XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 345 di venerdì 22 maggio 2020

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Brescia, Colucci, Davide Crippa, De Maria, Delrio, Frusone, Gebhard, Giachetti, Giorgis, Grande, Iovino, Liuni, Lorefice, Losacco, Molinari, Morani, Ruocco, Sisto, Tasso e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi e iniziative di competenza in relazione al grave incendio verificatosi recentemente nello stabilimento chimico della 3V Sigma, anche nell'ottica dell'adozione di un protocollo di sicurezza per lavoratori e cittadini per tutta l'area industriale di Marghera - n. 2-00804)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno, Pellicani ed altri n. 2-00804 (Vedi l'allegato A).

Chiedo al deputato Nicola Pellicani se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Illustra, collega?

NICOLA PELLICANI (PD). Sì, grazie, la illustro. Venerdì scorso è esplosa un'industria chimica a porto Marghera, la 3V Sigma, che produce etanolo, metanolo e sbiancanti per cementifici. Due operai, cui va il nostro pensiero, sono rimasti gravemente feriti e sono ricoverati per ustioni negli ospedali di Verona e Padova. C'è da chiedersi anzitutto, signor Presidente, come sia possibile che nel 2020 possa esplodere una fabbrica chimica che opera a poca distanza dal centro abitato ed è situata ai bordi di un ambiente fragile come la laguna di Venezia.

Voglio ringraziare qui i Vigili del fuoco, in quanto il loro intervento è stato decisivo per domare le fiamme impedendo che si propagassero ad altri impianti chimici che insistono nell'area industriale.

Siamo alle solite: Venezia è una città in balia delle emergenze. In centro storico suonano le sirene per l'acqua alta, come lo scorso 12 novembre, quando la marea ha raggiunto quota 187 centimetri e a Marghera le sirene suonano per gli incidenti industriali.

Non ci sono più alibi, il dossier Venezia deve essere una delle priorità del Parlamento e del Governo.

Mi chiedo come sia potuto accadere un incidente industriale di tale gravità, nonostante le reiterate denunce dei lavoratori in tema di sicurezza, in quella fabbrica l'ultima delle quali risale a soli due giorni prima dell'incidente.

Pochi mesi fa era stato presentato un esposto in prefettura e, come tutta risposta, l'azienda aveva denunciato i lavoratori per diffamazione.

Ma ci sono altre questioni poco chiare, signor Presidente. Nonostante la fabbrica sia inserita in un'area a rischio rilevante, soggetta alle direttive Seveso, non ha mai sottoscritto il protocollo per le emergenze SIMAGE, che prevede un sistema di allentamento che fa capo all'ARPAV, che in questo caso è stato il primo a lanciare l'allarme. In ballo c'è, inoltre, il futuro di cinquanta lavoratori e di cinquanta famiglie, che ora si trovano senza lavoro. I cittadini hanno diritto di sapere tutto su questa esplosione: perché è successo? Di chi sono le responsabilità? Quali sostanze sono state sprigionate nell'aria, nei terreni e nell'acqua?

Dai primi dati raccolti dall'ARPAV, l'incendio ha provocato un innalzamento dei livelli di inquinamento all'interno dello stabilimento con le percentuali di acetone ben 244 volte oltre i limiti e con ricadute fino a 5 chilometri di distanza e in centro storico a Venezia.

Dopo l'incidente, inoltre, sono affiorati nell'acqua dei canali industriali centinaia di pesci morti. E, ad oggi, le sostanze inquinanti sono ancora presenti in alcuni canali della lacuna. Gli enti preposti hanno compiuto tutti i controlli previsti dalle normative vigenti sugli impianti? Nel brevissimo periodo, però, servono tutele per i lavoratori e la progettazione di opere di bonifica che interessino l'azienda, per poter assicurare la continuità aziendale e i livelli occupazionali, ma con garanzie precise sula sicurezza degli impianti. In questo senso, mercoledì scorso si è svolto un incontro tra l'azienda e il prefetto di Venezia, Vittorio Zappalorto, per avere chiaro il futuro produttivo della fabbrica, la 3VSigma appunto. Restano molti dubbi sul comportamento tenuto finora dalla società in particolare in riferimento alle molteplici denunce dei lavoratori e sindacati sulle questioni relative alla sicurezza.

Resta, poi, da capire quali saranno le assicurazioni dell'azienda sugli scenari futuri per garantire appunto l'occupazione di cinquanta lavoratori. È evidente che le conseguenze dell'incendio che ha devastato la 3VSigma andranno valutate nel tempo: resta da definire la dinamica dell'incidente, su cui risponderà la magistratura e accertare le responsabilità, ma anche la precisa consistenza dell'impatto ambientale degli inquinanti, le conseguenze su flora e fauna e l'accumulo delle sostanze tossiche nei fondali lagunari, anche in previsione di futuri scavi e smaltimento di fanghi.

Alla luce dell'evento, va inoltre riconsiderato il monitoraggio ambientale di gestione delle emergenze da parte delle aziende dell'area e implementato il sistema di allertamento della popolazione, che ha dimostrato tutte le sue carenze durante l'incidente. L'esplosione di venerdì scorso, con la colonna di fumo nero che ha avvolto l'intera città, compreso il centro storico di Venezia, ci rimanda indietro nel tempo, mostrandoci rischi che ancora comporta l'industria chimica di Porto Marghera e ci inchioda alle nostre responsabilità, anzitutto alla responsabilità delle istituzioni.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Stanislao Di Piazza, ha facoltà di rispondere. Prego, sottosegretario.

STANISLAO DI PIAZZA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Buongiorno, onorevoli deputati, con il presente atto parlamentare, l'onorevole interpellante chiede di conoscere quali siano le iniziative che il Governo intende adottare per accertare le cause e le responsabilità del gravissimo incidente verificatosi il 15 maggio scorso presso lo stabilimento 3VSigma di Marghera e quali siano gli impatti sulla salute della popolazione e le azioni di monitoraggio che il Governo intende porre in essere per la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro.

Preliminarmente mi preme evidenziare che proprio con riferimento all'ultimo dei quesiti sopra espressi viene richiamata l'attenzione su un tema come quello della salute e sicurezza sul lavoro. che questo Governo, fin dal suo insediamento, ha inserito tra le priorità da affrontare. A testimonianza di ciò, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha avviato da tempo un confronto sui temi della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, con l'obiettivo di instaurare un dialogo costruttivo tra i diversi attori coinvolti finalizzato alla individuazione di proposte condivise in ordine al rafforzamento e all'eventuale aggiornamento del quadro di tutele e di misure di prevenzione già disciplinate in maniera organica dal decreto legislativo n. 81 del 2008. Sono stati, inoltre, avviati tavoli tecnici di confronto con le parti sociali anche in vista della ricostituzione della commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro. Dunque, è ferma intenzione del Governo accrescere sempre più i livelli di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori mediante il graduale potenziamento dell'organico tecnico dell'Ispettorato nazionale del lavoro ed anche attraverso un più efficace coordinamento dell'azione di controllo, in particolare tra INL e servizi ispettivi delle aziende sanitarie regionali con particolare riferimento ai settori a più alto rischio infortunistico.

In relazione al gravissimo incidente oggetto dell'odierna interpellanza, mi corre l'obbligo di precisare che gli accertamenti sulla dinamica degli incidenti in cui sono coinvolti i lavoratori che subiscono gravi lesioni o che hanno conseguenze mortali, sono disposti e coordinati dalla procura della Repubblica, che di norma si avvale dei servizi di prevenzione delle ASL, accertamenti e indagine che sono ancora in corso.

Lo stabilimento 3VSigma Spa, sito nel comune di Venezia Porto Marghera, risulta essere, nell'intervento nazionale, uno stabilimento “di soglia superiore” a “rischio di incidente rilevante” ai sensi del decreto legislativo n. 105 del 2015, che detta norme relative al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, e per questo motivo, oltre a essere sottoposto a verifiche periodiche da parte dei Vigili del fuoco, è tenuto ad adottare un documento denominato Rapporto di sicurezza, da presentare al Comitato tecnico regionale.

