XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 6 novembre 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,

          premesso che:

              nel 2005 si è costituito un gruppo di lavoro composto dalle divisioni «Infrastrutture e trasporti» e «Urbanistica ed edilizia», dal gruppo Torinese dei Trasporti (Gtt) e dall'Agenzia per la mobilità metropolitana, ora Agenzia della mobilità piemontese, per la definizione di un «Piano dei Trasporti – scenario strategico per l'area Torinese» con un orizzonte temporale ventennale;

              l'elaborato prodotto ha individuato le aree debolmente servite dalle infrastrutture esistenti e ha delineato i possibili tracciati della linea 2 di metropolitana della città di Torino;

              nel 2006 un gruppo di lavoro costituito da città di Torino, Agenzia per la mobilità metropolitana e Gtt ha ipotizzato quattro possibili tracciati, in collegamento con la linea Torino-Ceres con il passante ferroviario: Orbassano-San Mauro, Orbassano-Torino Madonna di Campagna, Orbassano-Venaria ed Orbassano-Torino Falchera;

              su tali basi la città di Torino ha sviluppato il «Piano di fattibilità della linea 2 di metropolitana di Torino», approvato in linea tecnica dalla giunta comunale con deliberazione n. 03426/022 del 10 giugno 2008, individuando i capilinea nel comune di Orbassano a Sud e nella Stazione Rebaudengo di Torino a Nord con un percorso lungo 14,8 chilometri;

              l'8 settembre 2013 è stata annunciata la disponibilità dei finanziamenti per realizzare; tre stazioni (Rebaudengo, Vercelli e Giulio Cesare) per collegare la stazione Rebaudengo Sfm (passante ferroviario e servizio ferroviario metropolitano) con il polo ospedaliero del San Giovanni Bosco attraverso la zona della barriera di Milano. Il bando statale metteva a disposizione 100 milioni di euro;

              il 30 dicembre 2014 la giunta comunale con la delibera n. 07287/034 ha statuito le modifiche al tracciato della linea 2 di metropolitana rispetto allo studio di fattibilità, la suddivisione del tracciato in lotti funzionali di intervento, ha inoltre stabilito di affidare alla società Infra.To l'incarico di effettuare gli studi e gli approfondimenti occorrenti alla verifica sulla fattibilità tecnica della soluzione ipotizzata e di demandare a successivi provvedimenti deliberativi, l'individuazione delle modalità di attuazione del progetto per i lotti funzionali;

              il 9 marzo 2016 è stata pubblicata la gara internazionale per la progettazione preliminare della seconda linea;

              la legge del 27 dicembre 2019, n. 160, all'articolo 16, ha previsto come per la realizzazione della linea 2 della metropolitana di Torino, ivi compresi per le attività di progettazione e valutazione ex ante agli altri oneri tecnici, nonché il materiale rotabile, sia autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2020, di 80 milioni di euro per l'anno 2021, di 150 milioni di euro per l'anno 2022, di 200 milioni di euro per l'anno 2023, di 124 milioni di euro per l'anno 2024 e di 28 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2032;

              il 3 luglio 2017 sono state aperte le buste delle offerte relative al bando e delle dodici offerte pervenute, sono state selezionate quelle presentate da Systra, Sener, Geodata e Lombardi;

              il 30 agosto 2017 viene affidato l'incarico per la progettazione preliminare alla società di progettazione delle ferrovie francesi Systra, che già nella prima selezione del 3 luglio era risultata la prima con il punteggio di 60,893. L'impresa vincitrice si è impegnata a ridurre i tempi per la progettazione in tre mesi invece che 12, per rispettare la scadenza del 31 dicembre 2017 e non perdere i finanziamenti, offrendo altresì un ribasso del 50 per cento rispetto alla base d'asta di 6,7 milioni di euro;

              il 21 novembre 2018 è stato individuato il tracciato definitivo della nuova linea 2 con 33 fermate lungo un tracciato di 26 chilometri e mezzo;

              in data 4 febbraio 2020 la giunta comunale, con delibera n. mecc. 202000368/34, ha approvato in linea tecnica il progetto di fattibilità tecnico economica della linea 2, dando mandato agli uffici della città di avviare l'iter previsto dall'articolo 27 del decreto legislativo del 18 aprile 2016, n. 50 e successive modificazioni e integrazioni, tramite l'indizione di apposita conferenza di servizi;

