XVIII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 264 di venerdì 22 novembre 2019
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI
La seduta comincia alle 9,40.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
LUCA PASTORINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 20 novembre 2019.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Aresta, Enrico Borghi, De Menech, Di Giorgi, Gobbato, Grippa, Maniero, Perego di Cremnago, Giovanni Russo, Spena e Tondo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna. I deputati in missione sono complessivamente novantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Modifica nella denominazione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto.
PRESIDENTE. Comunico che il vicepresidente del gruppo parlamentare Misto, in rappresentanza della componente politica “+Europa-Centro Democratico”, con lettera pervenuta in data 21 novembre 2019, ha reso noto che la nuova denominazione della componente è: “Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa”.
Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Elementi e iniziative in merito alla situazione ambientale delle aree della Basilicata interessate da attività estrattive, con particolare riferimento al sito di Tempa Rossa - n. 2-00567)
PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Cillis ed altri n. 2-00567 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Luciano Cillis se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
LUCIANO CILLIS (M5S). Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, l'interpellanza che mi accingo ad illustrare è soltanto l'ennesimo episodio della vicenda delle estrazioni petrolifere in Basilicata, l'ennesima dimostrazione, ammesso che ancora ce ne fosse bisogno, della trascuratezza e del pressappochismo con i quali, a tutti i livelli, è stata gestita la vicenda. Parliamo del comune di Corleto Perticara, in Basilicata, provincia di Potenza; tale cittadina, più precisamente, si trova nella Valle del Sauro, sul cui territorio la compagnia petrolifera francese Total ha, da ormai quasi vent'anni, avviato le ricerche petrolifere.
La Valle del Sauro è attraversata da un torrente, per l'appunto il Sauro, all'interno del quale, pensate, è stato previsto che vengano sversati i reflui petroliferi depurati; praticamente, le acque di scarto e di lavorazione delle estrazioni petrolifere, una volta trattate, dovranno essere scaricate nel torrente. La Valle del Sauro, dovete sapere, ha una conformazione morfologica territoriale molto particolare; la Total ha dovuto procedere a un suo radicale stravolgimento per riuscire a costruire il complesso industriale del Centro Oli e le piattaforme dei pozzi di petrolio. Quelli che una volta erano soltanto dei tortuosi tratturi di montagna sono stati trasformati in grandi strade asfaltate per permettere il transito atteso e grossi mezzi da cantiere. In questo territorio che, lo ricordo, comprende anche i comuni confinanti di Guardia Perticara e di Gorgoglione, la Total ha letteralmente livellato diversi ettari di montagna per poter procedere alla costruzione del Centro Oli, denominato Tempa Rossa, un enorme impianto petrolchimico, quasi nascosto tra le montagne della Valle del Sauro, valle gemella e contigua geograficamente alla più tristemente famosa Val d'Agri, dove insiste un impianto simile, il COVA dell'ENI, con tutte le sue sciagurate vicende. Veniamo all'oggetto dell'interpellanza; si tratta dello sversamento dei fanghi ovvero di scarti dell'attività di perforazione petrolifera in terreni alla località Serra d'Eboli del comune di Corleto Perticara, terreni che originariamente erano stati presi in affitto e poi restituiti insieme al carico di rifiuti di idrocarburi e metalli pesanti ai loro legittimi proprietari, terreni restituiti senza aver proceduto a nessun tipo di bonifica e senza dire ai proprietari di cosa fossero stati oggetto. Nessuno degli enti preposti ha mai controllato niente per anni e, allo stesso tempo, si sono guardati bene dall'avvisare la popolazione. È davvero vergognoso che dopo tanti anni il sito non sia stato bonificato; i lucani, in particolare i concittadini di Corleto Perticara, hanno diritto di sapere chiaramente di chi siano le responsabilità e, soprattutto, quando e come si intenda intervenire per bonificare quel territorio martoriato da rifiuti e sostanze nocive.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.
ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Debbo scusarmi con l'onorevole Cillis e con la Presidenza perché, evidentemente per un errore di trasmissione degli atti, non dispongo della replica alla presente interpellanza, perché evidentemente c'è stata un'inversione nella numerazione degli atti a me trasmessi. Quindi, non potendo rispondere, purtroppo, debbo chiedere se si può spostare ad altra seduta questa replica. Ciò per un fatto meramente burocratico, perché ho la risposta a un'altra interpellanza e non a quella presente.
PRESIDENTE. Deputato Cillis? Prego, a lei la parola.
LUCIANO CILLIS (M5S). Sono ben disposto ad attendere la prossima seduta di interpellanze e la risposta.
PRESIDENTE. Bene, quindi abbiamo risolto questo piccolo problema burocratico.
(Iniziative per assicurare il sollecito avvio dei lavori relativi all'autostrada Roma-Latina e alla bretella di collegamento Cisterna-Valmontone, nonché per migliorare la viabilità lungo la strada statale “Pontina” – n. 2-00555)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Spena e Occhiuto n. 2-00555 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Maria Spena se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
MARIA SPENA (FI). Grazie, Presidente; sì, illustro. Spero che non ci sia un altro errore burocratico nella risposta del sottosegretario. Qui, oggi, parliamo della Roma-Latina, un progetto che risale al 2001, dove si prevedeva l'accorpamento di due progetti distinti: il collegamento Pontina-A12-Appia e la bretella Cisterna-Valmontone. Successivamente, alla luce della consultazione dei comuni interessati il progetto, poi, venne modificato e denominato “Sistema intermodale integrato Roma-Latina”. Questo nuovo progetto integrato sappiamo che prevede la realizzazione di tre tratti di autostrada per collegare la A12, Roma e Latina in questo modo: c'è la parte di Roma-Civitavecchia-Roma Tor de' Cenci, Roma Tor de' Cenci-Latina e poi la bretella Cisterna-Valmontone per un totale di 99 chilometri di autostrada. Insieme a quest'opera principale ci sono delle altre opere di miglioria, quindi, delle opere accessorie, come la tangenziale di Latina, il casello di Aprilia nord, il casello di Aprilia sud, nonché l'accesso allo svincolo Artena-Cori-Lariano e la strada di accesso al casello di Labico. Il nuovo progetto definitivo è approvato con delibera del 2010 e con questa delibera del 2010 si autorizza a bandire la gara per l'assegnazione di una concessione unica per la realizzazione e la gestione delle tratte Roma Tor de' Cenci-Latina e la Cisterna-Valmontone con il collegamento A12-Roma Tor de' Cenci. Ancora, abbiamo una delibera CIPE del 2013 dove il costo complessivo dell'opera è stato fissato in 2 miliardi 728 milioni. È stata fatta la gara per la realizzazione e la concessione dell'opera da parte di Autostrade del Lazio nel 2015 ed è stata aggiudicata, nel 2016, al Consorzio Stabile SIS. L'aggiudicazione dell'appalto ad oggi però non è divenuta esecutiva, perché a seguito di ricorsi presentati nel settembre 2018, il Consiglio di Stato ha annullato la gara di aggiudicazione dell'appalto dell'opera. Ad oggi, però, l'annullamento della gara non è ancora definitivo, perché pende un ricorso in Cassazione nei confronti della sentenza del Consiglio di Stato, presentato dalla stesso Consorzio SIS. Per quanto riguarda i tempi entro i quali poter procedere agli espropri necessari per la realizzazione dell'opera, abbiamo un'ulteriore delibera CIPE del 25 ottobre del 2018 che ha prorogato di sette anni il termine ultimo per effettuare gli espropri necessari. Sappiamo, Presidente, che ci sono state varie riunioni tra il Ministero delle Infrastrutture e il presidente della regione Lazio che hanno detto dell'assoluta disponibilità da parte del Governo a mettere fine, dopo ben 18 anni, a questa opera ormai diventata indispensabile per l'asse di quella parte della nostra regione.
Infine, poi, in data 11 ottobre, ripeto, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha avviato anche un tavolo con ANAS e Autostrade del Lazio per realizzare una ulteriore revisione del progetto dell'opera della Roma-Latina, che consente una riduzione del costo complessivo. Da quando, però, è stato approvato il progetto del sistema intermodale integrato Roma-Latina, l'opera è sempre stata inserita tra le infrastrutture strategiche da Governi che si sono, nel frattempo, succeduti. L'unica nostra perplessità, Presidente, soprattutto la nostra grave preoccupazione, è che nel 2019, quindi nell'anno corrente, con il DEF relativo a questo anno, per la prima volta, l'opera non è stata inserita nell'allegato infrastrutture. Ecco, quindi, signor Presidente, sottosegretario, sappiamo quanto sia fondamentale quest'opera che riguarda la Roma-Latina, tutti quanti noi sappiamo quanto la Pontina sia un asse strategico per tutta quanta una parte del Lazio, di quella parte di Roma sud, quindi, che dall'EUR porta verso la zona di Latina e Terracina: è l'unico asse percorribile che unisce questi due assi fondamentali della nostra città con il resto della provincia, con il resto della regione. E sappiamo, soprattutto, che la Pontina è addirittura ritenuta la strada più pericolosa d'Italia, che vede, oltre ai tanti incidenti, tanti feriti, ma, soprattutto, tante persone che lasciano la vita su quella strada. L'ultimo incidente che conosciamo è stato quello del novembre 2018, dove è sprofondata proprio la strada, una persona ha perso la vita e quella zona è stata interessata - tant'è vero che c'è stata anche l'interruzione della viabilità - da lavori di ripristino, ma tutto il resto della Pontina, chiaramente, è ancora in condizioni impercorribili; oltre la necessità, come le dicevo prima nell'esposizione della mia interpellanza, della bretella Cisterna-Valmontone, perché chiesta a grande voce da tutti i sindaci di quel quadrante, a partire dalla zona di Latina, di Cisterna, così come Valmontone, Labico, Lariano, perché è diventata chiaramente un'odissea per i tanti cittadini e per i tanti abitanti, ma anche per le tante persone che devono recarsi al lavoro, chi all'università, chi a scuola, quindi per tutti quanti gli utenti di quella strada, poter raggiungere la capitale.
Quindi, non si tratta qui di TAV né del Ponte di Genova; si tratta soltanto di fare delle infrastrutture che rientrano nella normalità di quelli che sono dei lavori oltretutto dove c'erano già dei finanziamenti da molti anni. Ormai sono passati diciotto anni da quel lontano 2001 e ancora non è stata messa neanche la prima pietra per iniziare i lavori, e quindi per dare risposte a quei tanti cittadini e a quei tanti territori della nostra regione di poter condurre una vita - ripeto sempre questo aggettivo - normale per poter affrontare serenamente la propria giornata, per poter recarsi presso il proprio posto di lavoro, anche per i tanti agricoltori, perché noi stiamo parlando di una zona, come quella dell'Agro Pontino, dove insiste il maggiore insediamento dell'agricoltura anche della nostra regione e della nostra provincia, e, soprattutto, è un asse, dal punto di vista commerciale e imprenditoriale, fondamentale per la nostra economia.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.
ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Deve trattarsi di una giornata particolarmente complicata, perché non dispongo delle risposte di questa interrogazione, che, peraltro, riguarda un altro Ministero. Quindi, verifichiamo che cosa è accaduto, perché…
PRESIDENTE. Guardi, intanto mi scuso con l'interpellante, anzi, con gli interpellanti, perché mi pare che la stessa identica situazione si verificherà tra breve per quel che attiene l'interpellanza del deputato Salvatore Deidda. Noi possiamo accordarci in questo senso: possiamo sospendere temporaneamente la seduta, in attesa, magari, che si possano palesare le risposte alle interpellanze depositate dai colleghi e che erano, ricordo, calendarizzate e programmate da tempo. Quindi, ci saranno probabilmente, anzi, certamente, delle problematiche interne al Governo e alla trasmissione degli atti nella delega dei sottosegretari preposti a rispondere alle interpellanze, e in particolare alle interpellanze di questa mattina. Verifichiamo, entro dieci minuti, se queste risposte arrivano a destinazione, altrimenti saremo costretti a rimandare le interpellanze, ancorché parzialmente sviluppate, alla prossima seduta.
Quindi, sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 9,55, è ripresa alle 10,15.
(Ripresa dell'interpellanza Cillis ed altri n. 2-00567 - Elementi e iniziative in merito alla situazione ambientale delle aree della Basilicata interessate da attività estrattive, con particolare riferimento al sito di Tempa Rossa)
PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Riprendiamo, dunque, da dove abbiamo interrotto, cioè dall'esame delle interpellanze urgenti.
Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere all'interpellanza urgente Cillis ed altri n. 2-00567, che il deputato Cillis aveva illustrato prima della sospensione della seduta e prima della illustrazione dell'interpellanza Spena e Occhiuto n. 2-00555. A lei la parola, sottosegretario Morassut.
ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Mi permetta di porgere le mie scuse alla Presidenza e ai colleghi per l'incidente burocratico che si è determinato nella trasmissione degli atti.
PRESIDENTE. Grazie. Sono sicuro che i colleghi apprezzeranno. Capita a chi lavora. Prego, a lei la parola.
ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Presidente, la problematica ambientale segnalata non rientra nelle competenze del Ministero dell'Ambiente, in quanto si tratta di area fuori SIN. Si chiarisce, inoltre, che l'attività di autorizzazione della coltivazione di idrocarburi in unità geologiche profonde a terra, ai sensi del decreto legislativo n. 30 del 2009, attiene alla competenza diretta della regione. Ad ogni modo, posta la rilevanza del problema, si riferisce quanto comunicato dai soggetti competenti a livello territoriale, in particolare dalla regione Basilicata e dall'ARPAB.
Relativamente all'attività di bonifica dei siti inquinati presenti nell'area di Tempa Rossa, l'ARPAB ha fatto presente che l'autorità giudiziaria ha svolto delle indagini su due siti in cui sono presenti residui di fanghi di perforazione. Tali siti sono denominati sito “A” località Montagnola e sito “B” località Serra d'Eboli, nel comune di Corleto Perticara. A questo proposito ha precisato che, in data 14 settembre 2009, il NOE ha richiesto all'ARPAB il supporto tecnico per i campionamenti e analisi di terreno/fanghi, giusta delega di indagine della procura di Potenza, per la ricerca di rifiuti da fanghi provenienti dalla perforazione dei pozzi petroliferi. Il sopralluogo congiunto tra i tecnici ARPAB e i carabinieri del NOE è stato effettuato il 4 febbraio 2010, durante il quale sono stati concordati i punti di campionamento e gli analiti da ricercare. Il 15 aprile 2011 il NOE ha trasmesso le risultanze delle indagini eseguite dal consulente tecnico nominato dall'autorità giudiziaria, onde stabilire “natura, grado, estensione della probabile contaminazione/inquinamento” sui terreni, invitando regione, provincia, comune e ARPAB, ognuno per le proprie competenze, ad avviare le procedure previste ex articoli 242, 244 e 250 del Codice dell'ambiente.
Si giungeva alle seguenti conclusioni (cito le conclusioni del rapporto): “I terreni presenti nei siti “A” e “B” sono estranei alla natura geologica dell'area. Su dette aree sono state compiute operazioni di scavo e riporto di terreni in concomitanza con la perforazione del pozzo petrolifero di Tempa Rossa 2. Le analisi permettono di caratterizzare i terreni presenti nei siti come residui di fanghi di perforazione. La contaminazione è circoscritta ai siti di discarica, stante la natura prevalentemente argillosa dei terreni di base che fungono da barriera impermeabile. Il terreno contaminato può essere classificato come rifiuto speciale pericoloso”.
Conseguentemente, il 21 aprile 2011 la regione Basilicata ha intimato a Total di procedere all'attuazione delle misure di prevenzione necessarie, alla comunicazione, ai sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e alla presentazione del piano di caratterizzazione. Nel mese di maggio, la Total ha trasmesso il piano di caratterizzazione, precisando di non ritenersi responsabile della contaminazione e che la redazione dell'elaborato era da intendersi nell'ottica di una fattiva collaborazione. La società comunicava altresì il programma delle misure di prevenzione proposte, consistenti principalmente nella delimitazione dell'area. Sono seguite numerose conferenze di servizio per l'approvazione del predetto piano di caratterizzazione.
Nel corso dell'iter istruttorio l'ARPAB, con una nota del 2 marzo 2012, ha rappresentato, tra l'altro, la necessità di ricevere un elaborato contenente un modello concettuale, dettagliato e completo che prevedeva anche una relazione sulle specifiche misure di prevenzione effettuate in sito. Evidenziava, inoltre, l'opportunità di spingere i sondaggi fino alla profondità di 15 metri per il sito “A” e per almeno le verticali SB-4, SB-5, SB-2 ed SB-3 del Sito “B”.
Nella stessa nota, l'ARPAB precisava, tra l'altro, la necessità di estendere la ricerca degli analiti a tutti i metalli previsti dall'allegato 5, Titolo V, del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Nel corso della conferenza dei servizi del 28 marzo 2012, Total si impegnava a elaborare il modello concettuale definitivo a valle delle indagini e ribadiva, in merito alla propria posizione, che avrebbe provveduto all'esecuzione delle sole indagini previste nell'ambito del piano di caratterizzazione, non ritenendo, viceversa, di propria competenza le successive fasi di analisi del rischio e successivo intervento, salvo eventuale parere diverso da parte dell'autorità giudiziaria competente sul tema della contaminazione dei siti “A” e “B”. La conferenza, dopo ampia discussione, esprimeva parere favorevole all'approvazione del piano di caratterizzazione con alcune prescrizioni. I tecnici ARPAB svolgevano ulteriori sopralluoghi e campionamenti presso il sito “A” e il sito “B” nelle seguenti date: 30 ottobre 2012; 31 ottobre 2012; 5 novembre 2012; 8 novembre 2012; 26 novembre 2012; 28 novembre 2012. In data 25 giugno 2013 Total ha trasmesso la documentazione conclusiva delle indagini di caratterizzazione, che è stata successivamente oggetto di numerose ulteriori conferenze di servizio.
Nella data dell'11 ottobre del 2013, l'ARPAB ha trasmesso, inoltre, i rapporti di prova dei campioni prelevati in fase di caratterizzazione (evidenziati diversi superamenti dei fattori inquinanti per il parametro stagno e per il parametro cobalto). Nella stessa nota formulava le seguenti osservazioni: “in merito, visti i risultati e i relativi superamenti, si ritiene necessario l'elaborazione di una adeguata proposta integrativa che tenga conto dei contenuti delle sopracitate note. (…) In particolare, si ribadisce che occorre integrare le indagini al fine di determinare puntualmente l'area ed il volume della zona contaminata nonché indagare tutti i parametri oggetto di superamento delle CSC. Occorre altresì acquisire una dettagliata proposta di monitoraggio delle matrici ambientali impattate a seguito della formulazione del modello concettuale definitivo”.
Conseguentemente, quindi, nelle date del 5, 6, 13, 15 e 22 dicembre 2016 i tecnici ARPAB hanno effettuato sopralluoghi e campionamenti integrativi dei terreni presso il sito “A” e nelle date 3 gennaio 2017 e 21 febbraio 2017 presso il sito “B”.
Il 10 ottobre 2017, l'ARPAB ha, quindi, trasmesso i risultati ottenuti dalle attività previste dal piano di integrazione alla caratterizzazione e la relativa validazione. Per quanto concerne gli esiti dei campioni terreni del sito “A” sono stati evidenziati superamenti delle CSC per i parametri cobalto, selenio, vanadio, zinco, benzene e idrocarburi pesanti C>12; per il sito “B” è stato evidenziato il superamento del parametro berillio.
Nelle conferenze di servizio del 10 ottobre 2017 è stato, quindi, richiesto di effettuare indagini integrative finalizzate alla successiva redazione della valutazione dell'analisi di rischio sito specifica. La stessa analisi è stata successivamente richiesta anche della provincia di Potenza con parere del 12 ottobre 2017.
Al riguardo, il comune di Corleto Perticara ha inoltre evidenziato che, a seguito di un incontro operativo con Total E & P Italia SpA sono state concordate le ulteriori attività richieste dalla richiamata conferenza di servizi, ossia: sito “A” indagine indiretta tomografia finalizzata all'individuazione dei limiti plano-volumetrici della sorgente di contaminazione e l'eventuale presenza/assenza di falda al di sotto delle profondità fino ad oggi indagate; sito “B” realizzazione ulteriore sondaggio a monte del punto SB 22.
Per quanto attiene agli aspetti epidemiologici, l'istituto superiore di sanità ha comunicato la propria disponibilità ad effettuare una ricognizione e valutazione dei dati, delle indagini e delle fonti informative disponibili per l'area in esame sul fronte sanitario-epidemiologico, finalizzata ad inquadrare il contesto delle aree a rischio e valutare la fattibilità e l'opportunità di condurre indagini ad hoc.
Si segnala, infine, che, essendo l'iter amministrativo ancora in corso, non risultano attualmente pendenti procedimenti penali e/o civili riguardanti danni ambientali derivanti dall'attività estrattiva effettuata dalla Total SpA presso il giacimento di Tempa Rossa. Ad ogni modo, stante la rilevanza del tema trattato, si assicura che il Ministero dell'Ambiente, per quanto di competenza, manterrà alto il livello di attenzione, tenendosi informato presso gli enti istituzionali competenti anche al fine di valutare l'opportunità di costituire un apposito tavolo di confronto.
PRESIDENTE. Il deputato Luciano Cillis ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
LUCIANO CILLIS (M5S). Grazie, Presidente. Siamo qui nuovamente a sentire e ad ascoltare un'elencazione completa di inquinanti derivanti da un'attività su un territorio che fino agli anni Novanta per l'appunto era vergine, era meraviglioso.
Siamo qui ad ascoltare come l'attività estrattiva, su più fronti difesa all'interno di questa Camera, non sia il futuro della nostra nazione. Siamo qui ad ascoltare nuovamente ciò che un'attività antropica può comportare per un territorio. Sono particolarmente gravato da questa cosa perché, successivamente, dopo questo sversamento, abbiamo ripetuto lo stesso iter con il COVA di Viggiano e siamo qui, di nuovo, a risentire come la regione Basilicata si trovi inerme di fronte a questi problemi; siamo qui di nuovo ad ascoltare questa catena di responsabilità regionali, nazionali. Da lucano sono veramente affranto da questa cosa: non è questione di colore politico, non è questione di appartenenza, è questione di buonsenso. L'attività estrattiva in-shore non è percorribile in questa nazione, assolutamente, né tanto meno quella off-shore. Solamente chi vive su quei territori può realmente sentire, vedere - al di là di quello che è il costo al barile, di quelle che sono le royalty che questo maledetto oro nero porta come elemosina per le comunità - e capire che cosa realmente sia. In Basilicata siamo in pochi - siamo in meno di 500 mila forse - e fa piacere questo, perché è più facile dominare lì dove la popolazione ha meno mezzi, ha meno strumenti per farsi sentire.
