XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 265 di lunedì 25 novembre 2019

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 10,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO AMITRANO , Segretario, legge il processo verbale della seduta del 22 novembre 2019.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Di Stefano, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Maggioni, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Parolo, Rizzo, Ruocco, Saltamartini, Scalfarotto, Carlo Sibilia, Francesco Silvestri, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tofalo, Traversi, Vignaroli, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. La Presidente del Senato, con lettera in data 22 novembre 2019, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VIII Commissione (Ambiente):

S. 1547 - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, recante misure urgenti per il rispetto degli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell'aria e proroga del termine di cui all'articolo 48, commi 11 e 13, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229" (approvato dal Senato) (2267) - Parere delle Commissioni I, III , V, VI, VII, IX, X, XI, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Salutiamo, perché sono qui in Aula con noi, gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo “Via Volsinio”, in provincia di Roma (Applausi). Grazie della vostra presenza, ragazzi.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti da eventi sismici (A.C. 2211-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2211-A: Conversione in legge del decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti da eventi sismici.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2211-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Patrizia Terzoni.

PATRIZIA TERZONI, Relatrice. Grazie, Presidente. Prima di tutto vorrei iniziare questa relazione ringraziando tutti i vari organi e gli istituti, che ci hanno aiutato a portare avanti questo decreto. Non voglio lasciare questi ringraziamenti alla fine, in quanto questo decreto è partito con dieci articoli, ma è stato talmente ampliato che siamo arrivati anche ad aggiungere addirittura quaranta articoli in più. Era molto difficile portare avanti un decreto del genere, quando nelle Aule parlamentari sono in discussione la legge di bilancio e il decreto fiscale, ma grazie al supporto di tutti i ministeri – e, quando dico tutti, intendo proprio tutti i ministeri - è stato possibile fare questo ottimo lavoro, che stiamo portando avanti.

Voglio ringraziare, in particolare, anche i funzionari della Ragioneria di Stato e del Ministero dell'Economia e delle finanze, perché veramente, anche avendo un carico di lavoro veramente impressionante, sono riusciti a darci comunque una mano. Ringrazio anche Invitalia, Cassa depositi e prestiti e ringrazio anche la Presidenza del Consiglio, perché in alcuni momenti c'è stata di supporto per portare avanti alcune pratiche. Ringrazio i sottosegretari Castaldi e Vito Crimi, perché sono sempre stati con noi fin dal primo momento, e ringrazio anche tutti i partiti politici, perché, anche se il dibattito è stato molto lungo e molto complicato, comunque siamo arrivati ad un provvedimento che guarda tanti aspetti e tutti i territori italiani colpiti dagli eventi sismici.

Quindi, ora parlerò della relazione, per illustrare cosa abbiamo aggiunto in Commissione e cosa c'era già in partenza. Il provvedimento che la Commissione ambiente, quindi, porta all'attenzione dell'Aula nasce dall'esigenza, ormai ineludibile, di dare una svolta decisiva ai progetti di ricostruzione nei territori colpiti dagli eventi sismici negli anni scorsi. Il provvedimento non ha certo l'ambizione di portare una soluzione al problema, ma certamente avvia un percorso virtuoso e decisivo in tal senso.

Mi preme sottolineare, in particolare, quattro aspetti del provvedimento in esame, che ritengo di assoluto valore.

La Commissione ha inteso ampliare i contenuti originali del decreto, che si riferivano ad un solo terremoto del centro Italia, al fine di introdurre misure volte ad affrontare le problematiche di tutti i territori che negli ultimi anni hanno subito scosse sismiche. L'idea forte è che i cittadini non devono assolutamente pensare che ci possano essere discriminazioni territoriali tra popolazioni che hanno vissuto analoghi eventi tragici.

Quindi, mi riferisco all'Emilia Romagna, ad Ischia, a Catania, al Molise, che stiamo ancora vagliando all'interno degli emendamenti che ci saranno in Aula, e all'Abruzzo, per il sisma del 2009.

L'approccio al tema della ricostruzione è stato in questo caso, più ancora che nei precedenti, veramente onnicomprensivo. È chiaro a tutti che la ricostruzione non può essere solo vista nel tessuto edilizio, ma riguarda anche, e forse soprattutto, il tessuto economico e sociale di comunità che si sono viste improvvisamente crollare, in senso fisico e figurato, i loro luoghi di aggregazione, di identità e di lavoro.

L'introduzione di numerose nuove disposizioni in Commissione è stata sempre motivata da un'attenta analisi delle problematiche che sono emerse nell'esperienza concreta. Gli anni trascorsi hanno evidenziato specifiche tematiche da affrontare, che si è cercato di risolvere con soluzioni concrete, ascoltando i suggerimenti dei territori. Cito, ad esempio, l'esigenza di favorire una conclusione più rapida delle procedure di concessione del contributo, sia semplificando le procedure che rafforzando, sul piano qualitativo e quantitativo, le dotazioni di personale delle strutture coinvolte e delle stesse amministrazioni comunali.

Numerose disposizioni, nella maggior parte inserite nel corso dell'esame in sede referente, si muovono nella logica di delineare un percorso di fine emergenza. Lo sforzo per i mesi futuri sarà, infatti, quello di migliorare la governance del processo di ricostruzione, uscendo finalmente dallo stato emergenziale. Occorre avviarsi verso una gestione non più emergenziale, anche se certamente ancora ispirata a una logica di straordinarietà, che la situazione dei luoghi richiede e che offre certamente maggiori margini di successo. È inutile nascondersi che, invece, il ritorno all'ordinario e alla normalità è ancora un obiettivo lontano.

Da ultimo, credo che la testimonianza di solidarietà, resa dalla Camera dei deputati con la destinazione di una cospicua somma al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate, sia una bella pagina di questo percorso legislativo. Mi riferisco all'emendamento approvato in Commissione, su iniziativa del deputato Baldelli, che portò questa iniziativa già dalla passata legislatura, come vicepresidente della Camera, che quest'anno è stata riproposta e sottoscritta da tutti i partiti politici presenti e che vede la destinazione di 100 milioni di euro dei risparmi della Camera ai terremotati del centro Italia.

Infine, evidenzio come l'istruttoria alla Commissione è stata ampia e approfondita e soprattutto si è avvalsa di fondamentali contributi, resi con l'audizione di soggetti qualificati, che hanno consentito di evidenziare criticità, problemi aperti e possibili soluzioni. Il confronto politico, che si è svolto in modo molto costruttivo, non ha mai portato a forzature della maggioranza o irrigidimenti delle opposizioni, ma è stato invece animato dalla volontà politica comune delle forze parlamentari e del Governo di fornire un segnale concreto, senza precostituite logiche di schieramento.

Ulteriore contributo all'istruttoria è stato acquisito per il tramite dei pareri della Commissione in sede consultiva, tutti favorevoli. È stata recepita la condizione posta dalla Commissione bilancio, così come possono dirsi sostanzialmente recepite le osservazioni rese dal parere della I Commissione.

Vengo, quindi, adesso all'illustrazione degli articoli. Io mi soffermerò sui primi otto, mentre quello più consistente - che è l'articolo 9 - lo lascerò alla mia collega Pezzopane.

L'articolo 1 proroga di un anno, cioè fino al 31 dicembre 2020, lo stato di emergenza dei territori dell'Italia centrale colpiti dagli eventi sismici iniziati il 24 agosto 2016 e disciplina la copertura dei conseguenti oneri, stabilendo che agli stessi si provveda nei limiti della disponibilità del Fondo per le emergenze nazionali.

L'articolo 1-bis, che è stato introdotto durante l'esame in sede referente, integra la disciplina vigente relativa all'affidamento degli incarichi di progettazione e dei servizi di architettura e ingegneria ed altri servizi tecnici e per l'elaborazione degli atti di pianificazione e programmazione urbanistica (contenuta nel comma 2-bis dell'articolo 2 del decreto-legge n. 189 del 2016, relativamente agli eventi sismici iniziati in Italia centrale il 24 agosto 2016) prevedendo che, per importi sotto la soglia di rilevanza europea ma superiori a 40 mila euro, l'aggiudicazione avvenga utilizzando il criterio del prezzo più basso.

L'articolo 1-ter, introdotto anche questo durante l'esame in sede referente, prevede la possibilità per l'Ufficio speciale per la ricostruzione di avvalersi di personale di società in house della regione, per acquisire supporto specialistico all'esecuzione delle attività tecniche e amministrative, tramite convenzioni non onerose.

L'articolo 2, modificato durante l'esame in sede referente, reca una serie di modifiche puntuali, volte alla semplificazione sia della disciplina della ricostruzione privata che di quella della ricostruzione pubblica, disponendo, tra l'altro, la possibilità che la domanda di contributo possa essere presentata anche solo da uno dei proprietari o soggetti titolati, nel caso in cui sul medesimo bene immobile insistano più aventi diritto.

Si dispone la definizione di nuove modalità per il calcolo delle superfici utili, ai fini della determinazione dei contributi per la ricostruzione privata; che, per gli interventi sul patrimonio pubblico disposti dal commissario straordinario del Governo, è data priorità a quelle concernenti la ricostruzione di edifici scolastici; e che, qualora detti edifici siano ubicati nei centri storici, gli stessi siano ripristinati o ricostruiti nel medesimo sito, salvo che per ragioni oggettive la ricostruzione in sito non sia possibile, fermo restando che la destinazione urbanistica delle aree in questione deve rimanere ad uso pubblico o, comunque, di pubblica utilità.

L'articolo 2-bis, anche questo introdotto durante l'esame in sede referente, prevede in materia di interventi di immediata esecuzione che il commissario può differire al 31 marzo 2020 il termine ultimo per la presentazione della documentazione necessaria per l'ottenimento dei contributi per i lavori eseguiti.

L'articolo 3, modificato nel corso dell'esame in sede referente, introduce un nuovo articolo, il 12-bis, nel decreto n. 189 del 2016, al fine di dettare disposizioni per la semplificazione e l'accelerazione della ricostruzione privata. Sono dettate norme di semplificazione della procedura per la concessione del contributo per gli interventi di riparazione, ripristino e ricostruzione degli immobili privati e si prevede che, nei comuni indicati negli allegati 1, 2 e 2-bis, la certificazione rilasciata dal professionista possa limitarsi ad attestare la mera conformità dell'intervento proposto all'edificio preesistente il sisma, in luogo della conformità edilizia e urbanistica. In questi casi, la Conferenza regionale accerta la conformità urbanistica dell'intervento secondo la vigente normativa, ovvero, ove adottato, ai sensi del Programma straordinario di ricostruzione, di cui all'articolo 3-bis. La disposizione stabilisce, inoltre, che gli Uffici speciali per la ricostruzione, sulla base delle ordinanze commissariali, provvedono con cadenza mensile a verifiche a campione, che interessano, previo sorteggio, almeno il 20 per cento delle domande di contributo presentate e che, in tal caso, l'effettuazione del controllo a campione sospende i termini per l'adozione del provvedimento di concessione del contributo. L'articolo 3-bis, introdotto durante l'esame in sede referente, in connessione con le modifiche apportate all'articolo 3, prevede l'adozione, da parte delle regioni, di uno o più programmi straordinari di ricostruzione nei territori dei comuni maggiormente colpiti dagli eventi sismici avvenuti in Italia centrale e ne disciplina contenuti e modalità e termini di adozione. La norma stabilisce che i programmi autorizzano gli interventi di ricostruzione di edifici, pubblici o privati, in tutto o in parte crollati o demoliti od oggetto di ordinanza di demolizione per pericolo di crollo, anche in deroga ai vigenti strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, a condizione però che detti interventi siano diretti alla realizzazione di edifici per i quali vi sia conformità a quelli preesistenti quanto a collocazione, ingombro planivolumetrico e configurazione degli esterni, fatte salve le modifiche planivolumetriche e di sedime necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, igienico-sanitaria e di sicurezza. Tale previsione va letta alla luce di quanto disposto dall'articolo 3 del decreto-legge in esame, che - a seguito di una modifica anch'essa introdotta nel corso dell'esame in sede referente - prevede ora (rispetto al testo iniziale del decreto) che il professionista incaricato abbia la facoltà, ma non l'obbligo, di attestare la conformità edilizia ed urbanistica dell'intervento, potendo limitarsi ad attestarne la sola conformità dell'edificio preesistente al sisma.

L'articolo 3-ter, introdotto durante l'esame in sede referente, stabilisce che le domande di concessione di contributi per le quali non sia stato adottato il provvedimento di concessione del contributo alla data di entrata in vigore della presente legge, possano essere regolarizzate ai sensi dell'articolo 12-bis del decreto-legge n. 189 del 2016.

L'articolo 3-quater, anche questo introdotto nel corso dell'esame in sede referente, qualifica la partecipazione alla Conferenza permanente disciplinata all'articolo 16 del decreto-legge n. 189 del 2016 come “dovere d'ufficio”.

L'articolo 3-quinquies, introdotto anche questo durante l'esame in sede referente, estende la fruizione del cosiddetto Art-bonus anche alle erogazioni liberali per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali di interesse religioso presenti nel territorio di Venezia e, a seguito di un subemendamento, anche alla città di Matera.

L'articolo 3-sexies, introdotto durante l'esame in sede referente, modifica l'articolo 19, comma 1, del decreto-legge n. 189 del 2016, estendendo da tre a sei anni la durata dell'intervento del Fondo di garanzia di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996, in favore delle micro, piccole e medie imprese, ivi comprese quelle del settore agroalimentare, con sede o unità locali ubicate nei comuni che hanno subito danni in conseguenza degli eventi sismici verificatisi nei territori di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, a far data dal 24 agosto 2016.

L'articolo 4, modificato durante l'esame in sede referente, modifica e integra le disposizioni in materia di trattamento e trasporto del materiale derivante dal crollo parziale o totale degli edifici, recate dall'articolo 28 del decreto-legge n. 189 del 2016, al fine di prevedere l'aggiornamento dei piani regionali per la gestione delle macerie, velocizzare le procedure per la medesima gestione, nonché disciplinare i metodi per verificare la presenza di amianto e altre sostanze pericolose nelle macerie. L'articolo 4-bis, introdotto anche questo in sede referente, modifica la disciplina della subappaltabilità delle lavorazioni nei contratti tra privati.

L'articolo 5, sostituito nel corso dell'esame in sede referente, estende la misura a favore dei giovani imprenditori del Mezzogiorno denominata “Resto al Sud” anche ai territori dei comuni delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, colpiti dagli eventi sismici del 2016 e poi del gennaio 2017. L'articolo 5-bis, introdotto durante l'esame in sede referente, consente alle regioni di predisporre, con oneri a proprio carico, incentivi finanziati e premi di insediamento a favore di chi trasferisce la propria residenza e dimora abituale (con l'impegno di non modificarla almeno per un decennio) nei comuni, con meno di 3 mila abitanti, colpiti dagli eventi sismici del 2016 in Italia centrale e individuati dalle regioni. Tali benefici sono attribuiti anche ai soggetti già residenti nei citati comuni.

L'articolo 6 modifica l'articolo 23, comma 1-bis del decreto-legge n. 32 del 2019, al fine di estendere ai comuni elencati nell'allegato 2, oltre che ai comuni indicati nell'allegato 1, il contributo di 5 milioni per il 2019 previsto per i comuni, con più di 30 mila abitanti, colpiti dagli eventi sismici che hanno interessato l'Italia centrale, per interventi urgenti di manutenzione straordinaria o di messa in sicurezza su strade ed infrastrutture comunali.

L'articolo 7 reca modifiche agli articoli 4 e 34 del decreto-legge n. 189 del 2016, al fine di estendere la destinazione delle risorse del Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate anche alle anticipazioni dovute ai professionisti incaricati delle prestazioni tecniche relative agli interventi di edilizia privata di ricostruzione dei territori, e di prevedere che per tali anticipazioni non possa essere richiesta alcuna garanzia, fermo restando l'obbligo di avvio delle eventuali procedure di recupero anche tramite compensazione.

Infine, l'articolo 8 dispone la proroga di alcuni termini di carattere finanziario e contabile di interesse per gli enti locali, tra i quali il differimento del pagamento delle rate in scadenza negli esercizi 2018, 2019 e 2020 dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti ai comuni colpiti dal sisma dell'agosto 2016. Prevede, inoltre, che le Autorità di regolazione competenti prorogano, fino al 31 dicembre 2020, le agevolazioni, anche di natura tariffaria, a favore dei titolari delle utenze di energia elettrica, acqua e gas, assicurazioni e telefonia, relative a immobili inagibili in seguito al sisma; la riduzione del 40 per cento dell'ammontare dei pagamenti dei tributi e dei contributi sospesi e non versati dai soggetti colpiti dagli eventi sismici occorsi a partire dal 24 agosto 2016, da restituire a decorrere dal 15 gennaio 2020; la riduzione delle ritenute fiscali, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, nel rispetto della normativa dell'Unione Europea sugli aiuti di Stato; ed inoltre proroga, dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, il termine della sospensione dei pagamenti delle fatture relative ai servizi di energia elettrica, acqua e gas, assicurazioni e telefonia, nei comuni colpiti dai sismi di agosto e ottobre 2016 e di gennaio 2017. Passo, quindi, la parola alla mia collega relatrice, Stefania Pezzopane, per il prosieguo della relazione.

PRESIDENTE. Grazie, la parola gliela passo io. Ha facoltà di intervenire la relatrice, collega Pezzopane.

STEFANIA PEZZOPANE, Relatrice. Grazie, Presidente. Saluto i colleghi, sottolineo l'importanza di questa giornata e delle prossime ore e dei prossimi giorni, necessari ancora a concludere un iter importante e complesso, che porterà questo Parlamento ad approvare un “decreto-sisma” che raccoglie tutti gli eventi sismici, purtroppo numerosi, che dà spessore ad una ricostruzione materiale, accompagnata però, sempre e necessariamente, da una ricostruzione sociale ed economica, che presenta misure frutto di un ascolto sempre più necessario e sempre più importante dei territori e delle forze politiche, e che sancisce che c'è il bisogno di accelerare la ricostruzione in tutti i territori colpiti, ma che ci sono diverse ricostruzioni e diverse modalità, ma che, in ogni luogo dove c'è ancora l'emergenza, bisogna imprimere un'accelerazione per uscire, appunto, dall'emergenza.

Questi sono i capisaldi di questo decreto e l'articolo 9 è sintesi di tutte queste opzioni e affronta molte necessità; ce ne sono ovviamente, come diceva la collega, ancora altre, che affronteremo, ma qui se ne affrontano davvero molte, tant'è che l'articolo 9, che nel testo del decreto approvato dal Governo era assai stringato, diventa invece un articolo molto, molto importante.

Il primo punto di questo articolo che è stato discusso e approvato in Commissione prevede, per esempio, che le imprese agricole e boschive - questo è un innesto molto importante - che ricadono nei comuni interessati dai terremoti occorsi dal 24 agosto in poi possano richiedere mutui agevolati per investimenti, a un tasso pari a zero. Quindi, questa è una misura che fa riferimento alla ricostruzione economica e sociale.

Poi ci sono altri emendamenti approvati e, quindi, il testo comprende un articolo aggiuntivo che prevede ed estende ai comuni con popolazione non superiore ai 3 mila abitanti, colpiti dagli eventi sismici dal 24 agosto in poi, il regime opzionale previsto per le persone fisiche titolari dei redditi da pensione che trasferiscono in Italia la propria residenza in uno dei comuni appartenenti al territorio del Mezzogiorno, con popolazione non superiore ai 20 mila abitanti.

C'è poi un'importante norma che modifica il testo unico dell'edilizia; c'è l'articolo 9-quater, che riscrive la disposizione che vieta la concessione dei contributi e delle agevolazioni per la ricostruzione o riparazione degli immobili danneggiati dal sisma del 6 aprile 2009 per i beni alienati dopo tale data.

L'articolo 9-quinquies, anch'esso un articolo importante, riconosce anche per il 2020 al comune de L'Aquila – dopo dieci anni, c'è ancora questa necessità – la facoltà di avvalersi di personale a tempo determinato in deroga a quanto disposto in materia dalla normativa vigente.

Poi, c'è l'articolo 9-sexies, sempre sul terremoto del 2009, che interviene in merito ai lavori di riparazione o ricostruzione degli edifici privati colpiti dal sisma del 2009, al fine di precisare i soggetti deputati alla certificazione prevista nel caso di migliorie o di altri interventi difformi; l'articolo 9-septies prevede per il 2020, sempre terremoto 2009, uno stanziamento di un milione e mezzo di euro in favore di tutti i comuni colpiti dal sisma, diversi da L'Aquila, perché al comune de L'Aquila erano già stati dati questo intervento e questa possibilità; quindi, si sopperisce a una gravissima lacuna che aveva visto i comuni del cratere, cinquantasei, impossibilitati a realizzare queste opere. Oggi, anche questi comuni potranno farlo. Inoltre, c'è un contributo di 500 mila euro, destinato all'Ufficio speciale per la ricostruzione che si occupa di numerosissimi, numerosissimi edifici che sono fuori dal cratere.

L'articolo 9-octies autorizza l'affidamento delle funzioni di responsabile unico del procedimento al personale assunto dalla sovrintendenza, nonché ad altro personale di cui essa si avvalga, anche mediante convenzione con la società ALES e Invitalia.

L'articolo 9-novies estende - anche questo è un punto importante, che è stato condiviso da tutte le forze politiche, per la necessità assoluta che richiama un po' tutti a un impegno - agli anni scolastici 2020-2021 e 2021-2022 le misure urgenti per lo svolgimento degli anni scolastici, per l'appunto, nelle zone colpite dal sisma, già previste per gli anni scolastici 2016-2017, 2017-2018, 2018-2019 e 2019-2020; quindi, una proroga significativa e consistente. Di che si tratta? Si tratta della possibilità di derogare al numero minimo di alunni per classe, nonché di attivare ulteriori posti di personale, personale amministrativo, tecnico e ausiliario, il cosiddetto personale ATA, di dirigente scolastico e di direttore dei servizi generali e amministrativi, tutto in deroga a quanto previsto dalla legislazione vigente.

L'articolo 9-decies rinnova l'articolo 18-bis del decreto-legge n. 8 del 2017 e attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei ministri le funzioni di indirizzo e coordinamento connesse al progetto “Casa Italia” svolte dai soggetti istituzionali competenti in materia di ripristino e ricostruzione nei territori colpiti da eventi calamitosi. La disposizione si riferisce a quelle attività svolte successivamente agli interventi di protezione civile. Sono, quindi, mantenute ovviamente ferme le funzioni attribuite sia al dipartimento della Protezione civile sia alle altre amministrazioni competenti, ma fa da raccordo e rafforza, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, questo ruolo di coordinamento.

L'articolo 9-undecies inserisce un comma all'articolo 46-quinquies del decreto-legge n. 50 del 2017 relativo al personale degli uffici speciali per la ricostruzione de L'Aquila e dei comuni del cratere, rimettendo all'ufficio del bilancio e per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile della Presidenza del Consiglio dei ministri il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva. Questo emendamento, magari, sembra un emendamento tecnico, ma dà la possibilità, agli Uffici speciali per la ricostruzione, di rafforzare l'efficienza del personale e anche il riconoscimento del prezioso lavoro che i nostri collaboratori fanno per la ricostruzione.

L'articolo 9-duodecies rende applicabile ai territori interessati dai terremoti dal 24 agosto in poi le misure per l'utilizzo delle terre abbandonate - anche questa è una misura importante - o incolte, introdotte precedentemente per le sole regioni del Sud. Quindi, estende ai territori terremotati un'altra misura già presente per il Sud, in riferimento a quanto dicevo prima e cioè al rilancio socio-economico dei territori colpiti dal terremoto.

L'articolo 9-terdecies modifica la disciplina vigente che consente ai comuni del cratere del sisma 2009, diversi da L'Aquila, di predisporre programmi coordinati di interventi; questo articolo è connesso con l'altro che dicevo prima, ovvero con la possibilità per i territori del cratere 2009 di poter realizzare sia i sottoservizi che altre opere connesse alla ricostruzione materiale dei borghi che prima, purtroppo, non erano mai stati consentiti e che invece erano consentiti, giustamente, per il centro storico del comune de L'Aquila. Quindi, si allinea una ricostruzione e si rende omogenea una visione d'insieme.

L'articolo 9-quaterdecies modifica l'articolo 18, comma 1, del decreto-legge n. 109 del 2018, prevedendo che tra le funzioni del commissario straordinario per la ricostruzione nei territori di Casamicciola Terme, Forio e di Lacco Ameno dell'isola di Ischia colpiti dall'evento sismico del 21 agosto 2017 rientrano anche quelle di provvedere alla cessazione dell'assistenza alberghiera e alla concomitante concessione del contributo di autonoma sistemazione. Quindi, anche il sisma dell'isola d'Ischia entra a pieno titolo nel decreto e si prevedono diverse misure, questa che ho già presentato, ma anche l'altra, che fa riferimento agli interventi di ricostruzione, sempre nei territori dell'isola di Ischia, colpiti dal sisma, e prevede che le eventuali somme disponibili sulla contabilità speciale del commissario, dopo la conclusione delle attività previste e non più necessarie, possano essere destinate dal commissario ad altre finalità.

L'articolo 9-sexiesdecies provvede a semplificare le modalità di selezione dell'impresa esecutrice dei lavori da parte del beneficiario dei contributi per gli interventi di ricostruzione o di recupero degli immobili privati situati nei territori dell'isola di Ischia, colpiti dal sisma del 21 agosto 2017. Ci sono poi altre misure che riguardano sempre il terremoto di Ischia.

Semplifico per una lettura più agevole e ne cito una particolarmente importante che stabilisce che i contributi diretti alle imprese ubicate nei comuni dell'Isola d'Ischia interessati dal sisma siano estesi anche alle imprese che abbiano totalmente sospeso la propria attività a seguito della dichiarazione di inagibilità dell'immobile strumentale alla medesima attività nel caso in cui l'ubicazione di tale immobile sia infungibile.

L'articolo 9-vicies semel autorizza anche per il 2020 la spesa di 2 milioni di euro in favore di attività culturali nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici. Quindi, si ripropone una misura efficace che aiuta la rinascita culturale dei territori colpiti dal sisma del centro Italia.

L'articolo 9-vicies bis prevede una serie di modifiche alle disposizioni recate dal decreto-legge n. 32 del 2019, il cosiddetto “sblocca cantieri”, relativamente agli eventi sismici che hanno colpito la provincia di Campobasso il 16 agosto 2018 e la città metropolitana di Catania il 26 dicembre 2018. Vedete, quindi, che nel decreto-legge si riescono a mettere insieme tutte le vicende legate al sisma rendendo il decreto-legge anche più organico rispetto allo spezzettamento precedente. L'articolo 9-vicies ter prevede la possibilità, per i comuni del cratere del sisma 2009 diversi da L'Aquila, di poter integrare i programmi di interventi nei centri storici, in coerenza con le modifiche introdotte dal presente decreto-legge. Questo articolo è sempre collegato con quanto dicevo prima, ossia la norma che prevede la possibilità per questi cinquantasei comuni di realizzare i sottoservizi.

L'articolo 9-vicies quater proroga al 2021 la sospensione degli oneri relativi al pagamento delle rate dei mutui, da corrispondere nel 2020, concessi dalla Cassa depositi e prestiti Spa e trasferiti al Ministero dell'Economia e delle finanze agli enti locali colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012.

Entriamo adesso nella vicenda Emilia-Romagna. L'articolo 9-vicies quinquies proroga fino alla definitiva ricostruzione e agibilità e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, il termine per l'esenzione dell'applicazione dell'imposta municipale propria, l'IMU, per gli immobili distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero nei comuni delle regioni Lombardia e Veneto colpiti dal sisma del 2012.

L'articolo 9-vicies sexies dispone la proroga della sospensione dei mutui dei privati su immobili inagibili.

L'articolo 9-vicies septies autorizza i comuni colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, a nominare il segretario dell'ente locale anche tra gli iscritti alla fascia professionale immediatamente superiore a quella corrispondente all'entità demografica dello stesso, in deroga alla contrattazione collettiva. Questo articolo più e più volte era stato proposto dai sindaci e dall'ANCI, più e più volte non era stato accolto, mentre questa volta trova accoglienza.

L'articolo 9-duodetricies - scusatemi: una numerazione molto complessa che fa capire quanto è complesso l'articolo - dispone al comma 1 che, a decorrere dall'anno 2021, il commissario straordinario può destinare, a valere sulle risorse della contabilità speciale ad esso intestata, una quota non superiore al 4 per cento degli stanziamenti annuali di bilancio a una serie molteplice di interventi. Questa è una misura molto, molto importante, già adottata per il terremoto del 2009 e che sta consentendo nelle aree colpite dal terremoto 2009 la realizzazione di progetti di rilancio economico e di promozione sociale e culturale e che andava assolutamente adottata anche per questo evento sismico così rilevante e così diffuso. Anche tale misura non aveva trovato accoglienza in precedenti decreti e in precedenti atti legislativi, quali la legge di bilancio ed altri: finalmente riusciamo a farlo ed è un segno forte del decreto-legge. Cosa potrà essere realizzato con questo 4 per cento? Interventi di adeguamento, riqualificazione e sviluppo delle aree di localizzazione produttiva; attività e programmi di promozione turistica e culturale; attività di ricerca, innovazione tecnologica e alta formazione; intervento per il sostegno delle attività imprenditoriali; interventi per sostenere l'accesso al credito da parte delle imprese, comprese le piccole e le micro imprese; interventi e servizi di connettività, anche attraverso la banda larga, per cittadini e imprese. La norma prevede, a tal fine, l'istituzione di un coordinamento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

L'articolo 9-undetricies prevede che l'importo di 100 milioni di euro, versato dalla Camera - già la collega Terzoni ne ha sottolineato l'importanza - e affluito al bilancio dello Stato in data 6 novembre 2019, sarà destinato nell'esercizio 2019 al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate per essere trasferito poi alla contabilità speciale intestata al commissario straordinario. Per questo risultato voglio ringraziare ovviamente il collega Baldelli che se ne è fatto protagonista e tutte le forze politiche che hanno convenuto con lui di dover mantenere l'impegno, già degli anni precedenti, e di farlo nel decreto sisma in esame. Anche questi sono piccoli segnali, cioè mettere nello strumento che oggi raccoglie gli eventi sismici ciò che è possibile in maniera da rendere la materia omogenea e da poter affrontare negli anni successivi le azioni da continuare a fare facendo riferimento al presente decreto.

L'articolo 9-tricies autorizza la spesa di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 per un programma speciale di recupero e restauro delle opere mobili ricoverate nei depositi di sicurezza nelle regioni interessate dal sisma 2016. Anche questa è una misura assai importante per il recupero dei beni culturali oggi in deposito, che dovranno tornare presto nei luoghi di appartenenza ma sicuramente recuperate e restaurate.

L'articolo 9-tricies semel dispone la sospensione dell'incremento delle tariffe di pedaggio delle autostrade A24 e A25 nelle more della rinegoziazione con la società concessionaria delle condizioni della concessione. Tale norma è importantissima: nella giornata di oggi si rischiava veramente un salasso per i cittadini del territorio abruzzese ma anche di parte del Lazio e l'approvazione in Commissione dell'emendamento riformulato dalle relatrici ha consentito un'operazione di grandissimo valore sociale, politico e istituzionale. Quindi, voglio ringraziare tutti, così come ho già fatto, per la collaborazione data in questa direzione. L'articolo 10 reca ovviamente la consueta clausola di entrata in vigore del decreto-legge.

In conclusione, voglio ringraziare la mia collega Terzoni e tutti i componenti della Commissione Ambiente per il lavoro assai proficuo che è stato fatto: al di là delle differenze tutti hanno mantenuto un profilo di qualità, elevato, di concretezza e se molte norme sono entrate nel decreto è proprio grazie a tale fruttuoso rapporto di collaborazione. Voglio ringraziare anche tutto lo staff amministrativo che ci ha assistite in queste ore complicate e difficili e, naturalmente, i rappresentanti del Governo Vito Crimi e Gianluca Castaldi che hanno seguito passo, passo ogni momento dell'elaborazione dello strumento. Grazie a tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Italia Viva).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente. È iscritta a parlare la deputata Occhionero. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (IV). Grazie, Presidente. Membri del Governo, colleghe e colleghi, parlare per me di terremoto che provengo da una piccola regione ad elevato rischio di pericolosità sismica, il mio piccolo Molise, flagellato continuamente da scosse di terremoto che lo rendono sempre più fragile e più bisognoso di cure riapre una ferita che in realtà non si è mai rimarginata.

Ricordo ancora il boato terribile del 31 ottobre 2002 che ha cancellato un'intera classe di bimbi con la loro maestra a San Giuliano di Puglia: è ancora troppo vivo e forte il ricordo del dolore in tutti quanti noi, non solo molisani, ma in tutti gli italiani così come è forte il dolore per tutti quei ragazzi che hanno perso la vita sotto le macerie nel 2009, nella Casa dello studente durante il terremoto de L'Aquila.

E, allora, è proprio questo forte dolore, ancora così vivo in tutti noi, e sono ancora tante, troppe e legittime le richieste di tutte le comunità che hanno vissuto la devastante esperienza del terremoto, a farci carico di questo impegno che oggi stiamo affrontando. Ecco perché voglio dire subito e da subito che condivido perfettamente la scelta di intervenire su questo tema attraverso un provvedimento d'urgenza, perché è proprio l'urgenza che ci chiedono questi territori, territori che hanno subito gravi perdite in termini di vite umane, con danni economici, case distrutte, edifici pubblici completamente distrutti o parzialmente distrutti, oltre ai danni gravi che ha subito il patrimonio artistico e culturale di tutte queste comunità.

E già il testo del provvedimento si pone giusto sulla lunga traiettoria di favorire l'accelerazione della ricostruzione e il completamento della ricostruzione di tutti i territori colpiti dal sisma e, grazie a un lavoro attento, rigoroso, proficuo e collaborativo della Commissione, è stato possibile, attraverso numerosi emendamenti di buonsenso che spesso hanno visto la firma congiunta di tutti i partiti e di tutte le forze partitiche, ampliare il contenuto dello stesso provvedimento per ricomprendere anche misure a favore di territori quali quello del mio Molise, de L'Aquila, della Campania, della Sicilia e dell'Emilia-Romagna. Sono state introdotte, in sostanza, delle misure per garantire il superamento della situazione emergenziale e sono stati affrontati – brevemente e poi mi soffermerò in maniera più dettagliata su questi temi - quattro grandi temi: quello della semplificazione e della ricostruzione, dell'esigenza di implementare il personale all'interno delle strutture tecniche e il tema della ricostruzione economica.

Ma prima di addentrarmi nel pieno del provvedimento, anch'io voglio certamente ringraziare tutti i commissari che hanno lavorato alacremente su questo provvedimento e, soprattutto, tutto il personale della Commissione che ci ha concesso questo lavoro, oltre chiaramente al Governo, sempre presente, e alle nostre relatrici, l'onorevole Pezzopane e l'onorevole Terzoni.

Credo che abbiamo dimostrato come rispetto a certi temi sia giusto ampliare i confini e, come dire, i paletti dei partiti per cercare di trovare soluzioni comuni di buonsenso che possano fornire un aiuto concreto alla nostra bella Italia.

Chiaramente, pensando alla tragedia del terremoto e, soprattutto, all'ultimo episodio che ieri sera ha visto il crollo del viadotto sulla A6, non posso che rivolgere il mio più sentito ringraziamento a tutte le forze delle protezioni civili e delle associazioni di volontariato che si prestano nell'immediatezza di queste tragedie a prestare aiuto e soccorso a tutte le popolazioni bisognose.

Entrerò ora nel vivo del provvedimento anche cercando di sottolineare quegli aspetti che già le relatrici in maniera chiara e puntuale hanno manifestato, ma che ho piacere anch'io di rilevare proprio per cercare di sottolineare l'importanza di questo provvedimento e il lavoro proficuo che tutti insieme abbiamo svolto. Innanzitutto, è stata disposta la deroga fino al 31 dicembre 2020 dello stato di emergenza in tutti i territori colpiti dal sisma, proprio perché questa misura vuole cercare di rivitalizzare il tessuto economico e sociale dei territori colpiti ma anche perché è necessario prestare assistenza a tutti coloro che ancora non riescono a fare rientro nelle proprie abitazioni.

Come hanno già ben detto le relatrici, sono stati introdotti, grazie al lavoro della Commissione, numerosi articoli a questo provvedimento. Ecco, mi piace ricordare la modifica che è stata fatta rispetto alla disciplina vigente dell'affidamento degli incarichi di progettazione e di tutti i servizi tecnici e la possibilità di assumere personale di società in house delle regioni proprio per acquisire e migliorare l'esecuzione delle opere di ricostruzione. Inoltre, si è cercato di rendere più celere e più rapida la ricostruzione sia pubblica sia privata, dando assoluta priorità alla ricostruzione degli edifici scolastici. Ecco, questo, secondo me, è un grande momento di riflessione perché è proprio sulla scuola e sui giovani che bisogna puntare per ricostruire.

Poi, sono state fatte modifiche migliorative anche in materia di semplificazione e di accelerazione della ricostruzione privata. In particolare, nella sede referente è stata integrata la norma che prevede la possibilità per i professionisti di attestare la mera conformità dell'intervento proposto rispetto all'edificio preesistente. Poi, è stata modificata la priorità di assegnazione del contributo allineando quella del contributo per abitazioni a uso abitativo rispetto a quelle per le attività produttive, sempre nell'ottica di cercare di favorire la crescita del tessuto economico e sociale di quelle aree colpite dalla devastazione del sisma. Sono stati anche introdotti, come è stato già detto, dei programmi straordinari di ricostruzione in tutto il Centro Italia, in tutte quelle zone del Centro Italia maggiormente colpite dal sisma del 2016 proprio al fine di accelerarne la ricostruzione. E poi - l'hanno già ricordato le relatrici - è stato introdotto in sede referente l'Art bonus per Venezia e Matera, riconoscendo il grande valore artistico delle due città, perché l'arte e la cultura devono essere il volano dello sviluppo del nostro Paese. E poi numerose sono state anche le modifiche introdotte rispetto al sostegno all'imprenditoria giovanile agricola in tutte le aree colpite dal terremoto. Ad esempio, è stata estesa la durata da tre a sei anni dell'intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese in favore di tutte quelle zone colpite dagli eventi sismici del 2006.

Mi piace sottolineare anche le modifiche apportate in materia di trattamento e trasporto del materiale e delle macerie a seguito degli eventi sismici, perché anche questo si pone in sintonia con un'azione di governo che vuole chiaramente puntare su uno smaltimento dei rifiuti e su un ciclo virtuoso della gestione dei rifiuti. Infatti, mi si consenta un necessario inciso fondamentale: la ricostruzione per essere necessaria deve essere di qualità e deve essere rispettosa dell'ambiente e del territorio perché possa poi rendere più resiliente e più resistente il nostro bel Paese.

Poi, ci sono modifiche importanti anche nell'ambito, appunto, dell'articolo 5, che mi sta particolarmente a cuore, cioè le misure del “Resto al Sud”, misure a favore dei giovani imprenditori del Mezzogiorno che vogliono promuovere proprio la costituzione di nuove imprese agricole da parte, appunto, di giovani imprenditori di età compresa tra i 18 e i 45 anni, misura che chiaramente è stata estesa, grazie al lavoro che abbiamo fatto in Commissione, anche alla mia regione, cioè il Molise, e all'Abruzzo, alla Basilicata, alla Campania, alla Calabria, alla Sardegna e alla Sicilia.

Di notevole pregio è anche l'introduzione della norma che consente alle regioni particolari incentivi finanziari e premi di insediamento per tutti coloro che vogliono trasferire la residenza e la dimora abituale per almeno dieci anni nei comuni colpiti dal sisma con un numero di abitanti inferiore a 3 mila. Questo significa che, con questo provvedimento, oltre a tentare di rinvigorire il tessuto sociale ed economico di queste zone, si cerca di porre un freno al problema dello spopolamento delle aree interne per promuovere un equilibrio demografico necessario. Anche su questo punto, mi fa piacere sottolineare come la mia regione, il Molise, ma anche la Sardegna abbiano già adottato delle misure volte a favorire la residenza attiva.

Però, mi permetto anche di dire che questo non basta; ci vuole anche un piano di sviluppo socio-economico per far sì che la ricostruzione si ponga nell'ottica di un'attrazione maggiore degli stessi territori che oggi, purtroppo, sono colpiti dal sisma. E poi, come è stato già detto dalle relatrici, è prevista tutta una serie di proroghe di termini per gli enti locali, che chiaramente differiscono il pagamento delle rate dei mutui senza prevedere sanzioni e interessi. Inoltre, è stata introdotta fino al 31 dicembre 2024 la facoltà di applicare l'indennità di funzione ai sindaci e agli assessori dei comuni colpiti dal sisma con un numero di abitanti inferiore a 5 mila.

Ritengo assolutamente importante e, quindi, degna di attenzione la modifica introdotta che vuole favorire le imprese agricole attraverso mutui agevolati e contributi a fondo perduto, comprese le imprese forestali. Anche questa misura è stata il frutto di un lavoro proficuo all'interno della Commissione. Poi, sono state introdotte norme volte a derogare il numero minimo degli alunni per classe ed è stata introdotta una norma che consente di mantenere in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri le funzioni di indirizzo e di coordinamento riconducibili al progetto Casa Italia, espungendo la parte che fa specifico riferimento agli eventi sismici del 2016 e del 2017.

Altra misura di particolare interesse è quella che prevede incentivi per l'utilizzo di terre abbandonate o incolte in tutti i territori compresi nei comuni del cratere colpiti dai terremoti del 24 agosto 2016, del 26 e del 30 ottobre 2016 e del gennaio 2017. Anche questa è una misura - è evidente - che si colloca nell'ottica di incentivare le attività produttive e di arginare il problema dello spopolamento di queste zone, ma ribadisco anche qui che ci vogliono modelli di governance che puntano soprattutto all'innovazione, alla sostenibilità e alla condivisione.

È stato già ricordato dalle relatrici che abbiamo evitato e prorogato l'esenzione IMU ai comuni di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna ed è stato introdotto un articolato normativo che ha migliorato la previsione di misure per il rilancio turistico, culturale ed economico dei territori colpiti dagli eventi sismici del 2006, introducendo una quota non superiore al 4 per cento degli stanziamenti di bilancio per tutte le attività di promozione turistica, di sostegno alle attività imprenditoriali, di interventi di sostegno all'accesso del credito e di servizi di connettività, perché anche la digitalizzazione e la connettività sono fondamentali per poter pensare ad una ricostruzione seria e rigorosa. Quindi tutto questo provvedimento si inserisce in un quadro di programma di lungo periodo attraverso la valorizzazione delle risorse produttive, territoriali e professionali, per creare benessere ai cittadini e ai territori colpiti dagli eventi catastrofici.

Anch'io voglio ricordare l'emendamento a firma dell'onorevole Baldelli, che è stato poi sottoscritto da tutti quanti noi, nel pieno rispetto di una collaborazione e condivisione che è necessaria quando si parla di temi come questo, che ha introdotto la possibilità di destinare al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate la somma versata dalla Camera dei deputati al bilancio dello Stato pari a 100 milioni di euro. E poi c'è il programma speciale di recupero e di restauro del patrimonio artistico, già menzionato dalle relatrici; e anche questo mi piace sottolinearlo, perché in realtà va ad evidenziare come sia importante il tessuto artistico e culturale nell'ottica di un rilancio economico del nostro Paese.

E poi questa norma ci permette anche di inserire nel mondo del lavoro i tantissimi restauratori che svolgono un lavoro prezioso e che, forse, dovrebbe anche essere rivalutato da noi. Grazie al lavoro della Commissione abbiamo evitato, come è stato già detto, l'incremento delle tariffe del pedaggio delle autostrade A24 e A25. Presidente, mi avvio alle conclusioni sottolineando che lo spirito di questo decreto-legge deve essere soprattutto quello del rilancio dello sviluppo economico ed occupazionale dei territori colpiti dal sisma. Sostenere in queste aree l'economia, l'imprenditorialità, soprattutto quella giovanile, come si è voluto fare attraverso l'introduzione di misure migliorative del testo iniziale e che incentivano tale obiettivo, significa rinvigorire e ringiovanire questi territori, evitare lo spopolamento degli stessi.

E dobbiamo stare attenti perché non possiamo costruire case e palazzi e poi, però, tenerli vuoti. Quindi ribadisco la necessità di uno sviluppo di un piano socio-economico, e questo deve essere l'impegno, quello di favorire una ricostruzione declinata sulle politiche ambientali e climatiche che sappia favorire modelli di sviluppo economico e produttivo sostenibili, in sintonia, appunto, con l'innovazione, con le peculiarità del territorio, con la storia, con le tradizioni e con la cultura dello stesso. Per intervenire in questa maniera è necessario non farci cogliere più impreparati da questi eventi, perché, se siamo impreparati, poi rischiamo di provocare vittime e danni, e la politica del “rattoppo” non è la nostra politica e non è la giusta risposta. Piuttosto è necessario raccogliere una sfida, una vera grande sfida, e Italia Viva, con il piano Italia Viva “Shock”, credo che voglia andare proprio in questa direzione: raccogliere questa grande sfida per sbloccare i 120 miliardi di opere già stanziati per le infrastrutture, sbloccare i cantieri come priorità assoluta del Governo, prevenire, migliorare le infrastrutture.

Questa è la giusta risposta che si pone nella direttiva che oggi, con questo provvedimento, stiamo tracciando; ed è anche evidente che, accanto alle politiche che puntano sulle infrastrutture, è necessario scommettere sulle politiche di lotta ai cambiamenti climatici, che rendono ancora più debole il nostro territorio. È fondamentale, quindi, secondo noi, adottare strategie e piani nazionali di adattamento del clima, come quelle di riduzione del rischio delle catastrofi. Sarebbero, quindi, necessari nuovi modelli di governance del cambiamento climatico, caratterizzati da un collegamento a livello locale e nazionale, e anche in un'ottica di sviluppo europeo, su scala europea. Sono necessarie, quindi, politiche di pianificazione del territorio solide, rigorose, rapide e di prevenzione del rischio, una cooperazione più forte a livello di politiche di prevenzione dei rischi, interventi coerenti, metodi innovativi per ridurre l'impatto dei fenomeni atmosferici e climatici e migliorare la gestione, per rendere il nostro Paese più resiliente e più resistente. Ecco, Presidente, ora è il tempo di aiutare soprattutto le popolazioni che vivono nelle aree a rischio, ma da domani la priorità assoluta è sbloccare i cantieri attraverso il piano “Shock” di Italia Viva. È un'azione che è possibile fare, che va nella giusta direzione; i soldi ci sono e l'Italia ce lo chiede (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva, Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI (FI). La ringrazio, Presidente Rosato. Ci troviamo per l'ennesima volta in quest'Aula a discutere un decreto-legge che ha come oggetto le normative attinenti al sisma, al terremoto del Centro Italia, e ad esso si agganciano altre calamità, ahimè, delle quali siamo costretti in qualche misura ad occuparci.

Non è mai un lavoro semplice, perché il terremoto è un fatto complesso: solo chi affronta in maniera squisitamente elettorale, non senza una certa cialtroneria di fondo, il tema del terremoto può pensare che il terremoto sia argomento risolvibile con colpi di bacchetta magica. E per fortuna, e purtroppo, tutti coloro che a questo argomento si sono approcciati con quella faciloneria, con quella prosopopea anche del neofita, dell'esperto che non sa nulla, del risolutore di problemi in maniera magica, di coloro che dicevano “questi sono degli incapaci, adesso che arriveremo noi…”, poi, alla prova dei fatti, si sono dimostrati almeno altrettanto incapaci rispetto ai predecessori. Questo per dire che cosa? Che su temi come questi, pagliacciate non è il caso di farne; su temi come questi troppa speculazione politica non è il caso di farla, perché sono temi complessi. Lo sanno bene tutti quelli che, anziché parlarne in campagna elettorale e basta, poi si sono trovati a leggerli i provvedimenti o, magari, in qualche modo a scriverli. Tutti quelli che sono passati dalla campagna elettorale all'attività parlamentare o, addirittura, alla responsabilità di Governo hanno poi cambiato tono nell'affrontare temi complessi come quelli del terremoto. Complessi perché? Complessi perché riguardano tutto lo scibile umano, dall'amministrazione all'edilizia, la scuola, le attività produttive, le agevolazioni economiche. Tutta una quantità di argomenti che vengono messi in campo con una corsa al rialzo, nella pretesa, almeno di chi vorrebbe effettivamente dare risposte concrete, con un disagio effettivo, forte e drammatico, per alcuni aspetti, delle popolazioni colpite, delle quali tutti quanti hanno l'ambizione, anche legittima, di farsi portavoce.

E allora che cosa succede? Succede che - come spesso accade a chi governa e a chi legifera - se da un lato abbiamo la lista delle volontà dei problemi che vorremmo risolvere, dall'altro abbiamo però un'altra lista, che è quella delle risorse disponibili, che sono finite, limitate, a volte anche inesistenti, e di ciò che è possibile fare e realizzare nel quadro normativo attuale o nella proiezione di un cambio di un quadro normativo da com'è a come dovrebbe o potrebbe essere, ma senza stravolgerlo, o con la necessità di passare per stadi intermedi, oppure ancora l'emergere quotidiano di situazioni problematiche che non si erano immaginate prima.

Dal 2016 a oggi chi ha svolto il ruolo di commissario o chi svolge il ruolo di commissario o chi svolge il ruolo di sindaco o chi semplicemente vive in quei territori sa bene che è emersa tutta una quantità di criticità inimmaginabili nel momento in cui, all'indomani del sisma, si è dovuto mettere in campo una legislazione provvisoria emergenziale. Ancora oggi siamo formalmente in un clima di emergenza.

Perché ho fatto questo cappello? Perché tutti noi, per essere qui, abbiamo fatto delle campagne elettorali, e tutti noi ne facciamo quotidianamente nelle regioni, nei comuni e anche quelle nazionali, europee, eccetera. Però, ecco, questo è un tema sul quale la campagna elettorale, quando si cominciano a mettere le mani sul testo, bisognerebbe per un momento lasciarla da parte. E lo dico appartenendo io a una forza politica che non governa né le regioni né l'Esecutivo nazionale, per cui non sono sospettabile di essere uno di quelli che: “dice così perché è al Governo”. No, io dico così perché la responsabilità di essere eletti mi impone un tono e un atteggiamento costruttivo per un verso, critico per l'altro, ma non demagogico. E questa è una prima riflessione che voglio consegnare.

Quando quest'estate ci fu il cambio di Governo, il Presidente Mattarella incaricò il Presidente Conte di formare un Governo, ecco, nel corso di quel giro di incontri, di consultazioni che il Presidente incaricato ebbe con le forze politiche, la mia forza politica, il Presidente Berlusconi, in Conferenza dei presidenti di gruppo, il vicepresidente del partito Antonio Tajani, già Presidente del Parlamento europeo e presidente della Commissione affari costituzionali del Parlamento europeo, andarono a rappresentare al Presidente Conte proprio l'esigenza - in tutto il quadro di tematiche, di priorità che emergevano dal punto di vista delle consultazioni tra forze politiche e Presidente del Consiglio incaricato, nella formazione di un nuovo Governo, nella redazione di un programma di priorità, dove al centro veniva posta la riduzione del numero dei parlamentari (questo è il quadro surreale in cui ci si muoveva) -, il mio partito andò a chiedere al Presidente del Consiglio di occuparsi delle popolazioni colpite dal terremoto. Questo è il mio partito! Il Presidente del Consiglio introdusse all'interno del ciclo di consultazioni nella settimana successiva un incontro - non so quanto pre-organizzato, ragionato, selezionato, con quali criteri, non lo so - con i comitati dei terremotati; e quella priorità fu espressamente citata all'interno dell'intervento che il Presidente del Consiglio tenne in questa Assemblea, e nell'altro ramo del Parlamento consegnò, nell'ambito del dibattito sulla fiducia. Omettendo che, però, era stato Presidente del Consiglio anche del Governo che c'era stato fino a due settimane prima, e che era stato in carica quasi un anno e mezzo. Allora, su questo, se c'è un'opposizione che addirittura immagina che si debba essere responsabili, dovrebbe provare ad esserlo anche il Governo! Io ascolto le dichiarazioni del sottosegretario Fraccaro, che dice che è indecente che non si vada avanti. Il sottosegretario Fraccaro, che ha fatto il Ministro fino a poco tempo fa, non è che sia uno nelle condizioni di potersi lamentare; ecco, questa è un'altra riflessione che voglio togliere da questa discussione, ma consegnandola: l'alibi di essere arrivati da poco, poi ad un certo punto finisce. Finisce per quelli che c'erano prima, finisce per quelli che sono arrivati nuovi; a maggior ragione finisce per quelli che ci sono stati prima e che ci sono ritornati adesso, o che ci sono rimasti adesso. Quindi, capiamoci: questi sono provvedimenti complessi, che difficilmente riescono ad esaurire la quantità di richieste che arrivano e ad esaudire la quantità di desideri che in questi provvedimenti si vanno ad incastrare. Noi abbiamo credo oltre 500 emendamenti su questo testo; poi verranno valutate le ammissibilità, eccetera, però questo di massima è il quadro.

Io credo che sarebbe di buonsenso, cercherò io per primo di farmi portavoce presso la mia forza politica, operare una selezione di emendamenti; perché questo è un testo che ha avuto un esame parlamentare lungo, poco proficuo, ha toccato una quantità di argomenti vastissima, come citavo prima, perché il tema non è il terremoto: il tema sono le case, le abitazioni, le conformità, le scuole, le attività produttive, le licenze, le bollette, le scadenze, le proroghe, il personale. Cioè, è un decreto-legge omnibus che, per comodità, si chiama “decreto-legge sisma”, perché circoscrive a un'area terremotata specifica, anche se con alcune eccezioni (vedi per esempio l'altra area terremotata successiva, che è quella di Ischia, l'inserimento di Venezia, eccetera), però, ecco, è un decreto-legge omnibus per la difficoltà, la vastità, la complessità delle materie trattate.

Mi permetto, l'ho fatto già in Commissione, ma credo di interpretare anche il pensiero delle relatrici e del Governo, di ringraziare il personale della Camera che in mille modi ha contribuito a permettere un lavoro più possibile ordinato, al netto del disordine politico che c'è stato su una materia di questo genere: perché con grande attenzione e non senza diverse difficoltà ha dovuto lavorare mettendo a frutto la propria competenza e la propria intelligenza in maniera interdisciplinare su un testo del genere. E ogni volta che un testo del genere arriva qui è una manovra omnibus, per capirci. Con il paradosso che è una manovra che si fa quasi a risorse zero, con il paradosso che alla fine le abbiamo trovate forse più noi del Parlamento, le risorse, di quante non ne abbia portate qui il Governo. Io ringrazio chi ha voluto citarmi e ringrazio chiaramente per aver concordato, contribuito a realizzare la destinazione di 100 milioni di risparmi della Camera alle popolazioni colpite dal terremoto. Io credo che sia stata e sia una bellissima pagina politica, della quale vanno ringraziati tutti i parlamentari, che sono i protagonisti di questi risparmi, perché poi è sulle loro indennità, sulla loro presenza in questo Parlamento che si realizza tutto questo. Che vada ringraziata la Presidenza, che vadano ringraziati gli uffici della Camera, il Collegio dei questori, che con oculatezza, anche in questa legislatura, ha permesso che si potesse, senza sacrificare la funzione dei parlamentari, raggiungere questa quantità di risparmi. E vadano ringraziati (nel montante complessivo siamo arrivati a 312 milioni) anche la Presidenza Boldrini, l'Ufficio di Presidenza precedente e il Collegio dei questori della precedente legislatura, che hanno contribuito per 212 milioni su 312 milioni dei complessivi che sono stati destinati. A questo ho presentato un nuovo emendamento, perché in Commissione con il Viceministro Crimi è emersa l'esigenza di destinare specificamente a progetti delle amministrazioni locali almeno una quota da spendere in tempi ragionevolmente brevi. Allora anche questo potrà essere uno degli elementi su cui confrontarsi; così come mi auguro, anche la questione emersa di recente dell'ordinanza n. 80 del 6 giugno 2019, che ha comportato alcuni disguidi di carattere organizzativo e contabile: ecco, io mi auguro che ci sia lo spazio per poter intervenire e correggere o sanare o comunque risolvere questo problema nell'ambito del seguito dell'esame di questo provvedimento. Per svolgere il quale però è necessario che si eviti di andare a mettere la fiducia; per cui forse una riflessione non solo le forze di opposizione, che avrebbero tutto il diritto di presentare tanti emendamenti, ma anche le forze di maggioranza, che continuano invece a presentare emendamenti, dovrebbero farla, la si dovrebbe fare tutti insieme. Vogliamo cioè approfittare di questa settimana, di questi due giorni per capire dove e come possiamo migliorare ancora questo provvedimento? Io posso mettermi qui a fare l'elenco delle proposte che sono state approvate di Forza Italia, a fare l'intervento del mio gruppo: dall'Emilia-Romagna al vincolo alla destinazione urbanistica sulle scuole, alla rimozione delle macerie, alla semplificazione dei subappalti, ai mutui di Cassa depositi e prestiti, ai permessi per gli amministratori, alla proroga delle scadenze delle bollette, al cratere de L'Aquila, ai comuni de L'Aquila, l'Emilia-Romagna…

Tutti emendamenti di Forza Italia che sono stati in qualche modo accolti, e che sono andati ad incidere. Ma basta questo?

