XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 14 gennaio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,

          premesso che:

              con la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) prima e, successivamente, con la legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) è stato definito il perimetro normativo della cosiddetta «Digital Tax», ovverosia l'imposta applicata, nella misura del 3 per cento, sui ricavi derivanti dalla fornitura di servizi digitali;

              la forma e le modalità applicative della suddetta «Digital Tax» sono state mutuate dalla proposta di direttiva COM(2018)148 final del Consiglio relativa al sistema comune d'imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali;

              l'imposta introdotta dal Governo nel dicembre 2019, nel condivisibile scopo di assoggettare al dovuto prelievo fiscale i grandi operatori internet, i cosiddetti «Ott» (over-the-top), purtuttavia, per come formulata, non consente di escludere dal campo di applicazione le imprese che fruiscono, dietro corrispettivo, dei servizi digitali messi a disposizione dagli (Ott) e, soprattutto, le imprese nazionali;

              le suddette criticità, oltre a non aver consentito nel corso del 2019 di rendere effettivamente operativa l'imposta, sono state segnalate all'Esecutivo da tutta la filiera digitale, conducendolo ad apportare una serie di correttivi all'imposta con la citata legge di bilancio 2020 che, comunque, non consentono di escludere dal campo di applicazione della norma le imprese diverse dagli over-the-top e, ancora una volta, quelle nazionali;

              esaminando i correttivi apportati dal Governo, appare evidente che lo stesso non abbia fatto altro che ispirarsi, nuovamente, a esempi non nazionali quali l'identica imposta francese, la quale prevede esplicitamente, tra gli altri, un sistema di sospensione dell'applicazione delle norme e di compensazione degli importi al momento del raggiungimento di un accordo internazionale in materia;

              diversamente dall'esempio francese, tuttavia, il legislatore italiano ha lasciato invariati i parametri quantitativi e, soprattutto, qualitativi dei ricavi ai quali possa essere applicata la digital tax, imponendo a tutte le imprese che ricavino, congiuntamente, 750 milioni di euro dalle attività di impresa complessivamente intese e 5,5 milioni di euro dalla fornitura di servizi digitali, di essere assoggettate all'imposta;

              le modifiche introdotte con la legge di bilancio 2020, inoltre, hanno sensibilmente ridotto i tempi per l'attuazione definitiva dell'imposta, circostanza che rende ancora più urgente la risoluzione delle criticità applicative della «Digital Tax»;

              i grandi operatori del web, quali Google, Amazon, Facebook e altri, secondo le stime più recenti, sono al centro di un sistema economico che assicura a pochissimi Ott un fatturato che si assesterebbe intorno agli 850 miliardi di euro a livello globale, a fronte di un risibile contributo alle casse dello Stato pari a circa 64 milioni di euro e a poco più di 39 milioni di euro a titolo di sanzioni;

              in sede di esame del disegno di legge di bilancio 2020, purtroppo, non è stato approvato alcun emendamento presentato in Parlamento dal Gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente, come pure da parte di altri gruppi parlamentari, finalizzato a modificare i parametri previsti dalla norma, imputando le somme ivi citate ai soli ricavi digitali;

              spiace davvero che il Governo non abbia colto il grido di allarme di molte imprese italiane che saranno ingiustamente colpite dalla digital tax all'italiana così come disciplinata dalla legge di bilancio 2020. La Francia ed altri Paesi hanno giustamente disegnato su misura, per le loro rispettive esigenze, la nuova imposta digitale per colpire quelle asimmetrie fiscali di cui godono i giganti del web, ovvero multinazionali che con il web creano, di fatto, pochissimi posti di lavoro, tantissimi profitti, ma che non restituiscono molto poco se non quasi nulla dal punto di vista tributario ai Paesi nei quali questi ricavi vengono realizzati;

              nel 2018 questi colossi mondiali del web con una filiale nel nostro Paese hanno lasciato al fisco italiano, come già evidenziato, solo delle briciole: 64 milioni di euro è, infatti, il saldo di quanto versato da 15 società WebSoft secondo la recente analisi di R&S Mediobanca, a cui si aggiungono i 12,5 milioni di Apple, non inclusa nel campione. Amazon ha pagato 6 milioni, Microsoft 16,5 milioni, Google 4,7 milioni, Oracle 3,2 milioni, Facebook 1,7 milioni, Uber 153 mila euro e Alibaba 20 mila euro. Il meccanismo utilizzato dalle big tech per risparmiare sulle tasse è sempre lo stesso, quello di spostare il fatturato delle controllate italiane in Paesi dove le aliquote fiscali sono basse, continuando a trovare più conveniente pagare centinaia di milioni in transazioni – come hanno fatto Google nel 2017 (306 milioni), Apple nel 2015 (318 milioni), Amazon nel 2017 (100 milioni) e Facebook nel 2018 (100 milioni) – anziché fatturare nel nostro Paese il giro d'affari riferibile ai clienti italiani;

              il Governo ha accolto al Senato come raccomandazione l'ordine del giorno del Gruppo Forza Italia presentato al disegno di legge di bilancio 2020 G/1586/148/5 con il quale si impegna a «chiarire che l'imposta sui servizi digitali si applichi esclusivamente ai soggetti esercenti attività d'impresa che generano ricavi, sia a livello nazionale sia a livello globale, da servizi digitali»;

              al riguardo si deve considerare che nel 2018 i ricavi pubblicitari, non tassati, generati in Italia solo dalle maggiori società del settore (elaborazioni CRTV su dati Nielsen, FCP Assointemet, Polimi/IAB), superano i 2,6 miliardi di euro, pari al 70 per cento degli investimenti in pubblicità on-line. Si tratta di dati parziali del valore generato dalle multinazionali del web, perché i ricavi derivano anche da abbonamenti e da elaborazione/profilazione/vendita dei dati degli utenti e usi di big data per scopi di machine learning/intelligenza artificiale;

              al fine di arginare, seppur ormai in modo marginale il sopravvento dei «giganti del web» sulle imprese nazionali che competono negli stessi mercati è necessario un chiarimento determinante relativamente ai soggetti passivi ai quali verrà applicata l'imposta e alla tipologia di ricavi soggetti a tale imposizione, altrimenti verrebbero ingiustamente penalizzate imprese nazionali che, singolarmente o a livello di gruppo, realizzano ricavi superiori alla soglia indicata dalla legge di bilancio 2020 derivanti non solo da servizi digitali. Imprese che pagano già le tasse per la fornitura degli stessi servizi;

              d'altro canto, l'introduzione della «digital tax» nel nostro ordinamento giuridico deve considerarsi condivisibile quando persegue l'obiettivo di colpire le multinazionali della «digital economy» che sfuggono da tempo al fisco italiano, ma non può che ritenersi profondamente ingiusta quando colpisce nello stesso modo le imprese nel volume complessivo di ricavi e non solo quelli derivanti da servizi digitali;

              è, dunque, necessario un intervento che consenta di recuperare un serio obiettivo di equità fiscale;

              da ultimo un recente report dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre ha evidenziato che le piccole e medie imprese (Pmi) italiane hanno un carico fiscale quasi doppio delle multinazionali del web. Se, infatti le pmi italiane hanno un carico fiscale complessivo che si attesta al 59,1 per cento dei profitti (The World Bank, «Doing Business 2020», 24 ottobre 2019), le multinazionali del web presenti in Italia, o meglio le controllate di questi giganti economici ubicate nel nostro Paese, registrano un tax rate del 33,1 per cento (Area Studi Mediobanca, «I giganti del websoft», 27 novembre 2019),

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa normativa finalizzata ad escludere dal campo di applicazione della digital tax, come disciplinata dalla legge di bilancio 2020, le imprese nazionali, sulla scia di quanto peraltro già previsto in altri Stati membri;

2) ad adottare iniziative per assicurare che l'imposta sia opportunamente volta a garantire il previsto gettito attraverso la tassazione dei soli grandi operatori del web che beneficiano di regimi fiscali agevolati in ragione della articolazione territoriale delle proprie organizzazioni, modificando i parametri economici definiti e imputandoli ai soli ricavi derivanti dalla fornitura di servizi digitali;

3) ad assumere iniziative per adeguare la normativa in materia fiscale ai rilievi delle competenti autorità di settore, quali l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in materia di definizione dei ricavi assoggettabili a discipline che obblighino le imprese concessionarie di pubblicità alla contribuzione generale a favore dell'erario;

4) a porre in essere ogni iniziativa di competenza presso le competenti sedi europee finalizzata a rivedere la proposta di direttiva COM(2018) 148 final del Consiglio relativa al sistema comune d'imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura di taluni servizi digitali, nel senso di elevare l'imposta attualmente applicata nella misura del 3 per cento sui ricavi derivanti dalla fornitura di servizi digitali delle multinazionali del web.
(1-00313) «Giacomoni, Gelmini, Martino, Cattaneo, Baratto, Angelucci, Porchietto, Giacometto, Mandelli, D'Attis, Squeri, Polidori, Pettarin, Battilocchio, Elvira Savino, Spena, Nevi, Prestigiacomo, Siracusano, Mulè, Ruffino, Casino, Mazzetti, Labriola, Saccani Jotti, Palmieri, Barelli, Zanella, Pittalis, Novelli, Bagnasco, Mugnai, Bergamini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:

          in Sardegna è in corso da tempo una grave crisi del settore agro-pastorale che sta rischiando di raggiungere un punto di non ritorno. Ai noti problemi strutturali del settore si è infatti sommata una drammatica vertenza tra agricoltori e istituti di credito che può portare al fallimento circa 5.000 aziende;

          tale crisi creditizia risale a una controversa applicazione di alcune leggi regionali di finanziamento del settore che hanno consentito agli istituti di credito coinvolti nella concessione dei mutui a partecipazione regionale di incassare ingenti somme non dovute, a danno sia delle casse regionali che delle aziende stesse;

          la più recente di queste leggi regionali è la legge regionale n. 44 del 1988 che consentiva l'abbattimento dei tassi d'interesse per i mutui sino a 15 anni in favore degli imprenditori agricoli in condizioni di difficoltà economiche per circostanze avverse;

          tuttavia, contravvenendo alla normativa comunitaria, la regione Sardegna notificò all'Unione europea la legge di aiuto solo nel 1992 in occasione del rifinanziamento. Nel 1994 la Commissione europea aprì una procedura d'indagine, concedendo peraltro dei termini affinché la regione potesse motivare la compatibilità delle provvidenze concesse rispetto alla normativa comunitaria sulla concorrenza;

          la regione rispose in modo frammentario e tardivo, tanto che nel 1997 la Commissione europea espresse parere negativo sull'aiuto in questione (decisione 97/612/CE della Commissione del 16 aprile 1997), dichiarando illegittime le misure di cui all'articolo 5 della legge e imponendo il recupero di quanto erogato in conto interessi;

          la regione non informò i beneficiari dei mutui, limitandosi a non erogare più il contributo in conto interessi, causando la lievitazione dei debiti degli agricoltori nei confronti delle banche, le cui rate passarono da un tasso di interesse del 2-5 per cento a quello del 13-18 per cento;

          solo nel 2001 la regione notificava il provvedimento di revoca del concorso agli interessi concesso, richiedendo ai circa 5 mila beneficiari la restituzione degli aiuti percepiti e dei relativi interessi;

          a causa della gravità del problema, il legislatore nazionale è intervenuto con il comma 126 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, disponendo l'istituzione, con decreto del Presidente del Consiglia dei ministri, di una commissione di tre esperti (designati ciascuno dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e dalla regione Sardegna) che avrebbe dovuto presentare al Presidente del Consiglio dei ministri «le proposte per la ristrutturazione dei predetti debiti entro il 31 luglio 2009», sospendendo fino a tale data i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui risultanti all'entrata in vigore del provvedimento;

          tuttavia, la commissione non ha mai portato a termine il proprio lavoro, lasciando le circa 5 mila imprese in balia di una situazione sempre più insostenibile;

          a ciò si è aggiunta l'azione posta in essere dalla regione Sardegna che, al fine di evitare la prescrizione dei provvedimenti di recupero, ha notificato un sollecito di pagamento alle imprese agricole, senza alcuna proposta di rateizzazione a differimento degli importi. Inoltre, sarebbe emersa una discrasia tra l'importo erogato e quello chiesto a rimborso;

          la crisi del settore dovuta a una serie di molteplici fattori (virosi dei raccolti, siccità, mancata programmazione pubblica a sostegno del mercato in uscita e altro), incrociandosi con l'indebitamento per i mutui di conduzione, ha così portato gran parte delle imprese all'insolvenza nei confronti degli istituti di credito, determinando questi ultimi alla revoca del contratto di mutuo, con conseguente richiesta di decreto ingiuntivo e azione esecutiva;

          sebbene gli istituti di credito avessero revocato i contratti di mutuo, l'assessorato all'agricoltura della regione Sardegna concesse e liquidò, entro i primi tre anni dalla concessione del mutuo, il concorso regionale agli interessi per tutte le trenta semestralità di ammortamento;

          da alcuni rilevamenti documentati è emerso che il concorso regionale sugli interessi, puntualmente liquidato dalla regione, era superiore all'originario finanziamento degli istituti di credito;

          gli istituti di credito hanno rivendicato e rivendicano tutt'oggi, in danno al contraente, per il residuo debito capitale risultante dalla data di revoca del contratto di mutuo, il tasso d'interesse complessivo, non previsto decontratto di mutuo, più gli interessi di mora contrattualmente previsti, incassati indebitamente dalla regione Sardegna a partire dalla revoca del contratto di mutuo. Oltre al tasso d'interesse rivendicato, gli istituti di credito si sono avvalsi anche del potere non autorizzato di gestire a proprio beneficio gli interessi maturati e corrisposti sul capitale, costituiti dal contributo regionale in conto interessi;

          le rivendicazioni degli istituti di credito, ad avviso degli interpellanti, sono contrarie al parere del Consiglio di Stato del 6 giugno 1983, nel quale si chiarisce che la quota di finanziamento relativa al concorso di interessi sia da ritenersi di proprietà esclusiva dell'intestatario del mutuo, a meno di una variazione della destinazione d'uso degli stabili costruiti con il finanziamento stesso;

          con riferimento a tale pronunciamento, un consistente numero di imprenditori ha presentato alle procure di Tempio Pausania e di Cagliari una querela finalizzata a capire la liceità dell'operato degli istituti di credito coinvolti e l'esattezza delle somme richieste da questi ultimi agli imprenditori agricoli, ipotizzando i reati di usura, evasione fiscale, truffa e appropriazione indebita;

          inoltre, mentre fino ad ora si è dato per scontato che il ruolo di custode del bene all'asta potesse essere svolto dallo stesso imprenditore, nell'interesse dell'integrità del bene e del proseguimento dell'attività dell'impresa, attualmente il tribunale sta procedendo alla nomina di custodi tramite l'Istituto di vendite giudiziarie, rendendo di fatto impossibile la prosecuzione dell'attività di impresa, indispensabile agli imprenditori per accumulare sufficiente liquidità in vista di una chiusura concordata della controversia, con il rischio di pregiudicare il benessere del bestiame e la salvaguardia dell'integrità dei beni immobili;

          infine, è opportuno rilevare che, sebbene le criticità di cui sopra riguardino l'applicazione della legge regionale n. 44 del 1988, analogo sistema di finanziamento e agevolazioni aveva già prodotto in passato simili controverse ripercussioni in occasione di precedenti interventi normativi da parte della regione Sardegna (legge regionale n. 30 del 1975, legge regionale n. 46 del 1978, legge regionale n. 60 del 1979, legge regionale n. 28 del 1984) –:

          se il Governo non intenda adottare iniziative urgenti in merito al funzionamento della commissione di cui al comma 126 dell'articolo 2 della legge n. 244 del 2007 per salvare dal fallimento le circa 5.000 imprese del settore agro-pastorale sardo gravate dal problema di cui in premessa.
(2-00613) «Cabras, Cadeddu, Corda, Deiana, Lapia, Alberto Manca, Marino, Perantoni, Scanu, Aprile, Cancelleri, Caso, Currò, Giuliodori, Grimaldi, Martinciglio, Migliorino, Raduzzi, Ruggiero, Trano, Zanichelli, Zennaro, Cassese, Cillis, Cimino, Del Sesto, Gagnarli, Gallinella, Lovecchio, Lombardo, Maglione, Marzana, Bologna».

