XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 10 settembre 2020

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 10 settembre 2020.

      Amitrano, Ascani, Ascari, Azzolina, Battelli, Boccia, Bonafede, Boschi, Brescia, Buffagni, Carbonaro, Carfagna, Casa, Castelli, Cirielli, Colletti, Comaroli, Covolo, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Maria, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Fantuz, Fassino, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgis, Grimoldi, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuzzi, Lollobrigida, Losacco, Lupi, Maggioni, Maniero, Marattin, Mauri, Melilli, Molinari, Morani, Morassut, Nardi, Orrico, Palmisano, Parolo, Perantoni, Rampelli, Rizzo, Rosato, Rospi, Ruocco, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tateo, Tofalo, Tomasi, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zoffili.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

      Amitrano, Ascani, Ascari, Azzolina, Battelli, Boccia, Bonafede, Boschi, Brescia, Buffagni, Carbonaro, Carfagna, Casa, Castelli, Cirielli, Colletti, Comaroli, Covolo, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Maria, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Fantuz, Fassino, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgis, Grimoldi, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuzzi, Lollobrigida, Losacco, Lupi, Maggioni, Maniero, Marattin, Mauri, Melilli, Molinari, Morani, Morassut, Nardi, Orrico, Palmisano, Parolo, Perantoni, Rampelli, Rizzo, Rosato, Rospi, Ruocco, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tateo, Tofalo, Tomasi, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

      In data 9 settembre 2020 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa della deputata:
          CRISTINA: «Modifica all'articolo 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, in materia di efficacia temporale dell'autorizzazione paesaggistica» (2653).

      Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

      La proposta di legge BITONCI: «Disposizioni in materia di determinazione del reddito d'impresa e di destinazione di una quota del gettito dell'imposta sul reddito delle società alle regioni» (2597) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Badole, Bazzaro, Bianchi, Billi, Bubisutti, Cavandoli, Cecchetti, Coin, Covolo, Dara, Durigon, Ferrari, Fogliani, Foscolo, Gastaldi, Gava, Giacometti, Gobbato, Golinelli, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Lazzarini, Legnaioli, Lucchini, Murelli, Patassini, Patelli, Potenti, Pretto, Racchella, Ribolla, Vinci, Zoffili e Zordan.

Trasmissioni dal Senato.

      In data 9 settembre 2020 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza i seguenti disegni di legge:
          S. 1169. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica argentina sulla cooperazione in materia di sicurezza, fatto a Buenos Aires l'8 maggio 2017» (approvato dal Senato) (2654);
          S. 1220. – «Ratifica ed esecuzione dell'Emendamento al Protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, adottato a Kigali il 15 ottobre 2016» (approvato dal Senato) (2655);
          S. 1221. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica gabonese, fatto a Roma il 17 maggio 2011» (approvato dal Senato) (2656);
          S. 1763. – «Ratifica ed esecuzione dello Scambio di Lettere tra la Repubblica italiana e la Santa Sede sull'assistenza spirituale alle Forze Armate, fatto a Roma e nella Città del Vaticano il 13 febbraio 2018, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno ad obbligazioni internazionali contratte con la Santa Sede» (approvato dal Senato) (2657).

      Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

      A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

          III Commissione (Affari esteri):
      S. 1086. – «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione nel settore della difesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica argentina, fatto a Roma il 12 settembre 2016» (approvato dal Senato) (2631) Parere delle Commissioni I, II, IV, V e X.

          VI Commissione (Finanze):
      VARCHI ed altri: «Agevolazioni tributarie in favore della popolazione residente nelle isole di Lampedusa e Linosa» (2496) Parere delle Commissioni I, V, IX, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
      BITONCI: «Disposizioni in materia di determinazione del reddito d'impresa e di destinazione di una quota del gettito dell'imposta sul reddito delle società alle regioni» (2597) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

          IX Commissione (Trasporti):
      BENDINELLI ed altri: «Disciplina del volo da diporto o sportivo» (2493) Parere delle Commissioni I, II, IV, V, VI, VII, X, XII e XIV.

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

      La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.  87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
      in data 14 agosto 2020, sentenza n.  194 del 9 luglio – 12 agosto 2020 (Doc. VII, n.  527),
          con la quale:
              dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 64, comma 1, della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n.  8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2018. Legge di stabilità regionale), nella parte in cui prevede il transito dei soggetti ivi indicati con contratto a tempo indeterminato, anche parziale, presso la Resais spa;
              dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 23 della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2019, n.  1 (Disposizioni programmatiche correttive per l'anno 2019. Legge di stabilità regionale), nella parte in cui prevede il transito di soggetti titolari di contratto di lavoro a tempo determinato presso la Resais spa con contratto di lavoro a tempo indeterminato;
              dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 75, commi 2 e 3, della legge della Regione Siciliana n.  8 del 2018, nella parte in cui non prevede il rispetto dei limiti di spesa di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n.  122;
              dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 75, comma 4, della legge della Regione Siciliana n.  8 del 2018, promossa, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
              dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 75, commi 2, 3 e 4, della legge della Regione Siciliana n.  8 del 2018, promossa, in riferimento all'articolo 81 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
              dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 31, commi 1 e 2, della legge della Regione Siciliana n.  1 del 2019, promosse, in riferimento agli articoli 51, 81, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
              dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 22 della legge della Regione Siciliana 16 ottobre 2019, n.  17 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l'anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie), promossa, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
              dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 22 della legge della Regione Siciliana n.  17 del 2019, promosse, in riferimento agli articoli 81 e 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri: alla XI Commissione (Lavoro);
      in data 2 settembre 2020, sentenza n.  199 del 21 luglio – 2 settembre 2020 (Doc. VII, n.  528),
          con la quale:
              dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14 della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2019, n.  1 (Disposizioni programmatiche correttive per l'anno 2019. Legge di stabilità regionale);
              dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14 della legge della Regione Siciliana n.  1 del 2019, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'articolo 51 della Costituzione;
              dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 26, comma 2, della legge della Regione Siciliana n.  1 del 2019, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'articolo 81 della Costituzione;
              dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 11 della legge della Regione Siciliana n.  1 del 2019, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli articoli 51 e 97, quarto comma, della Costituzione
              dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 26, comma 2, della legge della Regione Siciliana n.  1 del 2019, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione;
              dichiara estinto il processo, limitatamente alle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 22, commi 2 e 3, della legge della Regione Siciliana n.  1 del 2019, promosse, dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli articoli 51 e 97, quarto comma, della Costituzione: alla XI Commissione (Lavoro).

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

      Il Parlamento europeo ha trasmesso le seguenti risoluzioni, approvate nella tornata dall'8 al 10 luglio 2020, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
          Risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle informazioni elettroniche sul trasporto merci (Doc. XII, n.  678) – alla IX Commissione (Trasporti);
          Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n.  1303/2013 per quanto riguarda le risorse per la dotazione specifica per l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (Doc. XII, n.  679) – alla XI Commissione (Lavoro);
          Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2017/2454 per quanto riguarda le date di applicazione a causa della crisi della COVID-19 (Doc. XII, n.  680) – alla VI Commissione (Finanze);
          Risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme specifiche per quanto riguarda la direttiva 96/71/CE e la direttiva 2014/67/UE sul distacco dei conducenti nel settore del trasporto su strada e che modifica la direttiva 2006/22/CE per quanto riguarda gli obblighi di applicazione e il regolamento (UE) n.  1024/2012 (Doc. XII, n.  681) – alla IX Commissione (Trasporti);
          Risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n.  561/2006 per quanto riguarda gli obblighi minimi in materia di periodi di guida massimi giornalieri e settimanali, di interruzioni minime e di periodi di riposo giornalieri e settimanali e il regolamento (UE) n.  165/2014 per quanto riguarda il posizionamento per mezzo dei tachigrafi (Doc. XII, n.  682) – alla IX Commissione (Trasporti);
          Risoluzione legislativa sulla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (CE) n.  1071/2009, (CE) n.  1072/2009 e (UE) n.  1024/2012 per adeguarli all'evoluzione del settore del trasporto su strada (Doc. XII, n.  683) – alla IX Commissione (Trasporti);
          Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che, in considerazione della pandemia di COVID-19, stabilisce misure temporanee circa i termini per le fasi di raccolta, verifica ed esame di cui al regolamento (UE) 2019/788 riguardante l'iniziativa dei cittadini europei (Doc. XII, n.  684) – alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
          Risoluzione legislativa sulla proposta di decisione del Consiglio che modifica le direttive (UE) 2017/2455 e (UE) 2019/1995 per quanto riguarda le date di recepimento e di applicazione a causa della crisi della COVID-19 (Doc. XII, n.  685) – alla VI Commissione (Finanze);
          Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/1628 per quanto riguarda le disposizioni transitorie al fine di far fronte agli effetti della crisi della COVID-19 (Doc. XII, n.  686) – alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e IX (Trasporti);
          Risoluzione legislativa sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'esecuzione di sperimentazioni cliniche con medicinali per uso umano contenenti organismi geneticamente modificati o da essi costituiti e destinati alla cura o alla prevenzione della malattia da coronavirus e relativo alla fornitura di tali medicinali (Doc. XII, n.  687) – alla XII Commissione (Affari sociali);
          Risoluzione sulla sottrazione internazionale e nazionale di minori dell'Unione europea da parte di uno dei genitori in Giappone (Doc. XII, n.  688) – alla III Commissione (Affari esteri);
          Risoluzione sui diritti delle persone con disabilità intellettive e delle loro famiglie durante l'emergenza COVID-19 (Doc. XII, n.  689) – alla XII Commissione (Affari sociali);
          Risoluzione concernente la posizione del Consiglio sul progetto di bilancio rettificativo n.  5/2020 dell'Unione europea per l'esercizio finanziario 2020 – Prosecuzione del sostegno ai rifugiati e alle comunità di accoglienza in risposta alla crisi siriana in Giordania, Libano e Turchia (Doc. XII, n.  690) – alla III Commissione (Affari esteri);
          Risoluzione sul progetto di regolamento di esecuzione della Commissione che modifica il regolamento di esecuzione (UE) n.  540/2011 per quanto riguarda la proroga dei periodi di approvazione delle sostanze attive beflubutamid, benalaxyl, benthiavalicarb, bifenazato, boscalid, bromoxynil, captan, ciazofamid, dimetomorf, etefon, etoxazole, famoxadone, fenamifos, flumiossazina, fluoxastrobin, folpet, formetanato, metribuzin, milbemectin, Paecilomyces lilacinus ceppo 251, phenmedipham, fosmet, pirimifosmetile, propamocarb, prothioconazole e s-metolachlor (Doc. XII, n.  691) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
          Risoluzione sulla revisione degli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee (Doc. XII, n.  692) – alla X Commissione (Attività produttive);
          Risoluzione su una politica integrata dell'Unione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo – Piano d'azione della Commissione e altri sviluppi recenti (Doc. XII, n.  693) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

      La Commissione europea, in data 9 settembre 2020, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, il documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna il documento comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – La protezione dei dati come pilastro dell'autonomia dei cittadini e dell'approccio dell'Unione europea alla transizione digitale: due anni di applicazione del regolamento generale sulla protezione dei dati (SWD(2020) 115 final), che è assegnato, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla II Commissione (Giustizia), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione di nomine ministeriali.

      La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 30 luglio e 3, 6, 19 e 20 agosto 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, le seguenti comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi dei commi 4, 5-bis e 6 del medesimo articolo 19, di incarichi di livello dirigenziale generale, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle sottoindicate Commissioni:
          al dottor Fabio Italia, l'incarico di direttore centrale per le risorse finanziarie, nell'ambito del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, del Ministero dell'interno;
          alla II Commissione (Giustizia) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero della giustizia:
              al dottor Roberto Tartaglia, l'incarico di vice capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
          alla V Commissione (Bilancio) la comunicazione concernente i seguenti incarichi nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze:
              al dottor Roberto Ciciani, l'incarico di direttore della Direzione VI – interventi finanziari nell'economia, nell'ambito del Dipartimento del tesoro;
              alla dottoressa Loredana Durano, l'incarico di direttore dell'Ufficio centrale del bilancio presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;
              al dottor Pier Paolo Italia, l'incarico di ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la contabilità e la finanza pubblica, nell'ambito del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;
              alla dottoressa Gelsomina Vigliotti, l'incarico di direttore della Direzione IV – rapporti finanziari internazionali, nell'ambito del Dipartimento del tesoro;
              alla dottoressa Elena Comparato, l'incarico di direttore del Servizio affari legali e contenzioso, nell'ambito del Dipartimento del tesoro;
          alla VI Commissione (Finanze) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze:
              al dottor Stefano Cappiello, l'incarico di direttore della Direzione V – regolamentazione e vigilanza del sistema finanziario, nell'ambito del Dipartimento del tesoro;
          alla VII Commissione (Cultura) la comunicazione concernente i seguenti incarichi nell'ambito del Ministero dell'istruzione:
              al dottor Antimo Ponticiello, l'incarico di direttore della Direzione generale per lo studente, l'inclusione e l'orientamento;
              al dottor Filippo Serra, l'incarico di direttore della Direzione generale per il personale scolastico;
          alla IX Commissione (Trasporti) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti:
              all'ingegnere Fausto Fedele, l'incarico di direttore della Direzione generale territoriale del Centro, nell'ambito del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale;
          alla XII Commissione (Affari sociali) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero della salute:
              al dottor Giovanni Rezza, l'incarico di direttore della Direzione generale della prevenzione sanitaria.

Atti di controllo e di indirizzo.

      Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1883 – CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 16 LUGLIO 2020, N.  76, RECANTE MISURE URGENTI PER LA SEMPLIFICAZIONE E L'INNOVAZIONE DIGITALE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2648)

A.C. 2648 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

      La Camera,
          in sede di esame del disegno di legge di «Conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale»;
          premesso che:
              a seguito dell'emergenza sanitaria il Governo italiano ha dovuto assumere misure eccezionali per famiglie, cittadini ed imprese;
              già in sede di esame del disegno di legge recante «Conversione in legge del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», nonché in sede di esame del disegno di legge di «Conversione del decreto-legge 8 aprile 2020 n.  23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese», sono state proposte modifiche emendative che esonerassero dal pagamento delle imposte municipali i fabbricati rientranti nei gruppi catastali C/l, D/2, D/3, D/6 e D/8;
              in seguito, il decreto-legge 19 maggio 2020, n.  34, convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n.  77, aveva previsto l'esenzione Imu per gli alberghi e le altre strutture ricettive, mentre l'Imu sulla seconda casa era rimasta invariata per le altre categorie, compresi i contribuenti privati;
              il decreto-legge 14 agosto 2020, n.  104 ha disposto che diverse attività commerciali e produttive non dovranno pagare la seconda rata dell'Imu, la cui scadenza era prevista per il 16 dicembre, in particolare, l'articolo 78, al comma 3, ha cancellato l'imposta municipale per il 2021 e il 2022 per gli immobili della categoria catastale D/3, ossia, le sale cinematografiche, i teatri e le sale concerto; inoltre, è stata aumentata la quota di ristoro per compensare le minori entrate che le amministrazioni comunali faranno registrare in seguito alla cancellazione della seconda rata dell'Imu, di 85,95 milioni di euro per il 2020 e di 9,2 milioni di euro per il 2021;
              tali interventi risultano, tuttavia, parziali e limitati rispetto alla gravità della crisi economica in atto, ritenendo necessario – al fine di mitigare gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19 – intervenire a sostegno di tutti i contribuenti in difficoltà gravati dall'onere di corrispondere i tributi locali considerato l'attuale rallentamento dell'intero sistema Paese,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa di competenza che consenta di prevedere erga omnes il rinvio della seconda rata Imu in scadenza il prossimo dicembre 2020 al 31 marzo 2021 e, contestualmente, statuire un'opzione di pagamento in nove rate periodiche mensili a partire da aprile 2021.
9/2648/1. Gusmeroli, Bitonci, Cantalamessa, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Alessandro Pagano, Tarantino.


      La Camera,
          in sede di esame del disegno di legge di «Conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale»;
          premesso che:
              a seguito dell'emergenza sanitaria il Governo italiano ha dovuto assumere misure eccezionali per famiglie, cittadini ed imprese;
              già in sede di esame del disegno di legge recante «Conversione in legge del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», nonché in sede di esame del disegno di legge di «Conversione del decreto-legge 8 aprile 2020 n.  23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese», sono state proposte modifiche emendative che esonerassero dal pagamento delle imposte municipali i fabbricati rientranti nei gruppi catastali C/l, D/2, D/3, D/6 e D/8;
              in seguito, il decreto-legge 19 maggio 2020, n.  34, convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n.  77, aveva previsto l'esenzione Imu per gli alberghi e le altre strutture ricettive, mentre l'Imu sulla seconda casa era rimasta invariata per le altre categorie, compresi i contribuenti privati;
              il decreto-legge 14 agosto 2020, n.  104 ha disposto che diverse attività commerciali e produttive non dovranno pagare la seconda rata dell'Imu, la cui scadenza era prevista per il 16 dicembre, in particolare, l'articolo 78, al comma 3, ha cancellato l'imposta municipale per il 2021 e il 2022 per gli immobili della categoria catastale D/3, ossia, le sale cinematografiche, i teatri e le sale concerto; inoltre, è stata aumentata la quota di ristoro per compensare le minori entrate che le amministrazioni comunali faranno registrare in seguito alla cancellazione della seconda rata dell'Imu, di 85,95 milioni di euro per il 2020 e di 9,2 milioni di euro per il 2021;
              tali interventi risultano, tuttavia, parziali e limitati rispetto alla gravità della crisi economica in atto, ritenendo necessario – al fine di mitigare gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19 – intervenire a sostegno di tutti i contribuenti in difficoltà gravati dall'onere di corrispondere i tributi locali considerato l'attuale rallentamento dell'intero sistema Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa di competenza che consenta di prevedere erga omnes il rinvio della seconda rata Imu in scadenza il prossimo dicembre 2020 al 31 marzo 2021 e, contestualmente, statuire un'opzione di pagamento in nove rate periodiche mensili a partire da aprile 2021.
9/2648/1.    (Testo modificato nel corso della seduta) Gusmeroli, Bitonci, Cantalamessa, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Alessandro Pagano, Tarantino.


      La Camera,
          premesso che nell'ambito delle sinergie del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, come previsto dall'articolo 2-ter e, più in generale, nell'ambito delle procedure per l'incentivazione degli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture di cui all'articolo 2, ricadono quelli relativi alle ferrovie;
          ricordato che priorità degli investimenti pubblici è certamente anche la messa in sicurezza della viabilità, potendo articolare progetti che coinvolgano il superamento delle criticità viarie anche recependo le sollecitazioni degli enti locali sul tema,

impegna il Governo

in linea con le finalità di cui all'articolo 9 del provvedimento in esame, a prevedere la possibilità, anche nell'ambito dei predetti interventi, qualora vi siano passaggi a livello all'interno di centri storici di città con popolazione superiore a 75.000 abitanti, di derogare alle tempistiche allungate di azionamento del passaggio a livello previste per l'implementazione della nuova normativa di sicurezza previa motivata richiesta del comune corredata da opportuna relazione tecnica.
9/2648/2. Claudio Borghi, Locatelli, Zoffili, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Maturi, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge all'esame dell'Assemblea all'articolo 31, prevede norme in materia di lavoro agile al fine di semplificare e favorire l'offerta dei servizi in rete della pubblica amministrazione;
              l'articolo 18 della legge 22 maggio 2017, n.  81, definisce il lavoro agile (o smart working) quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale;
              durante la prima fase emergenziale connessa alla pandemia da Covid-19 il lavoro agile ha rappresentato una valida soluzione al duplice fine di ridurre il rischio di contagio e mantenere in attività numerose realtà lavorative;
              con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 marzo 2020 è stata prevista la possibilità per i datori di lavoro su tutto il territorio nazionale di ricorrere al lavoro agile per la durata dello stato di emergenza per ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi generali dettati dalla legge citata, anche in assenza di accordi individuali; anche con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020 è stato raccomandato il massimo utilizzo della modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
              ulteriori rilevanti interventi in tema di lavoro agile sono intervenuti con l'articolo 87 del decreto-legge 17 marzo 2020, n.  18 (meglio noto come «Cura Italia») convertito con legge del 24 aprile 2020, n.  27, e con l'articolo 90 del decreto-legge 19 maggio 2020, n.  34 (cosiddetto «decreto Rilancio») convertito con legge 17 luglio 2020, n.  77;
              in vista del termine dello stato di emergenza originariamente previsto per il 31 luglio, il Governo ha ritenuto opportuno coinvolgere il Parlamento nella discussione sulla necessità di disporre una proroga, facendo votare una risoluzione che impegna si Governo a definire come termine ultimo per lo stato di emergenza nazionale il 15 ottobre 2020. A seguito dell'esito della votazione, con decreto-legge 30 luglio 2020, n.  83, il Consiglio dei ministri ha deliberato la proroga dello stato di emergenza nei termini concordati. Da ciò consegue l'estensione dell'efficacia delle disposizioni già richiamate in materia di lavoro agile al 15 ottobre 2020 per i lavoratori del settore privato (e comunque non oltre il 31 dicembre 2020 per i lavoratori del settore pubblico);
              la Ministra del lavoro e delle politiche sociali Nunzia Catalfo, in una recente intervista a Il sole 24 ore, ha dichiarato di aver convocato un tavolo con le parti sociali per il 24 settembre poiché la normativa sul lavoro agile, seppur di recente introduzione, ha necessità di essere rafforzata e aggiornata, anche alla luce della diffusione che ha avuto lo strumento: ha altresì specificato che «la semplificazione delle procedure e la deroga all'accordo individuale sono strettamente correlati al regime di eccezionalità in cui ci siamo trovati a vivere e lavorare negli ultimi mesi. Con il progressivo ritorno alla normalità, sarà necessario recuperare la ratio dello smart working, cioè quella di gestione flessibile e per obiettivi del rapporto di lavoro slegato da precisi vincoli di spazio e tempo»;
              per affrontare intelligentemente la crisi in atto e trasformarla in opportunità dovremo dirigerci verso un modo completamente diverso di intendere il lavoro, valutato sulla base del risultato;
              secondo il Rapporto annuale 2020 l'emergenza sanitaria ha repentinamente imposto il passaggio al lavoro a distanza in molti settori, così che il 12,6 per cento ha lavorato in casa a marzo (+8,1 punti in un anno), il 18,5 per cento ad aprile (+14,1 punti) e il 20,1 per cento a maggio (+15,4 punti); nel report si legge che la stima dell'ampiezza potenziale del lavoro da remoto, basata sulle caratteristiche delle professioni, potrebbe raddoppiare, sino a contare 8,2 milioni di occupati (il 35,7 per cento) con professioni che lo consentirebbero. Escludendo alcune professioni per le quali si può considerare che il lavoro da remoto sia preferibile solo in situazioni di emergenza (ad esempio gli insegnanti nei cicli di istruzione primaria e secondaria), si individuerebbero circa 7 milioni di occupati che potrebbero lavorare a distanza: 4,1 milioni tra le professioni che richiedono supervisione e 2,0 milioni tra quelle ad elevata autonomia;
              l'Istat evidenzia che nonostante in Italia l'organizzazione del lavoro sia ancora rigida, l'esperimento del lavoro agile, bruscamente accelerato dall'emergenza sanitaria, ha messo in evidenza le potenzialità dello strumento, al netto delle criticità legale all'ampio divario digitale che caratterizza il Paese e alle cautele legale agli squilibri tra lavoro e spazi privati;
              a fronte di un vantaggio in termini di riduzione dei tempi di spostamento e stress psico-fisico legato al pendolarismo, riduzione del rischio di incidenti stradali, riduzione dell'inquinamento ambientale, risparmio economico per il lavoratore, dovrà comunque essere prestata attenzione al rischio che il confine tra tempi di lavoro e tempi di vita diventi labile e al diritto alla disconnessione,

impegna il Governo

          a valutare l'opportunità di incentivare il ricorso al lavoro agile sia nel settore privato che in quello pubblico oltre il termine dello stato di emergenza così come attualmente prorogato al 15 ottobre 2020 e oltre il termine ultimo, per i dipendenti pubblici, del 31 dicembre 2021, attraverso l'intervento di una riforma strutturale che promuova nuovi approcci per orientare correttamente l'innovazione e l'uso delle tecnologie coinvolte;
          a valutare l'opportunità di predisporre un indirizzo politico adeguato che regolamenti la libera scelta del lavoro agile per il lavoratore sia nel settore pubblico che in quello privato, l'uso degli strumenti informatici, la sicurezza informatica aziendale, l'organizzazione e gli obiettivi, le modalità di controllo a distanza, l'adozione di un codice disciplinare e che garantisca il diritto alla disconnessione dei lavoratori.
9/2648/3. Bologna, Rospi, De Giorgi, Vizzini, De Toma.


      La Camera,
          in sede di conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
          premesso che:
              il decreto legislativo n.  42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) prevede il preventivo ottenimento della autorizzazione paesaggistica per tutti gli interventi edilizi che ricadono nelle aree urbane dei comuni inseriti in parchi nazionali, regionali, ecc;
              il procedimento autorizzativo di tali interventi edilizi, limitatamente per l'acquisto della preventiva autorizzazione da parte della soprintendenza ai fini di poter procedere successivamente alla redazione del progetto edilizio, ha un iter di almeno 120 giorni che spesso diventano 180, in caso di richiesta di integrazioni, anche per interventi minimali, come l'apertura o chiusura di una finestra o il cambio del colore di tinteggiatura dell'abitazione o il cambio del tipo di tegole di un tetto;
              spesso il cittadino proponente l'intervento si sottopone al giudizio di commissioni che in più di un caso compiono valutazioni soggettive e limitano le legittime aspettative progettuali del proprietario;
              è da evidenziare che quasi sempre l'autorizzazione paesaggistica in ambito urbano riguarda normali edifici che non hanno alcuna importanza paesaggistica o sono comunque inseriti in un contesto dove vigono altri strumenti di tutela come l'abaco dei centri storici;
              nei comuni che hanno l'intero territorio urbano sottoposto a vincolo di cui al comma 1, lettera f), dell'articolo 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, ossia «i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi», almeno un quarto del personale degli uffici comunali di urbanistica/edilizia privata è dedicato a tali pratiche e una semplificazione del procedimento amministrativo creerebbe una razionalizzazione della spesa pubblica;
              l'eliminazione del vincolo imposto dall'area parco per aree urbane delimitate come zone territoriali omogenee A e B ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n.  1444, come già avviene per altri vincoli, come le fasce costiere, dei fiumi e dei laghi, sarebbe un provvedimento di grande semplificazione che sbloccherebbe e velocizzerebbe molti interventi, a beneficio degli investimenti che generano PIL oltre che rendere più celeri interventi edilizi spesso di ristrutturazione che di fatto comportano un miglioramento dello stato dei luoghi urbani;
              occorre pertanto una modifica legislativa che preveda di lasciare il vincolo paesaggistico come già oggi imposto per l'esistenza dell'area parco, limitatamente per le zone cosiddette «di espansione» che spesso intaccano aree inedificate esterne all'abitato, ovvero le zone C (piani attuativi), le zone D (industriali) e le zone E (agricole), ed escludere dallo stesso vincolo paesaggistico le zone A e B, ovvero gli ambiti urbani, chiarendo che tali ambiti non sono sottoposti nei vincoli paesaggistici dei rispettivi enti parco,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative di carattere legislativo di modifica del comma 2 dell'articolo 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, escludendo il vincolo paesaggistico derivante dall'area parco per le aree urbanizzate e già tutelate da strumenti diversi, delle zone territoriali omogenee A e B, come delimitate ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n.  1444, come già avviene per altri vincoli come quelli imposti per le fasce costiere, dei fiumi e dei laghi.
9/2648/4. Tarantino, Lucchini, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Maturi, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


      La Camera,
          in sede di conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
          premesso che:
              l'articolo 9 reca disposizioni finalizzate: alla revisione, all'ampliamento e alla proroga della disciplina dei commissari straordinari previsti dal decreto «sblocca cantieri», prevedendo la procedura per l'individuazione degli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari, da affidare a Commissari straordinari per garantirne la celere realizzazione;
              tale articolo prevede altresì l'emanazione di ulteriori decreti del Presidente del Consiglio dei ministri entro il 31 dicembre 2020, con cui il Presidente del Consiglio dei ministri può individuare ulteriori interventi prioritari per i quali disporre la nomina di Commissari straordinari, consentendo ai Commissari medesimi di derogare, per l'approvazione e l'esecuzione dei lavori ad una serie di disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea;
              occorrerebbe prevedere la possibilità di utilizzare quanto previsto dall'articolo 9 del decreto semplificazioni anche per progetti di interesse pubblico portati avanti attraverso Accordi di Programma tra pubblico e privato con importanti ricadute economiche ed occupazionali ed attrazione di investimenti esteri soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia;
              un esempio dimostrativo di tale necessità rappresenta il progetto waterfront e porto turistico di Lamezia Terme, in stretta relazione con l'aeroporto internazionale di Lamezia Terme, da realizzare sulla base delle linee guida del Protocollo d'intesa promosso e coordinato dalla regione Calabria Assessorato Pianificazione Territoriale ed Urbanistica sottoscritto il 13 settembre 2019 ed approvato dalla Giunta Regionale con delibera del 30 dicembre 2019; il progetto è stato promosso da Lameziaeuropa e realizzato in collaborazione con investitori internazionali già individuati ed operativi sulla base del Masterplan Generale di Sviluppo presentato il 18 dicembre 2019 con risorse finanziarie totalmente private e con una ricaduta occupazionale diretta di 2000 unità;
              si segnala, inoltre, che il comune di Lamezia Terme rappresenta un esempio di blocco dello sviluppo, a causa della mancata eliminazione o riperimetrazione da parte del Ministero per i beni culturali dell'anacronistico vincolo paesaggistico ambientale di cui alla legge n.  1497 del 29 giugno 1939, ancora gravante sull'intera area industriale di Lamezia Terme che rappresenta un freno per l'applicazione della ZES e per gli investimenti delle imprese;
              tali vincoli paesaggistici insistono ancora su tante aree del Paese ormai industriali o portuali e ne impediscono lo sviluppo pur avendo perso ormai le finalità per le quali sono stati istituiti,

impegna il Governo>

          ad adottare le opportune iniziative affinché:
              a) l'articolo 9 del decreto semplificazioni, che prevede la nomina di Commissari straordinari per gli interventi ritenuti prioritari per il Paese, si possa applicare anche ai progetti di interesse pubblico rientranti negli Accordi di Programma tra pubblico e privato con importanti ricadute economiche ed occupazionali ed attrazione di investimenti esteri nel Mezzogiorno d'Italia, quale il progetto waterfront e porto turistico di Lamezia, in stretta relazione con l'aeroporto internazionale di Lamezia Terme;
              b) il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo con appositi decreti, provveda all'eliminazione o riperimetrazione dei vincoli paesaggistici, di cui ai decreti ministeriali di dichiarazione di notevole interesse pubblico emanati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n.  1497, che attualmente impediscono lo sviluppo produttivo, infrastrutturale e occupazionale delle aree interessate ormai rientrate o confinanti con aree industriali o portuali, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno d'Italia e all'utilizzo dei fondi strutturali europei, come quello gravante sull'intera area industriale di Lamezia Terme che rappresenta un freno per l'applicazione della ZES e per gli investimenti delle imprese.
9/2648/5. Furgiuele, Lucchini, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Maturi, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, attraverso una modifica dell'articolo 14 della legge n.  53 del 1990 estende l'elenco dei soggetti abilitati all'autenticazione delle sottoscrizioni previste dalla legislazione elettorale, aggiungendo gli avvocati iscritti all'albo, che abbiano comunicato la loro disponibilità all'ordine di appartenenza, tra coloro che potranno procedere all'autenticazione delle firme per la presentazione delle candidature dei membri del Parlamento, del Parlamento europeo, degli organi delle amministrazioni comunali, delle province e delle città metropolitane, nonché per la richiesta dei Referendum previsti dalla Costituzione;
              alle elezioni politiche del 4 marzo 2018, in via sperimentale ed eccezionali, erano stati autorizzati ad eseguire le autenticazioni delle sottoscrizioni delle candidature gli avvocati abilitati al patrocinio davanti alte giurisdizioni superiori, iscritti all'albo di un distretto della circoscrizione elettorale;
              i presentatori dell'ordine del giorno già in passato si erano fatti promotori della norma che ora è stata inserita nel presente decreto e che dunque diverrà legge, nell'identico testo dell'articolo 2, comma 2, lettera a), della proposta di legge Nesci ed altri recante «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.  361, concernente l'elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n.  570, concernente l'elezione degli organi delle amministrazioni comunali, nonché altre norme in materia elettorale e di referendum previsti dagli articoli 75 e 138 della Costituzione» (AC 543), approvata dalla Camera in prima lettura l'11 ottobre 2018 e ferma da tempo al Senato, in 1a Commissione Affari costituzionali (AS 859);
              gli avvocati si aggiungono così all'elenco dei soggetti già abilitati a legislazione vigente, ovvero ai notai, ai giudici di pace, ai cancellieri e ai collaboratori delle cancellerie delle Corti di appello dei tribunali, ai segretari delle procure della Repubblica, ai presidenti delle province, ai sindaci metropolitani, ai sindaci, agli assessori comunali e provinciali, ai componenti della conferenza metropolitana, ai presidenti dei consigli comunali e provinciali, ai presidenti e vice presidenti dei consigli circoscrizionali; ai segretari comunali e provinciali e ai funzionari incaricati dal sindaco e dal presidente della provincia, ai consiglieri provinciali, metropolitani e comunali che comunichino la propria disponibilità, rispettivamente, al presidente della provincia e al sindaco,

impegna il Governo

a dare ampia comunicazione agli Ordini professionali territoriali degli avvocati dell'avvenuta semplificazione per la vita democratica del Paese, in virtù della quale agli avvocati è ora attribuito il potere di autenticazione delle sottoscrizioni delle candidature dei membri del Parlamento, del Parlamento europeo, degli organi delle amministrazioni comunali, delle province e delle città metropolitane, nonché per la richiesta dei referendum previsti dalla Costituzione.
9/2648/6. Vinci, Cavandoli.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 16 del decreto-legge reca disposizioni per facilitare l'esercizio del diritto di voto degli italiani all'estero nel Referendum costituzionale del 20 e 21 settembre;
              il voto degli italiani all'estero si configura come un voto per posta, dal momento che l'elettore all'estero riceve dai consolati un plico contenente la scheda elettorale, il cedolino antifalsificazione, una busta bianca dove inserire la scheda votata, una busta grande preaffrancata per il rispedire la scheda votata ed il cedolino elettorale;
              la scheda elettorale non è timbrata ed è stampata su carta comune, ed il cedolino antifalsificazione, di fatto, è un codice alfanumerico che, durante lo scrutinio, il Presidente di seggio dovrebbe verificare nel registro che corrisponda all'elettore;
              la scheda elettorale, infatti, viene inviata digitalmente ai consolati che, a loro discrezione, appaltano la stampa delle schede in copisterie locali non garantendo la certezza che il file con la grafica della scheda e dei cedolini anti falsificazione non vengano illegalmente copiati per permettere a terzi di stampare ulteriori schede elettorali e ulteriori talloncini antifalsificazione falsi; come spesso si è poi verificato, e come risulta verbalizzato dai rappresentanti di lista anche nelle ultime elezioni del 2018, il Presidente di seggio, durante lo scrutinio dei voti nei seggi speciali adibiti per scrutinare i voti degli Italiani all'estero, raramente controlla – prima dell'inserimento della busta nell'urna – la corrispondenza del codice antifalsificazione con l'elettore nel registro, e quindi l'autenticità del voto non viene accertata;
              per limitare la possibilità di voti falsi, basterebbe applicare un'etichetta olografica sul talloncino antifalsificazione e prevedere la medesima carta filigranata delle schede nazionali per la stampa delle schede elettorali per gli elettori all'estero, in luogo della carta comune, utilizzando la poligrafica dello Stato, senza eccessivi ulteriori costi a carico dello Stato, poiché il costo per le schede elettorali per l'estero andrebbe ad ammortizzarsi sulla produzione totale visto che maggiori quantità di filigrana comportano un minor prezzo al kilogrammo, così come una produzione massima in poligrafica sarebbe complessivamente inferiore a scheda rispetto al costo in singole tipografie identificate dai consolati sul posto, essendo i lotti produttivi decisamente inferiori,

impegna il Governo

ad applicare un'etichetta olografica sul talloncino antifalsificazione e a prevedere l'utilizzo della poligrafica dello Stato per la stampa delle schede elettorali per gli elettori all'estero, utilizzando la medesima carta filigranata usata per le elezioni politiche nazionali, al fine di contrastare la falsificazione delle schede elettorali e dei cedolini antifalsificazione.
9/2648/7. Formentini, Iezzi.


      La Camera,
          esaminato il decreto-legge n.  76 del 2020, recante misure urgenti per la semplificazione e rinnovazione digitale;
          premesso che:
              il provvedimento in esame prevede disposizioni di semplificazione in materia di interventi su progetti o impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile sia esistenti che nuovi;
              le imprese del settore agro-energetico contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi europei in materia di economia circolare diretti a salvaguardare e a migliorare la qualità dell'ambiente e a garantire un utilizzo efficiente e razionale delle risorse naturali;
              la direttiva del Ministero dello sviluppo economico del 15 aprile 2020 ha previsto lo stanziamento di fondi dedicati alle imprese che investono nel settore industriale e nell'ambito della Green Economy;
              ad Invitalia è stato affidato il compito di sostenere, attraverso contratti di sviluppo, progetti agroindustriali volti alla realizzazione di progetti di investimento nel settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli;
              le imprese che realizzano impianti dedicati alla produzione di biometano per autotrazione attraverso lo sviluppo di infrastrutture e tecnologie volte alla produzione di biocarburanti dovrebbero essere inserite a pieno titolo tra quelli finanziati attraverso i Contratti di Sviluppo per la realizzazione di programmi di investimento industriali e agroindustriali,

impegna il Governo

nell'ottica di contribuire alla riduzione delle emissioni inquinanti nel settore dei trasporti ad incentivare l'utilizzo del biometano come carburante per i trasporti agricoli e a prevedere nei Contratti di Servizio, la realizzazione dei progetti di produzione di biometano per autotrazione e le attività di produzione dello stesso
9/2648/8. Pezzopane.


      La Camera,
          premesso che:
              in conseguenza dell'emergenza sanitaria da Covid-19 e dell'esigenza di garantire alle imprese la lavorazione delle numerose pratiche presentate e ancora giacenti presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nel provvedimento in esame all'articolo 40, comma 12-bis, è previsto uno slittamento al 30 novembre del termine per la conclusione dei procedimenti di accorpamento delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, termine introdotto dal citato comma 1 dell'articolo 61 del decreto-legge 14 agosto 2020, n.  104;
              l'articolo 61 del decreto-legge 14 agosto 2020, n.  104 stabilisce che tutti i procedimenti di accorpamento delle Camere di commercio, pendenti alla data di entrata in vigore del provvedimento si concludono con l'insediamento degli organi della nuova camera di commercio entro e non oltre il termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso provvedimento. La scadenza di tale termine comporta la decadenza, con successiva nomina di un commissario straordinario, degli organi delle camere di commercio che non hanno completato il processo di accorpamento, ad esclusione del collegio dei revisori dei conti. Si prevede la decadenza, sempre ad esclusione del collegio dei revisori dei conti, anche degli organi delle Camere di commercio in corso di accorpamento che sono scaduti alla data di entrata in vigore del provvedimento stesso, con successiva nomina di un commissario straordinario;
              il nuovo termine indicato nel provvedimento in esame appare non sufficiente a garantire una ordinata riorganizzazione dell'intero sistema camerale e alla sua governance complessiva anche in termini di rappresentanza e salvaguardia delle specifiche realtà territoriali, ed il fatto che la norma escluda l'applicazione del regime di prorogatio previsto dall'articolo 38 della legge n.  273 del 2002, che prevede che in caso di ritardo nell'insediamento dei nuovi consigli delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, al fine di dare continuità alla attività degli organi, la cui composizione assicura la tutela degli interessi economici rappresentati dalle imprese, i consigli continuano ad esercitare le loro funzioni fino ad un massimo di sei mesi a decorrere dalla loro scadenza, concorre a dare una ingiustificata accelerazione al faticoso processo di riorganizzazione che il sistema camerale italiano sta portando avanti, penalizzando l'intero sistema camerale italiano in quanto un mese dopo l'entrata in vigore del citato decreto-legge, consiglio e giunta della maggior parte delle Camere di commercio decadrebbero con la relativa nomina alla guida dell'ente di un commissario straordinario nominato dal ministero dello Sviluppo economico, facendo così venire meno,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di predisporre, con il primo provvedimento utile, uno strumento legislativo che permetta alle Camere di commercio di continuare il processo di riorganizzazione con una tempistica che garantisca la salvaguardia delle tipicità territoriali al servizio delle imprese e del mondo produttivo e la tutela degli interessi economici rappresentati dalle imprese.
9/2648/9. Nardi, Maglione.


      La Camera,
          premesso che:
              in conseguenza dell'emergenza sanitaria da Covid-19 e dell'esigenza di garantire alle imprese la lavorazione delle numerose pratiche presentate e ancora giacenti presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nel provvedimento in esame all'articolo 40, comma 12-bis, è previsto uno slittamento al 30 novembre del termine per la conclusione dei procedimenti di accorpamento delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, termine introdotto dal citato comma 1 dell'articolo 61 del decreto-legge 14 agosto 2020, n.  104;
              l'articolo 61 del decreto-legge 14 agosto 2020, n.  104 stabilisce che tutti i procedimenti di accorpamento delle Camere di commercio, pendenti alla data di entrata in vigore del provvedimento si concludono con l'insediamento degli organi della nuova camera di commercio entro e non oltre il termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso provvedimento. La scadenza di tale termine comporta la decadenza, con successiva nomina di un commissario straordinario, degli organi delle camere di commercio che non hanno completato il processo di accorpamento, ad esclusione del collegio dei revisori dei conti. Si prevede la decadenza, sempre ad esclusione del collegio dei revisori dei conti, anche degli organi delle Camere di commercio in corso di accorpamento che sono scaduti alla data di entrata in vigore del provvedimento stesso, con successiva nomina di un commissario straordinario;
              il nuovo termine indicato nel provvedimento in esame appare non sufficiente a garantire una ordinata riorganizzazione dell'intero sistema camerale e alla sua governance complessiva anche in termini di rappresentanza e salvaguardia delle specifiche realtà territoriali, ed il fatto che la norma escluda l'applicazione del regime di prorogatio previsto dall'articolo 38 della legge n.  273 del 2002, che prevede che in caso di ritardo nell'insediamento dei nuovi consigli delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, al fine di dare continuità alla attività degli organi, la cui composizione assicura la tutela degli interessi economici rappresentati dalle imprese, i consigli continuano ad esercitare le loro funzioni fino ad un massimo di sei mesi a decorrere dalla loro scadenza, concorre a dare una ingiustificata accelerazione al faticoso processo di riorganizzazione che il sistema camerale italiano sta portando avanti, penalizzando l'intero sistema camerale italiano in quanto un mese dopo l'entrata in vigore del citato decreto-legge, consiglio e giunta della maggior parte delle Camere di commercio decadrebbero con la relativa nomina alla guida dell'ente di un commissario straordinario nominato dal ministero dello Sviluppo economico, facendo così venire meno,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di predisporre uno strumento legislativo che permetta alle Camere di commercio di continuare il processo di riorganizzazione con una tempistica che garantisca la salvaguardia delle tipicità territoriali al servizio delle imprese e del mondo produttivo e la tutela degli interessi economici rappresentati dalle imprese.
9/2648/9.    (Testo modificato nel corso della seduta) Nardi, Maglione.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1, comma 5-ter, del provvedimento in esame introduce un'importante semplificazione per l'affidamento ai Confidi vigilati dalla Banca d'Italia della gestione di fondi pubblici di agevolazione per le piccole e medie imprese ponendo le basi per un più rapido accesso di queste ultime a risorse che sono fondamentali per sostenerne le attività in un periodo di forte crisi economica generale;
              il ruolo dei confidi ha trovato ulteriori riconoscimenti con l'approvazione, durante gli iter di conversione prima del decreto-legge n.  23 del 2020 e n.  34 del 2020, di emendamenti parlamentari volti rispettivamente a:
                  consentire la patrimonializzazione dei fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi pubblici, con esclusione di quelli derivanti dalle attribuzioni annuali di cui alla legge n.  108 del 1996 esistenti alla data del 31 dicembre 2019;
                  stabilire, con un intervento nel Testo unico bancario (decreto legislativo n.  385 del 1993) che, fermo restando l'esercizio prevalente dell'attività di garanzia, i confidi iscritti nell'albo possono concedere altre forme di finanziamento sotto qualsiasi forma, ai sensi dell'articolo 106, comma 1, dello stesso TUB;
              in merito al punto a) sopra indicato, la norma (articolo 13, comma 1, lettera n-bis), del decreto-legge n.  23 del 2020, convertito con la legge n.  40 del 2020) prevede che la patrimonializzazione possa avvenire, al fine di rafforzare il supporto all'emergenza da COVID-19, previa autorizzazione della Commissione europea su notifica dell'Italia,

impegna il Governo

ad avviare il processo di notifica di cui in premessa nei tempi più brevi possibili, al fine di rafforzare la dotazione patrimoniale dei Confidi e di potenziarne la capacità di sostenere le piccole e medie imprese.
9/2648/10. Bonomo, Nardi.


