XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 29 luglio 2020

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per sapere – premesso che:

          l'11 giugno 2002 veniva costituita la Fondazione Ravello di diritto privato;

          il 29 maggio 2007 il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo diveniva socio ordinario della Fondazione, previo conferimento della gestione della Villa Rufolo di cui era comproprietario;

          da quella data e sino al dicembre 2018, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha sempre designato un proprio rappresentante nel Consiglio di indirizzo della Fondazione;

          dal gennaio 2018 il presidente della regione Campania, socio minoritario, autonomamente disponeva il commissariamento della Fondazione di fatto assumendone il controllo totale;

          dal gennaio 2020, nonostante tutti i soci fondatori abbiano insediato i loro rappresentanti nel Consiglio di indirizzo, permane la figura del commissario straordinario, realizzando un vero e proprio assurdo giuridico;

          il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo non ha proceduto alla nomina del suo rappresentante, né è stato compulsato a tanto;

          i commissari succedutisi nella gestione ordinaria e straordinaria in diretto collegamento con il nominante, sono costati un centinaio di migliaia di euro, oltre a lauti rimborsi spese;

          gli atti di nomina dei commissari, a differenza di altri casi, sono tutti in capo al presidente della regione;

          il presidente della regione, quale socio della Fondazione per 19 mesi è stato controllore e controllato dell'organismo senza mai tacere tale commistione che si evidenzia in plurime dichiarazioni pubbliche;

          la Fondazione Ravello gestisce cospicui finanziamenti pubblici erogati sia dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (Fondo unico dello spettacolo), che dalla regione stessa, sia pure attraverso programmi europei;

          la Fondazione Ravello continua a gestire il complesso monumentale di Villa Rufolo, incassando circa 1,5 milioni di euro annui dal biglietto di ingresso, sebbene l'atto di affidamento della parte demaniale sia scaduto dal febbraio 2016 e mai rinnovato dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo;

          numerosi incarichi e contratti, conferiti intuitu personae e lautamente retribuiti, sembrerebbero essere stati attivati e prorogati negli ultimi 18 mesi di gestione, sostanzialmente regionale;

          non risulta agli interroganti che la regione per il commissariamento abbia ottemperato all'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento di commissariamento a tutti gli interessati, in specie al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo;

          il socio ordinario Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo dal gennaio 2019 sembra totalmente scomparso dagli atti e dalla comunicazione della fondazione Ravello, e finanche dal nuovo statuto che sembrerebbe aver segnato la trasformazione dell'organismo Fondazione Ravello da Istituzione «partecipata» anche dalla Regione Campania, in Istituzione «controllata» dalla Regione Campania;

          l'articolo 25 del codice civile, e lo stesso Dprgc n. 619 del 22 settembre 2003, ben circoscrivono i casi di intervento dell'ente di controllo nello spazio, nel tempo e nel tipo, per il ripristino delle condizioni di legalità e di ordinaria amministrazione;

          da tutto quanto sopra, ne deriva che sia le procedure seguite, che la posizione del presidente della regione Campania contemporaneamente controllore e controllato, sembrano meritevoli di approfondimenti e secondo gli interpellanti censure;

          tutti gli atti sopra richiamati, come appreso da organi di stampa, sembrano già essere al vaglio della magistratura;

          tutti gli atti e le azioni sopra richiamate rischiano di far naufragare il «Progetto Ravello» che dal 1999 al 2015, ha inteso costituire una sorta di «Cabina di Regia» interistituzionale con pari dignità fra i soci e che è stato riconosciuto dallo stesso Ministro Dario Franceschini nel corso della sua visita a Ravello nel luglio 2014, allorquando ebbe a dichiarare: «Ravello un esempio da implementare in tutta Italia», e non un banale organismo strumentale di una singola istituzione pubblica –:

          se il Governo sia conoscenza dei fatti e degli atti sopra esposti e richiamati;

          se il Governo intenda promuovere iniziative di competenza volte a verificare i fatti esposti in premessa e a scongiurare che le conseguenze si ripercuotano sui beni e sugli interessi pubblici;

          se e quali provvedimenti si intenda assumere, per quanto di competenza, nei confronti dei responsabili di eventuali azioni illegittime e/o illegali che si dovessero accertare;

          segnatamente se il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, socio ordinario della Fondazione Ravello, sia stato notiziato dell'avvio del procedimento di commissariamento e dell'adozione degli atti successivi; se sia mai stato invitato a procedere alla nomina del suo rappresentante nel sodalizio; nel caso contrario quali iniziative di competenza intenda assumere, anche ai fini dell'annullamento degli atti assunti viziati da grave vulnus, nonché, quale titolare di parte del bene culturale Villa Rufolo, se sia a conoscenza del fatto che, dal lontano febbraio 2016, la Fondazione Ravello continui a gestire la parte demaniale di Villa Rufolo senza alcun titolo rilasciato dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, nonché ad incassare integralmente il biglietto di ingresso; in ogni caso, quali iniziative di competenza intenda assumere per assicurare il ripristino immediato della legittimità e della legalità.
(2-00888) «Fasano, Casciello».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      D'ARRANDO, SERRITELLA, NAPPI, MENGA, MASSIMO ENRICO BARONI e D'ORSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 giugno 2020, all'articolo 1, comma 1, lettera bb) prevede che l'accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (Rsa), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitata ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione;

          tale disposizione, già prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020, è stata protratta fino al 31 luglio 2020 dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 luglio 2020;

          come segnalato dall'Utim (Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva), le famiglie con figli ospiti nelle comunità terapeutiche assistite chiedono l'allentamento delle succitate misure restrittive messe in atto nel fase acuta dell'emergenza sanitaria da Covid-19 e la ripresa, da parte dei ragazzi, delle terapie riabilitative che includono anche lo svolgimento di attività esterne finalizzate al loro reinserimento sociale;

          nelle comunità alloggio, aventi piccole dimensioni (8/10 utenti), vivono prevalentemente persone giovani/adulte con caratteristiche ed esigenze diverse da quelle degli anziani ospitati nelle Rsa, spesso non autosufficienti o con multi-morbilità;

          buona parte di dette persone, pur avendo problematiche varie (per esempio sindrome di Down, insufficienza mentale, esiti da encefaliti, impossibilità a deambulare, e altro), non hanno in genere patologie in atto e vivono nelle comunità terapeutiche residenziali soprattutto per il fatto di non poter più contare su di un ambito domiciliare familiare idoneo;

          gli ospiti di dette realtà hanno la primaria necessità di riprendere le normali attività nel territorio urbano in cui sono inseriti, in base alle loro autonomie, la periodica frequentazione dei familiari, il ritorno a casa laddove possibile, la partecipazione alla vita sociale nel rispetto della necessità e diritto all'integrazione, peraltro secondo il loro progetto educativo individuale –:

          se il Governo sia a conoscenza delle criticità esposte in premessa e quali iniziative intenda adottare per favorire la ripresa delle attività e delle relazioni familiari degli ospiti delle comunità terapeutiche residenziali.
(5-04479)

Interrogazioni a risposta scritta:


      LUPI, COLUCCI, SANGREGORIO, TONDO e GERMANÀ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

          la riapertura di tutte le scuole di ogni ordine e grado prevista per settembre 2020, dopo il diffondersi della pandemia del Covid-19, presenta gravi problematiche sia relative all'attrezzatura (ad esempio banchi) sia alle modalità di svolgimento delle lezioni;

          infatti è da registrare in primo luogo come sia molto difficile, in così breve tempo, riuscire ad avere attrezzature scolastiche (ad esempio banchi) adeguate alla ripresa dell'attività scolastica. Si evidenziano le gravi difficoltà delle aziende che producono speciali attrezzature scolastiche per la riapertura delle scuole a settembre a fornirle in tempi utili;

          il bando di gara del Governo per le attrezzature scolastiche prevede quantitativi estremamente rilevanti 1,5 milioni di banchi e comporta diversi problemi. Il Lotto A è di 1.5 milioni di banchi monoposto (la produzione di 4-5 anni dell'intero comparto) e fino a 700.000 sedute per banchi della tipologia standard e il Lotto B prevede sedute attrezzate di tipo innovativo in 1,5 milioni;

          i produttori italiani di arredi scolastici (che risultano essere gli unici con prodotti certificati secondo le norme e le leggi italiane), riferiscono che la capacità produttiva del settore potrebbe arrivare al massimo a consegnare 120 chilogrammi di pezzi, entro fine settembre. Questo sempre che tutta la filiera sia disponibile a sostenere questo sforzo, poiché la disponibilità a lavorare anche su 3 turni, non manca; quello che invece occorre verificare è la disponibilità delle materie prime nei tempi utili. Occorrono centinaia di bilici di pannelli per fare 3 milioni di banchi, occorrono molti metri quadrati di laminato plastico per rivestirli, occorrono migliaia di metri di tubolari metallici, soprattutto occorrono tempi adeguati alla logistica. La consegna in tutte le scuole del Paese, dalla Valtellina alla Sicilia, secondo le disponibilità di aperture delle strutture scolastiche in agosto, per la consegna e il posizionamento al piano, richiedono molto tempo;

          a tutto questo è da aggiungere che: con le scuole chiuse in agosto, le consegne devono essere fatte al piano degli arredi, la scuola dovrebbe predisporre prima di ricevere i banchi monoposto l'eliminazione dei biposto presenti (con relativi problemi di ingombri, significativi);

          nel mese di agosto le autostrade sono chiuse al trasporto pesante –:

          se non sia necessario chiarire urgentemente quanto evidenziato in premessa e come il Governo intenda procedere in modo rapido all'approvvigionamento delle attrezzature scolastiche per la ripresa delle attività scolastiche dopo il diffondersi del Covid-19 e se ritenga congrui i modi ed i tempi del relativo bando per la fornitura delle medesime attrezzature.
(4-06493)