Interrogazioni a risposta orale:


      CAPPELLACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          i drammatici fatti della questura di Trieste, culminati nell'assassinio efferato di due agenti di Polizia hanno fatto emergere in tutta la sua gravità la questione relativa alle fondine fallate e, più in generale, all'equipaggiamento fornito agli agenti che ogni giorno sono chiamati a garantire la sicurezza nelle città italiane;

          la situazione era già stata oggetto di ripetute denunce del Sindacato autonomo di polizia, dinanzi alle quali ci si è limitati a risposte interlocutorie o alla mera presa d'atto delle questioni segnalate;

          a novembre 2019 si è riunita la Commissione paritetica per la funzionalità e la qualità del vestiario per approfondire il problema delle fondine in polimero e delle numerose rotture del modulo che le aggancia al cinturone;

          la direzione centrale dei servizi tecnico logistici aveva già contestato il difetto al fornitore e sono partite le sperimentazioni di un passante alternativo, risultato poi non idoneo;

          è stato così individuato un nuovo elemento di raccordo al cinturone che potrà sostituire in garanzia quello fornito con il primo lotto di 36 mila fondine e far parte del secondo lotto acquistato e non ancora prodotto;

          l'avvio della sostituzione di tutti i passanti è stata annunciata per le prime settimane del 2020, mentre per gli allievi in uscita dai corsi sarà consegnato il vecchio modello in cordura, prevedendo la sostituzione con quelle rotanti, nuova versione, entro 6 mesi;

          restano ancora aperte tutte le altre questioni relative alle dotazioni fornite agli agenti per il controllo del territorio: ad esempio, è stato annunciato lo studio di un «jacket» specifico, mentre ancora non è stato individuato un g.a.p. tipo «sottocamicia» che assicuri contemporaneamente i necessari livelli di difesa rispetto ai colpi d'arma da fuoco e di comfort –:

          se il Governo intenda adottare tutte le iniziative di competenza affinché siano rispettati gli impegni in ordine alla sostituzione delle fondine fallate;

          quali iniziative il Governo intenda porre in essere per assicurare alle forze di polizia l'equipaggiamento per assolvere alle proprie funzioni in condizioni di sicurezza a tutela degli operatori impegnati sul territorio.
(3-01238)


      CAPPELLACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la direttiva europea Imo-2016/802, le cui previsioni si applicano dal 1° gennaio 2020, impone l'utilizzo di combustibili con minore presenza di zolfo anche alle unità navali operanti sul bacino del Mediterraneo;

          la nuova disciplina determina un incremento dei costi per le compagnie di navigazione che esercitano il servizio di trasporto marittimo da e per la Sardegna;

          alla luce dello scenario delineato dalla nuova normativa, gli armatori hanno annunciato un incremento tariffario su tutte le linee, dai 5 agli 8 euro in più per ogni metro lineare dei mezzi imbarcati. Gli aumenti potrebbero arrivare a 40-50 euro in più per le autovetture e 100 euro per i semirimorchi, con un rincaro intorno al 30 per cento rispetto all'attuale costo del trasporto;

          tale politica tariffaria rischia di scaricare interamente sulle imprese e sui cittadini della Sardegna i costi dell'introduzione della nuova normativa sui combustibili, di fatto realizzando una barriera per l'accesso delle aziende sarde ai mercati extra-regionali e una lesione gravissima sia alla libertà di esercizio di un'attività economica sia al principio della libera concorrenza;

          secondo le prime stime, si tratterebbe di 50 milioni di euro di maggiori costi ogni anno, che si riverbererebbero sulla effettiva possibilità di esportare i prodotti isolani sui mercati extraregionali;

          le nuove tariffe, coinvolgendo anche il traffico relativo ai passeggeri, rischiano altresì di incidere negativamente sull'economia turistica, rendendo più onerosi i viaggi e danneggiando un settore strategico per l'economia sarda;

          gli incrementi simultanei da parte delle compagnie avvengono sul piano cronologico a pochi mesi dalla scadenza della convenzione per l'esercizio di servizi di collegamento marittimo in regime di pubblico servizio con le isole maggiori e minori;

          in assenza di determinazioni politiche in ordine alla stipula della futura convenzione, si concretizza una situazione che offre il destro a politiche aziendali fortemente penalizzanti per l'economia sarda da parte delle compagnie di navigazione;

          si rende necessaria pertanto un'azione urgente da parte del Governo, sia per scongiurare che gli aumenti tariffari conducano l'economia sarda alla paralisi totale, sia per programmare un'effettiva continuità territoriale marittima, che assicuri tanto il diritto alla mobilità dei cittadini quanto la libera circolazione delle merci da e per la Sardegna –:

          se il Governo sia a conoscenza della situazione determinata dall'applicazione della direttiva europea Imo-2016/802;

          se il Governo intenda adottare iniziative straordinarie per evitare che gli incrementi tariffari decisi dalle compagnie di navigazione in seguito all'aumento dei costi dei combustibili si traducano in un gravissimo danno per le imprese e per l'economia sarda;

          se, in vista dell'approssimarsi della scadenza della convenzione per l'esercizio di servizi di collegamento marittimo in regime di pubblico servizio con le isole maggiori e minori, non si ritenga di dover accelerare le iniziative di competenza finalizzate alla stipula di una nuova convenzione che garantisca sia il diritto alla mobilità per i cittadini sia la libera circolazione delle merci.
(3-01239)

Interrogazione a risposta scritta:


      ANZALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          il 16 e il 22 dicembre 2019 la borgata Acquacalda del comune di Lipari, isole Eolie, ha subito ingentissimi danni a causa di violenti mareggiate che, oltre a mettere in serio rischio le abitazioni sul lungomare, hanno letteralmente cancellato un lungo tratto della strada che collega la frazione con il paese di Lipari;

          la borgata, dove risiedono circa trecento abitanti, è stata tagliata in due dalla furia del mare e le numerose abitazioni dopo il bivio per Quattropani sono di fatto isolate: per raggiungere il paese di Lipari, infatti, adesso gli abitanti di Acquacalda devono compiere un percorso alternativo di circa 30 chilometri contro i 9 chilometri della strada principale con gravissimi disagi (ad Acquacalda non ci sono né scuole, né esercizi commerciali) e vi sono rischi in caso di interventi urgenti (autoambulanze, vigili del fuoco e altro);

          la grave situazione è stata determinata non solo dalle eccezionali mareggiate, ma soprattutto dal fatto che ormai da più di 20 anni si attende la indispensabile realizzazione di opere a mare a difesa della costa già finanziate e mai realizzate;

          tale situazione pone seri problemi alla tutela e all'incolumità degli abitanti e alle loro abitazioni, oltre ai gravi danni economici e sociali che causerebbe il fermo dell'attività turistica dato che nella borgata vi sono alberghi, residence, lidi e ristoranti –:

          quali iniziative intenda adottare il Governo, per quanto di competenza, affinché sia ripristinato al più presto il lungomare, che è la via principale di collegamento con Lipari;

          quali iniziative di competenza si intendano assumere, anche valutando la deliberazione dello stato di emergenza, per la protezione dell'abitato in particolare per la realizzazione di quelle opere a mare ritenute indispensabili già negli anni scorsi dai tecnici del comune e dallo stesso dipartimento della protezione civile.
(4-04467)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

          il decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2003, che regolamenta la gestione dei rifiuti sanitari, dispone, all'articolo 1, comma 3, che: «Le autorità competenti e le strutture sanitarie adottano iniziative dirette a favorire in via prioritaria la prevenzione e la riduzione della produzione dei rifiuti. I rifiuti sanitari devono essere gestiti in modo da diminuirne la pericolosità, da favorirne il reimpiego, il riciclaggio e il recupero e da ottimizzarne la raccolta, il trasporto e lo smaltimento»;

          il medesimo decreto stabilisce altresì che i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo debbano essere smaltiti mediante termodistruzione nel più breve tempo tecnicamente possibile in impianti autorizzati (articolo 10) e prevede, per questo tipo di rifiuti, la possibilità di eliminare la condizione di pericolo tramite processo di sterilizzazione (articoli 7, 9 e 11 del medesimo decreto); in Italia secondo l'Ispra vengono prodotti ogni anno oltre 170 mila tonnellate di rifiuti sanitari a rischio infettivo con un costo della gestione classica (incenerimento o smaltimento in discarica) superiore a 2.000 euro a tonnellata. La gestione industriale mediante sterilizzazione «on site» consente il risparmio di oltre il 50 per cento e la riduzione di volume del 60 per cento, riducendo il volume dei rifiuti da smaltire. Sono in corso sperimentazioni per il recupero di materia «a freddo» dei rifiuti sterilizzati;

          a seguito del rinvenimento di legionella oltre i limiti di norma presso le torri di raffreddamento dell'impianto di trattamento termico dei rifiuti gestito dalla ditta Mengozzi spa, il sindaco del comune di Forlì ha disposto con ordinanza sindacale n. 25 del 29 novembre 2019 l'immediato fermo operativo dell'impianto, con l'ordine contestuale di disinfezione delle torri e di provvedere alla revisione della valutazione del rischio;

          la concentrazione rilevata da parte dell'Arpa di Bologna è risultata essere di 220.000 u.f.c./litro (il limite di allarme scatta a 1.000 u.f.c.); nel gennaio 2019 la stampa riporta 2 casi di legionella a Forlì a 10 chilometri dall'inceneritore in una Rsa; nel settembre 2018 un'epidemia di legionella (sierotipo 2) portò a più di 1.000 ospedalizzazioni in provincia di Brescia e Mantova. Fu ritrovata anche in quel caso in alcune torri di raffreddamento ma con un sierotipo apparentemente diverso da quello riscontrato nei pazienti, presente invece nelle acque del fiume Chiese. Ci sono indagini in corso. L'azienda Mengozzi oggi fa parte del gruppo, Ecoeridania. L'impianto di Forlì è autorizzato per l'incenerimento annuo di 32.000 tonnellate di rifiuti sanitari. Di fatto, a quanto consta all'interrogante, Ecoeridania, tramite le aziende del suo gruppo, detiene il monopolio a livello nazionale nel trattamento termico dei rifiuti sanitari;

          la sterilizzazione in situ dei rifiuti avrebbe potuto prevenire, o almeno ridurre, la formazione e la propagazione dei batteria di legionella;

          secondo lo studio «An Inventory Of Sources And Environmental Release Of Dioxin-Like Compounds In The U.S. for the years 1987, 1995 and 2000» dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente statunitense (Epa), negli Stati Uniti d'America oltre il 26 per cento delle diossine emesse nell'atmosfera era dovuto all'incenerimento dei rifiuti ospedalieri nel 2000 –:

          se i Ministri interpellati siano al corrente della presenza di legionella o altri germi contagiosi per via inalatoria oltre i limiti in altri inceneritori, in particolare autorizzati al trattamento di rifiuti sanitari a rischio infettivo;

          se non ritengano di dover promuovere per quanto di competenza, una campagna di monitoraggio di tutte le torri di raffreddamento degli inceneritori, in particolare di quelli che trattano rifiuti infettivi;

          se intendano adottare le iniziative di competenza per ridurre il monopolio della gestione dei rifiuti infettivi in Italia;

          se intendano promuovere, per quanto di competenza, modifiche alla normativa vigente e adottare iniziative per favorire la sterilizzazione in situ presso le strutture ospedaliere dei rifiuti infettivi;

          se intendano promuovere una campagna di dosaggio delle diossine in caso di combustione di rifiuti a rischio infettivo;

          se intendano promuovere una valutazione sulla possibilità di riciclaggio dei rifiuti sanitari sterilizzati, in luogo dell'incenerimento.
(2-00611) «Zolezzi, Ilaria Fontana, Daga, Deiana, D'Ippolito, Federico, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Micillo, Ricciardi, Terzoni, Varrica, Vianello, Vignaroli, Acunzo, Adelizzi, Davide Aiello, Piera Aiello, Alaimo, Alemanno, Amitrano, Aresta, Ascari, Baldino, Barbuto, Massimo Enrico Baroni, Battelli, Bella, Berardini, Berti, Bilotti».

Interrogazioni a risposta immediata:


      MURONI, FRATOIANNI e FORNARO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          dal 1993 Legambiente ha denunciato i traffici illeciti di rifiuti radioattivi e tossici nelle acque del Mediterraneo, elaborando e presentando diversi dossier messi anche a disposizione della magistratura e delle forze dell'ordine;

          l'elenco delle «navi dei veleni» comprende almeno una quarantina di casi: dalla motonave Nikos I sparita nel 1985 durante un viaggio iniziato a La Spezia per giungere a Lomé (Togo), alla Mikigan, partita nel 1986 dal porto di Marina di Carrara e affondata nel Tirreno calabrese con un carico sospetto; dalla Rigel, naufragata il 21 settembre 1987 a 20 miglia da capo Spartivento, alla motonave maltese Anni che nel 1989 affondò a largo di Ravenna; dalla motonave Rosso, che nel dicembre 1990 è spiaggiata ad Amantea, vicino a Cetraro; alla Marco Polo che sparì nel canale di Sicilia, fino alla nave tedesca Koraline, inabissata nel novembre 1985 a largo di Ustica;

          un'inchiesta pubblicata su Fanpage.it ha riacceso i riflettori sull'assassinio avvenuto 24 anni fa del capitano di corvetta Natale De Grazia, che indagava sulle navi dei veleni e sul traffico dei rifiuti radioattivi ancora oggi senza verità e giustizia;

          Fanpage ha ripercorso l'inchiesta del pool di Reggio Calabria attraverso le fonti dirette del capitano e i suoi collaboratori. Testimonianze mai emerse prima che disegnano un quadro inquietante. Il capitano, secondo queste fonti, sarebbe stato sequestrato, torturato e ucciso, per avere scoperto un traffico illecito di materiali nucleari tra Stati che avrebbe visto come luogo di scambio una centrale nucleare italiana, che all'epoca sarebbe dovuta essere inattiva;

          l'inchiesta di Fanpage conferma gli scenari peggiori che Legambiente ha costantemente denunciato a partire dal 1994;

          partendo da un esposto di Legambiente vennero avviate le indagini da parte del capitano De Grazia. Dopo la sua morte, nella notte tra il 12 e il 13 dicembre del 1995, Legambiente ha continuato a pubblicare dossier sulle «navi a perdere», come la Rigel, e sui traffici di rifiuti radioattivi;

          occorre fare chiarezza, un atto dovuto al coraggioso capitano De Grazia –:

          di quali elementi disponga sulla questione del traffico illecito di rifiuti e del traffico illegale di armi, anche alla luce dell'inchiesta giornalistica e in tale contesto se non intenda adottare iniziative volte a prevedere lo stanziamento di risorse per il monitoraggio degli eventuali rischi per le popolazioni e l'ambiente marino e costiero, a partire dalle zone di Cetraro, capo Spartivento e Amantea, per l'eventuale bonifica delle aree inquinate.
(3-01246)