      La Camera,
          premesso che:
              in Italia esiste oggi una situazione di forte criticità in relazione al processo di riesame delle Autorizzazioni Integrate Ambientali, cioè dei provvedimenti autorizzativi necessari per l'esercizio di impianti industriali in sicurezza dal punto di vista ambientale (emissioni nell'aria, nell'acqua e nel suolo);
              ai sensi dell'articolo 29-octies, comma 3, del decreto legislativo 152/2006, la scadenza per l'aggiornamento delle autorizzazioni degli impianti che rientrano nel campo di applicazione delle migliori tecniche disponibili (Best Available Technologies – BAT) dei metalli non ferrosi è il 30 giugno 2020, alla scadenza del quattro anni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della UE della Decisione di esecuzione (UE) 2016/1032 della Commissione relativa alle conclusioni sulle BAT per le industrie dei metalli non ferrosi;
              gli iter di riesame da parte delle autorità competenti (Regioni o Province) sono stati avviati con forte ritardo, a metà dicembre 2019, e in alcuni casi non lo erano stati ancora a metà febbraio 2020;
              il quadro è diventato ancora più preoccupante a causa dell'emergenza da COVID-19 e del rallentamento, se non della sospensione, di tutte le attività sia delle amministrazioni che delle imprese;
              considerando che alcuni interventi soprattutto in riferimento all'installazione e alla messa in esercizio del sistemi di monitoraggio delle emissioni in atmosfera richiedono tempistiche minime di sei mesi, molti gestori si sono trovati nell'impossibilità di adeguarsi entro la scadenza del 30 giugno 2020;
              ad oggi alcune autorità (regioni e province) hanno stabilito delle proroghe nell'ambito COVID-19 con il formarsi, anche all'interno dei territori regionali, di un quadro non uniforme a livello nazionale dal quale deriva una situazione di forte incertezza dei gestori;
              gli stessi enti locali hanno posto l'esigenza di questa proroga attraverso il documento unitario della Conferenza delle regioni, dell'Unione delle province italiane e dell'ANCI indirizzato al Governo sul decreto semplificazioni,

impegna il Governo

a valutare con urgenza l'opportunità di introdurre nel prossimo provvedimento utile la proroga di 180 giorni del termine di cui all'articolo 29-octies, comma 3, del decreto legislativo 152/2006, in modo da dare certezza ai gestori materialmente impossibilitati a rispettare la scadenza del 30 giugno 2020 nel contesto descritto in premessa.
9/2648/11. Braga.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame reca misure volte alla semplificazione in materia di contratti pubblici;
              al fine di accelerare gli interventi e la realizzazione delle opere pubbliche in Italia, il provvedimento prevede la possibilità di nominare per le opere prioritarie identificate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dei commissari straordinari;
              la strada statale n.  7 Matera-Ferrandina rappresenta una delle arterie più importanti della regione Basilicata, perché mette in collegamento la città dei sassi con il capoluogo di regione, e rientra nell'opera di collegamento tra l'A14 e l'A3 denominata collegamento mediano Murgia-Pollino;
              ancora una volta la strada statale n.  7 Matera-Ferrandina è stata esclusa dalle opere prioritarie segnalate dal Governo, nonostante l'importanza che l'arteria ha per la Basilicata;
              senza gli opportuni interventi, già finanziati per circa 60 milioni di euro, e con l'aumento del traffico veicolare, il tratto in questione è diventato una strada di grande pericolosità, un vero e proprio imbuto che rallenta le comunicazioni e le rende rischiose,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire tra le opere prioritarie per le quali è prevista la nomina di commissari straordinari anche la strada statale n.  7 Matera-Ferrandina.
9/2648/12. Rospi.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame di conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              nello specifico tra le differenti misure introdotte, si apportano numerose modifiche al Codice della strada, in materia di: definizione di strade e corsie ciclabili e di zone scolastiche; possibilità dei comuni di istituire il doppio senso ciclabile;
              nel testo si dispone tra le facoltà dei comuni, con ordinanza del sindaco, quella di stabilire il «doppio senso ciclabile» su strade classificate di tipo E, E-bis, F o F-bis, ove il limite massimo di velocità sia inferiore o uguale a 30 km/h ovvero su parte di una zona a traffico limitato: i velocipedi possano circolare anche in senso opposto all'unico senso di marcia prescritto per tutti gli altri veicoli, lungo la corsia ciclabile per doppio senso ciclabile presente sulla strada stessa. La facoltà può essere prevista indipendentemente dalla larghezza della carreggiata, dalla presenza e dalla posizione di aree per la sosta veicolare e dalla massa dei veicoli autorizzati al transito;
              inoltre viene introdotta la definizione di corsia ciclabile per doppio senso ciclabile valicabile e ad uso promiscuo, idonea a permettere la circolazione sulle strade urbane dei velocipedi in senso contrario a quello di marcia degli altri veicoli e contraddistinta dal simbolo del velocipede;
              si tratta di una norma che abbinata al dilagare, spesso indiscriminato delle zone 30 rischia di causare, se non incentivare comportamenti pericolosi a discapito dell'incolumità di pedoni e automobilisti che circoleranno a distanza pericolosamente ravvicinata con veicoli in contromano,

impegna il Governo

ad adottare, nei prossimi provvedimenti utili, norme atte a garantire la sicurezza di pedoni, ciclisti e automobilisti in funzione delle nuove modifiche introdotte al codice della strada e citate in premessa.
9/2648/13. Montaruli, Prisco, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame di conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              nello specifico tra le differenti misure introdotte, si apportano numerose modifiche al Codice della strada, in materia di: definizione di strade e corsie ciclabili e di zone scolastiche; possibilità dei comuni di istituire il doppio senso ciclabile;
              nel testo si dispone tra le facoltà dei comuni, con ordinanza del sindaco, quella di stabilire il «doppio senso ciclabile» su strade classificate di tipo E, E-bis, F o F-bis, ove il limite massimo di velocità sia inferiore o uguale a 30 km/h ovvero su parte di una zona a traffico limitato: i velocipedi possano circolare anche in senso opposto all'unico senso di marcia prescritto per tutti gli altri veicoli, lungo la corsia ciclabile per doppio senso ciclabile presente sulla strada stessa. La facoltà può essere prevista indipendentemente dalla larghezza della carreggiata, dalla presenza e dalla posizione di aree per la sosta veicolare e dalla massa dei veicoli autorizzati al transito;
              inoltre viene introdotta la definizione di corsia ciclabile per doppio senso ciclabile valicabile e ad uso promiscuo, idonea a permettere la circolazione sulle strade urbane dei velocipedi in senso contrario a quello di marcia degli altri veicoli e contraddistinta dal simbolo del velocipede;
              si tratta di una norma che abbinata al dilagare, spesso indiscriminato delle zone 30 rischia di causare, se non incentivare comportamenti pericolosi a discapito dell'incolumità di pedoni e automobilisti che circoleranno a distanza pericolosamente ravvicinata con veicoli in contromano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere tutte le iniziative necessarie per garantire, anche mediante il rafforzamento dei controlli, il pieno rispetto delle nuove regole sulla circolazione dei velocipedi.
9/2648/13.    (Testo modificato nel corso della seduta) Montaruli, Prisco, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 148 del Reg. UE n.  1308/2013, disciplinante le «Relazioni contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari» prevede, tra le altre cose, che gli Stati Membri possano imporre, per la cessione del latte crudo da parte di un allevatore in favore di un trasformatore, la sottoscrizione di apposito contratto, recante, espressamente, tra le altre cose, l'indicazione del prezzo; il volume di latte oggetto di scambio, unitamente al calendario di consegna; la durata del contratto; le modalità di raccolta e/o consegna del latte, nonché di pagamento;
              l'articolo 3, decreto-legge 29 marzo 2019, n.  27, convertito nella legge n.  44/2019 – recependo le disposizioni di cui all'articolo 151 del citato Regolamento – al fine di monitorare la produzione del latte vaccino, ovino e caprino e l'acquisto dello stesso dagli operatori aventi sede in altri Stati membri dell'Unione europea e/o in Paesi terzi, al comma 1, ha previsto che i primi acquirenti di latte crudo... siano tenuti a registrare mensilmente, nella banca dati del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN)... i quantitativi di latte ovino e caprino, nonché il tenore di materia grassa, sia provenienti dai singoli produttori nazionali, che importati da altri Paesi;
          considerato che:
              con particolare riferimento alla tracciabilità dei prodotti, il comma 3 del citato articolo 3, come convertito nella legge 44/2019, prevede che le modalità di applicazione debbano essere stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano;
              nel preambolo del citato decreto-legge n.  27/2019, il Governo ha richiamato espressamente la necessità di prevedere un accurato controllo dei quantitativi di commercio del latte ovino e caprino, al fine di monitorare, in particolare, le produzioni lattiero-casearie realizzate sul territorio nazionale, in rapporto a quelle provenienti da altri Stati membri dell'Unione europea o, ancora, da Paesi terzi;
              attesto che:
              la tracciabilità del latte ovino e caprino, da attuare anche mediante la previsione dell'obbligatorietà del contratto scritto tra i produttori del latte e i trasformatori e il conseguente caricamento dei relativi dati sul portale SIAN, rappresenta una misura fondamentale per impedire una futura, quanto probabile, ulteriore crisi del sistema agro-pastorale sardo, evitando una nuova contrazione del prezzo del latte, in danno dei singoli allevatori;
              recentissimamente, la Giunta Regionale Sarda, in virtù del ritardo maturato nell'applicazione della citata legge n.  44/2019, ha deliberato la presentazione di un DDL al Consiglio Regionale, recante l'istituzione di un sistema di monitoraggio della produzione del latte vaccino, ovino e caprino, nonché dell'acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari da altri paesi, prevedendo a carico dei primi acquirenti del latte crudo, l'obbligo di registrare mensilmente, in apposita banca dati, i relativi quantitativi acquistati, la provenienza e la destinazione dei medesimi;
              ritenuto che:
              il ritardo accumulato nell'attuazione della citata legge e, conseguentemente, nell'approvazione del relativo decreto ministeriale, pure ripetutamente sollecitato da diverse Regioni e, in particolare, dal competente Assessorato della Regione Sarda, risulta assolutamente ingiustificato, tenuto conto del fatto che appare necessario prevenire, con ogni possibile misura, un'ulteriore crisi del prezzo del latte, la quale, peraltro, aggraverebbe la già difficile condizione economica del settore, gravemente compromesso dal presente periodo emergenziale,

impegna il Governo

a porre in essere ogni opportuna iniziativa al fine di prevedere, senza ulteriore ritardo, l'adeguamento del sistema SIAN alla ricezione di tali comunicazioni, prevedendo, conseguentemente, semplificate procedure di dichiarazione dei quantitativi e delle destinazioni del latte crudo trattato, sia proveniente dai singoli produttori nazionali, sia importato da altri Paesi.
9/2648/14. Deidda, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 148 del Reg. UE n.  1308/2013, disciplinante le «Relazioni contrattuali nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari» prevede, tra le altre cose, che gli Stati Membri possano imporre, per la cessione del latte crudo da parte di un allevatore in favore di un trasformatore, la sottoscrizione di apposito contratto, recante, espressamente, tra le altre cose, l'indicazione del prezzo; il volume di latte oggetto di scambio, unitamente al calendario di consegna; la durata del contratto; le modalità di raccolta e/o consegna del latte, nonché di pagamento;
              l'articolo 3, decreto-legge 29 marzo 2019, n.  27, convertito nella legge n.  44/2019 – recependo le disposizioni di cui all'articolo 151 del citato Regolamento – al fine di monitorare la produzione del latte vaccino, ovino e caprino e l'acquisto dello stesso dagli operatori aventi sede in altri Stati membri dell'Unione europea e/o in Paesi terzi, al comma 1, ha previsto che i primi acquirenti di latte crudo... siano tenuti a registrare mensilmente, nella banca dati del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN)... i quantitativi di latte ovino e caprino, nonché il tenore di materia grassa, sia provenienti dai singoli produttori nazionali, che importati da altri Paesi;
          considerato che:
              con particolare riferimento alla tracciabilità dei prodotti, il comma 3 del citato articolo 3, come convertito nella legge 44/2019, prevede che le modalità di applicazione debbano essere stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano;
              nel preambolo del citato decreto-legge n.  27/2019, il Governo ha richiamato espressamente la necessità di prevedere un accurato controllo dei quantitativi di commercio del latte ovino e caprino, al fine di monitorare, in particolare, le produzioni lattiero-casearie realizzate sul territorio nazionale, in rapporto a quelle provenienti da altri Stati membri dell'Unione europea o, ancora, da Paesi terzi;
              attesto che:
              la tracciabilità del latte ovino e caprino, da attuare anche mediante la previsione dell'obbligatorietà del contratto scritto tra i produttori del latte e i trasformatori e il conseguente caricamento dei relativi dati sul portale SIAN, rappresenta una misura fondamentale per impedire una futura, quanto probabile, ulteriore crisi del sistema agro-pastorale sardo, evitando una nuova contrazione del prezzo del latte, in danno dei singoli allevatori;
              recentissimamente, la Giunta Regionale Sarda, in virtù del ritardo maturato nell'applicazione della citata legge n.  44/2019, ha deliberato la presentazione di un DDL al Consiglio Regionale, recante l'istituzione di un sistema di monitoraggio della produzione del latte vaccino, ovino e caprino, nonché dell'acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari da altri paesi, prevedendo a carico dei primi acquirenti del latte crudo, l'obbligo di registrare mensilmente, in apposita banca dati, i relativi quantitativi acquistati, la provenienza e la destinazione dei medesimi;
              ritenuto che:
              il ritardo accumulato nell'attuazione della citata legge e, conseguentemente, nell'approvazione del relativo decreto ministeriale, pure ripetutamente sollecitato da diverse Regioni e, in particolare, dal competente Assessorato della Regione Sarda, risulta assolutamente ingiustificato, tenuto conto del fatto che appare necessario prevenire, con ogni possibile misura, un'ulteriore crisi del prezzo del latte, la quale, peraltro, aggraverebbe la già difficile condizione economica del settore, gravemente compromesso dal presente periodo emergenziale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere ogni opportuna iniziativa al fine di prevedere l'adeguamento del sistema SIAN alla ricezione di tali comunicazioni, prevedendo, conseguentemente, semplificate procedure di dichiarazione dei quantitativi e delle destinazioni del latte crudo trattato, sia proveniente dai singoli produttori nazionali, sia importato da altri Paesi.
9/2648/14.    (Testo modificato nel corso della seduta) Deidda, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame reca una serie di misure dirette alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, all'eliminazione e velocizzazione di adempimenti burocratici, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, al sostegno all'economia verde e all'attività di impresa;
              in particolare, a Domenico Arcuri, commissario straordinario per l'emergenza Covid, è stata affidata anche la competenza di gestire d regolare avvio dell'anno scolastico e l'eventuale emergenza nelle scuole;
              l'articolo 8 del provvedimento in esame dispone, infatti, che «Il commissario straordinario (...) fino alla scadenza del predetto stato di emergenza, procede, nell'ambito dei poteri conferitigli e con le modalità previste dalla suddetta norma, all'acquisizione e distribuzione delle apparecchiature e dei dispositivi di protezione individuale, nonché di ogni necessario bene strumentale, compresi gli arredi scolastici, utile a garantire l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2021/2021, nonché a contenere e contrastare l'eventuale emergenza nelle istituzioni scolastiche statali»;
              nonostante ciò, a distanza di pochi giorni dall'inizio del nuovo anno scolastico genitori e presidi non sanno ancora come si tornerà a scuola, regna l'incertezza su orari, organici, rientri pomeridiani, mascherine, distanziamenti, classi scaglionate e mense;
              più di ogni altro, circa 250 mila alunni con disabilità, dalle materne alle superiori, si troveranno ad affrontare una ripartenza ancora più complicata di quella dei loro compagni, a causa dello stato caotico delle assegnazioni dei docenti incaricati su posto di sostegno;
              il dato del Ministero dell'istruzione fornito da First (Federazione italiana rete sostegno e tutela) e aggiornato a novembre 2019 è di 101 mila insegnanti di sostegno in organico di diritto, più altri 74 mila posti in deroga, numeri che fanno temere un turn-over estenuante degli insegnanti, senza contare i numeri esorbitanti dei docenti pronti a chiedere l'esonero per i rischi da contagio (si parla di 200 mila docenti);
              secondo sindacati e associazioni di categoria, per il solo sostegno, mancheranno tra i 25 mila e i 50 mila docenti di ruolo e si dovrà, quindi, ricorrere alle supplenze che, spesso, non coincidono con l'inizio della scuola; anche quest'anno le classi che accolgono alunni con disabilità saranno costrette a iniziare le lezioni senza il supporto necessario;
              ad oggi non risultano, peraltro, essere state fornite indicazioni circa l'assistenza igienica degli alunni con disabilità, compito che viene assolto dai collaboratori scolastici, nel rispetto della differenza di genere;
              a ciò si aggiungano lo sconforto e la preoccupazione di moltissimi genitori di figli con disabilità a fronte della pubblicazione del documento della Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap (FISH) in merito alla «Bozza di linee guida per la compilazione del PEI» e al comunicato stampa del Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno (CIIS) che lo analizza;
              secondo quanto emergerebbe dai citati documenti, e come confermato dallo stesso Ministero, il G.I.O., ovvero il gruppo incaricato dell'elaborazione del P.E.I., quale strumento che realizza l'inclusione scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità nella Scuola Italiana, sarà trasformato in organo collegiale e, in quanto tale, regolato dall'articolo del decreto legislativo 16 aprile 1994 n.  297 e, per la prima volta in assoluto, sarà chiamato ad «approvare» il P.E.I. tramite votazione;
              il «nuovo» P.E.I., dunque, non sarà più frutto di «elaborazione congiunta», come stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1994, applicativo della legge n.  104 del 1992, ma sarà sottoposto ad approvazione mediante votazione a maggioranza assoluta;
              se le nuove regole del G.I.O. venissero confermate, come anche denunciato dall'associazione Steadfast Onlus, i genitori, anche qualora partecipassero alla votazione, saranno inevitabilmente in minoranza numerica e perciò, di fatto, esclusi dal processo decisionale riguardante le scelte educative per il proprio figlio;
              preoccupa, poi, l'introduzione «dell'esonero da alcune materie o attività esterna alla classe»: oltre ad escludere l'unicità della persona con disabilità, non prevedendone più la piena partecipazione alla vita della classe, tale scelta rischia di ricostituire «gruppi di alunni» assimilabili alle classi differenziali soppresse dalla legge 4 agosto 1977 n.  517 ovvero a contemplare la riduzione dell'orario di frequenza;
              appare opportuno:
              garantire che l'educazione dei nostri figli sia il frutto del lavoro condiviso tra scuola, famiglia e gli specialisti che li seguono, attraverso una revisione delle regole del nuovo P.E.I., ovvero una conferma della natura del G.I.O. come gruppo di lavoro di coordinamento, escludendo la trasformazione in organo collegiale;
              garantire urgentemente, nel rispetto della diversità di genere (articolo 3 del decreto legislativo 66/2017), l'erogazione dell'assistenza igienica presso tutte le scuole da parte dei collaboratori scolastici e delle collaboratrici scolastiche (articolo 3 del decreto legislativo 66/2017 e CCNL articoli 47 e 48, Tabella A) emanando indicazioni coerenti nel rispetto dei Protocolli Covid;
              emanare nell'immediato il decreto attuativo sulla continuità didattica di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n.  66 del 2017, come modificato dal decreto legislativo n.  96 del 2019,

impegna il Governo

in linea con le finalità di tutela delle persone disabili di cui all'articolo 29 del provvedimento a garantire l'effettiva partecipazione alla vita scolastica per gli alunni con disabilità, quale elemento fondamentale per il processo formativo e di inclusione, assicurando la presenza di un docente specializzato sin dal primo giorno di scuola e l'adozione di adeguati protocolli sanitari calibrati sulla base delle specifiche esigenze di ciascun alunno con disabilità e a dare seguito inoltre a quanto previsto dagli ultimi tre capoversi delle premesse.
9/2648/15. Bellucci, Frassinetti, Gemmato, Prisco, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame reca una serie di misure dirette alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, all'eliminazione e velocizzazione di adempimenti burocratici, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, al sostegno all'economia verde e all'attività di impresa;
              in particolare, a distanza di un anno dall'abrogazione della normativa in esame, l'articolo 8, comma 5, lettera b), ha novellato nuovamente l'articolo 80, comma 4, del Codice degli appalti, disponendo l'esclusione di un operatore da una gara pubblica se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non abbia ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati, qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione;
              limitatamente alla materia fiscale, a differenza della precedente versione, il novellato articolo 80 si limita a precisare che la violazione deve essere «grave» e cioè superare la soglia di 5.000 euro di cui all'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.  602 del 1973;
              tale previsione non è nuova, posto che già il decreto-legge n.  32 del 2019 (cosiddetto decreto Sblocca cantieri), aveva previsto identica modifica che, però, in sede di conversione, non è stata confermata;
              come noto, il nostro Codice dei contratti pubblici prevedeva già l'esclusione dalla gara per violazioni fiscali e contributive, gravi e definitivamente accertate; ma, oggi, con la modifica apportata, le violazioni in questione potranno comportare l'esclusione dalla gara anche quando non definitivamente accertate;
              la norma in esame è sempre stata giustificata alla luce della messa in mora da parte della Commissione UE che, come nota – Infrazione n.  2018/2273 – aveva evidenziato come «l'articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 50/2016 non è conforme alle suddette disposizioni della direttiva 2014/23/UE e della direttiva 2014/24/UE in quanto non consente di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione – pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo – possa essere comunque adeguatamente dimostrata dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore»;
              l'articolo 38, paragrafo 5, comma 1, della direttiva n.  2014/23/UE prevede che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori escludono un operatore economico dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di una concessione o di un appalto (nel testo dell'articolo 57, paragrafo 2, comma 1, direttiva n.  2014/24/UE), qualora «siano a conoscenza del fatto che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali e se ciò è stato stabilito da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo e vincolante»; mentre il comma 2 dispone che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori «possano escludere o possano essere obbligati dagli Stati membri a escludere dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di una concessione un operatore economico» se possono dimostrare «con qualunque mezzo adeguato che l'operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali». La considerazione introduttiva n.  70 della direttiva aggiunge, inoltre, «salvo diverse disposizioni del diritto nazionale»;
              il successivo paragrafo 6, comma 2, dell'articolo 38 prevede «una deroga all'esclusione obbligatoria di cui al paragrafo 5 nei casi in cui un'esclusione sarebbe chiaramente sproporzionata, in particolare qualora non siano stati pagati solo piccoli importi di imposte o contributi previdenziali», oppure nel caso in cui l'operatore economico, informato dell'importo preciso dovuto a seguito della sua violazione, non abbia la possibilità di prendere provvedimenti prima della scadenza del termine per la presentazione della domanda;
              la prescrizione comunitaria, in tutti i casi, non reca alcun riferimento a violazioni non definitivamente accertate, limitandosi a condizionare la possibilità dell'esclusione all'avveramento dell'ulteriore requisito della dimostrazione, con qualunque mezzo adeguato, dalla mancata ottemperanza agli obblighi di pagamento;
              nessun operatore economico dovrebbe essere penalizzato in base a potenziali violazioni tributarie o contributive non definitivamente accertate;
              se è vero, peraltro, che la ratio della disciplina risiede nella necessità di garantire che i soggetti contraenti con la pubblica amministrazione presentino profili di affidabilità adeguati alla corretta esecuzione dei lavori (Cass. n.  36821/2016), la previsione di una soglia di gravità predeterminata in misura fissa, e per di più pari a soli 5.000 euro, anche per le violazioni non definitivamente accertate, risulta del tutto insoddisfacente,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare l'articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.  50 nel senso di: a) attribuire rilievo esclusivamente alle irregolarità fiscali non definitive in relazione alle quali vi sia «anche» un obbligo di pagamento ed a condizione che tale obbligo non sia stato sospeso; b) prevedere una soglia variabile in funzione del valore del contratto d'appalto, con un minimo inderogabile.
9/2648/16. Lucaselli.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame reca una serie di misure dirette alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, all'eliminazione e velocizzazione di adempimenti burocratici, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, al sostegno all'economia verde e all'attività di impresa;
              in particolare, a distanza di un anno dall'abrogazione della normativa in esame, l'articolo 8, comma 5, lettera b), ha novellato nuovamente l'articolo 80, comma 4, del Codice degli appalti, disponendo l'esclusione di un operatore da una gara pubblica se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non abbia ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati, qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione;
              limitatamente alla materia fiscale, a differenza della precedente versione, il novellato articolo 80 si limita a precisare che la violazione deve essere «grave» e cioè superare la soglia di 5.000 euro di cui all'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.  602 del 1973;
              tale previsione non è nuova, posto che già il decreto-legge n.  32 del 2019 (cosiddetto decreto Sblocca cantieri), aveva previsto identica modifica che, però, in sede di conversione, non è stata confermata;
              come noto, il nostro Codice dei contratti pubblici prevedeva già l'esclusione dalla gara per violazioni fiscali e contributive, gravi e definitivamente accertate; ma, oggi, con la modifica apportata, le violazioni in questione potranno comportare l'esclusione dalla gara anche quando non definitivamente accertate;
              la norma in esame è sempre stata giustificata alla luce della messa in mora da parte della Commissione UE che, come nota – Infrazione n.  2018/2273 – aveva evidenziato come «l'articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 50/2016 non è conforme alle suddette disposizioni della direttiva 2014/23/UE e della direttiva 2014/24/UE in quanto non consente di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione – pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo – possa essere comunque adeguatamente dimostrata dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore»;
              l'articolo 38, paragrafo 5, comma 1, della direttiva n.  2014/23/UE prevede che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori escludono un operatore economico dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di una concessione o di un appalto (nel testo dell'articolo 57, paragrafo 2, comma 1, direttiva n.  2014/24/UE), qualora «siano a conoscenza del fatto che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali e se ciò è stato stabilito da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo e vincolante»; mentre il comma 2 dispone che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori «possano escludere o possano essere obbligati dagli Stati membri a escludere dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di una concessione un operatore economico» se possono dimostrare «con qualunque mezzo adeguato che l'operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali». La considerazione introduttiva n.  70 della direttiva aggiunge, inoltre, «salvo diverse disposizioni del diritto nazionale»;
              il successivo paragrafo 6, comma 2, dell'articolo 38 prevede «una deroga all'esclusione obbligatoria di cui al paragrafo 5 nei casi in cui un'esclusione sarebbe chiaramente sproporzionata, in particolare qualora non siano stati pagati solo piccoli importi di imposte o contributi previdenziali», oppure nel caso in cui l'operatore economico, informato dell'importo preciso dovuto a seguito della sua violazione, non abbia la possibilità di prendere provvedimenti prima della scadenza del termine per la presentazione della domanda;
              la prescrizione comunitaria, in tutti i casi, non reca alcun riferimento a violazioni non definitivamente accertate, limitandosi a condizionare la possibilità dell'esclusione all'avveramento dell'ulteriore requisito della dimostrazione, con qualunque mezzo adeguato, dalla mancata ottemperanza agli obblighi di pagamento;
              nessun operatore economico dovrebbe essere penalizzato in base a potenziali violazioni tributarie o contributive non definitivamente accertate;
              se è vero, peraltro, che la ratio della disciplina risiede nella necessità di garantire che i soggetti contraenti con la pubblica amministrazione presentino profili di affidabilità adeguati alla corretta esecuzione dei lavori (Cass. n.  36821/2016), la previsione di una soglia di gravità predeterminata in misura fissa, e per di più pari a soli 5.000 euro, anche per le violazioni non definitivamente accertate, risulta del tutto insoddisfacente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare l'articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.  50 nel senso di: a) attribuire rilievo esclusivamente alle irregolarità fiscali non definitive in relazione alle quali vi sia «anche» un obbligo di pagamento ed a condizione che tale obbligo non sia stato sospeso; b) prevedere una soglia variabile in funzione del valore del contratto d'appalto, con un minimo inderogabile.
9/2648/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Lucaselli.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame reca una serie di misure dirette alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, all'eliminazione e velocizzazione di adempimenti burocratici, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, al sostegno all'economia verde e all'attività di impresa;
              i settori dell'artigianato e del commercio, spina dorsale del nostro mondo produttivo e che sono di importanza vitale per la nostra economia, hanno registrato una progressiva contrazione e versano da anni in uno stato di sofferenza e difficoltà, fatalmente aggravato dalle conseguenze economiche della pandemia da Covid-19;
              in questo contesto è doveroso intervenire per tutelare coloro che, nonostante gli esigui ricavi e il momento di profonda crisi, continuano ad operare e non si rassegnano a cessare la propria attività di artigiani o commercianti, modificando le modalità di contribuzione a fini pensionistici da parte di tali lavoratori, escludendoli dall'applicazione del criterio del cosiddetto minimale di reddito;
              l'attuale applicazione di tale criterio, infatti, non solo rappresenta un pesante aggravio per gli artigiani e i commercianti ma determina, altresì, una forte disparità di trattamento tra lavoratori che prestano attività tra loro del tutto simili per natura delle prestazioni e tipologia, ma che soggiacciono a una differente classificazione ATECO, che determina, a suo volta, l'iscrizione all'una o all'altra gestione, con l'applicazione del corrispondente regime previdenziale,

impegna il Governo

nel quadro di semplificazioni, comprese quelle di natura fiscale, previste dal provvedimento, a valutare l'opportunità di intervenire con successivi provvedimenti al fine di escludere le categorie lavorative di cui in premessa dall'applicazione del criterio del livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
9/2648/17. Meloni, Prisco, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale, prevede, all'articolo 8, disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici;
              in particolare, al comma 8, si affida al Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, e fino alla scadenza dello stato di emergenza, l'acquisizione e la distribuzione delle apparecchiature e dei dispositivi di protezione individuale, nonché dei beni strumentali, compresi gli arredi scolastici, per garantire l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2020/2021 e il contrasto dell'eventuale emergenza nelle istituzioni scolastiche statali;
              tenuto conto della rilevanza dell'emergenza epidemiologica in atto e delle misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 che dovranno necessariamente essere adottate all'interno degli istituti scolastici nel corso delle lezioni, ovvero delle misure di controllo e di prevenzione igienico sanitarie per limitare la possibilità di eventuali contagi, appare evidente che alla corretta e ordinata ripresa delle attività scolastiche contribuirà in maniera determinante anche l'acquisto di adeguate apparecchiature e di utili servizi e beni strumentali, così come disposto dal predetto comma 8;
              appare ancor più evidente che, in manifeste condizioni di oggettiva difficoltà logistica e organizzativa, la ripresa delle attività scolastiche sarà difficile da affrontare per tutti gli insegnanti ma soprattutto per gli allievi ed in particolar modo per tutti gli allievi con disabilità;
              nel corso delle attività scolastiche le predette misure di contenimento, di controllo e di prevenzione dovranno essere adottate in modo tale da garantire comunque e sempre il diritto allo studio e la didattica in presenza a tutti gli studenti e in particolare agli studenti con disabilità, ponendo in essere, per questi ultimi, momenti di insegnamento che prevedano anche l'utilizzo di spazi alternativi per la didattica cooperativa e laboratoriale o l'organizzazione dell'attività didattica in sottogruppi di classi;
              in questa fase, dunque, per garantire il diritto allo studio e la didattica in presenza agli studenti con disabilità, soprattutto in spazi nuovi e diversi da quelli normalmente utilizzati, sarà fondamentale fornire loro adeguati beni e servizi utili ad integrare e diversificare le metodologie di insegnamento e di partecipazione alle lezioni e ad evitare di costringerli alla didattica a distanza in casa;
              risulta, dunque, necessario che l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2020-2021 sia disciplinato tramite provvedimenti che tutelino in particolar modo gli alunni con disabilità garantendo loro la partecipazione a giornate di didattica in presenza con strumenti e servizi idonei poiché il sistema della didattica a distanza non valorizza in modo adeguato la comunicazione e l'aspetto affettivo-relazionale nel bambino con disabilità e rischia di relegarlo in situazioni di stereotipie ed isolamento in casa apportando un danno alle autonomie e al processo inclusivo dei quali la scuola deve essere sempre garante,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti che garantiscano la corretta ripresa e il conseguente svolgimento delle attività didattiche delle scuole statali e paritarie private e degli enti locali di ogni ordine e grado e tali da garantire sempre e comunque il diritto allo studio e la didattica in presenza a tutti gli studenti con disabilità, anche tramite l'acquisizione e distribuzione di ogni necessario bene o servizio utile allo scopo, e anche in concomitanza dell'attuazione, all'interno degli istituti scolastici, di misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 ovvero di misure di controllo e di prevenzione igienico sanitarie per limitare la possibilità di eventuali contagi.
9/2648/18. Gemmato, Bellucci, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 14 maggio 2020, n.  34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n.  77, cosiddetto «Decreto Rilancio» ha disposto, all'articolo 119, un rafforzamento delle agevolazioni ecobonus e sismabonus, con una detrazione pari al 110 per cento dell'importo relativo agli interventi effettuati, misura ulteriormente ampliata in sede di conversione;
              ad integrazione del predetto decreto, l'Agenzia delle entrate ha emanato la circolare 24/E dell'8 agosto 2020, interpretativa delle disposizioni inerenti alle predette agevolazioni;
              come specificato dalla circolare, l'agevolazione al 110 per cento «non si applica agli interventi realizzati sulle parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate di un edificio interamente posseduto da un unico proprietario o in comproprietà tra più soggetti»;
              da questa interpretazione dell'articolo 119 consegue quindi l'esclusione di una grandissima pluralità di edifici plurifamiliari se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà, in quanto non costituiscono condominio;
              in ogni caso, gli incentivi per la riqualificazione energetica non saranno applicabili in tutti i contesti, infatti anche dove l'intervento rispetti il principio di fattibilità tecnica, le tempistiche tecnico-burocratiche che il percorso di riqualificazione energetica richiede possono prolungare i lavori oltre misura;
              nella sola fase di inizio dei lavori sono necessari quattordici differenti documentazioni, che diventano almeno ventuno nella fase di avanzamento dei lavori e trenta nella fase di conclusione degli stessi, fermo restando che – sulla base dei diversi interventi – i documenti richiesti possono essere anche più di trenta;
              nel caso esemplare della costruzione di un cappotto termico occorrono trentotto adempimenti tecnici tra progetto, asseverazioni, visti di conformità e contabilità, nonché svariati mesi di attesa per l'ottenimento delle eventuali autorizzazioni paesaggistiche necessarie;
              moltissimi enti locali, a causa dell'emergenza da Covid-19 e conseguente lavoro da remoto, hanno visto la loro attività amministrativa fortemente rallentata, allungando ulteriormente i tempi di realizzazione delle opere laddove siano necessari adempimenti da parte degli enti locali stessi;
              nonostante le predette lungaggini, il termine per usufruire di questa agevolazione 110 per cento è il 31 dicembre 2021;
              in tal senso il decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, cosiddetto «Decreto Semplificazioni», nulla ha fatto per semplificare lo strumento del bonus 110 per cento predisposto con il decreto-legge n. 34 del 2020,

impegna il Governo

          a disporre una semplificazione del bonus 110 per cento mediante appositi interventi normativi, andando a ridurre le documentazioni richieste e le tempistiche dei lavori;
          a prevedere la piena applicabilità del bonus 110 per cento anche alle parti comuni degli edifici plurifamiliari posseduti ad un unico proprietario o in comproprietà tra più soggetti;
          a prolungare la fruibilità del bonus 110 per cento almeno fino al 31 dicembre 2024.
9/2648/19. Ciaburro, Caretta.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 14 maggio 2020, n.  34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n.  77, cosiddetto «Decreto Rilancio» ha disposto, all'articolo 119, un rafforzamento delle agevolazioni ecobonus e sismabonus, con una detrazione pari al 110 per cento dell'importo relativo agli interventi effettuati, misura ulteriormente ampliata in sede di conversione;
              ad integrazione del predetto decreto, l'Agenzia delle entrate ha emanato la circolare 24/E dell'8 agosto 2020, interpretativa delle disposizioni inerenti alle predette agevolazioni;
              come specificato dalla circolare, l'agevolazione al 110 per cento «non si applica agli interventi realizzati sulle parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate di un edificio interamente posseduto da un unico proprietario o in comproprietà tra più soggetti»;
              da questa interpretazione dell'articolo 119 consegue quindi l'esclusione di una grandissima pluralità di edifici plurifamiliari se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà, in quanto non costituiscono condominio;
              in ogni caso, gli incentivi per la riqualificazione energetica non saranno applicabili in tutti i contesti, infatti anche dove l'intervento rispetti il principio di fattibilità tecnica, le tempistiche tecnico-burocratiche che il percorso di riqualificazione energetica richiede possono prolungare i lavori oltre misura;
              nella sola fase di inizio dei lavori sono necessari quattordici differenti documentazioni, che diventano almeno ventuno nella fase di avanzamento dei lavori e trenta nella fase di conclusione degli stessi, fermo restando che – sulla base dei diversi interventi – i documenti richiesti possono essere anche più di trenta;
              nel caso esemplare della costruzione di un cappotto termico occorrono trentotto adempimenti tecnici tra progetto, asseverazioni, visti di conformità e contabilità, nonché svariati mesi di attesa per l'ottenimento delle eventuali autorizzazioni paesaggistiche necessarie;
              moltissimi enti locali, a causa dell'emergenza da Covid-19 e conseguente lavoro da remoto, hanno visto la loro attività amministrativa fortemente rallentata, allungando ulteriormente i tempi di realizzazione delle opere laddove siano necessari adempimenti da parte degli enti locali stessi;
              nonostante le predette lungaggini, il termine per usufruire di questa agevolazione 110 per cento è il 31 dicembre 2021;
              in tal senso il decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, cosiddetto «Decreto Semplificazioni», nulla ha fatto per semplificare lo strumento del bonus 110 per cento predisposto con il decreto-legge n. 34 del 2020,

impegna il Governo

          a valutare l'opportunità di una semplificazione del bonus 110 per cento mediante appositi interventi normativi, andando a ridurre le documentazioni richieste e le tempistiche dei lavori;
          a valutare l'opportunità di prevedere la piena applicabilità del bonus 110 per cento anche alle parti comuni degli edifici plurifamiliari posseduti ad un unico proprietario o in comproprietà tra più soggetti;
          a valutare l'opportunità di prolungare la fruibilità del bonus 110 per cento almeno fino al 31 dicembre 2024.
9/2648/19.    (Testo modificato nel corso della seduta) Ciaburro, Caretta.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame riguarda una serie di materie tra di loro connesse, fra cui la digitalizzazione della pubblica amministrazione, che si auspica si continui a perseguire anche al di là delle contingenze emergenziali;
              la semplificazione normativa e burocratica è un obiettivo da perseguire con costanza, mediante non solo una diminuzione quantitativa di regole e processi, ma anche, e soprattutto, attraverso un loro miglioramento qualitativo e una loro razionalizzazione;
              l'articolo 35 del provvedimento prevede che, in materia di consolidamento e razionalizzazione delle infrastrutture digitali del Paese, la Presidenza del Consiglio dei ministri promuova lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei Centri per l'elaborazione delle informazioni, destinata a tutte le pubbliche amministrazioni;
              già il Garante della Privacy, nella relazione annuale 2020, chiedeva al parlamento «se non si debba investire in un'infrastruttura cloud pubblica, con stringenti requisiti di protezione, per riversarvi con adeguata sicurezza dati di tale importanza»;
              l'esigenza di avere un cloud italiano è stata evidenziata dalla recente devastante pandemia di Covid-19 che ha contribuito all'accelerazione del processo di digital transformation. Difatti cittadini, imprese e istituzioni si sono trovati costretti ad utilizzare tutte le possibili tecnologie per poter svolgere le attività quotidiane in modalità smart-working e utilizzando servizi in cloud, gli unici in grado di garantire la continuità del business anche da remoto od in tal modo mantenere in vita la Nazione;
              il cloud italiano consentirebbe di guadagnare la sovranità dei dati digitali in Italia che rafforzerebbe la sicurezza, la tutela della privacy e la cyber sicurezza dei dati digitali prodotti, sia pubblici che privati;
              il tema, infatti, della sovranità digitale si sta imponendo con forza in Europa;
              dati provenienti da varie ricerche ci dicono che l'esigenza di passare ai cloud durante il periodo di gestione dell'emergenza continua ad essere una priorità per oltre il 63 per cento di aziende e istituzioni. È evidente che in un contesto del genere l'esigenza di possedere il controllo dei dati per la loro protezione è indispensabile. Possedere la sovranità digitale è fondamentale per garantire in futuro la tutela delle informazioni ivi depositate;
              la Germania ha recentemente annunciato la costituzione di un'agenzia federale per la sicurezza cibernetica, il cui compito principale sarà quello di sviluppare nuove tecnologie per difendere le infrastrutturale digitali tedesche dai cyber attacchi;
              come ha detto Stefano Mele a Formiche.net, «Occorre muoversi al più presto per evitare che l'Italia sia un attore non protagonista del futuro mercato tecnologico europeo, oggi saldamente nelle mani del governo francese e ancor di più di quello tedesco, agendo con estrema urgenza — possibilmente attraverso una precisa strategia sia nel breve, che nel medio-lungo periodo — al fine di disinnescare fin da subito almeno quei potenziali effetti di questo scenario che impatteranno sulla nostra sicurezza nazionale»,

impegna il Governo

          a valutare l'opportunità di promuovere un'adeguata Politica di Classificazione dei dati della Pubblica Amministrazione avente l'obiettivo di stabilire un catalogo dei dati in possesso dalle Amministrazioni, indirizzare quali sono le funzioni critiche sulle quali effettuare valutazioni di impatto, identificare una adeguata etichettatura dei dati in possesso dalle Amministrazioni evidenziando quali siano quelli di alta criticità, operare decisioni sulla dislocazione dei dati sul territorio nazionale, predisporre un monitoraggio continuo dei dati della Amministrazioni, così da evitare la concentrazione di dati in un'unica infrastruttura di rete, con i conseguenti rischi in termini di sicurezza dei dati e dell'infrastruttura stessa, nonché un aggravio in termini di tempi di migrazione e di scarsa efficienza;
          a valutare l'opportunità, al fine di garantire la sovranità digitale, di istituire un sistema telematico nazionale, di proprietà pubblica, ad architettura distribuita per l'archiviazione, l'elaborazione e la trasmissione di dati strategici per la Pubblica Amministrazione;
          a valutare l'opportunità, al fine di garantire la sovranità digitale, di istituire un'agenzia, sul modello delle autorità amministrative indipendenti, per la sicurezza cibernetica, al fine di migliorare la qualità dell'architettura di sicurezza della Nazione.
9/2648/20. Mollicone, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame reca la «Conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale»;
              l'articolo 11 interviene in materia di accelerazione e semplificazione della ricostruzione pubblica nelle aree colpite da eventi sismici;
              la relazione di accompagnamento all'articolo 11 parla di «disposizioni funzionali a rendere più agevole e snella la ricostruzione nelle aree colpite da eventi sismici e, in particolar modo, quelle del Centro Italia»;
              il campo di applicazione della disposizione in questione è, quindi, limitato al solo terremoto del Centro Italia, restando del tutto esclusa la ricostruzione relativa al sisma 2009, che presenta ancora oggi notevoli ritardi e numerose problematiche da risolvere, soprattutto per quel che riguarda la semplificazione e lo snellimento della ricostruzione pubblica,

impegna il Governo

          relativamente al cratere sismico del 2009, a valutare l'opportunità di:
          attribuire ai sindaci e ai presidenti delle province i poteri commissariali di cui all'articolo 4, commi 2 e 3, del decreto-legge 18 aprile 2019, n.  32 (decreto «Sblocca Cantieri»), similmente a quanto previsto dall'articolo 7-ter del decreto-legge n.  22 del 2020 per gli interventi di riqualificazione dell'edilizia scolastica, ciò al fine di garantire la rapida esecuzione degli interventi relativi alle opere pubbliche nell'area del cratere sismico 2009;
          semplificare le procedure di ammissione a contributo delle pratiche di importo inferiore a 500.000 euro per gli interventi di riparazione, ripristino e ricostruzione degli aggregati e condomini privati situati nei comuni del cratere del sisma del 2009, individuando un iter semplificato di ammissione a contributo sulla base di un'assunzione di responsabilità da parte del professionista che presenta le istanze di contributo e certifica la correttezza e completezza della documentazione;
          accelerare i pagamenti degli stati di avanzamento lavori (SAL) in favore di imprese e professionisti impegnati nel processo di ricostruzione, rinviando i controlli allo stato finale e verificando esclusivamente la regolarità contributiva e l'avvenuto pagamento di subappaltatori e fornitori sulla base delle certificazioni prodotte dal Direttore dei Lavori;
          semplificare le procedure che devono seguire i Commissari degli aggregati interessati dagli interventi di ricostruzione privata, in particolare nella scelta dell'impresa appaltatrice e dei professionisti che può essere superata tacendo ricorso alle white list (elenco operatori) ed essendo, peraltro, il Commissario emanazione dell'Ente Comunale;
          cumulare i contributi post sisma 2009 con i benefici fiscali del sisma ed eco-bonus, ciò al fine di realizzare interventi più completi e funzionali:
          definire al 30 giugno 2021 il termine per la presentazione delle istanze di richiesta di contributo post sisma 2009, ciò al fine di ovviare all'eccessiva lentezza con la quale gli aventi diritto a contributo provvedono a presentare la documentazione necessaria per l'ottenimento dei contributi.
9/2648/21. Trancassini, Prisco.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame reca la «Conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale»;
              l'articolo 11 interviene in materia di accelerazione e semplificazione della ricostruzione pubblica nelle aree colpite da eventi sismici;
              la relazione di accompagnamento all'articolo 11 parla di «disposizioni funzionali a rendere più agevole e snella la ricostruzione nelle aree colpite da eventi sismici e, in particolar modo, quelle del Centro Italia»;
              il campo di applicazione della disposizione in questione è, quindi, limitato al solo terremoto del Centro Italia, restando del tutto esclusa la ricostruzione relativa al sisma 2009, che presenta ancora oggi notevoli ritardi e numerose problematiche da risolvere, soprattutto per quel che riguarda la semplificazione e lo snellimento della ricostruzione pubblica,

impegna il Governo

          a valutare l'opportunità, relativamente al cratere sismico del 2009, a valutare l'opportunità di:
          attribuire ai sindaci e ai presidenti delle province i poteri commissariali di cui all'articolo 4, commi 2 e 3, del decreto-legge 18 aprile 2019, n.  32 (decreto «Sblocca Cantieri»), similmente a quanto previsto dall'articolo 7-ter del decreto-legge n.  22 del 2020 per gli interventi di riqualificazione dell'edilizia scolastica, ciò al fine di garantire la rapida esecuzione degli interventi relativi alle opere pubbliche nell'area del cratere sismico 2009;
          semplificare le procedure di ammissione a contributo delle pratiche di importo inferiore a 500.000 euro per gli interventi di riparazione, ripristino e ricostruzione degli aggregati e condomini privati situati nei comuni del cratere del sisma del 2009, individuando un iter semplificato di ammissione a contributo sulla base di un'assunzione di responsabilità da parte del professionista che presenta le istanze di contributo e certifica la correttezza e completezza della documentazione;
          accelerare i pagamenti degli stati di avanzamento lavori (SAL) in favore di imprese e professionisti impegnati nel processo di ricostruzione, rinviando i controlli allo stato finale e verificando esclusivamente la regolarità contributiva e l'avvenuto pagamento di subappaltatori e fornitori sulla base delle certificazioni prodotte dal Direttore dei Lavori;
          semplificare le procedure che devono seguire i Commissari degli aggregati interessati dagli interventi di ricostruzione privata, in particolare nella scelta dell'impresa appaltatrice e dei professionisti che può essere superata tacendo ricorso alle white list (elenco operatori) ed essendo, peraltro, il Commissario emanazione dell'Ente Comunale;
          cumulare i contributi post sisma 2009 con i benefici fiscali del sisma ed eco-bonus, ciò al fine di realizzare interventi più completi e funzionali:
          definire al 30 giugno 2021 il termine per la presentazione delle istanze di richiesta di contributo post sisma 2009, ciò al fine di ovviare all'eccessiva lentezza con la quale gli aventi diritto a contributo provvedono a presentare la documentazione necessaria per l'ottenimento dei contributi.
9/2648/21.    (Testo modificato nel corso della seduta) Trancassini, Prisco.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame tende a ridurre i tempi di espletamento delle gare di appalto pubbliche; in realtà ciò che andrebbe diminuito è soprattutto il tempo per la realizzazione concreta dell'opera;
              secondo i dati elaborati dall'Agenzia per la Coesione della Presidenza del Consiglio i tempi per la realizzazione di un'opera a oggi si aggira attorno ai 2 anni e tre mesi per opere dal costo inferiore a 100 mila euro e sale fino a 15 anni e 8 mesi per le grandi opere;
              è ovvio che tempi così lunghi non consentano al nostro paese di progredire nello sviluppo, nella crescita e nella sicurezza; agire con provvedimenti ad hoc, soprattutto in un momento difficile come questo, è quanto mai importante,

impegna il Governo

ad adottare misure normative che consentano la messa in sicurezza, delle infrastrutture viarie quali ponti, viadotti, cavalcavia e gallerie, in maniera più veloce, con procedure in deroga al codice appalti vigente lino al 31 luglio 2023, prendendo a riferimento le sole direttive europee che normano il settore.
9/2648/22. Silvestroni, Prisco, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame tende a ridurre i tempi di espletamento delle gare di appalto pubbliche; in realtà ciò che andrebbe diminuito è soprattutto il tempo per la realizzazione concreta dell'opera;
              secondo i dati elaborati dall'Agenzia per la Coesione della Presidenza del Consiglio i tempi per la realizzazione di un'opera a oggi si aggira attorno ai 2 anni e tre mesi per opere dal costo inferiore a 100 mila euro e sale fino a 15 anni e 8 mesi per le grandi opere;
              è ovvio che tempi così lunghi non consentano al nostro paese di progredire nello sviluppo, nella crescita e nella sicurezza; agire con provvedimenti ad hoc, soprattutto in un momento difficile come questo, è quanto mai importante,

