XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 388 di venerdì 7 agosto 2020

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA

La seduta comincia alle 9,35.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

MARZIO LIUNI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 5 agosto 2020.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Colucci, Davide Crippa, Delrio, Gelmini, Giachetti, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Maggioni, Nardi, Perantoni, Rotta, Tomasi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Giuseppe Paolin, proclamato il 5 agosto 2020, ha dichiarato, con lettera pervenuta in pari data, di aderire al gruppo Lega-Salvini Premier.

La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Comunico che, con lettera pervenuta in data 6 agosto 2020, la deputata Maria Teresa Baldini ha dichiarato di voler lasciare il gruppo parlamentare Fratelli d'Italia, risultando pertanto iscritta al gruppo parlamentare Misto.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative volte a riconvocare il tavolo di crisi su Italtel al fine di garantire la tutela dei lavoratori, dell'azienda e del relativo know-how - n. 2-00883)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Varrica ed altri n. 2-00883 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Olgiati se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

RICCARDO OLGIATI (M5S). Grazie, Presidente. Italtel è una società con un secolo di storia ed esperienza nel settore delle telecomunicazioni, con oltre mille dipendenti in Italia distribuiti principalmente nelle tre sedi di Carini, Roma e Settimo Milanese. A inizio maggio del 2020, Italtel ha depositato al tribunale di Milano domanda prenotativa, ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, della legge fallimentare, chiedendo la concessione di un termine di 120 giorni per raggiungere un accordo per la ristrutturazione dei propri debiti e la ricapitalizzazione dell'azienda. Il 23 giugno 2020 si è svolto un tavolo di crisi presso il Ministero dello Sviluppo economico durante, il quale, come si evince dal verbale, è stato rappresentato come il Governo stia studiando eventuali possibili interventi a salvaguardia dell'azienda e che sarebbe rimasto in contatto con le parti, con l'azienda e con i suoi investitori per le vie brevi prima della riconvocazione del tavolo per successivi aggiornamenti. Risulta necessario salvaguardare tale azienda con le connesse competenze, professionalità e asset, in un settore strategico, scongiurando soluzioni di smembramento a scapito dei lavoratori e dell'interesse industriale del Paese. Si chiede, quindi, al Governo se intenda riconvocare tempestivamente il tavolo di crisi, al fine di guidare questo percorso a tutela dei lavoratori, dell'azienda e del suo know-how.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per lo Sviluppo economico, Alessandra Todde, ha facoltà di rispondere.

ALESSANDRA TODDE, Sottosegretaria di Stato per lo Sviluppo economico. Il comparto Information and Communication Technology rappresenta un settore trainante per l'intera economia e rappresenterà, nei prossimi anni, gran parte dei PIL nazionali e mondiali. La sua portata innovatrice travolgerà tutti i settori, dal momento che le aziende in esso operanti, per rimanere competitive, necessiteranno di componenti ICT per migliorare la propria efficienza, diffusione, utilità e capacità di soddisfare i bisogni sempre maggiori e specifici dei clienti. Nel settore vi sono due segmenti: il network element provider e quello delle telecomunicazioni. Il primo è il segmento in cui opera Italtel e il secondo è il segmento in cui sono collocati i suoi clienti. Il segmento dei network element provider, comprende quelle aziende che progettano, producono, vendono e installano prodotti e equipaggiamenti di rete per il settore ICT. In questo opera il gruppo Italtel, società centenaria nata come prima sede della Siemens in Italia, nota al Ministero dello Sviluppo economico già da diversi anni.

Nel 1960, la medesima è stata rinominata come Società italiana telecomunicazioni Siemens Spa e, proprio in quel periodo, ha avviato un processo di specializzazione nell'ambito dell'elettronica e delle telecomunicazioni tramite una politica di cessioni degli altri rami aziendali alla Siemens Elettra Spa. Ciò ha indotto ad una grande espansione e ha comportato la costruzione e l'acquisto di stabilimenti, quali quello di Santa Maria Capua Vetere, di Carini, Palermo, de l'Aquila e di Catania, raggiungendo, circa dieci anni dopo, un numero di dipendenti pari a circa 30 mila unità. Negli anni 1980-1981, la società, poi, prese il nome attuale di Italtel.

L'andamento positivo dei risultati aziendali sembra terminare nel 2008 con l'inizio della crisi, che ha comportato gravi perdite, influenzando pesantemente la gestione, obbligando la società, nel 2012 e nel 2013, ad iniziare un difficile processo di risanamento aziendale incentrato sulla ristrutturazione dei debiti, sull'ottimizzazione del personale e sul sostegno del partner commerciale Telecom, il quale assicura un impegno minimo di acquisto per il periodo 2013-2016. Il processo di risanamento ha spinto l'azienda verso una diversificazione del suo portafoglio clienti e un'apertura verso l'estero, tramite la stipula di alleanze con grandi player internazionali. Nel contempo, il mercato mondiale di riferimento dell'ICT ha subito un processo di consolidamento, alla fine del quale pochi major player si dividono la maggior parte del mercato, potendo usufruire di economie di scala e, grazie alle loro dimensioni, possono offrire, a prezzi contenuti, una elevata gamma di prodotti. Ciò ha portato la società incontro a un'ulteriore crisi, a modifiche dell'azionariato e all'entrata di UniCredit, finché, nel dicembre 2017, in un incontro presso il MiSE riguardante la situazione di Italtel, il rappresentante della società ha aggiornato i presenti in merito all'esito positivo dell'operazione con Exprivia Spa. La compagine azionaria Italtel risultava, quindi, composta da Exprivia Spa all'81 per cento e da Cisco Systems Italy al 19 per cento.

In questo quadro sinteticamente descritto, la società, il 6 aprile 2020, chiedeva al tribunale di Milano il concordato preventivo ex articolo 161 della legge fallimentare. Pertanto, il 23 giugno, dopo diverse interlocuzioni con la società, si è svolta, in modalità video call, la riunione riguardante la società Italtel Spa. All'incontro, presieduto dal sottosegretario del Ministero dello Sviluppo economico, Mirella Liuzzi, e dal vicecapo di gabinetto del MiSE e che ha visto la partecipazione di tutte le parti coinvolte, tra le quali i rappresentanti delle regioni Lombardia, Lazio e Sicilia, della SACE, di Exprivia, di Italtel e delle segreterie nazionali e territoriali delle sigle sindacali, nonché delle RSU, si è espresso che: è in essere un'interlocuzione costruttiva con il tribunale di Milano, che ha fissato in 120 giorni il termine per la presentazione della domanda definitiva di concordato preventivo o di una domanda di omologa di accordo di ristrutturazione dei debiti; il gruppo finanziario internazionale Pillarstone ha acquistato una parte del credito della società; sono in corso offerte di accordi per la ristrutturazione dei debiti e verifiche nei confronti di eventuali investitori interessati all'acquisizione; sono stati segnalati tavoli di confronto, rispettivamente, nelle regioni Lombardia e Lazio, riguardanti la società.

Il vertice di Governo ha concluso l'incontro ribadendo sia l'importanza del settore, del know- how delle aziende italiane che lavorano in esso, che la disponibilità del Governo a lavorare per offrire soluzioni di promozione e salvaguardia. A tale vertice, sono seguite continue interlocuzioni tra il MiSE e la società Italtel, che ha comunicato di aver già presentato al tribunale competente istanza di proroga di 60 giorni del termine per la presentazione del piano concordatario, attualmente in scadenza l'8 di settembre. La società ha altresì precisato che la cassa integrazione guadagni COVID è prevista fino a fine settembre, salvo ulteriori proroghe normative dello strumento. Si conferma, pertanto, la massima attenzione del Ministero dello Sviluppo economico, che sta monitorando le vicende esposte, sta attentamente valutando i possibili interventi a difesa dell'azienda, al fine di riconvocare al più breve e, comunque, entro settembre, un'ulteriore riunione.

PRESIDENTE. L'onorevole Varrica ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ADRIANO VARRICA (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio anche la sottosegretaria Todde per il suo impegno su tutti i tavoli di crisi. Credo di parlare a nome anche dei tanti colleghi che hanno sottoscritto questa interpellanza: noi ci dichiareremo soddisfatti quando, anche e, soprattutto, con l'impegno del Governo, si riuscirà a raggiungere l'obiettivo di salvaguardare l'integrità aziendale di Italtel. È chiaro che ci troviamo in un momento in cui la perdita dei posti di lavoro è assolutamente più drammatica rispetto ad altri, per cui questo è un obiettivo prioritario, però oggi, rispetto a questo caso, il tutto va di pari passo anche rispetto alla tutela di quello che è un asset strategico per il Paese. Qui stiamo parlando di know-how, di professionalità, di commesse, di una società che ha una storia centenaria, lo possiamo a tutti gli effetti dire, e che, quindi, dobbiamo cogliere l'occasione per tutelare e rilanciare. Per cui, apprezziamo l'impegno del Governo sotto questo punto di vista e continueremo a seguire e incentivare questa operazione da parte del Governo. Voglio fare anche una nota in quanto deputato siciliano: ho appreso adesso che tavoli di confronto sono stati attivati sia nella regione Lazio che in Lombardia. Spero che il Presidente Musumeci accolga l'invito dei sindacati e anche in Sicilia ci possa essere un tavolo di confronto che possa aiutare a sostenere questo percorso e questo impegno da parte del Governo.

(Iniziative di competenza volte ad assicurare i livelli essenziali di assistenza in relazione alla soppressione dell'Unità operativa malattie rare displasie scheletriche - patologia metabolismo osseo in età pediatrica ed evolutiva presso il Policlinico Umberto I di Roma - n. 2-00895)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Massimo Enrico Baroni ed altri n. 2-00895 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Baroni se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MASSIMO ENRICO BARONI (M5S). Presidente, gentile Viceministro, colleghe e colleghi deputati, è del 6 luglio il drammatico comunicato stampa firmato da ben 130 associazioni di tutta Italia in sostegno di 1.300 famiglie, con cui si chiede disperatamente che venga riorganizzato al più presto il centro multidisciplinare “UOSD (Unità operativa semplice dipartimentale) Malattie rare displasie scheletriche - patologia metabolismo osseo in età pediatrica ed evolutiva” dell'Azienda ospedaliera universitaria Policlinico Umberto I di Roma, che è stato gradualmente frammentato e disperso. Il dipartimento è stato per 15 anni un sicuro punto di riferimento per i pazienti affetti da malattie rare dell'osso provenienti da tutta Italia.

Poco distante da piazzale Moro, lasciandoci alle spalle lo sportello Malattie rare, nonché l'ambulatorio di prima valutazione, proseguendo per viale dell'Università lungo le mura di cinta del Policlinico Umberto I, ci lasciamo sulla destra il museo di Storia della Medicina e si arriva all'incrocio con via Regina Elena; proseguendo sulla sinistra per accedere al reparto di viale Regina Margherita, attraversato il cancello, subito sulla destra, è possibile entrare nella clinica pediatrica negli edifici 36 e 37. Salendo al primo piano, troviamo quattro posti letto nelle stanze di degenza delle unità operative semplici dipartimentali dedicate alla cura e trattamento ai circa 498 piccoli pazienti in età pediatrica. Salendo ancora di un piano, troviamo la stanza visita accanto alla stanza dei medici e altri quattro posti letto per il day hospital.

In mano abbiamo la carta dei servizi; questa qui, dotata della mappa presente sul sito del Policlinico Umberto I, così i genitori, assieme ai piccoli e giovani pazienti, con gli occhi pieni di speranza, seduti nelle loro carrozzine possono rischiare di incontrare alcuni dei 500 pazienti adulti che, per continuità assistenziale, hanno continuato ad afferire all'interno di quel dipartimento e che hanno in mano anche loro, sventolandola per il caldo, in questo momento, la carta dei servizi per i pazienti con malattie rare del Policlinico Umberto I del 2014, mai aggiornata. A pagina 86 ci sono i nomi e i cognomi del personale del reparto; lo staff infermieristico riporta i nomi di cinque infermieri: Giovanni Chirra, Domenica Natale, Giuseppe Ercolani, Sergio Ponzi; di questi, due sono andati in pensione, mai sostituiti; degli altri, Ponzi ed Ercolani, con sei anni di esperienza con le displasie scheletriche, parliamo delle osteogenesi imperfette, delle displasie scheletriche, potreste non trovarli, perché sono stati riallocati e fanno i jolly anche in altre unità, dividendosi con il dono dell'ubiquità in altri centri. L'unica che resiste è rimasta sola, l'infermiera Paola Fabrizi, con dieci anni di esperienza nel delicato compito di assistere i circa 400 pazienti con la sindrome delle ossa di vetro: se tocchi in maniera sbagliata un fenotipo 1 o un fenotipo di tipo 3 gli rompi un osso e devono subito precipitarsi in ortopedia chirurgica dalla dottoressa Lorena Martini, una delle uniche due chirurghe in Italia in grado di operare con i modernissimi chiodi telescopici.

La carta dei servizi in uso ai pazienti elenca tra le malattie rare displasie scheletriche e malattie del metabolismo osseo ben 28 patologie rare in diagnosi, cura e follow-up, oltre ad altre nove patologie seguite in consulenza, di cui quattro tumori rari. È facile incrociarsi anche con chi deve fare un'endovenosa ogni tre mesi, la Nerixia, i bifosfonati, per una corretta mineralizzazione dell'osso, oppure, incontrare uno dei 500 pazienti con la malattia rara della sindrome di Ehlers Danlos, di cui la metà bambini, a cui si spiega che hanno i super poteri di “Elastica” come nel film della Disney “Gli incredibili”.

Se sei piccolino e sbirci nella carta dei servizi che mamma e papà hanno stampato da Internet e che tengono in mano, vedi il cartone dello staff medico: sono 3 medici e ci sono i numeri dei loro cellulari pubblicati accanto alla scritta: urgenze - sì, avete capito bene, i loro cellulari, su Internet, dal 2014, per le famiglie e i loro 1.300 pazienti passati, presenti e futuri -, il dottor Mauro Celli e la dottoressa Anna Zambrano, con quindici anni di esperienza, oltre alla dottoressa Turchetti con quattro anni di esperienza; anzi, no, le ultime due non ci sono più, entrambe trasferite d'imperio, assegnate all'Unità operativa di fibrosi cistica, nonostante la prima con quindici anni e la seconda con quattro anni d'esperienza pediatrica in osteogenesi imperfetta, oltre alle altre 36 malattie rare. Per gentile concessione del direttore generale Panella, le due dottoresse possono andare ad aiutare un giorno a settimana l'unico rimasto, l'intramontabile dottor Celli, un burnout annunciato. L'unità operativa non può reggere 1.300 pazienti, di cui 996 in un percorso diagnostico terapeutico assistenziale ideato e seguito dentro lo stesso ospedale, dalla barella del pronto soccorso fino al decorso post operatorio, con ambulatorio e day hospital compreso. L'UOSD, ovvero, l'Unità operativa semplice dipartimentale, con tre medici e cinque infermieri, è stata trasformata in UOSdP, ovvero Unità operativa smantellata dal Panella.

Il reparto era in attivo perché il centro di riferimento per mezza Italia, tutto il Centro-Sud: nessuno come loro, un reparto accreditato nell'ERN, la rete europea per le malattie rare, che li vede presenti con 64 pubblicazioni, circa 4 l'anno, una sopra la media degli omologhi europei. Ora, non riescono nemmeno più a capire come curare i loro pazienti e rischiano di uscire dal network europeo di ricerca, perché figuriamoci se ora hanno il tempo di pubblicare una ricerca.

Presto i pazienti dovranno migrare in Lombardia per curarsi; la situazione è insostenibile. Le dichiarazioni del Panella sul “Materno-Infantile” sono un insulto alla speranza, alla responsabilità clinica, mettendo ogni giorno a rischio l'erogazione di una cura essenziale, indefettibile, hanno portato a dire che le cure sarebbero state erogate in continuità e nell'accesso; Panella ci dovrebbe spiegare ancora come la sua burocrazia e tutti questi spostamenti aiuteranno questa eccellenza che lui sta uccidendo.

Allora, Viceministro, io le chiedo: vogliamo andare a toccare con mano, andare lì, personalmente? Perché quanto da me affermato è la pura verità; andiamo insieme a ridare speranza ai 500 bambini e adolescenti in trattamento. Oltre 12 mila firme sono state raccolte su Change.org, a difesa dei 1.300 pazienti, oltre 130 associazioni stanno seguendo la follia amministrativa del Panella. Il centro è diventato attrattivo perché di eccellenza, c'è un incremento del 10 per cento l'anno delle persone con queste rare patologie che vi si rivolgono. Panella pensa bene di spostare medici ad altissima specializzazione come se fossero case del Monopoli, umiliandoli, distruggendo le loro skills e il loro know-how. Che vergogna, Presidente, che vergogna, Viceministro, che quando una cosa funziona per bambini e adulti, per i malati rari, arrivi uno stolto a minare la vita, la cura, la speranza, l'orgoglio e l'umanità.

C'è la storia, devo assolutamente raccontarla, della piccola Maddalena, 31 mesi di vita, diagnosi di osteogenesi imperfetta, fenotipo 3. Il padre rientra a casa, la bambina, durante il COVID, è emozionata, batte i piedi sulla carrozzina, solleva un peso che non avrebbe dovuto sollevare e si rompe un femore; siccome il Policlinico Umberto I era ospedale COVID, deve andare a fare una lastra e va, ovviamente, ad Albano Laziale, il posto più vicino per andare a fare questa radio terapia, gli infermieri devono essere specializzati, perché devono poter manipolare queste piccole creature - 31 mesi e già 28 fratture - e, ovviamente, nel momento in cui viene rigirata per fare la radiografia, subisce altre due fratture.