      PENNA, D'ORSO, LOMBARDO, VILLANI, PIGNATONE, NAPPI, MARTINCIGLIO, PERANTONI, GRILLO e CASA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          i cambiamenti climatici rappresentano un tema dei nostri tempi, poiché il clima, in generale, è oggetto di mutazione, le cui cause sono molteplici: oltre alle emissioni antropogeniche di gas a effetto serra e di aerosol, deforestazione e ai cambiamenti nell'uso del suolo e il suo sfaldamento, vi sono anche numerosi fattori naturali: le eruzioni vulcaniche, i cambiamenti dell'attività solare e dell'orbita della terra attorno al sole, i cambiamenti della composizione chimica dell'atmosfera, lo sviluppo della vegetazione e molti altri. Tutti questi fattori influenzano il sistema climatico su scale temporali diverse;

          uno studio del 2019 del dipartimento di ingegneria per l'ambiente, il territorio e le infrastrutture del Politecnico di Torino, attraverso un campione rappresentativo di 1.346 stazioni, ha evidenziato, su base statistica, che, in alcune aree d'Italia, la frequenza e l'intensità delle bombe d'acqua mostra tendenze all'aumento nel tempo, a causa della maggiore capacità dell'atmosfera di immagazzinare vapore acqueo per via del riscaldamento globale. «L'Italia risulta un Paese di per sé vulnerabile ad alluvioni e frane, ma la ricerca evidenzia che, indipendentemente dalla fragilità del territorio, è proprio il clima a mostrare una intensificazione dei suoi fenomeni estremi nel Nord-Est, in Liguria ed in altre aree del Centro e del Sud del Paese», spiegano gli esperti;

          i recenti fatti di cronaca hanno visto la città di Palermo protagonista di una bomba d'acqua che si è abbattuta il 15 luglio 2020, facendo cadere sulla città un quantitativo di acqua mai visto da 223 anni, ossia da quanto è attiva la stazione meteorologica del capoluogo siciliano. Lo sottolineano i meteorologi di «IconaMeteo», precisando che, a scatenare l'inferno sulla città, «è stato un violentissimo temporale autorigenerante: si tratta di un temporale che, invece di spostarsi rapidamente come succede di solito, resta fermo continuando ad alimentarsi sempre sulla stessa zona». In poche ore la città è stata sommersa dall'acqua, con accumuli di 134 millimetri di pioggia;

          i cambiamenti climatici sono un fenomeno globale, ma, a livello regionale e locale, essi si manifestano con intensità ed effetti diversi a causa dell'impatto sulla salute, poiché in alcune regioni si registra un aumento nel numero di decessi dovuti al calore e in altre si assiste a un aumento delle morti causate dal freddo: si osservano già alcuni cambiamenti nella distribuzione di determinate malattie trasmesse dall'acqua e dai vettori di malattie;

          le mutazioni del sistema climatico impongono anche elevati costi alla società e all'economia, a causa dei danni alle case, alle infrastrutture;

          negli ultimi anni si moltiplicano iniziative e azioni lodevoli, anche nate intorno alla famosa enciclica pubblicata da Papa Francesco del 2015 «Laudato Sì» che ha incitato ad un cambio di passo su ambiente e clima, per promuovere l'incremento del numero degli alberi nel tessuto urbano –:

          se il Governo non ritenga necessario procedere all'adozione di iniziative di competenza, con il coinvolgimento delle istituzioni e delle autorità locali, che consentano un monitoraggio costante e continuativo nel tempo del sistema climatico, al fine di realizzare azioni efficaci di contrasto ai cambiamenti climatici al fine di mitigare gli effetti che questi hanno sul tessuto sociale ed economico del nostro Paese;

          se non ritenga opportuno promuovere iniziative basate su uno stile di vita incentrato sull'ecologia integrale, che sia in grado di stabilire un nuovo e più profondo legame con la Madre-Terra, anche favorendo la piantumazione di milioni di alberi nelle città, come strumento efficace e di rapida realizzazione, idonea a porre in essere le condizioni di uno sviluppo sostenibile che riconosca e garantisca la tutela dell'ambiente come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività.
(4-06494)


      CORNELI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

          il Dipartimento della protezione civile fa capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri e la sua funzione è quella, in caso di emergenza, di coordinare tutte le strutture degli enti centrali e periferici unitamente alle forze dell'ordine e del volontariato;

          l'obiettivo primario del servizio di protezione civile è quello di salvaguardare la vita e la salute dei cittadini, ponendo in essere protocolli d'intervento unitari e per questo efficaci ed immediati;

          il servizio nazionale della Protezione civile è stato istituito dalla legge n. 225 del 24 febbraio 1992, mentre con il decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, è stato emanato il nuovo codice della protezione civile;

          durante l'emergenza Covid, il capo della Protezione civile, dottor Borrelli, nell'audizione parlamentare del 7 maggio 2020, ha dichiarato che il dispiegamento degli interventi è avvenuto ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto legislativo n. 1 del 2018. In sostanza, mentre il comma 1 del medesimo articolo 16, attribuisce la competenza esclusiva al Dipartimento della Protezione civile per il coordinamento e la gestione degli interventi su terremoti, alluvioni, valanghe, e altro, sui rischi di maggiore portata, laddove sarebbe maggiormente necessario un intervento, una gestione ed un coordinamento unitario, si lasciano Ministeri, regioni, e gli enti locali, liberi di gestire in sostanziale autonomia queste situazioni;

          questa divisione delle emergenze in gruppi risulta incomprensibile perché non motivata né da ragioni scientifiche, né di diritto, né da ragioni pratiche, in quanto le emergenze su vasta scala andrebbero gestite e coordinate in maniera unitaria;

          nell'audizione citata, il dottor Borrelli ha dichiarato che sono stati attivati 56 centri di coordinamento dei soccorsi provinciali a fronte di 80 provincie più 2; e 4.287 centri operativi comunali a fronte di 7.904 comuni, all'11 maggio 2020. Non si comprende come, essendo 80 le provincie «ordinarie» italiane, più altre due, un notevole numero di prefetti non abbiano ottemperato al compito loro affidato. Ciò, nonostante che il decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, abbia formalmente attribuito loro un notevole numero di competenze, innovando fortemente il codice di protezione civile;

          nel codice della protezione civile non si evincono e né vengono richiamati in maniera esplicita né il principio di precauzione, né quello di proporzionalità, né quello di accettabilità del rischio, che, essendo princìpi generali del nostro ordinamento, andrebbero invece inseriti in maniera esplicita nella normativa di protezione civile in modo da fungere da linee guida per fronteggiare i momenti di emergenza;

          il codice, inoltre, non chiarisce a pieno il principio di sussidiarietà circolare (4° comma dell'articolo 118 della Costituzione) che dovrebbe applicarsi nella gestione delle crisi coinvolgendo direttamente i cittadini e le loro organizzazioni;

          la normativa relativa alla protezione civile non prevede alcuna sanzione qualora vi sia una grave inadempienza o omissioni da parte di coloro che dovrebbero gestire l'emergenza da fronteggiare –:

          se sia a conoscenza della problematica esposta e quali iniziative di competenza, in particolare normative, intenda assumere al fine di risolvere le ambiguità presenti all'interno del decreto legislativo n. 1 del 2018 «Codice della protezione civile»;

          se intenda emanare un protocollo unico di intervento al fine di fronteggiare in maniera efficace eventuali nuove situazioni emergenziali, quali una seconda ondata da Covid-19, ma valevole anche per quelle presenti nel primo gruppo di cui al comma 1 dell'articolo 16 del codice della protezione civile, in modo da:

              a) poter attivare tempestivamente tutte le risorse a disposizione della Protezione civile e a far insediare immediatamente tutti gli organismi di coordinamento a livello nazionale, regionale e locale;

              b) operare, per il futuro facendo sì che cessi o diminuisca sostanzialmente la pratica degli appalti in deroga alle norme ordinarie, pratica che viene applicata costantemente a far tempo dalla creazione della Protezione civile ad oggi in ogni emergenza sismica o di altro genere.
(4-06500)


      FORNARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

          nel febbraio 2020 il Washington Post pubblicava un'inchiesta, ripresa dalla televisione tedesca ZDF, dalla televisione svizzera SFR e, in Italia, da Il Fatto quotidiano e Il Sole 24 ore, sulla Crypto AG, un'azienda di apparecchiature tecnologiche con sede in Svizzera che per quasi cinquant'anni ha venduto strumenti per la crittografia ai servizi di intelligence di diversi Paesi. L'azienda, controllata dalla CIA e dal BND (i servizi della Repubblica federale tedesca), attraverso le apparecchiature che vendeva, era in grado di spiare le comunicazioni degli altri Stati;

          l'inchiesta giornalistica è basata su un documento interno della CIA, redatto nel 2004, e su uno analogo del BND del 2008. I documenti mostrano che la Crypto AG, su ordine della CIA e della BND, vendeva macchinari per la crittografia che erano stati appositamente «truccati» in modo che i messaggi potessero essere decifrati con facilità. A essere «spiati» erano tanto ai Paesi alleati degli Stati Uniti, tra i quali l'Italia, quando i Paesi non allineati;

          l'azienda fondata dall'ingegnere svedese Boris Hagelin, venne rilevata da CIA e BND nel 1970 con un'operazione chiamata «Rubicon». Ogni anno le due agenzie si spartivano i fondi ricavati dalla vendita degli apparecchi prodotti, oltre a usarli per le operazioni di intelligence. Le due agenzie coinvolsero anche aziende esterne nella realizzazione degli apparecchi della Crypto AG: per la Germania la Siemens e per gli Stati Uniti la Motorola, aziende i cui prodotti erano largamente usati nelle istituzioni pubbliche in Europa;

          dai documenti della CIA emergono diversi utilizzi dei macchinari della Crypto in operazioni dei servizi. Tra le diverse operazioni segnalate si ha notizia del monitoraggio, nel 1978, da parte della NSA (Agenzia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti) delle comunicazioni del presidente egiziano Anwar Sadat durante la trattativa per gli accordi con Israele. Attraverso la Crypto i servizi americani intervennero durante la crisi degli ostaggi a Teheran, nella Guerra delle Falkland, ed erano a conoscenza dei piani del golpe in Cile ai danni del presidente Allende. Anche per quanto riguarda il nostro Paese, anch'esso cliente dell'azienda, dai documenti emerge il fatto che vi sia stato un costante controllo delle comunicazioni italiane;

          con la fine della guerra fredda la BND decise di abbandonare il suo impegno dentro Crypto AG e nel 1993 trovò un accordo con la CIA per vendere le sue partecipazioni. Da quel momento le operazioni della Crypto AG declinarono rapidamente, anche a causa dei cambiamenti della tecnologia in campo militare, sempre più legata ai software e sempre meno agli apparecchi per la crittografia. Nel 2018 la società venne venduta e divisa tra la CyOne e la Crypto International;

          la Crypto AG ha così cessato di esistere definitivamente nel 2018, ed è stata acquistata da due altre società: la CyOne Security, che vende sistemi di sicurezza solo al governo svizzero, e la Crypto International, che invece si occupa del mercato internazionale. Entrambe le società hanno negato di avere alcun legame con Stati Uniti e Germania. Il Governo svizzero intanto ha tuttavia avviato un'indagine sui legami che in passato la Crypto AG avrebbe avuto con CIA e BND e ha revocato alla Crypto International la licenza per esportare i suoi prodotti all'estero –:

          se il Presidente del Consiglio dei ministri, per quanto di competenza, intenda attivare le iniziative necessarie per chiarire le eventuali implicazioni in Italia delle attività spionistiche emerse dall'inchiesta giornalistica e quali iniziative siano in atto per assicurare che il nostro Paese, attraverso l'uso di apparecchiature acquistate da aziende straniere, non possa essere a rischio di azioni di spionaggio da parte di Stati esteri.
(4-06501)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          nei giorni scorsi la Turchia aveva annunciato la volontà di procedere con delle esplorazioni per la ricerca di idrocarburi nel Mar Egeo, al largo delle isole di Rodi e Kastellorizo;

          l'attività è stata sospesa nella giornata odierna a seguito delle tensioni emerse con la Grecia. Atene aveva annunciato, la scorsa settimana, il dispiegamento delle proprie navi da guerra nel Mediterraneo orientale, dopo che la nave turca, Oruc Reis, si era spinta a 180 chilometri dall'isola di Kastellorizo, circostanza confermata da Ankara;

          è stato proprio il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, a ordinare la sospensione «momentanea» delle trivellazioni, secondo quanto dichiarato dal portavoce dello stesso Erdogan, Ibrahim Kalin, che ha definito la Grecia «un importante vicino»;

          la scorsa settimana il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto che la Turchia fosse sanzionata per le ricerche di idrocarburi nel Mediterraneo orientale e accusato Ankara di non rispettare i diritti di Cipro e della Grecia, violandone la piattaforma continentale;

          lo stesso portavoce di Erdogan ha poi definito «costruttivo» l'intervento della cancelliera tedesca Angela Merkel nella risoluzione di una possibile crisi nel Mediterraneo orientale;

          l'Italia non sembrerebbe aver battuto alcun colpo nel corso di questa crisi. Al di là degli sterili proclami di circostanza, il Governo sembrerebbe aver assunto il ruolo di spettatore passivo nel più ampio scenario della spartizione dei giacimenti di idrocarburi nel Mediterraneo –:

          quali iniziative abbia assunto il Governo nel corso della crisi greco-turca di questi giorni;

          se il Governo intenda sollevare la questione turca nelle competenti sedi europee anche al fine della revoca dello status di Paese candidato all'adesione all'Unione europea.
(5-04480)

DIFESA

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:

          i fatti emersi dall'inchiesta sulla caserma «Levante» di Piacenza sono gravissimi e minano – come è stato riconosciuto dal comando generale dell'Arma – il rapporto di fiducia tra la cittadinanza e i carabinieri;

          sulla stampa quotidiana, molti contributi di commento hanno evidenziato come l'espressione «mele marce» non sia più adeguata a descrivere una scia di episodi criminosi di cui graduati dei carabinieri si sono resi responsabili nel corso degli anni, già a partire dal terribile omicidio di Stefano Cucchi;

          il comportamento dell'appuntato Montella e del maresciallo Orlando – stando a quanto riportato nell'ordinanza di custodia cautelare emanata dal Gip di Piacenza – non solo sono al di fuori dei confini della legalità e si collocano nell'area del penalmente illecito, ma rivelano anche una profonda ignoranza istituzionale e giuridica, oltre che lo smarrimento di qualsiasi senso di umanità. L'assoggettamento – con l'intimidazione e la violenza – di modesti spacciatori a una rete di vendita di stupefacenti gestita dagli stessi carabinieri denota capacità criminali molto elevate e non può essere ricondotta a semplici accorgimenti investigativi e di gestione degli informatori;

          peraltro, desta viva preoccupazione il fatto che i membri della caserma siano stati insigniti di un encomio per la quantità di arresti in flagranza compiuti e per le quantità di stupefacente sequestrate (dubbi su questi aspetti sono stati espressi condivisibilmente da Italo Ghitti sulla Repubblica e sul Giornale del 27 luglio 2020). Se ne deve dedurre, ad avviso dell'interpellante, che – nell'istruttoria sull'encomio – non siano state svolte verifiche serie sulla documentazione a supporto della decisione (per esempio, revisione dei decreti di perquisizione, dei verbali di operazioni compiute, dei verbali di sequestro, dei provvedimenti di convalida dei fermi e degli arresti). Ne risulta altresì che lo stesso stato di servizio dei carabinieri potrebbe rivelarsi poco attendibile;

          per quanto necessaria, la rimozione di tre ufficiali (comandante provinciale, comandante del nucleo investigativo e del reparto operativo) non appare sufficiente, né lo è la sospensione temporanea dal servizio dei carabinieri indagati. Tutta la linea di comando viene chiamata in causa dalla vicenda disvelata dall'inchiesta, poiché Piacenza è una città di media grandezza e la caserma è logisticamente connotata da un open space in cui non è possibile per alcun carabiniere celare agli altri la propria attività (si spiega anche così la determinazione giudiziale di sequestrare l'intera caserma);

          nella caserma Levante è certamente mancato lo spirito istituzionale, che l'articolo 54 della Costituzione prescrive per tutti i pubblici ufficiali, definendolo come servizio caratterizzato da «disciplina e onore», ciò che si traduce nel rispetto dei diritti e del diritto: in una parola lo spirito democratico della Repubblica, che a mente dell'articolo 52 della Costituzione informa le Forze armate. Tutto ciò – evidentemente – si arrestava sulla soglia della caserma di Piacenza, denunciando a parere dell'interpellante un considerevole problema culturale che pervade l'intera Arma dei carabinieri;

          gli ufficiali dei carabinieri generalmente vengono dall'Accademia e hanno quindi una formazione sui princìpi e sulle regole della Costituzione repubblicana –:

          quali iniziative intenda assumere per assicurare anche per i sottufficiali e gli ufficiali inferiori un'adeguata formazione giuridica e istituzionale, che eviti per il futuro così macroscopiche violazioni della Costituzione;

          quale itinerario formativo sui diritti umani e sull'ordinamento democratico della Repubblica sia previsto nell'Accademia di Modena;

          quali parametri giuridici e tecnici siano in uso per la valutazione delle prestazioni dei carabinieri nelle attività di polizia giudiziaria.
(2-00887) «Magi».