      ZOLEZZI, ILARIA FONTANA, ZANICHELLI, DE GIROLAMO, ASCARI, ROMANIELLO, COMINARDI, SARTI, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, MICILLO, RICCIARDI, TERZONI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI, BOLOGNA, D'ARRANDO, SIRAGUSA e DORI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          la situazione della qualità dell'aria a livello nazionale registra dati allarmanti, con preoccupati ricadute per la salute delle comunità maggiormente colpite;

          è urgente porre in essere interventi strutturali e misure specifiche a livello nazionale e locale che assicurino un'aria più salubre per i cittadini, riducendo le emissioni atmosferiche inquinanti;

          come noto, la Commissione europea ha avviato due procedure di infrazione nei riguardi dell'Italia per la non corretta applicazione della direttiva 2008/50/CE in riferimento al superamento continuo e di lungo periodo dei valori limite del materiale particolato PM10 e del biossido di azoto;

          in diverse zone del territorio nazionale si registrano, in queste ore, superamenti dei valori limite di qualità dell'aria per lo più riferiti ai principali centri urbani e alle zone industriali che impongono misure urgenti come il blocco della circolazione stradale;

          con riferimento a tutto il territorio nazionale, nel 2015 è stato siglato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dalla Conferenza delle regioni e dall'Anci un protocollo di intesa (cosiddetto «Protocollo antismog») volto a migliorare la qualità dell'aria;

          il 4 giugno 2019, nell'ambito di un incontro bilaterale con la Commissione europea («Clean air dialogue»), la Presidenza del Consiglio dei ministri, sei Ministeri, le regioni e le province autonome hanno sottoscritto il «Protocollo aria pulita», nel quale vengono individuate misure da porre in essere per contrastare l'inquinamento atmosferico in Italia;

          il bacino padano costituisce la zona con maggiori criticità quanto al rispetto dei valori limite di qualità dell'aria. Dal rapporto Arpa Emilia-Romagna 2016-2018 emerge, infatti, che tra i capoluoghi di provincia italiani, dove è stato costantemente superato il limite per l'inquinamento da polveri e da ozono, le prime posizioni sono state ricoperte dalle città di Modena, Parma, Piacenza e Reggio Emilia;

          è emblematico che in una città come Ferrara, negli ultimi giorni, si siano registrati tre sforamenti consecutivi delle soglie di polveri sottili, senza dimenticare che la capitale a causa del persistere degli elevati livelli di inquinamento da PM10, rilevati dalla rete urbana di monitoraggio e validati dall'Arpa Lazio è stata anch'essa costretta a correre ai ripari a dimostrazione della portata nazionale del fenomeno –:

          quali iniziative il Ministro interrogato abbia assunto o intenda assumere al fine di prevenire e ridurre l'inquinamento atmosferico, a partire dalle regioni del bacino padano, con particolare riferimento alle città dell'Emilia-Romagna che hanno registrato allarmanti superamenti di taluni inquinanti.
(3-01247)


      MORETTO, PAITA, FREGOLENT e D'ALESSANDRO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          con riferimento agli obiettivi di cui all'articolo 1 della legge n. 171 del 1973 sulla salvaguardia di Venezia e della sua laguna, in particolare per quanto riguarda l'obiettivo della salvaguardia economica e sociale della città, si evidenziano le recenti notizie apprese dalla stampa che vedono l'esclusione dello scalo lagunare dalla rotazione del servizio diretto Europa-Estremo Oriente AEM6 operato dalla alleanza «Ocean Alliance» che riunisce alcune fra le principali compagnie di navigazione container al mondo (Cma Cgm, Cosco shipping lines, Evergreen line e Oocl) a causa della recente ordinanza della capitaneria di Porto di Venezia che limita il pescaggio delle navi lungo il canale Malamocco-Marghera;

          tali limitazioni scaturiscono dall'impossibilità dell'autorità di sistema portuale del Mar Adriatico settentrionale (porti di Venezia e Chioggia) di effettuare, così come previsto dalla normativa, i dragaggi manutentivi del canale di cui sopra (nonostante siano stati dalla stessa autorità accantonati oltre 23 milioni di euro per svolgere tali attività) a causa della necessaria individuazione dei siti di conferimento più idonei;

          l'elaborazione del nuovo «Protocollo fanghi», necessario per caratterizzare adeguatamente i materiali di escavo (attualmente suddivisi in 3 principali categorie, ovvero «A» che comprende materiali puliti da refluire in barena, «B» che comprende materiali leggermente inquinati da conferire in apposite aree delimitate e «C» e «oltre C» che comprendono materiali inquinati da trattare), deve tener conto della necessaria salvaguardia ambientale, ma consentire anche di conferire a costi di mercato i materiali di escavo senza pregiudicare la competitività del porto di Venezia;

          lo sblocco del «Protocollo fanghi» per la città di Venezia consentirebbe di aggiornare la normativa sullo smaltimento dei sedimenti e permetterebbe di procedere con gli interventi di manutenzione ordinaria della laguna, anche al fine di riportare la linea diretta Europa-Estremo Oriente e attrarre al contempo nuove linee;

          sulla base del nuovo «Protocollo fanghi» e in collaborazione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sarebbero già stati individuati 3 siti di conferimento: Cassa di Colmata B da palancolare, Cassa di Colmata Molo Sali e Progetto di innalzamento di 1 metro dell'Isola delle Tresse –:

          quali siano i motivi che al momento hanno impedito l'emanazione del «Protocollo fanghi» e quali misure intenda adottare per far fronte alla mancata integrazione del nuovo piano morfologico e per mettere il porto di Venezia nelle condizioni di mantenere l'accessibilità nautica.
(3-01248)

Interrogazione a risposta scritta:


      BRAMBILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          con una serie di proprie determinazioni, l'ultima delle quali è datata 30 dicembre 2019 e impegna 195 mila euro, il direttore dell'ente Parco nazionale del Circeo sta provvedendo a rendere operativo il piano di gestione del daino (Dama dama), sul quale sono stati acquisiti il parere positivo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, autorità vigilante, e quello della regione Lazio, per quanto riguarda la procedura di valutazione di incidenza;

          il piano, approvato con delibera del consiglio direttivo (n. 2 del 23 gennaio 2017) e il solo voto contrario dell'allora sindaco di Ponza Piero Vigorelli, prevede la cattura e l'abbattimento di centinaia e centinaia di daini, discendenti degli animali introdotti oltre sessant'anni fa nell'area del futuro parco dall'ex Azienda di Stato delle foreste demaniali per programmi di ripopolamento. I daini, originariamente confinati in una superficie recintata di 400 ettari, sono fuggiti e hanno dato origine alla popolazione che occupa attualmente l'intera foresta, con densità diverse: nel complesso, secondo la stima risalente al 2015, circa 1268 capi, una media di 42 ogni 100 ettari a fronte di una «capacità massima», secondo gli estensori del piano, di 15-20 esemplari;

          il piano, per ripristinare la «naturalità» della foresta attraverso «un controllo permanente» della popolazione di daini, prevede il «prelievo» di almeno 350 esemplari in tre anni, da realizzare principalmente con due tecniche: la cattura in vivo tramite corral (recinti collettivi) dove gli animali vengono convogliati da esche e l'abbattimento diretto con arma da fuoco;

          beninteso, il destino dei daini catturati non sarebbe diverso. «Qualora la gestione degli animali vivi sia eccessivamente dispendiosa sia in termini di procedimenti da mettere in atto, che di organizzazione delle attività – precisa il Piano – si può prevedere di abbattere i capi catturati all'interno dei corral di cattura ovvero traslocandoli nelle recinzioni fisse dove procedere all'abbattimento mediante sparo con tiro con arma a canna rigata munita di cannocchiale di mira, dall'altana (realizzabile anche trasformando una struttura già presente)». Insomma, una vera e propria «camera della morte» sulla quale gli «operatori» potrebbero sparare in tutta tranquillità come in un tirassegno con bersagli viventi;

          tra le «opportunità» indicate dal piano c'è addirittura lo sfruttamento ai fini alimentari degli animali uccisi. «Ipotizzando un prelievo di circa 350 capi e un peso medio di un capo pari a 40 kg – afferma il testo – si potrebbero avere a disposizione, circa 14.000 kg di carne nel solo primo anno di gestione. Questo rappresenta un quantitativo tale, da poter originare una preziosa filiera di prodotto fresco o stagionato che possa far sviluppare un importante indotto socio-economico per la comunità locale»;

          in realtà, non solo manca un censimento aggiornato della popolazione di daini, ma è ormai noto che il ricorso a mezzi cruenti per il «contenimento» delle popolazioni animali è praticato dai parchi italiani e generalmente in tutta Italia da oltre vent'anni senza aver mai portato risultati significativi né placato le continue lamentele delle categorie controinteressate (coltivatori e allevatori) per i danni subiti. Sarebbe ora, a parere dell'interrogante, di sperimentare tecniche innovative e non cruente, per esempio farmaci contraccettivi, a maggior ragione in un parco come quello del Circeo, già assediato dal cemento e dai bracconieri. Altrimenti, si rischia di avallare lo sterminio di animali che si sono moltiplicati per colpa e incuria dell'uomo: ennesimo episodio della guerra alla fauna selvatica avviata, ormai senza alcun ritegno, in questo Paese –:

          se, alla luce delle considerazioni sopra esposte, si intenda riconsiderare il parere positivo reso a suo tempo dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e fermare l'inutile mattanza dei daini del Circeo.
(4-04461)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


      D'ATTIS, GELMINI, MARTINO, GIACOMONI, CATTANEO, ANGELUCCI, PORCHIETTO, GIACOMETTO, PELLA, MANDELLI, MULÈ e PRESTIGIACOMO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          già nel mese di ottobre 2019 Forza Italia ha presentato l'interrogazione 4-03982, cui ad oggi non è stata data risposta, ove si chiedeva conto al Governo delle criticità afferenti alla complessa operazione riguardante la recente evoluzione del quadro azionario di Mediobanca s.p.a. e di Assicurazioni Generali s.p.a.;

          il gruppo Leonardo Del Vecchio, attraverso le proprie controllate lussemburghesi (Delfin s.à.r.l., Aterno s.à.r.l. e Dfr investment s.à.r.l.), nel settembre 2019, ha acquisito il 6,94 per cento di Mediobanca s.p.a. e ha partecipato all'assemblea di Mediobanca del 28 ottobre 2019, dichiarando, a seguito di acquisizioni successive, una partecipazione del 7,5 per cento;

          inoltre, a seguito della vendita accelerata fuori mercato perfezionata da Unicredit, il 7 novembre 2019, il gruppo Leonardo Del Vecchio ha raggiunto una partecipazione del 9,9 per cento;

          stante la cessione da parte di Unicredit dell'intera partecipazione, ad oggi il gruppo Leonardo Del Vecchio è il primo azionista di Mediobanca s.p.a. che, a sua volta, detiene una storica partecipazione in Assicurazioni Generali s.p.a. pari al 13,3 per cento;

          il gruppo Leonardo Del Vecchio ha, inoltre, incrementato negli ultimi anni la propria partecipazione in Assicurazioni Generali s.p.a., arrivando al 4,9 per cento;

          essendo il primo azionista di Mediobanca s.p.a., il gruppo Leonardo Del Vecchio esercita di fatto il controllo su oltre il 18 per cento del capitale di Assicurazioni Generali s.p.a., risultandone il primo azionista di riferimento;

          in qualità di azionista di Mediobanca s.p.a. e di Assicurazioni Generali s.p.a., il gruppo Leonardo Del Vecchio è, dunque, in grado di presentare liste di maggioranza per l'elezione dei due consigli di amministrazione e incidere fortemente sulla nomina degli amministratori delegati;

          ne consegue che con un investimento inferiore ad 1 miliardo di euro, il gruppo Leonardo Del Vecchio è oggi in grado potenzialmente di controllare la governance di due delle principali società italiane, che capitalizzano globalmente intorno ai 40 miliardi di euro;

          il rischio concreto di tale situazione è che due società storicamente al centro della vita economica e finanziaria del nostro Paese, con un azionariato italiano stabile, diventino terra di conquista per investitori stranieri e società lussemburghesi e francesi;

          inoltre, non appare chiaro come sia stata esercitata la vigilanza da parte di Consob, Banca d'Italia, Banca centrale europea e dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e se, in tale contesto, siano state condotte le necessarie verifiche sulla correttezza e trasparenza dell'operazione, anche con riguardo al ruolo svolto da Unicredit –:

          quali elementi si intendano fornire alla luce di quanto descritto in premessa, evidenziando, in particolare, quali iniziative di competenza si intendano assumere per evitare che Mediobanca s.p.a. e Assicurazioni Generali s.p.a. perdano la loro identità azionaria nazionale, finendo in mano a investitori stranieri.
(3-01249)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, PIASTRA, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, VINCI, CECCHETTI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          con il recente decreto fiscale (decreto-legge n. 124 del 2019, articolo 57, commi 1-1ter) il Governo è intervenuto sulla disciplina di riparto del fondo di solidarietà comunale (Fsc), riducendo la percentuale delle risorse del fondo da redistribuire nell'anno 2019 tra i comuni e le regioni a statuto ordinario secondo logiche di tipo perequativo, sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard, e allungando fino al 2030 il periodo di transizione per il raggiungimento del 100 per cento della perequazione, da attuarsi mediante un progressivo aumento di tale percentuale di riparto nella misura del 5 per cento ogni anno a partire da quello in corso;

          si rammenta, all'uopo, che le componenti della capacità fiscale si riferiscono a due principali tipologie di entrata: una prima categoria, in cui rientrano l'Imu, la Tasi, l'addizionale comunale Irpef e le imposte e tasse minori (imposta di scopo, imposta sulla pubblicità, tosap), e una seconda categoria nella quale rientra la Tari;

          il taglio effettuato con il predetto articolo 57 del decreto-legge n. 124 del 2019 ha, di fatto, significato per tanti comuni virtuosi una consistente riduzione delle risorse derivanti dal Fsc per l'anno 2019, peraltro a bilanci già chiusi e approvati;

          per i comuni dell'Emilia-Romagna, ad esempio, tale rivisitazione si è tradotta in quasi 11 milioni di euro in meno di risorse: lo scorso anno, con la LegaSP al Governo, ai sindaci emiliani-romagnoli erano arrivati complessivamente 518.980.661,74 euro, scesi ora a 508.005.603,48 euro –:

          se e in che termini il Governo intenda adottare iniziative per premiare i comuni virtuosi, garantire agli stessi anche per il 2020 le medesime risorse del Fondo di solidarietà comunale 2019, ma soprattutto evitare a molti comuni la revisione dei bilanci già approvati.
(4-04458)


      GUIDESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          in base all'articolo 4, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 finora, per quanto concerne l'iva sui corrispettivi specifici versati ad associazioni e società sportive dilettantistiche a fronte di servizi sportivi resi in favore di associati e tesserati, è valsa la predominanza dell'applicazione dell'esclusione da Iva che, tuttavia, è ben diversa dalla possibilità di godere dell'esenzione da Iva di cui all'articolo 10, punto 20), del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, il quale prevede la possibilità di ricomprendere, tra le fattispecie di esenzione, anche la didattica dei corsi sportivi;

          l'attualità riporta la recente approvazione, in Parlamento, di un emendamento, in sede di conversione del decreto-legge n. 124 del 2019, all'articolo 32, il quale aveva introdotto una modifica all'articolo 10, punto 20), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 che limitava l'esenzione da Iva solo ai corsi scolastici e universitari;

          successivamente, però, vi è stato un ritorno alla formulazione originale, in forza del quale non sembra sia stata persa la possibilità di ricomprendere, tra le fattispecie di esenzione, anche la didattica dei corsi sportivi;

          la ricostruzione del suddetto articolo 10 soffriva – e continua a soffrire – di due limiti: in primis, tutti i documenti di prassi citati fanno riferimento ad una struttura organizzativa dello sport venuta meno con il decreto legislativo n. 242 del 1999 che ha, invece, riconosciuto le federazioni come persone giuridiche di diritto privato; in secundis, si nega la possibilità di applicare la disposizione di esenzione da Iva per quelle attività riconosciute solo da un ente di promozione sportiva;

          ad oggi, in realtà, le organizzazioni sportive che risultano iscritte al registro unico nazionale del terzo settore (cosiddetto Runs), possono operare in esenzione da Iva anche in assenza di qualsiasi riconoscimento federale o di ente di promozione sportivo che sia, ai sensi dell'articolo 89 del decreto legislativo n. 117 del 2017;

          tuttavia, si ritiene opportuno sottolineare che, per gli enti del terzo settore che praticano, come attività di interesse generale, lo sport dilettantistico, non è più possibile la decommercializzazione prevista dall'articolo 148, comma 3, del Tuir per i corrispettivi versati dai tesserati alle federazioni o agli enti di promozione sportiva. Pertanto, i relativi importi costituiranno, se gestiti con modalità commerciali, componenti positive di reddito;

          di conseguenza, emergono due principali criticità: la confusione circa l'applicazione della agevolazione Iva alle società sportive costituite in forma di società di capitali o di cooperativa, anche a seguito delle modifiche apportate nel corso dell’iter del decreto-legge n. 124 del 2019; il pericolo di violazione delle disposizioni in materia di concorrenza tra le diverse realtà che operano nel settore sportivo;

          considerato l'alto valore sociale e di prevenzione e al fine di favorire la massima fruizione e l'utilizzo degli impianti sportivi, oltre che l'attività motoria o sportiva in genere, si ritiene opportuno valutare l'eventuale agevolazione dell'Iva al 4 per cento per le attività sportive riconosciute Coni e l'utilizzo d'impianti sportivi da parte di utenze libere non necessariamente associati o soci di Associazioni sportive dilettantistiche (Asd e Società sportive dilettantistiche (Ssd);

          l'iva agevolata al 4 per cento è prevista, ad esempio, per spettacoli sportivi, parchi acquatici e impianti di risalita: tale imposizione Iva avrebbe, inoltre, lo scopo di far chiarezza nel settore e scoraggiare comportamenti distorsivi ed estensivi della norma che, attraverso il tesseramento anche di clienti occasionali, prevedono l'elusione dell'imposta a danno delle Asd e Ssd, rispettose della normativa –:

          se il Ministro interrogato intenda fornire chiarimenti, per quanto di competenza, anche mediante iniziative di carattere normativo, per superare le criticità esposte in premessa, considerando l'importanza del ruolo rivestito dallo sport in Italia, praticato soprattutto dai giovani.
(4-04463)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


      CANTALAMESSA, BISA, TURRI, MORRONE, PAOLINI e TATEO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          in data 8 gennaio 2020, il segretario per la Campania del sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe ha reso noto, con un comunicato stampa, che all'esito di perquisizioni nel carcere napoletano di Secondigliano sono stati ritrovati 4 telefonini e sono stati segnalati 20 detenuti sospettati di occultare sostanze stupefacenti o oggetti proibiti;

          la struttura penitenziaria di Secondigliano conta circa 1.400 detenuti (con evidente sovraffollamento), dei quali, la maggior parte appartenenti al circuito «alta sicurezza» in quanto detenuti per reati di camorra e criminalità organizzata;

          quanto accaduto a Napoli è solo l'ultimo in ordine temporale di una lunga serie di episodi che hanno portato alla luce la situazione fuori controllo degli istituti penitenziari italiani. Soltanto nel mese di dicembre 2019, altre perquisizioni nella casa circondariale di Bellizzi e nel carcere di Foggia, avevano dato altresì riscontro positivo, con il ritrovamento di numerosi micro-telefonini, smartphone e sim-card;

          i sindacati di polizia penitenziaria chiedono da anni un adeguamento degli organici per far fronte alle esigenze scaturenti dall'aumento della popolazione detenuta;

          molti istituti penitenziari sono fatiscenti e privi dei vetri divisori che servirebbero a rendere difficoltoso lo scambio di oggetti proibiti durante i colloqui;

          la sicurezza all'interno delle carceri è essenziale per una corretta e reale esecuzione della pena, oltre che per un effettivo recupero del detenuto;

          è necessario dotare la polizia penitenziaria di organici adeguati e di strumenti idonei a svolgere il proprio lavoro con efficienza e serenità –:

          quali iniziative si intendano assumere per quanto di competenza, al fine di contrastare la grave situazione di illegalità all'interno degli istituti penitenziari italiani e di incrementare le risorse umane e strumentali della polizia penitenziaria.
(4-04465)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

          la stazione della linea A della metropolitana di Roma Barberini è stata chiusa, a seguito di un sequestro della magistratura, il 23 marzo 2019, a seguito del distacco di uno dei gradini di una scala mobile e della successiva disarticolazione della medesima scala;

          ad oggi, dopo oltre 290 giorni la stazione è ancora chiusa al pubblico. Come riportato da recenti notizie di stampa, infatti, una delle quattro scale mobili presenti nella stazione non ha superato i collaudi effettuati dai tecnici dell'Ufficio speciale trasporti a impianti fissi (Ustif) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

          la prolungata chiusura di una stazione della metropolitana situata in pieno centro di Roma, oltre a creare un considerevole danno all'immagine della città, arreca un forte disagio sia ai turisti sia alle persone che lavorano nella zona servita dalla stazione Barberini e un danno economico agli esercenti, come denunciato pubblicamente dalla Fiepet-Confesercenti;

          alla chiusura della stazione Barberini si è aggiunta la chiusura di altre due stazioni della linea A della metropolitana, quali Baldo degli Ubaldi e Cornelia;

          la chiusura della stazione Baldo degli Ubaldi, ad oggi riaperta, era stata disposta, anche in questo caso, a seguito di un mancato nulla osta rilasciato dall'Ustif sull'esito positivo del collaudo per la riscontrata assenza di un dispositivo antincendio;

          la stazione di Cornelia è stata invece chiusa non essendo più prorogabile l'effettuazione della revisione generale degli impianti della stazione;

          Atac e il comune di Roma hanno palesato in questi mesi carenze e inefficienze gravi e inaccettabili, a giudizio dell'interrogante nella corretta gestione della manutenzione di un servizio fondamentale per la mobilità cittadina quale quello della metropolitana –:

          quali siano state le motivazioni in base alle quali non è stato rilasciato il nulla osta al collaudo su una delle scale mobili della stazione Barberini;

          quali siano le motivazioni che, sulla base delle informazioni in possesso del Ministro interpellato, hanno fatto ipotizzare una riapertura solo parziale della stazione Barberini, quando sia ipotizzabile, sempre alla luce dei dati tecnici in possesso dell'Ustif, una riapertura completa della stazione e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, il Ministro interpellato al fine di consentire una riapertura della medesima stazione.
(2-00612) «Spena, Gelmini».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


      SILVESTRONI, ROTELLI e ACQUAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          è notizia del 13 novembre 2019 che il gip di Avellino Fabrizio Ciccone ha rigettato anche la terza istanza di dissequestro presentata da Società autostrade sui quattro viadotti sequestrati nel tratto fermano dell'autostrada A14, tra Porto Sant'Elpido e Grottammare, e di conseguenza i tempi per ripristinare il normale transito su entrambe le corsie rischiano di prolungarsi in maniera indefinita;

          altri viadotti nei tratti dell'A14 come della A24 e A25 risultano in situazione di criticità;

          a seguito del sequestro, Autostrade per l'Italia ha emesso un'ordinanza che dispone, dal giorno 3 ottobre 2019 e fino a nuova disposizione dell'autorità giudiziaria, la chiusura della corsia di marcia e della corsia di emergenza, ove presente, tra la prog. chilometro 274+000 e la prog. chilometro 388+000 dell'autostrada A14 Bologna-Taranto;

          le tratte autostradali A24/A25 sono le autostrade i cui pedaggi sono più onerosi d'Italia, ma che allo stesso tempo sono interessate da una serie di ammaloramenti importanti e manutenzioni urgenti, anche a seguito degli eventi sismici del 2009;

          i cittadini, le imprese e i pendolari della provincia di Roma, non possono continuare a subire gli effetti negativi della massima insicurezza e del massimo dei livelli tariffari;

          gli interi sistemi regionali di Marche, Lazio, Abruzzo, potrebbero subire un durissimo colpo alla loro competitività, oltre che compromettere il diritto alla mobilità e all'attrattività produttiva e turistica se la situazione stagnasse ulteriormente;

          la pre-intesa di fine luglio 2019, benché abbia avviato un percorso positivo, attraverso lo strumento del piano economico e finanziario, che ha sospeso gli aumenti, rinviando all'ottenimento di pareri dei competenti organi della Unione europea, sembra non scongiurare gli ingiustificati aumenti autostradali per gli utenti;

          soprattutto la situazione della viabilità nel tratto dell'A14, sopra rappresentata, rimane molto critica, creando gravi disagi agli automobilisti, anche nella viabilità urbana ed extraurbana –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda assumere le iniziative di competenza per ripristinare la viabilità e assicurare il diritto alla mobilità dei cittadini di Marche, Lazio e Umbria.
(5-03372)


      GRIPPA, SCAGLIUSI, BARBUTO, CARINELLI, CHIAZZESE, DE GIROLAMO, DE LORENZIS, FICARA, MARINO, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA, SPESSOTTO e TERMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          da notizie di stampa del 30 novembre 2019, si apprende che, a seguito dell'inchiesta-bis sulle barriere dei viadotti autostradali, numerosi altri viadotti sarebbero a rischio di interdizione al traffico dei mezzi pesanti;

          in particolare, si legge che i tecnici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbero effettuato di recente un sopralluogo sul viadotto «Cerrano», lungo l'A14 nel tratto compreso tra i caselli di Pineto e Pescara Nord, già interessato dal sequestro preventivo nell'ambito dell'inchiesta avviata dopo la tragedia di Acqualonga, dal cui viadotto nel luglio del 2013 precipitò un bus turistico che sfondò le barriere e portò 40 persone alla morte;

          l'A14 già in crisi per gallerie non a norma, lavori in corso e ponti sequestrati, rischierebbe la paralisi;

          il Gip di Avellino il 18 dicembre 2019 ha disposto il divieto assoluto di transito sul viadotto Cerrano in prossimità degli esodi natalizi che potevano mandare in tilt il sistema del traffico;

          la realtà del degrado e delle manutenzioni sospette sarebbe destinata a diventare sempre più grave e sulla possibile chiusura ai mezzi pesanti del viadotto Cerrano sarebbe in corso un braccio di ferro tra l'ufficio ispettivo territoriale (Uit) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Autostrade per l'Italia (Aspi);

          la chiusura ai mezzi pesanti di un viadotto su un tratto importante come quello a nord di Pescara dirottando gli stessi sulla strada statale 16 sta provocando situazioni a limite del collasso sull'intera rete viaria, che stanno registrando code anche di 10 chilometri appesantendo la viabilità già congestionata;

          è fondamentale, considerati anche gli ultimi avvenimenti di cronaca riguardanti mancate manutenzioni e crolli di ponti e viadotti, adottare interventi urgenti e responsabili per la tutela dell'incolumità dell'utenza e creare un documento aggiornato contenente la reale situazione dei viadotti del territorio nazionale che necessitano interventi prioritari per la loro definitiva messa in sicurezza –:

          se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire la sicurezza della circolazione sulla A14 e al contempo evitare che mezzi pesanti deviati dall'autostrada A14 creino disagi imminenti e critici sulla statale A16, in particolare nel tratto di 8 chilometri che attraversa il comune di Silvi.
(5-03373)


      TASSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          tra i collegamenti «Frecciargento» che coprono la tratta Bari-Roma ve ne sono due (il Frecciargento da Bari delle 6:22 e quello da Roma delle 19:05) che non prevedono la fermata nella stazione di Foggia che, conseguentemente, è l'unico capoluogo escluso da questi collegamenti con treni «a mercato» che, nel corso degli anni, per ragioni di sostenibilità economica, hanno visto aggiungersi le fermate di Benevento, Caserta e, dal 9 giugno 2019, Barletta, perdendo la caratteristica di treno «non-stop» Bari-Roma e Roma-Bari;

          in sostanza viene saltata la stazione, la città e l'intera provincia dauna, utilizzando una bretella ferroviaria, ripristinata recentemente da Rete ferroviaria italiana con circa 10 milioni di euro di spesa, che doveva essere utilizzata unicamente per il transito dei treni merci;

          preme sottolineare, inoltre, i ridotti introiti che questa situazione provoca alla stessa società Trenitalia per i mancati viaggiatori della Capitanata;

          per gli oltre 700.000 cittadini – che raddoppiano in estate – e per l'intero sistema produttivo della Daunia, al danno relativo alla privazione del trasporto aereo – dovuto all'attuale inutilizzabilità dell'aeroporto Gino Lisa – si aggiunge la beffa dei treni «no stop solo Foggia», mentre proprio il Governo, attraverso il contratto istituzionale di sviluppo (Cis) della Capitanata, vorrebbe incentivarne la crescita nel contesto provinciale, che è penultimo, a livello nazionale, per la qualità della vita;

          il 5 giugno 2019, a seguito di una interrogazione del sottoscritto, l'allora Ministro Toninelli promise una verifica delle motivazioni fornite da Trenitalia che, presumibilmente, per la fine di quel Governo non fu attuata;

          si ritiene fortemente infondata l'idea che i pochi minuti occorrenti per la fermata di Foggia possano rendere meno comodo o utile per gli utenti e antieconomico per Trenitalia l'utilizzo delle corse in questione –:

          se, sulla base di quanto esposto in premessa, il Ministro interrogato intenda adoperarsi, per quanto di competenza, presso Trenitalia per evitare che i residenti, i fruitori e l'intero sistema produttivo della Capitanata continuino a subire una situazione tanto paradossale quanto ingiusta che – oltre a provocare particolare nocumento ai cittadini pugliesi e lucani nonché ai sistemi produttivi interessati – contrasta con quanto si propone di fare il Governo con il contratto istituzionale di sviluppo.
(5-03374)