Quindi, abbiamo due fratture dell'omero e una frattura della tibia. Pochi giorni dopo verrà ricoverata proprio in questo reparto, in questo centro, e il bravissimo team, perché parliamo di team multidisciplinari, parliamo di questo straordinario punto per le malattie rare, e praticamente viene operata d'urgenza e da quel momento in poi non ha più avuto, per fortuna, alcun tipo di problemi. Quindi è importante, Viceministro, professor Sileri, perché noi sappiamo che, mentre ci sono medici clinici che costruiscono ponti per assicurare la continuità terapeutica e la necessaria integrazione tra le attività assistenziali, didattiche e di ricerca indispensabili per poter rispondere nel modo migliore ai bisogni e alle richieste dei pazienti e delle loro famiglie, esiste altro; c'è chi i ponti li mina con la propria imperizia amministrativa e umana in queste situazioni. Noi possiamo fare qualcosa e andare direttamente, è lo stesso invito che avrei fatto al sottosegretario Zampa se fosse stata qui oggi, lei lo sa. Noi avevamo già fatto a novembre un'interpellanza urgente ed eravamo stati rassicurati rispetto al fatto che non ci sarebbe stato lo smantellamento dei team. È vero, questa cosa non è vera, questo smantellamento è iniziato e sta andando avanti, e non è possibile sostituirlo con delle strutture organizzativo-amministrative, perché questi sono dei DEA, stiamo parlando di dipartimento di assistenza. Dovrebbero essere sotto la direzione sanitaria, non sotto la direzione generale, e qui mi fermo perché altrimenti andiamo sul tecnico e qui non è un problema di tecnicismi, qui è un problema di volontà. Grazie, signor Viceministro.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Pierpaolo Sileri, ha facoltà di rispondere.

PIERPAOLO SILERI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Il Ministero della Salute è a conoscenza della problematica delineata nell'interpellanza in esame e la segue con debita attenzione. Con nota del 19 giugno 2020, l'Ufficio di Gabinetto del Ministero ha sottolineato il particolare rilievo della problematica all'assessore alla sanità e integrazione sociosanitaria della regione Lazio, nel rispetto dei profili di competenza istituzionale, tenuto conto che l'organizzazione di tali servizi sul territorio rientra nelle competenze della regione Lazio. Ciò premesso, nell'atto aziendale di cui alla delibera del direttore generale dell'azienda ospedaliera universitaria Policlinico Umberto I n. 542 del 1° luglio 2019 viene indicato che il Policlinico Umberto I, per le sue caratteristiche di ospedale per acuti dotato di settori ad alta specializzazione, deputato all'erogazione di prestazioni altamente specialistiche, è organizzato in HUB per le reti regionali, e, tra le altre, della Rete assistenziale delle malattie rare. In effetti, nell'organigramma allegato al citato atto aziendale non risultano strutture assistenziali riconducibili alla descrizione completa riportata nell'interpellanza in esame, mentre vengono programmate l'Unità operativa semplice-UOS “Malattie metaboliche dell'osso” nell'ambito del Dipartimento di medicina interna, scienze endocrino-metaboliche e malattie infettive e l'Unità operativa complessa-UOC “Medicina interna e malattie metaboliche dell'osso” nell'ambito del Dipartimento di medicina interna e specialità mediche, peraltro ad esaurimento nel biennio 2020-2021.

In ordine alla questione in esame, su espressa richiesta del Ministero, l'assessorato alla sanità e integrazione sociosanitaria della regione Lazio ha inteso precisare quanto segue. La direzione generale dell'azienda ospedaliera universitaria Policlinico Umberto I, pur eliminando l'Unità operativa semplice dipartimentale-UOSD “Malattie rare displasie scheletriche, malattie metabolismo osseo in età pediatrica ed evolutiva” dal citato atto aziendale, non ha mai inteso disattivare l'assistenza dedicata ai pazienti. In considerazione della peculiare importanza delle tematiche, infatti, la direzione generale aziendale ha provveduto ad attivare il Centro interdipartimentale per le malattie rare proprio al fine di assicurare la continuità terapeutica e la necessaria integrazione tra le attività assistenziali, didattiche e della ricerca, indispensabili per poter rispondere nel modo migliore ai bisogni e alle richieste dei pazienti e delle loro famiglie. Da ultimo, attesa la complessità e la delicatezza della questione in esame, anticipo che sarà cura del Ministero vigilare, ma soprattutto sollecitare il riscontro alla nota del 19 giugno 2020, anche al fine di valutare se ricorrono le condizioni per avviare direttamente le ritenute verifiche. In più aggiungo che sarà mia premura visitare il Centro al più presto, e quindi sarò personalmente al Policlinico Umberto I a valutare ciò che c'è, ciò che serve e come poter aiutare, ovviamente, i sanitari e i pazienti.

PRESIDENTE. L'onorevole Baroni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

MASSIMO ENRICO BARONI (M5S). Grazie, Presidente. Sono estremamente soddisfatto soprattutto dal fatto che il Viceministro Sileri si è preso questo impegno in questo momento di andare personalmente a valutare la situazione, andare personalmente a vedere che cosa sta succedendo in questa riallocazione, in questa ridenominazione, e se effettivamente quello che afferma il ricorso al TAR, che è stato già depositato dall'avvocato rappresentante legale dell'Asitoi, l'associazione italiana per l'osteogenesi imperfetta, corrisponde al vero, perché quel ricorso, che cerca di bloccare questo tipo di atto amministrativo, dice che non sarà più possibile erogare la continuità assistenziale dei 996 e dei 1.300 che sono iscritti nel registro dei pazienti in quel Centro, in quello che è stato voluto come una unità operativa dipartimentale e che di fatto adesso si pretende che venga sostituito da un Centro interdipartimentale per le malattie rare.

Lei lo ha detto, signor Viceministro, perché è stata riportata la risposta che è stata fornita dalla regione Lazio, probabilmente dallo stesso Panella, perché chi meglio di lui può sapere quali sono le intenzioni. Il Centro interdipartimentale per le malattie rare è un organo di coordinamento che raggruppa diciotto Centri per le malattie rare, diciotto, ed è un organo organizzativo-amministrativo; non sta sotto la direzione sanitaria, sta sotto la direzione generale proprio perché dovrebbe coordinare chi i servizi li eroga. Se si dà questa risposta, se Panella permette di dare questa risposta, personalmente non so più cosa dire, perché stiamo sostituendo con un organo organizzativo-amministrativo un DEA che fornisce assistenza, cura medica. Questo è intollerabile da parte di chi dovrebbe essere un direttore generale e soprattutto un medico, perché Pannella è un medico e dovrebbe dimostrarsi all'altezza di tutti questi colleghi che da almeno sei anni come team pubblicano i loro cellulari su Internet per le urgenze, passate presenti e future. Non so se Panella può permettersi il lusso di pubblicare il proprio di cellulare, perché questa operazione è un'operazione surrettizia delle tre carte, in cui una parte del personale che si è creato un know-how, una specializzazione, che conosce anche la storia clinica di questi pazienti, ed è per questo che scavallano la maggiore età e chiedono assolutamente di rimanere, perché vengono inviati dal Gemelli, hanno dieci casi, vengono inviati dal Bambino Gesù, hanno altri dieci casi. Stiamo parlando di un'eccellenza che è diventata attrattiva, che è entrata nell'importantissima rete di ricerca dell'ERN, da cui, se non possono pubblicare - in queste condizioni non possono fare ricerca, come fai a fare ricerca? - verranno espulsi, verranno espulsi dalla rete, perché non manterranno questi standard minimi, perché questi standard minimi, come fai, è rimasto un solo infermiere, con due jolly, che deve essere ubiquo in altre unità operative, con anni di esperienza.

Una dei tre medici che prima ho citato è stata stabilizzata l'altro ieri, e forse grazie al nostro lavoro, Vice Ministro, forse grazie al nostro lavoro: stiamo parlando di questo. Precedentemente ne era stata stabilizzata un'altra, un altro medico, dopo la puntata de Le iene, grazie anche all'interpellanza della mia collega Baldino.

Ecco, noi prima di tutto siamo per i cittadini, ma non è uno slogan: è una pura verità rispetto al fatto che evidentemente qualcuno, la persona più importante che doveva avere una capacità di capire che cos'è la continuità assistenziale, in realtà non ha capito che tutte queste contraddizioni rispetto a questa eccellenza, con dichiarazioni che si vanno a contraddire l'una con l'altra, sono un danno incredibile. Perché questi bambini se vengono curati bene, soprattutto all'inizio, poi possono sviluppare delle potenzialità, delle capacità tali per cui non sono più un peso per loro stessi e per la loro famiglia. Prima dei 3 anni Maddalena non potrà usufruire della tecnologia avanzata dei chiodi telescopici, perché bisogna arrivare almeno a 3 anni, ed ha già 28 fratture. Quant'è importante? Alcune famiglie si sono proprio trasferite qui. La mobilità attiva, che rende assolutamente non in perdita questo centro, questo centro delle malattie scheletriche, delle displasie scheletriche e delle malattie metaboliche dell'osso – lo dice la parole stessa – in età pediatrica ed in età evolutiva. Io sono sicuro che lei lo difenderà insieme a me; e se sarà possibile andiamoci insieme, perché credo veramente che la sola nostra presenza creerà questo sussulto di resipiscenza nel direttore generale, per cercare veramente di consolidarsi a queste best practice, a un dottore e a dei dottori che tutti amano nel momento in cui vi entrano in contatto .

(Chiarimenti in merito ai costi effettivamente sostenuti per l'unità di missione Italia Sicura e ai cantieri avviati e conclusi dal 1° giugno 2018 ad oggi - n. 2-00878)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fregolent ed altri n. 2-00878 (Vedi l'allegato A). L'onorevole Fregolent ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

SILVIA FREGOLENT (IV). Grazie, signora Presidente. Nel 2014 il Governo Renzi aveva istituito, con decreto del Presidente del Consiglio 27 maggio di quell'anno, un'apposita unità di missione presso la Presidenza del Consiglio, chiamata Italia Sicura, con il compito di curare, coordinare, pianificare e gestire il rischio idrogeologico in Italia, di concerto con le regioni, al fine di mettere in sicurezza il Paese e contrastare il dissesto idrogeologico che, come sappiamo, interessa quasi l'80 per cento del territorio italiano, individuando gli interventi necessari e i relativi fondi. In tre anni, tale struttura ha investito 9 miliardi di euro e aperto 1.334 cantieri. Con la legge di bilancio del 2018 erano stati, inoltre, individuati circa 1.150 milioni di euro e raggiunto un programma di intervento con le regioni. Con il decreto-legge n. 86 del 2018 del Governo giallo-verde, tale struttura di missione è stata poi soppressa, affidando al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i relativi compiti. Il Ministro Costa, intervistato dal quotidiano la Repubblica il 24 luglio 2020, ha motivato la chiusura dell'unità di missione con gli alti costi di gestione, valutati intorno a 900 milioni di euro.

La questione era già stata oggetto di un'interrogazione parlamentare l'11 gennaio 2017, quindi tre anni fa e un anno prima della chiusura della struttura, quando il presidente della Commissione ambiente del Senato, Giuseppe Marinello (Nuovo Centrodestra), aveva chiesto tra le altre cose quali fossero i costi di funzionamento della struttura e su quali capitoli di bilancio gravassero. Il rappresentante del Governo pro tempore di allora, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luciano Pizzetti, oggi deputato del Partito Democratico, aveva risposto che le spese della struttura di missione erano state sostenute a valere sui capitoli di spesa n. 170 e n. 172 del bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri, su cui erano stati stanziati, dal 2014 al 2017, 1.383.876 euro.

Dai bilanci di previsione della Presidenza del Consiglio negli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 emerge che in tutti quegli anni è stata prevista una spesa per il funzionamento della struttura di missione (capitolo di spesa n. 170) compresa tra i 190 e i 200 mila euro all'anno, e retribuzioni del personale in servizio presso la struttura di missione (capitolo di spesa n. 172) pari, nel complesso, a 595.763 euro all'anno. Si tratta, dunque in totale, di poco meno di 800 mila euro l'anno, una cifra dunque ben lontana dai 900 milioni di euro denunciati dal Ministro Costa.

In virtù della soppressione dell'unità di missione in questione sono stati conseguentemente bloccati 12 miliardi di euro di investimenti già programmati, anche con fondi europei e con accordi di programma sottoscritti con tutte le regioni, per interventi su infrastrutture, scuole e territori a rischio. Le esondazioni avvenute nelle ultime settimane in numerosi territori del nostro Paese hanno confermato la necessità di apportare interventi mirati ed efficaci per contrastare il dissesto idrogeologico, alimentato anche dai cambiamenti climatici. Recenti studi hanno rilevato, infatti, che dall'inizio del 2020 ad oggi lungo la Penisola si sono verificati 66 nubifragi, con precipitazioni violente e bombe d'acqua, con un aumento del 22 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. In una recente intervista, sempre il Ministro Costa ha confermato che molte risorse stanziate per contrastare il dissesto idrogeologico non sono state ancora spese, e che nel 2018 tali investimenti non utilizzati ammontavano a circa 11 miliardi di euro, individuando, inoltre, che tali ritardi sarebbero proprio da attribuire a quella struttura di missione, cioè Italia Sicura, che era stata prevista e comunque smantellata nel 2018.

Noi chiediamo quindi al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare – in questo caso, avremmo voluto il Ministro Costa che ce lo dicesse a voce, e ringrazio la presenza del sottosegretario e amico Roberto Morassut – se i costi effettivamente siano quelli presentati dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luciano Pizzetti nel 2017, o invece quelli denunciati dal Ministro nella sua intervista il 24 luglio 2020; e soprattutto, visto che questa struttura di missione è stata smantellata nel 2018 e siamo arrivati al 2020, quali siano state nel frattempo le opere eseguite, messe in cantiere dal Ministero, che ha ricevuto la competenza di gestire le risorse e i lavori, visto che continuamente succedono disastri ambientali e piangiamo morti e feriti, e poi abbiamo delle risorse che non vengono utilizzate.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie. Ringrazio l'onorevole Fregolent per questa interpellanza perché ci dà l'opportunità di chiarire diverse cose, sia nel merito delle questioni sollevate, sulle quali sarò inevitabilmente più dettagliato, anche con riferimenti ad aspetti meramente amministrativi, sia per dare brevissimamente, vista l'occasione, anche un quadro un po' più reale di come funziona la complessa macchina amministrativa della difesa del suolo e della sicurezza idraulica, tra i mille ingranaggi che riguardano le attività del Ministero, degli organi centrali e degli enti locali.

Parto però ovviamente dal riferimento sui famosi 900 milioni per il costo della struttura di missione. La struttura di missione contro il dissesto idrogeologico fu istituita nel 2014, come lei ha ricordato nel testo della sua interpellanza; e in quel decreto, del maggio 2014, al comma 2 dell'articolo 1 si prevede che la struttura operi fino alla scadenza del mandato del Governo in carica, quindi all'epoca il Governo Renzi. Le funzioni della struttura di missione sono, quindi, cessate in esito al decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, con la costituzione del successivo Governo. Per quanto riguarda i costi sostenuti, i capitoli di bilancio relativi sia alle spese per il funzionamento dell'ex struttura di missione che al personale in servizio presso la stessa, sono stati in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

La somma di 900 milioni di euro annui riferiti al costo della suddetta struttura, riportata nell'intervista concessa dal Ministro Costa ad un quotidiano nazionale, è evidentemente frutto di un refuso, in quanto la somma in argomento ammonta appunto a circa (poco più, poco meno) a 900 mila euro l'anno.

E debbo rappresentare che, rispetto a questo, il Ministero dell'Ambiente, nei giorni successivi all'uscita di questa notizia ha più volte chiesto una rettifica sul quotidiano, che tuttavia non si è formalizzata, questa rettifica non è stata pubblicata. Peraltro, si segnala che, per quanto riguarda le competenze specifiche del Ministero dell'Ambiente, dal mese di giugno 2018 sono state svolte alcune attività di programmazione, che vado ad elencare rapidamente. La prima, ricordo, è una delibera CIPE del luglio 2019, quando è stato approvato il Piano stralcio del 2019, previsto da un decreto del febbraio precedente, il “Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale”, che ha riguardato 263 interventi di mitigazione del rischio idrogeologico aventi carattere d'urgenza e indifferibilità, per un ammontare complessivo di 315 milioni di euro. Con decreto ministeriale del settembre 2019 sono state poi quindi definite le modalità di attuazione di questo piano, il Piano stralcio, e dato avvio agli interventi, la cui attuazione, a causa dell'emergenza epidemiologica COVID-19, risulta ora prevista tra il 2020 ed il 2021, quindi c'è stato un leggero differimento dei tempi di attuazione del Piano stralcio. Poi, nel dicembre 2019, il 2 dicembre, è stato approvato un nuovo DPCM, che riguarda il Piano operativo per il dissesto idrogeologico per il 2019, previsto da quel precedente DPCM - che quindi si collega per lo slittamento delle attività che ho citato - e utilizza risorse non ancora programmate, che però sono riferite alla delibera CIPE del 2016 relativa al Piano operativo “Ambiente”, Fondi di sviluppo e coesione programmazione 2014-2020, nonché integralmente quelle stanziate con il I e II Addendum al medesimo Piano operativo “Ambiente” e sempre della stessa programmazione Fondi sviluppo e coesione. Il piano in questione individua altri 236 interventi di mitigazione del rischio ideologico, per un importo complessivo di 361 milioni di euro, la cui attuazione, a causa appunto, anche qui, dell'emergenza epidemiologica, è prevista nei prossimi due anni. Terzo punto: con il fondo progettazione previsto dall'articolo 55 della legge 28 dicembre 2015 (vecchio collegato ambientale), che prevede una dotazione complessiva di 100 milioni di euro, diretto a favorire l'efficace avanzamento delle attività progettuali delle opere per la mitigazione del rischio idrogeologico e provvedere a rendere le stesse immediatamente cantierabili, sono state finanziate 261 opere per progettazioni esecutive, per un importo totale di progettazioni finanziate, per ora, di 35.900.000 euro. Queste progettazioni, una volta ultimate, genereranno un parco di progetti esecutivi per ulteriori interventi, il cui fabbisogno di realizzazione è pari a 830 milioni di euro. Infine, è in via di predisposizione il Piano stralcio per la mitigazione del rischio idrogeologico del 2020, per un valore complessivo di 230 milioni di euro, a valere su risorse iscritte nello stato di previsione del bilancio del Ministero dell'Ambiente, quindi risorse ministeriali, per la cui selezione degli interventi è stata attivata la relativa fase di concertazione con le regioni. Infine, prima di un brevissimo riferimento più generale al tema del funzionamento della macchina del dissesto e di precisazioni su alcuni dati che in questi giorni sono circolati ma che non corrispondono in realtà ad una rappresentazione reale, si rappresenta da ultimo che l'attuazione dei citati interventi nonché delle progettazioni finanziate rientra nella competenza dei presidenti delle regioni in qualità di commissari, come è noto, che provvedono all'attuazione degli interventi insieme agli enti locali o ai consorzi di bonifica e ad altri enti autorizzati. L'aspetto più rilevante da evidenziare è che i tempi di completamento degli interventi sono mediamente di 4-5 anni, con più del 75 per cento dei casi che vede i lavori terminare dopo oltre tre anni dal finanziamento. Di conseguenza, non appare possibile un confronto tra i risultati conseguiti precedentemente, in particolare con la struttura operativa che è stata in carica per quattro anni, e quelli conseguiti con un nuovo assetto di competenze da meno di due anni.