impegna il Governo

ad adottare ogni misura, anche di carattere finanziario, che consenta la messa in sicurezza, delle infrastrutture viarie quali ponti, viadotti, cavalcavia e gallerie, in maniera più veloce.
9/2648/22.    (Testo modificato nel corso della seduta) Silvestroni, Prisco, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame contiene misure volte alla realizzazione di un Programma straordinario di manutenzione del territorio forestale e montano e di interventi infrastrutturali irrigui e bacini di raccolta delle acque;
              il Programma straordinario di manutenzione del territorio forestale e montano deve essere in coerenza con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile fissati dall'ONU per il 2030 e del Green new deal europeo;
              la lotta al dissesto idrogeologico è una questione che unisce il Nord e il Sud, differentemente colpiti da comuni fenomeni come la siccità, gli allagamenti dovuti alle piogge torrenziali o bombe d'acqua, la difficoltà di mantenere costanti scorte d'acqua a fini agricoli;
              nel piano devono essere previsti interventi di manutenzione, anche ordinaria, dei canali irrigui primari e secondari, di adeguamento funzionale delle opere di difesa idraulica, di interventi di consolidamento delle sponde dei canali o il ripristino dei bordi danneggiati dalle frane, di opere per la laminazione delle piene e regimazione del reticolo idraulico irriguo e individua gli Enti attuatori;
              molto spesso l'acqua dolce si disperde proprio nel percorso delle condutture dei nostri acquedotti, vanificando i risultati delle politiche e delle azioni quotidiane per il risparmio dell'acqua;
              l'assenza di coordinamento che spesso caratterizza gli interventi tra i differenti servizi pubblici a rete causa continue opere di rottura del manto stradale, con ingenti aggravi di spesa per gli enti locali e per le tasche dei cittadini;
              nell'attuazione del piano si potrebbe cogliere l'occasione per creare moderne gallerie di servizio dove far passare tutte le condutture, tubature e cablaggi precedentemente alloggiati nel sottosuolo in maniera scoordinata,

impegna il Governo

a finanziare un Piano nazionale per la sostituzione integrale delle condutture della rete nazionale di distribuzione dell'acqua potabile dagli invasi alle utenze domestiche, ove possibile anche ricorrendo alla creazione di apposite gallerie di servizio per evitare continui disfacimenti del manto stradale.
9/2648/23. Lollobrigida, Prisco, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame contiene misure volte alla realizzazione di un Programma straordinario di manutenzione del territorio forestale e montano e di interventi infrastrutturali irrigui e bacini di raccolta delle acque;
              il Programma straordinario di manutenzione del territorio forestale e montano deve essere in coerenza con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile fissati dall'ONU per il 2030 e del Green new deal europeo;
              la lotta al dissesto idrogeologico è una questione che unisce il Nord e il Sud, differentemente colpiti da comuni fenomeni come la siccità, gli allagamenti dovuti alle piogge torrenziali o bombe d'acqua, la difficoltà di mantenere costanti scorte d'acqua a fini agricoli;
              nel piano devono essere previsti interventi di manutenzione, anche ordinaria, dei canali irrigui primari e secondari, di adeguamento funzionale delle opere di difesa idraulica, di interventi di consolidamento delle sponde dei canali o il ripristino dei bordi danneggiati dalle frane, di opere per la laminazione delle piene e regimazione del reticolo idraulico irriguo e individua gli Enti attuatori;
              molto spesso l'acqua dolce si disperde proprio nel percorso delle condutture dei nostri acquedotti, vanificando i risultati delle politiche e delle azioni quotidiane per il risparmio dell'acqua;
              l'assenza di coordinamento che spesso caratterizza gli interventi tra i differenti servizi pubblici a rete causa continue opere di rottura del manto stradale, con ingenti aggravi di spesa per gli enti locali e per le tasche dei cittadini;
              nell'attuazione del piano si potrebbe cogliere l'occasione per creare moderne gallerie di servizio dove far passare tutte le condutture, tubature e cablaggi precedentemente alloggiati nel sottosuolo in maniera scoordinata,

impegna il Governo

ad assumere tutte le iniziative necessarie alla sostituzione integrale delle condutture della rete nazionale di distribuzione dell'acqua potabile dagli invasi alle utenze domestiche, ove possibile anche ricorrendo alla creazione di apposite gallerie di servizio per evitare continui disfacimenti del manto stradale.
9/2648/23.    (Testo modificato nel corso della seduta) Lollobrigida, Prisco, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              da sempre il Corpo dei vigili del fuoco subisce una grave disparità retributiva e previdenziale rispetto alle altre Forze di polizia da cui deriva l'esigenza di definire un quadro normativo semplificato in materia di operatori del settore della difesa. Esiste già una norma che riconosce in linea di principio alle Forze armate, alle Forze di Polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco uguali tutele economiche, pensionistiche e previdenziali: l'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n.  183; una norma per troppo tempo disapplicata nella pratica;
              sull'argomento, negli anni, si sono susseguiti diversi confronti e scontri sindacali atti a ribadire il problema: si ricorda, ad esempio, quello del maggio 2019; in tale occasione l'allora Ministro del lavoro si era pronunciato sulla fattibilità dell'operazione, proclamando la creazione di un Fondo economico dedicato attivo a decorrere da gennaio 2020; a oggi, tale fondo non ci risulta essere stato creato;
              tutelare e valorizzare tutto il comparto sicurezza è importante; fare in modo, inoltre, che tutti i suoi corpi abbiano lo stesso trattamento è doveroso per uno stato che abbia la pretesa di mantenere uguaglianza fra coloro che rischiano la vita tutti i giorni per servirlo,

impegna il Governo

a garantire in un'ottica di superamento e semplificazione del complesso intreccio normativo, l'allineamento retributivo e pensionistico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco con le Forze dell'ordine.
9/2648/24. Prisco, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              da sempre il Corpo dei vigili del fuoco subisce una grave disparità retributiva e previdenziale rispetto alle altre Forze di polizia da cui deriva l'esigenza di definire un quadro normativo semplificato in materia di operatori del settore della difesa. Esiste già una norma che riconosce in linea di principio alle Forze armate, alle Forze di Polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco uguali tutele economiche, pensionistiche e previdenziali: l'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n.  183; una norma per troppo tempo disapplicata nella pratica;
              sull'argomento, negli anni, si sono susseguiti diversi confronti e scontri sindacali atti a ribadire il problema: si ricorda, ad esempio, quello del maggio 2019; in tale occasione l'allora Ministro del lavoro si era pronunciato sulla fattibilità dell'operazione, proclamando la creazione di un Fondo economico dedicato attivo a decorrere da gennaio 2020; a oggi, tale fondo non ci risulta essere stato creato;
              tutelare e valorizzare tutto il comparto sicurezza è importante; fare in modo, inoltre, che tutti i suoi corpi abbiano lo stesso trattamento è doveroso per uno stato che abbia la pretesa di mantenere uguaglianza fra coloro che rischiano la vita tutti i giorni per servirlo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire in un'ottica di superamento e semplificazione del complesso intreccio normativo, l'allineamento retributivo e pensionistico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco con le Forze dell'ordine.
9/2648/24.    (Testo modificato nel corso della seduta) Prisco, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              a partire dal 1o ottobre 2020 l'Inps non rilascerà più il Pin per l'accesso ai servizi telematici. Al suo posto si darà invece spazio all'identità digitale Spid, che – a seguito della fase transitoria – diverrà l'unico metodo per accedere alla piattaforma online dell'Istituto e quindi per inviare pratiche, domande o consultare i propri dati personali;
              lo Spid è fornito da diversi provider, alcuni completamente gratuiti e altri a pagamento, a differenza del Pin Inps che è totalmente gratuito;
              l'attuale regime delle esenzioni non tiene in conto la categoria degli italiani all'estero;
              per molti di loro, in particolare i pensionati, è particolarmente difficile utilizzare gli strumenti elettronici necessari per verificare l'identità ai fini di ottenere lo Spid;
              questi saranno verosimilmente costretti a ricorrere a servizi a pagamento per ottenere l'identità digitale,

impegna il Governo

ad adottare idonee disposizioni per consentire la verifica gratuita dell'identità degli italiani residenti all'estero che chiederanno l'attivazione dello Spid.
9/2648/25. Delmastro Delle Vedove, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame di conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              tra le diverse misure trattate, il provvedimento dispone in merito a procedure per l'incentivazione degli investimenti pubblici durante il periodo emergenziale in relazione all'aggiudicazione dei contratti pubblici sotto la soglia;
              le micro, piccole e medie imprese sono quelle che hanno risentito gravemente della crisi in corso c che dovranno far fronte per un periodo di tempo ancora non preventivabile alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell'emergenza sanitaria globale del Covid-19;
              a partire dal «Small Business Act per l'Europa», COM (2008) 394, data a Bruxelles il 25 giugno 2008, viene valorizzato il ruolo delle MPMI quale fattore di crescita e di sviluppo dell'Unione, in cui sono delineati i princìpi per guidare la formalizzazione delle politiche a sostegno delle imprese di minori dimensioni;
              inoltre, l'articolo 35 del codice degli appalti impegna le stazioni appaltanti ad assicurare l'effettiva possibilità di partecipazione delle micro, piccole e medie imprese circa l'affidamento dei lavori, servizi e forniture sotto-soglia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi provvedimenti utili misure atte a tutelare ulteriormente l'accesso delle micro e piccole imprese agli appalti pubblici, prestando particolare attenzione ai mercati locali e quindi alle diverse realtà territoriali.
9/2648/26. Zucconi, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame reca una serie di misure dirette alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, all'eliminazione e velocizzazione di adempimenti burocratici, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, al sostegno all'economia verde e all'attività di impresa;
              in particolare, l'articolo 9 comma 3 prevede l'attribuzione dei poteri ai Commissari «sblocca cantieri» a tutti i commissari per opere pubbliche o infrastrutture, salvo alcune eccezioni;
              l'articolo 4 del decreto-legge «sblocca cantieri» ha, infatti, introdotto e disciplinato una procedura per l'individuazione degli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari e per la nomina dei Commissari straordinari per garantirne la celere realizzazione;
              tali Commissari possono operare in deroga sia a norme di natura amministrativa, fatte salve quelle inerenti alle discipline di natura ambientale e di tutela dei beni culturali, sia alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea assumendo direttamente le funzioni di stazione appaltante;
              tra le eccezioni figurano anche i Commissari nominati con ordinanze di protezione civile, e, di conseguenza, risulta escluso dall'attribuzione dei più ampi poteri il Commissario straordinario del Governo ai fini della ricostruzione nelle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessate dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016;
              la ricostruzione dei territori colpiti da quegli eventi sismici è attualmente uno dei più grandi cantieri d'Italia, la cui rapida ultimazione, insieme alla ripresa produttiva degli stessi, è di fondamentale importanza per scongiurare il rischio del definitivo spopolamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere i poteri commissariali disciplinati dal decreto «sblocca cantieri» anche al Commissario alla ricostruzione nelle regione Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria.
9/2648/27. Osnato, Prisco, Trancassini.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento all'esame reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              il comma 2 dell'articolo 4 dispone l'applicazione del comma 2 dell'articolo 125 del Codice del processo amministrativo in caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento di cui agli articoli 1 e 2, comma 2, del decreto qui in conversione, qualora rientranti nell'ambito applicativo dell'articolo 119, comma 1, lettera a), del codice del processo amministrativo. Con questo comma si introduce, quindi, un particolare onere motivazionale con riferimento alle infrastrutture strategiche. Il richiamo di detta disposizione crea confusione in quanto la necessità di un adeguato onere motivazionale per le pronunce cautelari nel rito appalti è già previsto dall'articolo 120, comma 8-ter;
              anche il comma 3 dello stesso articolo, che interviene in materia di contenzioso relativo alle opere inserite nel programma di rilancio delineato dal Governo, presenta delle problematicità. Prevedere l'applicazione dell'intero articolo 125 del codice del processo amministrativo, estendendo quindi non solo la previsione relativa all'onere motivazionale della pronuncia cautelare, ma anche quella riguardante i limiti alla caducazione del contratto in seguito alla accertata illegittimità della aggiudicazione, alle procedure previste dal comma 3 dell'articolo 2 del decreto-legge (urgenza per danni Covid e settori particolari), non solo è di difficile applicazione, ma soprattutto andrebbe a generare un grosso pregiudizio; l'interesse alla realizzazione delle opere prevarrebbe sull'interesse all'affidamento legittimo e ad un operatore «affidabile»;
              bisogna ricordare, inoltre, che il comma 3 del richiamato articolo 125 desta da tempo dubbi di compatibilità con il sistema europeo e costituzionale,

impegna il Governo

affinché, in relazione alla conclusione dei contratti pubblici e ai ricorsi giurisdizionali relativi a opere da realizzare in questa fase di emergenza, si mettano in atto norme chiare e che non vadano a confliggere o a sovrapporsi con altre disposizioni già esistenti, eliminando così ogni possibile problema di interpretazione che potrebbe sorgere in sede di giudizio.
9/2648/28. Foti, Ferro, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame di conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              il provvedimento dispone una pluralità di misure a garanzia del contrasto dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 e affida – fino alla scadenza dello stato di emergenza – al Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento di dette misure l'acquisizione e la distribuzione delle apparecchiature e dei dispositivi di protezione individuale, nonché dei beni strumentali, compresi gli arredi scolastici, per garantire l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2020/2021 e il contrasto dell'eventuale emergenza nelle istituzioni scolastiche statali;
              il decreto scuola, che ha recepito il decreto rilancio in merito all'edilizia scolastica, avrebbe dovuto velocizzare l'esecuzione degli interventi di edilizia scolastica, anche attraverso le occupazioni di urgenza e le espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione degli interventi di edilizia scolastica. Allo stato attuale i procedimenti rimangono farraginosi e di non facile realizzazione;
              gli enormi disagi cui la scuola è sottoposta a causa dell'emergenza scaturiscono anche dalla necessità di nuovi spazi e nuove strutture, anche provvisorie, per poter portare avanti la progettazione didattica ed affrontare le grandi difficoltà organizzative. Per la realizzazione di ciò e in considerazione dell'apertura dell'anno scolastico è necessaria la semplificazione dei procedimenti per poter accedere a nuovi investimenti e nuove strutture,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere per le Istituzioni scolastiche di proprietà degli EE.LL., (in deroga all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n.  380 del 2001) la possibilità in edilizia libera di realizzare strutture provvisorie, smontabili se richiesto per coprire porzioni di spazi esterni da dedicare all'accoglienza degli alunni per contenere gli assembramenti e garantire ingressi scaglionati all'interno degli edifici da parte di alunni e docenti.
9/2648/29. Bucalo, Frassinetti.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame di conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              il provvedimento contiene, tra le differenti misure trattate, anche l'accelerazione e la semplificazione della ricostruzione pubblica nelle aree colpite da eventi sismici;
              in Italia sono stati attuati numerosi programmi di valutazione sismica di edifici pubblici che hanno evidenziato l'elevata vulnerabilità degli edifici scolastici, specialmente di quelli più datati, realizzati senza alcuna protezione sismica e, a volte, in stato di degrado. La riduzione della vulnerabilità sismica di questi edifici richiede ingenti risorse finanziarie e procedimenti farraginosi e di non agevole realizzazione;
              occorrerebbero procedure più snelle e semplificate al fine di poter optare per il miglioramento sismico anziché per l'adeguamento degli edifici scolastici in particolare, considerata l'emergenza, valutando i differenti casi, allo scopo di intervenire più rapidamente e su un numero maggiore di edifici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di velocizzare i percorsi per l'ottenimento della classificazione di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici pubblici e procedere ad interventi di edilizia mirati e risolutivi.
9/2648/30. Frassinetti, Bucalo.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame reca una serie di misure dirette alla semplificazione dei procedimenti amministrativi all'eliminazione e velocizzazione di adempimenti burocratici alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, al sostegno all'economia verde e all'attività di impresa;
              in particolare, l'articolo 8, al comma 8 interviene in materia di acquisto di beni per l'avvio dell'anno scolastico 2020/2021, affidando – fino alla scadenza dello stato di emergenza – al Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 l'acquisizione e distribuzione delle apparecchiature e dei dispositivi di protezione individuale, nonché dei beni strumentali, compresi gli arredi scolastici, per garantire l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2020/2021 e il contrasto dell'eventuale emergenza nelle istituzioni scolastiche statali;
              a partire dallo scorso 1o marzo la sanificazione e le pulizie in ambito scolastico sono state affidate a personale internalizzato;
              al riguardo, al fine di rendere siculi e salubri tali ambienti è necessario valutare la possibilità di affidare l'espletamento dei relativi servizi ad imprese altamente specializzate e di sicura professionalità ed affidabilità, data l'estrema delicatezza degli utenti finali dei servizio medesimo;
              nell'attuale contesto, infatti appare quantomeno opportuno adottare misure che favoriscano lo svolgimento di questi servizi di pubblica necessità da parte delle imprese che erogano i servizi di pulizia e cleaning – professionalmente e strutturalmente organizzate per questo – garantendo in tal modo igiene e salute e, al tempo stesso, salvaguardando i livelli occupazionali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza per prorogare, sino al prossimo 31 dicembre, i contratti di pulizia e/o sanificazione aggiudicati presso gli istituti scolastici statali a seguito di gara dichiarati decaduti in data 1o marzo 2020, con legge 20 dicembre 2019, n.  159.
9/2648/31. Donzelli, Prisco.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 38 del disegno di legge in esame reca misure di semplificazione per reti e servizi di comunicazioni elettroniche;
              in particolare, il comma 5 prevede ulteriori interventi di semplificazione riferiti alla posa di infrastrutture in banda larga sul sedime stradale e autostradale;
              a tal fine la disposizione novella l'articolo 5 del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n.  33 con l'obiettivo di snellire e ridurre i termini delle procedure autorizzate per l'istallazione di reti di telecomunicazioni;
              la novella apportata introduce la possibilità per gli operatori di utilizzare la microtrincea quale tecnica di scavo a basso impatto ambientale, giacché non richiede ripristini del manto stradale e, rispetto allo scavo tradizionale, consente una migliore produttività delle squadre, limitando tempi e spazio degli interventi e riducendo le emissioni di C02 nell'atmosfera;
              il comma 4 del medesimo articolo 38 introduce una semplificazione in materia di verifica preventiva di interesse archeologico con riguardo alla realizzazione di interventi di scavo qualora siano utilizzate infrastrutture fisiche esistenti e tecnologie di scavo a basso impatto ambientale in presenza di sotto servizi, novellando l'articolo 7 del citato decreto legislativo 33 del 2016;
              al fine di conferire maggiore efficacia e chiarezza alle disposizioni recentemente introdotte dal disegno di legge in esame, e, conseguentemente, incidere positivamente sui tempi di realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni a banda ultra larga appare necessario coordinare le disposizioni appena introdotte con le previsioni del decreto legislativo,

impegna il Governo

ad aggiornare, con successivi provvedimenti, il decreto legislativo n. 33 del 2016 nel senso descritto in premessa al fine di realizzare una concreta velocizzazione delle procedure ivi disciplinate.
9/2648/32. Butti, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 38 del disegno di legge in esame reca misure di semplificazione per reti e servizi di comunicazioni elettroniche;
              in particolare, il comma 5 prevede ulteriori interventi di semplificazione riferiti alla posa di infrastrutture in banda larga sul sedime stradale e autostradale;
              a tal fine la disposizione novella l'articolo 5 del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n.  33 con l'obiettivo di snellire e ridurre i termini delle procedure autorizzate per l'istallazione di reti di telecomunicazioni;
              la novella apportata introduce la possibilità per gli operatori di utilizzare la microtrincea quale tecnica di scavo a basso impatto ambientale, giacché non richiede ripristini del manto stradale e, rispetto allo scavo tradizionale, consente una migliore produttività delle squadre, limitando tempi e spazio degli interventi e riducendo le emissioni di C02 nell'atmosfera;
              il comma 4 del medesimo articolo 38 introduce una semplificazione in materia di verifica preventiva di interesse archeologico con riguardo alla realizzazione di interventi di scavo qualora siano utilizzate infrastrutture fisiche esistenti e tecnologie di scavo a basso impatto ambientale in presenza di sotto servizi, novellando l'articolo 7 del citato decreto legislativo 33 del 2016;
              al fine di conferire maggiore efficacia e chiarezza alle disposizioni recentemente introdotte dal disegno di legge in esame, e, conseguentemente, incidere positivamente sui tempi di realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni a banda ultra larga appare necessario coordinare le disposizioni appena introdotte con le previsioni del decreto legislativo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di aggiornare, con successivi provvedimenti, il decreto legislativo n. 33 del 2016 nel senso descritto in premessa al fine di realizzare una concreta velocizzazione delle procedure ivi disciplinate.
9/2648/32.    (Testo modificato nel corso della seduta) Butti, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              con il decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante «misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale» cosiddetto «Decreto Semplificazioni» il Governo ha disposto, tra le altre, una «semplificazione» in materia di contratti pubblici al Capo I del predetto decreto-legge;
              tra le cause che impediscono il sollecito affidamento dei contratti pubblici figura l'inerzia degli amministratori che, pur in assenza di provvedimenti del giudice che sospendano la procedura di gara, bloccano il procedimento sino alla definizione del giudizio con sentenza di merito di secondo grado;
              con il codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.  50, sono state, tra le altre, introdotte cause di esclusione dalla gara fondate su vicende penali non ancora accertate con una sentenza passata in giudicato, ampliando notevolmente la discrezionalità dell'amministrazione aggiudicatrice, pregiudicando lo svolgimento delle gare e moltiplicando gli episodi di contenzioso;
              il quadro così delineato fornisce un contesto in cui il c.c.p. da luogo a varie storture giuridiche (cfr. combinato disposto di articolo 106, comma 2, lettera b) e articolo 108, comma 1, lettera b) c.c.p.), tra cui la casistica nella quale la stazione appaltante, laddove rinvenisse errori nel proprio progetto esecutivo, necessitanti di una variante collettiva di valore superiore al 15 per cento del valore dell'opera, risolve il contratto con l'appaltatore, senza risarcimenti, senza che questo abbia alcun ruolo nell'errore del progetto della stazione appaltante stessa, con il conseguente blocco nella realizzazione dell'opera di almeno 1-2 anni:
              in sede di recepimento delle direttive UE in materia di contratti pubblici sono stati aggiunti una serie di oneri che hanno comportato, nella prassi, l'erroneo recepimento delle disposizioni europee stesse;
              il predetto decreto-legge n.  76 del 2020 non ha provveduto a novellare completamente le disposizioni vigenti, creando al più un quadro transitorio, senza risolvere le criticità sottese al c.c.p.,

impegna il Governo:

          ad adottare iniziative normative volte a recepire pienamente le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE in materia di contratti pubblici;
          ad introdurre la presunzione legale di continuità aziendale di dodici mesi per le aziende richiedenti finanziamenti bancari.
9/2648/33. Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame reca una serie di misure dirette alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, all'eliminazione e velocizzazione di adempimenti burocratici, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, al sostegno all'economia verde e all'attività di impresa;
              in particolare, l'articolo 42 prevede misure di semplificazione dell'attività del Comitato interministeriale per la programmazione economica;
              l'articolo 1-bis del decreto-legge 14 ottobre 2019, n.  111 (c.d. decreto-legge clima), convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n.  141, attribuisce al Cipe il coordinamento delle politiche pubbliche per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, ridenominando il suddetto comitato in Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess);
              ai sensi del novellato comma 4 dell'articolo 6 della legge 31 dicembre 2009, n.  196, il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri trasmette alle Camere, entro il 30 giugno di ciascun anno, una relazione concernente l'attività e le deliberazioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) adottate nel corso dell'anno precedente e, a decorrere dall'anno 2022, tale relazione contiene anche le attività svolte in materia di sviluppo sostenibile;
              gli impegni che il nostro Paese ha assunto con la sottoscrizione, nel settembre 2015, dell'Agenda Onc 2030 sullo sviluppo sostenibile si sono traslati in ambito nazionale nell'adozione di una Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS);
              entro il 2021 la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile dovrà essere oggetto di revisione ai sensi della legge 28 dicembre 2015, n.  221 e il CIPESS ha un ruolo fondamentale nella definizione della nuova strategia,

impegna il Governo

a rafforzare il CIPESS, anche attraverso l'assunzione di personale dotato delle necessarie competenze, affinché svolga a livello governativo ed internazionale, una effficace azione di coordinamento in materia di sviluppo sostenibile.
9/2648/34. Ferro.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              tale provvedimento interviene, in particolare, in materia di contratti pubblici al fine di snellire le procedure, per incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici. Ciò anche per fronteggiare le conseguenze economiche negative dovute alle misure di contenimento e dell'emergenza sanitaria del Covid-19;
              tuttavia, sebbene il fine sia chiaramente apprezzabile, il decreto presenta molteplici criticità, come ben rilevato dai parere dell'Anac, anche poiché non interviene in modo organico rispetto alla disciplina in questione, esigenza sentita già da tempo e al di là della sopravvenuta emergenza sanitaria;
              si prevede, all'articolo 1, che per gli affidamenti mediante procedura negoziata senza bando, le stazioni appaltanti procedono con propria scelta all'aggiudicazione sulla base dei criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa o del prezzo più basso. Pertanto, per quanto concerne il criterio sulla base del quale procedere all'aggiudicazione della procedura negoziata, si conferma l'equiparazione tra criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e quello del prezzo più basso, lasciando alla stazione appaltante la facoltà di scelta tra i due. Al riguardo, neanche la modifica effettuata in sede di esame al Senato risulta sufficiente, considerando che si è meramente precisato che resta ferma l'applicazione dell'articolo 95, comma 3 del codice in materia di criteri di aggiudicazione dell'appalto sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa;
              nell'ambito della disciplina del contratti pubblici, è stato più volte evidenziato che l'applicazione del criterio del minor prezzo nell'assegnazione degli appalti, determini gravi storture, soprattutto in termini di rispetto dei diritti dei lavoratori e di qualità delle prestazioni nell'esecuzione dei contratti;
              l'applicazione del criterio del minor prezzo, comporta troppo spesso un contrasto con quei principi di mercato atti a garantire, contestualmente, occupazione, produzione di utili, qualità dei servizi e rispetto delle leggi;
              a conferma di quanto espresso, in data 13 giugno 2019, il Governo aveva accolto l'ordine del giorno 9/01898/075, con il quale si sollecitavano iniziative normative volte a eliminare il criterio del minor prezzo nell'assegnazione degli appalti pubblici,

impegna il Governo

ad assumere idonee iniziative normative al fine di eliminare il criterio del minor prezzo nell'assegnazione degli appalti pubblici, affinché non vengano violati principi fondamentali di mercato, in particolare, a tutela dei diritti dei lavoratori coinvolti nelle attività oggetto di appalto.
9/2648/35. Rizzetto.


      La Camera,
          premesso che:
              il patrimonio edilizio di molte città italiane consta in gran parte di edifici vetusti, di scarso pregio ed inefficienti dal punto di vista energetico;
              taluni di questi edifici sono situati anche a ridosso dei centri storici e necessitano di importanti interventi di riqualificazione, che evitino il verificarsi di fenomeni di degrado urbano;
              il recupero e la valorizzazione del patrimonio edilizio rappresenta inoltre un importante volano per l'economia, poiché il settore dell'edilizia costituisce parte consistente del PIL;
              le iniziative volte al recupero e valorizzazione del patrimonio edilizio meritano particolare attenzione e vanno incentivate, intervenendo in particolare sul piano della semplificazione dei molteplici oneri burocratici,
              la formulazione dell'articolo 10 del Decreto in esame, così come licenziato dal Senato, sembra contrastare con una logica di semplificazione, soprattutto laddove limita eccessivamente gli interventi di demolizione e ricostruzione anche in zone e per edifici nei fatti prive di esigenze di tutela dal punto di vista storico ed architettonico;
              è stato segnalato da più parti il pericolo che l'introduzione di tali limiti rischi di blindare ed ingessare intere zone delle città italiane che, peraltro, con i centri storici e con i patrimoni di pregio non hanno nulla a che vedere,

impegna il Governo

a valutare la predisposizione di linee guida volte a circoscrivere le limitazioni delle operazioni di recupero del patrimonio edilizio, con particolare riferimento agli interventi di demolizione e ricostruzione nonché di ripristino di edifici crollati o demoliti che comportino modifiche di sagoma, prospetti, sedime, caratteristiche pianivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e incrementi di volumetria, solamente quelle realtà effettivamente meritevoli di tutela dal punto di vista storico ed architettonico.
9/2648/36. Benigni, Gagliardi, Pedrazzini, Silli, Sorte.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo novella l'articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2017, n.  91 convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n.  123, concernente l'istituzione di zone economiche speciali (ZES) introducendo quindi regimi fiscali agevolati e misure di semplificazione burocratica e amministrativa per le aree del Paese meno sviluppate e in transizione territoriale;
              l'Italia, data la sua configurazione geografica e le sue numerose aree di confine ha le potenzialità per diventare un polo importante per l'Europa potenziandone lo sviluppo e l'attrattività degli investimenti;
              a maggior ragione, la grave crisi dovuta all'emergenza da COVID-19 impone l'urgente adozione di adeguati ed efficaci provvedimenti volti a promuovere un reale sviluppo economico, nonché a sostenere fattivamente le attività di sviluppo locale già esistenti, anche mediante strumenti che portino a riequilibrare la disarmonia fiscale e tariffaria che sussiste, ne caso specifico, nella continuità transfrontaliera di Ventimiglia fra l'Italia e la Francia;
              occorre pertanto favorire delle condizioni fiscali e tariffarie della Città di Ventimiglia rispetto alle analoghe condizioni vigenti in altri paesi, anche europei, attraverso la creazione di una zona economica speciale (ZES) e una Zona franca doganale;
              il Governo italiano con il Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n.  62 del 3 settembre 2020 ha annunciato per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio del Comune di Lampedusa e Linosa, la sospensione fino al 21 dicembre 2020 dei versamenti dei tributi nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, così riconoscendo alle zone di confine una situazione di svantaggio in considerazione dell'andamento dei flussi migratori, sia pure in maniera localizzante e circoscritta a due sole zone territoriali e disattenta rispetto a tutte le altre,

impegna il Governo

a prevedere l'istituzione di una Zona economica speciale, nonché una Zona franca doganale nella città di Ventimiglia, cui si applicherà la disciplina agevolativa per le zone economiche speciali italiane, al fine di creare e favorire le migliori condizioni in termini economici, amministrativi e fiscali in una zona geograficamente strategica come l'intero territorio ligure.
9/2648/37. Di Muro.


      La Camera,
          premesso che:
              nell'articolo 16 del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, oggetto del provvedimento di conversione al l'esame dell'Assemblea, vi sono norme volte a facilitare l'esercizio del diritto di voto degli italiani all'estero nel referendum confermativo del testo di legge costituzionale, recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari»:
              in particolare, alcune disposizioni dell'articolo 16 del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, intervengono sul testo dell'articolo 12, comma 7, della legge 27 dicembre 2001, n.  459, nel senso di anticipare di due giorni il termine di ricezione delle schede votate dai cittadini residenti nella circoscrizione Estero, precedentemente identificato con il giovedì antecedente la data per le votazioni in Italia;
              malauguratamente, tuttavia, si segnalano da più parti ritardi nella consegna delle schede elettorali agli aventi diritto residenti nella circoscrizione Estero, che a norma di legge avrebbe dovuto essere perfezionata entro il 18esimo giorno antecedente alla data delle votazioni in Italia;
              tale circostanza rischia di compromettere l'esercizio del diritto di voto da parte dei cittadini ricompresi nella circoscrizione Estero proprio mentre viene chiesto il consenso confermativo ad una importante riforma della Costituzione,

impegna il Governo

          ad intervenire celermente, adottando tutte le misure necessarie a garantire l'esercizio del diritto di voto a tutti i cittadini titolari dell'elettorato attivo residenti nella circoscrizione Estero;
          a mettere allo studio misure di ausilio, anche di natura elettronica, che consentano in futuro ai residenti nella circoscrizione Estero di esprimere il proprio voto anche nelle circostanze in cui la consegna delle schede subisca ritardi imputabili a qualsiasi genere di motivo.
9/2648/38. Zoffili.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 49-bis, introdotto al Senato, prevede la facoltà dell'intestatario del veicolo di richiedere la restituzione del documento di circolazione originale, in occasione del rilascio del documento unico di circolazione, previo pagamento di un contributo;
              il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza e con provvedimenti economici, fiscali, sanitari, etc., correlati all'emergenza epidemiologica, hanno inevitabilmente accantonato altre necessità di interventi legislativi come, ad esempio l'approvazione di una soluzione all'annoso problema dell'utilizzo della targa di prova sui veicoli sprovvisti di copertura per la responsabilità civile auto;
              con parere 30 marzo 2018 n.  300/A/2689/18/105/20/3, infatti, il Ministero dell'interno ha specificato che, diversamente dalla prassi ormai consolidata, l'autorizzazione alla circolazione di prova di cui all'articolo 98 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.  285, ha il solo scopo di evitare di munire della carta di circolazione un veicolo che circola su strada per determinate esigenze;
              la suesposta interpretazione danneggia tutti i soggetti che attualmente utilizzano, nel rispetto dell'articolo 1 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2001, n.  474 (Regolamento di semplificazione del procedimento di autorizzazione alla circolazione di prova dei veicoli), l'autorizzazione di prova per motivi di lavoro su veicoli immatricolati: commercianti di automobili usate, esercenti di officine di riparazione e carrozzerie;
              il parere del Ministero dell'interno sembrerebbe confliggere palesemente con il decreto del Presidente della Repubblica n.  474 del 2001, in considerazione del fatto che ovviamente i veicoli da testare da parte di officine, produttori di pneumatici e di allestimenti per verificarne il corretto funzionamento nonché da parte di commercianti di auto usate per far provare l'auto su strada a possibili acquirenti, sono già immatricolati;
              la targa prova rappresenta uno strategico strumento di lavoro che deve essere messo a disposizione dei nostri operatori economici con assoluta chiarezza e debbono, certamente, essere perseguiti eventuali abusi nei casi in cui della targa prova sia fatto un uso improprio, ma gli utilizzi professionali devono essere necessariamente da tutelare,

impegna il Governo

a chiarire definitivamente e univocamente che i soggetti di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2001, n.  474, sono autorizzati a circolare, per esigenze strettamente connesse alla propria attività lavorativa, con veicoli muniti di targa di prova, anche se immatricolati, consentendo ad autoriparatori e rivenditori di poter svolgere il proprio lavoro.
9/2648/39. Paternoster, Maccanti, Guidesi.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 49-bis, introdotto al Senato, prevede la facoltà dell'intestatario del veicolo di richiedere la restituzione del documento di circolazione originale, in occasione del rilascio del documento unico di circolazione, previo pagamento di un contributo;
              il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza e con provvedimenti economici, fiscali, sanitari, etc., correlati all'emergenza epidemiologica, hanno inevitabilmente accantonato altre necessità di interventi legislativi come, ad esempio l'approvazione di una soluzione all'annoso problema dell'utilizzo della targa di prova sui veicoli sprovvisti di copertura per la responsabilità civile auto;
              con parere 30 marzo 2018 n.  300/A/2689/18/105/20/3, infatti, il Ministero dell'interno ha specificato che, diversamente dalla prassi ormai consolidata, l'autorizzazione alla circolazione di prova di cui all'articolo 98 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.  285, ha il solo scopo di evitare di munire della carta di circolazione un veicolo che circola su strada per determinate esigenze;
              la suesposta interpretazione danneggia tutti i soggetti che attualmente utilizzano, nel rispetto dell'articolo 1 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2001, n.  474 (Regolamento di semplificazione del procedimento di autorizzazione alla circolazione di prova dei veicoli), l'autorizzazione di prova per motivi di lavoro su veicoli immatricolati: commercianti di automobili usate, esercenti di officine di riparazione e carrozzerie;
              il parere del Ministero dell'interno sembrerebbe confliggere palesemente con il decreto del Presidente della Repubblica n.  474 del 2001, in considerazione del fatto che ovviamente i veicoli da testare da parte di officine, produttori di pneumatici e di allestimenti per verificarne il corretto funzionamento nonché da parte di commercianti di auto usate per far provare l'auto su strada a possibili acquirenti, sono già immatricolati;
              la targa prova rappresenta uno strategico strumento di lavoro che deve essere messo a disposizione dei nostri operatori economici con assoluta chiarezza e debbono, certamente, essere perseguiti eventuali abusi nei casi in cui della targa prova sia fatto un uso improprio, ma gli utilizzi professionali devono essere necessariamente da tutelare,

impegna il Governo

a chiarire quali soggetti siano autorizzati a circolare, per esigenze strettamente connesse alla propria attività lavorativa, con veicoli muniti di targa di prova, anche se immatricolati, consentendo ad autoriparatori e rivenditori di poter svolgere il proprio lavoro.
9/2648/39.    (Testo modificato nel corso della seduta) Paternoster, Maccanti, Guidesi.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 49-bis, introdotto al Senato, prevede la facoltà dell'intestatario del veicolo di richiedere la restituzione del documento di circolazione originale, in occasione del rilascio del documento unico di circolazione, previo pagamento di un contributo;
              il parco dei veicoli di interesse storico e collezionistico attualmente in possesso della motorizzazione ha al suo interno una notevole percentuale di veicoli reimmatricolati;
              si stima possano essere non meno di 5000 le richieste di targhe originali avanzate annualmente alla Motorizzazione civile;
              la possibilità di richiedere, dietro contributo, l'utilizzo delle targhe storiche, potrebbe comportare delle nuove entrate erariali per le casse dello Stato,

impegna il Governo

già dal prossimo provvedimento utile, ad apportare puntuali modifiche al Codice della Strada che consentano al privato cittadino l'immatricolazione dei veicoli di interesse storico e collezionistico con l'utilizzo della targa della prima iscrizione al P.RA., ovvero di ottenere una targa nel formato e nella grafica del periodo storico di costruzione o circolazione del veicolo.
9/2648/40. Capitanio.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 49-bis, introdotto al Senato, prevede la facoltà dell'intestatario del veicolo di richiedere la restituzione del documento di circolazione originale, in occasione del rilascio del documento unico di circolazione, previo pagamento di un contributo;
              il parco dei veicoli di interesse storico e collezionistico attualmente in possesso della motorizzazione ha al suo interno una notevole percentuale di veicoli reimmatricolati;
              si stima possano essere non meno di 5000 le richieste di targhe originali avanzate annualmente alla Motorizzazione civile;
              la possibilità di richiedere, dietro contributo, l'utilizzo delle targhe storiche, potrebbe comportare delle nuove entrate erariali per le casse dello Stato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire al privato cittadino l'immatricolazione dei veicoli di interesse storico e collezionistico con l'utilizzo della targa della prima iscrizione al P.RA., ovvero di ottenere una targa nel formato e nella grafica del periodo storico di costruzione o circolazione del veicolo.
9/2648/40.    (Testo modificato nel corso della seduta) Capitanio.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame introduce misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              l'articolo 21 interviene a modificare l'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n.  20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti e, in particolare, il comma 2 dell'articolo 21, come modificato dal Senato, limita, con riguardo ai fatti commessi dal 17 luglio 2020 al 31 dicembre 2021, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica, ai soli casi in cui l'evento dannoso prodotto dal soggetto agente sia conseguenza di una condotta dolosa, eliminando la responsabilità derivante dalla colpa grave;
              simile intervento che dovrebbe, secondo alcuni, servire a favorire la ripresa economica della Nazione e a contrastare il fenomeno della cosiddetta «burocrazia difensiva», in realtà, non avrà altra conseguenza che indebolire il sistema di legalità, imparzialità e trasparenza che connota l'azione della pubblica amministrazione (articolo 97, comma 2 della Costituzione e articolo 1, comma 1, della legge n.  241 del 1990), senza raggiungere alcun risultato di semplificazione;
              secondo la giurisprudenza costante della Corte dei Conti la «colpa grave» si identifica con «la intensa negligenza, la sprezzante trascuratezza dei propri doveri, l'atteggiamento di grave disinteresse nell'espletamento delle proprie funzioni, la macroscopica violazione delle norme, il comportamento che denoti dispregio delle comuni regole di prudenza»;
              è evidente, quindi, che un intervento normativo volto ad eliminare tout court un importante elemento psicologico soggettivo, quale quello della colpa grave, comporterebbe non solo gravi disparità di trattamento verso i dipendenti pubblici sottoposti a procedimento per responsabilità erariale, essendo assolutamente favoriti coloro le cui azioni saranno commesse nell'arco temporale indicato dalla norma de qua, ma cosa ancora più grave, eliminerebbe il perseguimento da parte dell'autorità giudiziaria delle azioni dannose per l'erario commesse con «colpa grave», quindi per gravi errori gestionali che, come noto, danneggiano l'azione amministrativa e, in particolare, i cittadini i cui interessi e diritti lesi non potrebbero essere assicurati senza alcuno strumento preventivo sui comportamenti dei pubblici funzionari;
              la «burocrazia difensiva», cioè non fare assolutamente nulla, perché se non si mettono firme, se non si prendono decisioni, difficilmente si potrà essere chiamati a rispondere di qualcosa, indubbiamente, è un problema esistente che, tuttavia, non può essere combattuto eliminando ipotesi di responsabilità, ma occorrerebbe un intervento legislativo volto a rivedere la cospicua e intrecciata mole di norme per snellire le procedure amministrative, i tempi dei procedimenti, gli strumenti e i documenti necessari dell’iter amministrativo e che, sovente, richiedono una tempistica molto lunga,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di considerare l'opportunità, nei provvedimenti di prossima emanazione, di ripristinare la colpa grave quale elemento soggettivo psicologico della responsabilità erariale.
9/2648/41. Cirielli.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento al nostro esame, approvato dal Senato, reca la conversione del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              durante l’iter al Senato sono stati approvati emendamenti di natura ordinamentale al fine di semplificare procedure che, rallentando la realizzazione di determinati processi, incidono negativamente sul PIL nazionale;
              un'industria nazionale dei materiali per la difesa e la sicurezza efficiente e competitiva, oltre a rappresentare uno strumento essenziale per l'affermazione della sovranità dello Stato, agevola il rinnovamento costante degli equipaggiamenti in dotazione alle Forze armate e contribuisce in vario modo alla crescita del prodotto interno lordo;
              l'industria dei materiali per la difesa e la sicurezza sostiene la ricerca avanzata nel campo dei sistemi e delle strumentazioni ad alta intensità di tecnologia, che spesso hanno rilevanti ricadute anche sul piano delle applicazioni e produzioni civili, offre impieghi ad alto valore aggiunto e, nel caso del nostro Paese, fornisce un apporto rilevante alla bilancia commerciale con l'estero;
              l'industria della difesa, in cui le piccole e medie imprese svolgono un ruolo di grande rilievo, costituisce una parte rilevante dell'economia nazionale, incidendo in maniera significativa sul prodotto interno lordo e presentando importanti ricadute occupazionali, sia in via diretta che in relazione all'indotto;
              il mercato dei materiali di armamento è fra i più complessi al mondo, anche perché dal carattere strategico e sensibile del suo campo di attività deriva un quadro normativo del tutto particolare, sia nei singoli ordinamenti interni che nel quadro delle relazioni commerciali internazionali, che sono peraltro fortemente influenzate da fattori politici, rapporti tra Stati e sistemi di alleanze;
              i recenti significativi sviluppi nel campo della difesa comune europea (tra cui, in particolare, l'avvio della cooperazione strutturata permanente e l'istituzione di un fondo europeo per la difesa) rendono ancora più urgente il rafforzamento dell'industria nazionale, per consentirle di partecipare nelle migliori condizioni a progetti collaborativi e alleanze industriali;
              è pertanto necessario assicurare un quadro normativo che superi ogni elemento di possibile penalizzazione delle imprese italiane, anche in ragione del crescente pericolo di acquisizioni estere ostili e del consistente rischio di vedere pregiudicate molte occasioni di cessioni e di attività imprenditoriali all'estero,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni strumenti di semplificazione amministrativa al fine di agevolare le esportazioni dell'industria italiana dei materiali d'armamento e di quella ad alto contenuto tecnologico, nel rispetto della legge 9 luglio 1990, n.  185 in materia di norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento.
9/2648/42. Ferrari, Boniardi, Castiello, Fantuz, Lorenzo Fontana, Gobbato, Piccolo, Pretto, Zicchieri.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento al nostro esame, approvato dal Senato, reca la conversione del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              durante l’iter al Senato sono stati approvati emendamenti di natura ordinamentale al fine di semplificare procedure che, rallentando la realizzazione di determinati processi, incidono negativamente sul PIL nazionale;
              un'industria nazionale dei materiali per la difesa e la sicurezza efficiente e competitiva, oltre a rappresentare uno strumento essenziale per l'affermazione della sovranità dello Stato, agevola il rinnovamento costante degli equipaggiamenti in dotazione alle Forze armate e contribuisce in vario modo alla crescita del prodotto interno lordo;
              l'industria dei materiali per la difesa e la sicurezza sostiene la ricerca avanzata nel campo dei sistemi e delle strumentazioni ad alta intensità di tecnologia, che spesso hanno rilevanti ricadute anche sul piano delle applicazioni e produzioni civili, offre impieghi ad alto valore aggiunto e, nel caso del nostro Paese, fornisce un apporto rilevante alla bilancia commerciale con l'estero;
              l'industria della difesa, in cui le piccole e medie imprese svolgono un ruolo di grande rilievo, costituisce una parte rilevante dell'economia nazionale, incidendo in maniera significativa sul prodotto interno lordo e presentando importanti ricadute occupazionali, sia in via diretta che in relazione all'indotto;
              il mercato dei materiali di armamento è fra i più complessi al mondo, anche perché dal carattere strategico e sensibile del suo campo di attività deriva un quadro normativo del tutto particolare, sia nei singoli ordinamenti interni che nel quadro delle relazioni commerciali internazionali, che sono peraltro fortemente influenzate da fattori politici, rapporti tra Stati e sistemi di alleanze;
              i recenti significativi sviluppi nel campo della difesa comune europea (tra cui, in particolare, l'avvio della cooperazione strutturata permanente e l'istituzione di un fondo europeo per la difesa) rendono ancora più urgente il rafforzamento dell'industria nazionale, per consentirle di partecipare nelle migliori condizioni a progetti collaborativi e alleanze industriali;
              è pertanto necessario assicurare un quadro normativo che superi ogni elemento di possibile penalizzazione delle imprese italiane, anche in ragione del crescente pericolo di acquisizioni estere ostili e del consistente rischio di vedere pregiudicate molte occasioni di cessioni e di attività imprenditoriali all'estero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare gli opportuni strumenti di semplificazione amministrativa al fine di agevolare le esportazioni dell'industria italiana dei materiali d'armamento e di quella ad alto contenuto tecnologico, nel rispetto della legge 9 luglio 1990, n.  185 in materia di norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento.
9/2648/42.    (Testo modificato nel corso della seduta) Ferrari, Boniardi, Castiello, Fantuz, Lorenzo Fontana, Gobbato, Piccolo, Pretto, Zicchieri.


      La Camera,
          premesso che:
              il patrimonio fondiario della montagna italiana è caratterizzato da un'elevata frammentazione della proprietà, conseguenza di una gestione della terra impostata sulla suddivisione tra eredi; l'elevato numero di componenti delle famiglie e la consuetudine di distribuire in modo equo gli appezzamenti hanno determinato un'elevata parcellizzazione dei terreni;
              la presenza su una stessa particella di un numero elevato di proprietari scoraggia la ricomposizione degli assi ereditari e anche lo stesso acquisto della terra per consolidare le aziende, poiché le spese notarili, le imposte e le tasse spesso sono superiori al valore del bene da acquisire;
              la frammentazione fondiaria porta ad avere delle zone rurali abbandonate perché la coltivazione o il mantenimento dei fondi risulta difficile e non redditizio;
              questa situazione complessa crea difficoltà alle aziende già attive e ostacola la creazione di nuove realtà imprenditoriali e, in più casi, la conseguenza è l'abbandono di questi terreni, con gravi ricadute anche dal punto di vista delle attività di cura della montagna e di difesa idrogeologica;
              la presenza, quindi, di terreni inutilizzati e non mantenuti a causa della impossibilità di individuare il legittimo proprietario o il titolare dei diritti reali, costituisce un limite all'esigenza di garantire il controllo, la sicurezza, la salubrità, la manutenzione e il decoro del territorio nonché la tutela del paesaggio, per questo motivo sarebbe opportuno che i comuni effettuino una ricognizione dei terreni ubicati sul loro territorio, atta a individuare per ciascuna particella catastale il proprietario e gli titolari di diritti reali,

impegna il Governo

nel solco delle misure contenute nel provvedimento per il sostegno del settore dell'agricoltura, ad adottare iniziative volte a favorire la ricomposizione dei fondi agricoli di montagna e di superare l'annosa questione della frammentazione e della polverizzazione fondiaria, allo scopo di garantire il controllo, la salubrità, la sicurezza e la manutenzione dei territori montani, prevedendo una riduzione fino all'esenzione dalle imposte di registro, ipotecaria e catastale per i trasferimenti a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze nei casi di ricomposizione dei fondi agricoli e nel caso di riordino delle proprietà frammentate nei comuni classificati montani.
9/2648/43. Gastaldi, Bubisutti, Viviani, Cecchetti, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato.