Per tali motivi sullo stabilimento in questione è chiamato a vigilare anche l'INAIL che, in qualità di organo tecnico nazionale per l'attuazione, in sinergia con altre amministrazioni, delle misure previste dal citato decreto legislativo n. 150 del 2015, partecipa alle commissioni di sopralluogo al fine di raccogliere evidenze ed elementi che si sostanziano nella predisposizione di un report da inviare anche alla Commissione europea, attività questa che l'INAIL ha assicurato essere attualmente in corso al Ministero che rappresento.

Le verifiche svolte sino ad ora hanno consentito di appurare che entrambi gli operai più gravemente coinvolti erano dipendenti di due ditte esterne che operavano in virtù di contratti di appalto per attività manutentive. Pertanto sono in corso da parte dell'Ispettorato territoriale del lavoro competente accertamenti sulla genuinità di tali appalti, oltre che sulle regolarità dei singoli rapporti di lavoro. Gli accertamenti sulla dinamica dell'incidente e sul rispetto delle norme di sicurezza sono tuttora in corso ad opera del Comando dei Vigili del fuoco del nucleo carabinieri dell'Ispettorato del lavoro di Venezia e del Servizio prevenzione igiene e sicurezza in ambienti di lavoro, che hanno provveduto all'informativa all'autorità giudiziaria.

In merito, quindi, specificamente a fatti e responsabilità potrà essere solo l'organo inquirente a rendere, in esito all'indagine, informazioni puntuali. Mi corre l'obbligo di rendere noto che anche il Comando dei Carabinieri per la tutela della salute, interpellato al riguardo, ha riferito che sull'azienda 3V Sigma Spa è in corso, dal mese di marzo, un'attività ispettiva originata da segnalazioni pervenute da parte di alcune sigle sindacali operanti sul territorio. Ad oggi, dunque, non è ancora possibile fornire una ricostruzione complessiva della dinamica degli eventi che possa soddisfare la richiesta dell'interpellante sulle cause dell'incidente e sui danni all'ambiente. Voglio comunque assicurare che il Governo seguirà con grande attenzione la vicenda, per acquisire un quadro completo utile ad evitare il ripetersi di fatti così gravi, anche al fine di porre rimedio ad eventuali impatti sull'ambiente.

PRESIDENTE. Il deputato Pellicani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza. Prego.

NICOLA PELLICANI (PD). Grazie, Presidente. L'azione del Governo, fin dal suo insediamento, ha dimostrato grande attenzione per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro e per l'ambiente, annunciando anche un Green Deal ancora sempre di là da venire, ma sul quale abbiamo grande aspettativa e che rappresenta ormai una strada obbligata da seguire, che dovrà necessariamente prevedere un investimento significativo per la messa in sicurezza, la bonifica e la riconversione di un'area industriale sterminata di oltre 2 mila ettari, come quella di Porto Marghera, dove persiste ancora una presenza significativa di produzioni chimiche.

Abbiamo, in tal senso, accolto con soddisfazione l'accordo di programma di 102 milioni che consente di riprendere gli interventi per il marginamento della laguna e per impedire agli sversamenti dei veleni nell'acqua. Ora, però, è indispensabile reperire le risorse necessarie per concludere l'opera di conterminazione, altrimenti i lavori fin qui eseguiti, già costati quasi circa un miliardo, saranno stati vani. Ma, all'indomani di un incidente così grave, non è più rinviabile una strategia che punti convintamente sulla green economy, su interventi innovativi, come è stato fatto per la bioraffineria ENI. Non è più rinviabile un piano serio di riconversione industriale, ma, più in generale, è necessario non solo l'interesse di Venezia e di Porto Marghera, ma pensare a una politica industriale adeguata a un Paese del rango dell'Italia. Non è possibile aspettare oltre: bisogna lavorare concretamente al Green Deal che per Venezia e Marghera significa anzitutto investire in modo adeguato, in sicurezza, bonifica e riconversione industriale nel segno dell'economia verde. Quindi io sono fiducioso che il Governo operi in questa direzione e vi auguro buon lavoro.

(Iniziative, anche di carattere normativo, in materia di gestione dei rifiuti in relazione alla “fase 2” dell'emergenza sanitaria e alla ripresa delle attività industriali e commerciali - n. 2-00805)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Licatini ed altri n. 2-00805 (Vedi l'allegato A). Chiedo alla deputata Caterina Licatini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Interviene, collega?

CATERINA LICATINI (M5S). Sì, grazie Presidente e signori del Governo. Con la “fase 2”, il nostro Paese, pur nel rigoroso rispetto delle regole, ha intrapreso un graduale e progressivo ritorno alla normalità e nella ripresa delle attività industriali, artigianali commerciali. Questa emergenza ha modificato le nostre abitudini di vita e i nostri ritmi, ma di certo non ha diminuito la produzione di alcune tipologie di rifiuto nel nostro Paese, anzi, tutt'altro.

Pensiamo all'uso massivo di dispositivi di protezione individuale, come mascherina usa e getta e guanti, che sono stati e saranno ancora per mesi una barriera tra noi e il contagio, barriera che si è presto trasformata in tonnellate di rifiuti da smaltire.

Sappiamo qual è il rischio dell'abuso di prodotti monouso e la scorretta gestione del loro fine vita, perché ha fatto sì che i nostri mari e in generale tutto l'ambiente in cui viviamo siano invasi da macro e micro plastiche, con conseguenze sulla biodiversità del pianeta e sull'economia di quei settori che dipendono dai prodotti del mare. Il virtuoso percorso avviato da numerose campagne plastic free, e suggellato, sia a livello europeo che nazionale, da provvedimenti normativi volti a regolamentare la progettazione, produzione e distribuzione dei prodotti in plastica e a prevenirne l'abbandono incontrollato nell'ambiente, rappresenta ancora, nonostante la complessa situazione emergenziale, una chiave di volta su cui regge la salute dell'ambiente stesso e dei cittadini, oltre che nuove opportunità per l'innovazione, la competitività e l'occupazione. Purtroppo l'attuale obbligo di misure di protezione individuale sta favorendo approcci ben lontani dalla consapevolezza dei rischi ambientali connessi ad un loro scorretto smaltimento dopo l'utilizzo. Occorre proteggersi, sì, ma nel rispetto dell'ambiente. L'eccezionalità della situazione sanitaria non può dunque prescindere dalla necessità di continuare nell'azione di riduzione ed eliminazione della plastica e dei prodotti monouso. Sarebbe opportuno promuovere l'utilizzo di mascherine certificate riutilizzabili, lavabili anche sulla base di uno standard tecnico che ne consideri l'efficacia e il ciclo di vita in relazione ad un uso comune e non chiaramente di carattere sanitario. Alternative valide sostenibili, che vadano a braccetto sia con la prevenzione dei contagi sia con la lotta al degrado ambientale. Lo si potrebbe fare, ad esempio, investendo in dispositivi ecosostenibili monomateriali riciclabili e nella messa a punto di nuove tipologie di DPI che ne garantiscano, come già detto, da un lato, il riuso in condizioni di sicurezza e, dall'altro, la compatibilità con un'ottica di economia circolare. Né secondario né improrogabile è inoltre intervenire al fine di assicurare una pronta gestione del recupero di dispositivi già in circolazione composti da multimateriali non riciclabili. Sebbene le attività connesse alla gestione dei rifiuti non si siano mai arrestate in virtù della loro essenzialità e del loro ruolo di pubblico interesse, è necessario programmare una “fase 2” anche per la gestione dei rifiuti. In tale contesto, oltre al ruolo indispensabile svolto da ciascuna regione in questa emergenza, lo Stato sarà chiamato a svolgere un ruolo prioritario. Lo abbiamo già richiesto in quest'Aula con l'interpellanza urgente della collega Fontana e firmata da tutta la Commissione ambiente del MoVimento 5 Stelle in tema di azioni di contrasto alla diffusione del COVID-19 nella gestione dei rifiuti. Riteniamo pertanto oggi, con questa interpellanza, che sia necessario intervenire su più fronti. Pensiamo a come si tradurrà, in termini di produzione di rifiuti, la riapertura di molte attività, aziende, fabbriche su tutto il territorio nazionale: persone e lavoratori che utilizzeranno un numero elevatissimo di dispositivi monouso quali guanti, mascherine e tute. Purtroppo ad oggi, a secondo della regione, si registrano ancora difformità e incertezze in ordine alla non acclarata classificazione di questi rifiuti speciali, assimilabili agli urbani o sanitari a rischio infettivo. È evidente che, da tale classificazione, possono discendere oneri per la raccolta molto diversi per le aziende, oneri di cui, in questa particolare contingenza, non è difficile immaginare il peso, e che lasciano auspicare più dettagliate indicazioni in merito alla corretta gestione dei dispositivi utilizzati in ambienti di lavoro che, in via ordinaria, non avrebbero fatto uso di tali prodotti. E che dire sulla ripresa delle attività di ristorazione? Sarebbe opportuno fornire protocolli o campagne di informazione a bar, ristoranti e consumatori affinché la pratica del monouso in plastica non si riaffermi, considerato che la disinfezione e il risciacquo delle stoviglie riutilizzabili è in grado di eliminare il virus.