Dopodiché, io vorrei approfittare, come ho detto, onorevole Fregolent, per dare un contributo, se è possibile anche di chiarezza, al tema del dissesto idrogeologico per quanto riguarda le cifre generali, soprattutto le modalità e i tempi reali degli investimenti per la difesa del suolo e la sicurezza idraulica. Troppo spesso, per un eccesso di semplificazione, soprattutto giornalistica, comunicativa, e anche per qualche difetto di comunicazione della politica, è innegabile, per il modo in cui si raccontano a volte le cose, si arriva ad una schematizzazione dell'informazione che un po' distorce i dati reali, e fa giungere ai cittadini una rappresentazione delle cose che non corrisponde completamente alla verità dei fatti. Ma questo non per fatti malevoli, perché effettivamente parliamo di una macchina estremamente complessa e i tempi di attuazione dei progetti, che poi, nel momento in cui calano sul territorio, si trovano continuamente di fronte a modifiche del tessuto reale dei territori per eventi eccetera, di per sé richiamano la complessità di un processo attuativo molto, molto difficile. Quando si parla di 11 miliardi disponibili, come quando si fa riferimento ai 9 miliardi che lei ricordava nella sua interrogazione - addirittura si dice, nella sua interrogazione, “investiti in tre anni” - bisogna stare attenti a far riferimento alle cose reali: 9 miliardi nel 2014 e 11 miliardi adesso - perché ovviamente è passato del tempo, ci sono stati dei provvedimenti legislativi di bilancio - sono riferiti ad una programmazione poliennale, quindi non sono, se posso usare un termine un po' gergale, soldi veri, sono risorse programmate in un arco temporale da qui almeno al 2030. Poi, se andiamo indietro, ovviamente l'arco temporale, rispetto anche all'attività della struttura di missione, va ancora più indietro negli anni.

Quindi si riferiscono ad una programmazione, che lo Stato ha messo nei suoi provvedimenti di bilancio ovviamente tenendo conto di un quadro esigenziale e di un quadro del rischio che è stato ben fotografato dalla struttura di missione, perché la cosa più importante della struttura di missione, della sua importante attività, che resta un patrimonio dello Stato assolutamente prezioso, è stata quella di aiutarci a costruire un quadro della mappatura del rischio e un automatismo nella selezione dei tanti progetti e delle tante proposte che si basa su dati reali, cioè l'esecutività dei progetti, il livello del rischio, la capacità di efficientamento degli enti locali, che, dando un punteggio, fa salire in alto i progetti che vengono poi finanziati e resi esecutivi. Questa è stata la funzione importante della struttura di missione, ma aggiungo anche, per dare un'ulteriore informazione, che noi in questi giorni stiamo operando per comporre il quadro intanto preliminare - poi si aggiusterà in corso d'opera - del grande programma di ricostruzione del Recovery Fund, dove la voce “difesa del suolo, sicurezza idraulica” è molto importante, e prevedrà importantissimi investimenti, consistenti investimenti, costruiti in un rapporto concertato con le regioni e con le Autorità di bacino, di diversi miliardi di euro, ma parliamo sempre di programmazione e di risorse a fronte di progetti.

Il livello della spesa - ecco il punto - che oggi è concertato dal MATTM - il MATTM è il Ministero dell'Ambiente, ed è il Ministero che gestisce l'erogazione della spesa maggiore, perché ricordiamoci poi che quegli 11 miliardi non sono tutti concentrati nella programmazione Ministero dell'Ambiente, sono riferiti a diverse voci, a diverse leggi di spesa, a diversi ministeri, compresa la Protezione civile, che agisce nel campo dell'emergenza -, il livello di erogazione della spesa annuale medio negli ultimi anni si aggira intorno ai 300-400 milioni di euro l'anno, di cui le regioni esprimono una capacità di spesa reale che si aggira intorno al 50-60 per cento. Ovviamente ci sono situazioni più virtuose e ci sono situazioni dove si scontano maggiori ritardi. Questo è il quadro annuale reale delle risorse in campo, delle risorse in gioco, che sicuramente debbono essere incrementate, per un verso. Ma il punto fondamentale, che riguarda una corretta informazione, è perché questo livello di spesa raggiunge quegli indici (50-60 per cento medi), che sicuramente registrano una problematica. C'è una responsabilità dei comuni? Dobbiamo buttare la croce addosso ai comuni oppure no?

Il problema è che siamo di fronte ad una macchina estremamente complessa, che va semplificata.

Le regioni oggi hanno una funzione commissariale, però va detto che questa funzione commissariale non sempre viene espletata, cioè i progetti vengono poi girati ai comuni che non hanno adeguate capacità tecniche in molti casi perché c'è un tema di capacità tecnica complessiva del sistema ossia di saper fare determinate opere, saper appaltare, saper fare i progetti, approvare i progetti, le conferenze di servizi, eccetera. Quindi, di fronte a questi problemi, noi abbiamo cercato di introdurre anche degli elementi di velocizzazione della macchina e concludo. Quali sono questi elementi di velocizzazione della macchina? Intanto bisogna cercare di limare un po' troppe superfetazioni. Negli ultimi anni se c'è stato un problema è stato che forse sono troppe le situazioni decisionali, i centri di coordinamento e di smistamento: bisogna un po' semplificare la macchina. E, quindi, come avete visto nel “decreto Semplificazioni” sono presenti delle misure. C'è un DPCM all'attenzione del Consiglio dei ministri che credo sarà emanato nelle prossime settimane di ulteriore miglioramento dei criteri di selezione degli interventi che quindi fa un po' evolvere la metodologia già inaugurata con l'esperienza della struttura di missione e con il ReNDiS e, in particolare - questo è il punto decisivo - perché la semplificazione a volte significa far funzionare bene l'ordinarietà, non aggiungere altri elementi o decisioni e l'ordinarietà in questo campo significa saper finanziare, poter finanziare progetti che diventano rapidamente esecutivi grazie alla capacità tecnica degli enti locali che va implementata anche con strumenti di cui lo Stato dispone: società in house, attività progettuali, capacità tecniche che aiutano gli enti locali, se però quei progetti sono coerenti con i piani di programmazione, con l'attività di pianificazione delle autorità distrettuali che dà un punteggio al progetto e si inserisce in una strategia delle autorità distrettuali, che fanno un grandissimo lavoro di programmazione e di definizione della mappatura del rischio. Credo che poi un'ulteriore importante innovazione debba essere legata all'utilizzo delle tecnologie spaziali per anticipare, soprattutto dal punto di vista dell'emergenza, il manifestarsi di eventi negativi per quanto riguarda la difesa del suolo, la sicurezza idraulica. E, quindi, alcuni elementi di semplificazione che noi abbiamo già introdotto, che stiamo introducendo e che ulteriormente nei prossimi provvedimenti metteremo a punto sono, a nostro modo di vedere, le misure importanti per far sì che aumenti il livello della spesa annuale, che aumenti la percentuale di assorbimento delle regioni e che quella programmazione che ha quel volume, 11 miliardi da qui ai prossimi dieci anni, sia una programmazione che risponde poi ad una ricaduta reale.

PRESIDENTE. L'onorevole Fregolent ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

SILVIA FREGOLENT (IV). Grazie, signora Presidente. Sì, sono soddisfatta innanzitutto perché non c'è migliore rettifica, signor sottosegretario, che non un'Aula di Parlamento dove dare le giuste dimensioni delle cifre che erano state erroneamente evidentemente scritte dal giornale o pronunciate, perché tra 900 milioni e 900 mila euro c'è una enorme differenza e, visto che quell'articolo si fondava sulla motivazione di aver smantellato quella struttura perché troppo costosa, abbiamo eliminato un elemento di ambiguità. Quella struttura non è troppo costosa; finiva con il Governo Gentiloni in quel caso perché, se ben ricorda, dopo Matteo Renzi ci fu il Governo Gentiloni, ed è normale far finire un'esperienza. Lo dico penso avendo anche buoni rapporti con le minoranze presenti nel Parlamento. Per usare una frase di un dirigente del mio partito passato: in un Paese normale sarebbe opportuno che le buone pratiche, le buone prassi dei Governi, anche non appartenenti alle proprie maggioranze, fossero riconfermate perché uno può dividersi sul concetto che ha di Europa, di moneta unica, di sicurezza intesa come immigrazione, eccetera, ma non quando si tratta di sicurezza del territorio. Se si è visto che una struttura ha funzionato, che l'abbia fatto il Governo Renzi, che l'abbia fatto un Governo Berlusconi, che l'abbia fatto un Governo Monti, cito tre esponenti che hanno governato il Paese o che lo faccia al Ministro che si chiama Salvini non ha tanta importanza. Ha importanza capire che cosa è successo. Ora faccio un esempio, signor sottosegretario: il Bisagno. Lei sa benissimo che, quando fu creata quella struttura di missione, fu creata in seguito all'ennesima esondazione del Bisagno che, in realtà, è un torrente e che, quando invece fu creata quella struttura, aveva provocato danni, morti e feriti. Oggi il Bisagno è tornato a essere un torrente grazie a importanti opere di manutenzione e di ripristino della struttura idrogeologica perché il nostro Paese così fragile, così bello, così amato purtroppo è così depredato soprattutto negli anni del boom economico, durante i quali si è tombato fiumi, si è costruito sopra i fiumi tombati. Per carità, lei mi dirà, essendo di Roma, che non è una novità. Io abito in zona Campo Marzio, lei saprà benissimo che era una zona di riva, di torrente del Tevere e infatti lì si trovò l'Ara Pacis perché crollò nelle sabbie del fiume, quindi non è una novità. Ma diciamo che però negli anni Sessanta quella è stata l'ordinarietà: si sono spostati i greti dei fiumi, si sono fatte cose che probabilmente la natura non ha gradito e adesso ce lo ricorda a distanza di anni.

Vede, io non sono innamorata di tutto quello che noi abbiamo fatto in quei mille giorni. Rimarrò sempre convinta che abbiamo fatto cose straordinarie ma posso anche capire che si siano fatte altre scelte, se quelle scelte fatte diversamente però hanno veramente dato dei risultati. In questo caso in specie lei giustamente ha ricordato la complessità della macchina amministrativa e lei sa benissimo, essendo stato con me presidente del partito, avendo fatto una campagna convintamente referendaria per cambiare il Titolo V, quanto quella vittoria del “no” abbia fatto male alla gestione pratica del Paese. Lasciamo stare il bicameralismo che, secondo noi, dava soluzioni anche più rapide alla politica, più del taglio dei parlamentari se mi posso permettere. Lasciamo stare tutto quello che era la legge elettorale e un sistema più presidenziale, che posso anche capire che creasse divisioni. Ma la gestione del Titolo V, il fatto che, come ha ricordato giustamente lei, nei numeri c'è una sovrapposizione tra comune: non tutti i comuni sono grandi e strutturati come la città di Roma e la città di Torino. Ci sono piccole realtà che non hanno quelle strutture tecniche e amministrative che sono necessarie per una programmazione e le risorse per fare consulenze importanti. Spesso si uniscono proprio nell'unione dei comuni per cercare di condividere gli amministrativi che sono la vera mancanza purtroppo in questo Paese in alcune circostanze, anche a causa dei tagli e della visione un po' forse troppo rigoristica di un po' di tempo fa. E quindi capisco che c'è il comune che non riesce a fare la progettazione; la regione che, come giustamente lei ha ricordato con grande onestà intellettuale, prevede promossi e dei bocciati, regioni che riescono ad adempiere questa missione e regioni che non lo fanno e poi c'è il Ministero che, con la sua struttura, provvede a un coordinamento. A me non preoccupa che gli 11 miliardi o i 9 miliardi siano di programmazione, anzi questa è una voce da programmazione perché, anche nel momento in cui tu spendi tutto e subito, poi devi manutenerlo ed è stato la mancanza di manutenzione del nostro territorio poi a provocare queste enormi tragedie, oltre a un ripristino idrogeologico ad onor del vero. Noi abbiamo una quantità di strutture, come lei giustamente ricordava, che si occupano di questo. Per quello la struttura di missione veniva considerata un po' come un centro di semplificazione rispetto a questa macchina e soprattutto dava la possibilità di “donare” la programmazione tecnica a quelle realtà che non ce la facevano a farlo, cioè i comuni. Ora lasciamo stare cosa è avvenuto nel passato: a me interessa quello che succederà dal presente al futuro, anche perché questa maggioranza mi rappresenta e vorrei che rappresentasse in particolare l'esigenza dei cittadini.

Noi dobbiamo semplificare e semplificare al più presto, perché vede, il non spendere le risorse e poi dare colpa solo ai comuni è un po', come dire, nascondersi dietro il dito - sarà che io sono tanto alta e dietro il dito non mi riesco a nascondere - e quindi alla fine un po' questo scaricare il barile ad altri non regge, perché chi ha l'onere e l'onore di decidere deve decidere poi come aiutare anche quegli enti che poi devono, in ultimo, fare questa programmazione. Quindi, non la chiamiamo Italia Sicura, unità di missione, ma cerchiamo di trovare un modo, anche all'interno del Ministero, di creare un collante tra regioni, enti locali e, come dire, Stato centrale. Concludo, nel ricordare quello che fu fatto quando c'era il magistrato del Po, proprio nell'area del Po: una fotografia impietosa su che cosa avveniva in quell'area, tra esondazioni, tra necessità di ripristino idrogeologico. Quegli studi sono rimasti lettera morta, perché quando poi bisogna decidere nero su bianco, soprattutto in regioni altamente, come dire, produttive, che quel modo di produrre non è che deve fermarsi, ma deve prevedere anche un rispetto maggiore rispetto allo sviluppo della natura, non sempre si ci si trova d'accordo. E allora, è per questo che ci vuole necessariamente una struttura centrale, non dico che imponga, ma che accompagni, anche attraverso studi tecnici, scelte che magari possono essere la per là impopolari, ma che poi hanno una visione di salute e di salvezza delle persone che invece quella non è impopolare, ma è per sempre.

(Chiarimenti in ordine al completamento delle procedure di nomina dei componenti designati per il consiglio direttivo dell'Ente Parco Monti Sibillini - n. 2-00880)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente n. 2-00880 dei deputati Polidori ed altri, concernente chiarimenti in ordine al completamento delle procedure di nomina dei componenti designati per il consiglio direttivo dell'Ente Parco Monti Sibillini. L'onorevole Mazzetti ha facoltà di illustrare l'interpellanza, di cui è cofirmataria (Vedi l'allegato A).

ERICA MAZZETTI (FI). Grazie, Presidente e grazie al sottosegretario, qui in rappresentanza del Governo. I sottoscritti chiedono interpellare il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere che: con delibera n. 5 del 18 ottobre 2019, la Comunità del Parco nazionale dei Monti Sibillini designava quali suoi rappresentanti in seno al consiglio direttivo dell'Ente, in regolare applicazione della legge n. 394 del 1991, dello statuto Parco nazionale dei Monti Sibillini e del regolamento della comunità del Parco, i signori Alessandro Gentilucci Domenico Ciaffaroni, Gianmario Ottavi e Nicola Alemanno. La delibera in questione veniva successivamente trasmessa al Ministero interpellato, ai fini dell'emanazione del decreto di nomina dei quattro componenti designati, come previsto dall'articolo 9 della già nominata legge n. 394 del 1991. In data 27 novembre 2019, in riscontro alla richiesta ministeriale, il direttore dell'Ente Parco inviava i curriculum vitae dei soggetti designati, in uno alle dichiarazione dell'insussistenza delle cause di inconferibilità e incompatibilità previste dal decreto legislativo n. 39 del 2013. Con atto protocollo n. 13464 del 25 febbraio 2020, il Ministero comunicava all'Ente quanto segue: “Dal certificato rilasciato dalla procura di Spoleto, risulta pendente, a carico del dottor Nicola Alemanno, un procedimento penale per reato che rientra nella casistica per la quale il decreto legislativo n. 39 del 2013 prevede l'inconferibilità dell'incarico. Tanto si comunica, al fine di una ponderata valutazione da parte di codesta comunità, in merito all'opportunità di provvedere alla designazione di altro nominativo”. Alla missiva in questione, la comunità del Parco, in persona del suo Presidente, replicava con nota di protocollo 1391 del 4 marzo 2020, rappresentando che, con delibera n. 5 del 18 ottobre 2019, la comunità del Parco ha designato i 4 componenti per il nuovo consiglio direttivo del Parco. Nel corso della seduta, la circostanza della sussistenza di un procedimento penale pendente è emersa ed è stata oggetto di discussione e valutazione da parte dei rappresentanti della comunità del Parco prima dell'elezione. All'esito del dibattito, effettuata la votazione, la Comunità del Parco ha ritenuto di eleggere il candidato Alemanno quale componente del consiglio direttivo. Non sussistendo all'atto della designazione la causa di preclusione prevista dal decreto legislativo n. 39 del 2013, risultando solo pendente precedentemente penale, si ritiene che la Comunità del Parco abbia già effettuato, con il dibattito e la votazione di propria competenze una ponderata valutazione circa l'opportunità della designazione. A conferma della correttezza dell'operato della Comunità del parco, occorre rilevare come l'articolo 3 del decreto legislativo n. 39 del 2013, là dove vengano in rilievo reati contro la pubblica amministrazione, ricolleghi l'inconferibilità dell'incarico alla condanna (a seconda dei casi, definitiva o anche di primo grado) non già alla mera pendenza di un procedimento o di un processo in primo grado non ha ancora definito. La stessa rubrica della disposizione è illuminante, dal momento in cui recita: “inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione”. Tale soluzione, del resto, appare quella più conforme alla Costituzione, che, come noto, all'articolo 27 prevede la presunzione di non colpevolizza per i soggetti sottoposti a procedimenti penali, fino a condanna definitiva. La pendenza di un'indagine o un rinvio a giudizio, a giudizio degli interpellati, non sono, in quanto tali, rivelatori di alcun disvalore penale o di alcuna rimproverabilità in capo al soggetto che vi è sottoposto, e sono dunque, a ragione, irrilevanti sul piano che qui interessa. Alla luce di quanto sopra detto, non sussiste alcuna preclusione normativa alla nomina del sindaco Alemanno e l'ente Parco ha già assolto, con spirito di leale collaborazione e rispetto sia formale che sostanziale della legge, alla richiesta di ponderare e valutare l'incidenza del procedimento pendente ai fini della propria determinazione.

