XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 28 maggio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,

          premesso che:

              la recente pubblicazione da parte di alcuni quotidiani delle intercettazioni e delle chat presenti sul telefono del magistrato Luca Palamara, già indagato per corruzione nell'inchiesta di Perugia a partire dal maggio 2019, ha generato molte conseguenze dal punto di vista disciplinare all'interno del Consiglio superiore della magistratura e spinge a sostanziali riflessioni dal punto di vista politico;

              le intercettazioni e le chat, contenute nei fascicoli, riguardano esponenti politici e altri magistrati: non solo le vicende che coinvolgono il Ministro della giustizia Alfonso Bonafede e il magistrato antimafia Nino Di Matteo, relativamente alla mancata nomina di quest'ultimo al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), ma anche la scelta dei magistrati nei posti importanti del Ministero della giustizia e il ruolo della corrente di Unicost (di cui Palamara era leader) in queste scelte, e anche il coinvolgimento di esponenti di Area, la corrente che è divenuta maggioritaria, dopo le dimissioni dal Csm di esponenti di MI e Unicost a seguito delle polemiche dello scorso anno;

              l'altro magistrato coinvolto nelle intercettazioni con Palamara è stato Cesare Sirignano, della direzione nazionale antimafia, anch'egli della corrente Unicost, e che aveva espresso a Palamara giudizi negativi proprio sul collega Nino Di Matteo, per cui il Csm ha deciso il 21 maggio 2020, a larga maggioranza, il trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale;

              questi recenti eventi testimoniano l'esigenza indifferibile e vitale, per un sano equilibrio fra poteri dello Stato, di una profonda, incisiva e chirurgica riforma del Csm e della giustizia italiana;

              lo sconcertante «mercimonio» delle cariche a capo degli uffici giudiziari italiani e l'utilizzo strumentale e politico della giustizia è male talmente conclamato ed endemico da investire i vertici della magistratura italiana;

              le predette e note rivelazioni delle chat di magistrati ai vertici del Csm rendono, dunque, non più rinviabile una discussione pubblica su una indifferibile riforma dell'organo di rappresentanza della magistratura e dei suoi rapporti con la politica anche a tutela e garanzia dei tanti magistrati indipendenti e onesti, fatalmente mortificati da quanto emerso e, soprattutto, dalla frequente esclusione del merito come criterio di valutazione nell'assegnazione di ruoli ai magistrati;

              già un anno fa, a seguito delle prime intercettazioni sul cellulare di Palamara, al culmine di polemiche interne agitate soprattutto dalla corrente di sinistra Area, allora in minoranza, e da parte di una certa stampa, dai più alti vertici dello Stato pervenne l'invito al Csm e alla magistratura italiana ad una profonda autoriforma; ne seguirono le dimissioni di ben 5 consiglieri eletti (tre di MI e due di Unicost) e del procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, componente di diritto del Csm;

              in un desolante quadro di spartizione di cariche il Csm è divenuto, infatti, luogo di approdo di magistrati chiamati ad «ubbidire» o a favorire chi li ha eletti;

              ancora, sono emerse interlocuzioni volte a piegare il dato giuridico a strumentalizzazioni politiche, disarticolando il quadro costituzionale della separazione e dell'equilibrio dei poteri;

              nessuna riforma ha avuto luogo, nella segreta convinzione, a parere dei firmatari del presente atto, che dopo il primo terremoto politico-giudiziario tutto si sarebbe assestato, ma il quadro si è fatto ancor più fosco;

              le nuove intercettazioni, infatti, coinvolgono anche Area ed altri esponenti di Unicost, le due correnti dell'attuale maggioranza del Csm, a dimostrazione che in un anno non è cambiato nulla;

              è, infatti, evidente, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, che la spartizione delle cariche all'interno del Csm è stata interpretata come preordinata, fra l'altro, al successivo condizionamento e alla successiva sollecitazione di indagini con il fine di influenzare indebitamente il mondo politico, così come è dimostrato dalle intercettazioni, in tutta la vicenda che ha riguardato la scelta e l'elezione del deputato del PD Davide Ermini a vice presidente del Csm;

              è necessario intervenire chirurgicamente per delineare un nuovo quadro dei rapporti fra magistratura e politica che ne assicuri, nel solco della Costituzione, la reciproca indipendenza e autonomia;

              è improcrastinabile sciogliere ogni pericolosa occasione di intreccio fra magistratura e politica;

              la vicenda è divenuta grave e urgente al punto che la polemica ha coinvolto in maniera deflagrante l'Associazione nazionale magistrati, i cui vertici si sono dimessi;

              infine, appare evidente che tutta questa vicenda, politico-giudiziaria e mediatica, abbia di fatto mutato la composizione e il funzionamento di un organo di rilevanza costituzionale,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per favorire la reale indipendenza della magistratura e la trasparenza delle nomine in seno al Csm, prevedendo un sistema di sorteggio che mantenga una rappresentanza proporzionale di magistrati con funzioni di legittimità, requirenti e giudicanti e che preveda la definizione di collegi per assicurare una pari rappresentanza dei territori;

2) a promuovere un percorso legislativo che assicuri la separazione delle carriere dei magistrati inquirenti e giudicanti, per evitare quella concentrazione di potere che inibisce la stessa magistratura giudicante;

3) ad adottare iniziative per stabilire insuperabili incompatibilità fra magistratura e politica, prevedendo norme che impediscano il rientro in organico ai magistrati che abbiano intrapreso, a qualunque titolo e livello, la carriera politica elettiva;

4) ad adottare iniziative per stabilire rigide e insuperabili incompatibilità fra magistratura e l'assunzione di cariche all'interno di Ministeri o altri enti di nomina politica, anche internazionali, eliminando la figura del magistrato fuori ruolo;

5) ad adottare iniziative per normare i criteri per la valutazione curriculare in guisa che possa esaltare la meritocrazia nelle scelte delle funzioni apicali della magistratura, finora dettate da un inammissibile ricorso alla discrezionalità, anche al fine di dare una tutela più intensa, di tipo amministrativo, a tutti i magistrati.
(1-00351) «Meloni, Lollobrigida, Delmastro Delle Vedove, Cirielli, Varchi, Maschio, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Luca De Carlo, Deidda, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Zucconi».

Risoluzione in Commissione:


      La III Commissione,

          premesso che:

              dal 1997 Hong Kong è una regione amministrativa speciale cinese, fa parte della Cina ma possiede un sistema amministrativo diverso, (una Cina, due sistemi) che prevede una forte autonomia sul piano politico, economico e soprattutto giudiziario almeno fino al 2047;

              dal mese di marzo del 2019 migliaia di persone sono scese per le strade dell'ex colonia britannica per protestare contro un nuovo provvedimento governativo in materia di estradizione, successivamente ritirato a causa del forte dissenso della cittadinanza mentre non sono cessate le ingerenze di Pechino nelle vicende politiche della Regione amministrativa speciale, oggetto di uno statuto particolare d'autonomia negoziato tra la Cina popolare ed il Regno Unito;

              lo stesso anno, la protesta assumeva contorni di massa: la brutale reazione delle forze di polizia – che ha fatto ricorso a proiettili e gas lacrimogeni nel reprimere le manifestazioni popolari – ha suscitato l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale che ha iniziato ad esprimere preoccupazione per la palese violazione dei diritti umani e civili della popolazione di Hong Kong da parte delle autorità cinesi;

              le operazioni repressive perpetrate dalle autorità di Hong Kong sono proseguite negli ultimi mesi, con fermi ed arresti di numerosi attivisti democratici; il 18 aprile 2020 la polizia locale ha proceduto all'arresto di quindici persone, tra cui attivisti dei diritti umani ed esponenti dei movimenti di protesta dell'anno scorso: in particolare sono stati arrestati l'81enne Martin Lee, fondatore del Partito democratico locale, e il 71enne Jimmy Lai, il proprietario del quotidiano anti-Pechino Apple Daily, che i media del regime comunista, durante le proteste, avevano indicato come membri di una nuova «Banda dei quattro», nemici del popolo che tramano con le forze straniere per destabilizzare Hong Kong;

              il 22 maggio 2020, l'Assemblea nazionale del popolo cinese ha avviato l'esame del provvedimento sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, che introduce duri meccanismi repressivi nella regione speciale, consentendo alle agenzie di intelligence cinesi di avere le proprie basi ad Hong Kong: la proposta legislativa è fortemente sostenuta dalle autorità locali filo-cinesi, a partire dalla governatrice Carrie Lam;

              molto dura è stata la reazione delle opposizioni democratiche, che sono tornate in piazza domenica 24 maggio 2020, temendo la perdita delle libertà civili e politiche di cui gode la regione speciale a seguito dell'intesa sino-britannica del 1997 che ha ratificato il principio «un Paese, due sistemi»: in una dichiarazione resa all'Agi il 24 maggio, il leader democratico Joshua Wong ha chiesto che l'Unione europea imponga sanzioni alla Cina ed inserisca clausole legate al rispetto dei diritti umani a Hong Kong nei trattati commerciali che sta concludendo con la Cina;

              inoltre, con riferimento al nostro Paese, Wong ha sottolineato come non sia «sicuro che la Cina rispetti i suoi impegni e le promesse fatte nell'ambito degli accordi commerciali. È anche da discutere la possibilità che l'Italia consideri la Cina responsabile per i suoi errori. Perciò spero che l'Italia possa ridurre le cooperazioni nel progetto della Via della Seta»;

              il nuovo provvedimento è stato stigmatizzato dal segretario di Stato americano, Mike Pompeo, e da esponenti del Congresso statunitense di entrambi gli schieramenti che stanno lavorando ad un disegno di legge per la difesa dei diritti umani ad Hong Kong e per l'adozione di sanzioni nei riguardi della Cina popolare affinché preservi lo statuto speciale della regione;

              anche l'Alto Rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune dell'Unione europea, Josep Borrell, ha dichiarato che «l'Unione europea ritiene che il dibattito democratico, la consultazione delle principali parti interessate e il rispetto dei diritti e delle libertà a Hong Kong rappresenterebbero il modo migliore di procedere nell'adozione della legislazione nazionale in materia di sicurezza, come previsto dall'articolo 23 della legge di base», precisando che «L'Unione europea ha un forte interesse alla costante stabilità e prosperità di Hong Kong secondo il principio “un Paese, due sistemi”»;

              secondo alcuni analisti internazionali, l'attitudine aggressiva di Pechino, già maturata da alcuni mesi, è favorita dalla diffusione della pandemia che allenta l'attenzione della comunità internazionale sulle conseguenze geopolitiche di alcune recenti iniziative offensive cinesi che vanno ad aggiungersi all'adozione di misure fortemente repressive ad Hong Kong: l'affondamento di un peschereccio da parte della Guardia costiera cinese nelle acque contese al largo del Vietnam, la dura reazione al discorso d'insediamento della nuova presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen e la messa in allerta dell'Esercito popolare di liberazione ai confini contesi con l'India nella regione himalayana;

              in questa temperie ha avuto particolare eco, nell'opinione pubblica occidentale, la lettera aperta di un noto costituzionalista della East China University of Political Science and Law, licenziato per motivi politici da quell'ateneo nel 2013: nella missiva, indirizzata ai componenti dell'Assemblea nazionale del popolo, in vista della sessione apertasi il 22 maggio, egli scrive che «a tutt'oggi la Cina ha bisogno urgente di sostituire l'attuale sistema di governo pre-moderno, arretrato e ingiusto, con una forma moderna di governo basata per lo meno sui principi di sovranità popolare, autonomia sociale, competizione fra partiti politici, separazione dei poteri (con verifiche e bilanciamenti), indipendenza della giustizia, libertà di stampa. E questo per difendere i diritti civili, proteggere la vita delle persone, realizzare una transizione della politica nazionale e la modernizzazione della governance sociale. Ciò significa che è necessario rimpiazzare la presente pseudo-costituzione con una genuina costituzione che rifletta la volontà politica di tutti i cittadini»,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative per aderire all'impegno preso dall'Alto Rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune dell'Unione europea in riferimento al rispetto degli accordi internazionali che garantiscono l'autonomia della Regione amministrativa speciale di Hong Kong in forza del principio condiviso di «un Paese, due sistemi»;

          a sostenere, nelle sedi dell'Unione europea, l'avvio di una riconsiderazione complessiva delle relazioni con la Cina popolare, alla luce delle ripetute violazioni dei diritti umani, ed in vista dell'adozione di possibili sanzioni in reazione alla reiterazione di tali violazioni;

          a farsi promotrice, nelle opportune sedi internazionali, dello svolgimento di un'inchiesta internazionale intesa ad accertare l'eventuale violazione dei diritti umani nel territorio di Hong Kong nel biennio 2019-2020;

          a procedere ad una nuova valutazione complessiva delle condizioni di praticabilità politica, strategica ed economica – alla luce delle responsabilità e del ruolo svolto dalla Cina popolare nella diffusione internazionale della pandemia da COVID-19 e della nuova attitudine interventista assunta da Pechino nei diversi quadranti internazionali – della partecipazione italiana al progetto della «Via della Seta».
(7-00489) «Lupi, Delmastro Delle Vedove, Colucci, Sangregorio, Tondo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


      DALL'OSSO e CANNATELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          negli ultimi giorni si è assistito all'ennesimo brutale attacco ad una troupe televisiva d'inchiesta ovvero al noto giornalista Vittorio Brumotti e alla troupe del programma satirico Striscia la Notizia;

          nelle ultimi anni spesso i giornalisti sono stati «protagonisti passivi», a Bologna come ad Ostia, a Monza come a Milano, vittime inermi di violenze verbali e fisiche;

          le grandi città metropolitane ed anche i centri più piccoli sono spesso ostaggio di piccola malavita che ha i suoi proventi con lo spaccio, oltre che con espedienti di dubbia legalità;

          i giornalisti come i cittadini italiani e non, nel rispetto del principio dell'accoglienza e del sussidio a chi non delinque, hanno diritto alla tutela della loro persona ed alla loro incolumità, oltreché alla libertà di spostamento in tutte le 24 ore, senza avere timore di incontri pericolosi o di certa illegalità;

          la crisi provocata ovvero incentivata dal COVID-19 certamente non sopirà, ma darà incremento all'arricchimento, spesso solo sostentamento, con espedienti illeciti e le forze dell'ordine non sono sempre in grado di provvedere ovvero di rispondere a tutte le chiamate e a fare fronte a tutte le situazioni che quotidianamente vedono presentarsi alla radiomobile;

          come accade per il contrasto alle mafie per il quale è stata creata la direzione investigativa antimafia che raggruppa esponenti dei carabinieri, della polizia di Stato e della Guardia di finanza e da poco della polizia penitenziaria, sarebbe altrettanto utile creare un coordinamento tra tutte le forze dell'ordine appena elencate per fare fronte alla criminalità anche di stampo non mafioso –:

          se il Governo intenda assumere iniziative a tutela dei giornalisti cosiddetti d'inchiesta e della classe giornalistica tutta, al fine di evitare episodi come quelli accaduti, garantendo la categoria nelle forme più adatte e di concerto con l'Ordine dei giornalisti;

          se il Governo intenda assumere iniziative per un inasprimento delle pene, introducendo una disposizione aggiuntiva all'articolo 581 del codice penale;

          se vi sia la possibilità di creare le stesse condizioni di rappresentatività ed operatività della direzione investigativa antimafia anche per la microcriminalità ovvero per quella non di stampo mafioso, di concerto con la procura preposta;

          se il Governo intenda costituirsi parte civile in tutti i procedimenti connotati dalla violazione della libertà di stampa, dando un segnale alla tutela della libertà sia in Italia che all'estero e dimostrando di essere paladino del rispetto dei diritti fondamentali;

          come mai il Governo non si sia espresso in forma solidale con le troupe protagoniste ovvero vittime di tali atti;

          quando il Governo intenda assumere iniziative per il potenziamento degli equipaggiamenti in dotazione alle forze dell'ordine, dalle divise agli automezzi, dotando anche le cosiddette stazioni di montagna o le sedi presenti nelle vallate di automezzi idonei al territorio da percorrere ovvero evitando le autovetture di classe economica, anche se a 5 porte,
(3-01574)

Interrogazioni a risposta scritta:


      DEIDDA, VARCHI e PRISCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

          con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020, mediante l'estensione sull'intero territorio nazionale di misure precedentemente adottate per alcune aree, è stata disposta la sospensione delle attività didattiche in presenza, nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, comprese le università e le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica;

          in forza di tali disposizioni, i vari rettori delle università hanno disposto, nell'esercizio della loro autonomia, tra le altre cose, la sospensione di tutte le attività didattiche in presenza, nonché l'interdizione all'uso delle aule studio e delle biblioteche da parte dell'utenza, salvo che per esigenze inderogabili;

          successivamente, le stesse università hanno adottato sistemi di didattica a distanza, con la predisposizione e/o l'utilizzo di piattaforme già esistenti, al fine di consentire, comunque, l'erogazione delle lezioni e lo svolgimento degli esami di profitto;

          in particolare, l'università di Cagliari, con decreto rettorale n. 341 del 24 marzo 2020, ha previsto, a decorrere dalla data di pubblicazione del citato decreto, la possibilità di sostenere gli esami di profitto in modalità telematica, secondo la procedura esplicitata in apposito manuale operativo;

          il citato manuale operativo non ha tenuto conto, in alcun modo, delle difficoltà di connessione alla rete internet presenti in alcuni ambiti territoriali della regione, e, da quel che risulta all'interrogante, nell'ipotesi di connessione instabile o mancante, l'esito dell'esame sarebbe stato rimesso, esclusivamente, alla decisione del singolo docente, determinando, conseguentemente, disparità di trattamento tra gli studenti;

          in ogni caso appare agli interroganti inopportuno e, verosimilmente, illegittimo l'annullamento delle prove d'esame in caso di malfunzionamento del sistema e/o inquadratura non idonea, come previsto espressamente da alcuni manuali operativi delle principali università italiane e/o stabilito, di volta in volta, dal singolo docente, per l'ipotesi in cui la disciplina emanata dalla relativa università nulla abbia previsto al riguardo;

          il divario tecnologico esistente in alcune aree del Paese non può certo andare a discapito della carriera universitaria del singolo studente e, pertanto, appare opportuno garantire, agli stessi studenti che non si trovino in possesso di adeguati strumenti tecnologici, la possibilità di sostenere gli esami di profitto in presenza –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di evitare che eventuali malfunzionamenti dei sistemi informatici rendano nulle le prove d'esame sostenute, promuovendo, se del caso, per gli studenti che non si trovino in possesso di adeguati strumenti tecnologici, la possibilità di sostenere gli esami di profitto in presenza.
(4-05858)


      MURELLI, CAVANDOLI, GERARDI, LEGNAIOLI, ZORDAN, RIBOLLA, CANTALAMESSA, BOLDI, BIANCHI, FOGLIANI, MACCANTI, VANESSA CATTOI, GASTALDI e MANZATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 43 del decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto Cura Italia, ha previsto il trasferimento dell'importo di 50 milioni di euro, da parte dell'Inail a Invitalia, da erogare alle imprese per l'acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale;

          sulla base di quanto previsto dal provvedimento, Invitalia, ha emanato il successivo bando Impresa Sicura, predisponendo un apposito sportello informatico sul portale web dell'Agenzia, per consentire alle imprese interessate di presentare la domanda di rimborso;

          la presentazione della domanda si suddivide in tre fasi: dall'11 al 18 maggio 2020, le imprese hanno avuto la possibilità di prenotare l'agevolazione; successivamente, è stato pubblicato l'elenco delle imprese che hanno inoltrato la prenotazione, in ordine cronologico; infine, è prevista la possibilità per le imprese ammesse a richiedere l'erogazione della somma spettante a partire dal 26 maggio ed entro la scadenza dell'11 giugno 2020;

          l'invio della prenotazione delle richieste si è pertanto basato sulla modalità del «click day», cosicché, un secondo dopo le ore 9 di lunedì 11 maggio, i fondi erano già finiti vedendo l'accoglimento di appena 3.150 istanze su 249.681 prenotazioni, di cui 208.826 valide, tagliando di fatto ingiustamente migliaia di piccole e medie imprese. La prima esclusa ha cliccato alle 9:00:01.046851 e l'ultima ammessa alle 9:00:01.046749;

          alla rabbia di migliaia di imprenditori ha fatto seguito la risposta del commissario per l'emergenza COVID-19 e amministratore delegato di Invitalia, Domenico Arcuri, il quale ha commentato con comunicato stampa ufficiale dell'Agenzia: «Invitalia, con la solita efficacia e la solita capacità, ha svolto il compito che il Governo le ha chiesto: non c'è stato nessun corto circuito, non c'è stato nessun cattivo funzionamento del sistema, non c'è stato alcun intoppo nel lavoro che Invitalia ha svolto. Certo, le imprese che non hanno ottenuto il finanziamento sono molte di più di quelle che ci sono riuscite. Poteva essere conferita a questa misura una dotazione incrementale? Certamente sì. Sarà necessario replicarle e modificarne la modalità? Non spetta a me deciderlo, spetta ad Invitalia eseguire con efficacia quello che le si chiede di eseguire. Il Governo peraltro ha dato alle imprese una molteplicità di ulteriori strumenti a sostegno delle difficoltà patrimoniali e reddituali che hanno dovuto sopportare per il Coronavirus e continua a farlo»;

          al risultato scandaloso del bando Impresa Sicura ha fatto seguito quella che appare agli interroganti la presa in giro del commissario Arcuri, il quale ha scaricato la responsabilità sul Governo, difendendo l'ottimo operato dell'Agenzia. Il fallimento del bando Impresa Sicura è stata, secondo gli interroganti, la riconferma dell'incapacità del commissario straordinario a gestire l'emergenza in corso, non essendo in grado di garantire celerità, efficienza e certezza della gestione degli aiuti alle imprese;

          a parere degli interroganti, il Governo deve dare delle spiegazioni rispetto a quanto accaduto e, soprattutto, porre in essere tutte le iniziative necessarie a supportare le imprese nella gestione dell'emergenza in corso –:

          quali siano gli orientamenti sulle problematiche esposte in premessa e se non sia il caso di adottare le iniziative di competenza per revocare quanto prima l'incarico affidato a Domenico Arcuri;

          se non ritengano necessario adottare iniziative per prevedere quanto prima misure di ristoro per le oltre 200 mila imprese che hanno subito la beffa del bando Impresa Sicura.
(4-05876)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          l'interrogante è venuto a conoscenza che una famiglia residente a Biella, composta da tre persone – padre, madre e una bambina di 3 anni – è ancora bloccata in Brasile, a Recife nello Stato del Pernambuco;

          la famiglia biellese è arrivata in Brasile a metà dicembre e aveva un volo di rientro previsto per il 3 marzo 2020. A seguito dello scoppio della pandemia da COVID-19 in Italia, il volo è stato progressivamente spostato al 5 aprile, al 5 maggio, al 5 giugno, anche quest'ultimo cancellato qualche giorno fa;

          la famiglia si è recata in Brasile per adempiere alcune pratiche burocratiche a tutela della bambina, la cui madre è di nazionalità brasiliana;

          il viaggio rappresentava il primo momento di felice incontro tra la bambina e la famiglia materna, oltre a rappresentare un'opportunità di crescita e sviluppo commerciale per le aziende tessili del biellese facenti capo alla famiglia del padre;

          la famiglia racconta che la situazione in Brasile sarebbe molto più grave di come viene rappresentata in Italia e che hanno paura di essere contagiati;

          inoltre, si pone per loro anche un problema abitativo, in quanto, originariamente, sono riusciti a stare presso parenti in una favela. Successivamente, la zona della loro abitazione è stata tra quelle più colpite sia dalla pandemia che da episodi di violenza e criminalità e hanno deciso di allontanarsi prendendo in affitto un appartamento. La locazione termina a fine mese e saranno costretti a tornare ad abitare nella favela;

          la famiglia biellese racconta di aver chiesto aiuto agli enti competenti – ambasciata d'Italia in Brasile e unità di crisi della Farnesina – ma non ha ricevuto alcun aiuto se non la proposta di voli da San Paolo, non considerando le difficoltà della famiglia a raggiungere l'aeroporto che si trova a 2.500 chilometri di distanza;

          i voli proposti hanno prezzi assolutamente fuori mercato rispetto a quelli normalmente applicati. Riferiscono che il volo di andata e ritorno da loro acquistato è costato 560 euro per gli adulti e 480 euro per la bambina, mentre i voli proposti dal sistema consolare italiano, oltre a non essere garantiti, hanno prezzi pari al doppio o al triplo;

          considerata la gravità del contesto locale in cui si trova la famiglia, appare necessario addivenire a una soluzione tempestiva per garantirne in rimpatrio –:

          quali iniziative intenda adottare il Governo affinché la famiglia di cittadini biellesi bloccata in Brasile da marzo 2020 possa rientrare in Italia al più presto.
(4-05869)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


      TESTAMENTO e DEL SESTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          nelle prossime settimane dovrebbe essere convocata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la conferenza di servizi per il riesame complessivo dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia) relativa alla costruzione da parte di Edison di una centrale termoelettrica a ciclo combinato di circa 810 megawatt, alimentata a gas naturale che dovrebbe essere realizzata nel territorio del comune di Presenzano (Caserta);

          sul medesimo argomento la prima firmataria del presente atto ha già presentato l'atto di sindacato ispettivo n. 4-04631, i cui contenuti e petitum rimangono ancora attualissimi e in attesa di risposta;

          risulta agli interroganti che per la centrale di cui sopra la capacità assegnata a Edison per il 2023 (in base al sistema del capacity market) sia di soli 490 megawatt rispetto agli 810 megawatt complessivi. Questo lascia ipotizzare che dal 1° gennaio 2023 la centrale entri in servizio nella configurazione «ciclo a gas semplice» e che il ciclo combinato gas-vapore oggetto della autorizzazione venga realizzato solo in un secondo momento. La configurazione a ciclo semplice, comporterebbe la mancata installazione del sistema catalitico e, conseguentemente, emissioni di NOx notevolmente più alte di quelle autorizzate. Comporterebbe altresì, il funzionamento della centrale ad un rendimento molto più basso di quello oggetto della autorizzazione (consumi di combustibile ed emissione di CO2 riferite al KWH del 50 per cento superiori);

          da un'attenta disamina della documentazione relativa all'impianto di Presenzano presente sul sito del Ministero dello sviluppo economico si evince come l'emissione annuale di CO2 autorizzata (2.096.753 ton/anno) sia più di 3 volte superiore al valore medio rilevato per le centrali dello stesso tipo installate in Italia (Terna, cicli combinati denominati CC: 46,4 TWH prodotti nel 2018 contro 21,8 GW installati; ISPRA 2016: 389,2 gr-C02/KWH);

          l'emissione di NOx+NH3 autorizzata è più che doppia rispetto a quella offerta da altri produttori di catalizzatori presenti sul mercato (Siemens, 2ppmv NOx+3NH3, GE, 7,5 ppmv senza catalizzatore), nonché 1,65 volte superiore a quella riportata nelle specifiche del più importante produttore nazionale di energia elettrica. Si è quindi in presenza, dati alla mano, di un impianto che avrà emissioni molto più alte di quanto consentito dalla moderna tecnologia e che, nonostante ciò beneficerà paradossalmente di un contributo economico rientrante in un sistema, quello del capacity market, concepito per condurre il Paese verso l'elettricità verde e ridurre le emissioni a zero –:

          se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga opportuno adottare iniziative per prevedere fin da inizio attività della centrale, e non dal terzo anno di esercizio, limiti emissivi espressi in valori medi orari;

          se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza, non ritenga doveroso verificare in quale configurazione la centrale verrà messa in esercizio e, nel caso di configurazione a ciclo semplice, non ritenga che la costruzione della stessa debba essere sottoposta a nuova autorizzazione;

          se, alla luce della quantità di emissioni autorizzata per l'impianto in questione, molto più alta rispetto ai valori medi previsti per centrali di uguale potenza, il Ministro dello sviluppo economico non ritenga urgente e doveroso verificare la compatibilità del progetto di Edison con il sistema di incentivi del capacity market, pensato per guidare il Paese verso emissioni zero ed elettricità totalmente verde.
(4-05862)


      D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          la testata on line Il Corriere della Calabria ha riassunto in un articolo del 27 maggio 2020, intitolato «Rifiuti del nord Italia smaltiti illegalmente, maxi operazione del Noe anche in Calabria», una vasta inchiesta giudiziaria su un'organizzazione dedita al traffico illecito e alla realizzazione di discariche abusive per smaltire illegalmente oltre 23 mila tonnellate di rifiuti provenienti dal Nord;

          «il gruppo – si legge nell'articolo – operava attraverso il controllo di un impianto formalmente autorizzato dagli Enti competenti» al trattamento e smaltimento dei rifiuti speciali ed adottava due strategie per «ripulirli»;

          la prima delle suddette strategie consisteva nel «trasbordo»: i rifiuti in arrivo/entrata presso gli impianti della società oggetto d'indagine sostavano in loco per poche ore, poi venivano caricati su altri automezzi di ditte compiacenti e stipati in capannoni industriali, «da destinare a discarica abusiva», usando manovalanza extracomunitaria in nero;

          la seconda strategia – è raccontato nell'articolo – serviva a ripulire l'attività ed era organizzata in modo che il gestore dell'impianto facesse «apparire adempiuti gli obblighi di ricevimento e recupero senza in realtà neanche scaricare dal mezzo i rifiuti ricevuti con regolare formulario di identificazione», mentre all'autista del mezzo preposto al trasferimento veniva «rilasciato un documento di trasporto che attesta formalmente il trasferimento di materiale ottenuto da operazioni (fittizie) di recupero e riciclaggio»;

          ciò ultimo consentiva, secondo il citato articolo, di reimmettere i rifiuti nel circuito legale di smaltimento utilizzando un falso codice dell'Elenco europeo dei rifiuti (Eer) e classificandoli come «plastica e gomma» o «imballaggi di materiali misti», parzialmente trattabili e recuperabili;

          per la suddetta via, è spiegato nello stesso articolo, veniva saltato l'obbligo di trattamento in discarica autorizzata o termovalorizzatore;

          con riferimento all'inchiesta suddetta e a soggetti coinvolti, nell'articolo citato si legge: «Provare il coinvolgimento di questi soggetti nel traffico di rifiuti è difficoltoso stante la regolarità formale del loro operato. Ed ancora gli imprenditori titolari di una formale autorizzazione al trattamento dei rifiuti (quasi sempre inefficace per l'assenza delle garanzie fideiussorie obbligatorie), utilizzati dai primi per il conferimento apparentemente regolare dei rifiuti ma in realtà poi destinati a capannoni adibiti a discariche abusive e mai smaltiti regolarmente. In questo caso si tratta di società non patrimonializzate, spesso gestite da prestanome e destinate ad avere una durata breve nel tempo»;

          il 28 novembre 2019, l'interrogante aveva già presentato un'interrogazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in cui sottolineava l'inadeguatezza delle nuove norme in materia di Albo nazionale gestori ambientali che ridisegnano la disciplina autorizzativa dell'intera filiera di rifiuti con disposizioni però incongrue, contraddittorie, irragionevoli, di minore garanzia per la collettività e di maggior favore, al contrario, di un sistema in conflitto d'interessi, peraltro con la possibilità di evitare, in sostanza, la presentazione della certificazione antimafia ai fini dell'iscrizione nel predetto albo –:

          di quali informazioni disponga il Governo circa il dichiarato possesso della certificazione antimafia da parte delle ditte coinvolte;

          se non ritenga di intervenire con urgenti iniziative di carattere normativo al fine di garantire che tutte le procedure di autorizzazione per l'esercizio di ogni attività in materia di rifiuti siano tali da assicurare l'assenza di tentativi di infiltrazioni mafiose nelle ditte iscritte o richiedenti l'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, al fine di reintrodurre nel regolamento dello stesso Albo l'obbligo-onere preliminare, abolito, di presentare garanzie fideiussorie, e al fine di potenziare i controlli per agevolare la repressione di eventuali reati.
(4-05867)


      PAOLO RUSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          un'indagine coordinata dalla procura della Repubblica di Taranto e affidata alla Guardia di finanza ha messo in luce un'allarmante sequenza di episodi riguardanti la cessione di polveri dell'elettrofiltro Meep ad un'azienda attiva nel settore dei concimi;

          secondo quanto raccontato attraverso un articolo pubblicato da Il Fatto quotidiano nel mese di novembre 2019 e poi rilanciato anche in queste ore da numerosi portali gestiti da associazioni ambientaliste l'azienda siderurgica avrebbe venduto le polveri degli elettrofiltri utilizzati per abbattere i fumi classificandole come «sfridi potassici»;

          il primo episodio relativo alla vendita risale al 24 febbraio del 2004 quando – sempre secondo le ricostruzioni effettuate – davanti ai cancelli dell'acciaieria si sarebbe presentato il primo camion inviato dalla ditta Ecofert Europe autorizzato a prelevare il carico di sacchi contenenti, secondo quanto scritto sui documenti, gli «sfridi potassici»;

          secondo gli investigatori la Ecofert avrebbe acquistato oltre 1.000 tonnellate di materiale: per la procura di Taranto quello definito come concime erano in realtà rifiuti tossici pericolosi che l'azienda Ilva aveva anche tentato di smaltire invano al proprio interno. La decisione di vendere alla Chimsider Logistica e servizi ed alla Ecofert Europe arriva, infatti, dopo i tentativi di immettere le polveri degli elettrofiltri utilizzati per abbattere i fumi nel circuito interno;

          fin dal 2005, infatti, nelle polveri Meep erano stati riscontrati superamenti dei valori limite di piombo e, in un'occasione, perfino di tellurio, sostanza giudicata cancerogena;

          l'intera vicenda è emersa nel mese di aprile 2019 quando gli inquirenti ricevono la documentazione inviata dalla società Arcelor Mittal –:

          considerato il pericoloso impatto dell'eventuale utilizzo delle polveri Meep in agricoltura, quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano predisporre, anche promuovendo una verifica da parte del Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente, per accertare l'inquietante eventualità che costituirebbe un temibile rischio per la salute dei cittadini, oltre che per l'integrità dell'ambiente e per la salubrità delle colture potenzialmente trattate con le polveri Meep.
(4-05874)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


      SABRINA DE CARLO, VILLANI e SUT. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

          il sito paleontologico del Villaggio del pescatore situato nel comune di Duino-Aurisina, in provincia di Trieste, a seguito della scoperta, nel 1994, di un adrosauro e di altri reperti fossili ha attirato negli Jultimi venti anni autorevoli studiosi che, considerata anche la zona limitrofa interessata da curiosi giacimenti ne hanno confermato il valore, designandola ad oggi come una zona in grado di offrire centinaia di reperti e probabili fossili sconosciuti;

          grazie ai fatti descritti, il centro si è trasformato in pochi anni in uno dei luoghi di riferimento tra i più importanti d'Europa;

          attualmente la zona di scavo rientra in un regime di proprietà privata e i complessivi interventi sul sito sono stati sostenuti con fondi privati; da pochi giorni è in fase di estrazione un nuovo fossile;

          considerato altresì l'enorme potenziale a livello turistico del sito, situato in un crocevia tra l'Italia, l'Austria, la Croazia e la Slovenia, logisticamente a soli 500 metri dal tracciato autostradale italiano, e posto in un'area di particolare rilevanza storica, sviluppatasi alla fine della II guerra mondiale per accogliere istriani di lingua italiana, l'intera zona potrebbe offrire, se aiutata, un nuovo centro turistico di valenza internazionale mediante l'accoglienza di studiosi e amatori da tutto il mondo, offrendo nuovi posti di lavoro e pertanto –:

          se sia a conoscenza dei fatti e se abbia intenzione di intervenire attraverso appropriate iniziative di promozione, che possano aiutare il sito al recupero di risorse utili al proseguimento dei lavori e al suo rilancio.
(4-05863)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

          tra i settori economico-produttivi che ancora oggi risentono della grave crisi iniziata nel 2007-2008, si trova il settore dell'edilizia, ancora alle prese con una situazione di grande difficoltà;

          l'edilizia in Italia continua a soffrire, con inevitabili ricadute negative su tutto il sistema Paese, considerando che essa è uno dei comparti trainanti. Nel 2017, il comparto dell'edilizia ha prodotto il 4,5 per cento del valore aggiunto italiano e ha rappresentato il 6,1 per cento dell'occupazione;

          la difficoltà a superare la crisi di questi anni riguarda anche il già costruito, ossia lo stesso mercato immobiliare che è sostanzialmente fermo da troppi anni. Sono diminuite le compravendite, così come l'invenduto, e i prezzi di mercato degli immobili, sostanzialmente fermi in tutti questi anni, stanno lì a dimostrare come anche questo comparto viva una profonda difficoltà;

          a tutto questo, si aggiungono ora le conseguenze della pandemia in atto nel nostro Paese, conseguenze sanitarie drammatiche che avranno effetti pesantissimi sull'economia mondiale e del nostro Paese;

          un recente lavoro dell'Osservatorio Immobiliare di Nomisma ha prospettato un probabile calo delle compravendite residenziali tra le 40 mila e le 110 mila unità rispetto alle 603 mila vendite del 2019, che in termini di fatturato significano da 9 a 20 miliardi di euro in meno di volumi nel 2020;

          nel triennio che ci aspetta, riguardo al settore residenziale, Nomisma prevede una perdita tra 54,5 e 113 miliardi di euro di fatturato, a seconda dello scenario che si concretizzerà. Quasi certamente l'Italia andrà in deflazione: una doccia fredda, dunque, quando il mercato sembrava aver ormai imboccato la via della ripresa con un fatturato stimabile in 98,3 miliardi di euro nel 2019;

          la casa comincia a pagare il conto dell'emergenza coronavirus. La serrata imposta dall'epidemia si fa sentire su un settore da cui dipendono un quinto del prodotto interno lordo e mezzo milione di addetti;

          la stessa situazione critica riguarda il settore dell'edilizia e delle costruzioni. Molte imprese di costruzioni, già in difficoltà, sono ora sempre più a rischio di fallimento. Si parla di un settore quale quello delle costruzioni, che con tutta la filiera (dai produttori dei materiali all'immobiliare), rappresenta ben il 22 per cento del prodotto interno lordo italiano;

          è indispensabile quindi che vengano messe in atto tutte quelle misure di semplificazione e di sostegno fiscale, che consentano di sostenere sia il settore immobiliare che quello dell'edilizia. Tra le numerose suddette misure di sostegno, si evidenzia in particolare la necessità:

              a) di mettere a regime ed estendere ai proprietari di qualunque immobile, a prescindere dalla sua destinazione d'uso, i benefici fiscali conseguenti a interventi di riqualificazione energetica (Ecobonus);

              b) di mettere a regime la detrazione «potenziata» per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di adeguamento antisismico;

              c) di prevedere in forma stabile la possibilità di usufruire della cedolare secca del 10 per cento per qualunque tipo di immobile in locazione, a prescindere dalla sua destinazione d'uso;

              d) di prevedere l'esenzione da Imu e Tasi per le unità immobiliari di categoria catastale C1 (negozi e botteghe) e quelle strumentali utilizzate nell'esercizio dell'attività imprenditoriale, per le quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni, prevedendo forme di compensazione per gli enti locali in virtù del conseguente minor gettito;

              e) di mettere a regime dei benefici fiscali legati al «sismabonus»;

              f) di favorire gli interventi di riqualificazione e di rigenerazione urbana nelle aree già totalmente edificate, consentendo l'applicazione dei limiti di distanza tra i fabbricati previsti dal decreto ministeriale 1444/1968 solo alle zone C (nuova edificazione), escludendo le zone A e B (centri storici e altre zone);

              g) di disporre quantomeno una proroga del bonus facciate fino al 2021: il blocco delle assemblee condominiali, reso necessario dall'emergenza coronavirus, sta infatti rallentando l'iter della detrazione fiscale, che consente di effettuare lavori importanti in molti immobili degradati;

              h) di prevedere tempi più brevi e il silenzio/assenso relativamente all'autorizzazione del soprintendente riguardo all'esecuzione di lavori su beni culturali;

              i) di prevedere, in generale, un processo significativo di semplificazione delle norme edilizie e urbanistiche, anche attraverso la formazione di un unico «codice urbano nazionale» –:

          quali efficaci e mirate iniziative si intendano adottare per sostenere e rilanciare il mercato immobiliare e il settore delle costruzioni, anche prevedendo le misure di semplificazione e di sostegno fiscale indicate in premessa;

          se non si ritenga necessario adottare iniziative normative per una revisione della disciplina urbanistica ed edilizia, al fine di una sua maggiore semplificazione, e per accelerare la riqualificazione e il riuso del patrimonio edilizio esistente.
(2-00821) «Mazzetti, Cattaneo, Pettarin, D'Ettore, Anna Lisa Baroni, Baratto, Brunetta, Caon, Cappellacci, Carrara, Cassinelli, Cortelazzo, Cristina, Della Frera, Fasano, Fascina, Fatuzzo, Fitzgerald Nissoli, Giacometto, Giacomoni, Mandelli, Martino, Musella, Napoli, Occhiuto, Perego Di Cremnago, Polidori, Polverini, Porchietto, Prestigiacomo, Ripani, Torromino, Valentini, Zanettin, Zangrillo».