              il 5 maggio 2020 si è svolta la prima seduta della conferenza di servizi, per l'acquisizione dei pareri il cui termine è scaduto il 3 agosto 2020;

              il 15 luglio 2020 con delibera della giunta comunale n. mecc. 202001515, l'amministrazione comunale, ha individuato Infratrasporti.TO quale soggetto idoneo per la redazione del progetto definitivo dell'intero tracciato della linea 2 della metropolitana di Torino, comprensivo dei depositi e dei parcheggi di interscambio. Inoltre, sulla base degli approfondimenti effettuati e della possibile disponibilità finanziaria, al momento non sufficiente per realizzare dell'intera opera, si statuisce di dare priorità allo sviluppo del progetto definitivo della tratta funzionale Politecnico-Rebaudengo, che comprenda tutti gli accorgimenti tecnici per rendere operativa l'opera, ivi compreso un deposito provvisorio nella parte retrostante la stazione Rebaudengo;

              Infratrasporti.TO ha formalizzato la proposta tecnico-economica relativa alla progettazione definitiva della tratta Rebaudengo-Politecnico della linea 2, nell'ambito della quale ha valorizzato l'importo economico per l'espletamento dei servizi richiesti, ha suddiviso tale importo sulla base delle consegne parziali richieste (dalla consegna 1 alla 4), ha recepito i tempi proposti dall'amministrazione comunale per l'esecuzione del servizio senza riduzioni, ha allegato il piano di «staffing» con evidenza della struttura che sarà dedicata all'espletamento del servizio e ha descritto le modalità di svolgimento delle attività nell'ambito delle varie consegne. La valorizzazione economica dell'importo per l'espletamento del servizio di progettazione fornito da Infratrasporti.TO è pari a 20.207.348,99 euro (comprensivo di spese ed oneri accessori ed al netto di oneri previdenziali ed Iva. Dal confronto tra la proposta economica presentata dalla società Infratrasporti.TO ed il corrispettivo lordo calcolato dalla città risulta un ribasso complessivo pari al 52,091 per cento;

              in base ai dati della Divisione infrastrutture e mobilità ed il Servizio ponti, via d'acqua e infrastrutture è stato presentato il quadro economico della tratta Rebaudengo-Novara e gli stanziamenti per la progettazione della tratta Novara-Politecnico. Il primo vede un totale pari ad 804.400.000 euro, suddivisi in 584.000.000 euro per opere e materiale rotabile, 66.600.000 euro per spese tecniche e 153.800.000 euro per somme varie a disposizione (come imprevisti ed espropri). La progettazione della tratta Novara-Politecnico vede invece un ammontare delle spese pari a 23.600.000 euro;

              nel luglio 2020 si sarebbe dovuta firmare una convenzione fra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la città di Torino che avrebbe dovuto avere per oggetto in primis la progettazione definitiva ed esecutiva della tratta Rebaudengo-Politecnico della linea 2 di metropolitana e le attività preliminari funzionali alla progettazione. In secundis la realizzazione della tratta Rebaudengo-Novara e sua eventuale ulteriore estensione in direzione Porta Nuova, nonché le attività connesse alla realizzazione dell'opera. Tale convenzione risulta essere strumento imprescindibile per definire elementi essenziali dei progetti e delle procedure prodromici al proseguo dell'opera,

impegna il Governo:

1) a porre in essere ogni iniziativa di competenza necessaria al fine di realizzare l'opera nel rispetto dei tempi previsti;

2) a tenere un costante dialogo fra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il comune di Torino, al fine di rispondere in maniera efficiente, efficace e nel minor tempo possibile alle eventuali variazioni del progetto o del cronoprogramma nella realizzazione dell'opera;

3) adottare le iniziative normative necessarie per prevedere l'integrazione del documento di economia e finanza, della sua nota di aggiornamento e degli altri atti di programmazione economica, con particolare riguardo al Recovery Plan, anche mediante lo svincolo di nuovi ed ulteriori fondi provenienti dal bilancio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
(1-00401) «Serritella, Melicchio, Invidia, Barbuto, Termini, Grippa, Davide Crippa, D'Arrando, Buompane, Carabetta, Costanzo, Elisa Tripodi».