      La Camera,
          premesso che:
              il patrimonio fondiario della montagna italiana è caratterizzato da un'elevata frammentazione della proprietà, conseguenza di una gestione della terra impostata sulla suddivisione tra eredi; l'elevato numero di componenti delle famiglie e la consuetudine di distribuire in modo equo gli appezzamenti hanno determinato un'elevata parcellizzazione dei terreni;
              la presenza su una stessa particella di un numero elevato di proprietari scoraggia la ricomposizione degli assi ereditari e anche lo stesso acquisto della terra per consolidare le aziende, poiché le spese notarili, le imposte e le tasse spesso sono superiori al valore del bene da acquisire;
              la frammentazione fondiaria porta ad avere delle zone rurali abbandonate perché la coltivazione o il mantenimento dei fondi risulta difficile e non redditizio;
              questa situazione complessa crea difficoltà alle aziende già attive e ostacola la creazione di nuove realtà imprenditoriali e, in più casi, la conseguenza è l'abbandono di questi terreni, con gravi ricadute anche dal punto di vista delle attività di cura della montagna e di difesa idrogeologica;
              la presenza, quindi, di terreni inutilizzati e non mantenuti a causa della impossibilità di individuare il legittimo proprietario o il titolare dei diritti reali, costituisce un limite all'esigenza di garantire il controllo, la sicurezza, la salubrità, la manutenzione e il decoro del territorio nonché la tutela del paesaggio, per questo motivo sarebbe opportuno che i comuni effettuino una ricognizione dei terreni ubicati sul loro territorio, atta a individuare per ciascuna particella catastale il proprietario e gli titolari di diritti reali,

impegna il Governo

nel solco delle misure contenute nel provvedimento per il sostegno del settore dell'agricoltura, a valutare l'opportunità di favorire iniziative per la ricomposizione dei fondi agricoli di montagna e di superare l'annosa questione della frammentazione e della polverizzazione fondiaria, allo scopo di garantire il controllo, la salubrità, la sicurezza e la manutenzione dei territori montani, prevedendo una riduzione fino all'esenzione dalle imposte di registro, ipotecaria e catastale per i trasferimenti a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze nei casi di ricomposizione dei fondi agricoli e nel caso di riordino delle proprietà frammentate nei comuni classificati montani.
9/2648/43.    (Testo modificato nel corso della seduta) Gastaldi, Bubisutti, Viviani, Cecchetti, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato.


      La Camera,
          premesso che:
              la legge regionale 23 dicembre 2019, n.  50, della regione Veneto consente la regolarizzazione amministrativa delle parziali difformità edilizie realizzate prima della legge 28 gennaio 1977, n.  10, recante «Norme per la edificabilità dei suoli», e ha come finalità sostanziale dell'azione amministrativa il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente;
              nel caso di specie, la legge regionale ha riguardo a opere provviste di titolo edilizio abilitativo e di certificato di abitabilità od agibilità, eseguite in parziale difformità dai titoli edilizi rilasciati o dai progetti approvati prima dell'entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n.  10;
              l'estensione della regolarizzazione in parola riguarda difformità edilizie di scarso rilievo, risalenti, peraltro, a un periodo «storico» in cui i progetti venivano sottoposti al solo esame della commissione edilizia e in cui le varianti ai progetti già dotati di licenza edilizia venivano realizzate in assenza di ulteriori atti autorizzativi, prendendone il Comune semplicemente atto in occasione del sopralluogo, previsto dall'articolo 221 del T.U. delle leggi sanitarie, finalizzato al rilascio del certificato di abitabilità, il quale attestava e certificava, sia pure in via mediata, la conformità dell'opera alla disciplina urbanistico-edilizia e, conseguentemente, l'assenza di un abuso edilizio, creando un legittimo affidamento del destinatario;
              invero, lo stesso legislatore statale considera tale tipologia di interventi, eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, nell'articolo 34 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.  380, oggetto di modifiche legislative i sensi del presente decreto-legge,

impegna il Governo

nell'ambito dei provvedimenti attuativi del presente decreto-legge, ed in particolare dell'articolo 10, a tenere in considerazione anche le situazioni edilizie esposte in premessa, al fine di favorire il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e la commerciabilità dello stesso.
9/2648/44. Covolo.


      La Camera,
          premesso che:
              la Proposta di Piano nazionale integrato per l'Energia ed il Clima (PNIEC) riguardo alle fonti rinnovabili prevede al 2030 una produzione di energia elettrica pari a 187 Terawattora (TWh);
              il maggior contributo a questo obiettivo di produzione è focalizzato sul comparto del fotovoltaico per il quale il PNIEC stima necessario aumentarne gli impianti fino ad arrivare ad una potenza installata di circa 51 Gigawatt(GW), rispetto agli attuali 20;
              per raggiungere questo obiettivo bisognerebbe procedere con più azioni sinergiche e concomitanti:
                  ammodernare da un punto di vista tecnologico gli impianti esistenti per aumentarne la produzione;
                  favorire l'installazione di nuovi impianti sia attraverso iniziative che promuovano l'installazione su coperture (edificato, tettoie, parcheggi, aree di servizio), sia attraverso grandi impianti a terra privilegiando zone improduttive comprese superfici agricole non utilizzate;
              la normativa vigente non consente agli impianti fotovoltaici realizzati su area agricola di poter essere ammessi a beneficiare di una tariffa incentivante come quella del Decreto ministeriale Fonti energie rinnovabili (FER) che prevede un criterio di priorità di accesso agli incentivi per gli impianti fotovoltaici nel caso in cui vengano realizzate su cave, discariche, aree siti di interesse nazionale (SIN), purché bonificate e ripristinate;
              le cave e discariche bonificate e ripristinate acquisiscono la destinazione d'uso originaria, che è quella di area agricola; impianti realizzati su tali aree (almeno nel 95 per cento dei casi) non possono essere ammessi al Decreto ministeriale Fonti energie rinnovabili (FER);
              per indirizzare la diffusione della significativa capacità incrementale di fotovoltaico prevista per il 2030, occorrerà oltre che ispirarsi alla riduzione del consumo di territorio promuovendone l'installazione innanzitutto su edificato, tettoie, parcheggi, aree di servizio, ecc., anche prevedere la diffusione di grandi impianti fotovoltaici a terra, privilegiando zone improduttive, non destinate ad altri usi, quali le superfici agricole non utilizzate;
              il nostro Paese ha conosciuto negli ultimi anni un forte rallentamento, che, se mantenuto, risulterebbe ampiamente insufficiente per il raggiungimento degli obiettivi 2030 ed è quindi fondamentale che si prosegua con un'applicazione della normativa organica e coordinata e che si superino i problemi delle diverse disposizioni applicate in maniera non uniforme sul territorio o sulla scorta delle specifiche competenze dei singoli enti preposti, garantendo la certezza dei termini e introducendo laddove possibili tempistiche accelerate,

impegna il Governo

          a valutare l'opportunità di:
              a) fissare delle tempistiche certe per l'emanazione del decreto attuativo che definirà gli interventi di modifica sostanziale degli impianti da assoggettare ad autorizzazione unica, al fine di consentire anche agli interventi di revamping e repowering più articolati di essere realizzati aumentando le volumetrie di servizio più di quanto previsto dal provvedimento in esame, legandole all'adeguamento degli impianti esistenti, onde promuovere lo sviluppo delle nuove tecnologie fotovoltaiche;
              b) adottare procedure semplificate per l'installazione di sistemi di accumulo all'interno del perimetro dell'area degli impianti, dal momento che il PNIEC prevede entro il 2030 la realizzazione di 4,5 GW di sistemi di accumulo distribuiti, cioè abbinanti ad impianti a fonte rinnovabile intermittente;
              c) prevedere la disciplina di una nuova modalità abilitativa, ancor più semplice della procedura abilitativa semplificata: la «dichiarazione di inizio lavori asseverata», per alcuni interventi su impianti esistenti, a bassissimo o nullo impatto ambientale e senza effetti di natura urbanistica;
              d) relativamente agli impianti FV realizzati su area agricola, consentire che vengano ammessi a beneficiare di una tariffa incentivante come quella del Decreto ministeriale FER che prevede un criterio di priorità di accesso agli incentivi per gli impianti FV nel caso in cui vengano realizzate su cave, discariche, aree SIN, purché bonificate e ripristinate;
              e) tenuto conto dell'attuale stallo degli iter autorizzativi che blocca la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo, come è evidente degli esiti dei primi due bandi del DM FER 4 luglio 2019 e dalla non saturazione dei contingenti di potenza del secondo bando, intervenire per sbloccare, nel breve periodo, gli investimenti al fine di realizzare gli obiettivi al 2030, consentire agli impianti fotovoltaici e ai sistemi di accumulo aggiudicatari dei bandi del capacity market di rispettare gli impegni presi, rispondendo positivamente alla necessità del gestore della rete di trasmissione nazionale di disporre di tecnologie abilitate al servizio di regolazione di frequenza ultra rapida.
9/2648/45. Occhionero, Fregolent, D'Alessandro.


      La Camera,
          premesso che:
              il principio della deroga per le lavorazioni dei vini DOP e IGP sono già contenute all'articolo 38 della legge 12 dicembre 2016, n.  238, recante la Disciplina organica della coltivazione e della produzione e del commercio del vino;
              il comma 8 dell'articolo 38 della predetta legge consente «in casi eccezionali» che, su istanza motivata dell'interessato, le partite di mosti e di vini atti a divenire DOP o IGP possano essere trasferite al di fuori della zona di produzione delimitata, previa specifica autorizzazione rilasciata da parte del Ministero;
              il tenore di tale disposizione appare del tutto indefinito e insoddisfacente, rivelandosi idoneo a pregiudicare la qualità dei mosti e dei vini DOP e IGP;
              andrebbe pertanto ulteriormente ribadita, specificata e circoscritta la casistica in relazione alla quale è possibile applicare la deroga di cui al citato articolo 38, comma 8, consentendo al Ministero di rilasciare la relativa autorizzazione solo in casi eccezionali, senza che la disposizione possa fungere da strumento per aggirare la rigorosa disciplina dettata a presidio della qualità e della reputazione dei vini DOP e IGP italiani,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di modificare l'articolo 38, commi 7-bis e 8, specificando che in presenza dei casi eccezionali in cui è consentito imbottigliare vini IGP e DOP al di fuori della pertinente zona geografica delimitata, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, su richiesta dei soggetti interessati, possa adottare i provvedimenti di modifica temporanea degli specifici disciplinari di produzione DOP e IGP ai sensi della vigente normativa dell'Unione europea.
9/2648/46. Gadda, Fregolent, D'Alessandro, Moretto.


      La Camera,
          premesso che:
              la Carta d'identità in formato elettronico è stata introdotta dall'articolo 10 comma 3 del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 recante «Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali» convertito dalla legge del 6 agosto 2015, n.  125;
              in attuazione della previsione dell'articolo 10 sopra richiamato, nell'Allegato B del decreto del Ministro dell'interno del 23 dicembre 2015, sono state precisate le modalità di acquisizione dell'immagine del volto, che può avvenire attraverso la scansione di una foto o la consegna di una foto digitale su supporto USB. A queste due modalità, il 15 luglio 2019 – a seguito dell'affiancamento della nuova piattaforma (www.prenotazionicie.interno.gov.it) per il sistema di prenotazione dell'appuntamento – è stato reso disponibile il caricamento della foto direttamente dal proprio cellulare;
          considerato che:
              oltre alle modalità sopra descritte – nella prospettiva di accelerare le attività degli operatori comunali preposti al rilascio della CIE – l'istituto Poligrafico Zecca dello Stato (IPZS) sta sviluppando un'ulteriore modalità (che consentirà il caricamento di una fotografia scattata da operatori professionali o cabine fototessera sull'Agenda CIE e l'invio telematico al Comune interessato della fotografia rilevata da terzi) che – secondo quanto dichiarato dal Ministero dell'interno – dovrà essere resa disponibile entro la seconda metà del 2020;
              la Legge di conversione del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto «DL Rilancio»), all'articolo 157 comma 7-ter, ha sancito l'ulteriore proroga della validità dei documenti di riconoscimento e identità al 31 dicembre 2020,

impegna il Governo

a prevedere – in linea con le istanze di innovazione, efficientamento e digitalizzazione della PA e dei suoi servizi – il rispetto delle tempistiche della realizzazione dell'interfaccia da parte dell'IPZS citata in premessa, a vantaggio della PA, dei suoi operatori e dei cittadini anche ai fini dell'eventuale perdurare delle raccomandazioni sul distanziamento sociale.
9/2648/47. Marco Di Maio, Fregolent, D'Alessandro.


      La Camera,
          premesso che:
              nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione al Senato è stato approvato l'emendamento 16.0.24 (testo 5), con cui si tentata di ovviare il noto problema dei lavoratori transfrontalieri con veicolo non immatricolato in Italia;
              con tale emendamento, infatti, si è prevista l'esclusione dell'applicabilità della disciplina introdotta dal cosiddetto decreto Salvini (n.  113 del 2018), consentendo ai residenti nel comune di Campione d'Italia, al personale civile e militare dipendente da pubbliche amministrazioni in servizio all'estero, al personale delle forze armate e di polizia in servizio all'estero e ai lavoratori frontalieri che prestano lavoro presso sedi ubicate all'estero di non dover subire il divieto di circolare in Italia con un veicolo immatricolato all'estero;
              per quanto pregevole, la modifica introdotta dal Senato non risolve le notevoli difficoltà cui vanno incontro gli italiani residenti all'estero iscritti all'AIRE, i quali restano irragionevolmente costretti a subire un divieto che viene ora meno per categorie di lavoratori a loro del tutto assimilabili, discriminando – in maniera del tutto ingiustificata, senza alcuna motivazione e illegittimamente – concittadini che pure hanno un interesse del tutto primario a circolare sul territorio nazionale con veicoli immatricolati nei paesi di residenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere ai cittadini iscritti all'AIRE il venire meno del divieto di circolare sul territorio nazionale con un veicolo immatricolato all'estero, ovviando dunque alle notevoli difficoltà e problematiche che incontrano, ormai quotidianamente, i connazionali che viaggiano con frequenza tra Italia e altri Paesi.
9/2648/48. Ungaro, Fregolent, D'Alessandro.


      La Camera,
          premesso che:
              la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Convenzione di New York del 13 dicembre 2006), ratificata dall'Italia con la Legge 3 marzo 2009 n. 18, definisce «l'accomodamento ragionevole» come «le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un carico sproporzionato o eccessivo, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l'esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e libertà fondamentali»;
              la Convenzione ONU prevede chiaramente che gli Stati Parti debbano «assicurare che accomodamenti ragionevoli siano forniti alle persone con disabilità nei luoghi di lavoro» (articolo 27 comma 1 lettera i);
              lo strumento degli accomodamenti ragionevoli risulta particolarmente essenziale per consentire la protezione dei lavoratori «fragili» esposti a rischi molto gravi derivanti da un eventuale contagio da Covid-19;
              ciò nonostante nelle norme sin qui approvate in relazione alla specifica materia della protezione dei lavoratori «fragili» in relazione all'emergenza da epidemia da Covid-19 non è rinvenibile alcun esplicito riferimento al predetto strumento di tutela;
              nel perdurare della fase emergenziale legata all'epidemia da Covid-19, a coordinamento delle norme e a maggior tutela dei lavoratori «fragili», occorre quindi richiamare l'obbligo in capo ai datori di lavoro sancito dal decreto legislativo n.  216 del 2003, come modificato dalla legge n.  99 del 2013, relativo all'introduzione degli «accomodamenti ragionevoli» in tutte i casi in cui una disabilità o patologia di lunga durata comportino un'inidoneità alla mansione;
              inoltre, non sono previste nel provvedimento in oggetto misure per far fronte durante la fase emergenziale in corso ad un'eventuale prosecuzione dell'inidoneità anche a seguito degli «accomodamenti ragionevoli», ancorché sia scaduta in data 31 luglio 2020 l'efficacia delle disposizioni stabilite dall'articolo 26 del decreto-legge n.  18 «Cura Italia» «Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato»,

impegna il Governo

          in considerazione delle norme a tutela dei disabili contenute nel testo e in un'ottica di semplificazione, a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi provvedimenti, un richiamo espresso all'obbligo in capo ai datori di lavoro sancito dal decreto legislativo n.  216 del 2003, come modificato dalla legge n.  99 del 2013, relativo all'introduzione degli «accomodamenti ragionevoli» in tutti i casi in cui una disabilità o patologia di lunga durata comportino un'inidoneità alla mansione;
          ad adottare misure finalizzate a tutelare i «lavoratori fragili» analoghe a quelle previste dall'articolo 26 del decreto-legge n.  18 «Cura Italia», permettendo, tra l'altro, che l'attestazione di inidoneità alla mansione dipendente dall'emergenza Covid-19 comporti un accesso diretto e semplificato a tali misure da parte del «lavoratore fragile» interessato e prevedendo espressamente l'esclusione dal periodo di comporto di eventuali periodi di assenza dal lavoro legati alla necessità certificata di prevenire il rischio di contagio da COVID-19 per tale «lavoratore fragile».
9/2648/49. Noja, Fregolent, D'Alessandro.


      La Camera,
          premesso che:
              la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Convenzione di New York del 13 dicembre 2006), ratificata dall'Italia con la Legge 3 marzo 2009 n. 18, definisce «l'accomodamento ragionevole» come «le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un carico sproporzionato o eccessivo, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l'esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e libertà fondamentali»;
              la Convenzione ONU prevede chiaramente che gli Stati Parti debbano «assicurare che accomodamenti ragionevoli siano forniti alle persone con disabilità nei luoghi di lavoro» (articolo 27 comma 1 lettera i);
              lo strumento degli accomodamenti ragionevoli risulta particolarmente essenziale per consentire la protezione dei lavoratori «fragili» esposti a rischi molto gravi derivanti da un eventuale contagio da Covid-19;
              ciò nonostante nelle norme sin qui approvate in relazione alla specifica materia della protezione dei lavoratori «fragili» in relazione all'emergenza da epidemia da Covid-19 non è rinvenibile alcun esplicito riferimento al predetto strumento di tutela;
              nel perdurare della fase emergenziale legata all'epidemia da Covid-19, a coordinamento delle norme e a maggior tutela dei lavoratori «fragili», occorre quindi richiamare l'obbligo in capo ai datori di lavoro sancito dal decreto legislativo n.  216 del 2003, come modificato dalla legge n.  99 del 2013, relativo all'introduzione degli «accomodamenti ragionevoli» in tutte i casi in cui una disabilità o patologia di lunga durata comportino un'inidoneità alla mansione;
              inoltre, non sono previste nel provvedimento in oggetto misure per far fronte durante la fase emergenziale in corso ad un'eventuale prosecuzione dell'inidoneità anche a seguito degli «accomodamenti ragionevoli», ancorché sia scaduta in data 31 luglio 2020 l'efficacia delle disposizioni stabilite dall'articolo 26 del decreto-legge n.  18 «Cura Italia» «Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato»,

impegna il Governo

          in considerazione delle norme a tutela dei disabili contenute nel testo e in un'ottica di semplificazione, a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi provvedimenti, un richiamo espresso all'obbligo in capo ai datori di lavoro sancito dal decreto legislativo n.  216 del 2003, come modificato dalla legge n.  99 del 2013, relativo all'introduzione degli «accomodamenti ragionevoli» in tutti i casi in cui una disabilità o patologia di lunga durata comportino un'inidoneità alla mansione;
          a valutare l'opportunità di adottare misure finalizzate a tutelare i «lavoratori fragili» analoghe a quelle previste dall'articolo 26 del decreto-legge n.  18 «Cura Italia», permettendo, tra l'altro, che l'attestazione di inidoneità alla mansione dipendente dall'emergenza Covid-19 comporti un accesso diretto e semplificato a tali misure da parte del «lavoratore fragile» interessato e prevedendo espressamente l'esclusione dal periodo di comporto di eventuali periodi di assenza dal lavoro legati alla necessità certificata di prevenire il rischio di contagio da COVID-19 per tale «lavoratore fragile».
9/2648/49.    (Testo modificato nel corso della seduta) Noja, Fregolent, D'Alessandro.


      La Camera,
          premesso che:
              con il Decreto del Ministero dell'ambiente del 15 luglio 2016, n.  173, che avrebbe dovuto semplificare i lavori di dragaggio nei siti diversi da quelli di interesse nazionale, sono emerse enormi difficoltà di procedere, a causa dell'introduzione delle prove ecotossicologiche, i cui effetti, combinati con i risultati delle prove chimiche, amplificano in maniera abnorme la presunta pericolosità dei sedimenti e di fatto ne rendono quasi impossibile la possibilità di sversamento a mare ed in alcuni casi, anche di conferimento in cassa di colmata;
              gli organismi sui quali effettuare le prove eco-tossicologiche, del resto, sono ben diversi da quelli autoctoni, sui quali dovrebbero essere effettuate le prove per avere una loro ragionevolezza;
              i limiti introdotti per i componenti chimici, sono stati notevolmente ridotti rispetto a quelli già in uso per la caratterizzazione dei siti a terra, per tenere conto della maggiore vulnerabilità dell'ecosistema marino rispetto a quello terrestre e sono sufficienti a garantire il rispetto dell'ambiente, nelle more di una completa revisione delle modalità di caratterizzazione che si auspica possa avvenire quanto prima,

impegna il Governo

nel quadro delle finalità di semplificazione che ispirano il provvedimento, a sospendere le prove eco-tossicologiche previste dal regolamento recante modalità e criteri tecnici per l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini di cui al Decreto del Ministero dell'ambiente del 15 luglio 2016, n.  173, evitando così l'inutile duplicazione di controlli già operati con i test delle prove chimiche attualmente previsti, in considerazione del fatto che la duplicazione dei controlli, per quanto inutile, si rivela in grado di compromettere significativamente l'operatività dei porti italiani.
9/2648/50. Migliore, Fregolent, D'Alessandro.


      La Camera,
          premesso che:
              con il Decreto del Ministero dell'ambiente del 15 luglio 2016, n.  173, che avrebbe dovuto semplificare i lavori di dragaggio nei siti diversi da quelli di interesse nazionale, sono emerse enormi difficoltà di procedere, a causa dell'introduzione delle prove ecotossicologiche, i cui effetti, combinati con i risultati delle prove chimiche, amplificano in maniera abnorme la presunta pericolosità dei sedimenti e di fatto ne rendono quasi impossibile la possibilità di sversamento a mare ed in alcuni casi, anche di conferimento in cassa di colmata;
              gli organismi sui quali effettuare le prove eco-tossicologiche, del resto, sono ben diversi da quelli autoctoni, sui quali dovrebbero essere effettuate le prove per avere una loro ragionevolezza;
              i limiti introdotti per i componenti chimici, sono stati notevolmente ridotti rispetto a quelli già in uso per la caratterizzazione dei siti a terra, per tenere conto della maggiore vulnerabilità dell'ecosistema marino rispetto a quello terrestre e sono sufficienti a garantire il rispetto dell'ambiente, nelle more di una completa revisione delle modalità di caratterizzazione che si auspica possa avvenire quanto prima,

impegna il Governo

nel quadro delle finalità di semplificazione che ispirano il provvedimento, a valutare l'opportunità di sospendere le prove eco-tossicologiche previste dal regolamento recante modalità e criteri tecnici per l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini di cui al Decreto del Ministero dell'ambiente del 15 luglio 2016, n.  173.
9/2648/50.    (Testo modificato nel corso della seduta) Migliore, Fregolent, D'Alessandro.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame complica enormemente la rigenerazione urbana soprattutto con l'inserimento delle zone omogenee A: come si evince dal nuovo articolo 3 lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica n.  380/01 come modificato dal decreto-legge in esame, sono considerati «interventi di ristrutturazione edilizia» quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, comprendendo il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti;
              nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche pianivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico;
              con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, nonché a quelli ubicati nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti, costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche pianivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria;
              l'esclusione dalle zone omogenee A degli interventi di ristrutturazione edilizia comporta, per esempio nella città di Roma, l'impedimento della rigenerazione urbana su oltre 7.300 ettari di città consolidata. Infatti il PRG di Roma, come in molte altre città d'Italia, ha esteso la zona omogenea A ben oltre il centro storico classicamente inteso (che a Roma equivale a meno di 1000 ettari) inserendo nella zona stessa zona A come borgata del Trullo, Monteverde, Portuense, EUR, Montesacro, gran parte di Ostia, Flaminio, Quadraro. In tale contesto l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n.  380/01 nella nuova stesura comporta la definizione degli interventi di rigenerazione urbana come nuova edificazione che come è noto sono vietate dai PRG nelle zone omogenee A quindi di conseguenza su più di 7000 ettari di città consolidata si rende impossibile la rigenerazione urbana e la riqualificazione territoriale;
              inoltre le modifiche apportate dal decreto in oggetto prevedono un ampliamento degli obblighi da ottemperare per gli immobili sottoposti a vincolo o in zona omogenee A; si innova il precedente regime della Demolizione e ricostruzione sia per gli immobili vincolati (per i quali in precedenza occorreva rispettare «la medesima sagoma dell'edificio preesistente»), sia soprattutto per quelli ricadenti in Zona Omogenea «A», per i quali in precedenza non era previsto un regime differenziato dalle altre Zone Omogenee, salvo l'obbligo del Permesso di Costruire, in caso di «mutamenti della destinazione d'uso» ex articolo 10, comma 1, lettera c), testo unico. Viene dunque ampliata la casistica degli obblighi da ottemperare per gli interventi di demolizione e ricostruzione in ambiti paesaggisticamente rilevanti e nelle zone omogenee A;
              anche per la rigenerazione costiera la difficoltà più grande è quella di mantenere la stessa tipologia funzionale e il sedime, comportando l'impossibilità di riordinare le fasce costiere in quanto sarebbe impossibile abbattere e ricostruire per accorpare volumi che impediscono sia l'accesso che le visuali al mare. In questo caso sarà possibile solo abbattere e ricostruire nel medesimo luogo con la medesima sagoma, il medesimo volume, e con la medesima funzione;
              infine le modifiche apportate dal provvedimento in oggetto dispongono che «Nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell'ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatte salve le previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti» con la conseguenza che, per le operazioni di risanamento conservativo ed altre trasformazioni conservative, le densità edilizie di zone e fondiarie non debbono superare quelle preesistenti, computate senza tener conto delle soprastrutture di epoca recente prive di valore storico-artistico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi provvedimenti, una disciplina che, facendo riferimento alla normativa relativa agli interventi di ristrutturazione edilizia, semplifichi e incentivi la rigenerazione.
9/2648/51. Nobili, Fregolent, D'Alessandro, Prestipino.


      La Camera,
          premesso che:
              stante l'attuale emergenza sanitaria ed epidemiologica derivante dalla diffusione di Covid-19 e della conseguente crisi economica che ne è derivata e che ha colpito pesantemente diversi e importanti settori economico produttivi del nostro Paese, con particolare riferimento agli esercizi commerciali e di vicinato;
              l'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.  23, stabilisce la previsione che, a decorrere dall'anno 2011, il canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all'abitazione, possa essere assoggettato, in base alla decisione del locatore, ad un'imposta, operata nella forma della cedolare secca – in ragione di un'aliquota del 21 per cento – sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali;
              successivamente, l'articolo 1, comma 59, della legge 30 dicembre 2018, n.  145, ha esteso il regime agevolato della cedolare secca ai contratti stipulati nell'anno 2019 relativi a locali commerciali classificati nella categoria catastale C/l fino a 600 mq di superficie;
              l'introduzione della cedolare secca per le locazioni commerciali ha indubbiamente avvantaggiato tanto i proprietari che i commercianti interessati;
              in particolare, la facoltà di optare per l'imposta sostitutiva, ha consentito a molti proprietari di immobili di risparmiare sulle imposte dovute e, parallelamente è stato posto un freno al fenomeno degli affitti irregolari, effetti che sono stati sicuramente estesi anche ai settori commerciali, fungendo anche da calmiere sui prezzi delle locazioni e ampliando i margini di trattativa tra proprietari e inquilini;
              soprattutto nella fase emergenziale, anche al fine di favorire la reimmissione sul mercato di locali commerciali dismessi, non locati o abbandonati appare necessario estendere il dettato normativo di cui al citato articolo 1, comma 59 della legge 30 dicembre 2018, n.  145, anche ai contratti stipulati negli anni successivi al 2019;
              anche stando al parere di numerose associazioni di categoria, per garantire un rilancio nel settore del commercio, dell'artigianato e dei servizi, accanto alle misure di detassazione per gli esercenti, appare indispensabile disporre una diminuzione del carico tributario sui redditi da locazione, sicuramente attraverso la cedolare secca per persone fisiche e società;
              la tassazione che colpisce questi immobili limita fortemente, soprattutto alla luce della grave crisi economica e di liquidità delle piccole imprese, i margini di contrattazione fra proprietari e inquilini,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata ad introdurre nell'ambito di un prossimo provvedimento l'applicazione della cedolare secca sugli affitti commerciali di cui al comma 59 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n.  145 anche alle locazioni commerciali stipulate negli anni 2020 e 2021.
9/2648/52. Fregolent, D'Alessandro.


      La Camera,
          premesso che:
              stante l'attuale emergenza sanitaria ed epidemiologica derivante dalla diffusione di Covid-19 e della conseguente crisi economica che ne è derivata e che ha colpito pesantemente diversi e importanti settori economico produttivi del nostro Paese, con particolare riferimento agli esercizi commerciali e di vicinato;
              l'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.  23, stabilisce la previsione che, a decorrere dall'anno 2011, il canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all'abitazione, possa essere assoggettato, in base alla decisione del locatore, ad un'imposta, operata nella forma della cedolare secca – in ragione di un'aliquota del 21 per cento – sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali;
              successivamente, l'articolo 1, comma 59, della legge 30 dicembre 2018, n.  145, ha esteso il regime agevolato della cedolare secca ai contratti stipulati nell'anno 2019 relativi a locali commerciali classificati nella categoria catastale C/l fino a 600 mq di superficie;
              l'introduzione della cedolare secca per le locazioni commerciali ha indubbiamente avvantaggiato tanto i proprietari che i commercianti interessati;
              in particolare, la facoltà di optare per l'imposta sostitutiva, ha consentito a molti proprietari di immobili di risparmiare sulle imposte dovute e, parallelamente è stato posto un freno al fenomeno degli affitti irregolari, effetti che sono stati sicuramente estesi anche ai settori commerciali, fungendo anche da calmiere sui prezzi delle locazioni e ampliando i margini di trattativa tra proprietari e inquilini;
              soprattutto nella fase emergenziale, anche al fine di favorire la reimmissione sul mercato di locali commerciali dismessi, non locati o abbandonati appare necessario estendere il dettato normativo di cui al citato articolo 1, comma 59 della legge 30 dicembre 2018, n.  145, anche ai contratti stipulati negli anni successivi al 2019;
              anche stando al parere di numerose associazioni di categoria, per garantire un rilancio nel settore del commercio, dell'artigianato e dei servizi, accanto alle misure di detassazione per gli esercenti, appare indispensabile disporre una diminuzione del carico tributario sui redditi da locazione, sicuramente attraverso la cedolare secca per persone fisiche e società;
              la tassazione che colpisce questi immobili limita fortemente, soprattutto alla luce della grave crisi economica e di liquidità delle piccole imprese, i margini di contrattazione fra proprietari e inquilini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata ad introdurre nell'ambito di un prossimo provvedimento l'applicazione della cedolare secca sugli affitti commerciali di cui al comma 59 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n.  145 anche alle locazioni commerciali stipulate negli anni 2020 e 2021.
9/2648/52.    (Testo modificato nel corso della seduta) Fregolent, D'Alessandro.


      La Camera,
          premesso che:
              i drammatici eventi meteorologici che hanno scosso l'Italia in questi giorni hanno dimostrato ancora una volta come sia impellente e imprescindibile l'attivazione di un articolato piano di interventi volti a mettere in sicurezza l'Italia dal maltempo e dal rischio idrogeologico;
              le emergenze dovute a calamità naturali hanno effetti devastanti non solo sul piano umano e sociale, ma anche su quello economico, posto che le spese per le emergenze aumentano di anno in anno, attestandosi su una media di 3,5 miliardi di euro l'anno, senza soluzione di continuità, dal 1946 a oggi;
              l'unica strategia contro quella che può considerarsi una vera e propria piaga per il nostro Paese è quella della prevenzione e della manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture, abbandonando l'idea che sia possibile affrontare le calamità naturali esclusivamente a posteriori e a disastri avvenuti;
              proprio in un'ottica di abbandono di un simile approccio e rivolta a inaugurare una strategia di prevenzione «strutturale» è stata istituita, nel 2016 e presso Palazzo Chigi, la struttura di missione Italiasicura, nonché il dipartimento di Casa Italia, con il precipuo scopo di incrementare e rafforzare il framework istituzionale preposto alla prevenzione delle calamità naturali;
              da alcuni anni la strategia di prevenzione e manutenzione sembra essere passata sullo sfondo e la struttura di missione Italiasicura, in particolare, risulta non essere messa nelle condizioni di svolgere quel ruolo di primo piano che pure aveva portato l'Italia a organizzare e progettare una molteplicità di interventi volti a mettere in sicurezza il Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ripristinare la struttura di missione Italiasicura, riattribuendole i margini di operatività e le risorse necessari a riprendere e dare continuità agli sforzi sinora profusi nella prevenzione del dissesto idrogeologico, per l'edilizia scolastica e il rischio sismico, ricollocando al centro dell'agenda di Governo il modello della prevenzione e della gestione del rischio.
9/2648/53. Paita, Fregolent, D'Alessandro.


      La Camera,
          premesso che:
              la promozione della lingua e della cultura italiana all'estero rappresenta una leva strategica della proiezione e dell'accreditamento dell'Italia nel mondo e un insostituibile fattore di internazionalizzazione del sistema Paese nella dimensione globale;
              l'offerta culturale dell'Italia e il sistema di formazione italiana nel mondo si trovano oggi ad affrontare una fase delicata dovuta alla confluenza di molteplici fattori, quali la fine del cospicuo sostegno assicurato dal Fondo quadriennale per la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, l'esigenza di superare qualche disfunzione che si è manifestata nell'applicazione del decreto 64 sulla formazione italiana all'estero e l'incidenza della pandemia sulle attività culturali e formative programmate e in via di realizzazione;
              tali difficoltà di fatto sono remore purtroppo serie per un regolare avvio dell'anno scolastico e per lo svolgimento di attività spesso realizzate in partenariato con le autorità scolastiche straniere, con la conseguenza di disorientare gli utenti e le loro famiglie, mettere in discussione accordi già definiti con le autorità locali e indebolire l'attività degli enti promotori dei corsi e delle iniziative culturali;
              in questa difficile situazione che si è determinata in modo inaspettato, il MAECI ha emanato la circolare applicativa n.  3 sulla regolamentazione dei corsi di lingua c cultura all'estero, in sostituzione della circolare n.  13, in vigore da molti anni, che pur presentando spunti e indicazioni certamente innovativi comporta tuttavia, per la sua piena entrata a regime, qualche necessaria messa a punto e una fase complessa e non breve di metabolizzazione e di adattamento sul campo da parte degli enti chiamati ad applicarla;
              la separazione tra il MAECI e il MI del contingente di personale avente il compito di preparare le graduatorie per l'invio del personale scolastico e di gestire le destinazioni all'estero, disposta dal decreto 64 del 2017. alla prova dei fatti ha compromesso una prassi consolidata e di accettabile efficienza e aperto la strada a ritardi e disfunzioni,

impegna il Governo

          a considerare l'opportunità di:
              a) semplificare le procedure riaggregando presso il MAECI come è stato per una lunga fase e come gli stessi funzionari interessati auspicano, il contingente di personale adibito alla formazione delle graduatorie e alla destinazione del personale scolastico all'estero, favorendo la soluzione normativa più veloce e adatta allo scopo;
              b) disporre il rinvio di un anno dell'applicazione della circolare n.  3 sullo svolgimento dei corsi di lingua e cultura italiana all'estero, allo scopo di avere il tempo di una più approfondita messa a punto di qualche aspetto che ha generato negli operatori alcune preoccupazioni e di poter realizzare l'attività formativa indispensabile per affrontare nel modo migliore i più complessi adempimenti in essa previsti.
9/2648/54. Schirò, La Marca.


      La Camera,
          premesso che:
              la promozione della lingua e della cultura italiana all'estero rappresenta una leva strategica della proiezione e dell'accreditamento dell'Italia nel mondo e un insostituibile fattore di internazionalizzazione del sistema Paese nella dimensione globale;
              l'offerta culturale dell'Italia e il sistema di formazione italiana nel mondo si trovano oggi ad affrontare una fase delicata dovuta alla confluenza di molteplici fattori, quali la fine del cospicuo sostegno assicurato dal Fondo quadriennale per la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, l'esigenza di superare qualche disfunzione che si è manifestata nell'applicazione del decreto 64 sulla formazione italiana all'estero e l'incidenza della pandemia sulle attività culturali e formative programmate e in via di realizzazione;
              tali difficoltà di fatto sono remore purtroppo serie per un regolare avvio dell'anno scolastico e per lo svolgimento di attività spesso realizzate in partenariato con le autorità scolastiche straniere, con la conseguenza di disorientare gli utenti e le loro famiglie, mettere in discussione accordi già definiti con le autorità locali e indebolire l'attività degli enti promotori dei corsi e delle iniziative culturali;
              in questa difficile situazione che si è determinata in modo inaspettato, il MAECI ha emanato la circolare applicativa n.  3 sulla regolamentazione dei corsi di lingua c cultura all'estero, in sostituzione della circolare n.  13, in vigore da molti anni, che pur presentando spunti e indicazioni certamente innovativi comporta tuttavia, per la sua piena entrata a regime, qualche necessaria messa a punto e una fase complessa e non breve di metabolizzazione e di adattamento sul campo da parte degli enti chiamati ad applicarla;
              la separazione tra il MAECI e il MI del contingente di personale avente il compito di preparare le graduatorie per l'invio del personale scolastico e di gestire le destinazioni all'estero, disposta dal decreto 64 del 2017. alla prova dei fatti ha compromesso una prassi consolidata e di accettabile efficienza e aperto la strada a ritardi e disfunzioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di semplificare le procedure riaggregando presso il MAECI su base volontaria, come è stato per una lunga fase e come gli stessi funzionari interessati auspicano, le competenze, le risorse ed il contingente di personale adibito alla formazione delle graduatorie e alla destinazione del personale scolastico all'estero, favorendo la soluzione normativa più veloce e adatta allo scopo.
9/2648/54.    (Testo modificato nel corso della seduta) Schirò, La Marca.


      La Camera,
          premesso che:
              il sistema dei servizi offerti ai cittadini italiani all'estero è da anni esposto a una duplice tensione, dovuta da un lato alla crescita costante della comunità italiana nel mondo a seguito dell'acquisto di cittadinanza e, soprattutto, della ripresa degli espatri di giovani in cerca di realizzazione professionale e di lavoro, dall'altro alla drastica diminuzione di personale presso le strutture periferiche a causa del lungo blocco del turnover;
              in tale situazione, che ha conosciuto anche la chiusura di numerose sedi e agenzie consolari, un ruolo di grande utilità ha avuto la rete dei consoli onorari, che svolgono la loro benemerita attività a titolo di servizio gratuito, coprendo alcune esigenze delle nostre collettività soprattutto in realtà periferiche e distanti dai consolati di prima categoria, consentendo di diminuire i tempi di attesa e i costi della fruizione dei servizi;
              una delle esperienze che sul campo si è rivelata proficua in termini di semplificazione e di accelerazione dei tempi di definizione delle domande di servizi è stata la fornitura ai consoli onorari dei dispositivi elettronici capaci di acquisire i dati biometrici necessari per il rilascio dei passaporti e di caricarli direttamente su un circuito protetto sotto il controllo dei consolati di riferimento per essere poi lavorati dal competente ufficio di prima categoria;
              in vista dell'imminente passaggio dalla fase di sperimentazione a quella di distribuzione della carta di identità elettronica e della più completa e avanzata digitalizzazione dei procedimenti di emissione dei passaporti elettronici si può realisticamente pensare a uno sviluppo dell'iniziale esperienza fatta per i consoli onorari e a un'estensione delle modalità di raccolta e di lavorazione dei dati relativi ai documenti di identità dei nostri connazionali e ai titoli che autorizzano la loro mobilità,

impegna il Governo

a considerare, in coerenza con la linea di semplificazione e di progressiva digitalizzazione dei servizi da rendere ai cittadini, l'opportunità di rilanciare e rafforzare il progetto di fornitura ai consoli onorari dei dispositivi elettronici per l'acquisizione dei dati biometrici e di sviluppare su tale falsariga anche gli ulteriori progetti per la semplificazione del rilascio della carta di identità elettronica e dei passaporti elettronici.
9/2648/55. La Marca, Schirò.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 10, comma 1, reca una serie di modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.  380 (Testo unico dell'edilizia) finalizzate a semplificare le procedure edilizie e assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana;
              il comma 1, lettera b), modifica in più punti l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, recante la definizione degli interventi edilizi. In particolare, vengono modificate le definizioni di «manutenzione straordinaria» e di «ristrutturazione edilizia» con l'obiettivo di ampliarne l'ambito applicativo;
              l'esame parlamentare della norma al Senato ha comportato la seguente modifica all'articolo 3, comma 1, lettera d) del citato decreto del Presidente della Repubblica, confermando sostanzialmente l'indirizzo del testo originale del decreto: «Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e dei paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n.  1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche pianivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria»;
              la specifica previsione del mantenimento di sagoma, sedime e caratteristiche pianivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente, in luogo del mantenimento della sola sagoma previsto dalla precedente normativa, avrà l'effetto contraria rispetto a quanto auspicato dal legislatore in quanto a ristrutturazioni edilizie poiché, non essendoci nemmeno un periodo transitorio, la norma blocca di fatto tutti i percorsi di demolizione e ricostruzione degli edifici dei centri storici per i quali, anche a parità di volumi, veniva replicata la sola sagoma e non i prospetti e il sedime;
              la sola eccezione prevista degli strumenti urbanistici, delineata in maniera incerta, non appare sufficiente ai professionisti del settore dell'edilizia affinché gli uffici tecnici dei comuni acconsentano a proseguire su tali procedimenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un periodo transitorio per l'applicazione del nuovo articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001, così salvaguardando il lavoro delle professioni tecniche, le previsioni di oneri di urbanizzazione dei comuni nonché la possibilità di demolizione e ricostruzione di edifici per i quali era già in corso un procedimento amministrativo basato sulla normativa precedente al decreto in via di conversione.
9/2648/56. Gribaudo.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 10, comma 1, reca una serie di modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.  380 (Testo unico dell'edilizia) finalizzate a semplificare le procedure edilizie e assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana;
              il comma 1, lettera b), modifica in più punti l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, recante la definizione degli interventi edilizi. In particolare, vengono modificate le definizioni di «manutenzione straordinaria» e di «ristrutturazione edilizia» con l'obiettivo di ampliarne l'ambito applicativo;
              l'esame parlamentare della norma al Senato ha comportato la seguente modifica all'articolo 3, comma 1, lettera d) del citato decreto del Presidente della Repubblica, confermando sostanzialmente l'indirizzo del testo originale del decreto: «Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e dei paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n.  1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche pianivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria»;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un periodo transitorio per l'applicazione del nuovo articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001, così salvaguardando il lavoro delle professioni tecniche e le previsioni di oneri di urbanizzazione dei comuni.
9/2648/56.    (Testo modificato nel corso della seduta) Gribaudo.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame si pone l'obiettivo di semplificazione dei procedimenti amministrativi, per favorire la ripresa economica del Paese;
              alcune misure previste, apportano delle modifiche al testo unico dell'edilizia, decreto del Presidente della Repubblica 380 del 2001, volte a semplificare le procedure edilizie e favorire lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana; seppure diverse disposizioni vanno nella giusta direzione di modificare il Testo Unico dell'edilizia per semplificare e sburocratizzare le norme che regolano il settore dell'edilizia, non si può non evidenziare una sostanziale «mancanza di coraggio» nel raffrontare in modo organico la questione della rigenerazione urbana e degli interventi sul tessuto urbano edificato;
              gli interventi volti ad accelerare la riqualificazione c la rigenerazione urbana nelle aree già edificate, sono stati sostanzialmente vanificati dal testo dell'articolo 10, come uscito dopo l'esame del Senato, che renderà assai difficile la rigenerazione urbana nelle «zone omogenee A», ossia principalmente nei nostri centri storici, o in zone a queste assimilabili dal punto di vista del pregio storico e architettonico;
              i limiti alla demolizione e ricostruzione, in sostanza, non saranno circoscritti solo agli edifici di pregio ma a tutta la zona, e questo significa stoppare qualunque serio processo di rigenerazione nei centri storici,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni contenute all'articolo 10 di cui in premessa, al fine di eliminare quelle criticità di cui in premessa introdotte durante l'esame del provvedimento al Senato e consentire finalmente il recupero c la rigenerazione urbana in tutti gli ambiti, comprese le «zone omogenee A» e quindi nei nostri centri storici nonché nelle zone a queste assimilabili dal punto di vista del pregio storico e architettonico.
9/2648/57. Mazzetti.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in oggetto reca anche disposizioni in merito ai titoli per l'assunzione alle dipendenze della pubblica amministrazione;
              la storia di Arianna Virgolino, salita agli onori della cronaca nell'estate del 2020 perché sospesa dalla Polizia di Stato dopo aver superato il concorso a causa di un cuoricino d'inchiostro cancellato con il laser, non è unico e rende necessario intervenire su una norma anacronistica; se è opportuno mantenere i limiti relativi ai contenuti dei tatuaggi, visibili o coperti, è assurdo che per un disegno neutro o magari per un nome di un proprio caro di debba rinunciare a una carriera agognata;
              tatuaggi con messaggi non adeguati, riferimenti politici, sessuali o religiosi così come disegni indecorosi devono restare vietati, ma una donna o un uomo non possono dover rinunciare a un percorso professionale, per di più a servizio della comunità, a causa di una piccola macchia d'inchiostro;
              se il criterio è quello secondo cui il tatuaggio rende riconoscibile l'agente, è opportuno ricordare che nel 2020 un semplice smartphone è in grado di immortalare qualsiasi dettaglio; da queste considerazioni emerge la necessità di modificare le norme oggi vigenti, nello specifico la lettera b) del punto 2 del decreto 198 del 2003 (Regolamento concernente i requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale di cui devono essere in possesso i candidati ai concorsi per l'accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato e gli appartenenti ai predetti ruoli) che prevede che non possa concorrere chi ha tatuaggi sulle parti del corpo non coperte dall'uniforme o quando, per la loro sede o natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme,