Ciò perché poi, quando torniamo nei nostri collegi o andiamo nei paesi colpiti dal terremoto, non è che basta sventolare un fogliettino con gli emendamenti approvati per ricevere applausi. Non si ricevono applausi, lì ci sono persone che hanno in mente tutt'altro che fare applausi a quelli che portano a casa gli emendamenti. Hanno bisogno di risposte, di non sentirsi abbandonati. Ciascuno di noi ha questa esigenza, per cui, più riusciamo a fare, più riusciamo a mettere in campo… Al netto del fatto che qualcosa manca, obiettivamente manca, perché questo è l'ennesimo provvedimento che nasce come una soluzione a dei termini che scadono e si continua a mettere dentro cose perché ci sono varie sollecitazioni, anche concomitanti, da parte dei comitati territoriali, da parte delle regioni, da parte dei delle associazioni dei comuni, da parte dei singoli comuni. Però, si riapre una finestra, diciamo che passa un treno, e alcune cose, dove c'è spazio, possono essere messe dentro, fatte salire, al netto del fatto che non ci sono soldi, e questo è un altro problema. Quello della copertura economica di questi provvedimenti è un problema enorme, al netto di quello che abbiamo fatto con i 312 milioni in questi anni con la Camera, al netto anche dell'impegno - non finirò mai di ringraziarlo - dell'allora Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che da subito, oltre ad aver dedicato la propria elezione alle popolazioni colpite dal terremoto, si è prodigato per fare in modo che l'Unione europea attivasse immediatamente finanziamenti diretti e cofinanziamenti, per un totale di 2 miliardi. Al netto di questo noi sappiamo che, se si vuole fare una ricostruzione, questa ricostruzione durerà tantissimo, e costerà tantissimo. Durerà tantissimo per la lentezza con la quale stanno procedendo le cose, perché il problema centrale del personale è un problema che non si può eludere; la lentezza con la quale vengono istruite le pratiche e i problemi che noi affronteremo. Uno degli emendamenti che ho presentato in Commissione in sede referente era quello di superare il tetto che veniva introdotto dal “decreto dignità” sui rinnovi. Perché? Perché, a un certo punto, questo tetto si toccherà, e tutto il personale esterno degli uffici per la ricostruzione finirà per dover essere licenziato, in periodi magari differenti, perché non c'è una mappatura dell'ingresso, dell'entrata in servizio di queste persone, ma a un certo punto, prima da una parte, poi dall'altra e poi dall'altra ancora, queste persone toccheranno il tetto introdotto dal “decreto dignità”. Allora, facciamo una deroga per queste persone, ma cominciamo a farla subito, diamo certezza subito, perché lo sappiamo già che in passato questa cosa si è verificata, quando non avevamo certezza del rinnovo dei contratti. Adesso, abbiamo la certezza di un tetto, apriamolo questo tetto, scoperchiamolo per quelle figure, perché, se togliamo quelle figure, le pratiche si immobilizzano, si impantanano, e sostituire quelle figure con delle figure ex novo, che non hanno esperienza, significa riavviare, ricominciare da capo l'attività di quegli uffici. Allora, ci sono cose che sappiamo già, portiamoci avanti. Questo per parlare delle cose che non costano, poi ci sono cose che costano, però anche le cose che costano vanno fatte. Questo decreto è un decreto da cui promana una visione? No, non c'è una visione. Io non sono uno di quelli che pretende la visione. Non ce l'avete? Perfetto, ci adeguiamo, facciamo quello che è necessario, inseriamo le piccole soluzioni a piccoli problemi che quotidianamente vengono fuori. C'è il problema dei professionisti, c'è il problema della conformità edilizia, c'è il problema di quello, di quell'altro: facciamoli così, però, guardate che, a un certo punto, il problema della visione verrà fuori, perché l'assenza di visione crea lo stato di abbandono, crea l'incertezza del futuro, e nell'incertezza del futuro c'è la fuga da questi territori. E poi, io qui non mi metto a farne una questione personale, però secondo me la figura del commissario è una figura che ha deluso le aspettative? Vogliamo dirla così? Non è stata una figura… Per dirla con un linguaggio molto caro al MoVimento 5 Stelle, non è stato un grande facilitatore della ricostruzione, lo vogliamo dire così, in maniera molto diplomatica. Si poteva trovare di meglio, si poteva fare di più, si poteva fare meglio, al netto anche di quest'ultimo pasticcio. Allora, anche qui, spostare anche sul piano politico le competenze di questo tema, da una figura all'altra, da un posto all'altro… Io ringrazio il sottosegretario Castaldi, che ha seguito questo tema, e anche il sottosegretario Crimi, il Vice Ministro Crimi - che poi, pure lì, se non arrivano le deleghe, sono tutti i sottosegretari, anche quelli che sono Vice Ministri -, perché l'ha seguita la volta scorsa, continua a seguirla, e seguire questa roba non è cosa facile, perché significa sporcarsi le mani, significa impegnare una quantità grande di tempo a studiare, a leggere, a capire. Nulla è facile, per cui nulla è scontato. Ricordatevelo quando fate le campagne elettorali, quando dite: ah, non questi, via, tutti a casa, noi sì che risolviamo. Perché nulla è facile, nulla è scontato. Per cui, poi, il lavoro quotidiano, l'impegno quotidiano, quando ci si mette materialmente con le mani nel fango, dentro i problemi, si scopre che i problemi sono molto più complessi di come erano facili le soluzioni che si andavano sbandierando in campagna elettorale. Ecco, in tutto questo, in tutto questo lavoro, la visione manca. Una gestione, anche fosse solo la gestione, già sarebbe qualcosa, perché la gestione è comunque fatto complesso, non è fatto ordinario. Spero si riesca a scrivere una bella pagina ancora una volta tutti insieme, che si riesca tutti insieme. Chi ci ha messo più esperienza, chi più conoscenza di un territorio rispetto a un altro, chi più dell'Abruzzo o più delle Marche, più dell'Umbria o più del Lazio, però sono state tante le richieste, le spinte convergenti, tant'è vero che avremmo potuto metterci a fare la speculazione politica dicendo: guardate, state respingendo gli emendamenti che vi ha proposto la regione Emilia Romagna, dove tra l'altro si vota pure. Ve l'abbiamo detto per consigliarvi di non farlo, e magari, grazie forse a quello, qualcosina sull'Emilia Romagna un po' si è sbloccato, con una riformulazione. Allora, io sono dell'idea che più si fa, meglio si fa, facendo bene, facendo presto e facendo il più possibile insieme. E sono convinto che, siccome si tratta di materie complesse, non sia mai utile sparare robe così a casaccio. È un lavoraccio, è un impegno. Credo che noi abbiamo un dovere, tutti quanti insieme, che si modula sulle responsabilità che poi ciascuno di noi ha, di dare risposta e rappresentanza a cittadini, a sindaci che portano sulle loro spalle il peso di croci enormi, il peso dalla frustrazione di non poter fare certe cose, di non avere la mano libera su altre, il peso di sentirsi anche limitati rispetto a una burocrazia che per alcuni versi giustamente si pone tutti i problemi dei comportamenti opportunistici o illegali e quindi cerca di prevenire distorsioni ed elementi negativi, però, per altro verso, rischia di diventare un freno insostenibile, specie quando diventa bandiera politica o ideologica. Allora, anche su questo, laicamente, ragioniamo: io credo che dovremmo fare tutti quanti uno sforzo - almeno questa è la mia opinione personale, non ho visto gli emendamenti di tutti, non so neanche quanti ne ha presentati il mio gruppo -, credo che sarebbe utile se riuscissimo a lavorare senza avere la fiducia su questo provvedimento, perché questo permetterebbe di poterlo limare e migliorare ancora un po'.

Ringrazio il Vice Ministro Crimi, che è arrivato, ed è stato già pluricitato. Se ci fosse lo spazio per risolvere la questione dell'ordinanza n. 80 sarebbe cosa buona e giusta e per affrontare in maniera pulita quei dieci, quindici argomenti che inevitabilmente saranno toccati da emendamenti e che sono rimasti aperti.

Se così fosse, credo che faremmo un buon lavoro. Poi, io, come opposizione, svolgo anche il mio intervento, ogni volta che viene il Ministro D'Incà a porre la fiducia, per ricordargli la media che sta seguendo e che, quando si mettevano le fiducie, i suoi colleghi di partito e lui stesso venivano a sdraiarsi sui banchi, dando dei delinquenti ai Governi che esercitavano questa prerogativa. Per cui, figuriamoci, se mette la fiducia, non mi offendo. Però, se vi fosse la possibilità di affrontarli, altrimenti li affronterà il Senato; non so, tornerà, non tornerà. Dico che - questo sì e concludo - si sarebbe potuto lavorare meglio anche in Commissione, se vi fosse stata chiarezza, sin da subito, su quante risorse erano disponibili e su quali erano le materie su cui il Governo avrebbe potuto accedere o no a discutere e ad accogliere proposte emendative, magari con costi ridotti o soltanto di natura ordinamentale.

Non abbiamo, non si è lavorato bene. Ecco, questo va detto, al netto dell'impegno personale delle relatrici, al netto della presenza del Governo, però, nessuno si è davvero preso le proprie responsabilità. Infatti, c'è un Governo che è in Commissione, che non è il Governo che poi decide le coperture. C'è una maggioranza che vorrebbe mille cose, ma che poi è costretta a decidere in base ad equilibri o opportunità politica. C'è un'opposizione che ascolta tutti e presenta e ripresenta le proposte che arrivano dappertutto, per cui ciascuno diventa e si fa portavoce di quanto può, come può e per quel che può. Però tutto questo, in un'assenza di visione, è caotico, estemporaneo, assolutamente dinamico, ma non lineare.

Allora, credo che dovremmo passare da un dinamismo di mille materie a una linearità di visione. Se il Governo riuscisse a dirci qual è il suo progetto di ricostruzione, sulla base di questo potremmo tarare la nostra azione, anche di opposizione responsabile e costruttiva, perché, su questo aspetto, è giusto rappresentare il disagio, anche in maniera forte, ma poi, quando si arriva al momento del dunque, è bene essere propositivi. Noi - io credo - abbiamo scritto, almeno per quanto riguarda alcuni aspetti, qualche pagina di buon senso. Mi auguro che si continui a farlo, perché a queste persone, a queste famiglie, a queste popolazioni, non è permesso raccontare balle o prese in giro. Per cui, abbiamo una grande responsabilità e ce la sentiamo tutta.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo “Via Anagni” di Roma, che sono venuti a seguire i nostri lavori (Applausi). Grazie, ragazzi, oggi siamo in discussione generale, per questo l'Aula non è piena.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Morgoni. Ne ha facoltà.

MARIO MORGONI (PD). Grazie, signor Presidente. In effetti è spiacevole dover constatare che, per la discussione su un provvedimento così importante, ci sia una così scarsa presenza di colleghi. Questo indubbiamente non depone a favore dell'attenzione su una questione che, per molti aspetti, ancora riveste elementi di drammaticità.

Questo provvedimento, che oggi esaminiamo in Aula, su cui abbiamo il confronto, ha richiesto un lavoro molto impegnativo, non solo e non tanto per la tempistica serrata che lo ha caratterizzato, quanto per il livello di aspettative e la grande mole di richieste che ha generato, in presenza di una situazione di perdurante difficoltà nel centro Italia, ma anche per il fatto che ha dovuto fornire alcune necessarie risposte a problemi aperti in altre, purtroppo numerose, situazioni del territorio nazionale, dal sisma dell'Aquila a quello dell'Emilia Romagna, a Ischia, alla provincia di Campobasso, alla città di Catania, fino a Matera e a Venezia con i recenti eventi.

Questo lavoro molto impegnativo, che è stato svolto in particolare nella Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, si è avvalso dell'apporto prezioso innanzitutto dei funzionari della stessa Commissione, ma anche di tanti altri funzionari e collaboratori, che, come già hanno fatto le colleghe relatrici, credo sia doveroso ringraziare per l'opera che hanno prestato.

Mentre affrontiamo con questo decreto il tema delle misure necessarie, per riportare la normalità nei territori del centro Italia colpiti da gravi eventi sismici, altre calamità in questi giorni, purtroppo in queste ore, si stanno abbattendo nel nostro Paese e con una frequenza crescente, che sottolinea, da un lato, ancora una volta la fragilità strutturale del nostro territorio, ma anche l'irrompere di fenomeni nuovi, come il cambiamento climatico, che producono accelerazioni nella ciclicità e nell'intensità degli eventi calamitosi. Queste situazioni richiamano indubbiamente tutti gli organi dello Stato a un impegno straordinario per la prevenzione e per la mitigazione dei rischi, per consolidare ulteriormente un sistema di Protezione civile già collaudato e a cui dobbiamo tutta la nostra gratitudine, per la capacità di soccorrere le popolazioni in momenti veramente drammatici di emergenza, un sistema di cui il Paese può veramente essere orgoglioso.

Ma, di fronte a tali eventi, diventa ineludibile una riflessione sui 5 miliardi di euro l'anno, che il nostro Paese spende per riparare i danni delle calamità, e i pochi milioni, sostanzialmente, che spendiamo per mettere in sicurezza un territorio fragile, tra l'altro, risorse che molto spesso vengono spese con una lentezza ingiustificabile. Queste situazioni, con il loro carico di danni materiali, ma soprattutto di ferite inflitte alle nostre comunità, in termini di vittime, sofferenze e disperazione, impongono senza dubbio alla politica, in primo luogo, un atteggiamento di rispetto. Già alcune considerazioni su questo tema sono state fatte, ma io voglio ribadire che rispetto vuol dire, in questo caso, rinunciare a fare di eventi come questi terreno di scontro, strumentale alla conquista di consensi, e mettersi invece al servizio dell'interesse generale, piuttosto che delle proprie convenienze. In questo caso, una convenienza tra l'altro illusoria, perché, nel gioco del rinfacciarsi le responsabilità, non esce sconfitto il proprio avversario, ma sempre, direi, la credibilità della politica.

Lo dico perché il provvedimento in esame si occupa di un tema, quello degli interventi nei territori colpiti dal sisma del centro Italia, non certo immune dall'essere usato a fini di parte. Non tutti l'hanno fatto indubbiamente con la stessa spregiudicatezza, ma quasi nessuno può dire di essersi sottratto a questa logica. E qui, chi frequenta quei territori e si confronta con quelle persone, avverte che c'è un'insofferenza nei confronti di quella politica che appare sempre pronta ad additare le responsabilità altrui, ma quasi mai disponibile ad assumersi le proprie responsabilità, quelle di concorrere alle soluzioni dei problemi. Che questo atteggiamento sia del tutto insopportabile lo rende evidente la portata degli eventi, che hanno coinvolto 600 mila cittadini, con 299 morti, 370 feriti, 90 mila edifici danneggiati, 50 mila sfollati, 2 mila centri abitati colpiti, 138 comuni, 10 province, 4 regioni. Che questo atteggiamento sia irresponsabile, oltre che insopportabile, lo rende altrettanto evidente anche il fatto che pressoché tutte le forze politiche si sono trovate ad avere, in periodi diversi, responsabilità di Governo: Renzi-Gentiloni per poco più di un anno (quei Governi hanno gestito prevalentemente, tra l'altro, una fase di immediata emergenza); così come il successivo Governo Lega-5 Stelle, dal giugno 2018 fino all'agosto 2019. Quindi, per un periodo quasi identico hanno gestito queste problematiche. Queste esperienze hanno dimostrato che, alla prova dei fatti, nessuno possiede ricette risolutive o strumenti prodigiosi, utili a garantire soluzioni rapide e radicali. È risultato anche chiaro che, in questo territorio così vasto, complesso e fragile, come quello che è stato interessato da questi eventi, non erano e non sono praticabili percorsi di totale deregulation, con gravi rischi di compromissione di peculiari valori paesaggistici, naturalistici, storici e culturali, di cui quel territorio è depositario.

Si è citato più volte il caso di Genova, per invocare misure di analoga straordinarietà, ma è del tutto evidente la ben diversa portata territoriale degli eventi. Da queste premesse dovrebbe partire il confronto.

Fino ad oggi dobbiamo dire che in questo passaggio non si può non dare atto con franchezza di un atteggiamento responsabile e costruttivo delle forze di opposizione in questo senso, quindi, un confronto su un decreto che nasce dalla volontà di rimuovere ostacoli e difficoltà oggettive che il percorso di ricostruzione sta incontrando e che vanno rapidamente rimossi per garantire una ripartenza reale, ma un decreto che intenda anche dare un segnale chiaro sul versante di uno sviluppo economico, senza il quale la riparazione dei danni risulterebbe un'azione sterile e improduttiva. La ricostruzione materiale e lo sviluppo economico non possono procedere di pari passo e in modo coordinato, specie in un'area già fortemente segnata da un declino economico e demografico precedente gli eventi sismici.

In questa occasione, comunque, il tema che torniamo a trattare lo affrontiamo, con questo decreto, in modo organico, evitando interventi occasionali e misure episodiche, che spesso, fino ad oggi, nel recente passato, abbiamo inserito in provvedimenti con finalità diverse.

Direttrice fondamentale di questo decreto è l'intervento sulla ricostruzione privata, sulla quale abbiamo circa il 10 per cento delle domande presentate rispetto a quelle attese, e ancora poco più di un 10 per cento è la realtà delle domande definite. Quindi, la ricostruzione complessivamente oggi è intorno al 5 per cento di quella che è la realtà che andrebbe ripristinata e ricostruita. È comunque prevedibile che, da qui in avanti, ci sia un incremento nel ritmo di presentazione dei progetti e, quindi, anche per questo si rende indispensabile adottare metodologie utili ad arrivare in tempi molto più rapidi all'approvazione dei progetti stessi.

La soluzione individuata con questo decreto prevede l'adozione del provvedimento di concessione del contributo una volta accertata la legittimità del soggetto richiedente, dietro semplice certificazione da parte del professionista della completezza e della regolarità amministrativa della pratica, nonché della relativa quantificazione del contributo, con richiesta - contestuale alla domanda di contributo stesso - di convocazione della Conferenza regionale, se è necessaria, per l'acquisizione di pareri ambientali, paesaggistici e quant'altro. Una misura - ritengo - fondamentale per velocizzare il processo di autorizzazione all'apertura dei cantieri, una misura su cui si sono concentrate, anche in questi giorni, alcune critiche dal mondo dei professionisti. Ma credo che - al di là dei necessari e ulteriori elementi di chiarezza per garantire univocità di valutazione, indubbiamente necessaria, e questi elementi potranno venire da atti appositi del commissario - si tratta di un percorso assolutamente indispensabile per garantire un'accelerazione alla ricostruzione.

E proprio per rispondere a queste preoccupazioni espresse dai tecnici, in Commissione, con un apposito emendamento delle relatrici, si è prevista la possibilità per il professionista di attestare, anziché la conformità edilizia e urbanistica, la sola conformità dell'intervento proposto all'edificio preesistente al sisma, demandando alla Conferenza regionale l'accertamento della conformità urbanistica. Con lo stesso emendamento si prevede di intervenire attraverso programmi straordinari di ricostruzione, adottati dalle regioni, nelle situazioni caratterizzate dai danni più gravi ed estesi, dove la ricostruzione di un edificio distrutto con le stesse caratteristiche di quelle preesistenti sarebbe impraticabile se non con alcune deroghe agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica in vigore. In questa previsione c'è anche una prima presa d'atto che nel territorio del cratere coesistono situazioni anche fortemente differenziate, che non possono essere affrontate in modo indistinto. Con questa misura - credo - siamo nelle condizioni di fare un passo avanti nella tempistica della ricostruzione, ma naturalmente l'efficacia di questa misura sarà da monitorare quotidianamente in corso d'opera.

Ma, se necessario, dobbiamo essere pronti a fare ricorso anche ad ulteriori misure straordinarie, anche più coraggiose, per evitare i possibili rischi di fallimento della ricostruzione proprio nei centri maggiormente colpiti. Nella città di Macerata sono state presentate circa 200 richieste, che rappresentano la quasi totalità dei beni danneggiati in quel centro abitato di circa 40 mila abitanti. A Castelsantangelo sul Nera, che su 1.024 edifici che compongono la realtà urbana e limitrofa ne ha 37 agibili e 997 inagibili, le richieste sono state 60, il 6 per cento di quelle attese. Ovviamente concorrono diverse ragioni a questa situazione, ma gli ostacoli normativi e procedurali credo siano un elemento significativo di impedimento; e anche un regime vincolistico credo non possa non assumere un diverso profilo, se applicato ad un tessuto urbano integro, piuttosto che a un centro abitato distrutto. E in questi territori, più che la speculazione – credo -, bisogna temere la desertificazione. Quindi, da questo punto di vista, non si può non comprendere l'esasperazione e il grido d'aiuto di un sindaco, come appunto quello di Castelsantangelo sul Nera, Mauro Falcucci.

Comunque, credo che oggi tutti abbiano il dovere, di fronte ad una misura che nei prossimi giorni andremo a varare, di concorrere in modo costruttivo e proficuo a dare attuazione alle norme che appunto entreranno in vigore. I provvedimenti contenuti in questo decreto hanno visto implementazioni e integrazioni significative, forse ne vedremo anche da qui alle prossime ore, prima della conclusione dei nostri lavori. Ci sono state molte innovazioni rispetto al testo del decreto: le misure di carattere tecnico sui tipi di murature tradizionali che incidevano negativamente sul contributo, la proroga per la presentazione delle domande relative ai danni lievi, l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria con il criterio di aggiudicazione al prezzo più basso, la possibilità di presentare la domanda di contributo da parte di un singolo comproprietario di un bene immobile dove insistono più proprietari, quindi, anche dal punto di vista tecnico, molte cose che hanno cercato di recepire le indicazioni e i suggerimenti che venivano dalle professioni. Ma anche su altri temi, ma non voglio dilungarmi su questo, perché altri colleghi, già le relatrici in particolare sono intervenute sulla questione delle scuole, dei comuni, con la proroga dei mutui, con la possibilità, per i comuni con meno di 3 mila abitanti, di nominare un segretario comunale di fascia superiore; e questo è un tema drammatico presente nei piccoli comuni, anche perché la figura del segretario comunale riveste indubbiamente un significato importante, specialmente in un momento come questo.

Quindi, oltre a questo, mi pare necessario rimarcare come, per il successo della ricostruzione e anche degli interventi nelle altre realtà che sono ricomprese in questo decreto, siano necessarie, comunque, tanto delle norme adeguate ed efficaci, quanto poi una conseguente fase applicativa ed operativa che garantisca efficienza e tempestività. E in questo senso, purtroppo, è innegabile che ci troviamo a scontare mali antichi del nostro sistema: i percorsi attuativi delle norme spesso sono farraginosi e tortuosi, e testimoniano i problemi di un sistema amministrativo lento e complicato. Faccio solo qualche esempio: con il decreto-legge n. 189 del 2016 approvammo, ormai più di tre anni fa, provvedimenti a favore delle imprese colpite, come il riconoscimento del danno indiretto, i finanziamenti agevolati fino a 30 mila euro per il ripristino e il riavvio di attività economiche e il credito d'imposta, introdotto con il decreto del febbraio 2017. Bene, il danno indiretto, nelle Marche, nella mia regione, è in liquidazione in questi giorni, mentre, per i finanziamenti agevolati, dopo un'ordinanza commissariale intervenuta nel novembre 2017, la n. 42, che delegava ad Invitalia la fase attuativa, ancora siamo assolutamente fermi. Per il credito d'imposta, l'Agenzia delle entrate ha provveduto ad emanare la circolare attuativa del provvedimento del febbraio 2017 nell'agosto scorso, 2019. L'ordinanza della Protezione civile sul contributo di autonoma sistemazione è arrivata in questi giorni, dopo oltre un anno e mezzo di gestazione. Anche per le ordinanze commissariali è auspicabile una maggiore tempestività. L'Ufficio speciale della ricostruzione delle Marche chiede al privato la selezione con gara della ditta esecutrice, quando esiste una disposizione di legge, di alcuni mesi fa, introdotta con lo “Sblocca cantieri”, che consente al proprietario di incaricare direttamente una ditta individuata nell'apposito elenco; e non parlo indubbiamente solo di burocrazia, perché spesso la politica non è estranea a questi intoppi o intralci. E comunque voglio sottolineare come sia necessario intervenire anche su questa fase applicativa, perché non tutto è consegnato all'efficacia delle norme.

Volevo poi sottolineare l'importanza di una misura, presente in questo decreto, come la riduzione al 40 per cento della quota da restituire dei benefici della busta paga pesante, che però spero veda anche un conseguente e tempestivo intervento da parte dell'INPS per ripristinare condizioni di equità, riservando lo stesso trattamento a coloro che non avevano fatto richiesta di rateizzazione.

Ciò ovviamente non avendo consapevolezza che poi si sarebbe emanata una disposizione che avrebbe ridotto la portata della restituzione dei benefici ricevuti, ma la materia che, insieme al tema delle procedure della ricostruzione privata, caratterizza questo decreto è senza dubbio quella dell'intervento finalizzato ad attivare strumenti utili a risollevare le sorti dell'economia dei territori colpiti. Nel testo originario del decreto già erano comprese alcune misure importanti, come l'estensione alle aree del cratere della misura prevista con il decreto n. 91 del 2017 “Resto al Sud”, ma anche quelle del decreto legislativo n. 185 del 2000 a favore delle imprese agricole, in particolare per promuovere il ricambio generazionale e la crescita delle aziende.

Con il lavoro svolto in Commissione si sono integrate e ampliate tali misure, per cui il testo oggi ne esce migliorato e più rispondente alle esigenze del territorio. Innanzitutto, vi è la previsione di un fondo, che è stato, appunto, istituito con l'approvazione di un apposito emendamento, dove affluiscono risorse fino al 4 per cento degli stanziamenti previsti per la ricostruzione; questo è un elemento fondamentale per cercare di dare attuazione a una progettualità, per cercare di rispondere a una progettualità che nei territori sta già prendendo forma con la collaborazione tra istituzioni, università e anche soggetti privati, rappresentativi dell'impresa locale. La proroga di tre anni dell'accesso gratuito al Fondo di garanzia per le micro, piccole e medie imprese è un altro elemento molto importante, così come il subappalto ammesso nei contratti tra privati e l'ampliamento delle misure a sostegno del settore agricolo, non più circoscritte al ricambio generazionale ed estese anche al settore boschivo.

Per quanto riguarda le misure previste in ampliamento al decreto “Resto al Sud”, voglio segnalare, perché ritengo sia particolarmente importante, l'estensione di queste agevolazioni, escludendo il limite di età, nei comuni, però, del cratere con danni gravissimi, quelli che hanno oltre il 50 per cento degli edifici inagibili; infine, le misure prodotte come segnale per combattere l'abbandono dell'entroterra e dei piccoli centri, come la tassazione agevolata con aliquota al 7 per cento per i titolari di pensione erogata da Stati esteri che trasferiscano la propria residenza in comuni, anche qui, con meno di 3 mila abitanti - quindi, un target molto preciso -, all'interno del cratere, e la possibilità per le regioni di adottare programmi di incentivazione per il trasferimento della residenza nei comuni più piccoli, sempre fino a 3 mila abitanti. Ecco, imprimere una forte accelerazione nella riparazione dei danni per quanto riguarda la ricostruzione privata e introdurre ulteriori misure volte a dare impulso alle attività economiche sono gli obiettivi principali di questo provvedimento, ma anche il cuore del problema della ricostruzione, perché questi sono gli elementi irrinunciabili di un progetto complessivo, necessario per far ripartire imprese, servizi e comunità. Nelle Marche, nella mia regione, i comuni colpiti dal sisma rappresentano i due terzi dei territori del cratere, sono 87 su 140, il 40 per cento del territorio regionale è stato investito da questo sisma, dagli effetti del sisma; si tratta della regione più colpita, con effetti devastanti sull'intero sistema socio-economico, come attesta anche l'aggiornamento congiunturale dell'economia marchigiana che, solo pochi giorni orsono, Banca d'Italia ha presentato, segnalando una preoccupante fase di stagnazione, insieme a un calo di occupati, a cui, oltre ad altri e più generali fattori congiunturali sfavorevoli, concorrono però gli effetti della crisi sismica che nelle aree interne ha inferto un vero e proprio colpo di grazia a un'economia già in crisi. Con il sisma c'è stata una contestuale riduzione della capacità produttiva, ovviamente, nell'indisponibilità, poi, delle strutture, e un calo della domanda locale rivolta alle imprese, per il fatto che molta gente, appunto, se ne è andata ed è stata assistita sulla costa. Nel 2016, c'è stato un calo nella produzione e nelle vendite di oltre il 5 per cento su base annua, ma se teniamo conto che il sisma è intervenuto a partire dal 24 agosto 2016, quindi, per un quadrimestre, questo calo è stato pari al 20 per cento, se rapportato a quel periodo; si tratta, quindi, di una drammatica devastazione anche dal punto di vista delle attività economiche.

Una terapia adeguata a queste ferite inferte dal terremoto sarà decisiva per far uscire l'intera regione Marche dall'attuale condizione critica, ma una terapia adeguata sarà anche decisiva per salvare quello che il professor De Rita definisce lo “scheletro”, la struttura portante dell'Italia, senza la quale il sistema si scioglie verso il mare: quell'Appennino il cui salvataggio, credo, sia oggettivamente fattore essenziale per il futuro del Paese. Del resto vediamo anche in questi giorni qual è lo stato del sistema idrogeologico del Paese e quanto occorra fare per salvaguardare specialmente i territori più fragili e più strategici, da questo punto di vista. Ma De Rita dice “scheletro” non solo ovviamente come struttura del territorio, ma come elemento portante di civiltà; l'area appenninica rappresenta la parte più ampia del cratere, il Parco Nazionale dei Sibillini vi è totalmente ricompreso, ed è caratterizzata da piccoli centri e borghi sparsi, carichi di storia, più spesso cancellati, oggi, che danneggiati e, qui, la perdita di popolazione è diventata emorragia e perdere popolazione vuol dire perdere paesaggio, cultura e civiltà. Le attività economiche superstiti sono un'eccezione, i nuovi insediamenti inesistenti. Ho partecipato a una delle tante riunioni con le persone che vivono in questi centri e intervenendo a una di queste riunioni uno dei cittadini presenti ha raccontato che si era recato il giorno prima nella ferramenta di Pieve Torina, nel negozio di ferramenta, e il titolare di quel negozio gli ha detto: “Guarda, oggi, ho incassato 35 euro, se per favore mi puoi pagare la bombola che ti ho fornito ieri”. Questa è la situazione reale che vivono tante realtà dell'entroterra; quindi, qui, ricostruire non è solo recupero e restauro delle costruzioni danneggiate, ma ripensamento di un complesso di funzioni urbane, sociali ed economiche che connotano un territorio e gli garantiscono un'identità.

Può sembrare paradossale ma proprio dove il terremoto ha prodotto danni devastanti, dove già era in atto un impoverimento, proprio qui, può nascere una nuova opportunità di futuro, pensiamo all'economia sostenibile legata alla manifattura tradizionale, alle produzioni locali, alle energie rinnovabili, al turismo natura, e questo, ovviamente, con il concorso attivo del Governo ma anche, voglio sottolinearlo, attraverso la capacità degli attori locali di sviluppare una nuova visione, di esprimere una progettualità di territorio attraverso strategie condivise, oltre le angustie dei particolarismi e delle rivalità di campanile che, purtroppo, hanno visto un'accentuazione pericolosa e preoccupante dopo il sisma. Se il Parlamento e il Governo intendono concretamente favorire questi processi bisogna prendere atto dell'esistenza di situazioni fortemente differenziate ed intervenire con misure modulate, sulla base delle diverse condizioni, pur senza voler mettere in discussione la configurazione del cratere, ma mirando le misure in relazione a quelle che sono le caratteristiche e le situazioni oggettive. Già oggi, infatti, vediamo che le risorse disponibili tendono a collocarsi alla periferia del cratere, in quelle realtà dove ci sono stati meno danni, quelle realtà più antropizzate e sviluppate. Non si può far finta di non vedere che certi territori rischiano di passare dal declino alla scomparsa. Nei primi sei mesi del 2019, la provincia di Macerata ha perso 751 residenti, è una provincia di 300 mila abitanti, ma mentre sulla costa c'è una tendenza alla tenuta e alla crescita, i comuni più colpiti dell'entroterra hanno già perso, in tre anni, in media, un 10 per cento della popolazione. Tuttavia, il dato non tragga in inganno, perché un terzo circa di coloro che conservano ancora la residenza ma hanno trovato altrove una diversa soluzione abitativa, oggi, dichiarano di non avere intenzione di tornare, quindi, questo rischia di trasformarsi in un vero e proprio esodo. Credo che nessuno di noi abbia intenzione di dar ragione al professor De Rita che sostiene che l'Appennino abbia un solo difetto, quello di non essere una platea attrattiva in termini di consenso di massa; ecco, se non crediamo che sia così e crediamo che la politica non debba occuparsi solo di consenso, ma di problemi, allora dovremmo occuparci di questo tema. Il Partito Democratico, il nostro gruppo parlamentare, intende farlo con la serietà e l'impegno con cui ha lavorato in queste settimane, in questi giorni, a questo provvedimento. Negli incontri sul tema della ricostruzione, da parte dei cittadini, ma anche degli amministratori, emerge una convinzione, che si affaccia anche nei mezzi di informazione, devo dire, in modo piuttosto crescente, e questa convinzione è che vi sia una sorta di strategia consapevole di desertificazione delle aree interne, ormai ritenute impoverite, marginali e, direi, irrecuperabili.

Già solo dover ascoltare queste valutazioni suona come una sconfitta per tutta la politica, ma non è accettabile che questa sconfitta diventi un atto di resa. Come non sarebbe giustificabile l'errore di considerare la ricostruzione del centro Italia una questione circoscritta a quel territorio, e così vale anche per gli altri territori dei quali si occupa il decreto. Su questo tema, in realtà, si misurerà la capacità e la credibilità di un intero sistema istituzionale, politico, amministrativo. Se non saremo all'altezza di questo compito, il fallimento sarebbe inevitabilmente un fallimento di sistema, dell'intero sistema perché nessuna parte di esso ne uscirebbe indenne o immune da responsabilità.

Il provvedimento al nostro esame è frutto di un lavoro serio che consente di dare alcune risposte concrete e da questo punto di vista certamente apprezzabile. Restano problemi aperti di portata rilevante, come quello di una ricostruzione pubblica che ancora dimostra di non partire, ancora arranca, come quello di un ulteriore consolidamento di misure come la zona franca urbana e della possibile istituzione di una zona economica speciale. Con questo decreto - e concludo - affrontiamo una tappa della sfida della ricostruzione e facciamo un significativo passo avanti, ma il nostro compito nei confronti delle popolazioni del centro Italia non si esaurisce certo qui (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Trancassini. Ne ha facoltà.

PAOLO TRANCASSINI (FDI). Grazie Presidente, rappresentanti di Governo, pochissimi colleghi, sinceramente credo che noi - come tutti coloro che provengono da quei territori, come tutte le persone, come i membri delle nostre comunità - speravamo che questa fosse l'alba della ricostruzione; invece, somiglia sempre di più al tramonto della speranza che abbiamo coltivato in questi anni. Pensavamo fosse l'alba perché finalmente un Governo si occupava di questo terremoto e pensavamo che avesse il coraggio e la competenza di farlo in modo organico, perché aveva ascoltato i territori, perché era passato tanto tempo, ma soprattutto perché c'erano state sei occasioni per approfondire la materia, sei decreti, nei quali noi abbiamo discusso, ci siamo divisi, ci siamo confrontati e abbiamo ascoltato dai territori sempre le medesime cose. Ne abbiamo parlato nel “decreto terremoto” di Gentiloni, nel “mille proroghe”, nel decreto per il ponte di Genova, nello “sblocca cantieri” e anche nella legge di bilancio, per cui immaginavamo che si aprisse una stagione di confronto anche con le opposizioni per redigere un testo che finalmente rappresentasse la speranza della partenza di questa ricostruzione che, come è stato ampiamente ricordato anche dai rappresentanti della maggioranza, è ferma a percentuali ridicole che girano intorno al 5 per cento, dopo tre anni e mezzo. Invece, non avevamo fatto i conti con le esigenze della politica perché anche questo dobbiamo cominciarcelo a dire, cioè l'incombenza della campagna elettorale dell'Umbria, la disperazione delle forze di Governo e la volontà di pensare che attraverso un decreto, anche se vuoto, ma che comunque rappresentasse un momento di interesse da parte della maggioranza sull'argomento, potesse aiutare l'agonizzante alleanza di Governo a fare un risultato migliore di quello che è stato. E, invece, così non avete raggiunto l'obiettivo voi e abbiamo perso noi, perché ci siamo trovati di fronte a un decreto completamente vuoto, inutile. Dispiace che il Presidente Conte, anche in questa occasione, sia andato sui territori a raccontare una storia diversa; dispiace che l'avvocato di se stesso abbia utilizzato anche il terremoto per cercare di perorare la sua causa personale, ma forse la cosa più appropriata su questa situazione l'ha detta proprio il Ministro Fraccaro che, alla vigilia dei lavori della Commissione, ha definito la situazione di stallo inaccettabile. Peccato che il Ministro Fraccaro è un anno e mezzo, due anni che se ne occupa insieme alla sua forza di Governo; peccato che il Ministro Fraccaro sia uno dei maggiori sostenitori del Governo Conte; dispiace che il Ministro Fraccaro dimentichi che da due anni il Commissario al sisma è in quota 5 Stelle, ed è appunto il Commissario Farabollini.

Ecco tutto questo è sicuramente inaccettabile - faccio mie le sue parole - ma è inaccettabile anche se partiamo dai numeri che vengono spesso dimenticati. Il dottor Borrelli, responsabile della Protezione civile, nelle audizioni ci ha ricordato che ci sono oggi oltre 37 mila persone che usufruiscono del contributo di autonomo sistemazione; oltre 1.300 sono ancora in albergo, a parte le 8.000 nelle SAE, nelle casette che abbiamo costruito con costi di fabbricazione superiori ai 2 mila euro al metro quadro. Ebbene queste 37 mila persone e le altre 1.300 sommano, ad oggi, una spesa che è oltre 15 milioni di euro al mese, cioè noi spendiamo 180 milioni di euro l'anno solo per dare assistenza perché non abbiamo la capacità, la forza, il coraggio e, permettetemi, anche la competenza di mettere mano alla ricostruzione e fare in modo di aiutare le persone quanto più velocemente possibile a ritornare nella propria abitazione.

E, allora, credo che un tema che dovremmo affrontare, adesso e nei prossimi giorni, non è solo il tema delle risorse, nella cantilena che sentiamo ripetere da sempre cioè che non ci sono i soldi – poi, per carità, se li dobbiamo trovare per il reddito di cittadinanza o per salvare qualche banca, in una nottata li troviamo - ma, a parte questo, dobbiamo cominciare a dire che la mancata capacità di stare sul pezzo nella ricostruzione sta portando anche a un inutile sperpero di denaro pubblico. Guardate, basta chiederlo a qualunque amministratore locale. Ce l'ha detto benissimo il sindaco di Arquata del Tronto, il quale si è indignato per le risposte che non arrivavano e ha sottolineato nel suo intervento proprio questo: continuiamo a buttare via dei soldi quando a noi serve competenza, coraggio e risorse mirate a quelli che sono i reali bisogni delle nostre comunità. Abbiamo fatto sedici ore di audizioni, e credo che siano tante. Abbiamo sentito tutti e tutti ci hanno detto le stesse cose: se dovessimo sintetizzare quanto ci ha detto l'ANCI, i sindaci, i presidenti di regione, i rappresentanti di categoria, i sindacati, tutti ci hanno chiesto sostanzialmente tre cose. Ci hanno chiesto la semplificazione per far partire la ricostruzione; ci hanno chiesto una visione progettuale del futuro di queste 600 mila persone e tutti ci hanno chiesto una legge sull'emergenza. Tutti hanno chiesto a questo Parlamento di dotarsi di uno strumento che faccia sì che, l'indomani mattina di una tragedia, nel momento in cui dichiariamo lo stato d'emergenza sul territorio, un Governo, qualunque esso sia e di qualunque appartenenza politica, sappia esattamente cosa fare, nel più breve tempo possibile, nella maniera più efficace possibile e con il risparmio migliore possibile.

Ecco, su questi tre temi il decreto si può definire semplicemente un decretino, perché non entra assolutamente nel merito. Abbiamo registrato una disponibilità al confronto da parte della maggioranza; ci siamo contrapposti per tante ore e di questo ringrazio i rappresentanti di Governo e anche le forze di maggioranza perché all'inizio, quando c'era stato chiesto di comprimere i nostri interventi, ci siamo molto arrabbiati ma poi, alla fine, abbiamo avuto la disponibilità di spiegarvi tutta la nostra rabbia, ma anche tutta la nostra volontà, anche e soprattutto insieme alla maggioranza, di riempire questo decreto per far sì che dia delle risposte. E, invece, noi i sindaci in audizione non li abbiamo poi, alla fine, ascoltati; i rappresentanti dell'ANCI non li abbiamo minimamente ascoltati: soprattutto le audizioni dei sindaci che devo dire scorrettamente all'inizio dovevano durare venti minuti, poi siamo riusciti, sospendendo l'Aula, a farli audire un po' di più, perché pensare che venti sindaci possano parlare solo venti minuti forse dà già un po' l'idea di come concepiamo la politica e che rispetto diamo a quella figura istituzionale, magari rispetto a qualche comitato amico. Ebbene, i sindaci sono venuti a rappresentarci i problemi reali; ci hanno dato anche le soluzioni, ma in realtà siamo stati nella sostanza estremamente sordi e noi siamo qui per ricordarvelo e per cercare di avviare un percorso virtuoso insieme a voi, per cercare per davvero di riempirlo il decretino e a farlo diventare un vero e proprio decreto.

Vediamo cosa c'è, perché è stato sbandierato da alcuni rappresentanti della maggioranza come una grande soluzione e finalmente con delle grandi risposte. Insomma, forse quella più importante e quella più eclatante è che finalmente si equipara la restituzione della busta paga pesante a quello che è successo a L'Aquila e, quindi, chiedendo al cittadino di restituire solo il 40 per cento. Ricordo sommessamente a tutti i parlamentari che questo è un emendamento a prima firma mia del giugno 2018, ve l'abbiamo detto nel primo “decreto Gentiloni” che forse non aveva senso dire alla gente che avevano questa grande opportunità comunque per affrontare le emergenze delle prime ore, appunto la busta paga pesante, se poi non solo non gli davamo certezza su quando sarebbe stata restituita ma gliene richiedevamo il 100 per cento. Ecco, è un emendamento che abbiamo presentato “solo” otto volte noi di Fratelli d'Italia e oggi finalmente viene accolto dal decreto, ma viene salutato come una grandissima vittoria. Per dare anche la dimensione di come si tenta - e questo credo che sia anche un po' scorretto politicamente - di spostare l'attenzione dell'opinione pubblica, si tenta di far passare delle apparenti soluzioni come dei grandissimi traguardi raggiunti. Un esempio è quello dei segretari comunali: è vero che c'è l'esigenza per i comuni di reperire un segretario comunale e c'è la difficoltà per i comuni piccoli di avere segretari comunali, appunto, per la loro fascia e, allora, il Governo, secondo me in maniera molto responsabile, permette ai comuni piccoli di prendere un segretario di una fascia più alta. Peccato che aggiunge due cose e, cioè, la prima è che il comune piccolo se prende un segretario di fascia più grande se lo deve pagare interamente e, in secondo luogo, che quel pagamento deve rientrare all'interno dei vincoli di finanza che ha quel comune. Vi ricordo che alcuni di questi comuni hanno uno o due dipendenti e nel momento in cui prendono un segretario che ha un costo decisamente maggiore, sforano per definizione quel tetto.

Così come è stata salutata come una grande vittoria e una grande novità questa storia della cabina di regia. Io devo dire che da ex sindaco faccio tanta fatica ad accettare sempre come buone notizie queste cabine, questi tavoli e tutto quello che comunque, secondo me, è un aumento della burocrazia. Però, possiamo anche dire che ci sarà il 4 per cento di risorse che andrà sui territori e che sarà gestito attraverso una cabina di regia, però innanzitutto dobbiamo dire che quel 4 per cento è sui soldi che sono già stati destinati ai terremotati e non è il 4 per cento di un'altra somma, non è un 4 per cento in più. Quindi, noi diciamo semplicemente che dei soldi destinati alla ricostruzione pubblica il 4 per cento lo facciamo passare per una cabina di regia. Allora, il sospetto che viene è che magari semplicemente li facciamo gestire da un soggetto diverso e su questo ci ritornerò perché, a fronte della volontà dei territori e delle comunità di una semplificazione, noi registriamo il vizio antico della duplicazione degli enti e questo ne è un esempio, perché in questa vicenda c'è un commissario che sta lavorando e che a noi piacerebbe che lavorasse con una duttilità e con un potere diverso ma, invece, lo releghiamo in un angolo senza dargli pieni poteri e poi cominciamo a duplicare i tavoli e le cabine di regia.

Invece, siete rimasti sordi anche alle cose più elementari e poi entreremo nel vivo di quelli che sono gli aspetti più complessi. Per esempio, noi abbiamo provato a farvi capire che parlare dopo tre anni e mezzo ancora di macerie non è un insuccesso del Governo, ma è semplicemente vergognoso. Io penso e mi auguro che su questo preciso aspetto e anche su questo mio intervento non ci sia l'attenzione di qualche persona non italiana insomma, perché io penso che qualunque persona, se sapesse che noi stiamo ancora discutendo su come rimuovere le macerie a tre anni e mezzo, penserebbe che non siamo un Paese normale e io penso che nessun Paese al mondo a tre anni e mezzo dal sisma non solo non abbia risolto il problema delle macerie ma si interroga ancora su come farlo.

Noi vi abbiamo dato una scorciatoia che è quella di dare pieni poteri al commissario Farabollini di rimuovere le macerie nei paesi distrutti. Non vi abbiamo chiesto di dare pieni poteri al commissario Farabollini e di andare magari in un vicolo di un comune parzialmente lesionato. Vi abbiamo chiesto di farlo nei comuni distrutti, con un indice di distruzione superiore al 50 per cento. È impossibile non essere d'accordo con questo perché questa è una norma elementare che noi vi abbiamo chiesto e non solo ve l'abbiamo chiesta noi ma ve l'ha chiesta l'ANCI e ve l'hanno chiesta i consiglieri regionali. È una proposta che è derivata anche da un'uniformità su una mozione approvata in regione Lazio, eppure siete rimasti sordi anche su questa. Vi abbiamo chiesto un'altra cosa elementare, che è dare più poteri al commissario Farabollini. Noi non siamo convinti che il commissario Farabollini sia proprio la persona migliore per il ruolo che ricopre e per la verità nemmeno il Partito Democratico che ha smesso di attaccarlo nel momento in cui è salito al Governo, però mettiamolo almeno in condizione di poter operare.

Noi ci facciamo da ormai molti mesi questa domanda: è inspiegabile perché in questo Paese si affrontano due emergenze in modi diversi. Questa è la prova del disinteresse di questo Governo e anche del precedente alla problematica, ahimè, di 600 mila persone, perché questa è la colpa. I numeri non girano, non spostano. All'occhio del Governo, all'occhio del Presidente Conte, dell'avvocato di se stesso, 600 mila persone sono veramente poca cosa. Ecco perché si sceglie di dare pieni poteri nella ricostruzione del ponte di Genova e non si danno i pieni poteri nella ricostruzione di 138 comunità. Noi dovremmo vincere 138 a 1 nell'attenzione e, invece, lì dove passa giustamente l'economia, lì dove c'è un problema grande e anche internazionale, giustamente vengono dati i pieni poteri al sindaco di Genova, che li mette in campo, diventa operativo e dà immediatamente quella risposta; invece ciò non accade lì dove ci sono 138 comunità e tante di loro sono molto piccole, sono realtà nelle quali lo spopolamento seguito all'incapacità del post-sisma può anche finire di risolvere il problema di tutti i Governi, cioè quello che questa gente finalmente se ne vada da questi posti. Ecco, noi non ci stiamo ovviamente a una visione come questa.

L'altra cosa che mi ha particolarmente colpito e che dà la dimensione dell'approccio errato e dogmatico al problema da parte di questo Governo è che ci siamo incartati con la maggioranza in lunghe discussioni sul fatto che se decidiamo di portare via una scuola dal centro storico dobbiamo mantenere la destinazione d'uso. Questo significa dire, pensare e scrivere che quel sindaco non sarà capace di darle una destinazione d'uso in linea con gli intendimenti e le volontà dei propri cittadini. Con questa norma voi certificate l'assoluta distanza rispetto al sindaco. È come se voi scriveste che dato che il sindaco di uno di quei comuni è un incapace allora glielo diciamo noi che deve mantenere la destinazione d'uso. Non è una cosa di poco conto: è un approccio culturale completamente sbagliato e non è solo una mancanza di rispetto. È non avere una visione, è non capire che, in realtà, il problema si ribalta completamente: è il sindaco che risponde tutti i giorni alla propria collettività, è il sindaco che risponderà alla comunità. Forse noi qui non rispondiamo ai nostri cittadini perché siamo stati inseriti in liste bloccate o, peggio, siamo figli di una piattaforma. Qui noi non rispondiamo ai cittadini e non lì il sindaco.

E, allora, noi che cosa abbiamo chiesto nei nostri emendamenti, che sono stati in larga parte cassati? Abbiamo chiesto più potere al commissario, abbiamo chiesto più poteri ai sindaci, abbiamo chiesto una cosa che vi chiedono tutti, cioè di mettere da parte le centrali uniche di appalto, una follia del codice degli appalti che teneva bloccati gli appalti pubblici dei piccoli e dei medi comuni prima del sisma e che adesso rischia di creare un tappo devastante rispetto a quelle che sono le opere pubbliche a cui questi comuni sono chiamati, perché se prima un comune di 1.000/1.500 abitanti faceva un appalto l'anno, adesso se parte e se arrivano i finanziamenti per la ricostruzione pubblica ne deve fare sei, sette, otto, dieci e non ha la materiale capacità di reperire questa stazione unica appaltante. Ve l'hanno detto tutti, però su questo non c'è fiducia, non c'è coraggio, non c'è competenza, non c'è conoscenza.

Così come abbiamo chiesto di favorire in maniera marcata le ditte locali, perché anche questa può essere un'occasione per rilanciare l'economia nei nostri centri. Dopo il sisma sono arrivati e continuano ad arrivare, anche per il contributo di autonoma sistemazione, dei segnali di assistenza che sono belli e importanti, segnali anche di solidarietà, ma noi abbiamo bisogno di dare segnali di vitalità, noi abbiamo bisogno di vedere cantieri nei nostri comuni, noi abbiamo bisogno di vedere opere pubbliche nei nostri comuni.

E per fare questo dobbiamo snellire, dobbiamo levare la stazione unica appaltante, dobbiamo favorire le ditte locali, permettere alla gente di tornare al lavoro e, con un altro emendamento importante che vi abbiamo chiesto è favorire l'assunzione da parte delle ditte locali, perché se noi contemporaneamente velocizziamo la ricostruzione e favoriamo le ditte locali, e alle ditte locali diciamo che, se assumono, gli togliamo uno o qualcuno di quei tanti balzelli che affliggono le nostre ditte di artigiani e commercianti, noi il cerchio lo abbiamo chiuso in maniera molto semplice. Non penso che sia così complicato, è complicato perché noi continuiamo a pensare di modificare un piano normativo. E non pensano che sia così complicato i sindaci e tutti quelli che noi abbiamo audito della più differente appartenenza politica. Abbiamo chiesto per l'ottava volta, anzi, per la nona volta una moratoria decennale per il taglio ai servizi; abbiamo chiesto di dare pace a quei comuni rispetto ai tagli sistematici della spending review; è una follia, che, devo dire, ha abbracciato un po' tutti i Governi, che ripetutamente sui nostri territori fa sì che chiudano uffici, servizi pubblici, scuole, tribunali, reparti di ospedali. Se davvero vogliamo ricostruire, se davvero pensiamo che in questi prossimi anni queste comunità giocano la partita più importante, dobbiamo dargli una moratoria rispetto a questo; è la nona volta che io intervengo su questo e non lo fate. Così come abbiamo preparato un pacchetto, nel quale entreremo sicuramente nel merito nella discussione degli emendamenti, con norme contro lo spopolamento, e abbiamo ovviamente perorato, cosa che credo che chi mi ha preceduto abbia detto, anche se pure lo ha detto con una certa sfumatura e non con l'enfasi con cui lo dico io, ma perché rappresentante di Governo, che sulla zona franca urbana dovremmo dare delle risposte, sulle zone economiche speciali avremmo dovuto dare delle risposte.

Ma c'è un aspetto più di tutti sul quale ci siamo confrontati e, devo dire, sono rimasto profondamente deluso, ma non mi arrendo, e cioè quello della conformità urbanistica. Noi abbiamo tutto bloccato perché non abbiamo la capacità di capire che la conformità urbanistica è una richiesta che noi dobbiamo mettere da parte, semplicemente per un motivo: perché noi andiamo a ricostruire centri storici dove in certi casi è impossibile da avere la conformità urbanistica. L'ho spiegato in Commissione: guardate che, se un terremoto colpisse Roma e noi dovessimo ricostruire o comunque fare una manutenzione alla cupola di San Pietro, non ci sarebbe nessuno che potrebbe rilasciare la conformità urbanistica, perché con lo strumento urbanistico di Roma la cupola di San Pietro non è conforme, non è difficile. E guardate che questo fa la differenza fra l'alba e il tramonto di cui parlavo all'inizio.

Se noi in questi due giorni avessimo la capacità di ragionare serenamente e seriamente, partendo dal presupposto che quei comuni sono rappresentati da gente seria come i sindaci, che non c'è un popolo di abusivi per definizione, se noi mettiamo da parte la norma sulla conformità urbanistica e ci facciamo bastare che il tecnico ci giura la conformità tra quello che viene realizzato e quello che c'era prima, noi la ricostruzione l'abbiamo fatta partire. Anche tanti discorsi di natura economica verrebbero meno, perché noi avremmo immediatamente che quel 5 per cento diventa il 30, il 35, il 40. La macchina si rimette in moto, la gente cammina di nuovo nei centri storici, la gente rientra nei bar, le persone vanno sul posto a vedere lo stato di avanzamento dei lavori. Questa è una partita centrale, sulla quale il sottoscritto e Fratelli d'Italia vi terrà impegnati nella speranza di un vostro ravvedimento.

Ma nel decreto, poi, alla fine c'è stato un colpo a sorpresa, che è l'emendamento Braga, sul quale comunque due parole le dobbiamo dire, perché, mentre noi siamo impegnati a richiamare l'attenzione su questo tipo di problematica, il derby 5 Stelle-PD va in pareggio sull'emendamento con il quale si tentava di riportare indietro la governance della ricostruzione, perché inizialmente il commissario lavorava insieme ai presidenti di regione, poi sono arrivati i 5 Stelle e hanno messo da parte i quattro presidenti di regione del PD e hanno detto “ci pensiamo soltanto noi”. L'emendamento che doveva risolvere questo derby è stato accantonato per tutta la settimana e poi, alla fine, non è stato accolto; ma ne è stato accolto un altro con il quale, a sorpresa, il Partito Democratico riesce a portare a casa il controllo della ricostruzione, e cioè un emendamento con il quale passa a “Casa Italia”, sostanzialmente, l'attività della ricostruzione. Non entro nel merito della questione di carattere politico, perché di per sé si commenta da sola; entro nel merito dell'approccio, che non mi piace, che contesto e che vi contesterò fino all'ultimo ordine del giorno, del fatto che, mentre noi ragioniamo di semplificazione, voi duplicate gli strumenti. Non solo oggi noi avevamo un commissario a mezzo servizio, un sottosegretario che non sappiamo se si occupa della ricostruzione e un Presidente del Consiglio che va in giro soltanto a dire che è tutto a posto e va tutto bene ad ogni scadenza elettorale. Adesso ci mettiamo pure “Casa Italia”. Non bastano i livelli, ci mettiamo “Casa Italia”, ce la mettiamo insieme ai presidenti di regione, così abbiamo l'ulteriore duplicazione: da una parte una forza politica, come la nostra, che vi chiede ormai da due anni semplificazione e dall'altra il vizio antico del Partito Democratico, comunque, di riempire le caselle ad ogni occasione possibile.

Come considerazione di carattere finale permettetemi di dirvi che il terremoto, questo terremoto e questa storia, se ci pensate bene, è un po' lo specchio dell'Italia. Noi siamo sistematicamente colpiti da emergenze, anche in queste ultime ore, e ad ogni calamità ci scopriamo fragili, ci rendiamo conto che viviamo all'interno di un Paese decadente. Anche le immagini del ponte di ieri non ci danno solo un effetto di paura legato a quell'evento e a chi passava lì. Abbiamo paura noi quando vediamo quelle cose lì, perché sappiamo che il nostro Paese non ha la capacità di risposta, non ha la capacità di mettere in campo la competenza, la conoscenza e il coraggio che in questa situazione, come in tutte le altre situazioni nelle quali siamo incartati come nazione, manca. E allora noi cercheremo in questi giorni che ci separano dal voto finale di aggiungerla un po' di competenza attraverso il linguaggio dei sindaci; anzi, mi dispiace che ci siano pochi deputati, ma per davvero fate una telefonata a uno dei sindaci coinvolti nel sisma e fatevi dire qual è la strada principale per raggiungere i loro problemi e cercare in qualche modo di interpretarli.

Faccio un appello a tutti coloro che sono nascosti nei social, faccio un appello a tutti coloro che sono nascosti dentro le stanze della burocrazia. Devo dire che ho trovato anche un po' indegno a molte domande che abbiamo fatto noi sentirci rispondere che al MiBACT, che al MiSE, o altro, ogni volta che abbiamo alzato il telefono, ci siamo trovati di fronte un burocrate capriccioso. Restituiamo forza alla politica, diciamoglielo noi quello che devono fare ai burocrati che sono asserragliati nel palazzo; non andiamo noi a chiuderci nel palazzo, come, invece, anche in questo decreto ho visto fare. Noi speravamo - l'ho cominciato così - che questa fosse l'alba della ricostruzione; somiglia sempre di più ad un tramonto. Noi non ci rassegniamo, noi faremo in modo che torni la luce sui nostri territori, ma, comunque, se tramonto dovrà essere perché non ci sarà disponibilità alcuna da parte della maggioranza, vi preannuncio che da Fratelli d'Italia il giorno sarà molto, molto lungo, perché noi su questa ricostruzione, su questo modello della ricostruzione, non ci rassegneremo mai (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14.

La seduta, sospesa alle 12,55, è ripresa alle 14.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Daga e Villarosa sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2211-A.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 2211-A)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Muroni. Ne ha facoltà.

ROSSELLA MURONI (LEU). Presidente, mi consenta di utilizzare questa occasione per ricordare che due giorni fa, sabato 23 novembre, ricorreva un anniversario importante e drammatico per il nostro Paese: 39 anni dal terremoto dell'Irpinia. Possiamo dire che 39 anni fa tutto è iniziato, in quel maledetto sabato 23 novembre, alle 19,32 della sera: l'Italia tremò in un punto particolarmente fragile del nostro Paese, appunto in Irpinia, e da allora questo Paese si dibatte tra emergenze rimandate; 39 anni fa iniziò anche, soprattutto in quel territorio, un connubio credo drammatico per il nostro Paese, tra l'incapacità della politica di dare risposte e lo sfruttamento dell'emergenza da parte di quelle che Legambiente ha chiamato le ecomafie, l'interesse della camorra sugli appalti e sulle ricostruzioni seguiti agli eventi sismici di quell'area.

Gli eventi sismici, infatti, che hanno martoriato il nostro Paese dicono che il tema della prevenzione, di una ricostruzione, così come quello dell'edilizia antisismica e del rilancio delle aree colpite da eventi sismici - ma questo, Presidente, vale anche per le esondazioni, e più in generale per il dissesto idrogeologico aggravato dai cambiamenti climatici - non sono temi questi che possiamo continuare a far scandire dagli eventi e con misure che hanno sempre un tratto di emergenzialità. Questi non sono eventi a sé stanti, ma segnalano una condizione di qualità degli immobili e di insostenibilità del territorio basate sullo sfruttamento, che devono vedere un'impostazione strategica e non attendere di volta in volta l'appalesarsi di gravi calamità.

Non è certo con la decretazione d'urgenza che si può affrontare la questione della qualità del ricostruito nelle zone terremotate, e anche in quelle non terremotate. Il tema della prevenzione non può essere più rimandato, e pertanto dovrebbe segnare, deve segnare in maniera sistematica, direi anche ossessiva, il centro dell'agenda politica del nostro Paese. I dati generali indicano infatti che il 46 per cento dell'intero territorio nazionale ricade in aree ad elevata pericolosità sismica, in cui sono presenti 6 milioni di edifici e abitano più di 22 milioni di persone. Limitare i danni in caso di terremoti è necessario, attuando azioni che mirino a realizzare una serie di azioni finalizzate a ridurre il rischio, a partire da interventi sul patrimonio edilizio esistente che risulta vecchio, vulnerabile e costruito in gran parte in assenza di specifiche norme sismiche, attuando programmi di adeguamento, miglioramento e rafforzamento degli edifici, al fine di renderli maggiormente resistenti in occasione del terremoto, per salvare vite umane, non tanto i mattoni. Così come si deve lavorare per una prevenzione che parta al momento della realizzazione di nuove costruzioni, ponendosi la domanda se siano davvero necessarie innanzi tutto, e procedendo ad ulteriore consumo di suolo, che ha effetti - come denunciato anche recentemente dall'ISPRA - sui cambiamenti climatici.

Nel caso si intendesse procedere a nuove costruzioni, e anche nei casi di adeguamento antisismico, si deve valutare con attenzione la pericolosità sismica del sito sul quale si costruisce il fabbricato, verificando se quel sito è soggetto a frane, subsidenza, sprofondamento ed amplificazione sismica.

Con il decreto-legge oggi in discussione non si affrontano questi temi, e non poteva che essere così. Vi è la necessità di intervenire per portare a conclusione degli interventi nelle zone terremotate; vi è la necessità di ampliare il decreto-legge anche a territori che più recentemente hanno visto eventi sismici; vi è la necessità di dare certezza ai comuni nell'utilizzare professionalità e procedere nella proroga di contratti o nello stabilizzare i dipendenti pubblici.

Anche questa volta, però, abbiamo visto emendamenti che rilanciano, sotto la spinta dell'emergenza o mascherati da questa, interventi in deroga, se non vere e proprie sanatorie. Ecco, io sono particolarmente soddisfatta del fatto che poi tanti di questi emendamenti siano stati respinti: quindi, insomma, si è tenuto invece saldo il principio per cui quello che si doveva affrontare era l'emergenza in atto.

E sono davvero diverse le cose positive presenti in questo decreto-legge: l'emendamento che proroga fino all'anno scolastico 2021-2022, per le scuole interessate dal terremoto del Centro Italia e per Ischia, sia la deroga al numero minimo e massimo di alunni per classe per ogni grado di scuola, sia la possibilità di istituire ulteriori posti di personale docente, nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, garantendo la continuità didattica. I mutui saranno sospesi per i cittadini e per i comuni colpiti dal sisma, saranno esentati dall'IMU tutti gli immobili danneggiati. Sono stati previsti ulteriori finanziamenti per le imprese, così come la norma per consentire ai comuni di avvalersi delle società in house per l'assistenza tecnica.

Utile anche l'istituzione di una cabina di regia ad hoc per le aree terremotate presso la Presidenza del Consiglio dei ministri: la cabina di regia avrà lo scopo di realizzare interventi finalizzati ad attività di ricerca, innovazione tecnologica ed alta formazione; interventi di adeguamento, riqualificazione, sviluppo delle aree di localizzazione produttiva, nonché per sviluppare programmi turistici e culturali anche per il cratere del Centro Italia. Tutti interventi della cabina di regia che saranno finanziati dagli stanziamenti annuali di bilancio previsti per la ricostruzione del Centro Italia nella misura massima del 4 per cento, uno dei punti nodali di questo provvedimento.