      BERGAMINI, SOZZANI, ZANELLA, ROSSO e MULÈ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          dal 7 novembre 2019 è entrato in vigore, ai sensi dell'articolo 172, comma 1-bis, del codice della strada l'obbligo di dotarsi di dispositivi antiabbandono per i conducenti di veicoli che trasportano bambini fino al quarto anno di età;

          il decreto-legge n. 124 del 2019, comunemente detto decreto fiscale, nel testo originario, all'articolo 52, prevedeva lo stanziamento di 15,1 milioni di euro per l'anno 2019 e di 1 milione di euro per l'anno 2020 per il riconoscimento di contributi di 30 euro per l'acquisto dei suddetti dispositivi; le modalità attuative dell'erogazione dei contributi era demandata ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il cui termine di adozione era fissato entro il quindicesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore del decreto-legge, il che equivaleva al 10 novembre 2019;

          la legge di conversione del decreto-legge (legge n. 157 del 2019) tra le modifiche apportate all'articolo 52, ha novellato anche il termine previsto dell'adozione del decreto interministeriale, spostando il termine medesimo al quindicesimo giorno dall'entrata in vigore della disposizione, il che equivale al 9 gennaio 2020;

          ad oggi, nonostante dal 9 dicembre 2019 sia pubblicato sulla home page del sito internet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un approfondimento specifico sulla nuova normativa in materia di dispositivi antiabbandono, nella quale si afferma che un decreto attuativo sarà pubblicato «nei prossimi giorni», il decreto attuativo non risulta ancora adottato;

          in data 6 dicembre 2019 il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/2220-AR/225 in cui si impegnava a valutare le modalità con le quali adottare ulteriori iniziative volte a prevedere la ridestinazione delle risorse stanziate per l'anno 2019 per l'erogazione di contributi per l'acquisto di dispositivi antiabbandono, eventualmente non utilizzate nel corso del medesimo anno, all'anno 2020 in aggiunta a quelle già stanziate –:

          quali siano i motivi, per quanto di competenza del Ministro interrogato, per i quali il decreto attuativo di cui all'articolo 52 del decreto-legge n. 124 del 2019 non è stato ancora adottato nonostante la decorrenza del termine previsto dalla legge e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire l'effettivo utilizzo delle risorse finanziarie stanziate da parte degli aventi diritto.
(5-03375)


      MACCANTI, MOLINARI, BENVENUTO, BOLDI, CAFFARATTO, GASTALDI, GIACCONE, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, LIUNI, PATELLI, PETTAZZI, TIRAMANI, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI, RIXI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          con il decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri 1° marzo 2006 è stato istituito l'Osservatorio Torino-Lione quale sede tecnica di confronta delle istanze interessate alla realizzazione della Nuova Linea Torino Lione (Nltl), con l'analisi delle criticità e l'istruzione di soluzioni per i decisori politico-istituzionali;

          l'Osservatorio è composto dai diversi soggetti interessati (Governo, regione, enti locali, e altri) ed è presieduto da un Commissario straordinario che cura, per la sezione transfrontaliera, le attività relative alla definizione e gestione della cantierizzazione e alla soluzione delle interferenze, nonché alla valutazione e alla selezione di interventi compensativi al servizio del territorio e per la tratta nazionale;

          il commissario straordinario è stato nominato con decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2015 ed ha cessato il proprio mandato nel febbraio 2019;

          prima della cessazione del mandato del commissario, l'Osservatorio ha elaborato – quale suo ultimo atto – un piano di interventi fondamentali per le aree interessate dall'opera, per risorse già stanziate pari a 35 milioni, su cui il Governo deve rendere un parere, in assenza del quale non può darsi attuazione al medesimo piano;

          al fine di diminuire i tempi di definizione dell'opera, la regione Piemonte ha annunciato la costituzione di un comitato di pilotaggio; il presidente della giunta regionale piemontese ha dichiarato che il mancato avvio della realizzazione delle opere di accompagnamento (finanziate dal Cipe nel 2017) è dovuto all'impossibilità di interloquire con l'Osservatorio;

          il Governo non ha provveduta a nominare il commissario per la Torino-Lione di fatto impedendo ai Comuni di utilizzare e spendere le risorse già stanziate;

          l'articolo 1 della legge regionale n. 4 del 21 aprile 2011 della Regione Piemonte, abilitando quest'ultima ad intervenire «a favore dei territori interessati dalla realizzazione di grandi infrastrutture con la finalità di limitarne gli impatti e renderla vantaggiosa per le collettività territoriali, operando, altresì, per armonizzare le opere di mitigazione e compensazione del progetto con quelle di accompagnamento», parrebbe consentire alla medesima Regione di gestire l'istruttoria delle misure compensative in assenza del Commissario preposto –:

          di quali elementi disponga circa le prospettive di nomina del nuovo commissario preposto alla presidenza dell'Osservatorio e quale sia l'orientamento del Governo circa l'articolazione delle competenze, con particolare riferimento alla gestione dell'istruttoria delle misure compensative, in considerazione della disposizione di legge regionale richiamata in premessa.
(5-03376)


      GARIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la mobilità sostenibile è un sistema ideale dei trasporti che permette di ridurre l'impatto ambientale del settore, rendendo al contempo gli spostamenti più efficienti e veloci. Quando un Paese sviluppa dei progetti di mobilità sostenibile, si pone molteplici obiettivi che hanno a che fare sia con l'ecologia e l'ambiente, che con la qualità della vita delle persone;

          le soluzioni in favore di una mobilità rispettosa dell'ambiente sono sempre più numerose, in particolare, la mobilità elettrica; il potenziamento del trasporto locale è diventato ormai un problema urgente da affrontare nelle grandi città;

          in Italia soprattutto nella pianura padana ma non solo, è emergenza smog. Serve una rivoluzione nella mobilità urbana. L'obiettivo è rinnovare il parco dei bus con mezzi meno inquinanti e più moderni e, allo stesso tempo, promuovere il miglioramento della qualità dell'aria, ricorrendo a tecnologie innovative in linea con gli accordi internazionali e con le disposizioni normative della Unione europea;

          nel mese di aprile 2019 è stato firmato a Palazzo Chigi il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che adotta il Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile da 3,7 miliardi di euro. A dicembre 2019 è stato approvato in Conferenza unificata il decreto per la ripartizione dei fondi regionali, per un importo complessivo di 2,2 miliardi di euro per l'acquisto di nuovi bus ecologici adibiti al trasporto pubblico locale e alle relative infrastrutture;

          lo stanziamento prevede, inoltre, che alle regioni del Sud sia destinato circa il 35 per cento delle risorse stanziate. Viene anche stabilito che le risorse assegnate nel primo triennio, sino al 50 per cento del contributo concesso, possano essere destinate alla realizzazione della rete infrastrutturale per l'alimentazione alternativa;

          risulta un ulteriore decreto ministeriale in corso di emanazione che individua le risorse da ripartire tra le regioni per effettuare una serie di interventi di messa in sicurezza della ferrovie non interconnesse alla rete ferroviaria nazionale –:

          quali siano le concrete prospettive di sviluppo della mobilità urbana sostenibile, a partire dal trasporto rapido di massa e da modalità di trasporto non inquinanti.
(5-03377)

Interrogazioni a risposta scritta:


      ZIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          dopo l'ultimo periodo di intense piogge la strada statale 67-bis dell'Arnaccio sta letteralmente «sprofondando» sempre di più con evidenti e pericolose aperture del manto stradale dovute ai cedimenti del rilevato in terra sotto l'asfalto; in questa situazione le condizioni della viabilità sono sempre più a rischio, in particolare nel tratto che va da Santo Stefano a Macerata fino all'incrocio con la via Emilia;

          sulla carreggiata in direzione Livorno, il cedimento stradale, specialmente di notte, è pericoloso, perché si è venuto a creare un dislivello di parecchi centimetri tra le crepe sul manto stradale;

          si tratta di problemi seri di sicurezza stradale sia per i motociclisti che rischiano la vita sia per gli automobilisti che sono costretti a spostarsi con il rischio di finire contro altre vetture provenienti in senso opposto;

          la strada è stata più volte al centro di interventi per migliorare l'asfalto: tuttavia, spesso gli interventi di manutenzione sono stati indirizzati a coprire le buche con strisce di bitume piuttosto che a eliminare il problema;

          pertanto, la strada dell'Arnaccio presenta situazioni di estrema pericolosità, in particolare durante la notte, anche per la carenza di illuminazione che aumenta i rischi per gli utenti –:

          se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per quanto di competenza, affinché Anas proceda in tempi certi a effettuare lavori urgenti di sistemazione definitiva della strada statale 67-bis dell'Arnaccio, in particolare nel tratto che va da Santo Stefano a Macerata fino all'incrocio con la via Emilia.
(4-04459)


      BENIGNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          due mesi prima del crollo nella galleria Bertè sulla autostrada A26, avvenuto il 30 dicembre 2019, il Consiglio superiore dei lavori pubblici in un documento inviato alla direzione generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al dipartimento dei vigili del fuoco e a tutti i provveditorati alle opere pubbliche segnalava circa 200 gallerie a rischio;

          tutte gallerie lunghe oltre 500 metri, esposte al rischio cedimenti per problemi di varia natura, tali da renderle fuori norma rispetto alla direttiva europea 54 del 2004 sui requisiti minimi di sicurezza;

          l'11 gennaio 2020, verso le otto di mattina, pezzi di calcestruzzo si sono staccati dalle volte di una galleria di via Mala, nel territorio di Colere (BG) in frazione Dezzo di Scalve, che collega la Valle di Scalve alla Valle Camonica tra le province di Bergamo e Brescia; solo il caso e la fortuna hanno evitato un incidente mortale: sono state coinvolte cinque vetture;

          eppure il problema era noto da tempo, tant'è che in sede di approvazione dell'ultima legge di bilancio era stato presentato anche un emendamento «per l'adeguamento e la sistemazione dell'infrastruttura stradale denominata ex SS 294 – Via Mala», ma la «scure» del voto di fiducia non ne ha permesso nemmeno la discussione;

          sullo stesso argomento è stato presentato un ordine del giorno, firmato anche dall'interrogante e accolto dal Governo, in sede di esame del disegno di legge di bilancio al fine di cantierizzare, con la massima urgenza, gli interventi infrastrutturali presenti nel territorio della provincia di Bergamo, tra cui figura anche la ex strada statale 294;

          le criticità infrastrutturali che caratterizzano ponti, strade e gallerie del territorio italiano, sono evidenti e drammatiche come dimostra anche l'ultimo caso segnalato: servono investimenti urgenti e un piano straordinario per la messa in sicurezza e l'adeguamento delle infrastrutture a partire da quelle più a rischio –:

          quali iniziative urgenti, anche alla luce degli ultimi episodi denunciati, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di approntare un piano straordinario per la messa in sicurezza e l'adeguamento delle infrastrutture, a partire da quelle più a rischio così come peraltro già segnalato sia dal Consiglio superiore dei lavori pubblici che durante la discussione, seppur «strozzata» dall'apposizione del voto di fiducia, dell'ultima legge di bilancio, nel corso del cui iter sono stati approvati puntuali ordini del giorno.
(4-04468)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


      MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          solo grazie al comunicato stampa pubblicato sul sito web dell'Ucoii (Unione delle comunità islamiche d'Italia) si è appreso che venerdì scorso, 10 gennaio 2020, presso il Ministero dell'interno si è tenuto un incontro tra il Ministro interrogato e il presidente dell'Unione, Yassine Lafram, alla presenza di altri esponenti dell'Ucoii e di alcuni dirigenti del Ministero;

          come riportato anche nei giorni seguenti al 10 gennaio 2020 da diversi quotidiani nazionali, ad oggi non sono stati ancora resi noti dagli interessati, in particolare dal Ministero dell'interno, né i motivi e le finalità di tale incontro, né i temi eventualmente affrontati nel corso dello stesso, né, infine, gli esiti a cui si è giunti al suo termine;

          la mancata informazione circa il suddetto evento risulta di particolare gravità, posto che l'Ucoii è solo una delle organizzazioni rappresentative dell'Islam in Italia e che le numerose altre comunità islamiche, seppur firmatarie del Patto siglato con lo Stato italiano nel febbraio 2017, non solo non erano presenti all'incontro perché non invitate, ma, come dichiarato da diversi loro esponenti alla stampa, addirittura neanche al corrente;

          oltre a quanto sopra, a rendere ancor più necessaria una doverosa trasparenza e una corretta informazione da parte delle istituzioni riguardo il predetto incontro, vi sarebbe stata la pubblicazione in passato di notizie, confermate da diversi studi e rapporti citati dalla stampa anche in questi giorni, di legami tra alcuni esponenti dell'Ucoii e i Fratelli mussulmani, attualmente classificati come organizzazione islamista radicale e messi al bando in Paesi come l'Egitto, gli Emirati Arabi Uniti, l'Arabia Saudita, la Siria e la Russia;

          difatti, da quanto pubblicato su Il Giornale del 13 gennaio 2019, l'Ucoii sarebbe stato inserito tra le varie comunità islamiche europee considerate legate ai Fratelli mussulmani anche nel recente «Qatar papers», mentre sul sito web del Cesnur si legge che «fra le moschee che fanno capo all'Ucoii, alcuni studiosi hanno notato che numerose sono quelle in cui i dirigenti in qualche modo si ispirano all'ideologia dei Fratelli mussulmani» –:

          quali siano stati le finalità e i contenuti dell'incontro tenutosi il 10 gennaio 2020 presso il Ministero dell'interno con i rappresentanti dell'Ucoii e il motivo per il quale ne siano stati esclusi i rappresentanti delle altre associazioni e comunità islamiche presenti in Italia, che hanno sottoscritto il Patto nazionale per un Islam italiano nel 2017.
(3-01243)


      MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          in seguito all'abrogazione, con il cosiddetto «decreto sicurezza», del permesso di soggiorno per motivi umanitari, si è assistito all'aumento dei dinieghi alle richieste di asilo – l'80 per cento del totale nel 2019 contro il 67 per cento del 2018 – e all'aumento del numero di nuovi irregolari presenti nel Paese, i quali difficilmente verranno rimpatriati, come dimostrano i dati sul numero dei rimpatri eseguiti;

          in attesa di una riforma strutturale che consenta la regolarizzazione su base individuale degli stranieri già radicati nel territorio, come prevede la proposta di legge d'iniziativa popolare atto Camera n. 13, recante «Nuove norme per la promozione del regolare soggiorno e dell'inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari», un provvedimento straordinario di emersione dall'irregolarità rivolto ai cittadini stranieri, che hanno un lavoro ma non hanno i documenti per essere assunti, costituirebbe una vera e propria «operazione legalità»;

          con l'emersione di 400.000 persone (ovvero di una parte dei circa 600-700.000 irregolari stimati sul territorio nazionale) si otterrebbero circa 1 miliardo di euro di gettito fiscale e oltre 3 miliardi di maggiori contributi previdenziali;

          si tratterebbe di aprire una finestra per la regolarizzazione dei cittadini stranieri irregolari già presenti in Italia, stabilendo che, a fronte dell'immediata disponibilità di un contratto di lavoro, all'atto della stipula dello stesso sia rilasciato un permesso di soggiorno col pagamento di un contributo forfettario da parte del datore di lavoro;

          si offrirebbe così l'opportunità di lavorare legalmente a chi già si trova sul territorio nazionale, ma che, senza titolo di soggiorno, è spesso costretto per sopravvivere a rivolgersi ai circuiti illeciti; si andrebbe incontro alle tante imprese che, bisognose di personale, non possono assumere persone senza documenti e ricorrono al lavoro in nero (come nel caso del lavoro domestico); si avrebbe infine maggiore controllo e contezza delle presenze sul territorio;

          in sede di esame della legge di bilancio per il 2020, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/2305/33 che lo impegna a valutare l'opportunità di intervenire in tal senso –:

          se e in quali tempi il Governo intenda varare un provvedimento che, a fronte dell'immediata disponibilità di un contratto di lavoro, consenta la regolarizzazione dei cittadini stranieri irregolari già presenti in Italia, prevedendo all'atto della stipula del contratto, il pagamento di un contributo forfettario da parte del datore di lavoro e il rilascio di un permesso di soggiorno per il lavoratore.
(3-01244)


      LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          sono centinaia in tutta Italia gli edifici privati occupati abusivamente, poco più di ottanta solo a Roma, ai quali vanno sommati anche gli alloggi popolari abitati da persone senza titolo, che ammonterebbero, in tutta Italia, a oltre trentamila, concentrati per la maggior parte nelle regioni centrali e meridionali e nelle isole;

          ha destato scalpore la vicenda della festa di Capodanno organizzata presso il centro sociale «Spin time labs», sito nel palazzo occupato in via di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, con addirittura biglietti in prevendita su internet, che ha avuto luogo nonostante la diffida emessa dalla questura;

          il giorno dopo l'evento è stata presentata formale denuncia contro lo «Spin time labs», definito da fonti di stampa «una zona franca, dove la polizia non può entrare», e, quindi, «non può effettuare nessun controllo sulle uscite di emergenza (assenti), sulle vie di fuga (assenti), sui permessi per la somministrazione di cibi e bevande (assenti), sui buttafuori (assenti), per non parlare degli spacciatori che qui sanno di poter agire indisturbati: un'illegalità ostentata che rappresenta un caso unico, uno sfregio, ad esempio, a quei locali tradizionali che, invece (giustamente), sono chiamati al rispetto minuziose delle leggi»;

          alla denuncia, tuttavia, non sembra aver fatto seguito la richiesta di sgombero;

          Il Messaggero ha riportato anche la notizia che sul sito turismoroma.it, sito ufficiale del comune di Roma, è pubblicizzato proprio lo «Spin time labs», definito «un bene comune, cantiere di rigenerazione urbana, una nuova dimensione dell'abitare e un centro culturale polifunzionale»;

          stando ai dati ufficiali, i due terzi delle occupazioni abusive avvengono mediante azioni di violenza, come è stato anche ben otto anni fa per lo stabile di via Santa Croce in Gerusalemme;

          nel 2018 due sentenze del tribunale civile di Roma hanno condannato lo Stato a risarcire in maniera cospicua quei proprietari di immobili che, seppur forti di una sentenza esecutiva, non erano stati messi in condizioni, dalle forze dell'ordine, di rientrare legittimante in possesso delle proprie abitazioni –:

          se non ritenga di adottare le iniziative di competenza per procedere con urgenza allo sgombero di tutti gli immobili e gli alloggi occupati senza titolo, restituendo i beni ai legittimi proprietari e aventi diritto e ripristinando condizioni di legalità.
(3-01245)

Interrogazione a risposta orale:


      FRASSINETTI e MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          Vittorio Brumotti, inviato del tg satirico di Canale 5 «Striscia la Notizia», è stato aggredito insieme al suo cameraman a Monza, all'interno dei giardinetti di via Azzone Visconti domenica 12 gennaio 2020 alle ore 14;

          Brumotti e il suo cameraman avevano il giorno prima, sabato 11 gennaio, iniziato a documentare la situazione legata allo spaccio di droga in città, in particolare filmando quanto accadeva nei giardinetti di via Visconti e nella zona dello stadio Brianteo, alla presenza dei carabinieri che stavano effettuando il loro giro di controllo del territorio;

          la situazione di degrado nella zona di Porta Lodi e nei pressi dello stadio è nota da tempo, tanto da aver l'amministrazione comunale più volte richiesto una soluzione, proponendo il monitoraggio delle due zone con uomini dell'Arma, che anche negli scorsi mesi hanno effettuato numerosi arresti per spaccio di sostanze stupefacenti;

          domenica pomeriggio, in assenza delle forze dell'ordine, Brumotti e il suo cameraman sono stati aggrediti da persone armate di coltello, scampando al peggio perché indossavano il giubbotto antiproiettile, mentre il cameraman è stato strattonato riportando una ferita ad una gamba;

          si ritiene la situazione in loco molto pericolosa nonostante l'attenzione costante, da parte dell'amministrazione comunale e delle forze dell'ordine, e questo a seguito del perdurare sia davanti al Brianteo sia nei giardinetti di via Visconti della presenza massiccia di extracomunitari dediti allo spaccio di droga che alimentano violente risse quotidiane fra bande rivali –:

          quali urgenti iniziative intenda porre in essere e se, in particolare, non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza per disporre di maggiori fondi da destinare alla sicurezza della città di Monza;

          se non ritenga necessario adottare iniziative di carattere normativo finalizzate all'attuazione di politiche migratorie più efficaci e atte a contrastare l'arrivo in modo incontrollato degli immigrati irregolari principalmente nelle città capoluogo.
(3-01240)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      GALANTINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          l'interrogante ha appreso da articoli di stampa che gli agenti di polizia di Stato debbano anticipare personalmente i costi di trasferta per il completamento dell'iter di espulsione degli immigrati irregolari;

          in particolare, in data 23 dicembre 2019, a Livorno, due agenti di polizia hanno dovuto anticipare i costi di viaggio fino al Cie di Trapani, per l'espulsione di un tunisino irregolare;

          se l'agente si rifiuta di anticipare le somme, il clandestino resta in Italia, perché lo straniero resta libero e invitato presentarsi nuovamente in questura, ma come spesso accade costui non compare e si sposta in altre città;

          una circolare del dipartimento per la pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, a quanto consta all'interrogante, prevede che per un giorno di trasferta si riconosce all'agente la somma di euro 110,00. A questa somma sono applicate delle ritenute tributarie che comportano la riduzione fino ad euro 74,00;

          sta di fatto che, malgrado la normativa vigente, le somme, molto spesso non sono a disposizione delle questure e pertanto vengono anticipate dai «servitori dello Stato» che si privano di parte del loro stipendio per assolvere a un dovere di ufficio. Per i relativi rimborsi bisogna attendere tantissimo tempo;

          quanto accaduto a Livorno il 23 dicembre 2019, non è episodio isolato, dato che eventi identici si sono verificati in altre parti di Italia –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;

          quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire la dignità degli agenti di polizia di Stato e impedire che le questure restino prive di fondi per far fronte alle operazioni di rimpatrio degli immigrati clandestini.
(5-03371)

Interrogazione a risposta scritta:


      TATEO e SASSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il presidente della provincia di Barletta-Andria-Trani e sindaco di Margherita di Savoia, l'avvocato Bernardo Lodispoto, è apparso in un video promozionale, girato con la finalità di promuovere il proprio comune in vista della festa di Capodanno, travestito da boss mafioso;

          il comune di Margherita di Savoia è un comune di 11.675 abitanti della provincia di Barletta-Andria-Trani in Puglia;

          a rendere la condotta del primo cittadino ancora più grave vi è anche la circostanza che l'organizzazione dei festeggiamenti, per la fine dell'anno, era prevista nella piazza intitolata al martire della lotta alla mafia, Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa;

          partecipare alla realizzazione di uno spot per pubblicizzare l'evento più importante dell'anno simulando di essere il capo di un'organizzazione criminale è del tutto fuori luogo per un sindaco e per gli interroganti lede gravemente il prestigio connesso all'ufficio amministrativo ricoperto, ingenerando – soprattutto nei minori – uno spirito di emulazione pericolosissimo, dovendo invece la più alta carica cittadina rappresentare fulgido esempio di virtù e correttezza;

          quali che siano le circostanze nelle quali è stato girato il video, il sindaco non avrebbe dovuto prestare la propria immagine ironizzando su un fenomeno – quello della criminalità organizzata – che ha mietuto molte vittime ed al quale il nostro Paese ha pagato un elevatissimo tributo di sangue;

          ai sensi dell'articolo 2 dello statuto comunale «Il comune promuove lo sviluppo e il progresso civile, sociale ed economico della comunità di Margherita di Savoia ispirandosi ai valori e agli obiettivi della Costituzione»;

          il comportamento del sindaco ha evidentemente causato un danno all'immagine del comune e più in generale alla pubblica amministrazione. Come è noto il danno all'immagine della pubblica amministrazione, pur rientrando nell'alveo del danno erariale, si caratterizza perché «lede il buon andamento dell'Amministrazione, la quale, a causa della condotta illecita perpetrata dai dipendenti infedeli, perde la credibilità e la fiducia dei cittadini amministrati, poiché ingenera in questi ultimi la convinzione che il comportamento illecito posto in essere dal dipendente rappresenti il modo in cui l'ente, agisce ordinariamente». In sostanza, si tratta di una tipologia di danno che va ad incidere sul prestigio e sulla credibilità dell'amministrazione;

          lo sconcerto e la unanime disapprovazione per l'improvvida iniziativa del sindaco si sono rapidamente diffuse tramite internet ed i social network recando discredito alla città di Margherita di Savoia e agli incolpevoli cittadini;

          inspiegabilmente il presidente della giunta regionale non ha espresso la propria disapprovazione, prendendo le giuste distanze dalla condotta del sindaco –:

          quali urgenti iniziative di competenza, anche di carattere normative, il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di tutelare il prestigio e il decoro delle istituzioni che a parere degli interroganti appaiono pregiudicati da tali condotte.
(4-04469)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


      ASCARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          la residenza Villa Margherita è un'azienda che svolge attività di assistenza agli anziani, inserita nella rete dei servizi sociosanitari accreditata dal comune di Modena;

          il sindacato Fp Cgil Modena ha proclamato tre giornate di sciopero per il 14, 17 e 21 dicembre alla residenza Villa Margherita;

          la proclamazione dello sciopero è avvenuta solo dopo vari tentativi di conciliazione, il primo lo scorso settembre in prefettura, poi nei tavoli aziendali, senza successo;

          oggetto della vertenza è l'applicazione del nuovo contratto collettivo Anaste ai circa 35 dipendenti, firmato da sindacati che non rappresentano i lavoratori dell'impresa: infatti, le lavoratrici e i lavoratori di Villa Margherita nei mesi scorsi hanno comunicato la loro piena dissociazione dal contratto firmato dai sindacati Snalv, Confsal, Confelp, Cse, Cse Sanità e Cse Fulscam, formalizzando specificatamente di non aver mai dato loro mandato a firmare, tant'è che l'adesione agli scioperi è stata pressoché totale;

          inoltre, il nuovo contratto collettivo Anaste sarebbe stato concluso in contrasto con la delibera della regione Emilia-Romagna n. 514/2009 e successive modifiche che impone ai soggetti gestori di servizi socio-sanitari, tra i quali anche i servizi di assistenza agli anziani, l'applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) sottoscritti con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;

          dopo 9 anni di mancato rinnovo del contratto, la direzione di Villa Margherita aveva infatti comunicato nel mese di settembre direttamente alle lavoratrici e ai lavoratori l'intenzione di applicare il nuovo contratto Anaste dal 2020 che, secondo i sindacati confederali Cgil Cisl Uil, sarebbe un contratto «pirata», in quanto non rispondente al principio della rappresentanza sindacale;

          in particolare, si inserisce un aumento contrattuale di 39 euro mensili lordi, contro un aumento medio di oltre 80 euro sottoscritti nell'ultimo anno dalle categorie di Cgil, Cisl e Uil negli altri Ceni del settore socio-sanitario, aumento che, secondo i sindacati, sarà pagato dagli stessi lavoratori, attraverso i risparmi generati dalla riduzione di permessi, malattia, infortunio ed altri istituti;

          infatti, anche se l'orario di lavoro rimane a 38 ore settimanali, si introduce l'incremento aggiuntivo di due ore che non saranno considerate lavoro straordinario, né supplementare; i permessi vengono dimezzati da 51 a 26 ore annue; l'istituto della malattia sarà pagata dall'azienda solo nei primi 4 eventi e solo in alcuni casi; il periodo di comporto viene drasticamente ridotto e sarà molto più facile licenziare in caso di malattia;

          secondo quanto denunciato dai sindacati, il contratto sarebbe peggiorativo delle condizioni salariali e di lavoro e, di conseguenza, determinerebbe un peggioramento anche nella qualità del servizio verso una fascia sociale fragile come sono gli ospiti anziani, evidenziando, quindi, profili di rischio per la salute stessa dei lavoratori e dell'utenza;

          il rischio è che molte persone, tra mancato pagamento e rischio di licenziamenti, si recheranno al lavoro anche in condizioni fisiche non idonee, mettendo a rischio non solamente la salute di lavoratrici e lavoratori ma anche quella delle persone assistite;

          in altre parole, la direzione di Villa Margherita avrebbe deciso di applicare un contratto collettivo firmato con sindacati non rappresentativi dei lavoratori dell'impresa, nell'ambito di un servizio accreditato con il comune di Modena, in cui riceve finanziamenti pubblici;

          l'impresa e le istituzioni locali non hanno dato sinora risposta alcuna alle rivendicazioni dei lavoratori e non hanno preso una posizione –:

          se si intenda attivare, per quanto di competenza, l'ispettorato nazionale del lavoro al fine di verificare il rispetto della normativa in materia di lavoro, con particolare riferimento a quella in tema di tutela della salute e della sicurezza del personale, adottando le conseguenti iniziative ove si riscontrino situazioni di non conformità alla legge in relazione a quanto esposto in premessa;

          se si intenda promuovere, anche per il tramite della prefettura di Modena, l'istituzione di un tavolo di crisi aziendale.
(3-01241)

Interrogazione a risposta scritta:


      SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          i sindacati dei pensionati del Friuli Venezia Giulia nei giorni scorsi hanno segnalato, come riporta il quotidiano «Messaggero Veneto» del 13 gennaio 2020, un errore nel calcolo delle pensioni per oltre un migliaio di cittadini, che hanno ricevuto una pensione ridotta rispetto al dovuto, con detrazioni fino a 300 euro;

          secondo quanto riporta la testata Cittadino di Biella del 13 gennaio 2020, «le segnalazioni vengono da varie Regioni e interesserebbero anche il Biellese»;

          anche la testata «Il Giornale» riporta il caso, facendo presente come anche in Umbria ed Emilia-Romagna siano stati riscontrati i medesimi problemi;

          sembrerebbe che, sempre dai dati in possesso di sindacati, tale errore commesso dall'Inps coinvolga circa 100.000 persone che percepiscono assegni pensionistici tra i 1405 e i 2010 euro, cui sono stati detratti gli aumenti concessi dal Governo Renzi e pagati lo scorso anno, con la rivalutazione dell'assegno errata anche per il 2020 –:

          se il Governo sia a conoscenza di questi errori che hanno coinvolto migliaia di cittadini del Friuli Venezia Giulia e altrove, probabilmente frutto di un errore informatico del nuovo gestionale non correttamente testato;

          se il Governo abbia intenzione di intraprendere, di concerto con l'Inps, iniziative volte alla quantificazione degli errori commessi con i calcoli degli assegni pensionistici, prevedendo un immediato rimborso già nel mese di febbraio 2020 (tempistica ugualmente utilizzata dall'Inps per le trattenute derivanti da quote «indebitamente ricevute») e un eventuale calcolo dei danni arrecati.
(4-04462)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