Chiediamo se il Ministro interpellato intenda fornire chiarimenti in ordine alla propria posizione sul punto e procedere all'adozione di decreto di nomina di prima competenza, grazie.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente, con la delibera, come lei ha ricordato, del 19 ottobre del 2019 la Comunità del Parco dei Monti Sibillini ha designato i propri rappresentanti ai fini della nomina del consiglio direttivo, tra i quali il dottor Nicola Alemanno. Il Ministero dell'Ambiente, per l'espletamento delle attività di vigilanza di propria competenza e della verifica della dichiarazione resa da ciascun interessato, ha provveduto a richiedere al competente ufficio giudiziario i certificati di carichi pendenti e del casellario giudiziario di tutti i designati, i cui esiti sono risultati negativi, ad eccezione del certificato dei carichi pendenti del dottor Nicola Alemanno. Dal certificato rilasciato dalla procura di Spoleto, risultano pendenti a carico del dottor Alemanno diversi procedimenti penali, uno dei quali per reato rientrante nella casistica per la quale il decreto legislativo n. 39 del 2013 prevede l'inconferibilità dell'incarico in caso di condanna. Il Ministero, con una nota del 25 febbraio del 2020, ha rappresentato alla Comunità dell'ente Parco nazionale dei Monti Sibillini quanto riscontrato ed ha chiesto alla stessa di valutare, nel termine di dieci giorni, l'opportunità di provvedere alla designazione di un altro nominativo. Il 4 marzo, la Comunità del Parco ha confermato però la designazione del dottor Alemanno quale proprio rappresentante in seno al consiglio direttivo dell'ente Parco Monti Sibillini. Come indicato, il dottor Nicola Alemanno non è stato comunque inserito nel decreto di nomina. L'8 maggio, lo stesso dottor Alemanno ha diffidato il Ministero dell'Ambiente a revocare il decreto n. 82 del 21 aprile 2020 di nomina del consiglio direttivo del Parco dei Monti Sibillini e a provvedere ad emanare un nuovo decreto per includere il proprio nominativo nel predetto consiglio, con l'avvertimento che, in difetto, si sarebbe provveduto ad impugnare questo decreto, asserendo che i procedimenti pendenti senza una successiva pronuncia di condanna non costituirebbero di per sé, ai sensi del decreto legislativo n. 39, causa di inconferibilità dell'incarico, ma, ad oggi, il decreto non risulta impugnato dinanzi al competente giudice, con conseguente suo consolidamento.

Bisogna chiarire che il sistema della legge 394 prevede che la nomina del consiglio direttivo è prerogativa del Ministro dell'Ambiente (articolo 9, comma 4) su designazione della Comunità del Parco.

La designazione è limitata alla individuazione del soggetto indicato, ma non esclude una potestà di verifica della legittimità e della opportunità della nomina da parte del Ministro, che, altrimenti, sarebbe un mero esecutore della volontà manifestata dalla comunità, con completo esautoramento del potere di nomina che, invece, è conferito a lui dalla legge. Quindi, consapevoli di avere agito nell'esercizio delle prerogative in conformità alla disciplina vigente, che prescrive, tra l'altro, di verificare gli eventuali carichi pendenti penali su possibili designati alle nomine e di aver provveduto, di conseguenza, alla segnalazione circa la sussistenza degli stessi in capo al soggetto medesimo, il Ministero sta comunque conducendo tutti gli approfondimenti istruttori per giungere a una rapida conclusione del procedimento, nel rispetto più rigoroso della legittimità amministrativa e delle prerogative previste dalla legge.

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ERICA MAZZETTI (FI). Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario, per la risposta, ma non ci riteniamo assolutamente soddisfatti perché è da tanti mesi che ormai si trascina questa situazione. L'abbiamo rappresentato più di una volta: il parco è molto importante, dal punto di vista ambientale ma anche turistico ed economico, e non può ancora aspettare una decisione da parte del Ministero, che troppo tarda ad arrivare. Sono mesi che vengono sollecitati. Ora, non mi sembra una cosa così complicata e difficile, che poi c'è solo da applicare la legge e valutare se sia opportuno o no, anche se - ripeto - la legge è molto chiara in questo. Il sindaco Alemanno non ha una condanna definitiva, pertanto non capiamo il motivo per cui il Governo, nella persona del Ministro Costa, a oggi ancora non abbia sciolto questo nodo e cosa aspetta a farlo, perché è solo lui, lui come rappresentante del Ministero dell'Ambiente, che deve dare questa risposta, perché sono tutti d'accordo: presidente della comunità, consiglio e tutti. Manca soltanto l'ok del Ministero e non mi sembra nemmeno corretto tenere in ballo, diciamo, questa situazione tutti questi mesi, far passare adesso anche il mese d'agosto e non dare una risposta a questa comunità.

Io credo opportuno che lei, sottosegretario, qui in rappresentanza del Governo, si faccia portavoce di questo e che insista con il Ministro, o chi per lui, per dare una risposta e una risoluzione immediata a questo problema che non è più sostenibile e non è nemmeno più concepibile, visto che la legge è chiara e visto che non vi sono problemi in merito, se non un vostro ritardo e forse anche un comportamento - e, ahimè, il Governo delle quattro sinistre, ormai è noto - di giustizialismo nei confronti delle persone e questo è un modo prevenuto di agire che non fa bene né al popolo né ai cittadini e nemmeno tanto alle attività.

(Iniziative di competenza in ordine al rispetto dei parametri igienico-sanitari con riguardo alla gestione del servizio idrico in Campania, nonché in ordine all'esigenza di riequilibrare la ripartizione della risorsa idrica tra Campania e Puglia - n. 2-00884)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Maraia ed altri n. 2-00884 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole Maraia la facoltà di illustrare la sua interpellanza.

GENEROSO MARAIA (M5S). Grazie, Presidente. I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro della Salute su alcune questioni. Premetto che l'emergenza COVID-19, ancora in atto, seppur in forma molto attenuata, impone il rispetto di determinate prescrizioni igieniche, anche a livello di comportamenti individuali, al fine di prevenire la diffusione del contagio. Tra queste prescrizioni, dettate anche da decaloghi ministeriali, dall'Istituto superiore di sanità e dall'Organizzazione mondiale della sanità, rientra una regola basilare anche nella normalità, vi è quella di lavare frequentemente le mani, gli oggetti a contatto con il corpo, i dispositivi di protezione individuale e gli abiti. Una regola che le condizioni climatiche del periodo estivo, appena iniziato, rendono ancora più indispensabile.

Eppure, tali prescrizioni vanno a scontrarsi con le inefficienze del servizio idrico nei comuni della Campania che rientrano nell'ambito della società Alto Calore Servizi, che è al servizio di una vasta area comprendente la provincia di Avellino, cioè tutti i comuni della provincia di Avellino, e alcuni comuni della provincia di Benevento.

L'estate irpina è stata finora accompagnata dai disagi dovuti alle prime sospensioni stagionali dell'erogazione dell'acqua. Nel corso dei mesi di giugno e luglio si sono contati disservizi, con cadenza quasi quotidiana, durante i quali l'acqua è venuta a mancare, soprattutto in una fascia oraria compresa tra la sera e la mattina del giorno successivo.

Una situazione divenuta insostenibile per gli utenti, i quali, oltre a subire pesanti disagi, continuano a pagare bollette piuttosto elevate, forse le più care d'Italia, decisamente sproporzionate rispetto a normali consumi individuali e familiari, soprattutto se rapportate alla cattiva qualità del servizio erogato. Ci si attendeva da parte dell'Alto Calore Servizi un'inversione di tendenza per quanto riguarda la gestione della risorsa idrica e l'erogazione dei servizi ai cittadini. Evidentemente, però, l'amministratore unico, Michelangelo Ciarcia, non è riuscito a imprimere a oggi la svolta auspicata.

Innanzitutto, è più che opportuno mettere nuovamente in risalto come la regione Campania, durante l'emergenza idrica del 2017, istituiva un'unità di crisi composta dai rappresentanti della direzione generale dell'ambiente dell'ente idrico campano (EIC) e dai gestori del servizio idrico al fine di programmare interventi urgenti, interventi da effettuare da parte dell'Alto Calore Servizi Spa e dalla Gesesa Spa per un totale di 2 milioni 430 mila euro, nell'arco di 60 giorni al fine di permettere il recupero della risorsa idrica pari a 545 litri al secondo, riattivando soprattutto campi e pozzi inutilizzati e sostituendo tronchi di adduzione. Ci si chiede se tali interventi siano stati effettuati e, se veramente compiuti, quanto siano stati efficaci.

Inoltre, un anno dopo, sulla scia delle misure adottate nel 2017, il comitato esecutivo dell'ente idrico campano, in data 22 novembre 2017, si riuniva ed emanava la delibera n. 6 del 2017, nella quale veniva richiesto a ciascun ambito territoriale di predisporre piani finalizzati a fronteggiare possibili emergenze nel corso dei periodi estivi ed autunnali del 2018. Queste indicazioni all'EIC avrebbero dovuto consentire di elaborare un piano di interventi emergenziali da porre all'attenzione della giunta della regione Campania, ai sensi della legge regionale n. 15 del 2015. Il coordinatore del distretto “Calore Irpino”, ingegner Giovanni Colucci, nella seduta del 19 dicembre 2017, decretava priorità e indirizzi, individuando gli interventi finalizzati al recupero della risorsa idrica da eventuali nuovi pozzi o captazione di sorgenti.

Successivamente, il RUP, ingegner Carmine Montano dell'Autorità ambito territoriale ottimale n. 1 “Calore Irpino”, inoltrava a tutti i gestori territoriali dell'ex ATO 1 una nota, protocollo n. 32 del 2 gennaio 2018, nella quale si chiedeva di individuare i possibili interventi per fronteggiare una probabile nuova emergenza, stabilendo tempistiche di livello di progettazione e importi degli interventi. Tali opere, incluse nel piano degli interventi di mitigazione della crisi idrica dell'ATO 1 “Calore Irpino”, avrebbero dovuto incrementare l'immissione di acqua attraverso nuovi prelievi e/o potenziamento di captazioni già in atto.

Si ricorda che le opere programmate, a carico dei comuni interessati o dalla stessa Alto Calore Servizi Spa, finalizzate a recuperare una portata d'acqua stimata pari a circa 1.316 litri al secondo e a realizzare 75 chilometri di nuovi adduttori e nuovi volumi di accumulo per 4 mila metri cubi, avevano un costo stimato in più di 38 milioni, fondi che, in base ai piani sopra descritti, avrebbe dovuto mettere a disposizione la regione Campania. Non è noto se l'ente idrico campano abbia mai sottoposto tale piano di interventi alla regione e se quest'ultima, una volta recepito, lo abbia finanziato.

Sotto il profilo della ripartizione della risorsa idrica, è assolutamente fondamentale evidenziare come siano stati determinanti la delibera della giunta regionale n. 309 del 28 giugno 2012 e il protocollo d'intesa tra la regione Campania e la regione Puglia, ratificato dalla stessa delibera e sottoscritto a Roma il 10 maggio 2012, protocollo che, a giudizio degli interpellanti, iniquamente riserva ai comuni serviti da Alto Calore soltanto una piccola parte dell'acqua sorta in Irpinia.

Le attuali restrizioni alle attività economiche e sociali devono essere accompagnate da adeguate condizioni di vivibilità negli ambienti domiciliari, nelle strutture sanitarie e nei luoghi di lavoro, anche allo scopo di garantire il rispetto delle prescrizioni igienico-sanitarie, sia sociali che individuali, dirette a prevenire il contagio del COVID-19. Il sottoscritto chiede: se il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, una verifica sul rispetto dei parametri igienico-sanitari nel corso delle attuali e successive fasi dell'emergenza COVID-19, affinché venga assicurata l'erogazione dell'acqua alla popolazione della Campania interna; se il Governo, per quanto di competenza, anche tramite la competente autorità di bacino, intenda assumere iniziative in relazione all'esigenza di riequilibrare la ripartizione della risorsa tra la regione Campania e la regione Puglia; se il Governo non intenda valutare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri sostitutivi in caso di riscontrata inadempienza, al fine di garantire il potenziamento e l'adeguamento delle reti e delle altre infrastrutture idriche al servizio dei territori ricompresi nell'ambito della società Alto Calore Servizi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Come lei ha ricordato, onorevole Maraia, la regione ha in corso un lavoro di messa a regime del servizio integrato idrico campano. In particolare, infatti, per quanto riguarda la governance del servizio, la regione, con una legge del 2015, ha disciplinato la riorganizzazione prevedendo un unico ambito territoriale regionale, suddiviso in cinque sub-ambiti distrettuali, e ha costituito l'EIC, l'Ente Idrico Campano. Ad oggi, tutti i comuni della regione hanno aderito all'Ente Idrico Campano, che nel 2018 è diventato finalmente pienamente operativo. Tuttavia, relativamente all'assetto organizzativo e gestionale del sistema idrico integrato, persiste ancora una notevole frammentarietà gestionale anche di tipo verticale. Nell'ambito distrettuale Calore Irpino, in cui ricade il comune di Ariano Irpino, non risultano gestori affidatari, né si hanno informazioni, allo stato, sulla presenza di gestioni salvaguardate; sono presenti invece gestioni in economia e gestori di fatto, tra cui Alto Calore Servizi Spa, Acquedotto Pugliese Spa e Gesesa Spa. L'Ente Idrico Campano, a quanto risulta dagli approfondimenti svolti dal Ministero per rispondere alla sua interpellanza, sta svolgendo le attività finalizzate alla predisposizione del piano d'ambito regionale; completata tale fase, predisposti i singoli piani d'ambito distrettuale e acquisita la definizione della forma di gestione come proposta dai consigli di distretto, l'Ente Idrico Campano darà avvio alle procedure per l'affidamento del sistema idrico integrato in ciascun ambito distrettuale.

Alto Calore Servizi è una società in house partecipata da 125 comuni, di cui 94 della provincia di Avellino e 31 della provincia di Benevento, e dall'amministrazione provinciale di Avellino. Poiché tra i presupposti imprescindibili nell'in house rientra l'esercizio del controllo analogo da parte dei soci, è proprio in tale contesto che i vari comuni possono incidere sull'operatività del gestore al fine di conseguire l'efficienza del servizio. Questa è la legge. Per quanto riguarda la ripartizione delle risorse idriche, poi, tra regione Campania e regione Puglia, poiché il trasferimento di acqua avviene tra regioni ricadenti nel medesimo distretto idrografico, si ricorda che la competenza spetta, quindi, alle regioni che hanno provveduto alla sottoscrizione dell'intesa che lei stessa ha ricordato, avvalendosi del supporto della autorità distrettuale competente, che in questo caso è quella dell'Appennino meridionale. Detto questo, non ricorrendo le condizioni espresse all'interno del Testo unico dell'ambiente su questo punto, articolo 158, che disciplina i trasferimenti di risorsa idrica tra regioni ricadenti in distretti idrografici differenti e che prevede, in tal caso, l'intervento sostitutivo del Governo per inerzia delle regioni e delle autorità di distretto coinvolte, nel caso specifico non è possibile, purtroppo, agire per via sostitutiva. Dico purtroppo perché è evidente che la situazione che lei ha descritto è una situazione abbastanza complessa e anche urgente. Né, d'altra parte, si può agire in via sostitutiva anche in relazione all'attuazione del servizio idrico integrato nella regione Campania, posto che, seppure in ritardo, la regione e l'Ente Idrico Campano hanno in corso tutte le attività per la messa a regime del servizio - dal 2015 è stato, ricordo, costituito l'Ente e nel 2018 è stata avviata la parte, diciamo, prettamente operativa - in coerenza con le competenze che sono ad essi attribuite e nel rispetto della normativa nazionale e regionale e della disciplina regolatoria imposta dall'Autorità di regolazione energia, reti e ambiente.

Per quanto riguarda, inoltre, la verifica del rispetto dei parametri igienico-sanitari per la fornitura di acqua ad uso potabile disciplinati dal decreto legislativo n. 31 del 2001, la cui competenza per l'attuazione della norma è in capo al Ministero della Salute, si deve ricordare che gli stessi sono costantemente verificati attraverso un doppio sistema di controlli in parallelo, uno interno a cura del gestore ed un esterno a cura della ASL, che sono finalizzati ad accertare il rispetto dei parametri di qualità e di potabilità. Questi controlli sono effettuati lungo tutta la filiera idrica dell'acquedotto, dalla fonte di approvvigionamento fino al punto di consegna. Inoltre, il giudizio di idoneità sulle acque destinate al consumo umano è attribuito unicamente all'autorità sanitaria territorialmente competente, che lo esprime sulla base di risultati dei referti analitici. Peraltro, non risulta che durante la fase del lockdown siano stati interrotti i controlli periodici svolti al fine di garantire la potabilità dell'acqua. Detto questo, è l'occasione anche per mettere un po' sul tavolo qualche informazione sull'impegno finanziario del Ministero. Posto che non c'è questa possibilità di intervenire in via sostitutiva, almeno possiamo raccontare e rendere informazioni su quello che è stato l'impegno finanziario messo in campo dal Ministero a sostegno degli interventi per il servizio idrico della regione Campania.

Il Ministero dell'Ambiente - e vado molto indietro nel tempo - nel 2008 ha finanziato interventi per 7 milioni di euro nei comuni dell'avellinese e del beneventano, per investimenti complessivi di 10 milioni di euro. Nel 2012, con una seconda integrazione, sono stati stanziati ulteriori 2,4 milioni per alcuni comuni ricompresi nelle province di Avellino e Benevento, per complessivi 3,5 milioni.