Vorrei aggiungere che sono soddisfatto per l'impegno preso dal Ministero della salute per monitorare e riuscire a capire qual è lo stato della salute della popolazione su quel territorio, ma sarebbe stato meglio non arrivare ad avere questa valutazione. Io la ringrazio, signor sottosegretario, e spero che questo Governo continui sempre e comunque su questa strada, nella difesa della popolazione, nella valorizzazione reale dei territori, specie quelli dell'arco appenninico che, come sappiamo, anche a causa degli eventi climatici devastanti, è sempre più in abbandono e sempre più vittima di speculazioni di ogni tipo.
In ultimo, mi ritengo soddisfatto anche dell'impegno futuro che questo Ministero prenderà per vigilare su questo evento, che almeno per oggi sembra non potersi fermare. Però, per quanto riguarda gli altri impegni riguardanti la situazione del PiTESAI e il vaglio delle aree che potrebbero essere ancora stuprate da questa attività - torno a dire - demoniaca, antropica, che nulla ha a che fare con il benessere dei territori, questo Governo ci sarà e dovrà vegliare e fare in modo che non avvengano più questi incidenti.
(Ripresa dell'interpellanza Spena e Occhiuto n. 2-00555 - Iniziative per assicurare il sollecito avvio dei lavori relativi all'autostrada Roma-Latina e alla bretella di collegamento Cisterna-Valmontone, nonché per migliorare la viabilità lungo la strada statale “Pontina”)
PRESIDENTE. Riprendiamo l'interpellanza urgente Spena e Occhiuto n. 2-00555 (Vedi l'allegato A), che la deputata Spena ha illustrato prima della sospensione della seduta.
Il sottosegretario di Stato, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.
ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, La Bretella Cisterna-Valmontone, rappresenta una priorità per il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, considerata la rilevanza economica, sociale e trasportistica dell'opera.
Senza ripercorrere il complesso iter procedurale, informo che, al fine di salvaguardare l'attività sino ad oggi espletata e le relative autorizzazioni progettuali, nonché per accelerare i tempi di definizione e supportare adeguatamente il processo decisionale, presso la Struttura tecnica di missione del MIT, è stato istituito un tavolo di lavoro apposito a cui partecipano Regione Lazio, ANAS e Società Autostrade del Lazio. Tale tavolo prevede la conclusione dei lavori entro la fine dell'anno corrente.
Quanto alla strada statale Pontina, il 21 gennaio 2019 si è concluso, con la sottoscrizione dei verbali di consegna, l'iter per il trasferimento ad ANAS delle strade regionali del Lazio, inclusa la ex strada regionale 148 Pontina.
In proposito, ANAS ha comunicato di aver effettuato la mappatura dello stato dell'infrastruttura, pianificando gli interventi di manutenzione straordinaria.
In particolare, lo scorso 19 aprile sono tati completati i lavori di ripristino del corpo stradale ed è stata riattivata la circolazione nel tratto ricadente nel comune di Terracina, precedentemente interdetto alla viabilità per il cedimento di un attraversamento idraulico, causato dalle eccezionali precipitazioni di novembre 2018.
Inoltre, sono stati ultimati i lavori di risanamento profondo del piano viabile in tratti saltuari, dal costo di oltre 8 milioni di euro, realizzati in due distinti lotti, così da limitare i disagi alla circolazione.
Nell'ambito del programma di manutenzione, ANAS ha pianificato ulteriori interventi per il risanamento del piano viabile, l'ammodernamento delle barriere di sicurezza, il ripristino delle pertinenze stradali e dei giunti, il rifacimento della segnaletica, nonché il ripristino degli impianti di illuminazione, per un investimento complessivo di circa 15,88 milioni di euro, già appaltati e in corso.
Infine, in merito alla sicurezza della circolazione e alla salvaguardia dell'incolumità sulla strada Pontina, il Ministero dell'Interno riferisce che, nel periodo 1° gennaio-31 ottobre 2019, ha effettuato 1897 servizi di vigilanza stradale, organizzato 82 posti di controllo per il contrasto all'eccesso di velocità e di aver accertato 4142 violazioni alle norme del Codice della strada.
PRESIDENTE. La deputata Maria Spena ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
MARIA SPENA (FI). No, Presidente. Intanto volevo, diciamo così, “perdonare” il sottosegretario Morassut per questo disguido che è capitato poc'anzi rispetto alle risposte alle nostre interpellanze. Io oggi, se sono qui, Morassut, è perché ho presentato, già dal mese di aprile, un atto ispettivo in merito a questa questione della Roma-Latina e della bretella Cisterna-Valmontone, a cui non è stata data mai risposta. Se, invece, fosse stata data risposta al mio atto ispettivo, oggi non saremmo qui e probabilmente avremmo dato delle risposte anche ai tanti comuni interessati e ai tanti cittadini interessati, tramite anche i nostri atti e le nostre interpellanze, che noi parlamentari abbiamo il dovere di fare e a cui voi, come Governo, avete il dovere di rispondere.
La risposta che mi ha dato il sottosegretario Morassut non mi ha particolarmente soddisfatto, anche perché siamo rimasti molto, così, nell'ordinario: nulla di nuovo. È chiaro che chi può dire il contrario rispetto al fatto che la bretella Cisterna-Valmontone sia una priorità? Peccato, però, che secondo le ultime notizie che ho potuto riprendere da alcune delibere che sono andata a leggermi, rispetto anche alla delibera del CIPE, i 665 milioni di euro previsti per la bretella Cisterna-Valmontone ad oggi non ci sono. Quindi, poi, Morassut mi dovrà spiegare con quali fondi verrà fatta la bretella Cisterna-Valmontone, visto che la risposta dell'ANAS dice che, nel progetto più generale della Roma-Latina, la bretella non è ad oggi finanziata.
E poi mi viene a ricordare della pericolosità della strada Pontina: lei vive il Lazio come me, quindi sa bene quanto quest'asse sia fondamentale - come ho già detto prima durante l'esposizione di questa interpellanza - soprattutto per chi va da Roma, dall'Eur, verso Pomezia, verso Latina, fino a Terracina.
È un asse a vocazione industriale, a vocazione imprenditoriale, ma anche a vocazione agricola.
Sappiamo che è la strada più pericolosa d'Italia, sappiamo l'alta incidentalità di quell'unica strada che collega Roma verso appunto il Sud, verso Latina, Terracina, attraversando prima tanti altri comuni. Vede, questa è una di quelle poche opere, una di quelle poche infrastrutture sulle quali c'è una condivisione di intenti. Sappiamo che quando si tratta di infrastrutture ci sono, a volte, anche delle voci discordanti su alcune opere, invece questa della Roma-Latina e della Cisterna-Valmontone ha visto sempre una condivisione di intenti da parte di tutti i sindaci, penso a quelli di Artena, di Lariano, di Valmontone, di Labico, di Cisterna di Latina, di Aprilia. Dicevo di vantaggi di natura economica e commerciale, ma anche per dare quella normalità che è nostro dovere dare a tutti quei cittadini che la mattina devono raggiungere i propri posti di lavoro, le proprie aziende, le proprie imprese, per i giovani che si devono recare presso le scuole e presso le università.
Lei prima mi diceva, sottosegretario, che si è costituito un tavolo a cui prendono parte il MIT, ANAS e la regione Lazio, probabilmente per rivedere anche il quantum economico di quest'opera, però noi non vorremmo anche sulla Roma-Latina avviare quelle analisi costi-benefici che tanto piacevano al Ministro Toninelli, perché vorrebbe dire che ricominciamo da zero, con un nuovo progetto, come quasi a dire che la Roma-Latina non si faccia più.
E poi, ripeto, sottosegretario, mi dovrà dare poi una risposta su quei 502 milioni di euro che, ad oggi, non sono disponibili per la Cisterna-Valmontone. Lei ha parlato prima anche di quella che è una manutenzione della Pontina, sottosegretario, e addirittura ha fatto menzione di un intervento da parte di ANAS per ripristinare una voragine: ci mancherebbe altro che non doveva essere ripristinata quella voragine, dove oltretutto c'è stata anche una persona dispersa, quindi che ha perso la vita. Quindi, insomma, mi ha detto una cosa che sinceramente - oltretutto riguarda un anno fa - neanche andava sottolineata.
Il Governo, Presidente, deve dare delle risposte. Qui, ripeto, non parliamo di grandi opere, non parliamo di TAV, non parliamo di opere da finanziare. Parte dei finanziamenti per iniziare la Roma-Latina già ci sono, purtroppo la burocrazia, procedure infinite per autorizzazioni e contenziosi in corso impongono dei tempi ancora lunghi. Sono passati, dal 2001 ad oggi, diciotto anni, che hanno visto sospesa quest'opera, non vorremmo passare ancora degli anni per arrivare a quei trent'anni che di solito vedono dar luce alle opere qui in Italia. L'ultima cosa, Presidente, un'altra cosa che ci preoccupava - sottosegretario, se mi dà un attimo di attenzione - riguarda un articolo uscito su Il Sole 24 Ore di mercoledì 20 novembre, in cui si dice che il Governo deve utilizzare in fretta i soldi del Fondo per lo sviluppo e la coesione territoriale e che per questo ha adottato una serie di grandi opere ferme da anni. Le opere indicate sono state nove, il Governo metterà dei soldi, e dice anche che le seguirà attentamente da vicino; la Roma-Latina purtroppo non c'è, come non c'è nessuna opera riguardante la regione Lazio.
Quindi, se è vero che per la Cisterna-Valmontone mancano delle risorse, e visto che nelle prossime settimane il Governo dovrà individuare delle altre opere da adottare e da finanziare, allora si intervenga immediatamente su quest'opera, in modo tale che anche il Lazio potrà essere rappresentato come regione fondamentale dove continuare, anzi non continuare, ma iniziare a fare le infrastrutture necessarie per i cittadini.
(Iniziative di competenza volte ad assicurare la continuità territoriale marittima con la Sardegna – n. 2-00563)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Deidda ed altri n. 2-00563 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Salvatore Deidda se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente, la illustro. Grazie anche al sottosegretario, perché si è preso anche l'onere di tante materie che non sono di sua competenza, rispettando quelle che sono le prerogative dei deputati, anche dell'opposizione. Come sa, la Sardegna è un'isola, e purtroppo per noi la continuità territoriale, sia marittima che aerea, non è tanto un vezzo, ma è una necessità, una necessità che purtroppo da decenni viviamo come un servizio non adeguato per le esigenze dei sardi, ma anche di tutti gli italiani e di chi vive nel continente. Purtroppo, noi viviamo una situazione in cui le famiglie non possono viaggiare tranquillamente, i lavoratori non possono viaggiare tranquillamente, tanto che gli autotrasportatori denunciano, da tempo, che le tariffe sono sempre in aumento, e soprattutto non ci sono gli spazi necessari per gli autotrasportatori sardi che devono raggiungere Livorno o le altre mete.
