XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 29 gennaio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,

          premesso che:

              il regolamento europeo 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, ha disciplinato i requisiti generali del sistema dell'etichettatura alimentare, fissando le caratteristiche generali relative all'informazione sugli alimenti e alle responsabilità degli operatori del settore alimentare e stabilendo altresì l'elenco delle indicazioni obbligatorie che devono essere riportate;

              in data 8 febbraio 2018 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 231 (entrato in vigore il 9 maggio 2018), recante la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, e relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori;

              il sistema di etichettatura dei prodotti alimentari ha comunque registrato nel settore produttivo e commerciale uno sviluppo e un'applicazione importante, seppur diversificati, in termini di metodologie e modelli informativi nutrizionali adottati e in uso tra gli operatori del settore alimentare nei diversi Stati membri;

              i più noti e diffusi modelli e metodi di etichettatura comprendono il «Nordic Key Hole», in uso da circa 30 anni soprattutto nei Paesi scandinavi (che classifica su scala cromatica le informazioni nutrizionali relative ai relativi alimenti), il modello «Traffic light o a Semaforo», adottato nel Regno Unito prendendo spunto dal modello scandinavo precedentemente citato, che abbina la composizione principale dei 5 valori nutrizionali (calorie, grassi, sale, grassi saturi, zuccheri su 100 grammi di prodotto) ad uno dei tre colori tra rosso, giallo e verde; e ancora, l'Enl («Evolved Nutrition Label», o «etichetta nutrizionale evoluta»), promossa da sei multinazionali del settore alimentare, progetto però arenato a causa delle pesanti critiche da parte di esperti e associazioni dei consumatori;

              tra le varie tipologie di etichettatura alimentare sperimentate e sviluppate all'interno dell'Unione europea, il cosiddetto «Nutri-Score», sviluppato da un centro di ricerca francese e riconosciuto dal Governo francese, è quello intorno al quale si è incentrato in misura importante il recente dibattito politico-economico ed internazionale negli ultimi mesi;

              la questione ha assunto crescente rilevanza specie in relazione alla petizione, promossa da un'associazione dei consumatori francese (UFC-Que Choisir) attraverso lo strumento della «iniziativa dei cittadini europei», mediante la quale i proponenti chiedono testualmente alla Commissione europea di «imporre l'obbligo di un'etichettatura semplificata “Nutriscore” sui prodotti alimentari, al fine di tutelare la salute consumatori e garantire che vengano loro fornite le informazioni nutrizionali di qualità»;

              il citato «Nutri-score» – la cui imposizione obbligatoria a tutti gli Stati membri, da parte della Commissione europea, è richiesta e desiderata dai promotori della petizione – è il sistema di etichettatura dei prodotti alimentari sviluppato in Francia, che semplifica l'identificazione dei valori nutrizionali di un prodotto alimentare utilizzando due scale correlate: una cromatica, divisa in 5 gradazioni dal verde al rosso, ed una alfabetica comprendente le cinque lettere dalla A alla E;

              tale strumento, è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori francesi denominato Eren («Equipe de Recherche en Epidémologie Nutritionnelle») e consiste in un sistema a punteggio, il cui fondamento sono le tabelle nutrizionali della Food Standards Agency del Regno Unito: un modello, quest'ultimo, che a sua volta, peraltro (come dimostrato da autorevoli studi), non darebbe alcuna certezza nello stabilire il nesso tra il tipo di alimento e i rischi concreti per la salute;

              «Nutri-score» è, inoltre, un marchio registrato presso l'Euipo, vale a dire, l'ufficio per la tutela della proprietà intellettuale dell'Unione europea, dall'Ansp, dall'Agenzia francese per la sanità pubblica (Agence nationale de santé publique), ente amministrativo pubblico sotto l'autorità del Ministero della salute francese;

              la citata iniziativa ha suscitato – comprensibilmente – forti reazioni, a livello internazionale, oltre che nel mondo politico, anche nel settore scientifico, economico e produttivo e tra le associazioni dei consumatori, con particolare riferimento a quei profili e rilievi di perplessità, preoccupazione e giustificato allarme sotto diversi profili:

                  a) dal punto di vista scientifico, riguardo alla effettiva idoneità – non pacificamente riconosciuta e anzi oggetto di numerose perplessità – della stessa metodologia «Nutri-score», a fornire informazioni nutrizionali e qualitative sugli alimenti realmente in grado di supportare la finalità di tutela della salute dei consumatori;

                  b) dal punto di vista economico, con riferimento al prevedibile impatto negativo che un simile sistema di etichettatura potrebbe generare sull'economia nazionale di quei Paesi, come in primis, l'Italia, per i quali il comparto alimentare con le sue eccellenze universalmente riconosciute rappresenta il settore di punta ed una delle principali componenti del prodotto interno lordo: economie che, evidentemente, risulterebbero fortemente penalizzate e svantaggiate dalla irragionevole ipotesi dell'introduzione obbligatoria e coatta di un simile sistema informativo;

              alla luce delle diverse considerazioni avanzate da più voci del mondo scientifico, economico, produttivo e politico, il sistema di etichettatura in argomento sarebbe invero molto distante dalla finalità dichiarata, volta ad un presunto e generico perseguimento di obiettivi di tutela della salute dei consumatori, mentre più verosimilmente ad avviso dei firmatari del presente atto appare molto più vicina ad uno sfacciato, quanto maldestro ed intollerabile, tentativo di pressione politica sulle istituzioni europee mascherato da «politica salutista»;

              si tratta di un tentativo, peraltro, facilmente riconducibile all'iniziativa governativa di un singolo Stato membro, la Francia, a suo palese ed evidente vantaggio e ad altrettanto evidente e palese svantaggio di quegli Stati membri che, in ragione dell'elevata qualità e dei livelli di eccellenza della propria produzione alimentare (produzione che per quanto riguarda l'Italia, non conosce rivali), risultano fortemente competitivi;

              il rischio insito in questo sistema è quello dell'emergenza formale, in sede europea, di una politica economica e commerciale, oltre che sleale, anche ostile e aggressiva, idonea ad alterare la concorrenza del mercato, favorendo alcune economie e penalizzandone altre, in netta contrapposizione, peraltro, con i valori e le finalità istitutive e fondative dell'Unione europea che, vale la pena ricordare, perseguono ben altri obiettivi di rafforzamento della coesione economica e solidarietà tra gli Stati membri e dell'innalzamento dei livelli di benessere e del tenore di vita dei cittadini europei, in una logica di integrazione e solidarietà,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi vigorosamente in sede europea mediante l'attivazione di tutti gli strumenti utili a contrastare l'ipotesi di adozione del «Nutri-score» quale sistema di etichettatura uniforme suscettibile di veicolare messaggi nutrizionali distorsivi e potenzialmente penalizzanti e dannosi per l'economia nazionale;

2) ad adottare iniziative per preservare e tutelare il settore alimentare italiano e le eccellenze del made in Italy da possibili effetti distorsivi sulla concorrenza e sulla leale competizione economica internazionale di politiche europee e interne al mercato comune sviluppate sulla base di iniziative di singoli Governi di altri Stati membri e connotate da non trascurabili elementi di ostilità e aggressività, come nel caso del «Nutri-score»;

3) a proporre alternativamente, in sede europea, un sistema di etichettatura dei prodotti alimentari idonea a rilanciare la fondamentale esigenza di diffondere la dieta mediterranea, riconosciuta a livello mondiale dall'Unesco come bene immateriale transnazionale, e a integrare la proposta italiana di un'etichettatura a batteria per gli alimenti con un richiamo visivo a tale dieta;

4) a promuovere, sia in sede europea che internazionale e globale, il riconoscimento dell'importanza delle specificità alimentari a marchio Dop e Igp ed il loro profondo valore culturale, oltre che alimentare, promuovendo etichettature specifiche che valorizzino tali prodotti e li escludano o li esentino dall'obbligo di adottare sistemi che non li distinguono da qualsiasi altro prodotto alimentare privo delle caratteristiche peculiari e irripetibili che li contrassegnano.
(1-00319) «Meloni, Lollobrigida, Luca De Carlo, Caretta, Ciaburro, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Risoluzioni in Commissione:


      La VIII e XIII Commissione,

          premesso che:

              la problematica relativa alla presenza ingente di rifiuti in ambiente marino – secondo quanto riportato nella relazione del Governo in merito alla proposta di direttiva sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, trasmessa al Parlamento nel giugno del 2018 – ha negli ultimi tempi assunto le dimensioni preoccupanti, considerato che le materie plastiche sono le componenti principali dei rifiuti marini, che si stima rappresentino fino all'85 per cento dei rifiuti marini trovati lungo le coste (beach litter), sulla superficie del mare e sul fondo dell'oceano (marine litter);

              si stima che vengano prodotte annualmente, a livello mondiale, 300 milioni di tonnellate di materie plastiche, di cui almeno 8 milioni di tonnellate si perdono in mare ogni anno;

              al fine di frenare il consumo di plastica monouso e il marine litter, in linea con gli obiettivi enunciati nella Comunicazione «Strategia europea per la Plastica nell'economia circolare», l'Unione europea ha emanato la direttiva 2019/904/UE sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, che dovrà essere recepita dai Paesi membri entro il 3 luglio 2021;

              a tale proposito la predetta direttiva cita nei «considerando» che «i prodotti di plastica monouso e gli attrezzi da pesca contenenti plastica sono pertanto un problema particolarmente serio nel contesto dei rifiuti marini, mettono pesantemente a rischio gli ecosistemi marini, la biodiversità e la salute umana, oltre a danneggiare attività quali il turismo, la pesca e i trasporti marittimi»;

              inoltre, la direttiva 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio, imporrà per quanto riguarda i regimi di responsabilità estesa del produttore, che gli Stati membri provvedano a che i produttori di attrezzi da pesca contenenti plastica coprano i costi della raccolta differenziata dei rifiuti dei suddetti attrezzi quando sono dismessi e conferiti a impianti portuali di raccolta adeguati in conformità della direttiva (UE) 2019/883 o ad altri sistemi di raccolta equivalenti che non rientrano nell'ambito di applicazione della citata direttiva, nonché i costi del successivo trasporto e trattamento;

              il programma di misure della strategia marina italiana, in attuazione dell'articolo 13 della direttiva quadro 2008/56/ CE, recepita dal decreto legislativo n. 190 del 2010, prevede la misura 10 che dispone la progettazione e realizzazione di misure volte a migliorare la gestione dei rifiuti generati dalle attività di pesca e acquacoltura, incluse le attrezzature dismesse, favorendone, laddove possibile, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero, al fine di prevenirne l'abbandono in mare o sui litorali. In particolare, si propone di ottimizzare le modalità di conferimento dei rifiuti generati dalle attività di pesca e acquacoltura, incluse le attrezzature dismesse, nell'ambito del sistema di smaltimento dei rifiuti nei porti di cui al decreto legislativo n. 182 del 2003, nel rispetto degli obblighi di conferimento stesso;

              è prevista, inoltre, l'implementazione di attività di informazione e sensibilizzazione rivolte a tutti gli attori coinvolti nell'intera filiera della pesca e dell'acquacoltura volte a prevenire la formazione dei rifiuti marini. In un quadro di gestione più ampio che includa strategie per diminuire l'impatto legato agli attrezzi da pesca abbandonati, si prevedono attività pilota legate all'utilizzo di materiale biodegradabile alternativo per i tramagli delle reti (esempio progetto Ipa-Ecosea) diminuendo così il costo socio-economico e per la conservazione dell'ambiente marino;

              la gestione dei rifiuti costituiti dai residui delle calze da mitilicoltura, ossia da tratti di rete in polipropilene dalla componente organica a questa aderente costituita da filamenti di bisso e residui conchigliari, è uno dei maggiori problemi che si trovano ad affrontare i mitilicoltori. Questa tipologia di rifiuto è generata nel corso delle varie fasi di lavorazione e, nel caso di una cattiva gestione, in maniera accidentale o intenzionale può esser gettata in mare e andare a far parte di quello che viene ormai comunemente denominato marine litter (rifiuto marino);

              l'antica mitilicoltura prevedeva l'utilizzo di fibre naturali per l'allevamento, ma la difficoltà nell'approvvigionamento di questo materiale e il minor costo di quello plastico hanno indotto a cambiare sia il metodo di innesto che le strutture degli impianti;

              ne è derivata una considerevole diffusione delle retine in plastica che, tuttavia, sono smaltite scorrettamente, abbandonate in situ, in parte per mancata formazione o sottovalutazione del danno ambientale prodotto, in parte per la dedotta mancanza di strutture a terra per il conferimento dei rifiuti;

              gli impatti che tali materiali plastici determinano, tuttavia, sono assai gravi primariamente dal punto di vista ecologico, in danno della fauna marina per intrappolamenti e ingestione e della intera catena alimentare per la prolungata permanenza delle macro-plastiche nell'ambiente marino che genera micro e nano-plastiche, creando un ottimo substrato per l'adesione di inquinanti organici (pesticidi, fungicidi, ftalati e altro) e inorganici (metalli pesanti) dispersi in mare. Non meno grave è l'impatto economico sia per le comunità umane che per il capitale naturale, ripercuotendosi inevitabilmente sul settore turistico e della pesca e sui costi di bonifica, necessari per operare la rimozione e lo smaltimento delle plastiche a tutela dell'ambiente e dell'ecosistema marino. Non da ultimo occorre considerare l'impatto sociale;

              la problematica delineata è grave e necessita di urgenti iniziative per affrontarla concretamente e risolverla;

              non una sola azione sarebbe opportuna, quanto piuttosto un approccio corale che muova dalla sensibilizzazione degli operatori del settore ma che si estenda al sostegno a sperimentare il recupero, il riciclo e il reimpiego delle retine utilizzate, all'adozione di adeguate strutture a mare e a terra per lo stoccaggio e l'allontanamento dei rifiuti plastici dai siti di produzione, fino alla sperimentazione nell'uso di materiali alternativi che impieghino nuovi polimeri che utilizzino materie prime biodegradabili (amido di mais, grano, tapioca, patate, fecola di patate o scarti vegetali), facilmente riciclabili o compostabili, purché risultino idonee sotto il profilo dell'efficacia rispetto a quelle tradizionali, per rendere più virtuoso il sistema di allevamento;

              la soluzione da cercare deve essere sostenibile sia dal punto di vista ambientale che da quello economico (ad esempio, deve richiedere tempi di lavorazione ragionevoli e deve essere adatta alle altre fasi lavorative, e altro) e, pertanto, richiede la stretta collaborazione tra enti di ricerca e produttori;

              occorre porre le basi per favorire l'uso di buone prassi nella gestione degli scarti di lavorazione, con particolare riguardo alle calze di polipropilene e alla sostanza organica associata, da parte dei molluschicoltori e dei vari enti coinvolti lungo la filiera di raccolta e smaltimento di tali materiali;

              occorre provvedere ad una chiara disciplina della gestione dei rifiuti speciali da mitilicoltura che prefigura la possibilità di gestire tale tipologia di rifiuto in maniera più semplificata, liberando gli operatori da alcuni adempimenti burocratici;

              una opzione da vagliare potrebbe esser rappresentata dalla possibilità, pur nella piena osservanza delle norme comunitarie e nazionali di settore, di gestire tale tipologia di rifiuto in maniera più semplificata e delegando anche a raggruppamenti di operatori, quali loro cooperative o consorzi, alcuni adempimenti burocratici, con particolare riferimento all'istituto del «circuito organizzato di raccolta» di cui all'articolo 183, comma 1, lettera pp), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

