dal torrente hanno richiesto più volte un intervento immediato da parte degli organi competenti, al fine di completare la messa a norma degli scarichi dei depuratori consortili e il collettamento fognario, mai realizzato, a differenza dei comuni limitrofi tra cui Nocera Superiore e Cava de’ Tirreni, e di attuare severi controlli nei confronti degli scarichi abusivi ed illegali ed azioni di bonifica finalizzate al disinquinamento dell'area limitrofa al Solofrana e del torrente stesso;
la prima firmataria del presente atto ha già presentato una prima interrogazione a risposta scritta, n. 4-00995, in data 4 settembre 2018 attraverso la quale denunciava la situazione in cui versa il fiume Sarno e il torrente Solofrana, che del Sarno è un affluente;
nella risposta inviata dal Ministero il 4 aprile 2019 si evidenziava come il fiume Sarno e i suoi affluenti siano classificati come Hmwb (High Modified water body – corpo idrico fortemente modificato o artificiale);
dalla citata risposta si evidenzia come le criticità inerenti alle acque del fiume Sarno e dei suoi affluenti, ivi compreso il torrente Solofrana, siano riconducibili a inquinamento derivante da pesticidi, fitofarmaci, concimi chimici e inquinanti di origine industriale;
nel mese di dicembre 2018, anche in seguito alla sollecitazione della prima firmataria del presente atto, il Ministro Costa ha effettuato un sopralluogo nelle aree attraversate dal torrente Solofrana annunciando l'istituzione di un tavolo tecnico presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare allo scopo di coordinare le attività finalizzate al risanamento anche del torrente Solofrana –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di favorire i lavori di bonifica del torrente Solofrana e il monitoraggio dei corsi d'acqua e dei depuratori presenti lungo il fiume e di effettuare un censimento delle fonti inquinanti, al fine di scongiurare il reiterarsi degli sversamenti di metalli pesanti gravemente nocivi alla salute dell'uomo e distruttivi della fauna ittica e delle biodiversità;
quali iniziative siano state adottate al fine dell'istituzione del tavolo tecnico presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare allo scopo di coordinare le attività finalizzate al risanamento e quindi al disinquinamento del torrente Solofrana;
se sia stata fatta, nelle città attraversate dal torrente, una mappatura relativa all'incidenza che l'inquinamento del corso d'acqua ha sulle sempre maggiori patologie tumorali presenti nella zona.
(4-03408)
Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
Nel confermare gli elementi di risposta già forniti nel gennaio scorso sulla problematica in argomento in riscontro all'interrogazione a risposta scritta n. 4-00995 si informa che per arrivare ad una soluzione definitiva di risanamento del fiume Sarno e dei territori limitrofi, il Ministro dell'ambiente ha convocato nella prima decade di aprile 2019, i sindaci dei 42 comuni afferenti al bacino del fiume Sarno - Angri, Boscoreale, Boscotrecase, Bracigliano, Calvanico, Casola di Napoli, Castellamare di Stabia, Castel San Giorgio, Cava de’ Tirreni, Contrada, Corbara, Circolano, Fisciano, Forino, Gragnano, Lettere, Mercato San Severino, Monteforte Irpino, Montoro, Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Ottaviano, Pagani, Palma Campania, Poggiomarino, Pompei, Roccapiemonte, San Giuseppe Vesuviano, San Marcano Sul Samo, San Valentino Torio, Santa Maria la Carità, Sant'Antonio Abate, Sant'Egidio del Monte Albino, Samo, Scafati, Siano, Solofra, Striano, Terrigno, Torre Annunciata, Torre del Greco, Trecase, oltre gli esponenti degli enti sovracomunali e regionali competenti per concordare un percorso unitario finalizzato alla realizzazione del masterplan bacino fiume Sarno.