Risoluzioni in Commissione:


      La III Commissione,

          premesso che:

              il 6 dicembre 2020 sono state fissate le elezioni per il rinnovo dell'Assemblea nazionale in Venezuela, per la legislatura 2021-2026;

              il leader dell'opposizione, presidente ad interim, Juan Guaidó, le ha definite una «farsa», assicurando che «i venezuelani non le riconosceranno, così come non lo hanno fatto» in occasione delle presidenziali, quando i maggiori partiti dell'opposizione disertarono le elezioni per la presunta mancanza di garanzie;

              da molti mesi, l'Unione europea è impegnata in una trattativa con Maduro per chiedere lo spostamento delle elezioni di dicembre affinché fossero realizzate riforme al sistema elettorale che portassero l'opposizione a decidere di parteciparvi. «Se le elezioni si celebrano nelle condizioni attuali, avranno l'unico effetto di de-istituzionalizzare il regime e approfondirne l'isolamento internazionale», ha dichiarato l'Alto Rappresentante dell'Unione europea Borrell;

              al momento nel Paese sudamericano, secondo il Gruppo internazionale di contatto – promosso agli inizi del 2019 dalla Unione europea e cui partecipano Paesi dell'Unione (Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svezia), il Regno Unito e Paesi latinoamericani (Argentina, Costa Rica, Ecuador, Panama e Uruguay), oltre alla stessa Unione europea – «non vi sono le condizioni per un processo elettorale trasparente, inclusivo, libero e corretto»;

              è fallito anche il tentativo di poter inviare una missione di osservazione elettorale dell'Unione europea, visto che la data del 6 dicembre 2020, non garantirebbe all'Unione europea la possibilità di avviare l'iter necessario alla stessa;

              la già gravissima crisi politica, economica, istituzionale, sociale e umanitaria in Venezuela si è ulteriormente acuita, diventando drammatica durante la pandemia;

              circa cinque milioni di venezuelani hanno già abbandonato il Paese, l'80 per cento di essi sono sfollati nei Paesi della regione. Secondo l'Unhcr, la crisi dei profughi venezuelani è la seconda più grave al mondo dopo quella siriana e, secondo le stime, entro la fine del 2020 il numero complessivo di persone in fuga da una situazione in costante peggioramento nel Paese, supererà i 6,5 milioni;

              è necessario e urgente continuare a sostenere tutti gli sforzi a favore di una soluzione politica, pacifica e democratica alla crisi del Venezuela e continuare a costruire le condizioni per un confronto tra il Governo e l'opposizione perché si verifichino le condizioni minime per svolgere un processo elettorale credibile, quindi libero e democratico, che deve portare ad una riforma del Consiglio nazionale elettorale che ne garantisca la piena indipendenza, la fine dell'ingerenza del Tribunale supremo nel funzionamento interno e nella scelta dei dirigenti dei partiti politici di opposizione, la garanzia di un accesso paritetico ai mezzi d'informazione, l'aggiornamento dei registri elettorali con l'inclusione dei venezuelani all'estero, la riabilitazione dei leader politici di opposizione oggi in carcere o in esilio,

impegna il Governo

ad adottare iniziative per sostenere, in tutte le sedi bilaterali con il Venezuela, europee e internazionali, il dialogo con il Governo e con i diversi schieramenti dell'opposizione, per cercare di favorire una transizione pacifica e democratica, che, al momento, preveda il rinvio al più presto delle elezioni del 6 dicembre 2020.
(7-00574) «Quartapelle Procopio».


      La III Commissione,

          premesso che:

              il Nagorno Karabakh è regione appartenente all'Azerbaijan e da sempre abitata in prevalenza da una radicata e storica comunità armena;

              detta comunità, con il sostegno dell'Armenia, si è unilateralmente costituita in Repubblica indipendente dell'Artsakh;

              l'Azerbaijan ritiene illegittima e in contrasto con i principi del diritto internazionale la sottrazione del Nagorno Karabakh alla sua sovranità;

              all'inizio degli anni ’90 Armenia e Azerbaijan sono ricorsi alle armi aprendo un conflitto che ha causato oltre 30.000 vittime del triennio 1991-1994;