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


      MURELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          per effetto delle misure di contenimento connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 sono stati ridotti drasticamente i giorni di apertura degli uffici territoriali delle Agenzie delle entrate nell'intero territorio nazionale;

          non da ultimo, notizie di stampa (ilpiacenza.it del 15 luglio 2020) riportano di una segnalazione circa la disorganica razionalizzazione dei servizi alla pubblica utenza del competente ufficio dell'Agenzia delle entrate di Piacenza;

          in particolare risulta ancora aperto con una ridotta fascia oraria e, in particolare, solo per quattro giorni alla settimana l'ufficio territoriale dell'Agenzia delle entrate di Piacenza – sede direzione provinciale, via Modenesi 16, mentre rimane chiuso al pubblico l'ufficio di Fiorenzuola d'Arda e di Bobbio, con una parte del personale organizzata in smart working;

          tale decisione ha determinato negli ultimi due mesi forti ritardi, disagi e lungaggini dei servizi richiesti;

          ad oggi, le maggiori problematicità si registrano per le procedure operative front office, con notevoli restrizioni in termini di orari e giorni di apertura, costringendo gli utenti a lunghe attese in fila – anche di due ore – sotto il caldo afoso o la pioggia senza considerazione nemmeno per i più anziani e nemmeno un distributore automatico dei numeri di accesso alla coda;

          si evidenzia, quindi, una limitata e paradossale tutela della salute pubblica, dal momento che la riorganizzazione del personale degli uffici trascura l'esigenza degli utenti di non incorrere in assembramenti ed evitare il contagio;

          si sta parlando di un servizio essenziale per i cittadini che il più delle volte si mettono in fila per operazioni che non sono rimandabili, soprattutto dopo un lockdown lunghissimo durante il quale non era possibile muoversi;

          il conseguente e prevedibile disagio intervenuto, infatti, ha così determinato l'impossibilità di garantire un accesso al pubblico servizio che non esponga i cittadini ad inutili rischi per la salute pubblica nonché evidenti ripercussioni anche per il tessuto socio-economico composto da importanti attività imprenditoriali;

          consta prendere atto che, secondo l'interrogante, che predette modalità dimostrano l'assoluto disinteresse nei confronti dei cittadini e nondimeno delle pesanti conseguenze negative che esse comportano nei confronti dell'utenza professionale –:

          quali urgenti iniziative intenda intraprendere affinché venga garantita l'immediata operatività degli uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate di Piacenza, di Fiorenzuola d'Arda e di Bobbio – eventualmente con fasce orarie più ampie e previo appuntamento – così da assicurare non solo la tutela della salute pubblica di tutti i cittadini coinvolti e del personale dell'Agenzia, ma anche e soprattutto il legittimo e indispensabile servizio pubblico all'uopo predisposto.
(4-06487)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FOTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          con l'articolo 17-bis della legge di conversione del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (legge 17 luglio 2020, n. 77) è stata introdotta una sospensione generalizzata delle esecuzioni degli sfratti fino al 31 dicembre 2020;

          detta sospensione costituisce un'evidente violazione del diritto di proprietà, in quanto si impedisce al proprietario di rientrare nel possesso di un proprio bene;

          la disposizione, oltre che essere generalizzata sia per le locazioni abitative sia per quelle ad uso diverso dall'abitativo, non viene neppure condizionata, come invece fatto per altre misure varate in questo periodo, alla circostanza di aver subito danni dal Covid-19 –:

          quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Governo per indennizzare i proprietari che hanno subito la mortificazione dei loro diritti, giusti gli impegni assunti al riguardo dal Governo nella seduta della Camera dell'8 luglio 2020, avendo accolto l'ordine del giorno 9/2500-AR/103.
(5-04477)

Interrogazioni a risposta scritta:


      DI SARNO e DORI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          nel mese di dicembre 2019 si sono svolte, presso ogni distretto di Corte d'appello, le prove scritte dell'esame di abilitazione alla professione forense;

          la correzione degli elaborati avviene ad opera di commissioni decentrate, estratte per sorteggio, che normalmente impiegano circa sei mesi per giungere alla pubblicazione dei risultati, il cui esito positivo consente ai candidati di accedere alla prova orale, che normalmente ha inizio tra settembre ed ottobre;

          l'emergenza sanitaria da COVID-19 ha evidenziato le criticità dell'esame di avvocato, poiché il diffondersi della pandemia ha imposto l'adozione di misure di contenimento del contagio su tutto il territorio nazionale, con un notevole allungamento dei tempi;

          l'articolo 5 del decreto-legge n. 22 del 2020, nel richiamare l'articolo 87, comma 5 del decreto-legge n. 18 del 2020, ha previsto la sospensione di 60 giorni dei termini di correzione dell'esame di abilitazione forense, con la conseguenza che l'intera procedura selettiva ha subito una battuta d'arresto;

          le associazioni dei praticanti avvocati hanno richiesto, in più occasioni, la ripresa immediata delle correzioni, secondo modalità che potessero garantire la sicurezza per la salute dei commissari o in alternativa la correzione telematica;

          le correzioni sono riprese nel mese di maggio 2020 e i dati pervenuti mostrano che in sei mesi è stato esaminato solo il 44,97 per cento dei candidati, con notevoli ritardi soprattutto nei distretti delle Corti di appello più grandi, dove il numero degli elaborati da esaminare è maggiore;

          a causa di tale situazione i praticanti continuano a trovarsi in uno stato di intollerabile incertezza, non sapendo se e quando verranno pubblicati i risultati e, soprattutto, quali saranno le tempistiche per l'esame orale, con il paradosso di essere costretti a ripetere gli scritti in via cautelativa, senza conoscere gli esiti dell'esame precedente;

          l'inedito ritardo finora accumulato rischia di compromettere l'accesso al mercato del lavoro per i giovani professionisti, il che rende ancora più evidente la necessità di riformare l'intera procedura di accesso alla professione forense, valorizzando il settore specialistico prescelto dagli aspiranti avvocati –:

          quando saranno resi noti i risultati delle prove scritte della sessione 2019 dell'esame di abilitazione alla professione di avvocato;

          in che modo il Ministro interrogato intenda agire e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di tutelare le ragioni degli aspiranti avvocati in attesa degli esiti delle prove scritte.
(4-06489)


      GIANNONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il codice civile all'articolo 315-bis, riconosce il diritto del fanciullo – che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, se capace di discernimento – ad essere ascoltato in tutte le questioni che lo riguardano. L'articolo 336-bis a sua volta, stabilisce che il minore è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato;

          la Convenzione di Strasburgo stabilisce, nel combinato disposto dell'articolo 3 e dell'articolo 6, il diritto del minore ad essere informato e di esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano, imponendo all'autorità giudiziaria di permettere al minore di esprimere la propria opinione e tenerla in debito conto;

          la sua audizione è infatti utilissima, tanto sotto il profilo dell'affidamento – è noto, ad esempio, il principio giurisprudenziale secondo il quale il rifiuto ostinato del figlio minore a frequentare un genitore legittimi l'affido esclusivo all'altro, in quanto rispondente all'interesse del minore stesso, (si veda Cassazione 15 settembre 2011 n. 18867) – quanto, soprattutto, per la collocazione ed il regime di incontri con il genitore non collocatario;

          due sorelle minorenni a Torino stanno vivendo un vero incubo. Secondo quanto riportato da diversi media, le ragazze sono state allontanate dalla famiglia in seguito alla separazione dei genitori ed alle violenze del padre, ed ora si trovano in una struttura con la prospettiva di essere divise: «Sarebbe stato meglio non denunciare», si legge su il Giornale.it;

          a riportare la storia, è anche il quotidiano «La Stampa», che ha deciso di pubblicare la lettera che le ragazze hanno inviato alla redazione;

          «Siamo due sorelle, di 15 e 13 anni. Quando nel 2016 i nostri genitori si sono separati abbiamo iniziato ad andare sia da nostra madre, sia da nostro padre. Poi però nostro padre ha iniziato ad avere degli atteggiamenti violenti con noi come aveva sempre avuto con mamma», raccontano nella lettera. Definito come un individuo violento, il padre delle sorelle è infatti ora accusato di maltrattamenti contro l'ex moglie. «Quando nostro padre ha provocato un trauma cranico a me, mia madre lo ha denunciato, ma non siamo mai state ascoltate. [...] Dal quel momento abbiamo deciso che non saremmo più andate da lui. Così a inizio 2018, un'assistente sociale ci ha obbligato a seguire progetti con gli educatori e durante questo progetto nostro padre ha aggredito mamma davanti a noi», prosegue il racconto;

          malgrado il terribile fatto, il progetto con gli educatori era comunque andato avanti. Poi, nel 2018, era stata avviata la consulenza tecnica del tribunale. «Le assistenti ci dicevano che se non fossimo andate da nostro padre saremmo finite in comunità, a quel punto per paura abbiamo accettato di vederlo», spiegano le ragazzine;

          vedendo i lividi rimasti sulle figlie in seguito alle percosse ricevute negli incontri, la madre delle ragazze decise di sporgere una seconda denuncia. Nonostante tutto, gli assistenti sociali che si occupavano del caso continuarono ad insistere affinché le ragazze mantenessero i rapporti col padre violento. L'ultimo tentativo è stato l'affido ad una zia, il progetto però non è riuscito e le ragazze sono state collocate in comunità;

          le due non possono uscire, né incontrare i familiari. «Neanche una televisione o qualcuno con cui parlare – si legge su “Imolaoggi” – chiuse e basta, il cibo è da galera (riso bianco e fetta di prosciutto cotto puzzolente), ma in fondo questa è una galera, solo che noi non abbiamo fatto nulla e manco il giudice ci ha voluto sentire» –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda promuovere iniziative operative presso il tribunale dei minori di Torino.
(4-06499)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