Vorrei sottolineare che la Commissione ambiente ha approvato all'unanimità l'emendamento del Governo per allargare ai beni artistici di Venezia il meccanismo dell'Art bonus. Via libera anche da tutte le altre forze politiche all'estensione della misura anche a Matera. L'emendamento offre la possibilità anche ai beni culturali di proprietà della Chiesa cattolica e di altre religioni presenti nella città di Venezia e Matera, come già per le chiese del cratere del sisma 2016, di usufruire del credito d'imposta del 65 per cento per le erogazioni liberali effettuate per i lavori di recupero e di restauro.

Un decreto-legge che ha visto quindi profonde modifiche nell'iter in Commissione, in particolare estensive degli interventi già presenti nel decreto-legge licenziato dal Consiglio dei ministri. In questo le relatrici hanno ottemperato all'impegno, preso in avvio dell'iter, e di questo lavoro davvero le ringrazio: è stato un lavoro complicato, complesso, fatto in grande velocità.

Vorrei ora ritornare sul fatto che la macchina della ricostruzione cammina troppo lentamente in questo Paese, qualsiasi sia l'evento che si trova ad affrontare: procede a singhiozzi, e soprattutto c'è ancora troppa confusione. Per questo è davvero necessaria una norma quadro, una legislazione ad hoc, che dia finalmente una soluzione definitiva a questi problemi. In questi tre anni si sono succeduti ben quattro Governi, numerosi e spesso contraddittori interventi normativi, tutti giustificati con l'obiettivo di accelerare la ricostruzione: evidentemente non raggiunto, visto che stiamo per approvare l'ennesimo decreto-legge sul terremoto.

Proprio per questo vorrei ricordare alcuni passaggi dell'intervento del dottor Angelo Borrelli in audizione, che riguardano le misure di assistenza alla popolazione e le attività relative alla messa in sicurezza degli edifici colpiti dagli eventi sismici. Infatti, ad oggi sono ancora in corso interventi di opere provvisionali, derivanti soprattutto dalla necessità di liberare strade ed accessi per rendere fruibili edifici agibili o in fase di ricostruzione. Sono stati interessati - è bene ricordarlo - dal sisma complessivamente 4 regioni, 10 province, 138 comuni e circa 8 mila chilometri quadrati di territorio, per cui davvero ci troviamo di fronte a un evento straordinario e straordinariamente drammatico.

Per la gestione dell'emergenza sono state impegnate sul campo le diverse componenti e strutture operative del servizio nazionale della Protezione civile, e anche qui ho iniziato raccontando la vicenda dell'Irpinia: se un dato positivo ha visto quella triste pagina della nostra storia 39 anni fa, l'unico dato positivo appunto è stata proprio la creazione di un moderno sistema di protezione civile, che nel caso del sisma del Centro Italia ha visto l'impiego massimo di 6.900 operatori, e si sono avvicendati complessivamente oltre 30 mila volontari, appartenenti a 40 diverse organizzazioni di volontariato nazionali. A questi si aggiunge l'impegno del volontariato regionale e locale dei territori colpiti. L'impiego massimo dei volontari delle organizzazioni di volontariato nazionali sui territori colpiti dagli eventi sismici è stato raggiunto nella settimana successiva al sisma del 30 ottobre 2016, con circa 1.350 volontari. A questi volontari va il mio plauso personale e quello del gruppo di Liberi e Uguali, ma io credo davvero di tutte le forze politiche.

Per le verifiche di agibilità degli edifici e la rilevazione dei danni alle strutture ed alle infrastrutture pubbliche e private sono stati effettuati un totale di 219.061 sopralluoghi, di cui circa 200 mila nei primi 13 mesi, per una media di 500 schede di agibilità al giorno, che hanno rilevato situazioni di inagibilità per circa il 57 per cento delle verifiche effettuate.

Si è trattato di un impegno eccezionale, senza precedenti per numero di verifiche effettuate che ha visto coinvolte le professioni tecniche. Ritengo che oggi non siano più accettabili i tempi registrati per l'effettuazione di tali operazioni, ma è bene dare e ricordare i numeri in quest'Aula, perché davvero questo è un evento senza precedenti. Per quanto riguarda le forme di assistenza alla popolazione, specialmente all'indomani del terremoto del 30 ottobre 2016, il numero delle persone che non hanno potuto far rientro nella propria casa è aumentato in modo considerevole: si è passati dai 4.800 assistiti di inizio settembre a più di 30 mila persone assistite nelle prime settimane di novembre. In conseguenza degli eventi del 26 e 30 ottobre è stato raggiunto il picco massimo di persone assistite nelle strutture alberghiere, pari a 12.300 unità. Al contempo, molti cittadini hanno manifestato l'esigenza di non allontanarsi dal proprio territorio, e, visto l'allora approssimarsi dell'inverno e l'inadeguatezza dei campi attendati, è stato deciso di allestire aree di accoglienza container che contemplasse alloggi, aree sociali, in alcuni casi uffici, scuole e mense. Questo decreto, che condividiamo, ma al cui miglioramento vogliamo ancora partecipare, perché ci sembra ancora troppo composto solo da proroghe, deroghe e stanziamento di fondi, continua purtroppo - ma ho detto, non è con la decretazione d'urgenza che si può fare - a non affrontare il punto più importante, che è quello di dare un segnale politico forte, che dia un'idea di futuro per quelle aree interne, accompagnato da un progetto di sviluppo di economia locale che sappia coniugare le tante risorse naturali e culturali con la necessaria innovazione per rendere quelle terre attrattive per le popolazioni, in particolare per i giovani, offrendo loro opportunità di rilancio, di lavoro e di studio. E anche a questo si è provato a dare in realtà risposta, seppur con un decreto d'urgenza, proprio prevedendo sostegno alle imprese.

È giocoforza un provvedimento dell'oggi, anzi dello ieri, ma non del domani, del futuro. Come Liberi e Uguali avevamo proposto, a mia prima firma e a firma del collega Stumpo, una serie di emendamenti che avevano l'obiettivo di contribuire a migliorare, in modo da dare finalmente un segnale di cambiamento politico e non solo burocratico, fornendo un quadro normativo chiaro e certo affinché sia l'ultimo e non l'ennesimo emanato sull'onda di una tragedia, perché dopo oltre tre anni dal sisma non si può continuare con lo stato di emergenza. La ricostruzione e il rilancio del territorio devono vedere una fase ordinaria, fatta di pianificazione e programmazione. Prioritario deve essere il rilancio e lo sviluppo economico e occupazionale delle aree colpite dai terremoti, partendo dall'Appennino. Se lasciamo il tutto nelle mani della burocrazia senza una spinta ideale e una visione di futuro, è probabile che le case, sì, saranno nuovamente in piedi, ma nella desertificazione sociale ed economica. Per questo abbiamo presentato un emendamento che ha lo scopo di promuovere e incentivare, come ho detto prima, l'iniziativa economica e imprenditoriale giovanile in queste aree, che hanno imboccato drammaticamente la via dello spopolamento. Come denunciato più volte dai sindaci, dalle comunità e dalle tante associazioni di volontariato che hanno prestato soccorso alle popolazioni, se non facciamo questo il risultato sarà solo quello di un ulteriore, irreversibile e definitivo spopolamento. Per questo ritengo che la priorità è riuscire a dare un impulso alle economie locali; e continuo a ritenere che la ricostruzione debba essere un'occasione, l'unica, per un nuovo sviluppo di queste aree devastate dai terremoti. Se riusciamo in questo intento - e questo decreto sicuramente è un primo passo - possiamo dare al Lazio, all'Abruzzo, all'Umbria, alle Marche e a tutti gli altri territori colpiti da questi eventi drammatici la possibilità non solo di tenere insieme una ricostruzione di qualità, che legga le trasformazioni avvenute (ambientali, demografiche, tecnologiche, dei bisogni), con delle politiche di sviluppo mirate e volte a favorire nuovi modelli produttivi e di impresa basati su sostenibilità, innovazione, conoscenze, in un rapporto positivo con il territorio, la propria storia, cultura, tradizione. Per rilanciare questi territori non basta fare l'ennesima proroga all'emergenza, come non serve, anzi è dannoso, continuare a pensare che serva a snellire le procedure edilizie, urbanistiche, rendendo inefficaci talvolta la tutela paesaggistica e ambientale e chiudendo in questo modo un occhio se non tutti e due su sanatorie e condoni. Invece dobbiamo, come legislatori, puntare e scommettere sul turismo sostenibile, sulle produzioni agricole e agroalimentari tipiche, biologiche e di qualità, sul commercio, l'artigianato, sulle bellezze paesaggistiche di quest'area, sulla presenza dei parchi nazionali e delle aree protette, sulla valorizzazione dei tanti beni culturali come volano di una ripresa economica e sociale.

Questa scommessa, però, la si può vincere solo con una visione unitaria e lungimirante per il futuro di tutto il territorio. E devo dire che, anche se si tratta di un decreto emergenziale, la maggioranza ha provato a esercitare fino in fondo questo compito, a mettere in campo questa visione. La frammentazione invece vista finora, oltre a essere inefficace produce sprechi di risorse pubbliche. L'estensione dei progetti e la realizzazione dei fondi deve avvenire attraverso un progetto unitario, che mette in relazione le diverse realtà territoriali, perché se non realizziamo questo, anche questo decreto-legge rischia di essere l'ennesimo decreto che affronta l'emergenza. Noi avevamo presentato emendamenti che avevano l'obiettivo di indirizzare, coordinare le risorse dei fondi strutturali con quelle per la ricostruzione e quelle ordinarie. Bisogna evitare una generica frenesia nel velocizzare la ricostruzione, che rischia nei fatti di annullare le tutele paesaggistiche e ambientali attraverso inopportuni interventi di modifiche edilizie ed urbanistiche come denunciato dalle associazioni WWF e Legambiente.

Cosa lega due eventi drammatici che solo apparentemente possono sembrare distinti, gli eventi sismici e gli eventi che stiamo di nuovo conoscendo in questi giorni, con quello che viene chiamato maltempo e che, invece, si chiama, in realtà, emergenza climatica e vede gran parte del nostro Paese sott'acqua? Non sono poi così distanti tra di loro, perché gli eventi sismici come il dissesto idrogeologico raccontano la fragilità del nostro territorio, la fragilità di fronte alle alluvioni, alle inondazioni, in cui vengono colpiti i territori marginali ma anche le città. È una cifra con cui il nostro Paese deve imparare a fare i conti, a costruire il proprio futuro. I terremoti sono eventi naturali catastrofici e imprevedibili, mentre il dissesto idrogeologico, le alluvioni, le frane, le inondazioni sono aggravate dai cambiamenti climatici in atto e sono frutto di scelte umane dissennate, ma tutti e due questi eventi hanno un solo filo conduttore: l'assenza di una politica che non sa dare risposte adeguate a quei cittadini vulnerabili o in difficoltà. Questo noi non vogliamo più consentirlo, penso che è proprio su questo che noi dobbiamo cambiare passo e dare anche un senso di futuro e un senso di necessità urgente a questa maggioranza. Affinché la ricostruzione non sia l'ennesima occasione mancata delle zone colpite dai sismi, deve essere partecipata, sicura, rigorosa e di qualità, ed è per questo fondamentale coinvolgere i sindaci, le comunità locali. Lo abbiamo fatto con tante audizioni, e devo dire che le relatrici davvero sono state scrupolose - al contrario di quanto si diceva poc'anzi in quest'Aula - nel sentire le comunità locali. Peraltro, è un provvedimento che è stato curato da colleghe che sono del territorio, quindi sanno benissimo quali sono le esigenze e i bisogni.

Per fare questo serve appunto una ricostruzione di qualità, rispettosa dell'ambiente, del territorio e del lavoro, che coniughi un'idea di futuro - l'ho già detto fondato - sulla costruzione di una comunità. Occorre tener conto delle specificità e delle peculiarità che caratterizzano i territori, bisogna saper valorizzare le vocazioni tradizionali, e al contempo offrire ai giovani nuove opportunità. Dobbiamo convincerli che vale davvero la pena investire il proprio futuro nel rimanere laddove sono nati. E i fatti dimostrano che solo le cose fatte bene, con la collaborazione di tutti, nel rispetto della legalità e della trasparenza, garantiscono tempi di realizzazione certi, qualità del lavoro e delle opere. Mi piacerebbe vedere questo senso di responsabilità e di comprensione rispetto alla situazione nelle critiche, assolutamente legittime, alcune anche condivisibili, fatte dalle opposizioni. Non siamo noi a strumentalizzare dal punto di vista elettorale questo accadimento, anzi mi sembra esattamente il contrario. È del tutto evidente, inoltre, che le imprese e l'economia circolare non possono essere tenute ai margini o perfino bloccate. Lo ripeto, questo è un dramma, ma nel dramma noi abbiamo l'occasione di dare fiato, di dare gambe alla nostra economia migliore, per questo dobbiamo utilizzare i progressi tecnologici in campo ambientale, per mettere in campo una vera e propria economia circolare, della sostenibilità, in cui le potenzialità vengono continuamente mortificate, invece.

Per realizzare tutto questo ci sono solo due strade. La prima, iniziando dai territori e dalle comunità che hanno vissuto il dramma dei terremoti che la politica avvii finalmente una ricostruzione che deve essere partecipata sicura, rigorosa e di qualità.

Solo così potrà essere volano di un nuovo e più avanzato sviluppo di queste aree interne, così strategiche e così anche fragili per il nostro Paese. In parole povere, una vera e propria rigenerazione urbana, ma anche sociale, economica e di comunità. Per fare questo, come abbiamo sempre sostenuto, non servono sanatorie o solo sburocratizzazioni e fondi stanziati o proroghe infinite. La soluzione al problema delle difformità edilizie che stanno frenando la ricostruzione non può essere quella di riaprire, ogni volta che succede un terremoto, i termini dei condoni edilizi. Così non si fa un buon servizio al Paese e si crea l'ennesimo pericoloso precedente. Lo dico perché questo è uno dei punti su cui le opposizioni hanno più a lungo insistito. Su questa questione bisogna finalmente introdurre, invece, una norma che parta dal rispetto di tutte le norme urbanistiche e di sicurezza vigenti, dalla qualità e dal monitoraggio del patrimonio edilizio e al tempo stesso risolva definitivamente la questione delle domande di condono ancora inevase e giacenti da decenni nei cassetti dei comuni. Su questo, Liberi e Uguali presenterà di nuovo emendamenti in Aula, sperando che questa volta vengano ritenuti ammissibili (ci sfugge, in realtà, come possano essere stati ritenuti inammissibili, se si parla di qualità del ricostruito e del patrimonio abitativo).

Poi, come seconda cosa, sarebbe importante avviare interventi antisismici di riduzione del rischio idrogeologico e introdurre il fascicolo di fabbricato per tutti gli edifici privati ammessi ai contributi pubblici per la ricostruzione; altrettanto fondamentale alla creazione di una banca dati nazionale sullo stato del territorio, degli interventi antisismici, di riduzione del rischio idrogeologico e delle opere e dei manufatti realizzati. Noi dobbiamo conoscere profondamente le caratteristiche del territorio che abbiamo l'ambizione di governare, altrimenti saremo inefficaci nel mettere in campo le politiche.

Ecco, questi elementi andrebbero messi a disposizione anche del Parlamento, affinché si possa valutare l'efficacia delle misure adottate, e qui arriviamo a un punto, che è stato anche fortemente criticato dalle opposizioni; veramente non sono riuscita a capire, né qui in Aula, né in Commissione, qual è il punto dello scandalo. Io invece ritengo una buona notizia, anzi un'ottima notizia, il ruolo assegnato in questo provvedimento a “Casa Italia”, che si occupa proprio di qualità del patrimonio abitativo: è un atto di grande responsabilità che noi facciamo collegando strumenti diversi. Ringrazio la collega Braga, che ha presentato questo emendamento, che, come gruppi di maggioranza, abbiamo sottoscritto, ma l'ha sottoscritto anche il presidente della Commissione, l'onorevole Benvenuto, perché è evidente che se si vuole guardare al futuro, dobbiamo evitare che - nessuno se lo augura, ovviamente - in occasioni future si abbia la stessa fragilità nella conoscenza della situazione e, contemporaneamente, la fragilità proprio del patrimonio abitativo, che contraddistingue questo Paese.

Tutto questo discorso è stato tradotto in emendamenti che il gruppo di Liberi e Uguali ha presentato in Commissione e che, come ho detto, ripresenteremo in Aula perché, davvero, quando si parla di fascicolo di fabbricato e di carta d'identità del territorio, io non riesco a immaginare un decreto, un provvedimento più opportuno, se non questo, per porre almeno questi due paletti che guardino al futuro e non solo all'emergenza dell'oggi.

Pur nella drammaticità, la ricostruzione deve essere, come ho detto, l'occasione per non ripetere gli errori del passato e per far diventare le aree colpite da questi disastri naturali o quelle aggravate dai cambiamenti climatici un esempio virtuoso di riprogettazione degli spazi, del rapporto tra costruito e ambiente, di sostenibilità ed innovazione, avendo una visione unitaria e lungimirante per il futuro dei territori del nostro Paese e, in particolare, dell'area appenninica, che già conosceva un fenomeno importante e drammatico di spopolamento; il terremoto - è bene ricordarlo sempre - ha accelerato questo fenomeno.

Ritengo oramai improrogabile - per affrontare le conseguenze del ripetersi delle drammatiche catastrofi derivanti dai terremoti e aggravate dal tema dei cambiamenti climatici che, con frane, alluvioni ed esondazioni, rendono sempre di più debole il nostro territorio - mettere in campo provvedimenti strutturali, affinché si evitino ulteriori decreti emergenziali, utili solo a rispondere all'oggi ma non al domani; quindi, la realizzazione di interventi antisismici e idrogeologici, la lotta al consumo del suolo e all'abusivismo edilizio, l'istituzione della carta d'identità dei territori, l'istituzione del fascicolo del fabbricato, la chiusura definitiva delle domande di sanatoria inevase; un piano di rigenerazione urbana e sociale delle aree colpite, un piano che permetta non solo di fermare, ma invertire la tendenza dello spopolamento dei territori, attraverso investimenti che permettano il rilancio dell'imprenditoria, dell'agricoltura biologica e di qualità, dell'occupazione, con particolare riferimento a quella giovanile, della riqualificazione energetica dell'edilizia, dell'implementazione di trasporti sostenibili, nonché una sostenibile raccolta e riciclo dei rifiuti. Questo lo dico perché sono temi che noi affronteremo anche nei provvedimenti che arriveranno nella legge di bilancio. Ecco, proviamo ad esercitare una visione lunga, che attraversi i provvedimenti e che ci guidi anche rispetto alle scelte che faremo tutti insieme come maggioranza.

A proposito di questo, più tardi discuteremo una mozione sull'emergenza climatica: ripeto, spero che nessuno più in quest'Aula metta in discussione il fatto che l'emergenza climatica è un dato di fatto, che è un'emergenza da affrontare immediatamente e che la fragilità del territorio rende ancora più drammatici eventi naturali come quelli sismici (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Eramo. Ne ha facoltà.

LUIGI D'ERAMO (LEGA). Grazie, signor Presidente. Signor rappresentante del Governo, colleghi deputati, il decreto-legge in esame è stato emanato a ridosso delle elezioni dell'Umbria, in piena campagna elettorale. Il testo si presenta povero ed insufficiente e probabilmente poco studiato per la fretta di doverlo approvare nel Consiglio dei ministri prima delle elezioni umbre. Lo stesso non risponde affatto alle numerose richieste avanzate dalle comunità locali e dalle categorie del settore coinvolte nelle procedure amministrative per la realizzazione degli interventi di ricostruzione post sisma del terremoto del centro Italia, che ha coinvolto le regioni del Lazio, delle Marche, dell'Abruzzo e dell'Umbria, a decorrere dal 24 agosto 2016.

Il numero elevato di circa 1000 emendamenti presentati in Commissione, di cui circa 100 presentati dal gruppo della Lega, dimostrano l'insufficienza del testo approvato dal Governo e la grande attesa della popolazione interessata per risolvere i numerosi problemi ancora in corso, e nonostante il titolo ampio che fa riferimento ad eventi sismici, il decreto si limita a disposizioni che interessano i territori colpiti dal terremoto del centro Italia. Durante l'ultimo Ufficio di presidenza della Commissione, prima dell'inizio dei lavori, la Lega ha fatto presente la necessità di estendere le disposizioni del provvedimento anche ad altri eventi sismici, in particolare a quelli che hanno interessato l'Emilia, in parte la Lombardia e il Veneto nel maggio del 2012, e quelli che hanno colpito l'Abruzzo nel 2009. Territori, questi, ancora, che necessitano di semplificazioni, di proroga dello stato di emergenza e ulteriori provvidenze per ultimare la ricostruzione. Grazie alla Lega, quindi, è stato raggiunto un accordo tra i gruppi politici per estendere il contenuto del decreto anche ad altri eventi sismici.

È di tutta evidenza che il nostro approccio rispetto a questo decreto è di apertura, di ragionamento, perché, come è stato sottolineato poc'anzi anche negli interventi di alcuni colleghi che si sono succeduti prima di me, sulla questione del terremoto, sulla tragedia, sull'evento, sulla ricostruzione, non si può evidentemente portare avanti una battaglia politica, bisogna avere la capacità, l'intelligenza di ragionare, confrontarsi, trovare o tentare di trovare delle sintesi che poi possano portare beneficio diretto alle popolazioni che vivono i territori colpiti dal sisma. Ve lo dice uno che da dieci anni vive in una condizione di terremoto.

Dal 2009, il processo della ricostruzione per L'Aquila e per i 40 comuni del cratere è partito da diverso tempo, sono stati fatti dei passi avanti sicuramente importanti e che stanno tentando di ridare un aspetto di città ricostruita al capoluogo di regione, ma sono ancora tantissimi gli obiettivi che devono essere colti e, soprattutto, a distanza di dieci anni, ci sono ancora intere comunità la cui ricostruzione ancora non vede la posa della prima pietra o l'inizio di un processo che possa far ben sperare. Questo, lo sottolineo, non tanto per ricordare ancora una volta a quest'Aula qual è la condizione che vive il capoluogo di regione abruzzese, ma lo sottolineo per tentare di dimostrare una tesi che abbiamo speso durante tutti i lavori della Commissione, nei giorni scorsi, e per far comprendere, per ricordare ancora una volta e sottolineare ancora una volta che c'è la necessità urgente di portare avanti un'azione che sburocratizzi tutta una serie di procedure per evitare che regioni come il Lazio, le Marche e l'Umbria possano vivere o continuare a vivere ciò che l'Abruzzo ha già vissuto in questi dieci anni.

Vero è che ogni qualvolta abbiamo portato avanti le audizioni, abbiamo ascoltato i sindaci, abbiamo ascoltato i governatori delle regioni, abbiamo ascoltato i presidenti delle associazioni, degli ordini, delle professioni, delle categorie, anche quelle dei commercianti, anche quelle degli artigiani, insomma, dopo aver ascoltato tutti i portatori sani di interesse, lì, si comprende esattamente bene che, rispetto a quel tipo di problematiche, non c'è destra e non c'è sinistra, c'è semplicemente una richiesta univoca, che parte in maniera unilaterale da tutto il mondo sociale, produttivo, economico e occupazionale di quei territori e che chiede al Governo di intervenire tempestivamente per cercare di risolvere condizioni e questioni che non sono più sostenibili e che quei territori non riescono più a sostenere, soprattutto, quei territori delle aree interne che sono stati pesantemente colpiti dal sisma e che già prima del sisma vivevano una condizione economica difficile, in un territorio difficile, poco servito, che, evidentemente, già aveva iniziato un processo di spopolamento di quei territori e che, con l'arrivo del tremendo terremoto, chiaramente, hanno aumentato e moltiplicato queste condizioni.

Ecco, per questo dico che, su questo decreto, andavano fatti due tipi di intervento, infatti, questo decreto si divide sostanzialmente in due fasi: la prima fase, quella relativa alla parte ordinamentale, e quella relativa alla parte economica. Per quanto riguarda la parte ordinamentale, rispetto a una serie di richieste - anche su quelle che non necessitavano evidentemente di una copertura economica e finanziaria - il Governo non ha voluto dare risposte; ci è stato chiesto di accelerare alcuni processi normativi, di cancellarne altri e tutto ciò finalizzato a garantire un rientro più veloce, immediato della popolazione nelle proprie abitazioni ristrutturate o totalmente ricostruite. Anche sulla parte economica, il MEF è stato molto duro rispetto a una serie di emendamenti che è stata presentata dalle opposizioni, ma anche da partiti della maggioranza che, apponendo il parere contrario, ha di fatto strozzato ogni possibilità di integrare economicamente una serie di interventi che pur doveva essere fatta.

Prima questione, quella relativa al personale: quasi tutti i presidenti di regione hanno avanzato la richiesta di un aumento del personale che potesse lavorare le pratiche della ricostruzione delle abitazioni; addirittura, il presidente della regione Abruzzo ha dimostrato, carte alla mano, che per far fronte al numero di pratiche che devono essere ancora lavorate e confrontandole con il personale che oggi hanno a disposizione gli uffici della ricostruzione, occorrerebbe un tempo medio di circa 20 anni, non per la ricostruzione, ma soltanto per studiare, approvare e concedere i contributi per realizzare o iniziare a realizzare il processo della ricostruzione.

Ecco, come si può garantire una via, una luce che possa mettere la parola fine al processo della ricostruzione a migliaia e migliaia di cittadini che, a distanza di tre anni, quattro anni, ancora non hanno la possibilità di vedere la propria pratica analizzata, studiata, approvata, il contributo concesso? Estendete, poi, questo ragionamento anche alle attività produttive che, nel frattempo, hanno dovuto trovare una nuova collocazione.

Quindi, questo tipo di impostazione che cosa sta facendo? Sta, di fatto, sviluppando zone di determinati territori che fino al terremoto erano, di fatto, a volte, anche non vissute, e ha completamente spezzato un tessuto commerciale, economico e sociale di intere comunità che, con questi tempi e con queste tempistiche, evidentemente non potranno vedere una nuova ricostruzione a brevissimo tempo.

Poi, visto che, in molte zone colpite dal terremoto del 2009, sta cambiando il volto della ricostruzione, sono terminati gli interventi milionari su alcuni importanti quartieri, su alcune importanti strutture, sui beni artistici ed architettonici e la ricostruzione si sta spostando più che altro sui piccoli centri, dove normalmente la spesa media per la ristrutturazione di una abitazione, in un piccolo centro storico, non va oltre i 500 mila euro; ecco, rispetto a questo, avevamo chiesto di poter accelerare anche la lavorazione delle pratiche con una norma specifica che desse maggiore autonomia ai tecnici nelle autodichiarazioni e, quindi, consentisse di effettuare un controllo minore rispetto ai controlli che giustamente si sono portati avanti per questioni di ricostruzione e che chiaramente vedevano cifre più importanti e più incisive nel bilancio stesso della ricostruzione. E questo servirebbe perché, come vi dicevo all'inizio del mio intervento, a distanza di dieci anni, molti dei piccoli centri abruzzesi ancora non vedono un solo mattone posato per la ricostruzione. Ci sono migliaia di persone, centinaia di persone che vivono da dieci anni all'interno dei MAP o dei progetti CASE e, quindi, abbiamo l'obbligo, attraverso una sburocratizzazione della procedura, di garantire una ricostruzione maggiore e più corrispondente a quelle che sono le esigenze della popolazione stessa.

Vi è la necessità di iniziare a ipotizzare una deroga sugli appalti pubblici, perché un'altra grande questione che sta caratterizzando negativamente ogni processo di ricostruzione è che i tempi tra la ricostruzione pubblica e quella privata sono diametralmente opposti; c'è la ricostruzione privata che tra mille difficoltà, comunque, va avanti, e la ricostruzione pubblica che, di fatto, è ferma, è ingessata e questo accade perché, attraverso le complesse procedure degli appalti, che spesso riguardano importi molto importanti, si stanno ricostruendo interi quartieri a macchia di leopardo; cioè si garantisce la ricostruzione, la partenza dei cantieri della ricostruzione privata, mentre quella pubblica è ferma e, dunque, accade che scuole, teatri, edifici che, nel caso specifico di L'Aquila che è capoluogo di regione, ospitano tutte le direzioni regionali di tutti gli enti pubblici, praticamente, siano fermi, siano vuoti e questo ha una ricaduta negativissima anche sulla ricostruzione economica, sul tessuto economico della città o delle città interessate dal sisma. Infatti, sapete meglio di me che, quando la quasi totalità degli uffici pubblici non viene ricostruita o, ancora, rispetto ad essa non parte la ricostruzione, significa che decine e decine, centinaia di persone che lavorano all'interno di quegli edifici pubblici sono state dislocate a lavorare in altre parti di quei territori e questo chiaramente castra ogni possibilità di ricostruzione economica del tessuto economico dei nostri centri storici.

Poi, non vi è una parola sulla ricostruzione economica, sociale, occupazionale. Vedete, per comprendere fino in fondo gli effetti di un terremoto bisogna viverli tutti i giorni, ogni giorno bisogna parlare con chi vive in quei territori, con i commercianti, con gli artigiani, con coloro i quali si rimboccano le maniche e cercano, ogni giorno, di portare avanti il loro lavoro e ricostruire un tessuto sociale.

Fino ad oggi, non è stato studiato un modello che potesse dare una vocazione, anche una nuova vocazione, a quei territori colpiti dal sisma e se non si farà questo noi rischiamo di ricostruire tante piccole o grandi Pompei, con palazzi belli, sicuri, completamente ristrutturati, che danno anche un volto nuovo alle nostre città e ai nostri comuni ma poi privi di vita, privi di commercio, privi della presenza degli studenti universitari. Non dimentichiamo che L'Aquila e Camerino sono città universitarie e sono state pesantemente colpite dal sisma e, quindi, anche l'economia che era garantita dall'università in questi territori, nel momento in cui non sono realizzate questo tipo di iniziative e non si prendono in considerazione una serie di modifiche che pure abbiamo richiesto, è di tutta evidenza che non potrà essere garantita nel futuro. Sono questi i temi che abbiamo sottolineato chiedendo chiaramente un confronto, chiedendo di non strozzare la discussione e abbiamo preso atto che, durante i lavori della Commissione, la maggioranza si è confrontata con noi. A volte abbiamo visioni differenti, però dovremmo avere la capacità di fare sintesi per cercare di dare risposte tempestive alle problematiche ma soprattutto alle aspettative di italiani che da troppi anni continuano a vivere in ginocchio in condizione di grandissima difficoltà a causa delle conseguenze del sisma.

Quindi - concludo, signor Presidente - in linea generale le norme introdotte dalla Commissione al testo del decreto-legge sicuramente migliorano il testo per quanto riguarda alcune semplificazioni procedurali e una serie di ulteriori proroghe di termini. Ma sapete meglio di me che la proroga di un termine non significa aver risolto il problema, significa semplicemente rimandarlo, anche se tali proroghe sono indispensabili per la ricostruzione dei territori del centro Italia e anche per la ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto dell'Abruzzo nel 2009 e dell'Emilia, della Lombardia e del Veneto nel 2012. Tuttavia notiamo una mancanza di risorse a disposizione che ha spinto il Governo e la maggioranza a trovare idee per nulla condivisibili che, contrariamente a quanto previsto dal precedente Governo, centralizzano le competenze e i palazzi governativi e inoltre creano accavallamenti con le competenze già assegnate a regioni ed enti locali e aumentano la burocrazia. Questo è un altro passaggio che preoccupa pesantemente tutti quanti noi perché è come se con il decreto replicassimo, in un giro vizioso senza mai fine, una serie di controlli a vicenda ma soprattutto dovessimo delegare anche a strutture centrali ciò che oggi è una competenza specifica degli uffici della ricostruzione che operano sul territorio dei comuni o comunque degli enti che sono stati delegati a seguire questo processo.

Il decreto ha creato attese sul territorio e anche le associazioni di categoria così come quelle professionali e tecniche, che hanno dato anche indicazioni per semplificare le procedure e abbreviare i tempi della ricostruzione, purtroppo ad oggi risultano non prese in considerazione e non ascoltate. Auspichiamo che il Governo accolga le nostre giuste richieste in Aula perché sarà nostro compito cercare di riproporre alcuni emendamenti che sono stati bocciati in Commissione ma con lo spirito di costruire e di migliorare il decreto-legge per dare risposte ai nostri cittadini, chiaramente senza alcuna forma di ostruzionismo e, come dicevo prima, con lo spirito di dare ognuno il proprio contributo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zolezzi. Ne ha facoltà.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente. Esiste purtroppo una circolarità anche negli argomenti e il decreto-legge in esame è molto importante e dà molte risposte sulla ricostruzione e sui sismi, ma c'è proprio una circolarità di argomenti. Mi risulta che, alle ore 13, sia stato chiuso il ponte di San Benedetto sul Po, che è stato danneggiato dal sisma del 2012, ma che oggi è chiuso per la piena sul Po. In questi giorni l'Italia è vittima di una serie di eventi meteorologici estremi. Questo tipo di eventi sono raddoppiati non in decenni, ma sono raddoppiati dallo scorso anno. Il cambiamento climatico è evidente. Gli effetti si vedono purtroppo nella quotidianità di tutti. Proprio in questi giorni è crollato un viadotto sull'autostrada A6, presso Altare e si è aperta una voragine sull'autostrada A21 nella zona di Savona. In queste ore c'è un'allerta rossa in Emilia Romagna per i fiumi.

In vent'anni sono stati spesi per emergenze da dissesto oltre 20 miliardi, mentre per la prevenzione ne sono stati spesi meno di 5 miliardi. Grazie al Governo Conte, nel dicembre 2018, sono state esclusi dal Patto di stabilità, dal conteggio in sede europea, gli investimenti per il contrasto al dissesto idrogeologico e ciò ha portato 11 miliardi da investire in questo settore. Con il piano Proteggi Italia, già attuato, c'è stato l'affitto di fondi direttamente alle regioni. Auspico che il disegno di legge Cantiere ambiente, da approvare in Parlamento, inizi il suo percorso per affrontare il dissesto in maniera più strutturale con una segreteria tecnica presso il Ministero dell'Ambiente e i nuclei operativi regionali, detti NOS, Nuclei operativi specializzati.

Ma i sismi quanto ci sono costati? Solo negli ultimi dieci anni oltre 76 miliardi: 13 per l'Abruzzo (L'Aquila 2009); 13 per l'Emilia Romagna e Mantova; circa 50 per il sisma dell'Italia centrale; oltre 7 miliardi all'anno. Quindi, tra dissesto idrogeologico e sismi, sono stati spesi circa 9,6 miliardi all'anno, cifre che debbono far riflettere sulla necessità di interventi antisismici anch'essi da mettere fuori dal conteggio del Patto di Stabilità, così come già sono computati, grazie all'intuizione del primo Governo Conte, gli interventi contro il dissesto idrogeologico.

Ci sono anche altri investimenti da escludere dal Patto di stabilità: quelli per la riduzione delle emissioni in atmosfera (risparmio energetico degli edifici e altri settori verdi) per stimolare un mercato positivo e avere un futuro. Gli interventi per la riqualificazione energetica degli edifici si collegano fra l'altro al sisma bonus. Il decreto crescita, con la possibilità di cessione del credito, li ha stimolati di 2,6 miliardi di euro all'anno, secondo Cesef, mentre attendiamo i dati del Cresme: da 3,7 miliardi nel 2018 a oltre 6 miliardi nel 2019. Oggi acquistare 3 chilowatt di solare fotovoltaico costa meno di 2.500 euro grazie al decreto crescita e sono tra l'altro interventi ad elevato indice occupazionale, oltre 17 mila posti per miliardo investito, contro gli interventi per esempio per le trivellazioni che danno trenta volte meno lavoro. Auspico che la Commissione europea appena sarà operativa in questi giorni consenta di escludere tutti questi investimenti, sia per i sismi sia per il risparmio energetico, dai parametri di Maastricht, altrimenti in Italia faremo fatica a ridurre le emissioni e gli sconvolgimenti climatici e intervenire per la prevenzione antisismica. Gli enti locali poi dovranno fare la loro parte. Non è possibile sentire continuare a sentir parlare di nuove autostrade - specifico: la Pedemontana in Veneto e la Cispadana in Emilia - quando le linee ferroviarie per i pendolari sono più lente dei transiti a cavallo del Medioevo proprio nelle aree colpite dal sisma 2012 (Rovigo, Mantova e Modena). Il sisma dell'Emilia-Romagna e di Mantova ha avuto dimensioni importanti, ma minori rispetto a quello dell'Italia centrale: 299 decessi in Italia centrale nel 2016; 27 decessi in Emilia-Romagna, anche se chiaramente non conta la valutazione quantitativa, però questi dati denotano la drammaticità.

Per quanto riguarda il sisma in Emilia-Romagna (provincie di Mantova e Rovigo) nel 2012, vorrei ricordare che la gestione fu in salita da subito. Il governatore della Lombardia di allora, Formigoni, era già allora impegnato più nei processi che nella politica. Siamo riusciti come parlamentari e portavoce del MoVimento 5 Stelle a fare chiarezza su una persona di cui a un certo momento non si conosceva neppure dove avesse la residenza, che ha drenato nelle casse della sanità privata centinaia di milioni di euro e ora ai pronto soccorso in Lombardia non hanno personale e i turni di guardia sono insostenibili per medici e operatori. Il carcere è arrivato grazie alla nostra legge spazza-corrotti. Quando si cercano coperture come per il post sisma ricordo che la corruzione in Italia costa 236 miliardi all'anno secondo la relazione presentata dalla nostra europarlamentare Laura Ferrara, il 13 per cento del PIL. Ce ne sarebbero di fondi da utilizzare e di posti da assegnare per merito e non agli amici degli amici. Altri fondi potranno arrivare dalla lotta all'evasione fiscale: oltre 85 miliardi all'anno stimati in Italia dall'Istat su cui stiamo lavorando in legge di bilancio. Formigoni non riuscì soprattutto a ottenere la corretta ripartizione dei fondi per ricostruzione.

Mantova fu penalizzata fortemente. La percentuale assegnata sui 10 miliardi stimati all'inizio per tutto il sisma fu troppo bassa. Molti cittadini e imprese si sono spaventati e non hanno investito in tempi rapidi per la ricostruzione o se ne sono andati. A distanza di dieci anni troppi immobili sono abbandonati e troppi sono ancora da ricostruire. Il sisma del 2012 è, fra l'altro, attenzionato per un possibile ruolo delle trivelle a Cavone di Mirandola, in provincia di Modena. Lo “studio Ichese” e le successive rivelazioni dei referenti mostrano un ruolo statistico delle trivellazioni su quel sisma. Il ruolo causale non si poté dimostrare, perché l'azienda non fornì tutti i dati richiesti. In risposta a una mia interrogazione fu rivelato che per le trivelle erano state emanate nuove linee guida dopo quel sisma. Grazie al Ministro dell'Ambiente Costa le nuove trivelle oggi sono bloccate.

Segnalo che nell'attuale decreto viene prorogata al 2021 la sospensione degli oneri relativi al pagamento delle rate dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti, 2,5 milioni di euro; è stato prorogato a fine 2020 il pagamento dell'IMU per gli immobili inagibili, 14,4 milioni di euro; è stata prorogata a fine 2020 la sospensione dei mutui dei privati sugli immobili inagibili. Il lavoro del Ministro della pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, per stabilizzare i tecnici nelle aree colpite dai sismi è importante. È stato istituito un tavolo per il riordino e l'armonizzazione dello status della posizione del personale pubblico a tempo determinato, in alcuni casi da più di dieci anni, dislocato a sostegno degli enti e degli organi preposti alla ricostruzione.

La proroga dello stato di emergenza per il sisma 2012 sarà collegata al tentativo di rendere omogenea la gestione del post sisma in tutta Italia, valutando di lasciare comunque un ruolo al commissario. Presenterò un emendamento alla legge di stabilità per potenziare l'università nelle aree colpite dai sismi e con caratteristiche ambientali precarie. È necessario potenziare i corsi che si occupano di tutela artistica e architettonica e ripristinare i corsi ambientali. Mantova è una provincia sempre più scollegata e non ci sono neppure i treni in coincidenza fra Trenitalia e Trenord e la Lega, coordinata da Grimoldi in Lombardia, piazza i nuovi treni in base alla frequentazione delle stazioni e al consenso, come emerso dall'audio della sua riunione in regione con i gestori ferroviari anch'essi nominati dalla Lega. Mantova, essendo poco popolata, chiaramente non ha né treni né coincidenze. La mia provincia ha perso oltre 14 mila posti di lavoro dal 2008 e ha bisogno di raddoppi ferroviari, a partire da quello fra Mantova, Cremona e Codogno, per far lavorare ed essere competitive le molte imprese di eccellenza. Non serve il Tav fra Brescia e Padova, che dall'autorizzazione tra l'altro risulta che toglierà l'acqua a oltre 100 mila persone.

Voglio ricordare, infine, il senatore e geologo Franco Ortolani, scomparso pochi giorni fa che tanto aiuto ci ha dato nello studio della geologia dei fenomeni sismici. In ultimo, in questa giornata per il contrasto alla violenza sulle donne mi permetto di ricordare una donna non vittima né di femminicidio né di un sisma ma vittima della sua passione per il lavoro e per il prossimo che molte donne esercitano tutti i giorni. Rosanna Parodi è la donna di 52 anni che si stava recando al lavoro in una struttura per anziani in provincia di Alessandria. Ha voluto andare al lavoro nonostante la giornata e, purtroppo, è stata inghiottita dalle acque del Bormida (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mazzetti. Ne ha facoltà.

ERICA MAZZETTI (FI). Grazie, Presidente. Grazie al Governo e a tutti i colleghi presenti. Oggi l'Aula si avvia ad esaminare, seppure in netto ritardo rispetto a quanto era stato stabilito, questo importante e atteso provvedimento volto ad accelerare la ricostruzione dei territori del Centro Italia colpiti dal sisma di oltre tre anni fa. È una ricostruzione praticamente ancora ferma al palo. Ricordo che la scadenza degli emendamenti per la Commissione era stata fissata a lunedì 11 novembre e in quella settimana la Commissione ambiente avrebbe dovuto finire i lavori. Sta di fatto che con un entusiasmante stop and go siamo arrivati in Aula oggi, il 25 novembre, ben due settimane dopo la presentazione degli emendamenti da parte dei gruppi, benché il Presidente del Consiglio Conte e autorevoli ministri siano andati a riferire sui territori e sui social che avevano risolto il problema con questo provvedimento.

Una fotografia di come sono andati avanti i lavori si può ricavare dalle tante agenzie di stampa dei giorni scorsi dove si susseguivano annunci di definizione con esito positivo a posticipazioni con infinite sospensioni, rinvii a causa di mancanza di pareri rispetto ai vari ministeri e soprattutto al MEF, che ha fatto da subito intendere che, per tale provvedimento, in coincidenza con la definizione della legge di bilancio, non esisteva buona parte delle coperture economiche necessarie ma completamente è stato evidente mancassero soprattutto le garanzie politiche di una maggioranza con visioni diverse.

Questo è stato uno stillicidio incredibile che ha accompagnato l'esame di questo importante decreto-legge. Nella scorsa legislatura dai banchi dell'opposizione il gruppo del MoVimento 5 Stelle avrebbe fatto le barricate per denunciare la pigrizia e l'inconsistenza del Governo e della maggioranza e avrebbe chiesto con forza di lavorare a oltranza, sabato e domenica compresi. Ma tant'è, ora è al Governo il MoVimento 5 Stelle: come si cambia rapidamente e si adagia al sistema che tanto avrebbe voluto scardinare senza però averne le capacità e anche questo provvedimento lo dimostra.

Tornando al decreto oggi al nostro esame, l'ultimo di una serie di decreti e di norme di urgenza introdotti in questi tre anni per la ricostruzione dei comuni colpiti dal 2016, questo si conferma essere un testo assolutamente insufficiente a dare risposte efficaci e rapide alle esigenze e alle richieste che vengono quotidianamente da quelle comunità e ciò, nonostante l'esame in Commissione abbia obiettivamente consentito di approvare diversi miglioramenti e rimpolpare un testo che si è fin da subito caratterizzato per la sua superficialità. Peraltro, sono stati approvati alcuni emendamenti di Forza Italia, soprattutto volti alla semplificazione.

Il provvedimento di pochi articoli presentato a fine ottobre alla Camera, peraltro senza sostanzialmente significative risorse a parte alcune timide norme di vantaggio per le attività produttive, conteneva quasi esclusivamente proroghe di scadenze di pagamento per privati ed enti locali e residue semplificazioni per accelerare la ricostruzione. Sono sicuramente norme che vanno chiaramente nella giusta direzione ma nel complesso inadeguate a rispondere efficacemente alle forti e pressanti richieste che vengono da tutti i territori. Insomma, un testo per nulla coerente con le tante e legittime richieste che vengono dalle comunità, dagli amministratori locali, dalle categorie economiche e dalle reti professionali, che almeno una parte di noi - pochi, un po' come oggi - ha avuto il piacere di ascoltare in ben oltre sedici ore di audizione.

La presentazione da parte di tutte le forze politiche di ben 856 proposte emendative - e credo che sia un record per un decreto sul terremoto - sta lì a dimostrare non certo la voglia dell'opposizione di fare ostruzionismo o di rallentare i lavori ma la necessità, invece, di voler riempire di contenuti un decreto-legge presentato al Parlamento in forma a dir poco minimalista, troppo leggero e, purtroppo, inconsistente. Il testo arrivato in Commissione era palese che non andava a risolvere le tante questioni ferme da troppo tempo - circa 40 mesi - sia dal punto di vista burocratico che economico. Questa inconsistenza è dimostrata anche con il fatto che di quei 856 emendamenti la gran parte sono aggiuntivi e hanno cercato di inserire norme, risorse finanziarie, introdurre incentivi e ampliare le proroghe: insomma, tutto quello che servirebbe davvero per dare ristoro alle comunità colpite da quel terribile terremoto, far ripartire l'economia locale e accelerare la ricostruzione.

Purtroppo, a oggi va obiettivamente preso atto che le misure normative proposte e la struttura di governo dell'emergenza si sono dimostrate inadeguate e hanno sostanzialmente fallito quelle ambizioni iniziali che il primo Governo post emergenza aveva annunciato a poche ore dal sisma in conferenza stampa: “Ricostruiremo in tempi rapidi”. A oltre tre anni da quel terribile 24 agosto 2016 l'attuale sistema di governance è in costante ritardo.

Questo decreto, come i precedenti, non riesce a dare risposte soddisfacenti alle tre emergenze che principalmente caratterizzano quei territori: l'emergenza abitativa e la necessità di attuare una riforma coordinata e partecipata; l'emergenza lavorativa e imprenditoriale, da affrontare con decisione nel rispetto della vocazione delle aree colpite, ognuna con le sue peculiarità; il rischio, se non si interviene subito, del definitivo abbandono delle aree colpite dal sisma. Come Forza Italia abbiamo cercato, in Commissione e oggi in Aula, di dare il nostro fattivo contributo per migliorare questo testo in modo professionale e concreto, al fine di dare finalmente le risposte che da troppo tempo i territori colpiti dal sisma stanno aspettando. Voglio ricordare solo alcune delle nostre proposte emendative significative: abbiamo chiesto un allungamento della scadenza dello stato di emergenza, perché questo permetterebbe agli enti territoriali interessati di poter definire al meglio i necessari documenti programmatori.

Abbiamo presentato una serie di misure per il reclutamento del personale indispensabile ad accelerare il processo di ricostruzione, nonché per la proroga dei contratti e il prolungamento del personale in distacco o in comando assegnato dagli uffici speciali per la ricostruzione al commissario straordinario o ai comuni, proponendo anche una collaborazione con liberi professionisti del territorio per una vera sinergia pubblico-privato. Abbiamo ritenuto opportuno l'inserimento di disposizioni che consentano una migliore e più veloce gestione ed attuazione della ricostruzione, proponendo una vera piattaforma informatica per la coordinazione delle pratiche istruttorie. Abbiamo proposto di allargare anche ai comuni fuori dal cratere le piccole sanatorie come quelle interne al cratere. Esempio lampante: Foligno, che ha mille persone fuori casa, anche se con lievi danni, e non può usufruire della procedura acceleratoria e semplificativa. Abbiamo proposto, per l'ufficio speciale per la ricostruzione, relativamente alle certificazioni redatte dal professionista circa la completezza e regolarità amministrative e tecniche del progetto, compresa la certificazione delle conformità edilizie urbanistiche, di consentire agli stessi di limitare la sua potestà certificatoria al fine di limitare le responsabilità civili e penali.

Abbiamo chiesto di prevedere la possibilità limitatamente ai comuni gravemente danneggiati di poter variare ad uso ricettivo la destinazione d'uso dell'immobile al fine di sostenere la ripresa economica che tanto chiedono i territori. Abbiamo proposto di togliere il vincolo scolastico nei centri storici in quelle aree dove sono state distrutte le scuole; se per motivi logistici non possono essere costruiti nel medesimo sito, la destinazione urbanistica deve e può mutare da esclusivo uso scolastico ad uso pubblico o comunque di pubblica utilità di più ampia visione. Abbiamo proposto delle vere accelerazioni procedurali per gli appalti pubblici, consentendo il subappalto di tutta la lavorazione senza limiti percentuali, e di togliere l'obbligo di indicare da subito i nominativi degli stessi, il quale potrà essere fatto anche in tempi successivi a quello della stipula del contratto d'appalto principale.

Crediamo e dobbiamo agevolare la ricostruzione del cantiere edile più grande della nostra nazione. Abbiamo proposto che la prevista sospensione del pagamento delle utenze per gli immobili inagibili del cratere venisse estesa anche alla TARI, la tassa sui rifiuti. Abbiamo proposto di prorogare la presentazione di domande di contributo per gli interventi di immediata esecuzione. Abbiamo riproposto una proroga di alcune misure a sostegno delle aziende agricole, agroalimentari e zootecniche colpite dagli eventi sismici. Abbiamo chiesto anticipazioni di cassa necessarie per il pagamento di stipendi e contributi di autonoma sistemazione. Abbiamo indicato una strada per lo smaltimento dei materiali edili provenienti dalle macerie degli edifici crollati, che ancora, a distanza di oltre tre anni, risulta uno dei maggiori impedimenti alla ricostruzione. Abbiamo proposto l'ampliamento degli incentivi del programma Resto al Sud, che con questo provvedimento viene esteso alle aree d'Italia centrale colpite dal sisma, di incrementare le agevolazioni anche ai liberi professionisti, ai commercianti, e che comunque non si applichino i limiti di età previsti da tale norma. Soprattutto, crediamo fortemente che per tutti i comuni che hanno avuto oltre il 50 per cento degli edifici completamente distrutti venga stabilito che il commissario straordinario nominato dal Governo possa operare con poteri straordinari come quello di Genova, soprattutto per tutte le semplificazioni sopradette e, in particolare, in merito alla creazione di un piano urbanistico attuativo per un riassetto vero e omogeneo del territorio.

Inoltre abbiamo recepito positivamente l'apertura del Governo alla presentazione di proposte emendative per il territorio colpito dal sisma in Emilia-Romagna, Ischia e Catania, di recente avvenuto. Per quanto riguarda l'Emilia-Romagna, dove la ricostruzione privata è ad un alto livello di realizzazione, quella pubblica fatica alla sua definizione.

Abbiamo pertanto fatto proposte, su richiesta del territorio sia imprenditoriale che istituzionale, come quelle della sospensione dei mutui concessi ad enti locali, dei mutui ai privati su immobili inagibili in seguito al sisma e della esenzione mutui, presentando innumerevoli emendamenti per ampliare le proroghe ed agevolare la situazione come per l'Italia centrale, in molti casi simili a quelli della maggioranza, la quale, però, in modo curioso, durante la discussione in Commissione li ha ritirati. Viene il dubbio che la maggioranza li avesse proposti solo per opportunità politica e non perché credeva veramente in questo, proprio in vista delle elezioni regionali che si terranno il 26 gennaio. Per quanto riguarda l'isola di Ischia, abbiamo chiesto di estendere alcune proroghe, come ad esempio il credito di imposta per l'acquisto dei beni strumentali identico ai comuni colpiti dal sisma in Italia centrale.

Spero che l'Aula riuscirà a migliorare questo decreto, approvando molte delle buone proposte presenti negli emendamenti di Forza Italia, che in piccola parte sono stati accolti in Commissione, ma che auspichiamo, nel buonsenso del Governo, insieme alla maggioranza e alle relatrici, vogliano ascoltare ed accogliere le nostre proposte, per dare un senso compiuto e doveroso ad un provvedimento presentato alla Commissione inconsistente dal punto di vista dei contenuti economici e semplificatori, al fine di risolvere quei problemi che le varie maggioranze che si sono seguite in questi ultimi tre anni, di diversi schieramenti politici, fatta eccezione per il mio partito, che in questi tre anni purtroppo non ha governato - e i risultati si vedono - non sono riusciti a risolvere, benché abbiano tentato con ben quattro provvedimenti, nessuno determinante. Mi avvio alla conclusione dicendo che Forza Italia ha voluto dare in Commissione e darà in Aula il proprio apporto per un provvedimento che risolva nell'immediato le esigenze quotidiane di queste comunità, insieme, però, ad una visione di futuro e di rinascita strutturale, ma anche socioeconomica, di tutti i territori colpiti dal sisma.

Chiedo alla maggioranza che lo faccia in modo libero da preconcetti ideologici e che finalmente si riesca a risolvere questo grave problema che colpisce tutta l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lorenzoni. Ne ha facoltà.

GABRIELE LORENZONI (M5S). Grazie, Presidente. Il lavoro in Commissione ambiente è servito ad ampliare la portata di questo decreto, un decreto che, ricordiamo, stanzia 380 milioni di euro per il 2019 e ulteriori 345 milioni per il 2020, per proseguire lo stato di emergenza fino al 2020 per i territori di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo colpiti dal sisma. Ora, vorrei in questa sede fare una sintesi veloce soprattutto dei provvedimenti più significativi che abbiamo apportato questa settimana. Partiamo subito con le norme per la velocizzazione. Per esempio, è passata una norma in Commissione un po' in sordina - che, però, va evidenziata - perché abbiamo introdotto nell'ambito della procedura negoziata il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso nell'affidamento dei servizi tecnici per la progettazione urbanistica e questa cosa, secondo gli uffici speciali della ricostruzione, comporterà un risparmio di circa 200 giorni nella messa in opera di un cantiere.

Poi, il decreto per la ricostruzione privata da danni lievi aveva già previsto una procedura accelerata per avviare i lavori basata sulla famosa autocertificazione redatta dai professionisti. Tutti gli ordini professionali, quando li abbiamo sentiti in audizione, ci hanno chiesto di modificare la norma originaria per non dover mettere in condizione i tecnici di dover certificare la conformità urbanistica - perché, effettivamente, a volte è impossibile farlo - e questa cosa l'abbiamo fatta. Adesso, laddove non si possa certificare la conformità edilizia urbanistica dell'immobile, si potrà attestare solo la mera conformità - cito la norma - dell'intervento proposto all'edificio preesistente il sisma. Poi, per agevolare l'approvazione di questi progetti per la ricostruzione, regoliamo finalmente tutte quelle procedure per andare a erogare le famose anticipazioni ai tecnici e ai professionisti del 50 per cento della parcella alla presentazione del progetto.

Poi, voglio anche ricordare che il contributo sarà anche maggiorato per gli edifici a muratura portante, o le murature cosiddette a sacco, perché prevediamo che le pareti con spessore maggiore di 30 centimetri siano considerate come se fossero proprio di 30 centimetri; in questo modo consideriamo una superficie utile maggiore nel calcolo del contributo. Abbiamo quindi introdotto anche una semplificazione nel caso di immobili intestati a più proprietari, perché ne basterà soltanto uno per chiedere la domanda di ricostruzione dell'intero immobile. Quindi, ricapitoliamo: il professionista può autocertificare il progetto relativo all'immobile con danni lievi, lo presenta agli uffici e, automaticamente, può avere subito l'anticipo del 50 per cento delle spese sostenute e finalmente respirare un po', dopo anni di rimpalli con gli uffici regionali. Questo per quanto riguarda velocizzazione e semplificazione.

Poi abbiamo introdotto un principio ispiratore, che secondo noi è importante, riguardo alla differenziazione del cratere, perché abbiamo pensato e abbiamo detto che non possiamo trattare Amatrice a livello legislativo così come Rieti, Spoleto, Fabriano o Teramo, perché bisogna riconoscere una sorta di straordinarietà legislativa.

In questo caso non è questione di creare cittadini di serie A o cittadini di serie B, ma è una questione di riconoscere proprio realtà che sono completamente diverse. Se vediamo Amatrice, Accumoli o Arquata, è come se ci fosse stata sganciata la bomba atomica - se li vediamo dall'alto - e non possiamo far finta di nulla e procedere con una legge ordinaria. Allora, in questo modo, in Commissione abbiamo introdotto i cosiddetti programmi straordinari di ricostruzione nei comuni maggiormente colpiti.

Questi comuni, o anche frazioni di comuni, verranno individuati da un'ordinanza commissariale, in cui si potrà andare anche in deroga ai vigenti strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica per poter procedere più veloci nella ricostruzione. Questa cosa, riconoscere questa straordinarietà era doveroso per gli abitanti di questi paesi martoriati, sempre più sfiduciati e sempre meno numerosi. Questo per quanto riguarda la parte strettamente legata alle norme di natura ordinamentale per la ricostruzione degli immobili.

Abbiamo poi previsto tutta una serie di misure economiche, di cui vorrei fare una veloce carrellata. Già nel decreto-legge avevamo previsto la riduzione del 60 per cento degli importi da restituire rispetto alla busta paga pesante, cioè il taglio degli oneri fiscali, previdenziali e assistenziali, che erano stati sospesi per chi ne aveva fatto richiesta e che ora non dovranno essere più restituiti del tutto, ma solo per il 40 per cento, e questa misura importante, in Commissione l'abbiamo estesa anche alle imprese, nei limiti del danno subito come conseguenza diretta del sisma e nel rispetto della normativa europea.

Poi, le associazioni di categoria ci avevano chiesto anche la proroga del credito d'imposta per gli investimenti di beni strumentali. Questa cosa l'abbiamo messa in legge di bilancio, all'articolo 24. Sempre per i provvedimenti di natura economica, il Governo aveva introdotto nel decreto-legge la misura “Resto al Sud”, per agevolare la nascita di nuove imprese per gli imprenditori under 46 nelle aree terremotate; era un provvedimento che dava finanziamenti a fondo perduto e prestiti a tasso agevolato. Noi in Commissione abbiamo tolto il vincolo di età per quei comuni che hanno subito danni gravi superiori al 50 per cento.

Estendiamo anche tutte le misure per la valorizzazione delle terre e dei beni immobili in stato di abbandono previste per il Mezzogiorno: chi ha un'età compresa tra i 18 e i 40 anni può manifestare al comune l'interesse all'utilizzazione dei terreni presentando un progetto e prendendolo in gestione. E, tra le altre cose, estendiamo anche alle imprese boschive queste agevolazioni previste per le imprese agricole, e in questo modo favoriamo il ricambio generazionale e sosteniamo lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l'accesso al credito e finanziamenti a fondo perduto.

Abbiamo esteso l'agevolazione fiscale per i pensionati che rientrano dall'estero: l'abbiamo estesa dalle regioni del Mezzogiorno anche ai comuni del cratere del Centro Italia sotto i 3 mila abitanti, sarà un'imposta sostitutiva del 7 per cento per cinque anni sulla pensione percepita. In Aula, se ci sarà possibilità, contiamo anche di estendere l'agevolazione fiscale per il rientro dei lavoratori espatriati: spesso sono i nostri giovani o miei coetanei che non hanno trovato lavoro in Italia.

Assumiamo a tempo determinato, per due anni, 122 restauratori per il restauro di immobili di pregio conservati nei depositi di sicurezza delle regioni colpite dal sisma, con un bando che verrà fatto dal Ministero per i Beni e le attività culturali entro 30 giorni dalla data di conversione del decreto. Questo bando lo terremo d'occhio per assicurarci che venga prevista una corsia preferenziale almeno per i restauratori del territorio.

Una cosa importante: abbiamo impedito l'aumento delle tariffe dei pedaggi delle autostrade A24 e A25, tariffe che - ricordiamo - sarebbero dovute aumentare il 1° dicembre anche del 20 per cento, se non ricordo male; adesso le blocchiamo fino al 31 dicembre 2020, mantenendo in vigore le tariffe del 2017.