In più, qual è il problema? Il problema è che a luglio 2020 scade la Convenzione con quello che oggi è il gestore della continuità, questo un consorzio di navigazione Tirrenia e Moby che riceve il finanziamento pubblico per gestire questa tratta secondo le normative europee e secondo quanto prevede anche la normativa nazionale.
In teoria, noi vorremmo sapere - ci sono gli appelli della regione Sardegna, ci sono gli appelli di diverse entità economiche - perché intorno a tutta questa vicenda c'è il silenzio. Addirittura non si può prenotare per il prossimo anno, ci sono delle industrie, tipo quella delle cave di sabbia, che hanno paura e denunciano che il settore potrebbe perdere cinquecento lavoratori, perché non hanno la certezza di come trasportare la materia prima in continente; ma soprattutto, le strutture alberghiere non possono programmare il proprio calendario turistico, perché non è possibile prenotare o programmare quello che succederà nella prossima estate, da giugno fino ad agosto e settembre.
Ma parliamo anche delle famiglie, parliamo di quelle sarde: in Italia ci sono centinaia di migliaia di emigrati sardi che dovrebbero rientrare nei propri Paesi d'origine con l'auto. Denunciano che è più facile andare in Francia, raggiungere la Corsica e poi giungere in Sardegna che invece fare la tratta più comoda, quella Genova-Porto Torres, Livorno-Olbia, Civitavecchia-Cagliari, che a volte raggiunge prezzi inaccessibili per le tasche di una famiglia normale. È possibile continuare così? No.
Abbiamo usato lo strumento dell'interpellanza urgente perché noi non abbiamo mai avuto risposte da parte del Governo. Ci sono state interrogazioni da parte di altri colleghi che non hanno ricevuto risposta, la regione Sardegna non ha mai ricevuto risposta per essere convocati ad un tavolo, ed è per quello che noi, come Fratelli d'Italia, abbiamo usato questo strumento per avere un segnale dal Governo.
Cosa succede nel prossimo anno? Ci sarà una nuova gara; a quanto pare, l'Autorità sulla concorrenza esclude che ci possa essere una proroga del servizio. Allora, se c'è bisogno di una nuova gara, cosa si aspetta a convocare la regione Sardegna per capire se questo modello va bene?
Esiste un modello francese, che viene utilizzato in Corsica, dove non c'è l'IVA, ovviamente sui biglietti, ma dove si dimezza il prezzo del 50 per cento a chi è ovviamente residente in Corsica, ma anche agli altri, che ricevono un rimborso su quella che è la compagnia di navigazione.
Ma c'è il modello spagnolo, che funziona, che funziona sicuramente di quello che oggi vige in Italia; ed è per questo che noi ci appelliamo ancora una volta perché sia convocato un tavolo con la regione Sardegna e ci sia finalmente chiarezza su quello che è il modello di continuità marittima. Mi sarei aspettato, ovviamente, una risposta del Ministero dei Trasporti, che sia nella continuità marittima che nella continuità aerea, sta lasciando da sola la Sardegna. Questo è un fatto inaccettabile perché, ribadisco, per noi è un servizio fondamentale; da lì passa il vivere bene di chi è residente in Sardegna, passa la nostra economia: l'economia turistica, l'economia dei trasporti, l'economia dei mezzi, l'economia di chi vuole cercare di commerciare con la nostra isola; già il nome stesso: siamo un'isola, soffriamo di questo isolamento, dovuto a un sistema che non funziona, è costoso perché, ripeto, se costa di più venire in Sardegna che andare in Grecia o in Corsica o in qualunque altro Stato estero, allora vuol dire che lo Stato ci sta veramente abbandonando.
PRESIDENTE. Approfitto per salutare studenti e insegnanti dell'Istituto comprensivo “Dionigio Romeo Chiodi”, di Roma, nonché gli studenti e gli insegnanti della scuola elementare paritaria “Asisium”, di Roma, che assistono ai nostri lavori (Applausi). Oggi, all'ordine del giorno ci sono le risposte del Governo alle interpellanze, quindi sono presenti in Aula esclusivamente i deputati interpellanti. A lei la parola per la replica, sottosegretario Morassut. Prego.
ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Presidente, onorevole Deidda, la competente Direzione generale per la vigilanza sulle Autorità portuali, infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo per vie d'acqua interne rappresenta quanto segue. Per l'esercizio dei trasporti marittimi in regime di pubblico servizio con le isole maggiori e minori è attualmente vigente la Convenzione n. 54, stipulata il 18 luglio 2012 tra il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e la Compagnia Italiana di Navigazione, per la durata di otto anni, con scadenza al 18 luglio 2020. L'articolo 7 della succitata Convenzione individua il corrispettivo per i servizi sovvenzionati svolti dalla Compagnia Italiana di Navigazione in circa 72,68 milioni di euro all'anno, per ciascuno degli otto anni di durata della stessa Convenzione.
La continuità territoriale con la Sardegna è garantita dalle linee passeggeri/merci di Genova-Porto Torres, Civitavecchia-Olbia, Genova-Olbia, Cagliari-Palermo, Civitavecchia-Cagliari-Arbatax e Napoli-Cagliari. I collegamenti sono attualmente in regolare svolgimento e la Compagnia accetta prenotazioni a tutta l'estate 2020. La scadenza contrattuale del 18 luglio 2020 ha richiesto l'attivazione, da parte del Ministero, delle procedure per la riassegnazione dei servizi di trasporto marittimo con le isole maggiori e minori, nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale. Il 20 giugno del 2019 il Ministero ha comunicato alla società esercente Compagnia Italiana di Navigazione l'avvio della procedura di riaffidamento del nuovo servizio e quindi la cessazione della convenzione alla scadenza contrattuale. Ai fini della pubblicazione del bando di gara deve essere effettuata una specifica attività istruttoria, in corso di svolgimento, che tenga conto sia del contenuto della delibera dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti n. 22/2019 – che ha, per la prima volta, disciplinato la singola fase dell'affidamento – sia della normativa europea (Disciplina 2012/C 8/03 - Decisione 2012/21 sui servizi di interesse economico generale).
A seguito delle diverse interlocuzioni con il Ministero, la Commissione europea ha già assegnato un codice di pre-notifica al caso, al fine di verificare l'assenza di aiuti di Stato nella procedura in atto. Analoghe interlocuzioni sono in corso con l'ART, l'Autorità di Regolazione del Trasporto, trattandosi, come detto, della prima applicazione della delibera n. 22/2019. Come indicato dalla stessa delibera, l'assegnazione dei servizi di trasporto marittimo deve infatti inseguire quattro macro-fasi: 1) fase propedeutica di verifica del mercato; 2) procedura di imposizione di obblighi di servizio pubblico; 3) fase di gara per l'assegnazione in esclusiva del servizio; 4) fase di stipula della convenzione e gestione della stessa nella fase esecutiva.
La fase propedeutica, numero uno, per l'affidamento del servizio è volta ad accertare, in base ai principi comunitari sulla liberalizzazione del cabotaggio marittimo, la sufficienza dei servizi di trasporto regolare (comunicazione sull'interpretazione del Regolamento CEE).
La Direzione generale del MIT ha già concluso l'analisi dei dati dell'offerta, relativi al traffico delle merci e di persone nei porti di origine e destinazione delle linee attualmente esercite, sulla base delle informazioni acquisite tramite le Autorità di sistema portuale competenti, le direzioni marittime, le capitanerie di porti e le società operanti.
Inoltre, da più di un anno è in corso un costante confronto con i competenti uffici della regione autonoma Sardegna per analizzare la domanda di mobilità marittima e per l'individuazione delle rotte. Le regioni, infatti, saranno parte attiva dei complessi passaggi per la definizione del quadro dei servizi marittimi e sono già programmati appositi incontri con la regione Sardegna per acquisire elementi per la verifica del mercato. Questa verifica, che consiste nel mettere a consultazione pubblica le analisi dei dati relativi alle esigenze del servizio pubblico individuata, deve appurare la distribuzione temporale e spaziale della potenziale domanda e rilevare le motivazioni di viaggio, le caratteristiche socio-economiche, demografiche e comportamentali; ciò al fine di verificare la sussistenza di un interesse economico degli operatori di mercato alla fornitura del servizio nella sua dimensione ottima minima di produzione in libero mercato. Si procederà, quindi, ad acquisire le manifestazioni di interesse da parte delle imprese che posseggono i requisiti per l'esercizio dei servizi previsti e che siano nelle condizioni di presentare un'offerta con riferimento, in particolare, alla proprietà e disponibilità dei mezzi navali richiesti. Dalla verifica scaturiscono tre possibili scenari, previsti dalla delibera dell'Autorità di regolazione del trasporto: 1) la piena disponibilità degli operatori ad assicurare il servizio in regime di libero mercato senza contributo; 2) la parziale disponibilità degli operatori ad assicurare il servizio in regime di libero mercato con necessità di sovvenzione per mantenere l'equilibrio economico-finanziario; 3) l'assenza di offerte a svolgere il servizio in mancanza di sovvenzione pubblica. Solo in caso di esito negativo della manifestazione di interesse, il MIT dovrà procedere all'imposizione di obblighi di servizio o all'assegnazione del servizio con contratto di servizio pubblico attraverso l'espletamento di una gara pubblica. Per quanto detto, la procedura, che non consiste nella sola pubblicazione del bando di gara, è già stata avviata.
PRESIDENTE. Il deputato Salvatore Deidda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie Presidente, continuando a ringraziare il sottosegretario Morassut per la disponibilità a leggere e rappresentare il Governo in questa difficile materia, avrei però preferito parlare, senza nulla togliere al sottosegretario, con chi è della materia dei trasporti. Dico ciò perché noi non riusciamo a parlarci con il Ministero dei Trasporti, con il Ministro dei trasporti. Su una materia così delicata, come la continuità marittima, che lede un diritto sacrosanto di noi sardi e di tutti gli italiani che vogliono essere collegati con la Sardegna o che vogliono venire in Sardegna, non ci si può nascondere dietro la grande burocrazia europea sulla libera concorrenza.
Su questa convenzione in essere, di fatto, c'è un monopolio che è dettato dalle compagnie di navigazione, Tirrenia e Moby, che appartengono ad un unico proprietario. Modificare una condizione che non rende così vantaggioso usufruire di quel servizio di navigazione o offrire un servizio di navigazione da e per la Sardegna, quindi obbligare lo Stato a investire una somma per incentivare le compagnie ad offrire un servizio pubblico. Si sa che c'è bisogno di una modifica; lo studio di un nuovo modello di continuità marittimo, come ho detto poi si potrebbe copiare il modello francese. Per chi è in Italia, nel continente italico, è più conveniente, a volte, andare in Francia, raggiungere la Corsica e poi andare in Sardegna, cioè fare in estate un giro di gran lunga molto più lungo e più economico che venire da Civitavecchia, Civitavecchia-Olbia o da Genova-Porto Torres. Noi non sappiamo niente di cosa sta facendo il Ministero, in Sardegna non si ha notizia.