      VINCI e TOMBOLATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          durante la mattina di domenica 26 luglio 2020, lungo la strada statale 63, in località Busana (PR), è deceduto, a causa di un incidente stradale, un cittadino di 43 anni che era alla guida di una moto. La morte dell'uomo è stata dovuta alle lesioni riportate per l'impatto contro un supporto verticale del guardrail;

          sulla Gazzetta Ufficiale n. 114 del 17 maggio 2019 è stato pubblicato il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 1° aprile 2019 che ha disciplinato l'installazione dei dispositivi stradali di sicurezza per motociclisti (Dsm) continui su barriere di sicurezza stradale discontinue. I Dsm sono previsti e posti in opera espressamente per proteggere il conducente e/o il passeggero, caduto dal motociclo o ciclomotore, che, scivolando sul piano stradale, si diriga verso la barriera di sicurezza, in ambito sia urbano che extraurbano;

          l'ulteriore vittima del 26 luglio si va ad aggiungere alla lunga lista di persone decedute a causa di incidenti da caduta dalle moto finite sotto guardrail «ghigliottina»: tra il 2016 ed il 2017 (dati Aci-Istat) gli incidenti su due ruote sono aumentati del 3 per cento, le vittime del 12,2 per cento ed i feriti del 5,2 per cento. Dati preoccupanti soprattutto se si tiene in considerazione il fatto che sempre più spesso i sinistri sono stati causati da infrastrutture inadeguate;

          il tratto della strada statale 63 della citata località Busana è purtroppo famoso per incidenti di motociclisti che hanno perso la vita contro il guardrail pericoloso, segnatamente lungo la medesima curva: negli ultimi anni vi sono morte altre 2 persone, un 50enne della Liguria ed un motociclista di ventiquattro anni;

          l'Anas, gestore e proprietario della strada statale 63, pare sia a conoscenza della pericolosità per i motociclisti di quel punto viario in località Busana della strada statale 63 –:

          se non ritenga di dovere accertare per quanto di competenza i fatti esposti in premessa, in particolare i motivi per cui sulla strada statale 63, in località Busana (PR), non si sia ancora provveduto ad installare dispositivi stradali di sicurezza per motociclisti ed a mettere in sicurezza il tratto di curva incriminato come conosciuto anche dall'Anas;

          quale sia lo stato di attuazione del decreto 1° aprile 2019 chiarendo in particolare su quanti tratti stradali in ambito nazionale siano stati installati i predetti dispositivi stradali di sicurezza per motociclisti.
(4-06491)


      MANTOVANI e BUTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la ferrovia della Valmorea è costituita da una tratta di circa 36 chilometri tra Mendrisio e Castellanza attraversando i territori fra Varese, Como e Canton Ticino, i quali sono notoriamente interessati dal fenomeno dei frontalieri;

          dal 1995 al 2014 sulla linea si è viaggiato per fini turistici con convogli speciali con composizioni «storiche» formate da una locomotiva a vapore E3/3 delle Ferrovie federali svizzere, tre carrozze passeggeri della Gotthardbahn, anch'esse d'epoca, e un carro merci chiuso Ke;

          dal 2014 le corse turistiche da Mendrisio a Malnate sono state sospese, in quanto interferivano con i lavori della Arcisate-Stabio;

          attualmente l'infrastruttura e le strutture ad essa accessorie versano in uno stato di abbandono o semi-abbandono tale da rendere quantomai urgente decidere la destinazione d'uso di edifici che, qualora lasciati al loro destino, potrebbero essere soggetti a crolli diventando fonte di pericolo;

          lo sfruttamento del tracciato ferroviario per il servizio commerciale e ai fini della mobilità «dolce» costituirebbe un'importante spinta per rendere meglio collegato e meno periferico un territorio di confine caratterizzato da un alto tasso di mobilità;

          da novembre 2019 ad oggi, al netto dell'emergenza COVID-19, si sono susseguiti diversi incontri sul territorio promossi dalle realtà associative e dagli enti locali, con l'intento di promuovere la riattivazione del tracciato ad uso non solo turistico ma anche passeggeri;

          come riportato in data 3 luglio 2020 dal sito d'informazione corrieredelticino.it, il progetto di riattivazione della linea transfrontaliera è stato al centro di un incontro organizzato a Malnate dalla sindaca della località, a cui sono stati invitati i rappresentanti dei comuni a ridosso della linea –:

          se il Ministro interrogato abbia intenzione di adottare iniziative, per quanto di competenza, per accogliere le richieste delle realtà associative e degli enti locali al fine di riattivare il tracciato ferroviario descritto in premessa, garantendo quindi un sostegno adeguato alle iniziative di riqualificazione della tratta e di ripristino del servizio commerciale.
(4-06498)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      VARCHI, GALANTINO, LUCA DE CARLO e CIABURRO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          la gestione inesistente dei flussi migratori, con ondate di sbarchi lungo le coste siciliane intensificatesi negli ultimi mesi, si sta trasformando in una bomba sociale e sanitaria pronta a esplodere da un momento all'altro;

          l'allarme è stato lanciato, da ultimo, anche dal procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, in una lunga intervista all'Adnkronos, in cui ha spiegato che il nuovo flusso migratorio proveniente dal Maghreb crea «Problemi aggravati dalla pandemia in atto. Che mettono a dura prova le forze dell'ordine» e che «La rotta tunisina ha delle peculiarità. Che la differenziano da quella libica. È un tipo di immigrazione che probabilmente potrebbe essere arginata. O regolamentata con successo da accordi politici internazionali. Non è complesso, infatti, identificare gli organizzatori di questi traffici. E le loro basi logistiche. E predisporre servizi di prevenzione e controllo»;

          a Lampedusa non si fermano gli sbarchi, nonostante l'hotspot sia ormai stracolmo e gli ospiti siano arrivati a 872 a fronte di una capienza massima prevista per 95;

          nel tracciare il drammatico bilancio di tale preoccupante situazione, Patronaggio conferma quanto denunciato da tempo: «I tunisini, a differenza di altri migranti provenienti dall'Africa subsahariana, non fuggono da persecuzioni politiche. O razziali. Ma che cercano in Italia solamente migliori condizioni di vita»;

          secondo le indagini condotte dal procuratore di Agrigento, c'è una precisa regia negli ultimi sbarchi che proseguono senza sosta: i tunisini, con grossi barconi da pesca, «accompagnano» i loro connazionali a Lampedusa o addirittura fino sulle coste agrigentine –:

          quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per impedire il traffico di essere umani a cui si sta assistendo, anche attraverso l'adozione del blocco navale a difesa legittima delle coste italiane e della sicurezza, sociale e sanitaria, nazionale;

          se il Governo non intenda adottare iniziative per stipulare immediati accordi internazionali bilaterali con la Tunisia per arginare gli intensificati flussi migratori.
(4-06484)


      DI SARNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          secondo i dati forniti dal Ministero dell'interno dal 1° gennaio al 10 luglio 2020 sono sbarcati sulle coste italiane 8.087 migranti a fronte dei 3.165 arrivi registrati nello stesso periodo del 2019 e rispetto ai 16.937 del 2018. In relazione al 2019 si osserva dunque un incremento pari al 155,5 per cento e rispetto al 2018 si osserva al contrario una contrazione degli stessi pari al 52,3 per cento;

          nei primi dieci giorni di luglio 2020 si è registrato lo sbarco di 1.137 migranti, a fronte dei 1.088 arrivi registratisi complessivamente nel mese di luglio 2019 e si apprende da fonti stampa che tra venerdì 10 e domenica 12 luglio i migranti sbarcati lungo le coste italiane, anche in maniera autonoma, sono stati circa 800, di nazionalità prevalentemente tunisina e di cui 80 sono risultati positivi al virus SARS-CoV-2. L'intensificazione degli sbarchi, oltre che sull'isola di Lampedusa (Agrigento), si è registrata lungo le coste di Puglia e Calabria, quali punti di approdo delle rotte migratorie provenienti da Grecia e Turchia;

          nelle ultime settimane hanno destato particolare attenzione mediatica sia la situazione causata dal sovraffollamento dell'hotspot di Lampedusa sia lo sbarco di 68 migranti, avvenuto nella giornata di sabato 11 luglio 2020 a Roccella Ionica in provincia di Reggio Calabria. Gli stranieri, 28 dei quali risultati positivi al virus SARS-CoV-2, sono stati trasferiti in diverse strutture ubicate nei comuni di Roccella Ionica (Reggio Calabria), Bova Marina (Reggio Calabria) e Amantea (Cosenza): in quest'ultima località, nella mattinata di domenica 12 luglio, si sono verificati episodi di protesta contro l'arrivo di 28 migranti, di cui 13 risultati positivi, trasferiti in un centro di accoglienza presente sul territorio comunale;

          gli sbarchi incontrollati di immigrati sul territorio italiano, verificatisi nei giorni scorsi, destano particolare allarme e preoccupazione tra la popolazione;

          la situazione è aggravata dall'emergenza sanitaria da COVID-19, che nonostante le misure di contenimento adottate nel corso di questi mesi, è ancora in atto;

          accanto ai flussi migratori gestiti dalla Ong, si registra un aumento dei cosiddetti sbarchi fantasma, con gruppi di immigrati che si organizzano in maniera autonoma per approdare sulle coste italiane, sfuggendo a qualsiasi verifica da parte delle autorità competenti;

          si tratta di persone provenienti non solo dal Nord Africa, come Libia e Tunisia, ma anche dai Paesi asiatici dove, purtroppo, la diffusione della pandemia è in continuo aumento, con il pericolo per il nostro Paese di importare il virus dall'estero;

          invero, molti dei migranti sbarcati di recente in Puglia, Calabria e Sicilia sono risultati positivi al coronavirus, pertanto è necessario un monitoraggio costante degli sbarchi, poiché si rischia di vanificare tutti i sacrifici fatti dagli italiani durante la fase 1;

          il sistema di accoglienza è quasi giunto al collasso, in quanto risulta difficile effettuare tutti i controlli sanitari ed al contempo reperire centri idonei, dove poter collocare gli stranieri in quarantena. Infatti, spesso tali strutture risultano inadeguate come dimostrato, ad esempio, dalla fuga di più di 20 migranti dall'hotspot di Taranto o di 25 tunisini da Gualdo Cattaneo, il che comporta un ulteriore impiego di forze dell'ordine per la cattura dei fuggitivi;

          occorre approntare misure che consentano di fermare gli scafisti ed i trafficanti di uomini;

          si rende necessario un intervento tempestivo anche alla luce dei recenti dati sull'andamento della pandemia in Italia, laddove in alcune regioni si è registrato un aumento dei contagi e delle vittime –:

          in che modo il Ministro interrogato intenda intervenire per far fronte a tali flussi migratori;

          quali iniziative straordinarie intenda adottare per la gestione dei cosiddetti sbarchi incontrollati.
(4-06490)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