Ci sono poi una serie di proroghe, le classiche proroghe: ad esempio quella che prevede fino al 31 dicembre 2020 l'esenzione del pagamento dell'imposta di bollo, imposta di registro per le istanze, i contratti e i documenti presentati alla pubblica amministrazione, lo slittamento dei mutui degli enti locali, la proroga fino al 31 dicembre 2020 delle agevolazioni a favore dei titolari delle utenze di energia elettrica, acqua e gas relative a immobili inagibili, e la proroga all'anno scolastico 2021-2022 delle disposizioni in deroga al numero minimo di alunni per classe.

Poi, grazie ad un lavoro accurato nel tagliare gli sprechi alla Camera, come negli anni passati, sono stati risparmiati dei fondi: in quest'anno addirittura 100 milioni di euro che verranno stanziati al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate (questa penso che sia la restituzione più grande di sempre per la Camera).

E per ultimo, come per il terremoto de L'Aquila, istituiamo una cabina di regia a Palazzo Chigi, in modo da attivare un programma di sviluppo coordinato volto ad assicurare effetti positivi di lungo periodo attraverso la valorizzazione delle risorse territoriali, produttive, professionali, ricadute occupazionali dirette e indirette e l'incremento dell'offerta di beni e servizi connessi al benessere dei cittadini e delle imprese del Centro Italia. Lavoreremo affinché questo non rimanga un obiettivo ideale, ma la realtà nei prossimi anni a venire (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tonelli. Ne ha facoltà.

GIANNI TONELLI (LEGA). Grazie, Presidente. Il decreto-legge n. 123 del 2019, dal titolo “Conversione in legge del decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti da eventi sismici”, ha dimenticato di considerare il terremoto di Emilia, Lombardia e Veneto del 20 e del 29 maggio 2012. Sebbene il terremoto dell'Emilia abbia avuto un risalto mediatico inferiore rispetto agli altri eventi sismici che hanno colpito il nostro Paese, è stato definito il primo grande terremoto industriale in Italia, causando 28 morti, 300 feriti, 45 mila persone sfollate e danni per 13,2 miliardi di euro. Ad oggi, non si può affermare che l'emergenza si sia completamente superata, in quanto sono diversi i comuni che devono ancora affrontare e risolvere centinaia di pratiche da vagliare, soprattutto in ambito abitativo: il che significa, al di là dei freddi numeri, che altrettante persone rimangono fuori dalle proprie abitazioni. Questo si evidenzia con particolare riferimento ai centri storici, che, assieme agli edifici pubblici, ai beni architettonici e a quelli vincolati, mostrano il ventre molle della ricostruzione nell'Emilia.

Pertanto è incomprensibile che il “decreto sisma” abbia escluso l'Emilia, la Lombardia e il Veneto, colpito duramente anche da eventi climatici estremi, da questo provvedimento. Stupisce che il Governo, al di là degli impegni proclamati recentemente per la città di Venezia e per la Sicilia, abbia dimenticato o finga di dimenticare il lavoro che è ancora da concludere, soprattutto in Emilia. L'Italia è sempre più spesso ormai vittima fragile di eventi climatici devastanti, con conseguente impatto su un territorio che è già provato, già dissestato sotto il profilo idrologico e dall'endemica lentezza burocratica. Non è possibile però concentrarci solo sulle ultime emergenze, dimenticandoci del lavoro da concludere in una regione come l'Emilia, che è una locomotiva economica fondamentale per tutto il nostro Paese.

La Lega ha presentato diversi emendamenti, con l'obiettivo di inserire i sopracitati territori nel decreto, affinché in breve tempo si possa concludere la ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012. Molti degli emendamenti ci sono stati suggeriti direttamente proprio dai soggetti della regione Emilia-Romagna e sono stati invero presentati da numerosi gruppi parlamentari, evidentemente perché il commissario e i comuni del cratere sismico hanno ravvisato la necessità di disporre di proroghe e modifiche normative tali da permettere una rapida conclusione degli interventi.

Ricordo che la regione è attualmente guidata, e speriamo sia una stagione che volga al termine, da Stefano Bonaccini del Partito Democratico, e che molti dei comuni all'interno del cratere sismico sono a guida dello stesso partito che si trova ora in maggioranza nel Governo. È pertanto politicamente incomprensibile che la maggior parte degli emendamenti, al di fuori della proroga e della sospensione dei mutui e dell'IMU sui fabbricati inagibili, sia stata respinta. Sarebbe opportuno sapere se effettivamente il commissario e la regione stessa abbiano avuto con il Governo un'interlocuzione sul tema, e soprattutto con i parlamentari del Partito Democratico, dal momento che non abbiamo riscontrato aperture su tali emendamenti e sulle richieste dei territori.

Riteniamo dunque urgente la proroga dello stato di emergenza al 31 dicembre 2021, in quanto rimangono aperti alcuni fronti legati alla ricostruzione pubblica dei beni culturali, storici, artistici ed architettonici, nonché di rivitalizzazione dei centri storici e delle opere pubbliche, e più in generale, per i quali le risorse utili all'avvio dei cantieri sono state assegnate dallo Stato solo recentemente: complessivi ulteriori 350 milioni di euro non ancora versati. Per tale attività non si ritiene di essere nelle condizioni di garantire il completamento delle fasi di concessione entro l'attuale termine di scadenza dello stato di emergenza, fissato oggi al 31 dicembre 2020. Mentre per quanto concerne la ricostruzione e la sistemazione di edifici privati e di aziende in Emilia gli interventi sono stati concepiti e realizzati in tempi ragionevoli, non possiamo dimenticare che intere realtà comunali del cratere sismico della Bassa modenese sono ancora ferite nel loro cuore, numerosi centri storici sono ancora sfregiati, e con essi gli edifici più importanti delle comunità custoditi al loro interno, come municipi, chiese, torri civiche e religiose, biblioteche.

Stupisce che proprio il governatore Bonaccini e il Partito Democratico non abbiano riservato maggiore attenzione al caso Emilia, che pure menzionano sempre in ogni contesto come modello di efficienza amministrativa. Nel cratere sismico della Bassa modenese prosperano distretti produttivi di eccellenza ed è forte il potere civico dell'associazionismo, ma i cittadini da soli non possono supplire alle mancanze del Governo centrale ed alle lungaggini amministrative in cui puntualmente si incorre.

Tutta la forza possibile è stata profusa dalle comunità locali e dai cittadini emiliani, ma occorre favorire uno scatto finale per portare a termine lavori troppo a lungo attesi, che garantirebbero la rinascita dei luoghi più amati dalle persone che costituiscono un prezioso patrimonio storico-artistico, che non possiamo dimenticare.

La proroga dello stato di emergenza si rende necessaria affinché il venir meno della gestione commissariale e il potere d'ordinanza non crei ulteriori rallentamenti nelle attività e nelle pratiche già avviate, considerando la grande mole di lavoro da smaltire ancora presente negli enti locali e considerando, inoltre, lo stato delle attività di erogazione dei fondi. Considerata la complessità della gestione emergenziale, non solo si rende necessaria la proroga della scadenza al 31 dicembre 2021, ma sarebbe quanto mai opportuno garantire le risorse per il funzionamento delle strutture commissariali e di quelle territoriali di emergenza, tra le quali vale la pena ricordare, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, le spese per il personale, gli investimenti per gli applicativi informatici specifici, i canoni di locazione per le soluzioni temporanee e, infine, la prosecuzione e l'aggiornamento delle convenzioni in essere con enti e società strumentali e gestionali, ad esempio l'INPS, ANCI Lombardia, ANCI Emilia Romagna, Invitalia, Ervet, eccetera.

Con riferimento al personale, è necessario dare continuità ad un fabbisogno di risorse umane per sopportare il commissariato, le prefetture, gli enti locali, soprattutto gli uffici territoriali del MiBACT, per tali attività straordinarie conseguenti al sisma del maggio 2012. Il personale, in somministrazione e a tempo determinato, in questa fase è impegnato sia sull'attività connessa alla ricostruzione privata che pubblica, la quale richiede tempi e istruttorie molto impegnative, nonché sulla residuale attività inerente il fisiologico contenzioso. Occorre considerare che, se si può ritenere esaurita la fase acuta dell'emergenza, sicuramente è in pieno sviluppo quella della ricostruzione, sia pubblica che privata. Solo in questo momento, infatti, vengono presentati i progetti più complessi, relativi agli immobili maggiormente danneggiati o a quelli vincolati, o che richiedono demolizioni e ricostruzioni articolate. Inoltre, essendovi avviati molti cantieri, aumenta anche l'attività sul campo legate ai controlli, pertanto la mole di lavoro non risulta diminuita ma diversamente articolata, in particolare rispetto all'attività di gestione delle fasi finali degli interventi e degli eventuali contenziosi in essere e futuri. Considerato che la norma consente l'utilizzo di soli contratti di lavoro flessibile e che il commissario della regione Emilia-Romagna si avvale di un'agenzia di somministrazione lavoro con contratto in scadenza al 31 dicembre 2020, data prevista per la fine dello stato di emergenza, il riconoscimento della proroga proposta garantirebbe certezza futura, consentendo per tempo l'espletamento delle procedure finalizzate all'affidamento del medesimo servizio, nonché all'impiego del personale necessario allo svolgimento, con gli stessi ritmi, delle diverse attività relative alla ricostruzione. La Lega ha inoltre sollevato quattro questioni molto importanti e tralasciate dalla regione Emilia-Romagna, in primis la proroga della zona franca urbana Emilia: sono ancora tante le micro e piccole imprese che necessitano di supporto e agevolazioni (questo è evidente soprattutto nei centri storici dei comuni come Mirandola, San Felice, Finale Emilia e Concordia); la regolarizzazione delle delocalizzazioni temporanee, Misura 126, che deve essere semplificata, così come richiesto dalle associazioni agricole; la risoluzione delle problematiche sugli interessi dei mutui per chi non è più titolare, in quanto surrogato o ha estinto il mutuo; la modifica della legge fallimentare nelle procedure emergenziali, affinché i crediti di subappaltatori e fornitori di appaltatori siano considerati crediti prededucibili, in quanto il pagamento di questi crediti tutela l'interesse della ripresa economica e del territorio colpito dal sisma, come disposto dalla legge n. 122 del 2012, intendendolo come catastrofe.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 15,25)

GIANNI TONELLI (LEGA). Auspichiamo che nella discussione in Aula o in legge di bilancio tutte queste fondamentali proposte possano trovare spazio, perché sarebbe veramente inescusabile un simile disprezzo nei confronti delle tribolazioni cagionate dalla catastrofe del sisma, delle comunità locali e di tutti i soggetti danneggiati (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gianluca Rospi. Ne ha facoltà.

GIANLUCA ROSPI (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, arriva oggi in quest'Aula un provvedimento importante e tanto aspettato dalla popolazione dei territori che negli ultimi anni sono stati colpiti e devastati da eventi sismici.

L'Italia è uno dei Paesi a maggior rischio sismico nel Mediterraneo, per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio e per l'intensità che alcuni di essi hanno raggiunto. Studi hanno verificato che negli ultimi 2.500 anni l'Italia è stata interessata da più di 30 mila terremoti di media e forte intensità, superiori al quinto grado della scala Mercalli, e da circa 560 eventi sismici di intensità uguale o superiore al settimo grado della scala Mercalli, in media, signor Presidente, uno ogni quattro anni e mezzo. Solo nel XX secolo si sono verificati ben 20 terremoti con magnitudo superiore a 5,5 e ben sette terremoti con una magnitudo uguale o superiore a 6,5. I terremoti che hanno colpito il nostro Paese negli ultimi 40 anni hanno causato, oltre che migliaia di vittime, danni economici per un totale di circa 135 miliardi di euro, impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento. A ciò si devono aggiungere le conseguenze non traducibili in valore economico sul patrimonio storico, artistico e monumentale, tanto diffuso nella nostra penisola. Presidente, occorre dire anche a quest'Aula che in Italia il rapporto tra i danni prodotti dai terremoti e l'energia rilasciata nel corso degli eventi è molto più alto rispetto agli eventi verificatisi in altri Paesi quali la California o il Giappone, caratterizzati da terremoti con valori più alti della magnitudo. Questo principalmente perché il territorio italiano è caratterizzato da un'elevata densità abitativa e dalla presenza di un patrimonio costruito di notevole fragilità. Con riferimento all'ultimo censimento, più del 60 per cento del nostro patrimonio costruito è antecedente al 1971, quindi non in linea con la legge n. 64 del 1974, che è la prima normativa sismica italiana. Inoltre, fino al 2002 una buona parte del territorio italiano era classificato non sismico, quindi non soggetto al rispetto della normativa sismica. È il caso di molte zone dell'Emilia-Romagna colpite dal sisma del 2012 o delle zone colpite dal sisma del Molise del 2002, tutto ciò nonostante la comunità scientifica ne avesse ipotizzato la pericolosità già dal 1980, ne avesse segnalata la pericolosità sismica almeno a partire da 1996 e ne avesse formulato una proposta per la classificazione in terza categoria sismica già nel 1998.

Dunque, signor Presidente, il problema di fondo rimane il fatto che le costruzioni edificate in moltissime zone italiane prima del 2003, e per certi versi, addirittura prima del 2008, non hanno conosciuto ufficialmente criteri di costruzione antisismici. Questi semplici dati forniscono una chiara misura della vetustà del patrimonio residenziale italiano e della scarsa adeguatezza ai moderni requisiti di progettazione antisismica. Il provvedimento che ci apprestiamo a votare, in particolare, introduce alcune misure essenziali per la ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del Centro Italia dell'anno 2016, dei territori colpiti dal sisma dell'isola di Ischia dell'anno 2017 e alcune misure per la ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 2012 dell'Emilia-Romagna. Tra le disposizioni previste vorrei sottolineare la proroga dello stato di emergenza prevista per quei territori colpiti dal sisma del Centro Italia del 2016, alcune norme per la semplificazione e l'accelerazione della ricostruzione sia pubblica che privata, l'estensione della durata temporale dell'intervento denominato Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese a favore di quelle zone colpite dagli eventi sismici del 2016; alcune disposizioni che stabiliscono per Ischia e i comuni colpiti dal terremoto del 2017 la possibilità da parte del commissario straordinario di destinare ad altre finalità le risorse disponibili sulla contabilità speciale; infine l'introduzione dell'articolo 17 del decreto n. 189 del 2016, denominato estensione dell'Art bonus anche per i comuni di Venezia e Matera, colpiti recentemente da eccezionali eventi atmosferici che hanno provocato diversi danni al patrimonio storico, artistico e culturale delle due città.

Proprio sull'estensione dell'Art bonus anche al comune di Matera vorrei soffermarmi brevemente e ringraziare il Governo, la maggioranza di cui faccio parte e tutti i colleghi dell'opposizione, per aver accolto in Commissione, in sede referente, il mio subemendamento che proponeva l'ampliamento della misura dell'Art bonus anche alla città di Matera, quest'anno - ricordiamo - capitale europea della cultura 2019. Presidente, colleghi, lasciatemi sottolineare in quest'Aula quello che è avvenuto in Commissione ambiente. Dopo aver presentato il mio subemendamento di estensione dell'Art bonus anche per la capitale europea della cultura 2019, firmato anche dai colleghi lucani De Filippo e Cillis, tutti gli altri gruppi hanno accolto il mio emendamento chiedendone la sottoscrizione, che naturalmente io ho concesso. Un bel gesto, Presidente, che dimostra che, quando si interviene sulla tutela e valorizzazione dell'immenso patrimonio artistico delle nostre città, soprattutto quei beni storici, artistici e culturali dei nostri territori riconosciuti patrimonio dell'umanità, non devono esserci barriere politiche o ideologiche, ma solo l'unione delle forze per raggiungere la miglior soluzione politica e sociale per la comunità. A questo bel gesto, signor Presidente, non corrisponde spesso, però, il garbo istituzionale nel comunicare al popolo italiano i risultati ottenuti. Mi riferisco al comportamento scorretto attuato dal collega della Lega, di Novara, Liuni, che millantava sul territorio lucano come vittoria politica personale l'estensione dell'Art bonus alla città di Matera, forse solo perché in questo momento ricopre il ruolo politico di commissario della Lega di Basilicata. Forse, però, il garbo istituzionale, signor Presidente, è una virtù sempre più rara da riscontrarsi oggi o, forse, oggi, la politica non è risolvere i problemi, ma piuttosto intestarsi il risultato senza nemmeno partecipare al dibattito politico. A mio avviso, però, il risultato importante raggiunto in Commissione e che qui voglio sottolineare è il grande gesto di unione e solidarietà che gran parte delle forze politiche hanno dimostrato nel sottoscrivere e sostenere la mia battaglia, non certo personale, ma rivolta a dare risposte a un territorio quale quello materano, colpito da eventi naturali estremi nella giornata del 12 novembre scorso.

Un accorato richiamo voglio farlo anche alla stampa locale, signor Presidente, che spesso si limita a dare spazio a comunicati infondati, senza interpellare i veri attori, contribuendo ad inasprire il dibattito politico, distogliendo l'opinione pubblica dai reali problemi del territorio. Presidente, da cittadino di Matera e della Basilicata, voglio ricordare a quest'Aula che il popolo lucano, umile e resiliente, nella storia ha sempre saputo reagire, mostrando nelle difficoltà la sua elevata intelligenza. Lo ha fatto la comunità di Matera, che da vergogna nazionale è diventata bellezza mondiale, lo ha fatto la comunità di Potenza, rialzandosi dopo il terribile evento del terremoto dell'Irpinia del 1980, di cui lo scorso 23 novembre è ricorso il trentanovesimo anniversario. D'altronde, Presidente, chi divide e alza i muri, perde sempre, chi condivide e costruisce ponti, vince sempre.

Presidente, nel ritornare a parlare del provvedimento, mi soffermo sul tema dell'Art bonus. Nello specifico, questa è una misura introdotta dall'articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2014, per il solo periodo 2014-2016. Poi, a seguito delle modifiche apportate dall'articolo 1, commi 318 e 319, della legge di stabilità 2016, ha assunto carattere permanente, a decorrere dal 2016, come una misura del credito di imposta del 65 per cento. La misura riguarda la possibilità di avere un credito di imposta pari al 65 per cento per le erogazioni liberali in denaro per interventi di manutenzione, protezione e restauro dei beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche, dei teatri di tradizione, delle istituzioni concertistico-orchestrali, dei teatri nazionali, dei teatri di rilevante interesse culturale, dei festival, delle imprese e dei centri di produzione teatrale e di danza, nonché dei circuiti di distribuzione per la realizzazione di nuove strutture, il restauro e il potenziamento di quelli esistenti, di enti e istituzioni pubbliche, che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo.

In seguito, l'articolo 17 del decreto-legge n. 189 del 2016 ha esteso l'Art bonus anche ad interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali di interesse religioso, anche appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica e di altre confessioni religiose. Questa misura, però, solo per le aree colpite dal sisma 2016.

Con questo provvedimento che ci apprestiamo a votare si estendono questi benefici anche alle città di Venezia e Matera, territori distanti tra loro, ma uniti da un elegante e nobile percorso di cultura e arte - penso alla preziosa statua di Sant'Eufemia di Andrea Mantegna a Irsina o al prezioso dipinto di Bastiani nella chiesa di San Francesco d'Assisi a Matera -, città che oggi soffrono insieme a causa dei cambiamenti climatici, che stanno mettendo a repentaglio l'enorme patrimonio culturale che custodiscono.

Vorrei sottolineare anche come l'ampliamento alla città di Matera di questa misura risulti fondamentale per un territorio che, al suo interno, presenta, oltre ai rioni Sassi, moltissime chiese rupestri e numerosi monumenti di grande valore storico, artistico e culturale: penso alla chiesa dedicata alla Madonna delle Virtù, alla cripta di San Nicola dei Greci, al complesso di Santa Lucia alle Malve, a Santa Maria de Idris, alla cripta del peccato originale, di spettacolare bellezza, un unico ambiente interamente affrescato di colori brillanti e con un ampio impatto estetico tanto da definirla ‘la Cappella Sistina dell'arte rupestre', a San Pietro Barisano, alla Madonna delle Vergini, al monastero della Madonna della Vaglia, queste sono solo alcune delle numerose chiese rupestri presenti. E poi penso a tutte le altre chiese romaniche, barocche, ai palazzi nobiliari e non, ai numerosi e variegati vicinati, alle migliaia di abitazioni ubicate nel rione Sassi. Questa ricchezza di bellezza, unicità ed eccezionalità, e aggiungerei anche singolarità del patrimonio storico e artistico, rendono la città di Matera uno dei siti culturali più importanti d'Italia, d'Europa e del mondo.

Ebbene, oggi voglio ricordare non solo Matera, ma anche tutti i territori che, nelle scorse giornate, nelle scorse ore, hanno subito danni a causa del maltempo. Le numerose ondate di maltempo stanno mettendo in crisi l'intero territorio italiano, da nord a sud. Numerose città sono invase dall'acqua e dal fango. L'intensità delle piogge cadute nelle ultime ore evidenzia nuovamente la fragilità del nostro territorio. Passata l'ondata di maltempo, i vari comuni interessati e le regioni stanno facendo la stima dei danni, così da deliberare la richiesta dello stato di emergenza e di calamità naturale, al fine di affrontare e superare le varie criticità.

Mi aspetto ora, ma ne sono certo, che venga approvato lo stato di emergenza per tutti i comuni italiani che hanno subito danni con la stessa velocità con cui è stato approvato per la città di Venezia, a dimostrazione che non esistono città di “serie A” o di “serie B”, soprattutto quando si parla di emergenza e cultura.

Permettetemi, inoltre, signor Presidente, di ricordare in quest'Aula tutte le vittime dei terremoti e calamità naturali avute negli ultimi anni. Lho anticipato prima, il 23 novembre scorso è stato il trentanovesimo anniversario del terremoto dell'Irpinia. Alle 19,34 una forte scossa del settimo grado della scala Mercalli, durata 90 secondi, ha devastato una vasta area tra Basilicata e Campania. Le vittime furono circa 3 mila, ma potevano essere maggiori se la scossa si fosse verificata durante le ore notturne. La tragedia più grande si consumò a Balvano, in provincia di Potenza, dove il crollo della chiesa di Santa Maria Assunta causò la morte di 77 persone, di cui 66 bambini e adolescenti che stavano partecipando alla messa. Voglio ricordare anche il terremoto del Molise, dove, alle 11,32 del 31 ottobre 2002, nel paese di San Giuliano di Puglia, in pochi secondi, un'intera classe elementare scomparve sotto le macerie: 27 bambini di sette anni più la maestra oggi non ci sono più. La scuola, in quel caso, da luogo di cultura è diventato luogo di morte.

O ancora, le più di 300 vittime del terremoto di L'Aquila, le vittime del terremoto dell'Emilia e le tante vittime dei tanti terremoti che hanno colpito l'Italia. Ancora oggi, la ricostruzione in queste aree non è stata completata, tutto questo evidenzia che le operazioni di ricostruzione sono lente e che necessitano di ingenti somme economiche.

Con questo provvedimento qualcosa dovrebbe sbloccarsi; uso il condizionale, Presidente, perché, da solo, questo provvedimento non basta e non lo dico io, lo dicono anche le associazioni dei professionisti. A mio avviso, oltre a questo provvedimento che è importante per la ripartenza c'è bisogno di un serio piano di recupero, riqualificazione e rigenerazione urbana sostenibile delle nostre città, oggi, non più rinviabile, un piano che tra gli obiettivi abbia consumo di suolo uguale a zero, riqualificazione energetica e, naturalmente, interventi per migliorare e adeguare il patrimonio costruito sotto il profilo sismico. Ci sono diverse proposte di legge depositate, alcune già incardinate; spero si avvii quanto prima l'iter in Commissione, con spirito costruttivo, avendo come fine ultimo il bene comune delle nostre città.

Da ingegnere, signor Presidente, dottore di ricerca, prima, e onorevole, poi, le dico che l'Italia deve investire di più sulla prevenzione e sulla cultura della sicurezza; questa politica è fondamentale se vogliamo ridurre, in futuro, il numero delle vittime e ridurre decisamente le somme spese post intervento per la ricostruzione. Lasciatemi dire anche che, oggi, un'altra difficoltà è il pensare di risolvere problemi che affliggono la società odierna soltanto attraverso la tecnica, la finanza e la politica dei divieti; risultato: il Paese non riesce a uscire da una continua crisi economica e sociale, il caos normativo produce una burocrazia che blocca l'economia e sempre più persone si impoveriscono. Eppure, nel corso degli ultimi due secoli abbiamo avuto numerose rivoluzioni tecnologiche che hanno prodotto benessere: la macchina a vapore, l'elettricità, i trasporti aerei, la moderna chimica e medicina e, ancora, la rivoluzione digitale, le biotecnologie, l'intelligenza artificiale che stiamo vivendo oggi. Le rivoluzioni tecnologiche hanno permesso di migliorare sicuramente la qualità della vita di ognuno di noi, tuttavia, non possiamo fingere di non sapere che l'energia nucleare, il progresso tecnologico, la conoscenza del DNA, la stessa intelligenza artificiale accoppiata al potere economico hanno concentrato il potere nelle mani di poche nazioni, aumentando le disuguaglianze; basti pensare che 26 persone posseggono la ricchezza di 3,8 miliardi di persone.

Tutto questo, oggi, ha sviluppato un modello di funzionamento della società basato sulla sola forma tecnocratica e sulla sola rendita finanziaria, tralasciando gli aspetti sociali e umani e avendo come unico obiettivo quello della sola massimizzazione dei profitti. Ora, non sono qui per dirvi di ritornare tutti alla società del Medioevo o, peggio ancora, a quella delle caverne, però, oggi, forse, occorre riflettere e rallentare un po' la sfrenata marcia verso il progresso e l'arricchimento personale e per guardare la realtà secondo una nuova visione, allargando lo sguardo verso una nuova prospettiva, sapendo che la libertà umana è capace di limitare non solo la tecnica, ma anche il mondo della finanza, di orientarli e di metterli entrambi al servizio di un'altra visione di progresso, a cui tutti noi dobbiamo ambire: un progresso più sano, più umano, più sociale e più integrale.

La società odierna nella sua complessità, le giovani generazioni, le élites culturali, le categorie professionali, la scuola, il mondo cattolico e la parte della politica con il più alto livello culturale devono tutti insieme lavorare per invertire il modello attuale di funzionamento della società, senza più incolparsi reciprocamente e senza mai sottomettersi al mondo della finanza e della tecnocrazia. Se ognuno riconoscesse i propri errori, insieme potremmo lavorare e trovare forme di interazione orientate allo sviluppo sostenibile e integrale, per avviare un nuovo processo di cura della nostra casa comune.

Concludo, signor Presidente, dicendo che il fine ultimo di noi ingegneri è quello di cercare di capire le difficoltà nella grandezza delle cose, dargli un senso e progettare per superarle, annullando i rischi, avendo come obiettivo ultimo il garantire la sicurezza e progettare soluzioni per migliorare la qualità della vita delle persone. Questo obiettivo è fattibile, per noi ingegneri, soltanto se al centro del progetto poniamo l'uomo. Oggi, e mi avvio veramente a concludere, c'è bisogno di un diverso messaggio culturale, quello del “noi”, dopo l'epoca dei tanti “io” contrapposti, sguaiati e volgari, occorre ripartire dal basso, ricominciare dalla cultura del “noi”, iniziare nuovamente a camminare, puntando su un ideale alto, nuovo, veramente alternativo, rispetto ai vecchi schemi, dove al centro non c'è la finanza, ma la vita umana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2211-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Patrizia Terzoni. Ha tre minuti a disposizione.

PATRIZIA TERZONI, Relatrice. Grazie, Presidente. Intervengo per ringraziare tutti gli organi della Camera e della Commissione ambiente, perché anche in questo momento sono al lavoro sui circa 500 emendamenti presentati. Vorrei ringraziare, specialmente, i funzionari della Commissione ambiente, perché, in questi giorni, sono stati dietro a noi e, poi, nelle ore successive, fino a notte tarda, a lavorare a tutti gli emendamenti che abbiamo approvato. Quindi, per questo, un ringraziamento a tutti loro.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo non intende intervenire.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126, recante misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti (A.C. 2222-A) (ore 15,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2222-A: Conversione in legge del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126, recante misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti.

Ricordo che nella seduta del 5 novembre sono state respinte le questioni pregiudiziali Belotti ed altri n. 1, Aprea ed altri n. 2 e Lollobrigida ed altri n. 3.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2222-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Fratelli d'Italia e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che le Commissioni VII (Cultura) e XI (Lavoro) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la VII Commissione (Cultura), deputata Vittoria Casa.

VITTORIA CASA, Relatrice per la VII Commissione. Presidente, onorevoli colleghi, approda oggi in Aula il decreto-legge avente per oggetto misure di straordinaria necessità e urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti. Premetto che il lavoro svolto nelle Commissioni di merito VII e XI, Cultura e Lavoro, è stato approfondito e fruttuoso e ha compreso un confronto che ha coinvolto tutti i gruppi, oltre a un gran numero di rappresentanti di soggetti interessati, auditi in un intenso ciclo di audizioni informali. Questo lavoro ha condotto a una serie di modifiche che, a nostro avviso, hanno migliorato il testo iniziale del Governo.

Innanzitutto, il provvedimento contiene norme in materia di reclutamento e abilitazione del personale docente delle scuole. L'articolo 1, commi da 1 a 16 e 19, modificato in più aspetti dalle Commissioni durante l'esame in sede referente, prevede l'indizione, entro il 2019, di una procedura straordinaria per titoli ed esami per il reclutamento di 24 mila docenti nella scuola secondaria di primo e di secondo grado, riservato a docenti precari con specifici requisiti di esperienza nelle scuole statali, oltre che di formazione. Tali requisiti sono stati rivisti in sede referente per ampliare la platea di soggetti che possono accedervi. In particolare, i tre anni di esperienza possono essere maturati anche prima dell'anno scolastico 2011-2012 e cioè anche a partire dall'anno scolastico 2008-2009 e nell'anno scolastico in corso. Coloro che stanno maturando l'anno saranno ammessi con riserva di verificare che abbiano effettivamente completato l'anno. L'ammissione con riserva al concorso riguarda anche i candidati per i posti di sostegno che siano iscritti ai percorsi di specializzazione in corso e che conseguano il titolo di specializzazione entro il 31 luglio 2020. La procedura di selezione straordinaria e riservata sarà avviata contestualmente a una ordinaria, un concorso per titoli ed esami.

La procedura straordinaria è finalizzata anche al conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento per quei soggetti che posseggono determinati requisiti di esperienza: anche qui la platea dei soggetti è stata ampliata. Le Commissioni in sede referente hanno poi abrogato una disposizione del decreto-legge n. 4 del 2019 che aveva disposto che le graduatorie di merito del concorso ordinario da bandire entro il 2019 dovessero essere predisposte attribuendo ai titoli fino al 40 per cento del punteggio complessivo e che, tra i titoli valutabili, dovesse essere particolarmente valorizzato il servizio svolto presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale d'istruzione. Tale previsione rappresentava una deroga rispetto alla disciplina generale in base alla quale i titoli possono essere valutati in maniera comunque non superiore al 20 per cento. È stata poi soppressa dal decreto-legge in esame la norma di abrogazione di alcune norme transitorie del decreto legislativo n. 59 del 2017 in base alle quali i soggetti che hanno svolto almeno tre annualità di servizio, anche non continuativi, negli otto anni precedenti nelle istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione, possono, anche se privi di abilitazione e di altri requisiti previsti dalla normativa vigente, partecipare ai concorsi ordinari per una tra le classi di concorso per le quali è stato maturato un servizio da almeno un anno, con una riserva di posti a loro destinata del 10 per cento. Questa previsione rimane quindi vigente.

Il decreto-legge disciplina la procedura straordinaria che sarà bandita a livello nazionale, ma organizzata su base regionale e, limitatamente alle regioni, alle classi di concorso e alle tipologie di posto per le quali si prevede che nei prossimi tre anni scolastici vi saranno posti vacanti e disponibili. Ad ogni modo, le immissioni in ruolo dei vincitori potranno essere disposte anche successivamente, fino all'esaurimento della graduatoria. Le Commissioni hanno modificato la procedura con riguardo al contenuto delle prove di esame per fare riferimento al programma di esame previsto per il concorso ordinario per la scuola secondaria bandito nel 2016, anziché a quelli banditi nel 2018, come inizialmente era previsto dal decreto. Sarà possibile partecipare alla procedura straordinaria in un'unica regione per il sostegno oppure per una sola classe di concorso. Sarà possibile comunque partecipare sia alla procedura straordinaria che al concorso ordinario.

Per quanto concerne il meccanismo di assunzione dei vincitori della procedura straordinaria, il decreto modifica il quadro normativo generale, prevedendo all'articolo 1, comma 4, che ai vincitori della procedura straordinaria è destinata, in ciascuna regione e per ciascuna classe di concorso e tipologie di posto, la quota parte delle facoltà assunzionali destinate alle graduatorie ad esaurimento non coperta con le stesse che residua dopo le immissioni in ruolo operate attingendo alle graduatorie dei concorsi dal 2016 al 2018 e non anche alle graduatorie dei futuri concorsi ordinari, nonché dopo le immissioni in ruolo derivanti dalla possibilità di optare per un territorio diverso da quello di pertinenza delle graduatorie in cui si è inseriti, meccanismo sul quale pure sono intervenute, con modifica del testo, le Commissioni in sede referente. I posti annualmente destinati ai vincitori della procedura straordinaria non possono superare quelli destinati alle graduatorie dei concorsi ordinari. Ai docenti confermati in ruolo si applica quanto già disposto dal già citato decreto legislativo n. 59 del 2017, ossia sono tenuti a rimanere per almeno altri quattro anni nell'istituzione scolastica dove hanno svolto il periodo di prova e sono cancellati da ogni altra graduatoria nella quale siano iscritti.

Come accennato, la procedura straordinaria e riservata è finalizzata anche al conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado. In sostanza, il percorso di abilitazione è aperto sia ai vincitori della selezione straordinaria sia a coloro che, senza essere vincitori, superano però le prove scritte sia ad altri soggetti che non hanno i requisiti per partecipare alla procedura selettiva straordinaria, ma hanno altri requisiti. Per costoro si prevede una prova scritta informatizzata diversa, ma analoga a quella prevista per quanti partecipano per il reclutamento. L'ammissione a questa procedura è riservata. Su questo punto sono intervenute diverse modifiche durante l'esame in sede referente ed è riservata ai soggetti che hanno svolto almeno tre annualità di servizio presso le scuole statali, le scuole paritarie o nell'ambito di percorsi di istruzione e formazione professionale. Tutti devono possedere anche gli ulteriori requisiti richiesti per il reclutamento.

All'esito della prova scritta per il conseguimento dell'abilitazione, i candidati che hanno conseguito il punteggio minimo di sette/decimi o equivalente sono inseriti in appositi elenchi in cui sono scritti coloro che possono conseguire l'abilitazione. Il conseguimento dell'abilitazione non dà diritto a essere assunti alle dipendenze dello Stato: questo è espressamente sancito nel provvedimento.

I commi da 17 a 17-septies dell'articolo 1, inseriti dalle Commissioni, prevedono che, a decorrere dall'anno scolastico 2020-2021, per la copertura in ciascuna regione dei posti vacanti e disponibili di personale docente ed educativo che residuano dopo le consuete operazioni di immissione in ruolo, incluse quelle dei vincitori della procedura straordinaria prevista dal medesimo articolo, si procede, su istanza degli interessati, mediante scorrimento delle graduatorie di altre regioni o province. Nel caso però di procedure concorsuali avviate e non concluse i relativi posti messi a concorso sono comunque accantonati e resi indisponibili e non possono essere coperti con tale meccanismo. Più nello specifico, le immissioni in ruolo avvengono rispettando la ripartizione dei posti prevista dalla legislazione vigente, cioè il 50 per cento dei posti alle GAE, graduatorie ad esaurimento, e il 50 per cento dei posti alle graduatorie di merito di procedure concorsuali, con la precisazione che l'eventuale posto dispari è destinato alle graduatorie concorsuali rispettando, nell'ambito della percentuale destinata alle procedure concorsuali, un ordine di priorità che, come sappiamo, è elencato nel decreto.

Il comma 18 prevede che le graduatorie del concorso del 2016 sono valide per un ulteriore anno. A sua volta, il comma 18-bis, introdotto durante l'esame in sede referente, dispone che i soggetti che sono inseriti nelle citate graduatorie del concorso appunto del 2016, possono richiedere l'inserimento nelle graduatorie dei concorsi straordinari non selettivi banditi nel 2018 anche in regioni diverse da quella della graduatoria di origine.

Il comma 18-quater dell'articolo 1, introdotto durante l'esame in sede referente, prevede l'immissione in ruolo in via straordinaria di personale scolastico a tempo indeterminato sui posti vacanti e disponibili a valere sulle facoltà assunzionali non utilizzate per l'anno scolastico 2019-2020. In particolare, in considerazione dei posti rimasti vacanti e disponibili a seguito dei pensionamenti per la cosiddetta quota 100, si prevede ora in via straordinaria che siano nominati in ruolo a valere sulle facoltà assunzionali non utilizzate alla conclusione delle operazioni di immissione in ruolo per l'anno scolastico 2019-2020, i soggetti inclusi proprio a pieno titolo nelle graduatorie valide per la stipula di contratto a tempo indeterminato che siano in posizione utile per la nomina.

Le Commissioni hanno poi introdotto nel testo alcuni articoli aggiuntivi all'articolo 1. L'articolo 1-bis autorizza l'avvio di un concorso per la copertura dei posti per l'insegnamento della religione cattolica che, come è noto, non si svolge da molti anni. Nelle more dell'espletamento del concorso, è previsto che alle immissioni in ruolo si proceda utilizzando le graduatorie del concorso bandito nel 2004, la cui validità era limitata agli anni scolastici tra il 2004 e 2005 e il 2006 e il 2007.

L'articolo 1-ter prevede l'acquisizione da parte del personale docente di competenze relative alle metodologie e tecnologie della didattica digitale e della programmazione informatica, il coding.

L'articolo 1-quater prevede la costituzione di nuove graduatorie provinciali da utilizzare per il conferimento delle supplenze annuali e di quelle fino al termine delle attività didattiche. Inoltre, differisce dall'anno scolastico 2019-2020 all'anno scolastico 2022-2023 il termine a decorrere dal quale l'inserimento nelle graduatorie di circolo e d'istituto può avvenire esclusivamente a seguito del conseguimento del titolo di abilitazione e reca indirizzi per l'aggiornamento delle stesse per posto comune nella scuola secondaria per il prossimo triennio scolastico.

L'articolo 1-quinquies reca una disciplina a regime in materia di esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali che comportino la decadenza dei contratti di lavoro di docenti stipulati presso le istituzioni scolastiche statali.

L'articolo, in particolare, dispone che nel caso in cui i provvedimenti giurisdizionali in questione intervengano dopo il ventesimo giorno dall'inizio delle lezioni i contratti di lavoro a tempo determinato e indeterminato in decadenza sono trasformati in contratti a tempo determinato. Inoltre, è stabilito che ai fini del riconoscimento della nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego, la NASPI, i periodi di servizio resi dai docenti di cui sopra si considerano a tempo determinato.

L'articolo 1-sexies rende possibile in via transitoria l'attivazione di un supporto educativo temporaneo nelle scuole dell'infanzia paritaria che non riescono a reperire per le sostituzioni personale docente abilitato. Premesso che l'utilizzo di personale docente abilitato rappresenta uno dei requisiti per il riconoscimento della parità scolastica, la disposizione introdotta dalle Commissioni nel decreto prevede che per l'anno scolastico 2019-2020 le scuole dell'infanzia paritarie che non riescano a reperire ai fini delle supplenze personale docente abilitato possano prevedere un supporto educativo temporaneo attingendo alle graduatorie comunali degli educatori dei servizi educativi per l'infanzia in possesso, naturalmente, di titolo idoneo a operare nei servizi per l'infanzia.

L'articolo 2, commi 1 e 2, modifica la procedura per il reclutamento dei dirigenti scolastici. Premesso che la legge di stabilità 2016 aveva previsto che il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizzasse mediante un corso-concorso selettivo di formazione, il decreto-legge modifica tale previsione disponendo che, a regime, il reclutamento dei dirigenti scolastici non si realizzi mediante un corso-concorso ma tramite un concorso selettivo per titoli ed esami. Resta fermo che la procedura è organizzata su base regionale per i posti vacanti nel triennio a venire. Possono partecipare i docenti e il personale educativo delle istituzioni statali in possesso di laurea che abbiano maturato un'anzianità complessiva nel ruolo di appartenenza di almeno 5 anni. Viene, inoltre, autorizzata per la formazione iniziale dei dirigenti scolastici una spesa di 180 mila euro annui a decorrere dal 2021.

I commi 3 e 4 del medesimo articolo 2, su cui le Commissioni sono intervenute con modificazioni durante l'esame in sede referente, trattano, invece, di dirigenti tecnici e autorizzano il Ministero a bandire un concorso per l'assunzione, da gennaio 2021, di 59 dirigenti tecnici e, dal 2023, di ulteriori 87 dirigenti tecnici. Nel frattempo, si proroga con la norma al 2020 la possibilità di conferire incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale di durata non superiore a tre anni per le funzioni ispettive e a tal fine si rifinanzia l'autorizzazione di spesa già prevista per questo dalla legge n. 107 del 2015.

L'articolo 2 al comma 5, lettera da a) ad e), e al comma 5-bis interviene sulla disciplina dettata dalla legge di bilancio per il 2019 per la stabilizzazione come collaboratori scolastici di 11.263 dipendenti delle imprese attualmente impegnati nei servizi di pulizia nelle scuole i quali abbiano dieci anni di servizio a tempo indeterminato. In particolare, le modifiche introdotte dal decreto-legge e riviste in sede referente intervengono: sulla durata di decorrenza dell'internalizzazione dei servizi di pulizia, che viene differita dal 1° gennaio al 1° marzo del prossimo anno (il 2020); sulla procedura selettiva che era per titoli e colloquio e che diventa per soli titoli; sui requisiti di ammissione alla selezione e sul meccanismo di assorbimento del personale. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, sono previste procedure secondarie per la copertura dei posti eventualmente residuati all'esito della prima procedura selettiva, tra cui una procedura di mobilità straordinaria per il 2020-2021, e una seconda procedura selettiva per soli titoli riservata al medesimo personale ma con un requisito di soli cinque anni di servizio, che può essere svolta in questo caso anche a tempo determinato. Le assunzioni sono autorizzate anche a tempo parziale, con la precisazione che i rapporti instaurati a tempo parziale non possono essere trasformati in rapporti a tempo pieno, né può essere incrementato il numero di ore lavorative se non in presenza di risorse certe e stabili. È specificato che il personale immesso in ruolo non ha diritto al riconoscimento del servizio prestato quale dipendente delle imprese di pulizia.

La lettera f) del comma 5 dell'articolo 2, inserita durante l'esame in sede referente, autorizza anche allo scorrimento della graduatoria formata nell'ambito della procedura di stabilizzazione dei lavoratori titolari di contratto per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico attivate dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo a seguito del subentro dello Stato nei compiti degli enti locali.

L'articolo 2, comma 6, prevede una procedura selettiva riservata per il reclutamento del personale dell'area di direttore dei servizi generali amministrativi nelle scuole (DSGA) mediante la progressione di assistenti amministrativi di ruolo che abbiano svolto a tempo pieno le funzioni di direttore per almeno tre anni scolastici interi a decorrere dall'anno scolastico 2011-2012. Nel testo iniziale, il decreto-legge prevedeva il rinvio per la disciplina della procedura all'articolo 22, comma 5, del decreto legislativo n. 75 del 2017, il quale ha dettato una disciplina generale a valere per il triennio 2018-2020 per consentire alle pubbliche amministrazioni di attivare procedure selettive interne riservate al personale di ruolo per la progressione delle aree. Il decreto legislativo specificava che alla progressione può essere ammesso solo personale in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno. Le Commissioni in sede referente hanno però modificato questo punto in un aspetto essenziale, ossia hanno previsto che possa accedere alla procedura speciale anche il personale interno privo del titolo di studio ordinariamente richiesto per la funzione.

L'articolo 3, al comma 1, esclude anche i dirigenti scolastici e il personale ATA, unitamente al personale docente educativo delle scuole che già ne era escluso, dal sistema di verifica biometrica dell'identità e di videosorveglianza degli accessi ai fini della verifica dell'osservanza dell'orario di lavoro introdotta per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

L'articolo 4, modificato durante l'esame in sede referente, reca norme per la semplificazione delle procedure di alcuni acquisti da parte delle università, delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e degli enti pubblici di ricerca.

L'articolo 5 novella la legge n. 240 del 2010 per quanto attiene alla durata dell'abilitazione scientifica nazionale, che viene portata da sei a nove anni.

L'articolo 6, modificato durante l'esame in sede referente, reca una serie di disposizioni concernenti l'assunzione a tempo indeterminato presso gli enti pubblici di ricerca di dipendenti che abbiano rapporti a termine con pubbliche amministrazioni.

L'articolo 7, non modificato dalle Commissioni…

PRESIDENTE. Concluda.

VITTORIA CASA, Relatrice per la VII Commissione. …chiarisce che l'introduzione dell'insegnamento dell'educazione civica, previsto dalla legge n. 92 del 2019 a decorrere dal 1° settembre, non determina l'incremento della dotazione organica complessiva.

L'articolo 8 reca disposizioni diverse su cui ci soffermeremo dopo.

L'articolo 9 reca la copertura finanziaria, mentre l'articolo 9-bis, introdotto durante l'esame in sede referente, dispone che le disposizioni del decreto-legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, la sottosegretaria Ascani.

Prendo atto che la rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.

È iscritto a parlare il deputato Federico Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, lo stato di salute dell'istruzione pubblica in Italia è in netto calo da molti anni. Il recente rapporto dell'OCSE parla chiaro e colpisce il dato negativo quantitativo rispetto al numero di alunni e docenti attuali. Potremmo chiamarlo un ridimensionamento sistemico, peraltro in linea con tutti gli altri indicatori standard dello sviluppo o della stagnazione della nazione. Da noi, colleghi, prevale il segno meno sotto diversi profili di considerazione. Basti ricordare il precedente rapporto dello stesso istituto parigino di analisi dei sistemi formativi e ricordare il segno negativo marcato sulla fuga dei cervelli all'estero.

Ancora prima di esaminare i profili di qualità del servizio reso all'utenza dal sistema scolastico nella nostra nazione in un'ottica comparativa con gli altri modelli funzionanti nell'area OCSE, il rapporto pubblicato il 10 settembre 2019 evidenzia una deriva di saldo numerico negativo.

Sul fronte dei docenti, l'OCSE rileva un'età anagrafica più alta della media europea, il 59 per cento degli insegnanti sono ultracinquantenni, e di converso la quota percentuale più bassa nella fascia 25-34 anni, mentre i salari sono tra i più bassi dell'area UE rispetto agli altri Paesi. I recenti provvedimenti sulle pensioni, la cosiddetta “quota 100”, potrebbe accelerare l'uscita dal servizio dei docenti più anziani e favorire il turnover, ma in un'ottica almeno decennale. Occorre richiamare, tuttavia, i dati allarmanti sul decremento demografico. L'Istat nel suo ultimo rapporto annuale ha definito l'Italia un Paese con le culle vuote e tendente all'invecchiamento; a fronte di una popolazione totale di 60,4 milioni di abitanti nel 2019, si prevede una riduzione a 58,2 milioni nel 2050. Impensabile sperare che il calo non riguardi anche il sistema scolastico. Lo status dei docenti in Italia è fra i peggiori in Europa: due insegnanti su tre hanno dichiarato che migliorare i salari dei docenti dovrebbe essere una priorità nell'agenda delle politiche per la scuola.

Lì dove un nostro prof di liceo a fine carriera guadagna 51 mila dollari lordi, un suo ipotetico gemello iberico guadagna significativamente di più, 64 mila in Spagna, 72 mila addirittura in Portogallo; un tedesco guadagna il doppio, un lussemburghese guadagna il triplo. Il problema del precariato scolastico, con una platea di docenti ampia di migliaia di persone, manifesta in forma eloquente il fallimento delle politiche sul reclutamento scolastico degli ultimi anni, stando ad un calcolo temporale e semplicistico volto a conteggiare l'ultimo concorso abilitante tenutosi in Italia nel 1999. Le maggiori associazioni della scuola pubblica non sono soddisfatte di questo provvedimento. Anief, Udir, Disal, Gilda, i sindacati, il Mida Precari e molti altri hanno manifestato nelle nostre audizioni che abbiamo voluto in Commissione le loro osservazioni, tutte osservazioni per lo più critiche.

Il tentativo di questo provvedimento è nello stile di questo Governo: un piccolo rattoppo in una sequela di politiche basate sulla riorganizzazione di piccole questioni, senza una visione generale. Ma poi andremo a vedere cosa dice il Comitato per la legislazione al riguardo, di com'è stato scritto questo provvedimento. In Commissione abbiamo cercato di sanare aspetti cruciali nel decreto-legge, ma la maggioranza, divisa al suo interno, ha bocciato la maggior parte dei nostri emendamenti: hanno detto no alla salvaguardia dei docenti di sostegno in possesso di specializzazione, hanno escluso dalla partecipazione al concorso straordinario chi ha ormai superato i 36 mesi di servizio esclusivo sul sostegno. È stato anche bocciato l'emendamento che intendeva riaprire un nuovo PAS a tutti i docenti precari e di ruolo che vogliono conseguire un'abilitazione. Anche quelli per la tutela dei dirigenti scolastici sono stati rigettati, e qui abbiamo sfiorato veramente il ridicolo. Considerate che quella dei dirigenti scolastici ormai è materia giudiziaria, per cui avevamo presentato - unica forza politica a farlo - un emendamento che chiedeva che potesse essere messa a posto questa vicenda e ci è stato risposto con l'inammissibilità, come se non fossero citati anche nel titolo di questo provvedimento e non riguardasse tutto il personale, docente e non docente, della scuola pubblica.

È evidente una presa di posizione assolutamente inaccettabile al riguardo. Inoltre, il provvedimento non chiarisce assolutamente se si possa concorrere per il sostegno nella scuola superiore di primo e secondo grado indistintamente, pur ricordando che sono due specializzazioni distinte. Nella legge di bilancio per il 2020 le misure per la scuola sono pressoché inesistenti. Ci sono, ovviamente, i fondi per il rinnovo dei contratti pubblici, poco più di 3 miliardi a regime, che sono però appena sufficienti per confermare il famoso elemento perequativo. L'indennità di vacanza contrattuale è nella migliore delle ipotesi 70 euro lordi a dipendente; per il resto non c'è nulla. L'articolo 28 è a dir poco imbarazzante: il comma 13 stanzia 30 milioni per incrementare il fondo destinato alla retribuzione di posizione e a quella di risultato dei dirigenti scolastici, 11 milioni per le attività di formazione dei docenti specializzati per l'inclusione e 2 milioni per le iniziative didattiche di innovazione digitale.

E sull'innovazione digitale, a parte l'emendamento sostenuto anche da Fratelli d'Italia della collega Aprea sull'introduzione del coding, siamo in una situazione - vedo la Viceministra Ascani - assolutamente di emergenza. Il piano digitale è bloccato.

Siamo stati con il collega Fusacchia in una fiera dell'editoria confrontandoci con i maggiori editori e tutti lamentavano l'assoluta mancanza di formazione per i docenti, la mancanza di strutture di innovazione digitale e del digitale nelle scuole; non basta qualche lavagna LIM per fare digitale nelle scuole. Noi denunciamo la speculazione editoriale che ancora oggi è permessa da un ambiguo protocollo d'intesa fatto tra gli editori e il MiUR, nonostante il piano digitale che permette, proprio per la mancanza di formazione dei docenti e degli strumenti tecnologici nelle scuole, e dà il pretesto, quindi, al MiUR di dire che è possibile ancora oggi nel 2019 che il 65 per cento dei testi adottati siano cartacei con qualche integrazione digitale, mentre solo, colleghi, l'1 per cento dei testi scolastici adottati, come previsto in teoria dal piano digitale, sono digitali. Noi, ovviamente, ci siamo confrontati con gli editori, gli abbiamo dato ragione sulla mancanza di formazione del piano digitale, dei docenti e delle strutture della scuola, e su questo sfidiamo il Governo, ma non possiamo certo accettare la soluzione all'italiana per cui si fa un piano digitale triennale, si dice che entro il 2020 si sarebbe dovuto usare nella maggior parte delle scuole e aumentare l'adozione dei testi digitali per abbattere i costi e garantire innovazione e poi si fa un protocollo d'intesa in stanze segrete dei dirigenti MiUR che permette di fare il contrario.

Noi questo lo abbiamo denunciato in maniera coerente, trasparente. Siamo dalla parte degli editori perché l'industria culturale è importante, siamo dalla loro parte quando si tratta di sostenere e finanziare - chiediamo al Governo di farlo con Industria 4.0 - la conversione dell'industria editoriale, ma chiediamo che si contrasti la speculazione editoriale per il sostegno delle famiglie, che spendono, come sappiamo, più di 500 euro a figlio ogni anno. Molto meglio va, invece, per l'università e la ricerca, settori per i quali si stanziano almeno 25 milioni per il 2020, 200 per il 2021 e 300 per il 2022. Lo stesso Ministro Fioramonti affermò che le risorse in legge di bilancio sono davvero poche e da quello che ci era stato detto da lui stesso probabilmente si sarebbe dovuto dimettere per il mancato stanziamento.

Fratelli d'Italia è da sempre a favore della stabilizzazione dei precari e ricordo la battaglia d'agosto, appena insediata la Camera. Come avrebbe detto Daniel Pennac, la scuola è fatta prima di tutto dagli insegnanti, ma voi gli insegnanti continuate a umiliarli. E concludo, Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, con una presa di posizione che non è di Fratelli d'Italia, che certo è opposizione e fa il suo lavoro nelle Commissioni con la collega Frassinetti, con la collega Bucalo e Rizzetto nella Commissione lavoro, ma è un organismo tecnico, istituzionale, che valuta le leggi e i provvedimenti esclusivamente sul piano tecnico e istituzionale. Non so se i colleghi lo hanno letto, ma inviterei tutti quanti a leggere quanto il Comitato per la legislazione ha espresso in apertura del provvedimento, lo avete nel fascicolo: è di fatto una bocciatura di questo provvedimento per come è scritto, per le incongruenze che contiene, per l'annullamento, la modifica di leggi appena entrate in vigore. Ad esempio - faccio esempi così, tanto per capirci - sul trasporto scolastico il Comitato per la legislazione, non Fratelli d'Italia, ci dice che il provvedimento appare difficile da ricondurre a questa ratio unitaria, come si presuppone volesse fare il legislatore; anche se l'intervento è comunque richiamato nel preambolo, la disposizione di cui all'articolo 3, comma 2, in materia di trasporto scolastico, il decreto-legge deliberato dal Consiglio dei ministri nella riunione del 10 ottobre 2019 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 ottobre 2019, a distanza di 20 giorni.

Come già fatto in analoghe precedenti circostanze, il Comitato invita a valutare le conseguenze di questa prassi in termini di certezza del diritto e di rispetto del requisito dell'immediata applicazione dei decreti-legge di cui all'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988. E continua così, colleghi; cioè avete scritto un provvedimento che il Comitato per la legislazione, che è l'organismo che deve valutare come è scritta una legge e se va in contrasto o in conflitto con altre, ve lo boccia.

Poi non lo fa per correttezza istituzionale, ma aggiunge ancora: sotto il profilo della semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione, la formulazione di alcune disposizioni non appare chiara - collega Ascani - e necessita di ulteriori precisazioni.

E poi le indica punto per punto, e di fatto decostruisce l'articolato. Colleghi della maggioranza e relatrice, lei ha letto la relazione, ma quello che lei ha letto nella relazione è contraddetto dal Comitato per la legislazione. Io invito quindi i colleghi della maggioranza in queste ore, in queste ultime ore, a riprendere in mano il testo, riprendere quello che ha scritto il Comitato per la legislazione, e andare a fare gli opportuni aggiustamenti, perché senza di questi diventa… Già è, e poi si esprimerà domani la collega Bucalo, e più tardi, dopo di me, la collega Frassinetti, che è anche responsabile per l'università della nostra forza politica; ma diventa difficilmente accettabile da votarsi anche per i colleghi di maggioranza.

E continua ancora… È importante che resti a verbale, anche per rispettare il lavoro dei tecnici: perché poi si parla tanto del lavoro degli uffici; ringraziate, pure prima la collega che l'ha preceduta ha ringraziato i membri di Commissione, i tecnici, e poi però bisogna leggere quello che fanno i tecnici. Continua così, con tutta una serie di commi che non sono congruenti, e addirittura pone delle condizioni; tra queste, sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente, due disposizioni del provvedimento modificano norme entrate in vigore solo da pochi mesi, determinando una problematica stratificazione normativa. In particolare, l'articolo 3, comma 1, esclude i dirigenti scolastici – che già avete umiliato, bocciando i nostri emendamenti – e il personale ATA dal sistema di verifica biometrica dell'entità di videosorveglianza degli accessi previsto dall'articolo 2, comma 4, della legge n. 56 del 2019, senza peraltro sopprimere, nella disposizione finanziaria di cui al successivo comma 5, il richiamo al comma 4, divenuto ultroneo. L'articolo 7 modifica l'articolo 2 della legge n. 92 del 2019 in materia di insegnamento dell'educazione civica nelle scuole, legge entrata in vigore il 5 settembre 2019 a cui tutti noi abbiamo partecipato, perché siamo ovviamente favorevoli. Si registra con soddisfazione che il provvedimento risulta corredato sia dell'analisi tecnico-normativa sia dell'analisi di impatto della regolamentazione: dopo avervi bastonato su ogni comma, perché andatevelo a leggere, boccia questo provvedimento, dice “però, tutto sommato, poi avete cercato di rispettare il corpus generale”.

La condizione che pone è una condizione importante, colleghi della maggioranza e collega relatrice: “(…) ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dagli articoli 16-bis e 96-bis del Regolamento, debba essere rispettata” – debba essere rispettata – “la seguente condizione (…)” Quindi, non vi sta dando un consiglio: vi sta dicendo che l'avete scritta male e che la dovete correggere. “Sotto il profilo della semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione, provvedano” – provvedano – “le Commissioni di merito a precisare, per le ragioni esposte in premessa, la formulazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, commi 7 e 8, 2, comma 6, 3, comma 2, e 6, comma 1”.

Continua, e concludo: “Il Comitato formula altresì la seguente osservazione: sotto il profilo della semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione, valutino le Commissioni di merito, per le ragioni esposte in premessa, l'opportunità di approfondire la formulazione degli articoli 1, commi 2, 11 e 13, lettera b), e 4, comma 1. Il Comitato formula infine la seguente raccomandazione: abbia cura il Governo” – collega Ascani – “ai fini del rispetto dell'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, di evitare un eccessivo intervallo di tempo tra la deliberazione di un decreto-legge in Consiglio dei ministri e la sua entrata in vigore, conseguente alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale; al riguardo, potrebbe essere valutato un più coerente e sistematico utilizzo della possibilità di approvazione dei provvedimenti in prima deliberazione da parte del Consiglio dei ministri, salvo intese, cui dovrebbe far seguito una seconda e definitiva deliberazione”. Anche qui, collega Ascani, il Comitato per la legislazione non sta richiamando solo, e l'ha fatto in maniera perentoria, le Commissioni competenti che hanno lavorato, ma sta dicendo al Governo: siccome avete fatto un macello di incongruità e di mancanza di omogeneità legislativa nel provvedimento, mi raccomando, scriveteci “salvo intese”, perché almeno, con una seconda deliberazione, avrete la possibilità di aggiustare questo “papocchio” normativo.

Quindi, Fratelli d'Italia farà la propria dichiarazione di voto domani, ma è ovvio che non possiamo che rappresentare, interpretare con forza, con passione, come abbiamo fatto fin dall'inizio, la voce, la dignità, l'indignazione dei docenti italiani di qualsiasi ordine e grado, dei dirigenti scolastici che sono stati umiliati nella trasparenza e nella correttezza di svolgimento dei concorsi, e di tutti quei precari di cui Fratelli d'Italia ha tenuto alta la bandiera.

