XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 4 dicembre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


      La III Commissione,

          premesso che:

              le proteste di piazza dei cittadini di Hong Kong sono incessanti da 6 mesi. Più di un milione di persone hanno manifestato contro la nuova legge sull'estradizione, ritirata in via provvisoria il 9 luglio 2019 e che l'Esecutivo di Hong Kong ha cancellato definitivamente il 4 settembre 2019;

              i manifestanti hanno sfidato le pretese della dittatura comunista di Pechino, accusata di avere un sistema giudiziario scarsamente trasparente e condizionato dai vertici politici, rappresentando come la nuova legge potesse essere usata per portare avanti persecuzioni politiche e religiose all'interno del territorio di Hong Kong, minandone l'autonomia;

              la legge avrebbe permesso di estradare in Cina i «sospetti», sottoponendoli al processo dei tribunali nazionali. L'estradizione sarebbe stata prevista per tutti i sospetti accusati di un crimine con pena superiore ai sette anni di detenzione. Il «via libera» alla consegna alla Cina sarebbe stato responsabilità del capo esecutivo dopo una prima lettura dei tribunali e avrebbe permesso alla Repubblica popolare cinese di processare in patria anche dissidenti politici della Cina continentale che hanno trovato rifugio ad Hong Kong;

              la Cina aveva detto di sostenere la legge e di opporsi a «interferenze esterne». L'ala filo-cinese è capeggiata dal capo del Governo, Carrie Lam, che avrebbe dovuto avere la potestà di estradare i sospetti mentre il Parlamento non avrebbe avuto alcun potere né sulla valutazione del casco, né sulla decisione finale;

              secondo gli oppositori del regime, l'estradizione in Cina potrebbe essere richiesta per catturare e processare più avversari politici che criminali comuni. Secondo dati riportati da media internazionali, il tasso di condanna nelle corti cinesi sfiora il 100 per cento e si accompagna al ricorso ordinario a tortura e negazione del diritto di difesa degli imputati;

              la protesta, oggi, ha assunto una connotazione marcatamente politica di opposizione al regime comunista cinese. La perseveranza dei manifestanti contro i divieti imposti dal regime cinese ha portato alla reazione armata della polizia che, in assetto antisommossa, ha cercato di sedare le rivolte nel sangue;

              le proteste di Hong Kong rappresentano la più grande sfida al partito comunista cinese da quando il presidente Xi Jinping è salito al potere, nel 2012. Le elezioni hanno attirato un'affluenza record in tutta la città e sono state viste come un voto di sfiducia nei confronti della governatrice di Hong Kong, Carne Lam, appoggiata da Pechino;

              domenica 24 novembre 2019 si sono tenute le prime elezioni libere ad Hong Kong e i risultati sembrano far emergere una schiacciante vittoria delle forze antiregime: i sostenitori della democrazia hanno ottenuto circa l'86 per cento dei 452 seggi del consiglio distrettuale;

              i risultati delle urne rappresentano un duro colpo per Pechino e la governatrice filo-cinese Lam ha affermato che il Governo rispetterà il risultato voluto dai cittadini di Hong Hong, senza però specificare in che modo;

              Joshua Wong, leader nel movimento anticinese, durante una delle prime manifestazioni pacifiche, è stato arrestato con l'accusa di istigare i partecipanti a un raduno non autorizzato. Oggi Joshua Wong racconta di una Cina che sta subendo una vera e propria crisi umanitaria nella quale la polizia spara sui cittadini, arresta giornalisti e infermieri, costringe gli studenti a rifugiarsi nelle università. Una verità che al Parlamento italiano non è stato possibile rappresentare perché il regime comunista cinese non ne ha autorizzato l'espatrio per pericolo di fuga;

              tale diniego appare al presentatore del presente atto di indirizzo uno sgarbo istituzionale nei confronti dell'Italia perché, a settembre, a Wong è stato concesso il permesso di recarsi in Germania. Joshua Wong, in attesa del processo di appello, è in libertà provvisoria e ogni viaggio deve essere autorizzato;

              ben più grave di uno sgarbo istituzionale è quanto accaduto di recente a seguito di un'iniziativa trasversale di alcuni parlamentari. Joshua Wong ha partecipato ad una conferenza presso il Senato, collegandosi via internet, per raccontare cosa sta accadendo ad Hong Kong ad opera del regime cinese. Tale intervento è stato stigmatizzato dall'ambasciata cinese a Roma, che per il presentatore del presente atto, ha compiuto una grave ingerenza nelle attività democratiche del Parlamento italiano, arrivando a definire «irresponsabili» i parlamentari promotori di tale iniziativa. Tale ingerenza appare come un grave oltraggio ai princìpi costituzionali italiani, che prevedono l'indipendenza del Parlamento e il diritto dei parlamentari ad esperire il proprio mandato rappresentativo in maniera libera da vincoli o condizionamenti;

              a fronte di tale accadimento, ad avviso del presentatore del presente atto, il Governo non ha preso una posizione netta di condanna, a differenza di quanto fatto dalla maggior parte dei membri del Parlamento italiano. Se, da un lato, l'apparato burocratico della Farnesina ha espresso il giusto disappunto e mosso i dovuti rilievi, dall'altro il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, apparentemente molto indulgente nei confronti del regime cinese, a giudizio del presentatore del presente atto, non ha condannato fermamente quanto accaduto, ma si sarebbe solamente preoccupato di non veder compromessi i flussi finanziari cinesi a seguito delle rimostranze provenienti dall'Italia;

              il 27 novembre 2019, il Politecnico di Hong Kong è stato liberato da tutti i manifestanti e uno dei principali collegamenti autostradali, il Cross-Harbour Tunnel, è stato riaperto. Tuttavia, secondo quanto riferito dall'agenzia Reuters, Pechino ha istituito un centro di comando di crisi, appena oltre il confine con Hong Kong, a Shenzhen, per far fronte alle proteste che si temono a seguito dei risultati elettorali,

impegna il Governo:

          a esprimere la propria condanna per la repressione violenta delle manifestazioni di piazza ad Hong Kong e ad assumere ogni utile iniziativa di competenza per tutelare i cittadini italiani residenti a Hong Kong, anche alla luce della peculiare situazione segnalata in premessa;

          a convocare l'ambasciatore cinese in Italia per esprimere contrarietà in merito al gravissimo tentativo di ingerenza nelle attività del Parlamento, ribadendo la sovranità e l'indipendenza dell'Italia nei confronti della dittatura comunista cinese.
(7-00386) «Delmastro Delle Vedove».