      TARTAGLIONE. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

          a settembre gli studenti dovrebbero tornare sui banchi di scuola dopo lo «stop» dovuto all'emergenza sanitaria. Il Covid-19 ha inevitabilmente e profondamente condizionato l'anno scolastico appena trascorso, così come condizionerà le scelte per la ripresa delle attività in sicurezza;

          sono ancora molti gli interrogativi a cui dare risposta e le questioni da risolvere, ma alcuni tra gli aspetti più delicati riguardano gli asili nido e le scuole per l'infanzia;

          alcuni degli accorgimenti che si possono applicare per mantenere le distanze e svolgere le lezioni in sicurezza nelle altre classi, infatti, non sono applicabili con bambini così piccoli, con età che vanno da 0 a 6 anni;

          nelle linee guida del piano scuola 2020-2021, per ora unico riferimento, si legge che i bambini di età inferiore ai 6 anni hanno esigenze del tutto particolari. Pertanto, la prossima riapertura richiede l'adozione di misure particolarmente attente alla garanzia del rispetto non solo delle prescrizioni sanitarie, ma anche della qualità pedagogica delle relazioni;

          migliaia di bambini rischiano di rimanere senza nido in tutta Italia. Già prima del Coronavirus, infatti, c'era una carenza strutturale nella disponibilità di servizi educativi per la prima infanzia rispetto al potenziale bacino di utenza e una distribuzione disomogenea sul territorio nazionale, con le regioni del Centro-sud in maggiore difficoltà. I posti disponibili erano già al di sotto delle richieste e questa emergenza rischia di far precipitare la situazione –:

          quali iniziative urgenti si intendano adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per dare soluzione alle situazioni di cui in premessa e per elaborare con urgenza delle chiare linee guida per la riapertura degli asili nido e dei servizi educativi per la prima infanzia, risolvendo le croniche criticità sopra rappresentate e dando così un fondamentale supporto alle famiglie italiane e, in particolar modo, a quelle residenti nel Centro-sud Italia.
(4-06485)


      ELVIRA SAVINO. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

          con decreto direttoriale 2015 del 20 dicembre 2018 è stato bandito un concorso per la copertura di 2004 posti a direttore dei servizi generali e amministrativi (Dsga) nelle istituzioni scolastiche ed educative per la copertura dei posti vacanti e disponibili negli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021, per il quale si sono già svolte le prove preselettive e la prova scritta, da oltre sette mesi;

          le prove sono state espletate a livello regionale, prevedendo che avrebbe potuto accedere alle prove scritte un numero di candidati pari a tre volte il numero dei posti messo a disposizione per regione e indicato nel bando, maggiorato in caso di uguale punteggio tra più partecipanti;

          per quanto riguarda la Lombardia, i posti messi a concorso erano 451, ma sono stati ammessi a sostenere la prova orale soltanto 208 candidati dei circa 1.100 e più che hanno sostenuto le prove scritte: una media del 19 per cento circa, ben inferiore alla metà della media delle altre regioni;

          le irregolarità denunciate nel corso della procedura concorsuale sono state diverse, a partire dalla previsione di attivazione di procedure parallele finalizzate a «regolarizzare» la posizione dei facenti funzione, ossia di coloro i quali hanno svolto le funzioni di Dsga, anche in assenza dei titoli richiesti, per supplire alle carenze d'organico;

          ulteriori e diverse zone d'ombra hanno caratterizzato questa procedura: tempi anomali utilizzati per le correzioni, presunte incompatibilità di alcuni commissari, quesito della seconda prova – teorico-pratica – modificato la mattina della prova stessa senza palese motivazione;

          appare, quanto meno, paradossale e anomalo che in Lombardia si sia deciso di coprire neanche la metà dei posti messi a bando e che in tutte le altre regioni sia stato ammesso all'orale almeno il 35 per cento dei candidati;

          centinaia di candidati esclusi hanno perso un'importante opportunità di vita, ma da questa vicenda è l'Italia a uscire sconfitta –:

          quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano intraprendere per verificare le anomalie riscontrate nella procedura concorsuale per direttore dei servizi generali e amministrativi in Lombardia;

          se non ritengano, ove venissero accertate le presunte irregolarità denunciate in premessa, di procedere a una nuova correzione degli elaborati ritenuti insufficienti.
(4-06496)

POLITICHE GIOVANILI E SPORT

Interrogazione a risposta in Commissione:


      LOTTI. — Al Ministro per le politiche giovanili e lo sport. — Per sapere – premesso che:

          il 6 dicembre 2019 il consiglio di amministrazione di Sport e Salute ha deliberato l'assegnazione dei contributi 2020 a beneficio degli organismi sportivi, che, come noto, sono stabiliti in misura non inferiore a 280 milioni di euro annui ai sensi della legge n. 145 del 2018, articolo 1, comma 630;

          come ufficialmente comunicato, il 70 per cento del contributo sembrerebbe destinato agli enti di promozione sportiva;

          come dimostrato dal ricorso al Tar promosso dalla Uisp – rispetto ai contributi a valere sull'anno 2018 – non risulta possibile escludere criticità nell'assegnazione;

          i dati acquisiti risultano fortemente inquinati, arriva dal settore la proposta di valutare una media dei contributi assegnati, ma degli ultimi 5 anni, includendo anche il 2018;

          l'impegno assunto dagli enti di promozione sportiva con Sport e Salute è quello di lavorare per nuove regole che possano offrire maggiori certezze, stante, ad avviso dell'interrogante, l'omessa vigilanza e nessuna disponibilità a svolgere serie funzioni di controllo da parte di Sport e Salute;

          al termine del suddetto consiglio di amministrazione del 6 dicembre, nel quale si comunicavano le assegnazioni del 70 per cento dell'intero monte spettante agli enti di promozione sportiva, Sabelli proponeva di destinare il 30 per cento a «sport di tutti» con un bando dedicato agli enti di promozione sportiva. Per gli enti di promozione sportiva, il programma sport di tutti, avrebbe dovuto essere un altro bando, dopo Young e Senior, tarato sulla promozione dello sport di base;

          tale percorso risulta interrotto a causa delle dimissioni di Sabelli;

          ad oggi, i contributi spettanti agli enti di promozione sportiva, risultano fermi alla comunicazione del 70 per cento e, solo su insistenza di alcuni enti, Sport e Salute è tornata a rilanciare, attraverso una call per progetti, la possibilità del recupero del restante 30 per cento;

          gli enti che hanno correttamente messo a bilancio il 70 per cento più il 30 per cento, si ritrovano – considerata l'emergenza sanitaria a causa della quale si stima una contrazione di affiliazioni e tesseramenti non inferiore al 35 per cento, con la perdita delle relative entrate istituzionali – con un'ulteriore incertezza di bilancio, pari, sembrerebbe, a circa 4 milioni di euro;

          a sostegno dell'intero settore si considera urgente la possibilità di confermare le risorse stanziate, così da poter trasferire ai comitati territoriali una somma adeguata per la ripartenza delle attività –:

          se il Ministro interrogato – considerato il momento di grande incertezza dovuta all'emergenza sanitaria – non ritenga urgente avviare iniziative di tutela del sistema sportivo, anche attraverso un sostegno alle iniziative sul territorio affidate agli enti di promozione sportiva finalizzate a far emergere la capacità organizzativa e la concreta capillarità sul territorio di tali enti.
(5-04481)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


      AMITRANO, VILLANI, DEL SESTO, LOMBARDO, PENNA e PERANTONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          negli ultimi anni, a fronte del mutato contesto sociale, nell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e delle aziende private, si sono affermati nuovi modelli organizzativi volti alla realizzazione di un ambiente di lavoro più aperto ed inclusivo attraverso un aggiornamento delle politiche di gestione del personale, in un'ottica in cui si coniughi perfettamente l'efficienza e la produttività dei propri dipendenti, in considerazione anche delle esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;

          con l'emergenza sanitaria da Covid-19 ed il susseguirsi delle misure adottate per riorganizzare il lavoro in ambito sia pubblico che privato, le pubbliche amministrazioni e le aziende, hanno disposto per il proprio personale l'impiego delle formule di lavoro agile o smart working, peraltro già disciplinate dalla legge n. 81 del 2017;

          la diffusione del Covid-19 impone di modificare gli stili di vita per tutelare se stessi e gli altri e in questa fase è quanto mai auspicabile che i lavoratori e le lavoratrici possano svolgere le proprie attività in sicurezza, accedendo al lavoro agile da casa, anche alla luce delle disposizioni contenute nei diversi decreti-legge emanati dal Governo che semplificano l'accesso allo smart working, invitando le amministrazioni pubbliche nonché le aziende private a potenziare il ricorso a tale modello lavorativo;

          con l'emergenza sanitaria nazionale, si è rafforzato ulteriormente il ricorso allo smart working, prevedendo che questa diventi una nuova forma organizzativa, poiché il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione attraverso soluzioni digitali e non in presenza negli uffici fino alla cessazione dello stato di emergenza;

          lo svolgimento del lavoro in tale modalità comporta numerosi vantaggi sia per i lavoratori e le lavoratrici che avrebbero la possibilità di conciliare tempi di vita e di lavoro, che per le pubbliche amministrazioni e le imprese, benefìci che possono valorizzare le risorse umane, ridurre le forme di assenteismo soprattutto nel pubblico impiego, portare risparmi nei consumi elettrici all'interno degli uffici, favorendo altresì la programmazione del lavoro, la collaborazione, la produttività e l'efficienza dei dipendenti ed il conseguimento dei risultati;

          l'emergenza sanitaria e l'adozione imposta dalle misure di distanziamento sociale hanno fatto rivalutare la modalità di lavoro agile senza che ciò abbia avuto ricadute negative sulla produttività e sull'organizzazione del lavoro sia pubblico che privato –:

          se i Ministri interrogati intendano promuovere un tavolo di confronto con le rappresentanze sindacali finalizzato all'individuazione di un piano unitario e condiviso per la regolamentazione dello smart working, al fine di tutelare i lavoratori e le lavoratrici che se ne avvalgono da eventuali penalizzazioni o nuove forme di sfruttamento.
(4-06492)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