In un delicato momento come quello dell'emergenza in corso, gli strumenti normativi ed i modelli organizzativi improntati al principio dell'ecosostenibilità devono affermarsi con decisione e ancor più rafforzarsi anche attraverso la promozione di una più ampia consapevolezza sociale, oltre che sui rischi ambientali, anche su quello igienico -sanitario, che la sconsiderata ed incivile pratica dell'abbandono di prodotti monouso comporta. L'impropria equazione “usa e getta uguale sicurezza”, infatti, rischia di essere scontata, dunque occorre informare il cittadino e orientarlo verso scelte più idonee e responsabili per la tutela dell'ambiente. Inoltre, in questa nuova “fase 2” sarebbe opportuno rivedere alcune proroghe o deroghe alla gestione ordinaria dei rifiuti già adottate dalle regioni con proprie ordinanze contingibili ed urgenti sulla base della circolare del 30 marzo scorso del Ministero dell'Ambiente, legittimamente assunte in costanza di emergenza sanitaria. Però la storia ci insegna che, purtroppo, in Italia, specialmente nel settore della tutela ambientale, le emergenze sono state molto spesso sfruttate per eludere la legge con deroghe, proroghe e normative di favore. Alcune regioni, in nome di un'emergenza rifiuti imputabile solo al loro immobilismo, con ordinanze contingibili e urgenti, hanno legittimato per anni il mantenimento di immonde discariche, in contrasto con tutte le leggi comunitarie e italiane. Ne è un esempio il modello siciliano, notoriamente contraddistinto da logiche d'urgenza e provvisorietà senza mai giungere ad una soluzione soddisfacente e ad una pianificazione puntuale, organica e coerente. Su questo profilo andrebbe riconsiderato l'avvio all'incenerimento del flusso dei rifiuti indifferenziati, a meno che non derivano da giro dedicato, ovvero da abitazioni in cui vi siano soggetti positivi al tampone o in quarantena obbligatoria, così come previsto dalla circolare. L'obiettivo è chiaramente quello di arginare il ricorso ad inceneritori e discariche, facendo precipitare il nostro sistema industriale dei rifiuti ad oltre trent'anni fa. I passi avanti faticosamente percorsi nel delicatissimo settore dei rifiuti, fonte di gravissimi pericoli per l'ambiente, non possono essere perduti. Non dobbiamo arrestare la nostra marcia virtuosa o ancor peggio indietreggiare. Ciò comporterebbe l'inasprirsi di una situazione di cui sono ben noti gli effetti e che oggi si ripropone come un'emergenza nell'emergenza. Inoltre, andrebbe circoscritta alla durata dell'emergenza la deroga quantitativa e temporale accordata al deposito temporaneo dei rifiuti presso il luogo in cui sono stati prodotti, per evitare che questa disposizione contenuta all'articolo 113-bis del decreto-legge n. 18 del 2020, legittimata dall'emergenza sanitaria, possa diventare ordinamentale e, pertanto, permanente, a fronte dell'auspicato termine della fase emergenziale. Come riportato dalle cronache nonché dagli approfondimenti della Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, il rischio connesso a termini di deposito e stoccaggio più lunghi è quello di lasciare invitanti spazi per lo smaltimento illecito dei rifiuti, nonché per incendi dolosi, già ricorrenti prima dell'emergenza. Infine, ma non ultimo in termini di importanza, è auspicabile rafforzare i controlli sul territorio, affinché il deposito incontrollato dei rifiuti e gli sversamenti illeciti siano ridotti a fronte del possibile veicolo di contagio rappresentato da tali inquinanti, come richiamato nell'audizione dell'Istituto superiore della sanità presso la Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Nell'ottica della prevenzione occorre accertare e far emergere ogni episodio di inciviltà, anche attraverso il ricorso a strumenti di tecnologie avanzate quali i sistemi di videosorveglianza o droni. L'emergenza sanitaria connessa alla diffusione del COVID-19 ha promosso il ricorso a questi strumenti, quali sistema di sorveglianza dinamico e in tempo reale sugli spostamenti di mezzi e persone; sarebbe utile non perdere e disperdere gli importanti risultati raggiunti al riguardo finalizzandoli anche a prevenire e perseguire il crimine ambientale. Le attività di sorveglianza potrebbero interessare dall'abbandono dei rifiuti agli sversamenti illeciti per giungere alla contestazione di ogni altra tipologia più grave di illecito penale previsto dalla legge 22 maggio 2015, n. 68, nonché da ogni altra disposizione contenuta nel codice penale o in altro provvedimento sottesa alla cura e alla tutela del bene giuridico ambiente.

Stiamo attraversando la più grande emergenza del dopoguerra, ma questo non può ostacolare ad agire sempre consapevolmente e mettendo al centro la peculiarità dei territori, la salute e la dignità di ogni cittadino, di oggi e di domani.

Come membro del Parlamento è mio dovere contribuire a favorire il processo di ripresa del Paese, sollecitando la massima attenzione su aspetti che ritengo determinanti e che raccolgono già un ampio dibattito a loro sostegno.

Per questo rivolgo i miei quesiti al Governo, e in particolare al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere se intenda assumere interventi, anche di carattere normativo, affinché sia data uniformità e chiarezza all'operato delle regioni in tema di classificazione dei DPI utilizzati da aziende che in via ordinaria non avrebbero fatto uso di tali prodotti; se intenda adottare iniziative per una corretta informazione in ordine all'assenza di rischi connessi alle stoviglie riutilizzabili in bar e ristoranti; se il Ministero interpellato intenda prevedere un ripristino della disciplina ordinaria in tema di deposito temporaneo; se intenda porre freno ad un ricorso preferenziale all'incenerimento, almeno di quei rifiuti non provenienti da un giro dedicato; se il sottosegretario valuti l'opportunità di farsi promotore di procedure scientificamente validate per la riutilizzabilità delle mascherine per uso comune, al fine di contenerne l'usa e getta; se il Ministero che oggi è qui a rappresentare intenda adottare, anche al fine di prevenire il diffondersi del virus, un sistema di sorveglianza in ordine allo sversamento illecito in mare e nei fiumi, nonché in ordine all'abbandono indiscriminato di rifiuti, anche attraverso l'uso dei droni già sperimentato per l'enforcement della quarantena presso le proprie abitazioni.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Rispondo all'interrogazione della collega Licatini, che fa seguito ad una precedente interrogazione sempre del gruppo MoVimento 5 Stelle che è stata presentata qualche settimana fa in relazione all'approvazione del decreto-legge cosiddetto Cura Italia, nella prima fase dell'emergenza. I numerosi quesiti che sono stati proposti possono essere sostanzialmente raccolti in quattro blocchi di questioni, sui quali io cercherò di dare una risposta.

In primo luogo, la questione dell'attività in corso da parte del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare sullo smaltimento dei dispositivi di protezione individuale. La seconda questione, sulla classificazione dei rifiuti da dispositivi di protezione individuale legati all'emergenza COVID-19, che rispondono a varie tipologie evidentemente, non sono soltanto, in riferimento all'interpellanza, quelli provenienti da soggetti sottoposti a quarantena, ma sono anche tutti quelli che circolano negli esercizi commerciali, non solo nelle abitazioni, quindi è l'intero sistema. Terzo, una valutazione sulla situazione legata al traffico illecito di questa parte dei rifiuti, e quindi delle attività di indagine e di conoscenza del fenomeno affidate al NOE, come poi dirò, all'Arma dei carabinieri. Ed infine, la questione delle deroghe temporali ai depositi temporanei, in relazione a quanto disposto in fase di conversione del decreto-legge n. 18 del 2020, “Cura Italia”, con l'articolo 113-bis. Sono queste sostanzialmente le quattro questioni.