              nei decenni successivi si sono susseguiti episodi di conflitto armato fino a che il 27 settembre 2020 sono riprese le ostilità tra Armenia e Azerbaijan che, nonostante tre cessate il fuoco, ha causato, oltre a ingenti danni a infrastrutture, abitazioni e monumenti, la morte di almeno 5000 persone;

              la Turchia ha esplicitamente appoggiato l'intervento militare azero e, secondo numerose fonti, avrebbe favorito l'arrivo sul teatro di guerra caucasico di centinaia di miliziani jihadisti di origine cecena o daghestana, provenienti dalla Siria e dalla Libia;

              il presidente iraniano Hassan Rohani ha affermato: «è inaccettabile per noi che qualcuno voglia trasferire terroristi dalla Siria e da altre parti, in regioni prossime ai nostri confini»;

              la Russia – che ha con l'Armenia un accordo di assistenza militare e intrattiene buone relazioni con l'Azerbaijan – ha interposto un'azione di mediazione che finora non ha prodotto esito;

              il Gruppo di Minsk – costituito in sede Osce nel 1992 e formato da Russia, Stati Uniti e Francia e da altri Paesi tra cui l'Italia – appare oggi paralizzato e non è stato in grado fino ad oggi di promuovere iniziative accolte dalle parti;

              le tregue temporanee negoziate nelle scorse settimane, peraltro sostenute anche dalla Unione europea, sono state violate in brevissimo tempo;

              il presidente dell'Azerbaijan, Ilham Aliyev, ha esplicitamente dichiarato che, stante il fallimento fino ad oggi di soluzioni politiche negoziate, l'Azerbaijan intende recuperare con le armi il controllo del Nagorno Karabakh;

              il 7 ottobre 2020 l'alto rappresentante dell'Unione europea per la politica estera Joseph Borrell ha annunciato lo stanziamento di mezzo milione di euro in aiuti umanitari europei per soccorrere le, popolazioni civili colpite dal conflitto;

              con lo scoppio del conflitto, il Ministero dei trasporti, delle comunicazioni e dell'alta tecnologia dell'Azerbaijan ha annunciato la limitazione di internet in tutto il Paese specificando, in un comunicato sul sito web del Ministero, che tale decisione è direttamente correlata ai combattimenti con l'Armenia per impedire la diffusione di «provocazioni armene»;

              i ripetuti tentativi di mediazione, a partire dai cosiddetti principi di Madrid discussi nel 2007, non sono riusciti fino ad ora ad avvicinare le parti e ad arrivare alla definizione di un percorso chiaro e condiviso;

              la lunga attesa non ha fatto altro che esasperare le ragioni del conflitto da una parte e dall'altra, per cui è urgente una soluzione condivisa e definitiva che ponga fine a recriminazioni o rivendicazioni di sorta,

impegna il Governo:

          a sostenere, in tutte le sedi opportune, le iniziative di Osce, Onu e Unione europea per un immediato cessate il fuoco e l'avvio di negoziati per una soluzione politica, stante che non esistono durature soluzioni armate alle controversie internazionali;

          a sollecitare il Gruppo di Minsk a riprendere la sua iniziativa di mediazione tra le parti;

          a richiedere a ogni Paese terzo di astenersi da ogni forma di interferenza nel conflitto e di sostenere le iniziative di mediazione messe in campo dalle istituzioni internazionali;

          ad adottare iniziative volte a sollecitare le autorità azere, armene e del Nagorno Karabakh a garantire, nei territori da loro controllati, la tutela dei diritti umani, il rispetto dell'identità di ogni comunità e del pluralismo culturale e religioso;

          a sostenere ogni iniziativa volta a tutelare l'identità dell'Armenia che custodisce una presenza millenaria del cristianesimo in un contesto regionale di nazioni islamiche;

          a garantire il massimo impegno dell'Italia, d'intesa con le istituzioni comunitarie, per assicurare i necessari aiuti umanitari alle popolazioni civili colpite dal conflitto;

          a sollecitare una iniziativa forte di mediazione da parte dell'Alto rappresentante per la politica estera e di difesa comune dell'Unione europea, in grado di coinvolgere tutti gli attori regionali coinvolti nella crisi, per una soluzione negoziata e definitiva del conflitto, sostenuta da opportuna e adeguata garanzia internazionale.
(7-00575) «Fassino».