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

          la trasmissione Report in data 25 maggio 2020 ha presentato un servizio intitolato «La cortina di fumo», basato su di un'inchiesta internazionale in collaborazione con il consorzio Occrp il cui capofila è l'agenzia media Reuters;

          la suddetta inchiesta ha evidenziato come l'operatore Philip Morris International (PMI) abbia sottoposto al Ministero della salute (direzione generale della prevenzione sanitaria) nell'aprile 2018 la richiesta di riconoscimento della riduzione di sostanze tossiche ovvero di potenziale rischio ridotto del proprio prodotto a marchio Iqos, corredata dagli studi di cui al decreto 7 agosto 2017, per ottenere l'autorizzazione a pubblicizzare il proprio prodotto Iqos come meno tossico ovvero meno rischioso per la salute;

          alla richiesta di Philip Morris Italia il Ministero della salute avrebbe comunicato che non è possibile sulla base della documentazione fornita dal proponente considerare i prodotti del tabacco riscaldato meno dannosi e quindi con potenziale rischio ridotto rispetto ai prodotti tradizionali del tabacco. La notizia è riportata anche dal quotidiano Il Messaggero nell'edizione del 23 gennaio 2019;

          le motivazioni addotte dal Ministero della salute, in seguito anche al parere dell'Istituto superiore di sanità, non sono mai state pubblicate ufficialmente;

          secondo un documento dell'Organizzazione mondiale della sanità pubblicato nel marzo 2020 e intitolato «Heated tobacco Products information sheet» non vi sono ancora sufficienti prove scientifiche indipendenti sulla potenziale riduzione dei danni derivanti dall'uso di prodotti heated tobacco (tabacco riscaldato);

          l'accisa applicata ai prodotti del tabacco riscaldato è di gran lunga inferiore a quella delle sigarette tradizionali. L'aliquota di accisa sugli heated tobacco, infatti, era stata inizialmente fissata al 50 per cento dell'accisa media sulle sigarette, senza che vi fosse alcuna prova scientifica del minore impatto sulla salute o del rischio ridotto dei suddetti prodotti. Dalla nota tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze si evince che la riduzione sull'aliquota è conseguenza della minore dannosità del tabacco riscaldato. Ma questo contrasta con quanto espresso dall'Istituto superiore della sanità e da organizzazioni internazionali;

          nel 2019 tale accisa è stata dimezzata ulteriormente fino ad un valore del 25 per cento dell'accisa media sulle sigarette generando un vero e proprio privilegio fiscale;

          secondo uno studio dell'istituto di ricerca Competere – Policies for sustainable development, lo sconto fiscale di cui hanno goduto i prodotti del tabacco riscaldato ha determinato nel triennio 2017-2019 una perdita cumulata di potenziali entrate per l'erario superiore ai 500 milioni di euro. Senza questo sconto fiscale e con un mercato previsto in crescita, i vantaggi per lo Stato potrebbero essere superiori al miliardo di euro nei prossimi tre anni;

          in pochi altri Paesi il tabacco riscaldato gode di un privilegio fiscale, ma questo si limita al massimo, come nel caso del Sud Africa, ad una riduzione del 25 per cento, a fronte di un potenziale minore rischio –:

          se i Ministri interpellati non ritengano opportuno adottare iniziative per ridurre o eliminare lo sconto fiscale di cui godono i prodotti del tabacco riscaldato e destinare i ricavi al potenziamento dei piani straordinari triennali delle regioni con il fine di rafforzare l'assistenza socio-sanitaria e domiciliare per i malati cronici e rari, gli immunodepressi, gli acuti non ospedalizzati e le persone disabili non autosufficienti.
(2-00820) «Silvestroni, Gemmato».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      GRIPPA, BARBUTO e DEL SESTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          la pandemia da COVID-19 in atto impone tra le altre una seria riflessione sui rischi economici attualmente gravanti sui cittadini e sulle imprese che potenzialmente risultano esposti, da un lato, a evidenti problemi di natura sanitaria e, dall'altro, a possibili fenomeni messi in atto da organizzazioni criminali. Con riferimento ai rischi di criminalità finanziaria, è evidente come le misure di lockdown imposte al Paese per il contenimento dell'epidemia abbiano provocato un indebolimento di gran parte del tessuto economico, aprendo una vera e propria falla rispetto a possibili fenomeni di organizzazione criminale. A tal proposito, l'Unità di informazione finanziaria avrebbe già ritenuto opportuno sollecitare tutti i destinatari della normativa antiriciclaggio di cui al decreto legislativo n. 231 del 2007 al rispetto dei relativi obblighi, ricordando in particolare agli intermediari bancari e finanziari e ai professionisti che il livello di guardia in questo momento storico deve essere altissimo;

          quando ci sono emergenze, come quella che si sta vivendo, spuntano come funghi anche gli approfittatori e coloro che pensano di poter commettere reati ritenendo che è più semplice rimanere impuniti, perché tanto, nel torbido e nel caos, è più difficile essere scoperti;

          con l'entrata in vigore del decreto ministeriale del 1° febbraio 2013 (sostituito dal decreto ministeriale 28 aprile 2016), meglio noto come «decreto Sirfe» (Sistema informatizzato rilevazioni falsificazioni euro) sono stati raggiunti importanti risultati in termini di raccolta, di analisi e di elaborazione dati;

          dalle statistiche è risultato che le banconote su cui gli artisti del falso lavorano di più sono quelle da 20 euro e da 50 euro, oltre che le monete di 2 euro e di 50 centesimi. Infatti, in molte occasioni di sequestri eseguiti dalle forze dell'ordine sono state trovate numerose monete da 2 euro, tutte false e pronte per entrare nel giro degli affari commerciali. Gli studiosi hanno messo insieme i tagli da 20 e 50 euro sequestrati in Italia nel 2017 e hanno scoperto che il loro ammontare era pari a quasi l'85,00 per cento di tutte le banconote ritirate nel nostro Paese;

          l'attività di monitoraggio interessa tutta la valuta in euro individuata sul territorio nazionale e ritirata dalla circolazione dai gestori del contante ai sensi della normativa italiana di riferimento, decreto-legge n. 350 del 2001 (banche, uffici postali, società di custodia e trasporto del denaro e altro) ovvero sequestrata dalle forze di polizia (carabinieri, guardia di finanza, polizia di Stato);

          la Banca d'Italia mette a disposizione del cittadino un servizio attraverso il quale sarà possibile verificare se una banconota è falsa. Solo nel primo semestre del 2019, la Banca d'Italia ha riconosciuto false 43.719 banconote che sono state subito ritirate dal commercio. In tal senso, si registra che risultano essere il 18,6 per cento in meno rispetto alle 53.699 banconote del secondo semestre del 2018;

          nella ripresa economica graduale cui il Paese si appresta saranno di nuovo frequenti gli scambi commerciali e quindi di moneta che potrebbero essere anche inquinati da una probabile quantità di banconote falsificate –:

          se sia a conoscenza dei dati aggiornati dell'attività di monitoraggio della circolazione di banconote e monete false relativi al primo trimestre dell'anno, in concomitanza con il verificarsi dell'emergenza sanitaria;

          quali iniziative intenda proporre, nell'ambito delle proprie competenze e di concerto con gli altri dicasteri coinvolti, al fine di intensificare l'attività di selezione delle banconote in circolazione, attivando una maggiore protezione nella raccolta del danaro proveniente dal tessuto economico-sociale della nazione.
(5-04063)

Interrogazioni a risposta scritta:


      SILVESTRONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche giovanili e lo sport — Per sapere – premesso che:

          alla fine del mese di gennaio 2020 è stato nominato presidente e amministratore delegato della società Sport e salute s.p.a., società in house del Ministero dell'economia e delle finanze, Vito Cozzoli, indicato a tale carica dal Movimento 5 stelle e già capo di gabinetto del Ministro dello sviluppo economico quando tale ruolo era ricoperto da Luigi Di Maio, all'epoca anche capo politico del medesimo Movimento;

          il 9 marzo 2020 la società guidata da Cozzoli ha pubblicato il bando per la nomina del proprio capo ufficio stampa, fissando la scadenza per la presentazione delle domande appena sette giorni più tardi;

          nel mese di aprile 2020 il presidente Cozzoli ha messo a bando ben sette posizioni: assistente esecutivo del presidente; responsabile relazioni istituzionali; responsabile program management office; responsabile tecnico dello staff del presidente; direttore infrastrutture, sistemi e ingegneria dello sport; amministratore delegato di ConiNet spa;

          non risulta all'interrogante che i relativi bandi siano stati emessi con la preventiva ricerca delle figure professionali all'interno della stessa società Sport e Salute, come prescritto dalla normativa vigente, e suscita altresì perplessità il fatto che poi siano stati pubblicati nell'area riservata del sito della società, in apparente spregio di qualunque principio di trasparenza, con il rischio di possibili abusi;

          attualmente è in corso la selezione di ulteriori 25 unità di personale, divise tra le aree del project management, dell'istruttoria dei progetti, del monitoraggio, della comunicazione sociale e marketing territoriale, amministrativa e legale, terminata la quale si avranno un totale di ventisei assunzioni in tre mesi di presidenza di Cozzoli;

          come per i bandi di concorso di aprile 2020 anche quelli la cui scadenza di presentazione delle domande era fissata tra il 20 e il 21 maggio 2020 non risulta all'interrogante che siano stati emessi con la prescritta preventiva valutazione delle professionalità già in servizio all'interno della società, e risultano anch'essi pubblicati nella sezione riservata del sito, dove li può trovare – e quindi candidarsi – solo chi è stato appositamente informato;

          sorprende constatare che in un momento di estrema difficoltà economica per aziende e autonomi vi siano, per alcune aree, disponibilità tali da poter garantire l'assunzione di ben 32 unità di personale;

          quanto sin qui esposto sembra all'interrogante delineare un sistema di assunzioni potenzialmente volto a favorire soggetti vicini agli esponenti pentastellati –:

          di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in ordine a quanto esposto in premessa, se siano state rispettate tutte le normative vigenti nella selezione del personale per le posizioni lavorative di cui in premessa e se in ogni caso non intendano adoperarsi perché ne sia assicurato il rispetto.
(4-05873)


      D'ATTIS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          il 17 febbraio 2020 Intesa Sanpaolo ha lanciato una offerta pubblica di sottoscrizione (Ops) nei confronti di Ubi Banca con l'obiettivo di acquisirne l'intero capitale sociale o comunque la maggioranza assoluta;

          l'offerta, pari a 17 azioni Intesa Sanpaolo di nuova emissione ogni 10 di Ubi Banca, corrisponde a un premio del 28 per cento sui valori del 14 febbraio 2020;

          l'operazione di Intesa metterebbe in moto un complesso «risiko» bancario che coinvolgerebbe Bper, cui sarebbero cedute 400/500 filiali nel Nord Italia, e Unipolsai, cui sarebbero ceduti i rami d'azienda delle compagnie assicurative Bancassurance Popolari, Lombarda Vita e Aviva Vita partecipate da Ubi Banca;

          l'operazione dovrebbe consentire di creare il settimo gruppo bancario in Europa per attivi, in grado di realizzare utili consolidati stimati a oltre 6 miliardi di euro nel 2022, prevedendo anche sinergie derivanti dall'aggregazione, stimate a regime in circa 730 milioni ante imposte per anno, con costi di integrazione una tantum stimati complessivamente in 1,27 miliardi;

          l'offerta non è stata concordata, provocando varie reazioni negative da parte di Ubi, il cui consiglio di amministrazione, il 26 maggio 2020, ha deliberato l'avvio di un'azione giudiziale volta ad accertare che gli effetti della comunicazione del 17 febbraio 2020 – con cui Intesa annunciava il lancio dell'Ops su Ubi – sono cessati. Il presupposto dell'azione, secondo Ubi, è rappresentato dall'avveramento della condizione di material adverse change di efficacia dell'offerta pubblica di scambio, determinato «dalla pandemia Covid-19 e dalla mancata tempestiva rinunzia di Intesa Sanpaolo a tale condizione». Ubi ha avviato una medesima iniziativa presso la Consob;

          l'Ops in corso sta paralizzando le attività di Ubi Banca, che non può ad esempio cedere asset del perimetro o fare emissioni obbligazionarie;

          nell'ultimo mese sono emersi più volte rumors su una contro-offerta, alternativa a quella di Intesa Sanpaolo, di Credit Agricole, possibilità che metterebbe l'assemblea di Ubi dinanzi alla possibilità di scegliere tra due opzioni;

          Carlo Messina, numero uno di Intesa Sanpaolo, nel mese di aprile 2020, ha detto, in merito ad un possibile interessamento francese: «Qualcuno può averli tirati per la giacchetta, ma è difficile immaginarlo. È assai poco probabile che una banca leader in Francia, come il Crédit agricole, venga in Italia con intenti bellicosi nei confronti della banca leader nel Paese»;

          le imprese finanziarie francesi hanno già dato prova di essere interessate al patrimonio economico italiano, basti pensare alle mosse di Axa nei confronti di Generali, ed il nostro Paese non è stato in grado di rispondere adeguatamente in difesa degli interessi nazionali;

          in questo scenario, pare poi che le autorità italiane deputate al controllo del libero mercato e del sistema bancario siano su posizioni opposte. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato nutrirebbe, infatti, dubbi sulla fusione tra la prima e la quarta banca italiana, mentre la Banca d'Italia incoraggerebbe la mossa per i vantaggi che la maggior dimensione del primo player italiano può apportare;

          proprio le diverse vedute tra Antitrust e Bankitalia, in danno dell'autonomia del sistema bancario italiano, potrebbero favorire l'intervento di capitali stranieri, francesi in particolare;

          nel complicato contesto, negli ultimi giorni, si è diffusa la notizia che Unicredit, sarebbe pronta ad entrare nella partita in soccorso di Ubi acquistandone il 10 per cento del capitale in modo da rendere più difficoltosa la scalata di Intesa Sanpaolo –:

          quali iniziative di competenza il Governo sia intenzionato ad adottare per tutelare l'interesse nazionale, evitando che il controllo di Ubi, quarta banca italiana, possa finire in mani straniere.
(4-05877)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per sapere – premesso che:

          nella legge di bilancio per l'anno 2019, all'articolo 1, comma 162 e seguenti, è stata prevista l'istituzione di una struttura per la progettazione di beni ed edifici pubblici, prevedendo 300 assunzioni e una copertura finanziaria di 100 milioni di euro l'anno a partire dal 2019; tale struttura non risulta ad oggi istituita;

          le lunghe tempistiche connesse alla realizzazione di opere pubbliche sono collegate anche alla carenza di personale e professionalità a tutti i livelli amministrativi, rendendo imprescindibile il rafforzamento delle strutture tecniche dello Stato — i provveditorati per le opere pubbliche — che già operano sia a supporto delle altre amministrazioni centrali che degli enti locali;

          l'assunzione di un migliaio di giovani professionisti con ruoli tecnici e amministrativi consentirebbe di raggiungere capacità progettuali e amministrative adeguate a livello pubblico, garantendo un valore aggiunto permanente a tutto il Paese, in particolare in un momento storico come quello attuale –:

          se, con quali iniziative ed entro quali tempistiche si intendano rafforzare, con nuove assunzioni, i provveditorati per le opere pubbliche.
(2-00818) «Varrica».

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      PERANTONI, D'ORSO, MARTINCIGLIO e VILLANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          l'accesso ai dati amministrativi relativi ai centri di accoglienza presenti in Italia è stato fino a oggi sostanzialmente precluso, sia agli organi di stampa, sia agli istituti di ricerca che alla società civile. La trasparenza e la condivisione dei dati da parte delle istituzioni ha una fondamentale valenza pubblica, sia a fini comunicativi che in un'ottica di programmazione degli interventi;

          mappare la distribuzione e la tipologia delle strutture di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati sul territorio nazionale, sapere chi sono i gestori dei centri, conoscere la capienza, le presenze, la procedura di affidamento del contratto, le spese sostenute, significa sapere anzitutto a chi sono assegnate ingenti risorse per la gestione di un servizio pubblico. Si tratta di informazioni essenziali anche al fine ricostruire il funzionamento del sistema di accoglienza e valutare oculatamente i diversi modelli;

          per la pianificazione di politiche efficaci è necessaria, infatti, un'analisi seria, basata su dati concreti di cui il diritto d'accesso costituisce un imprescindibile presupposto;

          tuttavia, i dati forniti dal Ministero dell'interno sono incompleti e disomogenei e non consentono di fornire un quadro completo del sistema di accoglienza. Attualmente, l'unica fonte pubblica dove è possibile reperire alcune informazioni è la Relazione annuale dello stesso Ministero al Parlamento sul funzionamento del sistema di accoglienza;

          a seguito di un ricorso presentato dalla fondazione Openpolis e da ActionAid, un'importante sentenza del Tar Lazio, pubblicata il 29 aprile 2020, ha riconosciuto, confermandolo, il diritto di accedere ai dati sui centri di accoglienza. Un precedente importante per l'affermazione del generale diritto di accesso agli atti della pubblica amministrazione;

          ed invero, il cosiddetto Foia (Freedom of information act) consente a chiunque di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli per i quali già vige un obbligo di pubblicazione. E ciò senza dover dimostrare l'esistenza di un interesse attuale e concreto, né di motivare la richiesta, al solo fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico;

          una maggiore trasparenza e un diritto di accesso ai dati di interesse collettivo pienamente ed effettivamente rispettato sono di fondamentale importanza nel contrasto alla sempre attuale strumentalizzazione delle politiche migratorie –:

          quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per adempiere alle prescrizioni della sentenza del Tar del Lazio di cui in premessa, al fine di garantire un controllo civico dell'operato della pubblica amministrazione per politiche maggiormente efficaci e lungimiranti.
(4-05868)


      SAPIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          in un articolo del 5 febbraio 2020 su Quotidiano Sanità, si obiettava, con riferimento alla Calabria, l'applicazione del dissesto alle aziende della salute, ritenendolo illegittimo;

          ivi si paventava il conseguente scenario per cui «tutti gli erogatori di prestazioni da rendere all'utenza in regime di convenzionamento (farmacie) e/o accreditamento/contratto (prevalentemente, diagnostica chimico-clinica e per immagini, ospedaliera privata e specialistica) avranno non pochi problemi a percepire i saldi dei loro arretrati, impedendo così agli stessi – sempreché non riescano nel frattempo a fallire – di garantire ogni prosieguo assistenziale con conseguente impossibilità della popolazione ad esigere i relativi Lea»;

          in un articolo di Pablo Petrasso, pubblicato su Corriere della Calabria il 27 maggio 2020, si informa che il commissario per il Piano di rientro dal disavanzo sanitario calabrese, Saverio Cotticelli, ha respinto «la proposta di dissesto finanziario presentata dalla commissione straordinaria che guida l'Asp di Reggio Calabria» in seguito al suo scioglimento per infiltrazioni mafiose;

          da molto tempo l'Asp suddetta presenta gravissime condizioni di bilancio e di gestione, tali da non garantire affatto il diritto alla salute, come tra gli altri ha ribadito anche in tv il sindacalista della Uil Nuccio Azzarà;

          nello stesso articolo si legge che «le delibere che propongono il default sono, tra l'altro, oggetto di un ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale, il cui esito – per quanto specificato dal commissario Cotticelli – potrebbe influire sulle determinazioni da assumere»;

          il «no» al dissesto, ivi è precisato, «nasce da un'analisi delle cause che lo motiverebbero, cioè “l'inidoneità dell'ente a svolgere le funzioni e a erogare i servizi indispensabili” e “il suo stato di insolvenza finanziaria, dunque l'esistenza di debiti liquidi ed esigibili cui non possa validamente farsi fronte né con la delibera di riequilibrio né con quella di riconoscimento dei debiti fuori bilancio”»;

          nell'articolo si riporta che il commissario Cotticelli ha scritto che «l'Azienda sanitaria nella sua specificità deve garantire l'erogazione dei servizi essenziali», che a riguardo «la Regione assicura i trasferimenti correnti» e che l'azienda in predicato, tra l'altro, «è stata beneficiaria di ulteriori rimesse straordinarie» e addirittura «dell'accesso all'anticipazione di liquidità concessa da Cassa Depositi e Prestiti per cui ha richiesto un importo di 30,6 milioni a fronte di una disponibilità di 43,3 milioni»;

          ancora, nell'articolo si legge, a proposito dell'Asp reggina, che «l'insolvenza finanziaria è riconducibile all'esistenza e certezza di debiti liquidi ed esigibili che (...) che ad oggi l'Azienda non riesce a quantificare»;

          nell'articolo ci sono anche riferimenti al debito aziendale che, secondo l'ultima nota della commissione straordinaria, protocollata il 31 gennaio 2020, è di circa un miliardo di euro, rispetto a cui «gli accantonamenti rilevati a Fondo rischi dall'Azienda a oggi non risultano adeguati»;

          inoltre il commissario Cotticelli ha chiesto di specificare il dettaglio della cifra, ma in alcuni casi senza ottenere risposta;

          sempre secondo il suddetto commissario, «la dichiarazione di dissesto determinerebbe il blocco dei pagamenti di tutte le posizioni debitorie pregresse, nonché il blocco di tutte le risorse pregresse 2018 e ante da assegnare all'Azienda»;

          infine il commissario ad acta ha chiesto «quali attività sono in corso riguardo alla formale ratifica e/o approvazione dei bilanci d'esercizio degli anni 2013, 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018, la cui adozione non è più procrastinabile e la cui mancanza non consente tra l'altro alla Regione di predisporre e adottare i relativi Bilanci consolidati del Servizio sanitario regionale» –:

          se il Ministro dell'interno non ritenga urgente valutare di adottare iniziative per la sostituzione immediata della commissione straordinaria dell'Asp di Reggio Calabria;

          se non si intendano assumere iniziative, anche di carattere normativo, per sottrarre le aziende pubbliche della salute all'applicazione del dissesto finanziario.
(4-05875)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


      VIZZINI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

          il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020 ha sospeso le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado a causa dell'emergenza Covid-19. Conseguentemente, il Ministero dell'istruzione ha diramato la nota ministeriale n. 279 dell'8 marzo del 2020 che ha stabilito la «necessità di attivare la didattica a distanza al fine di tutelare il diritto costituzionalmente garantito all'istruzione»;

          il testo ministeriale in riferimento alla valutazione degli apprendimenti e alla verifica delle presenze degli studenti accenna a «una varietà di strumenti a disposizione a seconda delle piattaforme utilizzate»;

          a fronte della circolare ministeriale, ma ancor di più, forti della normativa vigente che affida al docente la scelta delle modalità di verifica e valutazione, molti istituti scolastici italiani stanno definendo i processi di verifica e valutazione, tenendo conto degli aspetti peculiari dell'attività didattica a distanza;

          il Ministero dell'istruzione ha rilasciato il 6 aprile 2020 una mini guida «Didattica a distanza e diritti degli studenti» con alcuni suggerimenti e attività pratiche da utilizzare nella didattica a distanza; questa guida non aggiunge nessuna modalità operativa per la valutazione degli studenti nella didattica a distanza;

          il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, decreto «Cura Italia», all'articolo 87, comma 3-ter, ha equiparato il periodo scolastico effettuato con la didattica a distanza a quello tradizionale specificando che «La valutazione degli apprendimenti, periodica e finale, oggetto dell'attività didattica svolta in presenza o svolta a distanza a seguito dell'emergenza da COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, e comunque per l'anno scolastico 2019/2020, produce gli stessi effetti delle attività previste per le istituzioni scolastiche del primo ciclo dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62, e per le istituzioni scolastiche del secondo ciclo dall'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122, e dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62»;

          il Ministero, con la già citata nota n. 279 dell'8 marzo 2020, ha sottolineato come «la normativa vigente (decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2009, decreto legislativo n. 62 del 2017), al di là dei momenti formalizzati relativi agli scrutini e agli esami di Stato, lascia la dimensione docimologica ai docenti, senza istruire particolari protocolli che sono più fonte di tradizione che normativa». Inoltre, lo stesso Ministero, con l'ordinanza n. 11 del 16 maggio 2020, ha demandato ai collegi dei docenti l'onere di aggiornare gli obiettivi formativi per ogni materia con i conseguenti criteri di valutazione;

          l'associazione Cidi ha espresso pubblicamente la difficoltà per tanti insegnanti di esprimere la propria valutazione degli studenti con voti tradizionali decimali, invitando il Ministero ad una moratoria delle votazioni numeriche per le classi di passaggio –:

          se il Ministro ritenga sia il caso, per le classi che non concludono cicli scolastici con esami, di adottare iniziative per escludere formalmente l'utilizzo della valutazione degli studenti su scala decimale in favore di un giudizio descrittivo del percorso completato dallo studente, che consideri anche la didattica a distanza, con relativo superamento dell'anno o carenza formativa da colmare a settembre.
(4-05859)


      VIZZINI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

          «quota 100» è stata utilizzata da decine di migliaia di docenti lo scorso anno perché potessero accedere alla pensione in anticipo rispetto ai 67 anni di età anagrafica. Tra questi e quelli che sono arrivati naturalmente alla pensione, sono state registrate oltre 40.000 uscite nel 2019. Per l'anno 2020 i sindacati hanno annunciato circa 26.000 pensionamenti tra gli insegnanti e quasi 8.000 tra il personale Ata. In totale, una voragine di oltre 70.000 posti di lavoro da colmare;

          ogni anno i posti vacanti che il Miur ufficializza sono distribuiti in egual misura tra mobilità e immissioni in ruolo. Il 50 per cento dei posti, quindi, andrà ai trasferimenti, mentre l'altro 50 per cento alle assunzioni; ciò che però si sta determinando in molte province italiane è la sostituzione da parte del Ministero di solo una parte dei posti vacanti;

          si moltiplicano le segnalazioni, tramite le rappresentanze sindacali, della contrazione delle cattedre in molte province italiane;

          per quanto riguarda la regione Toscana, la direzione generale dell'ufficio scolastico regionale ha determinato la dotazione complessiva dell'organico dell'autonomia del personale docente che sarà assegnata alla Toscana per l'anno scolastico 2020/2021, confermando il taglio di 49 cattedre in provincia di Arezzo, 43 cattedre in provincia di Lucca, 41 cattedre in provincia di Pistoia, 35 cattedre a Firenze, 34 cattedre a Massa Carrara, 17 cattedre a Grosseto, per un totale regionale di ben 118 cattedre in meno rispetto alla dotazione dell'anno scolastico 2019/20;

          la Ministra interrogata ha più volte ribadito di voler inaugurare il prossimo anno scolastico, nel mese di settembre, con le lezioni tradizionali in classe. Quest'intenzione, però, si dovrà coniugare con la necessità di distanziamento sociale e imporrà di andare in controtendenza rispetto all'organizzazione scolastica che ha prevalso negli ultimi anni, di riduzione delle classi assegnate alle singole istituzioni scolastiche con conseguente accorpamento delle classi, diventate, in tal modo, affollate;

          la crisi attuale delle scuole paritarie potrebbe diventare una pesante difficoltà per lo Stato: gli studenti di tali istituti, una volta chiusi, si riverseranno nelle scuole pubbliche, con conseguente necessità per queste ultime di un maggior numero di classi e docenti;

          la contrazione dei posti in organico comporta un rischio concreto di incremento delle reggenze –:

          se il Ministro intenda adottare iniziative per rivalutare il taglio programmato delle cattedre che è stato comunicato in tante province italiane, a partire da quelle toscane;

          se intenda adottare le iniziative di competenza affinché l'Ufficio scolastico regionale della Toscana comunichi i criteri utilizzati per la ripartizione dell'organico dell'autonomia per l'anno scolastico 2020/21.
(4-05860)


      SIRAGUSA. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          il 23 marzo 2020, con l'ordinanza n. 182, il Ministro dell'istruzione ha disciplinato la mobilità del personale docente, educativo ed A.t.a., per l'anno scolastico 2020/21. La successiva circolare ministeriale, uscita il 27 dello stesso mese, ha ricordato poi, al personale in servizio all'estero che avesse raggiunto il periodo massimo di permanenza fuori d'Italia (con mandato in scadenza al 31 agosto 2020), che sarà restituito ai ruoli metropolitani a decorrere dal giorno seguente, il 1° settembre 2020;

          purtroppo, la pandemia e la conseguente emergenza sanitaria che, da mesi, vanno affliggendo il globo, rendono assai ardua l'ottemperanza a tale dovere. Sono molte, infatti, le criticità legate al futuro rientro in Italia dei docenti italiani. Come da alcuni di loro stessi rilevato (con lettera inviata, tra gli altri, ai Ministri interrogati, il 16 maggio 2020), è ad oggi difficile, se non impossibile, pianificare il rimpatrio, sia per quel che riguarda il volo, sia per quel che concerne le pratiche concernenti il rientro stesso. Sono questioni, tra l'altro, che nessuno conosce meglio del Ministro Di Maio. Non è secondaria anche un'altra problematicità, quella concernente il trasloco, data l'impossibilità odierna nel trovare una ditta disponibile a riprendere le attività internazionali;

          tutto ciò – come riportato nella menzionata lettera – rende difficoltoso anche il solo «raggiungere la sede per la firma di assunzione in servizio che, come previsto dalla prassi e dalla norma vigente, dovrebbe avvenire entro la mattina del giorno successivo a quella di cessazione, il 1° settembre, direttamente nella propria sede o città di destinazione»;

          a questi problemi logistici, si dirà così, si aggiungono preoccupazioni di altra natura: su tutte, la paura del contagio durante il viaggio –:

          se i Ministri interrogati, dato il contesto eccezionale e lo stato di emergenza sanitaria mondiale, non intendano adottare iniziative per confermare i docenti all'estero in scadenza di mandato per almeno un altro anno ancora, lasciandoli nella loro attuale sede di servizio e, contestualmente, sospendendo i decreti di restituzione ai ruoli metropolitani, così prorogando il loro mandato almeno per l'anno scolastico 2020/21 o, eventualmente – con applicazione dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 64 del 2017 – prevedendo l'utilizzo di assegnazioni temporanee per un anno scolastico.
(4-05861)

POLITICHE GIOVANILI E SPORT

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per le politiche giovanili e lo sport, per sapere – premesso che:

          lo stato di emergenza adottato per il contenimento del contagio da COVID-19 ha messo in ginocchio il mondo dello sport inteso sia come attività svolta a livello agonistico professionistico e dilettantistico che, soprattutto, come attività svolta a livello amatoriale;

          la chiusura degli impianti sportivi, delle palestre, delle piscine ha determinato gravi ripercussioni di natura economica per le società e le associazioni sportive dilettantistiche e per gli enti di promozione sportiva anche alla luce della incerta previsione di una possibile riapertura che, per alcune tipologie di impianti, ha potuto aver luogo in questi giorni;

          l'emergenza sanitaria conseguente alla diffusione del COVID-19 e le misure di distanziamento fisico e sociale che sono state adottate richiedono una risposta in grado di adottare un approccio più che mai multidisciplinare, capace di coniugare l'aspetto della tutela della salute pubblica con lo svolgimento delle normali attività produttive e con una particolare attenzione per il benessere psico-fisico dei cittadini anche nell'ambito della pratica sportiva;

          è questo il momento di piegare l'emergenza e trasformarla in occasione da cogliere per introdurre nel sistema sportivo, soprattutto per quanto riguarda l'abbattimento delle barriere architettoniche, una maggiore attenzione e una rivoluzione culturale che trovi espressione innanzitutto negli spazi che dovranno accogliere cittadini di qualsiasi età e in qualsiasi condizione fisica;

          è necessario tener conto che le conseguenze dell'emergenza hanno avuto ripercussioni anche sui grandi eventi sportivi – alcuni dei quali richiamano non solo atleti professionisti ma anche atleti dilettanti e amatoriali – sottraendo così ai cittadini la possibilità di partecipare e sostenere lo sport non solo in qualità di atleti ma anche come spettatori, contribuendo in tale ruolo a far palpitare il grande cuore dello sport italiano;

          cogliere l'occasione e piegare in positivo un momento di crisi vuol dire anche prevedere interventi sugli impianti sportivi al fine di renderli realmente accessibili a tutti e a tutte, e quindi fruibili anche ai cittadini con disabilità che vogliono praticare un'attività sportiva a qualsiasi livello;

          se gli impianti sono più accessibili e riqualificati in tal senso sarà maggiore, per le società dilettantistiche e le federazioni, lo stimolo ad organizzare meeting ed eventi nazionali e internazionali che porteranno risorse all'economia italiana e potranno rilanciare il turismo sportivo, rappresentando in tal modo una grande opportunità soprattutto in questo delicato momento di crisi;

          gli impianti riqualificati potranno diventare strumenti preziosi per incrementare i campi estivi in cui bambini e ragazzi possono socializzare e svolgere attività ludico-motorie, che è una pratica importante ancora di più per coloro che hanno una disabilità;

          l'attività sportiva assume un importante ruolo sociale ed educativo e dispiega i suoi benefici sulla salute e sul benessere psico-fisico dei cittadini tanto più in questa era digitale in cui si è spinti ad assumere stili di vita più sedentari –:

          se non ritenga urgente e necessario adottare iniziative volte a destinare risorse per interventi specifici negli impianti sportivi finalizzati al riammodernamento delle strutture, con particolare attenzione per l'abbattimento delle barriere architettoniche, al fine di permettere realmente ai cittadini di praticare un'attività sportiva, per favorire la diffusione dello sport di base, affinché possa essere garantita l'accessibilità per tutti, anche per rilanciare un'immagine nuova degli impianti, affinché lo sport sia realmente per tutti e per assicurare un futuro allo sport italiano.
(2-00822) «Versace, Aprea, Casciello, Marin, Palmieri, Saccani Jotti, Vietina, Barelli, Pella, Angelucci, Bartolozzi, Battilocchio, Biancofiore, Bond, Brambilla, Calabria, Cannizzaro, Carfagna, Costa, Dall'Osso, Marrocco, Milanato, Novelli, Rotondi, Ruffino, Ruggieri, Paolo Russo, Sarro, Sandra Savino, Cosimo Sibilia, Siracusano, Sisto, Spena».