Il Ministero ha, poi, sottoscritto in questi giorni, il 20 luglio 2020 - penso che lei lo abbia anche detto nell'introduzione alla sua interpellanza -, attuando indirizzi di delibere CIPE del 2016 e del 2018 a valere sui Fondi di sviluppo coesione del Piano operativo ambiente, l'accordo di programma con l'Ente Idrico Campano (EIC), con il commissario unico per la depurazione e con la regione Campania, per la realizzazione di interventi di miglioramento del servizio idrico integrato. Le somme che sono risultate disponibili complessivamente ammontano a 171 milioni e rotti, di cui 133 a valere sul Piano operativo ambiente FSC del settennato 2014-2020 e 38 cofinanziati dalla regione Campania, a beneficio dell'intero territorio regionale. Per quanto riguarda il riferimento ai comuni ricompresi tra le province di Avellino e Benevento, sono circa 14 gli agglomerati in infrazione, per i quali il suddetto accordo di programma finanzia interventi risolutivi delle carenze depurative delle acque reflue per oltre 45 milioni di investimenti, di cui 28 come contributo ministeriale e 16 come contributo regionale. L'accordo suddetto, oltre alla compatibilità degli interventi con i Piani d'ambito vigenti, prevede l'attuazione degli interventi stessi in capo alla regione e all'Ente Idrico Campano, con l'onere di provvedere alla progressiva messa a regime del servizio idrico integrato stesso. Detto questo, si segnala comunque che, al fine di avere un quadro informativo aggiornato, il Ministero dell'Ambiente ha provveduto a richiedere all'Ente Idrico Campano e alla regione Campania puntuali informazioni in merito alla denunciata inefficienza gestionale di Alto Calore Servizi e in merito agli interventi urgenti, già programmati nel 2017 e 2018, che la regione avrebbe dovuto finanziare, nonché informazioni alla regione e all'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino meridionale per quanto riguarda il trasferimento di risorsa idrica tra Campania e Puglia.

PRESIDENTE. L'onorevole Maraia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

GENEROSO MARAIA (M5S). Grazie, Presidente. Sì, ringrazio il Ministro e il sottosegretario Morassut per la risposta e, soprattutto, per la risposta celere a un problema che, appunto, è urgente. Noi siamo di fronte ad una situazione drammatica dove centinaia di comuni, tra Irpinia e Sannio, non hanno la possibilità di avere un servizio essenziale, che è appunto la possibilità di usufruire del servizio idrico e dell'acqua, in un periodo in cui, soprattutto noi istituzioni, insistiamo molto anche in un'opera, diciamo, pedagogica, di istruzione, di come affrontare l'emergenza COVID-19 attraverso appunto le precauzioni, non solo le mascherine, ma anche il lavarsi le mani; insistiamo molto, invitiamo i nostri cittadini a lavarsi le mani, ma purtroppo ci sono migliaia di cittadini che, al ritorno dal lavoro quindi nelle ore pomeridiane, non hanno il diritto né di lavarsi le mani, né di farsi una doccia. Questa non è una condizione nata oggi, è un qualcosa che avviene ormai da anni ed è giusto che le istituzioni, tutte le istituzioni, si facciano carico di questo problema, in quanto è un problema che ha radici lontane e che cammina su delle gambe che sono ancora vive perché l'Alto Calore Servizi, da società che doveva garantire l'erogazione del servizio idrico, è diventata un vero e proprio carrozzone politico, dove sistemare dei politici che non trovavano più collocazione, tant'è vero che oggi l'amministratore unico di Alto Calore Servizi è un certo Michelangelo Ciarcia, legato alla famiglia De Mita e che - guarda caso - si ritrova candidato per sostenere il governatore De Luca. Quindi, siamo di fronte a un problema che non è solo di carattere patrimoniale o economico - perché è una società fortemente indebitata, che arriva ad accumulare un debito di oltre 200 milioni di euro -, ma questo debito determina a sua volta l'incapacità di gestire la rete, di fare gli interventi sulla rete, una rete colabrodo, quindi noi prendiamo solo un decimo dell'acqua che sorge in Irpinia, cioè l'Irpinia fornisce l'acqua a tre regioni, ma non ha acqua e questo è un paradosso inaccettabile. Voglio portare all'attenzione del Governo che la tensione sociale in queste comunità sta crescendo: le persone, pochi giorni fa, sono scese in piazza per denunciare una situazione da medioevo, dove le persone sono costrette ad andare con le taniche a prendere l'acqua. Non c'è un problema di potabilizzazione dell'acqua, perché l'acqua è oltremodo buona, è un'acqua di qualità; il problema è avere l'acqua, in un territorio dove siamo ricchi d'acqua, ricchi di sorgenti d'acqua, in ogni luogo e in ogni angolo della provincia. Tutto questo è intollerabile, quindi le istituzioni, il Governo, il Ministero devono intervenire sull'amministratore unico, chiedendo che mestiere fa - se fa l'amministratore unico, o il candidato - e per dire una parola di verità sull'Alto Calore Servizi, che non è una società in mano alla provincia, o dove i singoli comuni possono permettersi di dare dei consigli o dei contributi, perché è cronaca di questi giorni che più volte l'amministratore delegato Ciarcia, tra una conferenza e l'altra, tra una campagna elettorale e l'altra, afferma e risponde alle critiche che provengono dai cittadini che non è responsabilità dell'Alto Calore. Ma di chi è la responsabilità? Vogliamo dire di chi è la responsabilità? La responsabilità è di un signore che ha fatto il Presidente del Consiglio e si chiama Ciriaco De Mita, che ha scelto di nominare Ciarcia e farlo diventare amministratore unico. Cosa ci ritroviamo come risultato? La mancanza di un bene essenziale, del primo bene, che è appunto l'acqua. Come si può superare questa criticità e questo dramma, perché ormai è un vero e proprio dramma? Lo si supera attraverso l'attenzione da parte anche di istituzioni non locali, dato che la regione ha una competenza diretta in merito e purtroppo non sappiamo - e ringrazio il Ministero che si è attivato per raccogliere le informazioni - se questi benedetti 38 milioni di euro sono stati spesi o non sono stati spesi. Dall'altro lato, sappiamo che il Governo ha fatto la sua parte, che comunque c'è stato un finanziamento di 171 milioni di euro, sottoscritto appunto pochi giorni fa, il 20 luglio, che può essere sicuramente utile per superare questa crisi. Il problema è chi gestirà questi soldi, chi gestirà questi finanziamenti, perché finora chi ha gestito Alto Calore Servizi, che, pian piano, da consorzio è diventato Spa, è stata la mano lunga di De Mita, che ha diviso l'Alto Calore Servizi tra patrimonio e una società commerciale. Non risolveremo quel problema con un semplice finanziamento, anche se cospicuo. Lo risolveremo in che modo? Con l'attenzione, cercando di istituire un tavolo interministeriale tra MiSE, MIT, Ministero dell'Ambiente, regione Campania, regione Puglia, Autorità di distretto competente, al fine di intervenire seriamente sulla questione della ripartizione della risorsa idrica e sulla gestione dei finanziamenti. Quindi, non è un problema di soldi, non è un problema di potabilizzazione, è un problema di buona gestione e soprattutto è un problema di controlli, di chi deve controllare che questi progetti vadano in cantiere e si realizzino finalmente. Come cittadino irpino, ringrazio il Governo e ringrazio il sottosegretario Morassut e mi auguro che ci sia una continuità in merito, perché ho spiegato anche ai miei cittadini che il problema, essendo atavico, non possiamo risolverlo in pochi giorni o in qualche mese. Abbiamo bisogno di tempo, siamo al lavoro su questo problema e sono sicuro che, come tanti altri problemi affrontati sulla sanità e sulle emergenze lavorative, riusciremo a fare un ottimo lavoro.

(Iniziative di competenza in relazione all'inquinamento del bacino del Po e del mare Adriatico connesso all'utilizzo della molecola cC604 nel Polo chimico di Spinetta Marengo (Alessandria) - n. 2-00894)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zolezzi ed altri n. 2-00894 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Zolezzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente e grazie sottosegretario. In questa interpellanza porto in Aula nuovamente il tema dei PFAS, le sostanze perfluoroalchiliche utilizzate da decenni. Sono state brevettate nel 1951 dalla DuPont, negli Stati Uniti, per produrre il teflon, in particolare le sostanze dove molti atomi di fluoro erano uniti agli atomi di carbonio, quindi le sostanze cosiddette a catena lunga, in particolare il PFOA. Ci sono state molte applicazioni industriali, poi queste applicazioni sono arrivate anche in Italia, con gli stabilimenti della Marzotto in Veneto, nel 1965, producendo appunto in primis tessuti e poi spostandosi sulla farmaceutica e sull'agrochimica. La nocività dei PFAS a catena lunga è nota: nel 2006 una direttiva europea ha classificato il PFOS come sostanza altamente persistente, bioaccumulante e molto tossica, nel 2009 un trattato internazionale, la Convenzione di Stoccolma, ne restringe l'utilizzo e dal 2016 l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, IARC, considera il PFAS, in particolare il PFOA cancerogeno, in particolare per il cancro al testicolo e il cancro del rene. Sono sostanze decisamente critiche e, già per quanto riguarda la DuPont e il fiume Ohio, ci furono studi importanti, con 70 mila persone coinvolte, con riscontri patologici decisamente impressionanti. Per quanto riguarda l'Italia, ci furono già inquinamenti alla fine degli anni Settanta nella pianura vicentina, poi ci furono le fusioni nel 1988 tra Mitsubishi ed Enichem, creando il famigerato stabilimento Miteni, fino a che poi, nel 2009, la Mitsubishi cedette questo stabilimento al fondo di investimento lussemburghese International chemical investors.

Per quanto riguarda le altre regioni, in Piemonte, dal 2002 mi risulta che la Solvay iniziò a produrre anche qui sostanze perfluoroalchiliche: a Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, furono rilasciati molti inquinanti dal fiume Bormida al Tanaro e, poi, fino al Po e tutto il bacino dell'Adriatico. Queste sostanze sono state, poi, bandite su scala mondiale a partire dal 2012. A Spinetta Marengo sono stimate, non solo per quanto riguarda il PFAS, ma anche per il cromo esavalente e altre sostanze, 1,15 milioni di tonnellate di sostanze inquinanti nel suolo dello stabilimento. Anche nell'Alessandrino è documentata l'inversione sessuale dei pesci a seguito dell'esposizione a queste sostanze che sono, soprattutto, interferenti del sistema endocrino.

Nell'ottobre del 2018 ha smesso di produrre i PFAS la Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza. Il Ministro dell'Ambiente era, già allora, il generale Sergio Costa e credo che questo sia stato un importante risultato in campo ambientale: aver schiacciato il collo del drago Miteni, che ha sputato veleno su tante migliaia di bambini del Veneto per decenni. E questo è stato dovuto anche agli esposti e all'attenzione dei comitati dei cittadini. Ricordo, quando parlavamo di queste cose nelle audizioni in Commissione ecomafie dal 2014, la parola PFAS non era pressoché nota. Chi inquina deve, soprattutto, smettere di inquinare - per quanto riguarda la Miteni si è ottenuto -, ma deve anche pagare. Il fallimento della Miteni è un fatto su cui anche la procura si sta interrogando, perché, assolutamente, i danni e l'inquinamento creato devono essere ristorati.

La Miteni stava trattando, da alcuni anni, il ciclo C6O4, che è un altro PFAS, che proveniva proprio dalla Solvay di Spinetta Marengo, in parte, e, in sostanza, presso la Miteni e presso Trissino, 300 mila persone hanno avuto l'acqua potabile contaminata: cioè, parliamo, in casa propria, di avere paura di quello che esce dal rubinetto, paura di quello irriga i propri campi, paura dei prodotti dei propri campi e della propria terra. Dal Ministero dell'Ambiente, da questo Governo sono arrivati oltre 80 milioni di euro per rifare le infrastrutture idriche che dovevano essere sostituite per garantire un approvvigionamento sicuro. Il Veneto, dal punto di vista dell'amministrazione regionale, ha accettato di buon grado i fondi statali per una logica di bene comune che, però, esalta un concetto, che è quello dell'acqua pubblica, che deve essere una priorità: la salute e la sopravvivenza sono priorità.

Ricordiamo anche che la regione Veneto non si era accorta di nulla mentre la Miteni e altre manifatture stavano inquinando l'acqua di mezzo milione di persone. La bonifica oggi vede iniziali progetti; è stata stoppata dalla pandemia COVID-19, è strano che, invece, la pandemia non abbia stoppato, per esempio, i lavori della Pedemontana veneta. C'è stato, insomma, uno strano fenomeno di lockdown differenziato.

Tornando in Piemonte, anche la Solvay, dal 2012, è stata costretta - la Solvay, appunto, la multinazionale con sede in Belgio - a sostituire il PFAS, il PFOA con il ciclo C6O4, con un reparto allestito all'interno che, in parte, poi, veniva, appunto, inviato a Trissino finché la Miteni era aperta. Questo ciclo C è una molecola più corta e non esistono filtri al momento per trattenerlo, quindi fa il suo corso, fa i suoi cicli. Dalle audizioni in Commissione ecomafie è venuto fuori, in particolare dal professor Foresta, che sembra che sia, questa sostanza, ancora più pericolosa e più critica rispetto ai PFAS a catena lunga, anche perché non riesce a essere fermata e si accumula, purtroppo, in maniera pesante. Anche se vi è una serie di contestazioni sul fatto che sia accumulabile, però io credo che, soprattutto le persone che avevano già avuto l'esposizione ai PFAS a catena lunga ora si trovano, anche se, magari, per un periodo più breve, altre sostanze dello stesso tipo.

Solvay ha chiesto alla provincia di Alessandria una nuova AIA, una nuova autorizzazione per ampliare e costruire un nuovo reparto per produrre il ciclo C6O4, per aumentare la produzione. Comitati e Legambiente si sono opposti alla richiesta e, nell'ottobre del 2019, hanno affermato che è necessario uno studio condotto super partes e hanno chiesto di visionare la documentazione integrale prodotta dalla Solvay, che, invece, nel documento, ha messo ben 56 omissis nella relazione tecnica. La provincia ha iniziato una sorta di contenzioso, per cui è partita, poi, la Conferenza dei servizi per autorizzare questo composto. ARPA ha reso noto che nelle acque del Bormida, a valle, c'erano ben 1,6 microgrammi per litro, contro un valore di fondo di 0,1 microgrammi per litro, di ciclo C6O4. A quel punto, sono stati espressi dubbi dalla Direzione Pianificazione ambientale della provincia di Alessandria sull'efficacia dei sistemi di abbattimento adottati da Solvay. La Solvay, tra l'altro, in audizione in Commissione ecomafie, ha detto che la produzione sembra orientata per oltre l'85 per cento all'export, quindi l'Italia rischia di beccarsi solamente un prodotto inquinante.

Per cui, chiedo se il Ministro interpellato, il Ministro dell'Ambiente, il Ministero abbia a disposizione istruttorie tecniche indipendenti sulla sicurezza del ciclo C6O4, di quali elementi dispongono circa l'ampliamento di questo reparto a Spinetta Marengo, anche perché, chiusa la Miteni, rischiamo di aprire da un'altra parte lo stesso problema, e quali iniziative vogliono intraprendere per l'inquinamento di tutto il bacino del Po e del mare Adriatico già presente; se sia stata verificata la sicurezza, la non cancerogenicità, la non teratogenicità e la compatibilità con l'ecosistema e la biodiversità fluviale. Io ho letto, come tutti, importanti notizie di stampa, un'intervista al Ministro Sergio Costa, che fanno ben sperare sui limiti per questa nuova sostanza e per gli scarichi fluviali, che sembra che vogliono adattarsi appunto a 0,1 microgrammi per litro, come chiede l'Unione europea, arrivando allo zero laboratoriale.

Chiedo, quindi, se il sottosegretario, eventualmente, voglia informare l'Aula anche su questi aspetti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e per la tutela del territorio e del mare, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Premesso che le procedure di autorizzazione che regolamentano l'esercizio degli impianti, vale a dire l'AIA, sono in capo alla provincia, nel caso specifico, la provincia di Alessandria ha fatto presente che presso lo stabilimento di Spinetta Marengo, attualmente gestito dalla società Solvay Specialty Polymers Italy, secondo quanto dichiarato dalla ditta, risulta essere stato utilizzato, fino al 2013, il tensioattivo PFOA, appartenente alla categoria dei PFAS (uso l'acronimo, perché sarebbe lungo declinare il composto).

Sempre secondo quanto riferito dalla competente provincia di Alessandria, l'eliminazione del PFOA dal ciclo produttivo di Solvay non è stata una scelta della ditta né un obbligo normativo - all'epoca non previsto -, bensì una specifica prescrizione della provincia formalizzata in sede di rilascio della prima AIA, già nel 2010. In riscontro a tale richiesta, la Solvay ha avviato una sperimentazione per trovare una sostanza che potesse sostituire il PFOA. Nell'agosto del 2019, è pervenuta alla provincia la richiesta di modifica sostanziale per produzione dell'uso di composto C6O4 (sostanza perfluoroalchilica a catena corta, a differenza del PFOA, che è a catena lunga), il cui procedimento è tuttora in corso. Tale procedimento riguarda, nello specifico, la produzione di cC6O4 tramite apparecchiature già esistenti nei reparti, che dovranno essere convertite/gestite a campagne per la produzione di questo tensioattivo.

Sempre secondo quanto precisato dalla provincia di Alessandria, la società istante ha depositato, all'atto della presentazione della documentazione, una versione integrale per gli enti partecipanti all'istruttoria tecnica e una versione successivamente pubblicata sul sito istituzionale, individuando il primo documento come riservato, in quanto contenente informazioni che, ad avviso del gestore, non possono essere diffuse per ragioni di riservatezza industriale, commerciale o personale, di tutela della proprietà intellettuale. Alla luce di tali considerazioni, la provincia non ha potuto fornire la versione integrale, così come richiesto da Legambiente.