Obiettivo del master plan, il cui Ufficio di coordinamento è l'Autorità di Bacino distrettuale dell'Appennino meridionale congiuntamente al Ministero dell'ambiente, è quello di programmare una serie di misure di concerto con gli enti territorialmente competenti e declinare un piano di azioni da realizzare in base alle priorità – lavori a breve, medio e lungo termine – e programmazione finanziaria.
L'autorità di bacino nel predisporre una preliminare configurazione del master plan ha comunicato nel giugno scorso la produzione dei seguenti primi elaborati:
Atlante della caratterizzazione fisico ambientale territoriale e quadro degli interventi in corso;
Schede ricognitive trasmesse agli Enti e riscontrate;
Prima identificazione di misure anche attraverso la predisposizione di schede specifiche per comune (elaborate 42 schede);
Schede attività di sopralluogo.
Inoltre la preliminare configurazione del master plan, predisposta dalla stessa Autorità, prevede per le diverse criticità, tra cui anche «Acque Superficiali» – «Acque sotterranee» – «Ciclo integrato delle acque», proposte di misure a breve, medio e lungo termine come evidenziato nella tabella che segue.
Infine con riferimento agli interventi in corso, a carico della legione Campania, allo stato attuale risultano molteplici interventi nel settore fognario depurativo di completamento delle reti fognarie interne ai comuni di Castellammare di Stabia, Nocera inferiore, Pompei, San Giuseppe Vesuviano, Sarno, Scafati e Striano, nonché i completamenti di alcuni collettori comprensoriali.
Per quanto riguarda la messa in sicurezza dei territori esposti ai rischi naturali, è stato redatto già a partire dal 2012 il «Grande Progetto di Riqualificazione e recupero del fiume Sarno» finanziato sia con fondi POR FESR 2007-2013 sia con fondi regionali per un importo di euro 217.472.302,30 e poi rifinanziato, con decreto di giunta regionale n. 462 del 17 luglio 2018 per euro 401,720.467,56.
Ad oggi per l'intervento in argomento, suddiviso in tre lotti funzionali di seguito riportati, risulta in corso la gara di affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva per i primi due lotti e la gara di affidamento della progettazione di fattibilità tecnico-economica, definitiva ed esecutiva per il terzo lotto.
I LOTTO in corso gara per affidamento progettazione definitiva ed esecutiva (opere di riqualificazione ambientale Torre Annunziata, adeguamento canale Bottaro a seconda foce, adeguamento e sistemazione fiume Sarno a monte traversa di Scafati e dell'Alveo comune Nocerino I tronco, adeguamento e sistemazione di canali secondari);
II LOTTO in corso gara per affidamento progettazione definitiva ed esecutiva (opere di sistemazione ed adeguamento alveo Comune Nocerino 2° tronco, Cavaiola e Solofrana a valle della vasca Pandola e realizzazione della vasca Casarzano, realizzazione vasche comparto alta Solofrana, Calvagnola e Lavinaio ed adeguamento della Solofrana a monte della vasca di Pandola 2° tronco);
III LOTTO in corso gara per affidamento progettazione di fattibilità tecnico economica, definitiva ed esecutiva (vasche di laminazione vesuviane, rifunzionalizzazione Canale Conte di Sarno, manutenzione straordinaria delle vasche pedemontane del Vesuvio, Pianillo e Fornilio).
In ultimo la medesima autorità di bacino informa che sono in corso sopralluoghi e verifiche su tutto il bacino e tratti fluviali per la valutazione delle misure da porre in essere.
Per quanto concerne le iniziative che il Ministero dell'ambiente intende porre in essere per il risanamento dei corsi d'acqua inquinati, si conferma l'istituzione del tavolo tecnico.
In merito alla questione più specificatamente riguardante l'impatto che l'inquinamento del corso d'acqua ha sulla salute dei cittadini residenti nella zona, l'istituto superiore di sanità, in merito alla questione, ha fornito un quadro epidemiologico delle malattie oncologiche nella provincia di Salerno come di seguito rappresentato.