      La IX Commissione,

          premesso che:

              il nostro Paese è fortemente in ritardo nel processo di digitalizzazione e infrastrutturazione digitale; l'indice Desi, l'indice di digitalizzazione dell'economia e della società 2019, mette in luce questo ritardo mettendo il nostro Paese al 24mo posto fra i 28 Stati membri dell'Unione europea. Il piano Strategico per la banda ultralarga è coordinato dalla Presidenza del Consiglio tramite il comitato per la diffusione della banda ultralarga (Cobul), composto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dello sviluppo economico, Infratel e AgID (Agenzia per l'Italia digitale), che ha definito la strategia nazionale e ne monitorerà la corretta attuazione;

              gli obiettivi che si perseguono con questa strategia sono i seguenti: la copertura ad almeno 100 Mbps fino all'85 per cento della popolazione; la copertura ad almeno 30 Mbps della restante quota di popolazione; la copertura ad almeno 100 Mbps di sedi ed edifici pubblici delle aree di maggior interesse economico e concentrazione demografica, delle aree industriali, delle principali località turistiche e degli snodi logistici;

              tra gli obiettivi definiti per stimolare l'accesso degli utenti alla banda ultralarga si prevedono anche incentivi alla domanda (voucher) per aumentare esponenzialmente il numero di connessioni ad almeno 100 Mbps;

              tali obiettivi risultano in linea con quelli espressi dall'Agenda digitale europea sulla banda ultra larga e sono declinati correttamente in relazione alle peculiarità del nostro Paese;

              il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il 18 novembre 2019, ha firmato il decreto che ricostituisce il Cobul e affida alla Ministra per l'innnovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano, la Presidenza che sarà orientata a lavorare per rilanciare i lavori nelle aree bianche e sbloccare i fondi per le aree grigie del Paese e i voucher per la connettività di cittadini e piccole e medie imprese;

              le aree grigie sono quelle dove si concentra il maggior numero di imprese e dunque quella più strategiche da cablare. Attualmente nel nostro Paese gli accessi ultrabroadband su rete fissa sono composti per l'82 per cento della clientela residenziale e solo per il 17,8 per cento da quella commerciale, segmento che include sia le imprese sia la pubblica amministrazione. Le connessioni di questi ultimi vanno per l'80 per cento a 30 Mb/s, mentre solo il 16,2 per cento va a 100 Mb/s,

impegna il Governo:

          a dare l'impulso necessario per fare partire in modo rapido ed efficace la seconda fase della strategia nazionale per la banda ultra larga al fine di rendere al più presto tangibili i progressi che si stanno strutturando per la digitalizzazione del Paese;

          ad adottare iniziative per introdurre tutte le misure che si ritengano più idonee e performanti per sostenere i clienti finali nell'acquisto dei servizi di connessione alla rete internet che siano ad almeno 100 Mbps in download;

          ad adottare iniziative per prevedere che le misure incentivanti siano fruibili per i cittadini, per le piccole e medie imprese, per gli istituti scolastici pubblici statali e per i centri per l'impiego attualmente privi di collegamento a banda ultralarga e, nel rispetto del principio della neutralità tecnologica, siano variabili in funzione della tecnologia impiegata e dei costi effettivamente sostenuti per l'attivazione dei servizi di connessione.
(7-00385) «Scagliusi, Bruno Bossio, Nobili, Stumpo, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, Chiazzese, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CUNIAL e GIANNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

          alcune persone hanno problemi di salute se si trovano nelle vicinanze di sorgenti di campi elettromagnetici. Il fenomeno è noto, come elettrosensibilità a campi elettromagnetici (Ehs);

          l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), con il promemoria 296/2005, riconosceva i problemi di salute delle persone interessate da Ehs, suggerendo che questi sintomi fossero complessivamente indicati come intolleranza idiopatica ambientale con attribuzione ai campi elettromagnetici;

          per l'Oms, l'Ehs è caratterizzato da una varietà di sintomi non specifici che differiscono da individuo a individuo. I sintomi sono certamente reali e possono variare ampiamente nella loro gravità, diventando un problema disabilitante per l'individuo interessato;

          con la legge n. 18 del 3 marzo 2009, il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del relativo protocollo opzionale sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007, istituendo l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità;

          nel dicembre 2000 il Nordic Council of Ministers a Oslo ha pubblicato il documento «The Nordic Adaptation of Classification of Occupationally Related Disorders (Diseases and Symptoms) to ICD-10», identificando l'elettrosensibilità come «electromagnetic intolerance» (El-allergy) ai codici ICD-10 R68.8 e T78.8 oggi W90;

          il 2 aprile 2009 è stata approvata la risoluzione del Parlamento europeo n. 2008/2211 (INI) che al punto 28 invita gli Stati membri a seguire l'esempio della Svezia e a riconoscere le persone che soffrono di elettro-ipersensibilità come disabili;

          nel 2011 il Consiglio d'Europa con la risoluzione 1815 (2011) chiede al punto 8.1.4 di prestare «particolare attenzione alle persone “elettrosensibili”»;

          risulta all'interrogante, in risposta al parere sull'elettrosensibilità, richiesta da «Rete No Elettrosmog Italia», che l'Osservatorio abbia rimandato la questione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per assenza di competenze;

          l'Associazione italiana elettrosensibili riunisce esperti di diversi settori e genitori di bambini che hanno manifestato sintomi dell'elettrosensibilità –:

          quali iniziative il Governo intenda adottare affinché l'Osservatorio possa elaborare politiche nazionali a tutela dei disabili elettrosensibili, attuando le indicazioni europee, per l'eliminazione delle barriere all'accessibilità legate ai campi elettromagnetici, consentendo alle persone elettrosensibili di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita, dando attuazione in tal senso all'articolo 3, comma 5, lettera e), della legge n. 18 del 2009;

          se non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per integrare il comitato tecnico-scientifico, di cui all'articolo 3 del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 167 del 6 luglio 2010, con due membri delle associazioni di rappresentanza degli elettrosensibili, riconoscendo, altresì, i medesimi codici ICD-10 attributi dal Nordic Council of Ministers.
(5-03239)

Interrogazioni a risposta scritta:


      DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 6 del decreto legislativo n. 88 del 2011 ha introdotto, in sostituzione del previgente istituto dell'intesa istituzionale di programma, il contratto istituzionale di sviluppo (Cis) che le amministrazioni pubbliche competenti possono stipulare per accelerare sia l'utilizzo dei fondi strutturali europei sia la realizzazione di progetti strategici di valorizzazione dei territori, tra loro funzionalmente connessi;

          tra i citati progetti rientrano quelli di infrastrutturazione, sviluppo economico, produttivo e imprenditoriale, turismo, cultura e valorizzazione delle risorse naturali e ambientali, occupazione e inclusione sociale e gli stessi sono finanziati con risorse nazionali ordinarie, comunitarie e del fondo per lo sviluppo e la coesione;

          in sintesi, l'intervento in questione dovrebbe dare risposte alle esigenze di sviluppo dei territori svantaggiati e l'attuazione dei relativi programmi è stata affidata ad Invitalia la quale dovrà anche fornire adeguato supporto alle amministrazioni interessate, avuto riguardo alle attività economiche, finanziarie e tecniche, nonché in qualità di centrale di committenza e stazione appaltante;

          gli interventi finanziabili sono individuati da un tavolo istituzionale, costituito ad hoc e presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e il citato tavolo ha anche il compito di condividere/integrare la strategia di programma, nonché di definire i criteri di selezione degli interventi e il fabbisogno finanziario;