Non è vero ciò, in quanto se l'assessore ha più volte dichiarato, anche pubblicamente e senza poi essere smentito, che sta provando a parlare con il Ministro o sta provando a interfacciarsi con il Ministro, allora - se ciò non viene smentito e nella stampa più volte è stato rimarcato - vuol dire che qualcosa di vero c'è, cioè che non sta venendo contattato, che non riesce a contattare il Ministero. Soprattutto, perché è impossibile imporre un modello di continuità senza che i sardi abbiano la minima conoscenza di quel sistema, visto che ne sono i fruitori principali. Dobbiamo cercare un attimo di avere chiarezza su quello che sarà il nostro destino, perché, lo ripeto, una compagnia che tratta le sabbie per le ceramiche di tutta Italia ha già denunciato che non può lavorare il prossimo anno senza sapere che modello di continuità ci sarà e ha già annunciato di mettere in mobilità o in pericolo 500 posti di lavoro. Le strutture alberghiere non possono prenotare per luglio o per agosto perché non ci sono i biglietti e i pacchetti del turismo vanno preparati adesso per preparare la stagione in maniera adeguata. Soprattutto, non si possono applicare gli sconti, perché, come succede nelle compagnie low cost, se prenoti prima magari risparmi qualcosa, ma adesso è impossibile farlo.
Allora, noi a quale santo dobbiamo appellarci affinché il Ministero consideri la regione Sardegna? Non lo sappiamo più perché, anche in termini di risposta all'interpellanza urgente, l'unico modo per avere una risposta certa visto che le interrogazioni a risposta scritta sono ignorate dal Governo, purtroppo ci è arrivato un dettagliato elenco di tutta quella che è la questione burocratica ma non una risposta politica per dirci: noi abbiamo in mente questo modello di continuità. Si continua con il vecchio sistema, ma non sappiamo ad oggi che cosa succederà domani, non sappiamo cosa succederà quest'estate.
Allora, devo dire che, purtroppo, dovremo mobilitare tutti i sardi, perché non è una questione ideologica, non è una questione di maggioranza e di opposizione, ma questa è una battaglia dove tutti i sardi devono reclamare chiarezza, devono reclamare i propri diritti e devono reclamare sicuramente la pari dignità di potersi muovere senza avere un cappio al collo di tipo economico. Oltretutto, a volte - anzi, molto spesso - le navi che vengono utilizzate per il servizio non sono proprio il massimo del comfort e, lo ripeto, ci sono dei lavoratori, degli autotrasportatori, che spesso non trovano posto, perché vengono privilegiati anche e soprattutto trasportatori che sono stranieri o provenienti da altre regioni d'Italia.
Quindi, per cortesia, gli esponenti del Governo segnalino ai colleghi dei trasporti che se non sono in grado di offrire e dare udienza ai rappresentanti della Sardegna, forse è meglio che lo dicano chiaramente senza nascondersi e senza fuggire dal confronto.
(Iniziative volte a superare le criticità rilevate presso il carcere di Parma, con particolare riferimento al sovraffollamento e alla carenza di personale – n. 2-00566)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cavandoli ed altri n. 2-00566 (Vedi l'allegato A).
Chiedo alla deputata Laura Cavandoli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
LAURA CAVANDOLI (LEGA). Presidente, le problematiche riguardano la situazione del carcere di Parma, un carcere relativamente recente, un carcere che contiene varie tipologie di detenuti ed è in una situazione abbastanza precaria. Inoltre, è prevista come imminente l'apertura di un nuovo padiglione da 200 posti; attualmente ne sono previsti 600 ma ce ne sono circa un terzo di più, di conseguenza preoccupa l'arrivo di altri 200 detenuti in una situazione in cui la città non ha una percentuale di pericolosità di reati tale da giustificare questo ulteriore ampliamento, per cui saranno detenuti che non verranno dalla città, presumibilmente.
Poi c'è un nodo da risolvere, che preoccupa la città, perché è da ormai quasi dieci anni che manca una dirigenza stabile. Il carcere di Parma, infatti, nonostante le varie tipologie e nonostante sia decisamente ampio per ospitalità, non ha la qualifica di carcere nazionale. Il Ministero della giustizia, peraltro, ha confermato che non rientra fra le 12 carceri nazionali e, quindi, non è in questa normativa speciale che le riguarda.
Pertanto, chi viene nominato dirigente resta per poco tempo per poi cercare la dirigenza di un carcere di categoria superiore. Questo, ovviamente, penalizza la stabilità, anche perché da qualche giorno il vicedirettore è stato assegnato anche a un'altra struttura, cioè il carcere di Reggio Emilia, quindi attualmente presiede il carcere di Parma solo per due giorni alla settimana.
La tipologia dei detenuti - questa è un'altra questione che preoccupa la città oltre che gli operatori che lavorano in carcere - che dovrebbe essere ospitata nel nuovo padiglione, quindi dei 200 ulteriori detenuti, sembrerebbe essere di media pericolosità, così si è sentito dire e dunque con scarcerazioni più frequenti. Questo padiglione, però, fu progettato per detenuti di alta sicurezza, quindi per detenuti che non avevano scarcerazione e per i quali era prevista, con l'Università di Parma, una convenzione per la loro formazione e per un'attività integrativa. L'adeguamento del numero degli agenti di sorveglianza e del personale educativo è oggi già deficitario, oltre a quello delle direzioni, come ho già illustrato. Inoltre, le risorse per il lavoro dei detenuti sono insufficienti e risultano essere inalterate anche per l'anno prossimo. Attualmente, da alcuni mesi, da 4 o 5 mesi, ci sono trasferimenti continui al carcere di massima sicurezza di Parma, che già, però, risente di problematiche di sovraffollamento. Inoltre, il carcere di Parma, che presenta anche un centro clinico, ha delle criticità perché è già saturo per la presenza di lungodegenti e, pertanto, non ci sono posti disponibili. Nonostante ciò, avvengono ulteriori trasferimenti di detenuti con problemi fisici, ma anche sanitari, che però vengono ospitati in celle ordinarie, magari condivise con altri. Questo, ovviamente, porta a disagio anche per i detenuti, per la situazione di chi condivide la cella.
Inoltre, la cosiddetta girandola dei detenuti che vengono trasferiti continuamente da un carcere all'altro, per motivi disciplinari o perché vengono chiuse delle sezioni, ha portato a Parma 50 detenuti da Voghera e altri da Secondigliano; attualmente a Parma ci sono 129 ergastolani. Le problematiche sono state evidenziate dal garante dei detenuti del carcere di Parma, che ha scritto quindi ha già informato il capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, chiedendo, appunto, quanto già detto per una direzione stabile e sottolineando che il continuo trasferimento e gli ulteriori trasferimenti che sono stati fatti negli ultimi cinque mesi hanno compromesso la vivibilità delle celle per i detenuti con lunghe condanne, spesso costretti a vivere insieme a un compagno malato e bisognoso di maggiore tutela. Così, i detenuti, pur di non vivere in cella con un compagno, preferiscono farsi rinchiudere nelle celle di isolamento o avviare altre forme di protesta, con episodi di violenza, il tutto sempre a carico degli agenti della polizia penitenziaria. Quindi, in questo momento ci sono grosse criticità proprio per gli agenti, gli operatori e il personale medico che lavora all'interno del carcere. Da qui le aggressioni che hanno una frequenza settimanale.
Poi c'è tutta la problematica, appunto, dell'apertura del nuovo padiglione. È stata fatta, fin da febbraio di quest'anno, una segnalazione, sempre dal capo del dipartimento, per quelle che sono le problematiche strutturali del nuovo padiglione, che sembrerebbe, a questo punto, non proprio idoneo per essere funzionale a quella che è l'attività del carcere. Quindi, su questo chiediamo la massima attenzione.
Quello che abbiamo chiesto e che vogliamo sapere è quali siano le iniziative che si intendono assumere, che il Governo intende assumere per superare le criticità relative al grave sottorganico e alla situazione di sovraffollamento in cui si trova la Casa circondariale di Parma; quali ulteriori iniziative di carattere normativo si intendano assumere per tutelare maggiormente gli agenti di polizia penitenziaria e tutto il personale che lavora nella struttura, mettendo i lavoratori quanto più possibile al riparo da situazioni di grave rischio come quelle descritte; quali siano i tempi previsti per l'apertura del nuovo padiglione e quale tipologia di detenuti vi sarà ospitata; se siano osservate le varie prescrizioni necessarie per l'apertura del nuovo padiglione e quanti agenti si provvederà ad aggiungere all'attuale dotazione per sopperire alle carenze di organico attuali e quanti saranno previsti, nel caso, quando sarà aperto il nuovo padiglione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianluca Castaldi, ha facoltà di rispondere.
GIANLUCA CASTALDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La ringrazio, Presidente. Gli onorevoli interpellanti, nel fare riferimento all'imminente apertura del nuovo padiglione da 200 posti presso il carcere di Parma, che peraltro presenterebbe una serie di criticità strutturali emerse nel corso di un sopralluogo dello scorso febbraio, evidenziano problemi di sostenibilità da parte dell'istituto rispetto all'incremento della popolazione detentiva che ne deriverebbe, anche in ragione dell'attuale sovraffollamento, dell'inadeguatezza degli organici del personale di Polizia penitenziaria, del personale amministrativo e di quello educativo, tenuto altresì conto della mancanza di un direttore stabile dal 2001; quindi chiedono di sapere le iniziative che si intendono assumere per affrontare le richiamate criticità, quali ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, si intendano assumere per tutelare maggiormente gli agenti di Polizia penitenziaria e tutto il personale che vi lavora per metterlo al riparo da situazioni di grave rischio, quali siano i tempi previsti per l'apertura del nuovo padiglione, se siano state osservate e rispettate tutte le prescrizioni necessarie, compreso il controllo della struttura e la predisposizione di un'ulteriore cucina, ed infine quanti agenti si provvederà ad aggiungere all'attuale dotazione per sopperire alle carenze di organico e all'apertura del nuovo padiglione.
Occorre innanzitutto premettere che l'apertura di nuovi padiglioni, come nel caso di specie, costituisce un dato positivo da salutare con particolare favore, in quanto l'estensione della capienza detentiva degli istituti penitenziari, recisamente perseguita da questo dicastero nell'ottica di un complessivo rilancio dell'edilizia penitenziaria, segna il percorso principale da seguire per fronteggiare efficacemente il problema del sovraffollamento carcerario, a cui del resto gli stessi interpellanti fanno riferimento. Le lamentate problematiche logistico-strutturali sono in via di risoluzione. Per quanto riguarda la collocazione dei detenuti con problemi fisici, è stata assicurata la copertura finanziaria per l'esecuzione di interventi finalizzati all'abbattimento di barriere architettoniche e alla dotazione di supporti e servizi igienici per disabili in diversi istituti penitenziari del distretto, tra cui anche quello di Parma.