      MISITI. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          la legge n. 24 dell'8 marzo 2017 reca disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, intervenendo sulla attività di risk management e arginando l'aumento dei costi dovuti al contenzioso sanitario, ridefinendo altresì, in termini di responsabilità extracontrattuale, i princìpi di imputazione della responsabilità risarcitoria dell'esercente la professione sanitaria, prevedendo l'obbligo di copertura assicurativa dei rischi legati allo svolgimento dell'attività medica;

          secondo quanto disposto dal comma 1 dell'articolo 10 della suddetta legge, «Le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori d'opera, ai sensi dell'articolo 27, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e private, compresi coloro che svolgono attività di formazione, aggiornamento nonché di sperimentazione e di ricerca clinica. La disposizione del primo periodo si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina [...]»; le aziende sanitarie sono tenute ad adottare forme assicurative per la responsabilità civile verso terzi. Lo stesso comma riporta la possibilità di adozione di forme di autotutela, attraverso l'accantonamento in bilancio di fondi atti alle coperture dei rischi in essere;

          i commi 6 e 7 dell'articolo 10 individuano esplicitamente la necessità di adottare dei decreti attuativi da emanare entro centoventi giorni, quindi entro luglio 2017, finalizzati alla determinazione dei massimali, nonché dei requisiti e dei criteri concernenti polizze e misure di autoassicurazione; l'assenza di tali decreti attuativi rende critico il concetto di autoassicurazione, compromesso dalla determinazione generica di «altre analoghe misure», nonché dall'impossibilità di quantificare in modo idoneo la riserva finanziaria necessaria a coprire il rischio sanitario;

          l'ordinanza del 6 luglio 2018 emanata dal tribunale di Milano, in presenza di una vacatio attuativa, ha previsto che «nelle more di un intervento regolamentare, gli obblighi in parola, ivi compreso obbligo di retroattività, non possono ritenersi operativi»; pertanto, tale mancanza, determina, ad oggi, l'inapplicabilità del vincolo assicurativo;

          con delibera del Consiglio dei ministri, il 31 gennaio 2020, e successivi decreti-legge, fra cui quelli del 23 febbraio 2020, n. 6, nonché n. 14 del 9 marzo 2020, è stato definito lo stato emergenziale nazionale in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgere di varie patologie derivanti da agenti virali di cui al Sars-Cov-2;

          lo stato emergenziale dovuto al diffondersi del virus COVID-19 ha comportato un enorme sacrificio in termini di impegno da parte degli esercenti la professione sanitaria e socio-sanitaria, e l'assenza dei decreti attuativi relativamente alla responsabilità medico-legale ha determinato l'avvio di denunce e contenziosi da parte di famigliari di pazienti affetti da COVID-19 –:

          se siano a conoscenza di quanto esposto;

          quali iniziative intendano intraprendere, per quanto di competenza, per garantire con carattere di urgenza, l'attuazione della legge 8 marzo 2017, n. 24, anche alla luce delle nuove determinazioni scaturite dal diffondersi del virus Sars-Covid-2 e delle pretese risarcitorie da parte dei richiedenti.
(4-06486)


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          il 9 luglio 2020 il Ministro della salute, Roberto Speranza, ha emanato un'ordinanza con la quale ha vietato l'ingresso in Italia alle persone che, nei quattordici giorni antecedenti, hanno soggiornato o transitato in una serie di Paesi, tra cui il Bahrain;

          nella stessa ordinanza il Ministro ha previsto una deroga a tale divieto per le persone che hanno residenza anagrafica in Italia da data anteriore a quella del decreto in questione;

          l'aver limitato la deroga ai soli residenti in Italia comporta che i cittadini italiani non residenti in Italia, ossia quelli iscritti all'Aire, non possono rientrare se hanno soggiornato in uno dei Paesi elencati;

          l'Aire è uno strumento importante, oltre che un obbligo di legge. Andrebbe incentivato nell'uso e non penalizzato introducendo inutili discriminazioni tra chi ha adempiuto agli obblighi di legge e chi, magari, li ha elusi;

          vale la pena ricordare che gli italiani residenti all'estero restano comunque cittadini italiani e dovrebbero godere degli stessi diritti di chi resta in Patria;

          non si deve dimenticare che anche gli iscritti all'Aire hanno famigliari e affetti in Italia che in questo periodo hanno bisogno di un supporto –:

          se il Governo intenda adottare iniziative per rivedere la normativa in questione estendendo la deroga prevista per l'ingresso in Italia anche ai cittadini iscritti all'Aire.
(4-06488)


      FRAILIS, GAVINO MANCA e MURA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          in Sardegna il settore dell'allevamento suino e della trasformazione delle carni è in forte crisi a causa della peste suina africana (Psa). Nel 2011 è stato reiterato il divieto di esportazione delle carni di suini allevati in Sardegna, consentendo solo l'esportazione delle carni dei suini trasformati nell'isola ma provenienti da allevamenti non sardi;

          da più di quindici mesi l'Istituto zooprofilattico della Sardegna non registra casi di Psa né negli allevamenti sardi né tra i cinghiali;

          gli ultimi casi risalgono al gennaio e all'aprile 2019 rispettivamente in maiali bradi abbattuti e in carcasse di cinghiali e addirittura al settembre 2018 nei suini domestici in un'azienda di Mamoiada (Nuoro). I dati disponibili suggeriscono che molto probabilmente la circolazione del virus si è interrotta nel secondo semestre del 2019 e che questa situazione non è cambiata nel primo sempre 2020; pertanto, dopo più di 42 anni la Sardegna è vicinissima alla eradicazione della Psa. Da questo risultato né trarrebbero vantaggio non solo il settore suinicolo isolano ma anche l'intera filiera suinicola italiana, in considerazione delle restrizioni attuate da Paesi terzi per via della presenza di questa malattia sul territorio nazionale; restrizioni che riducono pesantemente le possibilità di esportazione dei salumi italiani al di fuori dell'Unione europea;

          la stessa Unione europea, nel 2019, attraverso l'invio di una missione di ispettori e con la visita del commissario alla salute Andriukaitis in Sardegna, ha potuto certificare i «notevoli passi avanti» verso l'eradicazione della malattia, non dando però parere favorevole alla fine dell'embargo –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, nell'ambito delle proprie competenze, non ritengano necessario, nell'interesse della Sardegna e dell'Italia, adottare iniziative affinché la Commissione europea revochi il divieto di esportazione delle carni dei suini allevati in Sardegna e nel contempo continuare, in raccordo con la regione Sardegna, le attività di controllo della malattia per completare il processo di eradicazione avviato nel 2015.
(4-06495)


      LATINI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze — Per sapere – premesso che:

          numerosi articoli di stampa hanno dato risalto all'annosa vicenda giudiziale che riguarda il dott. M. C., 44 anni, gravemente danneggiato e, precisamente, tetraplegico dall'età di 4 mesi a causa della seconda vaccinazione antipolio somministratagli nel mese di marzo del 1976;

          risulta all'interrogante che i competenti organi giurisdizionali, a conclusione di un articolato e lungo contenzioso, abbiano riconosciuto la fondatezza delle pretese azionate dal dott. M. C., affermando il suo diritto a percepire l'indennizzo mensile previsto dalla normativa vigente a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile derivanti da vaccinazioni obbligatorie;

          tuttavia, a partire dal mese di novembre 2018, dopo una ulteriore interlocuzione con il Ministero della salute, sembrerebbe che quest'ultimo abbia sospeso l'erogazione degli indennizzi sopra citati, privando di fatto il dott. M. C. di una somma indispensabile per il suo sostentamento e per il pagamento delle persone che quotidianamente prestano assistenza in suo favore;

          tra l'altro, risulta che i familiari conviventi del dott. M. C. versino in condizioni di gravissima difficoltà economica, essendo attualmente in corso la procedura di pignoramento del loro immobile di residenza –:

          se e per quali ragioni sia stata sospesa l'erogazione dell'indennizzo indicato in premessa nei riguardi del dott. M. C.
(4-06497)