      La IX Commissione,

          premesso che:

              nel quadro giuridico italiano, l'attività degli impianti a fune è soggetta alle regolamentazioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed alle relative prescrizioni tecniche in materia di sicurezza;

              nei territori alpini e appenninici operano un totale di 400 aziende con quasi 2.000 impianti di risalita, e nel settore sono impiegati circa 15.000 addetti per un fatturato di 1.100 milioni di euro annui;

              il settore degli impianti funiviari è stato tra i più colpiti economicamente dalle misure volte a limitare la diffusione dei contagi da Covid-19, in particolare per quanto riguarda la limitazione della capienza dei singoli mezzi, ulteriormente prorogati dagli ultimi provvedimenti adottati dal Governo;

              l'articolo 14-ter del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, ha disposto una proroga dei termini per gli adempimenti tecnici e amministrativi relativi agli impianti a fune in servizio pubblico;

              nello specifico, il comma 1 del citato articolo 14-ter prevede che – al fine di garantire la continuità del servizio di pubblico trasporto mediante impianti a fune – le scadenze relative alle revisioni generali e speciali quinquennali nonché quelle relative agli scorrimenti e alle sostituzioni delle funi e al rifacimento dei loro attacchi di estremità sono prorogate di dodici mesi, qualora sia trasmessa prima delle suddette scadenze all'Autorità di sorveglianza, da parte del direttore o del responsabile dell'esercizio, una dettagliata e completa relazione in merito ai controlli effettuati, ai provvedimenti adottati e all'esito delle verifiche e delle prove eseguite, contenente l'attestazione della sussistenza delle condizioni di sicurezza per l'esercizio pubblico;

              l'attuazione di tale disposizione è demandata dal comma 4 del medesimo articolo ad un decreto ministeriale che avrebbe dovuto essere adottato entro due mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge; ad oggi, i termini per l'adozione del predetto decreto ministeriale sono decorsi inutilmente, senza che il prescritto regolamento sia stato adottato e con ciò generando incertezza e preoccupazione tra gli operatori del settore;

              ad aggravare la situazione del settore vi è la chiusura degli impianti di risalita disposta, da ultimo, dall'articolo 1, comma 9, lettera mm), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020;

              il funzionamento degli impianti e i limiti di capienza che saranno previsti producono una forte ricaduta economica sia sul settore che sui territori ove è abitualmente praticata l'attività sciistica, in considerazione dell'ormai imminente avvio della stagione invernale;

              il 28 ottobre 2020 si è riunito un tavolo tecnico interregionale, al quale hanno preso parte le imprese del settore di Lombardia, Piemonte, Veneto, Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia e delle province autonome di Trento e Balzano, che hanno condiviso un documento tecnico riguardante le modalità organizzative, procedurali e di presidio per l'apertura della prossima stagione invernale;

              il Governo ha recentemente riconosciuto un contributo a fondo perduto ai soggetti economici interessati dalle misure restrittive adottate con il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020, ivi compresi i gestori degli impianti di risalita e tutti gli operatori del comparto invernale;

              occorre considerare in proposito la necessità di un sostegno che tenga conto dei reali periodi di attività di tali operatori,

impegna il Governo:

          a procedere quanto prima all'adozione del decreto ministeriale attuativo dell'articolo 14-ter del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, così da superare ogni eventuale incertezza in ordine all'efficacia della proroga disposta dalla medesima disposizione;

          ad adottare, con la massima sollecitudine, ogni iniziativa volta alla definizione delle modalità organizzative, procedurali e di presidio per l'apertura della prossima stagione invernale, tenendo adeguatamente in considerazione il documento approvato dal tavolo tecnico interregionale all'uopo riunitosi il 28 ottobre 2020;

          ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta al superamento dei vincoli burocratici che ostano alla celere ed efficiente realizzazione di nuovi impianti funiviari;

          ad adottare iniziative per prevedere adeguate misure di sostegno a favore dei lavoratori e delle imprese del settore, avendo cura di parametrare l'entità degli aiuti economici ai periodi di elevato e concreto esercizio degli impianti.
(7-00576) «Donina, Maccanti, Rixi, Capitanio, Furgiuele, Giacometti, Morelli, Tombolato, Zordan, Parolo, Colmellere».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


      MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          con ordinanza in data 4 novembre 2020, emanata in attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020, il Ministro della salute ha dato seguito alla classificazione del territorio nazionale nelle cosiddette zone gialle, arancioni e rosse, individuando le regioni che si collocano in uno scenario di «tipo 3» e di «tipo 4», alle quali si applicano le misure di contenimento più stringenti ai fini del contenimento della diffusione del virus;

          l'ordinanza sopra citata, che come il decreto è arrivata in tarda serata, tra conferenze, annunci e smentite, ha classificato la regione Siciliana tra le aree caratterizzate da uno scenario di elevata gravità e da un livello di rischio alto (cosiddetta zona arancione) soggette all'applicazione, nel relativo territorio, delle disposizioni di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopra menzionato;

          la classificazione in questione produrrà conseguenze pesantissime e devastanti per interi settori dell'economia regionale, già in ginocchio dopo il lockdown della scorsa primavera, e giunge nel momento più delicato, quando le attività in questione stavano tentando, faticosamente, di rialzarsi e di recuperare, oltre alle perdite, gli investimenti sostenuti per l'adeguamento dei locali agli stringenti protocolli di salute e sicurezza;

          l'applicazione del citato articolo 2 determinerà una fortissima limitazione degli spostamenti, la sospensione, improvvisa, delle attività di bar, ristoranti, gelaterie e pasticcerie, oltre alla sospensione delle attività dei cinema, delle palestre, dei teatri e di tutto il relativo indotto;

          è di tutta evidenza la necessità di chiarire le motivazioni, i dati e gli indicatori che hanno influito sulla predetta classificazione e di sostenere, nel frattempo, con la massima rapidità e urgenza, le moltissime imprese e le migliaia di lavoratori siciliani colpiti duramente dalle misure di contenimento –:

          quali tra gli indicatori di riferimento abbiano influito sulla decisione di classificare la regione Siciliana nella cosiddetta zona arancione;

          se vi siano i margini per una rivalutazione della decisione presa, la quale risulta gravemente penalizzante per le migliaia di attività e di lavoratori, improvvisamente costretti alla sospensione.
(4-07408)


      AMITRANO, DEL SESTO, VILLANI, NAPPI e CASA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          dai dati presenti sul sito del Ministero della salute, aggiornati al 30 ottobre 2020, si evince che sono circa 1,5 miliardi le mascherine distribuite su tutto il territorio nazionale;

          dall'ultimo report realizzato dall'Inail, emerge altresì che circa il 95 per cento delle mascherine anti-Covid in circolazione nel nostro Paese risulta non essere a norma per varie cause come, ad esempio, l'assenza di report sulle prove effettuate sui dispositivi, o di test report carenti o non conformi alle norme di riferimento e, pertanto, tali mascherine non appaiono sicure sul fronte della salute pubblica, a differenza del restante 5 per cento delle mascherine analizzate che risultano idonee alle vigenti norme tecniche di conformità;

          a causa della difficile emergenza epidemiologica sanitaria e alla difficoltà di reperire enormi quantità di dispositivi di protezione individuale (Dpi), in via eccezionale è stata autorizzata la diffusione di mascherine non conformi alle norme di sicurezza attraverso il decreto-legge n. 18 del 2020 (articolo 15) e successivamente con il decreto-legge n. 34 del 2020 (articolo 66-bis) introducendo la possibilità di immettere sul mercato Dpi realizzati in deroga alle vigenti disposizioni normative sulla marcatura CE al fine di fronteggiare, nell'attuale emergenza sanitaria, la carenza di tali dispositivi;

          i Dpi sono strumenti e attrezzature utilizzati per proteggere il lavoratore contro i rischi alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che devono però essere conformi ai requisiti previsti dalle specifiche tecniche della normativa europea;

          molti Paesi europei stanno procedendo a rimuovere l'autorizzazione ad immettere nel mercato dispositivi non marcati CE: Francia e Spagna, ad esempio, hanno fissato il termine di fine settembre 2020 per l'immissione in commercio dei prodotti non conformi, mentre in Germania tale termine è scaduto il 1° ottobre;