Con specifico riferimento alle criticità del nuovo padiglione è stato messo in campo un mirato piano di interventi, in parte già realizzati ed in parte in via di realizzazione, come i lavori, attualmente in corso, volti ad eliminare la promiscuità dell'ingresso al padiglione mediante la realizzazione di inferriate e pannelli. Quanto alla predisposizione di un'ulteriore cucina prima dell'apertura del nuovo padiglione, sono in atto i lavori della commissione di gara; in ragione del termine di centoventi giorni previsto dal bando, è ragionevolmente auspicabile che l'apertura del nuovo padiglione possa avvenire nei primi mesi dell'anno venturo, 2020. È di tutta evidenza l'impatto favorevole che ne conseguirà sul sovraffollamento di cui risente il carcere di Parma, che attualmente si attesta su una media del 139 per cento, superiore a quella nazionale, che a sua volta è pari al 128 per cento.
Anche tenuto conto del fenomeno della cosiddetta girandola dei detenuti, a cui fanno riferimento gli interpellanti, è opportuno rimarcare che, proprio al fine di razionalizzare il flusso demografico in entrata ed alleggerire il carico dell'istituto di Parma, lo scorso 29 ottobre il Ministero ha disposto la sospensione per due mesi delle assegnazioni di detenuti “Alta sicurezza 3” a tale struttura.
Per quanto riguarda gli organici della Polizia penitenziaria ivi in servizio, detto che le maggiori scoperture si registrano nel ruolo dei sovrintendenti, i vincitori del concorso interno a complessivi 2.851 posti, al termine del corso di formazione, rappresenteranno un bacino significativo a cui attingere, senza tralasciare che l'istituto di Parma, lo scorso mese di luglio, ha già fruito di un incremento di 13 unità nel ruolo degli agenti/assistenti.
Quanto all'attuale scopertura del posto di vicedirettore e direttore, comunque tamponata dalla presenza di figure vicariali, giova rimarcare che è in corso di emanazione il decreto interministeriale per l'individuazione delle modalità e dei criteri per le assunzioni di 35 dirigenti di istituto penitenziario di livello dirigenziale non generale, elevati a 45 per effetto del DPCM del 20 giugno 2019.
La scopertura di due unità che si registra nel ruolo di educatori, essendo in servizio otto delle dieci unità previste in pianta organica, sarà presa in esame nel prossimo interpello di assestamento di sede, ferma restando la procedura concorsuale per cinquanta posti, pure questa autorizzata dal DPCM del 20 giugno 2019. Di contro, non si rileva alcuna criticità né per l'area contabile né per quella amministrativa, mentre l'assenza di due unità di assistente tecnico potrà essere valutata a conclusione del concorso a 142 posti.
L'innalzamento del livello di sicurezza degli istituti penitenziari a favore di chi vi lavora quotidianamente, oltre che dei detenuti stessi, costituisce uno degli obiettivi prioritari di questo dicastero. In punto di diritto occorre innanzitutto precisare che gli operatori penitenziari già godono dello stringente sistema di tutela apprestato in via generale in favore dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio rispetto a condotte criminose di cui siano vittime nell'atto o a causa dello svolgimento del servizio.
Ed invero, oltre all'aggravante a effetto comune, prevista dall'articolo 61, n. 10, del codice penale, che comporta l'aumento fino a un terzo della pena per qualunque reato commesso in loro danno, con specifico riferimento a condotte di aggressione fisica, trova applicazione l'aggravante a effetto speciale di cui all'articolo 576, comma 1, n. 5-bis, del codice penale, che determina l'ergastolo in caso di omicidio e l'aumento della pena da un terzo alla metà in caso di lesioni.
Per quanto qui rileva va altresì rimarcato che con il cosiddetto decreto sicurezza bis del 14 giugno 2019, n. 53, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2019, n. 77, al fine di innalzare ulteriormente il livello di tutela penale per gli operatori di pubblica sicurezza è stata esclusa l'applicabilità dell'esimente della particolare tenuità prevista dall'articolo 131-bis del codice penale proprio rispetto ai reati di violenza, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale (articoli 336, 337 e 341-bis del codice penale).
Resta ferma, in ogni caso, l'apertura di questo Ministero alla valutazione di ogni altra ipotetica prospettiva di ulteriore rafforzamento della tutela degli operatori penitenziari e potenziamento delle condizioni generali di sicurezza in contesto detentivo, oltre che sul versante normativo, anche su quello organizzativo e strumentale. Proprio in questa direzione, del resto, lo scorso mese di aprile è stato istituito un gruppo di lavoro, composto da operatori penitenziari esperti nel settore, con il compito di individuare nuovi modelli organizzativi finalizzati proprio ad una migliore gestione degli eventi critici in ambito penitenziario.
L'incremento del livello di sicurezza viene perseguito, come anticipato, anche riservando particolare attenzione agli strumenti a disposizione del personale di Polizia penitenziaria. A tal fine sono state avviate attività per la dotazione di innovativi equipaggiamenti atti al contenimento senza pregiudizio per l'operatore penitenziario, come prodotti antitaglio e nuovi giubbotti antiproiettile, ed è attualmente allo studio l'adozione, per l'anno venturo, di altri presidi di sicurezza, come prodotti paracolpi, scudi curvi e maschere facciali.
Mi avvio a conclusione: nella medesima direzione si iscrivono, da ultimo, lo studio dell'impiego delle nuove tecnologie dei sistemi radar di derivazione militare nella progettazione e nel finanziamento di impianti perimetrali esterni ed impianti interni di videosorveglianza ed allarme, nonché la dotazione di strumenti per il rilevamento di cellulari introdotti illecitamente e per la schermatura della loro ricezione.
PRESIDENTE. La deputata Cavandoli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
LAURA CAVANDOLI (LEGA). Grazie, Presidente, e ringrazio il sottosegretario Castaldi. Non sono propriamente soddisfatta, anzi, in realtà non voglio nascondere la mia delusione perché non ci sia un membro del Governo che si occupa di giustizia e di amministrazione carceraria a rispondermi, e non sono soddisfatta neppure per quella che è stata la risposta. Cerco di argomentare, almeno dagli appunti che ho preso.
Di fronte alla mia richiesta rispetto ai detenuti con problemi fisici mi è stato detto che si stanno facendo investimenti per superare le barriere architettoniche.
È sicuramente una conquista per il trattamento dei detenuti, però ribadisco che ci sono problemi fisici e sanitari, quindi dei problemi di salute, per cui questi detenuti che sono stati trasferiti a Parma necessitano di un ricovero nel centro clinico. Il centro clinico di Parma presso il carcere di Parma è saturo. Quindi, ci sono problematiche che non possono essere risolte con il superamento delle barriere architettoniche, che di per sé è assolutamente positivo.
Quello che forse viene trascurato - e vi insisterò anche più tardi - è l'impatto che questo nuovo carcere ha verso la città. Ne abbiamo parlato anche in consiglio comunale, perché quando un detenuto che ha una pena lunga davanti o un fine pena mai viene trasferito in una città in genere porta con sé anche la famiglia e le problematiche, quindi, nascono anche dal punto di vista sociale, perché non sempre c'è un adeguato substrato, anche solo economico e sociale, perché questa famiglia possa restare nella città e, quindi, scatta il necessario aiuto da parte dei servizi sociali. Se pensate che a Parma sono 129 gli ergastolani e ora ne arriveranno altri e non sappiamo quanti per il nuovo padiglione, forse sarebbe meglio concordare anche con l'amministrazione quello che si può fare. Per questo io insistevo a chiedere la tipologia dei detenuti che verranno ospitati nel nuovo padiglione e non mi è stata data, questa risposta.
Per quello che riguarda la girandola dei detenuti, questa è una problematica veramente grande perché ci sono in alcune carceri - e Parma e fra queste - continue esplosioni di violenza e questo riguarda il continuo trasferimento di detenuti problematici e alcune carceri che diventano contenitori di un disagio pronto a esplodere. È successo al carcere “Capanne”, in Umbria, dove sono stati trasferiti i detenuti più problematici, soprattutto con problemi di salute mentale, e sta succedendo anche a Parma, perché - e adesso giustamente il sottosegretario mi ha spiegato che dal 29 ottobre sono stati sospesi i trasferimenti di alta sorveglianza - fino al 29 ottobre sono stati veramente tanti i detenuti di alta sorveglianza che sono stati trasferiti a Parma e, a questo punto, non c'è più la possibilità di metterli in celle singole. Come ho detto nell'interrogazione, questi compiono atti di violenza pur di essere messi in celle di alta sicurezza o, comunque, essere messi da soli.
Il problema, però, nasce da una circolare del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che ha disposto la possibilità di trasferire i detenuti per motivi di sicurezza. Quindi, questa girandola dei detenuti può essere normativamente, a livello quindi di regolamento ministeriale, superata cercando di ovviare agli effetti negativi che si sono riverberati per questa circolare, perché un detenuto aggredisce un agente della polizia penitenziaria o fa una protesta plateale - ne è successa una paradossale quest'estate nel carcere di Parma, perché un detenuto è stato tutto il giorno sul muro di cinta - finché non viene disposto il suo trasferimento in un altro carcere evidentemente in una zona a lui più gradita.
Proseguo col fatto che, sì, attendiamo nuovi agenti. Attualmente a Parma, grazie all'inserimento avvenuto a luglio, le posizioni sono state riequilibrate almeno per quello che riguarda gli agenti, mancano, però, i sottufficiali.
L'ultima annotazione che ho fatto è il concorso per i nuovi direttori. Io la ringrazio di avermi informato di questo, però il problema di Parma è proprio che, essendo un carcere, io dico, non di primo livello, pur avendone tutti i requisiti, se non si rientra in quelle dodici carceri di livello nazionale che sono individuati con decreto ministeriale, tutti i direttori che arriveranno a Parma ci rimarranno tre, quattro, sei, otto mesi, per poi cercare di avere giustamente un grado più elevato sia per loro sia per la loro attività, quindi per la propria progressione di carriera. Quindi, c'è questa problematica, io invito il sottosegretario e, tramite lei, invito il Ministro della Giustizia a rivedere questo decreto ministeriale proprio perché anche il carcere di Parma venga introdotto nelle carceri nazionali.
Infine, mi dichiaro chiaramente soddisfatta perché il “decreto sicurezza-bis” è intervenuto per evitare che la tenuità del fatto che può essere individuata nell'aggressione da parte del detenuto verso l'agente della polizia penitenziaria sia considerata. Quindi, in questo caso abbiamo una tutela normativa nei confronti degli agenti della polizia penitenziaria che lavorano o di chi lavora all'interno del carcere.
Sono soddisfatta anche per il gruppo di lavoro che individua nuovi modelli organizzativi e sicuramente speriamo che faccia un buon lavoro, così come gli investimenti per gli equipaggiamenti innovativi; su questo devo dire che il merito è sempre del precedente Governo. Su questo, però, mi permetto di dire una cosa che era stata anche evidenziata anche col precedente Governo: benissimo i nuovi equipaggiamenti e benissimo la nuova tecnologia, però la polizia penitenziaria necessita anche di dotazioni primarie, delle divise, delle giacche. Quindi, abbiamo un problema veramente grave, perché questi ragazzi, queste Forze dell'ordine, questi agenti di polizia penitenziaria non si sentono considerati dallo Stato proprio perché non vengono neanche dotati di quello che a loro serve per svolgere il loro lavoro.