SALUTE

Interpellanza:


      La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

          i medici di continuità assistenziale possono essere a tempo indeterminato o a tempo determinato;

          per gli incarichi a tempo indeterminato il regime fiscale da tempo applicato è quello dell'articolo 49 del Tuir (quello dei subordinati). Per gli incarichi a tempo determinato il problema si è posto recentemente per gli indubbi vantaggi fiscali del regime forfettario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge n. 190 del 2014, valevole per i lavoratori autonomi;

          dopo l'introduzione di tale nuovo regime, in molte regioni si è ritenuto di applicare tale regime previsto per il lavoro autonomo, ai titolari di questi incarichi provvisori o di sostituzione, determinando un netto finale mensile ben superiore a quello dei titolari a tempo indeterminato di circa cinquecento euro. Se l'emolumento mensile medio netto è di circa 2.500 euro, con il regime forfettario più vantaggioso, la riduzione dovuta al cambio di regime fiscale è drastica, soprattutto per chi ha da poco iniziato la professione medica;

          a tale regime fiscale hanno fatto riferimento quasi tutti i giovani medici al momento dell'accettazione dei primi incarichi professionali provvisori e di sostituzione nei servizi di continuità assistenziale;

          ora a distanza di parecchi mesi è stata posta in dubbio, da parte delle aziende sanitarie, la possibilità di applicare tale regime forfettario a questa categoria di medici precari ed in maniera non omogenea sul territorio italiano sono state adottate le più diverse soluzioni. In molte Asl è scelto di chiedere pareri esterni e qualcuna ha fatto interpello all'Agenzia delle entrate;

          giova ricordare che il medico di continuità assistenziale non è assunto come dipendente ma come medico convenzionato; non ha diritto a malattia, ferie remunerate e Tfr e versa i propri contributi all'Enpam. Quindi giuridicamente non è inquadrato come lavoratore subordinato;

          a ciò si aggiunga che le trattative in corso sul rinnovo dell'Accordo collettivo nazionale di categoria portano ad un ruolo unico, in cui confluiranno sia i medici di assistenza primaria (i cosiddetti medici di famiglia o di base) sia i medici di continuità assistenziale, come prevede già il cosiddetto decreto Balduzzi. Quindi eventuali differenze, dal punto di vista fiscale, avrebbero poche motivazioni per continuare a sussistere. Infatti, i medici di famiglia sono considerati pacificamente, da tempo, lavoratori autonomi, anche dal punto di vista fiscale;

          tuttavia, l'Agenzia delle entrate, quando è stata interpellata in passato, ha sempre ritenuto applicabile ai medici di continuità assistenziale il trattamento fiscale dei subordinati. Ora il problema è divenuto di nuovo attuale, perché i vecchi pareri o risposte o consulenze riguardavano le norme fiscali antecedenti il nuovo regime forfettario per cui molte Asl hanno riconosciuto tale regime a chi lo chiedeva, in assenza di chiarimenti specifici e probabilmente ritenendolo vantaggioso per attirare medici nel proprio territorio;

          tuttavia, pare che le prime risposte pervenute siano negative e quindi suggeriscano di applicare il regime fiscale degli incaricati a tempo indeterminato e cioè, quello dei subordinati. In realtà, non solo continuano a permanere dubbi sull'applicazione di tale regime agli incaricati a tempo indeterminato, ma diventano più forti nel caso di incarico provvisorio o per sostituzione, per sua natura precario e privo di quelle tutele e di quei vincoli tipici della subordinazione;

          le conseguenze economiche di tali posizione dell'Agenzia delle entrate sono impattanti per i bilanci economici di questi giovani medici, magari al primo incarico e magari in ruoli a rischio in prima linea con il Covid-19. A breve dovranno restituire le maggiori somme percepite con il paradosso di vedersi azzerati completamente i prossimi pagamenti mensili –:

          se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative per scongiurare l'instaurarsi di contenziosi in materia, in caso di richiesta di restituzione di somme versate, e/o per agevolare dal punto di vista fiscale questi giovani lavoratori che si rendono disponibili per gli incarichi più scomodi, come quelli a tempo determinato nella continuità assistenziale nelle zone meno appetibili del territorio, introducendo una sanatoria per il passato e prevedendo la qualificazione di detta tipologia di lavoro quale lavoro autonomo dal punto di vista fiscale, almeno per gli incarichi a tempo determinato per il primo triennio lavorativo degli under 30.
(2-00819) «Emanuela Rossini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RIZZETTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          si apprende da un'inchiesta del programma Le Iene che, qualche mese fa, dieci tigri sono partite da Latina con destinazione ufficiale, come approvata dal Ministero della salute, in uno zoo di Daghestan in Russia. Sul punto, sui documenti di viaggio era presente il timbro dell'Asl di Latina, che autorizzava un viaggio previsto di 21 ore. Mentre, solo per arrivare a Terespol, ossia al confine fra Polonia e Bielorussia, il camion ci ha impiegato ben 46 ore, pur trovandosi solo a metà del viaggio. Ed è proprio al confine tra Polonia e Bielorussia che, in assenza di un documento, il camion è stato fermato e rimandato in Polonia;

          le autorità locali che hanno effettuato i controlli, hanno verificato che le tigri erano trasportate in condizioni illegali: le gabbie erano talmente piccole e ammassate che risultava oltre modo complicato provvedere a nutrire e abbeverare gli animali. Difatti, una delle tigri è stata rinvenuta senza vita e le altre erano ai limiti della sopravvivenza. Pertanto, sono stati arrestati e poi rilasciati i due camionisti italiani, nonché il rappresentante dello zoo in Russia, giunto in Polonia per cercare di prendere possesso delle tigri;

          stando a quanto ha confermato il procuratore capo di Latina, dall'Italia è arrivato sul luogo del sequestro anche un veterinario dell'Asl per consegnare il documento mancante, necessario per far proseguire il viaggio degli animali. Fatto, a parere dell'interrogante, di per sé ambiguo ed incomprensibile;

          la procura di Latina ha aperto un'indagine, dopo la denuncia «per maltrattamenti» della Lav, ma il caso è stato archiviato, per mancanza di prove. A tale archiviazione si è opposta la Lav;

          la Polonia ha fatto sequestrare le tigri sopravvissute, che hanno avuto differenti destinazioni: 4 sono state accolte da uno zoo in Polonia e 5 in un santuario in Spagna;

          la vicenda è stata raccontata da una giornalista di TVN24 Poland, che ha riferito che all'indirizzo dello zoo verso il quale erano dirette le tigri ci sarebbe in realtà un negozio di liquori. Pertanto, è emerso che la destinazione autorizzata era fittizia e probabilmente finalizzata a nascondere dei traffici illeciti verso la Cina, dove questi animali selvatici vengono consumati;

          ebbene, ci si chiede come sia possibile che il trasferimento delle tigri sia stato autorizzato dalle autorità italiane competenti;

          l'85 per cento del commercio mondiale di tigri avviene in Europa, perché c'è una grande presenza di circhi, che storicamente scambiano fra loro gli animali. Ma accade che molti animali sono oggetto di traffici illeciti, agevolati dall'assenza di un'adeguata normativa che tutela, in particolare, gli animali nati e cresciuti in cattività;

          tra l'altro, il commercio di questi animali costituisce un potenziale rischio sanitario per le persone. Difatti, gran parte delle epidemie, come quella del COVID-19 (per quanto emerso sino ad oggi), sono nate da zoonosi e si sono diffuse a causa dello sfruttamento degli animali –:

          quali siano, per quanto di competenza, gli orientamenti sui fatti esposti in premessa, considerando che è stato autorizzato il trasporto di 10 tigri per una destinazione fittizia e con modalità che appaiono non conformi alla legge;

          quali siano nello specifico i documenti emessi dagli organi competenti italiani che hanno autorizzato il trasferimento delle tigri e, in particolare, se sia presente l'autorizzazione Cites;

          se risultino elementi, per quanto di competenza, circa la regolarità della procedura secondo la quale sembra che un veterinario dell'Asl si sia recato sul luogo del sequestro delle tigri per fornire un documento mancante e autorizzare la prosecuzione del trasporto delle tigri, nonostante siano state trovate in evidente stato di maltrattamento;

          se e quali iniziative normative intendano adottare per contrastare i traffici illeciti di animali esotici, nati e cresciuti in cattività.
(5-04064)

Interrogazioni a risposta scritta:


      NOVELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il numero dei ricoverati con sintomi nei reparti Covid è in costante decrescita dal 14 aprile 2020;

          il numero dei pazienti ricoverati nelle terapie intensive è in costante calo dal 4 aprile;

          il numero delle persone positive al Sars-Cov-2 in isolamento domiciliare è in costante calo dal 30 aprile;

          il numero totale dei positivi è in costante decrescita dal 20 aprile, pur attestandosi, fatta eccezione per il 18 maggio, sopra le 500 unità;

          accanto a questo allentamento della pressione sulle strutture ospedaliere, nelle ultime settimane la gran parte degli accessi è riconducibile a pazienti con sintomatologia non grave;

          già il 24 aprile 2020 il professor Matteo Bassetti, direttore dell'unità operativa della clinica malattie infettive al Policlinico San Martino di Genova, precisando che non esiste prova scientifica dell'indebolimento del virus, affermava che «la sensazione è che abbia perso forza e quello spirito di aggressione che aveva nella metà del mese di marzo»;

          il 7 maggio il professor Giorgio Remuzzi, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, ha affermato che «i malati di adesso sono completamente diversi da quelli di tre o quattro settimane fa»;

          il 17 maggio il professor Alberto Zangrillo, direttore dell'unità di anestesia e rianimazione dell'ospedale San Raffaele di Milano, ha affermato che nel reparto da lui diretto «negli ultimi 21 giorni non è morto, fortunatamente, alcun paziente proveniente dall'esterno», aggiungendo che «quelli che stiamo osservando sono dei quadri clinici assolutamente definiti lievi. Per esempio, negli ultimi cinque giorni abbiamo ricoverato tre pazienti provenienti dall'esterno che sono in un reparto di normale degenza»;

          il 21 maggio 2020 il professor Francesco Le Foche, primario di immuno-infettivologia al day hospital del Policlinico Umberto I di Roma, mettendo in evidenza la riduzione degli accessi al Dea, ha affermato che «sempre più pazienti hanno una sindrome meno importante di quelle che abbiamo visto nei primi due mesi, quindi abbiamo avuto una riduzione netta di persone che hanno avuto bisogno della terapia intensiva e quelli che vediamo sono casi meno gravi», puntualizzando che secondo i virologi il virus non è mutato, ma che «una serie di concause portano a questi dati»;

          a smentire l'ipotesi di indebolimento del virus è, ad esempio, il professor Mauro Crisanti che il 22 maggio ha ricondotto la riduzione dei casi gravi all'uso delle mascherine, poiché «se uno si infetta con molti virus o con pochi, si ha un decorso completamente diverso»;

          il professor Massimo Galli, direttore del reparto di Malattie infettive all'ospedale Sacco di Milano, ha affermato che «la situazione è cambiata perché gli anziani e i più fragili rimasti superstiti dopo la prima ondata si sono chiusi in casa in condizioni di massima sicurezza. Ma dire che il virus si sia rabbonito mi sembra fuori da ogni logica. Non ci sono evidenze scientifiche per dire che il virus ora è meno cattivo di prima» –:

          quanti pazienti positivi al Sars-CoV-2 siano stati ricoverati negli ospedali di ciascuna regione o provincia autonoma per ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020;

          quanti di questi siano stati ricoverati nei reparti di terapia intensiva;

          a quanti dei pazienti deceduti nel mese di maggio 2020 sia stato diagnosticato il Sars-CoV-2 nello stesso mese;

          se l'Istituto superiore di sanità o altri soggetti abbiano avanzato ipotesi circa la riduzione degli accessi ospedalieri.
(4-05866)


      ROTTA, ZARDINI e DE MENECH. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          da organi di stampa si apprende la notizia che, all'Istituto «Luigi Configliachi» di Padova, che assiste anziani autosufficienti e non autosufficienti che necessitano di assistenza continua o di accoglienza in una struttura protetta, è stata recapitata da parte dell'Azienda Zero una fattura di 7.000 euro per una prima serie di 140 tamponi effettuati agli ospiti della casa di riposo per identificare gli eventuali positivi al COVID-19 presenti nella struttura;

          in tutto presso la casa di riposo Configliachi, sarebbero stati fatti circa un migliaio di tamponi per cui il conto potrebbe salire ulteriormente arrivando nelle peggiori delle ipotesi a 50.000 euro;

          ovviamente si tratta di una spesa inattesa per l'istituto che ha fatto fare i tamponi almeno due volte a tutti gli ospiti;

          l'istituto, almeno fino ad oggi, è l'unico che si è visto recapitare la fattura per i tamponi effettuati e, durante l'esecuzione di questi, nessuno avrebbe avvisato la struttura che i tamponi sarebbero stati a loro spese;

          è bene precisare che la necessità di fare i tamponi nelle case di riposo, nelle Rsa o comunque nelle comunità dove alloggiano persone anziane, autosufficienti e non autosufficienti, nasce dall'evidenza di evitare che il virus si diffonda ulteriormente e, quindi, è da considerarsi come se fosse un servizio pubblico;

          inoltre, l'azienda sanitaria, a fine aprile, aggiornando il numero dei morti nelle 37 case di riposo residenziali site nel territorio padovano e oggetto del monitoraggio da parte dell'azienda, ha evidenziato che le persone decedute in seguito al contagio da COVID-19 sono state 123 e, calcolando che in tutto il territorio dell'Usl 6 ci sono 4.800 anziani in casa di riposo, la percentuale dei decessi è del 2,6 per cento, mentre la percentuale degli anziani morti rispetto al totale dei contagiati sale, invece, al 18 per cento;

          secondo l'ultimo aggiornamento dell'azienda sanitaria di Padova è emerso che il 62 per cento delle strutture residenziali padovane è estraneo al COVID-19. Su 37 strutture censite, ben 23 sono quelle totalmente libere dal virus: 2.660 ospiti su 4.800;

          da tali dati si evince che, ad oggi, la stragrande maggioranza degli ospiti presso le strutture è in condizione di sicurezza –:

          se, alla luce dei fatti sopraesposti, il Ministro interrogato non ritenga doveroso adottare iniziative per quanto di competenza e in coordinamento con le regioni, affinché le strutture che ospitano persone anziane autosufficienti e non autosufficienti, disabili o comunque persone fragili non si vedano più recapitare i conti dei tamponi effettuati ai propri ospiti e che quindi tali spese rimangano a carico delle Asl di appartenenza, visto che tale attività deve essere considerata come un servizio pubblico essenziale e necessario ad evitare il propagarsi del virus COVID-19, specialmente tra quelle persone che, per età o per patologie, sono soggetti maggiormente a rischio.
(4-05870)


      BALDINI, DALL'OSSO e FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          secondo i dati diffusi dall'Associazione italiana difesa degli animali e ambiente, nel febbraio 2020 in Italia, ogni 12 minuti circa, un cane viene torturato ed, ogni giorno, sono circa 120 i cani torturati, che spesso muoiono a seguito delle sevizie subite. Il fenomeno della tortura degli animali ha subito una drammatica amplificazione a seguito della diffusione dei social network tra le cui pagine, i fautori dei delitti si mostrano in flagranza di reato, assolutamente ignari e inconsapevoli della gravità del gesto e del dolore ad esso correlato;

          l'elemento che desta maggiore sconcerto si colloca nella fascia di età che maggiormente è coinvolta nei reati citati: stando ai dati suesposti, la maggior parte delle aggressioni efferate è compiuta da ragazzi tra i 10 e i 14 anni, a conferma di quanto l'educazione e la consapevolezza della dignità di ogni essere vivente siano condizioni inderogabili affinché si possa strutturare una cultura del rispetto che soprattutto nelle giovani generazioni sembra evidentemente mancare;

          si evidenzia pertanto l'urgenza di definire le condizioni per salvaguardare, rafforzare e promuovere la cultura del rispetto verso gli animali, attraverso un irrigidimento del sistema sanzionatorio, nell'auspicio che possa rappresentare dapprima un deterrente e sul medio-lungo periodo una premessa indispensabile per una emancipazione culturale e sociale in materia di rispetto verso gli altri esseri viventi;

          la tortura verso gli animali non si palesa esclusivamente in atti oggettivamente violenti, ma anche in interventi di tipo tecnico-scientifico finalizzato ad «affinare» taluni tratti morfologici della razza per ragioni afferenti esclusivamente il business correlato al mercato e che di contro comportano un deterioramento vistoso e graduale dello stato di salute dell'animale costretto a compromissioni di salute che talvolta lo conducono alla morte;

          il caso delle razze di cani brachicefali appare quello maggiormente eloquente: alcune razze di cane tra cui i carlini ed i bulldog sono caratterizzati da una anomalia cranica con una notevole larghezza del muso, con alterazione delle canne nasali e conseguenti difficoltà respiratorie che comportano riverberi a livello sistemico;

          la cosiddetta eugenetica canina rappresenta una vera e propria piaga, deplorevole quanto silente, intorno alla quale è andato strutturandosi il business delle razze canine, i cui standard morfologici sono declinati alle istanze di un mercato costantemente in evoluzione e totalmente distanti dalle esigenze di salute e di salvaguardia del benessere animale;

          malgrado l'articolo 10 della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia abbia previsto l'esplicito divieto di interventi anche di natura estetica, non è stata annoverata l'eugenetica nella fattispecie degli interventi chirurgici destinati a modificare l'aspetto di un animale da compagnia, o finalizzati ad altri scopi non curativi pertanto vietati, malgrado l'evidente assimilazione di tale fattispecie a quella sanzionata –:

          se non si ritenga opportuno adottare iniziative normative volte ad introdurre il reato di tortura verso gli animali e nel contempo prevedere delle aggravanti in caso di lesioni o di morte dell'animale e se non si ritenga auspicabile adottare iniziative in materia di eugenetica animale per finalità estetiche, prevedendo eventualmente il divieto di alterazione genetica delle razze canine finalizzata a migliorarne gli standard estetici della singola razza solo qualora comprometta la qualità della vita, la salute ed il benessere dei cani.
(4-05872)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


      PEZZOPANE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          l'emergenza sanitaria in corso ha mostrato tutta la fragilità del nostro Paese nel vincere le storiche sfide del digital divide. I divari risultano essere sempre più forti e gli enti locali chiedono ormai da anni strategie e risorse per affrontarli;

          tre sono le sfere del divario digitale tra aree urbane e zone rurali e montane del Paese. La prima, relativa alla rete mobile con oltre 1.200 comuni nei quali si registrano difficoltà nei segnali ed è impossibile connettersi a internet da smartphone. La seconda, quello della televisione, con 5 milioni di italiani che non riescono a vedere i canali del servizio pubblico. Grazie ai moltissimi comuni, unioni e comunità montane che gestiscono e posseggono ripetitori televisivi, si riesce a far arrivare il segnale in oltre il 60 per cento del territorio del Paese. La terza, è la mancanza di adeguate reti per i dati e per l'accesso ad alta velocità e internet, ma la rete è ancora preclusa per moltissimi territori;

          il ritardo del Piano «Bul» è gravissimo, occorrono precisi interventi per sbloccarlo, non guardandolo isolato dalle altre «sfere» del divario di cui sopra. Ora più che mai è giunta l'ora di dare una svolta al Piano «Bul», a chiederlo sono le pubbliche amministrazioni, le scuole, le università, le aziende, i lavoratori ma anche le famiglie che oggi necessitano di tutelare la salute con telemedicina e teleassistenza;

          Uncem ritiene che siano necessarie azione e strategia per sbloccare il piano nazionale banda ultralarga attraverso diverse azioni: realizzazione dei Pcn, stesura della fibra su tralicci già esistenti e utilizzo in convenzione di altre infrastrutture interrate, potenziamento della fibra con sistemi Pwa, risolvere il conflitto di una sola rete pubblica o di più reti infrastrutturali del Paese, raggiungere tutte le abitazioni attraverso segnali su fibra o wireless, definire una strategia nazionale digitale per la montagna, come previsto dalla legge n. 158 del 2017 sui comuni, promuovere un programma immediato di voucher; definire i tempi di intervento del Piano «Bul», perché non si concluda nel 2023;

          avviare infine un piano per attuare l'Agenda digitale per le zone montane rurali e interne del Paese;

          serve coesione, si deve definire un piano strutturale al quale ogni sindaco possa contribuire con precise indicazioni rispetto al proprio comune, fatto di un centro ma anche di borghi e frazioni che non devono essere penalizzate;

          il tema della connettività è strategico per migliaia di comuni; grazie a sistemi efficaci e veloci, molto competitivi, si possono ridurre sperequazioni territoriali, limitare disuguaglianze e permettere agli enti locali, alle imprese, a tutti i cittadini di accedere a servizi digitali che oggi sono preclusi –:

          quali siano le iniziative urgenti che il Ministro interrogato intende adottare, per l'attuazione del Piano nazionale banda ultralarga e il superamento del digital divide, per una vera infrastrutturazione volta alla digitalizzazione del Paese intero, senza lasciare indietro nessuno.
(4-05865)


      GIANNONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          a partire dal 18 maggio 2020 numerose attività commerciali, rimaste chiuse a causa del lockdown, hanno riaperto. Purtroppo, però, diverse associazioni di consumatori hanno denunciato una cattiva prassi perpetrata da diversi esercenti nei confronti dei consumatori. Con l'avvio della fase due è nata, infatti, quella che è stata già battezzata da diversi media come la «tassa COVID-19». Un extra da pagare, dai due ai quattro euro, che appare chiaramente sugli scontrini insieme alle altre voci. Una tassa che viene applicata, si legge, dagli esercenti ai propri clienti e inserita direttamente come sovraprezzo nello scontrino per finanziare i costi sostenuti dagli esercizi commerciali a causa del coronavirus. A denunciarlo anche il Codacons, che da giorni sta ricevendo segnalazioni dei consumatori circa rincari applicati dagli esercenti;

          «Numerosi consumatori hanno denunciato al Codacons un sovraprezzo, mediamente dai 2 ai 4 euro, applicato in particolare da parrucchieri e centri estetici ai propri clienti – così il presidente Carlo Rienzi –. Un balzello inserito in scontrino con la voce “Covid” e che sarebbe imposto come contributo obbligatorio per sostenere le spese degli esercenti per sanificazione e messa in sicurezza dei locali». Secondo il Codacons, sono stati registrati anche casi di centri estetici che obbligano i clienti ad acquistare in loco un kit monouso costituito da kimono e ciabattine al prezzo di 10 euro per sottoporsi ai trattamenti richiesti. Un vero e proprio «far west illegale che potrebbe configurare il reato di truffa, e contro cui il Codacons presenta una denuncia alla Guardia di Finanza e all'Antitrust, fornendo tutte le segnalazioni ricevute al riguardo, affinché si avviino le dovute indagini sul territorio», aggiunge l'associazione dei consumatori;

          la prassi della «tassa Covid» è stata denunciata anche dall'Unione nazionale consumatori: «Alcuni consumatori ci hanno segnalato una novità. Alcuni centri estetici e parrucchieri avrebbero introdotto un contributo extra, una sorta di tassa di solidarietà per le varie spese aggiuntive, come quelle di sanificazione. Per ora si tratta di singoli casi isolati. Li invitiamo, comunque, a ripensarci spontaneamente. Ci sono, infatti, forti dubbi sulla legittimità di una tale pratica, anche nel caso la “sovratassa” fosse segnalata in modo chiaro e trasparente, considerato che il consumatore deve pagare per il servizio reso, non dare contributi per le spese sostenute, salvo siano su base volontaria», ha spiegato il presidente Massimiliano Dona;

          notizie di rincari in questi giorni non riguardano solo centri estetici e parrucchieri che, sempre in base alle segnalazioni raccolte dal Codacons, hanno aumentato i prezzi per shampoo, messa in piega, taglio, e altri trattamenti. Secondo le associazioni dei consumatori in testa alla classifica dei rincari ci sono i bar, con molti esercenti che hanno ritoccato al rialzo il prezzo di caffè e cappuccino;

          sono molte le segnalazioni, da Castelnuovo di Asola, nel Mantovano, a Castelvetrano, nel Trapanese, da Milano a Roma, da Bordighera a Genova, da Castagnole di Paese a Catania, spiega ancora Zerbi. Il presidente di Consumatori.it, parla poi di «aumenti opachi» e racconta di dentisti e studi medici che stanno mettendo in carico ai pazienti 10 euro per i dispositivi di sicurezza obbligatori. Aggiunge: «Oggi si paga volentieri un caffè un euro e venti o un cappuccino un euro e 40, perché si capisce la situazione. Il problema è se questi incrementi diventano strutturali e non durano soltanto un mese e mezzo» –:

          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non sia opportuno avviare immediati controlli, per quanto di competenza, su tali fenomeni speculativi;

          se non intenda segnalare tali dinamiche all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, promuovere ispezioni della Guardia di finanza ed avviare ogni utile iniziativa di competenza.
(4-05871)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


      DORI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          il decreto legislativo n. 59 del 2017 ha riordinato, adeguato e semplificato il sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria;

          l'articolo 5 del predetto decreto legislativo, nel prevedere i requisiti di accesso ai concorsi per posti di docente nella scuola secondaria di primo e secondo grado, limita l'accesso a coloro che posseggono, congiuntamente al titolo di studio universitario o accademico previsto dalla normativa in materia di classi di concorso, anche 24 crediti formativi universitari o accademici nelle discipline antropo-psico-pedagogici e nelle metodologie didattiche;

          i crediti possono essere conseguiti: rivolgendosi alle università o agli enti Afam (Alta formazione artistica, musicale e coreutica) presso cui risultano istituti appositi corsi dedicati a tali ambiti disciplinari; tramite il riconoscimento dei crediti già acquisiti nei propri percorsi di studio universitario con esami curriculari, esami aggiuntivi, master, dottorati di ricerca e scuole di specializzazione; frequentando un semestre aggiuntivo rispetto al proprio percorso di studi ordinario, senza costi ulteriori di tasse universitarie, per i laureandi; in modalità telematica presso gli enti autorizzati;

          pertanto, il candidato che, al fine di partecipare alle selezioni pubbliche, abbia la necessità di acquisire detti crediti, in tutto o in parte, può farlo sostenendo esami integrativi. Con la precisazione che i laureandi possono sostenere gli esami mancanti gratuitamente, perché dispongono di un semestre formativo ulteriore e a condizione che l'ateneo o l'ente di appartenenza abbia attivato i canali formativi adeguati, mentre chi è già laureato può farlo a titolo oneroso, seppur con specifiche riduzioni previste in proporzione al reddito e al numero di crediti da conseguire;

          il riconoscimento dei crediti non è automatico. Essi devono essere accertati dall'ateneo o dall'ente presso cui sono stati conseguiti, a cui occorre inoltrare una istanza per il rilascio della pertinente «Certificazione di conformità degli obiettivi formativi e contenuti didattici»;

          in considerazione dell'attuale situazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 e dei conseguenti provvedimenti adottati a livello nazionale, numerose università ed enti hanno sospeso l'attivazione dei corsi formativi, nonché lo svolgimento delle lezioni già programmate e i previsti esami;

          allo stesso tempo, alcuni atenei hanno sospeso il servizio di richiesta e di rilascio delle certificazioni di conformità dei crediti già conseguiti durante il proprio percorso di laurea;

          il 28 aprile 2020 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 34 il bando di concorso scuola 2020 ordinario per laureati con 24 crediti formativi universitari (Cfu) che, indetto dal Ministero dell'istruzione unitamente ad altri bandi di concorso per docenti, come quello straordinario e per l'infanzia e la primaria, mira a ricoprire migliaia di posti vacanti per le cattedre italiane;

          i 24 crediti devono essere stati conseguiti, e di conseguenza certificati, alla data di scadenza di presentazione delle domande per la partecipazione al reclutamento;

          attualmente numerosi aspiranti si trovano nella difficoltà sia di poter conseguire i crediti, sia di poterli certificare;

          la grave situazione determinatasi a seguito della crisi pandemica da COVID-19, che ha causato la sospensione della didattica e delle correlate attività amministrative, rischia di pregiudicare, a livello nazionale, il diritto dei candidati a partecipare alle procedure selettive pubbliche per l'insegnamento –:

          quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per consentire agli aspiranti docenti di conseguire i 24 Cfu mediante l'attivazione dei percorsi formativi necessari per svolgere la didattica e sostenere gli esami, nonché di ottenere tempestivamente la certificazione di conformità dei 24 Cfu già acquisiti.
(4-05864)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta scritta Maccanti e altri n. 4-05715, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Colmellere.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Mazzetti n. 2-00740 del 15 aprile 2020.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Grippa e altri n. 4-05520 del 6 maggio 2020 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04063.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


      BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          è ormai nota l'agghiacciante vicenda che vede al centro dell'inchiesta «Angeli e Demoni» per affidamenti illeciti di minori, maltrattamenti, abusi psicologici e fisici ed una serie di altri gravissimi illeciti penali fra i quali frode processuale, depistaggio, abuso d'ufficio, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d'uso, la rete dei servizi sociali della Val d'Enza nel reggiano ed in seguito alla quale 29 persone sono state iscritte nel registro degli indagati e 16 persone, fra le quali il sindaco di Bibbiano, la responsabile dei servizi sociali dell'unione dei comuni della Val d'Enza, una coordinatrice del servizio sociale, un'assistente sociale e due psicoterapeuti della Onlus Hansel&Gretel di Torino, sottoposte agli arresti domiciliari;

          le indagini investigative avrebbero condotto all'individuazione di una vera e propria rete d'affari con un business da centinaia di migliaia di euro che ruoterebbe intorno alla gestione e all'affidamento dei minori in carico ai servizi sociali;

          quanto accaduto sta facendo riemergere inquietanti episodi analoghi alle vicende del reggiano, già denunciati anni fa dall'inchiesta giornalistica denominata «Veleno»;

          in particolare, si vuole portare l'attenzione su un famoso e analogo caso di cronaca che nel 2007 vide protagonisti due genitori reggiani G.F e M.C ai quali fu tolta la figlia in seguito ad una perquisizione per droga, che risulterebbe non essere mai stata trovata, e per la quale, dopo una lunga battaglia legale nel 2017 è stata emessa dal Tribunale dei minori di Bologna la sentenza di adozione;

          secondo quanto dichiarato agli organi di stampa dall'avvocato della famiglia l'assistente sociale che per prima redasse la relazione che causò poi l'allontanamento della bambina sarebbe una delle persone raggiunte dalle misure cautelari emesse all'interno dell'inchiesta «Angeli e Demoni»;

          da quanto risulta all'interrogante sorte analoga toccò ad un'altra minore di Forlì tolta ai genitori e poi data in adozione agli operatori della comunità nella quale era stata alloggiata; anche in questo caso il giudice relatore risulterebbe essere lo stesso giudice del tribunale dei minorenni di Bologna;

          quanto sta emergendo dalle indagini in corso nel reggiano evidenzierebbe drammatiche analogie e similitudini con gli episodi sopra riportati, soprattutto individuerebbe come responsabili della gestione degli affidamenti e delle adozioni anche le persone attualmente indagate e risulterebbero numerose le vicende a tutt'oggi dubbie o poco chiare aventi ad oggetto sentenze di allontanamento o di adozione emesse dal tribunale dei minorenni di Bologna –:

          se sia a conoscenza dei fatti esposti;

          quali iniziative di competenza, in particolare di carattere ispettivo intenda intraprendere, considerato che l'operato del giudice del tribunale dei minorenni richiamato in premessa risulterebbe essere il medesimo in similari casi di sentenze controverse riguardanti affidi e/o adozioni.
(4-03316)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede al Ministro della giustizia se sia a conoscenza dei fatti esposti nel corpo dell'atto di sindacato ispettivo e se siano state adottate iniziative ispettive presso il tribunale per i minorenni di Bologna a seguito delle note vicende di cronaca che hanno interessato la Val d'Enza.
      Va premesso che, nell'esercizio delle prerogative che mi competono, sono state tempestivamente adottate le iniziative ispettive del caso e che attualmente si è in attesa del deposito della relazione amministrativa riguardante il tribunale per i minorenni di Bologna.
      Parallelamente, con decreto del Ministro della giustizia 22 luglio 2019 è stata istituita, presso questo dicastero, la «Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori».
      Essa è nata con lo specifico compito di: effettuare la ricognizione ed il monitoraggio dello stato di attuazione della legislazione vigente in materia di collocamento dei minori in istituti di ricovero e in affidamento eterofamiliare; rilevare profili di criticità della normativa ed esaminare eventuali proposte di modifica della stessa; promuovere la creazione di una banca dati nazionale integrata relativa agli affidi familiari; proporre l'adozione di circolari di armonizzazione e razionalizzazione integrata delle procedure nei diversi settori ordinamentali coinvolti.
      Tale organismo ha completato la prima fase di intervento con la raccolta dei dati e sta per attivare le successive fasi per verificare, altresì, l'esigenza di nuovi percorsi anche normativi ai quali il Ministero è assolutamente favorevole.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


      BIGNAMI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          dal 30 gennaio 2020, ventidue persone di diverse nazionalità, tra cui cinque italiani, componenti l'equipaggio di una nave cargo, la «Grande Nigeria», sono bloccate al porto di Dakar poiché sono stati ritirati loro i passaporti, a seguito del ritrovamento di una cospicua quantità di droga a bordo dell'imbarcazione. L'equipaggio non ha nulla a che vedere con tale faccenda: parte della droga è stata ritrovata addirittura dopo il loro arrivo in Senegal e con la nave già sotto sequestro;

          allo stato attuale, però, nessuno dell'equipaggio può lasciare la nave, sebbene non vi sia alcuna accusa formale a loro carico. In questa situazione i componenti dell'equipaggio si sono ritrovati infatti, dopo il 25 gennaio, a seguito di un ritrovo operato da essi stessi, durante le operazioni di manutenzione, quattro borsoni contenenti 120 chili di cocaina, nascosti nella bocca di aerazione di poppa. La nave, tuttavia, risultava sotto sequestro dal giugno 2019, poiché, già allora, le autorità ritrovarono a bordo 798 chili di cocaina. Il successivo ritrovamento, denunciato peraltro dagli stessi membri dell'equipaggio, ha fatto però scattare il ritiro del passaporto anche per il nuovo equipaggio, cinque italiani (quattro ufficiali e un giovane allievo ufficiale di 19 anni), un rumeno, un bulgaro e quindici filippini;

          va precisato che le 22 persone fanno parte – appunto – di un «nuovo» equipaggio, avvicendatosi a quello precedente e arrivato a Dakar in aereo, quando la nave era già ormeggiata nel porto e già posta sotto sequestro: appare, pertanto, ancor più illogico che queste persone non possano disporre dei propri passaporti e fare rientro a casa: a loro, tra l'altro, non è nemmeno consentito scendere a terra –:

          quali siano le informazioni più recenti in possesso del Governo in merito alla vicenda esposta in premessa;

          quali iniziative il Governo abbia assunto o intenda assumere, per quanto di competenza, per consentire il rientro in Italia dei connazionali.
(4-04905)

      Risposta. — La motonave Grande Nigeria una nave cargo appartenente al gruppo Grimaldi e battente bandiera italiana, è stata fermata dalle autorità doganali senegalesi nella notte del 30 giugno 2019, a seguito del ritrovamento a bordo di 798 chilogrammi di cocaina.
      La droga era nascosta in borsoni posizionati nel bagagliaio di 15 autovetture nuove, spedite dal Brasile, da dove la nave era partita il 15 giugno 2019, e dirette in parte in Ghana e in parte in Germania.
      Contestualmente al sequestro della nave, la polizia senegalese ha disposto il fermo del comandante e successivamente del primo ufficiale entrambi cittadini italiani. Sono inoltre stati fermati due passeggeri tedeschi e alcuni senegalesi.
      L'ambasciata a Dakar, in stretto raccordo con questo Ministero, ha seguito con la massima attenzione la vicenda sin dai primi sviluppi, richiedendo informazioni ufficiali sull'accaduto alle competenti autorità locali, rendendo regolarmente visita ai due connazionali detenuti e interloquendo frequentemente con i loro legali per chiarire gli aspetti giuridici della complessa vicenda, fino al rilascio dei due italiani e al loro successivo rientro in Italia, avvenuto nel novembre 2019.
      Il 28 gennaio 2020, a bordo della nave ancora ormeggiata nel porto di Dakar sono stati rinvenuti 4 ulteriori borsoni, contenenti complessivamente 120 chilogrammi di cocaina. A seguito del nuovo ritrovamento, sono stati ritirati i passaporti dei membri del nuovo equipaggio (22 membri, di cui 5 italiani, i restanti filippini), mentre il nuovo comandante non è stato autorizzato a lasciare il Paese per restare a disposizione del procuratore per le indagini.
      L'ambasciata d'Italia a Dakar ha prestato costante assistenza ai connazionali e si è mantenuta in contatto con le competenti autorità senegalesi, sollecitando informazioni ufficiali sulla posizione giuridica dei marinai coinvolti e la riconsegna dei loro passaporti. L'ambasciata ha inoltre seguito l'evolversi della situazione relativa alla posizione giuridica della nave.
      La vicenda ha avuto epilogo positivo il 17 marzo 2020, quando, a seguito di un accordo tra la compagnia di navigazione Grimaldi e le competenti autorità senegalesi, la nave è stata autorizzata a lasciare il porto di Dakar con il suo equipaggio.
      

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


      LUCIANO CANTONE, VILLANI, RIZZO, GRIPPA e SCERRA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          è stata segnalata la possibile posizione di conflittualità del presidente Pietro Agen della camera di commercio del Sud est Sicilia e la violazione di norme sulla trasparenza riguardanti la gestione dell'ente;

          la camera di commercio del Sud est è un ente pubblico dotato di autonomia funzionale che svolge, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, comprendente i territori delle province di Catania, Ragusa e Siracusa, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali;

          la presente interrogazione trova fondamento nell'esistenza di un'attività di monitoraggio svolta dal Codacons e dal giornale Sud Press e nell'interessamento della prefettura di Catania;

          viene segnalata la gestione sia politica che economica della camera di commercio del Sud est Sicilia alla luce di ben individuate problematiche ovvero:

              a) la possibile posizione di conflittualità del presidente, in ordine alla fondatezza di alcune affermazioni rese da Pietro Agen in un'intervista rilasciata al giornale circa l'appartenenza alla loggia massonica del «Grande Oriente d'Italia» di Palazzo Giustiniani dai primi anni ’80 a tutt'oggi, ancorché «messo in sonno»;

              b) gravi criticità amministrative che sarebbero rinvenibili, a giudizio dell'interrogante, nella delibera della giunta camerale del 15 febbraio 2018 n. 25 ed eventuali situazioni di conflitto testimoniate dall'esistenza di lettere di contestazione dei dipendenti preoccupati dalle molteplici e dispendiose iniziative della camera di consiglio a fronte di una gestione amministrativo-contabile che sembrerebbe far insorgere in loro, a quanto consta all'interrogante, il timore di non percepire, a fine mese, lo stipendio;

              c) è stato segnalato che il sito web non riporta dati e documenti che le pubbliche amministrazioni sono obbligate a pubblicare e la consultazione di alcuni provvedimenti sarebbe limitata a brevissimi periodi temporali;

          lo statuto della camera di commercio del Sud est Sicilia che, all'articolo 13, lettera f), stabilisce che non possono far parte del Consiglio «coloro che siano iscritti ad associazioni operanti in modo occulto o clandestino e per la cui adesione siano richiesti un giuramento o una promessa solenne». Tale divieto è ribadito dalla legge regionale n. 4 del 2010 e dall'articolo 13 della legge n. 580 del 1993. L'articolo 13, comma 3, dello statuto, come peraltro stabiliscono le leggi regionale e nazionale sull'ordinamento delle camere di commercio, prevede che «La perdita dei requisiti di cui al comma 1 o la sopravvenienza di una delle situazioni di cui al comma 2, lettere d), e) e f), comportano la decadenza dalla carica di consigliere»;

          occorre assicurare il rispetto della normativa sulla trasparenza ed anticorruzione e una sua concreta e pedissequa applicazione da parte della camera di commercio, sia in ordine alla tenuta e gestione del sito, sia in merito alle spese ed agli interventi anche strategici dalla stessa adottati;

          occorre altresì impedire le riferite inefficienze e azioni sproporzionate e apparentemente immotivate e dispendiose che fanno sì che ad essere fortemente pregiudicate siano le caratteristiche di trasparenza ed efficienza proprie di ogni camera di commercio, specie nei casi in cui le stesse detengano partecipazioni in molti settori strategici (ad esempio aeroporto) –:

          di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e alle criticità segnalate e se intenda adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per assicurare il rispetto delle norme poste a tutela dell'indipendenza ed autonomia delle camere di commercio e impedire che coloro che siano iscritti ad associazioni come quelle sopracitate ricoprano incarichi pubblici di rilevanza i cui ambiti di interesse possano interferire con lo svolgimento dell'attività di ufficio.
(4-04207)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
      Gli interroganti fanno riferimento alla gestione politico-economica della Camera di commercio del sud-est della Sicilia.
      In primo luogo, gli interroganti lamentano la posizione di conflittualità del Presidente, richiamando la sua presunta appartenenza alla loggia massonica del «Grande Oriente d'Italia».
      In premessa si ritiene opportuno ricordare che la Regione siciliana è una regione a statuto speciale che, in materia di regolamentazione delle Camere di commercio, ha adottato la legge regionale 2 marzo 2010, n. 4 recante «Nuovo ordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura», la quale richiama le disposizioni della legge 29 dicembre 1993, n. 580, recante «Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura».
      Ai sensi degli articoli 11 e 16 della citata legge n. 580 del 1993, il presidente della Camera è eletto fra i componenti del consiglio camerale entro trenta giorni dalla nomina del consiglio stesso con la maggioranza dei due terzi dei componenti, mentre ai sensi dell'articolo 12, comma 5, il consiglio camerale è nominato dal Presidente della giunta regionale. I requisiti e le cause ostative alla nomina, sono disposti all'articolo 13, che esclude peraltro gli «iscritti ad associazioni operanti in modo occulto o clandestino e per la cui adesione siano richiesti un giuramento o una promessa solenne».
      Pertanto, è compito delle autorità competenti valutare se l'associazione richiamata dagli interroganti rientri nel novero delle «associazioni operanti in modo occulto o clandestino», e procedere conseguentemente alla revoca del Presidente.
      A tal proposito, faccio presente che la prefettura di Catania, su iniziativa del Codacons, ha individuato nella Regione siciliana la competenza esclusiva in materia di vigilanza e controllo sugli organi camerali (ai sensi degli articoli 12, comma 5, e 13, comma 3, della citata legge n. 580 del 1993), e pertanto ha provveduto a trasmettere in data 27 settembre al Presidente della Regione siciliana e all'assessorato regionale all'economia l'atto di diffida del Codacons relativamente alla nomina del presidente della Camera di commercio del sud-est della Sicilia, per i profili di competenza.
      Inoltre, con nota del 1° novembre 2019, la competente Direzione generale del Ministero dello sviluppo economico, nei limiti della propria competenza, ha chiesto alla Regione siciliana se siano state adottate iniziative relativamente agli aspetti di compatibilità tra la carica di Presidente della Camera di commercio del sud-est della Sicilia e l'appartenenza dello stesso all'associazione GOI.
      Ad oggi, tuttavia, la Regione siciliana non ha fornito risposte.
      Gli interroganti lamentano, inoltre, gravi criticità amministrative, facendo specifico riferimento alla delibera della Giunta camerale del 15 febbraio 2018, n. 25 e alla preoccupazione espressa dai dipendenti in merito alla gestione amministrativo-contabile della Camera di commercio del sud-est della Sicilia.
      Sentita sul punto, la Camera di commercio in questione ha riferito che in data 11 settembre 2019 ha avuto luogo un'assemblea con tutto il personale, in occasione della quale il Presidente ha illustrato i provvedimenti adottati per il trasferimento presso l'Inps delle risorse necessarie per il passaggio, al sistema nazionale, del fondo pensione, opportunamente accantonato nel tempo. La Camera di commercio riferisce, inoltre, di essersi fatta carico di incrementare tali risorse attraverso l'avvio di un percorso di privatizzazione, che ha avuto origine con la privatizzazione della società «S.A.C. Società Aeroporto Catania» S.p.A., di cui la Camera di commercio del sud-est della Sicilia è azionista di maggioranza con il 62,5 per cento delle azioni. La delibera dell'assemblea dei soci della SAC è stata adottata all'unanimità in data 26 marzo 2019.
      Nel corso della citata assemblea dell'11 settembre 2019 il personale ha chiesto che i dipendenti siano costantemente informati per il tramite delle organizzazioni sindacali.
      Relativamente alla citata delibera di Giunta n. 25 del 2018, si precisa che la decisione dell'ente di concedere un contributo di euro 15.000,00 ad una associazione sportiva dilettantistica è stata motiva dalla necessità di concorrere alle spese di organizzazione dell'evento internazionale «Campionati Europei di Sci Alpinismo», coerentemente con le funzioni di sostegno e promozione attribuite alle camere di commercio dalla citata legge n. 580 del 1993.
      Se da un lato la manifestazione mirava, infatti, a far entrare l'Etna tra le grandi mete dello sci alpinismo, dall'altro ha consentito di rivolgere una concreta attenzione ai settori dell'ospitalità, della ristorazione e dell'enogastronomia, in un'ottica di promozione e crescita di un territorio che potrà essere interessato progressivamente da varie forme di attrazione turistica in tutte le stagioni dell'anno.
      Da ultimo, gli interroganti segnalano che il sito
web della Camera di commercio del sud-est della Sicilia non riporta dati e documenti che le pubbliche amministrazioni sono invece obbligate a pubblicare. Sul punto si riferisce che l'ente camerale ha provveduto alla realizzazione e aggiornamento della sezione «Amministrazione trasparente» del sito camerale, in osservanza del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni», come novellato dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97.
      A tal fine, con deliberazione del consiglio camerale n. 11 del 28 novembre 2019, la Camera di commercio ha approvato la relazione previsionale e programmatica 2020 che prevede una specifica linea di intervento dedicata alla «Implementazione del sito camerale nel rispetto degli obblighi riguardanti la promozione di maggiori livelli di trasparenza, come obiettivo organizzativo ed individuale per la dirigenza, onde consentire l'accessibilità totale finalizzata a forme diffuse di controllo sulle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche».
      Si rappresenta inoltre che, in data 4 dicembre 2019, la Camera di commercio ha provveduto ad adottare la disposizione n. 2 del 2019 recante «Sezione amministrazione trasparente del sito
web della camera di commercio del sud est Sicilia», finalizzata a rendere accessibile in forma integrale, all'interno della sezione Amministrazione trasparente del sito camerale, gli atti, i documenti, le informazioni e i dati concernenti l'organizzazione e l'attività dell'ente e le modalità per la loro realizzazione.
      In conclusione, fermo restando la competenza della regione a statuto speciale in materia di vigilanza della Camera di commercio in parola, il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare la situazione sollecitando il confronto con l'autorità regionale e la Camera di commercio del sud-est della Sicilia.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


      CAVANDOLI, TOMBOLATO, VINCI e MORRONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          i sindacati di polizia penitenziaria denunciano la notizia di questi giorni che il direttore aggiunto dell'Istituto penitenziario di Parma dovrà essere impiegato in maniera continuativa presso l'Istituto penitenziario di Reggio Emilia e pertanto la sede di Parma si vedrà depauperata ancora di un altro dirigente dell'amministrazione penitenziaria;

          gli stessi segnalano che, presso l'Istituto penitenziario di Parma manca da parecchi anni un direttore titolare, nonostante nella sede siano presenti diversi e impegnativi circuiti penitenziari tra cui il regime detentivo 41-bis;

          allo stato attuale, quindi, risulta essere presente, in maniera provvisoria, un solo dirigente penitenziario, che si sta prodigando, per quanto possibile e con i relativi disagi del caso, per rendere efficiente la gestione e l'organizzazione generale dell'attività lavorativa e ciò si riflette anche nelle relazioni sindacali ridotte ai minimi termini, considerata l'esorbitante mole di lavoro in capo al dirigente medesimo –:

          se il Ministro, alla luce di quanto esposto in premessa, ai fini di una corretta e serena gestione dell'istituto, non intenda adottare le iniziative di competenza per addivenire alla nomina in pianta stabile dei quattro dirigenti penitenziari attualmente previsti dalla pianta organica dell'istituto.
(4-04641)

      Risposta. — Si fa riferimento ai contenuti di cui all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante, relativamente all'assenza di un direttore titolare presso la casa di reclusione di Parma, chiede la nomina in pianta stabile dei quattro dirigenti penitenziari attualmente previsti in pianta organica.
      A tal riguardo, si evidenzia quanto segue.
      È utile premettere che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 giugno 2015 n. 84, recante «Regolamento di riorganizzazione del Ministero della giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche», ha dato corso al ridimensionamento delle articolazioni centrali e periferiche dell'amministrazione penitenziaria, prevedendo la riduzione degli uffici dirigenziali generali istituiti presso l'amministrazione centrale, nonché la riduzione dei provveditorati regionali (come individuati nella tabella b allegata al regolamento), con la soppressione delle sedi di Ancona, Genova, Perugia, Pescara e Potenza.
      Sono stati ridotti, inoltre, i posti di funzione dirigenziale non generale prevedendo, tra l'altro, l'accorpamento degli istituti penitenziari ubicati nelle città di Alessandria, Ancona, Brescia, Civitavecchia e Reggio Calabria.
      Più gravemente, il citato regolamento ha previsto, in attuazione del piano di
spending review e di vincoli normativi vigenti, un'ulteriore riduzione delle dotazioni organiche, per il personale delle aree funzionali, prevedendo un contingente organico di 4.689 unità e, per le qualifiche dirigenziali, un contingente complessivo di 345 unità (dato tabellare iniziale pari a complessive 9.929 unità, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2000).
      Nel prospetto che segue si riportano dettagliatamente i dati delle qualifiche dirigenziali e del personale delle aree funzionali alla data del 1° novembre 2019.