Noi siamo dalla parte di chi insegna, dalla parte dei docenti, dalla parte della scuola italiana, tutta, come simbolo di unità italiana, dal Nord al Sud, senza andare a ipotizzare frammentazioni, regionalizzazioni o distruzione di quello che rappresenta la nostra identità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Patrizia Prestipino. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PRESTIPINO (PD). Presidente, “Il reciproco amore tra chi apprende e chi insegna è il primo e più importante gradino verso la conoscenza”: in queste parole Erasmo da Rotterdam aveva già condensato quello che è il ruolo che la scuola ricopre nella formazione delle future generazioni, ed era il Cinquecento. Perché la scuola, colleghi, non è solo il luogo dell'aggregazione sociale per eccellenza, ma è anche quello in cui gli individui crescono, sviluppano la propria personalità, maturano; è il luogo in cui si diventa persone e cittadini consapevoli e si fronteggiano le prime responsabilità, tutte, quelle soggettive e quelle oggettive, in cui si scoprono le proprie potenzialità, ma anche e soprattutto le tante fragilità emotive e psicologiche, e magari lì nella scuola si prova anche a vincerle, a sanarle, queste fragilità.

L'unica rete di protezione sociale che ancora resiste in questa nostra società: è infatti nel contesto scolastico che l'alunno crea la propria identità e il docente finisce inevitabilmente per costituirne il principale punto di riferimento. Perché è questa figura che contribuisce alla formazione dei ragazzi, sollecita la loro curiosità verso il mondo, cerca di rispondere a tutti gli interrogativi che gli vengono posti.

Una scuola che troppo spesso oggi è chiamata a rispondere anche a cose a cui non dovrebbe rispondere, a colmare i vuoti lasciati dalle famiglie. Già, la scuola che non deve quindi più solo istruire, ma anche educare: educare non nel senso ottocentesco di foggiare o di forgiare, ma nell'accezione latina di ex ducere, tirare fuori dallo studente ciò che di più prezioso ha dentro, di più proprio, di più autentico, di unico. È questa la vera sfida di noi docenti: aprire gli orizzonti degli studenti attraverso l'informazione, offrendo la conoscenza come una ricchezza per la vita. È la conoscenza che permette all'uomo di comprendere, interagire con la realtà, di comunicare e confrontarsi, di avere autostima e indipendenza.

Ma la scuola non va circoscritta solo alla dimensione intellettuale: deve tenere conto che lì, proprio in quel luogo, al suo interno, si formerà l'alunno nella sua dimensione affettiva, emotiva, sociale, morale e anche religiosa. È così che la scuola prepara alla vita, fornisce agli studenti gli strumenti per divenire cittadini del mondo e per conquistare una propria libertà intellettuale e personale.

Perché dico queste cose? Perché solo se si concepisce il mondo scolastico in questa sua interezza, con tutte le sfaccettature e le sue molteplici esigenze, ma anche le sue innumerevoli problematiche, si può comprendere il ruolo che hanno davvero gli insegnanti, che oggi sono spesso chiamati anche ad affrontare temi che fuoriescono dal loro personale ambito di competenza: pensiamo ai temi civici, ambientali, alimentari, sentimentali, di genere. Agli insegnanti si chiede tutto e di più. La scuola, colleghi, è questa: è una sfida quotidiana dura, complessa, che a volte si fa improba di fronte ai tanti drammi sociali, la povertà, il bullismo, l'emarginazione, l'omofobia, il razzismo; ma dove alla fine le differenze e gli errori non sono mai considerati un problema, ma una ricchezza e un'opportunità di crescita.

Ecco perché per tutto questo la scuola ha bisogno di stabilità. Gli alunni e i docenti necessitano di continuità e di stabilità nel reciproco rapporto, come diceva Erasmo da Rotterdam. Ed è questo il motivo principale per cui il Governo è intervenuto con questo decreto: superare le criticità relative alla carenza e all'instabilità del personale scolastico di ruolo nelle scuole statali, forse quello che il collega Mollicone - lo dico con affetto - ha dimenticato quando si perde nei suoi rilievi formali ma poi perde di vista quello che è l'obiettivo principale che il legislatore si deve porre, ossia dare stabilità a un mondo precario che la precarietà non se la può permettere, cioè la scuola.

Tale situazione aveva, infatti, comportato per le scuole statali la necessità di coprire parte del fabbisogno facendo ricorso a contratti a tempo determinato con docenti non abilitati. In questo modo, si è penalizzata la qualità dell'insegnamento e, al contempo, per le scuole paritarie è diventato impossibile rispettare l'obbligo di utilizzare esclusivamente docenti abilitati al fine di ottenere e mantenere il requisito della parità scolastica.

Con questo decreto, invece, si mira all'immissione in ruolo di personale docente nelle scuole statali secondarie di primo e secondo grado tramite graduatorie distinte per regioni e classi di concorso nonché per il sostegno, per ridurre il rischio che nei futuri anni scolastici possano rimanere scoperti posti disponibili. Si vuole, quindi, assicurare stabilità all'insegnamento, porre rimedio alla grave carenza di personale di ruolo nelle scuole statali, ridurre il ricorso a contratti a termine e arginare il fenomeno di precariato per quell'enorme - purtroppo enorme - numero di docenti che si sono - sì - formati e specializzati, ma che continuano a vivere in constante clima di insicurezza personale e sociale.

In Italia c'è - sì - una lieve diminuzione del tasso di disoccupazione, ma non si può dire lo stesso per i precari della scuola, con le loro prospettive di vita sempre più incerte. Consideriamo un po' di numeri: alla fine dello scorso anno scolastico sono andati in pensione 42 mila docenti, 9 mila dei quali per effetto di “quota 100”; all'inizio di quest'anno le cattedre libere nella scuola secondaria erano circa 50 mila, e gran parte sono state occupate da supplenze, in quanto le assunzioni previste non sono state sufficienti per compensare le carenze. Secondo i calcoli dei sindacati, su circa 844 mila docenti, almeno 170 mila sono supplenti, di cui 63 mila solo per il sostegno. Insomma, un precario su cinque.

Nemmeno le graduatorie d'istituto sono state risolutive e spesso i presidi sono ricorsi alla messa a disposizione con una seguente segmentazione della didattica: supplenze di qualche mese, addirittura di poche settimane, cattedre in cui si susseguono docenti con approcci e metodi didattici diversi, e quindi programmi che non progrediscono, anzi si fermano, con le lamentele quindi della comunità, dei genitori, eccetera eccetera.

La mancanza di concorsi ordinari negli anni scorsi ha determinato l'allungarsi delle graduatorie: nuovi precari che si aggiungono alle liste esistenti senza che i vecchi siano stati stabilizzati tramite un concorso ordinario.

Oggi, nonostante le cattedre vacanti, ci troviamo di fronte a una folta schiera di supplenti e di precari a cui è preclusa la possibilità di fare piani a lunga scadenza, sia in ambito scolastico-educativo sia nella sfera personale. E stiamo parlando non di normali professionisti, ma dei responsabili della formazione delle nuove generazioni.

Alcuni dati possono aiutarci a comprendere meglio l'urgenza di questo provvedimento: nell'anno scolastico 2019-2020 risultano circa 8 mila docenti iscritti nelle GAE della scuola secondaria, di cui molti concentrati in un numero relativamente ridotto di province e/o iscritti per classi di concorso, caratterizzate però da scarse facoltà assunzionali; nelle graduatorie del concorso ordinario del 2016 e del concorso straordinario del 2018 sono iscritti, rispettivamente, 2.043 e 5.880 soggetti; per la scuola secondaria, nel biennio 2020-2021 e 2021-2022 sono previste facoltà assunzionali complessive per 48 mila docenti, al netto di quelle che saranno utilizzate per lo scorrimento delle GAE, circa 8 mila, e delle graduatorie dei concorsi 2016 (2.043 unità) e 2018 (5.881 unità).

Vengono quindi destinati al concorso straordinario 24 mila posti, la metà di quelli complessivamente disponibili. Non è immaginabile che, in un tale contesto, la scuola italiana possa mantenere uno standard qualitativo elevato, come è complicato per un docente in queste condizioni essere un interlocutore di rilievo.

È proprio in questa situazione di emergenza strutturale dell'occupazione del settore scolastico che è stato concepito questo concorso straordinario per 24 mila posti, insegnanti di sostegno inclusi, tramite una procedura bandita a livello nazionale e organizzata su base regionale.

È, quindi, prevista l'abilitazione per personale docente della scuola secondaria e paritaria con esperienza di servizio almeno di 36 mesi (tre anni), coloro che hanno maturato un'esperienza professionale nel sistema di istruzione e formazione professionale di competenza regionale (IeFP), i cosiddetti docenti ingabbiati. Inoltre, è disposta la stabilizzazione del personale docente precario della scuola secondaria statale con un'anzianità di servizio pari a 36 mesi. In aggiunta, le graduatorie d'istituto diventeranno graduatorie provinciali, al fine di facilitare le supplenze per i posti rimasti liberi al termine dell'immissione in ruolo del prossimo anno.

Le graduatorie di terza fascia (supplenti precari non abilitati, precari storici) saranno riaperte con proroga fino all'anno 2022-2023, per evitare il ricorso eccessivo alle domande cosiddette di messa a disposizione, come invece è avvenuto nell'anno corrente. È stata poi approvata la call veloce per colmare i posti che restano vuoti ogni anno e che di solito vanno a supplenza. Vi è la possibilità di spostarsi in una regione diversa nella quale siano rimasti posti vacanti, così da permettere l'ottimizzazione delle assunzioni e lo svuotamento delle graduatorie.

Infine, per i diplomati magistrali è stata stabilita la trasformazione del contratto di lavoro in contratto a tempo determinato in caso di sentenza sfavorevole, al fine di garantire la continuità didattica. Le parole chiave di questo decreto continuano ad essere “continuità e stabilità”, che sono le parole chiave di risoluzione ai problemi del precariato della scuola.

Infine, un nuovo concorso ordinario per gli insegnanti di religione cattolica è stato autorizzato entro l'anno 2020.

Da docente so che c'è ancora tanto da fare per la scuola, e che, per quanto si faccia, non sarà mai abbastanza per la nostra comunità scolastica, ma questo decreto è già un primo e importante passo per rendere più efficiente il sistema scolastico: dare agli studenti la formazione di cui necessitano e riconoscere agli insegnanti il ruolo e la giusta importanza che meritano. Ce lo ha suggerito la ragione, ce lo ha imposto la nostra coscienza di legislatori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Domenico Furgiuele. Ne ha facoltà.

DOMENICO FURGIUELE (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, Viceministro, l'esame del “decreto scuola” ci chiama ad operare con senso di responsabilità, e possibilmente al riparo dalla frenesia elettorale, degli spifferi politici. Troppe volte la scuola è stata strumentalizzata, con risultati e soprattutto con ricadute nel quotidiano della società davvero poco lusinghiere, come peraltro ci insegna “la buona scuola” di renziana memoria.

Il governo dell'istruzione non può permettersi divisioni laceranti dopo quelle vissute nel recente passato. Prima che alle maggioranze di questo o di quel partito politico, il governo dell'insegnamento deve essere affidato alla concordia. La scuola è tra quei valori fondativi di ogni vivere associato su cui bisognerebbe decidere insieme, perché il bene scuola si vive assieme, lo abbiamo vissuto e condiviso tutti sin dalla tenera età, in un'ottica di rispetto delle diverse sensibilità ma anche di crescita collettiva. La scuola, prima degli insiemi, ci ha insegnato a stare insieme.

Un insegnamento primitivo ma efficace per ogni stagione di vita dell'essere umano, un insegnamento che dovrebbe nutrire l'azione di ognuno di noi che rivestiamo un ufficio rappresentativo e decisivo al tempo stesso, come quello del parlamentare.

La mia non è retorica buonista, tanto meno vi prego di non considerarla come uno strumento di guerriglia parlamentare, lungi da me. Da membro della Commissione cultura e istruzione, ho capito sulla mia carne di parlamentare quanto paghi un lavoro corale sui valori fondamentali. Da militante politico, invece, strettamente connesso, per storia ed educazione familiare, all'universo scolastico, so, come molti di voi, quanta grande attesa vi sia nella grande platea degli operatori scolastici, a tutti i livelli, di scelte condivise e prima ancora figlie del buonsenso.

La Lega, in questa direzione, ha fatto tanto nelle ultime settimane e ha fatto tanto fino a quando ha fatto parte dell'Esecutivo. Abbiamo ammonito gli esponenti di questo nuovo Governo sul fatto che seguire l'infelice via renziana sul fronte scuola, cioè a dire la linea del decisionismo unilaterale, non giovi né alla comunità scolastica, né alle maggioranze, che ne escono sempre e continuamente sonoramente battute. Avessimo l'interesse di cavalcare l'onda del malcontento in seno alla comunità scolastica per i passi che questo Esecutivo ha compiuto senza concertare o concertando poco e niente, potremmo farlo in ogni momento, potremmo farlo limitandoci ad illustrare il carattere iniquo di provvedimenti dal respiro cortissimo e limitativi, quali quelli recati nel “decreto scuola” in discussione, ma siccome abbiamo a cuore il funzionamento dell'istruzione, dell'istituto scuola e il destino dei suoi operatori, abbiamo preferito contrastare determinate iniquità che, in alcuni casi, hanno addirittura assunto le sembianze di atti scellerati. Lo abbiamo fatto nelle sedi competenti, cercando di far ragionare il Ministro della Pubblica istruzione e la maggioranza nel suo complesso. Importante è, a tal riguardo, la nostra battaglia, che ha visto impegnato in prima linea il nostro collega, l'onorevole Rossano Sasso, insieme al capogruppo della nostra Commissione istruzione e cultura, l'onorevole Daniele Belotti, con la capogruppo della Commissione lavoro, l'onorevole Elena Murelli; importante, dicevo, il raggiungimento e la battaglia fatta in prima fila per i diritti dei precari della scuola pubblica e privata. Mi piace ricordare i risultati che, attraverso le armi del ragionamento e del buonsenso condiviso sono stati ottenuti, ad iniziare dall'estensione fino al 2008, oltre le annualità in corso, del requisito dei tre anni di servizio per l'accesso al concorso straordinario. A me non piace parlare di vittoria, perché, ripeto, su certe cose bisogna operare in un clima di concordia operativa. A me piace parlare di diritti e di dignità restituita a migliaia di docenti precari, che, senza l'emendamento della retrodatazione al 2008, sarebbero stati esclusi da procedure concorsuali. A me piace parlare di un piccolo, ma sostanziale passo verso una scuola più giusta. Ora, ve ne sono altri da compiere in vista di questa meta, che credo ognuno di noi persegua. Ora dobbiamo affrontare la questione dei PAS, lo sblocco degli organici del personale educativo, per i DSGA, per i diplomati magistrali e per quelli idonei agli ultimi concorsi. Come Lega, già lo scorso anno, attraverso una concertazione tra Esecutivo e Parlamento, riuscimmo a dare segnali concreti, come la massiccia immissione nei ruoli in favore di personale educativo dello Stato: una categoria fondamentale nei processi educativi di tante migliaia di fanciulli e studenti in genere. Per questo, dobbiamo fare in modo che, sin da oggi, si operi fattivamente per lo sblocco degli organici, un po' come negli anni è avvenuto per altre categorie del comparto.

Non dimentichiamoci che quella che io amo definire la “dorsale formativa” consta di tanti convitti nazionali, educandati che riescono a dare un contributo prezioso alla società. L'educatore ha un peso importante nella crescita dell'allievo e la sua figura va, pertanto, tutelata. Parliamo di tutela, sia ben chiaro, e le tutele sono il riflesso della capacità dei Governi di riconoscere ai lavoratori la dignità. Un Governo che fa pesare oppure rende terribilmente astruso il cammino verso la dignità di tali figure professionali, quasi che le stesse fossero insopportabili privilegi, è un Governo scarso nella sensibilità. Troviamo, dunque, il modo di equiordinare l'educatore alle altre figure della scuola.

Ciò detto, il resto dell'impostazione, per certi versi iniquo, del “decreto scuola” è chiaro che vada cambiato. Ripeto: se non fossimo assistiti dal senso di responsabilità, potremmo usare questa grande prova di debolezza del “decreto scuola” che il Governo sta dando, per soffiare sul malessere di un comparto basilare per la società italiana, che meriterebbe rispetto, in primis il rispetto del Ministero di competenza.

Ma noi vogliamo contribuire a fare della scuola italiana la ricchezza del Paese, la fucina formativa che può essere solo se eliminiamo il senso dell'ineguaglianza che permea il decreto stesso. Non saranno le discriminazioni o le guerre tra poveri che si alimentano tra i precari della scuola a giovare in questo senso: ci vuole giustizia, altrimenti sarà la giustizia amministrativa a doversi occupare dei tanti contenziosi che, inevitabilmente, scaturiranno dall'entrata in vigore di certe norme. Il provvedimento, da quanto si evince, non prevede neanche alcun percorso abilitante per gli insegnanti di terza fascia e ignora gli insegnanti di ruolo illegittimamente trasferiti. Ce n'è abbastanza per operare nel solco di una revisione complessiva e in seno al Parlamento. Avendo io - ripeto - a cuore il principio di equità, quella della discussione del “decreto scuola” deve, infatti, essere anche l'occasione per aprire un confronto sulle condizioni della scuola in varie zone del sud Italia, vedi la Calabria, che anche in questo ambito fondamentale, così come nella sanità, si dimena tra insostenibili disagi e precarietà di vario genere. Questa è una condizione insostenibile. Ci vuole uniformità e determinazione. Mi auguro, dal Ministro competente, misure giuste e adeguate in questa direzione, anche in sede di valutazione della preparazione di docenti e discenti, che non è quella che racconta l'INVALSI. Negli anni, per evitare un approccio più costruttivo, si è delegato all'INVALSI un ingiusto ruolo di giudice supremo e inappellabile, evitando di affrontare le distorsioni di un sistema valutativo anacronistico e distaccato dal quotidiano della scuola. Quando riusciremo a parlare di INVALSI? Non può essere anche questa l'occasione per aprire un dibattito costruttivo su questo argomento? Questo è uno dei tanti auspici che io ho elencato (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Lattanzio. Ne ha facoltà.

PAOLO LATTANZIO (M5S). Grazie, Presidente. Innanzitutto, trovo doveroso ricordare che oggi si celebra la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Noi lo facciamo in questo luogo, la Camera dei deputati, che è culla della nostra democrazia e - non è un caso, questo non sfuggirà a nessuno - lo facciamo parlando di scuola, il luogo più adeguato, il luogo naturale per tenere sempre alta e viva l'attenzione nella lotta contro gli stereotipi di genere. Proprio per questo ruolo della scuola, voglio ricordare le parole di Piero Calamandrei: “La scuola riesce sempre a dare peso a chi non ne ha, a garantire e ispirare il valore dell'uguaglianza e delle pari opportunità. Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere.” Rileggere questo pensiero di Calamandrei oggi, in quest'Aula, almeno personalmente mi fa un certo effetto, perché riguarda le emozioni, il senso della storia, il rispetto per le istituzioni e i valori alla base della nostra Carta costituzionale. Ma ci parlano, queste parole, soprattutto di un valore: il valore della responsabilità. La responsabilità è quella che la politica ha e deve avere nei confronti dei docenti, dei dipendenti scolastici, delle studentesse e degli studenti, delle ricercatrici e dei ricercatori, responsabilità nei confronti della scuola intesa in senso ampio, affinché essa sia sempre un presidio attivo, un'agenzia educativa, una comunità capace, come dice Calamandrei, di dare peso a chi non ne ha, capace quindi di ispirare il valore dell'uguaglianza e delle pari opportunità. Ed è con questa responsabilità fra le mani che iniziamo la discussione generale, oggi, del decreto.

Ma quando parlo di responsabilità, parlo di una responsabilità fortemente sentita anche da questa maggioranza di Governo, una responsabilità nell'affrontare il complesso mondo della formazione e dell'istruzione in maniera seria, concreta e coraggiosa. Una responsabilità che espunge, quindi, dal nostro approccio politico la demagogia, le promesse vuote irrealizzabili, le piaggerie verso categorie scolastiche intese solamente come bacino elettorale da affascinare o sedurre. Iniziamo questa discussione con una consapevolezza chiara: sul mondo della scuola è necessario continuare a dire la verità a milioni di cittadine e di cittadini. E allora la verità è quella che il mondo della scuola, dell'università e della ricerca costituiscono un comparto vivo e per questo complesso, all'interno del quale non sono ammissibili, o non dovrebbero esserlo, semplificazioni - bianco-nero, acceso-spento - né dal punto di vista politico, né dal punto di vista comunicativo. Complessità: questa dovrebbe essere la parola chiave e la sfida per tutti coloro che si occupano di politica e di scuola.

Nei decenni passati spesso e troppe volte questo comparto è stato bistrattato, trascurato e, non da ultimo, privato di risorse fondamentali. Abbiamo davanti a noi una situazione lacunosa, piena di falle e con situazioni aperte e gravi, che da anni attendono soluzioni.

In questi mesi, il MiUR, guidato dal Ministro Lorenzo Fioramonti, con la Commissione cultura, i sindacati e le associazioni, ha lavorato a un decreto che affrontasse i problemi reali ed urgenti della scuola e della ricerca in Italia. In queste settimane, abbiamo ascoltato tantissimi addetti ai lavori che ci hanno portato richieste, esigenze, bisogni reali, idee e aspettative ed è nostro dovere rispondere. Sappiamo benissimo che un solo decreto, un decreto solo non può risolvere una situazione complessa e articolata, ma era indispensabile iniziare, ripartire e lo abbiamo fatto, procedendo per priorità, ascoltando chi ogni giorno vive la scuola, l'università e il mondo della ricerca, con il faro del merito, dell'inclusione e dei diritti a tracciare la strada per il nostro lavoro.

Il decreto che oggi iniziamo a discutere in Aula cerca di mettere ordine in questo comparto, partendo dalle necessità più urgenti e guardando a misure concrete e reali che intendono rispondere in maniera efficace ai problemi del Paese, proprio in quel comparto dal quale tutto parte e dal quale tutto dipende e che, è sempre bene ripeterlo, meriterebbe miliardi di risorse ogni anno: appunto, la scuola e il mondo della formazione.

Questo decreto è frutto di uno straordinario lavoro condiviso dalle forze di maggioranza, un percorso in cui competenze, visioni e forze differenti si sono alimentate e arricchite a vicenda, per elaborare un testo chiaro, concreto e mirato che oggi iniziamo a discutere, con orgoglio e soddisfazione; un percorso frutto di una co-costruzione e non di una semplice giustapposizione di provvedimenti ed emendamenti, come nel recente passato, che non dialogavano fra di loro. Per questa ragione, tengo particolarmente a valorizzare tanto il metodo che sta alla base del provvedimento quanto il contenuto del decreto che arriva oggi in Aula. Abbiamo lavorato e quando dico “abbiamo” mi riferisco alla maggioranza parlamentare, con Partito Democratico, Italia Viva, Liberi e Uguali e parte del gruppo Misto; ebbene, abbiamo lavorato insieme sin dal principio, grazie al prezioso impegno, oltre che del Ministro Fioramonti, anche della Viceministra Anna Ascani e della sottosegretaria Lucia Azzolina e a cui l'intera maggioranza ha fornito il proprio contributo.

Lavorare insieme come maggioranza significa confrontarsi in fase di stesura del testo, proporre migliorie, portare avanti audizioni e dare dignità a voci inascoltate del personale scolastico ed universitario, soprattutto quello precario. E, poi, in Commissioni riunite Cultura e Lavoro, abbiamo scelto la responsabilità e la cooperazione, abbiamo ragionato congiuntamente come maggioranza, il che non vuole dire una semplice contrattazione finalizzata a mettere delle bandierine da rivendicare con i propri caminetti o con i propri elettorati, cooperare come maggioranza per noi ha significato contaminarsi ed arricchirsi, sporcarsi le mani e capirsi, semplicemente, fare politica e provare a governare bene, insieme, questo Paese.

Questo lavoro ha portato a un pacchetto di più di dieci emendamenti di maggioranza sui temi di maggiore rilevanza del decreto, congiunti, cofirmati da tutti i capogruppo di maggioranza e che hanno introdotto migliorie di grande rilievo per il mondo della scuola, dell'università e della ricerca.

Abbiamo voluto dare un segnale forte e, credo, coraggioso, di compattezza, ma anche di valutazioni approfondite, un segnale di serietà e responsabilità, che è stato possibile solo grazie al lavoro coeso dell'intera maggioranza; un segnale univoco, distensivo, serio, rivolto al mondo della scuola, segnale inviato con forte senso di responsabilità nell'affrontare in maniera, lo ripeto, coesa i grandi problemi che affliggono il mondo dell'istruzione; un segnale anche, fatemelo dire, ai propri partiti di riferimento, un segnale di collaborazione nella diversità, di lavoro congiunto, di rispetto e pragmatismo, di volontà di risolvere i problemi, lavorando sui testi, superando steccati ideologici e rivendicazioni emendative di bandiera molte volte fini a se stesse.

Senza voler sminuire il contenuto importantissimo del decreto, credo che questo sia di così alta qualità proprio grazie al metodo che abbiamo deciso di utilizzare, anche per dare un messaggio inequivocabile di coesione della maggioranza rivolto al Paese e, perché no, anche al nostro Governo, anzi, il metodo utilizzato in questi mesi di confronto su temi così delicati, scuola, università e ricerca, senza false modestie, dovrebbe funzionare da stimolo sia, in primo luogo, per estenderlo ad altre aree di lavoro, sia, in secondo luogo, per ragionare sulle grandi sfide e sui progetti politici comuni che potrebbero essere sempre più ambiziosi.

Le misure che abbiamo introdotto in questo testo sono tante e importanti e, soprattutto, sono misure attese da anni. Per citarne qualcuna, in ambito scuola, innanzitutto, ricordo l'assunzione di 48 mila docenti con due diversi concorsi e l'ampliamento della platea dei soggetti che potranno partecipare - a questo proposito, sono molto soddisfatto che sia stato accolto l'emendamento di maggioranza che permette ai docenti del progetto “Diritti a scuola” di accedere al concorso straordinario -, poi, altre misure, tra cui il riordino delle graduatorie, la semplificazione delle procedure di selezione per internalizzare 11 mila lavoratrici e lavoratori dei servizi di pulizia, l'introduzione del coding tra le metodologie didattiche da acquisire per il concorso, per una scuola sempre più innovativa e competitiva, grazie alla battaglia della collega Valentina Aprea, di Forza Italia.

Ma con questo decreto interveniamo anche sulla ricerca e, in particolare, diamo finalmente maggiori tutele ai precari, equiparando quelle previste per i ricercatori con assegni di ricerca e con contratti di collaborazione a quelle dei titolari di contratto a tempo determinato, diamo la possibilità di stabilizzare i ricercatori precari, trasformando i contratti a tempo in contratti a tempo indeterminato e, infine, eliminiamo la discriminazione fra ricercatori con lo stesso percorso, ma appartenenti ad enti diversi, garantendo quindi pari opportunità.

Insomma, questo decreto, così come arriva, oggi, in Aula dopo il lavoro di Commissione, raccoglie misure fondamentali che sono frutto di un importante percorso di confronto e di condivisione. Inoltre, il testo conferma la volontà della maggioranza di andare oltre i proclami, ascoltando i bisogni reali del Paese e del comparto istruzione e ricerca, fornendo soluzioni concrete ed efficaci...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

PAOLO LATTANZIO (M5S). Concludo. Questo decreto è il frutto del lavoro delle diverse anime della maggioranza e mi piace citare l'ex Ministro Fabrizio Barca al riguardo: le anime si incontrano e si piacciono non se si trovano belle, ma se trovano bello quello che fanno assieme, se trovano bello il modo di mescolare e intersecare i contenuti. Vogliamo con forza che le giovani generazioni, nel percorso di formazione, abbiano possibilità e strumenti per diventare cittadini consapevoli e attivi e protagonisti; vogliamo che le figure fondamentali in questo processo di formazione, i ricercatori, gli insegnanti e il personale scolastico delle università e degli enti di ricerca, siano tutelate, valorizzate e sostenute per l'importantissimo lavoro che svolgono al servizio dell'istruzione, della cultura e del futuro del Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luigi Casciello. Ne ha facoltà.

LUIGI CASCIELLO (FI). Presidente, onorevoli colleghi, Viceministra Ascani, innanzitutto, ascoltando il collega Lattanzio ho pensato che questo incontro tra anime belle sarà stato anche entusiasmante, però anche un po' confusionario, nel leggere il parere del Comitato per la legislazione, come ha anticipato il collega Mollicone. In particolare, proprio nella premessa, il Comitato per la legislazione, che fa riferimento alla ratio unitaria richiesta che è alla base di decreti-legge in caso di urgenza, come, in questo caso, del personale scolastico, ricorda che appare difficile, secondo il Comitato per la legislazione, ricondurre a questa ratio unitaria la disposizione di cui all'articolo 3, comma 2, in materia di trasporto pubblico e, poi, potremmo continuare così, anzi, continuiamo un po'. In particolare, la formulazione di alcune disposizioni non appare chiara e necessita di ulteriori precisazioni, così, al comma 7 dell'articolo 1 andrebbe chiarito se possano partecipare alla procedura di abilitazione i docenti che abbiano prestato servizio per tre anni, tra l'anno scolastico 2011-2012 e l'anno scolastico 2018-2019. Poi, vi sono ulteriori incongruenze, in particolare, due disposizioni del provvedimento, ci ricorda sempre il Comitato per la legislazione, che modificano norme entrate in vigore solo da pochi mesi, determinando una problematica di stratificazione normativa; in particolare, l'articolo 3, comma 1, esclude i dirigenti scolastici e il personale ATA dal sistema di verifica biometrica dell'identità e di videosorveglianza degli accessi, previsto dall'articolo 2, comma 4, della legge n. 56 del 2019, non di anni fa, ma di pochi mesi fa. Poi, ancora, nel concludere la propria relazione, il Comitato per la legislazione è perentorio, perché dice che le Commissioni di merito devono valutare, per le ragioni esposte in premessa, l'opportunità di approfondire la formulazione degli articoli 1, comma 2, 11 e 13, lettera b) e 4, comma 1, che poi sono l'asse portante di questa conversione del decreto-legge.

Tuttavia, al di là di un tecnicismo che poi rischia, in questo caso, per voi, di essere sostanziale, c'è da chiedersi in che clima per la scuola italiana arrivi questo decreto che oggi viene esaminato alla Camera in prima lettura per essere convertito in legge, in che clima per la scuola italiana.

Non sfuggirà a nessuno, non sarà sfuggito a nessuno, ancor meno ai colleghi della VII Commissione che, ogni anno, Eduscopio, della Fondazione Agnelli, fa una classifica, dopo uno studio particolareggiato, sulla qualità dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado. Bene, nei primi posti di questa classifica spessissimo ci sono, quasi sempre, scuole paritarie. Ritengo che la scuola sia tutta pubblica e la differenza non è tra statale e privata ma è, nella scuola pubblica, tra statale e pubblica perché in questo Paese, a differenza di altri Paesi europei, è possibile ricorrere al privato per curarsi, ma non è possibile ricorrere, se non ne hai l'opportunità finanziaria, ad un'educazione specifica e diversa che vuoi per i tuoi figli. Ma queste sono eredità asburgiche del nostro sistema, che non abbiamo mai con coraggio cambiato, a differenza di altre realtà europee, magari con il buono scuola che pure è stato sperimentato in qualche regione italiana. Bene, in questo clima, arriva questo decreto.

Infine, per concludere il ragionamento di prima, si pensa sempre che la scuola, la scuola dell'obbligo almeno, e non solo, sia gratuita: non è così perché è noto che ogni studente costa circa 8 mila euro l'anno allo Stato. In alcune delle scuole paritarie che sono classificate ai primi posti la retta annuale è di 4.800 euro: quindi, vuol dire che il problema è l'offerta educativa, la capacità educativa e quindi anche la capacità e la formazione e la continuità del personale docente e sicuramente anche la continuità didattica. Non a caso, questo decreto sostanzialmente passerà come un salva-precari, esigenza legittima, necessaria. È vero che il provvedimento non si occupa solo di precariato della scuola, però questo è il punto centrale. La scuola italiana, e il sistema scolastico nel suo complesso, resiste, ma si confronta da anni con questa pratica, appunto del ricorso al precariato. Non a caso, viene definito precariato storico e rappresenta una anomalia del sistema scolastico italiano, che va assolutamente eliminata. Il problema è il come, come abbiamo visto prima, in una simbiosi di anime belle ma confusionale, come dicevo prima: lo dice il Comitato per la legislazione. Quindi, per evitare ulteriori problemi, sarebbe il caso che alcune norme vengano chiarite, definite, per evitare che si apra un complesso di contenzioso al quale, tra l'altro, si tenta di sottrarsi proprio introducendo nuove norme; questo è stato uno dei punti che noi abbiamo sottolineato in Commissione. Non dobbiamo intervenire come se fossimo una sorta di Consiglio di Stato: la politica interviene per l'indirizzo. Non dobbiamo risolvere i problemi dei ministeriali da questo punto di vista.

Alla fine, ci siamo trovati, in questi anni, una scuola italiana che, proprio per la carenza di una propria continuità didattica, è finita per ammalarsi di “supplentite”. Il numero di immissioni in ruolo non ha coperto i posti disponibili: anche per quest'anno scolastico si è dovuto quindi far ricorso a un numero elevato di supplenze. Secondo il Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica nel 2018-2019 della Corte dei conti si è fatto ricorso alle cattedre a tempo per più di 160 mila unità, tra contratti annuali fino al 31 agosto e contratti fino alla fine delle lezioni, al 30 giugno. Questo incide sul sistema, e sul sistema incide anche la mancanza in alcune classi di concorso di personale iscritto nelle graduatorie ad esaurimento – quelle che vengono definiti GAE – e di merito, cioè dai concorsi. Tutto questo va - lo dicevo prima - a discapito della qualità del sistema docenti che vengono assegnati in ritardo e a discapito della continuità didattica, non viene assicurata, con condizioni di lavoro complesse per i docenti precari. Quando si parla di scuola - lo diceva anche qualche collega prima - è chiaro che a ciascuno di noi sta a cuore il lavoro degli insegnanti, è chiaro che a ciascuno di noi sta a cuore il lavoro dei dirigenti scolastici, del personale ATA e di tutti i componenti del mondo scuola, ma sicuramente il fine qual è? Il fine è lo scopo educativo, quindi a noi devono stare a cuore innanzitutto i nostri ragazzi: ecco perché la formazione dei docenti è fondamentale, cosa che in questi anni, con il precariato, sicuramente non è stata possibile. Il ricorso al precariato e le conseguenti richieste provenienti da chi lavora in tali condizioni rischiano anche di ingenerare un corto circuito tra esigenze della didattica ed esigenze dell'occupazione e di far diventare il sistema scolastico un sistema solamente per assorbire giovani laureati. Però, è anche vero che dietro la parola precario ci sono persone ciascuno con una propria storia, ci sono docenti che quotidianamente affiancano nel lavoro i loro colleghi di ruolo, che avviano progetti, che interagiscono con le alunne e con gli alunni, con le studentesse e con gli studenti, creano relazioni e adottano sistemi didattici; poi finisce l'anno, finisce la supplenza ed ecco cambiano scuola, cambiano colleghi e i ragazzi, gli studenti cambiano docenti. Quindi come si fa ad imparare, a conoscersi, a lavorare insieme ancor di più se, tra l'altro, in classe c'è uno studente diversamente abile. Il punto, alla fine, diventa sempre lo stesso: il punto che aveva indotto - è chiaro, fino a prova contraria, ancora indotto, perché le minacce di dimissioni vengono ripetute con continuità - il Ministro Fioramonti a minacciare le dimissioni se i fondi nella prossima legge di bilancio per la scuola non dovessero essere corrispondenti e congrui agli obiettivi dello stesso Ministro. Quindi, in questo clima, arriva il “salva precari”, perché, invece di tappare i buchi con la continua previsione di concorsi straordinari, dovremmo porci l'obiettivo di un piano di lungo termine, che non venga stravolto da ogni maggioranza che si affaccia al Governo, ma dia al sistema scuola il tempo di adattarsi, per risolvere definitivamente problematiche del sistema dell'istruzione in questo Paese.

Noi, come Forza Italia, abbiamo sostenuto modifiche importanti e alcune sono state anche accolte, ma soprattutto abbiamo cercato di limitare, per quanto possibile, conseguenze negative tentando di riconoscere diritti negati a categorie e docenti. Ad esempio, chiaramente siamo soddisfatti per l'accoglimento, da parte della maggioranza e del Governo, della nostra proposta in materia di metodologia didattica, digitale e coding quale materia di formazione per i docenti. Certamente è un passaggio importante. Non arrivo a dire, come la collega Aprea, che siamo di fronte a una svolta epocale, la sua passione è nota, ma siamo di fronte sicuramente ad un tentativo ma il tentativo si compie, nella concretezza dell'azione, con interventi finalizzati, interventi importanti, con risorse importanti perché questo è ancora il Paese dove c'è la scuola del Mezzogiorno e la scuola del Nord, dove il tempo pieno è possibile solamente per il 3 per cento in alcune parti del Paese, mentre altrove è la consuetudine. Però, questo passaggio, l'introduzione appunto nel decreto della previsione di una specifica formazione nell'ambito del percorso di formazione e di prova del personale docente in vista delle prossime assunzioni di competenza digitale e del coding, ci sembra un passaggio importante.

Comunque, poiché riteniamo che questo decreto-legge sia un provvedimento parziale e non risolutivo nel suo intento di superare le criticità del sistema, in particolare per quanto riguarda il personale docente precario del sistema nazionale di istruzione, così come riteniamo che il provvedimento non ripari il Ministero dalla possibile ulteriore apertura di contenziosi, la posizione di Forza Italia rimane critica, e rimane critica anche su alcuni aspetti specifici, non solo quelli ricordati dal Comitato per la legislazione. In particolare, tra le criticità che il provvedimento presenta ci sembra evidente la mancata equiparazione del servizio svolto dai docenti presso le paritarie con il servizio svolto presso le scuole statali.

Mentre per i docenti delle statali, infatti, è previsto che il servizio sia requisito per poter partecipare al concorso sia per l'accesso al ruolo che ai fini dell'abilitazione, per i docenti che hanno lavorato nelle scuole paritarie il triennio di servizio svolto permette di accedere esclusivamente a prove selettive finalizzate all'abilitazione e qui ritornerebbe il ragionamento sulla scuola statale e sulla presunta solo scuola privata. In sede di esame è stata poi accolta la nostra richiesta e di tutte le opposizioni di riconoscere il servizio anche se svolto cumulativamente presso le statali e le paritarie, nonché presso le istituzioni dell'istruzione e della formazione professionale, che poi è di competenza regionale, se tali istituzioni rispondono chiaramente ai requisiti previsti e richiesti dalla legge.

Ma c'è ancora qualche altra criticità e ne segnalo una. Per esempio, la proroga degli incarichi dei dirigenti è indispensabile: la proroga dei dirigenti tecnici a tempo determinato fino all'immissione nei ruoli dei dirigenti tecnici vincitori di concorso e senza un aggravio di spesa; guasti già provocati in passato e situazioni di emergenza che si rischia di riavere adesso. Il Fondo stabilito in decreto di 7,90 milioni di euro finalizzato alle assunzioni dei dirigenti tecnici vincitori di concorso potrebbe essere impegnato per finanziare la proroga degli incarichi a dirigente tecnico a tempo determinato e fino all'atto dell'immissione in ruolo dei dirigenti tecnici vincitori di concorso, ma questa, poi, sarà materia di un mio specifico emendamento. Tale proroga consentirebbe di non creare un vuoto in organico durante il prolungamento delle procedure concorsuali previsto per l'alto numero dei concorrenti, così come tra l'altro è già accaduto per lo svolgimento dell'ultimo concorso per dirigenti tecnici, e sarebbe a garanzia del buon andamento, quindi, della pubblica amministrazione.

Criticità ulteriori non mancano, ma riteniamo che mai, come questa volta, il Comitato per la legislazione sia stato esauriente e, direi, preoccupante per la maggioranza e per un testo che va necessariamente rivisto e va necessariamente corretto per evitare confusioni e, soprattutto, per evitare contenziosi, contenziosi che saranno inevitabili se non si porrà rimedio, in queste ore, con interventi specifici chiarificatori al fine di evitare che manchi soprattutto quella ratio unitaria che, in più di un passaggio, anche il Comitato per la legislazione richiama (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gabriele Toccafondi. Ne ha facoltà.

GABRIELE TOCCAFONDI (IV). Grazie, Presidente. Ringrazio e saluto il Governo, il Viceministro. Saluto anche tutti i colleghi. Con il “decreto scuola”, Presidente, mi lasci dire che per l'ennesima volta si è finalmente invertita la rotta e si è invertita la rotta per due motivi oggettivi, penso, che vado a dire. Il primo punto, è che si inverte la rotta perché si investe e si assume. Nei mesi precedenti e soprattutto nei 14 mesi precedenti - il precedente Governo - di scuola si è parlato per i tagli. Si è tagliato, si è eliminata l'alternanza, risparmiando anche, come disse il precedente Ministro, 56 milioni di euro, e si è intaccato il Fondo per il merito e spero che nessuno della maggioranza anche in queste ore - e magari in legge di bilancio - voglia eliminare il Fondo per il merito e lo dico come bollettino ai naviganti, ai naviganti della maggioranza, dato che noi siamo e saremo sempre contrari all'abolizione del Fondo per il merito. Addirittura, si sono intaccati nei 14 mesi precedenti i fondi del funzionamento alle scuole, si è ridimensionata la valutazione, si è ridimensionato di molto il ruolo dei dirigenti scolastici e le uniche cose inserite nei precedenti 14 mesi del precedente Governo sono state le impronte digitali mentre adesso siamo tornati indietro - meno male! - e abbiamo anche aumentato con il precedente Governo un'ora di educazione civica in più alla settimana, 33 ore circa l'anno, senza però un euro in più, a invarianza, lasciando così un ulteriore elemento in più da svolgere ai nostri insegnanti e ai nostri dirigenti scolastici. In più una materia valutata, ma non si sa bene fatta da chi, e valutata da chi.

Che siamo di fronte a un'inversione di rotta ulteriore lo si vede anche per un altro elemento: non si parla più di “decreto salva precari” ma di “decreto scuola”. Sembra una modifica di forma, una modifica semantica: no, no, questa è una modifica di sostanza, assolutamente e totalmente di sostanza. È legittimo parlare di precari e di precariato nella scuola, assolutamente legittimo e non nego questo, ma è assolutamente necessario e doveroso parlare di insegnanti. È doveroso parlare di insegnanti in generale, è obbligatorio stabilire che a scuola debbano entrare insegnanti bravi e motivati, ed è altrettanto obbligatorio, ormai nel 2019, dare quasi per scontato che debbano entrare per concorso. Quindi, se è giusto parlare della situazione dei tanti precari, è altrettanto giusto parlare di merito, di valutazione, di qualità, di concorso, di selezione. Tutto ciò dovrebbe essere ovvio, naturale e scontato ma, come sappiamo, anche in Commissione, nei dibattiti e nelle audizioni non è così ovvio, naturale e scontato. Per questo rivendico con forza che questo decreto non è una sanatoria, ma è una selezione. Questo “decreto scuola” parte da un principio fondamentale: la scuola è luogo educativo, di crescita dei ragazzi e occorre, quindi, selezionare e selezionare i migliori, i più motivati tra i docenti. Questo decreto parla di 48 mila assunzioni a tempo indeterminato con due concorsi, l'ordinario e lo straordinario, e questo mix è la giusta risposta alle domande di chi vuole svolgere il lavoro di insegnante che sia più o meno giovane, cioè che ha appena terminato il proprio percorso di studi o l'ha terminato da qualche anno ma può concorrere con il percorso ordinario che tutti conosciamo. Ma è la giusta risposta anche, attraverso il concorso straordinario, a tutti coloro che nella scuola già hanno un'esperienza, ma anche questo - e lo voglio sottolineare - è un percorso selettivo: tre anni di anzianità, una prova scritta il cui punteggio minimo è di sette decimi, una graduatoria, un periodo di prova di un anno, 24 crediti formativi da ottenere e una prova orale svolta da un comitato composto anche da membri esterni, in cui gli insegnanti dovranno dimostrare di saper svolgere un'unità didattica, ovvero dovranno progettare e condurre una lezione, e coloro che non superano la prova selettiva per essere assunti e, quindi, non entrano nella graduatoria dei 24 mila potranno comunque ottenere i 24 crediti formativi e sostenere una prova orale selettiva che darà loro l'abilitazione e c'è la possibilità poi di insegnare con un percorso abilitante. Tutto questo è un percorso lineare rispetto a quello che ho detto poc'anzi, ed è un percorso lineare che fa i conti con un perimetro chiaro, un perimetro e una cornice composti dalle risorse disponibili, dal numero (48 mila docenti assunti a tempo indeterminato), da un concorso (qui diventano due) e da alcune sentenze, come il tema dei 36 mesi. Sono stati svolti dalla Commissione, da maggioranza e opposizione in un clima di collaborazione per migliorare il testo, appunto alcuni miglioramenti che sono, a mio giudizio, oggettivi.

Abbiamo allargato la platea, pur nella cornice e nella linearità del percorso, e l'abbiamo allargata rispetto alla selezione del percorso straordinario a chi sta conseguendo la specializzazione sul sostegno, a chi, come più volte è stato ricordato, ha in corso il terzo anno di supplenza, a chi ha maturato il terzo anno già dal 2008 ad oggi. Insieme a questo voglio ricordare un emendamento che ci ha visto protagonisti, quello degli insegnanti di religione. Voglio sottolineare questo aspetto come un aspetto quasi storico per il fatto che oggi siamo arrivati, su un organico di 24 mila insegnanti di religione, a solo 11 mila insegnanti di questi 24 mila che sono di ruolo. La stragrande maggioranza, 13 mila, quasi il 60 per cento, quindi, non essendo di ruolo, auspica finalmente, dopo quindici anni, dopo l'ultimo concorso, quello del 2004, di avere riconosciuto un percorso che gli compete e, soprattutto, un contratto dignitoso e a tempo indeterminato.

Così come voglio riconoscere uno sforzo che abbiamo fatto, e in parte è riuscito, in parte auspichiamo che possano lavorare e continuare questo percorso sia l'Aula che il Senato, sul riconoscimento del percorso sia degli insegnanti delle scuole paritarie che degli insegnanti dell'istruzione e formazione professionale. Presidente, paritarie: qui molti colleghi, ho sentito, continuano a fare molta confusione. Le scuole private sono un'altra cosa; il sistema di istruzione nazionale, a norma della legge n. 62 del 2000, è composto da scuole statali e non statali, e nelle scuole non statali figurano le scuole paritarie e i percorsi regionali IeFP. La differenza tra scuola paritaria e scuola privata sta nella sostanza e nella forma. Le scuole paritarie private non stanno nel sistema e non possono oggettivamente avvalersi della parità, e quindi dell'equipollenza del titolo di studio; cosa che, invece, possono fare le scuole paritarie.

È stato fatto un percorso a metà per questi insegnanti: gli è stata riconosciuta la possibilità di partecipare al concorso straordinario, ma solo per i fini abilitativi; è già qualcosa, come dirò fra poco, ma non è tutto quello che volevamo e vogliamo. Così come accaduto per gli insegnanti del percorso di istruzione e formazione professionale; sono insegnanti del sistema di istruzione nazionale, concorrono al percorso scolastico dei nostri ragazzi della scuola secondaria di secondo grado, sono scuole gestite dal sistema regionale. In questo decreto non erano contemplati per niente; con un emendamento a nostra firma e grazie al lavoro di tutta la maggioranza questi insegnanti rientrano almeno per il percorso abilitante, ma non - ci arriverò a breve - per il percorso selettivo.

Così come voglio sottolineare un altro nostro emendamento che è stato accolto, ovvero quello dell'assunzione di tutti i posti vacanti dei dirigenti tecnici del MIUR. Questo è un segnale assolutamente positivo, in controtendenza rispetto agli ultimi anni e che aiuterà il Ministero sia a livello centrale sia a livello territoriale. Così come prosegue una buona strada per ricercare una soluzione rivolta ai ricercatori precari, penso al CNR, ma non solo; una soluzione che è stata condivisa da tutta la maggioranza con diversi emendamenti, compreso uno a firma di Italia Viva, senza però compromettere i bilanci e, soprattutto, assumendo persone che già lavorano e già sono state selezionate.

Così come voglio sottolineare un passo in avanti, solo un passo rispetto a quello che ancora è da fare, rispetto al tema delle pulizie delle scuole. Spesso viene sottolineato come il tema dei lavoratori socialmente utili: è oggettivo che sia quello il tema, ma voglio partire dalla finalità di questi lavoratori che in questi anni hanno aiutato il percorso, il tema scuola con le pulizie delle scuole. È sicuramente una prima risposta ai lavoratori, ma sicuramente non è sufficiente.

Vado a conclusione: il tema è oggettivo del cambio di passo, dell'inversione di rotta di questo decreto. I miglioramenti, grazie al lavoro in Commissione di membri di maggioranza e di opposizione, è altrettanto oggettivo, ma non voglio nascondere vi siano ancora alcuni passi da percorrere, partendo proprio dal tema delle pulizie delle scuole. Su 16.230 lavoratori che se ne occupano attualmente, attraverso i percorsi che avevamo sottolineato poc'anzi, con un emendamento in decreto scuola ne verranno assunti circa 11 mila e viene anche stabilita una proroga di circa due mesi, quindi fino a fine febbraio, con risorse solo del Ministero dell'Istruzione.

Questa è la fotografia dell'emendamento e della situazione: è necessario fare assolutamente di più, è necessario fare di più per quello che ho detto poc'anzi, perché le nostre scuole devono essere pulite, i nostri ragazzi e bambini devono trovare delle realtà scolastiche adeguatamente igienizzate, e questo finora è stato possibile attraverso questi appalti. Se di 16 mila lavoratori se ne assumono solo 11 mila, è oggettivo, numeri alla mano, che potremmo avere dei problemi che non vogliamo rispetto a quello che è il percorso scolastico; ma è altrettanto oggettivo che il MIUR da solo, con proprie risorse, non può affrontare questo tema. È quindi doveroso che sia il Governo e la Presidenza del Consiglio a occuparsi, anche nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, vista anche la proroga di due mesi degli appalti, di trovare una soluzione; così come c'è ancora strada da fare sul percorso IeFP e paritarie, come dicevo prima.

L'istruzione e formazione professionale è parte integrante del sistema di istruzione nazionale. Sono scuole gestite dalle regioni, fanno un lavoro egregio sull'abbandono scolastico, funzionano, gli insegnanti sono docenti di scuola secondaria di secondo grado. Nella prima bozza che è entrata alla Camera non erano contemplati, come se non fossero mai esistiti; il lavoro degli emendamenti ha portato almeno al percorso di abilitazione. Possiamo e dobbiamo fare di più, perché questi insegnanti hanno tutto il diritto di poter partecipare anche alla selezione; una selezione a prove, quindi, se sono i più bravi, i più meritevoli, se lo dovranno guadagnare sul campo, ma eliminare questa possibilità a priori, non si sa bene per quale motivo, per quanto ci riguarda non trova ragioni adeguate. E così come gli insegnanti delle scuole paritarie. Noi vediamo assolutamente l'aspetto positivo, cioè il fatto che, grazie a un lavoro al Ministero e prima di entrare alla Camera, questi insegnanti delle scuole non statali potranno partecipare già al percorso del concorso selettivo per l'abilitazione. Sono circa 12 mila gli insegnanti non abilitati che oggi frequentano le scuole non statali, circa il 50-60 per cento del totale degli insegnanti delle scuole paritarie.

Non è che le scuole non statali vanno a cercare per forza gli insegnanti non abilitati; è che ormai da troppo tempo non c'è un percorso di abilitazione, e questo, come il Viceministro sa, è un tema che deve essere messo in calendario molto presto. Però il tema è pericoloso per le scuole non statali, perché, rispetto alla legge di riferimento, la n. 62 del 2000, una scuola paritaria deve obbligatoriamente avere insegnanti abilitati, altrimenti gli ispettori dovranno redigere dei verbali che segnalano la non presenza di un elemento fondamentale per proseguire ed avere la parità scolastica. Ed è un grande paradosso: lo Stato a cui compete il percorso di abilitazione ancora non ha dato risposte, le paritarie assumono da alcuni anni gli insegnanti a disposizione, cioè quelli non abilitati, gli ispettori vanno a fare giustamente le ispezioni nelle scuole paritarie e devono segnalare questa mancanza, e le scuole paritarie chiedono a gran voce “dateci insegnanti abilitati”. Ebbene, qui e con questa possibilità diamo una risposta all'emergenza! E quindi voglio notare l'aspetto positivo, ma ancora tanta strada occorre fare.

Un ultimo aspetto riguarda gli insegnanti di religione. Come detto prima, su 24 mila in organico solo 11 mila sono di ruolo, circa il 60 per cento è precario; l'ultimo concorso è stato svolto nel 2004, allora era Ministro dell'Istruzione Letizia Moratti. Bene: 15 anni dopo e 10 Ministri dell'Istruzione dopo arriva un fatto che io voglio sottolineare come storico, ossia un concorso nel 2020, un concorso ad hoc sugli insegnanti di religione.

Si può migliorare quello che abbiamo scritto e votato all'unanimità con gli emendamenti? Assolutamente sì. Noi eravamo per una quota riservata di almeno il 50 per cento, cioè il massimo possibile a chi ha maturato già almeno tre anni di insegnamento nelle scuole. Si è stabilita una percentuale più bassa, quella del 35 per cento, è stata una mediazione: in politica si fanno le mediazioni; e quindi c'è il gioco che conosciamo bene, se il bicchiere su questo tema sia mezzo pieno o mezzo vuoto. Io non ho dubbi: per me è assolutamente mezzo pieno, e mi verrebbe anche da dire con una battuta che, stando all'esempio, se dobbiamo essere sinceri prima il bicchiere non è che era vuoto, non c'era nemmeno. Dobbiamo quindi essere contenti del lavoro svolto, però si può fare di più.

E in sostanza, e concludo, Presidente: questo è un buon decreto-legge, è un decreto-legge non “salva precari”, è un decreto-legge “scuola”; che parte da un dato oggettivo: la scuola ha bisogno di insegnanti bravi, motivati, selezionati, perché in gioco non c'è solamente il ruolo pur fondamentale della scuola, ma c'è il ruolo assolutamente essenziale e fondamentale dei nostri giovani, dei nostri ragazzi (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alessandro Fusacchia. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-CD-RI-+E). Presidente, ho ascoltato con molto interesse gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto. Io vorrei svolgere alcune considerazioni prima generali, e poi su alcuni punti specifici di questo decreto-legge.

Le considerazioni generali sono che, come ricordava pochi minuti fa il collega Toccafondi, questo è un decreto-legge sulla scuola che si occupa di tanti aspetti, e che però hanno a che fare essenzialmente con il reclutamento degli insegnanti e una serie di misure poi collegate, che permettono di avere nelle scuole le persone che servono. Io in apertura di questo intervento vorrei ricordare che chiaramente si può fare meglio e si può sempre fare meglio, ma vorrei ricordare da dove partiamo e da dove partivamo.

Io me la ricordo l'estate, e non me la ricordo solo per il sole o gli ombrelloni: me la ricordo perché noi abbiamo chiuso quest'Aula, e si è chiusa con un Consiglio dei ministri che aveva proposto un decreto-legge “salva precari” che non solo era una delle peggiori sanatorie probabilmente degli ultimi anni, ma che stabiliva il principio della sanatoria, cioè stabiliva il fatto che questo Paese di fatto smetteva di fare concorsi perché avevamo accumulato talmente tanti precari che, un po' dopo gli altri, li stabilizzavamo in termini di insegnanti.

Non mi pare un dettaglio che, al netto di tutta una serie di cose molto diverse che sono contenute in questo provvedimento e che sono state ricordate anche dai colleghi, qui stabiliamo anzitutto un principio fondamentale, e cioè l'avverbio “contestualmente”. Cioè, questo decreto-legge prevede di tenere un concorso straordinario, su cui arrivo fra un secondo, e un concorso ordinario, che deve partire contestualmente. Questa è una cosa molto importante da prevedere anche in norma, perché, con un po' di esperienza anche pregressa, amministrativa, nei Ministeri e così via, la tentazione poi sempre è che ci siano due cose importanti, ma ce ne sia una che, un po' come nei libri di Orwell, è più importante delle altre, una che è più urgente delle altre; e quindi il rischio è che poi si stabilisca di fare una serie di procedure concorsuali, ma di fatto il Ministero sia in grado, anche fisicamente, di farne partire solo una. Ciò porta tutti a giustificare che l'altra cosa che ci sembrava importante e che doveva andare in parallelo, perché quella è la ratio del percorso che si decide di mettere in piedi, poi o si ritarda o non viene fatta contestualmente, e ad un certo punto non si fa più perché, nel frattempo, il mondo è cambiato un'altra volta. Il fatto quindi che noi stabiliamo con questo decreto-legge, rafforzando l'impostazione data dal Governo, che mentre facciamo un percorso straordinario ne facciamo uno ordinario, mi sembra il ritorno alla Costituzione, e quindi mi sembra un elemento dirimente per compiere una prima valutazione di che cosa noi stiamo discutendo e poi andremo a votare in Aula nei prossimi giorni.

A questo ci aggiungo un altro aspetto: lo stesso concorso straordinario nasce da un'esigenza legittima (poi entrerò nel merito della questione). Qual è l'esigenza? Nel corso del confronto che abbiamo avuto con il Governo, e ne approfitto per salutare la Viceministra Ascani, che abbiamo avuto in Commissione nei giorni scorsi, è venuto fuori in tutta la sua plasticità il paradosso in cui siamo immersi in questo momento storico: nonostante tante misure nel passato per facilitare un reclutamento a tempo indeterminato, mai come in questo anno c'è stato un numero esorbitante, indegno francamente di un Paese civile, di supplenze. Il paradosso di tutto ciò è che non abbiamo fatto i concorsi perché c'erano sempre - uso un'espressione corretta - pressioni? Legittime di gruppi sociali che chiedevano altre misure piuttosto che concorsi, e quindi concorsi se ne facevano relativamente pochi rispetto al fabbisogno e alle esigenze. Nel frattempo però le graduatorie, quelle storiche, abbiamo cominciato a svuotarle, e quindi ci siamo ritrovati pieni di buchi in tutta Italia. Allora, a questa situazione come si rimedia? Si rimedia probabilmente con un doppio canale come quello che stiamo discutendo e approvando.

Il concorso straordinario, che poi è stato modificato in diverse parti anche, in maniera significativa, mi verrebbe da dire, in Commissione, secondo me introduce un elemento molto interessante, a volercelo leggere, che chiaramente c'è o non c'è a seconda di come poi sarà fatta l'attuazione di questa misura: che non compete al Parlamento, ma compete al Ministero. Qual è l'elemento interessante? Cosa prevede la procedura straordinaria? Prevede una selezione con una prova scritta, superata la quale i 24 mila entrano di ruolo, ma sub judice del fatto che c'è una prova orale dopo un anno: quindi sostanzialmente alla fine di quello che adesso è il periodo di prova. Che messaggio ho deciso di leggerci io in questa modifica strutturale rispetto a come vengono tenuti i concorsi? Che proviamo a ridurre l'elemento aleatorio del concorso e questo probabilmente dovremmo provare a immaginarcelo non solo per i concorsi della scuola. L'elemento aleatorio è che i concorsi, da che mondo è mondo che io ricordi, sono tenuti con delle prove in cui uno si presenta un giorno, poi magari ha un punteggio rispetto all'anzianità di servizio, ha dei punteggi rispetto ai titoli, quindi chiaramente in parte si tiene anche conto della storia della persona che sta affrontando quel concorso; e ripeto, non parlo solo dell'insegnamento in questo momento. Però è pure vero che c'è un elemento significativo legato al fatto che quella persona quel giorno stava bene fisicamente, stava male fisicamente: come dire, molto legato a quelle ore in cui svolge quella prova. Qui il meccanismo che passa è un po' diverso; e secondo me, perché credo ci sia un bel messaggio? Perché il messaggio che passa è: io ti faccio fare una prova di ingresso, ma ti do un anno in cui tu, se hai delle carenze, come hai per definizione perché le carenze le abbiamo tutti, hai modo di recuperare, e quindi hai modo di acquisire dei crediti formativi, hai modo di fare un percorso, hai modo di svolgere dell'insegnamento e di fare del lavoro sul campo, e hai un anno per prepararti e su quell'anno sarai valutato alla fine di questo percorso.

L'elemento “aleatorio”, tra virgolette, quindi che è insito in qualsiasi tipo di concorso si riduce.