          il 2 ottobre 2019, a Cagliari, il Presidente del Consiglio dei ministri ha incontrato i rappresentanti delle istituzioni locali per l'avvio del Cis relativo alla città metropolitana di Cagliari e alla provincia del sud Sardegna, sottolineando l'importanza, per le zone disagiate, degli stimoli derivanti da tale programma, utili per incrementare lo sviluppo economico e sociale dei medesimi territori;

          allo stato nei citati ambiti territoriali della città metropolitana di Cagliari e della provincia del sud Sardegna il medesimo programma non risulta essere stato definitivamente avviato;

          per poter accedere ai relativi finanziamenti, da quel che risulta all'interrogante, sarebbero richiesti i progetti definitivi e, in tal caso, i piccoli comuni, non essendo in possesso di adeguate risorse finanziarie per assegnare incarichi di progettazione, peraltro abbastanza onerosi, verrebbero conseguentemente esclusi dall'assegnazione dei medesimi finanziamenti;

          la Corte dei conti, con più pronunce, sia in sede di controllo che in sede giurisdizionale, ha ritenuto illegittimo l'affidamento di incarichi a professionisti per la redazione di progetti senza che l'amministrazione affidataria abbia preventivamente stanziato le somme necessarie per la realizzazione dell'opera e, pertanto, la redazione dei citati progetti, senza la certezza che gli stessi rientrino tra quelli finanziati con il programma in questione, potrebbe anche comportare in capo agli amministratori una responsabilità di tipo contabile –:

          se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intendano assumere al fine di procedere all'avvio definitivo del contratto istituzionale di sviluppo della città metropolitana di Cagliari e della provincia del sud Sardegna, escludendo, altresì, per il finanziamento degli interventi, la necessità del deposito dei progetti definitivi oppure prevedendo la possibilità di includere i costi per la citata progettazione nel relativo finanziamento.
(4-04246)


      FERRO e FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          il 31 ottobre 2019 la Corte dei conti ha pubblicato i risultati di un'indagine sul «Fondo progettazione contro il dissesto 2016-2018», segnalando che le risorse effettivamente erogate alle regioni dal 2017 al 2018 rappresentano solo il 19,9 per cento dei 100 milioni di euro in dotazione al fondo, creato nel 2015 per progettare le opere pubbliche anti-dissesto;

          in particolare, secondo i magistrati contabili, procedure inadeguate, revisioni di progetti approvati e procedure di gara non svolte, scarso monitoraggio, assenza di comunicazione tra Stato e regioni e soprattutto la difficoltà delle amministrazioni nazionali e locali di svolgere le funzioni ordinarie che ha portato al «ricorso ripetuto alle gestioni commissariali» sono alcune delle cause che hanno impedito al nostro Paese di affrontare efficacemente il dissesto idrogeologico;

          tutto questo, a giudizio della Corte dei conti, si è tradotto in una «mera raccolta di richieste di progetti e di risorse, talvolta non omogenee, senza addivenire ad una vera e propria programmazione strategica del settore» e più si aspetta, più aumentano i danni;

          secondo l'Ance, frane e alluvioni sono costate all'Italia 3,5 miliardi all'anno dal 1944 al 2012 e oggi, con gli effetti del cambiamento climatico, le bombe d'acqua sono triplicate: dalle 395 del 2008 alle 1.024 del 2018. E secondo il capo della protezione civile, Angelo Borrelli, il conto del maltempo può salire a 7 miliardi di euro ogni anno;

          i fondi ci sono sempre stati, almeno per fare gli interventi più urgenti: nel 2014 l'allora Governo Renzi con ItaliaSicura stanziò 9,5 miliardi di euro, ma ne furono spesi solo tre in 1.475 progetti; nel 2017 furono stanziati 10 miliardi per lo «SbloccaItalia»; più o meno la stessa cifra prevista dall'attuale Governo con il «Proteggi Italia» (10,853 miliardi di euro stanziati per il triennio 2019-2021);

          peccato che il piano di stralcio firmato nel mese di luglio 2019 dal Ministro Costa stanzia solo 315 milioni di euro e prevede 263 interventi. Un decimo dei finanziamenti previsti;

          passano i Governi, cambiano i nomi, aumentano frane e alluvioni, ma si rimandano gli interventi necessari;

          il problema è che i Governi prevedono misure perfette sulla carta che hanno il piccolo difetto di essere messe nel bilancio in «conto capitale», ossia hanno bisogno di seguire la procedura ordinaria: bisogna prima inserire i fondi in un piano triennale di opere pubbliche, poi lasciare alle regioni il compito di richiedere i fondi e infine lasciare ai comuni il compito di redigere i progetti specifici e segnalare alle regioni dove intervenire;

          stando così le cose, appare evidente come tra il programmare e il progettare possono passare molti mesi, senza considerare che il 69 per cento degli 8.100 comuni italiani ha meno di cinquemila abitanti e non tutte le amministrazioni possono vantare geometri competenti o almeno tenaci nel seguire l’iter burocratico per inserire i progetti nella piattaforma Redis, il software ministeriale che permette di sbloccare i fondi solo se la regione approva il progetto del comune –:

          quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo per garantire l'utilizzo delle risorse stanziate per il fondo progettazione contro il dissesto idrogeologico e consentire a tutti i comuni italiani di vedere i propri progetti trasformarsi in cantieri, anche attraverso l'adozione di efficaci misure di natura strutturale, in linea con i rilievi espressi dalla Corte dei conti.
(4-04247)


      DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          da un comunicato stampa del 5 maggio 2015 si è appreso della nomina in Cassa depositi e prestiti Immobiliare di Riccardo Maestrelli, già finanziatore di Matteo Renzi, che in quel momento era Presidente del Consiglio dei ministri;

          secondo quanto riportato dalla stampa, fra agosto e settembre dello stesso anno, la Cassa depositi e prestiti avrebbe ceduto alla società Corso Italia Firenze Srl, per circa 23 milioni di euro, l'edificio che storicamente ospitava il teatro comunale di Firenze, cifra dimezzata rispetto alla valutazione effettuata dal comune di Firenze guidato allora da Matteo Renzi;

          dai bilanci della società Corso Italia Firenze Srl si evince che era stato sottoscritto un compromesso che ha visto l'incasso di una caparra da 2,5 milioni di euro da parte di Cassa depositi e prestiti. Le quote di maggioranza della società appartenevano alla Nikila di Ilaria Niccolai, socia in affari di Tiziano Renzi nella Party Srl, e vedeva coinvolto lo stesso Luigi Dagostino, regista delle operazioni outlet, già condannato con i genitori di Matteo Renzi per false fatture. Inoltre, fra i componenti figurava .anche una società con sede nei paradisi fiscali: la Uk Development and Investments, cui si ricondurrebbe anche la figura di Lorenzo Rosi, ultimo presidente di Banca Etruria: lo stesso istituto di credito che finanziò la Fondazione Open attraverso la società Intesa Aretina Scarl;