Quindi, alla luce della sua gentile risposta io insisto perché il carcere diventi nazionale, cioè di primo livello, in modo che ci sia una direzione stabile in cui si possa veramente lavorare per avere un'organizzazione che permetta una gestione ordinaria dei detenuti. Chiedo che la città sia coinvolta e informata sia sulla tipologia dei detenuti sia se ne arriveranno 200 di nuovi, perché è chiaro che noi abbiamo un sovraffollamento ulteriore - e lo ha detto lei stesso nella risposta - rispetto al sovraffollamento standard che c'è nelle carceri italiane. Se arriveranno 200 ulteriori detenuti avremo sempre un sovraffollamento superiore alle carceri italiane. Quindi, la problematica non si risolve e ci mancherebbe.
Chiedo che venga fatto un controllo della struttura del nuovo padiglione al fine di prevedere l'ospitalità di detenuti della tipologia adatta, proprio per evitare che ci siano violenze e aggressioni verso gli agenti della polizia penitenziaria, ma anche - e questa non è una cosa di poco rilievo - che non vengano distrutti il fabbricato o le dotazioni, perché questo porterebbe all'indisponibilità delle celle, ma anche a costi di ristrutturazione e altri oneri. Poi, ovviamente, quando verrà aperto il nuovo padiglione ci sarà un necessario adeguamento di ulteriori agenti della polizia penitenziaria, che va a sommarsi all'attuale carenza di sottufficiali. Inoltre, mi permetto di chiedere una cosa e, in realtà, invito il sottosegretario Castaldi e il Ministro della Giustizia, a cui, fra l'altro, l'avevo anticipato informalmente quando l'avevo incontrato qui nei locali di Montecitorio, a visitare il carcere di Parma, a verificarne la struttura e l'operatività, proprio perché forse sul campo si riesce ad avere una visione migliore.
(Chiarimenti in merito alle misure di protezione adottate per il giornalista Nello Trocchia – n. 2-00564)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Baldino ed altri n. 2-00564 (Vedi l'allegato A).
Chiedo alla deputata Vittoria Baldino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie, Presidente, la illustro. Rappresentanti del Governo, colleghi deputati, intendo illustrare questa interpellanza perché oggi vorrei portare alla luce e all'attenzione del Governo, del Ministro dell'Interno, di quest'Aula e del Paese intero la condizione in cui versa non soltanto il giornalista Nello Trocchia ma, tramite lui e tramite la sua storia, voglio portare all'attenzione la situazione in cui versano tanti giornalisti, tanti suoi colleghi che per colpa, tra virgolette, anzi forse per merito di aver svolto la loro professione e il loro mestiere e di averlo fatto anche in maniera egregia sono costretti a subire degli atti di intimidazione, delle aggressioni, anche fisiche oltre che verbali, e delle minacce da parte di soggetti malavitosi oppure da loro adepti, infastiditi proprio dalla preziosa attività di informazione e di comunicazione del servizio pubblico che questi giornalisti offrono al Paese.
L'interpellanza di oggi scaturisce da un'audizione che si è tenuta in Commissione antimafia la scorsa settimana dove, appunto nel Comitato che è stato istituito con il compito proprio di analizzare la condizione dei giornalisti che sono intimiditi dalla criminalità organizzata, abbiamo audito il giornalista Nello Trocchia. Nello Trocchia si è contraddistinto per le sue coraggiose inchieste, approfondendo e indagando fenomeni criminali e mafiosi.
È autore di libri come La Peste sulla Terra dei fuochi, Roma come Napoli sullo scandalo dei rifiuti del Lazio e il recentissimo Casamonica, proprio sull'attività criminale dell'omonima famiglia che agisce sul territorio romano. Questi lavori sono tutti tratti dalle sue coraggiose inchieste, di cui si è occupato nel corso degli anni, alcune delle quali - come quella sulla camorra - hanno anche innescato delle indagini che poi hanno condotto anche a delle condanne. E proprio questa inchiesta sulla camorra ha scatenato l'ira del clan, tanto che, in una intercettazione ambientale risalente al 2015 tra un boss ora in carcere e suo fratello in libertà, quest'ultimo avrebbe detto al boss: ‘a quel giornalista gli devo spaccare la testa, poi mi faccio arrestare', affermando anche di essere a conoscenza del luogo dove lavorava il giornalista. Ecco, questo denota proprio la programmazione, forse, di una vendetta da parte di questo clan nei confronti di Trocchia, proprio per aver innescato, attraverso la sua inchiesta, l'inchiesta giudiziaria sulla famiglia.
Questo però è soltanto il primo degli episodi, perché, nell'agosto dello stesso anno, proprio a seguito di questo gravissimo episodio di cui peraltro lui è venuto a conoscenza da un articolo di giornale e non diversamente, fu comunque convocato dalla stazione dei Carabinieri di Napoli e informato dell'attivazione di una vigilanza generica radiocollegata nei pressi dell'abitazione dove risiedeva in provincia di Napoli. Nel 2016, il Ministero dell'Interno risponde ad una interrogazione depositata da colleghi un anno prima, quindi a seguito di quell'episodio, e l'allora Viceministro rispondeva informando dell'attivazione, da parte delle prefetture anche di Roma e di Milano, dello stesso meccanismo di vigilanza presso il domicilio romano del giornalista e presso la sede milanese de Il Fatto Quotidiano; il Viceministro garantiva che l'esposizione al rischio del signor Trocchia era costantemente monitorata dalle competenti prefetture.
Ora, qui vorrei segnalare che, in realtà, il sistema di vigilanza attivato presso la sede del giornale per cui lavorava è stato attivato senza una preventiva attività di comunicazione e informazione con il diretto interessato, perché quella era la sede dove lui non si era mai recato per lavorare. Quindi, questa è una prima criticità che si può segnalare nell'ambito di questa vicenda.
Comunque, nonostante le rassicurazioni, il giornalista ha continuato a subire atti di intimidazione e minacce. Nel luglio del 2017 ha subito una brutale aggressione nel foggiano durante la realizzazione di un servizio sulla locale cosca: vicenda per la quale, proprio questa settimana, si è tenuta la prima udienza nella quale non soltanto lui, ma anche la Federazione nazionale stampa italiana si è costituita parte civile; e colgo l'occasione per ringraziarla per il lavoro che fanno.
Nel dicembre 2018, durante la realizzazione di un'inchiesta sull'abbattimento delle ville abusive dei Casamonica, è stato aggredito verbalmente da Anna Di Silvio - che noi romani conosciamo bene: moglie di Giuseppe Casamonica, proprio il proprietario di una delle ville abbattute - che ha pronunciato nei suoi confronti le seguenti parole: ‘prima o poi ti sparano in bocca'.
Tra il 2018 e il 2019, presso l'abitazione di Trocchia in provincia di Napoli, sede nella quale sarebbe stata attivata la vigilanza generica radiocollegata secondo le informazioni in possesso fino a quel momento dal Trocchia naturalmente, si sono verificati tre furti e due tentativi di effrazione, e gli è stato sottratto il computer all'interno del quale erano presenti dei dati sensibili relativi a delle inchieste che lui stava svolgendo. Per questo, nello scorso luglio è stata depositata una nuova interrogazione parlamentare per denunciare l'inefficienza delle misure di protezione attivate. A seguito di questi episodi, Trocchia soltanto informalmente viene a conoscenza che presso la sua abitazione non è attiva alcuna misura di vigilanza, ragione per cui i suoi familiari sono stati costretti ad attivare un sistema di vigilanza privato.
L'ultimo episodio in ordine di tempo risale a pochi mesi fa, quando, nel corso di un documentario sempre sulla famiglia Casamonica, ha subito un tentativo di aggressione fisica, sventato soltanto dall'intervento delle forze dell'ordine in borghese, e un'aggressione verbale correlata da minacce da parte di un influente esponente del clan Casamonica, con parole che contenevano un esplicito riferimento al suo libro, al libro in cui il giornalista ha raccontato la storia proprio delle attività criminali del clan operante sul territorio romano; un clan, quello dei Casamonica, lo voglio ricordare, oggetto di una recente pronuncia della Corte di cassazione, secondo cui gli elementi di indagine raccolti dalla DDA sono idonei a dimostrare non solo la sussistenza dell'associazione di stampo mafioso, ma anche la partecipazione dei singoli indagati al sodalizio medesimo. Proprio a seguito dell'episodio per ultimo citato, il giornalista è stato contattato dalla DIGOS, che gli ha comunicato l'intenzione di attivare una misura di vigilanza nei pressi della sua abitazione di Roma, ma al contatto telefonico risalente a qualche mese fa non è seguita alcuna successiva comunicazione.
Ora, i fatti elencati sono di un'estrema gravità, sia considerati di per sé, sia perché registrano un'inefficienza del sistema di vigilanza e una falla nelle strategie di prevenzione, sia perché il giornalista è stato sottoposto a misura di vigilanza generica radiocollegata senza una preventiva valutazione in merito agli effettivi luoghi di frequentazione: infatti, come dicevo prima, le misure sono state attivate presso la sede legale de Il Fatto Quotidiano di Milano, che non rappresenta in realtà il suo luogo di lavoro, perché lui è un inviato, è un giornalista d'inchiesta, quindi non si reca fisicamente mai nella sede legale del quotidiano. Poi, la vigilanza attivata presso la sua abitazione in provincia di Napoli gli sarebbe stata revocata senza una preventiva comunicazione: lui l'ha saputo soltanto informalmente. Il giornalista non è attualmente a conoscenza del grado di rischio cui incorre e non gli è mai stato comunicato, nemmeno nell'ultima interlocuzione con la DIA, un contatto a cui rivolgersi in caso di eventuali emergenze o situazioni di rischio attuali e concrete.
Quindi, posti questi fatti, chiedo al Ministero qui presente, al sottosegretario, se sia a conoscenza delle misure adottate a tutela e a protezione del giornalista Nello Trocchia e se dette misure siano adeguate al livello di rischio che corre, a fronte della coraggiosa attività di inchiesta giornalistica e, soprattutto, se saranno attuate dai competenti organi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e del deputato Sensi).
PRESIDENTE. Salutiamo studenti e insegnanti della scuola “Salvo d'Acquisto” di Roma, che sono qui in tribuna ad assistere ai nostri lavori (Applausi). Rammento anche a loro che oggi è la giornata dedicata alle interpellanze, a cui il Governo sta rispondendo, e quindi sono presenti i deputati interpellanti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno, Carlo Sibilia, ha facoltà di rispondere.
CARLO SIBILIA, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Deputati, le situazioni di potenziale esposizione al pericolo individuale sono esaminate, in attuazione della legge n. 133 del 2002, a un duplice livello.
In sede locale il prefetto presiede la riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia; in sede centrale, l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (UCIS), presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno, coordina gli elementi trasmessi dalle diverse articolazioni sul territorio con i dati in possesso e le determinazioni del caso.
Tanto premesso, evidenzio che l'esposizione al rischio del giornalista Nello Trocchia, autore di diverse inchieste sulla mafia, sulla criminalità organizzata e il malaffare, è da tempo seguita con attenzione dall'amministrazione dell'interno.
Secondo quanto riferito dalla prefettura di Roma, a seguito delle minacce subite dal dottor Nello Trocchia, già nel luglio del 2015, da parte di un boss della camorra, e segnalate alla procura della Repubblica di Napoli, il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Roma ha disposto, nell'agosto dello stesso anno, l'espletamento delle misure di vigilanza idonee alla salvaguardia dell'incolumità del giornalista.