impegna il Governo

ad adoperarsi affinché si proceda ad una modifica della lettera b) del punto 2 del decreto 198 del 2003 e che quindi la presenza di tatuaggi sul corpo sia causa di esclusione dai ruoli della Polizia di Stato solo nel caso in cui essi contengano riferimenti politici, sessuali o religiosi o che per le loro dimensioni o contenuti siano indice di personalità abnorme.
9/2648/58. Novelli, Sandra Savino.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame contiene numerose misure, che intervengono su più ambiti, volte a semplificare la macchina burocratica, e rendere più agile e veloce l'amministrazione e la normativa vigente. Necessità ancora più urgenti a causa della pandemia in atto;
              numerosi sono gli interventi finalizzati alla semplificazione dei procedimenti amministrativi e alla velocizzazione di adempimenti burocratici;
              in ambito sanitario è certamente necessario intervenire per favorire la semplificazione e la sburocratizzazione dei procedimenti di accertamento degli stati invalidanti e dell’handicap; sotto questo aspetto sarebbe necessario autorizzare le Commissioni a effettuare valutazioni di invalidità civile e di handicap (legge 104 del 1992) anche solo sugli atti e sulla documentazione clinica nei casi più evidenti, potendo escludere quindi la convocazione a visita diretta: va peraltro ricordato che la suddetta soluzione è già stata adottata dall'INPS in periodo di emergenza COVID-19 nelle regioni in cui gestisce l'accertamento in modo diretto (Convenzioni con le regioni: esempio Lazio);
              la citata soluzione consentirebbe altresì un risparmio di oneri sia per la pubblica amministrazione e l'INPS che per il cittadino ed evita visite superflue nei casi di un quadro evidente,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito delle misure volte alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, che le commissioni mediche pubbliche proposte all'accertamento delle minorazioni civili e dell’handicap ai sensi dell'articolo 4 della legge 104 del 1992 possano redigere verbali sia di prima istanza che di revisione anche solo sugli atti, in tutti quei casi in cui sia presente una documentazione sanitaria evidente che consenta una valutazione obiettiva.
9/2648/59. Versace, Bagnasco, Ermellino.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame contiene numerose misure, che intervengono su più ambiti, volte a semplificare la macchina burocratica, e rendere più agile e veloce l'amministrazione e la normativa vigente. Necessità ancora più urgenti a causa della pandemia in atto;
              numerosi sono gli interventi finalizzati alla semplificazione dei procedimenti amministrativi e alla velocizzazione di adempimenti burocratici;
              in ambito sanitario è certamente necessario intervenire per favorire la semplificazione e la sburocratizzazione dei procedimenti di accertamento degli stati invalidanti e dell’handicap; sotto questo aspetto sarebbe necessario autorizzare le Commissioni a effettuare valutazioni di invalidità civile e di handicap (legge 104 del 1992) anche solo sugli atti e sulla documentazione clinica nei casi più evidenti, potendo escludere quindi la convocazione a visita diretta: va peraltro ricordato che la suddetta soluzione è già stata adottata dall'INPS in periodo di emergenza COVID-19 nelle regioni in cui gestisce l'accertamento in modo diretto (Convenzioni con le regioni: esempio Lazio);
              la citata soluzione consentirebbe altresì un risparmio di oneri sia per la pubblica amministrazione e l'INPS che per il cittadino ed evita visite superflue nei casi di un quadro evidente,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito delle misure volte alla semplificazione di cui agli articoli 29-bis e 29-ter della presente legge, che le commissioni mediche pubbliche proposte all'accertamento delle minorazioni civili e dell’handicap ai sensi dell'articolo 4 della legge 104 del 1992 possano redigere verbali sia di prima istanza che di revisione anche solo sugli atti, in particolare nei casi di quadro clinico chiaramente irreversibile.
9/2648/59.    (Testo modificato nel corso della seduta) Versace, Bagnasco, Ermellino.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 8 del disegno di legge di conversione in esame reca, tra l'altro, una serie di disposizioni in materia di procedure disciplinate dal codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 50 del 2016;
              in particolare il comma 4 del medesimo articolo 8, reca disposizioni con riferimento ai lavori in corso di esecuzione, e si disciplinano gli obblighi del direttore dei lavori, il quale adotta, in relazione alle lavorazioni effettuate, lo stato di avanzamento dei lavori (SAL);
              in relazione alla scansione temporale, si prevede che il SAL della direzione lavori sia fatto entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, e che il certificato di pagamento venga emesso contestualmente e comunque entro cinque giorni dall'adozione del SAL nell'ambito dello stato di avanzamento dei lavori, anche alla luce della crisi economica e delle fortissime difficoltà degli operatori del settore conseguenti all'emergenza epidemiologica da COVID-19 sarebbe necessario introdurre delle misure di favore nei confronti delle imprese appaltatrici, dei fornitori, dei subappaltatori,

impegna il Governo

ai fini della tutela economico/finanziaria delle imprese appaltatrici, dei fornitori, dei subappaltatori, nella fase di riavvio dei lavori pubblici la cui sospensione a causa del COVID-19 ha generato forti perdite, e in considerazione delle difficoltà incontrate dalle imprese nell'accesso al credito, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni in esame al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che le stazioni appaltanti possano provvedere al pagamento degli Stati di Avanzamento Lavori, maturati alla data del 4 maggio 2020, nonché dei successivi SAL maturandi fino alla data del 31 dicembre 2021, indipendentemente dal fatto che si sia raggiunto l'importo previsto da contratto.
9/2648/60. Labriola, Mazzetti, Cortelazzo.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame contiene numerose norme, che intervengono su più settori, e sono volte principalmente a semplificare la macchina burocratica, c rendere più agile e veloce l'amministrazione c la normativa vigente. Necessità ancora più urgenti a causa della pandemia da Covid-19;
              numerosi sono gli interventi finalizzati alla semplificazione dei procedimenti amministrativi e degli adempimenti burocratici;
              l'articolo 50, interviene in materia di autorizzazioni ambientali. In particolare apporta una lunga serie di modifiche alla disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) contenuta nella parte seconda del decreto legislativo 152 del 2006 (Codice ambientale) volte a perseguire principalmente l'accelerazione delle procedure, soprattutto tramite una riduzione dei termini previgenti (in particolare nell'ambito dei procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA c di rilascio del provvedimento unico ambientale;
              i suddetti interventi volti a semplificare e velocizzare gli adempimenti burocratici sono quanto mai necessari per molti operatori in questa lunga e difficile fase di crisi economica e produttiva; per sostenere le imprese e gli operatori interessati, già il decreto-legge n.  18 del 2020 (c.d. Cura Italia) e poi il decreto-legge 8 aprile 2020, n.  23, avevano previsto la proroga della sospensione dei termini di numerosi procedimenti amministrativi, certificati, permessi, concessioni e autorizzazioni; in conseguenza della crisi economica e del conseguente impatto economico negativo su molte attività produttive che risultano ridotte o sospese, le suddette previste sospensioni così come l'estensione della validità di permessi, concessioni, autorizzazioni, ecc., appaiono come un atto necessario e dovuto;
              proprio con riguardo alle suddette autorizzazioni, l'articolo 29-octies, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152 dispone che l'autorità competente riesamini periodicamente l'autorizzazione integrata ambientale (AIA). Sotto questo aspetto, sarebbe necessario prevedere una ulteriore proroga della suddetta autorizzazione integrata ambientale,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che la validità delle autorizzazioni integrate ambientali in scadenza dal 31 gennaio 2020 al 15 ottobre 2020, data di cessazione dello stato di emergenza sanitaria, possano essere prorogate di 180 giorni.
9/2648/61. Pella, Cortelazzo.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame contiene numerose norme, che intervengono su più settori, e sono volte principalmente a semplificare la macchina burocratica, c rendere più agile e veloce l'amministrazione c la normativa vigente. Necessità ancora più urgenti a causa della pandemia da Covid-19;
              numerosi sono gli interventi finalizzati alla semplificazione dei procedimenti amministrativi e degli adempimenti burocratici;
              l'articolo 50, interviene in materia di autorizzazioni ambientali. In particolare apporta una lunga serie di modifiche alla disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) contenuta nella parte seconda del decreto legislativo 152 del 2006 (Codice ambientale) volte a perseguire principalmente l'accelerazione delle procedure, soprattutto tramite una riduzione dei termini previgenti (in particolare nell'ambito dei procedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA c di rilascio del provvedimento unico ambientale;
              i suddetti interventi volti a semplificare e velocizzare gli adempimenti burocratici sono quanto mai necessari per molti operatori in questa lunga e difficile fase di crisi economica e produttiva; per sostenere le imprese e gli operatori interessati, già il decreto-legge n.  18 del 2020 (c.d. Cura Italia) e poi il decreto-legge 8 aprile 2020, n.  23, avevano previsto la proroga della sospensione dei termini di numerosi procedimenti amministrativi, certificati, permessi, concessioni e autorizzazioni; in conseguenza della crisi economica e del conseguente impatto economico negativo su molte attività produttive che risultano ridotte o sospese, le suddette previste sospensioni così come l'estensione della validità di permessi, concessioni, autorizzazioni, ecc., appaiono come un atto necessario e dovuto;
              proprio con riguardo alle suddette autorizzazioni, l'articolo 29-octies, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152 dispone che l'autorità competente riesamini periodicamente l'autorizzazione integrata ambientale (AIA). Sotto questo aspetto, sarebbe necessario prevedere una ulteriore proroga della suddetta autorizzazione integrata ambientale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che la validità delle autorizzazioni integrate ambientali in scadenza dal 31 gennaio 2020 al 15 ottobre 2020, data di cessazione dello stato di emergenza sanitaria, possano essere prorogate di 180 giorni.
9/2648/61.    (Testo modificato nel corso della seduta) Pella, Cortelazzo.


      La Camera,
          premesso che:
              con l'avvio del nuovo anno scolastico e la ripresa delle attività scolastiche su tutto il territorio nazionale, per quanto con cadenze temporali diverse, oltre ai problemi delle misure di sicurezza da rispettare durante la didattica si pone quello di non minore rilevanza del funzionamento delle mense scolastiche e della nuova organizzazione per l'erogazione dei pasti;
              la sospensione delle attività scolastiche dovute all'emergenza sanitaria da Covid-19 ha determinato conseguenze disastrose sul settore le cui perdite, nei soli mesi di marzo e aprile, ammontavano al circa 330 milioni di euro;
              secondo i dati dell'Osservatorio ristorazione collettiva e nutrizione nel periodo marzo-aprile 2019 si è infatti registrata una contrazione dei ricavi del 66.8 che ha toccato il –94% per la sola ristorazione scolastica nel solo mese di marzo;
              la crisi delle mense ha colpito soprattutto forza lavoro femminile in quanto le donne rappresentano l'82% degli addetti del settore della ristorazione collettiva;
              tali lavoratrici hanno usufruito della cassa integrazione o del fondo di integrazione salariale calcolata su salari estremamente contenuti ma sono oggi in attesa di poter riprendere l'attività lavorativa;
              a tutto ciò si aggiungono le incognite sia sulla possibilità di proseguire con fattività scolastica in presenza sia delle misure da adottare, le quali necessariamente dovranno essere calibrate sulla base delle esigenze di ogni specifica realtà territoriale, con conseguenze sui costi del servizio e possibili conseguenze sulle condizioni salariale e lavorative delle addette e degli addetti;
              sulla base delle faq pubblicate sul sito del Ministero dell'istruzione il servizio di erogazione dei pasti è assicurato ma dalle lavoratrici del settore arrivano notizie preoccupanti sulla ripresa dell'attività lavorativa,

impegna il Governo

al fine di salvaguardare l'occupazione in questo settore e di assicurare un servizio che ha una forte valenza educativa e rappresenta un momento di crescita e valorizzazione per gli alunni e gli studenti, ad assumere iniziative volte a garantire la salvaguardia e la tutela dei lavoratori del settore, in relazione al passalo periodo di inattività delle scuole nonché in caso si riproponga la necessità di una nuova chiusura, sia dal punto di vista della sicurezza che, soprattutto, del sostegno al reddito affinché su tutto il territorio nazionale e in tutte le istituzioni scolastiche e i servizi per l'infanzia sia assicurata l'erogazione dei pasti.
9/2648/62. Ruffino.


      La Camera,
          premesso che:
              la sempre maggiore diffusione di campagne volte a favorire l'adozione di un sistema di nutrizione sano e corretti stili alimentari fa emergere la necessità di individuare, nella più ampia categoria degli integratori, la specifica classe degli integratori nutraceutici, che combinano proprietà nutrizionali e farmaceutiche;
              in particolare, i prodotti nutraceutici sono sostanze alimentari che si trovano in natura e che sono presenti nell'alimentazione di tutti i giorni; sono alimenti speciali perché garantiscono un apporlo straordinario dal punto di vista delle proprietà benefiche e si rivelano molto efficaci sia a scopo preventivo che di supporto per il trattamento di alcune patologie;
              le proprietà virtuose di diverse specie di ortaggi, fruita, legumi e altri cibi vengono concentrati in capsule o pillole, così da incrementarne i benefici in maniera esponenziale: i nutraceutici, proprio come i farmaci, vengono sottoposti ad alcuni test clinici che ne comprovino l'efficacia;
          considerato che:
              in tale contesto, appare utile fornire una definizione normativa di integratori nutraceutici, non essendo ancora oggi il termine nutraceutico definito né dalla legislazione italiana né da quella comunitaria;
              la mancanza di una disciplina specifica in materia ha, infatti, contribuito a creare zone d'ombra e rischi di sovrapposizioni generando dubbi riguardo all'esatta individuazione delle varie tipologie di prodotti qualificabili come nutraceutici, con i correlati rischi per la tutela della salute dei cittadini,

impegna il Governo

          a valutare l'introduzione di norme chiare, affidando al Ministero della salute il compito di fissare criteri e modalità per l'individuazione degli integratori nutraceutici, garantendo che la vendita di tali prodotti sia riservata a professionisti in possesso delle opportune conoscenze e competenze in materia farmaceutica e alimentare;
          a riconoscere al farmacista una specifica competenza nel consigliare diete con finalità non terapeutiche, viste le particolari conoscenze acquisite dal farmacista nel percorso postuniversitario nel campo dell'alimentazione e della nutrizione, al fine di favorire, anche in ragione della capillare presenza dei farmacisti sul territorio, un virtuoso percorso di diffusione di corretti stili di vita e di presa in carico dei pazienti per validi ed adeguati regimi alimentari.
9/2648/63. Saccani Jotti, Mandelli.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 102 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n.  1265 (TULS), nella formulazione attualmente vigente, prevede che l'esercizio della farmacia non possa essere cumulato con quello di altre professioni e arti sanitarie per evitare possibili situazioni di conflitto di interessi tra il prescrittore e il dispensatore dei farmaci;
              nel corso del tempo, tale disposizione è stata interpretata in modo estensivo, ritenendo che il divieto riguardasse non solo il cumulo di più professioni sanitarie da parte di un medesimo soggetto, ma si estendesse anche all'esercizio cumulativo di tali professioni in farmacia;
              tuttavia, in base ad un recente orientamento giurisprudenziale (cfr. TAR Umbria sent. n.  421/2014; TAR Lombardia – sez. Brescia sent. n.  1692/2016: Cons. di Stato sent. n.  3357/2017), è stato precisato che l'articolo 102 trova applicazione esclusivamente con riferimento al cumulo soggettivo e non con riferimento a quello oggettivo; in particolare, il Consiglio di Stato (sentenza n.  3357/2017) ha avuto modo di chiarire che un'interpretazione estensiva dell'articolo 102 T.U.L.S. «non è condivisibile e contrasta con il dato normativo e, in particolare, con la previsione dell'art. 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n.  153 del 2009 che, in attuazione dell'articolo 11 del decreto legislativo n.  69 del 2009, espressamente consente, tra i nuovi servizi, la erogazione di servizi di primo livello, attraverso i quali le farmacie partecipano alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione generale ed ai gruppi a rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di informazione adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti che vi operano”»;
              l'evoluzione della normativa in materia consente dunque «di prevedere, presso le farmacie, giornate di prevenzione, nell'ambito di appositi programmi di educazione sanitaria o di specifiche campagne contro le principali patologie a forte impatto sociale, anche mediante visite mediche, la cui finalità, però, sia quella appunto di favorire il valore essenziale della prevenzione sanitaria e l'anticipato contrasto di patologie a forte impatto sociale;
              ad avviso dei giudici amministrativi sono ammesse, «anche alla luce delle fondamentali finalità sociosanitarie la collaborazione ai programmi di educazione sanitaria della popolazione realizzati a livello nazionale e regionale» e la realizzazione di «campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale perseguite dall'articolo 11, comma 1, lettera b) e lettera c), del decreto legislativo n.  69 del 2009», nonché la previsione di giornate di prevenzione o di incontri periodici con un dermatologo e un odontoiatra, nell'ambito della prevenzione di cui si è detto;
              in un momento quale quello emergenziale attualmente in essere è necessario mantenere alti i livelli di tutela della salute, ma allo stesso tempo alleggerire la pressione sugli ospedali e sui pronto soccorso, nell'ottica del percorso di deospedalizzazione promosso dal Ministero della salute e finalizzato ad un potenziamento dell'assistenza territoriale per la presa in carico del paziente, in modo tale che l'accesso all'ospedale sia limitato ai soli casi di acuzie non gestibili sul territorio stesso;
              in tale ambito, risulta fondamentale la collaborazione interprofessionale, in modo tale che ciascun operatore sanitario, nel rispetto delle proprie competenze e prerogative professionali, possa fornire il proprio apporto a beneficio dell'efficienza del SSN e a tutela della salute dei cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di modificare l'articolo 102 TULS, al fine di permettere l'esercizio in farmacia di altre professioni sanitarie, fermo restando, per quanto riguarda gli esercenti le professioni di medico, odontoiatra e medico veterinario, la previsione che questi ultimi possano svolgere in farmacia la propria attività esclusivamente nell'ambito di campagne informative di educazione sanitaria e attività di prevenzione, nonché di stati di emergenza e di pronto soccorso.
9/2648/64. Mandelli, Saccani Jotti.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 49 del provvedimento in esame, con i commi da 5-ter a 5 ter-decies, modifica numerose disposizioni del codice della strada, tra le quali, in particolare quelle relative alle sanzioni irrogate da parte dei così detti ausiliari dei traffico, le norme in materia di utilizzo di autovelox c di dispositivi di controllo per la rilevazione dell'accesso alle zone a traffico limitato o con divieto di circolazione;
              le nuove norme pongono le basi per un considerevole aumento delle sanzioni che potranno essere irrogate a danno degli automobilisti per divieto di sosta, per eccesso di velocità e per divieto di circolazione, denotando l'evidente volontà delle amministrazioni comunali di fare cassa a spese dei cittadini;
              le riforme apportate al codice della strada dal decreto in esame stralciano ampie parti del disegno di legge di riforma organica del codice della strada in corso di esame alla Camera dei deputati, vanificando un lungo e travagliato lavoro parlamentare, durato più di un anno e mezzo, ed impedendo un esame approfondito ed un dibattito aperto c trasparente da parte dei singoli gruppi parlamentari;
              le disposizioni in materia di multe, già presenti nel testo in esame presso la Camera dei Deputati, sono state ampliate ulteriormente, in senso peggiorativo, presentando aspetti vessatori come l'eliminazione di ogni riferimento alla contestazione immediata delle sanzioni c all'obbligo di rilasciare un avviso della multa irrogata sul veicolo sanzionato o come l'aumentato potere di intervento degli ausiliari del traffico,

impegna il Governo

a destinare i proventi aggiuntivi delle multe derivanti dalle nuove disposizioni di cui in premessa al fondo di garanzia per le vittime della strada.
9/2648/65. Baldelli.


      La Camera,
          premesso che:
              la rigenerazione urbana concilia tre obiettivi generalmente condivisi: ridurre il consumo di suolo non ancora urbanizzato; aumentare la sicurezza e ridurre i consumi di energia da parte di un tessuto edilizio obsoleto e scadente: assecondare le mutate esigenze lavorative e sociali della vita di relazione nelle città. Per di più, assecondare questo processo salva valore (patrimonio immobiliare esistente) e genera valore (l'attività edilizia coinvolge la gran parte del mondo produttivo e dei servizi);
              in attesa di una riforma organica del diritto del governo del territorio (superando una dicotomia tutta italiana tra urbanistica-edilizia e diritto dell'ambiente, contrastante con l'evoluzione del diritto UE), sono possibili interventi urgenti che, mediante semplificazione del quadro normativo esistente e consolidato, accelerino immediatamente gli interventi di rigenerazione urbana. Un primo fronte di intervento è dato dal Testo unico dell'edilizia (TUE), un altro è rappresentato dal quadro più disarticolato della normativa urbanistica;
              questi interventi urgenti possono oltretutto giovarsi di sperimentazioni già fatte in alcune regioni a livello di legislazione regionale concorrente e di pianificazione urbanistica comunale, con esili positivi;
              il focus principale è costituito dalla nozione di «ristrutturazione edilizia». Secondo la legge 457/1978 è uno dei tipi di intervento di recupero degli edifici esistenti, accanto a manutenzione, restauro, risanamento conservativo. È l'intervento più incisivo, prima che si passi alla «ristrutturazione urbanistica» che si caratterizza invece per la riorganizzazione urbanistica con demolizione delle costruzioni esistenti e ricostruzioni in forme e su sedimi diversi e che richiede dei piani urbanistici ad hoc;
              in realtà, la tipologia così identificata di interventi ha lasciato un «vuoto» normativo: quello degli interventi di sostituzione degli edifici esistenti, con variazioni di sagoma, prospetti, volumi e altezze, ma senza sconfinare propriamente nella ristrutturazione urbanistica e senza dover ricorrere a – e attendere – piani urbanistici;
              tale «vuoto» normativo è diventato cruciale mano a mano che le normative tecniche hanno imposto: superamento delle barriere architettoniche: adeguamento sismico: risparmio energetico: misure igienico-sanitarie (altezze interne, rapporti aeroilluminanti, ecc.). È quasi impossibile ristrutturare edifici esistenti adeguandoli alle regole tecniche senza modificare l'assetto originario degli edifici quanto meno nei piani, nei fori, nella sagoma ecc. Da ultimo, le nuove esigenze sollecitate dalla pandemia concorrono a rendere necessaria una riconfigurazione degli immobili, con terrazzi, residenze adatte al lavoro in smart working ecc. Inoltre, l'economicità dell'intervento è generalmente legata alla possibilità di recuperare della volumetria utile, ad es. rendendo abitabili i sottotetti o aggiungendo un piano o coprendo un cortile interno ecc.;
              naturalmente nelle zone vincolate secondo il Codice beni culturali ogni intervento di ristrutturazione è subordinato all'autorizzazione preventiva delle Soprintendenze, con valutazione in concreto caso per caso;
              la nozione formate di ristrutturazione edilizia non è però mai stata rivista dal 1978 e solo alcuni legislatori regionali hanno cercato di estenderla per via interpretativa, in modo da ricomprendervi anche gli interventi di demolizione e ricostruzione. Di frequente, nella prassi si ricorreva all'escamotage di lasciare in piedi l'involucro esterno degli edifici, svuotandoli all'interno, e poi di consolidare un po’ alla volta anche la muratura esterna (di fatto demolendola un po’ alla volta) con costi enormi, per eludere l'assurdità del dato normativo;
              la giurisprudenza anche costituzionale ha interpretato restrittivamente la nozione normativa di ristrutturazione edilizia, mentre la legislazione statale di recente ha sfiorato il tema, ammettendo qualche modifica dell'assetto del fabbricato originario;
              si è proposto di estendere la nozione di «ristrutturazione edilizia» coll'ammettere anche interventi di sostituzione della volumetria esistente – in questo senso non di nuova costruzione ma di rigenerazione del tessuto edilizio ormai consolidato – con un margine di flessibilità: ammettendo cioè modifiche di sagoma, di prospetti, di altezze e, ove consentito dai piani comunali, sopraelevazioni. Quello che richiede una effettiva «rigenerazione» di uno specifico fabbricato e che differisce del tutto da un riordino urbanistico di una parte della città mediante un piano di recupero; l'attuale formulazione del testo approvato al Senato della Repubblica rende ancora più restrittiva la nozione di ristrutturazione edilizia (com'era, dov'era) nella gran parte del territorio, ossia nei centri storici, nelle zone territoriali omogenee A, nelle altre zone dove ci sia un vincolo. Vale a dire sulla gran parte del territorio nazionale, e proprio là dove invece ci sarebbe maggiore bisogno di rigenerazione urbana;
              l'emendamento non tiene conto che si tratta di interventi tutti soggetti a preventiva autorizzazione delle Soprintendenze e inoltre spesso condizionati da vincoli specifici importi dai piani regolatori comunali o da piani territoriali e ambientali sovracomunali. Ma in genere le Soprintendenze autorizzano questi interventi proprio perché migliorano la qualità non solo del singolo edificio ma anche dell'ambiente urbano. In molti centri storici sono stati costruiti nel periodo postbellico edifici di scarsa qualità che dovrebbero essere sostituiti proprio per ridare dignità al tessuto storico. Inoltre le zone A sono ben più vaste dei centri storici e comprendono larga parte delle città consolidata. Ingessare e imbalsamare tutto quello che c’è, solo perché c’è, senza che sia possibile – in assenza di vincoli o compatibilmente coi vincoli e sotto controllo pubblico proporre interventi di riqualificazione e rigenerazione ha l'effetto di paralizzare il processo in corso di ritorno alle città e di reinvestimento sul tessuto urbano all'insegna della migliore qualità e sicurezza di vita; i valori che l'emendamento sembra voler tutelare sono già efficacemente tutelati per altra via, e fruiscono di molti altri strumenti, dal vincolo paesaggistico statale ai limiti di intervento ammessi dai piani comunali, che ben possono escludere la ristrutturazione edilizia e permettere solo manutenzioni o restauri. Invece la perpetuazione di una nozione generale restrittiva di ristrutturazione edilizia equivale a escludere dal novero degli interventi sul tessuto edilizio esistente qualsiasi intervento di sostituzione edilizia, ribadendo la dicotomia, bocciata dall'esperienza, fra mantenimento dei contenitori edilizi esistenti e costruzioni ex novo (oltretutto quasi sempre precluse a priori in molte zone cittadine, come centri storici e zone A). In altri termini, il fatto che gli interventi di recupero siano limitati alla «ristrutturazione edilizia» strettamente conservativa comporta che ogni altro intervento sia automaticamente classificato come nuova costruzione e per ciò solo sia in genere precluso (o sottoposto a defatiganti e onerosi procedimenti urbanistici poco praticabili),

impegna il Governo

a valutare l'attivazione di un tavolo di lavoro per recepire dalle filiere edilizia ed immobiliare, oltre dagli ordini professionali commenti e considerazioni volti a migliorare i contenuti del testo andando a superare i limiti presenti non conformi alle migliori pratiche internazionali in materia.
9/2648/66. Napoli, Mazzetti, Cortelazzo, Ruffino.


      La Camera,
          premesso che:
              la rigenerazione urbana concilia tre obiettivi generalmente condivisi: ridurre il consumo di suolo non ancora urbanizzato; aumentare la sicurezza e ridurre i consumi di energia da parte di un tessuto edilizio obsoleto e scadente: assecondare le mutate esigenze lavorative e sociali della vita di relazione nelle città. Per di più, assecondare questo processo salva valore (patrimonio immobiliare esistente) e genera valore (l'attività edilizia coinvolge la gran parte del mondo produttivo e dei servizi);
              in attesa di una riforma organica del diritto del governo del territorio (superando una dicotomia tutta italiana tra urbanistica-edilizia e diritto dell'ambiente, contrastante con l'evoluzione del diritto UE), sono possibili interventi urgenti che, mediante semplificazione del quadro normativo esistente e consolidato, accelerino immediatamente gli interventi di rigenerazione urbana. Un primo fronte di intervento è dato dal Testo unico dell'edilizia (TUE), un altro è rappresentato dal quadro più disarticolato della normativa urbanistica;
              questi interventi urgenti possono oltretutto giovarsi di sperimentazioni già fatte in alcune regioni a livello di legislazione regionale concorrente e di pianificazione urbanistica comunale, con esili positivi;
              il focus principale è costituito dalla nozione di «ristrutturazione edilizia». Secondo la legge 457/1978 è uno dei tipi di intervento di recupero degli edifici esistenti, accanto a manutenzione, restauro, risanamento conservativo. È l'intervento più incisivo, prima che si passi alla «ristrutturazione urbanistica» che si caratterizza invece per la riorganizzazione urbanistica con demolizione delle costruzioni esistenti e ricostruzioni in forme e su sedimi diversi e che richiede dei piani urbanistici ad hoc;
              in realtà, la tipologia così identificata di interventi ha lasciato un «vuoto» normativo: quello degli interventi di sostituzione degli edifici esistenti, con variazioni di sagoma, prospetti, volumi e altezze, ma senza sconfinare propriamente nella ristrutturazione urbanistica e senza dover ricorrere a – e attendere – piani urbanistici;
              tale «vuoto» normativo è diventato cruciale mano a mano che le normative tecniche hanno imposto: superamento delle barriere architettoniche: adeguamento sismico: risparmio energetico: misure igienico-sanitarie (altezze interne, rapporti aeroilluminanti, ecc.). È quasi impossibile ristrutturare edifici esistenti adeguandoli alle regole tecniche senza modificare l'assetto originario degli edifici quanto meno nei piani, nei fori, nella sagoma ecc. Da ultimo, le nuove esigenze sollecitate dalla pandemia concorrono a rendere necessaria una riconfigurazione degli immobili, con terrazzi, residenze adatte al lavoro in smart working ecc. Inoltre, l'economicità dell'intervento è generalmente legata alla possibilità di recuperare della volumetria utile, ad es. rendendo abitabili i sottotetti o aggiungendo un piano o coprendo un cortile interno ecc.;
              naturalmente nelle zone vincolate secondo il Codice beni culturali ogni intervento di ristrutturazione è subordinato all'autorizzazione preventiva delle Soprintendenze, con valutazione in concreto caso per caso;
              la nozione formate di ristrutturazione edilizia non è però mai stata rivista dal 1978 e solo alcuni legislatori regionali hanno cercato di estenderla per via interpretativa, in modo da ricomprendervi anche gli interventi di demolizione e ricostruzione. Di frequente, nella prassi si ricorreva all'escamotage di lasciare in piedi l'involucro esterno degli edifici, svuotandoli all'interno, e poi di consolidare un po’ alla volta anche la muratura esterna (di fatto demolendola un po’ alla volta) con costi enormi, per eludere l'assurdità del dato normativo;
              la giurisprudenza anche costituzionale ha interpretato restrittivamente la nozione normativa di ristrutturazione edilizia, mentre la legislazione statale di recente ha sfiorato il tema, ammettendo qualche modifica dell'assetto del fabbricato originario;
              si è proposto di estendere la nozione di «ristrutturazione edilizia» coll'ammettere anche interventi di sostituzione della volumetria esistente – in questo senso non di nuova costruzione ma di rigenerazione del tessuto edilizio ormai consolidato – con un margine di flessibilità: ammettendo cioè modifiche di sagoma, di prospetti, di altezze e, ove consentito dai piani comunali, sopraelevazioni. Quello che richiede una effettiva «rigenerazione» di uno specifico fabbricato e che differisce del tutto da un riordino urbanistico di una parte della città mediante un piano di recupero;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivazione di un tavolo di lavoro per recepire dalle filiere edilizia ed immobiliare, oltre dagli ordini professionali commenti e considerazioni volti a migliorare i contenuti del testo andando a superare i limiti presenti non conformi alle migliori pratiche internazionali in materia.
9/2648/66.    (Testo modificato nel corso della seduta) Napoli, Mazzetti, Cortelazzo, Ruffino.


      La Camera,
          premesso che:
              i condomini in Italia sono circa 1.200.000 e vivono al loro interno circa 42 milioni di cittadini; tra spese ordinarie e straordinarie si movimentano ogni anno oltre 100 miliardi di euro, oltre qualche punto di PIL. Per questo i condomini sono stati ripetutamente destinatari, e ogni anno sempre di più, di misure adottate dal legislatore per costituire un volano importantissimo per l'economia del Paese, avuto riguardo al volume d'affari che tutta la filiera dell'edilizia può contare grazie al mondo condominio;
              in occasione del decreto-legge Rilancio, gli stabili in condominio sono risultati destinatari di una imponente misura che riguarda i settori dell'edilizia e dell'immobiliare perché comparti trainanti l'economia nazionale, con un particolare riguardo alla cura dell'ambiente, dell'energia e della sicurezza. Si tratta dei così detti Eco-bonus e Sisma-bonus, ovvero della possibilità di detrarre fiscalmente le spese sostenute per gli interventi di efficentamento energetico e riduzione del rischio sismico, misure già preesistenti alla emergenza Covid-19, ma potenziate proprio in questa occasione fino alla percentuale del 110 per cento;
              sulla base delle attuali disposizioni, sono detraibili le spese effettuate dal 1o luglio 2020 al 31 dicembre 2021;
              la normativa in materia condominiale impone obbligatoriamente il passaggio assembleare per deliberare detti lavori, aggiungendo il fatto che in taluni casi sono necessarie maggioranze qualificate. Fanno da palese contraltare al passaggio assembleare anzidetto le attuali norme per il contenimento del contagio, che verosimilmente resteranno in vigore ancora per molto tempo. Il distanziamento sociale e il divieto di assembramenti, rendono infatti piena di criticità, quando non impossibile, la regolare procedura di convocazione a carico dell'Amministratore nonché il corretto (ma anche lecito, dal punto di vista sanitario) svolgimento delle assemblee condominiali in presenza a cura del Presidente e del Segretario nominati;
              la stessa Presidenza del Consiglio dei ministri, già nella pubblicazione del 13 marzo 2020, rinnovata poi il 25/4/2020, nella risposta 1 alle FAQ sul Coronavirus, ha precisato che «le assemblee condominiali sono vietate, a meno che non si svolgano con modalità a distanza, assicurando comunque il rispetto della normativa in materia di convocazioni e delibere», tuttavia, a fronte del divieto assoluto di tenere assemblee di Condominio su tutto il territorio nazionale, non è stata emanata alcuna disposizione che esplicitamente, al pari di quanto avvenuto nel decreto Cura Italia per le società, associazioni e fondazioni (Art. 106. co. III) o per gli organi collegiali dei comuni, province o città metropolitane (articolo 73) consenta l'espletamento di assemblee on-line;
              l'assemblea in modalità a distanza (o mista, ove ne ricorrano gli estremi) è in concreto praticabile in materia condominiale, previo utilizzo di software che garantiscano la effettività della partecipazione assembleare e la libera e personale espressione del voto;
              tuttavia, la mancanza di norme chiare sulla possibilità che l'assemblea svolta con tali modalità sia valida, ed anzi la presenza di un impianto del Codice Civile ormai datato nel tempo che sembra fare riferimento alla necessità di un luogo fisico ove si svolga la partecipazione e discussione assembleare (articolo 66 disp. att. c.c. e articolo 1136 e.c.) ha finora imposto alla categoria degli Amministratori una estrema cautela nell'improvvisare iniziative innovative che potrebbero esporre l'Amministratore a responsabilità o comunque dare vita a delibere impugnabili, con grave pregiudizio e costi (attualmente insostenibili) per gli stessi condomini;
              fino ad ora gli Amministratori di condominio hanno fatto fronte alla gestione condominiale ordinaria esercitando i poteri conservativi attribuiti dalla legge prescindendo dal passaggio assembleare. Tale passaggio è tuttavia inevitabile per deliberare i lavori straordinari, ove si voglia, accedere ai contributi messi in campo dal Governo. L'introduzione di una norma avente forza di legge che esplicitamente consenta anche al Condominio di tenere assemblea in modalità on-line fugherebbe i dubbi e le contrastanti interpretazioni sulla materia e che anche tra i migliori studiosi in dottrina non ha trovato soluzioni pacifiche c tranquillizzanti;
              considerata la possibilità prevista dal decreto-legge Cura Italia per le società (articolo 106, III co.) che andrebbe estesa anche alle riunioni delle assemblee di condominio. In tal modo, gli oltre 40 milioni di italiani proprietari di immobili in condominio che stanno compulsando gli Amministratori perché siano convocate le assemblee per deliberare sui lavori oggetto dei benefici fiscali previsti, potrebbero in concreto usufruire della misura introdotta dal decreto-legge Rilancio che altrimenti potrebbe perdere di efficacia. Sarebbe, poi, quanto mai auspicabile un prolungamento di tali benefici, atteso che tali opere necessitano di un lungo iter preparatorio, dovuto alla loro complessità e non sempre facile standardizzazione dei processi;
              sempre allo scopo di rendere immediatamente attuabili gli scopi che il Governo si prefigge garantendo agevolazioni fiscali così importanti, sarebbe quanto mai opportuno consentire che le delibere concernenti interventi volti al miglioramento sismico ed all'efficentamento energetico, così come pure quelli per l'abbattimento delle barriere architettoniche (che già lo erano, in considerazione del loro alto valore socio-economico), si possano adottare con un quorum agevolato (1/3 dei presenti e 1/3 dei millesimi),

impegna il Governo

          al fine di garantire piena attuazione alle disposizioni in materia di opere edilizie in regime di condominio, previste dal provvedimento in esame, a valutare una misura tempestiva per consentire l'intervento all'assemblea di condominio anche mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l'identificazione, la partecipazione e l'esercizio del diritto di voto, senza in ogni caso la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente, il segretario. Di tale facoltà dandone notizia nell'avviso di convocazione, con validità del verbale con la sola firma del segretario della riunione;
          a valutare una misura tempestiva per prorogare sino al 31 dicembre 2020 il termine per la convocazione dell'assemblea di condominio per l'approvazione del rendiconto annuale che abbia scadenza compresa tra il 1o agosto 2019 e il 30 settembre 2020, restando valido sino alla data della convocazione dell'assemblea di cui al comma precedente, l'incarico dell'amministratore scaduto tra il 1o agosto 2019 e il 30 settembre 2020.
9/2648/67. Rosso, Napoli, Ruffino.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in oggetto – Disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale – ha come obiettivo principale quello di semplificare la macchina burocratica, rendere più agile e veloce l'amministrazione pubblica e la normativa vigente, al fine di aiutare i cittadini e le imprese ad affrontare la ripartenza economica del nostro Paese, soprattutto in seguito alla pandemia che ha investito l'Italia e il resto del mondo;
              in tale direzione, le disposizioni in esso contenute incidono in materia di semplificazioni per i contratti pubblici ed edilizia, di semplificazioni procedurali e di responsabilità, di semplificazioni per le attività di impresa, ambiente e green economy, di semplificazione per il sostegno e la diffusione dell'amministrazione digitale:
              pur tuttavia, con particolare riguardo alle misure di semplificazione e incentivazione dei sistemi digitali capaci di definire un nuovo rapporto tra imprese, cittadini e pubblica amministrazione, non vengono contemplate dal provvedimento in esame talune misure in grado di favorire, mediante la digitalizzazione, anche i nostri connazionali all'estero, ossia di coloro che, proprio in ragione della lontananza, avrebbero vieppiù necessità di interloquire con maggiore velocità e in sicurezza con le autorità e le amministrazioni statali competenti. Se il nostro Paese è capace di innovazione occorre usare tale capacità anche per semplificare le procedure in favore degli italiani all'estero:
              a tutt'oggi, la carta di identità elettronica (Cie), un documento obbligatorio in grado di superare le facili falsificazioni connesse alle carte di identità in versione cartacea, non risulta avere una sua omogenea ed efficace applicazione. Infatti, anche se i cittadini italiani residenti all'estero, nei Paesi dell'Unione europea ed extra-Unione europea, iscritti regolarmente all'Aire, possono richiedere e rinnovare la carta di identità elettronica, i consolati di riferimento non riescono ancora ad erogarla, nonostante l'impegno assunto dal Governo per estendere anche all'estero il sistema Spid, con conseguente accesso ai servizi in rete ed erogati dalla pubblica amministrazione. Non tutti i consolati all'estero sono muniti delle risorse adeguate e della necessaria tecnologia per gestire le pratiche di rilascio della Cie;
              in tal senso, il 18 giugno 2019, una Risoluzione (7/00260) a mia firma, svolta congiuntamente ad altre Risoluzioni in I e III Commissione, impegnava il Governo a velocizzare il cronoprogramma predisposto dai Ministeri competenti per il rilascio della CIE (carta di identità elettronica) all'estero, al fine di procedere all'integrazione dei sistemi informatici della rete consolare, per venire finalmente incontro alle richieste legittime tese a mettere su un piano di parità i cittadini italiani residenti all'estero e quelli residenti in Italia,

impegna il Governo

          a valutare la possibilità di intervenire con successivi provvedimenti al fine di portare a conclusione il piano operativo che consente di estendere le procedure di realizzazione della carta di identità elettronica e del sistema SPID ai cittadini italiani residenti all'estero, con riferimento sia ai cittadini italiani residenti nei paesi Ue che a quelli residenti nei paesi extra Ue e iscritti all'AIRE;
          ad assicurare, anche nell'ambito della prossima manovra economico-finanziaria, le risorse necessarie atte a definire le modalità organizzative tecniche, affinché i Consolati italiani all'estero, anche nei paesi extra Ue, possano emettere la CIE, con modalità di consegna senza maggiori costi, nonché a procedere all'integrazione dei sistemi informatici della rete consolare e consentire ai nostri connazionali la possibilità di presentare domanda di rilascio della CIE presso il comune di iscrizione AIRE, durante il loro soggiorno in Italia, secondo le istruzioni governative agli Uffici anagrafe dei comuni.
9/2648/68. Fitzgerald Nissoli.


      La Camera,
          premesso che:
              la realizzazione di grandi opere, aventi un particolare impatto su ambiente e paesaggio, ha sovente estromesso dal processo decisionale il confronto pubblico con tutti i soggetti portatori di interessi, ingenerando così frequenti proteste e contestazioni;
              dell'opportunità di introdurre anche in Italia, sul modello del « débat public» sperimentato positivamente in Francia fin dal 1995, l'istituto del dibattito pubblico sulle grandi opere infrastrutturali si è discusso lungamente, fino a giungere alla sua introduzione in Italia nel 2016;
              il decreto legislativo n.  50 del 2016, all'articolo 22, ha infatti introdotto l'istituto del dibattito pubblico per i grandi interventi infrastrutturali quale strumento deflativo dei contenziosi sia legali che sociali;
              l'introduzione di tale nuova forma di partecipazione si basava sull'assunto che i grandi interventi infrastrutturali devono essere decisi solo dopo un ampio e regolato confronto pubblico;
              il 24 agosto 2018 era entrato in vigore il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n.  76 del 2018 che introduceva nel nostro ordinamento il «Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico»;
              con l'approvazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n.  76, si sono definiti i criteri per l'individuazione delle opere per le quali è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico, e delle modalità di svolgimento e del termine di conclusione della medesima procedura:
              nonostante la recente approvazione del suddetto regolamento, il presente decreto ha visto l'approvazione, durante l'esame al Senato, di un emendamento all'articolo 8, che introducendo il comma 6-bis consentirà, fino al 31 dicembre 2023, di derogare al dibattito pubblico sulle grandi opere,

impegna il Governo

a reintrodurre senza deroghe l'istituto del dibattito pubblico sulle grandi opere infrastrutturali, al fine di garantire l'esigenza di trasparenza e di consultazione di tutti i diversi portatori di interesse coinvolti nella realizzazione di una grande opera infrastrutturale prima dell'avvio dei lavori di costruzione.
9/2648/69. Costanzo.


      La Camera,
          premesso che:
              la realizzazione di grandi opere, aventi un particolare impatto su ambiente e paesaggio, ha sovente estromesso dal processo decisionale il confronto pubblico con tutti i soggetti portatori di interessi, ingenerando così frequenti proteste e contestazioni;
              dell'opportunità di introdurre anche in Italia, sul modello del « débat public» sperimentato positivamente in Francia fin dal 1995, l'istituto del dibattito pubblico sulle grandi opere infrastrutturali si è discusso lungamente, fino a giungere alla sua introduzione in Italia nel 2016;
              il decreto legislativo n.  50 del 2016, all'articolo 22, ha infatti introdotto l'istituto del dibattito pubblico per i grandi interventi infrastrutturali quale strumento deflativo dei contenziosi sia legali che sociali;
              l'introduzione di tale nuova forma di partecipazione si basava sull'assunto che i grandi interventi infrastrutturali devono essere decisi solo dopo un ampio e regolato confronto pubblico;
              il 24 agosto 2018 era entrato in vigore il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n.  76 del 2018 che introduceva nel nostro ordinamento il «Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico»;
              con l'approvazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n.  76, si sono definiti i criteri per l'individuazione delle opere per le quali è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico, e delle modalità di svolgimento e del termine di conclusione della medesima procedura:
              nonostante la recente approvazione del suddetto regolamento, il presente decreto ha visto l'approvazione, durante l'esame al Senato, di un emendamento all'articolo 8, che introducendo il comma 6-bis consentirà, fino al 31 dicembre 2023, di derogare al dibattito pubblico sulle grandi opere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reintrodurre senza deroghe l'istituto del dibattito pubblico sulle grandi opere infrastrutturali, al fine di garantire l'esigenza di trasparenza e di consultazione di tutti i diversi portatori di interesse coinvolti nella realizzazione di una grande opera infrastrutturale prima dell'avvio dei lavori di costruzione.
9/2648/69.    (Testo modificato nel corso della seduta) Costanzo.


      La Camera,
          premesso che:
              la rigenerazione urbana concilia tre obiettivi generalmente condivisi: ridurre il consumo di suolo non ancora urbanizzato; aumentare la sicurezza e ridurre i consumi di energia da parte di un tessuto edilizio obsoleto e scadente; assecondare le mutate esigenze lavorative e sociali della vita di relazione nelle città. Per di più, assecondare questo processo salva valore (patrimonio immobiliare esistente) e genera valore (l'attività edilizia coinvolge la gran parte del mondo produttivo e dei servizi);
              in attesa di una riforma organica del diritto del governo del territorio (superando una dicotomia tutta italiana tra urbanistica-edilizia e diritto dell'ambiente, contrastante con l'evoluzione del diritto UE), sono possibili interventi urgenti che, mediante semplificazione del quadro normativo esistente e consolidato, accelerino immediatamente gli interventi di rigenerazione urbana. Un primo fronte di intervento è dato dal Testo unico dell'edilizia (TUE), un altro è rappresentato dal quadro più disarticolato della normativa urbanistica;
              questi interventi urgenti possono oltretutto giovarsi di sperimentazioni già fatte in alcune regioni a livello di legislazione regionale concorrente e di pianificazione urbanistica comunale, con esiti positivi;
              il focus principale è costituito dalla nozione di «ristrutturazione edilizia». Secondo la legge 457/1978 è uno dei tipi di intervento di recupero degli edifici esistenti, accanto a manutenzione, restauro, risanamento conservativo. È l'intervento più incisivo, prima che si passi alla «ristrutturazione urbanistica» che si caratterizza invece per la riorganizzazione urbanistica con demolizione delle costruzioni esistenti e ricostruzioni in forme e su sedimi diversi e che richiede dei piani urbanistici ad hoc;
              in realtà, la tipologia così identificata di interventi ha lasciato un «vuoto» normativo: quello degli interventi di sostituzione degli edifici esistenti, con variazioni di sagoma, prospetti, volumi e altezze, ma senza sconfinare propriamente nella ristrutturazione urbanistica e senza dover ricorrere a – e attendere – piani urbanistici;
              tale «vuoto» normativo è diventato cruciale mano a mano che le normative tecniche hanno imposto: superamento delle barriere architettoniche; adeguamento sismico; risparmio energetico; misure igienico-sanitarie (altezze interne, rapporti aeroilluminanti, ecc.). È quasi impossibile ristrutturare edifici esistenti adeguandoli alle regole tecniche senza modificare l'assetto originario degli edifici quanto meno nei piani, nei fori, nella sagoma ecc. Da ultimo, le nuove esigenze sollecitate dalla pandemia concorrono a rendere necessaria una riconfigurazione degli immobili, con terrazzi, residenze adatte al lavoro in smart working ecc. Inoltre, l'economicità dell'intervento è generalmente legata alla possibilità di recuperare della volumetria utile, ad es. rendendo abitabili i sottotetti o aggiungendo un piano o coprendo un cortile interno ecc.;
              naturalmente nelle zone vincolate secondo il Codice beni culturali ogni intervento di ristrutturazione è subordinato all'autorizzazione preventiva delle Soprintendenze, con valutazione in concreto caso per caso;
              la nozione formale di ristrutturazione edilizia non è però mai stata rivista dal 1978 e solo alcuni legislatori regionali hanno cercato di estenderla per via interpretativa, in modo da ricomprendervi anche gli interventi di demolizione e ricostruzione. Di frequente, nella prassi si ricorreva all'escamotage di lasciare in piedi l'involucro esterno degli edifici, svuotandoli all'interno, e poi di consolidare un po’ alla volta anche la muratura esterna (di fatto demolendola un po’ alla volta) con costi enormi, per eludere l'assurdità del dato normativo;
              la giurisprudenza anche costituzionale ha interpretato restrittivamente la nozione normativa di ristrutturazione edilizia, mentre la legislazione statale di recente ha sfiorato il tema, ammettendo qualche modifica dell'assetto del fabbricato originario;
              si è proposto di estendere la nozione di «ristrutturazione edilizia» coll'ammettere anche interventi di sostituzione della volumetria esistente – in questo senso non di nuova costruzione ma di rigenerazione del tessuto edilizio ormai consolidato – con un margine di flessibilità: ammettendo cioè modifiche di sagoma, di prospetti, di altezze e, ove consentito dai piani comunali, sopraelevazioni. Quello che richiede una effettiva «rigenerazione» di uno specifico fabbricato e che differisce del tutto da un riordino urbanistico di una parte della città mediante un piano di recupero;
              la attuale formulazione del testo approvato al Senato della Repubblica rende ancora più restrittiva la nozione di ristrutturazione edilizia (com'era, dov'era) nella gran parte del territorio, ossia nei centri storici, nelle zone territoriali omogenee A, nelle altre zone dove ci sia un vincolo. Vale a dire sulla gran parte del territorio nazionale, e proprio là dove invece ci sarebbe maggiore bisogno di rigenerazione urbana,

impegna il Governo

a valutare l'attivazione di un tavolo di lavoro per recepire dalle filiere edilizia ed immobiliare, oltre dagli ordini professionali commenti e considerazioni volte a migliore i contenuti del testo andando a superare i limiti presenti non conformi alle migliori pratiche internazionali in materia.
9/2648/70. Rotelli, Caretta, Ciaburro.