              a Rimini, si è tenuto un incontro sul tema della gestione dei rifiuti da acquacoltura e sul marin litter a cui ha partecipato un rappresentante di una azienda con sede in Danimarca, Plastix, che si occupa della raccolta e recupero dei materiali plastici utilizzati nella pesca e nell'acquacoltura;

              al momento, tuttavia, non esistono in Italia aziende in grado di ritirare e riciclare le reti per mitilicoltura come si è proposta Plastix, né imprese che effettuano trattamenti con la tecnica della pirolisi, anche se alcune imprese hanno affermato che intendono avviare questo tipo di attività;

              attualmente, in considerazione della mancanza nella maggior parte dei porti nazionali, specie quelli più piccoli, dell'applicazione del «piano di raccolta e gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui di carico», gli operatori operanti nei porti regionali provvedono a smaltire gli scarti da mitilicoltura conferendoli a strutture private o facendoli rientrare all'interno del sistema di gestione cittadino, previo accordo con le società deputate alla raccolta;

              ne deriva un possibile aggravio economico, senza considerare le difficoltà organizzative, costituite, a titolo esemplificativo, dall'assenza di isole ecologiche, o di depositi temporanei;

              in merito ai quantitativi di rifiuti conferiti occorre rilevare che i valori mutano a seconda di un insieme di fattori tra cui, principalmente, la modalità di vendita dei mitili, sfuso o in resta, e il grado di pulizia dei residui di calze, che possono portare a valori superiori di 3-4 volte quelli indicati. Nel primo caso, se i mitili sono venduti in resta, quindi senza staccare i mitili dalla calza, gran parte di queste saranno smaltite nel luogo di lavorazione, mentre se il prodotto è lavorato sul posto per renderlo sfuso i residui di calza risultanti vanno smaltiti in loco. Il grado di pulizia dei residui di calza è un fattore che può comportare un incremento di peso notevole, legato anche al fatto che lo «sporco» aderente è in genere costituito da filamenti di bisso o da scarti conchigliari che, oltre a conferire peso in quanto tali, trattengono acqua. Da prove effettuate in alcuni casi la percentuale di «sporco» può raggiungere oltre il 75 per cento del materiale conferito. Per tale motivo, anche in relazione ai costi di smaltimento, è consigliabile porre attenzione nel conferire il materiale il più pulito possibile;

              gli acquacoltori, in qualità di imprenditori agricoli, di cui all'articolo 2135 del codice civile, sono esonerati dall'obbligo di tenuta del registro di carico-scarico dei rifiuti. Tale registro è un documento che contiene tutte le informazioni relative alle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti prodotti, trasportati, recuperati, smaltiti e oggetto di intermediazioni. In base a quanto disposto dall'articolo 193 del decreto legislativo n. 152 del 2006, gli acquacoltori sono comunque tenuti alla detenzione e compilazione del rifiuto (Fir), documento che garantisce la tracciabilità del flusso dei rifiuti nelle varie fasi del trasporto, dal produttore o detentore al luogo di destinazione;

impegnano il Governo:

          ad assumere iniziative normative al fine di migliorare la qualità dei luoghi di produzione della risorsa ittica e favorire, anche attraverso il supporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l'adozione di pratiche e di sperimentazioni per favorire attività di pesca e acquacoltura sostenibili sotto il profilo ambientale, efficienti in termini di risorse, innovative e competitive;

          ad adottare iniziative di sensibilizzazione affinché gli utilizzatori di attrezzi da pesca contenenti plastica siano correttamente informati delle migliori prassi in materia di corretta gestione dei rifiuti e dell'impatto ambientale delle cattive prassi, anche a norma dell'articolo 13 della direttiva 2008/98/CE;

          ad assumere iniziative al fine di consolidare il rapporto di collaborazione tra il settore produttivo e i vari enti preposti alla gestione dei rifiuti per avviare il processo di recupero e riciclo delle materie plastiche che ne fanno parte, favorendo anche la conoscenza e la diffusione di tecniche innovative di raccolta e recupero;

          ad assumere iniziative normative per la gestione dei rifiuti speciali da mitilicoltura in maniera più semplificata, liberando gli operatori da alcuni adempimenti burocratici.
(7-00403) «Vianello, Gagnarli, Gallinella, Cadeddu, Cassese, Cillis, Cimino, Daga, Deiana, Del Sesto, D'Ippolito, Federico, Ilaria Fontana, Galizia, Licatini, Lombardo, Lovecchio, Maglione, Alberto Manca, Maraia, Marzana, Micillo, Parentela, Pignatone, Ricciardi, Terzoni, Varrica, Vignaroli, Zolezzi».


      Le Commissioni XII e XIII,

          premesso che:

              nella primavera 2020, la Commissione europea sarà chiamata a decidere in merito all'iniziativa dei cittadini europei con cui si chiede alla Commissione di imporre l'obbligo di un'etichettatura semplificata «Nutriscore» sui prodotti alimentari, secondo la procedura prevista dal regolamento (Ue) n. 788 del 2019 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 riguardante l'iniziativa dei cittadini;

              a norma dei trattati dell'Unione europea la Commissione europea può intraprendere azioni legali che abbiano come obiettivo l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno: tale iniziativa è stata pertanto ritenuta ammissibile dalla Commissione europea, e registrata l'8 maggio 2019, data a partire dalla quale decorre il periodo di un anno per la raccolta delle firme a sostegno dell'iniziativa da parte degli organizzatori;

              il sistema «Nutriscore» dell'etichettatura alimentare è stato adottato in Francia nell'ottobre 2017 con l'assunto di rendere l'etichettatura nutrizionale più leggibile e comprensibile, al fine di tutelare la salute dei consumatori e garantire che vengano loro fornite informazioni nutrizionali di qualità. Il sistema di etichettatura suddetto fornisce ai prodotti alimentari un punteggio in base alla quantità di nutrienti contenuti in 100 grammi di prodotto e consiste in un logo a colori composto da cinque lettere, dalla lettera «A», abbinata al colore verde scuro, per indicare la valutazione migliore, alla lettera «E», dal colore rosso, per indicare la peggiore. Tale valutazione è il risultato di un'analisi condotta sulla base dell'insieme dei principali ingredienti e nutrienti, riservando il bollino verde scuro agli alimenti ricchi di fibre e proteine e il bollino rosso agli alimenti più ricchi di grassi, zuccheri e sale;

              l'etichettatura a semaforo del «Nutri-score» è stata giudicata fuorviante e ingannevole per i consumatori, poiché prende in considerazione il singolo prodotto, indipendentemente dalle quantità assunte, e non esprime, al contrario, l'equilibrio nutrizionale che va ricercato tra i diversi alimenti che compongono la dieta giornaliera. Si tratta, inoltre, di un sistema che rischia di incidere negativamente su alcuni prodotti di qualità del Made in Italy, come il parmigiano reggiano il crudo di Parma e l'olio extra vergine di oliva che, se applicato il «Nutri-score», riceverebbero rispettivamente le lettere «D» «E» e «D» come valutazione, con ingenti danni per alcuni dei cibi più tipici della tradizione italiana e della dieta mediterranea;

              per quanto di conoscenza del firmatario del presente atto e stando alle notizie apparse su fonti di stampa, il Governo italiano avrebbe manifestato l'intenzione di presentare, alla Commissione europea, la proposta di un'etichettatura alternativa detta «a batteria» che, a differenza del sistema «Nutri-score», valuta il ruolo del singolo prodotto alimentare all'interno di una dieta. Infatti, in etichetta figura l'indicazione quantitativa del contenuto di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale di una singola porzione di un dato alimento, e, all'interno della «batteria», viene indicata la percentuale di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale, apportati rispetto alla quantità giornaliera di assunzione raccomandata. Pertanto, la parte carica della batteria indica quanto apportato dalla porzione del prodotto selezionato, mentre la somma di ciò che è raccomandato mangiare durante il giorno consente di riempire la batteria nella parte rimanente;

          il sistema italiano «a batteria», frutto del lavoro scientifico supportato dal contributo dei Ministeri della salute, degli affari esteri, delle politiche agricole e dello sviluppo economico, ha il merito di agevolare la scelta dei consumatori, attraverso indicazioni chiare e di facile comprensione, affinché i cittadini possano compiere scelte alimentari a beneficio della loro salute. Una buona cultura alimentare si basa sull'educazione e sulle scelte consapevoli dei consumatori, consentendo una dieta varia che non escluda alcun alimento, ma ne consenta il consumo secondo frequenze e porzioni adeguate,

impegnano il Governo

ad attivarsi, per quanto di competenza e nelle sedi ritenute opportune, affinché la Commissione europea, nell'ambito del dibattito sull'armonizzazione del sistema di etichettatura degli alimenti a livello europeo, tenga in adeguata considerazione la proposta italiana dell'etichettatura «a batteria» come il sistema da preferire nell'ottica di tutela della salute e delle abitudini alimentari dei cittadini, e sostenga il suddetto sistema per evitare ingiuste discriminazioni a danno di prodotti d'eccellenza del Made in Italy che il sistema del «Nutri-score» opererebbe.
(7-00404) «Ianaro, Del Sesto, Bologna, Nappi, Grippa».


      La VII Commissione,

          premesso che:

              la città di Taranto è tornata nelle ultime settimane sulle prime pagine di tutti i quotidiani in relazione alla continua contrattazione con l'azienda Ancelor Mittal per evitare l'abbandono del complesso siderurgico dell'ex Ilva. Si tratterebbe, indubbiamente, di un enorme danno economico per la città, che necessita invece di essere maggiormente valorizzata per quelli che sono i caratteri della sua identità che devono essere maggiormente potenziati;

              è con questa visione che le istituzioni hanno lavorato nell'arco del 2019 per la candidatura della città di Taranto ad ospitare i Giochi del Mediterraneo del 2026, con lo scopo di incentivare un importante cambiamento per l'immagine che Taranto riflette all'esterno, ripensandola come una realtà attiva, positiva, accogliente e ricca di opportunità;

              il 24 agosto 2019, a Patrasso, in Grecia, è stata ufficializzata l'assegnazione della XX edizione dei Giochi proprio a Taranto, ponendo fondamentali sfide per la città in termini di posizionamento forte nel Mezzogiorno e per mostrarsi capace di gestire e far funzionare una manifestazione complessa ed estesa come questa;

              a riprova della volontà di uno sforzo di ridefinizione dell'identità della città, il 14 dicembre 2019 è stato ufficialmente presentato il logo della ventesima edizione dei Giochi del Mediterraneo, considerato fortemente rappresentativo. Si tratta di due X stilizzate, che compongono il numero 20 scritto a caratteri romani, contraddistinte da un profilo antropomorfizzato, richiamando così le linee del monumento al marinaio che accoglie i popoli a Taranto, cuore del Mediterraneo; inoltre, le tinte utilizzate – il rosso ed il blu – sono ispirate proprio ai colori identitari della città, mentre il carattere ed i segni decorativi rievocano le origini greche;

              si ricorda, infatti, che la fondazione dell'antica Taras risale all'VIII secolo a.C.; sin da allora la città si è subito definita come potenza navale a controllo del suo Golfo, affermandosi come capitale della Magna Grecia. Nel corso dei secoli la sua potenza è cresciuta sino a dominare il Mediterraneo e ad influenzare la stessa Roma;

              inoltre, anche le radici del legame della città di Taranto con lo sport risultano avere una natura antica: Ikkos era il nome del primo atleta non greco, bensì proprio tarantino, a vincere nel 476 a.C. nella disciplina del Pentathlon alle Olimpiadi, diventando una vera e propria leggenda dell'antichità. La sua tomba, rinvenuta durante uno scavo, il 9 dicembre 1959, è conservata e custodita oggi presso il Museo archeologico nazionale di Taranto – il MarTa, eccellenza in campo culturale della città;

              il logo è stato mostrato per la prima volta durante la presentazione ufficiale del Piano strategico «Taranto Futuro Prossimo» realizzato dai tecnici dell'Agenzia regionale strategica per lo sviluppo ecosostenibile del territorio, grazie al quale si intende definire una attenta pianificazione al fine di uscire da anni di immobilismo, in cui Taranto è stata vista come una sorta di fabbrica a cielo aperto, e costruire – invece – una città impegnata a crescere e a dedicarsi al suo futuro attraverso nuove occasioni di sviluppo sui fronti ambientale, sociale, culturale, economico, sfruttando anche l'occasione dei Giochi;

              anche il Premier Giuseppe Conte ha riconosciuto l'importanza dei Giochi del Mediterraneo per Taranto, evidenziando come questi saranno l'occasione anche per dare una prospettiva di crescita ad una comunità che ha molto sofferto e che rientreranno a pieno titolo come parte integrante del cosiddetto «Cantiere Taranto», ossia la bozza del decreto-legge che contiene misure per la città destinate alla tutela del lavoro, allo sviluppo del sistema universitario e della ricerca, alla tutela della salute e dell'ambiente, al completamento dell'assetto delle infrastrutture, al sostegno all'attività economica nell'area;

              i Giochi, dunque, rappresenteranno un momento di inclusione e saranno un canale fondamentale per dare un segnale di attenzione del Paese per la città di Taranto attraverso lo sport, che dal punto di vista sociale rappresenta un valore aggiunto per lo sviluppo di una dimensione critica nel cittadino, favorendo la crescita di giovani adulti consapevoli; inoltre, esso è elemento di aggregazione e di annullamento delle diversità, favorendo il confronto e generando una sana forma di competizione ed è associato a quella che è una visione positiva degli standard di qualità della vita, rimandando ad una idea di salute e buon vivere;

              lo sport rappresenta dunque un volano di grande sviluppo per la città, sotto molteplici punti di vista. Un esempio è la promozione di corsi di laurea dedicati alla gestione delle attività sportive con l'obiettivo di formare nuove figure qualificate nell'ambito dell'universo sportivo, che potranno essere a disposizione della grande macchina di preparazione ai Giochi del Mediterraneo 2026;

              la prospettiva del grande evento ha, inoltre, innescato un meccanismo propositivo per la città, facendo sì che Taranto sia stata proposta come possibile candidata a «Capitale della Cultura» per il 2021, al fine di nobilitarne l'immagine, rafforzandone la sua attrattività attraverso una valorizzazione della risorsa mare, del patrimonio paesaggistico, gastronomico e della sua grande cultura,

impegna il Governo:

          ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte ad attribuire sostanzialmente al Comitato promotore, che ha sostenuto la candidatura di Taranto per i Giochi del Mediterraneo, il ruolo di Comitato organizzatore al fine di accelerare il processo di sviluppo e di implementazione delle strategie di preparazione della città per l'evento sportivo;

          ad incentivare e sostenere tutte le attività, le iniziative e gli investimenti, segnatamente in ambito culturale, che possano dare maggiore slancio e visibilità alle potenzialità della città di Taranto sia a livello interno che macro-regionale ed europeo, in previsione dei Giochi del Mediterraneo nel 2026;

          a considerare la dimensione culturale – intesa nella sua interezza – come uno degli elementi fondamentali nella definizione delle iniziative normative, ordinarie e straordinarie, relative al futuro sviluppo della città;

          ad adottare ogni utile iniziativa di competenza per valorizzare la forte identità di Taranto ed esaltare una narrazione positiva rimasta a lungo in una zona d'ombra che ha oscurato risorse, meraviglie culturali e paesaggistiche e da cui risulta ormai impellente la fuoriuscita.
(7-00405) «Lattanzio».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          in data 9 ottobre 2019 il sottoscritto depositava interrogazione con la quale trattava il tema della violazione del cosiddetto Blocco 7 estrattivo del Governo di Nicosia, della violazione della sovranità di Cipro da parte della Turchia e della violazione degli interessi legittimi di Eni, concessionaria dell'area estrattiva in cui si inseriva prepotentemente e militarmente Erdogan;

          in particolar modo si rilevava che Erdogan aveva inviato la nave Yavuz per trivellare il Blocco 7, accompagnata da navi militari;

          nella interrogazione si rilevava che il Mediterraneo orientale stava diventando sempre più il teatro di un'inquietante partita a scacchi per l'accaparramento energetico e segnatamente delle ingenti risorse di gas naturali ivi presenti;