A che condizione, però? E questa non è filosofia, ma un meccanismo di selezione al rialzo degli insegnanti della scuola italiana. A condizione che questo percorso sia serio all'inizio e alla fine. E mi verrebbe da dire soprattutto alla fine, quindi nel nostro caso sia particolarmente seria la prova finale, perché, se a chi ha superato la prova scritta e ha fatto quest'anno e ha acquisito i crediti, io concedo una possibilità reale di dimostrare quanto vale, questa prova deve essere seria. Quindi, io sono particolarmente contento che il lavoro in Commissione che abbiamo fatto con la maggioranza abbia accolto anche la proposta che avevo fatto - insieme ad altri colleghi, devo dire - di rafforzare questa prova orale e di prevedere una cosa molto semplice, che ha a che fare con le inclinazioni umane, e cioè che il comitato che andrà a valutare poi i docenti in fase finale non sia composto solo dai docenti della stessa scuola, come adesso avviene per l'anno di prova normale, ma sia rafforzato con delle figure del mondo della scuola, compresi dirigenti scolastici che non appartengono a quell'istituzione scolastica. La ragione è molto semplice: è difficile valutare o ritrovarsi nella condizione di valutare un collega con cui uno magari ha passato un anno nella stessa classe o nella classe a fianco. Questo credo che sia un elemento apparentemente di dettaglio ma, in realtà, molto qualificante del lavoro che stiamo facendo. Attiro poi all'attenzione dei colleghi, però, su un paio di questioni, e lo dico perché il lavoro per rafforzare la scuola italiana comincia il giorno in cui noi approveremo in via definitiva questo provvedimento - non è che finisce, cari colleghi, fra qualche giorno, ma comincia -, perché l'anno prossimo dovremo occuparci di tante questioni collegate. Io spero che il Governo avrà la forza, tutti avremo la forza di occuparci di questioni che hanno a che fare non solo con l'aumento salariale ma con l'introduzione della carriera dei docenti, con il ripensare e aggiornare i piani di formazione dei docenti con un meccanismo anche di inserimento di valutazione dei docenti, ma su questo ci arrivo fra un secondo. Che cosa voglio dire, però, con l'aspetto di effetto anche collaterale o di effetto legato a questo provvedimento? L'abilitazione. Noi prevediamo, con il concorso straordinario, che, ripeto, è stato allargato anche ad una platea più significativa di quella inizialmente prevista dal Governo, che chi sostanzialmente supera la prova scritta ma non rientra nei primi 24 mila posti disponibili abbia l'abilitazione, e quindi entri in questo meccanismo sano, alla fine, perché è corretto avere l'abilitazione per insegnare nella scuola, perché questo certifica la preparazione, la competenza e così via. Attenzione, però, che io vedo un rischio dietro l'angolo, quindi mi pare corretto dirlo almeno una volta dentro quest'Aula parlamentare, cioè che l'abilitazione non deve diventare lo strumento collettivo di pressione per evitare di fare i concorsi. Questo perché questo Paese sono anni che sta facendo fatica per esaurire delle graduatorie che si chiamano graduatorie ad esaurimento, che sembra che non si esauriscono mai, nonostante siano chiuse. Bisogna stare attenti - lo dico con grande sobrietà e serenità d'animo - ad evitare che il meccanismo di abilitazione, a partire da questo decreto, ma soprattutto dai provvedimenti che il Governo ha in promessa di presentarci all'inizio dell'anno prossimo, non diventi de facto la maniera per ricostruire delle lunghissime graduatorie che non servono solo per mandare i docenti abilitati nella scuola - cosa che è corretta - ma per creare delle naturali dinamiche in qualsiasi Paese democratico per cui, quando hai in uno stesso posto, che sia un elenco o che sia altro, decine di migliaia di persone, la capacità delle istituzioni, della politica, di instaurare un dialogo sereno con queste decine di migliaia di persone non è sempre la cosa più facile del mondo. E la tentazione, chiamiamola così, di questi ultimi decenni, non direi nemmeno anni, del mondo della scuola è che quando hai lunghe liste, le lunghe liste, per ragioni spesso anche legittime, però ti chiedono, e non è che chiedono a questo partito o a questo Governo, chiedono a tutti i partiti, a tutti i Governi, di non procedere più a fare i concorsi. Quindi, da un lato, cerchiamo di capire come fare i concorsi sempre meglio, che siano sempre più capaci di selezionare le persone che noi crediamo debbano andare a insegnare nella scuola del XXI secolo, occupiamoci dopo, insieme alla selezione, anche della formazione, che è una cosa un po' più sofisticata - mi spiace dirlo - dell'aggiornamento professionale. È una cosa per capire come una persona, un insegnante che si è formato in un mondo in cui non esisteva Internet - perché anche di questo stiamo parlando - possa validamente insegnare a dei ragazzi che oggi sul cellulare recepiscono più informazioni in un giorno di quelle che è in grado di dargli tutta la scuola in un anno, perché di questo stiamo parlando. Però attenzione ad evitare che, con la scusa di aggiornare i concorsi e fare in modo che i concorsi non siano uno strumento di selezione semi-aleatoria, allo stesso tempo, partendo da lì, finiamo a non farli più, invece di rivedere come funzionano e quali sono i meccanismi.

Aggiungo un'altra questione fondamentale. Noi abbiamo ampliato significativamente la platea sia di quelli che partecipano al concorso straordinario che anche al concorso ordinario, quindi c'è un numero significativo di persone che si misureranno con questi concorsi nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, e la tentazione di alcuni con una certa convinzione è che si possa governare ex ante, cioè fare le leggi che prevedono dei meccanismi ex ante. Cioè, siccome c'è qualcuno che fa il furbo, io provo a fregarlo prima, lo controllo prima, metto una barriera forte all'ingresso prima; questo è un Paese che ha ampiamente dimostrato a chiunque, dall'inizio della sua Repubblica, che è un meccanismo che funziona raramente. Io sono molto convinto che ci serva un Paese costruito non su meccanismi ex ante ma su meccanismi ex post, quindi va benissimo che tutti si possano misurare, e che si possano misurare anche in velocità, con agilità, con uno o più meccanismi di ingresso nella scuola italiana - a certe condizioni sono anche disposto a dire facilitati come percorsi -, ma se vogliamo assicurare che resti merito nella scuola, che aumenti il merito e la capacità del nostro corpo docente di formare e di crescere i ragazzi che stanno sugli spalti in questo momento, per fare quello allora noi, ex post, bisogna che introduciamo dei meccanismi, e questo meccanismo ha una parola molto semplice, che è la parola che fa venire l'orticaria a tutti quanti in Italia e che si chiama “valutazione”. Questo è un Paese che non ne vuole sentire di valutazione. Non se ne vuole sentire nella pubblica amministrazione in generale, non se ne vuole sentire nel privato, non se ne vuole sentire da nessuna parte, e non se ne vuole sentire francamente nemmeno tanto nel mondo della scuola. Però delle due l'una: o noi siamo molto rigidi in ingresso - e io mi sto convincendo, io per primo, che probabilmente questo non è un meccanismo che aiuta necessariamente, perché crea più distorsioni, che poi non vuol dire non fare i concorsi, ma non vuol dire non alzare la barriera all'infinito, perché tanto poi comunque non funziona per mille ragioni - o, se non fai quello, ex post devi crearti dei meccanismi di valutazione di che cosa succede dentro la scuola, perché se non hai un meccanismo forte all'inizio, non hai un meccanismo forte a valle, diventa la lotteria, e credo che questo sarebbe un delitto nei confronti delle nuove generazioni. Lo dico perché ancora una volta - non ce ne dobbiamo occupare in questo decreto, non ce ne stiamo occupando in questo decreto - questo decreto funziona non solo perché c'è un equilibrio interno al decreto che abbiamo raggiunto, funziona perché in prospettiva ci sono altre cose, altre misure da prendere che lo fanno funzionare adeguatamente.

Passo a tre considerazioni finali su tre punti. La prima è che voglio ricordare anch'io tre cose che ci sono in questo decreto che trovo particolarmente belle e importanti. Sono apparentemente di dettaglio rispetto alle questioni macroscopiche che ho toccato fino ad adesso e che i colleghi hanno ricordato, però credo che sia anche in tanti piccoli dettagli che si trovano poi, nel corso del tempo, nei segnali di un cambiamento di rotta come quello che ricordava qualche collega prima. Il primo - scusate, ma grazie - è che finalmente questo Parlamento è rinsavito e ha tolto anche ai dirigenti scolastici e agli ATA il meccanismo che era stato introdotto dal Governo precedente di prendere le impronte digitali e fare la rilevazione delle presenze. Non voglio manco commentarlo questo, credo appartenga alla visione del mondo che ciascuno di noi ha. Secondo aspetto: voglio non solo dare atto ma ringraziare il collega Gabriele Toccafondi, perché, per i dirigenti tecnici - è una battaglia che va avanti da un sacco di tempo, è una battaglia che in un pezzo diverso di vita politica e professionale abbiamo fatto qualche anno fa insieme -, grazie alla spinta che ha dato lui, insieme a tanti altri ma anzitutto lui, stiamo aumentando il numero degli ispettori che servono al Ministero, semplicemente perché gli ispettori devono andare a verificare se stiamo facendo bene il nostro lavoro, quindi non con un atteggiamento sanzionatorio di chissà quale natura.

E quindi, sembra una piccola battaglia, ma il fatto che la abbiamo portata a casa, denota non tanto la caparbietà del collega o non solo la caparbietà del collega, ma anche l'apertura e la disponibilità poi della maggioranza su questo, e quindi gliene volevo dare atto. Mi piace molto anche la misura che, grazie alla spinta di una collega di opposizione, Valentina Aprea, è stata introdotta sul coding, perché ha a che fare con le competenze di cui devono disporre i docenti.

E chiudo, infine, su due aspetti delicatissimi: uno, che è l'aspetto che non mi piace di questo decreto, e lo voglio dire molto chiaramente, perché io non solo ho votato convintamente la fiducia a questo Governo e non solo ho dato il massimo, come dire, della mia attenzione e della mia disponibilità con tutti i colleghi di maggioranza a costruire questo decreto, e, come dicevano prima altri, non è perfetto, nessuno è convinto al 100 per cento di questo decreto, ognuno ha un suo 90 per cento, 85, 95, come funziona normalmente in politica, come funziona nelle istituzioni; e quindi, se ognuno di noi, anche di colleghi della maggioranza, avesse scritto questo decreto, l'avrebbe fatto un pochino diverso, ovviamente, questo sta nella natura delle cose ed è anche un bene che sia così. C'è però un aspetto che io voglio sottolineare - e non posso non citarlo in questa discussione generale, voglio farlo oggi e non lo farò in fase di votazione - che ha a che fare con i DSGA, i direttori dei servizi generali e dell'amministrazione, perché qui noi abbiamo fatto una cosa che non andava fatta: abbiamo stabilito che, dopo tanti anni, era corretto fare un concorso per permettere a tanti facenti funzioni - in una situazione in cui da anni non si facevano concorsi per i direttori, per i DSGA - di fare questo concorso. In quel contesto e in quel momento è stato deciso di derogare al titolo di studio, tra le altre cose riconoscendo il fatto che c'erano delle persone che stavano anche facendo bene il loro lavoro da tanti anni e che la situazione, come dire, lo storico li aveva portati ad esercitare quella funzione senza il titolo di studio. Si fa partire questo concorso, a giugno si fanno le prove preselettive, pochi giorni fa sono state fatte le prove scritte, e noi nel frattempo facciamo una cosa che, secondo me, non andava fatta - che non era tanto discutere se il concorso straordinario lo vogliamo chiamare così, non lo voglio chiamare così, la sanatoria, perché se no ci confondiamo con l'altro concorso straordinario -, la sanatoria fatta per una parte di questi DSGA, che non avevano superato le prove preselettive dell'altro concorso, noi li facciamo rientrare dalla finestra. E io questo credo che sia un danno: piccolo, perché coinvolge un numero piccolo di persone apparentemente, ma significativo, perché credo che mandi un messaggio tremendo, pessimo - e chiudo, Presidente - a coloro che nel frattempo stanno continuando a fare il concorso e quelle prove selettive le hanno vinte. E, quindi, credo che questa sia una piccola macchietta nera in questo decreto, che ovviamente non mi fa cambiare il giudizio complessivamente sulla misura, ma che credo mandi un segnale molto sbagliato, non solo alla comunità della scuola.

Chiudo, Presidente, su una questione fondamentale: la stabilizzazione e l'internalizzazione dei servizi di pulizia, per dire due cose. Il Governo ha legittimamente valutato che, alla luce di ritardi non imputabili a questo Governo, aveva bisogno di due mesi in più. Io invito - e lo faccio per il suo tramite, Presidente - la Vice Ministra a vigilare affinché succedano due cose, e cioè che non ci ritroviamo alla vigilia della scadenza di questa proroga, per cui Governo e maggioranza si ritrovano che è inevitabile un'altra volta un'altra proroga, perché stiamo parlando di persone che da vent'anni sentono parlare di una proroga dopo l'altra, non si fidano più. Allora, se non si fidano più, noi dobbiamo creare fiducia…

PRESIDENTE. Concluda.

ALESSANDRO FUSACCHIA (MISTO-CD-RI-+E). Chiudo, Presidente. La fiducia si crea tirando fuori i dati subito, approvando e facendo partire subito il decreto interministeriale, che mi risulta sia pronto, quindi non tardando ulteriormente e dando i segnali chiari. Attraverso i dati capiremo anche qual è effettivamente il delta che c'è fra i 16 mila e rotti lavoratori e i posti accantonati, che sono posti uomo equivalente.

PRESIDENTE. Approfittiamo per salutare studenti e insegnanti dell'Istituto comprensivo “Don Andrea Santoro” di Priverno, in provincia di Latina, che sono in tribuna ad assistere ai nostri lavori (Applausi).

È iscritta a parlare la deputata Paola Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI (FDI). Grazie, Presidente. Vice Ministro Ascani, colleghi, questo provvedimento, che ha avuto un iter piuttosto lungo, è finalmente arrivato all'attenzione dell'Aula.

Anch'io non posso non fare cenno alla problematica più generale della stabilizzazione degli insegnanti e, quindi, anche a questa piaga, che, purtroppo, si fatica a colmare. Questo, coniugato alla criticità della nostra scuola, anche alla luce dei dati INVALSI che vedono come i nostri ragazzi siano in difficoltà, sia nelle materie umanistiche, che in quelle scientifiche, rende il quadro ancor più emergenziale. I dati della dispersione e dell'abbandono scolastico, anch'essi, non ci fanno sicuramente ben sperare, se non si prenderanno dei provvedimenti in questo senso. Quindi, io penso che vadano di pari passo le due questioni, cioè, per avere una scuola migliore e competitiva anche a livello europeo, ci vogliono dei docenti, docenti preparati, che abbiano anche una tranquillità professionale, ci vuole una continuità didattica, che metta in condizione gli studenti di non cambiare insegnante in continuazione e, quindi, di poter accedere alle loro materie di studio con serenità e applicazione.

Voglio anche ricordare che abbiamo avuto delle audizioni molto interessanti, molto pregnanti e, direi, anche condizionanti, poi, nell'iter del provvedimento in Commissione, di associazioni di categoria e sindacati, che sicuramente ci hanno aiutato a inquadrare la situazione e a cercare di colmare le lacune che loro, di volta in volta, illustravano. Non si può, però, non ricordare che questi 24 mila posti sono sicuramente un numero importante, ma che il precariato va ben oltre il numero dei precari, supera credo i 100 mila, e quindi non si potrà dire di essere completamente soddisfatti fino a quando non si arriverà a colmare quasi totalmente la platea di precari. Quindi, Fratelli d'Italia si pone come obiettivo ambizioso proprio questo.

E Fratelli d'Italia ha anche attuato un'attività emendativa molto importante e cospicua in Commissione. Devo dire che in Commissione c'è stato un lavoro molto attento e, in questa attività emendativa, abbiamo visto un nostro emendamento, per noi molto importante e fondamentale, relativo ai pass, bocciato. Per Fratelli d'Italia era importante, ed è importante, riaprire un nuovo percorso di abilitazione speciale per tutti i docenti precari che vogliono conseguire un'abilitazione, ed è per questo che sul punto, come dicevo prima, abbiamo presentato questo emendamento. Riteniamo che questi percorsi siano fondamentali per riconoscere la competenza dei docenti cosiddetti precari storici, che non possono restare esclusi dalla possibilità di accedere al ruolo sulla base di un decreto-legge che dovrà essere basato sulla meritocrazia. Va anche evidenziato che questo intervento non recherebbe oneri, ma darebbe la possibilità a quel personale di poter partecipare alle procedure concorsuali adeguate e valutare effettivamente la competenza. Va anche rilevato che l'accoglimento di questa proposta contribuirebbe a risolvere il problema delle cattedre vacanti, che puntualmente emerge all'inizio di ogni anno scolastico. È l'argomento di cui ho appena parlato, quello delle cattedre vacanti e delle difficoltà conseguenti, che ne conseguono.

Un altro punto per noi qualificante è quello relativo al sostegno. Col nostro emendamento respinto si vuol dare la possibilità ai giovani di entrare in ruolo, conseguendo in un secondo tempo il diploma universitario di specializzazione. Bisogna tenere conto che, da oltre sei anni, il delicato compito del sostegno è affidato a giovani docenti privi di specializzazione. C'è carenza in questo campo, una cronica carenza di docenti specializzati sul sostegno, e quindi sarebbe, secondo noi, opportuno prendere le dovute contromisure, consentendo la partecipazione al concorso straordinario degli specializzati, sia per la scuola secondaria di primo grado che per quella di secondo grado.

Nella pregiudiziale che Fratelli d'Italia aveva presentato, avevamo posto la problematica relativa ai docenti di formazione professionale, ai DSGA, ai facenti funzioni amministrativi e ai docenti delle paritarie; direi che, per quanto riguarda i docenti delle paritarie, non si sono fatti passi avanti in questa trattazione del provvedimento e, quindi, abbiamo, a nostro avviso, questa disuguaglianza, in quanto i docenti delle paritarie sono ammessi al concorso solo ai fini abilitanti, senza la possibilità di ottenere un titolo a tempo indeterminato; questo è in netto contrasto con l'articolo 33 della Costituzione che, come tutti sanno, prevede che la Repubblica detti le norme generali sull'istruzione ed istituisca scuole statali per tutti gli ordini e gradi, garantendo il diritto per gli enti e i privati di istituire scuole e istituti di educazione; abbiamo anche la legge n. 62, del 10 marzo 2000, che definisce le norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione, istituendo, come tutti sanno, il sistema nazionale d'istruzione che è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie. Quindi, non comprendiamo come anche i docenti delle scuole paritarie non possano avere gli stessi diritti degli altri. Bisogna prendere atto che anche grazie agli emendamenti dell'opposizione e di Fratelli d'Italia i docenti di formazione professionale che prima erano esclusi dal concorso, adesso, hanno anche loro la possibilità di effettuare il percorso abilitante, mentre per i facenti funzione amministrativi, i cosiddetti DSGA - che Fratelli d'Italia, appunto, voleva inserire, come le altre categorie di docenti, nel concorso e a tal fine ha proposto un emendamento, emendamento che poi la relatrice Serracchiani ha accolto e, quindi, siamo ben lieti che anche i docenti di formazione professionale possano partecipare al concorso - ribadiamo che Fratelli d'Italia aveva un emendamento ad hoc.

Per gli insegnanti di religione, diceva prima il collega Toccafondi che per lui il bicchiere è mezzo pieno, per Fratelli d'Italia il bicchiere è mezzo vuoto in quanto questi docenti, che hanno effettuato un concorso quindici anni fa, come anche il collega prima ricordava, avrebbero diritto a partecipare a un concorso straordinario e invece, adesso, nel 2020, secondo l'emendamento proposto dalla maggioranza, potranno ottenere la partecipazione a un concorso ordinario, con una quota del 30 per cento, che noi riteniamo essere una quota irrisoria.

Quindi, questi sono i nodi che ancora restano aperti in questo provvedimento. È innegabile, lo devo dire per onestà intellettuale, che ci sono stati dei miglioramenti al testo, questo grazie al dibattito e anche agli emendamenti che l'opposizione e Fratelli d'Italia hanno presentato. Volevo però, un attimo, soffermarmi sull'università che ha poco spazio all'interno di questo provvedimento, si parla poco di università. Sono stati esplicitati i requisiti per accedere alle procedure di stabilizzazione negli enti di ricerca e, in pratica, i provvedimenti per l'università e la ricerca si limitano a proroghe sulle procedure provvisorie relative agli approvvigionamenti e al reclutamento. Io avevo presentato, a nome di Fratelli d'Italia, un emendamento proprio su questo punto che è stato poi respinto in Commissione e intendevo, con questo emendamento, attuare il rilancio della figura del ricercatore a tempo indeterminato, che, attraverso la creazione di un albo nazionale, assumesse una rilevanza centrale nell'ottica dell'innovazione.

Devo anche fare un accenno al personale AFAM, che è in attesa della definizione di un nuovo regolamento; sarebbe stato urgente inserirlo in una graduatoria utile per l'attribuzione degli incarichi a tempo determinato e indeterminato. Ad oggi, molte unità del personale docente precario hanno, infatti, maturato i tre anni di servizio e non sono inserite nelle graduatorie nazionali. Penso, quindi, con queste mie riflessioni su quanto è stato finora effettuato, che ci sia spazio - ce lo auguriamo, lo auspichiamo - nel dibattito in Aula, nell'esame del provvedimento, di poter effettuare delle modifiche sostanziali, quelle che Fratelli d'Italia ha presentato e che ho poc'anzi illustrato. Questo, come dicevo prima, per cercare di inserire il più possibile i precari in questo meccanismo senza discriminazioni e, soprattutto, per rasserenare il mondo scolastico per il bene della scuola e dei nostri studenti (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Virginia Villani. Ne ha facoltà.

VIRGINIA VILLANI (M5S). Presidente, colleghe e colleghi deputati, Viceministro Ascani, mentre nelle Commissioni Cultura e Lavoro esaminavamo il testo del decreto-legge di cui oggi discutiamo in Aula, ho ricordato le decine e decine di volti che ho incontrato nella mia passata esperienza di dirigente scolastico, prima, e in quella di deputata, oggi; quei volti, quelle persone, sono ciascuno portatore di un vissuto legato alla distorsione di un sistema di reclutamento, quello dell'istruzione, che ha creato enormi disagi, soprattutto agli studenti, spesso vittime del frenetico avvicendarsi di docenti, ai docenti, incastrati tra burocrazia e precarietà, e, infine, al sistema scuola nel suo complesso. Potrei raccontarvi le storie di chi si è arreso o quelle di chi percorre chilometri e chilometri al giorno per insegnare e tornare la sera dai propri figli o quella di chi figli non ne fa, per la mancanza di certezze lavorative.

È a storie come queste che abbiamo dato finalmente ascolto e visibilità nel lavoro emendativo che portiamo oggi all'attenzione dell'Aula e di questo ringrazio le colleghe e i colleghi di maggioranza, in Commissione, le relatrici, la sottosegretaria Azzolina, il Viceministro Ascani e il Ministro dell'istruzione. Si tratta di un ringraziamento non formale, perché questo gruppo di lavoro ha saputo mettere al centro l'interesse di studenti, docenti, dirigenti e di tutto il personale della scuola, ha saputo mettere in campo un metodo collegiale, in grado di superare gli steccati e mettere finalmente al centro l'interesse collettivo. La posta in gioco è troppo alta per fare diversamente, questo decreto mette finalmente un punto fermo su questioni che da anni chiedono una risposta. Si inizia finalmente a capire quali sono gli elementi basilari per una scuola in grado di svolgere il proprio ruolo: la stabilità dei docenti e la continuità didattica per gli studenti.

Punti di forza di questo provvedimento sono, infatti, la salvaguardia della qualità dell'insegnamento, la lotta al precariato, ma, anche, la semplificazione delle procedure per gli acquisti fondamentali, da parte di chi fa ricerca. Fin dalla firma ministeriale il decreto “istruzione” è parso la ricetta giusta per iniziare ad assaporare un nuovo modo di essere della scuola italiana, una ricetta alla quale il Parlamento aggiunge nuovi utili ingredienti. Tanto resta ancora da fare, certo, ma possiamo affermare di aver compiuto un primo, significativo passo per iniziare ad assorbire gli oltre 200 mila lavoratori mai stabilizzati dal sistema nazionale d'istruzione in oltre vent'anni. È un intervento che non potevamo più rimandare; la norma che arriva quest'oggi in Aula è ricca di novità, di misure che, finalmente, il MoVimento 5 Stelle mette in campo, con le altre forze di maggioranza, per abbattere il muro di superficialità che per decenni ha circondato il mondo dell'istruzione. Ad oggi, nel nostro Paese, si continua a entrare in ruolo dopo i quarant'anni, negli ultimi dieci anni la “supplentite” è raddoppiata, i contratti annuali hanno superato le 35 mila unità, quelli fino al termine delle attività didattiche le 170 mila unità; nell'università si sono bloccati i concorsi per assumere 40 mila ricercatori, nello stesso periodo, con la messa a esaurimento di tale profilo professionale e con i nuovi contratti a tempo determinato triennali; poi, ci sono gli stipendi molto modesti, le difficoltà a trasferirsi e l'operare in classi sempre più spesso definite “pollaio”, per l'elevato numero di alunni.

Tutto questo ha contribuito fortemente a svilire quella che una volta veniva considerata la professione più bella del mondo. Oggi, in Italia, lo status dell'insegnante è sempre più calpestato; chi decide di insegnare una disciplina è sempre più sottoposto a forme di stress o prevaricazione, a iniziare dalle supplenze, passando per i concorsi, fino alle inesistenti forme di avanzamento di carriera o agli stipendi lontani dalle medie degli altri Paesi europei.

Il decreto “istruzione” nasce finalmente per dare una risposta; riusciremo a stabilizzare, subito, circa 9 mila docenti, grazie al recupero dei posti liberati con quota 100, una delle grandi battaglie del MoVimento 5 Stelle, una vittoria soprattutto per il mondo della scuola che beneficerà del ricambio generazionale.

Finalmente, docenti e personale ATA che avevano e hanno il diritto di essere assunti attraverso concorsi dedicati, ben 48 mila docenti, saranno assunti a tempo indeterminato nelle nostre scuole. Tra loro ci sono sia i precari storici, che potranno partecipare al concorso straordinario, sia i neo-laureati che si affacciano ora all'insegnamento e che parteciperanno al concorso ordinario, nuove energie e maggiori certezze a beneficio degli insegnanti ma soprattutto di studenti e famiglie. Lasciatemi dire che oggi abbiamo lavorato a un provvedimento di cui il Parlamento può andare orgoglioso. Dopo anni di interventi tampone che hanno provocato anche pericolosi colpi di coda, con il decreto istruzione diamo una speranza a tutto il personale docente e ATA. Questi professionisti lavorano giorno dopo giorno accanto ai nostri figli e hanno diritto a vedere riconosciuto il valore del loro impegno. Il testo si fonda non a caso su due assi portanti: salvaguardare e tutelare il merito e valorizzare coloro che in anni di precariato hanno garantito il funzionamento delle scuole italiane.

Tra le altre grandi novità vi è la possibilità per i vincitori di concorso di poter fare domanda ed essere inseriti nelle graduatorie esaurite nelle altre regioni. In pratica, i docenti vincitori di concorso già iscritti nelle graduatorie e gli idonei potranno scegliere una regione diversa da quella assegnata, dove però dovranno permanere per almeno cinque anni: una misura importante grazie alla quale si coprono i posti vacanti e si svuotano le graduatorie. Si tratta di un risultato di portata storica che considero come la fonte primaria per combattere finalmente il precariato del mondo della scuola, una grande novità per le graduatorie dei concorsi: era una richiesta che avevo presentato al Ministero fin dal mio insediamento e che oggi trova finalmente un riscontro.

È stata stabilita poi per i diplomati magistrali la trasformazione del contratto di lavoro in contratto a tempo determinato in caso di sentenza sfavorevole, per garantire continuità didattica. Pur ritrovandoci davanti a una così complessa situazione giuridica abbiamo deciso di tutelare innanzitutto i nostri ragazzi e l'importanza di concludere l'anno scolastico senza intoppi dando il giusto preavviso anche ai docenti che si trovano in questa incresciosa situazione.

Il decreto-legge, grazie anche ai nostri emendamenti, accelera poi l'internalizzazione dei servizi di pulizia o ausiliariato nelle scuole di ogni ordine e grado. Per i cosiddetti ex LSU abbiamo prorogato di due mesi il termine per le assunzioni. Prevediamo una seconda fase che permetterà di recuperare i posti rimasti disponibili grazie a procedure di mobilità volontaria. Nel testo è prevista anche una seconda procedura successiva sui posti residui con requisito di cinque anni anche a tempo determinato. Mi preme altresì evidenziare una misura importante di questo provvedimento che all'articolo 3, comma 1, interviene esonerando finalmente i dirigenti scolastici dall'applicazione della norma sulla rilevazione delle impronte biometriche per la verifica dell'accesso a scuola. Era una misura palesemente illogica e sproporzionata, trattandosi di professionisti che, con la scuola dell'autonomia, hanno visto triplicare gli incarichi quotidiani da assolvere. I dirigenti scolastici - ricordiamolo - hanno un ruolo di guida e di orientamento delle comunità scolastiche: rispondono dei risultati di apprendimento di 8 milioni di alunni; sono chiamati a confrontarsi tutti i giorni con emergenze educative che la società del nostro tempo pone alla scuola; sono responsabili della sicurezza degli edifici e della salute e dell'incolumità di 9 milioni di persone. I sistemi ipotizzati per la verifica degli accessi non tenevano affatto conto del fatto che la funzione del dirigente scolastico non è legata né a un unico ufficio né ad orari fissi. Di conseguenza, i dirigenti sono costretti ad adeguare ogni giorno la loro prestazione lavorativa alle diverse sedi e alle molteplici e complesse esigenze dell'organizzazione: sottoporli al rilevamento delle impronte sarebbe stato un'inutile imposizione. Manteniamo dunque l'impegno su una misura che abbiamo sempre osteggiato raggiungendo l'obiettivo di evitare costi inutili a carico dello Stato e un ingiustificato limite alla concreta operatività dei dirigenti.

Un altro importantissimo risultato per il quale mi sono battuta in questi mesi è la previsione di un percorso dedicato per coloro che hanno svolto il ruolo di facente funzione di DSGA, i cosiddetti direttori dei servizi generali e amministrativi, i segretari delle scuole per intenderci. In diverse occasioni in Commissione Cultura, scienza e istruzione con l'ex-Ministro Bussetti e nelle numerose occasioni di discussione sulla scuola avevo richiesto l'attivazione di un concorso riservato per queste DSGA facenti funzioni con almeno tre anni di incarico. Sono poco meno di 2.000 gli assistenti amministrativi in servizio nelle scuole italiane che, dal 2000 a oggi, hanno svolto questo delicato ruolo, contribuendo al regolare funzionamento di molte scuole nelle nostre regioni che, altrimenti, sarebbero andate al collasso in mancanza di concorsi per vent'anni. Ora si avrà la possibilità di regolarizzare la loro posizione e iniziare quindi una nuova era per questi professionisti.

Con il “decreto istruzione” autorizziamo lo scorrimento delle graduatorie per gli idonei del 2004 e contestualmente avvieremo il bando per un nuovo concorso per gli insegnanti di religione cattolica, previo accordo con la CEI. La norma in esame guarda anche alle esigenze delle famiglie e degli alunni: abbiamo previsto scuolabus gratuiti per i bambini più bisognosi, riducendo e in alcuni casi azzerando completamente la quota che le famiglie versano per i servizi di trasporto scolastico. Tante e importanti novità insomma e tutte nella direzione di gettare le basi per ripartire, perché siamo ben consapevoli di quanto sia necessario focalizzare l'attenzione sulla qualità dell'insegnamento, sulla innovazione della didattica e su una rinnovata centralità del rapporto docente-discente. Servono stipendi all'altezza delle responsabilità e servono risorse per far funzionare meglio il sistema scuola: investimenti all'altezza degli altri Paesi europei. Non è nostra intenzione nascondere sotto il tappeto le tante cose che restano ancora da fare: anzi questi obiettivi strategici sono parte integrante della nostra visione a lungo termine, una visione chiara e per molti aspetti condivisi con le altre forze di maggioranza. Per questo, Presidente, sento di poter dire che sono fiduciosa perché c'è una squadra al lavoro in Parlamento e al Governo che sa decidere insieme, pur nella diversità dei suoi componenti; fiduciosa perché, alla luce della nostra visione di medio e lungo termine, in quest'Aula stiamo gettando le basi per i preliminari interventi di breve termine e infine fiduciosa perché le decine di migliaia di cittadine e cittadini che, con la conversione in legge del decreto-legge, riceveranno una risposta alla loro condizione di precarietà potranno tornare a sentire vicino lo Stato, a credere nelle istituzioni e ritrovare la motivazione giusta per dare il loro contributo alla scuola italiana e alla formazione dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Latini. Ne ha facoltà.

GIORGIA LATINI (LEGA). Grazie, Presidente. Saluto i colleghi e saluto il Viceministro Ascani. È la terza discussione generale che faccio qui in Aula con la Commissione Cultura. Ha prevalso sempre il buonsenso tra di noi, ci siamo sempre confrontati. Però questa volta devo dire che è un tema veramente delicato e serve un ulteriore sforzo perché in Commissione è vero che l'opposizione ha fatto valere alcune battaglie fondamentali ma ancora dobbiamo far capire alla maggioranza alcuni passaggi delicati perché è un decreto che ha una ricaduta importantissima sulla vita delle persone e delle famiglie poiché tratta di migliaia di precari che possono vedere cambiare concretamente la loro esistenza perché, dopo anni di sacrifici, possono finalmente conseguire il ruolo che hanno rincorso affannosamente per anni, magari alzandosi alle cinque del mattino per andare a fare una supplenza, percorrendo centinaia di chilometri, perché il posto che si era liberato era comunque lontano e quindi comunque li ha costretti a lasciare le proprie famiglie e i propri figli o altre situazioni che necessitano un accudimento costante. Le situazioni che riguardano i docenti sono tantissime e sono molto, molto diverse tra loro perché sono purtroppo frutto di una dissennata legislazione spesso di carattere emergenziale senza una visione complessiva del sistema che crea uno stato di incertezza e di frustrazione nei confronti di chi ha un'alta responsabilità nei confronti del nostro Paese, perché sono proprio gli insegnanti che formano le nuove generazioni e determinano quindi l'evoluzione della nostra società. Questo aspetto purtroppo dell'equilibrio psicofisico del docente viene sempre sottovalutato in tutti i discorsi e gli approfondimenti sulla scuola.

Gli insegnanti invece sono figure di riferimento importantissime per i nostri figli perché sono coloro con i quali i nostri ragazzi trascorrono la maggior parte della loro giornata e da loro imparano sicuramente delle nozioni ma loro stessi sono, come i genitori, degli esempi ai quali i ragazzi si rapportano costantemente e tutti noi dovremmo acquisire questa consapevolezza e capire quanto l'involuzione o l'evoluzione di una società dipenda proprio dalla qualità del nostro servizio scolastico. A mio avviso, l'autentico educatore non si limita a inserire delle nozioni nei cervelli dei ragazzi ma deve tirare fuori da ogni studente il meglio di quanto costui possiede al suo interno in termini di qualità e in termini di capacità e di talenti, in maniera da indirizzarlo nel suo futuro percorso. Già è stato citato e dobbiamo tornare all'etimologia, al significato originario della parola “educare”, che deriva proprio dal latino “ex-ducere”, che significa tirar fuori, condurre fuori quello che già di positivo c'è dentro di noi, quello che è già presente.

Quindi, quella dell'insegnante è veramente una missione carica di responsabilità e non può essere portata avanti come un qualunque altro lavoro solo per guadagnare uno stipendio. In realtà, nessun lavoro dovrebbe essere svolto con questo spirito e in futuro, perché tale sistema educativo possa davvero funzionare, bisognerà mettere l'accento sulla preparazione umana, quindi anche emotiva, morale e psicologica dell'insegnante e non unicamente sulle sue capacità intellettuali, che ovviamente sono il caposaldo. Ciò che determina il carattere e il successo nella vita non sono le nostre doti e i nostri limiti ma, piuttosto, il modo in cui abbiamo imparato a sfruttare le prime e a gestire i secondi. Un'educazione attenta a tutte le dimensioni del bambino, fisica, psichica e interiore, è la base sicura sulla quale costruire poi negli anni della scuola una solida educazione intellettuale e andava proprio - anzi, va proprio in questa direzione - il provvedimento sull'introduzione dell'educazione civica che abbiamo approvato all'unanimità in quest'Aula, in quanto proprio nell'educazione civica si ricomprende anche l'educazione al benessere inteso in senso lato.

Servirebbe sicuramente un nuovo modello educativo che metta al centro, quindi, non solo più il programma di studi bensì l'insegnante, la figura del maestro, perché così mi piace chiamarlo, come si chiamava in origine, come chiamavo io la mia maestra, perché, comunque, è un punto di riferimento che aiuta gli allievi a diventare, a loro volta, degli esseri umani completi e dei cittadini responsabili. Per poter svolgere una funzione così importante e delicata il maestro dev'essere un individuo fortemente motivato e consapevole del fatto che per diventare realmente maestri occorre innanzitutto conseguire un equilibrio personale, ma questo equilibrio passa inevitabilmente da una qualità di vita scevra da tutti gli stress psicofisici che purtroppo invece i nostri insegnanti quotidianamente affrontano, che sono, appunto, l'incertezza lavorativa perenne, che è appunto il fulcro di questo decreto, il tempo, per esempio, a volte troppo lungo per raggiungere il posto di lavoro e il rapporto a volte conflittuale con i genitori degli alunni. Il tutto per ricevere uno stipendio inadeguato vista l'importanza della loro funzione. Dovrebbe essere la categoria più pagata e selezionata insieme a quella delle forze dell'ordine, perché entrambe svolgono funzioni essenziali per la nostra società, perché i primi sono co-creatori, come dicevo, della società del futuro, avendo in mano l'educazione degli uomini del domani, e gli altri, invece, si occupano dei cittadini per far loro vivere una vita serena e al sicuro rischiando quotidianamente la loro vita.

Molti dei problemi che influiscono sull'equilibrio psicofisico degli insegnanti che ho descritto in precedenza potrebbero essere evitati con una revisione della politica scolastica e speriamo che nel corso del passaggio in Aula e poi in Senato questo testo possa essere migliorato perché tanti sono gli aspetti evidenziati dalla Lega, che hanno già citato i miei colleghi, che non hanno trovato purtroppo ascolto da parte di questo Governo e da parte di questa maggioranza. Però, devo dire che qualche soddisfazione in Commissione dopo ore di trattativa siamo riusciti a prendercela, come, per esempio, l'emendamento che è stato accolto, quello più importante e, appunto, proposto da noi della Lega, che è l'emendamento che riguarda i requisiti di accesso al concorso straordinario e, in particolare, l'estensione temporale del requisito dei tre anni di servizio retrodatandolo dal 2011 al 2008, andando a riformulare il nostro emendamento che prevedeva di computare anche l'annualità in corso. E questa non è solamente una vittoria della Lega e dell'opposizione, ma è la vittoria di tutta la Commissione e, soprattutto, costituisce il giusto riconoscimento di un diritto per migliaia e migliaia di lavoratori che senza questo riconoscimento sarebbero stati esclusi dalle procedure concorsuali, insegnanti che per anni hanno di fatto lavorato senza avere mai avuto l'opportunità di essere regolarizzati.

Un altro tema che ho trattato in prima persona è quello della situazione degli assistenti amministrativi facenti funzione DSGA, cioè direttore dei servizi generali ed amministrativi, che non hanno il cosiddetto “pezzo di carta”, quindi la laurea richiesta per il concorso. Io personalmente avevo sottoscritto, come prima firmataria, un emendamento per dare loro una possibilità, perché sono persone che vengono sfruttate da anni, buoni per lavorare nei fatti ma non per fare il concorso che li regolarizzerebbe nel diritto. La Commissione dopo ha approvato un emendamento della relatrice che se, da un lato, rimedia a questa grave ingiustizia, dall'altro rimanderà di molto la loro stabilizzazione definitiva nella funzione, in quanto alza dal 20 al 30 per cento la soglia per il reclutamento degli idonei del concorso ordinario del 2017, di fatto escludendo dalla stabilizzazione proprio i più esperti. Tante ancora sono le possibilità di miglioramento del decreto e speriamo in un ravvedimento del Governo nel passaggio in Aula e invitiamo la maggioranza e il Ministro a riconsiderare alcune delle proposte emendative da noi avanzate, prima su tutte quella dei PAS abilitanti, perché i PAS sono stati sempre una nostra battaglia e non comprendiamo la ratio della loro esclusione, perché sono, appunto, dei percorsi intanto formativi, come ci richiede l'Europa, selettivi e a costo zero per lo Stato. Poi, non capiamo anche questo fuoco di sbarramento della maggioranza che non è solamente contro il PAS e mette in difficoltà non solo la terza fascia ma anche i dottori di ricerca, che sono stati esclusi, i cosiddetti “ingabbiati”, costringendo professionisti a una prova selettiva per saggiarne le capacità disciplinari che hanno già dimostrato ed esonerandoli, invece, dalla formazione pedagogico-metodologica fondamentale per garantire adeguati standard qualitativi. Ecco, voglio un attimo soffermarmi sui dottori di ricerca perché anche qui la maggioranza aveva presentato proprio un emendamento apposito per far sì che questa categoria potesse partecipare al concorso, ma questo emendamento è stato ritirato e poi noi lo abbiamo fatto nostro come Lega e, ovviamente, è stato bocciato. Lo ripresenteremo sicuramente in Aula e, anzi, l'abbiamo già presentato. Poi, voglio spendere un'ultima parola per gli insegnanti di religione, perché non si contempla la stabilizzazione di coloro che insegnano religione da oltre un quinquennio anche se in possesso di tutti i requisiti e si offre solo una quota di riserva nel concorso ordinario e, di conseguenza, molti di loro, purtroppo, resteranno fuori dal ruolo. Queste sono solamente alcune delle criticità che ancora sono purtroppo in essere ma, siccome - ripeto - c'è stata sempre una collaborazione e tutti abbiamo a cuore in questa Commissione l'istruzione dei nostri ragazzi e il benessere dei nostri insegnanti, auspico che troveremo un accordo in Aula.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lucia Ciampi. Ne ha facoltà.

LUCIA CIAMPI (PD). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, io mi esimerò dall'analisi di questo provvedimento, che tanto bene è stato illustrato anche dalla collega del Partito Democratico che mi ha preceduta, anche se voglio sottolineare un aspetto di carattere generale nell'organicità di questo provvedimento, che è estremamente importante, come è stato rilevato, perché è un provvedimento sulla scuola, sull'università, sulla ricerca e per il reclutamento del precariato. Questo è un provvedimento storico perché mette insieme due pilastri fondamentali del reclutamento, che sono da una parte il merito, che viene gratificato dal concorso ordinario, e l'esperienza lavorativa, che ha fatto acquisire competenze tali da potersi meritare finalmente un concorso straordinario per addivenire al ruolo. Quindi, assolutamente un provvedimento di grande equilibrio, pragmatico, che però contempla tutti e due questi pilastri. E voglio dire che, per quanto riguarda i concorsi, è vero che finalmente con questo provvedimento si stabilisce la necessità di fare un concorso ordinario, quindi per merito, selettivo, di prove, che è quello che è importante; concorsi di questo tipo, l'ultimo è del 2012.

Però voglio ricordare che, negli anni dei Governi di centrosinistra, i precari sono stati presi in considerazione: con i nostri Governi sono stati stabilizzati circa 115 mila precari e 52 mila insegnanti nuovi sono stati assunti a seguito di quel concorso del 2012, per fare verità sui dati oggettivi. Ciò detto, mi voglio dedicare in particolare al personale dell'università e della ricerca, e in particolare all'articolo 6 di questo provvedimento. La conversione del decreto-legge n. 126 del 2019, per quanto riguarda il personale dell'università e della ricerca, è un'occasione importante nella direzione di correggere alcune distorsioni e di porre le condizioni di investimento e programmazione per restituire prospettive e valorizzare i nostri docenti e ricercatori. La riforma Gelmini ha rivisto le modalità di reclutamento con l'abilitazione nazionale e l'introduzione delle nuove figure di ricercatore a tempo determinato di tipo A e di tipo B; percorsi di carriera non solo complessi, ma anche insostenibili per i tagli che contestualmente sono stati fatti proprio drenando le risorse del turnover.

La riforma ha illuso tante persone che si sono abilitate, che, in attesa di una chiamata che non arriverà, scadono. Troppo stretti in relazione alle risorse i tempi di accompagno della riforma anche per le opportunità di carriera ai docenti in servizio meritevoli che nel frattempo si sono abilitati. Per questo, ancora una volta, è stato necessario un intervento tampone di proroga, anche perché nella XVII legislatura si è invertito il trend, a cominciare dal rientro delle risorse tagliate del fondo di finanziamento ordinario delle università. Quindi anche questo è un dato che voglio sottolineare. Il decreto-legge in questo quadro consente di porre rimedio alle storture con l'aumento dei periodi di validità delle abilitazioni nazionali e con la proroga dei termini per le chiamate dei docenti in servizio che abbiano conseguito l'abilitazione nazionale a professore di seconda e prima fascia a seconda dei casi: ricercatore a tempo indeterminato vecchio ordinamento o professore associato. Diversa la situazione per il personale degli enti pubblici di ricerca: nella scorsa legislatura - anche qui sottolineo - è stata fatta una riforma strutturale che è stata accompagnata anche da un investimento serio in sede di manovra per sostenere il percorso di stabilizzazione previsto dalla riforma Madia. Senza queste due condizioni non ci sarebbe il dibattito di oggi sull'articolo 6 del decreto-legge e non sarebbero stati stabilizzati tanti precari, operazione che ha già prodotto risultati straordinari, di cui rivendichiamo con orgoglio i meriti.

L'articolo 6 del decreto-legge introduce correttivi mirati. Il dibattito in Commissione ha consentito di inserire ulteriori previsioni per accompagnare il percorso di stabilizzazione, sgomberando il campo da problemi interpretativi che possono provocare ingiustizie e disparità. Il testo, e questa è un'importante conquista in Commissione, dispone con la proroga al 31 dicembre 2021 la possibilità di completare il processo. L'intervento, quindi, si inquadra in una riforma ancora in atto, effettuata con il decreto legislativo n. 218 del 2016, che ha profondamente inciso sugli strumenti di programmazione del reclutamento, valorizzando l'autonomia responsabile degli enti. Una riforma con pesi e contrappesi, accompagnata da limiti di sostenibilità e strumenti di monitoraggio e controllo anche delle modalità di recepimento dei principi previsti dalla carta europea dei ricercatori, dal codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori e dal documento quadro europeo per le carriere di ricerca, articolo 2 e 9 del decreto legislativo n. 218 del 2019.

Una riforma da implementare, nell'ambito della quale la stabilizzazione e le misure correttive introdotte con il decreto in fase di conversione rappresentano un atto di giustizia. Con le modifiche si pongono le basi per considerare in maniera equilibrata, all'atto dell'ingresso, le esperienze fatte dal personale che è stato reclutato con contratti flessibili, utilizzati nel passato in maniera disinvolta. Si eliminano ambiguità, si adatta meglio l'articolo 20 della legge n. 75 del 2015, la legge Madia, alle specificità degli enti di ricerca e si prorogano i termini delle stabilizzazioni. Sappiamo molto bene che la chiave di volta, la vera sfida è la programmazione; inoltre è molto importante l'attività di monitoraggio e controllo affidata al MIUR, che deve evitare il ricorso a scappatoie. Gli strumenti ci sono, la via è tracciata dal decreto legislativo n. 218 del 2016.

Sta alla politica assicurare la continuità degli investimenti e al sistema, in autonomia e responsabilità, assicurare un reclutamento sostenibile in un percorso di carriera chiaro che riconosca dignità, prestigio e, soprattutto, il lavoro e i meriti. Non deve più succedere che ritardi, risorse inadeguate e una programmazione a singhiozzo finiscano per gravare sulle persone che dedicano la loro vita alla ricerca e che talvolta devono accontentarsi di contratti non adatti e penalizzanti. Ringrazio l'onorevole Di Giorgi, con cui ho condiviso queste note, l'interesse verso il personale dell'università e la forma anche di questo intervento. Onorevoli colleghi, le sfide globali si vincono con la cultura e dobbiamo proseguire nel percorso impresso negli ultimi anni per creare le condizioni necessarie a mantenere i nostri talenti e attrarre ricercatori, e per fare questo la programmazione, la chiarezza delle carriere, ma soprattutto gli investimenti sono l'obiettivo prioritario da perseguire.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Lorenzo. Ne ha facoltà.

RINA DE LORENZO (M5S). Presidente, colleghe e colleghi deputati, Viceministro, quest'Aula si appresta ad esaminare un decreto molto atteso da tutto il mondo della scuola che rimette al centro della politica il complesso sistema di istruzione e formazione; un decreto che ha subito una serie di proposte emendative che sono state accolte durante lo svolgimento del proficuo lavoro svolto nelle Commissioni congiunte VII e XI; un decreto che affronta finalmente il problema del precariato nel mondo della scuola in maniera strutturale e in maniera sistemica.

La scuola, che è il luogo nel quale si formano le nuove generazioni, è uno dei fondamentali presidi di democrazia e di legalità, che oggi più che mai dev'essere rafforzato e valorizzato contro una deriva illiberale che mostra periodicamente la sua insidiosa e, ahimè, sempre più diffusa presenza nel nostro Paese. La cultura è alla base dello sviluppo di una nazione, e dunque la crescita del nostro Paese passa necessariamente attraverso politiche scolastiche che siano in grado di affrontare realmente il percorso di formazione e di educazione delle nuove generazioni, nel solco tracciato dalla Carta costituzionale. Un Paese che investe nella cultura, nell'università e nella formazione è un Paese che vuole crescere sotto il profilo morale, etico, sociale ed economico: è impensabile anche solo immaginare la sua crescita in mancanza di investimenti per il mondo della scuola. Consapevole dell'importanza del ruolo di questa istituzione di rilievo costituzionale, l'abbiamo posta al centro della nostra agenda politica, intervenendo in maniera decisa rispetto a quanto fatto in passato, al fine di assicurare a tutti i cittadini uno standard di servizio elevato e di qualità, che passa anche attraverso la necessità di assicurare continuità ed efficacia all'azione educativa e formativa dei docenti. Una politica in netta controtendenza rispetto agli interventi legislativi passati, che, lungi dall'orientare il loro intervento su un rinforzo dell'azione culturale e formativa della scuola, si sono tradotti in riforme che hanno trasfigurato il volto costituzionale della scuola pubblica, attribuendole un'identità più simile ad un luogo di addestramento che a una fucina di cultura. “La mia idea di scuola è quella di mantenere e non di cambiare”: così ha affermato il Ministro Fioramonti, prendendo di fatto le distanze da tutte le riforme che nel corso dell'ultimo ventennio si sono succedute, da ultimo la cosiddetta “buona scuola”. In questo senso noi non pensiamo ad una riforma e non abbiamo pensato ad un decreto-legge calato dall'alto, quanto piuttosto ad un progetto organico che ha rimesso al centro del dibattito parlamentare il tema della scuola, rispolverando il senso più profondo di questa istituzione, la cui missione irrinunciabile risulta la trasmissione e l'acquisizione consapevole e critica di regole e di diritti, di esperienze e di cultura, di cognizione del passato, della storia, che è anche addestramento al futuro. Una politica che non si occupa della formazione dei suoi cittadini risulta pericolosamente antidemocratica, perché nell'indolente ignoranza alligna il declino di un Paese e un pericolo per la democrazia. La mancanza di strumenti cognitivi trasforma in sudditi i cittadini, e il rendimento dell'investimento in conoscenza dev'essere il più alto di tutti, perché esso è la radice del progresso sociale, la condizione per lo sviluppo economico.

In quest'ottica abbiamo messo in campo una nuova politica scolastica, che intende superare ogni logica aziendalistica e di mercato, di vuota retorica meritocratica, per affrontare il tema del precariato storico, affinché la scuola torni ad essere realmente inclusiva, libera, centrata sulla crescita e sulla formazione delle studentesse e degli studenti. Una scuola che finalmente conferma il suo ruolo di ascensore sociale, così come previsto dalla Costituzione. Abbiamo realizzato una vera e propria inversione di rotta, necessaria perché la fucina del futuro diventi realmente avamposto contro il degrado, palestra di formazione, strumento per realizzare il pieno sviluppo della persona umana. Tutta l'azione politica dunque sarà tesa a sciogliere i nodi epocali della scuola che ne compromettono il buon funzionamento; e in questa direzione muove questo decreto-legge, che comincia ad affrontare in maniera strutturale il fenomeno del precariato nella scuola, i cui numeri anche quest'anno appaiono impressionanti, con oltre 150 mila nomine e contratti a tempo determinato, corrispondenti ad altrettante cattedre vuote. Una vera e propria emergenza da fronteggiare, malgrado il piano straordinario di assunzioni previsto dalla cosiddetta “buona scuola”, malgrado i concorsi banditi nel 2012 e nel 2016, e malgrado l'ultimo concorso straordinario del 2018. I dati delle assunzioni degli ultimi anni rasentano l'assurdo: a fronte di oltre 55 mila posti autorizzati per ognuno degli ultimi tre anni, le nomine in ruolo effettivamente realizzate sono state poco più della metà; questo in parte a causa delle lungaggini dei tempi di espletamento delle procedure concorsuali, e in parte a causa delle graduatorie esaurite in gran parte nelle regioni del Nord Italia. Il problema del precariato scolastico, da qualsiasi punto di vista lo si guardi, è diventato quindi uno dei più drammatici nell'Italia di oggi, non solo perché tanti docenti qualificati aspettano una stabilizzazione, non solo perché si alza l'età in cui si entra in ruolo, ma soprattutto perché si ingenera un corto circuito tra le esigenze della didattica e degli studenti e quelle dell'occupazione. È al tema del precariato intellettuale che abbiamo rivolto la nostra azione, e questo decreto-legge vuole essere un primo passo verso la definitiva soluzione del problema: stabilizza migliaia di docenti in cattedra da anni, debitamente qualificati sul piano culturale e professionale, anche a seguito dell'esperienza maturata in tantissimi anni di insegnamento, che hanno garantito e garantiscono il funzionamento del servizio scolastico. Questo significa tutelare il diritto al lavoro e contrastare il dumping sociale, restituendo dignità e speranza a chi le aveva perse. Ed è proprio per far fronte a questa ordinaria emergenza che il decreto-legge “istruzione”, frutto di un'intesa a lungo discussa con le parti sociali, ha previsto tra l'altro un concorso straordinario per assumere 24 mila docenti precari che hanno maturato 36 mesi di servizio. Il concorso, bandito entro il 2019 su base regionale e solo per le regioni e per le tipologie di posti in cui si prevede che vi siano posti vacanti e disponibili nel triennio 2020-2023, riguarderà le scuole secondarie di primo e secondo grado; e grazie ad una serie di proposte emendative, si è stabilito che ai fini del computo dei tre anni richiesti valgono anche i servizi prestati di sostegno senza titolo e sui progetti regionali, svolti in base ai decreti-legge “salva precari” del 2009 e del 2013. La stabilizzazione dei docenti precari costituisce una misura in grado di assicurare quindi continuità all'azione educativa e di contrastare il cosiddetto precariato storico, attraverso la progressiva riduzione del numero dei contratti di lavoro a tempo determinato. Vuole anche essere una risposta alla sentenza della Corte di giustizia europea che ha vietato la reiterazione dei contratti a tempo determinato, sanzionando il nostro Paese per l'abuso di tali contratti oltre il triennio. Per effetto di questo provvedimento, già dal prossimo anno il numero di docenti precari diminuirà sensibilmente, e questo grazie anche ad un concorso ordinario per altri 24 mila posti. Assumeremo dunque a tempo indeterminato ben 48 mila docenti nelle scuole italiane. Avendone i requisiti potranno partecipare al concorso ordinario anche i docenti che stanno ultimando il ciclo di specializzazione sul sostegno, e, ai soli fini abilitanti, i cosiddetti docenti ingabbiati, ovvero i docenti dell'infanzia, della primaria che, pur possedendo il titolo, non avevano potuto conseguire l'abilitazione necessaria ai fini del passaggio di ruolo. Gli interventi emendativi in Commissione hanno inoltre reso possibile la partecipazione al concorso straordinario di quei docenti precari che matureranno nel corso di questo anno scolastico il terzo anno di servizio.

Altre 9 mila assunzioni in ruolo sui posti rimasti vacanti saranno poi effettuate per effetto della “quota 100” grazie ad una modifica proposta in Commissione.

Approvata inoltre la cosiddetta call veloce, la chiamata per assumere sui posti che restano vuoti ogni anno e che di solito vanno a supplenza. Troppe ancora le supplenze, che hanno fatto registrare un record negativo anche quest'anno. Sarà data invece la possibilità ai vincitori di concorso, agli iscritti nelle GAE e agli idonei di concorso di spostarsi su loro richiesta in altre regioni per essere assunti, con l'obbligo però di permanenza nella sede scelta per almeno cinque anni. Si rendono dunque molto più snelle le procedure per la copertura dei posti vacanti con le assunzioni, tagliando le supplenze. Nessuno toglierà pertanto il posto ad altri, ma si eviterà solo di partire ogni anno con le cattedre scoperte. Il decreto, emendato nelle Commissioni congiunte cultura e lavoro, ha affrontato anche l'annosa questione degli LSU della scuola, utilizzati per il mantenimento del decoro e il servizio di pulizia negli edifici scolastici da oltre vent'anni e tenuti in ostaggio da un sistema di appalti che ha prodotto solo scandali e corruzione. Per costoro semplifichiamo le procedure per il concorso degli oltre 11 mila posti di collaboratore scolastico, eliminando la prova orale. Finalmente portiamo a compimento il percorso di internalizzazione di migliaia di lavoratori costretti per anni alla precarietà da parte di imprese e cooperative che spesso offrivano un servizio di scarsa qualità. Il “decreto istruzione” ha affrontato anche la questione degli assistenti amministrativi con un triennio svolto nella funzione di DSGA, a cui è dedicato un concorso straordinario volto ad acquisire la qualifica di direttore dei servizi generali ed amministrativi. Lo stesso decreto contiene anche modifiche al reclutamento dei dirigenti scolastici e un concorso per dirigenti tecnici del MIUR. Per i primi, il corso-concorso selettivo di formazione sarà sostituito da un concorso selettivo per titoli, mentre per gli ispettori tecnici sarà bandito un concorso per assumere 59 nuove figure da inizio del 2021. E ancora, una norma ad hoc per le graduatorie di istituto, per le quali viene prorogato all'anno scolastico 2022-2023 il termine utile entro il quale possono avvenire nuovi inserimenti in terza fascia di istituto. E poi, l'istituzione delle graduatorie provinciali per ogni classe di concorso e tipologia di posto da utilizzare in subordine alle graduatorie ad esaurimento per le supplenze annuali fino al 31 agosto o fino al 30 giugno. Con le graduatorie provinciali si riuscirà a gestire molto più velocemente le chiamate dei docenti precari, alleggerendo anche il lavoro delle segreterie scolastiche. Sempre nel settore scuola, un intervento specifico volto a sanare situazioni pregresse riguarda i docenti idonei al concorso 2016, che grazie ad una proposta emendativa di maggioranza potranno inserirsi stabilmente e volontariamente in graduatorie dei concorsi 2018, nella propria regione o in regioni dove vi siano capienze. Nel campo universitario sono state semplificate le procedure con cui le università acquistano beni e servizi di costo superiore a 5 mila euro, evitando il ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione, il cosiddetto MePA. E sul versante dell'abilitazione scientifica, per partecipare ai concorsi nelle università come professore ordinario o associato è necessario avere l'abilitazione scientifica, che fino ad oggi ha la durata di sei anni, nel “decreto istruzione” la estendiamo a nove. Diamo finalmente maggiori tutele ai precari, equiparando le tutele per i ricercatori con assegni di ricerca e contratti di collaborazione a quelli a tempo determinato. Introduciamo per la prima volta la tenure track negli enti pubblici di ricerca, diamo cioè la possibilità di stabilizzare i ricercatori precari trasformando i contratti a tempo indeterminato, quelli che lavorano a tempo determinato, con Cococo. o AdR.