Per quello che riguarda l'uso dei dispositivi di protezione individuale nel contesto dell'emergenza nazionale connessa all'emergenza COVID-19, le indicazioni in materia di raccolta e gestione dei rifiuti costituiti dai DPI usati sono pervenute dal Ministero della Salute, dall'Istituto superiore di sanità, dal Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente e dalla Commissione europea. Il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha cercato di fornire tutte le risposte e le indicazioni in relazione alla gestione dei rifiuti. In particolare, in merito ai dispositivi di sicurezza individuale rientranti nell'uso quotidiano della collettività ai fini della protezione dal contagio, fin dal 30 marzo con un'apposita circolare, che è stata richiamata anche nella presentazione dell'interpellanza, sulla base di una precedente circolare emessa dall'Istituto superiore della sanità, sono state fornite le opportune prescrizioni per la gestione degli stessi in ambito domestico, in presenza o meno di soggetti contagiati, e tali indicazioni hanno consentito di gestire nell'immediato la raccolta dei suddetti dispositivi nei rifiuti indifferenziati che ai fini di ulteriori garanzie di sicurezza sono avviati prioritariamente all'incenerimento. Allo stato attuale tale gestione rimane la migliore percorribile.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 10)

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Alla luce delle stime poi effettuate da ISPRA relativamente ai quantitativi di rifiuti prodotti dall'intera collettività per mezzo dei suddetti dispositivi, che sono anche guanti monouso, mascherine ed altro, attualmente è in fase di studio da parte di ISPRA la possibilità di promuovere una raccolta separata, ancorché sperimentale, che possa in alternativa all'attuale gestione, che è stata la prima risposta, consentire un flusso dedicato ad evitare che tali rifiuti vengano abbandonati.

Per quanto concerne la gestione dei rifiuti derivanti dall'uso dei dispositivi nell'ambito delle utenze non domestiche, quindi attività economiche e produttive, il 16 maggio ISPRA ha pubblicato un documento che fornisce delle indicazioni per la classificazione e la diretta gestione, smaltimento compreso, dei rifiuti di dispositivi di protezione individuale usati, mascherine, guanti ed altro. In particolare, ISPRA evidenzia che la classificazione di un rifiuto è un onere del produttore, che è chiamato ad individuare il pertinente codice dell'elenco europeo dei rifiuti, e a valutare, qualora ne ricorrano le condizioni, la sussistenza di pericolosità. L'attribuzione del codice è attuata applicando la procedura e i criteri stabiliti nel paragrafo “Elenco dei rifiuti” dell'allegato alla decisione 2000/532/CE della Commissione europea. Il criterio di individuazione del codice relativo ai rifiuti costituiti dai dispositivi usati è quello della funzione del prodotto, tenuto conto che tale fattispecie di rifiuto non è ascrivibile ad uno specifico settore produttivo: la questione che richiamavo all'inizio, cioè non è soltanto un dispositivo che si usa per una determinata funzione, ma è un dispositivo che si usa per diverse funzioni, e quindi la codificazione può cambiare, e quindi esso può essere generato nell'ambito di un qualunque settore economico.

Il documento di ISPRA, oltre a riportare la modalità di gestione dei dispositivi usati prodotti nelle utenze domestiche e nelle strutture sanitarie, fornisce indicazioni sulla classificazione degli stessi, sia nel caso in cui siano prodotti dalle utenze produttive assimilate alle utenze domestiche, sia quando siano prodotti dalle utenze produttive non assimilate, con una sostanziale differenza di assegnazione del codice EER. Questo documento è pubblico e può essere reperito facilmente.

Sulla questione relativa al traffico illecito e alle filiere afferenti al recupero e allo smaltimento di questi rifiuti, e al rischio appunto di comportamenti illeciti, le attività investigative - quindi la terza questione, il terzo blocco di questioni - attualmente in corso da parte del NOE restituiscono quale elemento informativo come le citate difficoltà sarebbero riconducibili all'impossibilità di inviare i rifiuti in questione a smaltimento/recupero tramite gli abituali canali esteri, anche in seguito alla scelta autonoma di alcuni impianti di adottare misure restrittive per il principio di precauzione. A tal riguardo, i competenti nuclei operativi ecologici dei Carabinieri hanno fatto presente che il quadro di situazione relativo alla gestione non conforme dei rifiuti solidi urbani risulta sostanzialmente simile a quello già esistente, e connesso principalmente alla limitata presenza di impianti per la chiusura del ciclo dei rifiuti, e che di conseguenza porta ad un aumento di costi di gestione e a possibili ricorsi a comportamenti illeciti. L'emergenza COVID-19 pertanto non comporterà la delineazione di scenari criminali e di conseguenza di modus operandi illeciti nuovi, bensì il potenziale peggioramento di quelli attuali.

Complementare alla citata problematica si pone il tema della gestione dei rifiuti sanitari ed extra-ospedalieri prodotti da pazienti positivi al COVID-19. Per tali rifiuti, come già detto, l'Istituto superiore di sanità ha pubblicato gli elementi di valutazione che costituiscono di fatto il punto di riferimento per il corretto conferimento dei rifiuti urbani al servizio pubblico di raccolta. Al riguardo, sempre secondo quanto riferito dal NOE, la possibilità di commissione dei reati connessi alla loro gestione e smaltimento appare residuale, atteso che sul territorio nazionale è obbligatorio il loro incenerimento. Detto questo, essendo la filiera estremamente ridotta, la possibilità di commissione dell'illecito, seppur possibile, appare improbabile o meglio non conveniente. Inoltre, la percentuale di incidenza di tali rifiuti rispetto ad altre filiere appare tuttora di minore rilevanza. Ciononostante, si ritiene che il settore possa essere appetibile per le compagini criminali, sempre spinte alla ricerca di canali profittevoli. Per tali ragioni i competenti nuclei sono stati opportunamente sensibilizzati, allo scopo di orientare la loro attività info-investigativa al fine di monitorare costantemente le possibili ripercussioni sul ciclo dei rifiuti che l'emergenza in atto potrebbe determinare.

Per ultimo: intanto, per quanto riguarda diciamo la forma che ha assunto, in sede di conversione, su questo punto il “decreto Cura Italia”, è necessario chiarire la corretta interpretazione dell'articolo 113-bis della legge di conversione del decreto n. 18, intanto evidenziando quale sia stato il percorso intrapreso nell'ambito della complessa situazione emergenziale connessa alla vicenda COVID-19 a partire da febbraio 2020. La necessità di garantire alla cittadinanza i servizi essenziali, fra i quali rientra a pieno titolo il servizio di gestione dei rifiuti e al fine di assicurare la corretta gestione del servizio di raccolta e di trattamento e dello smaltimento finale, adottando allo stesso tempo misure supplementari per garantire livelli di sicurezza dei lavoratori dello specifico settore, nonché della tutela della salute e dell'ambiente, ha indotto il Ministero ad emanare la suddetta circolare. In quella circolare, nel rispetto delle specificità emergenziali di ciascun territorio, sono state fornite alle regioni e alle province le indicazioni per adottare le misure necessarie, ai sensi dell'articolo 191 del TUA, per esigenze direttamente collegate all'emergenza sanitaria, al fine di disciplinare forme speciali di gestione dei rifiuti sul proprio territorio e consentire agli impianti la gestione di eventuali sovraccarichi. Il regime derogatorio, alla norma vigente, temporalmente circoscritto alla durata dell'emergenza- ivi compreso il ricorso prioritario all'incenerimento - poteva tra l'altro essere attivato anche per il deposito temporaneo. In quel testo, l'estensione quantitativa e temporale dei termini si rilevava infatti necessaria, al fine di poter garantire la corretta gestione dei rifiuti speciali durante l'attuale periodo emergenziale legato al contenimento e alla gestione epidemiologica. Pertanto, nel corso del procedimento approvativo per la conversione del cosiddetto decreto Cura Italia, alcune indicazioni fornite dalle regioni con la predetta circolare sono state valutate nell'ambito di appositi emendamenti, che hanno prodotto l'inserimento dell'articolo 113-bis, contenente le previsioni per la deroga alle disposizioni relative al deposito temporaneo. Ora, su questo va del resto detto che, se il legislatore, in fase di conversione, avesse voluto modificare radicalmente la norma, inserendo degli aspetti ordinamentali - è questo il dubbio sollevato nell'interrogazione - avrebbe agito probabilmente modificando completamente il testo della norma, quindi novellandola, cosa che però non è avvenuta. L'emendamento, approvato in sede di Senato, si inserisce poi all'interno di un corpus normativo del provvedimento nel suo complesso, che è volto all'emergenza, all'interno di un provvedimento il cui titolo stesso, all'articolo 113-bis del decreto n. 18, recita: “proroghe e sospensione dei termini”: ciò dovrebbe metterci al riparo da qualunque dubbio interpretativo, che, in ogni caso, qualora dovesse emergere, il Ministero dell'Ambiente rassicura che valuterà ogni opportunità di intervenire con appositi chiarificazioni normative.