      PAOLO RUSSO, RUFFINO, NAPOLI, NEVI, VIETINA, SOZZANI e BAGNASCO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          in Italia il sistema sanitario pubblico registrerà una carenza di decine di migliaia di medici laureati e specializzati soprattutto nelle discipline chirurgiche;

          il Lancet Public Health ha recentemente trattato le difficoltà nel far fronte alle disuguaglianze in materia di sanità in Europa, con particolare riferimento al caso dell'Italia;

          il problema prevalente che colpisce il sistema sanitario italiano è proprio l'assoluta carenza di camici bianchi;

          lo studio, pubblicato da Piscitelli, Miani, Mazza, Triassi, De Donno, Scala, Pulimeno, Distante, Pollice, Colao, rileva che il Governo italiano dovrebbe focalizzare la sua azione sulla corretta applicazione della legge introdotta negli anni ’90, con lo scopo di pianificare in anticipo l'accesso alle facoltà di medicina, sulla base del fabbisogno futuro, invece che tagliare indiscriminatamente il numero degli studenti di medicina;

          l'approfondimento puntualizza che l'Italia dovrebbe garantire che tutti i nuovi dottori accedano alle scuole di specializzazione entro pochi anni dalla laurea;

          in questo studio è approfondita anche la questione della fuga di cervelli che sempre secondo gli illustri studiosi andrebbe affrontata con maggiore efficacia: migliaia di medici e ricercatori formatisi nelle università pubbliche italiane hanno lasciato il Paese negli ultimi 10 anni a causa della scarsità di opportunità, dei ritardi burocratici nelle procedure di assunzione, del ruolo preponderante dei sindacati, dei salari inadeguati, delle limitate prospettive di carriera basate su risultati oggettivi (ie, meritocrazia);

          ulteriori problemi sarebbero, riferisce la medesima fonte, comparsi dopo la riforma costituzionale del 2001, a seguito della quale l'organizzazione dei servizi sanitari non è più in capo allo Stato ma alle regioni, ampliando così il divario tra nord e sud Italia senza ridurre i costi complessivi del sistema sanitario;

          si rileva come ci siano sperequazioni significative sulla dotazione tecnologica tra piccole strutture ospedaliere e grandi ospedali universitari e tra settore pubblico e privato;

          secondo gli studiosi, la qualità e la capacità attrattiva degli operatori sanitari del sistema sanitario italiano può essere migliorata soltanto collegando l'assistenza medica con la ricerca, mediante un approccio etico e meritocratico: la qualità dell'assistenza sanitaria ai cittadini è migliore, infatti, proprio quando si dà priorità alla ricerca medica e scientifica;

          anche per questa ragione, un ampio numero di pazienti si sposta dal sud al nord Italia, ove ritiene si associ un livello di eccellenza di ricerca in campo medico;

          lo studio indica che tutti gli operatori del sistema sanitario (inclusi i medici generici, gli specialisti, gli infermieri, lo staff amministrativo) dovrebbero essere coinvolti nella ricerca, raccogliendo cartelle cliniche, introducendo soluzioni informatiche innovative e nuove tecnologie di comunicazione, implementando e migliorando lo scarso livello di digitalizzazione, di telemedicina, di gestione dei big data e di assistenza domiciliare, in particolare per i pazienti con condizioni croniche e per quelli anziani;

          lo studio suggerisce un nuovo e rafforzato ruolo degli ordini dei medici e di tutti i professionisti della sanità proprio per attirare talenti creando figure attese di dottorato (Lecce è un esempio positivo in tale senso) per promuovere i gemellaggi internazionali tra ospedali e migliorare ampiamente la sanità a livello locale, specialmente nelle aree più disagiate –:

          quali iniziative intendano adottare per garantire nei prossimi anni un numero sufficiente di medici al servizio sanitario pubblico e rispondere alla domanda crescente di salute che si scontra con i problemi sin qui evidenziati, come rilevato dallo studio scientifico sopra richiamato pubblicato su riviste di così alto profilo scientifico internazionale.
(4-04460)


      GIACHETTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni e integrazioni, recante «Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano», disciplina la qualità delle acque destinate al consumo umano con la finalità di assicurarne salubrità e potabilità, tutelando, in tal modo, la salute umana dai rischi e dalle conseguenze rinvenienti dalla contaminazione delle acque;

          nel comune di Augusta, in provincia di Siracusa, a partire dal 20 ottobre 2019 l'acqua erogata nelle abitazioni, in particolare in quelle del centro storico, assume un aspetto e un colore torbido;

          il sindaco Maria Concetta Di Pietro in data 25 ottobre 2019 emana l'ordinanza sindacale n. 49 con cui, a seguito di una nota della società che si occupa dei controlli interni delle acque del civico acquedotto nella quale si consiglia di non immettere in rete l'acqua del pozzo dei giardini pubblici come acqua destinata al consumo umano in quanto vengono superati i limiti imposti dal decreto legislativo n. 31 del 2001 e successive modificazioni ed integrazioni, vieta l'utilizzo dell'acqua per usi potabili, sia come bevanda che con incorporazione negli alimenti, consentendone l'uso esclusivamente per fini igienici;

          in data 9 dicembre 2019, a seguito di un ulteriore controllo sull'acqua erogata, il sindaco invita la cittadinanza per mezzo Telegram a non utilizzare l'acqua se non per gli scarichi igienici impegnandosi contestualmente ad attivare un servizio di autobotti;

          in data 13 dicembre un gruppo di cittadini, non avendo ulteriori riscontri da parte dell'amministrazione comunale, si riunisce in pubblica piazza per richiedere un incontro con il sindaco; durante l'incontro il sindaco comunica che si provvederà alla realizzazione di un collegamento tra la rete idrica ed un pozzo privato al fine di tamponare l'emergenza;

          nonostante la realizzazione della condotta di collegamento al pozzo privato la situazione non sembra migliorare; viene quindi installata una pompa che trasporti l'acqua dal quartiere Borgata al centro storico, ma anche questo intervento non riporta la situazione alla normalità;

          la cittadinanza di Augusta fino al 9 gennaio 2020 non era stata allertata tramite adeguati sistemi di informazione, come ad esempio le pubbliche affissioni, della non potabilità dell'acqua e numerose persone, principalmente anziani, non a conoscenza del divieto, hanno continuato per settimane ad ingerire acqua contaminata;

          i lavori di bonifica del pozzo inquinato sarebbero previsti per il 20 gennaio 2020 e presumibilmente comporteranno l'assenza di acqua in diverse parti della città per un periodo di tempo indeterminato –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di tutelare la salute dei cittadini;

          se non si intenda promuovere una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela della salute in relazione al rispetto degli obblighi previsti dalla normativa vigente;

          se non ritengano opportuno promuovere, per quanto di competenza, controlli sulla salubrità dell'acqua al fine di garantire gli standard qualitativi previsti per l'acqua potabile.
(4-04470)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta immediata:


      GRIBAUDO, ENRICO BORGHI, CECCANTI, DE MARIA, DE MENECH, FIANO, FRAGOMELI, MELILLI, POLLASTRINI, RACITI e VISCOMI. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

          la salvaguardia e la valorizzazione delle zone interne e montane riveste carattere di preminente interesse nazionale e, in generale, a tale scopo concorrono lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali;

          purtroppo in queste zone del Paese si registra un progressivo e perdurante peggioramento degli indicatori economici e demografici. La Relazione annuale sulla Strategia nazionale per le aree interne del dicembre 2018 ci ricorda che, tra il 2001-2011, per le aree nel loro complesso vi è stato un calo demografico pari a –4,4 per cento, confermato anche nell'intervallo 2011-2016, con una diminuzione del –2,3 per cento. Mentre il resto del Paese, negli stessi periodi, ha registrato un incremento pari al 4,3 per cento;

          è vero che da ultimo la legge di bilancio per il 2020 ha incrementato di 200 milioni di euro – di cui 60 milioni per il 2021 e 70 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023 – le risorse nazionali destinate alla «Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese» a valere sul fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie. Il rifinanziamento disposto dalla disposizione in esame integra le risorse nazionali attualmente stanziate, per un complesso di risorse che ammontano ora, per il periodo 2015-2023, a 481,2 milioni di euro;

          la stessa legge di bilancio ha istituito un fondo speciale per le aree interne, che stanzia 90 milioni di euro per il triennio 2020/2022 –:

          quali siano le misure che si intendano adottare per contrastare i fenomeni di spopolamento delle aree interne, di abbandono del territorio e di impoverimento del tessuto socio economico.
(3-01242)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


      MORETTO, MOR e MIGLIORE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          è stata fissata al 20 gennaio 2020 la data per il nuovo incontro al Ministero dello sviluppo economico sulla vertenza della Whirlpool di Napoli, ma la convocazione ufficiale ancora non c'è;

          il Ministro interrogato ne aveva parlato al termine dell'ultima riunione, il 27 novembre 2019, con sindacati, azienda e regione Campania, confidando evidentemente che le parti continuassero a monitorare lo scenario di una possibile soluzione per poi discuterla e approfondirla al tavolo ministeriale;

          l'azienda Whirlpool ha inviato, come richiesto al Ministero dello sviluppo economico, il dossier sul futuro dello stabilimento, confermando la data del 30 marzo 2020 per concludere la propria esperienza produttiva e ribadendo al tempo stesso la disponibilità a proseguire il dialogo con gli svizzeri di Prs, gli unici che si sono detti interessati ad un progetto di riconversione dell'impianto ma finora mai ascoltati e in ogni caso bocciati subito da lavoratori e sindacati;

          la sede napoletana dell'azienda non sembra attrarre i nuovi investimenti dall'esterno, a riprova delle enormi difficoltà in cui la vertenza si sta sviluppando, con incognite pesanti per la salvaguardia di tutti i livelli occupazionali;

          le ipotesi in campo per l'azienda sono la proposta avanzata dalla regione Campania diretta a garantire un futuro produttivo all'impianto, un accordo di programma da 20 milioni di euro, il coinvolgimento di Invitalia e Confindustria, un piano di riqualificazione del personale, una linea di priorità per l'utilizzo di vantaggi fiscali relativi alla presenza in area Zes e finanziamenti in ricerca e sviluppo;

          la Whirlpool ha tuttavia manifestato la propria disponibilità ad una richiesta di cassa integrazione fino a novembre 2020, ipotesi che potrebbe garantire un margine più ampio per definire una via d'uscita dall’impasse attuale;

          si potrebbe in tal modo definire un accordo con un nuovo partner industriale e la nascita di una «newco» sostenuta dal finanziamento dei 20 milioni di euro sopra richiamati –:

          se il Ministro interrogato possa fornire una data ufficiale per un incontro con l'azienda Whirlpool e, in caso positivo, quali iniziative intenda porre in essere per mettere in salvo l'azienda.
(5-03378)


      ANDREUZZA, BINELLI, COLLA, DARA, GALLI, GUIDESI, PETTAZZI, PIASTRA, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, VINCI e ZOFFILI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          l'Italia è il secondo maggior produttore dopo la Germania dei prodotti packaging, con 12 miliardi di euro di fatturato l'anno e 3 mila aziende che operano nel settore;

          l'area «Lover» – Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna – da sola vale quasi il 60 per cento dell'industria nazionale della trasformazione di plastica. Se si aggiunge il Piemonte ci si avvicina al 70 per cento della produzione italiana: significa che il 70 per cento della «plastic tax» graverà sempre sulle solite quattro regioni industriali, quelle che tenacemente trainano il prodotto interno lordo del Paese;

          la via Emilia, in particolare, è da anni ribattezzata la culla della Packaging valley, in quanto ospita il maggior numero di aziende del comparto in Italia, precisamente 230 e un fatturato annuo di 5 miliardi di euro, pari al 63 per cento del giro di affari nazionale;

          l'introduzione della «plastic tax» mette oggi a repentaglio duemila piccole e medie aziende, con un aumento del 60 per cento del costo di approvvigionamento della plastica e, come stimato da Federconsumatori, un inevitabile aumento della spesa delle famiglie di ben 140 euro all'anno;

          molte aziende hanno espresso forti preoccupazioni per la nuova imposta che unitamente ad altre misure sfavorevoli – si pensi alla «sugar tax» – approvate nella scorsa sessione di bilancio ha indotto diversi colossi della produzione industriale a correre ai ripari: Coca Cola Italia, ad esempio, ha già annunciato un piano di intervento che prevede un aumento dei prezzi delle bibite e un blocco degli investimenti nel nostro Paese per il prossimo anno. La «plastic tax» preoccupa pure il Gruppo San Pellegrino, già pronto a bloccare gli investimenti in Italia e a rivedere l'organizzazione dei propri stabilimenti. L'azienda ha stimato un calo della produzione pari al 7 per cento per quanto riguarda l'acqua minerale e del 14 per cento sulle bibite. Anche la San Benedetto di Scorzè, primo gruppo nazionale del beverage, ha calcolato l'impatto delle nuove imposte che potrebbe determinare costi aggiuntivi per 100 milioni di euro e una contrazione dei consumi fino al 20 per cento –:

          se il Ministro interrogato abbia già effettuato un monitoraggio sulle conseguenze in termini produttivi dell'applicazione delle citate disposizioni e quali iniziative intenda adottare per supportare le aziende italiane del packaging e riattivare gli investimenti delle più grandi realtà industriali operanti sul territorio nazionale.
(5-03379)


      FIORINI, BARELLI e PORCHIETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la plastic Tax, di 45 centesimi al chilogrammo sui prodotti di plastica monouso che il Governo ha inserito nella legge di bilancio, entrerà in vigore dal luglio 2020, colpendo un settore avanzato del sistema produttivo nazionale;

          l'Italia è il secondo Paese dell'Unione europea nella produzione delle plastiche trasformate (14 per cento) e lavora poco meno di 7 milioni di tonnellate di plastica l'anno. Le imprese di settore sono oltre 2.000 e impiegano 50.000 lavoratori;

          in particolare, in Emilia Romagna, l'impatto economico sarà più amplificato che altrove per la fortissima concentrazione dei costruttori di macchinari per il confezionamento e l'imballaggio. In regione i settori che hanno la plastica come materiale chiave del processo, rappresentano oltre il 60 per cento dei volumi, dalle bottiglie, alle pellicole avvolgi-pallet, alla plastica destinata agli alimenti;

          nella packaging valley emiliana operano quasi due aziende su tre di questo specifico comparto produttivo nazionale e garantiscono in regione quasi 20 mila posti di lavoro e 5 miliardi di euro di fatturato l'anno. Numeri che, se sommati agli oltre 16 mila addetti delle circa 230 imprese di trasformazione plastica emiliane (le quali generano più di 3,5 miliardi di euro di ricavi e realizzano il 40 per cento della produzione europea degli imballaggi destinati agli alimenti), danno la misura della rilevanza che riveste la filiera della plastica, in modo diretto o indiretto, nella regione. Senza contare tutta l'industria chimica a monte, dal polo Eni di Ravenna a quello LyondellBasell di Ferrara;

          secondo le organizzazioni imprenditoriali emiliane in gioco ci sono oltre 36 mila posti di lavoro e più di 8 miliardi di euro di giro d'affari che avrebbero vita più facile traslocando oltreconfine, dove non ci sono maggiori imposte meramente destinate a sanare i conti pubblici, incidendo sull'equa concorrenza;

          la regione Emilia-Romagna, che si è espressa criticamente nei confronti della nuova imposta, si sta muovendo in direzione del «plastic free» con uno specifico piano nel quale si parte dall'assunto che per ridurre l'uso di plastica bisogna incentivare tecnologie e consumi ecosostenibili e non penalizzare la competitività delle imprese e le tasche dei cittadini –:

          quali iniziative di competenza intenda intraprendere a favore della filiera produttiva legata al ciclo della produzione e trasformazione della plastica nella regione Emilia Romagna, come descritta in premessa.
(5-03380)


      NARDI, BENAMATI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA e ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          nel corso dell'audizione presso la commissione attività produttive della Camera, il 30 ottobre 2019, il Ministro interrogato ha preannunciato – alla luce del monitoraggio e delle valutazioni sull'efficacia delle misure introdotte dal Piano nazionale impresa 4.0 e della necessità di supportare la trasformazione tecnologica del tessuto produttivo italiano anche in chiave di sostenibilità ambientale – l'intenzione di apportare alcune modifiche al piano, e successivamente, al Ministero dello sviluppo economico, è stata prospettata anche una revisione delle misure relative ai settori tessile e moda, calzaturiero, occhialeria, orafo, mobile e arredo e della ceramica per la concezione e realizzazione dei nuovi prodotti e campionari;

          la nuova disciplina nel settore, introdotta con la legge di bilancio 2020 opera per il periodo successivo al 31 dicembre 2019 e si sostituisce a quella di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013;

          in particolare, il comma 202 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2020 indica come spese ammissibili le attività di design e ideazione estetica svolte dalle imprese dei settori precedentemente citati –:

          quale sia l'ambito applicativo delle misure citate in premessa in particolare per quanto riguarda i nuovi prodotti e i campionari.
(5-03381)