Per le stesse ragioni, la Conferenza dei servizi tenutasi il 19 novembre del 2019 all'interno della procedura di modifica sostanziale, al fine di garantire sia la partecipazione del pubblico sia la riservatezza richiesta da Solvay, in quanto detentrice del brevetto del composto C6O4, si è svolta in due parti. La provincia di Alessandria ha evidenziato che, durante lo svolgimento dei lavori della prima fase, nella quale era presente anche il rappresentante di Legambiente, è stata data lettura di tutti i pareri formulati dagli enti partecipanti, omettendo solo i dati puri riferiti o riferibili al dato produttivo, ma fornendo integralmente l'informazione ambientale; la seconda fase, invece, si è svolta alla sola presenza degli enti, affrontando, quindi, gli aspetti più tecnici e di dettaglio che necessitavano l'esplicitazione dei dati soggetti a riservatezza.

La provincia ha fatto presente, peraltro, che la valutazione degli elaborati presentati da parte di tutti i soggetti competenti è stata resa nota già nella prima fase della Conferenza alla presenza del rappresentante di Legambiente, che ha potuto quindi ascoltare le richieste di integrazioni inerenti le criticità riscontrate. In particolare, la provincia di Alessandria ha richiesto una revisione del sistema di abbattimento, in modo da garantire, per il principio di precauzione e non esistendo al momento limiti normativi per lo scarico del cC604 a valle del punto di scarico del Bormida, il limite di qualità per i corpi idrici superficiali imposto dalla direttiva 2000/60/CE per i PFOA e cioè 0,1 microgrammi per litro, come lei ha ricordato.

Nelle integrazioni presentate, la società, facendo proprie le richieste della Conferenza di servizi, ha definito un piano di miglioramento delle proprie prestazioni con riduzione di oltre il 97 per cento, rispetto alle previsioni del progetto originale, delle emissioni di cC604 negli scarichi idrici al corpo ricettore finale, il fiume Bormida, che si svilupperà in due step attuativi: da subito, ottimizzazione della gestione degli impianti di abbattimento esistenti, con un efficientamento tra il 92 e il 95 per cento, e riduzione dei consumi specifici; successivamente, concentrazione media annua minore di 0,1 microgrammi/litro di cC604 nel corpo ricettore utilizzando impianti di abbattimento la cui efficienza prevista sarà maggiore del 99,9 per cento.

Fermo restando quanto ho fin qui esposto, con specifico riferimento ai profili di sicurezza correlati alla presenza della sostanza stessa, occorre ricordare che la stessa fa parte della famiglia di sostanze perfluorurate, note anche come PFAS. La sostanza è stata registrata, come richiesto dal regolamento REACH, nel 2011, presso l'Agenzia europea delle sostanze chimiche da Miteni Spa, che ne ha cessato la produzione nel 2019, e da Solvay Specialty Polymers Italy Spa. Il corrispondente acido carbossilico e il sale di potassio sono stati registrati nel 2011 dagli stessi registranti del C604 sale di ammonio, come sostanze intermedie fabbricate e usate solo in condizioni rigidamente controllate. Le tre sostanze, non avendo una classificazione di pericolo armonizzata a livello europeo, sono state autoclassificate dal registrante sulla base dei criteri del Regolamento CLP (CE) del 2008.

Secondo quanto riferito da ISPRA, le informazioni reperibili nella letteratura scientifica relativamente alla proprietà e al comportamento nell'ambiente sono scarse; la valutazione delle proprietà tossicologiche per l'ambiente acquatico dell'acido e del sale di potassio si basa pertanto sui dati del sale di ammonio. Seppur non ancora sottoposte a valutazione da parte degli organismi europei e nazionali preposti, le informazioni disponibili, sulla biodegradazione, sulla tossicità e sulla elevata mobilità, sono tuttavia sufficienti per ritenere che la sostanza abbia caratteristiche tali da determinare motivi di preoccupazione equivalenti a quelli delle sostanze persistenti, bioaccumulabili e tossiche, molto persistenti e molto bioaccumulabili, in base a quanto stabilito dal Regolamento REACH, all'articolo 57, lettera f). Per queste ragioni, le iniziative future sono orientate ad avviare un'azione volta a promuovere una regolamentazione europea della sostanza, tenendo conto di quanto già fatto o in corso per altre sostanze della stessa famiglia. Un possibile percorso in questo senso può essere la predisposizione di un dossier volto ad identificare la sostanza come “estremamente preoccupante”, primo passo per arrivare al divieto. Altra azione urgente a livello nazionale è la definizione dei limiti allo scarico nelle attività produttive, ancora assente. Per quello che riguarda la contaminazione di acque superficiali e di falda dal Bormida fino all'Adriatico, la provincia ha segnalato che la presenza di composto C604, allo stato della conoscenza dei controlli effettuati da ARPA, risulta in Bormida a valle dello scarico di Solvay e, in misura minore, nel Tanaro. Le concentrazioni sono via via minori fino a ridursi a tracce all'altezza di Isola Sant'Antonio. Proprio la presenza nelle acque del fiume Bormida è stata il principale motivo di espressione di pareri non favorevoli da parte della provincia e ARPA nella seconda Conferenza dei servizi sull'istanza di modifica sostanziale dell'AIA presentata da Solvay. Sono in corso di valutazione le concentrazioni massime ammissibili al punto di scarico della Solvay per garantire il rispetto dello stato di qualità ambientale del primo ricettore e cioè il fiume Bormida.

Per quanto riguarda il problema della falda, il componente è stato rinvenuto in concentrazioni molto contenute nella falda subito a valle dello stabilimento e questo ha comportato un'immediata richiesta di intervento alla Solvay effettuata dalla provincia e ARPA nel tavolo tecnico del procedimento di bonifica a capo del comune di Alessandria, come autorità competente. Si ricorda che nell'area interessata dalla presenza di questa contaminazione vige un'ordinanza comunale del 2008 di divieto dell'utilizzo delle acque per scopo umano o alimentare. In risposta alle richieste effettuate, Solvay ha messo in essere un sistema di misure all'interno del reparto ove si sono verificate concentrazioni elevate di composto in falda superficiale, ritenendo il sito la sorgente primaria della contaminazione, e ha predisposto un potenziamento del 20 per cento della barriera idraulica di intercettazione dell'acqua di falda che transita sotto lo stabilimento, avendo giustificato tale presenza all'esterno con due episodi di non completa tenuta della barriera idraulica in seguito a due eventi alluvionali avvenuti nell'ottobre e novembre del 2014 e del 2019. Le simulazioni del modello idrogeologico saranno valutate nell'ambito del tavolo tecnico delle bonifiche, ove si valuterà la compatibilità con la previsione effettuata da Solvay e le concentrazioni riscontrate. In caso negativo verranno richieste ulteriori azioni per la rimozione della contaminazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Devo dire che ha fornito degli elementi molto, molto importanti; abbiamo potuto informare l'Aula e i cittadini di questi temi sicuramente complessi, non semplici da seguire, ma che riguardano, appunto, chi è lì in questi territori, dove non si può bere l'acqua; come ha appena detto, a Spinetta Marengo neanche si può captare l'acqua delle falde per bere; quindi, c'è stato già un danno importante e c'è anche un danno, poi, di immagine quando si hanno questi inquinanti sotto al proprio suolo. A me sembra di aver capito, poi mi riservo di controllare e di fare un'altra interlocuzione, che, comunque, anche quando riuscirà la Solvay ad adempiere a tutta una serie di migliorie si arriverà comunque al doppio dei limiti previsti dalle direttive. Per cui io penso che questo ampliamento non si abbia da fare, anche perché ricordiamoci una serie di altre cose; già, appunto ho parlato prima della causa collettiva negli Stati Uniti sulla DuPont, che poi si è trasformata in Chemours e che, poi, è la stessa che in qualche modo sta mandando queste sostanze in Italia, quindi sono tutte cose decisamente collegate. Dalla causa collettiva partì uno studio scientifico, già nei primi anni Duemila, che poi nel 2011 è stato pubblicato, con 70 mila persone coinvolte; si è visto un legame dei PFAS con il cancro al testicolo, con il cancro del rene, con la preeclampsia, quindi problematiche importanti della gravidanza, diabete in gravidanza, ipertensione, malattie della tiroide e di tutto il sistema endocrino. Gli stessi dati così importanti, poi, sono stati trovati in regione Veneto; il centro nascita ha fatto uno studio su 500 mila parti, non uno studio piccolo, dove si è vista, anche qua, la preeclampsia, il rischio della gravidanza, le malformazioni congenite aumentate nei bimbi, il diabete in gravidanza, i bimbi piccoli, quindi, con rischi poi dello sviluppo, rischi per il futuro. Ma vale la pena prendersi questi rischi e per che cosa? Nello stesso Piemonte, uno studio epidemiologico a cui ha partecipato l'ARPA, pubblicato il 21 dicembre 2019, mostra un aumento delle ospedalizzazioni nel comune di Spinetta Marengo e il 76 per cento in più di ricoveri per tumore renale, 63 per i tumori al fegato, le malformazioni congenite genito-urinarie aumentate del 25 per cento rispetto al resto della provincia, malattie neurologiche nei minori di 14 anni. A Spinetta, secondo l'ASL di Alessandra, si muore di più, con un 43 per cento in più di malattie respiratorie, tra l'altro i PFAS si respirano anche. Vi è un 97 per cento in più di mortalità per ipertensione, 335 per cento in più di tumore alla vescica nelle donne. Sono dati, credo, eclatanti. Ci sono già questi inquinanti, già la popolazione di Spinetta ha subito questi danni. Vogliamo creare una sommatoria ancora con questa autorizzazione? I PFAS, tra l'altro, ci sono anche in altre regioni, in Lombardia, nel fiume Lura, nel fiume Olona, in Brianza, già noti dal 2013; a Mariana Mantovana, sotto la discarica, sono stati trovati PFAS nella falda; a Mariana c'è il gestore della provincia di Mantova, Tea, che prendeva i fanghi direttamente da Trissino, dalla Miteni, e li trattava in maniera piuttosto inopportuna presso questa discarica; è stata una segnalazione del MoVimento 5 Stelle a fermare l'invio di questi fanghi che, appunto, erano fanghi intrisi di PFAS in questa discarica. Ricordo che il sindaco di Mantova, quello che detiene il 70 per cento delle quote di Tea, il sindaco Mattia Palazzi, non si era assolutamente accorto di questa schifezza che noi abbiamo interrotto. Alla Indecast, al depuratore di Castiglione delle Stiviere arrivavano i percolati del depuratore civile di Trissino, anche qui trattati senza filtro, anche qui inquinamento delle falde. Bene questa rete, bene che a Spinetta, in queste Conferenze di servizi ci siano state le manifestazioni delle “Mamme no PFAS” del Veneto insieme con quelle del Piemonte e di Spinetta, una protesta per il buonsenso. Cosa me ne faccio della sciolina se non c'è più la neve perché è cambiato il clima? Quindi, devo inquinarmi, rischiare di non avere più figli, rischiare di non avere più futuro per produrre delle cose che ormai non devono avere più mercato.

L'Istituto superiore di sanità doveva condurre uno studio di coorte osservazionale residenziale insieme alla regione Veneto. Dall'audizione del luglio 2019 della dottoressa Dogliotti poi non abbiamo più avuto aggiornamenti: ci ha solamente detto che la delibera della regione è del 2016, ma poi la regione Veneto si è rifiutata di fornire questi dati; questo è un dato gravissimo, adesso ho chiesto una nuova audizione perché non ci sono più aggiornamenti. La dottoressa Dogliotti, così come chi l'ha preceduta, dottoressa Musmeci, hanno fatto le audizioni, poi sono andate in pensione, e quindi non si ha più una continuità su quello che stavano facendo. Molti lavoratori della Miteni chissà se riusciranno ad andarci in pensione a causa della salute compromessa. Uno studio dei dottori Girardi e Merler sui lavoratori hanno mostrato un aumento importante per esempio del tumore del fegato dovuta alle esposizioni. Poi ci sono gli studi del professor Foresta: per esempio, ridotta risposta ai vaccini dovuta ai Pfas, cioè quindi in periodo di pandemia devo ridurre la risposta a eventuali vaccini, che speriamo arrivino per il Coronavirus, per queste persone.

Si è visto che la letteratura dice che il 21 per cento di malattie cerebrovascolari sono aumentate in Veneto, il 17 per cento di mortalità cardiovascolare in Veneto. Si è vista, appunto, la preeclampsia. Il professor Foresta ci ha portato in Commissione ecomafie i dati di letteratura consolidati. Poi ci ha parlato dei dati di laboratorio: ci sono alterazioni sessuali importanti, riduzione delle dimensioni del pene del 10 per cento, osteoporosi, carie, alterazioni piastriniche importantissime, aggregazioni che possono favorire tromboembolia polmonare. Questi sono dati ancora in studio e di laboratorio, però, non essendoci dati contrastanti, penso che vadano considerati. È bene che i vari magistrati che stanno lavorando in questo momento se ne stanno occupando. Tra l'altro, per esempio, in Veneto la Mitsubishi sapeva perfettamente dal 1990 che c'erano problemi ambientali, gli studi della ERM Italia dal 1996, dal 2004 fu messa una barriera idraulica senza denunciare l'inquinamento alla Miteni di Trissino. Questi sono tutti dati piuttosto eclatanti sul fatto che alcune aziende, come la Miteni, che avevano l'obbligo di comunicare le notizie alle autorità non lo hanno fatto. Solo quando nel 2013 uscì lo studio, grande, sull'italiano, dell'IRSA-CNR che denunciava una situazione di inquinamento davvero importante. Addirittura la Mitsubishi nel 2008 chiese quanto costava smantellare e bonificare il sito, era una cifra di 18 milioni. Magari lo avesse fatto, perché poi dal 2008 invece lo stabilimento ha continuato per altri dieci anni a inquinare e ad avvelenare. Infatti poi cedette nel 2009 lo stabilimento alla Icig lussemburghese per un euro, chissà perché così poco. La Icig ha detto, in audizione, che ignoravano che ci fosse inquinamento. Quindi, ti vendono uno stabilimento per un euro, se non è inquinato.

Detto questo, proprio in questi giorni sono emerse novità ed è un caso che io sia qui oggi. Proprio ieri la procura di Vicenza ha chiuso le indagini bis sulla Miteni, e vengono chiamati in causa otto manager dirigenti della Miteni e della Icig lussemburghese che detenevano appunto le quote di Icig Italia per condotte di inquinamento ambientale che si sono protratte oltre il 2013. Quindi possono rientrare nella legge sugli ecoreati che alcuni gruppi attualmente al Governo hanno sostenuto e fatto approvare nella scorsa legislatura.

Una delle indagini importanti è quella sui fondi, sulla possibile bancarotta fraudolenta. È bene che la procuratrice Canova se ne stia occupando, che i sostituti De Munari e Blattner se ne stiano occupando, perché è chiaro che c'è tutto un aspetto finanziario che va assolutamente capito. Ci sono nuove sostanze alternative che l'Istituto Mario Negri propone per sostituire i Pfas. Ricordo che in questo periodo vuole partire la trivella del TAV tra Brescia e Padova, che dovrà trivellare anche la zona verso Vicenza ancora da bonificare dai Pfas. Non capisco che senso possa avere tutto questo. È da bonificare, e fai un'opera assolutamente inutile che non velocizzerà quel trasporto. Ci sono questi prodotti inutili ormai che hanno dei sostituti. Ho parlato della Convenzione di Stoccolma del 2009, che è quella che ha detto che i Pfas vanno limitati e vanno ristretti. Qui, invece, siamo alla sindrome di Stoccolma, forse, alla dipendenza patologica da un inquinante che crea morte, che crea infertilità, che ci blocca il futuro.

Per cui davvero invito il Ministero dell'Ambiente e il Governo a cercare di bloccare questo ampliamento a Spinetta Marengo, a dire basta a questi Pfas, basta.

(Chiarimenti in merito all'espressione del parere di competenza in ordine all'interesse culturale del ponte Marino, nel territorio comunale di Borgo Mantovano (Mantova) - n. 2-00896)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Anna Lisa Baroni e Gelmini n. 2-00896 (Vedi l'allegato A). L'onorevole Anna Lisa Baroni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

ANNA LISA BARONI (FI). La ringrazio, Presidente. Questa interpellanza riguarda una infrastruttura importante del mio territorio, del territorio della provincia di Mantova, e non deve sembrare strano che sia interpellato il Ministro per i Beni culturali perché è in corso un procedimento per l'acquisizione di un parere sull'interesse storico e culturale di questa infrastruttura. Il ponte Marino è un ponte di una lunghezza limitatissima, soltanto di 30 metri, ma che insiste su un'infrastruttura fluviale del mio territorio e si trova situato sulla statale 12, dell'Abetone e del Brennero, oggetto di rilevante flusso di traffico, importante per tutti i traffici economici di questo territorio. Essendo questo ponte danneggiato, l'ANAS ha disposto il traffico alternato già dall'estate del 2017, e il traffico alternato su questo ponte determina grossi problemi alla fluidità del traffico nel territorio. L'ANAS ha anche portato a termine il progetto, nel corso degli ultimi anni, della demolizione e ricostruzione di questo ponte, il progetto è già in fase esecutiva, e ha convocato la conferenza di servizi nei primi giorni del mese di settembre 2019, per poter arrivare, attraverso il procedimento semplificato della legge n. 241 del 1990, all'acquisizione di tutti i pareri delle autorità, degli istituti e delle istituzioni competenti, per poter poi procedere alla demolizione e ricostruzione. Va detto che, nel corso del procedimento, tutte le istituzioni coinvolte hanno dato un parere favorevole al progetto presentato dall'ANAS, quand'anche hanno presentato delle osservazioni, ma che non erano osservazioni ostative alla modalità della demolizione e della ricostruzione del ponte. Soltanto la sovrintendenza per i beni culturali competente per territorio, l'ultimo giorno prima del completamento dello spirare del termine per la fase di conferenza di servizi, ha fatto avere un parere negativo all'ANAS, dicendo che dal punto di vista della sovrintendenza non vi era rispetto delle modalità di costruzione che erano state quelle nei primi anni del Novecento di questo ponte, che è un'infrastruttura di bonifica - nel mio territorio sono numerosissime le infrastrutture di questo tipo -, e che la modalità di demolizione e di ricostruzione avrebbe dovuto essere più rispettosa delle modalità del costruito, facendo riferimento a quell'epoca storica. La sovrintendenza dice anche che è necessario, a suo parere, acquisire un parere dalla direzione competente del Ministero in ordine all'importanza storica di questo manufatto e alle modalità di demolizione e di ricostruzione. L'ANAS, pur non condividendo questa impostazione della problematica da parte della sovrintendenza, facendo presente, peraltro, che attraverso canali interni al Ministero la sovrintendenza avrebbe potuto acquisire, all'interno del procedimento della conferenza di servizi, il parere del Ministero e che tutta la documentazione presente in atti avrebbe potuto determinare il Ministero nell'espressione del parere, sempre per un principio di semplificazione burocratica e di speditezza del procedimento amministrativo questo, segnalato dall'ANAS. L'ANAS però, rispettosa delle indicazioni poste dalla sovrintendenza, ha sospeso il procedimento e ha chiesto al Ministero il parere. Questo, in base alle informazioni a nostra disposizione, è avvenuto nei primi giorni del febbraio 2020 e il Ministero ha 120 giorni a disposizione per l'emanazione del parere.