PRESIDENTE. Il deputato Giovanni Vianello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GIOVANNI VIANELLO (M5S). Grazie Presidente, ringrazio e saluto il sottosegretario Morassut, sempre puntuale e preciso. A nome del gruppo della Commissione ambiente del MoVimento 5 Stelle, non ci riteniamo completamente soddisfatti, per diverse motivazioni. Innanzitutto, vorrei sottolineare, che, dal mio punto di vista, il Ministero dell'Ambiente, in questa fase e relativamente all'oggetto in questione, sia un po' vittima di quelle che sono forse pareri e decisioni tecniche non vagliate correttamente dalla parte politica. Noi sappiamo il valore del sottosegretario Morassut e del Ministro Costa, che sono di altissimo profilo di tutela ambientale, questo l'abbiamo sempre riconosciuto, tuttavia ci sembra che, per quanto riguarda queste argomentazioni, in questo periodo, ecco, la tutela ambientale non sia stata perfettamente tutelata. Andiamo a spiegare il perché. Innanzitutto, sicuramente dobbiamo fare un cappello sulla discussione dello smaltimento dei rifiuti. A inizio epidemia, abbiamo sentito i soliti diciamo storici sedicenti tecnici dei rifiuti in generale, che ci dicevano che, poiché arrivava l'epidemia, ci sarebbero stati nuovi rifiuti, nuove mascherine, nuovi guanti e quindi occorrevano nuovi inceneritori per andare a bruciare e risolvere il problema dei rifiuti.

Bene, questa situazione in realtà si è rilevata completamente falsa. Perché? Perché, in questi mesi di emergenza COVID-19, in realtà, non c'è stato un aumento della produzione dei rifiuti, bensì una diminuzione di mezzo milione di tonnellate di rifiuti urbani, che superano i 4 milioni e mezzo di tonnellate in meno di produzione, rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, che dicevo, appunto, sono inferiori a 4 milioni e mezzo, se sommiamo anche gli speciali, perché ovviamente le aziende erano chiuse, per cui c'è stata una riduzione. In più, l'ISPRA ha calcolato, andando a considerare il peso medio di una mascherina di 11 grammi e dei guanti dello stesso peso, che la produzione annuale, quindi lo smaltimento annuale di questi DPI arrivi a 300.000 tonnellate; pertanto, con il mezzo milione di tonnellate in meno prodotte in questo periodo e le 300.000 - ed è una stima per eccesso, sottolinea l'ISPRA - tonnellate in più di produzione di DPI, non avremmo nessun problema per quanto riguarda l'impiantistica. E quindi questo dobbiamo ribadirlo per l'ennesima volta: chi ha preteso, chi chiedeva a gran voce nuovi inceneritori ha detto una fesseria, dobbiamo riconoscerlo e dobbiamo ribadirlo in quest'Aula. Lo dobbiamo ribadire su tutti quanti i canali possibili e immaginabili, anche perché - ed è questo il punto fondamentale - l'inceneritore, gli inceneritori, ma il sistema che porta ad incenerimento è il vero problema nella questione dei rifiuti, perché molto spesso ci dicono anche che occorrono nuovi inceneritori, perché portiamo rifiuti all'estero. Va bene, andiamo allora a capire quali sono questi rifiuti che vanno all'estero: il 45 per cento - e come ben sa il sottosegretario, noi in Commissione ecomafie stiamo seguendo e stiamo facendo proprio un'inchiesta sulla questione dei rifiuti in situazione COVID-19 - il 45 per cento dei rifiuti esportati all'estero è rappresentato dal CSS, cioè un tipo di rifiuto che è frutto del trattamento meccanico biologico della parte più secca, che dovrebbe andare poi appunto ad essere bruciato, quindi è finalizzato per gli inceneritori sostanzialmente il CSS. Il 45 per cento dei rifiuti che va all'estero è rappresentato da CSS e qui capiamo che vanno all'estero perché, probabilmente, l'impostazione della gestione del trattamento dei rifiuti è sbagliata. Sul rifiuto urbano residuo, quello, diciamo, “residuo” delle raccolte differenziate, evidentemente, dobbiamo aprire una grande discussione per trattarlo in maniera differente e far sì che non sia finalizzato all'incenerimento; proprio per questo motivo dobbiamo svolgere una seria riflessione sull'esistenza di questi CSS e, inoltre, rifiuti che vanno all'estero sono rappresentati da cosa? Da ceneri leggere degli inceneritori, per cui, ancora una volta, l'inceneritore, da che viene professato come la risoluzione di tutti i problemi, in realtà, è causa dei problemi: è causa anche, quindi, in parte, del trasferimento all'estero dei rifiuti.

Un altro passaggio ovviamente dobbiamo farlo: il sottosegretario, giustamente, riprendendo le argomentazioni della collega Licatini, ha messo in evidenza come la circolare del Ministero dell'Ambiente, poi trasformata in norma con l'articolo 113-bis del decreto “Cura Italia”, abbia di fatto, in qualche maniera, dato la possibilità, in deroga a quelle che sono le autorizzazioni normali, di poter stoccare, depositare i rifiuti, fino al 50 per cento in più rispetto all'autorizzazione, per un periodo massimo fino a 18 mesi. Ora, da Commissione ecomafie, da commissari ambiente anche, ma da cittadini effettivamente siamo preoccupati proprio per le situazioni che la collega Licatini ha messo in evidenza, perché, quando i rifiuti vengono stoccati per troppo tempo, purtroppo, sappiamo benissimo che lo Stato sta facendo una guerra e lo sta facendo con tutti gli apparati, dal Ministero alle Forze dell'ordine, per impedire gli incendi nefasti. Ecco, noi dobbiamo necessariamente cercare di avere gli occhi aperti su questo argomento, perché capisco queste disposizioni; la circolare è nata su richiesta delle aziende, che avevano timore a trovarsi in lockown e quindi a trovarsi con dei rifiuti e non sapere come poterli gestire, un timore che è giustificato, per cui possiamo anche comprendere l'esistenza della circolare.

Però, la norma - che è stata inserita, ricordo, dalla Commissione bilancio al Senato al “decreto Cura Italia”, da un emendamento di Forza Italia - non va bene. Non va bene perché di fatto quelle preoccupazioni legittime - e sono state affrontate prontamente dal Ministero dell'Ambiente con la circolare - non si sono tradotte nel caso, appunto perché si pensava ci fossero rifiuti in più, e invece, come abbiamo visto e constatato, c'è stata una riduzione della produzione dei rifiuti, per cui non c'era bisogno di aumentare i tempi di stoccaggio. Per questo invitiamo il sottosegretario, il Ministro Costa, Ministero dell'Ambiente e i colleghi di quest'Aula a rivedere questa norma e a rifare una riflessione tutti insieme sull'effettività di poter cambiare o meno questa disposizione. Siamo molto preoccupati. Anche il presidente della Commissione ecomafie, Stefano Vignaroli, si è detto preoccupato su questo punto e noi condividiamo pienamente questa preoccupazione.