      ZUCCONI e ACQUAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la legge di bilancio 30 dicembre 2018, n. 145, all'articolo 1, comma 686, è intervenuta per escludere dal campo di applicazione del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante attuazione della cosiddetta «Direttiva Bolkestein» 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, il commercio su aree pubbliche;

          la norma ha impedito che al commercio su aree pubbliche possano essere applicate norme sui requisiti soggettivi (di onorabilità e professionali) per l'accesso e l'esercizio dell'attività, con gravi conseguenti rischi inerenti alla sicurezza e ad esigenze di formazione, anche in relazione alla salute umana;

          la disposizione in questione ha abrogato l'intero articolo 70 del decreto legislativo n. 59 del 2010, ciò che ha comportato implicitamente la soppressione di alcune norme proprie della disciplina di settore coerenti con i princìpi di diritto comunitari e ormai acquisite a livello della legislazione statale da tempo, lasciando così importanti vuoti normativi;

          l'esclusione del commercio su aree pubbliche dal campo di applicazione del decreto legislativo n. 59 del 2010 ha lasciato nell'indeterminatezza la soluzione della problematica;

          alcune regioni (Toscana, Piemonte) hanno provveduto, con proprie disposizioni, all'automatica riassegnazione delle concessioni ai prestatori uscenti, e a stabilire la regola del tacito rinnovo;

          l'eventuale creazione di «sistemi» regionali diversi che regolano la materia delle concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio su aree pubbliche determinerebbe di fatto una situazione di grave paralisi del settore, già di per sé minato dalla sfavorevole congiuntura che colpisce da alcuni anni la distribuzione «tradizionale» surclassata da grande distribuzione e commercio on line –:

          se il Governo, per esigenze di certezza del diritto e di omogeneità di applicazione delle regole sul territorio nazionale intenda adottare iniziative per tutelare le categorie del commercio interessate.
(5-03382)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GASTALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la camera di commercio di Cuneo, Uncem e Anci Piemonte, hanno recentemente denunciato gli ormai cronici ritardi per il collegamento internet veloce a banda ultra larga. In particolare, è stato evidenziato che la connessione manca, la linea cade: in queste condizioni è impossibile per un comune o un'azienda innovare processi o digitalizzarli;

          il 3 marzo 2015 il Governo, per soddisfare gli obiettivi fissati dall'Agenda digitale europea entro il 2020, ha approvato la «Strategia italiana per la banda ultralarga», che prevede la copertura dell'85 per cento della popolazione con infrastrutture in grado di veicolare servizi a velocità pari o superiori a 100 Mbps, garantendo al contempo al 100 per cento dei cittadini l'accesso ad Internet ad almeno 30Mbp;

          a tal proposito, Infratel Italia ha bandito due gare pubbliche per il cablaggio di 271 città dei cluster A e B, nonché dei 6.753 comuni inclusi ad oggi nelle aree bianche dei cluster C e D;

          Open Fiber s.p.a. (società a partecipazione paritetica tra Enel spa e CdP Equity s.p.a.) ha avviato un piano per la realizzazione di un'infrastruttura in fibra ottica, su scala nazionale, provvedendo alla realizzazione della rete in fibra ottica, o mediante un investimento privato, stipulando apposite convenzioni con i comuni interessati dagli interventi o con un finanziamento pubblico nelle cosiddette «zone bianche» – cioè aree individuate come «a fallimento di mercato» – in quanto operatore individuato come concessionario all'esito di procedure di gara avviate da Intratel s.p.a. (soggetto in house del Ministero dello sviluppo economico);

          il divario digitale continua a rappresentare un'emergenza nei centri montani e le zone marginali del Piemonte dove il programma «BUL» continua ad accumulare ritardi. In particolare a livello regionale è stato effettuato un investimento di 284 milioni di euro per cablare 1.206 centri garantendo una velocità su internet fino ad 1 Giga;

          il piano fino ad oggi ha raggiunto unicamente 122 centri urbani e, secondo l'ultimo cronoprogramma, risultano sospesi 141 cantieri e 667 dovrebbero essere ipoteticamente cablati nell'anno 2020. Secondo le istituzioni locali si tratta di uno dei peggiori risultati a livello nazionale;

          secondo una ricerca dell'università di Padova, il 42,3 per cento degli italiani sarebbe disposto a lasciare il proprio Paese per cercare nuove opportunità lavorative, per avere servizi per il tempo libero e i consumi allineati con il livello europeo e per disporre di una migliore connettività e accessibilità a internet. In particolare, nelle aree non raggiunte dai collegamenti internet «ultra veloci» ci sono imprese più piccole, un maggior numero di disoccupati e un tasso di mortalità delle aziende superiore alla media nazionale;

          nei comuni area bianca tra il 2011 e il 2018, la popolazione è diminuita di 118 mila persone pari a un calo dell'1,1 per cento. La popolazione dei comuni coperti è aumentata invece del 2,8 per cento un totale di 902 mila persone in più durante gli ultimi 7 anni. Il 54 per cento degli addetti che lavorano in comuni area bianca sono occupati in unità locali con meno di 10 addetti, percentuale che arriva al 79 per cento se si contano tutte le aziende con meno di 50 addetti. Nei comuni coperti, invece, i lavoratori di aziende con meno di 50 addetti sono circa il 70 per cento –:

          se, alla luce del forte ritardo accumulato dal concessionario nella realizzazione della rete pubblica a banda ultralarga, intenda intraprendere iniziative volte ad accelerare l'esecuzione dei lavori, anche al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi – oggi molto lontani – della «Strategia italiana per la banda ultralarga» entro il 2020.
(4-04464)


      EPIFANI e ROSTAN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          Tirrenia di Navigazione è stata una società italiana di trasporti marittimi a controllo statale; con le sue navi merci e passeggeri collegava diversi porti italiani e del Mar Mediterraneo, garantendo, inoltre, la continuità territoriale con le isole durante tutto l'arco dell'anno;

          la società venne fondata il 21 dicembre 1936 a Napoli, con sede principale all'interno del Palazzo Caravita di Sirignano;

          durante la seconda guerra mondiale perse quasi completamente l'intera flotta. A partire dagli anni Cinquanta, la società si espanse commissionando la costruzione di numerose navi per affrontare le richieste di trasporto dovute alla motorizzazione degli italiani e al cambiamento del loro stile di vita;

          dal novembre 2008 il Governo diede inizio alle procedure per la privatizzazione della Tirrenia: la gara per l'acquisto veniva vinta nel maggio 2011 dalla Compagnia italiana di navigazione (Cin), composta da gruppo Grimaldi, Moby Lines e Marinvest;

          nell'aprile 2012 la nuova Cin, composta dal Fondo Clessidra, dall'armatore Vincenzo Onorato assieme ad altri investitori privati, si aggiudicò definitivamente l'azienda di Stato;

          nel 2015 con un bond da 300 milioni di euro quotato alla borsa del Lussemburgo, Onorato Armatori riassettava la propria società «Moby» e acquisiva il 100 per cento di Compagnia italiana di navigazione (Cin)-Tirrenia;

          alla fine del 2015, dei 380 milioni di euro complessivi, Onorato doveva pagare ancora 180 milioni in tre rate equivalenti (scadenza 2016, 2019, 2021) e una tranche da 62 milioni, cui erano state legate a garanzia le navi della flotta;

          Cin chiese e ottenne di pagare anticipatamente questa posta in cambio della cancellazione delle ipoteche sulle navi; con tale manovra svincolò le ipoteche, iniziando la vendita della flotta e non liquidò le 2 rate scadute 2016 e 2019;

          sul piano occupazionale la Onorato Armatori ha ridimensionato le garanzie contrattuali del personale navigante attraverso una diminuzione di contratti a tempo indeterminato in favore di una precarizzazione del lavoro;

          secondo i sindacati, la gestione della Onorato Armatori si sarebbe caratterizzata per un preciso disegno di svuotamento dell'autonomia gestionale di Cin dislocando presso la sede di Milano della «Moby» i settori operativi della società e privando Napoli del centro decisionale e della possibilità di essere volano di sviluppo per le imprese soprattutto meridionali che gravitavano nell'area degli appalti per le manutenzioni e le forniture alle navi della flotta;

          Cin-Tirrenia, controllata dall'armatore Moby riconducibile a Vincenzo Onorato, opera in regime di continuità territoriale con le maggiori isole italiane, assicurando il collegamento grazie a una convenzione dello Stato che vale 72 milioni di euro;

          la convenzione è in scadenza a luglio 2020 e bisognerà decidere se procedere alla proroga o al rinnovo della convenzione o alla messa a gara;

          pendente c'è anche un provvedimento dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato che ha sanzionato per 29 milioni di euro l'armatore per abuso di posizione dominante per le tratte sarde;

          il quadro è ulteriormente complicato dalla situazione finanziaria di Moby, che appare in grossa difficoltà;

          per Tirrenia-Cin c'è il rischio di 1.000 esuberi tra il personale marittimo dal 2020 e della chiusura della sede amministrativa di Napoli, con il trasferimento coatto di tutto il personale nelle sedi di Portoferraio, Livorno e Milano;

          contro questo scenario Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti a seguito dell'incontro con Tirrenia-Cin, hanno già proclamato lo stato di agitazione –:

          se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga, e in che termini, di garantire una propria iniziativa in relazione alla situazione, soprattutto a salvaguardia dei posti di lavoro, che appaiono fortemente a rischio.
(4-04466)

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della mozione D'Alessandro n. 1-00302, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 276 dell'11 dicembre 2019.

      La Camera,

          premesso che:

              nella seduta di interrogazioni a risposta immediata in Assemblea del 9 ottobre 2019 è stato sollevato il caso dell'ormai drammatica situazione di carenza di segretari comunali che rischia di paralizzare lo svolgimento dell'ordinaria attività amministrativa e il buon andamento degli uffici pubblici in numerosissimi comuni, assumendo i caratteri di una problematica di portata nazionale, in quanto vi sono regioni in cui più del 50 per cento dei comuni risulta sprovvisto di tale figura;

              ripetutamente, e in diverse sedi istituzionali, l'Anci ha sottolineato al Governo, al consiglio direttivo dell'Albo dei segretari comunali e provinciali, nonché in Conferenza Stato-città, l'emergenza che riguarda, soprattutto, i segretari di fascia C in molti ambiti regionali e nei comuni colpiti dai più recenti eventi sismici;

              il corso-concorso «Coa 6» del 2017 è ancora solo alla conclusione della fase preselettiva e l'indizione di un nuovo concorso «Coa 7» è anch'esso in fortissimo ritardo. Tale lentezza aggrava ulteriormente la carenza negli organici e amplifica l'attuale lunghezza della procedura di reclutamento del corso-concorso, circostanza che evidenzia, ancor di più, come il concorso «Coa 6», attualmente in espletamento, che porterà all'inserimento di 224 nuovi segretari comunali, non possa ritenersi idoneo a ovviare alle più ampie e strutturali carenze che caratterizzano attualmente la categoria;

              si continua a registrare un crescente fabbisogno di segretari comunali e le procedure concorsuali di cui sopra non soddisferanno, se non in minima parte, il fabbisogno delle sedi oggi vacanti, posto che, su tutto il territorio nazionale, solamente il 40 per cento degli enti locali risulta dotato di un segretario comunale e nei piccoli comuni le sedi vacanti sono più di 1.400, a fronte di un trend che vede il numero di segretari comunali ridursi, dal 2010 a oggi, di circa 700 unità;

              le carenze di segretari comunali verranno pure ulteriormente aggravate dai pensionamenti anticipati consentiti da «quota 100», i quali aumenteranno in maniera assai preoccupante il trade-off negativo che continua a registrarsi nel turn over dei segretari comunali;

              tale drammatica situazione rischia di provocare una seria paralisi dell'attività amministrativa e la messa in discussione della stessa figura dei segretari comunali, i quali, oltre a interpretare un ruolo fondamentale nella preparazione ed esecuzione delle deliberazioni del consiglio e della giunta, espletano funzioni che assumono un valore strategico per la stessa azione amministrativa dell'ente, nonché per l'attività negoziale e contrattuale dello stesso, con inesorabili riflessi sul funzionamento dello stesso, in termini di efficacia ed efficienza;

              soprattutto i piccoli comuni risultano spesso sprovvisti di segretari comunali per via del fatto che questi ultimi rifiutano la sede vacante, per ragioni di distanza dalla sede lavorativa o perché non di loro gradimento, lasciando pertanto detti comuni senza una figura essenziale al loro stesso funzionamento, con riflessi sul complesso delle attività degli enti locali – sia in termini di servizi che di prestazioni – e andando a incidere sul tessuto socioeconomico del territorio, condizionando la stessa capacità dell'ente di ottemperare ai programmi di sviluppo nazionale stabiliti a livello centrale e, sostanzialmente, bloccando anche le più basilari facoltà gestionali dei comuni;

              del tutto necessario appare un intervento sulla normativa dettata in materia di segretari comunali;

              l'urgenza di far fronte alla carenza di segretari comunali, soprattutto per quanto concerne i piccoli comuni, rende indispensabile il vaglio di forme ulteriori di reclutamento dei segretari comunali rispetto al corso-concorso, come la previsione della possibilità, per i piccoli comuni, di ovviare al perdurare della mancanza di segretari comunali, attingendo da personale qualificato della pubblica amministrazione,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative urgenti per affrontare e gestire la grave carenza di segretari comunali sopra descritta e, in particolare, a valutare con la massima urgenza un'iniziativa normativa che miri a superare e correggere le criticità del corso-concorso, attraverso una semplificazione e velocizzazione delle procedure selettive;

2) ad adottare iniziative per individuare, in via temporanea, figure che possano garantire la reggenza delle sedi vacanti sopperendo al perdurare della mancanza di segretari comunali, da reperire tra personalità qualificate interne alla pubblica amministrazione, in modalità tali da garantire l'effettiva copertura delle carenze e la continuità della prestazione, e tra coloro che abbiano svolto le funzioni di vice segretario comunale presso enti locali e siano in possesso dei titoli di studio richiesti dalla normativa;

3) a valutare la possibilità per i piccoli comuni di adottare le iniziative di competenza affinché la spesa per i segretari comunali sia posta a carico del bilancio del Ministero dell'interno;

4) ad assumere iniziative volte al potenziamento degli organici dei segretari comunali, anche attraverso la partecipazione al corso per gli attuali idonei, e prevedendo al contempo che i vice segretari comunali, laddove nominati, operino in costante raccordo con i soggetti titolari.
(1-00302) «D'Alessandro, Fornaro, Macina, Melilli, Ruffino, Iezzi, Silvestroni, De Filippo, Marco Di Maio, Ferri, Occhionero».

Ritiro di documenti di indirizzo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

          mozione Iezzi n. 1-00306 dell'8 gennaio 2020;

          mozione Ruffino n. 1-00309 dell'8 gennaio 2020;

          mozione Lollobrigida n. 1-00310 dell'8 gennaio 2020.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

          interrogazione a risposta in Commissione Grippa n. 5-03298 del 17 dicembre 2019;

          interpellanza Zolezzi n. 2-00606 del 22 dicembre 2019.