Con tutti questi interventi presenti nel “decreto istruzione” dimostriamo che la politica non è il semplice governo delle istituzioni, ma è la realizzazione di un'idea, di una visione del mondo, a cui far seguire azioni congruenti. E in questo senso il MoVimento 5 Stelle ha sempre sostenuto un progetto di scuola coscientemente ed espressamente definito, in grado di rappresentare gli interessi e le istanze di una professione ormai ridotta a categoria residuale nella società ma anche all'interno della stessa organizzazione scolastica, e ciò al fine di abbandonare definitivamente un percorso di involuzione burocratica ed autoritaria, affinché la scuola torni finalmente ad essere un fattore di progresso civile, culturale, sociale ed economico del Paese. Dunque un nuovo modello di scuola è possibile, un'organizzazione reticolare delle responsabilità che archivi quella curvatura monocratica e autoritaria assunta anche a seguito della legge n. 107, per avviare e sostenere quei processi formativi e pedagogici secondo la missione che alla scuola assegna la Costituzione, una comunità educante in cui i giovani sperimentano il senso civico e diventano cittadini consapevoli del presente e artefici del futuro. Allora la scuola, una delle istituzioni più importanti dello Stato e dell'unità nazionale, cemento con cui si è costruita l'unità immateriale del popolo italiano prima ancora che nascesse la Repubblica, potrà tornare ad essere la vera scuola della Costituzione.

Mi piace citare, per concludere, un passo dell'intervento dell'onorevole Marchesi, relatore, insieme al collega Aldo Moro, sugli articoli relativi all'istruzione nel 1947, l'anno della Costituente. All'epoca Marchesi si esprimeva in questo modo: “La scuola è il massimo e, dirò, l'unico organismo che garantisca l'unità nazionale. Essa non prepara il sardo, il siciliano, il ligure, il piemontese: prepara il cittadino italiano; e da essa vengono e si propagano per tutte le regioni italiane le migliori energie del Paese. Allo Stato ne spetta, dunque, l'ordinamento e l'attuazione, perché lo Stato è l'unico organismo che abbia tutti i mezzi e tutti i poteri per assolvere quest'opera capitale in tutte le contrade d'Italia”. Ed è proprio nel solco della saggezza dei padri costituenti che dobbiamo tracciare la nostra sfida per costruire una società culturalmente ricca in cui la scuola, alta istituzione della Repubblica, svolga in pieno la sua battaglia contro l'analfabetismo funzionale, contro la manipolazione delle sempre più sofisticate tecniche persuasive attraverso cui la pseudo-democrazia dei social costruisce il suo potere dittatoriale, contro l'ignoranza che ci circonda e mette a rischio la stessa democrazia. Per concludere, Presidente, nello spirito di Piero Calamandrei, dobbiamo prendere atto che, se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola è, a lungo andare, più importante del Parlamento, della magistratura, della Corte costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Legnaioli. Ne ha facoltà.

DONATELLA LEGNAIOLI (LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi iniziamo l'esame in aula di questo decreto che reca misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti. Il decreto è stato assegnato in sede referente alle Commissioni riunite VII e XI. È stato definito “salva precari”: mai nome di un provvedimento fu più sbagliato. Sì, perché questo testo tutto fa tranne che tutelare il precariato.

In realtà, condanna definitivamente decine di migliaia di insegnanti alla gabbia del lavoro non stabile, non prevedendo alcun PAS, i percorsi abilitanti speciali, e arrivando a giudicare non idonei all'insegnamento e, quindi, non degni dell'abilitazione, titolo indispensabile per la stabilizzazione, decine di migliaia di professori. Il decreto colpisce soprattutto i docenti precari, perché li taglia fuori da ogni possibilità di essere stabilizzati, dopo che per anni hanno lavorato nelle nostre scuole, per i nostri figli, subendo anche un vero e proprio abuso, per di più reiterato, nel prolungamento dei contratti a termine.

È un provvedimento, questo, che stravolge completamente il testo di agosto, fortemente voluto dalla Lega. Durante l'esame in Commissione, quasi tutti gli emendamenti dell'opposizione sono stati valutati negativamente dalle relatrici e dal Governo; un peccato, non tanto per noi, quanto per gli italiani, per i lavoratori e senza prestare attenzione al loro contenuto, sebbene fossero finalizzati a scongiurare contenziosi pericolosi per l'amministrazione. Molti dei nostri emendamenti sono stati considerati inammissibili senza una giustificazione, come quelli relativi a concorsi a posti di dirigente scolastico, dal momento che il decreto-legge n. 126 del 2019 riporta uno specifico articolo, il 2, che prevede una sostanziale modifica del sistema di reclutamento concorsuale dei dirigenti scolastici, oppure come quelli che recano rispettivamente l'introduzione, per i vincitori di concorso, di un obbligo di opzione tra l'accettazione dell'assegnazione e la conservazione dei benefici di cui alla legge n. 104 del 1992 e quello che reca novelle alla legge n. 104 del 1992 e prevede un diritto di scelta della sede in favore delle persone disabili o dei genitori che li assistano quando assunti presso enti pubblici.

La maggioranza ha mandato in frantumi le speranze, le aspirazioni, le vite di decine di migliaia di lavoratori precari della scuola. Il Governo ha condannato alla precarietà, nella migliore delle ipotesi, e alla disoccupazione, nella peggiore e più reale, decine di migliaia di insegnanti, insegnanti che hanno lavorato nelle nostre scuole per anni, hanno insegnato e formato i nostri figli per cinque, sei e a volte anche dieci anni e che adesso, per un'avversione ideologica di questo Governo nei confronti dei precari, si troveranno per strada. Lo Stato ha abusato di questi lavoratori nella reiterazione dei contratti a termine, contravvenendo sia alla direttiva europea 1999/70/CE sia al decreto n. 368 del 2001. Il Governo avrebbe potuto porre termine a questa anomalia istituendo i PAS, che non sono una sanatoria, ma una possibilità per i lavoratori di abilitarsi e di sostenere una prova selettiva al termine di questo percorso, interamente a spese del precario. Per questo il termine “salva precari” è molto distante da quella che è la realtà del provvedimento. Dopo un lavoro a ritmi serrati in sede referente, grazie al nostro capogruppo in Commissione, l'onorevole Belotti, alla determinazione dell'onorevole Sasso e dei colleghi della Commissione lavoro, la maggioranza ha ceduto su alcuni emendamenti dell'opposizione; tra i più significativi vi è quello che riguarda i requisiti di accesso al concorso straordinario e, in particolare, l'estensione temporale dei requisiti dei tre anni di servizio, retrodatandolo dal 2011 al 2008, andando a riformulare un emendamento presentato dalla Lega e che prevedeva anche l'annualità in corso. Tale risultato è da considerare il riconoscimento del diritto di migliaia di lavoratori che, senza l'approvazione dell'emendamento, sarebbero stati esclusi dalle procedure concorsuali. Le Commissioni cultura e lavoro hanno, dunque, definito un pacchetto di modifiche al decreto, quali, ad esempio, la riapertura delle graduatorie di terza fascia, quelle destinate ai supplenti precari non abilitati, con proroga fino all'anno scolastico 2022-2023, un nuovo concorso per gli insegnanti di religione cattolica, l'ampliamento della platea di coloro che potranno partecipare al concorso straordinario. Tuttavia, rimane un provvedimento ancora monco, per lo più ideologico. La Lega è pronta a lottare per i diritti dei lavoratori della scuola, in Parlamento, nelle piazze, nei tribunali, per fornire, se necessario, assistenza legale gratuita a quei docenti che intenderanno ricorrere alla magistratura del lavoro.

Il punto politico - e concludo, Presidente - però è inconfutabile e paradossale, il Governo più a sinistra della storia lascia indietro i lavoratori, dal mondo della scuola agli operai dell'Ilva, chi per decenni ha fatto della lotta di classe la sua bandiera, oggi, si trova ad abbandonare il campo a testa bassa, lasciando i nostri lavoratori italiani alla mercé degli eventi e di sciagurati provvedimenti. Se sinistra e grillini hanno così deciso, facciano, ma non con il nostro sostegno. Noi saremo sempre dalla parte dell'Italia migliore, quella che lavora, quella onesta, quella che per leggi come quella di oggi, dall'Umbria all'Emilia, non vi vota e non vi voterà mai più (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marco Bella. Ne ha facoltà.

MARCO BELLA (M5S). Presidente, gentili colleghe, cari colleghi, gentile Viceministra, qui, illustrerò brevemente gli articoli 4, 5 e 6 del decreto “istruzione”, in quanto le mie colleghe hanno magistralmente illustrato gli articoli che riguardano la scuola. La visione del nostro Ministro, Lorenzo Fioramonti, riguardo all'università e alla ricerca è quella di fare una “non riforma”. L'università ha subito tantissime riforme e queste riforme non hanno certo migliorato la vita dei nostri ricercatori. Come possiamo intervenire, qual è la visione? Occorre intervenire con operazioni chirurgiche, mirate, su delle criticità presenti nel sistema della ricerca e nel sistema universitario. In realtà, basta veramente poco per cambiare la vita di tante persone e, qui, Presidente, lo confesso, sono emozionato e sono emozionato, perché stiamo per intervenire su una norma che nella sua versione precedente mi aveva colpito molto. Vede, lei sa che prima di essere qui in Parlamento ero un professore universitario e nel gennaio del 2017 lavoravo, insieme a tanti colleghi, con uno strumento che è la risonanza magnetica nucleare; questo strumento serviva ben 30 persone e per i nostri esperimenti ne avevo bisogno ogni singolo giorno. Ebbene, quel giorno di gennaio del 2017 non si è rotto lo strumento, perché, Presidente, con le difficoltà dell'università italiana, avevamo anche imparato a ripararlo, si ruppe l'hard disk del PC che controllava questo strumento. Lo strumento costava 400 mila euro, l'hard disk, forse, ne costava 40, forse anche meno; ebbene, se noi avessimo dovuto seguire le procedure per gli acquisti, quelle che, tra l'altro, sono vigenti ancora adesso e non lo saranno più quando questo decreto sarà approvato, questo avrebbe richiesto almeno due settimane, due settimane nelle quali 30 persone non avrebbero potuto continuare il loro lavoro. Presidente, sa che cosa abbiamo fatto? Non mi vergogno a dirlo, abbiamo fatto una colletta, abbiamo raccolto i soldi e nel giro di un giorno abbiamo comprato un hard disk e lo abbiamo installato. Ora, questa cosa tra l'altro è stata anche ripresa dai diversi mezzi di informazione: i ricercatori che fanno la colletta; è stato anche divertente, però, c'era un riso amaro dietro questo; perché i nostri ricercatori devono essere costretti a questo? Quella era l'unica soluzione per poter lavorare, per poter lavorare rapidamente. Ebbene, ci sono una serie di norme che si sono sovrapposte riguardo agli acquisti e queste norme sono anche contraddittorie, a volte. Con l'articolo 4 noi disboschiamo la normativa esistente e togliamo al personale dell'università e degli enti di ricerca l'obbligatorietà del ricorso al MePA, il mercato della pubblica amministrazione.

Presidente, il sistema della ricerca e dell'università italiano è veramente competitivo, è veramente buono e di questo ne ho avuto una misura personale, quando mi sono trovato all'estero, io sono stato ben cinque anni tra Stati Uniti, Danimarca e Regno Unito e i nostri ricercatori erano quelli più apprezzati. Sarebbe sorprendente se il nostro sistema universitario fosse brutto come descritto in alcuni mezzi di informazione, se, nonostante tutto, riesce a produrre persone che sono apprezzate nei migliori centri di ricerca esteri. Forse questa è la mia esperienza personale: so da scienziato che non bisogna basarsi soltanto sull'esperienza personale. Allora possiamo avere una misura di quanto siano bravi i nostri ricercatori e sono i vincitori delle ERC Stars Grants: una delle competizioni per avere dei fondi europei più difficili che ci sia, che esista. Ora prendiamo i dati del 2019, ma i dati sono speculari per qualsiasi altra call: vediamo che ci sono ben trenta dei nostri ricercatori di nazionalità italiana che hanno ottenuto questo grant. Parliamo di un finanziamento dell'ordine di 2 milioni di euro in cinque anni, quindi un finanziamento veramente consistente. Noi ci piazziamo al terzo posto preceduti soltanto da Germania e da Francia che hanno comunque una popolazione molto grande. Abbiamo dei bravi ricercatori. Il problema però nasce quando ci troviamo di fronte al numero di questi ricercatori che poi vengono nelle istituzioni italiane: su trenta sono solo diciotto. Dodici ricercatori non vengono in Italia, dodici delle persone che si sono formate nella nostra università, nel nostro sistema scolastico; e questo è un danno consistente. Noi parliamo di un danno quindi sui 20 milioni di euro. Il professor Parisi ha evidenziato in un magistrale articolo sulla rivista Nature che l'Italia sta finanziando i ricercatori degli altri Paesi europei ogni anno con una cifra che è dell'ordine dei 300 milioni di euro. Pensi, i soldi delle nostre tasse vanno a finanziare la ricerca di altri Paesi. Infatti nella classifica delle istituzioni l'Italia si piazza all'ottavo posto tra i vincitori degli ERC Stars Grants e davanti a noi ci sono Paesi piccoli in popolazione: l'Olanda, Israele, la Svizzera, anche la Spagna. Perché non riusciamo a portare i nostri soldi indietro ai nostri ricercatori? Mi permetto di dire che uno dei problemi principali riguarda proprio quanto è difficile, quanto è complessa la procedura per gli acquisti. Quando io lavoravo all'estero e in diversi Paesi sia europei sia negli Stati Uniti, i prodotti chimici mi arrivavano nel giro di due giorni, tre giorni se era qualcosa di veramente particolare; in Italia non li ho visti arrivare prima di due settimane. Ma la ricerca è competizione, nella ricerca se io non realizzo subito qualche cosa arriverà il ricercatore francese e la realizzerà lui e prenderà lui il grant da 2 milioni. Questo succede. Quindi è importante avere delle procedure d'acquisto: sembra qualcosa di piccolo, ma è fondamentale. L'articolo 4 semplifica gli acquisti e dice ai ricercatori che se sono negli enti di ricerca o all'università non è più necessario il ricorso al MePA, il mercato della pubblica amministrazione. Se loro ritengono che potrebbe esserci un risparmio, perché no? In realtà ho il massimo rispetto di ogni centesimo delle tasse degli italiani. Però, Presidente, dobbiamo capire che il tempo è denaro. Nelle aziende il tempo è una delle risorse più importanti: ha senso che un ricercatore spenda mezza giornata del suo tempo - pensate quanto può valere mezza giornata del tempo di un ricercatore - per risparmiare pochi euro? Io direi di no. Il MePA è uno strumento utile qualora si vogliano comprare, ad esempio, 10 mila siringhe tutte uguali, ma queste non sono le esigenze della ricerca. L'esigenza della ricerca è comprare 10 mila siringhe tutte diverse, perché io non so quale sarà quella che mi permetterà di realizzare il mio progetto di ricerca. Quindi con questo articolo noi diamo qualcosa di importante ai ricercatori: diamo il tempo e facciamo vedere che il loro tempo è importante. Ovunque nelle università si sente dire, anche da parte del personale tecnico e amministrativo, perché anche il loro tempo è fondamentale, che questo MePA è opprimente. Noi stiamo dicendo: se volete usarlo, usatelo o, altrimenti, comprate con procedure semplificate ciò che vi serve per fare ricerca. Non usate il tempo nella burocrazia: usatelo piuttosto per fare ricerca; usatelo per scrivere dei progetti di ricerca belli e utili e portiamoci un po' di soldi qua in Italia.

L'articolo 5 ha di nuovo a che vedere con il tempo delle persone, che è una risorsa fondamentale. L'articolo 5 estende l'abilità della ASN, abilitazione scientifica nazionale, a nove anni. La ASN è stata criticata da molte parti. Tra l'altro ci sono critiche anche molto dettagliate sulla rivista scientifica prestigiosa che è PLOS ONE un articolo in cui autori sono De Nicolao e Baccini. Questi autori hanno sottolineato che in realtà l'abilitazione scientifica come fatta in Italia con soglie bibliometriche, quindi soglie numeriche, ha ingenerato comportamenti opportunistici. Infatti dal 2010 in Italia non sono aumentate le pubblicazioni ma sono aumentate le autocitazioni: i ricercatori per superare le soglie bibliometriche hanno iniziato ad autocitarsi. È chiaro che una riforma della ASN più organica non può essere fatta in un decreto-legge e infatti sicuramente la ASN verrà presa in mano in un provvedimento sul reclutamento che è al momento in discussione in Commissione Cultura. Uno degli aspetti però più critici, tanto da giustificare un intervento tramite decreto-legge, era la durata. Presidente, molte delle persone qua presenti hanno la laurea. La laurea non ha scadenza. Non posso chiedere al signor stenografo che è lì seduto al computer di prendere una seconda laurea dopo dieci anni. Eppure la normativa prevede che per partecipare a un concorso da professore associato l'abilitazione scada, come se la qualifica dopo sei anni scadesse come se fosse una pietanza andata a male. Dunque è chiaramente assurdo. Noi adesso la estendiamo a nove anni e sicuramente in tre anni potremo fare una riforma più organica: ne abbiamo tutto il tempo e questo articolo non ha costi per lo Stato ma guadagni, perché il tempo dei ricercatori per preparare il loro curriculum, partecipare alla procedura di abilitazione è un valore; il tempo dei commissari che devono leggere dei curriculum anche quello è un valore. Ma pensiamo, ad esempio, al commissario che, dopo sei anni, si trova di nuovo il curriculum di un ricercatore che aveva abilitato sei anni prima. È ovvio che l'abilitazione in quel caso dovrebbe essere automatica, talmente automatica che piuttosto che mettere insieme tutte le procedure di abilitazione presso il MIUR per persone già abilitate, ripeto, tanto vale a quel punto lasciarli già abilitati e sicuramente questo sarà un punto che riprenderemo nei tre anni in cui avremo tempo per sistemare una riforma più organica sia del reclutamento sia delle procedure di abilitazione.

Nell'articolo 5 è contenuto anche un comma molto importante che estende la possibilità delle chiamate in base all'articolo 24 della legge n. 240. Ora le cosiddette chiamate interne erano uno strumento temporaneo della legge n. 240, uno strumento utile. Tuttavia, dopo la legge n. 240, la cosiddetta legge Gelmini, evidentemente i Governi successivi hanno fatto una serie di tagli ed è accaduto che molti colleghi non hanno visto riconosciuto il loro merito semplicemente perché mancavano le risorse e ciò è inaccettabile.

Il merito deve essere valutato in maniera indipendente dalle risorse. Se una persona ha la qualifica di professore associato allora la deve avere comunque, indipendentemente dal fatto che ci siano risorse o meno e così interveniamo su questo articolo. Sicuramente questo tipo di procedure permettono un notevole risparmio di tempo e ancora sui ricercatori piuttosto che, insomma, accanirvi in procedure concorsuali inutili in questa fase e anziché accanirvi - qualcuno - nel cercare di adeguare i vostri indici bibliometrici altrimenti non venite chiamati ecco qui che possiamo introdurre questa procedura semplificata di chiamata.

L'articolo 6, invece, è l'articolo che riguarda il personale degli enti di ricerca. Ora, la collega Ciampi ha detto qualcosa di estremamente corretto: ha detto che la “legge Madia” ha permesso la stabilizzazione del personale precario degli enti di ricerca. È vero. Non dimentichiamo che la “legge Madia” ha recepito la “sentenza Mascolo” dell'Unione europea, altrimenti saremmo andati in procedura di infrazione, e ha detto che le persone con oltre tre anni di precariato avevano il diritto di essere stabilizzate. Tuttavia, Presidente, noi non dobbiamo soltanto scrivere le leggi buone; dobbiamo anche e soprattutto controllare che queste leggi buone siano poi applicate bene. Nella “legge Madia” vi erano una serie di figure - che poi abbiamo visto soltanto in corsa ma sicuramente non era quella l'intenzione del legislatore - che non potevano essere poi stabilizzate. Quindi, sia nella parte emendativa sia nella parte del testo c'è un intervento che permette di estendere le procedure di stabilizzazione a tutta una serie di persone che avrebbero normalmente avuto diritto. Inoltre, nella parte emendativa estendiamo le tutele a coloro che sono i precari della ricerca negli enti di ricerca - questo va precisato - dando le tutele lavorative che al momento non hanno.

In conclusione, Presidente, il tema di questi articoli è la valorizzazione del tempo dei nostri ricercatori. Ogni volta che un nostro ricercatore, combattendo contro una burocrazia assurda, cede e va all'estero noi perdiamo qualcosa come mezzo milione, perché tanto costa la formazione scolastica e universitaria di un nostro ricercatore. Questa è la ricchezza che stiamo regalando all'estero e non dobbiamo più farlo. Oggi i nostri ricercatori possiamo immaginarli come qualcuno che corre con una bicicletta scassata e a un certo punto si trova al pit stop, lì ai box, e gli dicono: “Dovremmo sostituire il copertone, però aspetta un attimo. Forse riusciamo a risparmiare un euro su questo copertone”, forse perché se si risparmia veramente con il MePA è opinabile. Mentre stiamo lì per risparmiare questi pochi euro, passa il ricercatore francese sulla sua Ferrari e sventola i 2 milioni del finanziamento europeo. Questo non deve accadere. Per rendere competitiva la ricerca italiana, ancora prima dei finanziamenti, abbiamo bisogno di procedure chiare e semplici per gli acquisti, procedure che non portino a un sovraccarico burocratico. Dimostriamo a questi eroi, che sono i nostri ricercatori, che noi li apprezziamo e che il loro lavoro è importante semplificandogli la burocrazia e non facendogli perdere tempo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Rosa Alba Testamento. Ne ha facoltà.

ROSA ALBA TESTAMENTO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, Vice Ministro, il decreto che discutiamo in Aula, oltre a contenere importanti novità per il sistema universitario per la valorizzazione e la stabilizzazione dei ricercatori, come ha appena espresso il mio collega Marco Bella, ha anche delle importanti e significative misure per il comparto scuola.

Prima di entrare nel merito anche del contributo migliorativo che la Commissione ha potuto dare a questo decreto, ci tengo a sottolineare il clima positivo e collaborativo che ha caratterizzato il nostro lavoro. La volontà di dare risposta alle tante istanze ed emergenze che provengono dal complesso mondo della scuola ha fatto sì che abbiamo raggiunto un risultato molto importante e atteso, un risultato anche in linea, chiaramente, con i principi del MoVimento 5 Stelle e con la nostra volontà di valorizzare il personale docente e tutto il personale scolastico, con la volontà anche di attenuare il precariato e progressivamente eliminarlo, chiaramente sempre ponendo al centro lo studente per educarlo alla formazione autonoma delle idee e del pensiero. Dicevano gli antichi che questa è la condizione indispensabile per raggiungere la felicità.

Finalmente, quindi, siamo in grado di dare risposte concrete a un comparto da sempre riconosciuto come uno dei pilastri della nostra società, eppure sempre messo in disparte sul piano delle scelte politiche, ma, grazie al lavoro di questi mesi, possiamo dire che la scuola torna al centro e a confermarlo sono i fatti. Insieme, infatti, al concorso ordinario per l'assunzione di 24 mila docenti, si prevede anche un concorso straordinario per ulteriori 24 mila docenti anche di sostegno che si svolgerà su base regionale e riguarderà tutte le classi di concorso e le tipologie di posto per cui si prevede che ci siano posti vacanti e disponibili nel triennio che va dal 2020-2021 al 2022-2023.

A questi 48 mila nuovi insegnanti immessi in ruolo e, quindi, a tempo indeterminato si andranno ad aggiungere ulteriori 9 mila posti liberatisi con i pensionamenti di “quota 100” e, quindi, personale docente e personale ATA avente diritto potranno chiaramente subentrare per ulteriori 9 mila posti. Quest'ultimo è stato anche un obiettivo fortemente voluto dal MoVimento 5 Stelle che era stato impossibile da raggiungere nella precedente esperienza di Governo, ma che ora è realtà. Infatti, con un emendamento approvato in Commissione si permette di partecipare al concorso straordinario anche ai docenti che stanno maturando il terzo anno di servizio nell'anno scolastico in corso 2019-2020. Avevamo avuto molte richieste in questo senso e, quindi, lo ritengo un esempio anche di grande capacità di ascolto oltre che di buonsenso.

Un altro emendamento permette ai docenti che stanno svolgendo il quarto ciclo di specializzazione per il sostegno, quindi il quadro quarto ciclo di TFA, di partecipare ai concorsi previsti dal decreto in discussione, chiaramente con la riserva del conseguimento del titolo. Questo è un punto molto importante che riflette la nostra attenzione, la grande attenzione del MoVimento 5 Stelle sui temi della disabilità e dell'inclusione scolastica. All'inizio di ogni anno scolastico, infatti, purtroppo c'è la difficoltà di coprire le cattedre di sostegno con docenti specializzati e con docenti di ruolo, chiaramente per poter dare anche continuità didattica agli studenti, e questo provoca un grande disagio agli alunni in situazioni di disabilità, che hanno bisogno di una didattica specializzata, e alle stesse famiglie degli alunni, che non hanno certezza di quale insegnante e per quanto tempo si occuperà del proprio figlio. La complessità nella redazione dei piani educativi individualizzati, la necessità per gli alunni in situazione di disabilità di avere una didattica specializzata, spesso la mancanza di continuità didattica e, a volte, anche l'insufficienza delle ore di sostegno previste mettono gravemente a rischio la piena inclusione scolastica e il diritto allo studio, costituzionalmente garantito.

Su questo aspetto noi stiamo lavorando molto e veramente su tutti i fronti. Lo stesso nostro Ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, Lorenzo Fioramonti, ha già stanziato 5 milioni di euro per un'attività di formazione sui temi dell'inclusione indirizzata a tutti i docenti. Questo è molto importante perché ovviamente il docente di sostegno è il docente assegnato all'alunno con disabilità, è docente di tutta la classe e, contestualmente, il docente curriculare è, ovviamente, anche docente dell'alunno in situazione di disabilità. Quindi, siamo contenti e giustamente questo Fondo si occupa della formazione per l'inclusione di tutti i docenti.

Una grande attenzione è dovuta anche ai posti di sostegno che nei bandi di concorso autorizzati in questo decreto. Noi ci stiamo lavorando anche in Commissione cultura alla Camera: abbiamo depositato una risoluzione, a mia prima firma, dove vogliamo risolvere in modo strutturale questa carenza di docenti di sostegno, che non è più emergenziale, ma che va risolta alla radice. Quindi prevediamo con questa risoluzione delle specializzazioni obbligatorie con cadenza biennale e dei bandi di concorso per l'assunzione dei docenti, ovviamente per uscire da questa emergenza, così come un'altra cosa sicuramente molto importante è la trasformazione dei posti in organico di fatto in organico di diritto sulle cattedre vacanti e disponibili di sostegno, in modo da poter assumere e poter assicurare la continuità didattica ai nostri docenti.

Un altro punto che vorrei sottolineare, che abbiamo raggiunto in Commissione, è il riconoscimento come servizio pubblico essenziale del trasporto scolastico, prevedendo, quindi, la gratuità del servizio di scuolabus per famiglie in maggiore difficoltà economica o, comunque, una gradazione della tariffa commisurata al reddito, perché, quando diciamo che nessuno deve rimanere indietro, è anche questo che intendiamo; lo sentiamo veramente e facciamo ogni sforzo possibile per rendere effettivamente concreta questa intenzione.

Un'altra novità riguarda la trasposizione delle graduatorie d'istituto in graduatorie provinciali. Con un importante emendamento a mia prima firma, con queste graduatorie provinciali riusciamo ad alleggerire il carico di lavoro delle scuole, in questo caso il carico di lavoro già molto pesante delle segreterie scolastiche, e quindi anche accelerare l'iter di nomina delle supplenze.

C'è anche la riapertura delle graduatorie di terza fascia, che è importante, ovviamente, per permettere ai neolaureati di inserirsi in queste graduatorie. Per gli idonei del 2016 consentiamo di non continuare ad attendere le continue proroghe delle graduatorie, ma di inserirsi stabilmente e su base volontaria nelle graduatorie dei concorsi 2018 nella propria regione o in altre regioni. Un altro punto, l'ultimo che vorrei mettere in evidenza, per noi qualificante, è la semplificazione, con l'eliminazione della prova orale, delle procedure per il concorso di 11 mila collaboratori scolastici, con il quale verrà portato a compimento l'iter di internalizzazione del personale addetto alle pulizie e alla vigilanza. È una cosa nella quale abbiamo sempre creduto molto, internalizzare migliaia di lavoratori che per anni sono stati ostaggio della precarietà prodotta da imprese e cooperative.

Questi sono solo alcuni dei punti significativi di questo decreto, che non è una riforma della scuola, ma un decreto che punta a dare delle singole risposte, un po' come delle tessere di un puzzle che è importante ricomporre al proprio posto, proprio perché da questo, poi, dipenderà la nostra capacità di guardare con fiducia al futuro della scuola e di ripartire anche da qui. Concludo con una citazione di Malcolm Little, che ritengo significativa: la scuola è il nostro passaporto per il futuro e il domani appartiene a coloro che oggi si preparano al meglio per affrontarlo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 2222-A)

PRESIDENTE. Avrebbe facoltà di replicare la deputata Vittoria Casa, relatrice della Commissione cultura, ma ha esaurito completamente il suo tempo. Quindi, se vuole, ha un minuto.

VITTORIA CASA, Relatrice per la VII Commissione. Ringrazio per il lavoro svolto.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, sottosegretaria Ascani. Prego, a lei la parola.

ANNA ASCANI, Sottosegretaria di Stato per l'Istruzione, l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. Aggiungo ai ringraziamenti della relatrice anche quelli del Governo per la qualità del dibattito, che rispecchia quello che si è tenuto nei giorni di lavoro in Commissione, che, devo dire, sono stati giorni di lavoro molto positivi, in cui si è cercato di abbandonare i posizionamenti ideologici di ciascuno e di lavorare tutti nell'unica direzione di fare il bene del mondo della scuola, dell'università e della ricerca.

Brevemente, per inquadrare il dibattito che faremo poi in Aula nei prossimi giorni, sperando di riuscire ad apportare ulteriori modifiche migliorative, perché, come abbiamo dimostrato, il Governo è totalmente aperto a qualunque tipo di modifica migliorativa arrivi, ovviamente con il sostegno della maggioranza, anche dai banchi dell'opposizione, perché alcune delle modifiche accolte sono state, in realtà, inizialmente pensate da deputati dell'opposizione. Questo decreto nasce per un'esigenza evidente, che è quella di riuscire a limitare il precariato atavico nella scuola. Purtroppo quest'anno, per responsabilità di chi ci ha preceduto, si è raggiunto il record storico di supplenze, oltre 120 mila supplenze, con il risultato che non c'è una singola classe italiana che non abbia almeno un insegnante supplente. Questo non incide soltanto sulla qualità della vita degli insegnanti, ma, soprattutto, sulla qualità della formazione, sulla qualità dell'istruzione, quindi, del nostro sistema nel complesso.

Questo decreto interviene esattamente per risolvere parzialmente il problema del precariato: 48 mila assunzioni, 24 mila attraverso un concorso straordinario. Hanno illustrato i deputati in maniera molto puntuale quali sono le caratteristiche di questo concorso, chi potrà accedervi. Sono particolarmente felice, anche in questo caso, delle modifiche migliorative che sono state introdotte anche per andare incontro alle difficoltà del sistema di istruzione paritario che giustamente lamenta l'esigenza di avere docenti abilitati, come la legge gli chiede di avere, e giustamente, non avendo avuto altri percorsi di abilitazione, l'accesso al concorso straordinario per coloro che hanno il servizio nella paritaria era l'unico modo, e lo stesso vale per i docenti dell'istruzione e formazione professionale.

D'altra parte è un concorso ordinario: per noi questa deve essere la normalità, ce lo siamo detti tante volte, lo ripetiamo oggi che siamo al Governo. Bisogna che ci siano concorsi ordinari in modo stabile per normalizzare il mondo della scuola; anche qui sono stati fatti dei passi in avanti, ma sicuramente altri ce ne saranno nel corso del dibattito che si farà nelle prossime ore all'interno dell'Aula. Voglio ricordare, in particolare, due modifiche migliorative che sono state fatte rispetto al testo iniziale: la riapertura della terza fascia - erano in tanti a chiederci di poter accedere alla terza fascia e sono felice che in realtà questa proposta, arrivata dalle diverse forze politiche rappresentate in Parlamento, anche dall'opposizione, sia stata poi accolta dalle Commissioni con il parere favorevole del Governo - e poi l'accesso al concorso straordinario anche a chi sta completando in quest'anno il terzo anno di servizio necessario. Anche qui molte richieste erano arrivate e sono felice che si sia riusciti a trovare una soluzione.

Dico questo perché vorrei che, al netto di alcuni interventi che ho sentito, il dibattito in Aula rispecchiasse quello che si è avuto in questa discussione sulle linee generali. Tutti qua dentro abbiamo come unico obiettivo il bene della scuola, il bene dell'università, della ricerca; molto si è fatto, lo hanno ricordato diversi deputati, anche per il precariato nel mondo degli enti di ricerca, per cercare di semplificare la vita a coloro che hanno ottenuto un'abilitazione e se la sarebbero vista scadere prima di poter accedere al ruolo. Si è fatto molto riguardo il MePA, lo ricordava poco fa il deputato Bella. Credo che tutti stiamo lavorando in un'unica direzione; non serve a nessuno ora rimproverare gli altri di voler, invece, ampliare le fasce del precariato. Noi abbiamo ereditato una situazione complicata, molto complicata, e l'unico obiettivo che ci poniamo, insieme a questa Camera, è quello di cominciare a risolvere i problemi; non fare grandi riforme che lascino la targhetta con il nome del ministro da qualche parte, ma cominciare a risolvere i problemi per normalizzare la vita all'interno della scuola, dell'università e della ricerca, proprio come ci chiede chi quel mondo quotidianamente lo vive.

Quindi torno a ringraziare i deputati e, naturalmente, auguro a tutti noi per le prossime ore un buon lavoro nell'interesse esclusivo del bene del mondo dell'istruzione italiana.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

A questo punto farei una pausa tecnica, quindi sospendo la seduta per dieci minuti.

La seduta, sospesa alle 19,45, è ripresa alle 19,55.

Discussione delle mozioni Muroni ed altri n. 1-00181 e Orlando ed altri n. 1-00178 concernenti iniziative in relazione all'emergenza climatica e ambientale.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Muroni ed altri n. 1-00181 (Nuova formulazione) e Orlando ed altri n. 1-00178, concernenti iniziative in relazione all'emergenza climatica e ambientale (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto che in data odierna sono state presentate le mozioni Molinari ed altri n. 1-00298, Meloni ed altri n. 1-00299, Labriola ed altri n 1-00300, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente.

Avverto inoltre che è stata presentata un'ulteriore nuova formulazione della mozione Muroni ed altri n. 1-00181, che è stata sottoscritta, tra gli altri, anche dai deputati Orlando, Ilaria Fontana e Fregolent, che ne diventano rispettivamente, con il consenso degli altri sottoscrittori, il secondo, il terzo e il quarto firmatario. Contestualmente alla presentazione dell'ulteriore nuova formulazione della mozione Muroni ed altri n. 1-00181, è stata ritirata la mozione Orlando e altri n. 1-00178.

I testi delle mozioni Molinari ed altri n. 1-00298, Meloni ed altri n. 1-00299, Labriola ed altri n 1-00300, nonché dell'ulteriore nuova formulazione della mozione Muroni ed altri n. 1-00181, sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritta a parlare la deputata Rossella Muroni, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00181 (Ulteriore nuova formulazione). Ne ha facoltà.

ROSSELLA MURONI (LEU). Grazie, Presidente, i cambiamenti climatici sono una realtà: li stiamo vivendo anche in questi giorni. Da anni ormai ci siamo dentro, ma ancora oggi li chiamiamo con un nome sbagliato, preoccupandocene soltanto dopo la conta dei danni e delle vittime: ancora oggi noi parliamo di maltempo. Solo nel nostro Paese, nell'ultimo censimento di Legambiente del 2018, vengono contati 148 eventi estremi, con 32 vittime e oltre 4.500 sfollati; dal 2010 ad oggi, sono stati 563 gli eventi estremi, con enormi impatti in più di 350 comuni italiani. Finora, per l'anno in corso, la Protezione civile ha messo in fila 174 eventi estremi e 33 vittime, a cui si aggiungono gli eventi di questi giorni, e purtroppo un'ulteriore vittima nell'Alessandrino.

I quasi mille disastri naturali tra alluvioni, inondazioni, frane, uragani e tempeste che hanno colpito il pianeta hanno avuto un prezzo molto alto: 160 miliardi di dollari. In Europa i disastri naturali nel 2018 sono stati simili a quelli registrati negli anni 2014, 2015, 2016 e 2017, con un totale di 113 eventi e perdite per 16 miliardi di euro.

Allora, non è giusto chiamare maltempo quello che porta l'acqua alta a invadere la Basilica di San Marco per la seconda volta negli ultimi 12 mesi, quello che gonfia fiumi di fango tra i Sassi di Matera, quello che spegne le luci con ripetuti blackout nel Nord Italia per le forti nevicate, con valli isolate per frane e smottamenti, dal Piemonte all'Alto Adige. Oppure quello che porta mareggiate e onde alte come un secondo piano di un palazzo sulle coste pugliesi. E che dire del ghiacciaio che sul Monte Bianco si sta sciogliendo sulle nostre teste giorno dopo giorno, o di quanto appunto è avvenuto e sta avvenendo nell'Alessandrino, in Liguria, con il crollo di un viadotto sulla A6, in Calabria, in Basilicata e nel Metapontino?

Non sono soltanto effetti del maltempo, chiamiamoli con il nome giusto, questa serie di eventi eccezionali che riusciamo a toccare, purtroppo, con mano: chiamiamoli cambiamenti climatici; e i loro effetti sono evidenti, gli impatti sono drammatici. Questa, Presidente, è emergenza climatica. E continuando a questo ritmo gli eventi estremi, sempre più frequenti e intensi, ci ritroveremo senza più niente da difendere, senza più niente da lasciare ai nostri ragazzi: gli stessi ragazzi che, ispirati da Greta Thunberg, tra quattro giorni saranno di nuovo in piazza per chiedere alla politica - sì, ce l'hanno con noi - delle azioni decise e concrete e immediate; e questi ragazzi, Presidente, chiedono alla politica di ascoltare la scienza.

Investire in prevenzione, anziché spendere dopo per riparare i danni delle varie emergenze, sarebbe più conveniente oltre che più efficiente, ma sembra che ancora non abbiamo imparato la lezione. Stando ai dati dell'ISPRA, dal 1998 al 2018 abbiamo speso circa 5,6 miliardi di euro, 300 milioni l'anno, in progettazione e realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico, a fronte di circa 20 miliardi di euro spesi per riparare i danni del dissesto, in media 1 miliardo l'anno.

Il mondo rischia seriamente la catastrofe climatica, ce lo dicono, ormai inascoltati da decenni, gli scienziati riuniti dalle Nazioni Unite nel panel dedicato a studiare il fenomeno; sono unanimi anche nel segnalare che la responsabilità è umana. Gli scenari delineati ci raccontano un futuro che non c'è per la Terra e per la vita umana così come l'abbiamo conosciuta finora.

A me dispiace che questi temi vengano ancora raccontati come allarmismi, credo che invece sia fondamentale da parte di tutti fare un atto di responsabilità, riconoscere quello che sta accadendo e, facendocene carico, cercare di affrontarli tutti insieme. Secondo un'indagine del Climate Central pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, se i ghiacciai continueranno a sciogliersi al ritmo attuale, 300 milioni di persone che vivono in aree costiere - e l'Italia è una penisola - saranno sommersa dalle acque almeno una volta all'anno entro il 2050, con o senza barriere fisiche. L'Agenzia internazionale per l'energia ci mette in guardia anche sulla scelta delle rinnovabili: pur accelerando la crescita nei prossimi decenni, ma considerando gli attuali piani dei Governi, potrebbe non essere sufficiente mettere un tetto alle emissioni prima del 2040. Il dato più allarmante è quello della Banca mondiale, Presidente, non di estremisti ambientalisti, ma appunto della Banca mondiale: entro il 2050 potrebbero essere 143 milioni le persone costrette ad abbandonare le proprie case, a lasciare la propria terra, per via dei fenomeni meteorologici estremi e delle condizioni ambientali diventate ormai invivibili. I cambiamenti climatici sono anche un tema di giustizia, e purtroppo di nascita di nuove guerre. Questo dobbiamo mettercelo bene in testa: gli eventi climatici sconvolgono la vita di milioni di persone, sono all'origine di conflitti e di migrazione di massa, e si tratta anche di un tema di sicurezza, questa sì.

È evidente per tutti che la crisi climatica è una realtà e che stiamo esaurendo il tempo a disposizione. Abbiamo solo una manciata di anni per affrontarla ed evitare gli effetti più devastanti del collasso climatico in arrivo per il pianeta. Siamo di fronte a una vera emergenza, a una questione di sicurezza nazionale e globale. È arrivato il momento di agire. Un segnale importante nella giusta direzione è arrivato dalla Banca europea degli investimenti, che finalmente, con il sostegno del nostro Paese, ha deciso di interrompere entro la fine del 2021 i finanziamenti a progetti energetici legati ai combustibili fossili, gas compreso, per concentrarsi su energie rinnovabili, efficienza e sistemi di accumulo. Tra poco qui a Montecitorio saremo impegnati sull'esame del “decreto clima”: è ancora poco, certo, ma è un primo passo ed è la prima volta che nel nostro Paese viene varato un decreto dedicato al clima. Molti altri passi dovranno seguire per vincere questa sfida, però. Per combattere i cambiamenti climatici, come richiesto anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, arrestare la recessione e la crisi economica e sociale, sviluppare l'economia circolare, ridurre il degrado degli ecosistemi, valorizzare le potenzialità del nostro Paese, non si può che passare attraverso un piano decennale denominato Green New Deal, che metta politiche e misure di stimolo anti-recessione al centro di un nuovo patto per un nuovo sviluppo sostenibile. Certo, un piano decennale, poco coincidente con i tempi della politica e con il pensiero che spesso si ferma solo alla prossima scadenza elettorale. In questo contesto così drammatico, l'Italia ha la possibilità di assumere un ruolo da protagonista sui temi dei cambiamenti climatici, della tutela del paesaggio e del suolo, della transizione ecologica, coniugandoli con il sostegno alle nuove tecnologie, alle imprese, alle azioni delle comunità locali, della società civile, delle istituzioni universitarie e della ricerca scientifica. Tutto questo può contribuire a fermare, oltre alla crisi climatica, anche quella economica e sociale, arrestando la marea dell'euroscetticismo, della paura e del populismo. Sono già 100 mila, Presidente, le persone che hanno firmato la petizione “emergenza climatica Italia” su change.org, anche a loro dobbiamo una risposta. Per farlo il nostro Paese deve compiere una sola ed unica scelta, puntare sul cosiddetto Green New Deal, che metta davvero al centro l'ambiente, spingendo sull'acceleratore verso questa direzione. Occorre puntare prima di tutto su un'economia decarbonizzata e circolare, ridisegnando la fiscalità in chiave green differenziando l'IVA, introducendo una carbon tax ed eliminando i sussidi alle fonti fossili, per raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi; spingere affinché si attuino politiche di adattamento al clima, rilanciare la cooperazione internazionale mettendo al centro il Mediterraneo e l'Africa in un progetto comune che vada oltre gli interessi dei singoli Stati e delle imprese. Il nostro Paese deve avere il coraggio di prendere decisioni più incisive, e al contempo di rilanciare sul piano dei diritti e delle politiche di integrazione, soprattutto smetterla di rincorrere chi vuole costruire muri e applicare respingimenti. Non è un problema di risorse ma di scelte. Però - ed è una questione dirimente -, basta con le politiche ambientali a invarianza di bilancio.

Senza investimenti non è possibile mettere in pratica efficaci politiche di tutela dell'ambiente, tantomeno promuovere uno sviluppo davvero sostenibile. Bisogna integrare le risorse nazionali con quelle previste dal prossimo quadro pluriennale europeo sino a 480 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. È per questo che l'Italia deve essere più brava a spendere i soldi europei, per interventi tesi a realizzare un pacchetto di investimenti pubblici sufficiente per iniziare a dare gambe solide ad un vero Green New Deal. Se il Governo italiano vuole essere davvero di svolta, può e deve mettere l'Italia all'avanguardia sul fronte dello sviluppo sostenibile e della lotta ai mutamenti climatici, a partire dalla dichiarazione dello stato di emergenza climatica, che è quello che chiediamo in questa mozione, firmata da tutte le forze della maggioranza - e ringrazio i colleghi per aver sottoscritto la riformulazione della mia iniziale mozione -, dall'inserimento del principio dello sviluppo sostenibile in Costituzione, come ci chiede il network dell'ASviS, dal rispetto degli impegni assunti con l'Accordo di Parigi e dal graduale taglio dei sussidi dannosi per l'ambiente, come chiede la mozione di maggioranza e che appunto stiamo discutendo in questo momento.

La mozione impegna il Governo a lavorare per ridurre le emissioni di CO2 in tempi rapidi e certi, raggiungere la decarbonizzazione dell'economia e spingere verso la conversione ecologica di società ed economia, poiché le crisi ambientali, economiche e sociali viaggiano insieme, e anche le soluzioni devono essere congiunte. Avere a cuore l'ambiente e affrontare con serietà i mutamenti climatici è quanto di più rivoluzionario possa esserci oggi in politica. Oltre ad essere necessario, infatti, occuparsi della crisi climatica, significa gettare le basi di un nuovo sviluppo, equo, inclusivo, duraturo e che non compromette il futuro. La Fondazione per lo sviluppo sostenibile stima, per esempio, che in Italia sia possibile dare un forte impulso ad uno sviluppo sostenibile con un conseguente aumento importante dell'occupazione, che potrebbe raggiungere 800 mila addetti in sei anni, e contemporaneamente riuscire ad affrontare con misure adeguate alcune grandi problematiche ambientali; tra queste, la crisi climatica, con la riduzione dei consumi di energia nelle case, nelle scuole, negli uffici e un forte aumento delle energie rinnovabili, i forti impatti generati dallo spreco di risorse e dallo smaltimento dei rifiuti, accelerare il cambiamento verso l'economia circolare, il miglioramento delle città con un programma di rigenerazione urbana ed un percorso per la mobilità sostenibile. Sempre la Fondazione per lo sviluppo sostenibile ha calcolato che realizzando le misure per raggiungere i cinque obiettivi che ho elencato si attiverebbero circa 190 miliardi di investimenti, con circa 682 miliardi di aumento della produzione e 242 miliardi di valore aggiunto, mettendo anche in conto la creazione degli 800 mila posti di nuovo lavoro entro il 2025. Che sia questa la strada giusta lo indica anche il rapporto “GreenItaly” di Fondazione Symbola e Unioncamere, secondo cui c'è una domanda di green job, di lavori legati allo sviluppo sostenibile, pari a quasi 474 mila contratti attivati, il 10,4 del totale delle figure professionali richieste nel 2018. Si tratta di ingegneri energetici, agricoltori biologici, esperti di acquisti verdi, tecnici meccatronici, installatori di impianti termici a basso impatto. Nel manifatturiero si sfiora il 15 per cento, perché il Green New Deal, Presidente, è anche un grande piano industriale. E focalizzando l'attenzione sui solo dipendenti nel dettaglio delle aree aziendali, si nota come nella progettazione e nella ricerca e sviluppo il 63,5 per cento dei nuovi contratti nel 2018 sia green. Questo a dimostrazione del legame sempre più stretto tra green economy e innovazione ambientale, tra ambiente e posti di lavoro. Ecco perché con la mozione si impegna il Governo su un piano ampio di investimenti pubblici orientati alla sostenibilità che coinvolga i principali settori produttivi, dall'energia alle infrastrutture, dalle manifatture all'agricoltura, dai trasporti alle costruzioni. Si richiedono investimenti in innovazione, formazione, ricerca, green economy, riduzione delle diseguaglianze. L'Esecutivo dovrà impegnarsi per accelerare la transizione energetica, così da ridurre le emissioni in tutti i settori, superare la dipendenza da fonti fossili e dare piena attuazione agli impegni sul clima assunti dal nostro Paese a livello internazionale. Il Governo dovrà anche lavorare per promuovere lo sviluppo e l'affermazione dell'economia circolare, un modello in cui le risorse vengono usate in modo efficiente e si riducono al minimo gli sprechi. Inoltre, dovrà impegnarsi per stabilizzare gli incentivi previsti per l'efficientamento energetico e la sostenibilità in edilizia, e per elaborare politiche di trasporto e produzione che rispondono in maniera coerente alle nuove necessità, con il coinvolgimento degli enti locali. Con questa mozione la maggioranza e il Parlamento sollecitano il Governo alla realizzazione di un serio programma nazionale, tra questo un piano strutturale per la messa in sicurezza del territorio, la mitigazione del rischio e l'adattamento ai cambiamenti climatici, un piano per il contrasto al consumo di suolo e all'abusivismo edilizio e uno per la riqualificazione energetica, la messa in sicurezza statica degli edifici, sia pubblici che privati, la rigenerazione urbana e la riqualificazione delle periferie. All'Esecutivo si assegna anche il compito di realizzare una strategia per la corretta gestione del ciclo dei rifiuti, capace di sviluppare l'economia circolare, una per l'agricoltura biologica sostenibile di qualità, come pure per la riqualificazione delle produzioni ad elevato impatto ambientale e un sistema di mobilità sostenibile.

Per aiutare le potenzialità dello sviluppo sostenibile, la mozione chiede al Governo di rendere pienamente operativa la cabina di regia Benessere Italia, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Sarebbe importante sostenere adeguati programmi di finanza verde e centrare l'obiettivo della neutralità carbonica al 2050 in ambito europeo. Vorrei fosse chiaro: stiamo esaurendo il tempo a disposizione, quello che resta va impiegato nel modo giusto, non c'è un pianeta B e neanche una seconda Italia su cui investire e cambiare la rotta (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vallotto, che illustrerà anche la mozione Molinari ed altri n. 1–00298, di cui è cofirmatario.

SERGIO VALLOTTO (LEGA). Grazie, Presidente. La crisi climatica è oggi la più grande sfida ambientale della nostra epoca e si pone come un'occasione per innovare la produzione e l'uso dell'energia ed entrare nell'era delle rinnovabili e dell'efficienza energetica. Il canale della green economy pare, oggi, quello più in grado di raccogliere e indirizzare idee e iniziative innovative per lo sviluppo: per l'economia circolare, per le rinnovabili e l'efficienza energetica come cardini delle politiche per il clima, per la mobilità sostenibile, per l'agricoltura di qualità, per beni e servizi ambientali, per la rigenerazione urbana e per la prevenzione del dissesto idrogeologico.

Il concetto di sostenibilità, in questa accezione, viene collegato alla compatibilità tra sviluppo delle attività economiche e salvaguardia dell'ambiente. La possibilità di assicurare la soddisfazione dei bisogni essenziali comporta, dunque, la realizzazione di uno sviluppo economico che abbia come finalità principale il rispetto dell'ambiente, ma che, allo stesso tempo, veda anche i Paesi più ricchi adottare processi produttivi e stili di vita compatibili con la capacità della biosfera di assorbire gli effetti delle attività umane e i Paesi in via di sviluppo crescere in termini demografici ed economici a ritmi compatibili con l'ecosistema.

Anche secondo quanto riportato dal WWF, per ottenere uno sviluppo della società umana che sia sostenibile è necessario che: l'intervento umano sia limitato entro la capacità di carico dei sistemi naturali, conservandone la loro vitalità e la loro resilienza; che il progresso tecnologico per la produzione di beni e servizi venga indirizzato all'incremento dell'efficienza piuttosto che all'incremento del flusso di energia e materie prime; che i livelli di prelievo delle risorse non rinnovabili non eccedano le loro capacità rigenerative, che l'emissione di scarti e rifiuti – solidi, liquidi o gassosi – dovuti al metabolismo dei sistemi sociali non ecceda la capacità di assimilazione dei sistemi naturali. Occorre una rinnovata attenzione verso un Green New Deal che se ben attuato potrebbe contribuire a spingere gli investimenti in settori chiave del nostro Paese, come quelli dell'economia circolare, dell'efficienza energetica e delle rinnovabili, in cui le PMI e le imprese diffuse sul territorio sono da tempo presenti come soggetti attivi e qualificati, semplicemente ripercorrendo il concetto di sviluppo sostenibile.

Tutti i principali settori della nostra economia sono direttamente o indirettamente interessati a tali temi: dalla distribuzione all'artigianato, dai trasporti al turismo, dalle professioni ai servizi. La tutela ambientale, che ha rappresentato in passato e per lungo tempo un vincolo, se non addirittura un ostacolo alla crescita economica, potrebbe diventare un'occasione di sviluppo e un ambito strategico su cui investire.

La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente; protezione della salute umana; utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio che chi inquina paga.

In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette a una procedura di controllo dell'Unione.

Le attività umane, siano esse industriali o meno, incidono senz'altro sul cambiamento climatico in atto, sia direttamente che indirettamente. È noto che, secondo l'ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, avremmo a disposizione soltanto 11 anni per evitare la catastrofe ambientale. L'avvio di una transizione verso l'economia circolare rappresenta un input strategico di grande rilevanza con il passaggio da una “necessità” (l'efficienza nell'uso delle risorse, la gestione razionale dei rifiuti) a una “opportunità”, ovvero progettare i prodotti in modo tale da utilizzare ciò che adesso è destinato ad essere rifiuto, come risorsa per un nuovo ciclo produttivo. Questa transizione è necessaria, poiché ci troviamo di fronte a un aumento della domanda di materie prime e, allo stesso tempo, a una scarsità delle risorse: molte delle materie prime e delle risorse essenziali per l'economia sono limitate, ma la popolazione mondiale continua a crescere e di conseguenza aumenta anche la richiesta di tali risorse, ormai finite. Questo bisogno di materie prime crea una dipendenza verso altri Paesi: alcuni Stati membri dell'UE dipendono da altri Paesi per quanto riguarda l'approvvigionamento.

Non dobbiamo dimenticare, poi, l'impatto sul clima: i processi di estrazione e utilizzo delle materie prime producono un grande impatto sull'ambiente e aumentano il consumo di energia e le emissioni di anidride carbonica. Un uso più razionale delle materie prime può contribuire a diminuire le emissioni di CO2.

Grazie a misure come prevenzione dei rifiuti, ecodesign e riutilizzo dei materiali, le imprese europee otterrebbero un risparmio netto di 600 miliardi, pari all'8 per cento del fatturato annuo, e ridurrebbero nel contempo le emissioni totali annue di gas serra del 2-4 per cento.

Quindi, la transizione verso un'economia più circolare può portare numerosi vantaggi, tra cui: riduzione della pressione sull'ambiente, più sicurezza circa la disponibilità di materie prime, aumento della competitività, impulso all'innovazione e alla crescita economica e incremento dell'occupazione; si stima che nella UE, grazie all'economia circolare, ci saranno 580 mila nuovi posti di lavoro.

Con l'economia circolare i consumatori potranno avere anche prodotti più durevoli e innovativi, in grado di far risparmiare e migliorare la qualità della vita. Ad esempio, ricondizionare i veicoli commerciali leggeri anziché riciclarli potrebbe portare a un risparmio di materiale per 6,4 miliardi all'anno (circa il 15 per cento della spesa per materiali) e 140 milioni in costi energetici, con una riduzione delle emissioni di gas serra pari a 6,3 milioni di tonnellate.

Le emissioni di gas serra stanno aumentando più rapidamente del previsto e gli effetti si stanno palesando prima di quanto si potesse supporre solo pochi anni fa. Il riscaldamento globale avrà effetti catastrofici, come l'innalzamento del livello del mare, l'incremento delle ondate di calore e dei periodi di intensa siccità e delle alluvioni, l'aumento per numero e intensità delle tempeste e degli uragani. Questi fenomeni avranno un impatto su milioni di persone e da subito si deve realizzare la transizione energetica per ridurre le emissioni di anidride carbonica in tutti i settori produttivi, attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica, l'utilizzo di fonti rinnovabili, il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e il progresso superamento della dipendenza dai combustibili fossili. L'obiettivo dovrebbe essere quello di giungere ad un cambio di direzione in tutti i settori dell'economia tale da consentire, in tempi certi e congrui, nel rispetto delle indicazione scientifiche e degli accordi internazionali, la riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell'economia.

Bisogna assolutamente adottare iniziative che mettano al primo posto la persona nella sua accezione più ampia, tutelando in primis le generazioni future, nel contesto di uno sviluppo sostenibile che individui le opportunità economiche in termini di nuova occupazione e compatibilità, sostenendo anche finanziariamente le aziende che manifestano l'intenzione di effettuare una transizione green e garantendo alle imprese tempi realistici e sostenibili, programmi elastici con obiettivi stabili a lungo termine e obiettivi intermedi non vincolanti, nonché soglie minime che consentano la sopravvivenza delle aziende più piccole che contribuiscono in misura non significativa in termini di emissioni climalteranti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luca De Carlo, che illustrerà anche la mozione Meloni ed altri n. 1–00299, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

LUCA DE CARLO (FDI). Grazie, Presidente. Gentili colleghi e colleghe, in merito agli allarmi sul cambiamento climatico, quanto abbiamo visto purtroppo nei mesi di ottobre e novembre negli ultimi anni ci rende ormai consapevoli che il tema non riguarda soltanto più gli scienziati o gli esperti ma tocca la vita un po' di tutti noi. A pagare le conseguenze di tali cambiamenti sono tanti nostri connazionali e tanti nostri territori colpiti in modo violento. Penso a Venezia e al litorale delle sue spiagge, alle pianure allagate, alle montagne che franano ad ogni acquazzone. Tutti questi eventi drammatici ci dimostrano che non siamo pronti a fronteggiare qualcosa che facciamo addirittura fatica ad ammettere. Tra le conseguenze dei cambiamenti climatici ricordiamo, ad esempio, l'innalzamento del livello del mare, aumentato nell'ultimo secolo di quasi 20 centimetri e che sembra possa aumentare di altri 88 entro il 2100; ma sono evidenti anche i danni provocati da frane, inondazioni e alluvioni: risultano più di 29 mila i chilometri quadrati di territorio nazionale che presentano elevati aspetti di criticità sotto il profilo idrogeologico e più di 10 milioni sono i nostri concittadini che vivono in insediamenti abitati in aree a rischio. A tale riguardo si rileva come il continuo avvicendarsi di fenomeni atmosferici esterni stia mettendo in evidenza in tutta la sua drammaticità il crescente rischio idrogeologico strettamente connesso alla configurazione territoriale ed infrastrutturale italiana. Infatti il susseguirsi di tali eventi mette in luce ancora di più rispetto al passato le gravissime carenze strutturali presenti nel nostro Paese riguardo al contrasto al dissesto idrogeologico del nostro territorio. Per ridurre al minimo il rischio di una possibile emergenza a seguito di un disastro naturale bisogna invece fare in modo che la prevenzione e la manutenzione sistematica del territorio e del costruito diventino processi ordinari e non straordinari. Prevenzione e protezione devono diventare, assieme alla mitigazione del rischio, le parole d'ordine per la revisione del paesaggio ambientale, urbanistico e artistico italiano. L'approccio integrato è multiscalare: occorre agire su più livelli per la riduzione della vulnerabilità e dell'esposizione attraverso gli strumenti di pianificazione e il rafforzamento degli edifici anche attraverso gli incentivi.

La mitigazione degli effetti, invece, si attua con un monitoraggio più efficiente; la redazione e l'aggiornamento costante dei piani di protezione civile; la sensibilizzazione di popolazione, tecnici ed amministratori per prevenire ed evitare tali tragedie.

I cambiamenti climatici però sono la causa di molti problemi legati alla fragilità del territorio ma sono state anche e non sempre la scusa per non assumersi le responsabilità addossandola al fato avverso come fosse una cosa ineludibile e, quindi, per quanti sforzi si mettessero in campo difficilmente risolvibile. Sappiamo ormai che non è così: il cambiamento climatico è un dato di fatto che non ci può far rimanere inermi. Per contrastarlo occorre abbattere le attività antropiche che concorrono a produrlo ma anche riprendere immediatamente con la manutenzione ordinaria dimenticata o resa residuale nei bilanci di molti enti.