          nel 2016 nella Corso Italia hanno fatto ingresso anche i figli di Bacci, già finanziatore della fondazione Big Bang e da Matteo Renzi plurinominato nelle società fiorentine;

          oggi, da quanto, risulta, l'ex teatro comunale dovrebbe essere in disponibilità di una società del gruppo Cassa depositi e prestiti: si era chiesto di conoscere i dettagli dell'operazione, nell'interrogazione 4-02935, presentata il 17 maggio 2019. Secondo quanto si apprende da un'inchiesta realizzata da l'Espresso, Riccardo Maestrelli avrebbe elargito un prestito a Matteo Renzi per l'acquisto della sua villa a Firenze –:

          quali siano i tempi, le modalità tecniche ed economiche delle operazioni relative all'ex teatro comunale di Firenze che hanno riguardato le società del gruppo Cassa depositi e prestiti;

          se risulti se l'operazione di cessione del 2015, di cui dà conto la stampa, sia andata in porto o, in caso contrario, perché eventualmente sia sfumata;

          di chi sia oggi la proprietà dell'ex teatro comunale di Firenze;

          se risulti quale sia stato il ruolo che nel dettaglio ha avuto il consigliere Maestrelli in riferimento all'affare in questione;

          se risulti se si fosse a conoscenza dei rapporti fra Maestrelli e Matteo Renzi, nell'ambito della trattativa con un'impresa fra i cui soci figuravano personaggi in affari con Tiziano Renzi, padre dell'ex premier;

          se, alla luce del finanziamento elargito alla Fondazione Open, della nomina effettuata dall'Esecutivo allora guidato da Matteo Renzi e del prestito per la casa elargito allo stesso ex premier, non si ritenga inopportuno che Maestrelli ricopra il ruolo di consigliere Cassa depositi e prestiti Immobiliare.
(4-04252)


      MULÈ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

          in merito alla vicenda che vede coinvolto il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, relativa all'incarico ricevuto, pochi giorni prima di assumere la carica, dalla società Fiber 4.0, emergono, ad avviso dell'interrogante, evidenti perplessità circa l'esistenza di eventuali ulteriori conflitti di interesse;

          il Presidente del Consiglio dei ministri, durante l'informativa in relazione ad un asserito conflitto di interessi sull'incarico testé menzionato, ha affermato di aver scritto al segretario generale pro tempore una lettera protocollata in data 6 giugno 2018 con la quale informava della sua determinazione di astenersi da qualsiasi atto e, comunque, dalla partecipazione in qualsiasi forma al procedimento circa l'esercizio della golden power nell'operazione Retelit;

          nel caso citato l'atteggiamento assunto dal Presidente del Consiglio dei ministri a parere dell'interrogante appare piuttosto opaco, essendosi limitato alla comunicazione del conflitto esclusivamente al segretario generale pro tempore, omettendo qualsiasi forma di comunicazione pubblica e lasciando, dunque, il dubbio, ad avviso dell'interrogante, dell'esistenza di ulteriori conflitti di interesse –:

          se, alla luce della scarsa chiarezza dimostrata nella gestione della vicenda riportata in premessa, il Presidente del Consiglio non intenda precisare se vi siano stati ulteriori casi di conflitti di interesse che lo hanno visto coinvolto, nel rispetto del principio di trasparenza.
(4-04253)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


      FORMENTINI, ZOFFILI, RIBOLLA, BIANCHI, BILLI, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA e PICCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          il venerdì 22 novembre 2019, il signor Giuseppe Piero Grillo si è intrattenuto a cena con l'ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese, signor Li Junhua;

          il giorno seguente, 23 novembre, il signor Grillo si è incontrato nuovamente con il signor Li Junhua, recandosi nella sede dell'ambasciata della Repubblica Popolare, dove si sarebbe trattenuto a lungo per colloqui;

          il signor Giuseppe Piero Grillo occupa una posizione di grande peso e prestigio politico all'interno del Movimento Cinque Stelle, di cui è stato il fondatore e il presidente, prima di assumere la carica di «garante»;

          nella veste di «garante», nelle stesse ore, tra il primo e il secondo appuntamento con l'ambasciatore della Repubblica Popolare, il signor Grillo si è altresì incontrato con Luigi Di Maio, stando almeno a quanto riportato dagli organi di informazione;

          quanto il «garante» del Movimento Cinque Stelle ha detto o sentito nel corso dei due incontri avuti con il capo della diplomazia cinese assume quindi alta valenza politica, atteso il ruolo esercitato dal signor Grillo nella formazione guidata dal Ministro interrogato, che è Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da poco tempo responsabile anche della politica di promozione dell'internazionalizzazione del sistema-Paese;

          sui contenuti dei due colloqui avuti dal «garante» del Movimento Cinque Stelle nulla si è saputo, a parte il riferimento fatto dal signor Grillo alla possibilità di esportare il pesto genovese in Cina –:

          se risulti al Governo che il signor Grillo abbia trattato nel corso dei suoi due incontri con l'ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese temi concernenti gli equilibri politici interni al nostro Paese, in particolare per quanto attiene alle sue scelte nel campo della politica estera e della cooperazione internazionale.
(4-04249)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


      LUCCHINI, BAZZARO, GERARDI, VALBUSA, VALLOTTO, GOBBATO, PAROLO, BENVENUTO, RAFFAELLI, D'ERAMO e BADOLE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          la 25a sessione della conferenza delle parti (COP25), sotto la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), che doveva svolgersi in Cile, ma per i recenti disordini in quel Paese avrà luogo a Madrid in Spagna, nel prossimo mese di dicembre 2019 e, durante l'evento, i partecipanti dovranno adottare un pacchetto di decisioni per assicurare al meglio la piena implementazione degli accordi di Parigi;

          negli anni recenti, Taiwan ha impostato ambiziosi obiettivi di riduzione delle proprie emissioni di gas serra: ad esempio, nel giugno 2015, il Parlamento taiwanese ha approvato la legge sulla riduzione e sulla gestione dei gas serra, fissando obiettivi di riduzione del carbonio a cinque anni, per diminuire entro il 2050 le emissioni di gas al 50 per cento dei livelli del 2005; di conseguenza, sono state rese effettive diverse misure, tra cui le linee guida nazionali di azione sul cambiamento climatico, il piano d'azione per la riduzione dei gas serra, il piano d'azione per il controllo delle emissioni di gas serra e la modifica della legge sul controllo dell'inquinamento atmosferico;

          la partecipazione di Taiwan all'Unfccc e agli accordi di Parigi è nell'interesse dei suoi 23,5 milioni di cittadini e di tutta la comunità internazionale, dal momento che la sua esclusione contraddice gravemente lo spirito di questi meccanismi, i quali invitano tutti gli Stati del mondo ad agire per affrontare la sfida del cambiamento climatico;