Altro passaggio che sicuramente dobbiamo fare è su come vengono trattati i cosiddetti “rifiuti urbani COVID-19”. Non stiamo parlando di quelli ospedalieri. Sappiamo che in Italia c'è un DPR, un decreto del Presidente della Repubblica, che disciplina come vengono trattati i rifiuti ospedalieri e in cui si dà la possibilità di mandarli o a incenerimento oppure di fare una sterilizzazione. Sul punto della sterilizzazione io voglio sottolineare che - purtroppo o per fortuna; per fortuna - ci sono delle alternative all'incenerimento: una sterilizzazione in situ. Noi siamo andati a visitare delle aziende ma siamo andati a visitare anche gli ospedali che fanno sterilizzazioni in situ e che riescono a sterilizzare i rifiuti infetti proprio lì, senza farli portare in giro per raggiungere inceneritori dall'altra parte d'Italia e tutto il resto, ed è una cosa eccezionale, perché non solo diminuisce e sterilizza - e, quindi, azzera il rischio biologico - ma contestualmente, ovviamente, è un miglioramento e trasforma un rifiuto pericoloso, potenzialmente pericoloso, in un rifiuto, invece, che non ha nessun tipo di pericolo e che potrebbe anche essere riutilizzato. Questo lo possiamo sicuramente fare. Il genio italico dei nostri ingegneri e dei nostri tecnici in Italia ha dimostrato più volte di poter arrivare a delle soluzioni tecnologiche innovative all'avanguardia a livello mondiale e noi chiediamo anche questo, quindi che si faccia una riflessione seria su questo punto, della sterilizzazione in situ.

Ma in merito appunto, andando invece sui rifiuti urbani, quelli COVID-19, diciamo quelli che provengono dalle abitazioni delle persone che, purtroppo, sono risultate positive al COVID-19 o dalle persone che sono in quarantena per diversi motivi, la circolare ministeriale - è un'indicazione anzi, un'indicazione, come ha detto benissimo il sottosegretario prima, dell'ISPRA e dell'ARPA, cioè dell'SNPA - si basa su un parere dell'Istituto superiore di sanità, e concludo, Presidente, molto velocemente, però questo è un punto molto importante. Noi abbiamo visto in “ecomafie” che non c'è alcuna tecnicità che dica che questi rifiuti debbano andare nell'indifferenziato. L'Europa ci dice che si può continuare a fare la raccolta differenziata e in più ci dice anche… e, anzi, abbiamo verificato e le aziende ci hanno garantito che sono pronte per affrontare anche il rischio biologico. Pensate che le aziende già normalmente trattano i rifiuti urbani, anche provenienti, magari, non so, da chi è soggetto ad altri tipi di patologie, ma loro sono pronte, le nostre aziende italiane sono pronte ad affrontare - e lo hanno ribadito anche in audizione - il rischio biologico. Per cui, le raccolte differenziate possono andare avanti tranquillamente, anche perché, per esempio, sistemi come il compostaggio inattivano già il virus per quanto riguarda l'organico e sugli altri materiali, su cui si cerca di capire i tempi di decadenza e di inattività del virus, comunque i tempi di stoccaggio e di lavorazione sono talmente lunghi che il virus si inattiva. Ecco perché noi possiamo cambiare e dobbiamo cambiare quella linea e andare nuovamente sulle raccolte differenziate, promuovendo l'economia circolare.

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

GIOVANNI VIANELLO (M5S). Concludo sulle mascherine riutilizzabili. Purtroppo, in emergenza abbiamo fatto tutti quanti uso di mascherine usa e getta, l'emergenza che abbiamo vissuto, e tutto questo Paese ha vissuto gravemente questa cosa. Ora, in linea con la direttiva europea, dobbiamo promuovere le mascherine lavabili, riutilizzabili, perché il miglior rifiuto è il rifiuto non prodotto: prima ancora di riciclare è meglio non produrre. Per cui, oggi abbiamo la possibilità, grazie alle aziende italiane, di produrre mascherine lavabili riutilizzabili…

PRESIDENTE. La ringrazio.

GIOVANNI VIANELLO (M5S). …e, quindi, togliere i rifiuti come problema.

(Iniziative volte a evitare un'alterazione del mercato unico europeo per il comparto del turismo, in considerazione delle differenti situazioni epidemiologiche relative alla diffusione del virus COVID-19 nei vari Stati dell'Unione europea - n. 2-00806)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Masi ed altri n. 2-00806 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Carmen Di Lauro se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.

CARMEN DI LAURO (M5S). Intervengo, Presidente.

PRESIDENTE. Prego, a lei la parola.

CARMEN DI LAURO (M5S). Grazie, Presidente. Oggi siamo qui a parlare di turismo, ancora, e ancora ne parleremo perché questo è un settore che, in virtù delle sue caratteristiche, fa fatica a trovare una data precisa di ripartenza, così come è avvenuto, ad esempio, per le date del 4 e del 18 maggio, dove tantissime attività hanno potuto ripartire. Proprio in virtù di questa incertezza, i tantissimi operatori coinvolti nel settore sono molto preoccupati, ma la loro preoccupazione è anche la nostra, perché noi dobbiamo ricordare, ogni giorno, che esistono in Italia tantissime zone, paesi e città intere che basano la loro economia proprio su questo settore.

In questi giorni abbiamo insistentemente letto sulla stampa notizie sull'intenzione di alcuni Stati europei di realizzare accordi bilaterali all'interno dell'Unione finalizzati alla creazione di percorsi turistici privilegiati. Si tratta dei cosiddetti “corridoi turistici”, volti a incanalare i flussi tra Paesi diversi. Questo modus operandi potrebbe però, di fatto, escludere dai flussi il nostro Paese che invece, ricordiamolo, è tra le principali mete del turismo europeo e mondiale. Il 7 maggio, qui in Aula, il Ministro Franceschini ha dichiarato di essere al lavoro per elaborare regole comuni europee che consentano di spostarsi in sicurezza da un Paese all'altro, permettendo, quindi, la riapertura del turismo intraeuropeo.

Per far fronte a questa situazione, il 16 maggio la Commissione europea ha presentato un pacchetto di raccomandazioni e linee guida, proprio per eliminare le restrizioni agli spostamenti e consentire alle imprese turistiche di riaprire nel rispetto delle necessarie precauzioni sanitarie. La Commissione ha, tra l'altro, invitato gli Stati membri ad accordarsi per elaborare un cronoprogramma unitario e una serie di protocolli standardizzati al fine di eliminare progressivamente le restrizioni delle frontiere e ristabilire la libera circolazione per i cittadini europei. Oltre a questo, ha ribadito - e questo passaggio è molto importante - che, nel caso si registri una diminuzione dei contagi in maniera differenziata tra gli Stati o, al loro interno, tra le diverse regioni, sarà opportuno prevedere che si proceda a collegare le aree con numero di contagi simili.

Il 14 maggio il Ministro Franceschini ha ribadito che l'Italia ha tempestivamente prospettato in sede europea la necessità di trovare regole uniformi per il passaggio delle frontiere, sottolineando, quindi, anche lui stesso, l'importanza del monitoraggio del dato epidemiologico delle singole regioni e dei singoli Stati. Lo stesso giorno, però, segnalo che il Ministro dell'Interno tedesco ha sottolineato che Francia, Austria e Svizzera ritengono che sia ancora troppo presto per riaprire le frontiere con l'Italia e con la Spagna, in quanto risultano Paesi molto colpiti dal Coronavirus, consentendo quindi contestualmente che i propri tour operator allestiscano offerte per le vacanze sfruttando la possibilità dei corridori turistici privilegiati, tagliando nettamente fuori l'Italia dai suoi flussi turistici usuali in entrata.

Nelle linee guida e raccomandazioni della Commissione europea, che illustravo poco fa, risulta, quindi, particolarmente importante il principio di non discriminazione, soprattutto in questa fase. Uno Stato membro che decida di consentire i viaggi nel proprio territorio o in regioni e zone specifiche all'interno del proprio territorio dovrebbe farlo in modo non discriminatorio e consentendo i viaggi da ogni zona, regione o Paese dell'Unione europea che presenti condizioni epidemiologiche simili. Segnalo, inoltre, che il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, il 18 maggio ha raggiunto un'intesa per evitare che alcuni Stati siano penalizzati rispetto ad altri e per far sì che l'enorme e variegato indotto turistico italiano possa accogliere nuovamente anche i turisti provenienti da altre nazioni.

I dati epidemiologici recenti dicono che nel nostro Paese le misure di contenimento e di contrasto alla diffusione del contagio messe in campo hanno funzionato e che il loro graduale alleggerimento e restringimento sarà correlato anche ai dati sui contagi che saranno condivisi dalle regioni, in virtù della prevalente localizzazione del virus in alcune zone del Paese.