          Erdogan lanciava una nuova sfida alla comunità internazionale e segnatamente all'Italia nello scacchiere del mare circondante Cipro, dando sfacciatamente l'ordine di iniziare le trivellazioni nel cosiddetto Blocco 7, non solo e non tanto di pertinenza del Governo di Nicosia, quanto e soprattutto assegnato ad un consorzio formato da Eni e Total;

          nella interrogazione, ad oggi senza risposta, si chiedeva di condannare apertamente la violazione della sovranità di Cipro, anche quale Nazione europea, e della sua zona marittima esclusiva, oltre che degli interessi legittimi di Eni;

          nell'interrogazione si chiedeva se fosse intendimento del Governo chiedere, in seno al Consiglio europeo del 17 ottobre 2019 che avrebbe trattato il tema l'applicazione di sanzioni severissime nei confronti del Governo turco;

          l'interrogazione è rimasta inevasa, l'Italia non ha richiesto sanzioni, la Turchia nel frattempo è prepotentemente entrata anche nello scacchiere libico;

          non avendo fine le mire espansionistiche turche e non registrando alcuna seria reazione, Erdogan in data 18 gennaio 2020 ha inviato sempre la nave Yavuz a trivellare una nuova area marittima di Cipro e segnatamente il «blocco 8», nuovamente in concessione legittima del governo cipriota ad Eni;

          è indifferibile ormai valutare la possibilità di assumere misure severe contro Ankara per la spregiudicata posizione in campo di accaparramento energetico al di fuori di ogni legalità ed in spregio alla territorialità cipriota e contro gli interessi legittimi di Eni;

          il Governo italiano, nonostante il coinvolgimento di Eni e l'evidente interesse nazionale nel campo dell'approvvigionamento energetico, continua incredibilmente per l'interrogante a non esprimere compiutamente una posizione ufficiale;

          la politica che per l'interrogante risulta rinunciataria nei confronti di Ergodan da parte dell'Italia evidentemente non ha sortito alcun effetto se non alimentare la voracità del sultano –:

          quale sia la posizione del Governo in relazione alla gravissima e per l'interrogante illegittima decisione del Governo turco di iniziare le trivellazioni nel Blocco 8 di esclusiva pertinenza di Nicosia e in concessione anche ad Eni;

          quale sia la posizione del Governo per tutelare l'Eni e gli interessi strategici italiani all'approvvigionamento energetico;

          se il Governo intenda immediatamente chiedere, al fine di tutelare l'interesse nazionale ed Eni, nelle competenti sedi comunitarie, l'applicazione di sanzioni decisamente severe e proporzionate alla gravissima provocazione turca;

          se il Governo intenda convocare immediatamente l'ambasciatore turco in Italia per chiedere spiegazioni in ordine al contegno assunto dal Governo di Ankara ed in ogni caso per trasmettere una vibrata protesta.
(5-03448)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BUCALO e FRASSINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 64-bis della legge n. 96 del 21 giugno 2017 ha modificato il decreto legislativo n. 170 del 24 aprile 2001, inserendo all'articolo 5, comma 1, la lettera d-septies), che recita «le imprese di distribuzione territoriale assicurano ai punti vendita forniture di quotidiani e di periodici adeguate, per tipologia e per quantitativi, a soddisfare le esigenze dell'utenza del territorio;

          le pubblicazioni fornite in eccesso rispetto alle esigenze dell'utenza del territorio o quelle che non sono oggetto della parità di trattamento possono essere rifiutate ovvero restituite anticipatamente dagli edicolanti senza alcuna limitazione, temporale»;

          alcuni distributori locali presenti sul territorio siciliano spesso in regime di monopolio, si rifiutano di applicare quanto previsto dall'articolo 5 d-septies della legge n. 96 del 21 aprile 2017, rinviando il materiale reso dagli edicolanti senza procedere alla defalcazione del relativo importo dall'estratto conto settimanale;

          tutto ciò contribuisce enormemente alla crisi del settore e alla chiusura di molte edicole –:

          se il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché quanto previsto dall'articolo 5 d-septies della legge n. 96 del 21 aprile 2017 venga applicato al fine di tutelare, non solo un'intera categoria, ma tutta la collettività, essendo in gioco il diritto dei cittadini all'informazione plurale, che viene violato nel momento in cui i punti vendita chiudono e buona parte del territorio rimane privo di copertura informativa.
(4-04586)


      PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          non si può restare indifferenti sul caso, riportato anche dalla stampa, della residenza sanitaria assistenziale di Montereale, in provincia dell'Aquila, chiusa da anni;

          dal 6 aprile 2009 anno del terremoto d'Abruzzo, è iniziata una vicenda assurda e vergognosa resa ancora più emblematica dal fatto che tale struttura ricade nel cratere del terremoto sia del 2009 sia del 2016/17;

          tale struttura è l'unica residenza sanitaria assistenziale pubblica dell'intero comprensorio aquilano e le esigenze di assistenza della popolazione sono aumentate anche a seguito degli eventi sismici;

          da organi di stampa locale si apprende la notizia dello «stop» dell'Asl di competenza all'aggiudicazione dell'assegnazione dell'appalto dei lavori necessari ed urgenti per l'immediata riapertura della struttura;

          la residenza sanitaria assistenziale di Montereale, dove operano 40 lavoratori, è l'unica struttura pubblica del territorio in un'area montana nella quale numerosi sono i residenti anziani –:

          quali iniziative urgenti, il Ministro interrogato, per quanto di competenza e in collaborazione con la regione, intenda adottare al fine di monitorare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e garantire, così, alla popolazione ivi residente il diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione, valutando l'opportunità, ove necessario, di destinare ulteriori risorse anche nell'ambito degli interventi per la ricostruzione a seguito degli eventi sismici.
(4-04588)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


      BILLI, ZOFFILI e FORMENTINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          stando a quanto ha riportato la stampa, lo storico yacht Galeb appartenuto al maresciallo Tito, al quale è riconducibile la responsabilità della morte di molti italiani nel contesto di una campagna di pulizia etnica, verrà utilizzato per ospitare eventi promossi dalla città di Fiume in quanto «capitale europea della cultura» per il 2020;

          a restauro ultimato, in effetti, il Galeb verrà adibito a museo galleggiante;

          l'esodo giuliano-dalmata causato dal regime di Tito interessò un numero compreso tra i 250mila e i 350mila italiani, esuli che esigono rispetto, esattamente come la memoria di, coloro che persero la vita nelle foibe, attualmente onorati ogni anno il 10 febbraio nel «Giorno del ricordo»;

          secondo alcune fonti, per il restauro di questo yacht appartenuto a Tito sarebbero stati utilizzati diversi milioni di euro, almeno in parte forniti dall'Unione europea, che li avrebbe destinati genericamente alla valorizzazione del patrimonio storico-culturale di Fiume;

          la figura del maresciallo Tito è controversa anche per i croati;

          sussistono dubbi circa il fatto che il restauro del Galeb rientri nella effettiva valorizzazione del patrimonio storico-culturale italiano, croato ed ungherese di Fiume –:

          quali iniziative il Governo intenda assumere per evitare che fondi europei vengano spesi per finanziare il restauro di monumenti che onorano la memoria di personalità macchiatesi di gravi crimini o di manufatti loro appartenuti, come lo yacht di Tito;

          quali iniziative il Governo ritenga di adottare per tutelare la memoria dei tanti italiani che in Istria e Dalmazia sono stati uccisi o comunque costretti all'esilio, in qualche modo offesa dalla decisione delle autorità croate di restaurare anche con fondi europei lo yacht appartenuto a Tito.
(4-04576)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          il parco regionale della Lessinia perderà circa il 20 per cento della sua estensione e i quasi 2.000 ettari di terreno sottratti all'area protetta potranno essere destinati alla caccia;

          la regione Veneto ha deciso di ridimensionare il parco, motivando tale azione per rispondere alle esigenze degli abitanti dei comuni limitrofi. L'area sarà dunque ridotta da 10 mila a 8 mila ettari e il terreno sottratto potrà essere usato dai cacciatori, che non hanno accesso al parco;

          l'area ricade tra l'altro nell'ambito di aree protette riconosciute come sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale;

          tutto questo in piena crisi climatica e dopo l'appello delle Nazioni Unite, che hanno avvertito il mondo della necessità urgente di tutelare l'ambiente trasformando il 30 per cento della superficie del pianeta in area protette entro il 2030;

          a tal proposito, si ricorda che la Camera dei deputati a dicembre 2019 ha approvato la mozione di maggioranza, a prima firma dell'interrogante, che impegna il Governo a dichiarare l'emergenza climatica e ad affrontarla con misure adeguate;

          per tutta risposta, anziché agire a protezione degli ecosistemi, si è deciso di ridurre di quasi il 20 per cento un parco di grande valore naturalistico e ambientale;

          si evidenzia che domenica 26 gennaio 2020 oltre 7.000 persone hanno partecipato ad una marcia per la difesa dei confini del parco e per dire no alla decisione della maggioranza a trazione leghista della regione Veneto di tagliare di quasi il 20 per cento il territorio protetto. Su tale decisione molti non sono d'accordo, come le 114 associazioni che hanno sottoscritto un appello indirizzato a tutte le istituzioni interessate, a partire da regione e comuni, fino al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

          Legambiente, con una nota congiunta nazionale, regionale Veneto e con i circoli della provincia di Verona, ha ricordato che «Sono anni che si spinge per la revisione dei confini del parco della Lessinia, con la scusa di una presenza eccessiva di cinghiali, e senza fare una politica seria di contenimento di questa specie invasiva che non fosse dare libero sfogo al fucile. La Regione Veneto decide, ora, di smantellare il Parco riducendo la sua capacità di tutelare la natura e innescando un percorso vizioso che non risolverà il problema del cinghiale ma depotenzierà le possibilità di un'area protetta messa in discussione dalla lobby venatoria e dai suoi rappresentanti nelle istituzioni»;

          quando si parla del parco della Lessinia si fa riferimento a un piccolo gioiello tra le province di Verona e Vicenza. Diecimila ettari di prati, pascoli, boschi, gole strette e vertiginose, un esempio dell'anima del Veneto e delle sue montagne, una testimonianza dell'identità di una regione che non è soltanto Venezia e pianura;

          sulla vicenda è intervenuto anche il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ha espresso preoccupazione, perché nel parco della Lessinia si debba diminuire la tutela della biodiversità attraverso una riduzione dell'area protetta –:

          se non intenda promuovere, per quanto di competenza, iniziative al fine di garantire la tutela di un prezioso e delicato ecosistema montano, estremamente ricco in termini di biodiversità, che è riconosciuto come sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale.
(5-03449)

Interrogazione a risposta scritta:


      MELONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          nel mese di novembre 2019 sono verificate alcune frane nella zona di Cavatore e Acqui Terme, in provincia di Alessandria, che hanno causato la chiusura della strada provinciale 210 che collega i due comuni;

          a distanza di tre mesi la strada è ancora chiusa e alcuni cittadini della zona hanno costituito un Comitato con il quale hanno promesso di impegnarsi per ottenerne in tempi stretti la riapertura, denunciando che gli abitanti della zona sono «tagliati fuori anche da servizi importanti: autobus, vigili del fuoco, ambulanze. Hanno disagi gravi pure i proprietari delle seconde case e le aziende turistiche»;

          la provincia ha definito la strada provinciale 210 come una delle strade «più danneggiate dal territorio» e ha già annunciato l'avvio imminente di lavori in regime di somma urgenza che dovrebbero consentire la riapertura a senso unico alternato nel giro di 60-90 giorni, previsione che, tuttavia, suscita le perplessità dei residenti, preoccupati che non saranno rispettati i tempi e che si arrivi con la strada chiusa fino all'estate;

          le problematiche della viabilità nella zona di Cavatore e Acqui Terme sono solo, purtroppo, l'ennesimo esempio di come le infrastrutture stiano pagando il prezzo dei sempre più frequenti episodi di dissesto idrogeologico, aggravati dalla mancanza di prevenzione e dalla insufficiente manutenzione –:

          se non ritenga di adottare iniziative urgenti, a livello nazionale e in accordo con le regioni e con gli enti locali, volte a contrastare i danni derivanti dal dissesto idrogeologico, mettendo in sicurezza i territori e salvaguardando le infrastrutture, a tal fine garantendo lo stanziamento di adeguate risorse finanziarie.
(4-04580)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


      GIACOMONI, SANDRA SAVINO, MARTINO, BARATTO, CATTANEO, ANGELUCCI, PORCHIETTO e GIACOMETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          dal 1° gennaio 2020 è entrato in vigore l'obbligo di invio telematico dei corrispettivi con lo scontrino elettronico;

          lo scontrino elettronico, già utilizzato dalle attività con un fatturato annuo superiore ai 400.000 euro a decorrere dal luglio 2019, attualmente opera anche nei confronti di chi fattura cifre inferiori che dovrà inviare all'Agenzia delle entrate gli scontrini emessi nel corso della giornata;

          per gli utenti finali non cambia molto: una volta concluso un acquisto l'utente riceve una «prova d'acquisto» che consente di effettuare il cambio merce o «certificare» la data d'acquisto ai fini della validità della garanzia;

          per gli esercenti, invece, i cambiamenti, alla luce delle novità richiamate, sono sostanziali: questi, infatti dovranno trasmettere i corrispettivi rispettando le tempistiche previste, onde evitare di incorrere in eventuali sanzioni;

          la comunicazione avviene attraverso due canali: in maniera automatica, utilizzando un registratore di cassa omologato, oppure inserendo manualmente i corrispettivi sul portale dell'Agenzia delle entrate, sfruttando la piattaforma realizzata dai tecnici dell'amministrazione finanziaria;

          il primo canale di comunicazione è certamente il più immediato, ma economicamente più dispendioso; il secondo, invece, richiede più tempo, ma è di fatto gratuito;

          ad avviso degli interroganti, l'effettivo funzionamento della chiusura giornaliera del registratore di cassa che l'esercente deve effettuare almeno una volta al giorno quando il registratore è collegato alla linea internet per poter inviare i dati dei corrispettivi all'Agenzia delle entrate, suscita non poche perplessità. La chiusura di cassa, infatti, non può essere effettuata dalle ore 22:00 alle 24:00. Se un'attività, dunque, chiude dopo questo orario, la chiusura di cassa deve essere fatta o subito dopo le 24.00 oppure il giorno successivo. L'Agenzia delle entrate, poi, dà un margine di tempo di 5 giorni lavorativi, entro i quali l'invio dei corrispettivi deve essere assolutamente completato;

          non appaiono chiari i motivi per i quali il server dell'Agenzia delle entrate si chiuda quotidianamente in quelle due ore;

          probabilmente i tecnici dell'Agenzia delle entrate non sanno che la stragrande maggioranza dei ristoranti e dei bar, in generale, generano le loro chiusure fiscali dopo le 22.00 e prima delle ore 24.00, causando un forte disagio per esercenti e dipendenti nel rispettare puntualmente tale procedura –:

          se il Governo sia a conoscenza di quanto evidenziato in premessa e quali iniziative si intendano assumere al riguardo per migliorare il funzionamento della chiusura giornaliera ore di cassa, senza creare disagi eccessivi a numerosi esercenti commerciali.
(5-03457)