      VALLASCAS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          nei giorni scorsi gli organi di stampa locali avrebbero dato la notizia secondo la quale si registrerebbero gravi ritardi nella ripresa delle attività del servizio sanitario regionale dopo il periodo di lockdown decretato nell'ambito dell'emergenza Covid-19;

          in particolare l'edizione dell'Unione Sarda del 10 luglio 2020 avrebbe descritto una situazione insostenibile caratterizzata da «Liste d'attesa infinite, visite e ricoveri che faticano a ripartire dopo la fine del lockdown, carenze di organici pesanti, niente risorse per medici e infermieri, scarsa attenzione verso la medicina territoriale»;

          nel riferire della mobilitazione dei sindacati di settore, il giornale avrebbe riportato anche motivazioni e rivendicazioni dei rappresentanti di categoria i quali chiederebbero «che si proceda immediatamente alla riapertura in sicurezza delle attività ordinarie, ospedaliere e ambulatoriali per la prevenzione delle malattie e per l'abbattimento delle liste d'attesa», e avrebbero dichiarato che «servono urgentemente nuove assunzioni di medici, infermieri e tecnici»;

          infine, sarebbe stato anche ricordato che i cosiddetti decreti «Cura Italia» e «Rilancio» avrebbe destinato delle risorse (rispettivamente 6.866.929 e 5.213.460 euro) ai lavoratori sardi impegnati nell'emergenza Covid-19, risorse che non sarebbero state integrate dalla regione Sardegna a fronte di un contesto nazionale nel quale «tutte le altre regioni hanno stanziato ingenti risorse aggiuntive»;

          ben più allarmante sembrerebbe il resoconto giornalistico pubblicato sull'edizione dell'Unione Sarda del 12 luglio 2020, secondo il quale il presidente del Tribunale del Malato, Salvatore Piu, avrebbe affermato che «Ti propongono, se va bene, l'appuntamento per una visita fra cinque mesi in un poliambulatorio lontano 40 chilometri, così la prestazione è garantita. L'eventuale rifiuto del paziente, che magari è anziano e non ha nessuno che lo accompagni, non li riguarda. Se invece metti mano al portafoglio ti vedono domani mattina a due passi da casa. Questi si chiamano diritti negati»;

          a confermare questa situazione, che riguarderebbe le strutture sanitarie pubbliche e non le strutture private accreditate che avrebbero ripreso a lavorare «a pieno ritmo», sarebbe stato anche l'assessore regionale dell'igiene e sanità, Mario Nieddu, che avrebbe affermato «Riaperture? A macchia di leopardo. Il pubblico è molto lento a riprendere i ritmi della normale attività, mentre i privati stanno lavorando regolarmente»;

          in merito alle liste d'attesa, secondo i citati articoli, sarebbe pressoché difficile quantificarle ufficialmente perché, ad eccezione dell'Assl di Cagliari e l'Aou di Sassari, le aziende sanitarie e ospedaliere della Sardegna sarebbero inadempienti rispetto agli obblighi di monitoraggio e pubblicità dei tempi d'attesa di cui all'articolo 41, comma 6, del decreto legislativo n. 33 del 2013;

          per quanto riguarda l'Assl di Cagliari che avrebbe pubblicato i dati completi, le liste d'attesa avrebbero ritardi sino a 189 giorni per una tomografia computerizzata del torace (ospedale Binaghi di Cagliari), 166 giorni per un un elettrocardiogramma (poliambulatorio di Pula), 150 giorni per una visita pneumologica (poliambulatorio di Pula);

          i ritardi nella ripresa dell'erogazione delle prestazioni e dei servizi del sistema sanitario regionale farebbero emergere una situazione di grave disparità di accesso alle cure mediche, circostanza che, oltre a violare il dettato costituzionale, metterebbe in una condizione di serio pericolo tutti coloro che non sarebbero nelle condizioni di affrontare i costi della sanità privata –:

          quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per favorire un'accelerazione dei processi di ripresa delle attività delle strutture del sistema sanitario regionale;

          se non ritenga opportuno adottare, per quanto di competenza, iniziative in materia di rispetto dei livelli essenziali di assistenza da parte del sistema sanitario della Sardegna;

          quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, affinché siano assicurate in Sardegna, eguali condizioni di accesso alle cure mediche dei cittadini indipendentemente dalle condizioni economiche.
(4-06502)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


      ASCARI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          il comune di Modena ha stipulato una convenzione con la Coop Modena Casa per un intervento di Edilizia economica convenzionata sito in Via Divisione Acqui: 20 famiglie, per acquistare la prima casa hanno aderito alla cooperativa Modena Casa ed hanno versato ingenti somme, con la prospettiva di rogitare entro giugno 2018;

          i lavori della costruzione sono andati avanti, creando la struttura esterna e le divisioni tra i vari appartamenti, oltre ad una parte dell'impiantistica, fino a quando la coop Modena Casa è andata in difficoltà e il 31 agosto 2018 è stato nominato un commissario governativo;

          al fine di vedersi trasferite le proprietà delle unità abitative, anche se non ultimate, le famiglie si sono anche accollate una parte dei debiti della cooperativa;

          nel frattempo, in assenza di provvedimento di trasferimento della proprietà, lo stabile è finito in una situazione di degrado fatto di occupazioni abusive, vandalismi, incendi;

          il Ministero dello sviluppo economico ha autorizzato, con determina dirigenziale 11 novembre 2019, il Commissario governativo ad assegnare gli alloggi ai soci promissari acquirenti «allo stato grezzo, al fine di salvaguardare i beni stessi dal loro deterioramento» a condizione che «le transazioni con i soggetti coinvolti non lascino residuare debiti in capo alla cooperativa in relazione alle spese del cantiere»;

          nonostante i rapporti debitori con il comune di Modena e con gli istituti di credito siano stati risolti, la ditta appaltatrice della costruzione (RMT Consorzio Stabile) avrebbe avanzato pretese creditorie tutte da verificare, alcune addirittura per opere mai eseguite, mentre da indagini della guardia di finanza emergerebbe che la Coop Modena Casa avrebbero effettuato pagamenti per importi non dovuti al suddetto costruttore;

          il tribunale di Modena ha escluso la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo ed ha respinto l'istanza di sequestro conservativo avanzata dal consorzio costruttore; ciononostante, la durata della causa civile potrebbe essere di svariati anni, durante i quali la struttura finora costruita potrebbe rischiare di subire ulteriori e irreparabili deterioramenti e danneggiamenti;

          gli acquirenti promissari non potranno entrare nella disponibilità della loro prima casa e si paventa il rischio che il passare del tempo possa portare al fallimento della cooperativa Modena Casa e che l'immobile venga assorbito dalla massa fallimentare;

          ciò costituirebbe un ulteriore, gravissimo e irreparabile danno per 20 incolpevoli famiglie, le quali già si stanno accollando ulteriori debiti e costi, legate anche alla necessità di trovare soluzioni abitative alternative;

          se da una parte la procedura di commissariamento è funzionale alla tutela del ceto creditorio, nel caso di specie si assiste al paradosso per cui i principali creditori, individuabili nei promissari acquirenti che hanno versato somme per un bene che non hanno mai ricevuto e rischiano di non ricevere mai, si vedono penalizzati gravemente e posti in secondo piano rispetto a pretese creditorie che potrebbero, risultare pretestuose e del tutto infondate –:

          se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative di competenza al fine di consentire il trasferimento della proprietà degli immobili allo stato grezzo costruiti in Via Divisione Acqui a Modena ai promissari acquirenti, come descritto in premessa, eliminando la condizione che subordina i rogiti ad accordi che «non lascino residuare debiti in relazione a tutte le spese relative al cantiere», ferma restando l'autonomia della magistratura nel determinare eventuali responsabilità debitorie;

          se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, anche di tipo normativo, al fine di assicurare maggiori tutele e garanzie per i soggetti acquirenti nell'ambito dei progetti di edilizia economica convenzionata, contro pretese creditorie infondate, truffe e comportamenti fraudolenti.
(3-01707)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      UBALDO PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          il decreto n. 34 del 2020, all'articolo 119, ha introdotto il cosiddetto «Superbonus», un'agevolazione prevista che eleva al 110 per cento l'aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 per specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di interventi antisismici, di installazione di impianti fotovoltaici o delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici;

          le nuove misure si aggiungono alle detrazioni previste per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, compresi quelli per la riduzione del rischio sismico (cosiddetto Sismabonus) e di riqualificazione energetica degli edifici (cosiddetto Ecobonus);

          il comma 9 dell'articolo 119 estende l'applicazione delle disposizioni contenute nei commi da 1 a 8 anche agli interventi effettuati:

              «d-bis) dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, dalle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, e dalle associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale e nei registri regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano previsti dall'articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383;

              e) dalle associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte nel registro istituito ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, limitatamente ai lavori destinati ai soli immobili o parti di immobili adibiti a spogliatoi»;

          a differenza delle altre fattispecie, però, in merito ai due soggetti richiamati non sono specificati i criteri, né gli importi massimi da applicare nel calcolo dei limiti per il riconoscimento del beneficio, poiché non è possibile fare riferimento all'unità immobiliare o al numero di unità immobiliare come accade per gli edifici residenziali familiari o plurifamiliari –:

          se il Governo intenda, per quanto di competenza, adottare iniziative per chiarire quali sono i criteri per la definizione degli importi massimi di detrazione per gli interventi effettuati dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale e dalle associazioni e società sportive dilettantistiche.
(5-04478)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta orale Deidda e Rotelli n. 3-01692, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciaburro.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

          interrogazione a risposta scritta Gava n. 4-05760 del 20 maggio 2020;

          interrogazione a risposta scritta Gava n. 4-05857 del 27 maggio 2020;

          interrogazione a risposta scritta Lucaselli n. 4-06350 del 16 luglio 2020;

          interrogazione a risposta scritta Bellucci n. 4-06395 del 20 luglio 2020;

          interpellanza urgente Zucconi n. 2-00881 del 28 luglio 2020.

ERRATA CORRIGE

      Interrogazione a risposta immediata in Commissione Bellucci n. 5-04460 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 381 del 28 luglio 2020. Alla pagina 14207, seconda colonna, dalla riga venticinquesima alla riga ventiseiesima deve leggersi: «drammatici come questi, che in Italia, nonostante si muoia ancora troppo spesso per droga,» e non come stampato e alla pagina 14208, prima colonna, dalla riga trentesima alla riga trentunesima deve leggersi: «aspetti sociali e di integrazione socio-sanitaria in materia di dipendenze patologiche» e non come stampato.