Infine, segnalo che il 18 maggio noi deputati del MoVimento 5 stelle appartenenti alle Commissioni attività produttive, politiche dell'Unione europea e Affari esteri abbiamo anche scritto una lettera alla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e le abbiamo chiesto di intervenire per scoraggiare qualsiasi tentativo di accordo tra Stati membri che potrebbe essere discriminatorio per l'Italia. Contestualmente, le abbiamo chiesto con forza, quindi, di creare una sinergia congiunta e coordinata tra i Paesi dell'Unione e stabilire misure comuni per agevolare i flussi turistici e le attività delle tantissime imprese che sono coinvolte.

Nella lettera inoltre - e anche questo è un passaggio molto importante - abbiamo invitato la Presidente a valutare l'opportunità di creare un fondo europeo per il comparto turistico che possa in qualche modo attenuare le difficoltà presenti, quelle che ci saranno nei prossimi mesi ma anche restituire un maggior vigore al settore.

In virtù di quanto illustrato, chiediamo quali ulteriori iniziative i Ministri interpellati, per quanto di loro rispettiva competenza, intendano porre in essere per garantire l'unità del mercato unico europeo nel mercato turistico, con particolare riferimento alle differenti situazioni epidemiologiche tra i vari Stati e, al loro interno, tra le diverse regioni. Ancora, se i Ministri interpellati non ritengano, qualora si adottasse un approccio differenziato tra zone, regioni e Paesi, con condizioni epidemiologiche simili, di consentire, per quanto possibile, una ripartenza del turismo nelle zone del Paese con un numero di contagi molto basso per includere poi, successivamente e in ragione di un eventuale miglioramento della situazione epidemiologica, anche tutte le altre.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Lorenza Bonaccorsi, ha facoltà di rispondere.

LORENZA BONACCORSI, Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo. Grazie Presidente, innanzitutto tengo a ribadire che il sostegno al comparto turistico rappresenta una priorità per questo Governo e per l'Italia, il Governo, pertanto, si è adoperato sin dall'inizio della crisi del settore, conseguente alla pandemia, e continua incessantemente ad agire affinché siano adottate misure europee per favorire una rapida ed efficace ripresa delle attività economiche interessate, anche per il suo stretto collegamento con molte altre filiere economiche insistendo, tra l'altro, proprio in questi giorni, sulla necessità di destinare significative risorse al turismo nell'ambito del Recovery plan. Cosa questa che è stata ribadita anche dal Presidente Conte l'altra mattina qui e dal Ministro Franceschini in una sua dichiarazione. Il Governo italiano sostiene con forza una soluzione europea per regole uniformi a garanzia di viaggi sicuri e senza interruzione nell'area dell'Unione europea e sta sollecitando la Commissione europea ad adoperarsi in tal senso. Solo questo potrà tutelare la parità di condizioni nel settore.

Con altri Stati membri, l'Italia ha sottoscritto un documento congiunto presentato alla Commissione, su iniziativa francese. Questi sono i punti principali: protocolli sanitari comuni per gli operatori del settore turistico; coordinamento per la definizione delle date di riapertura delle strutture turistiche, in particolare tra aree limitrofe; contrasto alle discriminazioni basate sulla cittadinanza per i turisti provenienti dall'area Schengen; misure per la ripresa della mobilità intra-UE e internazionale. Principi complessivamente inclusi nel “pacchetto” di misure per il settore turistico e la mobilità dentro all'Unione Europea adottato dalla Commissione il 13 maggio.

Il 18 maggio, il Ministro Luigi Di Maio, come ricordato, ha ribadito i principi cardine che ispirano l'azione del Governo in materia, in particolare la contrarietà a corridoi turistici privilegiati, in occasione della Conferenza dei Ministri degli esteri di alcuni Paesi dell'Unione europea tenutasi su iniziativa tedesca, alla quale hanno partecipato, oltre a Germania e Italia, Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Malta, Portogallo, Slovenia e Spagna.

Il Ministro Di Maio ha illustrato sia le decisioni del Consiglio dei ministri in merito alla riapertura dei movimenti da e per i Paesi dell'Unione europea a partire dal 3 giugno, sia il sistema di monitoraggio e informazione del Ministero della Salute attraverso il quale sarà possibile informare costantemente i nostri partner sulla situazione epidemiologica nelle varie zone del Paese. Ha, inoltre, sottolineato l'impegno italiano a riconsiderare, ed eventualmente ritirare, gli sconsigli di viaggio nei confronti di altri Paesi europei, chiedendo che lo stesso sia garantito anche nei confronti dell'Italia. Il Ministro Di Maio, inoltre, ha promosso una consultazione con gli operatori turistici a livello europeo.

Dalla riunione è emerso un ampio consenso tra i Paesi partecipanti sulla necessità di mantenere uno stretto coordinamento per la ripresa dell'attività turistica e di sviluppare protocolli comuni, per far sì che i flussi possano gradualmente tornare alla normalità pur mantenendo le misure a garanzia della salute di tutti. Convergenza è stata registrata anche sulla necessità di garantire un monitoraggio costante dello sviluppo della crisi, con la possibilità di condividere con i nostri partner informazioni dettagliate sulla situazione epidemiologica nelle singole articolazioni territoriali degli Stati membri. I partecipanti hanno, infine, convenuto sull'importanza di assicurare pieno rispetto del principio di non discriminazione, nella comune consapevolezza degli effetti negativi che spirali competitive, innescate da accordi bilaterali privilegiati, potrebbero avere sull'integrità del mercato unico e la salute dei cittadini.

Inoltre, mercoledì scorso, 20 maggio, si è svolta la seconda Conferenza ministeriale del turismo convocata dalla Presidenza croata per discutere le misure contenute nel “pacchetto turismo e trasporti” presentato il 13 maggio scorso dalla Commissione e per raccogliere indicazioni riguardo alle azioni intraprese dai singoli Paesi per assicurare un graduale e coordinato passaggio alla riapertura delle frontiere interne europee, nonché proposte su ulteriori forme di supporto al settore.

In tale occasione si è registrato un sostegno generale alle indicazioni contenute nel “Pacchetto” e l'auspicio che la riapertura delle frontiere possa avvenire secondo i principi di gradualità, non discriminazione e sicurezza dei viaggiatori. Per l'Austria è intervenuto il Rappresentante permanente aggiunto il quale, riguardo alla riapertura delle frontiere, ha sostanzialmente ribadito l'intenzione di procedere nel rispetto delle tre fasi delineate dalla Commissione nel “Pacchetto” e che per il momento i movimenti potranno riprendere con i Paesi che hanno una condizione epidemiologica comparabile. Da molti Paesi è stata ritenuta strategica al riguardo la rapida implementazione della piattaforma europea prevista dalla Commissione per condividere, anche a fini turistici, i dati sulla situazione epidemiologica. Il Ministro Franceschini, nel suo intervento, ha esposto le principali misure adottate dal Governo italiano per la “fase 2” e ha ribadito l'intenzione di procedere dal 3 giugno alla riapertura delle frontiere intra-UE/Schengen e il Regno Unito, auspicando altresì che la decisione nei confronti dei Paesi terzi sia presa in modo coordinato. Al riguardo, rammento che il decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33 stabilisce, all'articolo 1, comma 4, un divieto per gli spostamenti da e per l'estero fino al prossimo 2 giugno; ne consegue che dal 3 giugno la circolazione delle persone tornerà a essere regolata dalle norme comuni, anche quando si tratta di spostamenti tra il territorio italiano e quelli dei Paesi esteri, compresi quelli dei Paesi membri dell'Unione europea. Tali spostamenti potranno essere limitati solo con provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, anche in relazione a specifici Stati e territori, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico e nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea e dagli obblighi internazionali. L'Italia, dunque, si colloca nel contesto ordinario regolato dalle norme europee e internazionali sulla circolazione delle persone, salvo gli interventi restrittivi, delimitati e circostanziati, che si rendano necessari a causa dei possibili casi di localizzazione di una nuova e diversa diffusione dei contagi.