      OSNATO, DONZELLI e DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          da un comunicato stampa del 5 maggio 2015 si è appreso della nomina in Cassa depositi e prestiti Immobiliare di Riccardo Maestrelli, già finanziatore di Matteo Renzi, che in quel momento era Presidente del Consiglio dei ministri;

          secondo quanto riportato dalla stampa, fra agosto e settembre dello stesso anno, la Cassa depositi e prestiti avrebbe ceduto alla società Corso Italia. Firenze Srl, per circa 23 milioni di euro, l'edificio che storicamente ospitava il teatro comunale di Firenze;

          dai bilanci della società Corso Italia Firenze Srl si evince che era stato sottoscritto un compromesso che ha visto l'incasso di una caparra da 2,5 milioni di euro da parte di Cassa depositi e prestiti. Le quote di maggioranza della società appartenevano alla Nikila di Ilaria Niccolai, socia in affari di Tiziano Renzi nella Party Srl, e vedeva coinvolto lo stesso Luigi Dagostino, regista delle operazioni outlet, già condannato con i genitori di Matteo Renzi per false fatture. Inoltre, fra i componenti figurava anche una società con sede nei paradisi fiscali: la Uk Development and Investments, cui si ricondurrebbe anche la figura di Lorenzo Rosi, ultimo presidente di Banca Etruria;

          lo stesso istituto di credito che finanziò la Fondazione Open attraverso la società Intesa Aretina Scarl;

          nel 2016 nella Corso Italia srl hanno fatto ingresso anche i figli di Bacci, già finanziatore della fondazione Big Bang e da Matteo Renzi plurinominato nelle società fiorentine;

          stando ad articoli di stampa l'ex teatro comunale è stato dunque in disponibilità di una società del gruppo Cassa depositi e prestiti: si era chiesto di conoscere i dettagli dell'operazione, nell'interrogazione n. 4-02935, presentata il 17 maggio 2019;

          secondo quanto si apprende da un'inchiesta realizzata da l'Espresso, Riccardo Maestrelli avrebbe elargito un prestito a Matteo Renzi per l'acquisto della sua villa a Firenze –:

          quali operazioni di investimento relative all'ex teatro comunale di Firenze abbiano riguardato la Cassa depositi e prestiti (e le sue società), quali ne siano stati i tempi, modalità tecniche ed economiche, se oggi siano in corso trattative per la vendita, di chi sia oggi la proprietà dell'immobile e se risulti quale sia stato il ruolo che nel dettaglio ha avuto il consigliere Maestrelli in riferimento all'affare in questione.
(5-03458)


      ROTTA e FRAGOMELI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 32 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, limita il perimetro delle prestazioni didattiche esenti dall'imposta sul valore aggiunto (Iva) specificando che in tale perimetro non ricade l'insegnamento finalizzato a conseguire le patenti di guida delle categorie B e C1 e fa salvi i comportamenti difformi adottati dal contribuente anteriormente alla data di entrata in vigore della presente disposizione;

          la modifica in esame mira ad adeguare l'ordinamento interno a quello comunitario a seguito della recente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea 14 marzo 2019, C-449/17 che ha chiarito la corretta interpretazione dell'articolo 132 paragrafo 1, lettere i) e j), della direttiva 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE relativa alle esenzioni IVA;

          la sentenza precisa che l'esenzione riguarda soltanto l'educazione dell'infanzia o della gioventù, l'insegnamento scolastico o universitario, la formazione o la riqualificazione professionale, nonché le prestazioni di servizi e le cessioni di beni con essi strettamente connesse, effettuate da enti di diritto pubblico aventi lo stesso scopo o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi finalità simili, nonché le lezioni impartite da insegnanti a titolo personale e relative all'insegnamento scolastico o universitario;

          il riferimento alle prestazioni d'insegnamento scolastico o universitario, tuttavia, ha sollevato la preoccupazione diffusa che l'esenzione possa non valere più per altre attività formative, come quelle delle università popolari e la conseguente applicazione dell'Iva al 22 per cento determinerebbe un incremento dei costi di iscrizione a carico dei cittadini;

          è necessario ed urgente fornire un chiarimento da parte dell'amministrazione finanziaria affinché le università popolari siano mantenute esenti dall'imposta –:

          se non ritenga di adottare iniziative per chiarire che l'esenzione è prevista anche per le prestazioni per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e la riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni, al fine di escludere l'aggravio a carico di coloro che vogliono investire in formazione e cultura.
(5-03459)


      CENTEMERO, TARANTINO, BIANCHI, BITONCI, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO e PATERNOSTER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          i premi dei tre biglietti della Lotteria Italia 2019, da 20 mila euro ciascuno, venduti a Ferno (Varese), presso il terminal 1 dell'aeroporto di Malpensa sono divenuti un vero e proprio caso, anche sul piano legale a seguito della formale istanza, presentata dal Codacons, ai Monopoli di Stato e alla Guardia di finanza «affinché sia sospesa l'aggiudicazione dei premi in attesa delle dovute verifiche»;

          a sollevare dubbi sulla fortuna è la circostanza che i tre biglietti sono pressoché consecutivi: hanno la stessa serie e i primi cinque numeri uguali – P474343, P474346, P474348 – un caso che, secondo le leggi della probabilità, può verificarsi una volta su 2,6 miliardi di miliardi;

          alla più che singolare coincidenza va aggiunto che anche un altro biglietto vincente è stato venduto a Malpensa: quello che formalmente risulta venduto a Somma Lombardo, nel cui territorio ricade il terminal 2. In entrambi i casi, la vendita è riconducibile ad un'unica società di gestione di negozi;

          per l'associazione dei consumatori è necessario chiedere controlli e verifiche alle autorità competenti perché, laddove non fosse tutto riconducibile al caso, ma si palesasse una qualche ipotesi di truffa, allora tutte le estrazioni del 6 gennaio potrebbero risultare viziate;

          pur avendo presenziato alle operazioni di estrazione dei biglietti vincenti della Lotteria Italia e non aver rilevato alcun intoppo, lo stesso Codacons riconosce nella sorte di Ferno un caso matematicamente impossibile che fa sorgere legittimi dubbi –:

          se e quali verifiche di competenza siano state attivate con riguardo a quanto esposto in premessa e, qualora trovasse conferma l'ipotesi di alterazione dell'estrazione, se intenda promuovere una modifica delle procedure ed in che termini.
(5-03460)


      CURRÒ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'agevolazione fiscale sugli interventi di ristrutturazione edilizia è disciplinata dall'articolo 16-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 e consiste in una detrazione dall'Irpef del 36 per cento delle spese sostenute, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 per unità immobiliare. Tuttavia, per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2019 è possibile usufruire di una detrazione più elevata (50 per cento) e il limite massimo di spesa è di 96.000 euro. La detrazione deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo;

          gli interventi agevolabili sulle singole unità immobiliari sono quelli di manutenzione straordinaria; restauro e risanamento conservativo; ristrutturazione edilizia. Le agevolazioni si applicano anche per i medesimi interventi, con l'aggiunta della manutenzione ordinaria, effettuati sulle parti comuni di edifici condominiali;

          si fa presente che, ad eccezione dell'installazione di porte blindate (riconducibile al diverso presupposto delle opere finalizzate alla prevenzione di illeciti da parte di terzi di cui all'articolo 16-bis, comma 1, lettera f) la sostituzione delle porte interne è inquadrabile fra le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici riconducibili tra gli interventi di manutenzione ordinaria e quindi non agevolabili sulle singole unità immobiliari abitative. Il Ministero delle finanze, con circolare n. 57 del 1998, par. 3.4, ha tuttavia affermato il principio per cui qualora gli interventi singolarmente non agevolabili (manutenzione ordinaria) siano integrati o correlati ad interventi di categorie diverse per i quali compete la detrazione d'imposta, per effetto del carattere assorbente della categoria di intervento «superiore» rispetto a quella «inferiore», anche i lavori rientranti in quest'ultima categoria sono ammessi a beneficiare della detrazione d'imposta;

          tuttavia, nell'ultima versione della guida dell'Agenzia delle entrate riguardo all'utilizzo dei bonus fiscali per la riqualificazione edilizia, che costituisce uno strumento di orientamento per aziende e consumatori, non si rilevano indicazioni circa la possibile detraibilità delle porte interne;

          diverse aziende del settore rilevano da diverso tempo la necessità che siano date indicazioni più esplicite e chiare per fornire maggiore certezza ad operatori e consumatori e permettere di sfruttare alieno le potenzialità offerte dalle detrazioni Irpef per le ristrutturazioni –:

          se ritenga di adottare iniziative per chiarire in quali casi la sostituzione delle porte interne può essere detratta e fornire i necessari chiarimenti e indicazioni ad imprese e cittadini attraverso idonei strumenti di comunicazione, quali quelli a disposizione dell'Agenzia delle entrate.
(5-03461)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CONTE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          la direzione provinciale dell'Agenzia delle entrate di Salerno ha comunicato la soppressione dei team controlli di Eboli e Sala Consilina, trasferendo le unità complessive di personale a Salerno o ad altre mansioni, e smantellando di fatto un gruppo di lavoro importante per il territorio;

          gli ordini di servizio avranno decorrenza dal 1° febbraio 2020;

          la direzione provinciale dell'Agenzia delle entrate di Salerno ha rappresentato che la determinazione deriva principalmente dal numero ridotto di personale che si occupa del controllo nei due uffici territoriali, che non garantirebbe una corretta organizzazione delle attività;

          per una corretta organizzazione la direzione ha rappresentato che un team controlli dovrebbe essere almeno di cinque unità oltre al capo team;

          sono in corso valutazioni su altri uffici da cui poter eventualmente spostare unità di personale su Sala Consilina in modo da raggiungere il numero minimo;

          la soppressione degli uffici di cui sopra determina grandi disagi a utenza e professionisti, che sono così costretti a raggiungere Salerno;

          c'è il timore che la soppressione del team controlli possa essere il preludio di una soppressione dell'intero ufficio territoriale di Sala Consilina;

          risulta inoltre discutibile la logica nella distribuzione dei servizi nella provincia di Salerno, in quanto ci saranno due team controlli a Vallo della Lucania, mentre si sopprimono due team controlli sulla direttrice che va da Sapri a Salerno;

          nelle scelte operate, ad avviso dell'interrogante, non si è tenuto conto della conformazione del territorio, in quanto la provincia di Salerno è una delle più vaste d'Italia e la distanza che un contribuente o commercialista dovrà percorrere per raggiungere l'ufficio di Salerno da Sapri è di circa 150 chilometri, per cui considerato il viaggio di andata e quello di ritorno, gli stessi dovranno dedicare un'intera giornata anche per un singolo accertamento;

          il Vallo di Diano, inoltre, non ha un collegamento ferroviario, per cui sono notevoli i costi che il contribuente o il commercialista dovrà affrontare;

          prima di procedere alla soppressione potrebbe essere effettuato un interpello tra i funzionari dell'ufficio territoriale di Sala Consilina e di altri uffici per verificare la disponibilità al passaggio al team controlli delocalizzato ed evitare la sua soppressione;

          le organizzazioni sindacali hanno anche avanzato la proposta di mantenere invita un team destinato al controllo, alternativamente in una delle due sedi di Eboli o Sala Consilina –:

          se sia conoscenza di quanto sopra esposto e se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché l'Agenzia delle entrate non privi un territorio così vasto e importante di servizi fondamentali per l'utenza.
(4-04575)


      CARETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 1 della legge del 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019) ai commi da 493 a 507, ha istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo indennizzo risparmiatori (Fir), per indennizzare i risparmiatori che hanno subito un pregiudizio ingiusto da parte di banche e controllate con sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018;

          il decreto 10 maggio 2019 del Ministero dell'economia e delle finanze, che definisce le modalità di presentazione della domanda di indennizzo, nonché il piano di riparto delle risorse disponibili detta, tra l'altro all'articolo 4, comma 7, la seguente disposizione: «Le banche in liquidazione, le banche cessionarie e il FITD forniscono, senza oneri per i richiedenti, entro trenta giorni dalla richiesta degli istanti i documenti in loro possesso»;

          il decreto 8 agosto 2019 del Ministero dell'economia e delle finanze ha fissato i termini per la presentazione delle domande al Fir tramite la piattaforma on line gestita da Consap;

          alcuni istituti bancari si trovano in una situazione di grave ritardo nella produzione dei documenti, come l'istituto Banca Intesa Sanpaolo, il quale non sta adempiendo l'obbligo legislativo che prevede un disbrigo della fornitura dei documenti richiesti in trenta giorni, essendo, a quanto consta all'interrogante, riscontri ancora fermi alle richieste di settembre;

          ciò implica che molti risparmiatori potrebbero trovarsi impossibilitati a disporre di tutti i documenti necessari per il 18 febbraio 2020, nuovo termine per la presentazione delle domande di accesso al Fir –:

          se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, se tali fatti corrispondano al vero e, in quest'ultimo caso, quali iniziative di competenza intenda porre in essere al riguardo;

          se corrisponda alla realtà il ritardo da parte di Intesa Sanpaolo, e, in caso di conferma, quali iniziative di competenza intenda intraprendere in merito alla questione dei ritardi nella produzione dei documenti necessari;

          quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire a tutti i risparmiatori la possibilità di disporre del fondo in tempi congrui.
(4-04582)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      VARCHI e MASCHIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il 1o gennaio 2020 è entrata in vigore la riforma sulla prescrizione, che prevede che il decorso dei termini si interrompa dopo la sentenza di primo grado di giudizio, sia essa di condanna o di assoluzione;

          la riforma approvata altera pericolosamente il delicato equilibrio tra la pretesa punitiva dello Stato e il diritto dei cittadini di non essere eternamente processati a favore del primo e rischia di condannare a processi eterni qualunque cittadino coinvolto nella macchina giudiziaria, scaricando su di esso tutto il peso delle inefficienze del sistema giudiziario;

          la legge n. 3 del 2019, peraltro, aveva previsto il differimento dell'entrata in vigore della nuova disciplina della prescrizione a gennaio 2020, al fine di procedere all'approvazione di una riforma «epocale» del processo penale che avrebbe dovuto comportare una drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi, ma che non è stata approvata nemmeno in bozza;

          come se ciò non bastasse, le premesse da cui parte tale riforma sono ampiamente smentite dai numeri, confermati dallo stesso Ministero e avvalorati dal presidente emerito della Corte di cassazione, Giovanni Canzio, che ha evidenziato come circa il 60 per cento delle prescrizioni maturi nel corso delle indagini preliminari, fase processuale in cui la signoria assoluta sul fascicolo è dell'ufficio della procura che non viene toccata dalla riforma;

          si stima, inoltre, che tale riforma metterà seriamente a rischio l'efficienza di molti uffici giudiziari, i quali si troveranno ad avere circa 30 mila procedimenti in più ogni anno, con un esito pesante soprattutto sulle corti oberate da un maggior numero di prescrizioni, con l'alta possibilità che anche i tempi dei processi ne risulteranno allungati;

          in questo clima di confusione sulla prescrizione si inserisce la fermissima opposizione dei penalisti italiani: oltre 150 docenti di diritto penale, di procedura penale e di diritto costituzionale, denunciano da tempo la gravità delle conseguenze connesse alla entrata in vigore della riforma;

          ad oggi, secondo i dati pubblicati dall'ufficio statistica del Ministero di giustizia, si sa che ogni anno si prescrive circa il 10 per cento del totale complessivo dei procedimenti penali, ma nulla è dato sapere sulle fattispecie di reato che si prescrivono, ed in quale percentuale ciascuno di essi si prescrive;

          tali dati potrebbero, da soli, fornire una precisa informazione ai cittadini e, prima di essi, ai parlamentari chiamati a scelte decisive;