Data la situazione complessa di tutta quella parte del territorio, sulla quale insistono numerose infrastrutture, numerosi ponti, quasi tutti in condizioni critiche, l'ANAS a metà aprile, ancora nelle more del procedimento, quindi a termine non spirato, ha segnalato al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo - al gabinetto del Ministro - l'esigenza di una speditezza e di un eventuale parere precedente allo spirare del termine di 120 giorni, in considerazione della situazione nella quale si trova il territorio, anche perché nel frattempo l'infrastruttura ovviamente non migliora le proprie condizioni; sono infatti in atto continui lavori di osservazione e anche di rafforzamento della struttura, che si teme possano portare alla chiusura del traffico dei carichi pesanti durante il corso del presente mese di agosto.

Questa infrastruttura - va segnalato - è estremamente importante per diverse ragioni. Come ho già detto, è importante per quanto riguarda la fluidità del traffico, del traffico delle merci, in quanto unisce due parti di territorio, unisce parti di territorio, tra le quali per esempio il distretto medicale di Mirandola, che sono molto importanti. Su questa infrastruttura spesso si trovano a transitare dei carichi eccezionali, che per la loro altezza possono trovare la possibilità di percorso e di raggiungere un'area rispetto ad un'altra senza trovare infrastrutture e ponti che possano impedire il traffico. Ecco quindi l'importanza di acquisire velocemente il parere del Ministero rispetto a questa infrastruttura ed ecco la ragione fondamentale di questa interpellanza, con cui si chiede se il Ministero intenda dare questo parere, anche tenuto conto della circostanza che il termine dei 120 giorni è già spirato.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Lorenza Bonaccorsi, ha facoltà di rispondere.

LORENZA BONACCORSI, Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo. Signora Presidente, in riferimento all'interpellanza in oggetto e al rilievo di inerzia dell'amministrazione avanzata da ANAS Spa, si rappresenta che la società ANAS, delegata dal Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po, non ha correttamente concluso la procedura di richiesta di verifica dell'interesse culturale, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 42 del 2004 sul sistema beni tutelati, né tantomeno sino ad oggi risulta pervenuta presso il competente segretariato regionale la necessaria documentazione cartacea; pertanto il relativo procedimento non risulta avviato.

Più in particolare si rappresenta che in data 13 gennaio 2020 la società ANAS ha richiesto alla Direzione generale archeologia belle arti e paesaggio il rilascio di nuove credenziali di accesso ai fini della formalizzazione dell'istanza di verifica dell'interesse culturale. In ottemperanza a tale richiesta, in data 23 gennaio 2020 il segretariato regionale per la Lombardia competente al rilascio ha fornito ad ANAS nuove credenziali di accesso per il sistema beni tutelati, al fine di procedere alla formalizzazione dell'istanza stessa. Tuttavia, come già detto, la richiesta di verifica sul sistema applicativo non è mai stata correttamente conclusa dall'ente, di conseguenza il relativo procedimento non risulta ancora avviato. Si fa presente, infatti, che come stabilito dai decreti del 6 febbraio 2004 e del 25 gennaio 2005, riportati anche sulla pagina “verifica dell'interesse culturale” del sito www.benitutelati.it, per avviare il procedimento di verifica è necessario che l'ente proceda in primo luogo all'invio informatico, nel caso di specie non effettuato, e successivamente che stampi dal sistema web gli elenchi e le schede descrittive e li trasmetta al segretariato regionale e per conoscenza alla sovrintendenza competente. Inoltre, il segretariato regionale della Lombardia riferisce che nessuna risposta è stata fornita da ANAS alle diverse e-mail inoltrate all'attenzione del responsabile per le comunicazioni di rito.

In ogni caso gli uffici competenti del Ministero e del segretariato regionale e della sovrintendenza sono a disposizione per fornire tutto il supporto necessario di cui la società ANAS possa aver bisogno al fine di concludere con successo la procedura in questione.

PRESIDENTE. L'onorevole Baroni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANNA LISA BARONI (FI). Presidente, non sono assolutamente soddisfatta. Verrebbe da dire, veramente, quousque tandem abutere patientia nostra, perché in questo caso si sta parlando di una mancanza di formalità, quando - sono certa di quello che ho scritto nella mia interpellanza - vi sono state comunicazioni ufficiali inviate al Ministero tramite PEC e anche a metà aprile le richieste che sono state avanzate dall'ANAS nei confronti del Ministero, sono state avanzate attraverso comunicazioni ufficiali che sono assolutamente pervenute al Ministero.

I cittadini mantovani si trovano in una situazione nella quale, peraltro, ricordo la situazione di svariate infrastrutture del loro territorio, tra le quali per esempio il ponte di San Benedetto sul Po, che è danneggiato e che è in fase di ricostruzione e c'è un contenzioso gravissimo tra la provincia di Mantova e l'impresa che si è resa appaltatrice delle opere, come anche il ponte sul Po di Revere, che avrebbe anche bisogno di essere completamente ricostruito. Ecco, in questo caso si tratta di un ponte, come ho detto, di 30 metri e ci si viene a dire in Aula oggi che non è stata correttamente presentata la domanda da parte di ANAS? Non mi risulta che vi siano state e-mail nei confronti di ANAS per chiedere chiarimenti e, comunque, andrò a fondo rispetto a questa informazione che il sottosegretario ha dato questa mattina.

In questa situazione gli unici che vengono danneggiati gravemente sono i cittadini di un territorio, dei quali io mi faccio portavoce, i quali devono scegliere forse tra la propria incolumità e il mettere in ginocchio economicamente il proprio territorio? Si ricordi che questo è un territorio che è già stato danneggiato dal sisma del 2012, che non aveva colpito solo l'Emilia-Romagna, nel quale peraltro ci sono state gravissime perdite umane. Sono stata nel mio precedente incarico elettivo come consigliere regionale della Lombardia sub-commissario alla ricostruzione, nominata dal governatore Maroni all'epoca, e quindi posso dire la fatica che queste popolazioni hanno compiuto per risollevarsi, ed oggi la ricostruzione da quel sisma è quasi all'85 per cento, quella di carattere privato, civili abitazioni e imprese; mancano nettamente tutte le infrastrutture di questo territorio.

Ecco, io ritengo, e mi faccio portatrice verso il Ministero, che non si possa venire in Aula, non si possa dire che l'ANAS non ha correttamente “uploadato” o caricato la procedura, o non ha formalmente svolto in maniera perfetta la propria procedura, quando ci sono le prove della richiesta di una sollecitazione al Ministero. Quello era il momento di mettersi in comunicazione gli uni con gli altri, quello era il momento di dare delle risposte nell'interesse dei cittadini italiani.

(Iniziative di competenza volte alla tutela del diritto di proprietà in relazione alla proroga al 31 dicembre 2020 della sospensione delle procedure esecutive di rilascio degli immobili disposta dalla legge di conversione del decreto-legge n. 34 del 2020 - n. 2-00879)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Mazzetti ed altri n. 2-00879 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Mazzetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ERICA MAZZETTI (FI). Presidente, grazie al sottosegretario qui in rappresentanza del Governo. Con il presente atto la sottoscritta con i colleghi cofirmatari interpellano su un tema ormai da diverso tempo affrontato da Forza Italia e dalla categoria di Confedilizia, sia con provvedimenti che tramite stampa, e - elemento di notevole interesse - da parte di numerosi proprietari immobiliari, il quale si rispecchia sui contratti di locazione di qualsiasi immobile abitativo e non abitativo. Infatti, nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, articolo 17-bis, è stata introdotta una norma che dispone la sospensione di tutte le procedure esecutive di rilascio degli immobili locati fino al 31 dicembre 2020. La sospensione era già in vigore dal 17 marzo per effetto decreto-legge “Cura Italia”, che l'aveva prevista dapprima fino al 30 giugno e poi fino al 1° settembre. Sono interessati tutti i contratti di affitto di tutte le procedure, sia per morosità che per finita locazione.

Si tratta di una misura di una gravità inaudita, della quale non avete certamente appieno valutato la portata. Si parla di una sospensione del diritto nel campo delle locazioni, vietando per quasi un anno - perché da marzo arriveremo a oltre il 1° gennaio 2021 - l'esecuzione di sentenze emesse dai giudici a tutela di numerosi cittadini che attendevano di entrare in possesso del proprio immobile essendo spirato il termine di durata del contratto ovvero il pagamento dei canoni.

Da un'elaborazione su dati dell'Agenzia delle entrate, risulta che il 57 per cento dei locatori sono persone fisiche che hanno un reddito fino a 26 mila euro: fino a 10 mila euro, i contribuenti sono circa 955 mila; e da 10 mila a 26 mila euro solo oltre 1 milione e mezzo. Visto che Forza Italia, da quando è stata dichiarata la pandemia da Coronavirus, si è sempre - e dico sempre - dimostrata opposizione costruttiva e collaborativa per il bene del popolo italiano, allora vi proponiamo di valutare, oltre all'annullamento di tutte le tasse sui proprietari immobiliari, ad esempio l'Irpef, IMU, che è una vera e propria patrimoniale occulta insieme alla Tasi, oggi unificate con la legge di bilancio del 2020 in una tassa unica municipale, la possibilità di introdurre anche un'indennità in favore dei proprietari interessati dalla sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili sulla base dell'articolo 103, comma 6, del decreto-legge del 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge, al fine di dare a tali soggetti un conforto rispetto alla sottrazione della disponibilità per circa dieci mesi del bene immobile posseduto oggetto di provvedimento del giudice che ne autorizzava la liberazione; indennità in questione da erogare in una tantum. Faccio un esempio di come potrebbe essere fatta questa cosa: potrebbe ammontare ad una cifra pari a circa 2 mila euro ciascuno, ed in questo caso il costo della misura per lo Stato da introdurre si può quantificare in circa 200 milioni di euro, stimato anche sulla base del numero delle richieste di esecuzione fornite dal Ministero dell'Interno per le procedure di rilascio. Il tutto da eseguire in modo selettivo, valutando i veri casi di necessità, preso atto anche, poi, di un parere al mio ordine del giorno al “decreto Rilancio”, di pochi giorni fa, in cui proponevo l'opportunità a valutare, nell'emanazione dei futuri provvedimenti - e ora abbiamo il “decreto Semplificazione” al Senato e il “decreto Agosto”, che penso sia questione di ore venga definito nel Consiglio dei ministri , potrebbero essere questi i casi - di un equo indennizzo per i proprietari immobiliari che sono stati penalizzati dalle disposizioni da voi introdotte con l'articolo 17.

Detto quanto sopra, e anche più volte intervenuta e su questo argomento riparlato, tutti noi chiediamo quali urgenti iniziative i Ministri interpellati intendono assumere per ripristinare la tutela del diritto di proprietà, per noi inviolabile, e disporre forme di ristoro per i proprietari interessati dalla sospensione.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato Lorenza Bonaccorsi ha facoltà di rispondere.

LORENZA BONACCORSI, Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo. Grazie, signora Presidentessa. Gli onorevoli interpellanti, dopo aver evidenziato le criticità derivanti dalle disposizioni di cui all'articolo 17-bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, introdotte in sede di conversione, ed in particolare dalla sospensione di tutte le procedure esecutive di rilascio fino al 31 dicembre 2020, chiedono ai Ministri della Giustizia, dell'Economia e delle finanze e dell'Interno quali urgenti provvedimenti intendano assumere per ripristinare la tutela del diritto di proprietà e disporre forme di ristoro per i proprietari interessati dalla sospensione.

In sede di conversione del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, le esigenze segnalate dagli interpellanti sono state portate all'attenzione del Governo con diversi ordini del giorno, in particolare con l'ordine del giorno n. 9/2500-AR/305. Il Governo è stato chiamato a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine, nell'ambito dei prossimi provvedimenti di carattere normativo, di rivedere l'articolo 17-bis del decreto in esame, che prevede la proroga della sospensione dell'esecuzione degli sfratti di immobili ad uso abitativo e non abitativo, anche bilanciando con appositi indennizzi le perdite subite dai proprietari degli immobili che non possono entrare in possesso della loro proprietà privata, per non penalizzare i proprietari immobiliari, i quali non sono una categoria di privilegiati, ma hanno fatto investimenti con sacrifici.

In questa sede non posso che ribadire l'impegno del Governo a verificare con attenzione gli effetti delle norme su richiamate e a valutare quindi l'opportunità di adottare misure che garantiscano in ogni caso un ragionevole bilanciamento tra le opposte esigenze dei conduttori e dei proprietari di immobili, come, ad esempio, potrebbero essere forme di compensazione fiscale e/o misure di incentivazione alla sottoscrizione di canoni agevolati e di rinegoziazione dei medesimi.

PRESIDENTE. L'onorevole Mazzetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ERICA MAZZETTI (FI). Grazie, Presidente, e grazie anche al sottosegretario Bonaccorsi, per essere venuta qui a leggermi la risposta di quest'interpellanza, che da troppo tempo non è soddisfacente per quanto riguarda tutto il tema del contratto di locazione. Sono anche molto meravigliata, perché proprio ieri sera, non più tardi alle 17,30, il sottosegretario Giorgis, con la specifica di sottosegretario alla Giustizia, con le competenze in merito, mi aveva garantito che sarebbe stato presente a rispondere a quest'interpellanza, benché negli ultimi giorni sia stata più volte sollecitata da funzionari e membri del Governo a ritirare quest'interpellanza, e già questo credo che sia molto grave e anche una mancanza di rispetto istituzionale verso tutte le forze politiche, a maggior ragione di noi di opposizione. Vengo al punto, però avevo piacere di ribadire questa cosa, perché l'ho subito personalmente come un'ingiustizia, che non è corretta non tanto nei miei confronti ma nei confronti del popolo italiano, visto che noi siamo stati eletti dal popolo italiano, ma anche di tutte queste persone che da troppo tempo sono tartassate, sono “impugnate” e non hanno una risposta concreta.

Mi fa, però, molto piacere che il sottosegretario Bonaccorsi qui dia anche una garanzia di quanto da noi chiesto insieme a Confedilizia, a tanti proprietari immobiliari, ma anche inquilini di buone iniziative, e abbia finalmente convenuto che siano necessarie delle formule di compensazione per questi mancati introiti, perché sappiamo benissimo poi che non si è voluto ascoltare il nostro consiglio, fin dall'inizio, di togliere le tasse ai proprietari immobiliari; penso all'Irpef, che poteva essere tranquillamente tolta, posticipata. Fra l'altro, i proprietari immobiliari, anche se non ricevono il compenso dell'affitto, sono ugualmente costretti a pagare queste tasse. Penso a posticipare l'IMU e la Tasi nella rata del 16 giugno scorso, che poi a ottobre ce ne sarà un'altra, che non è stato fatto, però più volte, anche nelle varie iniziative pubbliche, il Presidente del Consiglio e vari sottosegretari, davanti a telecamere, al presidente della stessa Confedilizia, davanti a Confindustria e a tante altre associazioni, nelle varie osservazioni, ha sempre detto di voler trovare un rimedio.

Ora bisogna passare ai fatti, perché non possiamo più aspettare. Tutto il buon impegno vostro lo capiamo, ma non possiamo più aspettare. Abbiamo dei provvedimenti nell'immediato, cerchiamo di sfruttarli. Io auspico che quanto detto da lei, anche ascoltando le nostre richieste, venga immediatamente preso in considerazione e venga immediatamente inserito nel prossimo decreto, che adesso è in discussione al Senato, che è il “decreto Semplificazione”, e non con un discorso futuristico, ma nell'attualità, perché ora i proprietari immobiliari - che poi non sono, come ho detto prima, persone che hanno degli introiti così alti, o che si voglia per forza punire una categoria che secondo molti della maggioranza sono privilegiati rispetto ad altri - abbiano una risposta. È finito il momento di tanti discorsi che fate, anche in questo campo, è il momento di azioni forti. Noi vi diamo un'altra opportunità, che è quella di questi decreti, dopo di quella dobbiamo agire in modo diverso.

Noi, sicuramente, come dicevo prima, Forza Italia è sempre stata collaborativa non tanto per il Governo ma per il popolo italiano che ha subito e subirà una crisi socio-economica di entità eccessiva e, proprio per questo, vogliamo essere collaborativi; vi abbiamo dato dei consigli, nel mese di agosto, se volete, siamo ancora a disposizione per darvi altri consigli. La cosa fondamentale è passare dai discorsi alle azioni e avete tutti i modi per poterlo fare.