          Taiwan, come isola, è particolarmente vulnerabile ai mutamenti climatici, in quanto la crescente frequenza con cui si manifestano eventi climatici estremi e l'innalzamento del livello del mare causato dal riscaldamento globale mettono in pericolo l'ambiente e, di fatto, la sua stessa sopravvivenza;

          la sua esclusione dall'accesso al meccanismo di finanziamento dell'Unfccc determinerà ripercussioni sugli alti costi delle complesse misure di riduzione del carbone e questo causerà una riduzione delle capacità competitive delle industrie taiwanesi (motore produttivo della 22a economia del pianeta) scoraggiandole dall'aiutare il Governo a sviluppare una struttura industriale «verde» e a trasformare l'isola in una società a basse emissioni di carbonio –:

          quali iniziative si intendano intraprendere, di concerto con i partner dell'Unione europea, affinché cessi l'assurda esclusione di Taiwan dalla Cop ed essa possa dare, anche con lo status di «osservatore», il suo contributo alle finalità perseguite dall'Unfccc.
(4-04248)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


      DI LAURO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          gli scavi archeologici di Castellammare, meno noti rispetto agli scavi di Pompei ed Ercolano, sono di notevole interesse storico, artistico e culturale e registrano ogni anno decine di migliaia di visitatori;

          il sito presenta oggi la più grande concentrazione di ville marittime romane ben conservate di tutto il Mediterraneo, per la maggior parte costruite fra l'89 a.C. e l'eruzione del 79 d.C., e appartenute a personaggi di rango signorile, probabilmente senatori, che hanno gestito le sorti di Roma nel passaggio dalla tarda età repubblicana all'età imperiale: per tale ragione il recupero totale e lo studio del sito sono di fondamentale importanza archeologica per ricostruire un momento importante della storia romana;

          il dossier redatto dal Parco archeologico di Pompei, datato 18 maggio 2018, mostra il progressivo degrado del contesto ambientale della Collina di Varano, ove sorgono gli scavi: da una parte, l'attività antropica nella collina riguarda ormai una serie di indifferenziate attività diffuse, dall'altra parte, come dimostrato dai documenti redatti dall'Autorità di bacino Campania centrale, l'area presenta allarmanti valori in relazione al rischio di frane e al rischio idraulico;

          attualmente l'area si estende su circa 1.000.000 di metri quadrati ed è abitata da oltre 5.000 residenti, ai quali vanno aggiunte le presenze quotidiane di clienti di bar, ristoranti, alberghi e attività commerciali;

          ciò mostra il degrado ambientale e urbano in cui versa la zona archeologica dell'antica Stabiae con rischi evidenti di danneggiamento continuo alle strutture archeologiche sepolte;

          importante potrebbe risultare l'opera di perimetrazione materiale della Collina di Varano, al fine di creare un parco archeologico dai confini ben delimitati, sulla base di quanto già è avvenuto per il sito di Pompei: in tal modo, si creerebbe un vero e proprio parco, ove consentire l'apertura di cantieri di studio e scavo archeologico, su cui poter poi pianificare uno sviluppo di attività economiche, sociali e culturali;

          infatti, i potenziali risvolti economici sono particolarmente ampi, anche grazie alla favorevole collocazione geografica, essendo l'area incastonata tra Napoli, il Vesuvio e Pompei, da una parte, e la Penisola sorrentina, il parco regionale dei Monti Lattari e l'area metropolitana salernitana, dall'altra parte;

          inoltre, la città gode di una favorevole rete infrastrutturale, nonostante alcuni innegabili criticità: due linee ferrate con le relative fermate presso la città (Circumvesuviana e F.S.), l'autostrada E45/A3, con la relativa uscita «Castellammare di Stabia» e la strada statale 145 «Sorrentina»; due approdi portuali (porto di Castellammare di Stabia e l'approdo privato di Marina di Stabia); il vicino aeroporto internazionale di Napoli-Capodichino;

          una giusta valorizzazione del patrimonio archeologico di Castellammare di Stabia, assieme a investimenti nelle eccellenze agricole e industriali locali, fornirebbe sicuramente un importante fattore di attrazione dei flussi turistici, con conseguenti benefici economici e sociali per tutta l'area –:

          quali risorse siano state assegnate o programmate per gli scavi di Castellammare di Stabia;

          quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di garantire la massima trasparenza e pubblicità nell'assegnazione di tali fondi.
(3-01176)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


      DEIDDA, GALANTINO, VARCHI, LUCA DE CARLO, FOTI, TRANCASSINI e FERRO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          con decreto n. 31/D del 14 dicembre 2018, il direttore generale per il personale militare del Ministero della difesa ha indetto apposito concorso interno straordinario, per titoli ed esami, per il reclutamento di marescialli nei ruoli dell'Esercito, della Marina militare, della Capitaneria di porto e dell'Aeronautica militare;

          in particolare, per l'Esercito è stato individuato il reclutamento di un contingente pari a 3.889 unità, di cui 1.789 riservate al ruolo dei sergenti e 2.100 riservate ai volontari in servizio permanente (Vsp);

          con decreto del 31 ottobre 2019, il citato direttore generale ha approvato la graduatoria finale del medesimo concorso, dichiarando vincitori, per quanto concerne le unità assegnate all'Esercito, 771 partecipanti per la quota relativa ai sergenti e 1.418 avuto riguardo alla quota riservata ai Vsp;

          allo stato, da quel che risulta, i citati vincitori non sono ancora stati immessi nel relativo ruolo e tale omissione, a quanto consta agli interroganti, dipenderebbe dalla mancata sottoscrizione di apposito decreto e/o atto finale di assegnazione –:

          se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere al fine di provvedere, tempestivamente, alla citata immissione in ruolo.
(4-04245)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CENTEMERO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          secondo notizie di stampa, una nota di Unicredit annuncia il taglio di 8.000 unità nell'arco del piano industriale 2020-2023, mentre l'ottimizzazione della rete di filiali porterà alla chiusura di circa 500 sportelli;

          la riduzione di personale si concentrerà soprattutto in Italia, Germania e Austria, dove il personale verrà ridotto complessivamente del 12 per cento e verrà chiuso il 17 per cento delle filiali;

          alla luce delle slides sul piano strategico, l'Italia sembra destinata a pagare il maggior prezzo di tale ristrutturazione: degli 1,4 miliardi di euro di costi di integrazione stimati per la gestione degli esuberi, 1,1 miliardi riguarderanno il nostro Paese (pari al 78 per cento del totale) e solo 0,3 miliardi l'Austria e la Germania;

          obiettivo di Unicredit è creare 16 miliardi di euro di valore per gli azionisti nell'arco del piano 2020-2023 e aumentare al 40 per cento la distribuzione di capitale per il 2019;

          in particolare, si legge sempre nella nota, il piano strategico di Unicredit prevede di realizzare un utile di 5 miliardi di euro nel 2023, con una crescita aggregata dell'utile per azione di circa il 12 per cento nel periodo 2018-2023. Il ritorno sul capitale tangibile (rote) sarà «pari o al di sopra dell'8 per cento» per tutto il piano;

          è indubbio che, qualora i preannunciati tagli trovassero riscontro effettivo, si profilerebbe a parere dell'interrogante uno stato di emergenza occupazionale di grande portata che non può e non deve lasciare inermi a guardare –:

          se e quali immediate iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda adottare in relazione a quanto esposto in premessa con particolare riguardo ai rischi occupazionali connessi al preannunciato piano strategico di Unicredit.
(5-03241)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


      ZANELLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          come noto, la legge n. 3 del 2019, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», ha modificato gli articoli 158, 159 e 160 del codice penale;

          in via di estrema sintesi, la riforma introdotta – inserita in fase emendativa nel corso dell'esame in sede referente alla Camera dei deputati, con un'operazione di «ampliamento del perimetro del provvedimento» del tutto discutibile e rocambolesca – sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna che di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto;

          la legge n. 3 del 2019, all'articolo 1, comma 2, fissa l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1o gennaio 2020. Lo stesso Governo pro tempore aveva infatti preannunciato in maniera chiara la volontà di realizzare entro tale termine un intervento riformatore del codice di procedura penale volto alla drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi in Italia, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto dell'eliminazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. In buona sostanza, ad avviso dell'interrogante le forze di Governo dell'epoca, consapevoli che l'intervento così operato era «una bomba nucleare sul processo» (per usare le parole dell'allora Ministro per la pubblica amministrazione Giulia Bongiorno), da un lato hanno collocato l'ordigno, dall'altro hanno spostato il tempo dell'esplosione;

          lo stesso Ministro della giustizia, Bonafede, aveva parlato di un «accordo politico» che «prevede che approfittiamo di questo anno anche per scrivere la riforma del processo penale. Il Governo avrà la delega dal Parlamento con scadenza 2019»;

          ebbene: dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata però esaminata dalle Camere alcuna proposta normativa concreta in tal senso. Solo a fine luglio 2019 è stato approvato dal Consiglio dei ministri «salvo intese» un disegno di legge delega che avrebbe dovuto stabilire i principi e criteri direttivi per riformare il processo civile, il processo penale, l'ordinamento giudiziario, la disciplina sull'eleggibilità e il ricollocamento in ruolo dei magistrati, il funzionamento e l'elezione del Consiglio superiore della magistratura e la flessibilità dell'organico dei magistrati. L'avvicendamento di maggioranza, il cambio di Governo, l'evoluzione in atto del quadro politico, lasciano facilmente immaginare che non si riuscirà ad approvare alcun testo prima della fine dell'anno. Senza dunque entrare nel dettaglio della riforma del processo penale è evidente che questa non potrà certamente essere operativa prima del 1o gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione – di fatto – della prescrizione;

          ad ogni evidenza, ciò travolge e fa venire meno il presupposto – a giudizio dell'interrogante debolissimo e risibile – che aveva in qualche modo giustificato la sostanziale soppressione della prescrizione, altrimenti del tutto inaccettabile sia dal punto di vista politico che, prima ancora, giuridico. Inaccettabilità che, preme segnalare, è stata rilevata dagli operatori del diritto ad ogni livello – avvocati, magistrati, esponenti del mondo universitario – con una lunga serie di interventi, manifestazioni e scioperi;

          il 20 novembre 2019 si è svolta un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea sul tema (n. 3-01129), in relazione alla quale il Governo ha dato una risposta, ad avviso dell'interrogante non soddisfacente;

          mancano ormai 27 giorni: un intervento è ormai indifferibile e urgente –:

          se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative urgenti per evitare l'ormai imminente entrata in vigore della riforma, o meglio dell'abolizione de facto, della prescrizione.
(3-01177)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


      RAMPELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il Museo di arte contemporanea di Roma (Macro) è un istituto museale, facente parte fino al 2017 del sistema «Musei in comune» della Sovrintendenza Capitolina ai beni culturali;

          dal gennaio 2018, a seguito della riorganizzazione delle istituzioni culturali della città, la gestione è stata affidata all'azienda speciale Palaexpo, chiamata a svolgere la progettazione e la realizzazione di mostre, nonché tutte le iniziative culturali, le attività accessorie ed i servizi ad esso connessi;

          da tempo, i dipendenti della Miorelli Service s.p.a., ditta appaltatrice delle pulizie del Macro, lamentano turni di lavoro estenuanti con mansioni che esulerebbero da quelle previste per contratto;

          in particolare, a quanto consta all'interrogante ad alcuni lavoratori sarebbero state richieste prestazioni professionali diverse da quelle indicate nel capitolato d'appalto, quali facchinaggio, movimentazione di alcune importanti opere per emergenza allagamento ai piani interrati, spurgo e bonifica fogne, anche in orari al di fuori di quello lavorativo;

          nonostante ciò, i dipendenti si sarebbero sempre resi disponibili alle richieste di intervento fino a quando tale disponibilità sarebbe stata presumibilmente scambiata per obbligatorietà a svolgere alcuni compiti, tanto da indurre alcuni lavoratori ad evidenziarne la arbitrarietà e ad iniziare a rifiutarsi di svolgere mansioni non di competenza;

          tale condivisibile scelta avrebbe determinato, però, una drastica presa di posizione da parte della committenza, tanto che, per quanto consta all'interrogante, uno di questi dipendenti, Alessandro Scermino, sarebbe stato destinatario di un provvedimento di allontanamento, successivamente tramutatosi in un licenziamento in tronco;

          la società Miorelli non è nuova a tale gestione del personale. Nel 2017 è stata, infatti, denunciata da un gruppo di lavoratrici di Trento per violazione delle norme contrattuali, mancata consegna dei contratti e cambi dell'orario di lavoro. Anche in tale circostanza le dipendenti erano state licenziate perché chiedevano il rispetto del contratto –:

          se e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo al fine di verificare i comportamenti di quantomeno dubbia legittimità della Miorelli Service s.p.a. nei confronti dei propri lavoratori.
(4-04250)


      TESTAMENTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          con l'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge di bilancio 2007) è stato istituito il Fondo nazionale per le non autosufficienze con l'intento di fornire un supporto a persone con gravissima disabilità e anziani non autosufficienti presso il proprio domicilio, nonché garantire l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali;

          dal 2014, una quota del Fondo di cui sopra, pari a 10 milioni di euro, viene attribuita al Ministero del lavoro e delle politiche sociali al fine di incentivare iniziative e progetti di carattere sperimentale, proposti da regioni e province autonome, volti a promuovere la vita indipendente e l'inclusione sociale delle persone con disabilità;

          nell'ultimo decreto adottato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e di quello per la famiglia e la disabilità, di concerto con il Ministro della salute e col Ministro dell'economia e delle finanze, sono ripartiti per l'anno 2018, 462,2 milioni di euro. Tali risorse, nelle more della definizione del nuovo Piano per la non autosufficienza, sono state attribuite in funzione della popolazione anziana residente in ciascuna regione e degli indicatori socio-economici; criteri che sono stati utilizzati negli ultimi anni e che hanno generato in gran parte del territorio nazionale una iniqua ripartizione delle risorse tra gli anziani non autosufficienti, a causa di Alzheimer, morbo di Parkinson e altre patologie, e i ragazzi che si trovano in condizioni di disabilità gravi e permanenti fin dalla nascita, con una sistematica prevalenza nelle relative graduatorie dei primi sui secondi. Si è creata, di fatto, una vera e propria guerra tra chi ha quotidianamente bisogno di aiuto e supporto, cosa che non sarebbe dovuta accadere, perché si è di fronte a soggetti che hanno tutti diritto a tutela e assistenza a seconda dei bisogni di ciascuno;