          è stato spesso ripetuto dal Ministro interrogato che questa riforma rappresenta una svolta di civiltà perché abolirà questo odioso strumento di privilegio dei ricchi e dei potenti, che la «fanno franca» dai reati di grave allarme sociale che essi commettono in tal modo impunemente, frustrando le aspettative di giustizia delle parti offese e di tutti i cittadini, ma non sussistono dati che, ad oggi, possano avvalorare tali affermazioni –:

          quali siano i dati accertati in merito alle specifiche fattispecie di reato interessate dalla disciplina della prescrizione e in quali percentuali ciascuna di esse si prescriva.
(5-03456)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GIGLIO VIGNA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          con la finalità di realizzare risparmi di spesa ed incremento di efficienza, l'articolo 1 della legge n. 148 del 2011 ha delegato il Governo a rivedere la geografia giudiziaria in modo da realizzare una riduzione complessiva degli uffici giudiziari sul territorio;

          i principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega hanno riguardato: la riduzione degli uffici giudiziari di primo grado, fatti comunque salvi i tribunali ordinari attualmente esistenti nei comuni capoluogo di provincia e la ridefinizione dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari, eventualmente trasferendo territori dall'attuale circondario a circondari limitrofi, anche al fine di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane. A tal fine, il Governo doveva tener conto di «criteri oggettivi e omogenei» che comprendessero alcuni parametri (estensione del territorio, numero degli abitanti, carichi di lavoro, indice delle sopravvenienze, specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, presenza di criminalità organizzata);

          il Governo pro tempore procedette all'individuazione della porzione da assegnare ad Ivrea, individuandola nei territori di competenza delle sezioni staccate (del tribunale di Torino) di Ciriè e Chivasso. Per Pinerolo, Torino ottenne dal Governo il suo accorpamento;

          il problema che si pose sin da subito al nuovo tribunale di Ivrea (che vide la sua competenza territoriale triplicata, passando da 180.000 abitanti a ben 530.000) fu quello che i giudici e il personale impiegatizio delle sezioni staccate di Ciriè e Chivasso scelsero di trasferirsi a lavorare presso il tribunale di Torino (fu loro lasciata questa opzione) e, a tal proposito, Ivrea, che già lamentava carenze, si trovò a fronteggiare la situazione con le limitate risorse a disposizione evidenziate dai presidenti ed i procuratori capi che si succedettero nel tempo i quali furono costretti ad inviare, tramite la corte d'appello e la procura generale di Torino, lamentele e richieste di implementazione al Ministero;

          per quel che concerne la procura della Repubblica presso il tribunale di Ivrea, nell'anno 2019 i fascicoli registro noti sono stati 6691 e, per smaltirli, sarebbero necessari nove sostituti procuratori; mentre, allo stato, sono sei; in relazione al tribunale, nel mese di gennaio 2020 arriverà un altro magistrato, il quale sarà applicato alla sezione penale, già composta da tre giudici. Altri tre magistrati sono applicati alla sezione Gip e nove a quella civile; risulta insufficiente anche la consistenza del personale amministrativo, posto che la pianta organica è composta da 49 impiegati in luogo di 65 –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e se intenda adottare le iniziative di competenza per un rapido adeguamento della dotazione organica, al fine di garantire un efficiente funzionamento del tribunale di Ivrea.
(4-04574)


      CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          diverse organizzazioni avrebbero segnalato una anomala gestione del personale in servizio presso il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria della Calabria, in particolare nelle note si, fa riferimento ad una incomprensibile quanto, ingiustificata mobilità dagli istituti penitenziari al provveditorato regionale e viceversa;

          sembrerebbe che, al Prap di Catanzaro, continuerebbe a permanere personale non stabilizzato, in deroga agli accordi tra il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) e le organizzazioni sindacali, secondo cui, sarà definitivamente stabilizzato presso le sedi provveditorali solo il personale distaccato da lungo tempo, con cristallizzazione al 5 luglio 2017, tale circostanza, seppur segnalata svariate volte dal Dap, non ha avuto alcun riscontro;

          inoltre, sembrerebbe che n. 6 unità, già in servizio presso il Prap di Catanzaro, al termine del corso da vice ispettore, sarebbero state impiegate dalla nuova gestione come semplici addetti demansionandoli palesemente;

          ed ancora, dalle denunce sindacali emergerebbe altresì che n. 2 unità appartenenti al ruolo di funzionario giuridico pedagogico, cui spetterebbe l'attività finalizzata al trattamento e alla; rieducazione del detenuto, siano in servizio presso il Prap per svolgere mansioni differenti rispetto a quelle di propria competenza;

          tale improprio utilizzo delle risorse starebbe ingenerando un diffuso malcontento nel personale in servizio presso gli istituti di pena che, tra l'altro, si vedono costretti a dover sopperire alle gravi carenze di personale, anche attraverso il servizio di missione presso istituti distanti tra loro centinaia di chilometri;

          da ultimo, va segnalato che, negli ultimi anni il Nir (Nucleo investigativo regionale), avrebbe subito una drastica riduzione del personale, «defenestrato», quasi a volerne depotenziare le mansioni;

          tale circostanza, sarebbe avvalorata dal fatto che, nonostante il recente provvedimento del capo del dipartimento, in caso di necessità, verrebbe prelevato organico dagli istituti penitenziari, invece di avvalersi del personale stabilizzato presso il provveditorato;

          l'attuale assetto del provveditorato sembrerebbe evidenziare, ad avviso dell'interrogante, una grave lesione della dignità del lavoratore, che vedrebbe mortificata la propria legittima aspirazione di crescita professionale da quelle che appaiono all'interrogante come deleterie dinamiche di potere, e, come sostenuto anche dai sindacati, sarebbe opportuno che venissero adottate le iniziative di competenza al fine di evitare l'utilizzo di posti dedicati come merce di scambio nelle mani di questo o quel dirigente;

          si sottolinea, ancora, che nell'anno 2018 la struttura provveditorale sarebbe stata oggetto di una ispezione ministeriale, per la quale occorrerebbe verificarne gli esiti date le criticità ancora persistenti;

          a parere dell'interrogante se quanto denunciato nelle note sindacali corrispondesse al vero, si sarebbe di fronte ad una grave violazione dei diritti dei dipendenti pubblici;

          tutto quanto descritto metterebbe in luce irregolarità nella gestione e amministrazione degli operatori del corpo mediante atti d'imperio in spregio, a quanto risulta all'interrogante, non solo ai prìncipi di buon andamento e imparzialità sanciti dall'articolo 97 Costituzione, ma altresì di trasparenza –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per garantire i diritti dei dipendenti pubblici;

          se non intenda procedere, per quanto di competenza ad una verifica dell'operato degli organi dirigenziali dell'istituto in relazione alle scelte aventi ad oggetto la mobilità del personale in servizio presso il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per la Calabria.
(4-04585)


      GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il decreto n. 2 del 2020 della corte d'appello di Roma, che ricalca i principi stabiliti dalla sentenza della Corte di Cassazione civile n. 13274 del 16 maggio 2019, stabilisce che la bigenitorialità, principio desunto dalla legge sull'affido condiviso, legge n. 54 del 2006, non è un principio astratto e normativo, ma è un valore posto nell'interesse del minore, che deve essere adeguato ai tempi e al benessere del minore stesso;

          per realizzare veramente l'interesse del minore non appare realistico presumere che la paura e il conseguente rifiuto di una delle figure genitoriali «possano essere superate imponendo l'allontanamento del minore dalla sua casa e dai suoi affetti ed un collocamento coattivo». Il minore si troverebbe così «incolpevolmente, per l'incapacità dei genitori di trovare un terreno comune nel suo interesse, incastrato nella duplice sofferenza di un drastico quanto per lui incomprensibile sdradicamento dal proprio ambiente e dai propri affetti, e di una esposizione forzosa ad una situazione per lui fonte di ansia e comunque estranea»;

          così come riportato dallo speciale DireDorine, della nota agenzia di stampa, intitolato «Madri Coraggio», Sara – nome di fantasia – è una bambina di 6 anni che, nonostante la giovane età, ha sulle spalle un decreto del tribunale per i minorenni di Brescia. Infatti, il 17 settembre 2019, il tribunale ha stabilito che: «se la bambina entro la prima decade di aprile, non manifesterà aperta volontà di incontrare il padre, si provvederà ad una collocazione eterofamiliare»;

          Sara, così come racconta la madre nell'intervista, che oggi vive con lei ed il nonno, è nata nonostante il padre non la volesse;

          poco dopo la nascita ha inizio un lunghissimo iter giudiziario al tribunale ordinario di Brescia con due consulenze tecniche d'ufficio redatte dal neuropsichiatra Carlucci. Nel 2015 il tribunale prima e la Suprema Corte dopo hanno stabilito «il collocamento presso la madre e la possibilità per il padre di tenerla i fine settimana alternati». Dal 2016, però, «il padre non poteva più incontrare Sara per netto rifiuto della bambina». Nonostante gli sforzi della madre, che aveva provato a convincerla ad incontrare il padre, chiedendo, tra l'altro, anche aiuto ai servizi sociali, la bambina si rifiuta di incontrare il padre;

          in questo comportamento della bambina ci sono episodi che la madre così descrive: «la bambina stava male quando sapeva di dover andare dal padre, raccontava di venir chiusa a chiave fuori dalla stanza del padre, di piangere fino ad addormentarsi perché lui non apriva, di essere picchiata e di non potermi telefonare»;

          la madre, di fronte a tali fatti riferiti dalla bambina anche alla neuropsichiatra, ha presentato un esposto per abusi e maltrattamenti fisici e psicologici;

          ed è proprio questa situazione di rifiuto della bambina a motivare il ricorso urgente del padre per l'affidamento esclusivo e a chiedere una nuova Ctu, richiedendo ancora la perizia al neuropschiatra infantile Carlucci che bolla la relazione madre-figlia come «simbiotica»;

          l'alienazione parentale (AP), chiamata in origine Pas, non è riconosciuta come disturbo mentale dalla maggioranza della comunità scientifica, ma spesso viene utilizzata nelle Ctu come pretesto, talvolta unico, per allontanare minori dalle madri, definendole alienanti, simbiotiche, malevole e manipolatrici –:

          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine dell'applicazione del principio dell'affido condiviso sancito dalla legge n. 54 del 2006, così come interpretato dalla più recente giurisprudenza, ossia come l'oggetto di un diritto dei figli minori, da realizzare attraverso provvedimenti graduali e fattibili, in maniera da non ledere l'equilibrio psicofisico del minore coinvolto;

          se non ritenga, in relazione al caso specifico, di dover adottare ogni iniziativa di competenza, anche di carattere ispettivo.
(4-04590)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


      RACITI e MICELI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          il 9 gennaio 2018 viene pubblicata presso l'albo pretorio del comune di San Vito Lo Capo la nota prot. 996 dell'8 gennaio 2018 del dipartimento regionale dell'ambiente, servizio 3, avente ad oggetto «Pubblicazione avviso di presentazione di una istanza intesa ad ottenere la concessione per atto formale per anni 48, per la realizzazione e gestione di una struttura portuale turistica nel Comune di San Vito Lo Capo (Trapani)»;

          tale progetto di una struttura per nautica da diporto viene denominato «Marina Bay» ed è presentato dalla società Marina Bay srl, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 2 dicembre 1997, n. 509;

          con verbale di deliberazione n. 14 del 2 febbraio 2018, la giunta comunale si esprime come contraria al progetto in quanto questo mostra «scarsa coerenza con le politiche di sviluppo economico e di tutela del patrimonio ambientale perseguite dal Comune di San Vito Lo Capo»;

          il 3 agosto 2019 l'amministrazione di San Vito Lo Capo, rende noto che, in data 31 luglio 2019, con una nota a firma del proprio legale, la società Marina Bay ha comunicato la volontà di presentare una nuova bozza di masterplan progettuale e urbanistico da condividere con l'amministrazione comunale al fine di trovare il giusto equilibrio tra investimento privato e interesse pubblico e che la società ha, pertanto, chiesto di spostare la data della conferenza di servizi, prevista per il 14 agosto 2019, per avere il tempo di redigere la nuova bozza di masterplan. La richiesta è stata accolta dall'amministrazione comunale che ha sospeso la programmata conferenza –:

          se il Governo ritenga, alla luce di quanto predetto, di adottare iniziative normative per conciliare le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica del 2 dicembre 1997, n. 509 con quanto previsto dal terzo comma dell'articolo 145 del decreto legislativo n. 42 del 2004, secondo il quale «Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione» e con quanto stabilito dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 6488 del 2012, che classifica i porti turistici come opere di «rilevante interesse pubblico» a cui applicare la disciplina pubblicistica in materia di appalti.
(4-04587)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


      ASCARI, MAMMÌ, MARIANI e NAPPI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          nella serata del 21 gennaio 2019, alla fine di un comizio elettorale alla periferia di Bologna nel quartiere Pilastro, il senatore Matteo Salvini in diretta Facebook e su indicazione di una residente della zona sua simpatizzante (come lei stessa ha confermato), ha citofonato ad una abitazione del quartiere in cui risiede una famiglia tunisina;

          il senatore Salvini nella conversazione, senza dar prova di conoscere il soggetto e neppure di conoscere le accuse nel dettaglio, ma basandosi solo su indicazioni di residenti, ha accusato il residente che ha risposto al citofono di essere persona dalla quale «parte una parte dello spaccio della droga qua in quartiere»;

          a seguito di quanto fatto, un ragazzo minorenne, figlio dell'uomo che ha risposta al citofono e che sarebbe stato il vero oggetto della persecuzione mediatica, ha dichiarato che né lui né altri in famiglia spaccerebbero o avrebbero spacciato in passato stupefacenti;

          a seguito di quanto avvenuto, vi sono state rimostranze diplomatiche tunisine;

          il video in diretta streaming facebook, a seguito di segnalazioni da parte di numerosi utenti del social network (alcune fatte perché ritenuto incitamento all'odio), è stato rimosso dal social network che, per mezzo di un portavoce, ha dichiarato: «Abbiamo rimosso questo video perché ha violato le nostre regole sulla privacy. Queste regole chiariscono che non è possibile pubblicare informazioni personali o riservate su altri senza aver prima ottenuto il loro consenso. Vogliamo sempre rimuovere i contenuti che violano le regole dei nostri servizi il più rapidamente possibile. Tuttavia, alcune delle decisioni che dobbiamo prendere su cosa rimuovere e cosa no, sono incredibilmente complesse e sfaccettate, e richiedono un'attenta considerazione di molteplici fattori. Vogliamo assicurarci di prendere queste decisioni nel modo più corretto impiegando tutto il tempo necessario» –:

          se, per quanto di conoscenza, siano state avviate indagini in merito a quanto esposto in premessa;

          quali iniziative intendano intraprendere al fine di garantire maggiore tutela ai residenti del quartiere Pilastro di Bologna e prevenire la commissione di reati, quali lo spaccio di stupefacenti e tentate violazioni di domicilio;

          se vi siano nuovi o aggravati pericoli per la comunità tunisina residente nel quartiere Pilastro;

          quali siano state le conseguenze sul piano diplomatico e della politica estera rispetto a quanto descritto in premessa.
(3-01271)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DE MARIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          durante la campagna elettorale per le elezioni regionali, il senatore Matteo Salvini ha citofonato a un cittadino del Pilastro a Bologna per chiedere se era uno spacciatore;

          in una intervista, la signora Anna Rita Biagini, che lo accompagnava, ha dichiarato che: «Mi ha contattato un esponente delle forze dell'ordine martedì a mezzogiorno, dicendo che qualcuno della Lega mi avrebbe chiamato perché Matteo voleva venire qui»;

          a prescindere da azioni legali a propria tutela che possano assumere i cittadini interessati, il senatore Salvini ha compiuto, ad avviso dell'interrogante, un atto evidentemente molto discutibile e anche foriero di generare conflitti e tensioni;

          tale atto è stato compiuto alla presenza di numerosi operatori delle forze dell'ordine –:

          se e quale ruolo abbiano effettivamente svolto gli operatori delle forze dell'ordine nella vicenda sopra descritta e se siano state adottate misure a tutela della sicurezza dei cittadini.
(5-03455)