In linea generale per una corretta valutazione del rischio oncologico e delle sue variazioni a livello geografico o temporale l'indicatore più appropriato è l'incidenza della patologia, ovvero il numero di nuove diagnosi di tumore che si verificano nella popolazione residente in un determinato intervallo di tempo.
In mancanza di informazioni sull'incidenza si può ricorrere alla mortalità, che ne è un indicatore surrogato, anche se meno sensibile e appropriato. Un ulteriore limite metodologico è rappresentato dalla mancata standardizzazione per età, che è necessaria per eliminare l'effetto distorsivo della struttura per età della popolazione e che deve essere sempre applicata per una corretta interpretazione dei confronti geografici o temporali.
I registri tumori di popolazione sono la principale e più accreditata fonte informativa di dati di incidenza e raccolgono informazioni su tutte le nuove diagnosi di tumore tra i residenti di un determinato territorio.
L'incidenza dei tumori nel salernitano è nota, perché nell'area è attivo sin dal 1996 un registro-tumori di popolazione che copre l'intera popolazione provinciale.
Il registro-tumori della provincia di Salerno è stato istituito con deliberazione di Giunta provinciale n. 4093 del 27 novembre 1996 e il 26 luglio 2004 è stato accreditato dall'associazione italiana dei registri tumori (AIRTUM).
L'accreditamento è un passaggio fondamentale che sancisce la validità e la completezza delle informazioni prodotte dal registro e ne garantisce la confrontabilità a livello nazionale e internazionale.
I dati del registro di Salerno sono trasmessi alla banca dati AIRTUM che costituisce l'archivio nazionale in cui confluiscono tutti i dati raccolti dai singoli registri tumori accreditati.
L'esame dei dati AIRTUM mostra che, in generale, il rischio oncologico nella Provincia di Salerno è in linea con i valori riscontrati nelle regioni meridionali. Dal confronto dei tassi standardizzati per età, disponibili nella banca dati AIRTUM, emerge chiaramente che l'incidenza per tumore in Provincia di Salerno è, in entrambi i sessi, significativamente inferiore rispetto alla media nazionale e ancor più rispetto alla media del Nord Italia. Altrettanto si può osservare per i tumori più frequenti, quali colon-retto, polmone, mammella e prostata.
Il confronto a livello comunale è disponibile dal rapporto pubblicato dal registro tumori di Salerno, «I tumori in provincia di Salerno-Anni 2008-2009» in cui sono presentate le mappe del rischio neoplastico per comune di residenza in rapporto alla media provinciale.
Per quanto riguarda i distretti sanitari di Vallo della Lucania e Sapri-Camerota, citati dallo studio osservazionale come aree a maggior rischio di tumore, si rileva che dette aree presentano un'incidenza per il complesso di tutti i tumori equivalente alla media provinciale o addirittura inferiore.
Dal rapporto si osserva un rischio generalmente più elevato della media provinciale nei distretti collocati a Nord (distretti di Salerno, Nocera Inferiore, SarnoPagani, Mercato San Severino e Battipaglia) e un rischio minore nei distretti a Sud (Eboli-Buccino, Vallo della Lucania, Sapri-Camerota e Sala Consilina-Polla).
La differenza territoriale più evidente riguarda le neoplasie del fegato per le quali le criticità maggiori si riscontrano nei distretti Nord di Angri-Scafati, SarnoPagani e Mercato San Severino, mentre il distretto Sud di Sala Consilira-Polla presenta un rischio significativamente inferiore alla media provinciale. Analoghe differenze tra Nord e Sud della provincia si rilevano per i tumori polmonari, mentre per i tumori tiroidei femminili si osservano valori al di sopra della media provinciale nel distretto di Sala Consilina e nel distretto di Salerno.
L'istituto rammenta, da ultimo, che i registri tumori di popolazione accreditati producono, in modo standardizzato e scientificamente rigoroso, indicatori epidemiologici di elevata qualità e rappresentano il sistema di sorveglianza di riferimento per conoscere livelli e tendenze della patologia oncologica.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.