(Iniziative di competenza volte a contrastare un uso fraudolento, a vantaggio dei lavoratori immigrati, della sanatoria prevista dal decreto-legge n. 34 del 2020 - n. 2-00893)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Delmastro Delle Vedove e Lollobrigida n. 2-00893 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Delmastro Delle Vedove se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente Carfagna. Rainews24, con servizio del 29 luglio 2020, denunciava un uso fraudolento della improvvida e inopportuna sanatoria degli immigrati voluta dallo sciagurato tridente Bellanova-Catalfo-Conte. La sanatoria, che strumentalmente il suo Governo, sottosegretario, ha avanzato sul presupposto falso di voler aiutare il comparto agricolo, di rispondere alle esigenze del comparto agricolo, rappresenta in verità, anche per l'esito criminale finale, di cui parleremo dopo, un ulteriore clamoroso flop di questo Governo e non poteva che essere così. Infatti, se vi fosse minimamente interessato il problema del mondo agricolo, avreste attivato banalmente i corridoi verdi, come chiedeva Fratelli d'Italia e Giorgia Meloni, per i lavoratori agricoli provenienti dall'Est europeo formati nel tempo dalle nostre aziende, provvisti di regolare contratto di lavoro, provvisti di regolare contratto di affitto. Ma quelli sono immigrati che non possono andare bene per il Governo di centrosinistra, sono poco remunerativi, sottosegretario: lavorano, sono regolari, non alimentano la filiera spesso criminale del business dell'accoglienza contigua non certamente alla destra, probabilmente un po' più contigua al Governo italiano che voi indegnamente rappresentate. Allora, il messaggio è stato chiaro come sempre da parte vostra: sei un immigrato regolare con contratto regolare di lavoro e contratto d'affitto? Stai a casa tua perché a noi interessa sanare gli immigrati clandestini, gli irregolari. E allora avete sciaguratamente e immoralmente speso 550 milioni nel “DL Rilancio” per la sanatoria del Ministro Bellanova. Ripeto: 550 milioni per il rilancio dell'Italia. Come si rilancia con il Governo di centrosinistra? Provvedendo ad una sanatoria di clandestini. All'interno di quei 550 milioni, giacché dovevate dimostrare di essere veramente la sinistra più sinistra che si possa immaginare, 30 milioni erano postati per assumere velocemente 800 persone al Ministero dell'Interno perché la regolarizzazione degli immigrati non solo doveva avvenire ma doveva avvenire velocemente. È immondo pensare che ancora oggi ci siano degli italiani che aspettano la Cassa integrazione e che non vi sia neanche passato per l'anticamera del cervello di immaginare di assumere a tempo determinato persone all'INPS per erogare la Cassa integrazione a quegli italiani che, fino a ieri, hanno contribuito al benessere di questa nazione, mentre avete ritenuto opportuno spendere immediatamente 30 milioni di euro per assumere a tempo determinato persone al Ministero dell'Interno per velocizzare le regolarizzazioni. E, poiché avete deciso di regolarizzare la posizione di tutti coloro che fossero stati in Italia prima dell'8 marzo, anche clandestinamente, come Fratelli d'Italia abbiamo scoperto e cerchiamo di rappresentarvi l'ennesima sciagura terminale del provvedimento. In Italia, funziona che, all'ospedale di Vittoria, gli immigrati pagano 500 euro a conniventi che daranno loro una tessera sanitaria come straniero temporaneamente presente datata prima dell'8 marzo e poi, dietro un bel compenso di altri 4.000 euro a un patronato compiacente, potranno attivare la sanatoria nel pieno disprezzo della legalità. Questo è l'esito finale del vostro sciagurato provvedimento di natura ideologica.

Allora, con questa interpellanza, vorremmo tentare di indurre ad un minimo di resipiscenza quello sciagurato tridente che corrisponde al nome di Bellanova-Catalfo-Conte; chiedere se probabilmente non fosse stato meglio spendere 550 milioni nel “DL Rilancio” per gli italiani e non per gli immigrati, tanto meno per quelli clandestini irregolari, mantenendo fuori dai confini nazionali quelli regolari con contratto di lavoro, con contratto stagionale, con contratto d'affitto; chiedervi se, alla luce di questo servizio, sul quale si alimenta un ennesimo nuovo business sulla pelle degli immigrati, non vi venga in mente di recedere dall'insana folle idea di questa sanatoria per centinaia di migliaia di immigrati irregolari. Nel servizio peraltro, sottosegretario, non so se ha avuto la possibilità di vederlo o se fosse interessata - spero fosse un po' più interessata al servizio che alla mia interrogazione, dato che gioca con il cellulare e quindi evidentemente spero almeno sul servizio fosse più attenta - nel servizio c'era anche un immigrato che vi prendeva in giro, che dichiarava apertis verbis che stava facendo venire suoi parenti dalla Francia, chiedendogli 500 euro, per pagare il connivente criminale dell'ospedale di Vittoria che avrebbe erogato anche a loro una tessera sanitaria che testimoniasse che fossero in Italia prima dell'8 marzo, per poi andare da un bel patronato compiacente e ficcargli 4.000 euro dell'immigrato irregolare perché finalmente potesse essere regolarizzato sotto il sole del nuovo Governo Conte-Bellanova-Catalfo. Ora la domanda è: vi volete arrendere al fallimento della vostra sanatoria? Vi volete arrendere, almeno di fronte a questi fatti criminali eloquenti, al fatto che la vostra sanatoria si consuma oltretutto nuovamente sulla pelle degli immigrati che vengono sfruttati da una filiera criminale, che, ogni volta, che vede un immigrato, inizia a vedere nei suoi occhi il dollaro come Paperon de' Paperoni, ma è un dollaro non frutto del risparmio, ma frutto dello sfruttamento? Vi volete quindi arrendere a non essere più complici di chi tenta di trasformare l'Italia in un campo profughi non solo di chi proviene dalla Libia ma di chi è in Europa a vario titolo, a qualsivoglia titolo, perché li chiamano: venite in Italia che abbiamo un Governo che, in piena emergenza COVID per gli italiani, ha deciso di destinare 550 milioni per la sanatoria di immigrati irregolari e vi spieghiamo esattamente come criminalmente eludere quelle poche regole che quegli sciamannati hanno dato e poter approdare finalmente alla regolarizzazione. Ora tutti questi fallimenti e questi episodi terminali di natura financo criminale vi vorranno convincere a recedere dall'insano proposito di considerare la sanatoria di centinaia di migliaia di immigrati un elemento chiave del vostro “DL Rilancio”? Avevate già il monopattino per farvi ridere dietro come elemento chiave del “Rilancio”, ci dovevamo mettere pure gli immigrati clandestini? Allora, vi chiediamo se vogliate recedere; se vogliate indagare su questi fatti di natura criminale; se vogliate rivedere tutte le domande di regolarizzazione dei clandestini che, sciaguratamente, hanno avanzato in questo periodo dopo la sanatoria proposta dal trittico devastante per gli interessi nazionali Conte-Bellanova-Catalfo.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Lorenza Bonaccorsi, ha facoltà di rispondere.

LORENZA BONACCORSI, Sottosegretaria di Stato per i Beni e le attività culturali e per il turismo. Grazie, innanzitutto per specificare che io non gioco con il telefono ma controllo l'orario, quindi questo è bene metterlo agli atti.

Con riferimento alla presente interpellanza voglio preliminarmente precisare che la procedura di regolarizzazione introdotta dall'articolo 103 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito con la legge n. 77 del 2020, non consiste né in una sanatoria indiscriminata e generalizzata di rapporti di lavoro irregolari con migranti ma anche cittadini dell'Unione ed italiani né in una altrettanto indiscriminata sanatoria della presenza nel nostro territorio di migranti privi del permesso di soggiorno. Il provvedimento vuole contribuire a stabilizzare e rendere visibili e trasparenti i rapporti di lavoro già in essere prima del dilagare della pandemia in settori, come quello agricolo e domestico, nei quali tradizionalmente le persone sono più a rischio di sfruttamento e di privazione di ogni diritto anche il più elementare. Ciò premesso, evidenzio che, secondo quanto stabilito dall'articolo 103 del citato decreto-legge n. 34 del 2020, la dichiarazione di regolarizzazione può essere presentata dal datore di lavoro che intende concludere un contratto di lavoro con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare in corso con cittadini italiani, comunitari o con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, esclusivamente mediante procedura informatica.

Le domande sono acquisite dallo sportello unico per l'immigrazione competente per il luogo dove si svolgerà l'attività lavorativa. Pertanto, è lo sportello unico per l'immigrazione abilitato a riceverne l'istanza e tenuto a verificarne l'ammissibilità. Voglio ricordare infatti che l'istanza è poi sottoposta al controllo della questura, che, ai sensi dell'articolo 12, comma 5, del decreto, verifica l'ammissibilità dell'istanza e accerta l'insussistenza delle cause di rigetto, ovvero di motivi ostativi all'accoglimento della stessa. Successivamente, l'Ispettorato nazionale del lavoro esamina la documentazione relativa all'attività lavorativa svolta presentata dallo straniero. Successivamente, acquisiti i pareri favorevoli e l'eventuale documentazione integrativa, lo sportello unico convoca le parti per verificare la corrispondenza delle dichiarazioni rese sulla domanda telematica con quanto risulta dalla documentazione che dovrà essere esibita. Esauriti positivamente gli accertamenti descritti, il datore di lavoro e il lavoratore, sempre presso lo sportello unico, provvedono alla stipula del contratto di soggiorno sottoscrivendo il modello predisposto dal sistema informatico, che verrà stampato e consegnato alle parti. Con specifico riferimento alla vicenda richiamata dall'interrogante, svoltasi a Vittoria, il Ministero dell'Interno, espressamente interpellato, ha reso noto che sono attualmente in corso le indagini da parte delle Forze di polizia. Inoltre, secondo quanto appurato con la direzione sanitaria della locale azienda sanitaria provinciale, l'emissione delle cosiddette schede di temporanea presenza (STP) per gli immigrati extracomunitari irregolari risulta registrata secondo una procedura informatizzata a livello regionale e pertanto è tracciabile. Il Ministero dell'Interno ha riferito che detto procedimento, in vigore già da qualche anno, consente l'emissione di cosiddette schede di temporanea presenza, aventi numero progressivo, della validità di sei mesi, rinnovabili a ricorrere dei medesimi presupposti. Il Ministero dell'Interno, inoltre, ha fatto presente che è prevista a breve l'attivazione di un collegamento anche con l'anagrafe dei singoli comuni della provincia, così da consentire, in tempo reale, l'accertamento dell'esistenza di eventuali tentativi di frode.

Ciò detto, la misura di cui parliamo ha operato un attento bilanciamento tra gli interessi in gioco: da un lato ragioni umanitarie, sanitarie e di contrasto dello sfruttamento della manodopera migrante, italiana e comunitaria, che danneggia anche i livelli salariali di coloro che, compresi gli italiani, lavorano regolarmente; dall'altro, il principio di legalità e di rispetto delle regole vigenti, anche di natura comunitaria, sull'ingresso e il soggiorno in Italia.

Pertanto, concludo nel sottolineare l'importanza del rispetto della legge nazionale e sovranazionale, nonché l'assoluto impegno del Governo a combattere eventuali tentativi di frode.

PRESIDENTE. L'onorevole Delmastro Delle Vedove ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente Carfagna. Clamorosamente insoddisfatto. Nel complimentarmi con i suoi uffici per la risposta tecnicamente ineccepibile, stancamente, banalmente burocratica, volevo approfittarne per dirle quello che dovrebbe costituire l'elemento per cui poi lei, successivamente, dovrebbe cercare di balbettare timidamente una risposta politica. È chiaro agli italiani che l'occasione di vittoria della filiera criminale dietro alle sanatorie volute dal tridente devastante Bellanova-Catalfo-Conte era l'occasione per discutere delle serie di politiche immigrazioniste sciaguratamente volute da questo Governo, e su quello lei non ha balbettato una sola risposta.

PRESIDENTE. Onorevole Delmastro, utilizzi sempre un linguaggio rispettoso nei confronti del Governo.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Balbettare una risposta? Va bene.

PRESIDENTE. Lei lo sa meglio di me.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Beh, meglio di lei no di sicuro, perché per me balbettare non era certamente un'ingiuria. E giacché non sono balbuzienti, evidentemente non hanno dato una risposta, credo che così possa andare bene. L'occasione era di parlare del fatto che lei appartiene, e d'altro canto immagino la sua fatica titanica nel poter fornire una risposta a quest'Aula, al Governo di quel Giuseppi, che la notte si sveglia e dice: “Fermeremo gli immigrati irregolari”, ma è quel medesimo Giuseppi la cui maggioranza discute di ius soli, che mi pare alimentare il mondo della immigrazione irregolare. Lei appartiene a quel Governo di quel Giuseppi, un uomo per tutte le stagioni, colui che sa vestire un vestito al fianco della Boldrini e al fianco di Salvini senza soluzione di continuità e senza mai passare da un bagno di legittimazione popolare, per rimanere imbullonato quelle poltrone che buona parte della sua maggioranza avrebbero dovuto cancellare. È quell'uomo che, quando scopre improvvidamente, facendo un atterraggio sulla Terra, scopre che dal primo gennaio al 6 agosto 2020 - dati Ministero, non dati della sovranista Giorgia Meloni - in Italia sono sbarcati 14.832 migranti, irregolari, clandestini rispetto ai 4 mila dell'anno scorso, allora decide che bisogna dare una brusca sterzata all'immigrazione; però, è il medesimo Giuseppi la cui maggioranza lavora giorno e notte per disarticolare, assieme a lei, i “decreti Sicurezza” e quindi per riaprire i nostri porti alle ONG fiancheggiatrici degli scafisti, fiancheggiatrici dei trafficanti di esseri umani. Lei, appartiene al Governo di quel Giuseppi Conti che proclama in termini roboanti che fermerà l'immigrazione e immagina di fermarla con 550 milioni di sanatoria Bellanova a favore dei migranti irregolari, dei clandestini, diretta a coloro che non avevano titolo per soggiornare fino all'8 marzo in Italia. Lei appartiene a quel Governo di quel Giuseppi Conti che racconta agli italiani che vuol fermare i clandestini, ma che posta 30 milioni - immondi, ignobili, vergognosi! - per velocizzare le sanatorie, perché mentre in Italia gli italiani, che fino a ieri hanno contribuito con il loro lavoro alla ricchezza nazionale, ancora aspettando la erogazione della cassa integrazione dall'INPS, perché abbiamo scarsità di risorse umane, le risorse umane al Ministero dell'interno le recuperate, assumendo 800 persone, per velocizzare la regolarizzazione degli immigrati irregolari! È tanto dirvi: “Ogni tanto pensate anche agli italiani?” Per sbaglio, come un orologio rotto che, una volta al giorno, segna l'ora esatta; come un orologio rotto, una volta provate l'ebbrezza di pensare agli italiani, e non solo agli immigrati.

Lei appartiene a quel Governo, al Governo di quel Giuseppi, fatalmente sdoppiato, che mentre ci racconta che fermerà i migranti, mette a disposizione la nave Azzurra, la nave da crociera Azzurra, 4 milioni di euro, perché la quarantena gli italiani, forse secondo le regole indicate dal vostro Comitato tecnico scientifico, che adesso state finalmente desecretando, la facevano a Milano, in alloggi di 30 metri quadri; gli immigrati, all'epoca del Giuseppi, li fanno sulle navi da crociera Azzurra, 4 milioni di euro. Non me lo posso permettere neanche io di andare sulla nave da crociera Azzurra, in tempi di normalità.

Ecco, questo è il Governo Giuseppi, che lei rappresenta e quindi mi rendo conto che è un'impresa titanica, per lei, offrire una risposta, se non balbettarla, perché potrebbe essere irriverente. E lo capisco, perché è una delle tante maschere pirandelliane della commedia di questo Governo, di un Governo che non ha una sola idea, ma che si serve di mille idee per rimanere ancorato al Governo. È il Governo che una mattina è pro immigrazione e il giorno dopo è anti immigrazione, però realizza l'anti immigrazione con le navi da crociera.

E il sipario, caro sottosegretario, si sta chiudendo su questa commedia pirandelliana dalle mille maschere senza un solo volto, perché bisogna indossarne tante di maschere, per governare senza soluzione di continuità con la Boldrini e con Salvini, come se fossero intercambiabili. Ce ne vogliono, di maschere, per governare il 5 giugno del 2018 dicendo: “Fermeremo il business dell'immigrazione” e per dire, ad agosto 2020, «Disarticoleremo i “decreti Sicurezza”». Ce ne vogliono tante di maschere, ma sta calando il sipario su quella commedia pirandelliana di cui lei è una degli epigoni, indossando anche lei la sua dovuta maschera pirandelliana, e il sipario si chiude su questa commedia, il cui titolo è Usurpatori di democrazia. Non sentirete applausi alla fine di questa commedia, ma fischi, lazzi e frizzi, perché gli italiani sanno che, se si vuole fermare gli sbarchi irregolari, quella raffica di sbarchi irregolari di clandestini che poi entrano nei centri di permanenza e scappano a frotte di centinaia, pur anche contagiati dal COVID-19, scorrazzando liberi e indisturbati per l'Italia, flagellando quegli italiani che voi avete tenuto agli arresti domiciliari, senza colpe e senza pena, per dei mesi, bene, se si vuole fermare quegli immigrati, come dice uno dei due Giuseppi, quel personaggio bipolare che non si sa mai cosa racconta dalla sera alla mattina, eh beh, non si parla di ius soli, eh beh, non si studia come disarticolare i decreti “Sicurezza”, eh beh, non si fanno sanatorie di 550 milioni destinati agli immigrati irregolari, magari si usano quei soldi per pagare le casse integrazioni.

Eh beh, non si usano 4 milioni per affittare la nave Azzurra per far fare agli immigrati irregolari la quarantena in crociera, perché tutto ciò alimenta il business dell'immigrazione, alimenta l'immigrazione, costituisce una calamita per l'immigrazione, costituisce la dichiarazione soverchia che volete trasformare l'Italia nel campo profughi dell'intera Europa, ma si realizza magari il blocco navale, come chiede Giorgia Meloni, personaggio politico senza maschere ma con un volto, e Fratelli d'Italia da qualche anno a questo Governo. Il resto è commedia, la peggiore commedia che gli italiani hanno mai visto. Sta calando il sipario e fra poco gli italiani vi daranno il benservito, per mandarvi non dico sull'altra parte delle coste libiche ma almeno per mandarvi a casa, perché sono stanchi di commedianti che non servono una solo idea ma che si servono di mille idee per rimanere lì, senza avere un'unità di intenti e raccontandoci un giorno che sono per l'immigrazione e un giorno contro l'immigrazione e quando sono contro l'immigrazione sono contro mettendo a loro disposizione navi da crociera.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 31 agosto 2020 - Ore 14:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 30 luglio 2020, n. 83, recante misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 deliberata il 31 gennaio 2020. (C. 2617-A)

Relatore: RIZZO NERVO.

La seduta termina alle 12,30.

ERRATA CORRIGE

      Nel resoconto stenografico della seduta dell'11 febbraio 2020:

- a pagina 2, seconda colonna, la ventiduesima riga si intende interamente sostituita dalla seguente: "C. Gnasso, da Milano,".