      Dotazione organica complessiva del personale dirigente e delle aree funzionali

      Qualifiche dirigenziali

      Organico

      Presenti

      Dirigenti generali penitenziari

      16

      14

      Dirigenti penitenziari (ruolo istituti)

      300

      254

      Dirigenti Area 1, (oggi funzionari centrali)

      29

      25

      Totale qualifiche dirigenziali

      345

      295

      Aree funzionali

      Terza area

      2.219

      1.749

      Seconda area

      2.377

      2.114

      Prima area

      93

      78

      Totale aree

      4.689

      3.941

      Totale generale (dirigenti + aree funzionali)

      5.304

      4.234

      Relativamente al personale delle qualifiche dirigenziali, le carenze organiche sono state segnalate all'ufficio concorsi sia per i dirigenti di area 1, per l'eventuale avvio delle procedure di competenza, sia per la sollecita definizione del regolamento di accesso alla carriera dirigenziale penitenziaria.
      La carenza organica del ruolo dei dirigenti penitenziari necessita di urgenti soluzioni di intervento, in considerazione dei compiti e delle responsabilità attribuite ai citati dirigenti dall'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, recepito con il decreto legislativo n. 63 del 2006; il ruolo dei dirigenti di istituto penitenziario registra attualmente uno scoperto pari al 19,33 per cento, con una presenza effettiva di 254 dirigenti, a fronte di una previsione organica di n. 300 unità.
      Passando dalla realtà nazionale all'istituto parmense, si evidenzia che all'esito della prima e seconda fase degli interpelli per il conferimento degli incarichi dirigenziali cosiddetti «ordinari», non è stato possibile conferire i posti di funzione di direttore e vice direttore dell'istituto di Parma, in considerazione delle disponibilità manifestate dai dirigenti penitenziari, nonché dei limiti temporali per la permanenza in una sede dirigenziale previsti dall'articolo 10, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 63 del 2006.
      Allo stato, attesa la carenza d'organico dirigenziale (meno 46 unità a livello nazionale), la reggenza della struttura penitenziaria
de qua è assicurata, per cinque giorni a settimana, dal dottore Tazio Bianchi, vice direttore della casa circondariale di Bologna.
      A conclusione degli interpelli
in itinere, la direzione generale del personale e delle risorse valuterà le misure organizzative tendenti a razionalizzare l'allocazione delle scarse risorse umane disponibili.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


      CIABURRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          negli ultimi 20 anni si è assistito a diversi tentativi, da parte dei Governi in carica, di giungere all'«eliminazione» della categoria dei segretari comunali, salvo poi, attribuire incarichi di responsabilità alla medesima figura. L'obbiettivo che si è voluto perseguire sembra all'interrogante piuttosto chiaro: creare una figura a cui attribuire l'intero carico di responsabilità, ma che al contempo sia «assoggettata» al potere politico, di fatto tramite la creazione di continue situazioni di grave carenza di organico, al fine di proporre le cosiddette «soluzioni straordinarie» e sostanzialmente «bypassare» la procedura concorsuale classica per l'assunzione di dirigenti della pubblica amministrazione;

          tale carenza di organico colpisce tutti i comuni italiani, ma sono in particolar modo i piccoli comuni a patire maggiormente le conseguenze di tale insufficienza di personale. I comuni in questione hanno infatti grandi difficoltà a portare avanti le proprie attività politico-amministrative per la mancanza di questa vitale figura, e si devono per questo spesso accontentare, se sono fortunati, di un servizio con il «contagocce» di un segretario che ha la titolarità o la gestione associata di tre o quattro Comuni;

          il segretario comunale è titolare di attribuzioni multiformi: neutrali, di controllo di legalità e di certificazione, da una parte, ma, dall'altra, di gestione quasi manageriale e di supporto propositivo all'azione degli organi comunali, capaci di orientare le scelte dell'ente nella fase preliminare della definizione dell'indirizzo amministrativo di quest'ultimo. Si tratta di una figura importante e fondamentale a supporto dei sindaci per la quotidiana attività amministrativa, soprattutto alla luce delle continue interpretazioni normative che implicano scelte e responsabilità gravose, con implicazioni importanti non solo per il bene comune dei cittadini, ma anche per la tutela e la salvaguardia del ruolo del sindaco stesso. In relazione a ciò, tutelare e salvaguardare la professionalità dei segretari dovrebbe essere precipuo interesse delle istituzioni, le quali dovrebbero tutelare gli interessi delle autonomie che, a causa di «nomine onorarie» o altri incarichi sui generis, sarebbero destinate irrimediabilmente ad un caos amministrativo nefasto per le stesse amministrazioni e per la politica che le governa. Non è dunque possibile prescindere da una classe dirigente qualificata, formata e specializzata per supportare e tutelare sindaci e presidenti credibili e animati dal desiderio di operare per il bene della collettività –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e se intenda intraprendere iniziative volte all'introduzione permanente di un concorso per segretario comunale che vada a sostituire i cosiddetti «corsi/concorso» e che preveda un corso di formazione di due/tre mesi e l'assegnazione di un tutor, cioè di un segretario esperto con almeno 10 anni di servizio che supporti il neo segretario nei primi sei mesi di servizio, in modo tale da ovviare in modo definitivo alla ciclica «carenza dei segretari».
(4-03317)

      Risposta. — La funzione del segretario comunale assume una valenza fondamentale nell'assetto organizzativo di comuni e province, alla luce dei multiformi compiti previsti dall'ordinamento. Come evidenziato anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 23/2019), al predetto funzionario sono attribuite infatti funzioni complesse ed eterogenee, peraltro non più limitate ai tradizionali compiti di certificazione e di controllo di legalità.
      Si comprende, pertanto, come uno degli elementi costituenti la figura del segretario dell'ente locale sia rappresentato dall'elevato livello di qualificazione professionale richiesto. Per tali ragioni, l'iscrizione all'albo è conseguita solo all'esito di una procedura di reclutamento particolarmente selettiva, ispirata dall'esigenza di coniugare una forte preparazione teorica con un approccio pratico alle problematiche amministrative.
      Sul modello di quanto prescritto per l'accesso alla dirigenza, l'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997 prevede che la procedura concorsuale in esame sia articolata in due distinte e separate sub-procedure: l'abilitazione necessaria ai fini dell'iscrizione all'albo dei segretari comunali e provinciali è rilasciata al termine di un corso-concorso, seguito da un tirocinio pratico.
      Al predetto corso si accede mediante un concorso pubblico per esami, bandito per un numero di posti determinato in relazione alle esigenze di immissione nell'albo e articolato, dopo una prova preselettiva, sullo svolgimento di tre prove scritte e una prova orale.
      Si sottolinea, inoltre, che la complessità e l'eterogeneità dei diversi compiti attribuiti al segretario dell'ente locale rendono essenziale, nell'ambito delle procedure concorsuali, svolgere fasi formative volte ad assicurare la preparazione tecnica dei candidati all'immediato esercizio dei gravosi e rilevanti compiti sopra descritti. Solo in tal modo, infatti, risulta possibile assicurare alle nuove unità l'assunzione di quella professionalità necessaria per garantire la pronta funzionalità delle amministrazioni a seguito della relativa immissione in servizio. Appare necessario, pertanto, che il processo di reclutamento dei segretari sia contraddistinto, oltre che da una fase concorsuale, anche da un successivo percorso formativo.
      Allo stato, l'albo dei segretari comunali e provinciali risulta effettivamente caratterizzato da significative carenze, concentrate nella fascia iniziale di accesso alla carriera, principalmente per effetto delle previsioni di legge che, nel tempo, hanno limitato le assunzioni nel pubblico impiego.
      Ne consegue che le amministrazioni locali di più piccola dimensione — con popolazione non superiore a 3.000 abitanti — siano quelle che maggiormente risentono delle conseguenti disfunzioni organizzative, anche in considerazione della circostanza che, in tali enti, al segretario sono sovente attribuiti anche compiti gestionali, di sostituzione dei responsabili dei servizi.
      Al riguardo, si assicura che particolare attenzione è stata dedicata da parte del Governo sia sulle criticità derivanti dalla carenza segnalata nell'interrogazione, sia sulla necessità di provvedere a una semplificazione delle procedure di reclutamento dei segretari stessi.
      Nella consapevolezza che il principale fattore di criticità nella gestione dell'Albo sia rappresentato dall'esigenza di immettere nuove unità da destinare ai comuni, di minore dimensione, con decreto n. 13722 del 18 dicembre 2018 del prefetto responsabile della gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, è stato indetto il sesto corso-concorso (COA 6), finalizzato all'assunzione di 291 segretari, le cui prove scritte si sono svolte nei giorni 17, 18 e 19 dicembre 2019; la commissione di concorso sta procedendo alla correzione degli scritti con ogni possibile sollecitudine.
      Oltre a tale procedura, nell'ottica di assicurare con regolarità nuove iscrizioni all'albo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2019, è stato autorizzato l'avvio di un'ulteriore selezione, relativa al settimo corso-concorso (COA 7), finalizzata all'assunzione di 171 nuovi segretari comunali.
      Infine, con la legge n. 8 dei 28 febbraio 2020 (conversione in legge del cosiddetto decreto «Milleproroghe»), il Governo ha introdotto alcune disposizioni volte a far fronte alla segnalata carenza dei segretari comunali, anche mediante una semplificazione e accelerazione delle procedure selettive.
      In particolare, con l'articolo 16-
ter, recante «Disposizioni urgenti per il potenziamento delle funzioni dei segretari comunali e provinciali», è stata prevista la riduzione della durata dei corso-concorso di formazione (da 18 a 6 mesi) e del tirocinio pratico (da 6 a 2 mesi), riduzione che si applica anche alle procedure di reclutamento in corso.
      Per i piccoli comuni — ove si registra la maggior carenza di segretari — è stata introdotta la possibilità di conferire le funzioni di vicesegretario a funzionari di ruolo di un ente locale, in possesso dei requisiti per la partecipazione al concorso.
      È stata prevista poi la possibilità di riservare ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni una quota dei posti del concorso pubblico per esami che consente l'accesso al corso-concorso.
      Da ultimo è stata disposta l'istituzione di una sessione aggiuntiva al concorso COA 6, destinata a 223 borsisti e finalizzata all'iscrizione di ulteriori 172 segretari comunali nella fascia iniziale dell'Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali.
      Il competente albo nazionale dei segretari comunali e provinciali provvederà a mettere in atto le predette previsioni normative e ad avviare le procedure finalizzate al concreto svolgimento del concorso COA 7, nonché a svolgere la sessione aggiuntiva del COA 6.
      

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


      CILLIS, DEL SESTO, SUT, ALBERTO MANCA, TESTAMENTO e MAGLIONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          la regione Basilicata è interessata da anni dalle attività delle estrazioni petrolifere; sul suo territorio insistono due impianti di trattamento e pre-raffinazione del petrolio, il Cova di Viggiano e l'impianto Tempa Rossa di Corleto Perticara;

          nei giorni scorsi l'Eni, a causa dell'epidemia del Coronavirus, ha comunicato di avere ridotto del 30 per cento le attività dell'impianto di Viggiano e di aver attivato tutte le procedure per fare ricorso allo smart-working;

          la Total, invece, pare che ancora non abbia preso alcun provvedimento in merito e alla richiesta del sindaco di Corleto ha declinato ogni possibilità di aiuto concreto, adducendo come giustificazione la crisi in cui il settore è piombato a causa dell'epidemia;

          tuttora, a quanto consta agli interroganti, all'interno dei due centri di trattamento sono ancora al lavoro tecnici e operai e per il loro funzionamento vengono impiegati numerosi automezzi che entrano ed escono dall'area degli impianti utilizzando le strade comunali; in particolare, al Cova di Viggiano vengono utilizzate delle autocisterne per il trasporto dei reflui petroliferi che vengono trattati in altri siti;

          con il passare delle ore stanno montando sempre più i timori e la paura delle maestranze e dei lavoratori dell'Eni, della intera area industriale di Viggiano, e del centro Oli di Tempa Rossa a Corleto Perticara per la consapevolezza di poter diventare, loro malgrado, ignari vettori della pericolosa epidemia virale; per il tramite delle loro rappresentanze sindacali, i lavoratori stanno chiedendo la sospensione immediata delle attività lavorative;

          purtroppo, ci si trova nel pieno di una grave e complessa emergenza sanitaria che sta interessando e mettendo a dura prova tutto il territorio nazionale e tutti i settori economici e produttivi;

          il Governo con l'emanazione dei vari decreti e di ulteriori provvedimenti sta cercando, al fine di tutelare la salute pubblica, di contenere e mettere argine alla propagazione dell'epidemia con la limitazione e il blocco di quasi tutte le attività del Paese;

          negli ultimi giorni i territori dove insistono i due impianti sono stati interessati da diversi casi di persone risultate positive ai tamponi del coronavirus e, pertanto, si è dovuto ricorrere alla chiusura totale di alcuni comuni –:

          se il Governo, sulla base delle considerazioni espresse in premessa, non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza utile e necessaria affinché venga presa in considerazione la sospensione delle attività dei due impianti petroliferi di Viggiano e Corleto Perticara.
(4-05005)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
      Gli interroganti fanno riferimento all'eventuale sospensione delle attività negli impianti di estrazione petrolifera di Viggiano e Corleto Perticara in Basilicata, a causa dell'attuale emergenza sanitaria causata dal diffondersi del COVID-19.
      In via preliminare, si evidenzia che con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 marzo 2020 il Governo, al fine di contenere l'emergenza sanitaria in corso, ha disposto la generale sospensione delle attività produttive industriali e commerciali, fatta eccezione per alcune particolari attività relative a servizi essenziali, tra le quali quelle estrattive di petrolio e di gas naturale nonché le relative attività di supporto, che possono quindi continuare ad operare, ferma restando l'adozione di tutte le necessarie misure di contrasto e contenimento della diffusione del virus negli ambienti di lavoro.
      Tale disposizione trova le proprie motivazioni anche sul fatto che un eventuale fermo totale degli impianti e delle infrastrutture avrebbe comportato attività di movimentazione per la messa in sicurezza e protezione passiva, per la chiusura dei pozzi, per la depressurizzazione degli impianti, per lo svuotamento delle condotte ed altre attività similari. Ciò sarebbe avvenuto, in particolare, con impiego di un elevato numero di personale e di ditte specializzate, anche provenienti da altre regioni e dall'estero, amplificando così il rischio dei contagi.
      Gli uffici competenti del Ministero dello sviluppo economico hanno, comunque, avviato le necessarie interlocuzioni con gli operatori, al fine di fornire ogni indicazione utile per gestire l'emergenza in corso e monitorare lo svolgimento in costante sicurezza delle attività ad oggi operative nel settore energetico.
      In particolare, per quanto riguarda le attività cui fanno riferimento gli interroganti, già dal mese di febbraio la sezione Unmig-Mise di Napoli, competente sul territorio della Basilicata, ha chiesto alle Società operatrici di attenersi e applicare le direttive impartite per l'emergenza COVID-19.
      A quanto risulta, sia l'ENI che la Total si sono prontamente attivate al fine di rispondere all'emergenza, in ottemperanza delle disposizioni varate dalle istituzioni, sia a livello nazionale che locale. Pertanto, entrambe le società hanno adottato varie misure per limitare gli spostamenti dei dipendenti e per regolamentare le modalità di accesso ai siti produttivi nonché i comportamenti del personale attivo
in loco, anche riducendo il numero dei presenti sul posto di lavoro e modificando il normale avvicendamento in turno degli addetti.
      Con specifico riferimento agli impianti di Viggiano e di Corleto Perticara, la società Total ha informato che dal 3 marzo 2020 è stata mobilitata una
Emergency Management Cell (EMC) per concordare le azioni da intraprendere e per fornire agli impianti e agli uffici in Italia indicazioni relative alla gestione e alla risposta all'emergenza.
      È stato, inoltre, approvato e diffuso un
Pandemie Plan e sono stati elaborati ed approvati vari documenti riportanti l'Escalation scenarios per i dipartimenti operativi sul sito in questione.
      Il 13 marzo 2020 la Total ha poi notificato agli enti competenti la sospensione di tutte le attività non direttamente legate al mantenimento della continuità produttiva del giacimento lucano. In particolare, sono stati sospesi:

          commissioning e start-up di nuove unità d'impianto;

          lavori civili e di adeguamento esterni ed interni al centro olio;

          workover del pozzo Gorgoglione 2.

      Attualmente, gli impianti sono in esercizio con una presenza minima di personale, per la gestione in sicurezza degli stessi.
      Per quanto attiene le interlocuzioni intercorse con le amministrazioni locali e, in particolare, con il comune di Corleto Perticara, la società ha riferito di essersi resa disponibile a fornire mascherine e gel alcolico, avendo previsto la riconversione, in tal senso, di un'unità industriale produttiva del nord Italia. Peraltro, si informa che un carico di n. 5.200 mascherine di tipo FFP2 sono state acquistate tramite la filiale cinese di Total TEP-CH e messe a disposizione anche del comune medesimo.
      La società ha, inoltre, manifestato all'amministrazione comunale l'intenzione di fornire il supporto finanziario necessario alla copertura dei costi di predisposizione (arredi e logistica) di un sito, già individuato dal comune stesso, destinato a ospitare, all'occorrenza, i cittadini positivi al COVID-19, nonché di fornire un'ambulanza per il trasporto dei cittadini positivi dei comuni più vicini.
      Analogamente la società ENI, in data 11 marzo 2020, ha comunicato l'avvio, per tutte le sedi della Val D'Agri, della modalità operativa di «
smart working» per il personale non ritenuto indispensabile per la gestione in sicurezza degli impianti; ed ha rinviato, al termine della fase emergenziale, tutte le attività connesse all'indotto, al fine di limitare la circolazione delle persone.
      Successivamente, in data 13 marzo 2020, la società ha sospeso tutte le attività di
work over nelle postazioni pozzi interessate, mantenendo attivi tutti i presidi e le squadre di emergenza, i sistemi di rilevazione ed allertamento e le misure di sicurezza presenti, atti a garantire l'esercizio dei pozzi.
      Il 18 marzo 2020 l'ENI ha, altresì, comunicato di aver ridotto le attività non critiche e non collegate alla sicurezza ed integrità degli impianti e ha altresì informato che avrebbe diminuito anche la produzione dei pozzi a olio con la maggior percentuale di acqua, al fine di eliminare le movimentazioni di mezzi per il trasporto e lo smaltimento dell'acqua di strato. Tale configurazione presuppone una riduzione della produzione, stimabile nel 30 per cento, e il mantenimento delle sole movimentazioni di autocisterne legate agli aggottamenti e alla messa in sicurezza di emergenza ambientale. Attualmente, gli impianti sono in esercizio con la presenza minima di personale, per la relativa gestione in sicurezza.
      Anche la società Eni sta interloquendo con la regione Basilicata e ha dato la propria disponibilità alla fornitura di materiale sanitario emergenziale, in particolare per 20 ventilatori polmonari (di cui 8 già consegnati) e 40 letti di terapia intensiva nonché di
kit di protezione individuale sanitaria, secondo il fabbisogno comunicato dalla stessa regione.
      Pertanto, con riferimento al quesito posto dagli interroganti, si evidenzia che un eventuale fermo della produzione, che in ogni caso non sarebbe giustificato dalla attuale situazione, implicherebbe l'adozione di misure necessarie per la messa in sicurezza e protezione passiva degli impianti, delle attrezzature, delle apparecchiature e delle
facilities di produzione delle aree pozzo nei siti in questione.
      Tali attività comporterebbero, per diversi giorni, l'impiego e la presenza sui siti produttivi di un numero di personale ben superiore alle attuali unità necessarie per la sola gestione in sicurezza, nonché la necessità di ricorrere a ditte specializzate, con personale proveniente anche da altri territori.
      È da considerare, inoltre, che al termine di dette attività di messa in sicurezza e protezione passiva, dovrebbero essere sicuramente garantite una serie di misure (presidio di personale per l'emergenza, squadre di emergenza, sistemi di rilevazione ed allertamento, misure di sicurezza) finalizzate a garantire la sicurezza degli impianti e dei pozzi, che richiedono comunque la presenza continuativa di personale nelle 24 ore.
      Infine, è opportuno segnalare che gli impianti lucani ENI e Total approvvigionano la raffineria di Taranto che, in caso di carenza di idrocarburi da trattare, si troverebbe ad affrontare le medesime problematiche per la messa in sicurezza e protezione passiva dei propri impianti.
      In conclusione, il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare le fasi attuative delle misure poste in essere negli impianti di Viggiano e Corleto Perticara per gestire l'emergenza in corso, al fine di garantire la messa in sicurezza delle attività tuttora operative e garantire, nell'ambito delle proprie competenze, la tutela della salute dei lavoratori coinvolti.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


      CIPRINI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

          il comma 342 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, autorizza il Ministero per i beni e le attività culturali a coprire, nel 2019, i posti vacanti nei profili professionali delle aree II e III assumendo, nel limite del 50 per cento delle proprie facoltà assunzionali, i candidati idonei presenti nelle graduatorie approvate a decorrere dal 1° gennaio 2010 a seguito di procedure selettive interne per il passaggio, rispettivamente, alla II e alla III area;

          le assunzioni avvengono in ordine di graduatoria e nel limite dei posti previsti in ciascun bando;

          nel 2007 il Ministero per i beni e le attività culturali ha emanato bandi riferiti a diversi profili professionali per il passaggio fra aree ex articolo 15 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1998/2001;

          le premesse dei bandi evidenziavano che, con nota 45261 del 22 dicembre 2005, l'amministrazione aveva richiesto l'autorizzazione ad avviare procedure per il passaggio dall'area B alla posizione economica C1 per complessivi 920 posti;

          con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 gennaio 2007, il Ministero per i beni e le attività culturali veniva autorizzato, però, ad avviare procedure per 460 posti;

          le procedure di selezione sono state avviate per la copertura di 920 posti; gli stessi bandi specificavano, tuttavia, che l'inquadramento in ruolo sarebbe potuto avvenire – nelle more del rilascio dell'ulteriore autorizzazione – solo per complessive 460 unità e che le restanti unità di personale sarebbero state immesse in ruolo dopo la concessione al Ministero per i beni e le attività culturali dell'autorizzazione;

          dunque, destinatari dell'assunzione (o meglio passaggi d'area) sono 460 unità di personale –:

          quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla tempistica e all'attuazione delle procedure per l'assunzione dei 460 candidati di cui in premessa.
(4-02267)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, rappresento quanto segue.
      In forza della normativa autorizzatoria di cui all'articolo 1, comma 342 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», secondo cui «In considerazione dell'esigenza di rafforzare l'azione di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, nel rispetto dei limiti delle dotazioni organiche nonché delle facoltà e dei vincoli assunzionali previsti dalla normativa vigente» il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo è stato autorizzato «a coprire, per l'anno 2019, le proprie carenze di personale nei profili professionali delle Aree II e III assumendo in ordine di graduatoria, nel limite massimo del 50 per cento delle facoltà assunzionali per l'anno 2019 come accertate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i candidati che, nelle procedure selettive interne per il passaggio rispettivamente all'Area II e all'Area III con graduatorie approvate a decorrere dal 1° gennaio 2010, si sono collocati nelle graduatorie medesime in posizione utile in base al numero di posti previsto dai rispettivi bandi per la cui copertura dei posti è stata indetta ciascuna procedura». Il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha avviato dette procedure di inquadramento nei ruoli del personale, non dirigenziale, del personale utilmente collocato nelle graduatorie regionali di merito di cui alle procedure selettive interne relative al passaggio dall'ex area B all'ex posizione economica C1, nei diversi profili professionali, siccome formulate all'esito delle procedure di riqualificazione interna in parola bandite nel 2007.
      A seguito della procedura di riqualificazione, sono stati inquadrati nella terza area funzionale, posizione economica F1, complessivi n. 450 dipendenti, provenienti dalla seconda area funzionale. In dettaglio, si è proceduto, in una prima fase — a partire dal mese di aprile 2019 — all'inquadramento di n. 392 candidati utilmente collocati nelle singole graduatorie di merito regionali, distinte per profilo professionali.
      Al fine di coprire i posti rimasti non assegnati con le sopra riferite nomine, nel rispetto del limite massimo di n. 460 posizioni messe a concorso
illo tempore, si è proceduto all'approvazione delle graduatorie uniche nazionali, distinte per profilo professionale, in forza delle quali, nel mese di dicembre 2019, sono state inquadrate nella terza area funzionale, nel rispetto della posizione in graduatoria, n. 58 unità di personale già dipendente, tra coloro i quali hanno fatto pervenire una manifestazione di interesse, nei termini richiesti, a favore dei posti rimasti disponibili su base regionale per quel dato profilo professionale.
      Segnalo, al riguardo, che i dipendenti in parola hanno sottoscritto i connessi contratti individuali di lavoro con il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo con decorrenza giuridica ed economica a far data dal 15 luglio 2019, in ossequio al dato normativo vigente di cui all'articolo 14 comma 10-
decies della legge n. 26 del 2019 (in deroga al cosiddetto «blocco assunzionale» di cui alla richiamata legge di bilancio, articolo 1, comma 399, che disponeva le assunzioni a decorrere dal 15 novembre 2019).
      Il dato assunzionale come sopra riferito, concernente l'inquadramento nella terza area funzionale di personale già dipendente del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo è da integrarsi, ove si faccia riferimento, agli inquadramenti disposti in esecuzione di provvedimenti giudiziari, per effetto dei quali sono stati nominati nel nuovo ruolo professionale n. 14 dipendenti provenienti dalla seconda area funzionale.
      Con specifico riguardo alle procedure selettive interne per il passaggio dall'ex area A all'ex posizione economica B1, in attuazione di quanto disposto con la citata legge n. 145 del 2018, articolo 1 comma 342 il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha disposto — a partire dal mese di luglio 2019, ma con espressa decorrenza, giuridica ed economica dal 15 novembre 2019 (in conformità al cosiddetto «blocco assunzionale» di cui all'articolo 1 comma 399 della medesima legge di bilancio per l'anno 2019) — l'inquadramento nella seconda area funzionale, posizione economica F1, di n. 337 unità di personale idoneo proveniente dalla prima area funzionale, utilmente collocato nelle graduatorie regionali di merito relative alle richiamate procedure di riqualificazione, nei profili professionali di operatore amministrativo, operatore tecnico, operatore alla custodia, vigilanza e accoglienza.
      Da ultimo, nel mese di dicembre 2019, sono state predisposte ed approvate le graduatorie uniche nazionali concernenti esclusivamente i profili di operatore amministrativo e di operatore tecnico, in forza delle quali sono stati nominati n. 6 dipendenti provenienti dalla prima area funzionale ed inquadrati nella seconda area, nel rispetto della posizione occupata in dette graduatorie e sulla base delle manifestazioni di interesse, in ordine alle regioni ancora disponibili, comunicate dai medesimi dipendenti.
      Segnalo, infine, relativamente a quest'ultimo dato, che sono in corso attività di verifica in sinergia con delegati Segretariati regionali in ordine alle effettive intervenute sottoscrizioni dei relativi contratti di lavoro entro l'anno 2019, così come disposto in conformità al dato normativo autorizzatorio in parola.
      

La Ministra per la pubblica amministrazione: Fabiana Dadone.


      CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il 19 luglio 2019 dalle ore 10:30 alle ore 17:30 è prevista una manifestazione di protesta davanti al carcere di Torino organizzata dall'Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria, alla quale prenderà parte il personale di polizia penitenziaria libero dal servizio;

          la protesta sarebbe dovuta alla disfunzione del sistema penitenziario del distretto Piemonte-Liguria-Valle d'Aosta. In particolare, si apprende che il summenzionato sindacato lamenterebbe gravi ed indegne condizioni di servizio, insufficienza di personale e totale mancanza di organizzazione che interesserebbe, tra le altre cose, la strutturazione delle mense (a Torino il personale della mensa di servizio sarebbe in sciopero dai primi giorni di luglio 2019) e la fornitura di vestiario, quest'ultima acquistata sul sito internet Amazon;

          per di più, tali precarie condizioni comproverebbero una diffusa mancanza di sicurezza e di legalità. Numerose sarebbero, infatti, le aggressioni e le offese subite dal personale in servizio a causa di una generica indulgenza nei confronti dei detenuti;

          inoltre, pessimo sarebbe lo stato degli edifici delle caserme e degli alloggiamenti nonché dei mezzi a disposizione dell'organico;

          a parere dell'interrogante, la situazione appena delineata, se veritiera, dovrebbe essere oggetto di attenzione da parte delle autorità competenti che, ad oggi, non sembrerebbero aver adottato soluzioni concrete. Si apprende infatti che, in merito, il sindacato avrebbe parlato di «inerzia assoluta» –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda porre in essere per verificare la situazione prospettata, accertare eventuali inadempienze e responsabilità e soprattutto verificare l'adeguatezza delle norme esistenti, oltre che degli organici e dei mezzi in dotazione.
(4-03348)

      Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, nel fare riferimento al sit-in di protesta organizzato dal sindacato Osapp dinnanzi al carcere di Torino «Lorusso e Cutugno» per le condizioni di disagio in cui sono costretti a lavorare gli operatori della Polizia penitenziaria, con specifico riferimento alle aggressioni subite, alla situazione di incuria in cui versano gli alloggiamenti delle caserme, al vestiario, alla condizione delle mense di servizio, ai mezzi di trasporto fatiscenti, alle scoperture di organico, chiedono di sapere se il Ministro della giustizia sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative di competenza intenda porre in essere per verificare la situazione prospettata, accertare eventuali inadempienze e responsabilità e soprattutto verificare l'adeguatezza delle norme esistenti, oltre che degli organici e dei mezzi in dotazione.
      Preliminarmente si conferma che l'organizzazione sindacale Osapp, ha tenuto un
sit-in di protesta il 19 luglio 2019 dinanzi alle sede dell'istituto penitenziario «Lorusso e Cutugno» di Torino, al quale hanno partecipato alcune decine di persone, per stigmatizzare, prioritariamente, le condizioni della mensa ordinaria di servizio, rispetto a cui si rimanda a quanto più diffusamente verrà esplicitato in seguito.
      Con riferimento alle offese e aggressioni subite dal personale del Corpo di Polizia penitenziaria, si evidenzia che, a fronte di una popolazione detenuta pari, allo stato attuale, a un totale di 1.486 ristretti, nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 25 luglio 2019 (data dell'ultima rilevazione), si contano 37 episodi recanti rilevanza penale, trattandosi di lesioni (articoli 582/585 del codice penale), oltraggio (articolo 341-
bis del codice penale), resistenza (articolo 337 del codice penale) e violenza/minaccia (articolo 336 del codice penale) nei confronti di pubblici ufficiali.
      Giova evidenziare che il suddetto tasso numerico va inquadrato nella complessità gestionale e penitenziaria dell'istituto, dotato di annessa Articolazione per la tutela della salute mentale (Atsm), comunque gestita con elevato livello di professionalità da parte del personale, sia nella fase emergenziale che in quella, altrettanto delicata, della gestione degli effetti sull'organizzazione.
      L'incremento del livello di sicurezza nelle carceri rappresenta uno degli obiettivi prioritari perseguiti da questo Dicastero.
      In questa direzione, va innanzitutto menzionata la circolare adottata il 9 ottobre 2018 dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che ha inteso perseguire una mirata politica di valorizzazione dell'istituto del trasferimento per ragioni di sicurezza, previsto dall'articolo 42 della legge n. 354 del 1975.
      Si reputa opportuno evidenziare i benefici che ne possono conseguire in termini di incremento dei livelli di sicurezza nelle strutture detentive, tangibile anche nel più consistente ricorso a tale strumento che si è registrato dalla data di adozione della circolare al mese di marzo scorso (n. 1550 detenuti trasferiti), rispetto al numero ben più esiguo di occasioni in cui vi si è fatto ricorso nel medesimo periodo del biennio precedente (n. 1143).
      Con provvedimento del 18 aprile 2019 è stato istituito un apposito gruppo di lavoro, composto da operatori penitenziari esperti nel settore, con il precipuo compito di individuare, tra l'altro, specifici strumenti organizzativi finalizzati a una migliore gestione degli eventi critici in ambito penitenziario.
      Le risultanze dei lavori del summenzionato gruppo, conclusisi il 29 maggio 2019, sono state già illustrate nel corso di un primo incontro con le organizzazioni sindacali rappresentative del Corpo, fermi restando i necessari approfondimenti cui si darà corso in occasione delle prossime riunioni.
      Sono state, inoltre, avviate attività per la dotazione di innovativi equipaggiamenti atti al contenimento senza pregiudizio per l'operatore penitenziario, come prodotti antitaglio e nuovi giubbotti antiproiettile, ed è attualmente allo studio l'adozione, per l'anno venturo, di altri presidi di sicurezza, come prodotti paracolpi, scudi curvi, maschere facciali,
taser ottico, mentre per quanto attiene all'impiego della cosiddetta pistola taser, resta ferma, allo stato, da parte di questo Ministero, la riserva di valutarne, in prospettiva, eventuali futuri margini d'impiego, anche sulla scorta dei risultati che verranno restituiti dall'uso sperimentale in altri contesti.
      Sempre nel solco del potenziamento dei sistemi di sicurezza all'interno delle carceri, nel programma di edilizia penitenziaria 2019 sono stati inclusi i lavori di adeguamento degli impianti tecnologici di sicurezza; a partire da quest'esercizio finanziario, nell'ambito del «fondo investimenti», è stato creato uno stanziamento di euro 1.500.000,00 destinato specificatamente all'adeguamento dei sistemi di sicurezza, compresi quelli di videosorveglianza.
      Nella piena consapevolezza della stretta correlazione che avvince il tema della sicurezza nelle carceri a quello delle dotazioni organiche del corpo di Polizia penitenziaria, occorre rimarcare le politiche assunzionali perseguite nel settore dall'attuale formazione governativa.
      Con la finanziaria per il 2019, legge 30 dicembre 2018, n. 145, articolo 1, commi 382 e 383, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria è stato autorizzato all'assunzione straordinaria di 1.300 unità, con decorrenza 10 marzo 2019, mediante scorrimento delle graduatorie vigenti, attingendo, in via prioritaria, da quelle approvate nell'anno 2017 e, per i posti residui, in parti uguali, da quelle approvate nell'anno 2018.
      Pertanto, nei mesi di novembre e dicembre scorsi, avuto riguardo alle autorizzazioni intervenute relativamente al
turn-over ordinario, si è proceduto all'assunzione di più di 1.500 unità, vincitori dei concorsi le cui graduatorie sono state approvate nel 2018, mentre, a partire dal mese di marzo 2019, l'Amministrazione penitenziaria è stata autorizzata all'assunzione degli idonei dei concorsi le cui graduatorie sono state approvate nel 2017, nonché all'assunzione degli idonei delle graduatorie approvate nel 2018, fino al raggiungimento della consistenza delle 1.300 unità autorizzate dalla citata legge di stabilità.
      Nel mese di luglio 2019 si è concluso il 175° corso per 1.162 allievi agenti la cui immissione in ruolo ha costituito un importante serbatoio per le strutture penitenziarie di tutto il territorio, tra cui va annoverata proprio la casa circondariale «Lorusso e Cutugno» di Torino che ha fruito di 11 nuovi innesti, nel più ampio contesto di un'assegnazione complessiva di 111 unità da distribuire tra gli istituti ricompresi nel distretto di competenza del provveditorato regionale per il Piemonte, la Liguria e la Valle d'Aosta.
      È in atto, altresì, il 176° corso di formazione per i primi 320 candidati aventi diritto, secondo la posizione nelle graduatorie approvate nell'anno 2017.
      Le restanti 980 unità saranno avviate al 177° corso che avrà inizio il 16 settembre 2019.
      È stato bandito, inoltre, il concorso pubblico a complessivi 754 posti di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria maschile e femminile, indetto con P.D.G. 11 febbraio 2019, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale — IV serie speciale — n. 18 del 5 marzo 2019.
      Nei prossimi mesi, ai sensi dell'articolo n. 44, comma 8, lettere
b) e b-bis), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 (di revisione dei ruoli delle forze di polizia), saranno avviate le procedure per la copertura dei posti di vice sovrintendenti per l'incremento della dotazione organica prevista dal medesimo articolo nonché per le vacanze disponibili dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018.
      Nei prossimi quattro anni sono altresì autorizzate, nel limite delle dotazione organiche, in aggiunta alle facoltà previste a legislazione vigente, ulteriori assunzioni straordinarie e, precisamente, 513 unità nell'anno 2020; 337 unità nell'anno 2021; 100 unità sia per l'anno 2022 che per l'anno 2023.
      Detto che le scoperture maggiori della struttura di Torino riguardano il ruolo degli ispettori e dei sovrintendenti, con specifico riferimento a quest'ultimo profilo professionale, va precisato che sono in fase di definizione le procedure per il concorso interno a complessivi n. 2.851 posti per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo maschile e femminile del Corpo, a seguito del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 in materia di revisione dei ruoli delle forze di polizia. Tenuto conto della complessità della procedura, a breve si procederà alla revisione delle graduatorie approvate con P.D.G. del 18 aprile 2019.
      Per quanto riguarda le condizioni della mensa ordinaria di servizio, già il 7 giugno 2019, l'Autorità dirigente dell'istituto aveva fornito chiarimenti alle organizzazioni sindacali intervenute sulla questione, precisando che le criticità riscontrate nella fruizione dei pasti erano dovute, principalmente, al mancato funzionamento del forno, che era stato, dapprima, riparato e, successivamente, posto in fuori uso.
      In ogni caso, per quanto qui di interesse, va detto che il nuovo forno è stato installato in data 18 luglio 2019, consentendo un graduale e significativo adeguamento del menù settimanale alle previsioni del capitolato d'appalto.
      Con l'occasione, la Direzione medesima ha provveduto a impartire formali raccomandazioni alla ditta
Dussmann circa l'esatta osservanza delle normative vigenti in materia di igiene e manutenzione ordinaria dei locali, di rispetto dell'organigramma contrattuale sul numero e qualifica del personale addetto alla preparazione dei pasti, nonché sull'esatta conformità al menu concordato con la Commissione mensa, organo rappresentativo del personale, investito non solo di funzioni di controllo, ma anche consultive e propositive.
      Va altresì precisato che, di fatto, già nella giornata antecedente al presidio sindacale, con l'installazione del nuovo forno, si è avuto modo di registrare una prima graduale ripresa della consumazione dei pasti, sostanzialmente rientrata il 23 luglio 2019.
      Per quanto attiene alle condizioni di servizio, non si ravvisano profili di particolare criticità, in quanto risulta una regolare fruizione dei diritti soggettivi di ciascun operatore, suggellata dal conseguimento di tutti e tre gli obiettivi richiesti dal Fondo per l'efficienza servizi istituzionali 2018, sia relativamente alla regolare fruizione dei congedi ordinari e dei riposi, che in ordine all'efficienza della programmazione dei servizi e alla revoca non superiore al 10 per cento dei riposi, mentre i servizi istituzionali previsti dall'articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 82 del 1999, ovvero i cosiddetti servizi operativi, vengono svolti H 24, suddivisi in tre turni di servizio di otto ore ciascuno (6 ore di ordinario + 2 di straordinario), onde sopperire alla carenza di forza presente ed effettivamente disponibile per la copertura di tutti i posti di servizio.
      Lo svolgimento della giornata lavorativa avviene sulla base di una programmazione mensile entro il giorno 20 del mese precedente, che gli estensori dei servizi dei suddetti padiglioni sviluppano regolarmente.
      La programmazione settimanale prevede un giorno di riposo per chi espleta il servizio a turno, non necessariamente coincidente con la domenica (articolazione su sette giorni). Gli uffici, ove previsto, svolgono la settimana lavorativa cinque giorni su sette (cosiddetta settimana compattata).
      La copertura dei posti di servizio è soggetta a interpello, che si espleta mediante valutazione attitudinale e titoli.
      In relazione, agli automezzi in dotazione all'istituto, sia per quelli adibiti alle traduzioni che per quelli destinati ad altri servizi istituzionali, pur dandosi atto di immatricolazioni piuttosto risalenti e chilometraggi elevati, i mezzi che risultano funzionanti, compreso l'impianto di aria condizionata, sono regolarmente efficienti e certificati dalle officine autorizzate all'affidabilità su strada (equivalente alla revisione riguardo ai mezzi privati).
      Nondimeno, allo scopo del miglioramento delle condizioni lavorative e di sicurezza del personale, sono stati acquistati nuovi automezzi che prevedono standard qualitativi molto più performanti rispetto a quelli in uso, con l'intento di rinvigorire il parco automezzi, anche per quanto riguarda le vetture radiomobili e quelle per i servizi, con l'obiettivo di restituire ai servizi operativi gli automezzi diversamente utilizzati nell'ambito degli istituti.
      Nello specifico, sulla base dei fondi disponibili sul pertinente capitolo di bilancio del corrente esercizio finanziario, per soddisfare le esigenze del servizio traduzioni, è stato redatto un programma di acquisto automezzi speciali nei termini di seguito indicati:

          a) n. 143 furgoni allestiti per il trasporto di n. 2 detenuti;

          b) n. 16 autobus allestiti per il trasporto di n. 16 detenuti;

          c) n. 50 minibus allestiti per il trasporto di n. 8 detenuti (definizione dei documenti per la gara);

          d) n. 27 furgoni allestiti per il trasporto di n. 1 detenuto disabile;

          e) n. 16 autovetture allestite per il trasporto di detenuti collaboratori;

          f) n. 223 autovetture radiomobili in supporto alle traduzioni;

          g) n. 48 furgoni da 9 posti in supporto ai servizi di piantonamento dei detenuti ricoverati presso i nosocomi.