      La Camera,
          considerato che:
              l'articolo 10 del provvedimento in esame novella in più punti il Testo unico dell'edilizia, con l'obiettivo dichiarato di semplificare le procedure e assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente, nonché di accelerare gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici, nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti, rimuovendo per essi il vincolo del medesimo sedime e della medesima sagoma;
              si tratta di una iniziativa apprezzabile ove si consideri che, come ha certificato il Consiglio Nazionale degli Architetti e della Rete Professioni Tecniche, quasi la metà degli edifici residenziali italiani, il 45 per cento, ovvero 5,2 milioni, ha più di 50 anni;
              tuttavia la previsione già restrittiva del testo originariamente presentato, di modifica del comma 1-ter dell'articolo 2-bis del Testo unico edilizio (Decreto del Presidente della Repubblica n.  380 del 2001), che escludeva dalla rigenerazione i centri storici classificati come zone A ai sensi del decreto del Ministro del lavori pubblici 2 aprile 1968, n.  1444, salvo che non vi fossero piani particolareggiati comunali, è stata ulteriormente irrigidita mediante la previsione che tale limite si applichi anche alle aree assimilabili ai centri storici, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di pregio storico e architettonico;
              in sostanza si stabilisce che in tutte le zone A e assimilate, in assenza di un dettagliato strumento di pianificazione urbanistica, la demolizione e ricostruzione sarà consentita solo e soltanto se l'edificio verrà riedificato con la stessa sagoma, sedime, volumetria, prospetti e caratteristiche tipologiche. 1 limiti alla demolizione e ricostruzione, non saranno circoscritti solo agli edifici di pregio, ma sono estesi a tutti quegli edifici che, pur trovandosi in un centro storico, non hanno alcun valore e sono talvolta abbandonati all'incuria. Avremo dei centri storici congelati nel loro stato attuale con edifici di pregio ed ecomostri considerati sullo stesso piano;
              nella sola città di Roma il 76 per cento del territorio è vincolato e quasi il 70 per cento del costruito ricade in zona «A» ben al di là del perimetro del centro storico. Vi sono ricomprese aree quali ad esempio «il Trullo», aree oltre il Raccordo anulare fino a Ostia;
              di fatto, il combinato disposto del decreto e dell'emendamento approvato al Senato, congelo qualsiasi serio programma di rigenerazione urbana mediante edilizia di sostituzione, imponendo rammendi sugli edifici esistenti: ciò comporterà la fine della possibilità di sviluppo dell'architettura contemporanea all'interno dei centri storici, nonché il crollo di ogni investimento e diluizione compatibile connesso;
              già prima della crisi indotta dal COVID-19, che ha comportato il fermo delle attività e una significativa riduzione del valore degli immobili, il settore delle costruzioni soffriva di una crisi di sistema che coinvolge l'intero Paese con gravi ripercussioni sulla società civile e sulla crescita economica; ora questo provvedimento mortifica ulteriormente il fondamentale settore impedendo la ripresa dell'edilizia in Italia;
              dieci anni fa l'edilizia rappresentava oltre l'11 per cento del prodotto interno lordo nazionale, oggi poco più dell'8 per cento. Dal 2008 al 2016 (fonte Eurostat) le imprese edilizie sono diminuite di 125.000 unità, da 634.988 a 508.696, e i posti di lavoro sono 600.000 in meno. In Italia oltre 500.000 case sono state costruite e non consegnate sia per il fallimento delle società edili, sia per la frenata del mercato. Gli immobili ridotti a ruderi rispetto al 2011 sono raddoppiati;
              la previsione sui limiti da porre alle zone A contenuta nell'articolo 10 contraddice peraltro quando è previsto da leggi regionali (vedi Lazio) sulla rigenerazione urbana, nelle quali è consentita la demolizione e ricostruzione con nuove sagome e ricorrendone le condizioni, è previsto anche un premio di cubatura;
              anche la previsione di poter intervenire con piani particolareggiati, il principale strumento di attuazione dei Piani regolatori generali, di recupero e di riqualificazione si scontra con i tempi lunghissimi con i quali le amministrazioni comunali procedono alla loro adozione (in media da 6 a 10 anni);
              gli immobili aventi valore storico sono già ampiamente tutelati con appositi vincoli delle Sovrintendenze. La politica dei vincoli non ha impedito in questi anni il proliferare di ambiti di degrado anche sociale all'interno dei centri storici. La logica sottesa al testo approvato rende impossibile intervenire su edifici fatiscenti, energivori, sismicamente non adeguati, insicuri e senza alcun valore architettonico, di trasformare aree dismesse, di riqualificare caserme, ospedali, aree militari e tutto il patrimonio pubblico;
              avverso tale impostazione, tramite la quale imposti vincoli a prescindere dal valore storico-artistico dell'edificio si sono espressi tutti gli ordini degli architetti e degli ingegneri l'associazione nazionale costruttori edili ANCE i costruttori romani AGLR le associazioni romane TERRITORIO ROMA FEDERLAZIO L'ASSOIMMOBILIARE LEGAMBIENTE l'istituto nazionale di architettura IN/ARCH l'istituto nazionale di urbanistica INU,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della previsione di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 10 del provvedimento in esame, al fine di adottare gli opportuni correttivi volti a consentire l'avvio di un'autentica politica di rigenerazione urbana, consentendo l'adeguamento strutturale energetico, sismico ed anche estetico degli edifici privi di valore storico artistico ed architettonico incompresi nelle aree classificate come zone A ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n.  1444.
9/2648/71. Barelli, Battilocchio.


      La Camera,
          considerato che:
              il provvedimento in esame contiene misure per la realizzazione e l'ammodernamento di impianti sportivi;
              i dati forniti dal CONI e dall'ISTAT sullo sport indicano con chiarezza il ruolo eccezionale del no profit nello sport: oltre 80.000 mila sono le associazioni, con una crescita annua continua, e oltre un milione i volontari impegnati al quotidianamente al servizio dei cittadini;
              numerose associazioni società sportive dilettantistiche, gestiscono oppure sono concessionarie o affidatarie di impianti sportivi comunali o pubblici;
              è stimato che il calo dei consumi complessivo connessi alla pratica sportiva e ad attività del tempo libero, nell'ipotesi di una riapertura in autunno, ammonterà a una minore spesa delle famiglie pari a circa 8,2 miliardi di euro in seguito alla riduzione dei redditi che la crisi sta determinando e determinerà nel prossimo futuro;
              contestualmente, le associazioni e le società sportive dilettantistiche dovranno affrontare ulteriori spese per investimenti e minori entrate per una contrazione dell'offerta, alla riapertura degli impianti, per adeguare gli spazi e le modalità di svolgimento delle attività alle disposizioni di distanziamento che dovranno essere rispettate;
              il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020 prevede che «a decorrere dal 1o settembre 2020 è consentita la partecipazione del pubblico a singoli eventi sportivi di minore entità, che non superino il numero massimo di 1000 spettatori per gli stadi all'aperto e di 200 spettatori per impianti sportivi al chiuso. La presenza di pubblico è comunque consentita esclusivamente nei settori degli impianti sportivi nei quali sia possibile assicurare la prenotazione e assegnazione preventiva del posto a sedere, con adeguati volumi e ricambi d'aria...»;
              in sede di esame del decreto-legge è stato accolto l'ordine del giorno 9/2617-A/34, che impegna il Governo a consentire l'accesso prioritario negli stadi degli abbonati agli eventi calcistici, nel rispetto delle regole di distanziamento sociale, prima del termine dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in considerazione del fatto che essi sono tutti nominativamente individuali e tracciabili,

impegna il Governo

a consentire alle associazioni sportive dilettantistiche che organizzano eventi sportivi di minore entità, di poter adottare misure di fidelizzazione e tracciamento del proprio pubblico, con l'obiettivo di incrementare i livelli di sicurezza e successivamente il numero dei partecipanti alle manifestazioni da queste organizzate.
9/2648/72. Bond.


      La Camera,
          considerato che:
              il provvedimento in esame contiene misure per la realizzazione e l'ammodernamento di impianti sportivi;
              i dati forniti dal CONI e dall'ISTAT sullo sport indicano con chiarezza il ruolo eccezionale del no profit nello sport: oltre 80.000 mila sono le associazioni, con una crescita annua continua, e oltre un milione i volontari impegnati al quotidianamente al servizio dei cittadini;
              numerose associazioni società sportive dilettantistiche, gestiscono oppure sono concessionarie o affidatarie di impianti sportivi comunali o pubblici;
              è stimato che il calo dei consumi complessivo connessi alla pratica sportiva e ad attività del tempo libero, nell'ipotesi di una riapertura in autunno, ammonterà a una minore spesa delle famiglie pari a circa 8,2 miliardi di euro in seguito alla riduzione dei redditi che la crisi sta determinando e determinerà nel prossimo futuro;
              contestualmente, le associazioni e le società sportive dilettantistiche dovranno affrontare ulteriori spese per investimenti e minori entrate per una contrazione dell'offerta, alla riapertura degli impianti, per adeguare gli spazi e le modalità di svolgimento delle attività alle disposizioni di distanziamento che dovranno essere rispettate;
              il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 agosto 2020 prevede che «a decorrere dal 1o settembre 2020 è consentita la partecipazione del pubblico a singoli eventi sportivi di minore entità, che non superino il numero massimo di 1000 spettatori per gli stadi all'aperto e di 200 spettatori per impianti sportivi al chiuso. La presenza di pubblico è comunque consentita esclusivamente nei settori degli impianti sportivi nei quali sia possibile assicurare la prenotazione e assegnazione preventiva del posto a sedere, con adeguati volumi e ricambi d'aria...»;
              in sede di esame del decreto-legge è stato accolto l'ordine del giorno 9/2617-A/34, che impegna il Governo a consentire l'accesso prioritario negli stadi degli abbonati agli eventi calcistici, nel rispetto delle regole di distanziamento sociale, prima del termine dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in considerazione del fatto che essi sono tutti nominativamente individuali e tracciabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire alle associazioni sportive dilettantistiche che organizzano eventi sportivi di minore entità, di poter adottare misure di fidelizzazione e tracciamento del proprio pubblico, con l'obiettivo di incrementare i livelli di sicurezza e successivamente il numero dei partecipanti alle manifestazioni da queste organizzate.
9/2648/72.    (Testo modificato nel corso della seduta) Bond.


      La Camera,
          premesso che:
              l'emergenza sanitaria in atto ha duramente colpito le studentesse e gli studenti con disabilità, ai quali non è stata garantita la continuità didattica e, di guisa, risulta compromesso il diritto allo studio sancito dalla Costituzione;
              risulta assolutamente urgente assicurare docenti di ruolo sulle cattedre di sostegno, la cui mancanza si traduce in un danno grave e duraturo nel tempo per gli alunni con disabilità;
              è necessario, per garantire un diritto costituzionale non negoziabile agli alunni con disabilità, stabilizzare tutte le risorse professionali attualmente in possesso del titolo di Specializzazione prescritto dalla legge n.  104 del 1992, già altamente selezionate e formate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che i posti già autorizzati dal MEF, e non assegnati attraverso le procedure di immissione in ruolo attualmente in atto, a seguito di compensazione siano destinati alla stabilizzazione dei docenti già in possesso del titolo di Specializzazione su sostegno.
9/2648/73. Borghese, Tasso.


      La Camera,
          premesso che:
              l'emergenza epidemiologica in atto ha colpito duramente gli studenti con disabilità, ai quali non è stata garantita la continuità didattica e, di conseguenza, risulta compromesso il diritto alla studio sancito dalla Costituzione;
              risulta urgente assicurare titolari di cattedre su sostegno, la cui mancanza si traduce in un danno grave e duraturo nel tempo per le alunne e gli alunni con disabilità;
              la situazione emergenziale e straordinaria che stiamo vivendo richiede di semplificare le procedure concorsuali, o comunque di individuare strategie finalizzate all'Immissione in ruolo del maggior numero di docenti Specializzati sul Sostegno nel più breve tempo possibile;
              la necessità del distanziamento sociale rende difficile l'organizzazione di tre procedure concorsuali distinte entro il 2020;
              il rischio costituito dagli spostamenti dei candidati alle procedure concorsuali da regione a regione accentuerebbe il pericolo di diffusione del contagio del COVID-19;
              risulta necessario, per garantire un diritto costituzionale non negoziabile alle alunne e agli alunni con disabilità, stabilizzare tutte le risorse professionali attualmente in possesso del titolo di Specializzazione prescritto dalla legge n.  104 del 1992, già altamente selezionate e formate, l'unificazione delle procedure concorsuali sul Sostegno comporterebbe un risparmio per la finanza pubblica superiore al 50 per cento della spesa prevista,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di modificare e unificare, in una prospettiva di semplificazione per l'anno 2020, le procedure concorsuali per il Sostegno rivolte a tutti gli attuali Specializzati per le scuole di ogni ordine e grado, e di nominare Commissioni esaminatrici uniche per regione, fatte salve le autonomie.
9/2648/74. Tasso, Borghese.


      La Camera,
          premesso che:
              esaminato il provvedimento in esame recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              l'obbligo per la Pubblica Amministrazione di formare i propri documenti in formato digitale deriva dall'articolo 40, comma 1, del Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD), di cui al decreto legislativo n.  82 del 2005;
              il documento nativo digitale è quel documento informatico che nasce digitale, ovvero ottenuto attraverso software di videoscrittura (word, office) trasformato direttamente in formato PDF o altra tipologia di formato prevista dal CAD, senza effettuare la scansione del documento;
              l'obbligo di formazione nativa dei documenti amministrativi in formato digitale è in grado di assicurare una riduzione, se non l'eliminazione, dei documenti cartacei associati ai procedimenti amministrativi, con conseguenti vantaggi in termini di risparmio di tempo rispetto allo svolgimento delle procedure di stampa, scansione e trasmissione del documento, ma anche di costi per l'acquisto di carta, toner/cartucce inchiostro e per la manutenzione delle stampanti;
              al fine di realizzare il processo di trasformazione digitale della PA, è necessario procedere all'adeguamento dei procedimenti amministrativi, attraverso una revisione dei processi in chiave digitale, volti alla semplificazione, all'efficienza e alla trasparenza dell'azione amministrativa, a partire dalla formazione nativa del documento amministrativo in formato digitale;
          considerato che:
              la creazione dei documenti amministrativi avviene di fatto attraverso l'utilizzo di strumenti informatici, software e hardware;
              la gestione del documento informatico in formato nativo digitale velocizzerebbe la durata dei procedimenti amministrativi, semplificherebbe il lavoro dei dipendenti e faciliterebbe il controllo e l'analisi da parte dei cittadini delle informazioni contenute nei documenti amministrativi, soprattutto in quelli composti da numerose pagine (si pensi ad esempio a bandi, contratti, decreti, rendiconti);
              tale obbligo di formazione nativa dei documenti amministrativi in formato digitale, a cui le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto ottemperare entro il 12 agosto 2016, secondo l'articolo 17 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 novembre 2014, viene invece spesso eluso dalle pubbliche amministrazioni, senza conseguenze per le stesse, vista l'assenza di una disciplina sanzionatoria in caso di inadempimento, determinando pertanto forti limitazioni alla fruibilità e disponibilità delle informazioni, a danno dei cittadini e delle imprese, nonché degli enti preposti alla vigilanza e al controllo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa atta a consolidare l'obbligo di formazione nativa del documento amministrativo in formato digitale al fine di realizzare definitivamente lo switch-off dal cartaceo al digitale ed aumentare il livello di digitalizzazione e trasparenza nelle pubbliche amministrazioni italiane.
9/2648/75. Alaimo, D'Orso, Baldino, Corneli, D'Ambrosio, Elisa Tripodi, Sut.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento all'esame dell'assemblea reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              in particolare, l'articolo 28 detta disposizioni finalizzate alla semplificazione della notificazione e comunicazione telematica degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale;
              l'articolo 492-bis codice di procedura civile (in combinato disposto con gli articoli 155-quater e 155-quinquies disp. att. codice di procedura civile) disciplina l'istituto giuridico della ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, il cui scopo è prima facie quella di agevolare creditori ed ufficiali giudiziari nell'acquisizione delle informazioni per la ricerca ed individuazione dei beni del debitore inadempiente (di quelli che si trovino o nella sua diretta disponibilità o presso terzi), ai fini del buon esito dell'esecuzione forzata a vantaggio del creditore che deve soddisfare il proprio diritto di credito, accertato in via giudiziale;
              oltre alla modalità di ricerca telematica di beni da pignorare di diretta competenza dell'ufficiale giudiziario (di cui all'articolo 429-bis codice di procedura civile in combinato disposto con l'articolo 155-quater disp. att. codice di procedura civile, – che presenta delle problematiche tecnico-operative in ragione della mancata pubblicazione dell'elenco delle banche dati nel portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia, di cui si sarebbero dovuti servire gli ufficiali giudiziari), il Legislatore ha previsto la possibilità per il creditore di rivolgersi direttamente ai gestori delle banche dati (limitatamente però a quelle elencate dal secondo comma dell'articolo 155-quinquies disp. att. codice di procedura civile) per procurarsi le informazioni utili alla ricerca dei beni del debitore da pignorare – contenute nell'anagrafe tributaria, compreso l'archivio dei rapporti finanziari, e nelle banche dati degli enti previdenziali, dietro istanza e previa autorizzazione del Presidente del Tribunale, ai sensi dell'articolo 492-bis, comma 1 codice di procedura civile l'istanza, tra l'altro, è soggetta al pagamento di un contributo unificato di 43 euro;
              l'autorizzazione e l'attività ad essa successiva costituiscono, secondo le differenti tesi, un atto prodromico o l'inizio dell'espropriazione forzata, che il legislatore ha inteso regolare all'evidente fine, da un lato, di scongiurare – in un'ottica di favor creditoris – la possibilità che possano rimanere occultati i beni espropriabili, e, dall'altro, di salvaguardare la sfera personale dei destinatari dell'indagine da un'intrusione incontrollata, abusiva e non orientata ai fini di giustizia;
              si tratta, principalmente, di uno strumento a tutela del creditore, che gli consente di effettuare una indagine patrimoniale sui beni e sui crediti del proprio debitore, al fine di porre in essere una fruttuosa azione esecutiva;
              tale strumento presenta delle criticità applicative in quanto, ad esempio, dai dati forniti dall'Agenzia delle entrate interrogata dai creditori relativamente ai rapporti di locazione di titolarità dei debitori da escutere, non è possibile individuare né le generalità dei conduttori né gli immobili, rivelandosi così inutile ai fini della esatta individuazione del bene del debitore da sottoporre al pignoramento. Infatti la stessa Agenzia delle entrate inviterebbe, espressamente, il creditore a rivolgersi al PRA – Pubblico Registro Automobilistico e all'Agenzia del Territorio per ottenere le informazioni relative ai beni mobili registrati e ai beni immobili dei debitori inadempienti, costringendo così le parti a effettuare una serie di visure a pagamento presso le banche dati accessibili;
              di fatto si può ritenere, dunque, che lo strumento di cui all'articolo 492 codice di procedura civile risulti essere poco utile ed efficace. Le parti, per il tramite dei loro avvocati, sono costretti a sostenere ulteriori costi per ottenere i dati e le informazioni occorrenti, anche in ordine ai dati relativi ai conti correnti dei debitori. A tale ultimo riguardo, le comunicazioni fornite dagli operatori finanziari all'Anagrafe tributaria (confluite nell'archivio dei rapporti con gli operatori finanziari) sui saldi, sulle movimentazioni ed esistenza in vita dei rapporti bancari dei debitori risulterebbero lacunose e incongruenti. In molti casi, ad esempio, l'istituto bancario terzo pignorato rende dichiarazione negativa nonostante il creditore procedente – che ha interrogato l'archivio dei rapporti finanziari – abbia posto il proprio legittimo affidamento sulla mancata indicazione della «data fine» del rapporto bancario che lascia presumere come quel rapporto bancario sia ancora attivo quando, in realtà, è estinto, e quindi non più aggredibile da parte del creditore,

impegna il Governo

a valutare, attraverso gli uffici competenti (ad esempio, gli uffici tecnici del Ministero della giustizia) di concerto con il Ministero dell'economia e finanze, l'opportunità di provvedere, per quanto di propria competenza, con idonee iniziative, ove necessario anche legislative, a individuare una soluzione che risolva le criticità applicative dello strumento della ricerca telematica dei beni da pignorare di cui all'articolo 492-bis codice di procedura civile sopra evidenziate, consentendo ai creditori procedenti con un unico accesso all'anagrafe tributaria di conoscere tutte le informazioni in possesso dell'amministrazione finanziaria, anche relative ai registri PRA e a quelli immobiliari, alle generalità dei conduttori dei contratti di locazione, all'effettivo stato dei rapporti bancari intrattenuti dai debitori, affinché possa risultare uno strumento davvero efficace e funzionale per l'individuazione certa dei beni mobili e immobili del debitore da pignorare, e non costituisca solo un ennesimo adempimento ed inutile costo a danno del creditore che, invece, ha diritto a vedere soddisfatta la propria ragione creditoria.
9/2648/76. D'Orso, Martinciglio.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento all'esame dell'assemblea reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              in particolare, l'articolo 28 detta disposizioni finalizzate alla semplificazione della notificazione e comunicazione telematica degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale;
              l'articolo 492-bis codice di procedura civile (in combinato disposto con gli articoli 155-quater e 155-quinquies disp. att. codice di procedura civile) disciplina l'istituto giuridico della ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, il cui scopo è prima facie quella di agevolare creditori ed ufficiali giudiziari nell'acquisizione delle informazioni per la ricerca ed individuazione dei beni del debitore inadempiente (di quelli che si trovino o nella sua diretta disponibilità o presso terzi), ai fini del buon esito dell'esecuzione forzata a vantaggio del creditore che deve soddisfare il proprio diritto di credito, accertato in via giudiziale;
              oltre alla modalità di ricerca telematica di beni da pignorare di diretta competenza dell'ufficiale giudiziario (di cui all'articolo 429-bis codice di procedura civile in combinato disposto con l'articolo 155-quater disp. att. codice di procedura civile, – che presenta delle problematiche tecnico-operative in ragione della mancata pubblicazione dell'elenco delle banche dati nel portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia, di cui si sarebbero dovuti servire gli ufficiali giudiziari), il Legislatore ha previsto la possibilità per il creditore di rivolgersi direttamente ai gestori delle banche dati (limitatamente però a quelle elencate dal secondo comma dell'articolo 155-quinquies disp. att. codice di procedura civile) per procurarsi le informazioni utili alla ricerca dei beni del debitore da pignorare – contenute nell'anagrafe tributaria, compreso l'archivio dei rapporti finanziari, e nelle banche dati degli enti previdenziali, dietro istanza e previa autorizzazione del Presidente del Tribunale, ai sensi dell'articolo 492-bis, comma 1 codice di procedura civile l'istanza, tra l'altro, è soggetta al pagamento di un contributo unificato di 43 euro;
              l'autorizzazione e l'attività ad essa successiva costituiscono, secondo le differenti tesi, un atto prodromico o l'inizio dell'espropriazione forzata, che il legislatore ha inteso regolare all'evidente fine, da un lato, di scongiurare – in un'ottica di favor creditoris – la possibilità che possano rimanere occultati i beni espropriabili, e, dall'altro, di salvaguardare la sfera personale dei destinatari dell'indagine da un'intrusione incontrollata, abusiva e non orientata ai fini di giustizia;
              si tratta, principalmente, di uno strumento a tutela del creditore, che gli consente di effettuare una indagine patrimoniale sui beni e sui crediti del proprio debitore, al fine di porre in essere una fruttuosa azione esecutiva;
              tale strumento presenta delle criticità applicative in quanto, ad esempio, dai dati forniti dall'Agenzia delle entrate interrogata dai creditori relativamente ai rapporti di locazione di titolarità dei debitori da escutere, non è possibile individuare né le generalità dei conduttori né gli immobili, rivelandosi così inutile ai fini della esatta individuazione del bene del debitore da sottoporre al pignoramento. Infatti la stessa Agenzia delle entrate inviterebbe, espressamente, il creditore a rivolgersi al PRA – Pubblico Registro Automobilistico e all'Agenzia del Territorio per ottenere le informazioni relative ai beni mobili registrati e ai beni immobili dei debitori inadempienti, costringendo così le parti a effettuare una serie di visure a pagamento presso le banche dati accessibili;
              di fatto si può ritenere, dunque, che lo strumento di cui all'articolo 492 codice di procedura civile risulti essere poco utile ed efficace. Le parti, per il tramite dei loro avvocati, sono costretti a sostenere ulteriori costi per ottenere i dati e le informazioni occorrenti, anche in ordine ai dati relativi ai conti correnti dei debitori. A tale ultimo riguardo, le comunicazioni fornite dagli operatori finanziari all'Anagrafe tributaria (confluite nell'archivio dei rapporti con gli operatori finanziari) sui saldi, sulle movimentazioni ed esistenza in vita dei rapporti bancari dei debitori risulterebbero lacunose e incongruenti. In molti casi, ad esempio, l'istituto bancario terzo pignorato rende dichiarazione negativa nonostante il creditore procedente – che ha interrogato l'archivio dei rapporti finanziari – abbia posto il proprio legittimo affidamento sulla mancata indicazione della «data fine» del rapporto bancario che lascia presumere come quel rapporto bancario sia ancora attivo quando, in realtà, è estinto, e quindi non più aggredibile da parte del creditore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, attraverso gli uffici competenti (ad esempio, gli uffici tecnici del Ministero della giustizia) di concerto con il Ministero dell'economia e finanze, di provvedere, per quanto di propria competenza, con idonee iniziative, ove necessario anche legislative, a individuare una soluzione che risolva le criticità applicative dello strumento della ricerca telematica dei beni da pignorare di cui all'articolo 492-bis codice di procedura civile sopra evidenziate, consentendo ai creditori procedenti con un unico accesso all'anagrafe tributaria di conoscere tutte le informazioni in possesso dell'amministrazione finanziaria, anche relative ai registri PRA e a quelli immobiliari, alle generalità dei conduttori dei contratti di locazione, all'effettivo stato dei rapporti bancari intrattenuti dai debitori, affinché possa risultare uno strumento davvero efficace e funzionale per l'individuazione certa dei beni mobili e immobili del debitore da pignorare, e non costituisca solo un ennesimo adempimento ed inutile costo a danno del creditore che, invece, ha diritto a vedere soddisfatta la propria ragione creditoria.
9/2648/76.    (Testo modificato nel corso della seduta) D'Orso, Martinciglio.


      La Camera,
          premesso che:
              secondo quanto disposto dall'articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n.  794, l'avvocato che intende agire per il recupero dei compensi professionali liquidati dal giudice nell'ambito di un giudizio in materia civile può avvalersi, in alternativa alla procedura monitoria di cui agli articoli 633 e seguenti del Codice di Procedura Civile, del procedimento previsto dall'articolo 14 del decreto legislativo 1o settembre 2011, n.  150;
              all'avvocato non è invece consentito azionare tale procedimento per recuperare i compensi professionali relativi a prestazioni diverse da quelle giudiziali civili;
              la previsione di riti processuali differenti in ragione della tipologia, giudiziale e stragiudiziale, dell'attività professionale svolta determina una irragionevole disparità di trattamento contraria anche ad una logica di semplificazione delle procedure;
              l'estensione dell'applicabilità del procedimento ex articolo 14 del suddetto decreto legislativo 1o settembre 2011, n.  150, anche per il recupero del compenso dell'avvocato relativo all'attività professionale stragiudiziale, giudiziale penale e amministrativa (nonché prestata dinnanzi ai giudici speciali) faciliterebbe il recupero dei crediti professionali;
              l'inappellabilità dell'ordinanza con cui si conclude il predetto procedimento determinerebbe, inoltre, una riduzione delle impugnazioni, con conseguente diminuzione del contenzioso giudiziario civile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere l'applicabilità del procedimento ex articolo 14 del decreto legislativo 1o settembre 2011, n.  150, anche al recupero del compenso dell'avvocato relativo all'attività professionale stragiudiziale, giudiziale penale e amministrativa, nonché prestata dinanzi ai giudici speciali.
9/2648/77. Dori.


      La Camera,
              in sede di esame del disegno di legge di «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale»;
          premesso che:
              il decreto-legge 12 luglio 2011, n.  107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n.  130, ha disposto l'impiego delle guardie giurate a bordo delle navi per la difesa da atti di pirateria;
              tale servizio può essere svolto esclusivamente dopo il superamento di corsi teorico-pratici di cui al decreto del Ministro dell'interno 15 settembre 2009, n.  154, articolo 6;
              il decreto-legge 29 dicembre 2011, n.  215, nel novellare il comma 5 dell'articolo 5 del decreto-legge n.  107 del 2011, ha disposto fino al 31 dicembre 2012, la possibilità d'impiego anche di coloro i quali non abbiano ancora frequentato i predetti corsi teorico-pratici, a condizione che abbiano partecipato per un periodo di almeno sei mesi, quali appartenenti alle Forze armate, alle missioni internazionali in incarichi operativi e che tale condizione sia attestata dal Ministero della difesa;
              predetto termine è stato ulteriormente prorogato da numerose successive modifiche normative;
              con la circolare del 18 marzo 2020, il Ministero dell'interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, ha invitato le commissioni prefettizie di cui al decreto del Ministro dell'interno 15 settembre 2009, n.  154, articolo 6, comma 4, a programmare dedicate sessioni di esami al fine di consentire alle guardie giurate di sostenere l'esame finale di abilitazione allo svolgimento dell'attività in questione;
              le deroghe che hanno permesso l'impiego delle guardie giurate a bordo delle navi per la difesa da atti di pirateria sono altresì sempre state motivate dalla completa assenza dei menzionati corsi teorico-pratici che, seppur previsti dalla normativa vigente, non sono mai stati attivati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire urgentemente al fine di consentire lo svolgimento dei corsi teorico-pratici permettendo il pieno impiego delle guardie giurate a bordo delle navi per la difesa da atti di pirateria.
9/2648/78. Frusone.


      La Camera,
              in sede di esame del disegno di legge di «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale»;
          premesso che:
              l'articolo 8, comma 11, interviene, modificandolo, sull'articolo 4, del decreto legislativo 15 novembre 2011, n.  208, che disciplina gli appalti nei settori della difesa e sicurezza, al fine di chiarire il quadro normativo degli appalti nel settore del procurement militare;
              in particolare, prevede che con regolamento da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in oggetto, sia definita la disciplina esecutiva, attuativa e integrativa delle disposizioni inerenti le materie di cui al decreto legislativo n.  208 del 2011, relativo ai lavori, servizi e forniture nei settori della difesa e sicurezza;
              a seguito dell'adozione del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.  50, per il comparto difesa, si è reso necessario riconsiderare nel suo complesso la disciplina esecutiva del decreto legislativo n.  208 del 2011, verificando che il regolamento vigente non garantisce la debita snellezza e fluidità procedurale essendo stato superato da nuove disposizioni normative in materia;
              la Corte dei conti con deliberazione 4 giugno 2020, n.  5/2020/G recante la Relazione concernente «La gestione degli acquisti di beni e servizi da parte del Ministero della difesa e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca», asserisce come risulti necessario ridurre e riorganizzare le stazioni appaltanti del Ministero della difesa, al fine di migliorarne l'effettiva capacità tecnica e organizzativa con una più elevata competenza e professionalizzazione,

impegna il Governo

          ad adottare opportune iniziative di carattere normativo volte ad adeguare le disposizioni inerenti fattività contrattuale del Ministero della difesa, in materia di contratti pubblici, al fine di definire e distinguere l'oggetto, nonché le attività destinatarie del procurement militare, da quelle ricomprese nei contratti pubblici di diritto comune;
          ad adottare, altresì, idonee misure volte alla riorganizzazione delle stazioni appaltanti del Ministero della difesa, al fine di migliorarne l'effettiva capacità tecnica e organizzativa con una più elevata competenza e professionalizzazione, come sottolineato nella relazione della Corte dei conti citata in premessa, anche al fine di assicurare una adeguata rappresentanza per incrementare il livello di efficacia della posizione nazionale nell'ambito dei meccanismi di procurement comunitari.
9/2648/79. Rizzo, Aresta, Giovanni Russo, Corda, D'Uva, Del Monaco, Frusone, Misiti.


      La Camera,
              in sede di esame del disegno di legge di «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale»;
          premesso che:
              l'articolo 8, comma 11, interviene, modificandolo, sull'articolo 4, del decreto legislativo 15 novembre 2011, n.  208, che disciplina gli appalti nei settori della difesa e sicurezza, al fine di chiarire il quadro normativo degli appalti nel settore del procurement militare;
              in particolare, prevede che con regolamento da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in oggetto, sia definita la disciplina esecutiva, attuativa e integrativa delle disposizioni inerenti le materie di cui al decreto legislativo n.  208 del 2011, relativo ai lavori, servizi e forniture nei settori della difesa e sicurezza;
              a seguito dell'adozione del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.  50, per il comparto difesa, si è reso necessario riconsiderare nel suo complesso la disciplina esecutiva del decreto legislativo n.  208 del 2011, verificando che il regolamento vigente non garantisce la debita snellezza e fluidità procedurale essendo stato superato da nuove disposizioni normative in materia;
              la Corte dei conti con deliberazione 4 giugno 2020, n.  5/2020/G recante la Relazione concernente «La gestione degli acquisti di beni e servizi da parte del Ministero della difesa e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca», asserisce come risulti necessario ridurre e riorganizzare le stazioni appaltanti del Ministero della difesa, al fine di migliorarne l'effettiva capacità tecnica e organizzativa con una più elevata competenza e professionalizzazione,

impegna il Governo

          a valutare l'opportunità di:
              adottare opportune iniziative di carattere normativo volte ad adeguare le disposizioni inerenti fattività contrattuale del Ministero della difesa, in materia di contratti pubblici, al fine di definire e distinguere l'oggetto, nonché le attività destinatarie del procurement militare, da quelle ricomprese nei contratti pubblici di diritto comune;
              adottare, altresì, idonee misure volte alla riorganizzazione delle stazioni appaltanti del Ministero della difesa, al fine di migliorarne l'effettiva capacità tecnica e organizzativa con una più elevata competenza e professionalizzazione, come sottolineato nella relazione della Corte dei conti citata in premessa, anche al fine di assicurare una adeguata rappresentanza per incrementare il livello di efficacia della posizione nazionale nell'ambito dei meccanismi di procurement comunitari.
9/2648/79.    (Testo modificato nel corso della seduta) Rizzo, Aresta, Giovanni Russo, Corda, D'Uva, Del Monaco, Frusone, Misiti.


      La Camera,
              in sede di esame della conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale (approvato dal Senato);
          premesso che:
              la diffusione della pandemia da SARS-Cov-2 in tutto il territorio nazionale ed internazionale ha causato una serie di difficoltà, oltre che nel settore strettamente sanitario, anche all'interno dei diversi luoghi di lavoro, tra cui gli istituti scolastici. Gli stessi sono stati necessariamente chiusi, sanificati e adeguati alle normative e protocolli anti COVID-19;
              il perdurare della pandemia e la concomitante esigenza di riapertura delle istituzioni scolastiche per il bene dell'intero sistema educativo e sociale, hanno posto in essere una serie di problematiche e interrogativi relativi alla presunta responsabilità civile e penale dei dirigenti scolastici in materia di sicurezza specifica nei luoghi di lavoro in ordine all'emergenza di cui sopra;
          tenuto conto che:
              in merito, il Ministero dell'istruzione in data 20 agosto 2020, ha precisato attraverso la Nota n.  1466 che «i dirigenti scolastici possono veder escludere ogni timore di una semplicistica, ma errata, automatica corrispondenza tra malattia da COVID-19, infortunio sul lavoro, riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro applicando quanto previsto dal protocollo generale sulla sicurezza siglato in data 6 agosto 2020 e dallo specifico protocollo per i servizi educativi e le scuole dell'infanzia in via di pubblicazione»;
              l'adozione e l'osservanza di specifiche cautele, misure organizzative e protettive previste nei protocolli e linee guida stipulati dal Governo, organizzazioni sindacali e istituzioni scolastiche, dovrebbero essere, dunque, idonee a rappresentare quali assolti gli obblighi richiamati – ex articolo 2087 codice civile – da parte del datore di lavoro;
              tuttavia, anche se l'adempimento dei doveri d'ufficio rappresenta, di fatto, una garanzia rispetto ad eventuali contestazioni e diffide, rimane problematica la posizione dei dirigenti scolastici che assumono una responsabilità comunque amplia e da valutare caso per caso nei confronti degli studenti e dell'intero personale docente e scolastico, considerato, oltretutto, l'evento eccezionale di cui trattasi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere le più idonee iniziative volte a disciplinare in maniera puntuale la responsabilità del dirigente scolastico in caso di contagio da COVID-19 anche per garantirne l'effettiva tutela civile e penale.
9/2648/80. Casa, Martinciglio.


      La Camera,
          in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale,
          premesso che:
              con decreto direttoriale 2015 del 20 dicembre 2018 è stato bandito un concorso per la copertura di 2004 posti a Direttore dei servizi generali e amministrativi nelle istituzioni scolastiche ed educative per la copertura dei posti vacanti e disponibili negli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021, per il quale si sono già svolte le prove preselettive e la prova scritta, da quasi un anno;
              il predetto concorso, è finora l'unico nella storia della Repubblica Italiana ad avere previsto un numero massimo di idonei da inserire nella graduatoria finale di merito, pari al totale dei posti messi a concorso aumentato di una percentuale pari al 30 per cento dei medesimi;
              detta situazione appare chiaramente pregiudizievole tanto per la Pubblica Amministrazione, quanto per gli stessi candidati;
              è noto come attualmente i posti vacanti e disponibili nel profilo di cui sopra – anche per l'effetto dell'approvazione del decreto-legge n.  4 del 2019 (cosiddetto quota cento) – siano già in numero superiore rispetto ai posti originariamente messi a concorso con l'intendimento di coprire i posti vacanti e disponibili per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021;
              in questi giorni sui banchi delle scuole di ogni ordine e grado torneranno milioni di studenti italiani, in un contesto epidemiologico relativo alla diffusione del COVID-19 in continua evoluzione, che ha fatto registrare, nelle ultime settimane un preoccupante, seppur lieve, aumento nel numero dei contagi giornalieri;
              in tale contesto, l'organizzazione delle istituzioni scolastiche, con il supporto del Ministero dell'istruzione che sta provvedendo in questi giorni ad adottare i necessari provvedimenti, deve essere all'altezza della sfida che ci attende;
              tuttavia, non si può non evidenziare che, in questo quadro, il vertice contabile-amministrativo delle singole istituzioni scolastiche, individuabile nella figura del Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA), risulta essere assente in quasi la metà delle scuole;
              infatti, il concorso per la copertura di 2004 posti a DSGA indetto con decreto direttoriale 2015 del 20 dicembre 2018 in molte regioni italiane non si è ancora concluso, come sopra evidenziato; la procedura di cui si discute si svolge, di fatto, su base regionale;
              molte le criticità che affliggono tale procedura e di conseguenza la copertura dei posti vacanti e disponibili con personale dotato delle idonee qualifiche;
              infatti, sebbene i posti vacanti siano superiori di oltre 1.500 unità ai posti messi a concorso, tramite l'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n.  126 del 2019, è stato posto un limite alla graduatoria degli idonei pari al 30 per cento, lasciando, dunque, per legge scoperta una parte rilevante dei posti vacanti;
              anche se il concorso non è terminato in tutte le regioni, si può già stimare che, a causa di tale soglia, diverse centinaia di candidati che hanno già passato, o passeranno le prove orali con una votazione di almeno 21/30, saranno esclusi dalla graduatoria proprio a causa della predetta soglia del 30 per cento;
              tale norma provocherà, irrimediabilmente, uno chiaro ed evidente spreco evidente di risorse pubbliche, in quanto sarà impossibile la copertura della maggior parte dei posti disponibili e vacanti di DSGA, che, stando alle informazioni più aggiornate, risulterebbe di circa 3.500 unità;
              il Dirigente dell'ufficio V della direzione generale del personale scolastico ha comunicato che, a seguito delle autorizzazioni ottenute dal MEF, dal 1o settembre 2020 saranno immesse in ruolo 11.323 unità di personale ATA, di cui 1.985 DSGA;
              tale cifra non sarà sufficiente dunque a coprire il reale fabbisogno assunzionale di DSGA nelle istituzioni scolastiche; a ciò si aggiunge il fatto che una parte considerevole dei candidati che stanno sostenendo le prove orali in questi giorni, rischiano di non venire assunti prima del 1o settembre 2021, lasciando ulteriori centinaia di posti scoperti;
              infatti, in alcune regioni, come ad esempio in Campania, Toscana e Liguria, gli esami orali non sono ancora terminati, con la conseguenza che le immissioni in ruolo ad inizio anno scolastico non sono potute avvenire: ciò ha prodotto una situazione paradossale, in cui gli attuali posti vacanti e disponibili di DSGA verranno coperti tramite contratti annuali con scadenza al 31 agosto 2021, principalmente conferiti ad Assistenti Amministrativi, spesso privi dei requisiti specifici previsti dal profilo;
              conseguentemente, coloro che, a seguito di formazione e pubblicazione delle relative graduatorie, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane risulteranno vincitori del suddetto concorso rischiano di non poter essere assunti prima del 1o settembre 2021;
              ciò sembrerebbe essere una palese violazione dell'articolo 41 del CCNL Istruzione e ricerca 2018, che, al comma 1, stabilisce che «I contratti a tempo determinato del personale docente, educativo ed ATA devono recare in ogni caso il termine. Tra le cause di risoluzione di tali contratti vi è anche l'individuazione di un nuovo avente titolo a seguito dell'intervenuta approvazione di nuove graduatorie»;
              oltre ad un ulteriore spreco di tempo e denaro, viste la richiamata autorizzazione assunzionale già concessa da parte del MEF;
              nella regione Lazio, si deve ancora procedere alla conclusione della correzione degli elaborati scritti mentre in altre regioni, il numero di candidati ammessi agli esami orali è stato addirittura pari o persino inferiore al numero dei posti a concorso;
              tra questi ultimi casi, risalta sicuramente la situazione della Lombardia dove sono stati ammessi all'orale 207 candidati su 451 posti a concorso: qui la correzione degli elaborati scritti ha incontrato numerosi problemi, evidenziati anche da organizzazioni sindacali, tra i quali presunte compravendite di tracce, presunte indebite pressioni da parte di alcuni sindacati e diversi errori materiali da parte della Commissione esaminatrice, tant’è che in questi giorni è pendente un maxi ricorso presso il TAR della Lombardia;
          considerato che:
              i principi di legalità, buon andamento e imparzialità presidiano l'accesso per concorso all'impiego in tutte le pubbliche amministrazioni;
              questa situazione assume profili di criticità ancor maggiore se si considera che erano quasi 20 anni che non veniva bandito un concorso per l'assunzione di Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi;
              in ossequio al principio della meritocrazia, è comunque disdicevole che migliaia di persone, dotate di titoli di alta formazione, necessarie per poter accedere al ruolo di DSGA, vincitori di un concorso particolarmente selettivo, restino esclusi a causa della soglia del 30 per cento ovvero rischino di essere assunti con un intero anno di ritardo a causa delle lentezze nello svolgimento delle prove concorsuali, dovute anche all'emergenza epidemiologica;
              sommando tutte le cifre emerge che 330 candidati che hanno superato (o che potrebbero superare, visto che in alcune regioni la procedura orale non è conclusa) tutte le (difficili) prove concorsuali non figurerebbero in nessuna graduatoria, rimanendo formalmente senza l'idoneità;
              ciò senza tenere minimamente in conto le fisiologiche rinunzie che verranno operate da alcuni candidati vincitori e/o idonei come accade in ogni concorso e come molto probabilmente accadrà nel presente,

impegna il Governo

ad adottare, con urgenza, tutte le iniziative volte a garantire l'eliminazione della soglia del 30 per cento, introdotta dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n.  126 del 2019, relativo alla graduatoria degli idonei del concorso per la copertura di 2004 posti a direttore dei servizi generali e amministrativi (Dsga) nelle istituzioni scolastiche ed educative per la copertura dei posti vacanti e disponibili negli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021, indetto con decreto direttoriale 2015 del 20 dicembre 2018, e a garantire l'immediata assunzione dei vincitori, a seguito di pubblicazione delle graduatorie, anche in corso d'anno scolastico.
9/2648/81. Villani, Martinciglio, Maglione.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 40-ter introdotto al Senato è finalizzato a favorire le attività di recupero dei materiali metallici in un'ottica di economia circolare attraverso la semplificazione amministrativa delle attività di raccolta e trasporto dei predetti materiali. Vengono, infatti, disposte modalità semplificate di iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali di cui all'articolo 212 del decreto legislativo 6 aprile 2006, n.  152, contestualmente istituendo un apposito registro presso l'Albo al quale le aziende italiane ed estere possono iscriversi ai fini dell'abilitazione all'esercizio della raccolta e del trasporto in modalità semplificata;
              la legge 4 agosto 2017, n.  124 recante «Legge annuale per il mercato e la concorrenza» all'articolo 1, commi 123 e 124 aveva già demandato ad un decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la definizione di modalità semplificate per l'esercizio delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti di metalli ferrosi e non ferrosi benché nell'ambito di quantitativi annui massimi di rifiuti metallici ferrosi e non ferrosi individuati attraverso una deliberazione dell'Albo nazionale gestori ambientali;
              il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 1o febbraio 2018 in applicazione del predetto articolo 1, comma 124, nonché la delibera dell'Albo nazionale dei gestori ambientali del 24 aprile 2018 hanno definito ed individuato tali modalità semplificate per la raccolta ed il trasporto di «rifiuti» non pericolosi di metalli ferrosi e non ferrosi, diversamente dalla disposizione de quo introdotta in sede di conversione del predetto decreto-legge la cui formulazione legislativa fa riferimento ad un più generico trasporto e raccolta di «materiali» metallici con la possibile conseguenza di creare incertezza in ordine alla platea dei soggetti obbligati all'iscrizione all'Albo di cui all'articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152;
          premesso, inoltre, che:
              la disposizione in oggetto istituisce in norma primaria un registro ad hoc al quale le aziende italiane ed estere possono iscriversi ai fini dell'esercizio della raccolta e del trasporto in modalità semplificata sebbene la citata delibera dell'Albo del 24 aprile 2018 aveva già provveduto ad individuare una «sottocategoria» per tali tipologie di rifiuti metallici ferrosi non ferrosi in regime semplificato,