          il 9 ottobre 2019, il Ministero interrogato ha illustrato alle parti sociali e alle organizzazioni del terzo settore rappresentative delle persone con disabilità il nuovo «Piano per la Non Autosufficienza 2019-2021». Durante l'incontro è stato stabilito che «all'interno del sistema dei servizi dovrà essere garantito, in particolare alle persone con disabilità gravissima, un assegno di cura e per l'autonomia che permetta di intensificare sensibilmente i sostegni di cui tali persone necessitano». Risulta, inoltre, che il suddetto piano sia attualmente all'esame della Conferenza unificata –:

          quali criteri siano stati individuati nel piano 2019-2021 ai fini della ripartizione delle risorse relative al Fondo per le non autosufficienze;

          quali siano la tempistica e i passaggi futuri nell’iter di approvazione del Piano 2019-2021;

          quali siano le iniziative allo studio, anche di carattere normativo, finalizzate a garantire un'equa attribuzione delle risorse in questione per i ragazzi disabili e gli anziani non autosufficienti.
(4-04251)

PARI OPPORTUNITÀ E FAMIGLIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SARLI, SPORTIELLO, DEL SESTO, PERANTONI, GRIPPA, MENGA, VILLANI e NAPPI. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

          il decreto-legge n. 93 del 2013, convertito dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province, prevede all'articolo 5 il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere;

          all'articolo 5-bis prevede, inoltre, azioni per i centri antiviolenza e le case-rifugio;

          il Ministro delegato per le pari opportunità, previa intesa in sede di conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede annualmente a ripartire tra le regioni le risorse per la programmazione regionale e degli interventi già operativi per contrastare la violenza nei confronti delle donne;

          le regioni destinatarie delle risorse oggetto di riparto presentano al Ministro delegato per le pari opportunità, entro il 30 marzo di ogni anno, una relazione concernente le iniziative adottate nell'anno precedente;

          sulla base delle informazioni fornite dalle regioni, il Ministro delegato per le pari opportunità presenta alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sullo stato di utilizzo delle risorse stanziate;

          un articolo del Corriere della Sera del 18 novembre 2019 riporta quanto segue: «Fondi ai centri antiviolenza in ritardo di tre anni. I dati: il 37 per cento degli stanziamenti statali è bloccato dalle Regioni. Il caso degli sportelli chiusi per mancanza di soldi. Decine di presidi in difficoltà e la lunghezza degli iter»;

          ActionAid International Italia onlus, in una sua inchiesta scrive: «I fondi per la prevenzione della violenza contro le donne e la loro protezione sono aumentati rispetto al passato, ma restano ritardi significativi nella programmazione ed erogazione delle risorse che mettono a rischio la possibilità concreta per le donne di accedere ai servizi fondamentali per fuoriuscire da situazioni di violenza». È quanto emerge dal monitoraggio che ActionAid ha condotto «sui fondi antiviolenza nazionali ripartiti tra le Regioni per le annualità 2015-2016 e per il piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere 2015-2017», in base alla legge n. 119 del 2013 (la cosiddetta legge sul femminicidio). Analoghi ritardi si registrano sul fronte delle regioni. Dei fondi destinati ai centri antiviolenza e le case rifugio (annualità 2015-2016), «al 31 ottobre 2018 (...) le regioni hanno liquidato solo il 25,9 per cento delle risorse. Nello specifico, è stato erogato il 30,6 per cento dei fondi destinati al potenziamento dei centri antiviolenza, delle case rifugio esistenti e degli interventi regionali già operativi, e il 17 per cento dei fondi per l'istituzione di nuove strutture» –:

          quali siano le regioni che hanno utilizzato interamente i fondi previsti dalla legge, n. 119 del 2013 a loro destinati per interventi per contrastare la violenza nei confronti delle donne;

          quali siano le regioni che, come previsto dalla legge, abbiano presentato entro il 30 marzo 2019 le relazioni sulle attività realizzate con le risorse stanziate dalla legge n. 119 del 2013;

          se sia a conoscenza di eventuali episodi, in ambito nazionale, legati ai ritardi dell'utilizzo delle risorse dalla legge n. 119 del 2013, che abbiano negato la possibilità alle donne di accedere ai servizi di supporto per fuoriuscire da situazioni di violenza.
(5-03240)

SALUTE

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

          l'Isola de La Maddalena, situata a nord ovest della Sardegna, ha una popolazione di oltre 11.000 abitanti;

          gli unici collegamenti con la Sardegna sono effettuati tramite i servizi di trasporto marittime;

          l'unico punto nascita presente nell'isola, ubicato presso l'ospedale «Paolo Merlo», è stato chiuso nel 2016 per effetto della normativa nazionale, che prevede un minimo di 500 parti l'anno;

          attualmente il punto nascita più vicino è quello dell'ospedale di Olbia e i tempi di percorrenza per raggiungerlo sono di oltre un'ora;

          in caso di gravidanze a rischio e di urgenze, entra in funzione il servizio di elisoccorso, come accaduto anche nel recente caso, riportato anche dai media nazionali, di un parto avvenuto durante il volo verso Olbia;

          tale situazione non solo rappresenta una grave e intollerabile compressione per il diritto alla salute delle madri e dei nascituri, ma comporta un rilevante aggravio dei costi: infatti, le spese sostenute per i voli sono notevolmente superiori a quelle che sarebbero state necessarie per mantenere aperto un punto nascita;

          interpellati dai parlamentari sardi, i precedenti Governi hanno affermato l'impossibilità di concedere una deroga alla normativa vigente a causa della ridotta attività del reparto negli anni passati;

          tuttavia, applicare pedissequamente tale orientamento, in concreto, oltre ad incidere sulla qualità della vita e sul diritto alla salute delle partorienti e dei nascituri, sortisce altresì l'effetto di un paradossale aggravamento dei costi per la collettività –:

          quali iniziative, anche di natura normativa, il Governo intenda porre in essere, in accordo con la regione autonoma della Sardegna, al fine di garantire, i livelli essenziali di assistenza e il diritto alla salute delle future madri residenti nell'isola de La Maddalena e dei nascituri.
(2-00581) «Cappellacci».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DE FILIPPO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          la formazione continua del professionista sanitario è il processo attraverso il quale il professionista della salute si mantiene aggiornato per rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze del servizio sanitario e al proprio sviluppo professionale;

          il decreto legislativo n. 502 del 1992, articoli da 16-bis a 16-sexies, ed in particolare l'articolo 16-quater in tema di incentivazione alla formazione continua, prevedono che «la partecipazione alle attività di formazione continua costituisce requisito indispensabile per svolgere attività professionale in qualità di dipendente o libero professionista, per conto delle aziende ospedaliere, delle università, delle unità sanitarie locali e delle strutture sanitarie private»;