Poi uno sguardo attento merito all'agricoltura che è vittima ma è purtroppo, in alcuni casi, causa dei cambiamenti climatici. La resa di molte colture è a rischio. Sappiamo che la popolazione mondiale è in crescita. Ritengo che proprio dall'agricoltura però passi la sfida per il cambiamento verso una forma di sviluppo sostenibile. Il rapporto tra agricoltura e cambiamenti climatici a volte è a dir poco conflittuale e mette a rischio la sicurezza alimentare, traslando in questo duello il famoso paradosso riassunto nella domanda: è nato prima l'uovo o è nata prima la gallina? È stato il riscaldamento globale a ridurre la resa delle culture nel corso degli anni o è colpa dell'agricoltura intensiva se la temperatura media è aumentata? L'agroecologia è la risposta? Va segnalato che in Italia abbiamo l'agricoltura più green Europa grazie alla grande capacità dei nostri imprenditori agricoli di fare innovazione e ricerca ma, per continuare a farlo, devono essere dotati di incentivi e va riconosciuta loro anche con un marchio la qualità delle loro produzioni. Ma si sa che i marchi all'Europa non piacciono molto: l'Europa sa benissimo e, infatti, lo osteggia che se mettessimo l'origine delle materie prime in etichetta su tutti i prodotti, così come un tricolore, l'Italia conquisterebbe fette di mercato a scapito magari dei potenti di oggi che sono Francia e Germania.

Cari colleghe e colleghi, dovremmo pretendere anche l'imposizione di dazi di civiltà nei confronti di tutti quei prodotti importati da Paesi extra UE che non rispecchiano gli standard in primis di tutela ambientale vigenti in ambito europeo, al fine di evitare un pericoloso dumping sociale per contrastare fenomeni di concorrenza sleale.

Ma, Presidente, per essere veramente in grado poi di controllare il territorio dovremmo rimediare a un grosso errore nella legislatura scorsa cioè la soppressione del Corpo forestale dello Stato in nome di un fantomatico risparmio che poi alla prova dei fatti non c'è stato.

Manca oggi infatti un corpo che faccia prevenzione e non solo repressione, un corpo con funzione di tutela ambientale delle foreste, del paesaggio e della biodiversità ma anche di prevenzione e contrasto del rischio idrogeologico.

La biodiversità è assolutamente a rischio non solo per colpa dei cambiamenti climatici ma sicuramente per colpa degli esseri umani. Sulla Terra è in corso un'inarrestabile estinzione di massa, la sesta per la precisione. Il tasso di estinzione di specie terrestri è vertiginoso ed, entro la fine del secolo, metà delle specie viventi rischia di sparire per sempre. Questo fenomeno avrà implicazioni gravi e di vasta portata sul benessere umano, secondo John Knox, esperto di diritti umani e professore di diritto internazionale all'Università Wake Forest. Knox è anche relatore speciale delle Nazioni Unite sull'ambiente e i diritti umani, oltre che autore del primo Rapporto ONU che riconosce come la biodiversità e gli ecosistemi sani siano essenziali per i diritti umani. Come per la desertificazione la perdita di biodiversità, in particolare la scomparsa delle piante, potrebbe rallentare la lotta alle malattie e aumentare la diffusione di patologie autoimmuni. A questo si aggiunge la lotta continua contro i nuovi batteri e organismi che, a causa del cambiamento delle temperature e della globalizzazione, entrano per la prima volta sul nostro suolo nazionale, cogliendo spesso impreparati gli operatori del settore. Abbiamo già parlato e già discusso in quest'Aula in occasione della presentazione della mozione sui fitofarmaci di come sia difficile adattarsi ogni volta e fornire soluzioni rapide e spesso con costi anche elevatissimi. Ma è un cane che si morde la coda: siamo costretti ad usare la chimica, che contribuisce al surriscaldamento globale, per difenderci dallo stesso surriscaldamento globale.

C'è poi l'aspetto legato alla prospettiva educativa perché, rispetto all'enorme quantità di iniziative e programmi che in tutto il mondo vengono realizzati per diffondere la cultura della sostenibilità, dimostrando anche quanta attenzione e quante energie vengono investite nel settore dell'educazione e della formazione ambientale, la constatazione a tutti i livelli è che tutto questo sia ancora ampiamente insufficiente di fronte all'urgenza e alla forza con cui le sfide dello sviluppo sostenibile continuano a premere sulle nostre società.

Tra i tanti temi, quello della lotta ai cambiamenti climatici è forse uno dei più significativi nella dialettica tra strategie di mitigazione delle cause e adattamento nei confronti delle manifestazioni di medio-lungo termine. L'educazione ambientale e, in più in generale, la comunicazione in questo quadro hanno molteplici implicazioni. Infatti, da un lato, è fondamentale migliorare le informazioni di base sui fenomeni climatici e su come stiano cambiando nelle varie regioni del pianeta e sugli effetti diretti o indiretti con cui su questi fenomeni influiscono le nostre abitudini e i nostri gesti quotidiani, come scegliere tra un'automobile a benzina o metano oppure usare la bici, mangiare biologico, accendere o meno il condizionatore.

D'altro canto è ancora più urgente comprendere e arginare una certa distorsione che la gente comune mostra nella percezione stessa dei fenomeni relativi al clima e degli effetti dei cambiamenti a scala locale e globale che si osservano sempre più spesso.

Educare su questi concetti, dunque, richiede uno sforzo per far comprendere che prevedere i fenomeni non significa solo poter stabilire con salomonica certezza il dove, il quando o l'intensità di un dato fenomeno e che la prevenzione non passa per la possibilità di evitare che un fenomeno accada. Ciò che questo concetto implica richiede che si reimpari a conoscere il territorio in cui si vive per comprendere le possibilità di rispondere ai fenomeni calamitosi e di provvedere affinché il territorio stesso sia in grado di assorbire gli impatti del clima. È fondamentale che si introducano con forza i temi della conservazione della biodiversità, della gestione dell'assetto idrogeologico, della pianificazione urbana, delle scelte energetiche in materia di mobilità.

Nella cultura corrente il concetto stesso di rischio (ambientale, sismico, climatico, eccetera) appare sostanzialmente sovrapposto all'idea di pericolo: è necessario capovolgere quest'idea, cioè che il rischio derivante dai cambiamenti climatici sia un qualcosa contro cui non è possibile far nulla e che la nostra sicurezza dipenda solo dalla capacità di previsione dei tecnici e degli scienziati. Fare educazione ambientale oggi implica uno sforzo sempre maggiore che deve andare proprio in questa direzione: conoscere meglio i fenomeni per comprendere che i loro effetti non solo ineluttabili perché sono proprio le scelte quotidiane a mettere a rischio il territorio. Se l'allarme sugli impatti ambientali ha connotato da sempre l'informazione ambientale, ciò non ha impedito che nella vita di tutti i giorni si continuasse ad accettare ed ad avallare politiche scellerate di consumo di suolo per la cementificazione, per una mobilità insostenibile e per il dominio dei combustibili fossili, nonostante i segnali che il clima ci manda stagione dopo stagione fossero assolutamente diversi.

Educare al rischio, come ormai si definisce questo approccio, è uno dei tanti modi di costruire cultura della responsabilità. A tal proposito ricordo che Fratelli d'Italia ha presentato una proposta di legge per l'educazione ambientale nelle scuole.

Ma ci vogliono risorse, Presidente, non bastano le enunciazioni di principio, anche se costituiscono un passo avanti rispetto al negazionismo di molti: risorse per finanziare piani seri e strutturati. Un accordo simile, sì, al New Deal di Roosevelt, non la copia flaccida e strumentalizzata, come ha fatto il Governo per giustificare il reddito di cittadinanza ma un vero piano che stanzi le risorse e paghi i cittadini per lavorare per il mantenimento del territorio e non per poltrire a casa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Labriola, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00300.

VINCENZA LABRIOLA (FI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il cambiamento climatico è una realtà e sta già provocando impatti e fenomeni con frequenza e intensità mai visti prima e con essi sofferenze, perdite di vite, sconvolgimenti degli ecosistemi e della ricchezza di biodiversità che sostengono la nostra vita. Poi, ci sono i danni alle case, alle infrastrutture, alla salute umana che impongono direttamente e indirettamente elevati costi alla società. L'agricoltura, la silvicoltura, l'energia e il turismo pagano direttamente lo scotto dell'incuria della politica, brava a fare la conta dei danni a posteriori senza intervenire in prevenzione.

I cambiamenti climatici, inoltre, comportano non solo il riscaldamento del clima globale, il global warming, ma sono causa di eventi estremi. Il bacino del Mediterraneo è un'area particolarmente vulnerabile, è un hotspot ai cambiamenti climatici che va a colpire direttamente l'Italia con frequenti nubifragi, distruzioni, morti e danni ai territori e ai comparti economici. Le impressionanti immagini che in questi giorni arrivano da tutta Italia ci sbattono in faccia questa triste realtà e sono la conferma che mostra come da nord a sud il nostro Paese è fragile e impreparato agli eventi estremi, conseguenza dei cambiamenti climatici.

Il gruppo di Forza Italia esprime vicinanza alle famiglie di chi ha perso la vita, alle famiglie che hanno perso tutto, ai sindaci, ai governatori delle regioni colpite e a tutte le comunità che sono in ginocchio a causa dell'ondata di maltempo. Oggi più che mai l'Italia è un Paese ferito. Le immagini di Venezia sommersa dall'acqua hanno fatto il giro del mondo ma non sono le sole a rappresentare i danni del maltempo sull'Italia: ci sono quelle della campagna emiliana, quelle delle strade di Matera invase dal fango e quella degli alberi caduti nel grossetano; poi, ci sono i danni in Liguria, in Piemonte e a Reggio Calabria. Un tratto di viadotto lungo l'A6 Torino-Savona è crollato e una voragine di una decina di metri si è aperta sull'autostrada A21 Torino-Piacenza. Frane, smottamenti, allagamenti e sfollati: immagini che fino a poco tempo fa arrivavano da zone molto lontane dall'Italia ma che oggi ci consegnano una rappresentazione plastica di quante parole si sono spese negli anni in termini come “prevenzione”, “dissesto idrogeologico” e “messa in sicurezza” a cui sono non sono seguite azioni concrete.

Il 2019, a guardare queste fotografie, sembra essere un anno eccezionale, anche se i dati del 2018 non sono certo confortanti. L'Italia è stata colpita da 148 eventi estremi, che hanno provocato 32 vittime e oltre 4.500 sfollati. I numeri sono superiori alla media calcolata negli ultimi cinque anni. In Europa non va meglio: l'ondata di calore che ha soffocato l'Unione europea ha infranto tutti i record possibili. Il termometro quest'estate ha toccato i 40 gradi in Italia, Francia, Germania e Polonia. Il fenomeno ha scatenato un'allerta improvvisa, anche se il problema che lo ha causato è letteralmente nell'aria da anni.

Per questo motivo oggi più che mai dobbiamo accelerare fortemente l'azione per il clima se vogliamo limitare il riscaldamento globale. Mantenere la temperatura entro un grado e mezzo rispetto all'epoca pre-industriale è possibile ma per farlo si deve cambiare subito strada. Infatti, se continueremo a bruciare combustibili fossili, a distruggere le foreste, a produrre cibo e a mangiare in modo insostenibile distruggeremo il nostro futuro. Le emissioni di gas serra stanno aumentando più rapidamente del previsto e gli effetti si stanno palesando prima di quanto si potesse supporre solo pochi anni fa. L'innalzamento del livello del mare, l'incremento delle ondate di calore, i periodi di intensa siccità, le alluvioni, lo scioglimento dei ghiacciai, l'aumento del numero e l'intensità delle tempeste e degli uragani stanno diventando una triste realtà.

Nonostante nella comunità scientifica ci sia un consenso pressoché unanime sul fatto che il cambiamento climatico sia in atto, i Governi stanno rispondendo con colpevole lentezza, come se il cambiamento climatico non rischiasse di mandare a pezzi le fondamenta della civilizzazione umana e dell'economia. È evidente che gli impegni assunti dai Paesi finora non sono sufficienti mentre dobbiamo lavorare per ridurre le emissioni e dobbiamo contemporaneamente cominciare ad adattarci agli impatti del cambiamento climatico ormai in atto. Il rapido processo verso un'economia a basse emissioni di carbonio, come ci chiedono gli accordi di Parigi 2015, deve rappresentare nuove opportunità economiche dal punto di vista dell'occupazione, dello sviluppo di tecnologie pulite e dell'innovazione. È evidente che lo sforzo perché sia efficace dovrebbe vedere pienamente coinvolti gli Stati Uniti, la Cina e i maggiori Paesi in via di sviluppo e, purtroppo, non può essere sufficiente il ruolo dell'Europa, che, peraltro, si conferma essere la più virtuosa sotto questo aspetto.

La sfida climatica, secondo il gruppo di Forza Italia, da vincolo si deve trasformare in opportunità economica e si deve affrontare con più innovazione e con nuove tecnologie in grado di creare posti di lavoro. In quest'ottica bisogna avere ben presente che senza modificare fortemente l'attuale sistema produttivo non sarà possibile fermare il riscaldamento globale e va da sé che il sistema produttivo lo si modifica solo con interventi a monte, in primo luogo con una nuova politica energetica che favorisca l'utilizzo di tecnologie e fonti energetiche a basse emissioni di carbonio e definisca una vera e propria road map verso la decarbonizzazione attraverso investimenti pubblici, incentivi fiscali e semplificazioni.

L'ambiente è un tema trasversale e impone soluzioni coordinate sia sul piano industriale sia per gli usi civili e richiede modelli di sviluppo nuovi in grado di affrontare realtà profondamente diverse e armonizzarle in direzione di un comune obiettivo di crescita socio-economica.

Le nuove politiche ambientali dell'Unione europea puntano su un forte rilancio degli investimenti in energia e infrastrutture. In una fase di stagnazione economica generale la transizione a un'economia a zero emissioni, secondo la Commissione, dovrebbe portare a un 2 per cento in più di PIL entro il 2050. Nel bilancio 2014-2020 l'Unione Europea ha destinato il 20 per cento della sua spesa, ovvero 206 miliardi di euro, in programmi legati al climate change. La Banca europea degli investimenti ha annunciato che nel prossimo decennio mobiliterà miliardi di euro di investimenti sostenibili su ambiente e clima.

Per quanto riguarda l'Italia, il rapporto GreenItaly ci dice che oltre 432 mila imprese italiane negli ultimi cinque anni hanno investito in prodotti e tecnologie green per ridurre l'impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2, in controtendenza rispetto a un'economia nazionale completamente ferma da troppo tempo. In Italia le persone che lavorano in questo settore sono più di 3 milioni, il 13,4 per cento degli occupati. Complessivamente, il 21,5 per cento delle imprese investe su prodotti e tecnologie green e nei prossimi cinque anni l'economia circolare e sostenibile offrirà un'opportunità di lavoro su cinque sia nel settore privato sia in quello pubblico.

La transizione climatica deve avvenire in tempi decisi a livello internazionale, ma si devono tenere in considerazione anche le implicazioni che un rapido cambiamento del modello di sviluppo, così come l'abbiamo conosciuto fino a oggi, comporterà inevitabilmente su una parte del mondo produttivo e dei lavoratori maggiormente coinvolti nell'obbligata ma necessaria riconversione. La sostenibilità ambientale ormai è un'esigenza ineludibile che ci impone una nuova visione di sviluppo e deve essere perseguita parallelamente con la sostenibilità economica.

Un settore decisivo per il controllo del global warming è certamente quello dell'economia circolare e dello sviluppo della filiera del recupero attraverso l'uso di materiali e beni riciclati e la lotta alla riduzione dello smog, ma gran parte del nostro Paese fatica enormemente a gestire efficientemente la gestione dei rifiuti con la conseguenza di convivere con una grave e perdurante emergenza. Uno dei problemi principali, se non il principale infatti, è l'estrema carenza degli impianti necessari per trattare in sicurezza i rifiuti e chiudere integralmente il ciclo del loro trattamento. I dati pubblicati dall'Agenzia europea dell'ambiente nel rapporto annuale sulla qualità dell'aria sono preoccupanti: l'Italia è il primo Paese dell'Unione europea per morti premature da biossido di azoto ed è nel gruppo di quelli che sforano sistematicamente i limiti di legge per i principali inquinanti atmosferici. Come riportato nel report, nel nostro Paese le morti premature attribuite all'inquinamento atmosferico sono oltre 60 mila l'anno, senza contare i costi collegati alla salute derivanti dall'inquinamento. I troppi superamenti dei limiti previsti di biossido di azoto riguardano molte delle nostre città e il nostro Paese nonostante ciò continua a non avere un efficace programma di contrasto all'inquinamento atmosferico e un'integrale strategia antismog. A ciò si aggiunge che il 10 per cento dei nostri cittadini è a rischio sanitario perché vive in aree contaminate che avrebbero urgente bisogno di bonifica ambientale e ne è l'esempio il caso di cronaca di questi giorni che ha portato alla ribalta l'ex ILVA, dove sembra impossibile coniugare salute, ambiente e lavoro.

A fronte di tante criticità, il nostro Paese per ora propone timide iniziative e scarsissime risorse dedicate. Il Governo si presenta con misure e interventi assolutamente non all'altezza della situazione. Nella legge di bilancio, così come nel decreto clima, entrambi all'esame del Parlamento, ci sono alcune misure, ma del tutto insufficienti e inadeguate, così come si vede poco in termini di risorse finanziarie stanziate. Il potenziale di crescita e di nuove opportunità per l'economia e le imprese legate allo sviluppo dell'economia verde è enorme e dobbiamo accompagnarlo.

La mozione di Forza Italia propone di implementare le iniziative nazionali per raggiungere gli obiettivi ambientali e di sostenibilità previsti dagli accordi firmati dall'Italia; prevede un tavolo di confronto permanente con le imprese per individuare le iniziative e gli strumenti per sostenerle. Impegniamo il Governo a favorire start up e le aziende che innovano sui prodotti esistenti e sulla modalità di produzione e a incrementare iniziative e risorse a favore dell'efficienza energetica, dell'edilizia, dell'industria e dei trasporti, lo sviluppo di tecnologie elettroefficienti in ambito residenziale. Prevediamo, d'intesa con le regioni ed enti locali, le necessarie risorse volte a finanziare credibili ed efficaci misure di contrasto all'inquinamento atmosferico. Chiediamo al Governo di varare un reale ed efficace piano per la mobilità urbana ecosostenibile attraverso l'introduzione di incentivi fiscali per cittadini e imprese, misure di semplificazione, nonché una capillare diffusione delle infrastrutture necessarie per la mobilità elettrica. Chiediamo, inoltre, di incentivare l'economia circolare e favorire lo sviluppo delle filiere legate al recupero e all'uso di materiali e beni riciclati. Chiediamo, inoltre, l'impegno, non più procrastinabile, a favorire la chiusura integrale del ciclo del trattamento dei rifiuti, anche attraverso la realizzazione degli impianti indispensabili per poter rispettare gli obiettivi europei di riciclo e necessari per recuperare e trattare in sicurezza i rifiuti.

L'ultimo impegno riguarda il garantire un'autonomia finanziaria degli enti locali che impegnano le risorse derivanti dalla tassazione alle imprese in investimenti nel settore energetico ambientale per la riduzione delle emissioni di gas serra e per il miglioramento del trattamento della gestione dei rifiuti e del ciclo dei rifiuti.

Concludo dicendo, Presidente, che i giovanissimi non protestano solo per un clima alterato dalle abitudini delle generazioni precedenti, ma rivendicano un diritto innegabile, quello al futuro. Per questo motivo, basta alle dichiarazioni di intenti, dobbiamo agire, dobbiamo mettercela tutta per vincere questa sfida epocale e mondiale; lo dobbiamo ai nostri figli, lo dobbiamo ai nostri nipoti e dobbiamo fare in modo di non deluderli anche questa volta.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Morgoni. Ne ha facoltà.

MARIO MORGONI (PD). Presidente, colleghi, Governo, i progressi in atto contro i cambiamenti climatici sono troppo lenti, serve una svolta che il mondo non può più aspettare. Non sono parole mie, ma è una presa di posizione dell'ONU. Con queste parole si vuole esprimere con chiarezza che il cambiamento climatico già è un fatto reale che sta tra noi, che ci tocca, ci piaccia o meno. E, quindi, con questa mozione noi affrontiamo proprio il tema del clima, l'emergenza più importante che stiamo attraversando in questi anni e negli ultimi decenni; un'emergenza drammatica di cui il Governo si sta già occupando nella consapevolezza della necessità di far fronte a un cambiamento - non più solamente contingente ma strutturale - del clima a livello locale e globale.

Ciò che ormai accade ciclicamente in diverse zone del territorio nazionale, basti pensare a Venezia e a Matera, è l'esempio di un processo in atto e la prova inconfutabile di un cambiamento dalle dimensioni epocali; e non si tratta certo di opinioni, né di libere interpretazioni, ma di un'acclarata evidenza. A Venezia è avvenuto un fenomeno drammatico: se andiamo a verificare l'andamento del fenomeno dell'acqua alta nella città lagunare, nel giro di una settimana si è verificato ciò che non era avvenuto nel corso dei trent'anni precedenti. Secondo l'analisi dei rilevamenti del 2016, l'Italia ha il valore più alto nella Comunità europea di decessi prematuri per biossido di azoto e il secondo per il particolato fine PM2.5. Sono primati di cui certo il nostro Paese non può andare orgoglioso.

Secondo l'ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico si hanno soltanto 11 anni a disposizione per evitare la catastrofe ambientale. L'organismo scientifico dell'ONU ha invitato tutti i legislatori e i Governi ad assumere misure senza precedenti nella storia recente. Nonostante la portata storica dell'Accordo di Parigi, siglato nel 2015, la strada per la sua attuazione procede con lentezza e fatica per le resistenze degli Stati ad assumere decisioni coraggiose e capaci di superare un modello di sviluppo ormai insostenibile sotto il profilo ambientale, ma anche sociale ed economico. Voglio citare alcuni dati che proprio oggi sono stati diffusi da parte dell'Organizzazione mondiale meteorologica delle Nazioni Unite nel suo rapporto annuale: in questo rapporto si dice che non risulta per l'anno 2018, l'ultimo anno rilevato, alcuna diminuzione della concentrazione nell'atmosfera di CO2, nonostante gli impegni presi con gli Accordi di Parigi sul clima, e, addirittura, si cita un dato direi piuttosto allarmante, cioè che vale la pena ricordare che l'ultima volta che la Terra ha sperimentato una tale concentrazione di anidride carbonica è stato dai 3 ai 5 milioni di anni fa, quando la temperatura era di 2-3 gradi più elevata rispetto ad oggi e il livello del mare di 10-20 metri più alto.

Queste sono risultanze recentissime del rapporto dell'Osservatorio meteorologico mondiale dell'ONU, ma, del resto, questi anni, questo ultimo quinquennio, dal 2015 ad oggi, è stato sicuramente quello più caldo mai osservato da quando sono iniziate le osservazioni sul clima, sulla temperatura e lo scioglimento dei ghiacciai; non solo quelli più lontani da noi, ma è stato già ricordato in tempi molto recenti l'evento che ha riguardato il ghiacciaio di Planpincieux, che non è certo un evento conclusosi positivamente. Tutto questo ci ricorda, in qualche modo, le parole di Voltaire: mentre gli uomini discutono, la natura agisce e le conseguenze delle sue azioni sono i soggetti più deboli a pagarle. E quindi per questo l'obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti deve essere un obiettivo prioritario che deve coinvolgere prioritariamente e in prima linea i Paesi più sviluppati del pianeta, perché già oggi le migrazioni forzate, le emergenze sanitarie e i processi di desertificazione sono processi in atto, sono conseguenze reali di un cambiamento climatico senza precedenti che va a colpire la parte più vulnerabile dell'umanità.

E quindi non è più tempo, credo, di attardarsi in sterili dispute accademico-scientifiche su quanto i comportamenti umani possano avere determinato questi cambiamenti, perché comunque questi cambiamenti ci sono e parlano un linguaggio molto più chiaro di mille teorie. Quindi possiamo discutere quanto vogliamo di quant'è l'incidenza delle nostre azioni, ma non possiamo mettere in discussione che le conseguenze sono sicuramente drammatiche e preoccupanti; è arrivato il momento di considerare l'ambiente come uno dei valori fondativi del nostro stare insieme e di costruire un nuovo paradigma centrato sulla sostenibilità ambientale e sociale dello sviluppo. Un concetto di sostenibilità inteso in una chiave possibilmente più ampia, per dare una risposta vera alla richiesta di cambiamento che oggi arriva dalla società e che identifica il concetto di sostenibilità essenzialmente con la possibilità di stare meglio, vedendo tutelati i propri diritti, il diritto alla salute e al benessere, alle pari opportunità di vita mediante la riduzione delle disuguaglianze sociali ed economiche, ad un ambiente sano mediante la cura dell'ecosistema.

Per tale ragione, abbiamo prospettato per il Paese il Green New Deal, immaginando una politica strutturale che, partendo proprio dalla crisi ambientale e sociale in atto a livello globale, possa affrontare in maniera organica, attraverso un piano di riforme e la transizione ecologica, degli interventi economici, sociali, ambientali. Vanno in questa direzione gli interventi contenuti nel decreto-legge cosiddetto “clima”, nella legge di bilancio e nel prossimo collegato ambientale. Tutte iniziative che inseriscono l'Italia all'interno di un percorso internazionale, in particolare europeo, perché a livello europeo si sta sostenendo un piano straordinario che prevede mille miliardi di euro per le politiche green e la definizione di obiettivi green non solamente per il commissario europeo delegato all'ambiente, ma anche per ogni singolo commissario europeo nella definizione dei propri programmi, e questo è un elemento molto importante che è stato introdotto.

Il Governo, al punto 7 dei 29 punti programmatici che sono alla base, appunto, dell'azione del Governo stesso, intende quindi realizzare un green new deal che comporti un radicale cambio di paradigma culturale e porti ad inserire la protezione dell'ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali del nostro sistema costituzionale. Tutti i piani di investimento pubblico dovranno avere al centro la protezione dell'ambiente, il progressivo e sempre più diffuso ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto ai cambiamenti climatici. Occorre adottare misure che incentivino prassi socialmente responsabili da parte delle imprese per seguire la piena attuazione dell'equa innovazione, introdurre un apposito fondo che valga ad orientare anche su base pluriennale le iniziative imprenditoriali in questa direzione. È necessario promuovere lo sviluppo tecnologico e le ricerche più innovative, in modo da rendere quanto più efficace la transizione ecologica e indirizzare l'intero sistema produttivo verso un'economia circolare, che favorisca la cultura del riciclo e dismetta definitivamente la cultura del rifiuto.

Queste sono tutte questioni di grande rilievo, importanti, che se affrontate adeguatamente rappresenterebbero una vera svolta e che è necessario porre in essere concretamente. Io credo che il segnale di questa svolta non possa che arrivare dalle istituzioni, dalla politica, dalle scelte di Governo: solo così si può pensare possano affermarsi su vasta scala quei cambiamenti diffusi nel modo di vivere, di consumare, di muoversi, cambiamenti necessari perché la transizione ecologica possa diventare una concreta realtà. L'esempio dell'adolescente svedese Greta Thunberg ha dato vita ad una manifestazione transnazionale che il 15 marzo 2019 ha riempito di giovani e studenti le piazze di tutto il mondo, comprese quelle italiane, chiedendo l'impegno concreto dai Governi nazionali nel contrasto dei cambiamenti climatici e per salvare il pianeta, non pregiudicandone oltre il futuro. Molto più direi di un campanello di allarme per la politica e le istituzioni, che sembrano quasi essere trainate, essere trascinate dall'iniziativa che parte dal basso su un tema dove effettivamente ci sono troppe resistenze da parte del mondo della politica.

In questo drammatico contesto l'Italia ha la possibilità di assumere un ruolo da protagonista sui temi del cambiamento climatico, della tutela del paesaggio e del suolo, della transizione verso forme di energia sostenibile ed ecologiche, coniugandole con il sostegno alle nuove tecnologie e alle azioni delle comunità locali, della società civile, delle istituzioni universitarie, in modo da uscire dalla crisi climatica, economica e sociale. Chiediamo pertanto con la mozione in primo luogo di riconoscere nel nostro Paese lo stato di emergenza ambientale e climatica e di operare in raccordo con il Parlamento, con l'obiettivo di ridurre in tempi rapidi e certi le emissioni di CO2 in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell'economia. Proponiamo poi di rivedere il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, rendendolo coerente con gli obiettivi e i tempi previsti dall'Accordo di Parigi: questo nuovo strumento di pianificazione presentato dall'Italia si fonda sull'obiettivo della transizione energetica verso la decarbonizzazione, puntando sulle energie rinnovabili e verso l'efficienza e l'uso razionale ed equo delle risorse naturali mediante l'economia circolare. Proponiamo quindi di finanziare - e concludo - con adeguati investimenti pubblici e privati la transizione ecologica del Paese per la decarbonizzazione, l'innovazione tecnologica, le infrastrutture per le energie rinnovabili, l'efficienza energetica, la rigenerazione urbana, la mobilità sostenibile, la prevenzione e la messa in sicurezza del territorio, i piani di adattamento al cambiamento climatico.

Una citazione non di un intellettuale o di un uomo di cultura, ma di un uomo di spettacolo, di un attore, Leonardo Di Caprio, che ha detto: “Nel mio lavoro di attore mi guadagno da vivere fingendo: interpreto personaggi fittizi che spesso risolvono problemi fittizi. Credo che l'umanità stia guardando al cambiamento climatico nello stesso modo, come fosse una finzione”. Se nell'opinione pubblica questo atteggiamento può risultare incomprensibile, per la politica risulta assolutamente inconcepibile, e sarebbe un esempio di cecità. Per questo il gruppo del Partito Democratico sostiene la mozione della maggioranza Muroni ed altri n. 1-00181 (Ulteriore nuova formulazione) (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Silvia Fregolent. Ne ha facoltà.

SILVIA FREGOLENT (IV). Signor Presidente, gentili colleghi, siamo in presenza di ulteriori fatti allarmanti del nostro Paese: frane, devastazioni, alluvioni che hanno colpito ancora una volta gran parte dell'Italia. Ieri l'emergenza ha toccato particolarmente il Piemonte, la mia regione, e non è purtroppo la prima volta in questo terribile autunno. In diverse zone è stata dichiarata l'allerta rossa per i rischi collegati alle piogge. In provincia di Cuneo, lungo il corso del Po, decine di case sono state allagate e molte strade sono state chiuse al traffico. A Torino il Po ha danneggiato la zona dei Murazzi, mentre altri allagamenti sono segnalati in tutta la regione. In particolare, i vigili del fuoco stanno monitorando la situazione dei fiumi Tanaro, Stura, Ellero e Belbo. Purtroppo oltre ai danni ingenti c'è stata anche una vittima, ma il bilancio poteva essere ancora più drammatico a causa del crollo di 30 metri del viadotto A6 Torino-Savona.

Questi eventi tragici seguono gli allagamenti e le devastazioni che hanno colpito molte altre regioni in tutta Italia, mettendo in ginocchio interi territori e città d'arte. È inutile negare che questi disastri stanno colpendo il nostro Paese sempre con maggiore frequenza, come è inutile negare che l'Italia sia una delle nazioni che risentono maggiormente dei mutamenti climatici perché il nostro è un territorio geologicamente giovane e devastato dalla cementificazione. E purtroppo senza interventi efficaci e tempestivi la situazione è destinata a peggiorare: secondo l'Organizzazione meteorologica mondiale gli ultimi quattro anni, dal 2015 al 2018, sono stati i più caldi mai registrati da quando esistono rilevazioni globali affidabili, cioè dal 1850. Oggi abbiamo già superato la soglia di più un grado centigrado rispetto al periodo pre-industriale, con la temperatura globale crescente attualmente al ritmo di 1 o 2 gradi per decade. La concentrazione di CO2 in atmosfera ha superato abbondantemente le 400 parti per milione, un valore mai registrato almeno negli ultimi 800 mila anni. Gli impatti del riscaldamento globale sono ormai sempre più evidenti, non solo in termini di aumento del livello dei mari, quasi 8 centimetri in più dal 1993 ad oggi, o di scioglimento dei ghiacciai, ma anche di ondate di calore o altri eventi climatici estremi. I danni connessi ai disastri naturali nel 2018 sono stati pari a 160 miliardi di dollari; di questi, quasi l'80 per cento, pari a 125 miliardi di dollari, è stato causato da eventi meteorologici e climatici, e un altro 14 per cento da disastri ecologici, in molti casi riconducibili al cambiamento climatico.

Le perdite economiche legate a eventi meteorologici o al clima nei 28 Paesi dell'Unione europea tra il 1980 e il 2017 sono state stimate pari a 426 miliardi di euro. L'Italia è tra le nazioni maggiormente colpite, con oltre 20 mila decessi e circa 65 miliardi di euro di danni. Gli effetti del cambiamento climatico generano non solo conseguenze ambientali, e quindi danni, vittime e distruzione: innescano mutamenti e processi sociali difficilmente gestibili. Il cambiamento climatico è infatti una delle principali cause della fame nel mondo: oltre l'80 per cento delle persone vulnerabili dal punto di vista alimentare vive in Paesi esposti a rischi naturali e in ambienti degradati. Per loro il cambiamento climatico significa eventi meteorologici estremi, più frequenti e intensi, che aumentano l'insicurezza alimentare e la malnutrizione, distruggendo terre, bestiame, colture e scorte alimentari. Questo intensifica i conflitti a causa delle scarse risorse a disposizione, che generano nuove crisi umanitarie, fenomeni migratori e sfollamento di popolazioni. Con la pubblicazione il 19 marzo 2018 di un rapporto, la Banca Mondiale ha infatti lanciato un nuovo allarme sulle conseguenze sociali dei cambiamenti climatici: entro il 2050 potrebbe arrivare a quota 143 milioni il numero di persone costrette ad abbandonare le proprie case per colpa di fenomeni meteorologici estremi o di condizioni ambientali diventate invivibili. È bene ricordare tali dati perché quello del cambiamento climatico è un problema globale, e come tale va affrontato e contrastato.

Per quanto riguarda il contrasto al clima che muta, solo gli interventi concordati a livello internazionale sono infatti realmente efficaci. Il sovranismo in questi casi non può essere utile, e non sono nemmeno utili le battute dell'ex Ministro dell'Interno, che ripeteva nei mesi scorsi quando Greta portava avanti la sua battaglia per sensibilizzare l'opinione pubblica. Ricordo Matteo Salvini dire a un comizio: “A parte il fatto che il sole ormai non c'è più, è sparito il sole, Da quando hanno lanciato l'allarme del riscaldamento globale fa freddo, piove sempre, c'è la nebbia, io lo sto ancora aspettando questo riscaldamento globale”.

È con tutt'altro spirito, per fortuna, che alla Conferenza sul clima di Parigi, COP 21 del 2015, 195 Paesi hanno adottato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima mondiale. L'Accordo ha definito un piano d'azione globale inteso a rimettere il mondo sulla buona strada, per evitare cambiamenti climatici pericolosi, limitando il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi. Ad oggi, secondo i dati dell'ONU, 66 Paesi, tra cui l'Italia, 10 regioni, 102 città, 93 aziende e 12 investitori hanno espresso l'intenzione di raggiungere l'economia a zero emissioni di diossido di carbonio entro il 2050. In pratica, però, solo una ventina di Paesi hanno incluso tale impegno nelle leggi nazionali o fatto piani politici concreti per attuarlo. Uno dei protagonisti del cambiamento è l'Unione europea, che ha l'obiettivo di raggiungere un consenso tra i suoi membri entro il 2020, che ha già giocato un ruolo chiave nello sbloccare i negoziati attraverso una cooperazione stretta con i Paesi più vulnerabili e altri Paesi sviluppati come Canada, Norvegia e Nuova Zelanda. Il nostro Paese deve ora fare concretamente la sua parte, inserendo nel proprio ordinamento norme e principi efficaci nel rispetto delle indicazioni scientifiche e degli accordi internazionali, promuovendo una graduale riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell'economia italiana. Un processo che Italia Viva condivide e sostiene, consapevole comunque che non possono essere esclusivamente le imprese a sorreggere economicamente la riconversione ecologica dell'economia. Il sistema produttivo deve essere protagonista e non succube della lotta ai mutamenti climatici, e la politica e le istituzioni devono accompagnare e sostenere le aziende in questo sviluppo virtuoso. È in questa direzione che già nel disegno di legge di bilancio del 2020, attualmente in discussione al Senato, sono previste misure significative per la transizione ambientale. Mi riferisco, in particolare, al Fondo di investimento delle amministrazioni centrali, finalizzato al rilancio degli investimenti sull'economia circolare, alla decarbonizzazione dell'economia, alla riduzione delle emissioni, al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale, senza dimenticare l'estensione degli incentivi di Industria 4.0 per le imprese che realizzano progetti ambientali nell'ambito dell'economia circolare, così come il piano “Rinascita urbana”, finalizzato a migliorare la qualità dell'abitare e che punta, inter alia, alla riqualificazione urbana e delle periferie. Il Green New Deal comincia a concretizzarsi, e non abbiamo tempo da perdere. Sempre più persone, i ragazzi che riempiono le piazze ogni venerdì, chiedono alla politica scelte coraggiose. È tempo di queste scelte, e penso che la maggioranza che ha presentato questa mozione - ma sono anche convinta che, facendo un ottimo lavoro, si possono anche coinvolgere, per fare una mozione unitaria, anche le opposizioni - ne terrà conto. Oggi l'Italia è sott'acqua, sia quella governata dal centrodestra che quella governata dal centrosinistra, perché l'emergenza climatica non guarda i colori delle regioni. Allora proprio da qui penso che noi dovremmo trovare unitariamente il modo per dire basta a questo scempio e dare veramente una svolta alla politica italiana per quanto riguarda la lotta ai cambiamenti climatici. Ringrazio la collega Muroni e tutti coloro della maggioranza che hanno con molta generosità condiviso il testo, anche delle modifiche che abbiamo apportato fino all'ultimo. Credo che con questo spirito riusciremo a trovare un intento unitario per fare un'unica mozione (Applausi dei deputati dei gruppi Italia Viva, MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Riccardo Ricciardi. Ne ha facoltà.

RICCARDO RICCIARDI (M5S). Presidente, quando si parla di emergenza climatica e si parla di ambiente, spesso a mio parere si usa questo argomento per fare discorsi che poi non vengono però seguiti da fatti. Qui dobbiamo chiarirci immediatamente una cosa: quando si parla di emergenza climatica non si parla in realtà per dare un'enfasi, l'emergenza è vera, ce lo dicono tutti gli studi, allora dovremmo agire in uno stato di emergenza. Ma non basta più l'ambientalismo delle buone pratiche individuali, non basta più l'ambientalismo che, sì, si può fare con l'educazione civica, l'educazione ambientale, le buone pratiche: bisogna aggredire l'economia da un punto di vista ambientale.

Quando si parla di tutti gli argomenti, bisogna parlare di ambiente. Quando si parla di migrazioni, bisogna parlare di ambiente e di cambiamenti climatici, perché è stato stimato che da qui al 2050 - che sembrano tanti anni, in realtà sono trent'anni - 143 milioni di persone probabilmente abbandoneranno le loro case per migrare a causa del cambiamento climatico. Quindi, se si vuole affrontare anche la questione che tanto viene usata in maniera demagogica, bisogna parlare di ambiente. Quando si parla di fiscalità, bisogna parlare di ambiente. Quando si parla di sussidi ambientalmente dannosi, bisogna avere il coraggio di andare progressivamente ad eliminarli. Quando si parla di dissesto idrogeologico - novembre purtroppo è un periodo in cui in molte terre d'Italia si assiste ad alluvioni o nubifragi - beh, quando si fanno interventi nelle regioni e nei comuni, la politica non dà seguito a quelli che sono i dati emergenziali. Negli ultimi vent'anni abbiamo speso 5,6 miliardi nella prevenzione e 20 miliardi nella riparazione, cioè quasi quattro volte tanto nei lavori ex post in emergenza, per riparare, e 5 miliardi in prevenzione, con tutte le lungaggini burocratiche e i ritardi che ci sono a livello di competenza tra regione - una volta c'erano le province -, i consorzi di bonifica. Cioè, spesso questi soldi ci sono, ma gli enti locali non sono in grado o non riescono fattivamente a spenderli e a mettere in sicurezza. Perché? Perché probabilmente in questo gioco talvolta perverso, che è la politica, quando si fanno quei lavori nascosti di mitigazione del rischio, che non ti fanno prendere voti, che non sono delle belle luminarie per Natale, probabilmente non si riesce a ottenere quel consenso immediato di cui la politica deve sempre avere bisogno e deve sempre alimentarsi. Quindi vengono fatti questi lavori in diverse realtà, però non pagano a livello di consenso. Allora, qui noi o capiamo che dobbiamo azzerare quest'idea di dover sempre inseguire un consenso, di dover inseguire dei provvedimenti tangibili, e cominciamo a fare i lavori seri, che spesso sono nascosti, come appunto quello di prevenzione per i corsi d'acqua, per le frane, per il dissesto, o se no non se ne esce, se no dobbiamo avere il coraggio di andare dai nostri figli e dai nostri nipoti a dirgli che gli consegneremo - se gli consegneremo - un mondo peggiore; se gli consegneremo un mondo, perché appunto i dati sono sotto gli occhi di tutti. A me sembra che stiamo facendo come quella battuta di Woody Allen, che diceva: i posteri, i posteri, ma fondamentalmente ‘sti posteri per noi cosa hanno fatto? Io cosa devo fare per i posteri? E questo noi stiamo facendo: non stiamo minimamente pensando al domani. Qui siamo in un sistema davvero di emergenza ambientale, e non abbiamo più tempo. Pensate che se si affrontasse qualsiasi altro argomento dicendo che in Italia in un anno ci sono state 32 vittime; qualsiasi fenomeno lo si dovrebbe affrontare in maniera emergenziale, questa è l'ordinaria amministrazione di questo Paese: la gente muore a causa del tempo, a causa di fenomeni climatici; muore a causa di se stessa, l'umanità muore a causa di se stessa. Io faccio sempre il paragone con quella che è un'altra piaga che sembra inestirpabile, che è quella sulle morti sul lavoro: noi abbiamo dei bollettini di guerra ogni anno su questi campi e siamo noi coloro i quali non vogliono e non riescono ad affrontare il problema.

Nel 2018 ci sono state perdite per 16 miliardi di euro solamente in Europa. Quindi, noi chiediamo a tutto questo Parlamento, davvero, ovviamente, di impegnarsi in questa mozione, di impegnare il Governo in questa mozione, ma poi di darvi seguito, a partire dalle leggi di bilancio, a partire da tutti i provvedimenti che arriveranno in quest'Aula, mettendo sempre e solo al centro l'ambiente, perché, vedete, non è un caso che fenomeni, in un'accezione positiva, come quello di Greta, dei Fridays for Future, abbiano così tanta eco, perché è un argomento sentito, poi, noi tendiamo spesso a bollarli, dalle cattedre in cui sediamo, come fenomeni giovanili, fenomeni generazionali, ma, in realtà, hanno eco; così come, se si fa una petizione sull'emergenza climatica e in pochi mesi questa raggiunge 100 mila firme, come quella che è sulle piattaforme online, un motivo c'è; se comuni come quello di Roma, e noi siamo molto orgogliosi di questo, hanno approvato una mozione per dichiarare l'emergenza climatica, ciò significa che è un argomento al quale non possiamo sottrarci.

Io non ruberò più di tanto tempo, perché credo che, davvero, quando si restringe questo dibattito semplicemente al cambiamento climatico, come stiamo facendo, si dà un impegno, un impegno serissimo, come abbiamo fatto come gruppi di maggioranza, al quale, poi, però, dobbiamo davvero dare seguito su tutti, tutti i provvedimenti, di tutte le Commissioni, Commissione Finanze, Commissione Agricoltura, Commissione Bilancio, Commissione Giustizia, perché quando si parla di ambiente, appunto, non ci limitiamo solo all'ambiente, per non parlare della Commissione sulla salute e dei rischi per la nostra salute, appunto.

Quindi, siamo ovviamente contenti del lavoro fatto, il MoVimento 5 Stelle nasce come movimento ambientalista e sappiamo bene, come movimento, che tutti i provvedimenti che ci appresteremo a fare avranno come stella polare quella della salvaguardia dell'ambiente. I cambiamenti climatici ci sono sempre stati, non è una cosa di ora, fin dalle aree geologiche ci sono i cambiamenti climatici, il problema è che noi come umanità siamo davvero carnefici di noi stessi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente?

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti in questo dibattito. Ritengo utile qualche considerazione, visto che è stata giustamente e comprensibilmente richiamata la necessità di una concretezza di questa discussione che attraversa ormai trasversalmente il dibattito politico e il dibattito pubblico, il mondo scientifico, il mondo produttivo e la stessa coscienza popolare a largo raggio.

La mozione a prima firma Rosella Muroni, dell'onorevole Muroni, che voteremo dopo questo dibattito, è un atto che rappresenta un fatto di importante rilievo per il contesto e per la tempistica. Questo Governo ha messo al centro della propria azione e delle stesse ragioni della sua costituzione il tema della svolta ambientale, della sostenibilità, della lotta all'emergenza climatica, del cambiamento del processo produttivo, del concetto lineare e di quello circolare dell'economia, nella prospettiva di una decarbonizzazione totale entro la metà del secolo presente, così come stabilito dagli accordi di Parigi, e la mozione si inserisce in questo percorso.

Per carità, conosciamo e sappiamo benissimo i limiti di un processo che inizia, però penso che si possa fare questa considerazione: dobbiamo non enfatizzare le decisioni che via via stiamo assumendo, averne la piena consapevolezza, anche dei limiti e della parzialità, ma sapere che sono anche dei semi che noi gettiamo per determinare nuove energie, per poterle poi coltivare più stabilmente, mano a mano nel tempo. Però, anche la tempistica ha un significato, purtroppo drammatico in queste ore, nella specificità del contesto italiano. Gli eventi di Venezia, di Matera, di Savona e i tanti che, con meno spazio, abitano le nostre cronache, ormai pressoché quotidianamente o comunque intensamente, ci dicono come ormai sia strettissima la relazione tra gli effetti dei cambiamenti climatici e la fragilità del nostro territorio, che è una fragilità che ci ha consegnato la natura, per la morfologia della penisola, ma che, per una parte importante - forse preponderante - dipende anche dalle distorsioni dello sviluppo urbano, dai caratteri dei nostri insediamenti, dalle forme di occupazione antropiche del suolo, delle coste, dei corsi d'acqua e anche dai ritardi della legislazione italiana.

Il governo del territorio italiano è da troppo tempo fermo; l'orologio si è fermato a 70 anni fa e si è andati avanti con provvedimenti ponte, con provvedimenti parziali, non strutturali, per cui ancora oggi, la tendenza fondamentale dell'economia è stata questa (adesso un po' meno, perché l'economia si sposta dove ci sono gli interessi e oggi gli interessi, anche della trasformazione edilizia, si stanno spostando sui tessuti esistenti, come si dice). Sappiamo, però, che la rendita va dove c'è convenienza e questo non risolve, per esempio, il problema della ridistribuzione delle ricchezze e dei valori che si generano nel processo edilizio, oggi più sull'esistente che sul nuovo, perché la tendenza è quella; da un punto di vista ambientale questo è positivo, ma ancora non ci soddisfa dal punto di vista dell'equa ripartizione dei vantaggi che il processo edilizio determina anche con le nuove tendenze.

Della fragilità del nostro territorio ci parlano i dati che qui sono stati ricordati: sono dieci milioni gli italiani a rischio grave di frane e di alluvioni e il 75 per cento del nostro territorio è esposto a rischi più o meno elevati; si calcola che i comuni esposti a rischio piuttosto elevato siano il 91 per cento del territorio italiano. L'obiettivo comune, quindi, di questo Governo e della maggioranza - ma io, dopo questo dibattito, mi permetto di dire anche del Parlamento nel suo complesso, perché ho letto anche le mozioni presentate dalle forze di opposizione e ci trovo molti elementi di convergenza che è possibile costruire e mi auguro che sarà possibile farlo - è quello di lavorare sempre più per aprire questa nuova fase, una fase che segni un cambiamento graduale ma deciso degli indirizzi di fondo della vita del Paese, delle scelte economiche e dei comportamenti individuali in rapporto al sistema ambientale. Si tratta di puntare - uso una parola forse enfatica, ma che credo corrisponda all'orizzonte che bisogna cercare di individuare - ad un nuovo “ordine” e a un nuovo codice fondamentale. Questo Governo ha iniziato, appunto, un percorso graduale. Non voglio ricordare, qui, tutti i provvedimenti, li enumero soltanto per titoli: qui abbiamo approvato il decreto “salva mare” che ha un importante effetto sull'intervento sugli ecosistemi marini, per la tutela dall'aggressione della dispersione delle plastiche; abbiamo approvato al Senato il decreto “clima”, con i suoi elementi innovativi e con le sue parzialità; abbiamo approvato, nel decreto sulle crisi aziendali, proprio all'inizio dell'esperienza di questo Governo, una nuova norma che recepisce gli indirizzi dell'Unione europea in materia di rifiuti, per quanto riguarda il trattamento dei rifiuti e il riciclaggio da materia a materia, il cosiddetto End of waste, che è stato un fatto importante perché dà una spinta, una tendenza dell'economia e aiuta le imprese a fare meglio. Nello stesso decreto sul clima abbiamo apportato una riforma che non è nominalistica, ma che è strutturale, introducendo la creazione entro il gennaio 2021 del CIPES, cioè la trasformazione del CIPE in CIPES. Non è un titolo, è una scelta di riforma ordinamentale che agisce su uno dei principali organismi della programmazione economica e delle opere pubbliche (per questo c'è un anno di tempo per prepararla) per fare in modo che il tema ambientale e della sostenibilità non sia un settore a valle della decisione politica. In altre parole, si decide un'opera pubblica, si programma un certo intervento e poi, a un certo punto, bisognerà pure tenere conto del tema ambientale, della sostenibilità; finora è stato così e, giocoforza, in questa condizione il tema ambientale non solo viene vissuto come un settore ma viene vissuto come un ostacolo, come un problema da superare. Il tema è esattamente invertire ciò ed apportare una rivoluzione copernicana anche all'ordinamento, alle procedure e al modo di concepire la programmazione e la progettazione delle opere pubbliche, la programmazione economica, introiettando il tema della sostenibilità a monte della decisione politica. La trasformazione del CIPE in CIPES serve a questo. Non a caso è stata una discussione abbastanza complicata, perché comporta un cambio di filosofia che ha anche un suo peso nella formazione dei gruppi dirigenti politici, nella struttura dell'amministrazione, nel modo di amministrare la cosa pubblica.

Quindi abbiamo iniziato a seminare e a cercare di cambiare un po' le cose. Qui sono stati ricordati i tanti dati: il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici dell'ONU lo scorso agosto ha presentato un rapporto speciale sui cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado terrestre, la sostenibilità del territorio, la sicurezza alimentare, flussi di gas serra negli ecosistemi terrestri ed è un rapporto drammatico, che evidenzia lo stato delle cose, l'emergenza sanitaria, i livelli di emissione delle CO2. Realizzare il green new deal, quindi, comporta un cambio - si usa ormai questa espressione che è diventata di comune utilizzo e che speriamo non diventi come quelle cose che si dicono e che poi perdono un po' il loro significato - di paradigma culturale, cioè un cambio di visione, un cambio di approccio, di modalità, che è difficile da costruire, perché alla fine sono notevoli le inerzie, le “inerzialità”, le pigrizie, che sono amministrative, sono culturali, che sono nei comportamenti e che costituiscono quella massa informe e impalpabile che resiste sempre alle grandi innovazioni e alle riforme. Il problema è che il tempo è diventato ormai poco.

L'Italia è un Paese ben posizionato nel campo della green economy e ben posizionato nella cosiddetta economia circolare. Sorprendentemente, noi siamo un Paese che può considerarsi più avanzato di altri Paesi. La storia ci ha consegnato questo destino, forse per il fatto di essere stato un Paese povero di materie prime, che ha costruito faticosamente il suo sviluppo industriale e ha determinato le condizioni di quella che si chiamava un tempo - ma che vale ancora oggi per spiegare il processo produttivo - l'accumulazione originaria, non sfruttando il sottosuolo ma sfruttando il suolo, allargando l'uso del suolo come materia prima, per il processo edilizio che era uno dei fattori del processo industriale principale dello sviluppo capitalistico italiano, con tutti i segni dell'arretratezza che questo ha determinato nella nostra storia. Per questo motivo abbiamo forse imparato a riciclare la materia prima e meglio di altri, ma, nonostante questo, noi abbiamo anche un'altra faccia: siamo il Paese che è in infrazione europea per le bonifiche e le discariche abusive; siamo un Paese leader del danno ambientale; siamo un Paese che ha il record, dopo la Germania, per particolato, ma siamo leader per biossido di azoto e di morti per malattie da inquinamento. Occorre quindi intervenire, come molti colleghi hanno detto, attraverso processi strutturali, interventi strutturali che sono di quattro tipi. Il primo è di carattere normativo e quindi bisogna intervenire sulla legislazione: poche leggi ma semplici, per esempio il tema dei rifiuti. A esempio, arriverà qui la discussione sul consumo di suolo.

Ci sono ben otto leggi in discussione al Senato ma in queste otto leggi bisognerà introdurre criteri e norme che aggrediscano il tema della rigenerazione urbana, perché noi siamo il Paese anche delle tante tutele; abbiamo un sistema di sovrintendenze forse più grande, più articolato d'Europa, forse del mondo; abbiamo livelli di intervento e di azione sui vincoli paesaggistici e naturali stratificati per istituzioni. Ma questo grande sistema di tutela non ha impedito fino ad oggi un utilizzo del suolo non adeguato per piani regolatori eccessivamente dimensionati per premiare la rendita, rispetto ai quali abbiamo sempre faticato a contenerne gli effetti perché la legislazione oggi dà un primato all'uso del suolo privato e consegna alla città pubblica, consegna ai servizi, consegna alla dimensione pubblica un ruolo secondario, perché stabilisce dei termini per l'utilizzo pubblico delle aree, mentre non ci sono potenzialmente termini per l'utilizzo privato delle aree. La conseguenza di questo è stato naturalmente il crescere dell'abusivismo edilizio. Queste due facce si contrastano con norme; si contrastano con azioni di educazione ambientale e azioni nell'opinione pubblica; si contrastano attraverso un saggio uso della leva fiscale. Si discuterà della plastic tax e si arriverà sicuramente anche ad una discussione sulla carbon tax: la necessità dello Stato di usare la leva fiscale per incentivare cose buone e per disincentivare cose non positive e infine gli investimenti. Qui l'Aula affronterà presto la discussione sul disegno di legge di bilancio e sulle iniziative che sono contenute in quella legge che definiscono le grandi linee di intervento, ma su quelle grandi linee di intervento bisognerà aprire una discussione quasi costituente, aperta, come si dice, agli stakeholder cioè ai portatori di interessi, ai mondi, alle associazioni, alle forze politiche per fare in modo che in quel campo finanziario che oggi viene individuato anche in raccordo alle risorse, che vengono messe a disposizione dalla nuova programmazione europea dei prossimi sette-otto anni, si individuino le azioni più coerenti per le azioni di contenimento delle emissioni, lotta al dissesto idrogeologico, interventi sulle città, mobilità sostenibile, mitigazione degli effetti climatici e tutto quello che fa parte della raggiera degli interventi più diversi e più articolati in funzione degli obiettivi che sono stati discussi anche in questa occasione.

Quindi la mozione è importante perché si inserisce in un clima politico, in un contesto di situazioni che purtroppo si aprono di fronte ai nostri occhi e che quindi ci consente di fare una discussione che non sia di parte. Concludo con questa considerazione. Naturalmente ognuno ci metterà del suo nelle idee e ognuno ci metterà del suo nella coerenza pratica, nel tradurre nei fatti ciò che si dice e ciò che si professa nelle campagne elettorali e nelle discussioni politiche, nelle discussioni istituzionali. Quello che è certo è che il Governo ha messo al centro della propria azione e forse anche della propria identità questa materia che è una materia ribollente, difficile, non è una materia che crea soltanto consenso, è anche una materia che divide, che può creare conflitti, che può creare resistenze e lo stiamo vedendo in molti casi, ma che va affrontata sapendo che il tempo è una variabile indipendente di tutto questo. C'è un proverbio che è stato ricordato nel recente congresso di Legambiente che voglio ricordare concludendo questa discussione, è un proverbio africano molto significativo e molto illuminante che dice: se vuoi andare veloce corri da solo; se vuoi andare lontano cammina con gli altri. Oggi noi abbiamo l'obbligo di correre con gli altri cioè di andare veloci e di arrivare lontano e dobbiamo farlo naturalmente non issando bandiere di partito ma attraverso una grande operazione culturale. Quindi mi auguro che nella discussione che anche si determinerà e che si è aperta già con questa mozione e che avremo ancora modo di sviluppare con tutti i provvedimenti, per esempio quello sul dissesto idrogeologico, arriverà la discussione sul “Cantiere Ambiente”, provvedimento sul dissesto idrogeologico e, anzi, voglio ricordare che proprio in queste ore, come forse avrete letto, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha emesso un provvedimento, un DPCM, che trasferisce quasi 400 milioni di euro alle regioni per la lotta al dissesto idrogeologico. Le grandi risorse disponibili non si spendono se non in un'azione concertata con gli enti locali, ma in quel provvedimento ci sono risorse per la prevenzione e per ulteriori cantieri e questo dovrà essere un impegno del Parlamento, urgente perché la fragilità del nostro territorio possa essere affrontata con misure concrete e con le risorse che ci sono, che vanno utilizzate e che vanno spese con procedure rapide.

Quindi, non una discussione di partito, non una discussione di bandiera ma una discussione ampia, articolata e trasversale come c'è stata in questo pomeriggio e mi auguro davvero che questa sia la premessa, almeno per quanto riguarda questa mozione, per una convergenza generale che sia la base costituente, strutturale e larga per affrontare, anche con visioni diverse, i provvedimenti di merito che questo Parlamento dovrà affrontare nel corso del prossimo tempo, che saranno numerosi e impegnativi (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Abbiamo ancora un intervento di fine seduta. Ha chiesto di parlare la deputata Lucia Scanu. Ne ha facoltà.

LUCIA SCANU (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, oggi 25 novembre si celebra la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Questa data non è stata scelta a caso: correva l'anno 1960 e quel giorno furono uccise le sorelle Mirabal, attiviste politiche dalla Repubblica Dominicana che si opponevano alla dittatura. Questa ricorrenza non è soltanto il giorno della memoria, ma un giorno per reagire alla cultura della sopraffazione nei confronti della donna. Purtroppo, i dati diffusi dalla polizia di Stato non ci lasciano tranquilli: sappiamo che si registrano ogni giorno ben 88 casi di violenza contro le donne, uno ogni 15 minuti. Ma i dati più preoccupanti riguardano i casi di violenza consumati tra le pareti domestiche e i casi di femminicidio: nel 2019 il 34 per cento delle vittime di omicidio sono donne e in sei casi su dieci l'assassinio è il partner o l'ex.

Per quanto riguarda il territorio, la questura di Oristano ha rilevato negli ultimi tre anni un incremento degli ammonimenti per violenza domestica e stalking. Ciò significa che è aumentato il numero di donne che decidono di non rimanere in silenzio. L'ammonimento rappresenta il primo baluardo contro i reati di violenza ed è fondamentale che le donne siano informate sull'esistenza di strumenti di tutela efficaci per prevenire e intervenire tempestivamente. È con l'introduzione, ad esempio, del “codice rosso”, fortemente voluto e condiviso dal MoVimento 5 Stelle, che abbiamo fatto in modo di accelerare il processo per l'intervento della magistratura e delle forze dell'ordine in questo tipo di reati, che ora hanno un'urgenza prioritaria.

Per quanto riguarda la mia provincia, voglio in questa occasione lodare il grande lavoro svolto dai sindacati per la stipulazione di un protocollo d'intesa contro le molestie e la violenza nei luoghi di lavoro. In particolar modo, ringrazio la consigliera alle pari opportunità della provincia di Oristano che si è prodigata a favore di questo provvedimento. Si tratta del primo accordo quadro contro le molestie e la violenza nei luoghi di lavoro sottoscritto in provincia tra un'azienda, la Latte Arborea, e i rappresentanti dei lavoratori. È un passo importante che segna per la prima volta nel mio territorio l'ingresso di un protocollo antiviolenza in un luogo di lavoro…

PRESIDENTE. Concluda.

LUCIA SCANU (M5S). …promuovendo il monitoraggio interno contro qualunque episodio lesivo dell'integrità dei dipendenti. Auspico fortemente che questo accordo venga adottato e applicato in tutti i contesti lavorativi, al fine di dare vera dignità e tutela a tutte le lavoratrici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 26 novembre 2019 - Ore 11:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti da eventi sismici. (C. 2211-A)

Relatrici: PEZZOPANE e TERZONI.

La seduta termina alle 21,35.