impegna il Governo

          a delimitare l'applicazione delle sopra menzionate semplificazioni nell'iscrizione all'Albo, specificando che riguardano le attività di raccolta e trasporto di rifiuti di materiali metallici, atteso che la semplice dizione «materiali metallici» potrebbe essere fonte di incertezza;
              a coordinare la disposizione in oggetto con quanto già stabilito dalle deliberazioni dall'Albo ai sensi dell'articolo 1 del comma 123 della legge n.  124 del 2017.
9/2648/82. D'Ippolito, Ilaria Fontana, Deiana, Daga, Di Lauro, Terzoni, Zolezzi.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 1, comma 800, della legge 30 dicembre 2018, n.  145 ha previsto un incremento delle risorse per gli interventi di bonifica dei siti inquinati per un ammontare di circa 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024;
              tali risorse possono essere utilizzate per finanziare un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti oggetto di bonifica e dei siti orfani, nonché per interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica di siti contaminati;
              l'adozione di tale programma spetta al Ministero dell'ambiente, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio sulla base dei lavori avviati con ISPRA ad aprile 2019;
          considerato che:
              il comma 3 dell'articolo 53 del provvedimento in esame apporta modifiche al citato articolo 1, comma 800, della legge 30 dicembre 2018, n.  145 prevedendo che con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata, siano definiti i criteri e le modalità di trasferimento alle autorità competenti delle risorse loro destinate;
              l'attività ricognitiva svolta dalle Regioni verso i Comuni che ospitano siti orfani, ha talvolta riguardato soltanto i siti in cui era stato riscontrato il superamento della concentrazione della soglia di contaminazione nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d'uso dei siti da bonificare e della concentrazione della soglia di contaminazione nelle acque sotterranee di cui alle tabelle 1 e 2 dell'allegato 5 alla parte IV – Titolo V – del decreto legislativo n.  152 del 2006;
          considerato inoltre che:
              la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea relativa alla procedura di infrazione europea n.  2003/2077 condannò già l'Italia al pagamento di una multa da 42 milioni di euro, più eventuali more per ogni semestre successivo di mancata bonifica, per una serie di discariche abusive presenti nel territorio nazionale,

impegna il Governo

          a prevedere, nella definizione dei criteri e delle modalità di trasferimento delle risorse per le bonifiche alle autorità competenti di cui al citato articolo 53 comma 3, anche misure volte a finanziare le attività relative alle indagini da compiere per verificare il superamento delle CSC;
          ad adottare idonei strumenti normativi volti a provvedere alla bonifica in tempi rapidi degli ex siti di discarica e delle discariche abusive, tenendo in considerazione le eventuali attività di indagine in corso da parte dell'autorità giudiziaria.
9/2648/83. Micillo, Ilaria Fontana, Alemanno, Deiana, Daga, D'Ippolito, Di Lauro, Terzoni, Zolezzi.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 8 del provvedimento in esame, nell'ambito delle disposizioni urgenti in materia di contratti pubblici, prevede che, sino al 31 dicembre 2023, su richiesta delle amministrazioni aggiudicatarie, le regioni possano autorizzare la deroga alla procedura di dibattito pubblico, e procedere direttamente agli studi di prefattibilità tecnico economica nonché alle successive fasi progettuali omettendo tale fase procedimentale. La disposizione prevede che la deroga possa essere esercitata laddove le regioni ritengano le suddette opere di particolare interesse pubblico e rilevanza sociale;
          rilevato che:
              l'articolo 22 del Codice dei contratti, per effetto delle integrazioni apportate con il decreto legislativo 19 aprile 2017, n.  56, ha introdotto e disciplinato l'istituto del dibattito pubblico finalizzando l'obbligatorietà dello stesso proprio alle opere infrastrutturali e di architettura che presentano rilevanza sociale e aventi impatto sull'ambiente, sulla città o sull'assetto del territorio, da individuarsi con decreto del presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per i beni e le attività culturali;
              il dibattito pubblico è il processo di informazione, partecipazione e confronto pubblico sull'opportunità, sulle soluzioni progettuali di opere, su progetti o interventi. In questi termini viene definito nel predetto decreto (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n.  76), entrato in vigore il 24 agosto 2018, e recante l'elenco delle opere soggette a dibattito pubblico classificate per tipologia (strade e autostrade, tronchi ferroviari, aeroporti e porti, interventi per la difesa del mare e delle coste, elettrodotti aerei, insediamenti industriali e infrastrutture energetiche ecc.) e soglie dimensionali;
              i parametri di riferimento delle soglie dimensionali delle opere inserite nell'elenco in questione sono ridotti del cinquanta per cento per gli interventi ricadenti anche parzialmente su beni del patrimonio culturale e naturale iscritti nella lista UNESCO, nei parchi nazionali e regionali e nelle aree marine protette;
              quanto sopra offre la misura dell'importanza di tale strumento di partecipazione dei cittadini nei processi decisionali, con particolare riguardo agli interventi che presentano ricadute e impatti significativi sul territorio e l'ambiente. Proprio a tal fine, l'articolo 23, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, prevede che i risultati della procedura di dibattito pubblico siano trasmessi all'autorità competente per la presentazione dell'istanza di valutazione di impatto ambientale;
          considerato pertanto che:
              la disposizione introdotta, seppur giustificata dall'emergenza sanitaria da COVID-19 e dalle conseguenti esigenze di accelerazione dell'iter autorizzativi di grandi opere infrastrutturali, in un arco temporale di applicazione di tre anni, richiede una più attenta definizione dei presupposti che giustificano l'esercizio della facoltà di derogare a tale importante strumento di democrazia partecipativa, affinché non si configuri una eccessiva discrezionalità da parte delle regioni,

impegna il Governo

a definire in termini più stringenti i presupposti entro i quali le regioni possano avvalersi della facoltà di autorizzare in via eccezionale la deroga alla procedura di dibattito pubblico di cui all'articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.  50.
9/2648/84. Deiana, Ilaria Fontana, Daga, D'Ippolito, Di Lauro, Terzoni, Zolezzi, Costanzo.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento in esame reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
              l'articolo 55 prevede misure di semplificazione in materia di zone economiche ambientali modificando la legge 6 dicembre 1991, n.  394 e prevedendo che nelle aree di promozione economica e sociale, più estesamente modificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori, gli interventi di natura edilizia, siano autorizzati direttamente dagli enti locali competenti, salvo che l'intervento non comporti una variante degli strumenti urbanistici vigenti, dandone comunicazione all'Ente parco e che in caso di non conformità, il direttore del parco, annulli il provvedimento autorizzatorio entro quarantacinque giorni dal ricevimento;
          considerato che:
              si rende necessario definire in termini più puntuali le categorie degli interventi di natura edilizia, come richiamati nella disposizione in esame, che si ritengono ammissibili nelle zone di cui all'articolo 12, comma 2, lettera d) della legge 6 dicembre 1991, n.  394 senza il parere preventivo dell'ente parco che può intervenire successivamente al rilascio dell'autorizzazione annullando il provvedimento nei termini indicati,

impegna il Governo

a definire in termini più puntuali le categorie degli interventi di natura edilizia riconducibili nell'ambito di applicazione delle disposizioni in esame, ammissibili nelle zone di cui all'articolo 12, comma 2, lettera d) della legge 6 dicembre 1991, n.  394.
9/2648/85. Terzoni, Ilaria Fontana, Deiana, Daga, D'Ippolito, Di Lauro, Zolezzi.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 47 del presente decreto in approvazione, prevede di sostenere l'accelerazione nell'utilizzo dei fondi nazionali ed europei per gli investimenti nella coesione e nelle riforme;
              nella maggior parte delle città italiane l'infrastruttura idrica è soggetta a un forte invecchiamento e deterioramento. In parte, le dispersioni sono fisiologiche e legate all'estensione della rete, al numero degli allacci, alla loro densità e alla pressione d'esercizio, in parte sono derivanti da criticità di vario ordine: rotture nelle condotte, vetustà degli impianti, consumi non autorizzati, prelievi abusivi dalla rete, errori di misura dei contatori. Le dispersioni continuano a essere persistenti e gravose lungo tutto il territorio nazionale, nonostante il miglioramento dell'efficienza dell'infrastruttura idrica costituisca una priorità diffusa e improcrastinabile per molti gestori del servizio idrico, che si sono impegnati negli ultimi anni nel cercare di minimizzare le perdite, individuare quelle occulte, garantire un elevato livello di qualità nella misurazione dei consumi ed effettuare un più assiduo monitoraggio del parco contatori. Rispetto al volume di acqua che viene prelevato in Italia dalle fonti di approvvigionamento per uso potabile e tenendo in considerazione anche i 71,7 milioni di metri cubi addotti all'ingrosso per usi non civili dell'acqua fuori dal sistema di distribuzione (in particolare, nell'agricoltura e nell'industria), il quantitativo che viene effettivamente immesso in rete si riduce dell'11,6 per cento;
              in particolare l'area del Mezzogiorno è quella che presenta una maggiore dispersione nelle reti di distribuzione;
              per recuperare il gap infrastrutturale e realizzare investimenti programmati ma mai realizzati, con la legge di bilancio per il 2018 è stata prevista l'adozione di un «Piano nazionale di interventi nel settore idrico», articolato in una sezione «acquedotti», di iniziativa di Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (ARERA), e in una sezione «invasi», di iniziativa del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche),

impegna il Governo

a valutare la possibilità di sostenere l'accelerazione nell'utilizzo dei fondi nazionali ed europei ancora disponibili col fine di realizzare una compiuta riforma del servizio idrico integrato, di inserire tra gli investimenti da sostenere con la massima urgenza, favorendo ogni possibile accelerazione nell'erogazione dei fondi a disposizione, la realizzazione del secondo stralcio del Piano Nazionale per gli interventi nel settore idrico e di procedere quanto prima con la costituzione della società per azioni a totale capitale pubblico soggetta al controllo analogo degli enti pubblici soci, incaricata di attivare gli investimenti necessari sulle grandi adduzioni e sulla rete di acquedotti afferenti all'Autorità di Distretto dell'Appennino Meridionale.
9/2648/86. Daga, Ilaria Fontana, Deiana, D'Ippolito, Di Lauro, Terzoni, Zolezzi.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento all'esame dell'assemblea reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale finalizzate ad implementare strumenti volti a semplificare e velocizzare i procedimenti amministrativi in una serie di ambiti definiti e a digitalizzare i servizi connessi, in un'ottica di collaborazione e sinergia fra le persone, lo Stato e le sue articolazioni;
              l'articolo 10, comma 6, prevede che nei comuni colpiti dal sisma del centro Italia gli interventi di ricostruzione di edifici privati, siano realizzati con SCIA edilizia, senza obbligo di speciali autorizzazioni;
          considerato che:
              si ritiene opportuno semplificare e velocizzare anche gli interventi di cui all'articolo 13-bis della legge 27 marzo 1987, n.  120 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 gennaio 1987, n.  8, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza nel Comune di Senise ed in altri comuni interessati da dissesto del territorio e nelle zone colpite dalle avversità atmosferiche del gennaio 1987, nonché provvedimenti relativi a pubbliche calamità»;
              in assenza di una previsione nella legge del 1987 di un termine ultimo di ultimazione lavori, e al fine di evitare che vi siano distrazioni di somme o trattenute indebite in tutte quelle occasioni in cui i lavori di costruzione restano incompiuti, si ritiene opportuno subordinare il abilitativo edilizio alla fissazione di un termine ultimo chiaro e definito;
              occorre valutare l'opportunità di prevedere che gli interventi di cui all'articolo 13-bis della legge 27 marzo 1987, n.  120, nei limiti delle risorse di cui all'articolo 1 comma 1010 della legge n.  296 del 2006, siano effettuati sulla base della sola segnalazione di inizio di attività di cui all'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.  380, corredata dal documento unico di regolarità contributiva del soggetto esecutore dei lavori;
          appare necessario che:
              fermo restando quanto previsto dall'articolo 13-bis della legge 27 marzo 1987, n.  120 per l'assegnazione e l'erogazione del contributo, la relativa determinazione sia effettuata sulla base del costo di intervento fissato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, vigente al momento del rilascio della concessione edilizia ovvero della presentazione della dichiarazione di inizio di attività;
              l'utilizzo delle suddette somme sia subordinato alla rendicontazione delle spese di realizzazione delle opere prevedendo, a tal fine, che i Sindaci territorialmente competenti trasmettano semestralmente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, i progetti approvati, lo stato di avanzamento degli affidamenti e le relative somme impegnate, il cronoprogramma dei lavori e i relativi stati di avanzamento, segnalando eventuali anomalie e significativi scostamenti rispetto ai termini fissati nel cronoprogramma di realizzazione delle vipere, anche ai fini di una eventuale riprogrammazione, di azioni di coordinamento amministrativo e procedurale, di assegnazione di nuovi finanziamenti o della valutazione di definanziamento degli interventi,

impegna il Governo

a dare seguito a quanto previsto dagli ultimi tre capoversi delle premesse.
9/2648/87. Martinciglio, Ilaria Fontana, Deiana, Daga, D'Ippolito, Di Lauro, Terzoni, Zolezzi.


      La Camera,
          premesso che:
              il provvedimento all'esame dell'assemblea reca misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale finalizzate ad implementare strumenti volti a semplificare e velocizzare i procedimenti amministrativi in una serie di ambiti definiti e a digitalizzare i servizi connessi, in un'ottica di collaborazione e sinergia fra le persone, lo Stato e le sue articolazioni;
              l'articolo 10, comma 6, prevede che nei comuni colpiti dal sisma del centro Italia gli interventi di ricostruzione di edifici privati, siano realizzati con SCIA edilizia, senza obbligo di speciali autorizzazioni;
          considerato che:
              si ritiene opportuno semplificare e velocizzare anche gli interventi di cui all'articolo 13-bis della legge 27 marzo 1987, n.  120 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 26 gennaio 1987, n.  8, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza nel Comune di Senise ed in altri comuni interessati da dissesto del territorio e nelle zone colpite dalle avversità atmosferiche del gennaio 1987, nonché provvedimenti relativi a pubbliche calamità»;
              in assenza di una previsione nella legge del 1987 di un termine ultimo di ultimazione lavori, e al fine di evitare che vi siano distrazioni di somme o trattenute indebite in tutte quelle occasioni in cui i lavori di costruzione restano incompiuti, si ritiene opportuno subordinare il abilitativo edilizio alla fissazione di un termine ultimo chiaro e definito;
              occorre valutare l'opportunità di prevedere che gli interventi di cui all'articolo 13-bis della legge 27 marzo 1987, n.  120, nei limiti delle risorse di cui all'articolo 1 comma 1010 della legge n.  296 del 2006, siano effettuati sulla base della sola segnalazione di inizio di attività di cui all'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.  380, corredata dal documento unico di regolarità contributiva del soggetto esecutore dei lavori;
          appare necessario che:
              fermo restando quanto previsto dall'articolo 13-bis della legge 27 marzo 1987, n.  120 per l'assegnazione e l'erogazione del contributo, la relativa determinazione sia effettuata sulla base del costo di intervento fissato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, vigente al momento del rilascio della concessione edilizia ovvero della presentazione della dichiarazione di inizio di attività;
              l'utilizzo delle suddette somme sia subordinato alla rendicontazione delle spese di realizzazione delle opere prevedendo, a tal fine, che i Sindaci territorialmente competenti trasmettano semestralmente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, i progetti approvati, lo stato di avanzamento degli affidamenti e le relative somme impegnate, il cronoprogramma dei lavori e i relativi stati di avanzamento, segnalando eventuali anomalie e significativi scostamenti rispetto ai termini fissati nel cronoprogramma di realizzazione delle vipere, anche ai fini di una eventuale riprogrammazione, di azioni di coordinamento amministrativo e procedurale, di assegnazione di nuovi finanziamenti o della valutazione di definanziamento degli interventi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare seguito a quanto previsto dagli ultimi tre capoversi delle premesse.
9/2648/87.    (Testo modificato nel corso della seduta) Martinciglio, Ilaria Fontana, Deiana, Daga, D'Ippolito, Di Lauro, Terzoni, Zolezzi.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, (decreto-legge «Semplificazioni») introduce, tra le varie misure, semplificazioni in materia di: contratti pubblici ed edilizia; contratti pubblici; ricostruzione pubblica nelle aree colpite da eventi sismici; enti locali e stato di emergenza. Il Governo ha ritenuto sussistente la straordinaria necessità e urgenza di realizzare un'accelerazione degli investimenti e delle infrastrutture, operando senza pregiudizio per i presidi di legalità, anche al fine di fronteggiare le ricadute economiche conseguenti all'emergenza epidemiologica da Covid-19;
              attualmente, nella Regione Campania, in provincia di Avellino, la realizzazione di opere viarie di primaria importanza per il territorio è bloccata o fortemente rallentata, a causa di sopravvenuti ostacoli di varia natura nella fase esecutiva. Trattasi, nel caso specifico, dei lavori di realizzazione non ancora partiti della strada «Manna – svincolo di Ariano Irpino», oggetto di accordo di programma dall'anno 2007, ed inserita sulla direttrice Contursi-Termoli, nonché dei lavori di adeguamento sul tratto autostradale A-16, da anni caratterizzati da rallentamenti ed interruzioni;
          considerato che:
              nei comuni della Provincia di Avellino, soprattutto in quelli della Valle Ufita e della Valle del Cervaro, per di più inseriti in un contesto già problematico sul piano socio-economico ed occupazionale, è necessario intervenire urgentemente affinché il sostegno alle attività produttive ed imprenditoriali venga garantito attraverso lo sblocco o la velocizzazione di opere stradali ed autostradali fondamentali per il territorio,

impegna il Governo

a disporre il commissariamento con provvedimento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per le fasi di potenziamento e o realizzazione dei tratti stradali statali sulla direttrice Contursi-Grottaminarda-Ariano Irpino-Termoli, nonché per le varie fasi di adeguamento sul tratto autostradale A-16 «Napoli-Canosa» nel territorio della Provincia di Avellino.
9/2648/88. Maraia, Ilaria Fontana, Deiana, Daga, D'Ippolito, Di Lauro, Terzoni, Zolezzi.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, (decreto-legge «Semplificazioni») introduce, tra le varie misure, semplificazioni in materia di: contratti pubblici ed edilizia; contratti pubblici; ricostruzione pubblica nelle aree colpite da eventi sismici; enti locali e stato di emergenza. Il Governo ha ritenuto sussistente la straordinaria necessità e urgenza di realizzare un'accelerazione degli investimenti e delle infrastrutture, operando senza pregiudizio per i presidi di legalità, anche al fine di fronteggiare le ricadute economiche conseguenti all'emergenza epidemiologica da Covid-19;
              attualmente, nella Regione Campania, in provincia di Avellino, la realizzazione di opere viarie di primaria importanza per il territorio è bloccata o fortemente rallentata, a causa di sopravvenuti ostacoli di varia natura nella fase esecutiva. Trattasi, nel caso specifico, dei lavori di realizzazione non ancora partiti della strada «Manna – svincolo di Ariano Irpino», oggetto di accordo di programma dall'anno 2007, ed inserita sulla direttrice Contursi-Termoli, nonché dei lavori di adeguamento sul tratto autostradale A-16, da anni caratterizzati da rallentamenti ed interruzioni;
          considerato che:
              nei comuni della Provincia di Avellino, soprattutto in quelli della Valle Ufita e della Valle del Cervaro, per di più inseriti in un contesto già problematico sul piano socio-economico ed occupazionale, è necessario intervenire urgentemente affinché il sostegno alle attività produttive ed imprenditoriali venga garantito attraverso lo sblocco o la velocizzazione di opere stradali ed autostradali fondamentali per il territorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre il commissariamento con provvedimento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per le fasi di potenziamento e o realizzazione dei tratti stradali statali sulla direttrice Contursi-Grottaminarda-Ariano Irpino-Termoli, nonché per le varie fasi di adeguamento sul tratto autostradale A-16 «Napoli-Canosa» nel territorio della Provincia di Avellino.
9/2648/88.    (Testo modificato nel corso della seduta) Maraia, Ilaria Fontana, Deiana, Daga, D'Ippolito, Di Lauro, Terzoni, Zolezzi.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 60-bis, introdotto dal Senato, prevede interventi in ordine all'individuazione di aree da destinare allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio, nonché in tema di licenze provvisorie di autorizzazione allo stoccaggio, di progetti sperimentali di esplorazione e di contratti di programma;
              la novella dell'articolo 7, comma 1 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n.  162 limita alla sola «parte in terra ferma» il ricorso all'intesa con la Conferenza Stato-regioni nella predisposizione da parte del Ministero dell'ambiente ed il Ministero dello sviluppo economico, del decreto per l'individuazione delle aree del territorio nazionale e della zona economica esclusiva all'interno delle quali possono essere selezionati i siti di stoccaggio e le aree nelle quali lo stoccaggio non è permesso;
              la novella del comma 3 dell'articolo 7 dispone, inter alia, non solo che siano comunque considerati siti idonei allo stoccaggio i giacimenti di idrocarburi esauriti situati nel mare territoriale e nell'ambito della zona economica esclusiva e della piattaforma continentale, ma anche che il Ministero dello sviluppo economico abbia la facoltà di autorizzare i titolari delle relative concessioni di coltivazione a svolgere programmi sperimentali di stoccaggio geologico della CO2. L'intervento in oggetto esonera, altresì, i citati programmi sperimentali che interessano un volume complessivo di stoccaggio geologico di CO2 inferiore a 100.000 tonnellate dalla procedura di abitazione ambientale;
              inoltre, viene previsto che i progetti sperimentali di esplorazione e stoccaggio geologico della CO2 possano essere inclusi nel Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC);
          premesso, inoltre, che:
              gli interventi normativi sopra illustrati risultano non garantire in maniera soddisfacente la tutela dell'ecosistema segnatamente di quello marino, privilegiando altresì la realizzazione di programmi sperimentali che possano impattare in maniera significativa sulle matrici ambientali anche in considerazione della preventiva assenza di ogni valutazione di carattere ambientale, collocandosi in una delicata congiuntura temporale in relazione alla predisposizione del Pniec ai sensi dell'articolo 7-bis, comma 2-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152,

impegna il Governo

ad assumere nel prossimo provvedimento utile interventi correttivi finalizzati a considerare prevalente l'interesse ambientale alla tutela dell'ecosistema, garantendo che siano realizzati i necessari interventi di ripristino ambientale dei giacimenti di idrocarburi esauriti e che, in attuazione del principio di precauzione, ogni programma sperimentale sia sottoposto ad una valutazione ambientale preventiva senza alcuna limitazione, così come sia riconsiderata la presunzione di idoneità dei giacimenti di idrocarburi esauriti situati nel mare territoriale e nell'ambito della zona economica esclusiva e della piattaforma continentale introdotta dalla disposizione in esame, a fortiori considerato che per le licenze rilasciate in via provvisoria non è contemplato un limite temporale definito.
9/2648/89. Ilaria Fontana, Deiana, Daga, D'Ippolito, Di Lauro, Terzoni, Zolezzi, Costanzo, Sut.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 60-bis, introdotto dal Senato, prevede interventi in ordine all'individuazione di aree da destinare allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio, nonché in tema di licenze provvisorie di autorizzazione allo stoccaggio, di progetti sperimentali di esplorazione e di contratti di programma;
              la novella dell'articolo 7, comma 1 del decreto legislativo 14 settembre 2011, n.  162 limita alla sola «parte in terra ferma» il ricorso all'intesa con la Conferenza Stato-regioni nella predisposizione da parte del Ministero dell'ambiente ed il Ministero dello sviluppo economico, del decreto per l'individuazione delle aree del territorio nazionale e della zona economica esclusiva all'interno delle quali possono essere selezionati i siti di stoccaggio e le aree nelle quali lo stoccaggio non è permesso;
              la novella del comma 3 dell'articolo 7 dispone, inter alia, non solo che siano comunque considerati siti idonei allo stoccaggio i giacimenti di idrocarburi esauriti situati nel mare territoriale e nell'ambito della zona economica esclusiva e della piattaforma continentale, ma anche che il Ministero dello sviluppo economico abbia la facoltà di autorizzare i titolari delle relative concessioni di coltivazione a svolgere programmi sperimentali di stoccaggio geologico della CO2. L'intervento in oggetto esonera, altresì, i citati programmi sperimentali che interessano un volume complessivo di stoccaggio geologico di CO2 inferiore a 100.000 tonnellate dalla procedura di abitazione ambientale;
              inoltre, viene previsto che i progetti sperimentali di esplorazione e stoccaggio geologico della CO2 possano essere inclusi nel Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC);
          premesso, inoltre, che:
              gli interventi normativi sopra illustrati risultano non garantire in maniera soddisfacente la tutela dell'ecosistema segnatamente di quello marino, privilegiando altresì la realizzazione di programmi sperimentali che possano impattare in maniera significativa sulle matrici ambientali anche in considerazione della preventiva assenza di ogni valutazione di carattere ambientale, collocandosi in una delicata congiuntura temporale in relazione alla predisposizione del Pniec ai sensi dell'articolo 7-bis, comma 2-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di interventi correttivi in uno dei provvedimenti di prossima adozione finalizzati a considerare prevalente l'interesse ambientale alla tutela dell'ecosistema, garantendo che siano realizzati i necessari interventi di ripristino ambientale dei giacimenti di idrocarburi esauriti e che, in attuazione del principio di precauzione, ogni programma sperimentale sia sottoposto ad una valutazione ambientale preventiva senza alcuna limitazione, così come sia riconsiderata la presunzione di idoneità dei giacimenti di idrocarburi esauriti situati nel mare territoriale e nell'ambito della zona economica esclusiva e della piattaforma continentale introdotta dalla disposizione in esame, a fortiori considerato che per le licenze rilasciate in via provvisoria non è contemplato un limite temporale definito.
9/2648/89.    (Testo modificato nel corso della seduta) Ilaria Fontana, Deiana, Daga, D'Ippolito, Di Lauro, Terzoni, Zolezzi, Costanzo, Sut.


      La Camera,
          premesso che:
              in sede di esame del disegno di legge recante la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale;
          premesso che:
              l'articolo 48 del decreto in esame reca importanti disposizioni in materia di digitalizzazione della logistica portuale prevedendo alcune modifiche alle norme che disciplinano il finanziamento degli interventi per sviluppare la logistica portuale, in particolare si prevede la destinazione delle risorse anche al completamento degli interventi e allo sviluppo dei nodi del Meridione nonché la ridefinizione del rapporto con UIRnet, per il completamento e l'implementazione della rete immateriale degli interporti;
          considerato che:
              il comma 4 dell'articolo 61-bis, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1, identifica la società UIRNet S.p.A. come soggetto attuatore unico per la realizzazione e gestione della Piattaforma logistica nazionale. A tale fine il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è autorizzato a firmare apposito atto convenzionale con UIRNet S.p.A. Successivamente il decreto n.  124 del 26 ottobre 2019 autorizza il ministero a definire il rapporto convenzionale con detto soggetto. L'articolo in esame da ultimo, prevede una ridefinizione del rapporto convenzionale stipulato in attuazione del citato articolo e successive modificazioni e integrazioni riconoscendo, i soli costi documentati e sostenuti alla data del 31 dicembre 2019,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sottoporre la citata Società Uirnet Spa al controllo della Corte dei Conti al fine di proseguire con l'attività di rendicontazione delle spese sostenute.
9/2648/90. Ficara.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge contiene numerose importanti disposizioni in materia di semplificazioni procedimentali in vari settori, con diverse disposizioni volte a favorire la mobilità urbana e in materia di semplificazione del Codice della strada di cui al decreto legislativo 1992, n.  285;
              i commi da 5-bis a 5-duodecies dell'articolo 49 del decreto in esame, introdotti nel corso dell'esame al Senato, riguardano molte delle tematiche trattate nell'ambito del testo unificato recante modifiche al codice della strada, attualmente all'esame dell'Assemblea della Camera;
              tra le norme introdotte, che erano già state inserite nella riforma di modifica del codice della strada, vi sono disposizioni in materia di tutela dell'utenza vulnerabile, anche attraverso la ridefinizione di elementi della strada come le corsie ciclabili e le zone scolastiche, nonché norme volte a promuovere e incentivare la mobilità sostenibile e dirette a tutelare, nella circolazione, i conducenti di velocipedi;
              i dati degli ultimi anni sull'incidentalità stradale mostrano un trend che si discosta da quello necessario per il raggiungimento degli obiettivi europei relativi alla sicurezza stradale con riferimento alla mortalità, soprattutto in ambito urbano e per le categorie di utenza più vulnerabile,

impegna il Governo:

          a valutare l'opportunità di intervenire con eventuali provvedimenti normativi volti a:
          a) prevedere la massima trasparenza in merito alle somme incassate dagli enti locali anche attraverso l'obbligo di pubblicazione on-line presso i siti istituzionali, e delle altre informazioni relative ai dati sulle sanzioni per le violazioni del Codice della strada, incluse le destinazioni di tali proventi, nonché meccanismi di penalità nell'accesso a risorse statali per coloro che non trasmettano tali informazioni e non le rendano fruibili in formato aperto al ministero e all'opinione pubblica;
          b) intervenire sulla disciplina delle modalità di comunicazione delle violazioni che comportino la perdita di punti della patente e sugli altri elementi di semplificazione che possono liberare risorse umane ed economiche affinché migliori l'efficienza amministrativa del Ministero dei Trasporti e dei suoi uffici territoriali;
          c) disporre la dematerializzazione dei documenti di circolazione e di guida e la eliminazione delle sanzioni amministrative previste dal codice della strada, qualora a seguito di contestuale verifica telematica, l'agente accertatore abbia verificato l'esistenza e la validità dei documenti che il conducente non ha esibito;
          d) favorire lo sviluppo del trasporto pubblico, le modalità di spostamento alternativo all'uso dell'auto privata e la graduale, ma rapida e costante, riduzione del parco veicolare privato circolante, anche attraverso incentivi economici per l'utilizzo quotidiano di mezzi a zero emissioni, nonché per l'acquisto di mezzi per la logistica soprattutto urbana;
          e) favorire opportunamente, anche attraverso le risorse europee del recovery plan, la transizione delle città italiane verso il modello europeo di città a 30 km/h, con la finalità di garantire il raggiungimento degli obiettivi europei in termini di incidentalità stradale;
          f) sostenere ampie e continue campagne di informazione e sensibilizzazione sui media generalisti e sulle piattaforme di reti sociali, nonché negli istituti scolastici, sulla sicurezza stradale, la moderazione della velocità e il rispetto dell'utenza più vulnerabile, stanziando stabilmente e in modo definitivo opportune e adeguate risorse.
9/2648/91. De Lorenzis, Scagliusi, Barbuto, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini, Martinciglio.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge n.  76 del 2020 in esame al Capo I del Titolo III reca disposizioni per la cittadinanza digitale e l'accesso ai servizi digitali della pubblica amministrazione;
              nell'era digitale, le nuove tecnologie offrono inesplorate possibilità di semplificazione degli adempimenti burocratici in capo ai cittadini;
              le comunicazioni elettroniche potrebbero snellire gli adempimenti burocratici previsti a legislazione vigente in materia di locazioni immobiliari;
              l'istituzione di un portale unico digitale di trasmissione dei dati faciliterebbe, da un lato, il rispetto delle molteplici comunicazioni previste, e, dall'altro, incentiverebbe altri privati a locare occasionalmente la propria abitazione, anche per periodi brevi, favorendo altresì la ripresa economica di un settore tra quelli maggiormente colpiti dal Covid-19;
              il portale unico, attraverso la trasmissione dei dati in forma aggregata a tutte le istituzioni interessate, consentirebbe altresì alla pubblica amministrazione un più agevole monitoraggio dei flussi turistici, che garantirebbe, di riflesso, una maggiore efficienza nella tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica (ad esempio, la registrazione degli ospiti delle strutture ricettive) e il rispetto degli adempimenti tributari;
              i servizi offerti dal portale unico dovrebbero inoltre essere integrati con le funzionalità offerte dall'app IO, che costituisce il punto di accesso telematico di cui all'articolo 64-bis del Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.  82,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, il portale unico per la digitalizzazione degli adempimenti relativi alle locazioni immobiliari, e la sua integrazione con l'appIO, al fine di garantire un'accelerazione nel processo di digitalizzazione e semplificazione di tutti gli adempimenti, di natura tributaria e non, vigenti in materia di locazione immobiliare.
9/2648/92. Scanu.


      La Camera,
          premesso che:
              il comma 12-bis dell'articolo 40 (Semplificazione delle procedure di cancellazione dal registro delle imprese e dall'albo degli enti cooperativi) del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, fissa al 30 novembre 2020 il termine per la conclusione dei procedimenti di accorpamento di cui al comma 1 dell'articolo 61 del decreto-legge 14 agosto 2020, n.  104 delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura;
              tale disposizione è motivata in conseguenza dell'emergenza sanitaria da Covid-19 e dall'esigenza di garantire alle imprese la lavorazione delle numerose pratiche presentate e ancora giacenti presso gli Enti Camerali;
              il sistema delle funzioni e dell'organizzazione e delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura – così come disciplinato dalla legge 29 dicembre 1993, n.  580, successivamente modificata dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n.  23, – è stato oggetto di riforma nel corso della XVII Legislatura mediante il decreto legislativo 25 novembre 2016, n.  219, di attuazione della delega di cui all'articolo 10 della legge delega 7 agosto 2015, n.  124, di riforma delle pubbliche amministrazioni (cosiddetta «Legge Madia»);
              l'articolo 3 del decreto legislativo n.  219 del 2016 prevedeva la riduzione del numero delle Camere di commercio, mediante accorpamento, entro il limite di 60 rispetto ai 105 Enti camerali esistenti nel 2015. Tale accorpamento avrebbe dovuto realizzarsi tenendo in considerazione alcuni criteri tra i quali figuravano: l'accorpamento delle Camere di commercio nei cui registri delle imprese siano iscritte o annotate meno di 75.000 imprese e la salvaguardia della presenza di almeno una camera di commercio in ciascuna regione, indipendentemente dal numero delle imprese e unità locali iscritte o annotate nel registro delle imprese;
              in attuazione di quanto disposto dall'articolo 3 del decreto legislativo n.  219 del 2016 è stato adottato il decreto del Ministero dello sviluppo economico 8 agosto 2017 che ridetermina le circoscrizioni territoriali degli Enti camerali;
              la Corte Costituzionale, mediante la sentenza n.  261 del 13 dicembre 2017 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 4, dell'articolo 3, del decreto legislativo n.  219 del 2016, nella parte in cui stabilisce che il decreto del Ministro dello sviluppo economico doveva essere adottato «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», anziché previa intesa con detta Conferenza;
              in data 16 febbraio 2018 un nuovo Decreto del Ministero dello sviluppo economico ha approvato la ridefinizione delle circoscrizioni territoriali delle Camere di commercio così come indicata nel precedente decreto emanato dallo stesso Ministero in data 8 agosto 2017 pur in considerazione della mancata intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato-Regioni sancita nella riunione dell'11 gennaio 2018 e ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281;
              attualmente solo alcuni Enti Camerali hanno portato a termine i processi di accorpamento e ad ottobre 2019 le Camere di commercio esistenti erano ancora 82 e diversi Enti Camerali coinvolti dai processi di accorpamento hanno presentato ricorsi al Tar e atti alla Consulta;
              diverse Camere di commercio hanno lamentato l'imposizione dall'alto di una riforma realizzata senza tenere in debita considerazione le specificità e le caratteristiche dei singoli tessuti economico-sociali locali;
              nella sola Regione Toscana il processo di accorpamento degli Enti Camerali avrebbe portato alla riduzione complessiva delle Camere di commercio da 9 a 5 prevedendo la sola conferma di due Enti Camerali (Camera di commercio delle Maremma e del Tirreno e Camera di commercio di Firenze) e la creazione per accorpamento di tre nuovi Enti: la Camera di commercio Toscana Nord- Ovest (creatasi dall'accorpamento degli Enti Camerali di Lucca, Massa-Carrara e Pisa), la Camera di commercio Arezzo e Siena (creatasi dall'accorpamento degli Enti Camerali di Arezzo e Siena) e la Camera di Commercio di Pistoia e Prato (creatasi dall'accorpamento degli Enti Camerali esistenti nelle due città);
              attualmente nella regione Toscana solo uno dei tre procedimenti di accorpamento previsto è stato completato (Camera di commercio Arezzo e Siena),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito dei vincoli di finanza pubblica, di rivedere i criteri di accorpamento, tenendo altresì conto delle osservazioni presentate dagli Enti Camerali coinvolti in processi di accorpamento non ancora conclusisi e valutando lo sblocco delle assunzioni di personale per quelle Camere di commercio coinvolte nei suddetti processi.
9/2648/93. Berti, Ricciardi, Barbuto.


      La Camera,
          premesso che:
              il Comma 12-bis dell'articolo 40 (Semplificazione delle procedure di cancellazione dal registro delle imprese e dall'albo degli enti cooperativi) del decreto-legge 16 luglio 2020, n.  76, fissa al 30 novembre 2020 il termine per la conclusione dei procedimenti di accorpamento di cui al comma 1 dell'articolo 61 del decreto-legge 14 agosto 2020, n.  104 delle Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura;
              tale disposizione è motivata in conseguenza dell'emergenza sanitaria da Covid-19 e dall'esigenza di garantire alle imprese la lavorazione delle numerose pratiche presentate e ancora giacenti presso gli Enti Camerali;
              il sistema delle funzioni e dell'organizzazione e delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura – così come disciplinato dalla legge 29 dicembre 1993, n.  580, successivamente modificata dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n.  23, – è stato oggetto di riforma nel corso della XVII Legislatura mediante il decreto legislativo 25 novembre 2016, n.  219, di attuazione della delega di cui all'articolo 10 della Legge delega 7 agosto 2015, n.  124, di riforma delle pubbliche amministrazioni (cosiddetta «Legge Madia»);
              l'articolo 3 del decreto legislativo n.  219 del 2016 prevedeva la riduzione del numero delle Camere di commercio, mediante accorpamento, entro il limite di 60 rispetto ai 105 Enti camerali esistenti nel 2015. Tale accorpamento avrebbe dovuto realizzarsi tenendo in considerazione alcuni criteri tra i quali figuravano: l'accorpamento delle Camere di commercio nei cui registri delle imprese siano iscritte o annotate meno di 75.000 imprese e la salvaguardia della presenza di almeno una Camera di commercio in ciascuna regione, indipendentemente dal numero delle imprese e unità locali iscritte o annotate nel registro delle imprese;
              in attuazione di quanto disposto dall'articolo 3 del decreto legislativo n.  219 del 2016 è stato adottato il decreto del Ministero dello sviluppo economico 8 agosto 2017 che ridetermina le circoscrizioni territoriali degli Enti camerali;
              la Corte Costituzionale, mediante la sentenza n.  261 del 13 dicembre 2017 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 4, dell'articolo 3, del decreto legislativo n.  219 del 2016, nella parte in cui stabilisce che il decreto del Ministro dello sviluppo economico doveva essere adottato «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», anziché previa intesa con detta Conferenza;
              in data 16 febbraio 2018 un nuovo Decreto del Ministero dello sviluppo economica ha approvato la ridefinizione delle circoscrizioni territoriali delle Camere di commercio così come indicata nel precedente decreto emanato dallo stesso ministero in data 8 agosto 2017 pur in considerazione della mancata intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato-Regioni sancita nella riunione dell'11 gennaio 2018 e ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281;
              attualmente solo alcuni Enti Camerali hanno portato a termine i processi di accorpamento e ad ottobre 2019 le Camere di commercio esistenti erano ancora 82 e diversi Enti Camerali coinvolti dai processi di accorpamento hanno presentato ricorsi al Tar e atti alla Consulta;
              diverse Camere di Commercio hanno lamentato l'imposizione dall'alto di una riforma realizzata senza tenere in debita considerazione le specificità e le caratteristiche dei singoli tessuti economico-sociali locali;
              nella Regione Calabria, ad esempio, gli enti camerali si ridurrebbero tra 5 a 3 poiché la riforma condurrebbe all'accoramento delle Camere di commercio di Crotone, Vibo Valentia e Catanzaro, mantenendo le Camere di Reggio Calabria e Cosenza e senza tenere conto che le camere interessate dal processo di accorpamento ricoprono un territorio molto vasto e con caratteristiche estremamente differenti tra di loro mentre solo la presenza di organismi strettamente legati al territorio di appartenenza può garantire l'effettiva rappresentanza ed il completo soddisfacimento dei bisogni delle zone interessate,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di rivedere i criteri di accorpamento tenendo conto delle osservazioni presentate dagli Enti Camerali coinvolti in processi di accorpamento non ancora conclusisi e a valutare la possibilità di predisporre lo sblocco delle assunzioni di personale per quelle Camere di commercio coinvolte negli stessi processi di accorpamento e il cui blocco delle facoltà assunzionali rischia di comprometterne il lavoro specialmente in un momento delicato come quello dovuto alle conseguenze dell'emergenza sanitaria da Covid-19.
9/2648/94. Barbuto.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge in esame reca misure urgenti in materia di contratti pubblici ed edilizia, misure di semplificazione e accelerazione dell'azione amministrativa, per il sostegno e la diffusione dell'amministrazione digitale e numerose proroghe di termini legislativi;
              rilevato che:
              a seguito del dilagare nel nostro Paese dell'epidemia causata dalla malattia SARS-COV-2, nell'ambito del mondo del lavoro si è posta la problematica della tutela dei lavoratori cosiddetti «fragili», ovvero dipendenti, pubblici e privati, appartenenti a due distinte grandi categorie; da una parte coloro i quali sono in possesso della certificazione di handicap con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3 della legge 5 febbraio 1992, n.  104, dall'altra tutti i lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell'articolo 3, comma 1 della medesima legge n.  104 del 1992; questi lavoratori, a causa della condizione fisica di fragilità derivante da disabilità o da immunodepressione, a cui si aggiunge spesso anche l'età, sono da considerarsi maggiormente esposti al rischio di contagio sul posto di lavoro, nonché in caso dello stesso, a un esito grave e potenzialmente infausto del decorso della malattia SARS-COV-2 e quindi meritevoli di apposita disciplina normativa volta a riconoscere una tutela specifica in relazione alla pandemia in atto;
              il ricorso allo smart-working durante la pandemia ha rappresentato una modalità organizzativa che ha permesso di continuare il lavoro senza pregiudizio per la salute dei dipendenti, anche nel caso di «fragilità», vera o presunta, tuttavia non tutte le categorie di lavoratori, possono usufruire dello smart-working, soprattutto nel caso delle piccole e medie imprese del settore industriale e commerciale, dove è praticamente impossibile ricorrere allo smart-working, nonché nel caso di tutte le professioni a stretto contatto con il pubblico; peraltro il decreto-legge 19 maggio 2020, n.  34, cosiddetto decreto Rilancio, prevede espressamente che il diritto allo svolgimento delle prestazioni di lavoro in modalità agile è riconosciuto sulla base della valutazione del medico competente, anche ai lavoratori fragili, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa del prestatore di salute cagionevole;
          considerato che:
              l'articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n.  18, e successive modificazioni ed integrazioni, ha istituito una specifica tutela per i lavoratori in premessa, prevedendo che ai lavoratori con certificazione di handicap o con patologie che comportano immunodepressione, i medici di assistenza primaria che hanno in carico il paziente possono riconoscere un adeguato periodo di astensione dal lavoro che viene equiparato a ricovero ospedaliero, pertanto molti dei lavoratori interessati, spesso impegnati in attività essenziali o addirittura, nell'ambito sociosanitario, fino al 30 luglio scorso avevano la possibilità di essere esentati dal lavoro in caso di rischio senza poter intaccare i giorni di malattia «ordinaria»;
              rilevato che:
              purtroppo questa misura di sostegno non è stata oggetto di proroga nel provvedimento in esame e quindi dal 1o agosto questi lavoratori hanno visto venir meno l'equiparazione delle assenze allo stato di ricovero ospedaliero e l'estensione dei permessi lavorativi ex legge 104 del 1992, e si sono ritrovati nella condizione di dover ricorrere, per coprire la dichiarazione di inidoneità temporanea al servizio prolungata dai medici competenti fino al 15 ottobre, alle ferie, al recupero ore o alla malattia ordinaria che va ad inficiare nel computo della retribuzione, con gravi conseguenze anche sullo stessa;
          considerato che:
              la mancata proroga di queste misure di tutela per i lavoratori fragili rischia non solo di esporre questi soggetti fragili al contagio, ma anche di mettere in crisi interi comparti lavorativi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di, compatibilmente con la disponibilità di risorse pubbliche, prorogare, nel prossimo provvedimento utile, la misura di cui all'articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.
9/2648/95. Amitrano.


      La Camera,
          premesso che:
              l'emergenza legata alla pandemia da Coronavirus ha generato conseguenze economiche negative per imprese, lavoratori e famiglie;
              per controbilanciare la grande difficoltà interpretativa conseguente ai numerosi provvedimenti legislativi relativi alla gestione della cassa integrazione per i dipendenti nel periodo di pandemia Covid-19 il decreto-legge n.  104 del 2020, in corso di conversione, ha inserito una proroga dei termini decadenziali scadenti il 31 luglio 2020;
              il decreto n.  104 del 2020 è stato pubblicato il 14 agosto e che la proroga in esso iscritta scadeva il 31 agosto 2020, pertanto prevedeva un lasso di tempo troppo breve e insufficiente allo scopo prefissato e considerato altresì, che nello stesso periodo si concentra in maniera più intensa la problematica delle ferie estive,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre una proroga dei termini perentori, modificando l'articolo 1, comma 10, sostituendo la data «31 agosto 2020» con il termine «30o giorno successivo alla pubblicazione della presente legge di conversione».
9/2648/96. Cancelleri, Martinciglio.