          l'articolo 19 del codice di deontologia medica prevede che «il medico, nel corso di tutta la vita professionale, persegue l'aggiornamento costante e la formazione continua per lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze professionali tecniche e non tecniche, favorendone la diffusione ai discenti e ai collaboratori. Il medico assolve agli obblighi formativi. L'Ordine certifica agli iscritti ai propri Albi i crediti acquisiti nei percorsi formativi e ne valuta le eventuali inadempienze»;

          con un accordo del 2 febbraio 2017 il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano hanno approvato il documento «La formazione continua nel settore Salute», unitamente all'allegato «criteri per l'assegnazione dei crediti alle attività ECM» che costituisce parte integrante dello stesso;

          l'accordo prevede, all'articolo 21, che gli Ordini e le rispettive Federazioni nazionali vigilino sull'assolvimento dell'obbligo formativo dei loro iscritti ed emanino, ove previsti dalla normativa vigente, i provvedimenti di competenza in caso di mancato assolvimento di tale obbligo;

          con il decreto ministeriale 17 aprile 2019 è stata ricostituita la Commissione nazionale per la formazione continua per l'espletamento dei compiti previsti dall'articolo 16-ter, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, dall'Accordo Stato-regioni del 1o agosto 2007, nonché dall'accordo Stato-regioni del 2 febbraio 2017;

          la Commissione nazionale è l'organo di governo del sistema della formazione continua nel settore della salute. La Commissione nazionale definisce e dà esecuzione alle norme relative ai requisiti minimi per l'accreditamento dei provider contenute nel manuale nazionale di accreditamento per l'erogazione di eventi Ecm;

          la formazione continua in medicina non esiste soltanto in Italia, ma è una pratica diffusa in tutto il mondo, seppur con importanti differenze tra un Paese e l'altro: in alcuni Paesi è regolamentata attraverso un sistema volontario e autoregolamentato e non sono previste sanzioni, mentre in altri è diventato vincolo legale per esercitare la professione sanitaria;

          va considerata l'utilità di inserire criteri differenti circa l'obbligo Ecm per chi opera nel servizio sanitario nazionale e quello per chi agisce come privato;

          non è comprensibile che non vengano ammessi programmi autogestiti, purché sia verificabile la validità e la qualità dei medesimi;

          non sono noti i criteri con cui si attribuiscono i punti nei corsi proposti;

          la normativa vigente non prevede una regolamentazione dei crediti Ecm per chi sospende l'attività professionale assumendo incarichi più importanti e istituzionali nell'ambito della sanità o per chi esercita la propria attività in più settori;

          finora non sono state previste sanzioni specifiche per chi è inadempiente: in ogni caso, dovrebbero essere irrogate con criteri, con modalità, e regole omogenee;

          i provider da tempo non vengono verificati, né sono stati aggiornati i criteri di accreditamento –:

          quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito all'avvio di una valutazione sull'efficienza del sistema della formazione continua in medicina;

          quali iniziative di competenza, anche di natura normativa, intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di garantire che tutti i professionisti del sistema sanitario completino gli obblighi formativi previsti.
(5-03238)

Apposizione di una
firma ad una risoluzione.

      La risoluzione in commissione De Toma e altri n. 7-00258, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Moretto.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta scritta Cecchetti n. 4-04160, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cantalamessa.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Bilotti n. 4-04163, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 265 del 25 novembre 2019.

      BILOTTI. – Al Ministro della giustizia, al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

          solo un mese prima che Tiziana Cantone si togliesse la vita, il Tribunale di Napoli Nord aveva accolto le richieste della ricorrente ex articolo 700 c.p.c., ordinando a Facebook Ireland Ltd: «l'immediata cessazione e rimozione dalla piattaforma del social network di ogni post o pubblicazione contenente immagini (foto e/o video) o apprezzamenti riferiti specificamente alla persona della ricorrente»; l'ordinanza era datata 10 agosto 2016, seppur poi limitatamente modificata – a seguito del parziale accoglimento del ricorso della compagnia che gestisce il social network – da successiva ordinanza del 3 novembre 2016;

          in particolare, il giudice, in via successiva, nel segnalare che sussiste tuttavia un obbligo successivo di attivazione di modo che la responsabilità a posteriori dell’hosting provider sorge per non aver ottemperato – come per l'appunto verificatosi nella fattispecie in esame – a una richiesta (diffida) di rimozione dei contenuti illeciti proveniente dalla parte che assume essere titolare dei diritti, ovvero per non aver ottemperato a un ordine dell'autorità, sia essa giurisdizionale o amministrativa, cui si sia rivolto il titolare dei diritto per ottenere il medesimo effetto, ha evidenziato quanto si dimostri articolato l'inquadramento giuridico dei social e la definizione del relativo profilo di responsabilità, quando questi si limitino ad esercitare attività di hosting, mettendo a disposizione dei terzi (che compiono l'illecito) uno spazio virtuale;

          negli U.S.A. la normativa del Dmca (Digital Millennium Copyright Act) disciplina in maniera differente dal contesto europeo la responsabilità dei gestori di servizi;

          in particolare, riscontrata la violazione del diritto di autore, sarebbe possibile chiedere e ottenere che le immagini pubblicate senza consenso dell'interessato, così come un testo o un audio, non siano più visibili on-line;

          una volta ricevuta la richiesta di take-down – questo il nome tecnico della pratica – la compagnia che affitta i server sarebbe tenuta entro due settimane ad informare il suo cliente della violazione e a chiedere la rimozione del file, nonché bloccarlo direttamente in modo che non possa ripetere il reato e segnalare i contenuti irregolari alle autorità competenti, come anche riportato da notizie stampa www.ilmessaggero.it del 15 settembre 2019, «Tiziana Cantone, video hot ancora online. Inchiesta in America: 103 nomi nel mirino»;

          è evidente la necessità di sistemi il più possibile condivisi nei diversi Paesi che responsabilizzino anche i provider di servizi web attraverso azioni che impongano la messa off-line e la tracciabilità degli indirizzi IP dei computer dei responsabili, anche al fine di punire delicatissimi reati in maniera certa e tempestiva;

          sono sempre di più le donne, anche giovanissime, vittime di abusi via web: solo nel 2018, 940 i casi individuati dalla polizia postale di ricatti a sfondo sessuale on line;

          per il reato cosiddetto di «pornovendetta», introdotto con la legge n. 69 del 2019 (codice rosso), il termine previsto per la presentazione della querela è di sei mesi –:

          quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati su quanto riferito in premessa, ed in particolare in relazione alle procedure previste nel Digital Millennium Copyright Act statunitense, quale eventuale possibile sistema da adottare;

          se il Ministro della giustizia non ritenga di adottare le iniziative di competenza per estendere il termine per la presentazione della querela nei casi di reato cosiddetto di «pornovendetta», introdotto nel nostro ordinamento con la legge n. 69 del 2019.
(4-04163)