Interrogazioni a risposta scritta:


      LOTTI e CANTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il distaccamento del comando dei vigili del fuoco di Castelfiorentino viene istituito nel 1973 dall'accorpamento dei due distaccamenti di Certaldo e Castelfiorentino;

          il distaccamento svolge la sua importante opera su un ampio territorio ricompreso tra le provincie di Firenze, Pisa e Siena. I comuni interessati sono: Castelfiorentino, Certaldo, Gambassi Terme, Montaione, Montespertoli, Barberino Val d'Elsa, Tavarnelle Val di Pesa;

          il distaccamento oggi è composto da circa 30 persone che durante l'anno sono chiamate a svolgere circa 650 interventi tra cui incidenti stradali, incendi boschivi, soccorsi a persone e a immobili, ai quali vanno aggiunti gli interventi relativi alla verifica in situ di cose e ambienti. Il tutto viene svolto utilizzando un parco mezzi che risale al 1990, con notevoli disagi per gli operatori e conseguenze sull'efficacia degli interventi di soccorso;

          lo stabile che ospita i vigili del fuoco, nonostante gli interventi di mantenimento che nel corso degli anni sono stati svolti in «economia», si trova oggi in uno stato di grave deterioramento e non è più idoneo a svolgere e a supportare le attività del distaccamento; nello stabile sono inoltre presenti coperture eternit in amianto e infiltrazioni che rendono difficili e compromettono la salute e l'efficienza degli operatori di soccorso;

          nell'ottica della ricerca di uno stabile idoneo all'attività dei vigili del fuoco in data 26 agosto 2016 viene emanato un avviso pubblico (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale europea n. 2016/S 167-300992) per la ricerca di un immobile da destinare a uso del servizio di Castelfiorentino;

          successivamente il decreto ministeriale del Ministero dell'economia e delle finanze – ragioneria generale dello Stato protocollo 32039 del 24 febbraio 2017 approva, tra le altre, l'operazione di acquisto dell'immobile sito in Castelfiorentino (Firenze) contenuta nel piano triennale di investimento 2017-2019, in quanto compatibile con i saldi strutturali di finanza pubblica indicati nella nota di aggiornamento del Def 2016 e stante la documentata indispensabilità e indilazionabilità;

          con nota protocollo 2018/4907 del 29 marzo 2018 la direzione regionale Toscana e Umbria dell'Agenzia del demanio, svolte le attività di competenza, comunicava al Ministero dell'interno – dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, direzione centrale per le risorse logistiche e strumentali, ufficio di coordinamento e sedi di servizio, di aver definito il valore di acquisto dell'immobile individuato e sito nel comune di Castelfiorentino località «Malacoda»;

          la situazione attuale dello stabile pregiudica l'efficacia degli interventi, rendendo pertanto necessario concretizzare in modo tempestivo l'acquisto del nuovo immobile individuato e i conseguenti lavori di adeguamento, per permettere agli operatori di svolgere la loro importante professione al meglio e in conformità delle norme giuridiche;

          con interrogazione n. 5-02071 presentata nel maggio 2019 dal secondo firmatario del presente atto era stata segnalata al Ministro la urgente necessità di intervenire al fine di sanare la situazione;

          lo stabile che ospita il distaccamento di Castelfiorentino si trova oggi in una situazione di fatiscenza e il passare del tempo ha compromesso lo stato dell'edificio rendendo antieconomico qualsiasi intervento di mantenimento del fabbricato e inficiando significativamente l'operato del distaccamento. Pertanto sarebbe necessario intervenire con urgenza per non pregiudicare l'efficacia e la salute degli operatori –:

          se sia già stato dato mandato ai competenti uffici di provvedere alla liquidazione degli importi finalizzati all'acquisto dell'immobile e se siano state avviate nel contempo tutte le procedure e gli interventi necessari affinché i lavori di adeguamento della nuova sede possano avere inizio, così come previsto dal citato decreto ministeriale e, in caso contrario, quali siano le motivazioni per cui non si sia ancora provveduto e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per evitare ulteriori ritardi nella conclusione
(4-04578)


      TIRAMANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

          il 9 gennaio 2020 il Ministro interrogato ha sottoscritto, con il presidente dell'Anci, un accordo quadro sulle modalità di coinvolgimento delle polizie municipali nell'espletamento dei servizi di polizia stradale sulla viabilità urbana e ha poi inviato ai prefetti una specifica direttiva per rafforzare i controlli e la sicurezza stradale;

          tali misure si sono rese così urgenti, ad avviso del Ministro, in relazione all'aumento delle vittime degli incidenti stradali e dell'allarme sociale che ne è conseguito, al punto che sono già operative;

          tale accordo assegna alle polizie municipali un ruolo preminente nell'espletamento dei servizi di polizia stradale sulla viabilità urbana, comprensivo della rilevazione degli incidenti stradali, e prevede l'attuazione di progetti specifici rivolti al miglioramento dei servizi di controllo sulla viabilità nelle aree di maggiori rischio, all'inizio solo nelle 14 città metropolitane e nei capoluoghi di provincia in grado di organizzare servizi di polizia stradale nell'intero arco delle ventiquattro ore, mentre le altre amministrazioni verranno coinvolte successivamente e progressivamente, a partire dagli enti locali con popolazione superiore ai 100.00 abitanti;

          verrà istituito un tavolo tecnico con i rappresentanti del dipartimento della pubblica sicurezza e dell'Anci che dovrà individuare le misure necessarie per incrementare lo scambio informativo e l'interconnessione tra le sale operative delle forze di polizia e delle polizie municipali;

          il sindacato della polizia locale, a livello nazionale, lamenta che, a fronte di queste nuove incombenze di polizia stradale, attribuite alle polizie locali nell'ambito delle città metropolitane e nelle città capoluogo di provincia, nulla è stato previsto con riguardo al trattamento economico, previdenziale e assicurativo, dal momento che sono state sostanzialmente equiparate alle forze di polizia ad ordinamento statale, senza nemmeno dotare le polizie locali delle adeguate strumentazioni operative necessarie per l'espletamento delle nuove funzioni;

          tanto meno, lamenta lo stesso sindacato, l'accordo affronta il tema del ritorno delle polizie ad ordinamento locale nell'ambito del rapporto di lavoro in regime di diritto pubblico ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e successive modificazioni e integrazioni –:

          se intenda adottare le opportune iniziative di competenza al fine di omogeneizzare il trattamento economico della polizia locale con compiti di polizia stradale al trattamento previsto per le forze di polizia ad ordinamento statale e, contestualmente, di adeguare anche le strumentazioni in uso alla polizia locale, in modo da metterla in condizione di svolgere adeguatamente le nuove mansioni, all'occorrenza approfittando dello scambio di informazioni con l'Anci che si determinerà in virtù del tavolo tecnico che si sta istituendo presso il dipartimento della pubblica sicurezza.
(4-04583)


      ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          il 10 gennaio 2020, il ministro interrogato, considerato il costante aumento di incidenti stradali con esiti mortali, soprattutto in ambito cittadino, ha sottoscritto un accordo quadro sui servizi di polizia stradale sulla viabilità urbana con il presidente dell'Associazione nazionale comuni italiani (Anci) Antonio Decaro;

          finalità dell'accordo quadro è consentire agli organi territoriali delle forze di polizia di garantire un più efficace controllo del territorio e rafforzare l'azione di prevenzione e repressione dei reati secondo quanto previsto nei piani coordinati di controllo del territorio;

          per le finalità citate, l'accordo prevede che le polizie municipali delle città capoluogo metropolitano, dei capoluoghi di regione e dei capoluoghi di provincia, espressamente richiamate nell'atto, siano chiamate a svolgere un ruolo preminente nell'espletamento dei servizi di polizia stradale sulla viabilità urbana, compresa la rilevazione degli incidenti stradali, nell'intero arco delle ventiquattro ore;

          per quanto concerne gli enti locali minori, i quali non dispongono di risorse finanziarie, strumentali o umane tali da svolgere le medesime funzioni degli enti di maggiori dimensioni, l'accordo statuisce che l'assunzione di un analogo ruolo da parte della polizia locale dovrà avvenire in modo graduale a partire dai comuni con popolazione superiore a 100mila abitanti;

          in caso di incidente stradale, l'accordo prevede che le pattuglie delle forze di polizia, eventualmente intervenute, siano prontamente sostituite dalla polizia municipale che provvede a rilevare il sinistro;

          per le medesime finalità, il Ministro interrogato ha provveduto a trasmettere ai prefetti della Repubblica una direttiva nella quale chiede la trasmissione dei dati aggregati sui sinistri con lesioni, compresi quelli rilevati dalle polizie municipali, riferiti al 2019 e suddivisi per semestre, nonché di una dettagliata relazione sulle strategie di prevenzione e di contrasto al fenomeno in esame, anche eventualmente comprensiva di una prima mappatura dei tratti stradali caratterizzati da fattori di pericolosità;

          nonostante la sicurezza della circolazione stradale in ambito urbano sia posta a carico quasi esclusivo delle forze di polizia locale, alle quali viene quindi assegnato un onere non indifferente, non è stata adottata nessuna iniziativa finalizzata a omogeneizzare i trattamenti retributivi, assicurativi e previdenziali di tali operatori alle altre forze di polizia di livello statale;

          altro aspetto di cui non si è ancora tenuto conto è la disparità che si viene a creare rispetto agli operatori delle forze di polizia statali, ai quali è riconosciuto un rapporto di pubblico impiego, a differenza di quanto avviene per gli operatori di polizia locale;

          parimenti, non è stato avviato alcun processo finalizzato a dotare gli operatori di polizia locale di strumenti indispensabili per l'adempimento delle funzioni poc'anzi richiamate, uno su tutti l'accesso diretto alla banca dati del sistema informatico interforze Ced-Sdi;

          le forze di polizia locale soffrono da anni di carenze di personale, personale che ha peraltro un'età media avanzata e che non consente di programmare agevolmente le attività di vigilanza nelle ore notturne;

          quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo al fine di completare il piano d'azione avviato con l'accordo quadro richiamato in premessa, attraverso una omogeneizzazione dello status giuridico degli operatori delle forze di polizia statali e di quelli delle forze di polizia locale, che ricomprenda anche il profilo dei trattamenti retributivi, assicurativi e previdenziali, e attraverso l'assegnazione alle forze di polizia locale delle adeguate risorse finanziarie, strumentali o umane, indispensabili ai fini dell'adempimento dei servizi di polizia stradale relativi alla viabilità in ambito urbano.
(4-04584)


      AMITRANO, VILLANI e NAPPI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          negli ultimi anni, le aggressioni ai medici e agli infermieri negli ospedali sono in grave aumento e all'inizio del 2020, si sono registrati già tre episodi di aggressioni al personale sanitario di Napoli; secondo quanto riportato da organi di stampa, due casi si sono registrati poco prima e subito dopo la mezzanotte del nuovo anno a seguito l'esplosione di un petardo lanciato verso un'ambulanza che era stata inviata nel quartiere Barra a Napoli per soccorrere un paziente, nell'aprire lo sportello del mezzo di soccorso, il medico è stato investito da una deflagrazione causata da un fuoco d'artificio gettato da ignoti sotto l'ambulanza;

          a distanza di poco, il secondo episodio, è avvenuto nei pressi dell'ospedale napoletano «San Giovanni Bosco», dove una dottoressa è stata aggredita verbalmente e fisicamente con una bottiglia al viso, senza un apparente motivo, da un paziente, probabilmente psichiatrico;

          un terzo episodio si è manifestato nuovamente a Napoli, un gruppo di minori ha sequestrato un'ambulanza con all'interno gli operatori sanitari del 118 all'ospedale «Loreto Mare» per costringerli a soccorrere un amico sedicenne con una distorsione al ginocchio;

          la violenza, e le aggressioni sugli operatori sanitari non sono un fenomeno locale, bensì riguardano tutta l'Italia e il più esposto a tali atti risulta essere il personale medico di continuità assistenziale che si trova a prestare servizio senza le adeguate tutele, soggetto a diversi rischi se si pensa alle visite notturne a domicilio e alle postazioni isolate, molte delle quali adibite ad ambulatori inadeguati e insufficienti per prevenire atti di aggressione nei confronti dei medici in servizio e che, ad oggi, non sembrano trovare soluzioni appropriate al fine di assicurare e tutelare l'incolumità fisica degli stessi;

          i dati dell'Inail confermano che gli episodi di violenza che si verificano in Italia, contro medici e personale sanitario, sono mediamente più di tre al giorno; secondo l'Ordine dei medici sono circa 1.200 le aggressioni denunciate dai camici bianchi all'Inail e, dai dati dello scorso anno, emerge che i più esposti al rischio di aggressioni sono gli addetti al pronto soccorso (456 casi), seguiti da medici e infermieri in corsia (400), mentre le aggressioni negli ambulatori sarebbero state 320;

          dopo il susseguirsi delle aggressioni avvenute a Napoli ai danni del personale sanitario, la Ministra dell'interno ha annunciato che dal 15 gennaio saranno attive le prime telecamere sulle ambulanze in servizio nel territorio, al fine di prevenire gli episodi di violenza nei confronti di medici e operatori sanitari –:

          se i Ministri interrogati, in relazione agli episodi richiamati in premessa, non ritengano opportuno adottare ulteriori iniziative utili volte a potenziare, su tutto il territorio nazionale, la sicurezza nei luoghi di lavoro dove le professioni sanitarie sono più a rischio, al fine di tutelare il personale sanitario dalle frequenti aggressioni e favorire, altresì, le adeguate condizioni affinché essi possano svolgere al meglio il loro fondamentale lavoro.
(4-04589)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