      In merito ai capi di vestiario, risulta a questo Ministero che le richieste effettuate dal personale dell'istituto sono state eseguite regolarmente dall'ufficio preposto attraverso il sistema informatico vestiario (Siv).
      A tal riguardo, più in generale, si rappresenta che sono in corso acquisizioni, distribuite nel triennio 2019-2021, di n. 44.000 uniformi operative estive, n. 29.695 uniformi ordinarie invernali, n. 37.900 uniformi ordinarie estive e n. 198.000 sottotute termiche, oltre ad acquisizioni di capi vari in minor quantità. In questi ultimi tempi sono stati consegnati maglioni omnistagionali, magliette in microfibra blu e calze omnistagionali (direttamente dalla ditta incaricata).
      Con riferimento allo stato degli alloggi, infine, il locale Provveditorato ha reso noto che la società IREN sta provvedendo alla ristrutturazione dei servizi igienici della caserma n. 2 (nell'ambito di un vecchio accordo intervenuto in occasione della costruzione della centrale termoelettrica vicina all'istituto), mentre la caserma n. 1 è stata ristrutturata integralmente nel 2012/2013, e la caserma n. 3 è stata realizzata
ex novo nel 2005.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


      CUNIAL, BENEDETTI e GIANNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          il responsabile Onu contro la tortura, lo svizzero Nils Melzer, ha dichiarato: «Julian Assange continua ad essere detenuto in un carcere di massima sicurezza nella HM Prison Belmarsh, in condizioni di sorveglianza e isolamento estreme e non giustificate, mostra tutti i sintomi tipici di un'esposizione prolungata alla tortura psicologica. È necessario, dunque, che il governo britannico lo liberi immediatamente per proteggere la sua salute e la sua dignità. È inoltre da escludere la sua estradizione negli Usa». Nils Melzer ha reso tali dichiarazioni dopo aver visitato il carcere britannico di massima sicurezza, dov'è recluso Assange dall'11 aprile scorso;

          il fondatore di Wikileaks, Assange, è accusato di aver svelato prove di crimini di guerra e di altri illeciti commessi dagli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan. Mentre il Governo americano persegue Assange «i responsabili dei crimini da lui denunciati continuano a beneficiare dell'impunità», ha dichiarato Melzer;

          non è solo contro gli Stati Uniti che il rappresentante Onu punta il dito. «Il governo britannico, infatti – aggiunge – nonostante l'urgenza della mia richiesta di cure e libertà per Assange non ha preso alcuna misura in suo favore»;

          in virtù della Convenzione contro la tortura, infatti, gli Stati di fronte ad una denuncia come quella avanzata dal rappresentante Onu devono avviare rapidamente un'inchiesta per stabilire se esiste una ragionevole ipotesi che un atto di tortura sia stato commesso. «Invece, spiega Melzer, il Governo britannico 5 mesi dopo la mia visita a Assange, in maggio, e la mia denuncia ha escluso categoricamente la mia analisi senza esprimere la volontà di prendere in considerazione le mie raccomandazioni»;

          inoltre, sottolinea il rappresentante Onu, «nonostante la complessità dei procedimenti avanzati contro di lui da parte del governo più potente del mondo, l'accesso di Assange alla consulenza legale e ai documenti è stato gravemente ostacolato, minando il suo diritto fondamentale di preparare la sua difesa»: abusi che «potrebbero costargli la vita»;

          Melzer denuncia inoltre come «l'arbitrarietà palese sostenuta sia dalla magistratura che dal Governo suggerisce in questo caso un allarmante allontanamento dall'impegno del Regno Unito nei confronti dei diritti umani e dello Stato di diritto». Dunque, «se il Regno Unito non modificherà con urgenza la situazione disumana in cui versa il fondatore di Wikileaks, Assange continuerà ad essere esposto all'arbitrarietà e agli abusi che potrebbero costargli la vita» –:

          se il Governo, alla luce di quanto riportato in premessa, non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza e nelle sedi opportune, per sostenere le richieste del responsabile Onu contro la tortura, lo svizzero Nils Melzer, e per garantire i diritti fondamentali a Julian Assange.
(4-04153)

      Risposta. — Il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura e altri trattamenti crudeli, disumani e degradanti, lo svedese Nils Melzer, ha condotto una visita presso il carcere di Belmarsh nel maggio 2019 per verificare le condizioni fisiche e psicologiche di Julian Assange. Sulla base delle risultanze di tale visita, il relatore speciale ha lanciato un «appello urgente» al Regno Unito, chiedendo di provvedere ad un miglioramento delle condizioni detentive di Assange, in considerazione della sua precaria situazione psicologica e fisica e nel rispetto dei principi legati al suo diritto alla difesa. In un comunicato stampa del 1° novembre 2019 il relatore speciale è tornato ad esprimere preoccupazione per il continuo deterioramento della salute di Julian Assange registratosi dal momento del suo arresto, profilando seri rischi per la sua stessa vita. Nils Melzer ha anche evidenziato come il Regno Unito non abbia adottato alcuna misura per rispondere al suo appello urgente, nonostante l'urgenza medica prospettata nello stesso.
      La figura del relatore speciale sulla tortura e altri trattamenti crudeli, disumani e degradanti, è stata istituita nel 1985 dall'allora Commissione (Onu) per i diritti umani (attuale Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite/CDU). Sulla base delle risoluzioni che lo hanno istituito e che ne hanno rinnovato successivamente il mandato, il relatore speciale è incaricato di: 1) lanciare appelli urgenti agli Stati in relazione a persone dichiarate a rischio di tortura, nonché comunicazioni su presunti casi di tortura già compiuti; 2) intraprendere visite di «
fact finding» nei Paesi dove sono stati denunciati casi di tortura, previo consenso del Governo interessato, e se del caso raccomandare le azioni da intraprendere per porre fine a tali violazioni; 3) presentare relazioni annuali sulle sue attività, il mandato e i metodi di lavoro al Consiglio diritti umani e all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il mandato del relatore speciale ha durata triennale ed è stato rinnovato da ultimo nel marzo 2017 con risoluzione del Cdu (A/HRC/RES/34/19) co-sponsorizzata anche dall'Italia e dal Regno Unito.
      Il ruolo e le attività del relatore speciale non hanno collegamento organico con la Convenzione Onu contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottata dall'Assemblea Generale nel 1984 ed entrata in vigore nel 1987, che ha istituito un comitato contro la tortura (CAT), composto da dieci esperti indipendenti che sono eletti dagli Stati parte con il compito di monitorarne l'attuazione da parte degli Stati membri. Non sussiste collegamento giuridico diretto tra l'azione del relatore speciale Onu sulla tortura e il comitato contro la tortura, che può attivare una procedura d'inchiesta di propria iniziativa, su richiesta di uno Stato o di un individuo o gruppo di individui. La summenzionata Convenzione contro la tortura è stata integrata da un protocollo opzionale (entrato in vigore nel 2006 e ratificato ad oggi da 90 Stati tra cui Italia e Regno Unito) che ha istituito il sotto-comitato per la prevenzione della tortura (SPT), composto da 25 esperti indipendenti con funzioni preventive, in particolare visite nei luoghi di detenzione e assistenza agli Stati parte nell'istituzione di meccanismi nazionali di prevenzione della tortura.
      Mentre la Convenzione contro la tortura e il protocollo opzionale hanno creato un meccanismo di obblighi giuridici in capo agli Stati parte, la figura del relatore speciale è prevista da atti di «
soft law» e svolge un importante ruolo politico senza tuttavia poter avanzare agli Stati richieste vincolanti. Sul piano strettamente formale, pertanto, il Regno Unito non risulta formalmente obbligato a dare seguito all'appello urgente del relatore speciale, pur rimanendo vincolato a tutti obblighi previsti dalla Convenzione e dal suo protocollo opzionale.
      Sul piano più generale, l'Italia proseguirà nei suoi sforzi sull'argomento. Il nostro Paese è parte della Convenzione ONU contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottata nel 1984 ed entrata in vigore nel 1987, e del protocollo opzionale alla Convenzione, adottato nel 2002 ed entrato in vigore nel 2006.
      L'Italia partecipa attivamente ai negoziati delle risoluzioni Onu sul tema della tortura e altri trattamenti e punizioni crudeli, inumani e degradanti, presentate annualmente dalla Danimarca e adottate dall'Assemblea generale dell'Onu a New York e dal Consiglio diritti umani a Ginevra. L'Italia co-sponsorizza tradizionalmente tali risoluzioni, da ultimo quella adottata nel dicembre 2019 dall'Assemblea generale.
      L'Italia sostiene attivamente, anche a livello finanziario, le attività del fondo delle Nazioni Unite per le vittime della tortura incaricato dall'Assemblea generale di fornire assistenza diretta e di sostenere progetti di assistenza medica, psicologica, legale, finanziaria e sociale alle vittime della tortura. Il fondo è anche attivo nella disseminazione di informazioni per creare consapevolezza sulla tortura e sulle necessità delle vittime. Il fondo collabora inoltre attivamente con gli altri meccanismi internazionali contro la tortura, a partire dal comitato contro la tortura.
      L'Italia ha svolto un ruolo attivo nell'elaborazione delle linee guida UE sulla tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti adottate nel 2001 e aggiornate da ultimo nel settembre 2019. Le linee guida UE sono volte ad orientare e rafforzare l'azione europea nei confronti dei Paesi terzi, nei rapporti bilaterali e nel contesto dei fora multilaterali, attraverso passi diplomatici e tramite il sostegno finanziario a progetti della società civile.
      In ambito Consiglio d'Europa, l'Italia sostiene le attività del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT), composto da un esperto indipendente per ciascuno dei 47 Stati membri, con il compito di organizzare visite nei luoghi di detenzione e verificare il trattamento dei prigionieri.
      Il nostro Paese manterrà il proprio impegno in materia, confermando l'attiva partecipazione dell'Italia in tutti i fora e gli ambiti sopra delineati.

La Sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Marina Sereni.


      D'ATTIS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          la giunta del comune di Fasano, in provincia di Brindisi, dopo l'elezione del sindaco dottor Francesco Zaccaria, risultava composta da tre donne e quattro uomini, rispettando dunque le previsioni normative sulle «quote rosa»;

          nell'aprile del 2018, il consiglio comunale di Fasano è stato interessato da cambiamenti di equilibri politici: il consigliere Vito Bianchi, rappresentante il Movimento «In Comune», ha abbandonato la maggioranza che sostiene l'attuale sindaco di Fasano;

          tali cambiamenti, intersecandosi con nuovi ingressi in maggioranza per rafforzare la squadra del primo cittadino, hanno determinato la revoca delle deleghe all'allora assessore ai lavori pubblici, dottoressa Annarita Angelini (in quota «In Comune»), e l'invito alla stessa nel ricoprire il ruolo di assessore alla cultura;

          in data 27 luglio l'assessore Giacomo Maringelli, a seguito di nuovi accordi politici tra il primo cittadino ad un nuovo gruppo di quattro consiglieri pronti ad abbandonare l'opposizione per aderire al progetto politico della maggioranza (il cosiddetto gruppo «Uniti per Fasano»), rassegnava le dimissioni dal suo incarico;

          nel medesimo periodo l'assessore Annarita Angelini rifiutava l'offerta del sindaco Zaccaria – il quale, come in premessa, le proponeva la delega alla cultura – abbandonando dunque la squadra del primo cittadino;

          in data 29 luglio 2018, veniva ufficialmente nominato un nuovo assessore, dottor Giuseppe Ventrella, sostituendo così l'ex assessore Angelini nelle medesime funzioni, con ingresso in maggioranza del neonato gruppo «Uniti per Fasano», del quale Ventrella risultava essere rappresentante in giunta: da questo momento in poi – dal 29 luglio del 2018 – la giunta risultava composta da 4 uomini e 2 donne;

          nel marzo 2019, a seguito di rottura dei rapporti fiduciari tra un membro della giunta e la maggioranza che sostiene il sindaco Zaccaria, quest'ultimo revocava ufficialmente le deleghe all'allora assessore al demanio, Leonardo De Leonardis: il 22 giugno 2019 il consigliere comunale Giuseppe Galeota è stato nominato nuovo assessore al demanio, sostituendo dunque l'ex assessore De Leonardis nelle sue funzioni;

          nelle ultime settimane, con nuovo cambio di deleghe, all'ex assessore Giuseppe Ventrella è subentrato il neo assessore Antonio Pagnelli;

          dopo più di un anno dunque, la giunta Zaccaria continua, ad oggi, ad essere composta da 4 assessori di sesso maschile e 2 assessori di sesso femminile;

          la legge n. 56 del 2014 (cosiddetta «legge Delrio») prevede che «Nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico»;

          appare evidente che in questo caso la giunta Zaccaria, mancando della nomina del settimo assessore di sesso femminile, determina una quota aritmetica che non va oltre quella del 33 per cento, con due assessori di genere femminile e quattro di genere maschile;

          si rammenta che il Consiglio di Stato (Sezione Quinta) con sentenza n. 406, emessa in data 27 ottobre 2015, e depositata in data 3 febbraio 2016, ha confermato il carattere inderogabile della percentuale di «quote rosa» nelle giunte comunali prevista dalla cosiddetta «legge Delrio»;

          il 15 luglio 2019 i consiglieri di opposizione del comune di Fasano hanno depositato esposto nelle mani del prefetto di Brindisi;

          il 21 settembre 2019 gli stessi consiglieri hanno interrogato il sindaco presso l'assise cittadina: ad oggi non risultano nuove nomine –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;

          se e quale risposta abbia fornito il prefetto di Brindisi alla segnalazione di cui sopra e se l'attuale conformazione della giunta comunale di Fasano rispetti pienamente la cosiddetta legge Delrio del 2014.
(4-03877)

      Risposta. — In relazione alla questione posta dall'interrogante, si rileva, in primo luogo, come l'equilibrio della rappresentanza di genere negli organi di governo delle istituzioni elettive abbia da sempre costituito un tema centrale nel dibattito politico degli ultimi anni, riconducibile alla riforma dell'articolo 51 della Costituzione, che ha elevato al rango costituzionale il principio della pari opportunità tra donne e uomini.
      Come noto, negli ultimi anni, il legislatore ha rivolto particolare attenzione all'attuazione del predetto principio, sia sul versante dell'accesso alle diverse competizioni elettorali, che su quello della partecipazione agli organi di governo delle istituzioni rappresentative.
      In tale ambito, la legge n. 56 del 2014 ha stabilito, all'articolo 1, comma 137, che nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3 mila abitanti nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento.
      Sul tema, la giurisprudenza amministrativa — in relazione ai casi di mancata applicazione della norma — è più volte intervenuta, affermando come la stessa possa essere derogata solo per garantire la continuità dello svolgimento delle funzioni politiche, quando l'impossibilità di assicurare la presenza dei due generi sia adeguatamente provata tramite un'accurata e approfondita istruttoria, motivata nel provvedimento sindacale di nomina degli assessori.
      Il Ministero dell'interno, ancor prima del consolidarsi del predetto orientamento giurisprudenziale, ha richiamato, anche con un'apposita circolare (n. 6508 del 24 aprile 2014), l'attenzione dei comuni al puntuale rispetto di tali principi. Più in particolare, si è stabilito come sia necessario che i sindaci svolgano una preventiva attività istruttoria, preordinata ad acquisire la disponibilità allo svolgimento delle funzioni assessorili, da parte di persone di entrambi i generi. Laddove ciò non sia possibile, occorre dare conto delle ragioni della mancata applicazione del principio della parità di genere.
      Si rileva, altresì, che la disposizione in esame non prevede specifiche sanzioni per il mancato rispetto della percentuale di genere e, in assenza di poteri amministrativi di controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, le doglianze relative ai provvedimenti di composizione della giunta comunale possono essere fatti valere esclusivamente dinanzi al giudice amministrativo.
      Dalla consultazione dei dati presenti nell'anagrafe degli amministratori locali, istituita presso il Ministero dell'interno si rileva in ogni caso che, al mese di febbraio di quest'anno, nei 3.549 comuni con popolazione superiore ai 3.000 abitanti, su un totale di 15.404 assessori, 6.891 sono rappresentati da donne (con una percentuale del 44,74 per cento).
      Con particolare riferimento al caso prospettato dall'interrogante, si evidenzia che lo scorso 17 luglio è pervenuta alla prefettura di Brindisi una nota nella quale alcuni consiglieri comunali del comune di Fasano hanno segnalato la violazione del rispetto della quota percentuale, stabilita nella misura del 40 per cento nella formazione della giunta comunale che, al momento dell'esposto, risultava composta da 6 assessori sui 7 previsti, 4 dei quali uomini.
      La prefettura, con nota del successivo 19 luglio 2019, ha invitato il sindaco di Fasano a garantire il pieno rispetto del principio di parità di genere, come previsto dalla legge, segnalando, nel contempo, il caso in esame anche all'ufficio della consigliera di parità della regione Puglia che, in materia, svolge una funzione di vigilanza e controllo dell'attuazione del principio di non discriminazione la quale, a sua volta, ha inviato una nota al sindaco per richiamare l'attenzione sul rispetto delle quote.
      Il sindaco di Fasano, il 30 luglio 2019, nel rappresentare al prefetto come la disparità rilevata fosse riconducibile alle numerose variazioni intervenute nella composizione della giunta sin dall'estate del 2018, ha assicurato di avere avviato le necessarie interlocuzioni con le diverse componenti politiche della maggioranza, al fine di ridefinire, nei termini di legge, la composizione dell'organo esecutivo.
      Il 24 ottobre 2019, il sindaco ha trasmesso alla prefettura il decreto (n. 15 del 22 ottobre 2019) con il quale la dottoressa Angela Carrieri è stata nominata componente della giunta.
      Si è in tal modo giunti al ripristino della composizione dell'organo esecutivo, attraverso il rispetto delle quote di rappresentanza di genere, come previsto dalla normativa vigente.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


      LUCA DE CARLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          in tutto il territorio nazionale risulta esserci una forte carenza di segretari comunali, situazione ulteriormente aggravata dall'adesione degli stessi aventi diritto al provvedimento «quota 100» per cui a fine anno corrente potrebbe verificarsi una paralisi amministrativa;

          soltanto nella regione Liguria al 31 dicembre 2019 resteranno circa 60 segretari per un fabbisogno di 238 autonomie locali (234 comuni + 4 aree vaste) e nella provincia di Bergamo la carenza di figure professionali abilitate al ruolo di segretario comunale al momento sono pari a 49 (che da fine anno si ridurrà ulteriormente a 40 per via dell'adesione a «quota 100» di 9 di essi) per un totale di 243 comuni;

          in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, 4a serie speciale, «Concorsi ed esami», n. 58 del 23 luglio 2019 è stato comunicato il secondo rinvio della pubblicazione del diario della prova preselettiva del Coa6, come si era già precedentemente verificato in data 28 maggio 2019, Gazzetta ufficiale n. 42 del 28 maggio 2019, e quindi le date e le sedi di svolgimento delle prove preselettive e le informazioni circa la pubblicazione del diario delle successive prove scritte, previste dagli articoli 6 e 7 del bando di concorso pubblico, per esami, per l'ammissione di duecentonovantuno borsisti al sesto corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione richiesta ai fini dell'iscrizione di duecentoventiquattro segretari comunali nella fascia iniziale dell'albo di cui alla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana – 4a serie speciale «Concorsi ed esami» – n. 102 del giorno 28 dicembre 2018, saranno pubblicate nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana – 4a serie speciale «Concorsi ed esami» – n. 77 del 27 settembre 2019, nonché sul sito internet dell'Albo nazionale https://albosegretari.interno.gov.it, è necessario scongiurare un vero e proprio collasso amministrativo che potrebbe verificarsi per tale rinvio –:

          quali siano le motivazioni per le quali il Ministero abbia ritenuto necessario rinviare ulteriormente la pubblicazione del diario delle preselezioni e delle relative successive prove scritte di cui in premessa;

          quali iniziative si intendano assumere per accelerare sensibilmente le procedure per il reclutamento delle suddette figure professionali e se intenda valutare la possibilità di aumentarne il numero in quanto secondo l'interrogante 291 borsisti per 224 segretari comunali per oltre 1.400 comuni italiani è decisamente un quantitativo esiguo rispetto al fabbisogno nazionale.
(4-03417)

      Risposta. — La funzione del segretario comunale assume una valenza fondamentale nell'assetto organizzativo di comuni e province, alla luce dei multiformi compiti previsti dall'ordinamento. Come evidenziato anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 23/2019), al predetto funzionario sono attribuite infatti funzioni complesse ed eterogenee, peraltro non più limitate ai tradizionali compiti di certificazione e di controllo di legalità.
      Si comprende, pertanto, come uno degli elementi costituenti la figura del segretario dell'ente locale sia rappresentato dall'elevato livello di qualificazione professionale richiesto. Per tali ragioni, l'iscrizione all'albo è conseguita solo all'esito di una procedura di reclutamento particolarmente selettiva, ispirata dall'esigenza di coniugare una forte preparazione teorica con un approccio pratico alle problematiche amministrative.
      Sul modello di quanto prescritto per l'accesso alla dirigenza, l'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997 prevede che la procedura concorsuale in esame sia articolata in due distinte e separate sub-procedure: l'abilitazione necessaria ai fini dell'iscrizione all'albo dei segretari comunali e provinciali è rilasciata al termine di un corso-concorso, seguito da un tirocinio pratico.
      Al predetto corso si accede mediante un concorso pubblico per esami, bandito per un numero di posti determinato in relazione alle esigenze di immissione nell'albo e articolato, dopo una prova preselettiva, sullo svolgimento di tre prove scritte e una prova orale.
      Si sottolinea, inoltre, che la complessità e l'eterogeneità dei diversi compiti attribuiti al segretario dell'ente locale rendono essenziale, nell'ambito delle procedure concorsuali, svolgere fasi formative volte ad assicurare la preparazione tecnica dei candidati all'immediato esercizio dei gravosi e rilevanti compiti sopra descritti. Solo in tal modo, infatti, risulta possibile assicurare alle nuove unità l'assunzione di quella professionalità necessaria per garantire la pronta funzionalità delle amministrazioni a seguito della relativa immissione in servizio. Appare necessario, pertanto, che il processo di reclutamento dei segretari sia contraddistinto, oltre che da una fase concorsuale, anche da un successivo percorso formativo.
      Allo stato, l'albo dei segretari comunali e provinciali risulta effettivamente caratterizzato da significative carenze, concentrate nella fascia iniziale di accesso alla carriera, principalmente per effetto delle previsioni di legge che, nel tempo, hanno limitato le assunzioni nel pubblico impiego.
      Ne consegue che le amministrazioni locali di più piccola dimensione — con popolazione non superiore a 3.000 abitanti — siano quelle che maggiormente risentono delle conseguenti disfunzioni organizzative, anche in considerazione della circostanza che, in tali enti, al segretario sono sovente attribuiti anche compiti gestionali, di sostituzione dei responsabili dei servizi.
      Al riguardo, si assicura che particolare attenzione è stata dedicata da parte del Governo sia sulle criticità derivanti dalla carenza segnalata nell'interrogazione, sia sulla necessità di provvedere a una semplificazione delle procedure di reclutamento dei segretari stessi.
      Nella consapevolezza che il principale fattore di criticità nella gestione dell'Albo sia rappresentato dall'esigenza di immettere nuove unità da destinare ai comuni di minore dimensione, con decreto n. 13722 del 18 dicembre 2018 del Prefetto responsabile della gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali, è stato indetto il sesto corso-concorso (COA 6), finalizzato all'assunzione di 291 segretari, le cui prove scritte si sono svolte nei giorni 17, 18 e 19 dicembre 2019; la commissione di concorso sta procedendo alla correzione degli scritti con ogni possibile sollecitudine.
      Oltre a tale procedura, nell'ottica di assicurare con regolarità nuove iscrizioni all'albo, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2019, è stato autorizzato l'avvio di un'ulteriore selezione, relativa al settimo corso-concorso (COA 7), finalizzata all'assunzione di 171 nuovi segretari comunali.
      Infine, con la legge n. 8 del 28 febbraio 2020 (conversione in legge del cosiddetto decreto «Milleproroghe»), il Governo ha introdotto alcune disposizioni volte a far fronte alla segnalata carenza dei segretari comunali, anche mediante una semplificazione e accelerazione delle procedure selettive.
      In particolare, con l'articolo 16-
ter, recante «Disposizioni urgenti per il potenziamento delle funzioni dei segretari comunali e provinciali», è stata prevista la riduzione della durata del corso-concorso di formazione (da 18 a 6 mesi) e del tirocinio pratico (da 6 a 2 mesi), riduzione che si applica anche alle procedure di reclutamento in corso.
      Per i piccoli comuni — ove si registra la maggior carenza di segretari — è stata introdotta la possibilità di conferire le funzioni di vicesegretario a funzionari di ruolo di un ente locale, in possesso dei requisiti per la partecipazione al concorso.
      È stata prevista poi la possibilità di riservare ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni una quota dei posti del concorso pubblico per esami che consente l'accesso al corso-concorso.
      Da ultimo è stata disposta l'istituzione di una sessione aggiuntiva al concorso COA 6, destinata a 223 borsisti e finalizzata all'iscrizione di ulteriori 172 segretari comunali nella fascia iniziale dell'Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali.
      Il competente albo nazionale dei segretari comunali e provinciali provvederà a mettere in atto le predette previsioni normative e ad avviare le procedure finalizzate al concreto svolgimento del concorso COA 7, nonché a svolgere la sessione aggiuntiva del COA 6.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Achille Variati.


      SABRINA DE CARLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la connessione internet a banda larga resta un miraggio per buona parte dei comuni del Friuli Venezia Giulia;

          nel comune di Turriaco, in provincia di Gorizia, si vive una situazione complessa: la metà del paese ha la possibilità di accedere al collegamento internet veloce, mentre la parte restante, classificata erroneamente come «area bianca», non gode di questo servizio;

          per essere più precisi, ne usufruisce solo la parte confinante con la frazione di Pieris, compresa la zona artigianale e le imprese che vi si sono insediate;

          dei cinque armadi stradali di cui è servito il comune solo uno di questi è già collegato da Tim con fibra ottica e dunque aperto alla commercializzazione e i restanti quattro ricadono nella cosiddetta «area bianca», vale a dire una zona per la quale non è previsto nessun tipo di investimento privato per la banda larga;

          i programmi di copertura con reti in fibra ottica a livello nazionale presentati da Tim in alcune delle «aree bianche» sono attualmente in fase di verifica, determinando quindi la sospensione delle attività correlate al piano in questione –:

          se sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e quali iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, e in quali tempistiche, per la risoluzione delle criticità sopra evidenziate, affinché tutti i cittadini di Turriaco abbiano le stesse possibilità di accesso alla banda larga.
(4-04881)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
      L'interrogante fa riferimento al Piano banda ultra larga (BUL), specificamente all'intervento nelle cosiddette «aree bianche», lamentando la scarsa copertura con fibra ottica di buona parte dei comuni del Friuli Venezia Giulia e, in particolare, del comune di Turriaco.
      A tal riguardo si evidenzia che il comune di Turriaco rientra nel piano per la diffusione della banda ultra larga, coordinato dal Ministero dello sviluppo economico ed attuato dalla società Infratel Italia s.p.a.
      In via preliminare, va precisato che la prima fase di attuazione del piano nazionale BUL riguarda, in particolare, l'infrastrutturazione delle cosiddette «aree bianche» del Paese, ossia aree a fallimento di mercato, prive di investimenti da parte di operatori privati; la seconda fase riguarda, invece, lo sviluppo di reti ultraveloci nelle aree cosiddette «nere» e «grigie», aree dove già esistono una o più reti in banda ultra larga.
      Ciò detto, per quel che concerne il comune di Turriaco, si sottolinea che tale comune è classificato come area bianca e rientrerebbe, dunque, tra quelli ove la copertura di rete fissa sarà garantita al 100 per cento con interventi di natura pubblica.
      Invero, si osserva che le infrastrutture per l'abilitazione alla BUL delle zone del comune in questione, attualmente non coperte dal servizio, sono in fase di progettazione e si prevede l'apertura dei relativi cantieri nel corso del 2021.
      È opportuno, a tal punto, chiarire che i rallentamenti nell'apertura di nuovi cantieri e nel completamento dei lavori di posa in opera della fibra sono stati determinati, dalla complessità nell'acquisire i permessi dagli enti nazionali e locali interessati nonché dalle difficoltà operative del concessionario, che si è trovato in fase di
start-up a gestire un progetto estremamente complesso e sfidante per il sistema Paese.
      Per accelerare le attività sopra descritte, il Ministero dell'innovazione tecnologica ha informato che è stato convocato il COBUL con frequenza e cadenza ravvicinata, al fine di individuare le iniziative più urgenti da adottare. Conseguentemente, il comitato ha svolto un'analisi approfondita sullo stato di attuazione del grande progetto banda ultra larga, rilevando le cause del ritardo nella realizzazione dello stesso e cercando di individuare le possibili soluzioni atte a superare le criticità rilevate e ad accelerarne l'attuazione.
      Per analizzare le cause del rallentamento, è stato valutato lo stato di rilascio dei permessi per ogni singolo cantiere e sono stati verificati i soggetti deputati al rilascio. Inoltre, si è proceduto a definire un cronoprogramma delle attività con le regioni ed a realizzare un
dashboard, in grado di evidenziare lo stato di avanzamento delle attività e le relative criticità, reso disponibile sul sito della società Infratel.
      A fronte di tali circostanze, il Ministero dello sviluppo economico ha ritenuto dunque di proporre incontri mensili con le amministrazioni locali per risolvere le criticità burocratiche e accelerare l'attuazione del progetto ed è intervenuto per favorire il superamento delle problematiche aperte.
      Alla luce dell'intervento del Ministero dello sviluppo economico, è poi emerso un miglioramento della situazione in quelle regioni che hanno favorito la costituzione di apposite conferenze di servizi.
      In secondo luogo, sono state promosse «misure di semplificazione per l'innovazione» per accelerare il rilascio delle autorizzazioni, in particolare per le attività di scavo a basso impatto ambientale. Si veda in tal senso l'articolo 8-
bis del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, recante «Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione».
      Sempre al fine di accelerare il rilascio delle autorizzazioni, il COBUL ha effettuato le audizioni con i soggetti coinvolti nel rilascio delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dei lavori e proposto la costituzione di tavoli congiunti tra i soggetti interessati.
      Pertanto, rispetto ai rallentamenti burocratici iniziali, si rileva che gli interventi hanno avuto una accelerazione. Si sono tenute in particolare due riunioni del COBUL il 25 febbraio e il 26 marzo 2020. Nella riunione del 25 febbraio sono stati convocati ed ascoltati in audizione i rappresentanti di ANAS, RFI e MIBACT, al fine di analizzare le criticità connesse agli
iter autorizzativi di rispettiva competenza.
      Nella successiva riunione, sono state discusse proposte di semplificazione normativa da parte del concessionario (Open Fiber spa) per accelerare i lavori di infrastrutturazione.
      Per migliorare i processi di progettazione e collaudo dei lavori sono stati avviati dei gruppi di lavoro congiunti Infratel Italia-Open Fiber. I gruppi di lavoro hanno concordato le seguenti iniziative:

          per le attività di collaudo:

              è stata definita una check-list per la verifica dei documenti di collaudo già in uso da entrambe le parti;

              sono stati aggiornati e definiti i processi operativi per la produzione della documentazione dei collaudi e per la risoluzione delle prescrizioni con l'esatta individuazione dei ruoli e responsabilità degli attori coinvolti nel processo;

              è stato sviluppato un set di parametri di valutazione delle prestazioni (KPI), basato sulle percentuali di rifiuti della documentazione inerente i progetti As Built e le relative prescrizioni;

              è stata condivisa una modalità di monitoraggio delle criticità che ostacolano il completamento dei lavori ed impediscono l'esecuzione dei collaudi;

              è stato realizzato uno spazio comune con F.A.Q. dove fornire chiarimenti relativi alle operazioni di collaudo ad uso dei collaudatori Infratel Italia e al personale dei territori Open Fiber.

          Per le attività di progettazione:

              è stata condivisa la check-list per la verifica degli elaborati dei progetti definitivi ed esecutivi;

              è stato condiviso con Open Fiber un software sviluppato da Infratel Italia per automatizzare le verifiche di conformità dei progetti alle norme tecniche di progettazione e ai target di copertura previsti nei comuni oggetto di intervento;

              sono stati apportati importanti correttivi al flusso di progettazione e all'iter autorizzativo attraverso l'introduzione di controlli funzionali alla riduzione delle tempistiche di richiesta-rilascio delle autorizzazioni;

              sono state concordate importanti ottimizzazioni progettuali al fine di migliorare la «qualità sostanziale» dei progetti esecutivi, per rendere più fluida e continua la fase realizzativa e ridurre le dipendenze tra progetti ai fini della collaudabilità.