La scelta italiana comporta un coordinamento simmetrico con le misure adottate da altri Paesi, in primo luogo di quelli appartenenti all'Unione europea, sia per prevenire nuovi rischi di diffusione del contagio, sia per assicurare che il movimento delle persone, in particolare nei flussi turistici, possa riprendere senza limitazioni che non siano necessarie allo scopo e senza differenze che possano condizionare in modo improprio la destinazione della domanda di servizi turistici, con danno per quelli offerti in località situate in Paesi verso i quali possano essere adottate misure limitative non coordinate o, al contrario, con vantaggi indiretti per altri. In tal senso si è svolta, sin dall'inizio della vicenda, l'azione del Governo italiano, come rammentato dagli onorevoli interpellanti, e nella stessa direzione saranno intraprese tutte le iniziative necessarie nelle sedi istituzionali dell'Unione europea e nei rapporti con gli Stati esteri, anche estranei all'Unione. Infine, quanto alla possibilità di favorire una ripresa progressiva e differenziata delle attività turistiche anche per i clienti provenienti dall'estero, secondo il grado di diffusione dei contagi tra le diverse parti del Paese, la stessa previsione introdotta nel citato decreto-legge n. 33 - diretta a interventi articolati, quando necessari e possibili, più o meno restrittivi, sia riguardo alla circolazione delle persone, sia riguardo alle misure precauzionali da adottare in ogni attività economica e sociale - è fondata proprio sull'esigenza di una risposta flessibile, adeguata e proporzionata a tutte le evenienze, nell'evoluzione del quadro epidemiologico. Pertanto, anche la regolazione dei flussi turistici non potrà che tenere conto di tale presupposto e seguire gli andamenti dei contagi rilevati in sede locale, in modo da rendere disponibili al più presto le opportunità di fruizione turistica dei territori italiani, con un'attenzione vigile e costante ai dati rilevati nel tempo e alle misure di precauzione da adottare.

PRESIDENTE. La deputata Angela Masi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza. Prego.

ANGELA MASI (M5S). Grazie Presidente, sottosegretaria, siamo molto soddisfatti di quello che oggi ci ha detto in quest'Aula. Apprezziamo gli sforzi del Governo, in particolare a livello europeo del Ministro con la delega al turismo e quello agli esteri, da lei richiamati poco fa.

Certo, è necessario far sentire la propria voce in Europa oltre che rassicurare l'intero comparto turistico e dargli una prospettiva. Sono mosse comprensibili nonché doverose in questo momento, vista appunto la concorrenza esistente fra i vari Paesi dell'Unione europea, specie del Sud, in questo periodo della stagione estiva.

E proprio per questa estate bisognerà soprattutto ragionare in termini di turismo di prossimità incentivando concretamente i piccoli spostamenti, la scelta delle aree interne e sicuramente le zone meno affollate. Ma è bene iniziare a ripartire anche in ambito europeo però con regole chiare e condivise fra tutti gli Stati.

Bene ha fatto, come da lei citato, il Ministro degli Affari esteri Di Maio a sottolineare che la creazione dei corridoi bilaterali sarebbe un controsenso di quello che è lo spirito europeo e siamo assolutamente sollevati che l'esito dell'incontro sui flussi turistici ha avuto qualche giorno fa dal Ministro esiti positivi con gli altri colleghi dei Paesi europei.

Come già citato dalla mia collega Di Lauro, nella fase di illustrazione dell'interpellanza, anche noi parlamentari del MoVimento 5 Stelle abbiamo fatto la nostra parte. La Commissione attività produttive, di cui faccio parte, la Commissione affari esteri e la Commissione politiche dell'Unione europea hanno scritto e inviato alla Presidente Ursula von der Leyen una lettera per chiarire la situazione attuale in merito ai corridoi bilaterali sul turismo, chiedendo di fare sinergia tra i vari Stati dell'Unione Europea.

Il richiamo da lei fatto affinché siano adottate misure europee per favorire una rapida ed efficace ripresa delle attività economiche interessate, insistendo assolutamente sulla necessità di destinare delle risorse europee nell'ambito del Recovery Plan ci trova assolutamente d'accordo. Siamo inoltre fiduciosi che, seguendo le norme decise dal Consiglio dei ministri, andrà tutto bene: che si potrà tornare a viaggiare, che si potrà tornare a ospitare turisti anche dall'estero.

Chiaramente, molto dipenderà dalla capacità che avremo non solo nel ribadire quanto è bella l'Italia, perché ormai è cosa nota, ma sarà necessario far trascorrere una vacanza serena e in sicurezza a chi oggi deve ancora scegliere se venire nel nostro Paese o scegliere un'altra meta. Mi riferisco, in particolare, ai 20 milioni messi nel “decreto Rilancio” all'articolo 179 sulla promozione turistica del nostro Paese.

Apprezziamo anche che il Governo si stia muovendo nella direzione di forme di cautela rispetto agli spostamenti perché - voglio dirlo in quest'Aula - il Governo ha messo sempre al centro di ogni scelta la tutela e la salute dei cittadini e credo che questo sia un elemento imprescindibile nelle scelte politiche.

Certo, bisogna infondere fiducia negli operatori così come nei turisti, che siano autoctoni come stranieri, e sul fatto che, rispettando le regole, non ci saranno problemi sulla salute pubblica.

Siamo anche soddisfatti sul ragionamento inerente l'eventualità, qualora le condizioni lo rendano necessario, come da lei detto, di favorire una ripresa progressiva e differenziata delle attività turistiche secondo il grado di diffusione dei contagi tra le varie parti del nostro Paese. Sarebbe infatti assolutamente sbagliato, qualora dovessero esplodere focolai in determinate zone, non differenziare con rischio che, per non sacrificare l'unità nazionale, che è vero ci ha guidato fino ad oggi, si penalizzi tutti indistintamente. Non ci sono buoni o cattivi in questa battaglia contro il virus, ma ci sono differenze di cui bisogna tener conto nel prossimo futuro. Chiaramente, questo non ce lo auspichiamo.

D'altro canto, anche il Ministro degli Affari europei ha precisato sul sito del Ministero – leggo - che i viaggi potranno effettuarsi anche con differenziazioni territoriali all'interno degli Stati membri in cui la situazione sta migliorando. In Italia, ad esempio, la differenza potrebbe riguardare regione per regione oppure aree all'interno della stessa regione. Se si dovrà procedere in tal senso, confidiamo che tali interventi siano ristretti e puntuali senza creare disagi a comuni o aree limitrofe.

Insomma, bene il lavoro che il Governo sta facendo per tenere unita l'Unione europea, per non farsi penalizzare come Stato, per far sì che le raccomandazioni della Commissione europea si trasformino in atti e fatti concreti. Ma, come da lei detto, è bene avere anche un piano B, un piano alternativo, qualora il quadro attuale dovesse modificarsi per consentire, almeno ad alcune zone dell'Italia che siano le meno colpite oppure quelle che riescono ad uscire prima da una situazione difficile o semplicemente quelle che saranno in grado di tenere sotto controllo il contagio, di poter salvare la stagione turistica.

Sottosegretaria, è noto che i nostri competitor internazionali ed europei non staranno a guardare. È chiaro che lavorare sul turismo domestico sarà una priorità quest'anno, ma lavorare su una promozione, su uno studio preliminare e repentino per conoscere le esigenze dei turisti stranieri e analizzare quali sono le loro esigenze, farci trovare pronti per una risposta immediata sarà fondamentale sia per questa stagione sia per la prossima stagione.

La risposta che il nostro Paese può dare è variegata - possiamo dirlo - grazie ai numerosi attrattori di questo Paese, grazie al clima mite di cui godiamo, ma grazie soprattutto alla professionalità delle imprese e degli operatori del turismo.

Auspichiamo che ci sia assolutamente grande attenzione al turismo sostenibile e so che il Governo sta lavorando molto in tema di ciclovia e di cammini: sarà una stagione difficile, lo sappiamo. Ma restiamo fiduciosi nelle azioni messe in campo da questo Governo, nel continuo dialogo con gli operatori del settore per migliorare anche le norme approvate nel “decreto Rilancio”. Siamo consapevoli che serviranno ulteriori misure che qui nel Parlamento ma anche con prossimi provvedimenti governativi dovranno aiutare ancora questo settore.

Sottosegretario, auguriamo a lei un buon lavoro, al Governo e a tutti noi, per il lavoro complesso che dovremo affrontare per sostenere e far riprendere il nostro Paese.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 25 maggio 2020 - Ore 10:

(ore 10, con votazioni non prima delle ore 14)

1. Discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali. (C. 2461-A)

Relatori: FRAGOMELI, per la VI Commissione; CARABETTA, per la X Commissione.

La seduta termina alle 10,45.