      La Camera,
          premesso che:
              la normativa vigente (articolo 102 Legge Fallimentare e l'articolo 2 della Legge n.  297 del 1982) non tutela adeguatamente i lavoratori nell'ipotesi in cui gli stessi non siano in possesso di titolo giudiziario che accerta i loro crediti non soddisfatti e la procedura pre-fallimentare dell'impresa datrice di lavoro sia stata chiusa senza approvazione dello stato passivo con conseguente cancellazione dell'impresa fallita dal registro delle imprese;
              sulla base della normativa vigente, infatti, in assenza della formazione dello stato passivo fallimentare che riconosca il credito dei lavoratori (per TFR, retribuzione delle ultime tre mensilità, contribuzione a fondo per pensione integrativa), solo un accertamento giudiziario dello stesso permette l'intervento delle garanzie Inps. Non è infatti possibile un accertamento giudiziario dei crediti garantiti nei confronti direttamente dell'Inps, stante l'autonomia dell'obbligazione dell'Inps la quale discende non dal rapporto di lavoro, ma dal distinto rapporto assicurativo-previdenziale in presenza del verificarsi dei presupposti previsti dalla legge, costituiti dall'insolvenza del datore di lavoro e dall'accertamento del credito, laddove la prima sola deve considerarsi accertata dall'intervenuta dichiarazione di fallimento mentre per il secondo, in assenza di formazione dello stato passivo fallimentare, la legge stabilisce che sia stato accertato un credito nei confronti del datore di lavoro;
              a fronte della normativa nazionale citata l'Inps non sempre riconosce il pagamento del Tfr e delle tre ultime mensilità ove il lavoratore non si sia attivato per ottenere dal giudice del lavoro il riconoscimento del credito attraverso un titolo esecutivo (sentenza e/o decreto ingiuntivo). Per l'Inps, infatti, mancando il titolo esecutivo, non sono soddisfatti tutti i presupposti richiesti dalla circolare Inps n.  31 del 2010 e ciò indipendentemente dal fatto che vi siano le regolari buste paga o il Cud ad attestare la sussistenza del credito. La circolare Inps del 2010 citata non ha infatti ritenuto di adeguare la propria normativa alla nuova circostanza introdotta con l'articolo 102, Legge Fallimentare, penalizzando, di fatto, il lavoratore che in assenza di un titolo esecutivo a carico della società datrice di lavoro si vede non riconosciuto il pagamento del Tfr e delle tre ultime mensilità;
          considerato che la Direttiva CE 987/80 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro si pone invece l'obiettivo di apprestare una garanzia totale al dipendente di imprese insolventi per il pagamento del trattamento di fine rapporto sia nel caso in cui queste siano sottoposte alla procedura fallimentare, sia nel caso in cui tale procedura fin dall'inizio non venga aperta per mancanza dei presupposti oggettivi e/o soggettivi,

impegna il Governo

a valutare, in sede di attuazione del presente provvedimento, l'opportunità di garantire una tutela uniforme dei dipendenti nel caso in cui gli stessi, in ipotesi di fallimento della società datrice di lavoro, non si siano attivati per ottenere dal giudice del lavoro il riconoscimento del proprio credito attraverso un titolo esecutivo.
9/2648/97. Barzotti.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame contiene disposizioni volte a garantire uno snellimento della burocrazia, che attanaglia imprese e contribuenti nel rapporto con gli organi della pubblica amministrazione, e misure finalizzate ad incentivare l'implementazione della green economy;
              le novità introdotte dal decreto cosiddetto Semplificazioni sono molteplici e sono pensate a vantaggio delle imprese, ivi incluse quelle del comparto ittico, e a supporto di una maggiore velocità di ripresa del Paese dopo la crisi indotta dal lockdown connesso all'epidemia da Covid-19;
              ai sensi del Decreto del 10 maggio 2019 del Ministero dell'economia e delle finanze, recante «Specifici esoneri, in ragione della tipologia di attività esercitata, dagli obblighi di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi», in fase di prima applicazione, l'obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n.  127, non si applica: alle operazioni non soggette all'obbligo di certificazione dei corrispettivi, ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n.  696, e successive modificazioni e integrazioni, e dei decreti del Ministro dell'economia e delle finanze 13 febbraio 2015 e 27 ottobre 2015;
              in aggiunta alla cessione di prodotti agricoli, effettuate dai produttori, la previsione di un eventuale esonero dall'obbligo di certificazione dei corrispettivi per le cessioni di prodotti ittici effettuate direttamente al consumatore finale, eviterebbe, ad avviso della scrivente, un aggravio di carattere procedurale, che rischia di penalizzare il settore della piccola pesca già particolarmente danneggiato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere, nell'ambito degli interventi di miglioramento e semplificazione burocratica, idonee iniziative, anche normative, che puntino a modificare la disposizione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.  696 del 1996 e, dunque, a ricomprendere tra le operazioni non soggette all'obbligo di certificazione, oltre alla cessione di prodotti agricoli, effettuate dai produttori, anche le cessioni di prodotti ittici effettuate direttamente al consumatore finale, esonerando così tali operazioni, in ragione della tipologia di attività esercitata, dagli obblighi di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri.
9/2648/98. Galizia.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame contiene disposizioni volte, da un lato, all'accelerazione degli investimenti e delle infrastrutture attraverso la semplificazione delle procedure in materia di contratti pubblici e di edilizia, e dall'altro, alla semplificazione in materia di amministrazione digitale, responsabilità del personale delle amministrazioni pubbliche, attività imprenditoriale, ambiente e green economy, nell'ottica di fronteggiare le ricadute derivanti dall'epidemia da Covid-19;
              tra le misure introdotte dal provvedimento in esame, particolare rilevanza rivestono le disposizioni volte al sostegno agli investimenti per le imprese del Mezzogiorno, con la possibilità di utilizzo dei fondi europei;
              a seguito dell'emergenza sanitaria, l'Unione europea ha messo a punto una strategia globale volta a tutelare i cittadini e attenuare le gravi ripercussioni socio-economiche della pandemia da coronavirus;
              uno dei comparti più colpiti dalla pandemia da Covid-19 e dalle misure che sono state introdotte per contenerne la diffusione è stata l'economia del turismo, che in particolar modo in Italia, è stata messa in ginocchio, specialmente nelle regioni del Mezzogiorno, causando una significativa riduzione delle entrate e creando problemi di liquidità per gli operatori del settore;
              anche per far fronte alle difficoltà di tale settore, la Commissione europea ha presentato uno strumento di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza (SURE) al fine di aiutare le persone a mantenere il loro posto di lavoro durante la crisi;
              tale strumento, insieme alle misure attivate negli ultimi mesi dal Governo a sostegno delle imprese e a tutela dei dipendenti e dei lavoratori autonomi colpiti dall'emergenza sanitaria, anche nel settore turistico, può rappresentare, in particolare per le Regioni del Mezzogiorno che soffrono dei più alti livelli di disoccupazione sul territorio nazionale, un valido supporto per proteggere i lavoratori dalle conseguenze peggiori della recessione ad attenuare l'impatto del Covid-19 sull'occupazione, in un'emergenza senza precedenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare, di concerto con le competenti amministrazioni nazionali ed europee, i piani e gli strumenti unionali maggiormente idonei per la protezione dei posti di lavoro nelle aree svantaggiate del Mezzogiorno, al fine di rafforzare l'attuazione di programmi volti alla riduzione dei divari territoriali ed attenuare altresì gli effetti negativi della crisi, in particolare di quella nel settore turistico, dovuta all'emergenza da Covid-19.
9/2648/99. Ianaro.


      La Camera,
          premesso che:
              l'articolo 4 del provvedimento al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti pubblici detta specifiche disposizioni riguardanti la «Conclusione dei contratti pubblici e ricorsi giurisdizionali»;
              in particolare il comma 3 del citato articolo 4 interviene in materia di contenzioso relativo alle opere inserite nel programma di rilancio delineato dal Governo, prevedendo che in caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture, nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l'attività di progettazione, di opere di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza comunitaria la cui realizzazione è necessaria per il superamento della fase emergenziale o per far fronte agli effetti negativi derivanti dalle misure di contenimento, si applica l'intero articolo 125 codice degli appalti,

impegna il Governo:

          ad estendere le procedure di cui al comma 4 dell'articolo 125 del codice degli appalti, anche alle procedure di appalto per le quali si procede in via di estrema urgenza al fine di accelerare le procedure di realizzazione delle nuove opere;
          ad applicare a tutti gli appalti di estrema urgenza quanto previsto dall'articolo 9 del decreto-legge n.  32 del 2019 «sblocca cantieri» per quanto concerne sia la valutazione dell'istanza cautelare che le sorti del contratto già stipulato, questa proposta ben si sarebbe inserita nel contesto dell'articolo 4 del decreto-legge n.  76 del 2020 cosiddetto «Semplificazioni»;
          a definire termini stringenti nell'ambito dei protocolli di vigilanza collaborativa dell'esercizio delle funzioni di controllo da parte di ANAC anche al fine di costituire misura di salvaguardia nei confronti di eventuali sindacati ispettivi da parte del giudice amministrativo.
9/2648/100. Troiano.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge n.  34 del 2020 (cosiddetto «Decreto Rilancio»), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n.  77 prevede una detrazione fiscale del 110 per cento da ripartire in 5 anni, per le spese sostenute dal 1o luglio 2020 al 31 dicembre 2021, per alcuni interventi di efficienza energetica (isolamento termico e sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale) e riduzione del rischio sismico; tale disposizione si aggiunge alla proroga – già prevista – dell'Ecobonus al 50 per cento e al 65 per cento;
              sebbene tali agevolazioni risultino essere un'ottima possibilità per il miglioramento energetico e strutturale del parco immobiliare italiano, la nuova detrazione fiscale (come anche le precedenti) si scontra comunque con non poche difficoltà legate al rispetto di tutte le disposizioni vigenti di natura urbanistica, architettonica, strutturale, energetica che riguardano gli interventi oggetto di detrazione. Per poter accedere al bonus devono infatti sussistere delle condizioni imprescindibili definite dal Testo Unico dell'Edilizia (decreto del Presidente della Repubblica n.  380 del 2001 e successive modificazioni ed integrazioni) e che richiede l'assenza di difformità riguardanti gli edifici oggetto degli interventi interessati dalle detrazioni e la presenza di tutta la documentazione prevista dalla legislazione vigente;
              in particolare, le disposizioni dettate dal TUE (decreto del Presidente della Repubblica n.  380 del 2001 e successive modificazioni ed integrazioni), prevedono, al Capo III, articolo 49, che «gli interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, né di contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici»,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative volte a semplificare le disposizioni di accesso alle agevolazioni fiscali per gli interventi di ristrutturazione ed efficienza energetica, con riferimento alla conformità alle norme del TUE, in particolare rispetto a difformità di lieve entità riguardanti le verande.
9/2648/101. Paolo Russo.


      La Camera,
          premesso che:
              il decreto-legge all'esame dell'Assemblea, al Titolo I semplificazioni in materia di contratti pubblici ed edilizia, al fine di incentivare gli investimenti pubblici e privati nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici;
              tra i vari incentivi, già stanziati con i precedenti provvedimenti per far fronte ai problemi legati alla pandemia da Covid-19, vi sono quelli per l'acquisto di vetture ibride ed elettriche;
              la vendita negli ultimi tre mesi di autovetture ibride e elettriche ha avuto un incremento di oltre il 400 per cento;
              queste vetture necessitano per strutture per la loro alimentazione c sono ancora scarse le colonnine di ricarica così come i parcheggi di scambio, soprattutto nelle aree metropolitane;
              negli ultimi mesi, in particolar modo, nelle grandi città si sta manifestando un grave problema per la sosta delle autovetture, poiché sono state incrementate le piste ciclabili e le occupazioni di suolo pubblico per gli esercenti di attività di ristorazione e bar,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incrementare i finanziamenti già previsti dalla legge 122 del 1989, cosiddetta «Legge Tognoli», al fine di potenziare e favorire, nelle aree urbane, la realizzazione di parcheggi di scambio anche dotati di strumenti idonei per la ricarica delle vetture ad alimentazione elettrica.
9/2648/102. Plangger.


      La Camera,
          premesso che:
              la pesca, da un punto di vista di coperture assicurative assistenziali e previdenziali, si divide in due regimi: la legge n.  413 del 1984 – la cosiddetta «grande pesca» – per il personale operante come pescatore imbarcato la quale non pone limiti al tipo di imbarcazioni, questo sistema prevede un certo livello di versamenti ma anche una vasta copertura assistenziale, assicurativa e previdenziale, e la legge n.  250 del 1958 – la cosiddetta «piccola pesca» – per il personale imbarcato su barche da pesca che hanno una stazza massima di 10 tsl – tonnellate stazza lorda –, questo sistema prevede un basso livello di versamento ed una bassissima copertura assistenziale, assicurativa e previdenziale;
              il sistema contributivo per i lavoratori marittimi è oggetto di una controversia relativa all'interpretazione dei due riferimenti legislativi;
              la legge n.  250 del 1958 è rivolta ai dipendenti da cooperative armatrici (imprenditrici) del tipo produzione-lavoro oltre ai singoli pescatori autonomi, infatti, l'obbligo assicurativo previsto dalla legge n.  250 del 1958 è correlato da una parte alla condizione soggettiva del marittimo (socio di cooperativa o lavoratore autonomo) e dall'altra alla natura del natante (non superiore alle 10 tonnellate di stazza lorda);
              l'iscrizione al regime previdenziale marittimo, disciplinato dalla legge n.  413 del 1984 pone diverse condizioni per l'iscrizione al regime stesso dei marittimo ovvero che deve esercitare la navigazione a scopo professionale, deve far parte dell'equipaggio delle navi munite di carte di bordo o documenti equiparati e che le navi devono rientrare tra quelle espressamente individuate;
              la legge n.  250 del 1958 per l'inquadramento nella cosiddetta «piccola pesca» fu predisposta proprio per gli operatori Autonomi e per i dipendenti di Cooperative, e che la stazza di 10 tsl che identificava la barca, doveva essere vincolante solo per quegli operatori che hanno la caratteristica autonomi o cooperatori;
              esistono imbarcazioni con caratteristiche sotto le 10 tsl gestite da ditte individuali dove l'amministratore non è imbarcato (e che pertanto non può essere inquadrato come un «pescatore autonomo»), ma esistono anche imprese gestite da società non cooperative (solitamente: s.a.s. e s.n.c.). L'Inps considera queste imprese (società e ditte individuali) alla stregua di cooperative facendole rientrare appieno nella legge n.  250 del 1958, parificando di conseguenza gli imbarcati ai soci di cooperativa;
              l'Inps, in maniera unilaterale, ha inteso applicare in forma retroattiva la legge n.  413 del 1984 a tutti quei piccoli imprenditori del settore della pesca, che hanno sempre pagato i contributi ai sensi di quanto stabilito dalla legge n.  250 del 1958; tale azione ha comportato l'invio di cartelle esattoriali, di importi che vanno da poche migliaia di euro a cifre oltre i 100.000 euro; tale iniziativa rischia di far fallire l'intero comparto delle piccole imbarcazioni da pesca del mare;
              sarebbe opportuno, quindi, chiarire con interpretazioni idonee della legge n.  250 del 1958, visto le loro concrete conseguenze sugli operatori, l'applicabilità della stessa e i soggetti beneficiari in quanto vi è il rischio di annichilire un settore così importante e connotato da operatori di piccole dimensioni ma con un'elevata qualità del prodotto,

impegna il Governo

ad intraprendere azioni volte a modificare l'attuale normativa permettendo di dare la possibilità di scelta, per coloro che esercitano la pesca quale esclusiva o prevalente attività lavorativa, esclusi i pescatori autonomi e le cooperative e compagnie, di beneficiare o della disciplina previdenziale della legge n.  250 del 1958 o di quella della legge n.  413 del 1984 nonché ad intervenire affinché siano forniti chiarimenti sull'ambito applicativo della legge n.  250 del 1958, con riguardo ai casi in cui si debba applicare la contribuzione dei lavoratori della piccola pesca, in presenza di interpretazioni difformi dell'INPS sul territorio nazionale, che hanno portato alla gravosa situazione che si è venuta a creare a seguito dell'invio delle cartelle esattoriali basate proprio su un'erronea interpretazione dell'Ente.
9/2648/103. Viviani, Bubisutti, Cecchetti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato.


      La Camera,
          premesso che:
              il disegno di legge in esame reca una serie di misure dirette alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, all'eliminazione e velocizzazione di adempimenti burocratici, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, al sostegno all'economia verde e all'attività di impresa;
              in particolare, l'articolo 10, comma 1, lettera a), dispone che «Nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n.  1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell'ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale»;
              secondo il medesimo articolo 10, comma 1, lettera b), n.  2: «Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n.  1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria»;
              i temi della rigenerazione urbana e della sostituzione edilizia nascono dall'esigenza di trasformazione della città contemporanea con una pianificazione che preveda il recupero di servizi mancanti o insufficienti, la ricucitura della trama e del tessuto urbano, il riempimento dei vuoti nel rispetto dell'identità del territorio, la realizzazione di luoghi di aggregazione, di elementi architettonici di pregio che sviluppino la responsabilizzazione dei cittadini e il relativo senso d'appartenenza (terrazze, portici, piazzole, fontane, sculture, richiami alla memoria storica della comunità) e il potenziamento delle infrastrutture per la mobilità; troppo spesso la pianificazione urbanistica ha generato nelle città storpiature che hanno pesantemente compromesso la qualità della vita e la tutela del suolo;
              occorre superare in maniera organica e strutturale il degrado urbano derivante dai fenomeni di abusivismo edilizio o di architettura anonima e deteriorata, attraverso l'adozione di misure straordinarie finalizzate a sostenere la riqualificazione del patrimonio edilizio anche attraverso massivi interventi di rigenerazione e sostituzione, protesi al miglioramento della qualità architettonica, coerentemente con le caratteristiche storiche, paesaggistiche, ambientali ed urbanistiche delle zone dove gli immobili sono ubicati; in tale ottica, sarebbe necessario attuare un grande piano di sostituzione edilizia e rigenerazione urbana sostenuto dallo Stato, anche come grande volano di economia stabile con ricadute esclusive sul territorio nazionale,

impegna il Governo

ad adottare i necessari strumenti legislativi volti a favorire opere di demolizione nelle aree naturalistiche, ambientali, archeologiche, culturali di pregio e di ricollocazione delle cubature in aree indicate dagli strumenti ordinari di pianificazione del territorio comunali e regionali, a individuare idonei strumenti economico finanziari – compatibili con le politiche di bilancio e idonei agli indirizzi previsti dai fondi straordinari europei – per la ripresa del comparto edilizio e del suo indotto in linea con le prospettive di economia verde, risparmio energetico, bio architettura, azzeramento del consumo di suolo pregiato, restauro delle coste e del paesaggio, recupero dei centri storici e dei piccoli comuni, efficientamento dei sistemi di trasporto sostenibili.
9/2648/104. Rampelli, Caretta, Ciaburro.


INTERPELLANZE URGENTI

Iniziative di competenza in relazione alla diffusione sui social media di messaggi offensivi e discriminatori, anche in base al genere, da parte di un docente dell'Università del Molise – 2-00925

A)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'università e della ricerca, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, per sapere – premesso che:
          come è noto dalle cronache recenti, il professor Marco Gervasoni, docente di storia contemporanea presso l'Unimolise, il 5 settembre 2020 ha pubblicato sul proprio accountTwitter la foto della copertina dell'ultimo numero dell’Espresso che ritraeva la vicepresidente della regione Emilia-Romagna, Elly Schlein, accompagnandola con un commento sulla sua estetica nel quale si domandava se si trattasse di un uomo anziché di una donna;
          è un commento che esprime un evidente sessismo e un atteggiamento chiaramente misogino;
          il professore, inoltre, ha espresso di frequente commenti denigratori e violenti nei confronti di esponenti politici e della società civile;
          tra questi vi sono i seguenti, riportati in un articolo di «La Repubblica» il 7 settembre: «gli interlocutori di sinistra vanno spazzati via: sono al di fuori dell'umanità»; Ilaria Cucchi definita «Segre dei poveri»; «zecche rosse»; per una sindaca che revoca la cittadinanza onoraria a Mussolini per conferirla a Liliana Segre il commento è che «la madre delle coglionazze ignoranti è sempre incinta»; e poi «5 Stelle vermi»; Repubblica «merde»; Nicola Zingaretti «unico uomo al mondo che in ogni foto appare con la faccia da cojone»;
          inoltre, un suo commento in particolare gli è addirittura costato il posto di docente presso la Luiss di Roma: nel mese di luglio 2019, infatti, scrisse che la nave Sea Watch «va affondata quindi Sea Watch bum bum», e a seguito di queste parole la Luiss nel settembre 2019 non gli ha rinnovato l'incarico;
          il codice etico dell'Università del Molise dove il professor Gervasoni è di ruolo parla dei «fondamentali doveri», da parte di studenti e docenti, di «rispetto della dignità umana» e di «rifiuto di ogni discriminazione». La comunità universitaria del Molise afferma anche l'impegno a «ripudiare ogni discriminazione originata da differenze di orientamenti religiosi, politici, culturali o sessuali» e, nello statuto dell'Ateneo, si enuncia una «comunità solidale che promuove al suo interno, ad ogni livello ed in ogni suo ambito, un clima di rispetto e di riconoscimento del valore dell'altro nel rifiuto di ogni forma di discriminazione relativa al genere, all'età, all'origine etnica, al credo religioso, all'orientamento sessuale, alla disabilità, alle condizioni di salute fisica e psichica» –:
          quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo, visti i fatti sopra menzionati, per tutelare la dignità dell'ateneo molisano e dell'università italiana;
          quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare ai fini di prevenire e contrastare il proliferare di un linguaggio offensivo e discriminatorio nelle comunicazioni sui social media.
(2-00925) «Boldrini, Aprile, Ascari, Barbuto, Benamati, Benedetti, Bologna, Bonomo, Bruno Bossio, Carla Cantone, Carnevali, Cenni, Ciampi, De Luca, Ehm, Fassino, Frate, Gribaudo, Lacarra, La Marca, Losacco, Madia, Gavino Manca, Martinciglio, Melilli, Muroni, Orfini, Papiro, Pezzopane, Prestipino, Quartapelle Procopio, Raciti, Rossi, Sarli, Serracchiani, Soverini, Elisa Tripodi, Viscomi, Zan, Cancelleri, Casa, Villani, Rotta».


Chiarimenti e iniziative in ordine ad un progetto Unesco volto alla valorizzazione e al recupero delle aree di pertinenza di Palazzo Te, a Mantova – 2-00926

B)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, per sapere – premesso che:
          dal 2008 è iscritto nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco il sito Mantova e Sabbioneta per la gestione del quale è attivo un piano di gestione con l'obiettivo di mantenere nel tempo la conservazione dei valori che hanno reso possibile tale iscrizione;
          a tal fine, presso l'ufficio Unesco di Mantova e Sabbioneta, è stato avviato un progetto Unesco, finanziato con fondi pubblici, che ha portato all'approvazione dello studio per le «Linee guida per la progettazione dello spazio pubblico» diventato esecutivo nel 2014;
          sulla base di questo progetto un gruppo di lavoro formato da studiosi, storici dell'arte, architetti ed esperti agronomi, con il sostegno del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, ha condotto ricerche, acquisito dati e immagini, eseguito rilievi, con il proposito di approfondire la conoscenza e l'analisi sui monumenti compresi in tali siti con l'obiettivo di preservarli e tutelarli;
          i risultati di tali ricerche, contenuti in tre volumi la cui pubblicazione, nel 2018, è stata coordinata dagli architetti Paula Eugenia Falini e Patrizia Pulcini, espongono alla città le linee guida per il progetto di completa risistemazione, «recupero, e valorizzazione della insularità dell'impianto unitario di Palazzo Te, dell'intero sistema delle sue parti costitutive che tiene conto di: il palazzo e le sue aree di pertinenza storica e morfologica quali giardini e spazi agricoli – assi principali di connessione urbana [...]»;
          uno dei volumi su citati riguarda specificamente «I giardini di Palazzo Te. Un progetto guida per i giardini dell'isola»;
          il sindaco di Mantova ha recentemente annunciato alla stampa locale che il progetto urbanistico di totale revisione dell'area adiacente a Palazzo Te, il progetto di parco urbano di Palazzo Te il cui costo complessivo è stato stimato intorno ai 12 milioni di euro, sarà finanziato con 5 milioni di euro del Ministero, in quanto è stato inserito nel piano strategico «Grandi progetti beni culturali»;
          risulta agli interpellanti che le su citate linee guida di progetto, che hanno avuto tra i suoi collaboratori eminenti studiosi, riconosciuti a livello internazionale e il patrocinio del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e dell'Unesco tra gli altri, con esborso di denaro pubblico, non siano state tenute in considerazione dal sindaco di Mantova e conseguentemente dagli architetti dallo stesso incaricato per il progetto sottoposto al Ministero per il finanziamento nello scorso gennaio 2020;
          il Ministro interpellato, nel mese di ottobre 2015, nell'annunciare che la capitale italiana della Cultura 2016 sarebbe stata Mantova, comunicava che tale designazione avrebbe previsto per la città un finanziamento di 1 milione di euro come premio e che le spese per investimenti necessari per realizzare i progetti sarebbero state escluse peraltro dal patto di stabilità;
          risulta agli interpellanti che il progetto in virtù del quale l'attuale sindaco di Mantova si aggiudicò il detto premio, totalmente mutuato da quello presentato dal precedente sindaco di Mantova, Nicola Sodano, come evidenziato da organi di stampa locali (La Voce di Mantova in data 13 ottobre 2016), non sia stato attuato che in parte;
          risulta inoltre agli interpellanti che il milione di euro, dotazione da parte del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per l'attribuzione a Mantova del titolo di capitale italiana della cultura 2016, non sia mai stato versato al comune di Mantova –:
          se il Ministro sia a conoscenza del progetto Unesco finanziato del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per l'area adiacente al palazzo Te in Mantova;
          quale sia stato l'esborso di pubblico denaro per la redazione delle linee guida per la progettazione dei Giardini di Palazzo Te, patrocinato tra gli altri dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo;
          sulla base di quali motivazioni il Ministero abbia valutato di finanziare un progetto di sistemazione dell'area dell'isola del Te, senza che questo tenesse minimamente conto delle linee guida recentemente approvate nel 2018;
          se sia conoscenza del mancato versamento nelle casse del comune di Mantova del milione annunciato in fase di designazione della città quale capitale italiana della cultura nel 2016 e, se corrisponda al vero, quali ragioni abbiano indotto il Ministero a non disporre tale finanziamento;
          se e quali iniziative intenda adottare il Ministro interpellato a tutela del patrimonio artistico e culturale della città di Mantova.
(2-00926) «Anna Lisa Baroni, Aprea, Bagnasco, Battilocchio, Brambilla, Cannatelli, Casciello, Cassinelli, Cattaneo, Cristina, Della Frera, Fatuzzo, Gregorio Fontana, Gelmini, Mandelli, Marin, Musella, Orsini, Palmieri, Pella, Pettarin, Ravetto, Rossello, Rotondi, Saccani Jotti, Sarro, Siracusano, Squeri, Vietina, Zanella».


Iniziative per il rilancio economico dell'Italia, con particolare riferimento alla competitività delle piccole e medie imprese, e per la salvaguardia dell'integrità del mercato unico europeo – 2-00927

C)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per gli affari europei, per sapere – premesso che:
          la Commissione europea ha pubblicato, nel mese di luglio 2020, il quadro di valutazione del mercato interno 2020, il cosiddetto Single Market Scoreboard, relativo all'analisi delle performance degli Stati membri in aree specifiche del mercato interno, incluse l'integrazione commerciale e l'apertura del mercato;
          il quadro di valutazione fornisce annualmente una panoramica dettagliata sull'applicazione delle norme del mercato unico dell'Unione europea nello Spazio economico europeo (See) rispetto all'anno di riferimento, valutando i risultati degli Stati membri per quanto riguarda l'apertura dei mercati, gli strumenti di governance, nonché settori strategici specifici, sulla base di una serie di indicatori selezionati;
          i risultati dello scoreboard vengono presentati sotto forma di una rappresentazione «a semaforo», in cui vengono assegnati cartellini di colore rosso (risultati al di sotto della media), giallo (risultati nella media) e verde (risultati al di sopra della media);
          dall'ultimo quadro europeo di valutazione, sono emerse, per quanto riguarda l'Italia, alcune criticità in merito alle percentuali fatte registrare dal nostro Paese relativamente all'integrazione degli scambi nel settore dei servizi: nonostante alcuni passi avanti, l'Italia soffre ancora di un deficit di competitività in materia di integrazione negli scambi, soprattutto per quanto riguarda il settore dei servizi, anche quelli professionali di riconoscimento delle qualifiche;
          risultati positivi sono stati invece fatti registrare dall'Italia per quanto riguarda i flussi degli investimenti diretti all'estero, notevolmente aumentati e indice di una significativa apertura del mercato da parte del nostro Paese;
          il mercato unico rappresenta uno dei maggiori risultati raggiunti dall'Unione europea: è al centro del progetto europeo, ha alimentato la crescita economica negli ultimi decenni e ha reso più semplice la vita dei consumatori e delle imprese in Europa. Questo strumento, affiancato ad un quadro di governance efficace che delinei le politiche principali, definisca le priorità e le conseguenti strategie, appare di primaria importanza per raggiungere gli obiettivi dell'Unione. Pertanto, proprio in questa fase in cui in quadro di governance dell'Unione europea è in fase di ripensamento per essere migliorato appare rilevante riuscire ad affinare gli strumenti a supporto;
          per questo motivo, il corretto funzionamento del mercato unico costituisce una delle priorità della Commissione europea e si inserisce nel quadro strategico per una rinnovata politica industriale europea, finalizzata a: migliorare l'integrazione e il funzionamento del mercato unico, promuovendo la crescita complessiva delle economie dell'Unione europea; sostenere l'industria nel suo processo di trasformazione «verde» e digitale, pur rimanendo competitiva sulla scena mondiale; aiutare le piccole e medie imprese, rispetto alla transizione verso un'economia sostenibile e digitalizzata, tra l'altro riducendo l'onere normativo cui sono sottoposte ed agevolandone l'accesso al finanziamento;
          a tal fine, la Commissione europea ha recentemente adottato un piano d'azione a lungo termine per una migliore attuazione e applicazione delle norme del mercato unico allo scopo di massimizzare il rispetto e l'applicazione della normativa in tutta l'Unione europea. Una delle azioni intraprese è stata l'istituzione della task force per l'applicazione delle norme sul mercato unico (Smet), composta da Stati membri e Commissione. La Smet tiene riunioni periodiche per valutare lo stato di conformità della legislazione nazionale alle norme del mercato unico, dare priorità agli ostacoli più urgenti, affrontare i casi di «sovraregolamentazione» ingiustificata, discutere questioni orizzontali in materia di applicazione della normativa e seguire l'attuazione del piano d'azione;
          numerose sono infatti, per gli Stati membri, le conseguenze negative dovute a una mancata o non corretta attuazione delle norme a tutela del mercato unico europeo: i cittadini e le imprese non possono beneficiare appieno dei loro diritti di libera circolazione, le imprese non possono realizzare le economie di scala che il mercato unico può offrire, i consumatori sono esposti ai rischi derivanti da prodotti non conformi o beneficiano di una minore scelta, la sicurezza dell'approvvigionamento energetico è compromessa e diventa più difficile raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici;
          il miglioramento dell'integrazione e del funzionamento del mercato unico potrebbe generare un'ulteriore crescita in molti settori, stimolando gli scambi e la concorrenza e migliorando l'efficienza;
          la libera circolazione di beni e servizi nel mercato interno rappresenta, altresì, uno strumento fondamentale per garantire agli Stati membri la ripresa nella fase post-emergenziale da Covid-19: come emerso chiaramente durante la crisi del coronavirus, un mercato unico che funziona correttamente è fondamentale per garantire la libera circolazione di prodotti e servizi in tutta l'Unione europea e la rapida ripresa dell'economia degli Stati membri e di tutta l'Unione –:
          alla luce dei dati evidenziati nel quadro di valutazione europeo 2020 relativamente al tema all'approfondimento del mercato interno, quali iniziative il Governo intenda intraprendere, in particolare presso le competenti istituzioni dell'Unione europea, per migliorare le performance e la competitività del nostro Paese nella specifica area dell'integrazione del mercato unico, a garanzia del rispetto delle norme europee di settore e a tutela della competitività delle imprese e delle piccole e medie imprese;
          nell'ambito del piano per la ripresa dell'Unione europea e della definizione del piano per la ripresa e la resilienza (Pnrr), quali siano gli strumenti a disposizione e le priorità individuate dal nostro Paese per contribuire a mantenere l'integrità del mercato unico, sanare i possibili squilibri e concorrere, in tal modo, a rilanciare e promuovere il potenziale di crescita dell'economia italiana, nel periodo successivo alla crisi dovuta al Covid-19.
(2-00927) «Galizia, Berti, Bruno, Giordano, Grillo, Ianaro, Palmisano, Papiro, Penna, Scerra, Spadoni, Vignaroli, Leda Volpi, Adelizzi, Davide Aiello, Alaimo, Alemanno, Amitrano, Aresta, Ascari, Baldino, Barbuto, Massimo Enrico Baroni, Bella, Berardini, Bilotti, Buompane, Businarolo, Cadeddu, Cancelleri».


Chiarimenti circa informazioni e dati relativi ai reati commessi in danno di minori e iniziative di competenza per la diffusione delle migliori pratiche adottate dagli uffici giudiziari per il contrasto di tali reati e per la protezione dei minori – 2-00663

D)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
          secondo gli ultimi dati Istat riferiti all'anno 2018, il numero di minori vittime di reati è allarmante;
          stando ai delitti denunciati dalle forze di polizia all'autorità giudiziaria, e limitandosi ai reati contro la persona, si possono contare, tra omicidi volontari consumati, tentati omicidi, omicidi preterintenzionali e omicidi colposi denunciati, ben 80 vittime minori di 14 anni e 65 aventi tra i 14 e i 17 anni;
          raggiungono quasi il migliaio le vittime minori di percosse e addirittura sono oltre 3 mila e 800 i minori vittime di lesioni dolose;
          è impressionante anche il numero delle vittime di reati di violenza sessuale e la loro giovanissima età: su un totale di 1.133 vittime minori, ben 398 hanno meno di 14 anni;
          allarmanti sono i dati riguardanti il reato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione: 85 sono le vittime minorenni e tra questi ben 15 sono minori di 14 anni; una piaga sociale che sta affiorando in questi ultimi anni dopo la vicenda delle cosiddette « baby squillo», inchiesta che nel 2013 svelò la vicenda di due adolescenti fatte prostituire nel quartiere romano dei Parioli;
          infine, si segnala che anche le vittime minori del reato di pornografia minorile e detenzione di materiale pedopornografico sono elevatissime: 117 hanno meno di 14 anni e 161 tra 14 e 17 anni;
          a questi bisogna aggiungere centinaia di giovani e giovanissimi con meno di 18 anni vittime di reati di atti sessuali con minorenne e corruzione di minorenne;
          in alcuni tribunali sono state prese misure per migliorare il contrasto a questi fenomeni criminali e garantire la protezione delle vittime di reati, come – ad esempio – la predisposizione di «sale di ascolto» con modalità protette riservate a tutti i minori e dotate di idonea strumentazione tecnica che assicura la videoregistrazione dell'ascolto;
          i dati statistici riferiti dagli uffici giudiziari di Roma indicano che dal 2015 al 2018 sono stati ascoltati con tali modalità, sia dai magistrati che dalle forze di polizia, ben 903 minorenni, di cui 570 bambine, e che nel maggior numero dei casi questi erano vittime di maltrattamenti in famiglia e di violenza sessuale;
          nello stesso tempo nei medesimi uffici giudiziari è stato rilevato un incremento delle notizie di reato che hanno come vittime i minorenni, anche per i delitti di: pornografia minorile, atti sessuali con minore e corruzione di minore, adescamento di minori e sottrazione di minorenne;
          questi dati, se confermati a livello nazionale, mostrano in maniera plastica la profondità di una piaga sociale che ogni anno miete migliaia di vittime innocenti che vedranno segnata la propria vita per sempre;
          ciò impone una seria riflessione e richiede una risposta rapida e pragmatica da parte di tutte le istituzioni –:
          di quali informazioni e dati statistici dispongano con riguardo alla diffusione di delitti di: pornografia minorile, adescamento di minori, atti sessuali con minori, prostituzione minorile, maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e, in generale, reati commessi in danno di minori, negli anni passati nei vari distretti di corte d'appello e nel Paese nel suo complesso;
          se intendano adottare iniziative, per quanto di competenza, volte alla diffusione delle best practice sul territorio nazionale, incluse le misure di contrasto che risultano già in atto presso alcune procure e tribunali del Paese.
(2-00663) «Ascari, Dori, Piera Aiello, Barbuto, Cataldi, Di Sarno, Di Stasio, D'Orso, Giuliano, Palmisano, Perantoni, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Acunzo, Adelizzi, Davide Aiello, Alaimo, Alemanno, Amitrano, Aresta, Baldino, Massimo Enrico Baroni, Battelli, Bella, Berardini, Berti, Bilotti, Bologna, Deiana, Giordano, Muroni, Boldrini, Spadoni, Sarli».


Iniziative di carattere normativo e ispettivo in ordine alla rilevanza della cosiddetta alienazione parentale nell'ambito di procedimenti di affido di minori – 2-00897

E)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
          l'Italia ha ratificato nel 2013 la Convenzione di Istanbul. Il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;
          la legge n.  54 del 2006, che ha istituito l'affido condiviso, afferma il «diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori»;
          la Corte costituzionale, in diverse sentenze, ha individuato come prioritaria, da parte del giudice, l'opzione dell'affido condiviso, dovendosi motivare la sua contrarietà all'interesse dei minori nel caso di una diversa scelta. La bigenitorialità è, infatti, innanzitutto l'oggetto di un diritto dei figli minori;
          l'alienazione parentale non è una patologia, non è una sindrome, così come dichiarato anche dal Ministro della salute in quanto priva di fondamento scientifico, e non è una malattia mentale. Ma una costruzione psicoforense secondo cui un genitore utilizza il figlio per negargli «il diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con l'altro genitore». Pertanto, non basata su dati di fatto concreti ed oggettivi sui quali valutare la capacità genitoriale, così come chiarito dalla Corte di Cassazione con sentenza n.  7041/2013;
          la Cassazione civile con sentenza n.  13274/2019 ha stabilito che qualora la consulenza tecnica presenti devianze dalla scienza medica ufficiale come avviene nell'ipotesi in cui sia formulata la diagnosi di sussistenza della alienazione genitoriale, non essendovi certezze nell'ambito scientifico al riguardo, il giudice del merito è comunque tenuto a verificarne il fondamento, utilizzando i comuni mezzi di prova;
          Ginevra P.A. è un'insegnante di scuola primaria ed è la mamma di Arianna, la figlia che le è stata tolta per decreto del tribunale dei minori a 18 mesi, il 23 marzo 2011, «con un vero e proprio blitz messo in opera da 14 persone», solo perché ha denunciato il suo ex partner per maltrattamenti;
          inizia così, nel 2011, una duplice vicenda giudiziaria raccontata negli anni da diversi organi di stampa. Un procedimento penale per maltrattamenti nei confronti del padre della bambina e un procedimento presso il tribunale dei minori per l'affidamento, dove Ginevra incontra, come Ctu, la dottoressa Malagoli Togliatti;
          la Ctu redatta dalla Togliatti – che lavorava in una struttura dove Ginevra avrebbe dovuto imparare a fare la madre (cosa di cui si è giustamente rifiutata) – l'ha infatti accusata di essere una madre malevola e alienante;
          la bambina è stata così affidata in via esclusiva al padre, senza aver mai più avuto nessun incontro con la madre;
          Ginevra non la vede da 9 anni;
          la decisione del tribunale dei minori non è mai stata messa in discussione neanche quando il padre della bambina, nel 2017, viene condannato in primo grado per lesioni. Il tribunale infatti inizialmente affida la bambina alla madre con il diritto di visita al padre, ma quando arriva la Ctu, tutto cambia. «Tratti istrionici e prognosticati comportamenti imprevedibili nel futuro», questa la diagnosi che invita la donna «a farsi curare» presso il centro di salute mentale indicato dalla Ctu;
          i servizi sociali di Lipari, dopo un'accurata indagine socio-ambientale, hanno redatto un'ottima relazione sulla vita di Ginevra. E come loro molti altri. Anche il neuropsichiatra Volterra si è dichiarato sconcertato dopo aver visionato la perizia fatta a Ginevra, poiché afferma: «avrebbe tutte le carte in regola per vincere questa battaglia giudiziaria»;
          Ginevra è andata in varie trasmissioni televisive: durante « Mi manda Raitre», ha spiegato le possibili collusioni tra la Togliatti e il legale del suo ex, viste mentre parlavano al tavolo di un ristorante;
          Ginevra in un'intervista rilasciata alla Dire ha parlato delle «percosse subite dal suo ex», padre della bambina;
          l'uomo, «era stato denunciato dalle due precedenti mogli e mentre allattavo – ha raccontato – ha minacciato di uccidermi se lo avessi fatto anche io»;
          eppure Ginevra ha esito negativo anche in appello perché «non risulta che abbia avuto i colloqui al Dipartimento di salute mentale, di cui ho invece tutti i tagliandini conservati» ha spiegato alla Dire;
          Ginevra ha dichiarato in alcune trasmissioni televisive, «di avere registrato la Malagoli Togliatti affermare che lei nelle perizie scrive quello che le chiede il cliente, non quello che è vero» –:
          se intenda adottare iniziative normative affinché sia escluso il riconoscimento nei tribunali dell'alienazione parentale, come motivazione unica sulla quale basare l'allontanamento di un minore da uno dei due genitori;
          se intenda adottare le iniziative di competenza per garantire l'applicazione del principio dell'affido condiviso come l'oggetto di un diritto dei figli minori, volto a «mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi»;
          se intenda adottare le iniziative di competenza per la corretta applicazione della Convenzione di Istanbul;
          se, nel caso esposto in premessa, non ritenga opportuno promuovere un'iniziativa ispettiva presso il tribunale dei minori di Roma, in relazione al procedimento che ha comportato l'allontanamento improvviso della minore dalla madre da ormai 9 anni.
(2-00897) «Giannone, Lupi, Colucci, Silli, Benedetti, Cunial, Ermellino, Aprile, Costanzo, Vizzini, Perego Di Cremnago, Rizzetto, Lucaselli, Ciaburro, Galantino, Deidda, Marino, Trano, Cecconi, Germanà, Tondo, Sangregorio, Caiata, Osnato, Luca De Carlo, Porchietto, Giacometto, De Giorgi, Frate, Angiola, Nitti».


Iniziative per la riqualificazione e la messa in sicurezza delle reti infrastrutturali della Calabria, con particolare riferimento alla strada statale 183 – 2-00912

F)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          la Calabria, e in particolare la fascia jonica meridionale, registra purtroppo un sostanziale deficit infrastrutturale sia per quanto riguarda le infrastrutture ferroviarie che quelle viarie;
          in questo ambito va sottolineato come da troppi anni la strada statale 183 Melito di Porto Salvo – Gambarie d'Aspromonte, necessiti di un serio intervento di riqualificazione e di messa in sicurezza;
          allarmante è il pericolo che incombe sulla suddetta infrastruttura viaria, spesso a una sola carreggiata, per le sue numerose e importanti frane che continuano ad interessare notevoli tratti di carreggiata e per le frane che si continuano a registrare dalla adiacente montagna, il cui materiale spesso si riversa sulla strada. Tutto questo produce evidenti e gravi condizioni di pericolo per l'incolumità dei cittadini e per le infrastrutture ivi esistenti;
          l'Anas, e in particolare l'Area Compartimentale Calabria di Anas, anche a seguito di monitoraggi effettuati su questa infrastruttura viaria, si era presa in carico di programmare ed effettuare una serie di interventi di manutenzione e di messa in sicurezza dell'arteria stradale;
          questi interventi, indispensabili per la sicurezza della viabilità e quindi dei cittadini, sono altresì necessari per i territori e i comuni del Parco nazionale dell'Aspromonte in quanto contribuirebbero ad affrontare problemi che ancora oggi limitano lo sviluppo delle aree interne, e in particolare dei centri abitati del comprensorio. Problemi legati alla sicurezza e alla percorribilità, che penalizzano fortemente le attività produttive di quelle aree, nonché la stessa la mobilità e la viabilità per gli spostamenti quotidiani –:
          quali iniziative urgenti si intendano adottare, per quanto di competenza, per la messa in sicurezza dei tratti più a rischio della infrastruttura viaria di cui in premessa, al fine di garantire la sicurezza e dare soluzione al disagio dei cittadini di quei comuni anche al fine di sostenere le imprese e le attività produttive del territorio, garantendo il diritto alla vivibilità delle aree interne.
(2-00912) «Maria Tripodi, Gelmini, Cannizzaro».


Iniziative a tutela dei lavoratori della Abramo Customer Care Spa, con particolare riguardo all'applicazione della «clausola sociale» – 2-00923

G)

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          la Abramo Customer Care spa è un'azienda operante nella fornitura di servizi esternalizzati per processi aziendali quali il rapporto diretto col cliente. Nella sede di Crotone, nella quale operano circa 1.600 addetti, l'azienda gestisce una importante attività di call center;
          con lettera del 1o settembre 2020, dando seguito a quanto già paventato a luglio 2020 dalle associazioni sindacali di categoria, la Abramo Customer Care ha informato i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico, la regione Calabria, il comune di Roma e i sindacati, dell'avvio di un procedimento di licenziamento collettivo di 107 lavoratori, tutti impiegati a tempo indeterminato all'interno del sito industriale di Crotone, alla luce della cessazione dell'attività, dal 1o ottobre 2020, sulla commessa «Roma Capitale», nell'impossibilità di poterli reimpiegare su altra commessa. L'azienda, allo stato, si dichiara non in grado di garantire misure per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della riduzione del personale;
          il 22 luglio 2020 i sindacati avevano inviato una richiesta di incontro ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico, alla Consip che ha curato il bando di gara, al comune di Roma e al consorzio Leonardo, vincitore della commessa, al fine di poter discutere degli effetti derivanti dalle non corrette modalità di applicazione della «clausola sociale» relativa ai servizi di contact center legati al servizio 060606 — comune di Roma;
          il principio su cui si basa la norma sulla «clausola sociale» per i call center è di garantire continuità occupazionale ai lavoratori in caso di cambio di appalto, all'interno di un medesimo comprensorio territoriale;
          per questi lavoratori, l'articolo 1, comma 10, della legge n.  11 del 2016 stabilisce che in caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente pubblico, il rapporto di lavoro continua con l'appaltatore subentrante, secondo le modalità e le condizioni previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro applicati e vigenti alla data del trasferimento;
          occorre comprendere come il nuovo aggiudicatario della commessa del comune di Roma, il Consorzio Leonardo, intenda applicare la «clausola sociale». Al momento sta offrendo il mantenimento occupazionale su Roma, senza tener conto del vincolo territoriale. Sul sito di Crotone i lavoratori licenziati per la gran parte lavorano con part-time a 20 ore settimanali: dinanzi ad un trasferimento a 600 chilometri di distanza si troverebbero costretti a rinunciare al posto di lavoro;
          l'articolo 50 del decreto legislativo n.  50 del 2016, codice degli appalti pubblici, come rafforzato dall'articolo 33 del decreto legislativo n.  56 del 2017, prevede che i bandi di gara relativi a servizi nei quali il costo della manodopera è superiore al 50 per cento dell'importo totale del contratto (per i call center il costo del lavoro supera l'80 per cento debbano contenere «specifiche clausole volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato»;
          con il decreto direttoriale n.  77 del 1o ottobre 2018, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fissato il costo del lavoro medio per il personale dipendente da imprese aggiudicatarie di servizi di call center, calcolato sulla base del contratto collettivo nazionale delle telecomunicazioni. Secondo i sindacati di categoria, dall'analisi dei contratti collettivi nazionali applicati dalle aziende subentranti, che sono diversi dal suddetto contratto collettivo nazionale delle telecomunicazioni, il nuovo trattamento economico complessivo dei lavoratori, risulta inferiore a quello avuto con il precedente appaltatore. Questo comporterebbe, oltre che un danno al lavoratore, anche un dumping che permette l'aggiudicazione delle gare al di sotto del costo fissato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
          a precisare il contenuto della legge sono intervenute le linee guida dell'Anac, delibera n.  114 del 13 febbraio 2019 nelle quali si afferma che «Allo scopo di consentire ai concorrenti di conoscere i dati del personale da assorbire, la stazione appaltante indica gli elementi rilevanti per la formulazione dell'offerta nel rispetto della clausola sociale (...)», in particolare personale utilizzato, contratto collettivo nazionale di lavoro, applicato e sede di lavoro;
          va negativamente rimarcato il fatto che la Consip, un ente controllato dal Ministero dell'economia e delle finanze, nel bando per l'assegnazione del servizio di call center per il comune di Roma, non abbia adeguatamente esplicitato i criteri minimi necessari a dare effettiva consistenza a quanto stabilito in materia di «clausola sociale» da leggi e contratti collettivi, a tutela dei lavoratori dei call center;
          al di là delle ricorrenti crisi occupazionali della società Abramo Customer Care, la provincia di Crotone è in preda a una crisi economica e sociale le cui radici affondano nello smantellamento del polo industriale negli anni ’90. Le difficoltà derivanti dalla pandemia hanno inasprito una situazione già difficile, a cominciare dalle immense difficoltà che affliggono il sistema trasportistico, stradale e ferroviario, per la cui soluzione occorreranno ancora 5-10 anni;
          nella classifica sulla vivibilità delle 107 province italiane, Crotone è collocata regolarmente agli ultimi posti: 106o in termini di saldo migratorio interno (in particolare, per la fuga dei giovani), 107o per il numero di anni di studio della popolazione, 107o per il tasso di disoccupazione (96o per il tasso di disoccupazione giovanile), 107o per il reddito medio e per la spesa delle famiglie, 104o per l'offerta di trasporto pubblico, 103o per la spesa sociale degli enti locali; 105o in termini di offerta culturale;
          un percorso diverso è possibile: nell'ottobre 2019, dopo intensa trattativa, i lavoratori impegnati sulla commessa Enel mercato libero nel call center di Casarano in Puglia, hanno mantenuto il mantenimento del posto di lavoro grazie all'applicazione della clausola di salvaguardia sociale. Si ha notizia che, in casi analoghi, i contratti precedenti sono stati prorogati proprio per risolvere la questione della territorialità –:
          se non ritengano opportuno intervenire con assoluta urgenza a tutela dei lavoratori della Abramo Customer Care spa di Crotone, per i quali è in corso una procedura di licenziamento collettivo, in considerazione del fatto che la soluzione di assorbimento per essi prospettata ad avviso degli interpellanti di fatto aggira le disposizioni sulla «clausola sociale» in favore dei lavoratori dei call center;
          se non si ritenga che il bando di gara Consip che ha dato origine alla vicenda esposta in premessa fosse privo degli elementi necessari alla corretta applicazione della «clausola sociale».
(2-00923) «Torromino, Occhiuto».