      Infratel Italia e il concessionario Open Fiber hanno inoltre concordato un monitoraggio costante della qualità dei progetti, dell'avanzamento della progettazione, dell'andamento delle attività documentali per massimizzare sia il numero dei comuni in cui avviare i lavori, sia il numero dei collaudi nel corso del 2020.
      Sul punto sollevato dall'interrogante riguardo alla circostanza che i «programmi di copertura con reti in fibra ottica a livello nazionale presentati da Tim in alcune “aree bianche” sono attualmente in fase di verifica determinando la sospensione delle attività correlate al piano», è stata sentita direttamente la società TIM spa, la quale ha riferito quanto segue.
      In attesa della chiusura del procedimento antitrust allora in corso, TIM aveva sospeso gli investimenti nelle aree cosiddette «bianche», oggetto dei bandi Infratel.
      A seguito della definizione del procedimento, avvenuta il 6 marzo 2020, TIM potrà ora avviare la commercializzazione dei servizi
wholesale e retail in tali aree. A tal fine, è necessario però attendere i termini di preavviso di 30 giorni previsti dalla normativa di settore.
      Tuttavia, considerata la situazione di emergenza venutasi a creare nell'intero territorio nazionale il 9 marzo scorso, la società TIM spa ha chiesto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di poter attivare da subito la rete senza dover attendere i termini di preavviso.
      L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, interpellata sulla questione ha informato di aver previsto che fino al 30 giugno 2020, TIM potrà aprire nuovi
cabinet NGA, ove disponibili, con un anticipo di soli 10 giorni (riduzione dei tempi rispetto ai 30 giorni dell'attuale regolamentazione) e potrà attivare — in tempi brevi — le linee a banda ultralarga attestate ai cabinet FTTC già installati (ma sospesi nelle more della conclusione del procedimento antitrust), in parte delle aree bianche del territorio italiano (tra cui quelle richiamate dall'interrogante).
      Inoltre, l'Agcom ha sottolineato che nella riunione di Consiglio del 18 marzo 2020, in attuazione dell'articolo n. 82 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (anche detto decreto «Cura Italia»), ha adottato le prime misure urgenti sui servizi a banda larga e ultralarga (al fine di facilitare e abilitare il «lavoro agile», ai sensi della circolare Agcom del 20 marzo 2020) e ha fatto presente che adotterà, ove necessarie, eventuali misure volte a garantire in ogni caso, nel periodo successivo all'emergenza, lo sviluppo e l'adozione di reti in fibra ottica in coerenza con gli obiettivi europei della
Gigabit Society e con gli esiti del piano BUL nelle aree bianche.
      Tra le attività promosse dal Ministero dello sviluppo economico per ridurre il divario digitale nel nostro Paese, si segnalano inoltre: il «Progetto Wifi Italia», rivolto soprattutto ai piccoli comuni; nonché l'articolo n. 79 del decreto-legge «Cura Italia», che punta a stimolare interventi e iniziative da parte degli operatori Telco, al fine di potenziare le infrastrutture e la capacità delle reti nazionali, in quanto servizi essenziali anche in grado di dare una spinta all'economia.
      In conclusione, si rappresenta che il Ministero dello sviluppo economico continuerà a vigilare sull'avanzamento del Piano BUL, nonché a monitorare costantemente le fasi attuative poste in essere e la tempistica di quelle in fase di progettazione, come nel caso del comune di Turriaco, affinché tutti i cittadini abbiano al più presto le stesse possibilità di accesso alla banda larga.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


      DEIDDA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          recentemente, un gruppo spontaneo di gestori di distributori di carburanti sardi, di ogni marchio, indipendenti da qualsivoglia associazione di categoria, locale e nazionale, ha manifestato le enormi difficoltà del settore in questione, tali, ormai, da mettere a serio rischio l'esistenza stessa della categoria;

          i citati gestori sono lavoratori autonomi che impegnano e rischiano i loro capitali, con un orario di apertura dell'attività pari ad almeno 9, 10 ore giornaliere: peraltro, essendo dotati di accettatore self-service sono pure costretti ad un costante monitoraggio della medesima attività (24 ore su 24, 365 giorni all'anno, festività incluse);

          l'impegno dei capitali personali nella gestione dell'impianto per il pagamento delle forniture di carburante – garantite da fidejussioni personali a prima chiamata – costituisce una garanzia indiretta anche per il versamento delle imposte, tasse ed accise: elementi, questi ultimi, che compongono, principalmente, il prezzo finale del carburante;

          in altre parole, tra le funzioni principalmente svolte dai soggetti in questione vi è quella di drenare ingenti risorse nelle casse erariali, tutti i giorni, 24 ore su 24: e ciò, peraltro, con una sensibile esposizione della loro incolumità personale, proprio in ragione dell'ingente quantità di denaro maneggiato, in luoghi aperti al pubblico, esposti all'operato criminale sempre più dilagante;

          a fronte di tali, gravosi impegni, la gestione delle attività in questionano a qualche anno fa, garantiva un'adeguata remunerazione economica che, invece, allo stato, appare del tutto insufficiente per qualsiasi gestore, indipendentemente dalle sue capacità imprenditoriali;

          il suindicato stato di crisi è determinato soprattutto dall'esiguo margine di guadagno che, in media, non supera i 3 centesimi a litro, a fronte delle 80 lire incassate prima dell'avvento dell'euro e che, dunque, il reddito lordo medio delle attività in questione è pari a 25.000,00 euro annui, sui quali devono ulteriormente caricarsi gli altri costi fissi e variabili;

          i modelli gestionali adottati da tutte le compagnie petrolifere determinano vincoli di gestione tali da impedire la libera organizzazione dell'attività economica e che, di fatto, si tramutano in un abuso di dipendenza economica;

          a ciò si aggiunga che il prezzo finale da praticare viene di fatto imposto dalla compagnia, la quale monitora costantemente i prezzi praticati con sistemi informatici e, nel caso in cui si avveda di un discostamento, pone in essere tutta una serie di azioni, tali da incidere sulle scelte del gestore interessato;

          tali comportamenti incidono sensibilmente sulla libertà del gestore di determinare la propria attività economica, dimodoché appare ravvisabile, secondo l'interrogante, proprio la violazione di cui all'articolo 9 della legge n. 192 del 1998;

          in ragione dell'importanza del settore economico in questione, sia per l'intera economia nazionale che, direttamente, per le casse erariali, appare necessario un intervento del Governo al fine di riordinare il medesimo settore, con la previsione di maggiori tutele in favore dei gestori –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di garantire una remunerazione adeguata dei lavoratori impiegati nel settore, anche attraverso l'istituzione di un tavolo tecnico permanente per il riordino del settore: e ciò anche al fine di evitare il fallimento di numerose imprese e, dunque, ulteriori, negative ripercussioni sull'economia nazionale, sulla filiera dell'energia e dei trasporti, nonché sulle entrate erariali che la rete dei gestori garantisce quotidianamente.
(4-02951)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la Direzione generale del Ministero dello sviluppo economico competente in materia, si rappresenta quanto segue.
      L'interrogante fa riferimento alle difficoltà del settore della distribuzione dei carburanti, con particolare attenzione alla situazione dei gestori di distributori di carburanti sardi, e chiede quali iniziative di competenza si intendano adottare, al fine di garantire una remunerazione adeguata dei lavoratori impiegati nel settore, anche attraverso l'istituzione di un tavolo tecnico permanente.
      Orbene, a tal riguardo rappresento che i temi sollevati dall'interrogante sono all'attenzione del Ministero dello sviluppo economico, presso il quale è stato già attivato il tavolo tecnico di confronto con le organizzazioni dei gestori di distribuzione dei carburanti.
      A tal proposito, infatti, rappresento che nell'ambito della discussione relativa alla risoluzione 7-00258 (De Toma), avente ad oggetto iniziative urgenti in favore del settore della distribuzione dei carburanti, si sono svolte una serie di audizioni presso la X Commissione della Camera dei Deputati, che hanno interessato l'intero comparto, ivi compresi Assopetroli, Federazioni dei gestori, Unione Petrolifera e le Regioni.
      La citata risoluzione, in particolare, impegna il Governo ad assumere iniziative volte tra l'altro «alla razionalizzazione e all'ammodernamento della rete distributiva, con una revisione del piano e degli indirizzi di ristrutturazione della stessa su sedimi stradali ed autostradali, prevedendo la chiusura dei punti vendita obsoleti ed inefficienti, accompagnata dall'erogazione di indennizzi per la bonifica ambientale e per l'effettivo e definitivo loro smantellamento e favorendo, ove possibile, la riconversione tecnologica, attraverso strumenti agevolativi, nonché l'ammodernamento della rete distributiva attraverso l'implementazione dei servizi alla mobilità elettrica anche nel rispetto degli obblighi e ai sensi della disciplina di attuazione della direttiva 2014/94/UE sulla realizzazione di infrastruttura per i combustibili alternativi o comunque a ridotto impatto ambientale [...]», è stata votata in senso favorevole in data in data 4 dicembre 2019.
      Le citate iniziative, invero, dovranno tener conto degli obiettivi previsti nel Piano integrato per l'energia e il clima italiano (Pniec) che, nella stesura definitiva inviata alla Commissione europea in attuazione del Regolamento (UE) 2018/1999, contiene indicazioni di sviluppo del settore dei trasporti verso la elettrificazione della mobilità. Occorrerà, quindi, garantire la transizione verso la de-carbonizzazione dell'economia con un adeguato sviluppo delle infrastrutture per i carburanti alternativi e per la ricarica elettrica, che potranno vedere partecipi anche gli attuali segmenti della distribuzione dei carburanti tradizionali, appositamente ristrutturati.
      Il Ministero dello sviluppo economico è intervenuto sul tema, infine, anche attraverso lo strumento della «mediazione delle vertenze collettive» introdotto dal decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32 recante «Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59», anche al fine di «assicurare al gestore condizioni eque e non discriminatorie per competere nel mercato di riferimento» (come stabilito dall'articolo 28 comma 14, come novellato dal decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, rubricato «Razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti».

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


      DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          secondo quanto riportato dal giornale online «Insieme» le riunioni del Comitato degli italiani all'estero (Comites) di Curitiba (Brasile), organo di rappresentanza democratica italiana degli Stati brasiliani di Parana e Santa Caterina, non possono essere registrate o riprese;

          il console Raffaele Festa in un'email indirizzata al presidente dei Comites di Curitiba ha intimato che «non ci potranno essere registrazioni audio o riprese video» delle sedute del Comites;

          secondo il giornale online «Insieme» non sarebbe la prima volta che il console Festa proibisce la registrazione o la possibilità di fotografare le riunioni del Comites di Curitiba;

          l'editore di «Insieme», Desiderio Peron, sostiene che lo stesso console abbia espresso insoddisfazione, e chiesto una visione preventiva di un articolo, avente ad oggetto una riunione dell'Intercomites dell'agosto 2017;

          la redazione di «Insieme» riferisce che il console Festa abbia impedito loro di seguire la fase di chiusura delle urne presso il consolato in occasione delle ultime elezioni politiche del 2018;

          più recentemente è stato allo stesso modo proibito di registrare con mezzi audiovisivi la serata di chiusura della «Settimana della lingua italiana nel mondo», presso la Società Dante Alighieri di Curitiba, dove lo stesso console si esibiva in qualità di pianista –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quelli che appaiono all'interrogante casi di limitazione della libertà di stampa e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché sia garantita la libera pubblicità delle sedute dei Comites e di altri eventi pubblici promossi dal consolato d'Italia.
(4-04092)

      Risposta. — L'Amministrazione ha impartito nel tempo specifiche istruzioni a tutti gli uffici della rete diplomatica e consolare interessati al fine di garantire il rispetto del principio della pubblicità delle sedute dei comitati degli italiani all'estero, prevista dall'articolo 5, comma 5, della legge n. 286 del 2003. Si è in particolare evidenziato che tale principio è da considerarsi inderogabile. La legge predetta prevede tra l'altro che la pubblicità della seduta debba essere attuata anche tramite l'affissione dei verbali delle sedute nell'albo consolare: ciò non esclude, naturalmente, che si possa ricorrere anche ad altre forme di pubblicità, incluso lo strumento audiovisivo. Di tale circostanza è stato beninteso informato anche il Consolato generale richiamato nell'interrogazione.
      Con riferimento specifico al caso riportato dall'interrogante, la sede ha fatto presente che le perplessità dalla stessa sollevate circa la possibilità di effettuare registrazioni audio e video della riunione del Com.It.es. — convocata per il 10 di agosto 2019 e poi annullata per assenza del numero legale — sarebbero state fondate dal timore che la riunione potesse essere strumentalizzata per indirizzare attacchi personali a detrimento dell'ufficio consolare. La questione risulta essere stata successivamente chiarita nel corso di una riunione di coordinamento della rete degli uffici consolari in Brasile, svoltasi a Curitiba il 13 novembre 2019, cui ho preso parte di persona, anche con l'Ambasciata d'Italia in Brasile e l'Intercomites.
      Inoltre, nella recente riunione del Com.It.es. del 30 novembre 2019, che si è svolta anche alla presenza di giornalisti, la questione risulta essere stata definitivamente archiviata con la condivisa intenzione di tutti di riprendere un dialogo costruttivo fra Consolato e Com.It.es. nell'interesse comune di rendere un sempre miglior servizio alla comunità italiana residente nella circoscrizione.
      Sul piano generale l'amministrazione naturalmente prosegue nella propria attività di vigilanza del pieno rispetto del principio della pubblicità delle sedute dei comitati degli italiani all'estero, prevista dall'articolo 5, comma 5, della legge n. 286 del 2003.
      

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


      FERRO, BUTTI, ROTELLI e SILVESTRONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          il progetto della rete ultraveloce per le «aree bianche» del territorio, voluto nel 2015 dal Governo Renzi e che doveva concludersi nel 2020, sembra essere destinato a fallire;

          il 3 marzo 2015 l'allora Governo approvava la «Strategia italiana per la banda ultralarga», sostenendola tramite fondi nazionali (Fsc) e fondi comunitari (Fesr e Feasr, assegnati dalle regioni al Ministero dello sviluppo economico in base ad un accordo quadro Stato-regioni), con la promessa di portare «la banda ultralarga nelle case degli italiani, nelle fabbriche, nelle aziende»;

          nel 2017 veniva presentato un bando per la realizzazione della rete che sarebbe stata data in concessione ventennale salvo rimanere proprietà pubblica, quindi «messa a disposizione di tutti gli operatori che vorranno attivare servizi verso cittadini ed imprese», come si legge sempre nella «Strategia» e aggiudicataria era stata Open Fiber, società controllata alla pari da Enel e Cassa depositi e prestiti;

          l'obiettivo era quello di «ridurre il gap infrastrutturale» tra le aree del nostro territorio rispetto a quelle del resto d'Europa e la strategia prevedeva una prima fase attuativa «riguardante le aree a fallimento di mercato (aree bianche) presenti sull'intero territorio»;

          mancano pochi mesi al 2020, ma la situazione appare, ad oggi, drammatica e le regioni potrebbero incorrere nel «disimpegno automatico», come confermano i dati pubblicati da Infratel (la società per azioni a cui il Ministero dello sviluppo economico, che la controlla attraverso Invitalia, ha affidato la missione di realizzare il progetto) dove si evidenzia che, al 4 novembre 2019, «solo in cinque comuni i lavori sono terminati, cioè la rete è collaudata e operativa»: di questi, 3 sono in Umbria, uno in Lombardia e uno in Friuli;

          sono solo cinque, a fronte dei 7.450 compresi in due dei tre progetti «Bul». Il terzo di questi progetti è invece quello che riguarda Calabria, Puglia e Sardegna, le così dette «aree bianche», ovvero le aree a fallimento di mercato che includono circa il 24,6 per cento della popolazione italiana e il 26 per cento delle unità immobiliari, assegnato nel 2018 e ancora nemmeno attivato;

          in particolare, nella regione Calabria, il progetto, che interessa 223 comuni, prevede un finanziamento pubblico di circa 63,5 milioni di euro grazie all'utilizzo dei fondi europei Fesr, a cui si aggiungono 36,6 milioni di euro di investimento da parte della stessa Telecom Italia, per raggiungere circa 800 mila unità immobiliari e più di 980 edifici, tra sedi della pubblica amministrazione centrale e locale e delle Forze armate, istituti scolastici, uffici della pubblica istruzione, ospedali e strutture sanitarie;

          questa moderna infrastruttura avrebbe dovuto consentire ai privati e alla pubblica amministrazione di usufruire e sviluppare nuovi servizi, in grado di migliorare la qualità della vita dei cittadini e di aumentare la produttività delle imprese;

          ad oggi, però, lo scenario è negativo e il rischio per le regioni è quello di incorrere nel disimpegno automatico, cioè la perdita dei fondi comunitario, o potrebbe accadere che l'area designata non venga più riconosciuta come «area bianca» venendo così esclusa dal piano –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quale sia ad oggi l'effettivo stato di attuazione del progetto per la banda ultralarga (Bul) nelle aree bianche e quali siano le previsioni realistiche in merito alla realizzazione dello stesso, visto che la chiusura per il 2020 sembra irrealistica;

          se e quali iniziative stia attuando il Governo nei confronti del concessionario per recuperare i ritardi, anche in termini di penali, evitando che ancora una volta siano le regioni svantaggiate a pagare con la perdita dei finanziamenti o, addirittura, con l'esclusione dal piano.
(4-04120)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
      Gli interroganti fanno riferimento al Piano banda ultra larga (BUL), specificamente all'intervento nelle cosiddette «aree bianche», lamentando un ritardo nella realizzazione degli interventi e denunciando il rischio di incorrere nella perdita dei fondi comunitari.
      A riguardo, occorre preliminarmente ricordare che, con decisione C (2016) 3931 finale del 30 giugno 2016, la Commissione europea ha approvato il regime di aiuti di Stato relativo alla «Strategia banda Ultralarga» italiana.
      In data 11 febbraio 2016, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dello sviluppo economico, le regioni e le province autonome italiane, ai sensi della delibera Cipe 6 agosto 2015, n. 65, hanno stipulato un «accordo quadro per lo sviluppo della banda ultralarga sul territorio nazionale verso gli obiettivi EU2020», con il quale hanno convenuto di destinare ai suddetti interventi risorse nazionali e risorse comunitarie, previste nell'ambito della programmazione dei fondi strutturali, indicate nei programmi operativi regionali.
      In data 3 aprile 2019 la Commissione europea ha approvato definitivamente il «Grande Progetto Nazionale Banda Ultra Larga — Aree bianche» per un costo ammissibile pari a 941 milioni di euro.
      Nel dettaglio, si osserva che la prima fase di attuazione del Piano nazionale riguarda, in particolare, l'infrastrutturazione delle cosiddette «aree bianche» del Paese, ossia aree a fallimento di mercato, prive di investimenti da parte di operatori privati; la seconda fase riguarda, invece, lo sviluppo di reti ultraveloci nelle aree cosiddette «nere» e «grigie», aree dove già esistono una o più reti in banda ultra larga.
      Il soggetto attuatore dell'intervento è Infratel Italia s.p.a. società controllata da Invitalia s.p.a. e vigilata dal Ministero dello sviluppo economico. La società aggiudicataria dei bandi di gara pubblicati da Infratel nelle aree bianche è Open Fiber ed è l'attuale concessionaria per la costruzione, manutenzione e gestione della rete BUL nelle regioni Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Veneto.
      È opportuno, a tal punto, chiarire che i rallentamenti nell'apertura di nuovi cantieri e nel completamento dei lavori di posa in opera della fibra sono stati determinati, dalla complessità nell'acquisire i permessi dagli enti nazionali e locali interessati nonché dalle difficoltà operative del concessionario, che si è trovato in fase di
start-up a gestire un progetto estremamente complesso e sfidante per il sistema Paese.
      In particolare, il Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, che presiede il Comitato per l'attuazione della banda ultra larga (COBUL) è stato audito in merito riferendo alcune precisazioni, di seguito riportate.
      Per dare impulso alle attività sopra descritte, è stato convocato il COBUL con frequenza e cadenza ravvicinata, al fine di individuare le iniziative più urgenti da adottare. In particolare, il Comitato ha svolto un'analisi approfondita sullo stato di attuazione del grande progetto banda ultra larga, rilevando le cause del ritardo nella realizzazione dello stesso e cercando di individuare le possibili soluzioni atte a superare le criticità rilevate e ad accelerarne l'attuazione.
      Per analizzare le cause del rallentamento, è stato valutato lo stato di rilascio dei permessi per ogni singolo cantiere e sono stati verificati i soggetti deputati al rilascio. Si è proceduto a definire un cronoprogramma delle attività con le regioni ed è stato realizzato un
dashboard in grado di evidenziare lo stato di avanzamento delle attività e le relative criticità, reso poi disponibile sul sito della società Infratel.
      Il Ministero dello sviluppo economico ha proposto incontri mensili con le amministrazioni locali, per accelerare l'attuazione del progetto, ed è intervenuto — a tal fine — per favorire il superamento delle criticità burocratiche emerse.
      In primo luogo, sono state contattate le regioni e le amministrazioni locali coinvolte nei processi di autorizzazione, favorendo il dialogo tra i diversi livelli istituzionali e il concessionario, nonché suggerendo la pianificazione delle conferenze di servizi in modalità tale da snellire i processi autorizzativi. Alla luce dell'intervento del Ministero dello sviluppo economico è dunque emerso un miglioramento della situazione in quelle regioni che hanno favorito la costituzione di apposite conferenze di servizi.
      In secondo luogo, sono state promosse «misure di semplificazione per l'innovazione» per accelerare il rilascio delle autorizzazioni, in particolare per le attività di scavo a basso impatto ambientale. Si veda in tal senso l'articolo 8-
bis del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12 e recante «Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione».
      Sempre al fine di accelerare il rilascio delle autorizzazioni, il COBUL ha effettuato audizioni con i soggetti coinvolti nel rilascio delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dei lavori e proposto la costituzione di tavoli congiunti tra i soggetti interessati.
      Il Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione precisa, inoltre, di aver convocato d'urgenza un'ulteriore riunione del COBUL al fine di esaminare le soluzioni immediatamente applicabili per far fronte all'emergenza sanitaria in corso.
      A fine 2019, lo stato di avanzamento degli interventi posti in essere dal concessionario Open Fiber nelle aree bianche, così come riportato dalla società Infratel, è risultato il seguente:

          circa 2,2 milioni di unità immobiliari, sulle 9 previste a fine piano, sono state connesse in fibra ottica e wireless alla nuova rete a banda ultra larga;

          sui 6237 comuni previsti a fine piano, sono stati completati lavori in 424 comuni, di cui 103 collaudabili e 80 già collaudati;

          attualmente sono in esecuzione ulteriori 1831 comuni che corrispondono, in termini di unità immobiliari, al 44 per cento del piano previsto.

      Il Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione sottolinea che, sebbene il numero di comuni nei quali «la rete è collaudata e operativa» sia basso rispetto al totale dei comuni inseriti nel Piano, ve ne sono però diversi in cui i lavori sono perlopiù terminati e che necessitano solo del completamento di uno o più lavori intermedi per poter essere collaudati. In tal senso, atteso il loro completamento nei prossimi mesi, si prevede una considerevole accelerazione per ciò che concerne il numero di comuni collaudabili/collaudati entro l'anno.
      In termini finanziari, le risorse a disposizione ammontano a circa 1,7 miliardi di euro, di cui circa 1 miliardo di fondi strutturali, 659 milioni dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) e 16,4 milioni di ulteriori fondi regionali.
      Il Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione ha chiesto il contributo fattivo della concessionaria Open Fiber e cercato di rimuovere le criticità ostative all'attuazione del piano. La concessionaria Open Fiber si è impegnata ad accelerare lo sviluppo dei cantieri, avviando i lavori in ulteriori 1465 comuni ed effettuando collaudi in circa altri 900 comuni.
      In 668 comuni delle regioni Abruzzo, Calabria, Puglia, Lazio, Sardegna e Toscana, l'intervento — svolto direttamente da Infratel — si dovrà concludere entro giugno 2020. Lo stato di avanzamento degli interventi in questi 668 comuni è il seguente:

          in 522 comuni (pari al 78 per cento del target) l'intervento è concluso, 496 di essi sono anche già stati collaudati, mentre 26 sono in fase di collaudo;

          in 200 comuni il servizio è già attivo;

          entro il 31 dicembre 2020 si stima di attivare il servizio fino ad arrivare a coprire almeno 450 comuni.

      Rispetto ai rallentamenti burocratici iniziali, si rileva che gli interventi hanno avuto una accelerazione. Si sono tenute in particolare due riunioni del COBUL il 25 febbraio e il 26 marzo 2020. Nella prima del 25 febbraio sono stati convocati ed ascoltati in audizione i rappresentanti di ANAS, RFI e MIBACT, al fine di analizzare le criticità connesse agli iter autorizzativi di rispettiva competenza. Nella successiva sono state discusse proposte di semplificazione normativa da parte del concessionario (Open Fiber s.p.a.) per accelerare i lavori di infrastrutturazione.
      Per migliorare i processi di progettazione e collaudo dei lavori sono stati avviati dei gruppi di lavoro congiunti Infratel Italia-Open Fiber. I gruppi di lavoro hanno concordato le seguenti iniziative:

          per le attività di collaudo:

              è stata definita una check-list per la verifica dei documenti di collaudo già in uso da entrambe le parti;

              sono stati aggiornati e definiti i processi operativi per la produzione della documentazione dei collaudi e per la risoluzione delle prescrizioni con l'esatta individuazione dei ruoli e responsabilità degli attori coinvolti nel processo;

              è stato sviluppato un set di parametri di valutazione delle prestazioni (KPI), basato sulle percentuali di rifiuti della documentazione inerente i progetti As Built e le relative prescrizioni;

              è stata condivisa una modalità di monitoraggio delle criticità che ostacolano il completamento dei lavori ed impediscono l'esecuzione dei collaudi;

              è stato realizzato uno spazio comune con F.A.Q. dove fornire chiarimenti relativi alle operazioni di collaudo ad uso dei collaudatori Infratel Italia e al personale dei territori Open Fiber.

          Per le attività di progettazione:

              è stata condivisa la check-list per la verifica degli elaborati dei progetti definitivi ed esecutivi;

              è stato condiviso con Open Fiber un software sviluppato da Infratel Italia per automatizzare le verifiche di conformità dei progetti alle norme tecniche di progettazione e ai target di copertura previsti nei comuni oggetto di intervento;

              sono stati apportati importanti correttivi al flusso di progettazione e all'iter autorizzativo attraverso l'introduzione di controlli funzionali alla riduzione delle tempistiche di richiesta-rilascio delle autorizzazioni;

              sono state concordate importanti ottimizzazioni progettuali al fine di migliorare la «qualità sostanziale» dei progetti esecutivi, per rendere più fluida e continua la fase realizzativa e ridurre le dipendenze tra progetti ai fini della collaudabilità.

      Infratel Italia e il concessionario Open Fiber hanno inoltre concordato un monitoraggio costante della qualità dei progetti, dell'avanzamento della progettazione, dell'andamento delle attività documentali ed in campo per massimizzare sia il numero dei comuni in cui avviare i lavori, sia il numero dei collaudi nel corso del 2020.
      Si segnala, altresì, che il Ministero dello sviluppo economico svolge una costante attività di monitoraggio delle risorse affidate alla gestione di Infratel, non solo attraverso l'analisi e l'approvazione degli stati di avanzamento del progetto BUL e la relazione annuale presentata da Infratel al comitato di indirizzo e monitoraggio, ma anche attraverso frequenti incontri di coordinamento nell'ambito dei rapporti di collaborazione tecnico-operativa con la società.
      Il Ministero dello sviluppo economico continuerà, dunque, a vigilare sulla società Infratel e sull'avanzamento del piano e continuerà a monitorare costantemente le fasi attuative poste in essere dal concessionario Open Fiber.
      In merito alla preoccupazione espressa dagli interroganti sulle certificazioni dei programmi di spesa da inviare all'Unione europea, si rappresenta che massima è l'attenzione delle strutture amministrative per il completamento degli adempimenti di competenza.
      In proposito, si informa che le regioni hanno certificato il livello di spesa per il 2018. Per quanto riguarda, invece, la certificazione dei programmi di spesa al 31 dicembre 2019, il Ministero dello sviluppo economico sta effettuando i controlli di competenza sugli stati di avanzamento consegnati da Infratel.
      Allo stato attuale, dunque, non vi sarebbero rischi di perdita di fondi europei sul progetto legati alla certificazione dei programmi di spesa.
      Infine, con riferimento alla seconda fase del progetto BUL, la quale prevede misure di sostegno alla domanda di servizi ultraveloci nella forma di
voucher in tutte le aree del Paese e la diffusione di infrastrutture a banda ultralarga nelle cosiddette «aree grigie» a fallimento tecnologico, si evidenzia che anch'essa è stata avviata.
      Vista la situazione di emergenza determinata dal COVID-19, che impatta sia sui cantieri aperti che su quelli in apertura, è previsto uno straordinario sforzo di accelerazione. Infatti, il Ministero ha preso contatto con i competenti Commissari europei al fine di ottenere un rapido via libera per il dispiegamento delle risorse disponibili.
      Preme evidenziare, infine, che il 5 maggio scorso si è tenuta una riunione del comitato banda ultra larga che ha sbloccato fondi per un totale di 1.546 milioni di euro, di cui 400 per il Piano Scuola e 1.146 per i
voucher a famiglie e imprese.
      Entro due anni, dunque, tutte le scuole statali superiori e medie italiane saranno connesse con collegamenti in fibra ottica a 1 Gbps, necessari anche per la teledidattica. Lo stesso è previsto per le primarie e quelle dell'infanzia ricadenti nelle cosiddette «aree bianche».
      Inoltre, le famiglie e le imprese che potranno beneficiare, a partire da settembre, di un
voucher per la connettività, differenziato per fasce di reddito, per l'acquisto di servizi di connettività che possano supportare, oltre la teledidattica, anche il lavoro agile dei lavoratori.
      In conclusione, si sottolinea che il Governo sente fortemente la necessità di giungere in tempi rapidi alla creazione di una infrastruttura digitale nazionale che assicuri al sistema Paese di superare i divari tecnologici esistenti e raggiungere l'obiettivo europeo di una società digitale pienamente inclusiva.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


      GASTALDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la camera di commercio di Cuneo, Uncem e Anci Piemonte, hanno recentemente denunciato gli ormai cronici ritardi per il collegamento internet veloce a banda ultra larga. In particolare, è stato evidenziato che la connessione manca, la linea cade: in queste condizioni è impossibile per un comune o un'azienda innovare processi o digitalizzarli;

          il 3 marzo 2015 il Governo, per soddisfare gli obiettivi fissati dall'Agenda digitale europea entro il 2020, ha approvato la «Strategia italiana per la banda ultralarga», che prevede la copertura dell'85 per cento della popolazione con infrastrutture in grado di veicolare servizi a velocità pari o superiori a 100 Mbps, garantendo al contempo al 100 per cento dei cittadini l'accesso ad Internet ad almeno 30Mbp;

          a tal proposito, Infratel Italia ha bandito due gare pubbliche per il cablaggio di 271 città dei cluster A e B, nonché dei 6.753 comuni inclusi ad oggi nelle aree bianche dei cluster C e D;

          Open Fiber s.p.a. (società a partecipazione paritetica tra Enel spa e CdP Equity s.p.a.) ha avviato un piano per la realizzazione di un'infrastruttura in fibra ottica, su scala nazionale, provvedendo alla realizzazione della rete in fibra ottica, o mediante un investimento privato, stipulando apposite convenzioni con i comuni interessati dagli interventi o con un finanziamento pubblico nelle cosiddette «zone bianche» – cioè aree individuate come «a fallimento di mercato» – in quanto operatore individuato come concessionario all'esito di procedure di gara avviate da Intratel s.p.a. (soggetto in house del Ministero dello sviluppo economico);

          il divario digitale continua a rappresentare un'emergenza nei centri montani e le zone marginali del Piemonte dove il programma «BUL» continua ad accumulare ritardi. In particolare a livello regionale è stato effettuato un investimento di 284 milioni di euro per cablare 1.206 centri garantendo una velocità su internet fino ad 1 Giga;

          il piano fino ad oggi ha raggiunto unicamente 122 centri urbani e, secondo l'ultimo cronoprogramma, risultano sospesi 141 cantieri e 667 dovrebbero essere ipoteticamente cablati nell'anno 2020. Secondo le istituzioni locali si tratta di uno dei peggiori risultati a livello nazionale;

          secondo una ricerca dell'università di Padova, il 42,3 per cento degli italiani sarebbe disposto a lasciare il proprio Paese per cercare nuove opportunità lavorative, per avere servizi per il tempo libero e i consumi allineati con il livello europeo e per disporre di una migliore connettività e accessibilità a internet. In particolare, nelle aree non raggiunte dai collegamenti internet «ultra veloci» ci sono imprese più piccole, un maggior numero di disoccupati e un tasso di mortalità delle aziende superiore alla media nazionale;

          nei comuni area bianca tra il 2011 e il 2018, la popolazione è diminuita di 118 mila persone pari a un calo dell'1,1 per cento. La popolazione dei comuni coperti è aumentata invece del 2,8 per cento un totale di 902 mila persone in più durante gli ultimi 7 anni. Il 54 per cento degli addetti che lavorano in comuni area bianca sono occupati in unità locali con meno di 10 addetti, percentuale che arriva al 79 per cento se si contano tutte le aziende con meno di 50 addetti. Nei comuni coperti, invece, i lavoratori di aziende con meno di 50 addetti sono circa il 70 per cento –:

          se, alla luce del forte ritardo accumulato dal concessionario nella realizzazione della rete pubblica a banda ultralarga, intenda intraprendere iniziative volte ad accelerare l'esecuzione dei lavori, anche al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi – oggi molto lontani – della «Strategia italiana per la banda ultralarga» entro il 2020.
(4-04464)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
      L'interrogante fa riferimento al piano banda ultra larga (BUL), specificamente all'intervento nelle cosiddette «aree bianche», lamentando un ritardo nella realizzazione degli interventi e denunciando il rischio di incorrere nella perdita dei fondi comunitari.
      A riguardo, occorre preliminarmente ricordare che, con decisione C (201) 3931 finale del 30 giugno 2016, la Commissione europea ha approvato il regime di aiuti di stato relativo alla «Strategia banda ultralarga» italiana.
      In data 11 febbraio 2016, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dello sviluppo economico, le regioni e le province autonome italiane, ai sensi della delibera CIPE 6 agosto 2015, n. 65, hanno stipulato un «accordo quadro per lo sviluppo della banda ultralarga sul territorio nazionale verso gli obiettivi EU2020», con il quale hanno convenuto di destinare agli interventi in parola risorse nazionali e risorse comunitarie, previste nell'ambito della programmazione dei fondi strutturali, indicate nei programmi operativi regionali.
      In data 3 aprile 2019 la Commissione europea ha approvato definitivamente il «grande progetto nazionale banda ultra larga — Aree bianche» per un costo ammissibile pari a 941 milioni di euro.
      Nel dettaglio, si osserva che la prima fase di attuazione del piano nazionale riguarda, in particolare, l'infrastrutturazione delle cosiddette «aree bianche» del Paese, ossia aree a fallimento di mercato, prive di investimenti da parte di operatori privati; la seconda fase riguarda, invece, lo sviluppo di reti ultraveloci nelle aree cosiddette «nere» e «grigie», aree dove già esistono una o più reti in banda ultra larga.
      Il soggetto attuatore dell'intervento è Infratel Italia s.p.a., società controllata da Invitalia s.p.a. e vigilata dal Ministero dello sviluppo economico. La società risultata aggiudicataria dei bandi di gara pubblicati da Infratel nelle aree bianche è Open Fiber ed è l'attuale concessionaria per la costruzione, manutenzione e gestione della rete BUL nelle regioni Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Veneto.
      Ciò detto, con riferimento al ritardo nella realizzazione del piano, lamentato dall'interrogante, occorre chiarire che i rallentamenti nell'apertura di nuovi cantieri e nel completamento dei lavori di posa in opera della fibra sono stati determinati, dalla complessità nell'acquisire i permessi dagli enti nazionali e locali interessati nonché dalle difficoltà operative del concessionario, che si è trovato in fase di
start-up a gestire un progetto estremamente complesso e sfidante per il sistema Paese.
      Sul punto, il Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, che presiede il comitato per l'attuazione della banda ultra larga (CoBUL), è stato sentito sul tema riferendo alcune precisazioni, di seguito riportate.
      Per dare impulso alle attività sopra descritte, è stato convocato il CoBUL con frequenza e cadenza ravvicinata, al fine di individuare le iniziative più urgenti da adottare. In particolare, il comitato ha svolto un'analisi approfondita sullo stato di attuazione del grande progetto banda ultra larga, rilevando le cause del ritardo nella realizzazione dello stesso e cercando di individuare le possibili soluzioni atte a superare le criticità emerse e ad accelerarne l'attuazione.
      Per analizzare le cause del rallentamento, è stato valutato lo stato di rilascio dei permessi per ogni singolo cantiere e sono stati verificati i soggetti deputati al rilascio. Si è definito un cronoprogramma delle attività con le regioni ed è stato realizzato un
dashboard in grado di evidenziare lo stato di avanzamento delle attività e le relative criticità, reso poi disponibile sul sito della società Infratel.
      Il Ministero dello sviluppo economico ha proposto incontri mensili con le amministrazioni locali, per accelerare l'attuazione del progetto, ed è intervenuto — a tal fine — per favorire il superamento delle criticità burocratiche emerse.
      In primo luogo, sono state contattate le regioni e le amministrazioni locali coinvolte nei processi di autorizzazione, favorendo il dialogo tra i diversi livelli istituzionali e il concessionario, nonché suggerendo la pianificazione delle conferenze di servizi in modalità tale da snellire i processi autorizzativi. Alla luce dell'intervento del Ministero dello sviluppo economico è dunque emerso un miglioramento della situazione in quelle regioni che hanno favorito la costituzione di apposite conferenze di servizi.
      In secondo luogo, sono state promosse «misure di semplificazione per l'innovazione» per accelerare il rilascio delle autorizzazioni, in particolare per le attività di scavo a basso impatto ambientale. Si veda in tal senso l'articolo 8-
bis del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, recante «Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione».
      Sempre al fine di accelerare il rilascio delle autorizzazioni, il CoBUL ha effettuato audizioni con i soggetti coinvolti nel rilascio delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dei lavori e proposto la costituzione di tavoli congiunti tra i soggetti interessati.
      Il Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione precisa, inoltre, di aver convocato d'urgenza un'ulteriore riunione del COBUL al fine di esaminare le soluzioni immediatamente applicabili per far fronte all'emergenza sanitaria in corso.
      A fine 2019, lo stato di avanzamento degli interventi posti in essere dal concessionario Open Fiber nelle aree bianche, così come riportato dalla società Infratel, risulta il seguente:

          circa 2,2 milioni di unità immobiliari, sulle 9 previste a fine piano, sono state connesse in fibra ottica e wireless alla nuova rete a banda ultra larga;

          sui 6237 comuni previsti a fine piano, sono stati completati lavori in 424 comuni, di cui 103 collaudabili e 80 già collaudati;

          attualmente sono in esecuzione ulteriori 1831 comuni che corrispondono, in termini di unità immobiliari, al 44 per cento del Piano previsto.

      Sul punto si sottolinea che, sebbene il numero di comuni nei quali «la rete è collaudata e operativa» sia basso rispetto al totale dei comuni inseriti nel Piano, ve ne sono però diversi in cui i lavori sono perlopiù terminati e che necessitano solo del completamento di uno o più lavori intermedi per poter essere collaudati. In tal senso, atteso il loro completamento nei prossimi mesi, si prevede una considerevole accelerazione per ciò che concerne il numero di comuni collaudabili/collaudati entro l'anno.
      In termini finanziari, le risorse a disposizione ammontano a circa 1,7 miliardi di euro, di cui circa 1 miliardo di Fondi strutturali, 659 milioni dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) e 16,4 milioni di ulteriori fondi regionali.
      Il Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione ha chiesto il contributo fattivo della concessionaria Open Fiber e cercato di rimuovere le criticità ostative all'attuazione del piano. La concessionaria Open Fiber si è impegnata ad accelerare lo sviluppo dei cantieri, avviando i lavori in ulteriori 1465 comuni ed effettuando collaudi in circa altri 900 comuni.
      In 668 comuni delle regioni Abruzzo, Calabria, Puglia, Lazio, Sardegna e Toscana, l'intervento — svolto direttamente da Infratel — si dovrà concludere entro giugno 2020. Lo stato di avanzamento degli interventi in questi 668 comuni è il seguente:

          in 522 comuni (pari al 78 per cento del target) l'intervento è concluso, 496 di essi sono anche già stati collaudati, mentre 26 sono in fase di collaudo;

          in 200 comuni il servizio è già attivo;

          entro il 31 dicembre 2020 si stima di attivare il servizio fino ad arrivare a coprire almeno 450 comuni.

      Rispetto ai rallentamenti burocratici iniziali, si rileva che gli interventi hanno ripreso ad accelerare. Si sono avute in particolare due riunioni del COBUL il 25 febbraio e il 26 marzo 2020. Nella riunione del 25 febbraio sono stati convocati ed ascoltati in audizione i rappresentanti di ANAS, RFI e MIBACT, al fine di analizzare le criticità connesse agli iter autorizzativi di rispettiva competenza. Nella successiva riunione sono state discusse proposte di semplificazione normativa da parte del concessionario (Open Fiber s.p.a.) per accelerare i lavori di infrastrutturazione.
      Per migliorare i processi di progettazione e collaudo dei lavori sono stati avviati dei gruppi di lavoro congiunti Infratel Italia-Open Fiber. I gruppi di lavoro hanno concordato le seguenti iniziative:

          per le attività di collaudo:

              è stata definita una check-list per la verifica dei documenti di collaudo già in uso da entrambe le parti;

              sono stati aggiornati e definiti i processi operativi per la produzione della documentazione dei collaudi e per la risoluzione delle prescrizioni con l'esatta individuazione dei ruoli e responsabilità degli attori coinvolti nel processo;

              è stato sviluppato un set di parametri di valutazione delle prestazioni (KPI), basato sulle percentuali di rifiuti della documentazione inerente i progetti As Built e le relative prescrizioni;

              è stata condivisa una modalità di monitoraggio delle criticità che ostacolano il completamento dei lavori ed impediscono l'esecuzione dei collaudi;

              è stato realizzato uno spazio comune con F.A.Q. dove fornire chiarimenti relativi alle operazioni di collaudo ad uso dei collaudatori Infratel Italia e al personale dei territori Open Fiber.