Detta decisione veniva comunicata anche alle prefetture di Milano e Napoli - città abitualmente frequentate dall'interessato anche in ragione di motivi connessi alla sua attività professionale - che avevano già provveduto ad attivare analoghi dispositivi, poi revocati, rispettivamente nell'aprile e nel maggio del 2017, sulla base delle rivalutazioni periodicamente effettuate sulla permanenza dell'attualità del rischio in sede locale.
La prefettura di Roma, nel mese di novembre del 2018, a seguito delle segnalazioni del dottor Nello Trocchia e degli accertamenti comunicati dalle forze di polizia sugli episodi di minaccia o aggressione, anche pregressi, a danno del giornalista, ha effettuato la rivalutazione dell'esposizione al rischio del giornalista e confermato le misure già operative dal 2015.
La stessa prefettura riferisce che il profilo di rischio del giornalista è costantemente monitorato dagli organi di polizia, in modo da valutare con la massima tempestività l'esigenza di procedere all'eventuale rimodulazione del dispositivo a tutela della sua sicurezza.
Per quanto attiene ai furti subiti e ai tentativi di effrazione verificatisi tra il 2018 e il 2019 presso l'abitazione dei genitori del giornalista, a cui si fa riferimento nell'interpellanza, rappresento che la questura di Napoli ha disposto i servizi di vigilanza adeguati al caso, dandone comunicazione il 15 novembre scorso alla prefettura partenopea.
Sulla questione della tutela dei giornalisti maggiormente esposti a minacce, anche le circostanze citate confermano l'attenzione riservata dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza e dalle forze di polizia a tutti gli episodi di intimidazione in grado di incidere sulla loro libera determinazione nell'espletamento dell'attività professionale. Alla data odierna risultano attivi, nei confronti di giornalisti, 21 dispositivi di protezione di vario livello in ragione del grado di valutazione del rischio, nonché 171 vigilanze espletate dalle forze di polizia. Assicuro, al riguardo, che la loro protezione, al pari di quella di tutte le altre persone esposte a rischio, costituisce una priorità nella pianificazione dei servizi di polizia nell'ambito dei piani coordinati di controllo del territorio ed è oggetto di un'approfondita e periodica analisi e rivalutazione.
A riprova che il tema è tra quelli seguiti dal Ministero dell'interno con la dovuta attenzione, concludo informando che presso il Viminale opera il Centro di coordinamento per le attività di monitoraggio, analisi e scambio permanente di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti. Il citato organismo di coordinamento, anche attraverso lo scambio di informazioni tra soggetti interessati, analizza infatti il fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti e formula proposte per mirate strategie di prevenzione e contrasto avvalendosi di un organismo permanente di supporto. Quest'ultimo costituisce la sede per il confronto tra i referenti del mondo dell'informazione e i rappresentanti delle forze di polizia, ove si intende valorizzare, con il prezioso contributo degli stessi giornalisti, l'impegno di tutte le risorse disponibili sul territorio sia in chiave repressiva che preventiva degli episodi di intimidazione rivolti al mondo dell'informazione.
PRESIDENTE. La deputata Vittoria Baldino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
VITTORIA BALDINO (M5S). Presidente, prendo atto della risposta del Ministero e ringrazio il sottosegretario Sibilia per la risposta, ma mi riterrò soddisfatta soltanto quando saremo arrivati ad una situazione strutturale in cui queste situazioni non si verificheranno più. La lotta alla criminalità organizzata deve essere realmente una priorità dell'azione di Governo: dobbiamo prenderne atto e se questo fenomeno ha raggiunto questi livelli, evidentemente tutti i Governi che ci hanno preceduto non hanno fatto abbastanza. Noi sicuramente in questo momento abbiamo un'opportunità, come forza di Governo, come Governo, anche come legislatori, di intervenire, se riteniamo che un sistema non funzioni, per migliorarne gli effetti. Io ringrazio però la Ministra Lamorgese, anche come membro della Commissione antimafia, per essere comparsa tempestivamente e senza indugio in Commissione antimafia per condividere appunto con noi lo stato delle cose in merito all'azione di contrasto alla criminalità organizzata e anche il tipo di azione che intende portare avanti nel corso del suo mandato. Noi, come parlamentari e come membri della Commissione antimafia siamo a darle tutto il nostro supporto. Questo perché è necessario un cambiamento epocale, lo stesso cambiamento evocato dallo stesso Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per contrastare effettivamente i fenomeni di criminalità organizzata. Occorre, soprattutto, che lo Stato tuteli chi ha il coraggio di denunciare, raccontare, informare, perché solo così è possibile abbattere quel muro di omertà e paura che da sempre rappresenta un ostacolo nella lotta alla criminalità organizzata. Solo un'effettiva garanzia di tutela darebbe tranquillità e sicurezza ai cittadini, dal momento in cui decidono di denunciare, in qualche modo di collaborare con i magistrati e con le forze dell'ordine. Senza questa protezione, senza questa effettiva protezione, senza anche la percezione da parte degli stessi destinatari di alcune misure di essere, di sentirsi, effettivamente protetti dallo Stato, sarebbe velleitario affermare che lo Stato è vicino a chi decide di opporsi ad atti intimidatori e decide di denunciare, perché la solitudine di fronte al male genera paura e la paura genera omertà; questa, come ho appena detto, è il più grande nemico dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata. Per quanto riguarda l'azione, il lavoro che svolgono i giornalisti d'inchiesta, noi dobbiamo tutelarlo, proprio in ossequio all'articolo 21 della Costituzione, che sancisce la libertà di manifestazione del pensiero, di cui è corollario proprio la libertà di stampa, ed è curioso che proprio 21 siano, come ha ricordato il sottosegretario Sibilia, i giornalisti d'inchiesta che attualmente vivono sotto scorta. Penso a Sandro Ruotolo, penso a Paolo Borrometi, penso a Roberto Saviano, penso a Federica Angeli, ma accanto a questi, secondo i dati dell'osservatorio sulla libertà di informazione “Ossigeno per l'informazione”, in 34 giorni, per un periodo monitorato tra il 15 ottobre e il 16 novembre del 2019, sarebbero 59 i giornalisti minacciati per aver svolto il proprio lavoro. Questa è una situazione francamente inaccettabile, proprio da un punto di vista sociale. È inaccettabile che si sia costretti a vivere con la paura per il solo fatto di svolgere il proprio lavoro. Quindi ritengo che, a fronte di una azione sicuramente condivisa di contrasto al crimine organizzato, che tutti noi dobbiamo portare avanti, dobbiamo supportare gli organi competenti per portarla avanti realmente. Dobbiamo anche stare vicino, tutelare coloro che svolgono un servizio pubblico, il giornalismo di inchiesta, perché essi accendono un faro su quanto molti forse non vogliono vedere. Don Milani diceva: se sai, sei; se non sai, sei in balia degli altri. Ecco, noi, come istituzione, abbiamo il dovere di tutelare chi consente a tutti noi di sapere e quindi di essere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e del deputato Sensi).
SALVATORE DEIDDA (FDI). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Per cosa?
SALVATORE DEIDDA (FDI). Vorrei chiedere la convocazione, cioè che venga qui in Aula a riferire il Ministro dei trasporti, perché, sinceramente, Presidente, oggi io mi sento offeso: il Governo non ha rispettato quella che è la mia dignità, ma anche quella di un gruppo parlamentare che presenta un'interpellanza, perché delega un altro componente del Governo dandogli una relazione della direzione generale dove non c'è nessuna risposta politica. Considerato che è un tema che è stato sollevato anche dalla regione autonoma della Sardegna, ci saremmo aspettati maggiore considerazione e maggior rispetto. Se permette, io sono venuto stamattina qui dalla Sardegna, ma avevo altro da fare; se mi dovevano dare una relazione fatta dalla direzione generale del Ministero senza nessuna risposta politica, neanche ai quesiti posti nell'interpellanza, me ne stavo nella mia isola. Quindi, chiedo, considerato che sono problemi comuni alla Sardegna, alla regione autonoma della Sardegna e anche alla regione della Sicilia, per cortesia, se chiama il Ministro dei trasporti, che non risponde neanche alle comunicazioni della regione Sardegna, a venire qui in Aula a riferire sui trasporti, perché non è così che si mostra rispetto; soprattutto affinché egli controlli, in quanto non viene data risposta neanche alle interrogazioni scritte; non rispondono alle interrogazioni orali, non si risponde alle interrogazioni in Commissione. C'è il sindacato ispettivo, siccome non viene rispettato neanche quello, per cortesia, se può far notare questo al Governo e al titolare del Ministero dei trasporti, perché si è comportato con grande maleducazione.
PRESIDENTE. Deputato Deidda, il richiamo all'ordine dei lavori, in realtà, dal punto di vista del Regolamento, era proprio, perché lei ha chiesto comunque al Ministro di venire in Aula; ovviamente è una richiesta legittima. Ci ascoltano non solo il Presidente della Camera ma il Governo stesso, quindi, se riterranno, daranno risposta alla sua rivendicazione, fermo restando che, da prassi, è sempre accaduto che il Governo si presenti in Aula secondo le sue necessità organizzative; l'importante è che ci sia. Oggi abbiamo assistito a un piccolo problema di ordine burocratico - l'abbiamo definito così - che poi si è risolto, perché mancavano le risposte alle interpellanze per una certa fase della nostra mattinata, poi però le risposte sono arrivate e sono state comunque risposte recitate in Aula dal Governo attraverso il sottosegretario che è stato delegato a venire in Aula. Quindi, la sua rimostranza è parzialmente corretta, perché il Governo si è presentato ed ha la piena e totale autonomia per decidere da chi essere rappresentato come sottosegretario delegato, esattamente com'è accaduto nel corso degli anni e dei decenni. Quindi, se lei vuole, faccia comunque una richiesta più esplicita, magari di un'informativa sulla materia che lei ha sviluppato ma, in ogni caso, le ripeto, la consuetudine è che il Governo si autodetermini nella scelta del sottosegretario o del Ministro da delegare per rispondere alle interpellanze.
Intanto approfittiamo, prima di chiudere la seduta, per salutare gli studenti e gli insegnanti della scuola elementare “Asisium”, di Roma, che sono presenti qui in tribuna per assistere ai nostri lavori (Applausi). Ricordo anche a loro che siamo qui in seduta per rispondere alle interpellanze dei deputati e quindi sono presenti – sono stati presenti, perché le abbiamo terminate –, oltre che il Governo che risponde alle interpellanze, esclusivamente i deputati interpellanti.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 25 novembre 2019 - Ore 10,30:
1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti da eventi sismici. (C. 2211-A)
Relatrici: PEZZOPANE e TERZONI.
2. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126, recante misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti. (C. 2222-A)
Relatrici: CASA, per la VII Commissione; SERRACCHIANI, per la XI Commissione.
3. Discussione sulle linee generali delle mozioni Muroni ed altri n. 1-00181 e Orlando ed altri n. 1-00178 concernenti iniziative in relazione all'emergenza climatica e ambientale .
La seduta termina alle 11,45.