      NOVELLI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

          nel comune di San Pietro al Natisone, in provincia di Udine, coesistono due istituti comprensivi statali: l'Istituto comprensivo Dante Alighieri e l'Istituto comprensivo Paolo Petricig;

          dai dati disponibili sui siti istituzionali delle due scuole si apprende che: l'Istituto comprensivo Dante Alighieri è costituito da 7 plessi ed è frequentato da 294 alunni, di cui 46 nella scuola dell'infanzia, 124 nella scuola primaria e 124 nella scuola secondaria di primo grado; l'Istituto Paolo Petricig è una scuola bilingue (sloveno-italiano) ed è costituito da 4 plessi, frequentato, ad oggi, da circa 281 alunni di cui 60 nella scuola dell'infanzia, 155 nella scuola primaria e 66 nella scuola secondaria di primo grado;

          l'istituto comprensivo Paolo Petricig ha ottenuto, all'inizio dell'anno scolastico in corso (2019-2020), in seguito e specifico concorso, la nomina del dirigente scolastico superando così la condizione che vedeva l'Istituto comprensivo gestito da un reggente;

          viceversa l'Istituto comprensivo Dante Alighieri, da anni, non ha un dirigente scolastico in sede e continua a essere gestito in regime di reggenza;

          tale diversità di trattamento è generata dalle norme in materia di dimensionamento scolastico che trovano applicazione per l'istituto comprensivo di lingua italiana, mentre non vengono applicate all'istituto scolastico bilingue;

          non sfugge all'interrogante che la presenza in sede del dirigente scolastico non può che determinare una maggiore efficienza nel funzionamento dell'istituzione scolastica e rendere più agevole l'adozione di iniziative e proposte didattiche;

          questa situazione sta provocando il progressivo spostamento di alunni dall'istituto Dante Alighieri – di lingua italiana – all'istituto comprensivo Paolo Petricig anche da parte delle famiglie che non appartengono alla minoranza slovena, con conseguenti forti ripercussioni sul senso di identità, di appartenenza e di riconoscimento dei cittadini italiani di lingua italiana che si sentono discriminati nel loro stesso territorio nei confronti dei cittadini italiani di minoranza slovena;

          non appare infatti del tutto corretto che istituti scolastici dello Stato, per quanto differenziati dall'aspetto del bilinguismo, debbano godere di trattamenti diversi in merito all'investimento di risorse, considerato che la complessità di una scuola non può essere valutata esclusivamente sul numero degli alunni e che destinare una scuola alla reggenza significa ledere il principio dell'autonomia della singola istituzione scolastica sancito dalla legge;

          si aggiunga a ciò che la mission della scuola dovrebbe essere strettamente connessa alla specificità del territorio in cui questa opera e che la particolarità del territorio citato richiederebbe specifiche azioni volte, non solo a garantire le minoranze linguistiche, ma anche i cittadini di lingua italiana che non devono percepire discriminazione proprio per la specificità delle norme adottate –:

          se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, nel rispetto delle attribuzioni regionali, affinché i criteri di definizione del dimensionamento scolastico tengano in maggiore considerazione le specificità anche orografiche dei territori montani e dei piccoli e piccolissimi comuni sparsi sul territorio nazionale, con particolare attenzione a quei territori del Nord adiacenti ai confini che ospitano minoranze linguistiche, senza naturalmente ledere i diritti di queste ultime.
(4-04577)


      FORMENTINI, EVA LORENZONI, BORDONALI e DONINA. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          presso Palazzo Facchi, in via Molino vecchio n. 55 nel comune di Borgosatollo, in provincia di Brescia, nei giorni 24, 25 e 26 gennaio 2020 si è tenuta la manifestazione «Tenda dello Pace», sponsorizzata da una serie di associazioni, cattoliche e non, come ad esempio la Fiab (Brescia amici della bici), l'Ana e la protezione civile, e con il patrocinio del comune;

          nella locandina di tale evento risulta inoltre che l'evento medesimo ha avuto il sostegno dell'istituto comprensivo di Borgosatollo;

          sempre secondo quanto riportato dalla locandina dell'evento, nel corso dello stesso si sono tenuti diversi incontri sul tema dello stato ambientale della città di Taranto, nonché sul messaggio di Papa Francesco in occasione della 53° Giornata mondiale della pace;

          pertanto, durante la manifestazione è stato proiettato il film «Mittal, il volto oscuro dell'impero» e presentato il messaggio di Papa Francesco «La pace come cammino di speranza, dialogo, riconciliazione e conversione ecologica», ed infine è stata organizzata una cena per la raccolta fondi a favore della Fondazione Nadia Toffa per il reparto di oncologia pediatrica dell'ospedale Annunziata di Padova;

          l'evento ha visto anche la partecipazione degli alunni della scuola primaria di Borgosatollo, che hanno potuto presentare i loro lavori sui temi oggetto della manifestazione, nonché delle loro famiglie, e si è concluso con la celebrazione dell'Eucarestia e con preghiere per la pace presso la chiesa parrocchiale del paese;

          ciò che tuttavia suscita, a parere degli interroganti, indignazione è la sottesa propaganda politica ad una iniziativa di siffatto valore;

          la locandina, infatti, recava evidenziata in grassetto la scritta: «Sarà anche possibile firmare il manifesto della campagna “Io accolgo” che chiede al Governo e al Parlamento di abrogare i decreti Sicurezza e gli accordi con la Libia perché violano la nostra Costituzione e le Convenzioni internazionali, producono conseguenze negative sull'intera società italiana e ledono la nostra stessa umanità»;

          difatti, non solo l'iniziativa della campagna «Io Accolgo» è palesemente del tutto estranea ai temi dell'evento organizzato presso Palazzo Facchi, ma altresì, è ad avviso degli interroganti assolutamente inopportuno e arbitrario l'aver permesso di pubblicizzare tale iniziativa, di carattere chiaramente ideologico e politico, sulle locandine di una manifestazione, quale la «Tenda della pace», patrocinata, tra gli altri, dallo stesso comune di Borgosatollo e dunque con risorse pubbliche –:

          quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per evitare che un istituto scolastico possa promuovere o sostenere eventi come quello di cui in premessa che, ad avviso degli interroganti, costituiscono un indebito e strumentale utilizzo di iniziative di natura ecclesiastica per propaganda politica.
(4-04581)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XI Commissione:


      MURELLI, PANIZZUT, GAVA, CAFFARATTO, CAPARVI, DURIGON, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MINARDO e MOSCHIONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          secondo la denuncia sindacale, alla base di Aviano sono sottratti dai 300 ai 400 posti di lavoro che spetterebbero a cittadini italiani, in quanto occupati da civili americani che lavorano senza averne titolo;

          il problema, già sollevato dai sindacati stessi nel 1993, sembra avere assunto dimensioni esponenziali negli ultimi dieci anni;

          dal 2003 al 2018 tra il personale civile italiano sono stati persi 115 posti di lavoro italiani nella base;

          al 31 dicembre 2016 risultavano lavorare ben 422 civili americani, cui devono aggiungersi un centinaio di lavoratori della Aafes e altri servizi;

          secondo i sindacati il numero dei civili americani in forza alla base si aggira intorno ai 600 lavoratori, in violazione del contratto collettivo Nato-Sofa (il trattato del nord Atlantico del 1951) e dei più recenti accordi bilaterali Italia-Usa degli anni ’90;

          sulle prossime 9 assunzioni sembra che 8 premieranno civili americani;

          la questione è già stata segnalata ai Ministeri competenti ed è stata oggetto di denuncia presso l'ispettorato del lavoro di Pordenone e di Roma; il prossimo passo sembra essere una denuncia alla procura della Repubblica –:

          se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro interrogato intenda adottare celermente per far luce sulla vicenda esposta in premessa.
(5-03453)


      SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, LEPRI, MURA, SOVERINI e VISCOMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          secondo quanto annunciato in una nota del gruppo Conad diffusa nei giorni scorsi, con l'acquisizione dei punti vendita Auchan è stata formalizza la procedura di licenziamento degli 817 dipendenti delle diverse sedi italiane, che si dovrebbe concludere entro il prossimo mese di giugno, cui dovrebbero aggiungersi almeno altri 500 lavoratori della logistica e dei servizi, sia diretti che in appalto;

          degli 817 licenziamenti collettivi, ben 456 sono i lavoratori della sede di Rozzano (Milano) e altri 46 di quella di Roncadelle (Brescia). 41 sono invece a Roma, 40 a Offagna (Ancona), 33 ad Ancona, 27 a Vicenza, 13 a Catania e 160 in altri uffici distaccati;

          con l'acquisizione dei punti vendita Auchan, il gruppo Conad, che ha chiuso il 2019 con un fatturato di 14,3 miliardi di euro e una crescita del 5,9 per cento, accrescerebbe la propria quota di mercato nella grande distribuzione, passando dal 13 al 19 per cento;

          ai lavoratori in esubero l'unica strada che Conad ha offerto è un incentivo al licenziamento o un percorso di ricollocamento;

          l'avvio della mobilità si preannuncia come la prima fase di un processo di ridimensionamento occupazionale del personale impiegato nei punti vendita, dove ci sarebbero alcune migliaia di posti di lavoro a rischio;

          in occasione dell'incontro all'apposito tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico del 31 ottobre 2019, la rappresentante del Governo dichiarò che «gli eventuali esuberi saranno gestiti attraverso gli strumenti del pensionamento e prepensionamento, ricollocazione in Conad, cassa integrazione straordinaria, incentivo alla mobilità e accordi o formule con flessibilità per la salvaguardia occupazionale» –:

          quali urgenti iniziative si intendano adottare al fine di scongiurare, per quanto di competenza, che il processo di riorganizzazione della ex rete Auchan e Sma si tramuti in un drammatico taglio dell'occupazione.
(5-03454)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


      D'ATTIS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          gli operatori del settore dell'ippica attendono interventi risolutivi da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per superare le criticità attuali che mettono a rischio la sopravvivenza di un comparto che conta oltre 8.000 addetti (oltre all'indotto) e circa 12.000 cavalli;

          il settore dell'ippica italiana vive da anni un periodo di difficoltà anche a causa della mancata riforma del settore delle scommesse ippiche e dello stato degli ippodromi;

          sono necessari interventi programmatici da parte degli enti competenti per garantire un futuro alle imprese dell'ippica italiana, alle scuderie, agli allevamenti e alle società di corse;

          gli imprenditori del settore chiedono da tempo di affrontare e definire il tema del rinnovo del contratto tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e le società di corse;

          a mettere, inoltre, in grave difficoltà l'intera ippica italiana sarebbe il mancato pagamento dei premi da parte degli operatori del settore, che sarebbero fermi da agosto 2019;

          la riforma ippica, tanto acclamata e vitale per il settore, non vede ancora la luce e non se ne conosce tempistica; le sovvenzioni degli ippodromi anche quest'anno rischiano di subire forti ritardi –:

          se il Governo abbia intenzione di adottare le iniziative di competenza per varare la riforma del settore ippico e in quali tempi;

          se il Governo abbia intenzione di adottare le iniziative di competenza al fine di agevolare lo sblocco dei pagamenti dei premi da parte degli operatori del settore.
(4-04573)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      SCHULLIAN. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 28 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, ha introdotto nell'ordinamento il diritto dell'interessato ad ottenere un indennizzo per il mero ritardo da parte della pubblica amministrazione nella conclusione del procedimento amministrativo iniziato ad istanza di parte e per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi con un provvedimento espresso in capo alla stessa;

          come emerge anche dalla direttiva del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione del 9 gennaio 2014, recante linee guida per l'applicazione «dell'indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimenti ad istanza di parte», la disposizione in questione intende garantire l'effettività dei principi sanciti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e tutelare i privati danneggiati dalla violazione dell'obbligo di rispettare il termine di conclusione di un procedimento amministrativo;

          questa fattispecie si distingue nettamente da quella del risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento di cui all'articolo 2-bis, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto prescinde dalla dimostrazione dell'esistenza di un danno, del comportamento doloso o colposo dell'amministrazione e dell'esistenza di un nesso di causalità tra il danno lamentato e la condotta posta in essere dalla stessa;

          i commi 10 e 12 del citato articolo 28 prevedono che le disposizioni si applichino, in via sperimentale, ai soli procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell'attività di impresa iniziati a decorrere dal 21 agosto 2013, data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge e che, decorsi 18 mesi e sulla base del monitoraggio relativo all'applicazione, siano stabiliti la conferma, la rimodulazione o la cessazione delle disposizioni in questione con regolamento emanato su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentita la Conferenza unificata;

          tale regolamento, a tutt'oggi, risulta non essere stato ancora emanato –:

          quali siano i risultati del monitoraggio effettuato ai sensi dell'articolo 28, comma 12, del decreto-legge n. 69 del 2013 e quali iniziative di competenza il Governo, intenda adottare con riferimento alla conferma, alla rimodulazione o alla cessazione delle disposizioni ivi previste.
(5-03444)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BRAMBILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il Ministero della salute ha in itinere l'approvazione delle nuove «Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica, ospedaliera e assistenziale» (http://www.quotidianosanita.it);

          in queste si può leggere fra le novità, pagina 25, l'obbligo di certificazione medica per poter avere un pasto vegano o vegetariano in una mensa scolastica, in un ospedale, in un ricovero per anziani, smentendo quanto previsto fino a oggi con le linee guida ministeriali in vigore fin dal 2010 e confermate con una nota chiarificatrice emanata nel 2016 dallo stesso Ministero della salute vi si stabilisce che non sono sindacabili né attestabili da un medico la scelta etica e culturale vegana o vegetariana di una persona, di una famiglia, così come le scelte alimentari religiose, non trattandosi di una malattia;

          tale cambio di linea degli uffici del Ministero, nell'intento di scoraggiare quanto più possibile chi fa scelte alimentari senza prodotti di origine animale o con la loro riduzione, ad avviso dell'interrogante, ha tutta l'aria di un «autogol», poiché queste nuove linee guida dovranno essere emanate con decreto ministeriale cofirmato dal Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare in attuazione del decreto legislativo n. 50 del 2016 per concorrere anche alla difesa dell'ambiente e al sostegno della green economy, mentre organismi internazionali come Ipcc, Fao e Organizzazione mondiale della sanità affermano da tempo che il contrasto ai cambiamenti climatici si realizza anche sulle tavole, dove può fare la differenza la preferenza bilanciata per gli alimenti vegetali, meno impattanti e più salutari, ed hanno più volte ribadito la validità e l'adeguatezza in tutti gli stadi del ciclo vitale, delle scelte alimentari che prevedano riduzione o esclusione dei prodotti di origine animale –:

          quali urgenti iniziative intenda intraprendere per evitare la discriminazione descritta, nei confronti di milioni di italiani.
(5-03445)

Interrogazione a risposta scritta:


      LACARRA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il signor G. D. M., nel mese di febbraio del 1995 veniva sottoposto a intervento chirurgico presso il policlinico di Bari e, a seguito di una emorragia interna, si rendevano necessarie emotrasfusioni. A causa delle suddette trasfusioni, il paziente risultava portatore di epatite cronica Hcv correlata e tale patologia causava un aggravamento delle sue condizioni fisiche, oltreché sindrome ansioso-depressiva reattiva;

          solo nel 2013, allorquando si è concretamente manifestato il danno epatico, il signor G. D. M. ha acquisito piena consapevolezza in ordine alla contrazione della patologia e nel mese di ottobre del 2014 ha citato in giudizio, presso il tribunale di Bari, il Ministero della salute, per chiedere l'accertamento delle responsabilità ex articolo 2043 del codice civile e la sua condanna al risarcimento dei danni biologici, esistenziali, patrimoniali, morali, nonché alla vita di relazione;

          in particolare, il signor G. D. M. ha agito nei confronti del Ministero della salute prospettando la responsabilità dello stesso per omessa e/o insufficiente attività di programmazione, indirizzo, coordinamento nonché di sorveglianza e vigilanza sulla produzione, commercializzazione e distribuzione del plasma e degli emoderivati;

          in linea con una solida e costante giurisprudenza, il tribunale di Bari, accertata l'esistenza del nesso causale tra l'emotrasfusione ricevuta dall'istante e la malattia in seguito diagnosticatagli, ha accolto la domanda del signor G. D. M. e ha condannato, con sentenza n. 2103/2018 della III sezione civile, pubblicata il 15 maggio 2018, il Ministero della salute al pagamento in suo favore della somma di 68.297,00 euro a titolo di danno non patrimoniale oltre interessi legali fino al saldo e al pagamento delle spese di lite;

          decorso infruttuosamente il termine di 120 giorni per l'adempimento al giudicato previsto dall'articolo 14 del decreto-legge 31 dicembre, 1996, n. 669, convertito dalla legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 20, il signor G. D. M. ha proposto ricorso per ottemperanza presso il tribunale amministrativo regionale per la Puglia – II sezione;

          ricorrendo tutti i requisiti, il ricorso è stato accolto e, in data 5 novembre 2019, con sentenza 1633/2019, il suddetto tribunale ha condannato il Ministero della salute al pagamento del risarcimento precedentemente stabilito, maggiorato di 20,00 euro quale penalità di mora per ogni giorno di ritardo decorrente dalla data di scadenza del termine per l'esecuzione spontanea e al pagamento delle spese processuali in favore della parte ricorrente;

          la legge n. 210 del 1992 come modificata dalla legge n. 238 del 1997 è intervenuta in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati;

          l'articolo 27-bis del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito dalla legge n. 114 dell'11 agosto 2014, ha previsto l'indennizzo per circa 6.500 pazienti danneggiati da trasfusioni o emoderivati infetti o vaccinazioni obbligatorie che avessero in precedenza aderito alla procedura transattiva;

          ancora oggi nel nostro Paese molti cittadini che hanno contratto patologie in seguito ad emotrasfusioni attendono un giusto ristoro per tutti i danni subiti –:

          se intenda adottare le iniziative di competenza, per dare esecuzione alla sentenza di condanna al risarcimento nei confronti del signor G. D. M. e per assicurare tale risarcimento a chiunque si trovi nelle medesime condizioni;

          se intenda operare una ricognizione dei casi di soggetti danneggiati da trasfusioni o emoderivati infetti o vaccinazioni obbligatorie non ancora indennizzati e quali iniziative intenda intraprendere per riparare ai danni dagli stessi subiti.
(4-04579)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


      ALEMANNO e SUT. — Al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:

          la tutela dei consumatori nel settore del mercato assicurativo è un obiettivo fondamentale per garantire l'efficienza e, con essa, la crescita del settore;

          il decreto legislativo n. 209 del 2005 prevede all'articolo 187-ter l'obbligo per i soggetti destinatari della vigilanza dell'Ivass di aderire al costituendo arbitro assicurativo;

          la misura dell'arbitrato assicurativo, utile alla riduzione delle controversie del settore e strumento fondamentale di tutela dei consumatori, è in via d'attuazione: l'Ivass infatti sta lavorando, in collaborazione con gli uffici del Ministero dello sviluppo economico, per dare avvio alle attività del nuovo arbitro assicurativo;

          sono in corso le attività per reclutare e formare il personale e realizzare la piattaforma informatica per la presentazione e l'efficiente gestione dei ricorsi. Il servizio tutela del consumatore dell'Ivass è affidatario delle competenze di segreteria tecnica dell'arbitro assicurativo e, per l'avvio dello stesso, il legislatore ha ampliato di 45 unità la pianta organica dell'istituto;

          l'arbitro assicurativo diventerà un nuovo strumento per conseguire un'ampia tutela dei consumatori e, allo stesso tempo, garantirà la rapidità, l'economicità e l'effettività di tale tutela –:

          quali elementi il Ministro interrogato intenda fornire sulla tempistica dell'emanazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico, necessario per la costituzione di uno strumento di tutela dei consumatori fondamentale quale l'arbitro assicurativo.
(5-03450)


      ANDREUZZA, CAPARVI, SALTAMARTINI, BINELLI, COLLA, DARA, GALLI, GUIDESI, PETTAZZI e PIASTRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la Isotta Fraschini s.r.l. e la Industrie Metallurgiche di Spoleto s.p.a. (Ims) fanno entrambe parte del gruppo Casti e nascono da quella che era la famosa industria Pozzi di Santo Chiodo, eccellenza in passato del settore metallurgico e oggi complesso in amministrazione straordinaria, dopo l'apertura nel 2014 di un fascicolo da parte della procura di Spoleto per presunta frode fiscale;

          è iniziata in quegli anni l'odissea dei lavoratori della cosiddetta «ex Pozzi», 160 solo per Spoleto, che attendono con trepidazione di conoscere le sorti del complesso aziendale da cinque anni in bilico tra vendita e fallimento: lo stabilimento di Santo Chiodo è infatti chiuso da tempo ed i macchinari non sono più sottoposti a manutenzione. All'interno si sono verificati anche vari furti ed atti vandalici e l'inattività dell'azienda ha determinato la perdita delle commesse, sollevando non pochi dubbi sulla possibile ripresa della produzione;

          le società Isotta Fraschini e Ims hanno tuttavia proseguito la produzione nella sede di Dongo (Como) e da notizie giornalistiche sembrerebbe in corso una procedura di acquisizione dello stabilimento lombardo da parte di una cordata cinese, mentre per il polo metallurgico di Santo Chiodo, qualora nessun investitore dovesse farsi avanti, verrebbe avviata la procedura fallimentare;

          la definitiva chiusura della ex Pozzi rappresenterebbe l'ennesima perdita di un polo di eccellenza italiano e andrebbe ad incidere negativamente sull'intera economia di un territorio, quello spoletino, che ha già subito negli ultimi anni una crisi industriale senza precedenti –:

          se il Ministro sia al corrente di quanto illustrato in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per favorire la ripresa di queste importanti realtà produttive spoletine e, più in generale, per rivitalizzare l'intero settore metallurgico italiano che per anni ha rappresentato un'eccellenza industriale in Europa e nel mondo e oggi vive una crisi di preoccupante gravità.
(5-03451)


      NARDI, BENAMATI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA e ZARDINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la gestione complessiva della società Securpol, caratterizzata da numerosi anni di irregolarità fiscali e legali, con un debito crescente e sistematiche violazioni dei diritti degli occupati, ha creato e sta creando gravi difficoltà economiche ai lavoratori e alle loro famiglie;

          la Securpol è stata dichiarata insolvente dal tribunale di Civitavecchia, con sentenza del 23 agosto 2017, ed è in amministrazione straordinaria come prescritto dal decreto del Ministero dello sviluppo economico del 16 novembre 2017;

          i lavoratori dell'azienda hanno usufruito della cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs), terminata il 2 ottobre 2019;

          a seguito della cessazione dell'attività dei rami di azienda l'amministrazione di Securpol ha richiesto l'attivazione della Cigs nei confronti del personale che non è stato assorbito dalle società acquirenti;

          in particolare, le società acquirenti in data 4 ottobre 2019 hanno provveduto all'assunzione di 298 lavoratori, mentre ad oggi sono ancora in forza a Securpol 225 addetti (3 in Lombardia, 70 in Toscana, 90 nel Lazio, 15 in Abruzzo, 1 in Veneto, 10 in Campania, 17 in Calabria, 15 in Sicilia);

          il nuovo trattamento straordinario di integrazione salariale è stato richiesto per la durata di 12 mesi e sarà erogato da Inps;

          le associazioni sindacali hanno, inoltre, recentemente rimarcato la difficile situazione determinatasi per i lavoratori Securpol in amministrazione straordinaria non interessati dal trasferimento di azienda per i quali è stato concordato il ricorso alla cassa integrazione, ancora purtroppo in fase istruttoria;

          questa situazione sta avendo effetti drammatici sui lavoratori e sui loro nuclei familiari, aggravati peraltro da un quadro complessivo incerto per il futuro del personale ancora dipendente di Securpol e sul quale l'attuale amministrazione della società non ha presentato alcuna proposta finalizzata al mantenimento degli attuali livelli occupazionali –:

          quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro interrogato, per garantire la continuità aziendale, anche al fine di salvaguardare il profilo occupazionale.
(5-03452)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      ANGIOLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          il digital video broadcasting-territorial (Dvb-T), nelle telecomunicazioni, è lo standard del consorzio europeo Dvb per una modalità di trasmissione televisiva digitale terrestre;

          in diverse zone italiane, da anni, si riscontrano problemi per quanto riguarda la ricezione del segnale televisivo Rai, poiché i ripetitori televisivi non riescono a giungere in tutti i luoghi con adeguata potenza di trasmissione;

          esiste anche una mappa che localizza sul territorio nazionale i noti disservizi sulla copertura delle trasmissioni della Rai (e in alcuni casi delle tv private), segnali televisivi che spesso non raggiungono in modo ottimale o sufficiente molte aree montane e collinari;

          i dati raccolti notificano i disservizi Rai comprovati da mesi di proteste ufficiali da parte delle comunità e delle amministrazioni locali (in alcuni casi seguite da ricorsi e class action);

          il deficit di copertura televisiva è stato ammesso anche dalla stessa Rai, tant'è che nel luglio 1999, con operatività dal marzo 2000, ha dato vita a una struttura dedicata, RaiWay;

          anche se le problematiche coinvolgono più o meno tutte le regioni d'Italia, le criticità più diffuse e sentite sono localizzate soprattutto al Sud;

          in maniera particolare, i disservizi colpiscono l'area della città metropolitana di Bari; più volte tali disservizi sono stati segnalati a tutte le autorità competenti dagli utenti e dagli amministratori dei comuni di Sammichele di Bari, Acquaviva delle Fonti, Turi e Casamassima: purtroppo, ad oggi il problema sussiste ancora;

          a partire da luglio 2022 entrerà in funzione il nuovo standard di trasmissione dal digitale terrestre, Dvb-T2Hevc, che sostituirà completamente il vecchio e malfunzionante sistema tuttora attivo –:

          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda urgentemente intraprendere, prima che entri in funzione il nuovo sistema di trasmissione digitale terrestre – a luglio 2022 – affinché gli utenti dei comuni di cui in premessa possano usufruire, senza ulteriori disagi, dei segnali televisivi, anche in considerazione del fatto che detto servizio viene puntualmente pagato con il canone di abbonamento.
(5-03443)


      RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          a quanto è dato sapere, presso molteplici uffici di Poste Italiane s.p.a., perdura un problema di sotto organico, aggravatosi a causa dei molteplici pensionamenti che stanno interessando il comparto, soprattutto con l'introduzione della cosiddetta Quota 100. Tale mancanza di personale si ripercuote, inevitabilmente, sul lavoro dei dipendenti, che per fronteggiare l'intensa mole di attività devono ricorrere al lavoro straordinario;

          quella di Poste Italiane appare una politica caratterizzata da un aumento smisurato della produzione, con carichi lavorativi sempre più estenuanti che impongono di lavorare, anche dodici ore al giorno, per cercare di sopperire alle gravi carenze organiche, poiché non c'è ricambio del personale uscente. Da questa situazione consegue, troppo spesso, il sacrificio dei diritti dei lavoratori sanciti dalla normativa in materia per l'eccessivo carico di lavoro che, tra l'altro, alimenta un clima di grande tensione e conflitto negli ambienti di lavoro;

          a ciò si aggiunge l'annunciata chiusura di alcuni uffici postali che metteranno in difficoltà alcune categorie di utenti. In particolare, dopo un lungo periodo di incertezza, sembra che sia imminente la chiusura delle sedi di Gretta e Servola, rioni di Trieste, a cui Poste Italiane dovrebbe procedere il 10 febbraio 2020, infliggendo un duro colpo agli utenti interessati, tra i quali molti anziani. Per mesi sono stati richiesti incontri con la direzione di Poste per poter esprimere il dissenso contro queste ipotizzate chiusure, ma l'azienda ha ignorato tali istanze non fornendo alcun riscontro in merito –:

          se e quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per contrastare le problematiche esposte in premessa, in particolare affinché vengano rispettati i diritti dei dipendenti che non possono pagare le conseguenze di una politica aziendale che vede esigue assunzioni rispetto alle necessità lavorative;

          se e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché non si proceda alle chiusure di uffici postali che metterebbero a rischio la garanzia del servizio postale ad intere categorie di utenti.
(5-03446)


      VIZZINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          il polo siderurgico di Piombino (ex Lucchini) riveste un'importanza fondamentale per il tessuto industriale italiano, per il capitale umano che è impiegato negli impianti e per il territorio del comune di Piombino. L'acciaieria, seconda in Italia per dimensioni solo all'Ilva di Taranto, dà lavoro a quasi duemila dipendenti;

          dopo l'accordo per l'acquisizione del polo siderurgico di Piombino al gruppo algerino Cevital nel 2015 erano emerse gravi criticità e inadempienze nella garanzia di immissione di capitali per assicurare la liquidità, nelle garanzie sul contratto per la fornitura del forno elettrico nonché nello stato di avanzamento del programma di demolizione dei vecchi impianti e di bonifica dell'area. Tutto questo ha portato il Ministero dello sviluppo economico alla messa in mora di Cevital;

          la crisi ha avuto una soluzione parzialmente positiva grazie al recente passaggio definitivo del polo siderurgico di Piombino da Cevital a Jindal Steel West (di seguito Jsw), grande impresa internazionale che si colloca tra i leader mondiali nella produzione del settore dell'acciaio, coordinato dalla regia del Ministero dello sviluppo economico, ridando la speranza a migliaia di lavoratori. Il gruppo Jindal starebbe valutando il ritorno alla produzione di acciaio costruendo due forni elettrici per una produzione di almeno due milioni di tonnellate. Un investimento di oltre un miliardo di euro;

          la Jsw ha espresso la necessità di almeno 18 mesi per la presentazione dei progetti di costruzione dei nuovi forni e per la transizione gestionale del polo siderurgico e proprio per questi motivi lo scorso anno è stato confermato il ricorso agli ammortizzatori sociali;

          è di questi giorni la notizia che Jindal avrebbe richiesto la proroga di altri quattro mesi per la presentazione del piano industriale. Il cronoprogramma, condiviso con il Ministero dello sviluppo economico, prevedeva come termine ultimo per «svelare» le carte il 24 gennaio 2020;

          lo scorso autunno presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è stato firmato il rinnovo per ulteriori 12 mesi della cassa integrazione in deroga per le aree di crisi industriale complessa. I lavoratori del polo siderurgico sono arrivati a considerare lo sciopero della fame, pur di avere chiarezza sul proprio futuro che appare fosco alla luce di questo ulteriore rinvio;

          il Ministro interrogato, intervenendo questa settimana in Senato, ha dichiarato che si sta organizzando un ulteriore incontro con Jindal –:

          se ritenga, in occasione del prossimo incontro con il gruppo Jsw Steel, di indicare una data ultima, questa volta vincolante, per la presentazione della seconda fase del piano industriale per evitare ulteriori proroghe pretestuose e dannose per i lavoratori del gruppo e per il settore industriale italiano dell'acciaio.
(5-03447)

Apposizione di firme ad una interpellanza.

      L'interpellanza urgente Marino e altri n. 2-00621, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Cabras, Mura, Gavino Manca, Frailis, Deiana, Corda.