          Per le attività di progettazione:

              è stata condivisa la check-list per la verifica degli elaborati dei progetti definitivi ed esecutivi;

              è stato condiviso con Open Fiber un software sviluppato da Infratel Italia per automatizzare le verifiche di conformità dei progetti alle norme tecniche di progettazione e ai target di copertura previsti nei comuni oggetto di intervento;

              sono stati apportati importanti correttivi al flusso di progettazione e all'iter autorizzativo attraverso l'introduzione di controlli funzionali alla riduzione delle tempistiche di richiesta-rilascio delle autorizzazioni;

              sono state concordate importanti ottimizzazioni progettuali al fine di migliorare la «qualità sostanziale» dei progetti esecutivi, per rendere più fluida e continua la fase realizzativa e ridurre le dipendenze tra progetti ai fini della collaudabilità.

      Infratel Italia e il concessionario Open Fiber hanno concordato un monitoraggio costante della qualità dei progetti, dell'avanzamento della progettazione, dell'andamento delle attività documentali ed in campo per massimizzare sia il numero dei Comuni in cui avviare i lavori, sia il numero dei collaudi nel corso del 2020.
      Si segnala, altresì, che il Ministero dello sviluppo economico svolge una costante attività di monitoraggio delle risorse affidate alla gestione di Infratel, non solo attraverso l'analisi e l'approvazione degli stati di avanzamento del progetto BUL e la relazione annuale presentata da Infratel al comitato di indirizzo e monitoraggio, ma anche attraverso frequenti incontri di coordinamento nell'ambito dei rapporti di collaborazione tecnico-operativa con la società.
      Il Ministero dello sviluppo economico continuerà, dunque, a vigilare sulla società Infratel e sull'avanzamento del piano e continuerà a monitorare costantemente le fasi attuative poste in essere dal concessionario Open Fiber.
      Per quanto riguarda la seconda fase di attuazione della strategia nazionale sulla banda ultralarga (anch'essa già avviata), si sottolinea che essa è focalizzata sulle misure di sostegno alla domanda di servizi ultraveloci in tutte le aree del Paese e sulla diffusione di infrastrutture a banda ultralarga nelle cosiddette «aree grigie» a fallimento tecnologico.
      Sulla base delle rilevazioni effettuate da Infratel, infatti, gli indirizzi civici nelle cosiddette aree grigie rappresentano circa il 50 per cento dei civici totali. Non è un caso infatti che, secondo il
Digital Economy and Society Index della Commissione europea, la quota di abbonamenti in Italia ad almeno 100 Megabit per secondo è pari al 14 per cento degli abbonamenti complessivi, rispetto ad una media europea del 26 per cento. Questo sarebbe, dunque, un ulteriore tassello che compone il mosaico di un Paese caratterizzato da divari tecnologici.
      Preme evidenziare, infine, che il 5 maggio 2020 si è tenuta una riunione del comitato banda ultra larga che ha sbloccato fondi per un totale di 1.546 milioni di euro, di cui 400 per il piano scuola e 1.146 per i
voucher a famiglie e imprese.
      Entro due anni, dunque, tutte le scuole statali superiori e medie italiane saranno connesse con collegamenti in fibra ottica a 1 Gbps, necessari anche per la teledidattica. Lo stesso è previsto per le primarie e quelle dell'infanzia ricadenti nelle cosiddette «aree bianche».
      Inoltre, le famiglie e le imprese che potranno beneficiare, a partire da settembre, di un
voucher per la connettività, differenziato per fasce di reddito, per l'acquisto di servizi di connettività che possano supportare, oltre la teledidattica, anche il lavoro agile dei lavoratori.
      In conclusione, la strategia nazionale sulla banda ultralarga nel suo complesso è all'attenzione del Governo, il quale sente fortemente la necessità di giungere in tempi rapidi alla creazione di una infrastruttura digitale nazionale che assicuri al sistema Paese di superare i divari tecnologici esistenti e raggiungere l'obiettivo europeo di una società digitale pienamente inclusiva.
      

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


      MACINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          dall'inizio dell'anno, l'azione criminale nella città di Brindisi, una tra le province con il più alto tasso di criminalità, ha raggiunto un livello grave e preoccupante con un aumento vertiginoso di rapine e un conseguente alto rischio per la sicurezza dei cittadini;

          in particolare, il 15 febbraio 2019, due malavitosi a volto coperto hanno fatto irruzione nell'ufficio postale del quartiere Bozzano di Brindisi in via Germania, impossessandosi dei fondi delle casse. Episodio criminoso ripetutosi, nella stessa sede, il 20 marzo, quando due persone armate sono entrate minacciando dipendenti e clienti e facendosi consegnare il denaro; il 22 marzo, l'ufficio postale del rione Casale, in via Duca degli Abruzzi, è stato assaltato da due rapinatori armati; lo stesso giorno, alle 4,30 del mattino, due criminali armati di pistola e machete hanno fatto irruzione nella sala giochi Win Time in viale Commenda, minacciando il dipendente del locale e facendosi consegnare circa 10 mila euro;

          inoltre, come riportato dagli organi di stampa, la violenza criminale imperversa con sparatorie tra giovani delinquenti al centro della città e nei quartieri periferici di Brindisi, rapine in centri commerciali (Ipercoop e Conad), furti, atti teppistici e, da ultimo, l'assalto a un tir carico di tabacchi sulla strada statale 379 nei pressi di Torre Canne;

          come i fatti dimostrano, la situazione è grave e le misure adottate in termini di prevenzione e repressione della criminalità da parte delle forze dell'ordine e delle istituzioni competenti non risultano sufficienti a garantire la sicurezza dei cittadini e del territorio urbano –:

          quali iniziative intenda adottare per contrastare la violenza criminale nella città di Brindisi;

          quali iniziative intenda adottare per potenziare l'organico delle forze di polizia al fine di aumentare i pattugliamenti e i controlli con la possibile istituzione di punti di vigilanza nei quartieri.
(4-02588)

      Risposta. — La situazione della sicurezza e dell'ordine pubblico nella provincia di Brindisi è caratterizzata dalla presenza di una fenomenologia delittuosa riconducibile sia alla criminalità organizzata che a quella comune. Negli ultimi anni, l'arresto di diversi esponenti di spicco dei sodalizi storici della sacra corona unita, ha peraltro consentito di registrare la riduzione dell'incidenza dei rispettivi gruppi criminali.
      Sul versante della microcriminalità va rilevato come, secondo la concorde valutazione espressa dai vertici delle forze dell'ordine, gli episodi ad essa riconducibili si leghino principalmente a situazioni di marginalizzazione sociale e di disagio economico e vedono spesso protagonisti giovani privi di una sistemazione lavorativa.
      Ciò premesso, appare necessario precisare come sui fenomeni in questione vi sia la massima attenzione da parte delle Istituzioni; ciò è confermato sia dalle incisive azioni di prevenzione e contrasto, che in più occasioni hanno portato all'arresto dei responsabili dei reati, sia dalle parallele iniziative di sensibilizzazione dei cittadini alla legalità, in particolare attraverso incontri educativi organizzati dalle stesse Forze dell'ordine presso gli istituti scolastici di tutta la provincia. Le tematiche in esame sono costantemente monitorate dalla Prefettura, impegnata a valutare e disporre le misure più idonee, al fine di rendere più efficaci e stringenti i dispositivi di controllo del territorio in atto.
      Con riferimento ai fatti specificamente richiamati nell'interrogazione in esame, si segnala che prosegue l'attività investigativa delle forze dell'ordine a carico di tre soggetti per la rapina effettuata presso l'ufficio postale del rione Casale, ritenuti presumibilmente autori anche di due precedenti rapine perpetrate nell'ufficio postale del quartiere Bozzano, rispettivamente in data 15 febbraio e 20 marzo 2019.
      Sono stati invece assicurati alla giustizia, grazie al tempestivo intervento delle forze dell'ordine, gli autori della rapina del 14 gennaio 2019, compiuta presso una gioielleria ubicata all'interno di un centro commerciale.
      Quanto al riferimento a sparatorie fra giovani delinquenti al centro della città e nei quartieri periferici, occorre evidenziare che si tratta specificamente di due distinti episodi; quello avvenuto in centro, in data 12 gennaio 2019, con esplosione di colpi di arma da fuoco, nel pieno della movida cittadina, per il quale è stato disposto il fermo del soggetto indiziato del reato di tentato omicidio; altro episodio, avvenuto in periferia, risale al 13 gennaio 2019. Anche in questo caso l'autore della sparatoria è stato sottoposto a fermo di polizia.
      Si ribadisce, ad ogni modo, come le complesse ed articolate espressioni criminose siano oggetto di continua ed attenta analisi, non solo in relazione a fatti delittuosi eclatanti o situazioni di particolare gravità, ma anche al fine di raccogliere ogni elemento conoscitivo utile a predisporre le migliori strategie di intervento delle forze dell'ordine, condivise nell'ambito del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, che vede, come noto, la partecipazione dell'Autorità giudiziaria, con la quale si opera in stretto raccordo.
      In tale contesto si evidenzia come, in relazione alle questioni sollevate dall'Onorevole interrogante, con particolare riferimento alla provincia di Brindisi, gli indici di delittuosità, rilevati nei primi 11 mesi del 2019, abbiano fatto registrare un decremento del -7,2 per cento rispetto all'analogo periodo del 2018, mentre nel comune capoluogo, la diminuzione si è attestata a -10,4 per cento. La flessione ha riguardato anche le fattispecie di furto e di rapina.
      La diminuzione della delittuosità registrata nella provincia di Brindisi nel 2019, si coniuga, pertanto, con una maggiore incidenza dell'attività repressiva, che ha fatto registrare un significativo aumento degli arresti, anche frutto di una incessante attività di controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine, costantemente coordinata dalla prefettura.
      Con il piano di potenziamento previsto dal Ministero dell'interno per la Polizia di Stato per l'anno 2019, si è avuto un potenziamento di personale pari a 34 unità operative, che ha permesso di schierare più pattuglie a presidio sul territorio, anche con agenti ed ispettori di nuova nomina.
      Inoltre, per l'anno in corso, sempre per la provincia di Brindisi, è stato previsto un ulteriore incremento di 14 unità della polizia di Stato, nei ruoli degli assistenti ed agenti.
      Si segnala, infine, il rinnovo del protocollo d'intesa — stipulato il 24 gennaio 2019 tra la prefettura di Brindisi e i comuni di Fasano, Francavilla Fontana, Mesagne e Ostuni – che intensifica la collaborazione fra forze di polizia e istituti di vigilanza privata, denominato «Mille occhi sulla città».

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Vito Claudio Crimi.


      MOLTENI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          come riportato dal quotidiano «La Provincia di Como» del 9 gennaio 2020 sono oltre sette mesi che si registrano crescenti disservizi nel servizio di consegna della corrispondenza erogato da Poste Italiane s.p.a. e da Nexive s.p.a. In particolare, si segnalano ritardi nello smistamento e nel recapito della corrispondenza che si traducono in difficoltà per cittadini e attività economiche con scadenze non rispettate, mancate comunicazioni in tempo utile, oneri che si scaricano sull'utenza in palese violazione degli obblighi derivanti dal contratto di servizio;

          la frequenza e la persistenza con cui si verifica il malfunzionamento del servizio postale, servizio che a norma di legge dovrebbe essere garantito «permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale», stanno causando quindi difficoltà e disagi agli abitanti e agli utenti;

          i contenuti del servizio postale universale sono definiti a livello europeo dalla direttiva 97/67/UE del 15 dicembre 1997 (cosiddetta «prima direttiva postale»), come successivamente modificata dalle direttive 2002/39/UE del 10 giugno 2002 (cosiddetta «seconda direttiva postale») e 2008/6/UE del 20 febbraio 2008 (cosiddetta «terza direttiva postale»). La direttiva stabilisce che il servizio universale corrisponde ad un'offerta di servizi postali di qualità determinata forniti permanentemente in tutti i punti del territorio a prezzi accessibili a tutti gli utenti. Il servizio postale universale deve essere assicurato per almeno cinque giorni a settimana e garantire almeno una raccolta e una distribuzione al domicilio degli utenti degli invii postali;

          il decreto legislativo n. 261 del 1999 rappresenta a tutt'oggi il testo di riferimento per la disciplina generale del servizio postale, con specifico riferimento alla fornitura del servizio universale. Tale decreto ha recepito i contenuti della direttiva 97/67/CE ed è stato successivamente modificato dal decreto legislativo n. 384 del 2003, che ha recepito la «seconda direttiva postale», 2002/39/CE, e dal decreto legislativo n. 58 del 2011, che ha recepito la «terza direttiva postale», la direttiva 2008/6/UE del 20 febbraio 2008. Fornitore del servizio universale è riconosciuta ex lege la società Poste italiane spa per un periodo di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 58 del 2011 (e quindi fino al 30 aprile 2026);

          il servizio postale universale è affidato a Poste Italiane s.p.a. fino al 30 aprile 2026, sulla base del testo del contratto di programma 2020-2024 che «regola i rapporti tra lo Stato e la società per la fornitura del servizio postale universale, Poste Italiane S.p.A., nel perseguimento di obiettivi di coesione sociale ed economica, che prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo della rete postale della Società»;

          a fronte del contributo che la società riceve per l'onere pubblico, pari a 262,4 milioni di euro all'anno, non sembra all'interrogante corrispondere un servizio di qualità, nonostante sulla «Carta dei servizi postali», pubblicata il 10 ottobre 2017, si legga che «grazie alla presenza capillare su tutto il territorio nazionale, ai forti investimenti in ambito tecnologico e al patrimonio di conoscenze rappresentato dai suoi oltre 140 mila dipendenti, Poste Italiane ha assunto un ruolo centrale nel processo di crescita e modernizzazione del Paese» –:

          quali iniziative il Ministro intenda adottare, per quanto di competenza, affinché cessino i frequenti ritardi nella consegna e nella distribuzione della corrispondenza, in modo da garantire anche agli utenti della città di Cantù un corretto esercizio del servizio postale.
(4-04447)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la Direzione generale competente, si rappresenta quanto segue.
      L'interrogante fa riferimento alle criticità verificatesi nella consegna e nella distribuzione della corrispondenza agli utenti della città di Cantù.
      Preliminarmente si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta infatti all'AGCOM la «adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale» prevista dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261. La suddetta autorità ha regolamentato la presenza di Poste Italiane sul territorio nazionale con la delibera n. 342/14/CONS che ha integrato le disposizioni del decreto ministeriale 7 ottobre 2008 ed ha la finalità di tutelare le realtà minori e disagiate quali i piccoli comuni, le aree montane e rurali e le isole minori.
      Interpellata sulla problematica in esame, Poste italiane ha risposto quanto segue. La città di Cantù è servita dall'omonimo centro di distribuzione, riorganizzato secondo il nuovo modello di recapito
Joint Delivery dal 6 maggio 2019. Il rallentamento del servizio, al quale fa riferimento l'interrogante, si è verificato nel solo periodo di dicembre 2019 ed è da ricondursi a numerose assenze straordinarie, quali malattie ed infortuni — come tali, non programmabili — verificatesi nel mese di dicembre, purtroppo associate al picco di volumi che caratterizza solitamente il periodo concomitante con le festività natalizie.
      Per far fronte alle problematiche in parola, l'Azienda ha attivato le necessarie azioni di «riprotezione» del servizio, quali: il rientro anticipato dalle ferie dei titolari di zona; l'attivazione di turni straordinari (anche nella giornata di sabato); l'incremento del personale applicato; l'adozione di interventi mirati su alcuni clienti mittenti, invitati ad apporre l'indirizzo del destinatario sugli invii in maniera corretta e completa, in modo da soddisfare le condizioni di recapitabilità previste dalla normativa.
      Poste riferisce inoltre che gli interventi messi in campo sono stati presidiati e monitorati quotidianamente, garantendo così alla clientela la continuità del servizio ed il suo miglioramento, pur graduale. Le criticità descritte dall'interrogante sono attualmente superate.
      Altre criticità lamentate dall'interrogante potrebbero essere da imputare al servizio svolto da
competitor per conto di alcuni cosiddetti «grandi clienti», mittenti di fatture relative ad utenze.
      In conclusione, Poste italiane evidenzia che, al fine di evitare il ripetersi delle criticità descritte, si è pianificata la riapertura anticipata del sito di Cucciago, sede di allocazione del centro di distribuzione di Cantù ed oggetto di ristrutturazione ed ammodernamento tecnologico.
      

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


      NOJA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          il 9 aprile 2019, la Camera dei deputati ha approvato la mozione n. 1-00157 che impegnava il Governo pro tempore «a mettere in atto tutte le iniziative concrete – facendo valere, nelle opportune sedi istituzionali, il peso del nostro Paese nell'attuale panorama brevettuale europeo – affinché l'Italia, in qualità di Paese europeo sul “podio” degli Stati membri per numero di brevetti depositati, possa ottenere il trasferimento della sezione specializzata della divisione centrale del Tribunale unificato dei brevetti (Tub) ad oggi assegnata a Londra, al fine di garantire la piena funzionalità dello stesso Tub»;

          tra le città, italiane, Milano è apparsa subito una candidatura particolarmente competitiva, poiché rappresenta un'eccellenza mondiale nella specializzazione di brevetti chimici e farmaceutici e proprio nel capoluogo lombardo si registra già il 32 per cento dei brevetti nazionali depositati;

          risulta come, in considerazione di ciò, siano state avviate interlocuzioni per favorire tale candidatura, nell'eventualità in cui si concretizzi effettivamente il trasferimento della sezione specializzata della divisione centrale del Tribunale unificato dei brevetti;

          ciononostante, secondo alcune indiscrezioni apparse recentemente sugli organi di stampa, sembrerebbe che l'attuale Governo non sarebbe intenzionato a considerare la candidatura del capoluogo lombardo –:

          a che punto sia l'iter relativo al trasferimento della sezione specializzata della divisione centrale del Tribunale unificato dei brevetti (Tub) e se il Governo intenda favorire la candidatura di Milano come sede di tale trasferimento.
(4-04569)

      Risposta. — Dopo il recesso del Regno Unito dall'Unione europea lo scorso 31 gennaio, è tornato d'attualità il tema della sorte della sede di Londra del Tribunale unificato dei brevetti (TUB), su cui circola da tempo la proposta di presentare una candidatura italiana. La questione presenta complessi risvolti giuridici e istituzionali.
      Secondo quanto stabilito dal suo accordo istitutivo, il TUB si articolerà in un tribunale di primo grado e in una Corte d'Appello. Mentre per quest'ultima è prevista un'unica sede, in Lussemburgo, il tribunale di primo grado si comporrebbe di una divisione centrale, a Parigi, con sezioni a Monaco di Baviera e Londra. È prevista inoltre per gli Stati parte la possibilità di istituire divisioni secondarie del tribunale di primo grado, con competenza geografica limitata al territorio nazionale («divisione locale») o estesa ad un gruppo di Paesi («divisione regionale»). In questo quadro, si ricorda che l'Italia si è già vincolata per ospitare a Milano una divisione locale del tribunale di primo grado, di cui sono già state predisposte le infrastrutture necessarie.
      Conviene ricordare in premessa che l'istituzione del TUB e la questione dello spostamento della sede londinese presentano una serie di differenze rispetto alle note questioni legate all'avvenuta ricollocazione della sede dell'agenzia europea del farmaco (EMA).
      Pur essendo entrambi i trasferimenti motivati dall'uscita del Regno Unito dall'Unione, EMA costituisce un'agenzia completamente inserita nel quadro giuridico-istituzionale UE, già perfettamente funzionante al momento della sua ricollocazione. Il TUB, al contrario, costituisce l'oggetto di un trattato internazionale non ancora entrato in vigore, poi confluito in una cooperazione rafforzata, volto alla creazione
ex novo di un organismo avente competenze giurisdizionali specifiche esclusivamente nei confronti degli Stati parte di tale cooperazione rafforzata. Per questo motivo, ogni questione relativa alle sedi delle sezioni del tribunale dev'essere logicamente affrontata successivamente al tema dell'entrata in vigore dell'accordo internazionale che lo istituisce.
      A tale elemento si lega nuovamente e inevitabilmente il recesso del Regno Unito dall'Unione europea. Come infatti chiariti dalla Commissione europea, l'accordo sul TUB è aperto solo agli Stati membri dell'Unione europea e il sistema del brevetto unificato è parte dell'
acquis comunitario. Dunque il Regno Unito decadrà dall'intero sistema del brevetto unificato al termine del periodo transitorio, attualmente previsto scadere il 31 dicembre 2020, salva un'estensione dello stesso, al momento peraltro esclusa da Londra. Lo scorso marzo il Governo britannico ha quindi reso noto di non voler più partecipare all'accordo sul TUB e di ritirarsi pertanto dai lavori del «PrepComm» (il comitato tecnico in cui sono rappresentati i 25 Stati firmatari dell'accordo TUB che sovrintende all'adozione delle misure preparatorie per l'entrata in funzione del tribunale).
      La questione del trasferimento della sede da Londra verso un'altra città europea resta tuttavia in ogni caso condizionata dall'entrata in vigore dell'accordo istitutivo del TUB, su cui è venuta a pesare da ultimo la sentenza pronunciata dalla Corte costituzionale federale tedesca lo scorso 20 marzo. La Corte — contrariamente alle attese — ha accolto per vizio procedurale di forma (l'atto non sarebbe stato approvato dalla maggioranza parlamentare dei 2/3 del Bundestag, necessaria per le modifiche della Legge Fondamentale tedesca) il ricorso presentato da un privato avverso la legge tedesca di ratifica dell'accordo TUB, stabilendone la nullità. Benché sussista, almeno a livello formale, la possibilità che il Bundestag ratifichi in futuro con le maggioranze richieste l'adesione tedesca al TUB (che, ai sensi dell'articolo 89 dell'Accordo istitutivo, è necessaria per l'entrata in vigore dello stesso), la sentenza della Corte Federale Costituzionale ha inferto un duro colpo al procedimento di entrata in vigore dell'Accordo. Una valutazione politica in tal senso da parte di Berlino appare altresì subordinata all'interesse a partecipare a un sistema brevettuale di cui il Regno Unito non sia più parte.
      Allo stato attuale, gli unici dati certi rimangono quindi l'uscita definitiva del Regno Unito dal TUB il 1° gennaio 2021 (salvo proroga del periodo transitorio, che come si è già detto è stata sin qui esclusa da parte britannica) e il protrarsi dell'incertezza circa l'entrata in vigore dell'accordo TUB, che viene a dipendere di fatto dalle determinazioni che il Governo tedesco assumerà a seguito della pronuncia della Corte costituzionale federale.
      Tutto ciò va ovviamente tenuto in considerazione nel valutare la possibile candidatura di una città italiana ad ospitare la divisione centrale del tribunale di primo grado del TUB attualmente prevista a Londra. Prima della formalizzazione di tale candidatura occorre infatti che esista di fatto una possibilità di candidarsi e, perché ciò accada, è necessario anzitutto che l'accordo entri in vigore e che ne consegua la necessità di ricollocare la sede londinese a seguito della decadenza del Regno Unito dalla partecipazione al sistema del tribunale unificato dei brevetti alla fine del 2020.
      Tenendo conto di queste premesse indispensabili, nel momento in cui se ne verificassero le condizioni il Governo, si impegnerà ad assumere tutte le iniziative concrete affinché l'Italia possa partecipare al processo di assegnazione della nuova sede, con il fine di dimostrare l'effettiva capacità e credibilità della propria azione.
      Parte di questo sforzo dovrà essere l'individuazione di quella candidatura nazionale che, sulla base di criteri oggettivi, risulti la più idonea ad ottenere il trasferimento nel nostro Paese della sezione specializzata della divisione centrale del TUB ad oggi assegnata a Londra e in grado di far valere — nel processo competitivo tra i Paesi aderenti al TUB che con ogni probabilità condurrà all'individuazione della nuova sede — il peso dell'Italia nel contesto brevettuale europeo.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


      PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          stando a quanto riportato da alcuni organi di stampa e in particolare da «altraeconomia», in un articolo pubblicato il 3 febbraio 2020 a firma di Stefano Cortese, il 1° febbraio 2020, a Šid – città serba situata sul confine Nord-occidentale con la Croazia – tre volontari, due donne ed un uomo provenienti da Germania ed Italia, dell'associazione «No Name Kitchen» impegnati nell'accoglienza delle persone in transito sarebbero stati raggiunti da provvedimenti che gli intimavano di lasciare il Paese entro sette giorni dopo un procedimento che non sembrerebbe essere stato equo e rispettoso delle loro garanzie;

          sempre secondo il citato articolo, i soggetti di cui sopra sarebbero stati aggrediti da civili e poliziotti che esponevano simboli della destra ultranazionalista e sarebbero stati, paradossalmente fatti passare per gli aggressori;

          dopo il procedimento, altri volontari pure, in un primo momento, oggetto di fermo sono stati rilasciati dopo il pagamento di multe, mentre i tre di cui sopra, sono stati gli unici a cui è stato consegnato un provvedimento che li obbliga a lasciare la Serbia entro una settimana e con il divieto di non rientrare nella stessa prima di sei mesi;

          i tre volontari segnalano di essersi messi in contatto con le ambasciate italiana e tedesca per provare a impugnare i provvedimenti, anche se, a detta di un avvocato del Belgrad Centre for Human Rights, gli stessi provvedimenti non potrebbero essere comunque sospesi, comprovando l'assoluta mancanza di garanzie per la difesa;

          si rileva in particolare, il coinvolgimento di un cittadino italiano –:

          di quali elementi disponga il Ministro interrogato in merito ai fatti esposti in premessa;

          quali iniziative intenda promuovere per assistere, anche garantendo un eventuale supporto legale, il volontario italiano vittima di quanto accaduto;

          quali iniziative intenda intraprendere nei confronti del Governo serbo anche in considerazione delle trattative in corso per l'ingresso di questo Paese nell'Unione europea;

          quali iniziative intenda promuovere per sostenere tutti i volontari italiani impegnati in quei luoghi.
(4-04678)

      Risposta. — Secondo quanto riferito dal volontario italiano — in Serbia per svolgere attività di assistenza ai migranti con l'ong spagnola «No Name Kitchen» — all'ambasciata d'Italia a Belgrado, immediatamente attivatasi per prestargli assistenza, nella mattina del primo febbraio il connazionale insieme a due cittadine tedesche si trovava in una fabbrica semiabbandonata nei pressi di Sid, dove normalmente stazionavano gruppi di migranti. Qui sarebbe stato coinvolto in una colluttazione con tre individui autodefinitisi membri di un noto gruppo estremista di destra serbo, giunti nei pressi dell'edificio, a loro dire per «liberare l'edificio dai migranti».
      Il connazionale, dopo essere riuscito a chiamare la polizia tramite la propria Ong, sarebbe stato portato, insieme a tutti i soggetti coinvolti, alla stazione centrale della polizia di Sid e ascoltato dal giudice. A seguito dell'udienza, il nostro connazionale è stato condannato al pagamento di 20.000 dinari di multa, pena minima prevista per la fattispecie, «per aver disturbato l'ordine e la quiete pubblica mediante atti di violenza». Nel motivare la sentenza, il giudice ha considerato non credibile la versione dei fatti da lui esposta, ritenendolo responsabile in prima battuta dell'aggressione.
      Alla sentenza del giudice si è aggiunta una delibera del Ministero dell'interno serbo che ha decretato l'espulsione del connazionale dal territorio nazionale entro 7 giorni dalla notifica del provvedimento (l'8 febbraio). Decisione presa, sulla base di quanto riportato nel dispositivo, anche in considerazione del fatto che il volontario italiano non avrebbe mai dichiarato la propria residenza in Serbia né ottenuto il permesso di soggiorno nel Paese, violando così la legge che regola la permanenza degli stranieri nel territorio serbo.
      Il nostro connazionale e le due cittadine tedesche hanno comunque dato procura ad un avvocato dell'associazione «Belgrade Center for Human Rights» di presentare ricorso sia nei confronti della sentenza che nei confronti della delibera (circostanza, questa, che comunque non sospende l'esecuzione dell'espulsione dal territorio serbo).
      L'Ambasciata d'Italia a Belgrado ha messo a disposizione il suo legale di fiducia affinché il connazionale potesse essere assistito sotto il profilo legale per impugnare il procedimento di espulsione presso il Ministero dell'interno serbo e presentare ricorso contro la sentenza della magistratura locale.
      La nostra rappresentanza ha inoltre investito formalmente le autorità locali per ottenere approfondimenti su quanto accaduto e chiarimenti in relazione sia alla sentenza che alla delibera del Ministero dell'interno dello stesso giorno.
      Il 12 febbraio scorso la Corte d'appello del tribunale per reati minori (sezione di Novi Sad) ha revocato con una delibera la sentenza del primo febbraio per accertamento incompleto dei fatti e ha rinviato l'atto al tribunale di primo grado. Si è ora in attesa della data del nuovo processo, oltre che del riscontro al ricorso presentato contro la delibera di espulsione del Ministero dell'interno. Secondo quanto riferito dall'Ambasciata, il connazionale risulta, nel frattempo, aver lasciato il Paese.
      La Farnesina continuerà a seguire il caso con estrema attenzione, in stretto raccordo con l'ambasciata d'Italia a Belgrado, che proseguirà la sua assistenza, anche per il tramite del legale di fiducia della sede. Trattandosi di un procedimento giudiziario in corso, l'azione continuerà a svilupparsi lungo la linea fin qui seguita, nel rispetto del principio di indipendenza della magistratura serba.
      Per quanto riguarda, infine, il più ampio tema dell'assistenza nei confronti dei volontari che operano in aree dove sono presenti campi di accoglienza di migranti, la nostra l'ambasciata opera in stretta sinergia con la delegazione UE a Belgrado per sensibilizzare le autorità serbe sui temi migratori. È nell'ambito di questo dialogo che potrà essere assicurato il miglior sostegno ai migranti e ai volontari che li assistono.

La Sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Emanuela Claudia Del Re.


      QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          l'epidemia di Covid-19, sviluppatasi nel tardo 2019 nella provincia cinese di Hubei e poi diffusasi in gran parte degli Stati, può causare, specie nella popolazione più anziana e/o con patologie pregresse, una grave polmonite virale primaria con conseguente necessità di ventilazione artificiale e cure intensive;

          la grande facilità di trasmissione dell'agente patogeno, oltre alla sua virulenza, può determinare una rapida crescita del numero degli infetti, con conseguente superamento della capacità di cura dei sistemi sanitari nazionali, specie ove questi non siano sufficientemente capillari o attrezzati; Lo sforzo dei sistemi sanitari e delle protezioni civili è dunque duplice: da un lato, la fornitura di dispositivi di protezione individuale per lo staff medico e per la popolazione, oltre alle necessarie attività di test sulla popolazione per identificare e isolare i casi positivi e, dall'altro lato, un forte impegno ospedaliero per il trattamento dei pazienti affetti da sintomatologie più gravi;

          stando ai conteggi ufficiali dei casi confermati al 23 marzo 2020, la Repubblica Islamica dell'Iran è il sesto Stato più colpito al mondo, con 21.638 casi confermati e 1685 decessi, sebbene anche il capo del consiglio medico dell'Iran, Mohammad Reza Zafarghandi, abbia dichiarato che i casi reali sono realisticamente superiori a quelli confermati;

          oltre alle difficoltà di contenimento del contagio, l'Iran soffre anche di una grave carenza di materiali sanitari, come testimoniato dalla lista di materiali sanitari urgentemente necessari pubblicata da Mohammad Javad Zarif, Ministro degli affari esteri dell'Iran il 12 marzo 2020; tale carenza è stata supplita parzialmente da alcuni trasferimenti aerei di materiali sanitari da parte di Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Qatar negli scorsi giorni;

          il Ministro Javad Zarif ha anche comunicato che la Banca centrale dell'Iran ha richiesto un finanziamento dal Fondo monetario internazionale tramite Rapid Financial Instrument, del valore stimato di 5 miliardi di dollari, al fine di combattere l'epidemia;

          il Presidente Hassan Rouhani ha inoltre lamentato che le difficoltà dell'Iran nel contenere il contagio sono in parte state causate dalle sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti d'America sull'Iran, nonostante formalmente le forniture medico-sanitarie non facciano parte dell'elenco dei beni sanzionati –:

          se il Ministro interrogato intenda attivarsi, in sede bilaterale e/o multilaterale, affinché all'Iran sia garantito pieno accesso alle risorse e ai materiali sanitari necessari a combattere l'epidemia da Covid-19.
(4-05045)

      Risposta. — Il Governo italiano segue con molta attenzione gli sviluppi della pandemia da COVID-19 a livello globale, anche nel quadro delle strategie di prevenzione di future insorgenze del virus.
      In tale contesto il caso iraniano è costantemente monitorato, anche per la particolare gravità della situazione. In base ai conteggi ufficiali confermati al 30 aprile 2020, il numero dei contagi è pari a 94.640 (su un totale di 463.295 test eseguiti), il totale dei deceduti è di 6.028.
      La situazione iraniana è peraltro apparsa sin dall'inizio assai preoccupante, soprattutto in considerazione di talune tipiche fragilità del Paese. Di fatto, l'Iran è ancora interessato da misure restrittive — si pensi alle sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti d'America — che determinano gravi difficoltà di contenimento del contagio e anche una grave carenza di materiali sanitari, siano essi dispositivi medici e/o presidi sanitari.
      In questa congiuntura, il Governo italiano ha ritenuto necessario destinare specificatamente all'Iran parte dei fondi (200.000 euro su un milione) allocati all'Organizzazione mondiale della sanità e alla Federazione internazionale delle società di Croce-Rossa e Mezzaluna rossa. Infatti, il nostro Paese ha considerato che la via binaria multilaterale, percorsa dalla maggior parte dei donatori, fosse la più adeguata per assicurare una risposta coordinata, fondata su una valutazione realistica delle necessità della Repubblica iraniana, in accordo con le Autorità sanitarie del Paese.
      L'esigenza di assicurare a Teheran i necessari strumenti per combattere la pandemia è stata ripresa dal Governo anche nel contesto dell'Unione europea (Consiglio dei ministri degli affari esteri del 23 marzo 2020) e del G7 (riunione dei Ministri degli affari esteri del 25 marzo 2020), affinché fossero pianificate opportune attività di cooperazione e di assistenza. In entrambe le sedi, l'Italia ha chiesto che l'attuale quadro sanzionatorio non impedisca le forniture umanitarie e mediche di cui il Paese necessita.
      Tra gli strumenti UE di aiuto in tal senso, vi è Instex, il meccanismo di facilitazione delle transazioni commerciali con l'Iran, che proprio il 31 marzo 2020 ha visto perfezionata la prima operazione, relativa a materiale sanitario.
      Per quel che riguarda la richiesta iraniana di sostegno finanziario al Fondo monetario internazionale, riportata dall'interrogante, essa risulta attualmente in fase di valutazione da parte dei competenti organismi tecnici.
      Giova in questo quadro precisare che, a livello bilaterale, ampia solidarietà è stata testimoniata dal Ministro degli affari esteri, Luigi Di Maio, all'omologo iraniano, Mohammad Javad Zarif, nel corso di un colloquio telefonico del 22 marzo 2020.
      Il Governo italiano continuerà a seguire le evoluzioni della situazione in Iran e a valutare le iniziative multilaterali che saranno via via promosse a sostegno del contrasto a COVID-19 per assicurare la disponibilità di presidi sanitari e favorire un'adeguata risposta medica da parte dei competenti organi nazionali.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Marina Sereni.


      PAOLO RUSSO, BAGNASCO, BATTILOCCHIO, BIANCOFIORE, CASSINELLI, D'ATTIS, DALL'OSSO, FASCINA, FITZGERALD NISSOLI, GIACOMETTO, LABRIOLA, MAZZETTI, MILANATO, NAPOLI, PELLA, PETTARIN, POLIDORI, RIPANI, RUFFINO, SACCANI JOTTI, SARRO, SCOMA, SQUERI, FASANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          per fronteggiare l'emergenza sanitaria del Covid-19, i volontari in ferma quadriennale stanno fornendo il loro straordinario contributo per supportare i cittadini nella gestione della grave crisi epidemiologica;

          la disciplina speciale dei volontari di truppa, prevista dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell'ordinamento militare), reca, tra le altre norme, lo status giuridico dei militari in ferma prefissata quadriennale, ivi compreso l'avanzamento di carriera;

          nello specifico, ai sensi dell'articolo 878 del codice dell'ordinamento militare, i volontari in ferma prefissata delle Forze armate sono militari in servizio temporaneo e, come tali, non sono legati a rapporto di impiego, ma solo a rapporto di servizio per la durata della loro ferma;

          ai sensi dell'articolo 700 del codice dell'ordinamento militare, possono partecipare ai concorsi per il reclutamento dei volontari in ferma quadriennale i volontari in ferma prefissata di un anno, ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo;

          nel mese di aprile 2019 è stata resa nota la procedura concorsuale per l'immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente delle Forze armate, per il 2017, 2018 e 2019 dei volontari in ferma prefissata quadriennale con decorrenza giuridica 30 luglio 2013 (1° immissione 2013) e 31 dicembre 2013 (2° immissione 2013);

          la presentazione delle domande di partecipazione alla procedura concorsuale citata è stata rinviata, nell'arco di undici mesi, per sei volte e l'ultimo avviso del 9 marzo 2020 ha reso noto che i termini per la presentazione delle domande sarebbero stati pubblicati mediante avviso del 30 marzo 2020;

          allo stato attuale, i volontari in ferma quadriennale non hanno ricevuto alcuna comunicazione in merito alla procedura concorsuale citata che, come appena riportato, ha subito un notevole rallentamento delle tempistiche, generando, in questo modo, incertezza sul futuro lavorativo dei volontari dopo più di otto anni di servizio;

          ad avviso dell'interrogante, è evidente come le lungaggini burocratiche riguardanti le procedure di immissione in servizio permanente siano in contrasto con l'articolo 97 della Costituzione, poiché le tempistiche in questione non rispondono ai criteri di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione, principi ai quali la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto il valore di parametro di legittimità delle scelte discrezionali effettuate dal legislatore nell'organizzazione degli apparati e dell'attività amministrativa –:

          se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, non intenda adottare tempestivamente le opportune iniziative al fine di definire tempistiche certe in merito all'immissione, nei ruoli dei volontari in servizio permanente delle Forze armate, dei volontari in ferma prefissata quadriennale che, con spirito di servizio, continuano a servire il Paese anche oltre i confini nazionali.
(4-05138)

      Risposta. — In merito ai quesiti posti, rappresento che la direzione generale per il personale militare (PERSOMIL) ha già dato corso alle procedure di transito in servizio permanente dei volontari a ferma prefissata quadriennale (VFP4) incorporati nel 2013.
      In particolare, relativamente all'anno 2018, la procedura di transito per i VFP4 con anzianità giuridica 30 luglio 2013 è giunta a conclusione a seguito dell'adozione del decreto dirigenziale del 20 aprile 2020, con il quale i VFP4, già dichiarati vincitori con provvedimento del 3 febbraio 2020, sono stati immessi nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell'esercito con decorrenza giuridica 30 luglio 2018 e amministrativa 3 febbraio 2020.
      Per il transito dei VFP 4 con anzianità giuridica 31 dicembre 2013, la procedura – sempre relativa all'anno 2018 – è in corso di completamento, dopo il necessario periodo di sospensione dei lavori da parte della competente commissione, disposta a scopo precauzionale in ragione dell'emergenza epidemiologica in atto. A tal riguardo, PERSOMIL ha già provveduto a convocare la predetta commissione, i cui lavori — anche in considerazione dei tempi tecnici necessari a pubblicare le schede relative alla valutazione dei titoli di ciascun candidato — saranno presumibilmente completati entro il corrente mese di maggio.
      Non appena ultimata anche tale procedura sarà, quindi, avviata quella prevista per il transito in servizio permanente per l'anno 2019, relativa ai VFP4 in rafferma con anzianità giuridica 30 luglio e 31 dicembre 2013, risultati «idonei non vincitori» nelle procedure precedenti.
      Per l'anno 2020, lo stato maggiore dell'esercito, forza armata competente per le esigenze quantitative di arruolamento, ha recentemente formalizzato a PERSOMIL l'intendimento di destinare oltre 600 posti per il transito nel servizio permanente a favore dei VFP4 in rafferma biennale arruolati nel 2013.
      Tale previsione, da veicolare nella prossima circolare di transito dei volontari in rafferma biennale che sarà predisposta dalla citata direzione generale, consentirà verosimilmente di completare la totale stabilizzazione di tutti i VFP4 meritevoli arruolati nel 2013 entro la fine dell'ultimo anno di rafferma biennale prevista nel corso del 2021.
      Per completezza d'informazione, soggiungo che, stante il contingente quadro emergenziale, al fine di salvaguardare la possibilità dei VFP4 di transitare in servizio permanente, evitando che il blocco delle procedure dovuto all'emergenza COVID-19 possa provocare il congedo del personale che esaurisce la seconda e ultima rafferma biennale, è in corso di valutazione l'opportunità di una proposta di modifica al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell'ordinamento militare), volta a consentire il trattenimento in servizio dei citati volontari in ferma prefissata sino ad esito cognito della relativa procedura di transito in servizio permanente.
      Sono altresì in corso le necessarie attività concertative interministeriali con la funzione pubblica, volte a introdurre disposizioni, già tempestivamente proposte dalla difesa, per garantire regolarmente, nonostante l'emergenza, lo svolgimento di tutte le procedure concorsuali di reclutamento in atto e di prossima indizione per le varie categorie di personale militare.

Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.


      SERRITELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. — Per sapere – premesso che:

          Infratel Italia – Infrastrutture e telecomunicazioni per l'Italia s.p.a. è stata costituita su iniziativa Ministero dello sviluppo economico e di Invitalia;

          fondata il 23 dicembre 2003, opera nel settore delle telecomunicazioni per il Ministero dello sviluppo economico del quale è una società in house;

          Infratel è soggetto attuatore dei piani banda larga e ultra larga, previsti dalla «Strategia italiana per la banda ultralarga», approvata dal Governo Renzi il 3 marzo 2015;

          la suddetta Strategia ha l'obiettivo di contribuire a ridurre il gap infrastrutturale e di mercato esistente, attraverso la creazione di condizioni più favorevoli allo sviluppo integrato delle infrastrutture di telecomunicazione fisse e mobili, e rappresenta il quadro nazionale di riferimento per le iniziative pubbliche a sostegno dello sviluppo delle reti a banda larga in Italia, al fine di soddisfare gli obiettivi fissati dall'Agenda digitale europea entro il 2020;

          l'attuazione della Strategia prevede: la copertura ad almeno 100 Mbps fino all'85 per cento della popolazione; la copertura ad almeno 30 Mbps della restante quota di popolazione; la copertura ad almeno 100 Mbps di sedi ed edifici pubblici, delle aree di maggior interesse economico e concentrazione demografica, delle aree industriali, delle principali località turistiche e degli snodi logistici;

          la strategia è coerente con gli obiettivi 2025 della Commissione europea, espressi dalla comunicazione CDM(2016)-587 del 14 settembre 2016, in quanto diffonde la fibra ottica in modo capillare sul territorio verso le utenze residenziali e rende disponibili connessioni Ftth alle sedi della pubblica amministrazione e alle aree produttive, abilitando anche lo sviluppo del 5G;

          le risorse impiegate per il raggiungimento della strategia sono pari a 3 miliardi di euro cui circa 1,6 a valere su fondi nazionali (FSC) e circa 1,4 a valere su fondi regionali (Fesr e Feasr);

          Infratel Italia e Open Fiber hanno firmato il 16 giugno 2017 a Roma il contratto di concessione per la realizzazione di una rete a banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato delle 6 regioni interessate dal primo bando di gara: Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto;

          è stata avviata l'attività di progettazione definitiva per i comuni, la verifica della progettazione esecutiva e il successivo avvio di lavori ove siano state ottenute le autorizzazioni necessarie dagli enti competenti;

          i fondi suddetti, essenziali per tali progetti, devono essere certificati alle autorità dell'Unione europea, al fine di rispettare i livelli di spesa dei programmi operativi 2014-2020, per non incorrere nel disimpegno automatico, che comporterebbe la perdita dei fondi comunitari;

          per poter rendicontare alla Commissione europea, così da salvare tali fondi, si deve necessariamente procedere con i lavori e, dunque, con la spesa e la realizzazione delle opere; ad oggi la situazione appare quantomeno preoccupante, poiché lo stato di avanzamento è ben lungi dall'essere arrivato a conclusione;

          secondo gli ultimi dati pubblicati da Infratel, dei 7.450 comuni interessati quelli in cui il servizio è collaudato sono solo 5;

          in altri 310 i lavori sono stati ultimati, ma non è stato fatto il collaudo e la spesa non può essere quindi certificata alle autorità dell'Unione europea;

          secondo i dati Infratel, i lavori sono attivi solo in 1.614 comuni, per 220 si aspetta l'approvazione del progetto esecutivo ed in 474 Open Fiber ha avviato la richiesta di autorizzazione;

          il restante è in una fase ancor più arretrata e va poi sottolineato che degli oltre 7000 comuni suddetti, 1.200 non rientrano nemmeno nelle aree bianche –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e quali iniziative, per quanto di competenza, stia adottando al fine di porre rimedio a una situazione di oggettiva criticità.
(4-04142)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
      L'interrogante fa riferimento al Piano banda ultra larga (BUL), specificamente all'intervento nelle cosiddette «aree bianche», lamentando un ritardo nella realizzazione degli interventi e denunciando il rischio di incorrere nella perdita dei fondi comunitari.
      A riguardo, occorre preliminarmente ricordare che, con decisione C 3931 del 30 giugno 2016, la Commissione europea ha approvato il regime di aiuti di Stato relativo alla «Strategia banda ultralarga» italiana.
      In data 11 febbraio 2016, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dello sviluppo economico, le regioni e le province autonome italiane, ai sensi della delibera CIPE 6 agosto 2015, n. 65, hanno stipulato un «accordo quadro per lo sviluppo della banda ultralarga sul territorio nazionale verso gli obiettivi EU2020», con il quale hanno convenuto di destinare agli interventi in parola risorse nazionali e risorse comunitarie, previste nell'ambito della programmazione dei fondi strutturali, indicate nei programmi operativi regionali.
      In data 3 aprile 2019 la Commissione europea ha approvato definitivamente il «grande progetto nazionale banda ultra larga — Aree bianche» per un costo ammissibile pari a 941 milioni di euro.
      Nel dettaglio, si osserva che la prima fase di attuazione del Piano nazionale riguarda, in particolare, l'infrastrutturazione delle cosiddette «aree bianche» del Paese, ossia aree a fallimento di mercato, prive di investimenti da parte di operatori privati; la seconda fase riguarda, invece, lo sviluppo di reti ultraveloci nelle aree cosiddette «nere» e «grigie», aree dove già esistono una o più reti in banda ultra larga.
      Il soggetto attuatore dell'intervento è Infratel Italia s.p.a., società controllata da Invitalia s.p.a. e vigilata dal Ministero dello sviluppo economico. La società aggiudicataria dei bandi di gara pubblicati da Infratel nelle aree bianche è Open Fiber ed è l'attuale concessionaria per la costruzione, manutenzione e gestione della rete BUL nelle regioni Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Veneto.
      Ciò detto, con riferimento al ritardo nella realizzazione del Piano, lamentato dall'interrogante, si evidenzia che i rallentamenti nell'apertura di nuovi cantieri e nel completamento dei lavori di posa in opera della fibra sono stati determinati, dalla complessità nell'acquisire i permessi dagli enti nazionali e locali interessati nonché dalle difficoltà operative del concessionario, che si è trovato in fase di
start-up a gestire un progetto estremamente complesso e sfidante per il sistema Paese.
      Sul punto, il Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, che presiede il Comitato per l'attuazione della banda ultra larga (CoBUL) è stato sentito sul tema fornendo le seguenti precisazioni.
      Per dare impulso alle attività sopra descritte, è stato convocato il CoBUL con frequenza e cadenza ravvicinata, al fine di individuare le iniziative più urgenti da adottare. In particolare, il comitato ha svolto un'analisi approfondita sullo stato di attuazione del grande progetto banda ultra larga, rilevando le cause del ritardo nella realizzazione dello stesso e cercando di individuare le possibili soluzioni atte a superare le criticità rilevate e ad accelerarne l'attuazione.
      Per analizzare le cause del rallentamento, è stato valutato lo stato di rilascio dei permessi per ogni singolo cantiere e sono stati verificati i soggetti deputati al rilascio. Inoltre, è stato definito un cronoprogramma delle attività con le regioni e realizzato un
dashboard in grado di evidenziare lo stato di avanzamento delle attività e le relative criticità, reso poi disponibile sul sito della società Infratel.
      Il Ministero dello sviluppo economico ha proposto incontri mensili con le amministrazioni locali, per accelerare l'attuazione del progetto, ed è intervenuto — a tal fine — per favorire il superamento delle criticità burocratiche emerse.
      In primo luogo, sono state contattate le regioni e le amministrazioni locali coinvolte nei processi di autorizzazione, favorendo il dialogo tra i diversi livelli istituzionali e il concessionario, nonché suggerendo la pianificazione delle conferenze di servizi in modalità tale da snellire i processi autorizzativi. Alla luce dell'intervento del Ministero dello sviluppo economico è dunque emerso un miglioramento della situazione in quelle regioni che hanno favorito la costituzione di apposite conferenze di servizi.
      In secondo luogo, sono state promosse «misure di semplificazione per l'innovazione» per accelerare il rilascio delle autorizzazioni, in particolare per le attività di scavo a basso impatto ambientale. Si veda in tal senso l'articolo 8-
bis del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12 e recante «Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione».
      Sempre al fine di accelerare il rilascio delle autorizzazioni, il COBUL ha effettuato audizioni con i soggetti coinvolti nel rilascio delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dei lavori e proposto la costituzione di tavoli congiunti tra i soggetti interessati.
      Il Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione precisa, inoltre, di aver convocato d'urgenza un'ulteriore riunione del COBUL al fine di esaminare le soluzioni immediatamente applicabili per far fronte all'emergenza sanitaria in corso.
      A fine 2019, lo stato di avanzamento degli interventi posti in essere dal concessionario Open Fiber nelle aree bianche, così come riportato dalla società Infratel, risulta il seguente:

          circa 2,2 milioni di unità immobiliari, sulle 9 previste a fine piano, sono state connesse in fibra ottica e wireless alla nuova rete a banda ultra larga;

          sui 6237 comuni previsti a fine piano, sono stati completati lavori in 424 comuni, di cui 103 collaudabili e 80 già collaudati;

          attualmente sono in esecuzione ulteriori 1831 comuni che corrispondono, in termini di unità immobiliari, al 44 per cento del piano previsto.

      Sul punto si sottolinea che, sebbene il numero di comuni nei quali «la rete è collaudata e operativa» sia basso rispetto al totale dei comuni inseriti nel piano, ve ne sono però diversi in cui i lavori sono perlopiù terminati e che necessitano solo del completamento di uno o più lavori intermedi per poter essere collaudati. In tal senso, atteso il loro completamento nei prossimi mesi, si prevede una considerevole accelerazione per ciò che concerne il numero di comuni collaudabili/collaudati entro l'anno.
      In termini finanziari, le risorse a disposizione ammontano a circa 1,7 miliardi di euro, di cui circa 1 miliardo di fondi strutturali, 659 milioni dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) e 16,4 milioni di ulteriori fondi regionali.
      Il Ministero per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione ha chiesto il contributo fattivo della concessionaria Open Fiber e cercato di rimuovere le criticità ostative all'attuazione del piano. La concessionaria Open Fiber si è impegnata ad accelerare lo sviluppo dei cantieri, avviando i lavori in ulteriori 1465 comuni ed effettuando collaudi in circa altri 900 comuni.
      In 668 comuni delle regioni Abruzzo, Calabria, Puglia, Lazio, Sardegna e Toscana, l'intervento — svolto direttamente da Infratel — si dovrà concludere entro giugno 2020. Lo stato di avanzamento degli interventi in questi 668 comuni è il seguente:

          in 522 comuni (pari al 78 per cento del target) l'intervento è concluso, 496 di essi sono anche già stati collaudati, mentre 26 sono in fase di collaudo;

          in 200 comuni il servizio è già attivo;

          entro il 31 dicembre 2020 si stima di attivare il servizio fino ad arrivare a coprire almeno 450 comuni.

      Rispetto ai rallentamenti burocratici iniziali, si rileva che gli interventi hanno avuto una accelerazione. In particolare si sono tenute due riunioni del COBUL il 25 febbraio e il 26 marzo 2020. Nella riunione del 25 febbraio sono stati convocati ed ascoltati in audizione i rappresentanti di ANAS, RFI e MIBACT, al fine di analizzare le criticità connesse agli iter autorizzativi di rispettiva competenza. Nella successiva riunione sono state discusse proposte di semplificazione normativa da parte del concessionario (Open Fiber s.p.a.) per accelerare i lavori di infrastrutturazione.
      Per migliorare i processi di progettazione e collaudo dei lavori sono stati avviati dei gruppi di lavoro congiunti Infratel Italia-Open Fiber. I gruppi di lavoro hanno concordato le seguenti iniziative:

          per le attività di collaudo:

              è stata definita una check-list per la verifica dei documenti di collaudo già in uso da entrambe le parti;

              sono stati aggiornati e definiti i processi operativi per la produzione della documentazione dei collaudi e per la risoluzione delle prescrizioni con l'esatta individuazione dei ruoli e responsabilità degli attori coinvolti nel processo;

              è stato sviluppato un set di parametri di valutazione delle prestazioni (KPI), basato sulle percentuali di rifiuti della documentazione inerente i progetti As Built e le relative prescrizioni;

              è stata condivisa una modalità di monitoraggio delle criticità che ostacolano il completamento dei lavori ed impediscono l'esecuzione dei collaudi;

              è stato realizzato uno spazio comune con F.A.Q. dove fornire chiarimenti relativi alle operazioni di collaudo ad uso dei collaudatori Infratel Italia e al personale dei territori Open Fiber.

          Per le attività di progettazione:

              è stata condivisa la check-list per la verifica degli elaborati dei progetti definitivi ed esecutivi;

              è stato condiviso con Open Fiber un software sviluppato da Infratel Italia per automatizzare le verifiche di conformità dei progetti alle norme tecniche di progettazione e ai target di copertura previsti nei comuni oggetto di intervento;

              sono stati apportati importanti correttivi al flusso di progettazione e all'iter autorizzativo attraverso l'introduzione di controlli funzionali alla riduzione delle tempistiche di richiesta-rilascio delle autorizzazioni;

              sono state concordate importanti ottimizzazioni progettuali al fine di migliorare la «qualità sostanziale» dei progetti esecutivi, per rendere più fluida e continua la fase realizzativa e ridurre le dipendenze tra progetti ai fini della collaudabilità.

      Infratel Italia e il concessionario Open Fiber hanno inoltre concordato un monitoraggio costante della qualità dei progetti, dell'avanzamento della progettazione, dell'andamento delle attività documentali ed in campo per massimizzare sia il numero dei comuni in cui avviare i lavori, sia il numero dei collaudi nel corso del 2020.
      Si segnala, altresì, che il Ministero dello sviluppo economico svolge una costante attività di monitoraggio delle risorse affidate alla gestione di Infratel, non solo attraverso l'analisi e l'approvazione degli stati di avanzamento del progetto BUL e la relazione annuale presentata da Infratel al comitato di indirizzo e monitoraggio, ma anche attraverso frequenti incontri di coordinamento nell'ambito dei rapporti di collaborazione tecnico-operativa con la società.
      Il Ministero dello sviluppo economico continuerà, dunque, a vigilare sulla società Infratel e sull'avanzamento del piano e continuerà a monitorare costantemente le fasi attuative poste in essere dal concessionario Open Fiber.
      Per quanto riguarda la seconda fase di attuazione della strategia nazionale sulla banda ultralarga (anch'essa già avviata), si sottolinea che essa è focalizzata sulle misure di sostegno alla domanda di servizi ultraveloci in tutte le aree del Paese e sulla diffusione di infrastrutture a banda ultralarga nelle cosiddette «aree grigie» a fallimento tecnologico.
      Sulla base delle rilevazioni effettuate da Infratel, infatti, gli indirizzi civici nelle cosiddette aree grigie rappresentano circa il 50 per cento dei civici totali. Non è un caso infatti che, secondo il
Digital Economy and Society Index della Commissione europea, la quota di abbonamenti in Italia ad almeno 100 Megabit per secondo è pari al 14 per cento degli abbonamenti complessivi, rispetto ad una media europea del 26 per cento. Questo, invero, sarebbe un ulteriore tassello che compone il mosaico di un Paese caratterizzato da divari tecnologici.
      Preme evidenziare, infine, che il 5 maggio scorso si è tenuta una riunione del comitato banda ultra larga che ha sbloccato fondi per un totale di 1.546 milioni di euro, di cui 400 per il piano scuola e 1.146 per i
voucher a famiglie e imprese.
      Entro due anni, dunque, tutte le scuole statali superiori e medie italiane saranno connesse con collegamenti in fibra ottica a 1 Gbps, necessari anche per la teledidattica. Lo stesso è previsto per le primarie e quelle dell'infanzia ricadenti nelle cosiddette «aree bianche».
      Inoltre, le famiglie e le imprese che potranno beneficiare, a partire da settembre, di un
voucher per la connettività, differenziato per fasce di reddito, per l'acquisto di servizi di connettività che possano supportare, oltre la teledidattica, anche il lavoro agile dei lavoratori.
      In conclusione, dunque, rappresento che la strategia nazionale sulla banda ultralarga nel suo complesso è all'attenzione del Governo, il quale sente fortemente la necessità di giungere in tempi rapidi alla creazione di una infrastruttura digitale nazionale che assicuri al sistema Paese di superare i divari tecnologici esistenti e raggiungere l'obiettivo europeo di una società digitale pienamente inclusiva.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


      TATEO, SASSO, BISA, TURRI, MORRONE e POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          si apprende da notizie di stampa di pochi giorni fa della scoperta di un boss che ordinò un delitto dalla cella;

          è ormai noto che nei negozi di elettronica e su internet è possibile trovare cellulari cinesi da poche decine di euro, facilissimi da nascondere e mimetizzare in quanto i più piccoli pesano circa 15 grammi e sono alti appena 5-6 centimetri;

          secondo la direzione distrettuale antimafia, tali oggetti, ormai onnipresenti in carcere, consentono ai detenuti e ai boss di associazioni per delinquere, anche di stampo mafioso, di tenere i contatti con l'esterno;

          risulta che nei giorni di fine settembre 2019, i carabinieri, nell'ambito di una indagine per omicidio collegata al clan Strisciuglio di Bari, hanno effettuato sequestri di minicellulari nelle carceri di Bari, Trani, Matera, Melfi e in Sicilia;

          emerge la probabilità che i telefonini vengano portati all'interno durante i colloqui con i familiari, nei pacchi dei viveri o in quelli della biancheria; una logistica complessa contro cui, a dire degli addetti ai lavori, ci sono poche contromisure se non accurate perquisizioni: è improponibile l'uso di jammer per schermare le celle (se non nei reparti destinati ai detenuti al 41-bis, ma non è questo il caso), perché la rete cellulare serve anche al personale in caso di emergenze;

          i mini-cellulari non hanno sistema operativo e questo dagli affiliati ai clan è considerato un vantaggio: in questo modo non possono essere attaccati con i trojan, i programmi che trasformano il telefonino in una microspia ormai molto utilizzati;

          Saverio Faccilongo, il plenipotenziario degli Strisciuglio nel quartiere San Pio di Bari, considerato il mandante dell'omicidio di un rivale interno al clan, secondo i carabinieri dava ordini dal carcere proprio con un minicellulare, e aveva perfettamente chiari i rischi dell'uso della tecnologia;

          l'indagine della direzione distrettuale antimafia di Bari ha evidenziato anche il ruolo delle mogli dei capi delle organizzazioni criminali, che – facendo passare i numeri di telefono – consentivano i mariti di parlarsi da un carcere all'altro (il caso, ad esempio, dei colloqui tra Faccilongo e altri due detenuti ritenuti esponenti di spicco del clan di Enziteto, Nicola Ciaramitaro (detenuto a Melfi) e Aldo Brandi (rinchiuso a Matera);

          la verosimile diffusione del fenomeno rende necessari maggiori e più serrati controlli, da parte della polizia penitenziaria, tesi a evitare che i detenuti possano continuare a gestire traffici illeciti servendosi di soggetti collegati dall'esterno, raggiungibili facilmente grazie all'uso dei telefonini la cui miniaturizzazione mette sempre più a dura prova il personale;

          il reparto di polizia penitenziaria di Trapani è stato uno dei primi in Italia a dotarsi di Manta ray (strumento per il rilevamento di componenti elettronici) al fine di contrastare efficacemente non solo il fenomeno dei cellulari ma anche il loro occultamento all'interno di cavità anatomiche, riuscendo così a scoprire in almeno cinque occasioni il micro telefono celato all'interno del corpo –:

          quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per evitare il proseguire di tali episodi (ingresso e detenzione di telefoni cellulari nelle carceri) che, come ormai noto, rendono possibili ed efficaci i contatti dei detenuti pericolosi con l'esterno.
(4-03785)

      Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame gli interroganti, nel fare riferimento alla diffuso fenomeno dell'ingresso illecito nelle carceri di microcellulari che, secondo la Direzione distrettuale antimafia, consentono ai detenuti, anche di stampo mafioso, di intrattenere contatti con l'esterno, come nel caso di Saverio Faccilongo, plenipotenziario degli Strisciuglio di Bari, considerato il mandante dell'omicidio di un rivale interno al clan e che, secondo i Carabinieri, impartiva ordini dal carcere proprio con un dispositivo di tal genere, chiedono di sapere quali iniziative il Ministro della giustizia intenda adottare per evitare il proseguire di episodi di ingresso e detenzione di telefoni cellulari nelle carceri che, come ormai noto, rendono possibili ed efficaci i contatti dei detenuti pericolosi con l'esterno.
      Va considerato in premessa che l'illecito ingresso di dispositivi cellulari di piccole dimensioni all'interno degli istituti penitenziari costituisce un fenomeno in rapida e progressiva espansione.
      Nel prenderne responsabilmente atto, nella piena consapevolezza della gravità in sé del fenomeno e delle conseguenze che ne possono derivare, questo Dicastero si è prontamente attivato assumendo una serie di iniziative specifiche e mirate, principalmente attraverso l'acquisto di apparecchiature e strumenti di contrasto.
      In particolare si è proceduto all'acquisto di 40
metal detector a portale attualmente in fase di installazione negli istituti penitenziari del territorio, con priorità accordata a quelli che ne sono totalmente privi o che hanno in dotazione apparecchiature malfunzionanti.
      L'installazione di tali apparati consente l'intercettazione di armi da fuoco, armi bianche e piccole parti di armi da taglio, ispezionando in modo rapido le persone in transito negli istituti penitenziari.
      Sono, inoltre, in fase di acquisizione 200 rilevatori portatili di dispositivi elettronici. Si tratta di strumenti che consentono di rilevare, a breve distanza (10-15 centimetri), la presenza di telefoni cellulari, dispositivi
bluetooth, componenti elettronici (tipo sim card telefoniche), oltre che metalli classici, cacciaviti e utensili di piccole dimensioni. Sono altresì di prossima distribuzione nei Provveditorati Generali 65 rilevatori portatili di telefoni cellulari, utili a rilevare ogni flusso comunicativo, sia esso voce o di testo, che transita sulle bande GSM, 3G, 4G — LTE, BLUETOOTH e WI.FI, a distanze che variano a seconda della tipologia della struttura su cui insistono (10-25 metri).
      Inoltre, sono stati già distribuiti ai provveditori regionali 40
jammer, ovvero dei disturbatori elettronici impiegati per impedire ai telefoni cellulari di ricevere o trasmettere comunicazioni.
      Da ultimo, tenuto conto che l'occultamento all'interno dei pacchi in entrata costituisce una delle più comuni modalità di ingresso illecito di tali dispositivi, va rimarcato che presso gli istituti penitenziari del territorio, con priorità per quelli che sono privi di dispositivi idonei, sono in fase di installazione 90 apparecchiature a raggi x per il controllo pacchi.
      Tali apparecchiature, di grande potenzialità e a tecnologia avanzata, vengono collocate nelle portinerie degli istituti penitenziari e permettono di effettuare indagini su valigie, bagagli, pacchi e colli, rilevando la presenza di oggetti metallici non consentiti, dispositivi di innesco e oggetti pericolosi, nonché di telefoni cellulari e apparecchiature elettroniche.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


      ZIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          da quanto si apprende da «Il Tirreno» di Pisa del 22 gennaio 2020, nel mese di settembre 2019, la società autostradale Salt, divisione Tronco Ligure Toscano, ha dato l'annuncio della conclusione della gara d'appalto per la costruzione dell'opera «Riqualificazione dell'intersezione tra la Strada provinciale 22 ed il collegamento autostradale a San Piero a Grado», con un importo dell'appalto di euro 702.012,70 iva esclusa, di cui euro 19.630,37 per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso;

          la gara si è svolta con l'invito a partecipare di 30 ditte, ricevendo 7 offerte dichiarate ammissibili;

          la prima classificata della gara, società Ati Mga Italia Srl-Divisione Cantieri Stradali Srl, è stata esclusa, in quanto non ha presentato nel termine indicato alcuna spiegazione e/o documento giustificativo in merito al ribasso percentuale del 29,297 applicato sull'elenco prezzi posto a base di gara;

          pertanto, l'aggiudicazione è risultata in favore della seconda classificata, l'impresa Edilzeta Srl di Modica (Ragusa), che ha presentato un'offerta con un ribasso pari al 22,383 per cento, già sottoposta a verifica sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità;

          tuttavia, nonostante il tempo trascorso, i cittadini e l'amministrazione comunale attendono ancora il «via libera» per l'apertura del cantiere;

          l'opera consiste nella realizzazione della rotatoria di San Piero a Grado, attesa da anni, che risolve una problematica molto sentita in città; l'infrastruttura, ripetutamente chiesta, da istituzioni, comitati locali e cittadini è infatti indispensabile per la sicurezza stradale, anche alla luce di una lunghissima serie di incidenti, alcuni mortali, che si sono verificati nel tempo nei pressi dello svincolo;

          l'assegnazione dei lavori, annunciata nello scorso autunno, sembrava aver finalmente risolto la questione e ha dato speranza ai cittadini per l'incremento dei livelli di sicurezza stradale; tuttavia, ancora non si hanno certezze sull'apertura del cantiere –:

          quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare per la conclusione delle procedure amministrative che bloccano l'inizio dei lavori della rotatoria di San Piero a Grado, assicurando alla cittadinanza tempi certi per la realizzazione di un'opera indispensabile per l'incremento dei livelli di sicurezza di un incrocio ormai da anni scenario di una lunghissima serie di incidenti, anche mortali.
(4-04931)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni pervenute dalla direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      Il progetto di riqualificazione dell'intersezione tra la strada provinciale 22 e il collegamento autostradale a San Piero a Grado è stato approvato con decreto del 10 ottobre 2018, per un importo complessivo di circa 800 mila euro; la durata prevista dei lavori è pari a 150 giorni.
      A seguito di tale approvazione la società concessionaria ha avviato le procedure di gara, che si sono concluse nel mese di settembre 2019 con l'aggiudicazione definitiva all'impresa Edilzeta srl.
      I documenti utili ai fini della firma del contratto sono stati consegnati dall'impresa il 23 marzo 2019 e il successivo giorno 24 è stato firmato il relativo contratto.

La Ministra delle infrastrutture e dei trasporti: Paola De Micheli.


      ZOFFILI, FORMENTINI, BILLI, COMENCINI, GRIMOLDI, PICCHI e RIBOLLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          il 19 agosto 2019, il tribunale rivoluzionario di Teheran ha condannato a 24 anni di reclusione Saba Kord Afshari, una ventenne iraniana attivista per il diritto delle donne a non indossare il velo in pubblico;

          i capi di accusa contro la giovane donna sono: «diffusione della corruzione morale in pubblico e della prostituzione», diffusione «di propaganda contro lo Stato» e «cospirazione contro la sicurezza nazionale»;

          secondo il centro per i diritti umani in Iran, dal 18 gennaio 2018 ad oggi sono state condannate dodici persone, tra uomini e donne, per aver compiuto dei gesti di disobbedienza civile nei confronti dell'obbligo di portare il velo –:

          se il Governo sia a conoscenza delle circostanze esposte in premessa e quali iniziative intenda assumere in ambito internazionale per promuovere i diritti delle donne in quei Paesi dove vengono sistematicamente negati.
(4-03636)

      Risposta. — Saba Kord Afshari è un'attivista iraniana nel campo dei diritti delle donne, arrestata lo scorso giugno con le accuse di «propaganda contro lo Stato», «partecipazione ad attività sovversive organizzate» e, avendo rifiutato di indossare il velo in pubblico, anche di «incitamento alla prostituzione» e «corruzione sulla terra». Ad agosto 2019 è stata condannata a 24 anni di reclusione dal tribunale rivoluzionario islamico di Teheran. Dalla data del suo arresto fino a quella del giudizio, alla Afshari non è stato garantito l'accesso ad un legale. Attualmente è detenuta presso la prigione di Evin, a Teheran.
      A novembre 2019 la corte di appello ha ridotto a 9 anni la condanna della Afshari, assolvendola dalle accuse di «incitamento alla prostituzione» e «corruzione sulla terra», ma confermando gli altri addebiti.
      La Afshari era già stata sottoposta a fermo insieme ad altre 50 persone circa nel 2018 per aver preso parte alle proteste di quell'anno. Condannata nell'agosto 2018 ad un anno di reclusione per «minaccia all'ordine pubblico», è stata poi liberata nel febbraio 2019 a seguito del «perdono» concesso dalla Guida suprema in occasione dei 40 anni dalla rivoluzione.
      In Iran la situazione dei diritti delle donne continua a presentare criticità. Il codice civile limita i diritti delle donne in relazione al matrimonio, divorzio e custodia dei figli, responsabilità genitoriale ed eredità. A fronte del diritto di divorzio senza limitazioni per il marito, la moglie può chiedere il divorzio solo in alcuni specifici casi (cioè uso di droga da parte del marito, arresto, rifiuto di sostenere finanziariamente la famiglia). Il Codice civile obbliga le mogli a rispettare i bisogni sessuali del marito, ponendole a rischio di continue violenze sessuali. Le donne e le bambine maggiori dei nove anni sono obbligate a indossare il velo quando sono in pubblico, pena un'ammenda, la detenzione o la fustigazione. Il Codice civile fissa l'età minima per contrarre matrimonio a tredici anni per le bambine e a quindici per i ragazzi e nelle zone rurali continuano a registrarsi casi di matrimoni precoci e forzati. Le mutilazioni genitali femminili, anche se considerate reato, continuano a essere praticate, specialmente in alcune zone del Paese (Kurdistan, Kermanshah, Ilam e Hormozgan).
      La tutela e la promozione dei diritti delle donne, dell'uguaglianza di genere e dell'
empowerment femminile e la lotta contro ogni forma di discriminazione e violenza sulle donne sono prioritarie nell'azione dell'Italia a livello internazionale sia in ambito multilaterale che bilaterale, oltre che sul piano della cooperazione allo sviluppo. Tali temi compaiono tra le priorità del nostro mandato in Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite (CDU) per il triennio 2019-2021.
      Nell'ambito della revisione periodica universale (UPR) del Consiglio diritti umani delle Nazioni unite, esercizio di monitoraggio periodico della situazione dei diritti umani cui tutti gli Stati dell'ONU si sottopongono ogni quattro-cinque anni, i diritti delle donne e la lotta alla violenza contro le donne costituiscono oggetto di raccomandazioni specifiche che l'Italia indirizza ai Paesi terzi che presentano particolari problemi sul tema. A novembre 2019 l'Iran si è sottoposto alla Upr. L'Italia ha raccomandato all'Iran, tra l'altro, un maggiore impegno per combattere tutte le pratiche dannose contro le donne e le ragazze, comprese le mutilazioni genitali e i matrimoni forzati, anche aumentando a 18 anni l'età minima legale del matrimonio.
      L'Italia ha co-sponsorizzato la risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Iran presentata dal Canada e adottata lo scorso dicembre dall'Assemblea generale delle Nazioni unite. La risoluzione, tra l'altro, esorta l'Iran a eliminare tutte le forme di discriminazione nei confronti di donne e ragazze, anche adottando misure per garantire loro protezione contro la violenza e accesso alla giustizia e per promuovere la loro partecipazione ai processi politici.
      Più in generale, il nostro Paese è parte della Convenzione Onu sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (Cedaw) ed è stato uno dei primi Stati ad aver ratificato la Convenzione del Consiglio di Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (cosiddetta Convenzione di Istanbul del 2011), svolgendo un ruolo attivo per consentirne l'entrata in vigore nel 2014. La Convenzione di Istanbul costituisce il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza e per prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica.
      L'Italia partecipa attivamente ai lavori della Commissione Onu sulla Condizione delle donne (CSW), Commissione funzionale dell'Ecosoc volta alla tutela dei diritti delle donne e delle bambine in tutto il mondo. In occasione della sessione della Csw del marzo 2019, dedicata ai sistemi di protezione sociale, all'accesso ai servizi pubblici e alle infrastrutture sostenibili, l'Italia ha organizzato e/o co-sponsorizzato diversi eventi a margine che hanno permesso di approfondire importanti temi riguardanti l'eguaglianza di genere e l'emancipazione femminile nel mondo.
      L'Italia è fortemente impegnata nelle campagne internazionali contro le pratiche dannose, incluse le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci e forzati, sia sul piano negoziale (in particolare in ambito Onu, contribuendo attivamente all'adozione delle risoluzioni dell'Assemblea generale e del Consiglio diritti umani), sia con iniziative di sensibilizzazione e progetti di cooperazione allo sviluppo.
      

La Sottosegretaria di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Marina Sereni.


      ZOFFILI, FORMENTINI, RIBOLLA, BILLI, PICCHI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, COMENCINI, GRIMOLDI, GIORGETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          i wet markets, il cui nome sinistro deriva dal sangue che vi scorre per effetto della macellazione in situ degli animali vivi, sono molto diffusi in Estremo Oriente e, in particolare, in Cina;

          è noto come sia sospettato da molti ricercatori e scienziati un ruolo del wet market di Wuhan nell'innesco della pandemia da Sars-CoV-2 che ha colpito anche il nostro Paese, provocando la morte di molte decine di migliaia di persone;

          nei wet markets non risultano rispettati gli standard d'igiene imposti nei Paesi occidentali a tutela dell'igiene e della salute umana e vi risulta commerciata anche la carne proveniente dalla macellazione in situ di animali selvatici, la cosiddetta bush meat;

          dagli organismi rappresentativi della Convenzione sulla biodiversità delle Nazioni Unite è giunto un invito a tutti i Governi degli Stati membri, affinché mettano al bando i cosiddetti wet markets in cui si procede alla macellazione degli animali vivi destinati al consumo umano;

          dopo lo scoppio della pandemia purtroppo ancora in atto, allo scopo di ridurre il rischio che se ne verifichino altre nel prossimo futuro, sembrano in ogni caso opportune e inderogabili delle iniziative internazionali che impongano universalmente il rispetto degli standard igienici più avanzati –:

          se il Governo intenda aderire all'invito di cui in premessa e, quindi, sostenere la campagna internazionale per la messa al bando dei wet markets, rappresentandone le istanze nei maggiori fori multilaterali di cui l'Italia è parte.
(4-05149)

      Risposta. — I mercati di animali vivi, noti anche come «wet markets», in cui vengono venduti pesci vivi, carne e animali selvatici, sono stati indicati, al pari del commercio mondiale di specie selvatiche, come un importante fattore di rischio per la diffusione delle zoonosi. Se le misure adottate da diversi Paesi per ridurre il numero di animali vivi nei mercati alimentari sono sicuramente positive e possono contribuire alla riduzione del rischio di future epidemie, una maggiore e reale efficacia deriverebbe dall'applicazione di controlli più severi sulla vendita e il consumo di specie selvatiche a livello globale.
      Non bastano, però i soli divieti. Per inquadrare correttamente il fenomeno, occorre ricordare che questi mercati offrono sostentamento a una moltitudine di persone, specialmente nelle aree rurali del mondo, per le quali la carne selvatica è fonte di nutrimento. Il divieto di commercio, allevamento e consumo di specie selvatiche, nonché le misure restrittive nei confronti dei mercati di animali vivi, non eliminerebbero del tutto il rischio di futuri «
spillover» zoonotici, vale a dire l'azione di un microrganismo patogeno per gli animali che, con un salto di specie, colpisce l'uomo. Un divieto generalizzato potrebbe infatti, essere di fatto aggirato e anzi produrre l'effetto indesiderato di incrementare il commercio illegale di specie selvatiche utilizzate per scopi alimentari o medicinali, in particolare nelle comunità che vi associano forti riferimenti culturali e sociali. Divieti nei confronti di queste attività dovrebbero essere pertanto accompagnati da misure di sostegno in favore di quelle persone che a tali pratiche ricorrono quotidianamente per necessità o cultura, in modo da attenuare le ricadute economiche della pur necessaria eliminazione di tali rischiose abitudini.
      L'argomento è naturalmente di grande attualità, specialmente alla luce della tragica emergenza sanitaria globale che stiamo vivendo.
      Il Governo rimarrà fortemente impegnato sul fronte della sicurezza sanitaria, a livello nazionale e globale.
      L'Italia partecipa attivamente ai competenti fori multilaterali. È il caso, in particolare, della Convenzione sulla biodiversità (Cbd), nel cui ambito il nostro Paese, insieme agli altri Stati parte, ha definito numerosi atti d'indirizzo sul tema. È utile richiamare in merito la decisione n. 14/7 adottata dalla 14a conferenza delle parti della Cbd, tenutasi a Sharm el-Sheikh, in Egitto, nel novembre 2018. Questa decisione tratta in maniera esauriente la questione della carne selvatica, «
wild meat» come definita nella versione inglese. Nel riconoscere come la carne selvatica sia stata a lungo fonte di nutrimento per milioni di persone in diverse regioni del mondo, la «Guida volontaria» adottata a Sharm El Sheikh si pone l'obiettivo di promuovere una gestione legale e sostenibile della carne selvatica di terra negli habitat tropicali e subtropicali. Nel preambolo, la guida evidenzia inoltre il rischio di agenti patogeni zoonotici e la possibile insorgenza di problemi sanitari ed epidemiologici. Essa sottolinea, allo stesso tempo, la necessità di adottare misure specifiche e multisettoriali nella protezione della biodiversità, della sicurezza alimentare, della salute e delle risorse forestali, in modo da garantire la tutela e la gestione sostenibile, anzitutto sotto il profilo sanitario, della fauna selvatica. Mentre molte azioni suggerite dalla guida possono essere messe in atto nel breve periodo, l'obiettivo di una gestione sostenibile della fauna selvatica richiede comunque attività da portare avanti a medio e lungo termine, nel contesto, in ambito Nazioni Unite, del piano strategico per la tutela della biodiversità e dell'agenda 2030.
      L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato alcune raccomandazioni tecniche, specificando che al momento non è possibile affermare con certezza che l'origine della diffusione del virus SARS-CoV-2 sia da identificare nella «zoonosi». Quello che invece si può affermare con certezza, a parere dell'Oms è che il patrimonio genetico del virus analizzato sui pazienti malati è molto simile a quello che si può ritrovare nei pipistrelli. Fatta questa premessa, le raccomandazioni tecniche dell'Oms adottate il 26 marzo 2020, riconoscono il rischio di trasmissione di agenti patogeni di origine animale nel contesto dei mercati di animali vivi. Le raccomandazioni sono rivolte tanto ai visitatori dei mercati quanto alle persone che si trovano a lavorare nei mercati stessi. Si tratta di raccomandazioni adottate a livello tecnico, che non sono quindi frutto di negoziato tra Stati membri.
      È in tale quadro che il Governo proseguirà nel suo costante impegno a tutela della salute pubblica, a livello nazionale e internazionale.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Marina Sereni.