          attualmente nel nostro Paese, la situazione del mercato che autorizza la commercializzazione dei Dpi non conformi alle norme di cui al decreto legislativo 19 febbraio 2019, n. 17 – che adegua la normativa nazionale in materia di Dpi in conformità alla normativa comunitaria di cui al regolamento (UE) n. 2016/245 – ha prodotto effetti negativi sia sulle imprese che realizzano prodotti sicuri con requisiti tecnici a norma di legge, sia sui cittadini, scolari e lavoratori provvisti di dispositivi spesso scadenti e inadeguati con rischi per la propria salute;

          con l'utilizzo obbligatorio delle mascherine, sarà necessario avviare anche un nuovo processo culturale che valorizzi la prevenzione dei rischi per la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro suscettibile di migliorare le condizioni di sicurezza dei lavoratori per la prevenzione dei rischi sui luoghi di lavoro e in questa prospettiva, a parere dell'interrogante, è altresì necessario nell'ambito dei «criteri per l'individuazione e l'uso dei dispositivi di protezione individuale» adeguare e aggiornare il contenuto del decreto ministeriale del 2 maggio 2001 alla vigente normativa nazionale ed europea –:

          se il Governo intenda prevedere, nelle prossime iniziative normative utili, ulteriori misure in materia di requisiti tecnici dei dispositivi di protezione individuale, in linea con quanto è già avvenuto in altri Paesi europei, al fine di regolarizzare il mercato e il commercio dei Dpi non a norma che ad oggi, dai dati percentuali sul processo di validazione pubblicati dall'Inail, risultano essere maggiormente diffusi e in numero superiore ai Dpi con marcatura Ce.
(4-07411)


      TIRAMANI, LOCATELLI, FOSCOLO, GERARDI, BOLDI, DE MARTINI, LATINI, LAZZARINI, PANIZZUT e SUTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020, tra le varie restrizioni, zone e colori, impone all'articolo 3, con riguardo alle regioni con un livello di rischio «alto» (al momento: Calabria, Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta), la sospensione delle «attività inerenti servizi alla persona, diverse da quelle individuate nell'allegato 24»;

          l'allegato testé citato individua i servizi esonerati dall'obbligo di sospensione e, tra questi, contempla i servizi dei saloni di barbiere e di parrucchiere, ma non i servizi dei centri estetici;

          a parere dell'interrogante, l'allegato 24 è carente e incompleto sotto numerosi profili, poiché esclude, irragionevolmente, dall'elenco dei servizi consentiti una vasta gamma di attività che potrebbero, invece, continuare ad essere svolte in sicurezza, nel rispetto dei protocolli vigenti; in particolare, appare incomprensibile, inaccettabile e priva di fondamento scientifico la chiusura dei centri estetici poiché se – correttamente – si consente ai servizi dei saloni di barbiere e di parrucchiere di proseguire l'attività, nel rispetto dei suddetti protocolli, allo stesso modo, tale possibilità dovrebbe essere riconosciuta in favore dei centri estetici;

          il carattere irragionevole dell'esclusione in parola è stato denunciato anche dall'Unione artigiani, la quale ha auspicato un ravvedimento da parte del Governo, alla luce degli enormi sacrifici fatti e degli investimenti sostenuti dalla categoria per adeguarsi ai protocolli di salute e sicurezza;

          peraltro, come ha sottolineato lo stesso segretario generale dell'Unione artigiani, la serrata dei centri estetici incrementerà inevitabilmente l'esercizio abusivo della professione a domicilio e del lavoro nero e, conseguentemente, potrebbe alimentare, piuttosto che contenere, la diffusione del virus COVID-19;

          la chiusura appare, dunque, inaccettabile e gravemente penalizzante nei riguardi di un settore, quello dell'estetica, che è stato fortemente penalizzato nel corso della prima ondata della pandemia –:

          se non ritengano necessario adottare iniziative, con la massima urgenza, per integrare gli allegati al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ricomprendendo in essi le attività che possono essere svolte in condizioni di sicurezza e, tra queste, certamente, i servizi dei centri estetici.
(4-07413)


      BRAMBILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

          il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020, il quarto firmato nelle ultime settimane per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, all'articolo 3, definisce «ulteriori misure di contenimento del contagio su alcune aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto», le cosiddette «zone rosse», e, in particolare, al comma 4, lettera h), prevede la sospensione delle attività inerenti servizi alla persona, eccetto quelle indicate nell'allegato 24;

          nel suddetto allegato non sono comprese le attività di toelettatura per animali, classificate tra i servizi alla persona con il codice Ateco 96.09.04 «Servizi di cura degli animali da compagnia (Esclusi i servizi veterinari)»;

          tali attività dovranno dunque cessare nelle «zone rosse», come lamenta la Confederazione nazionale dell'artigianato benché si svolgano normalmente secondo modalità compatibili con il contenimento del contagio da Covid-19, in quanto il toelettatore lavora con mascherina, visiera, guanti e camice, per lo più da solo, su appuntamento telefonico, con 5-8 appuntamenti giornalieri al massimo, senza alcun rischio di creare «assembramenti» che possono peraltro essere evitati con accorgimenti opportuni. Inoltre, la mancata disponibilità di servizi di toelettatura impedisce a molti proprietari di tutelare la salute dei propri animali e l'igiene dell'abitazione;

          peraltro, in occasione del lockdown generalizzato della scorsa primavera, lo stesso Governo aveva autorizzato, sia pure nell'ultima fase, la ripresa delle attività di toelettatura, aggiornando gli allegati del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020 con effetto a partire dal 6 maggio 2020;

          nella sola Lombardia, regione che ha definito il profilo del toelettatore di animali da compagnia e lo ha riconosciuto come lavoratore professionista, si stima che gli operatori siano almeno 800 –:

          se non intenda, in coerenza con quanto deciso nel mese di maggio 2020, rivedere l'elenco dell'allegato 24 e consentire senza indugio la ripresa dell'attività di toelettatura nelle cosiddette «zone rosse».
(4-07420)


      CAON. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          oggi le banche sono al centro del dibattito politico e anche al centro dall'aiuto alle imprese in difficoltà, ma a volte gli istituti di credito, secondo l'interrogante, danneggiano ed inquinano il mercato violando i principi di leale concorrenza tra imprese;

          a titolo puramente esemplificativo ma non esaustivo ci sono stati casi nella storia italiana di banche che hanno fatto pressione affinché proprietari di aziende floride o marchi molto importanti venissero ceduti ad altri soggetti vicini agli stessi istituti di credito a causa di improvvise crisi economiche dovute ad acquisti inopportuni;

          risulta che imprese prestigiose e rappresentative dell'inventiva italiana e del made in Italy nel mondo siano in rovina grazie alle speculazioni finanziarie di Banca Unipol. A fronte di ciò sarebbero stati presentati esposti/querela per truffa, estorsione ed altre gravi circostanze, depositati presso la procura della Repubblica di Bologna e presso la procura della Repubblica di Ancona nei confronti della Banca Unipol;

          a seguito degli esposti presentati, il Nucleo di polizia tributaria di Bologna, chiamata a svolgere le indagini nei confronti della Banca Unipol ha predisposto una relazione firmata dal consulente nominato dal tribunale che ha verbalizzato le risultanze delle investigazioni della Guardia di finanza, descrivendo minuziosamente il modus operandi della Banca (relazione tecnica del processo Penale N. 19876/07 R.G.N.R.);

          la perizia tecnica del consulente tecnico d'ufficio (Ctu) nominato nel procedimento civile presso il tribunale di Bologna ha confermato che la Banca Unipol ha svolto una quantità enorme di operazioni, senza avere autorizzazione alcuna da parte dei clienti, e che nella documentazione esistente, non sarebbe stata apposta nessuna «firma» sui contratti specifici lavorati o ordini ricevuti telefonicamente e registrati su nastro magnetico;

          da questi atti si evince, ad avviso dell'interrogante, che le operazioni descritte quale movimentazione avvenuta sui conti correnti dei clienti non sono riconducibili a quanto rappresentato dalla Banca Unipol attraverso le documentazioni contabili depositate a giustificazione delle operazioni in swap, forward su valute e currency option;

          operazioni siffatte avrebbero posto Banca Unipol in profondo conflitto di interessi, in quanto gli ingenti guadagni della banca erano direttamente proporzionati al numero ed al valore delle operazioni concluse in nome dei clienti e pertanto vi era un forte incentivo per la banca a realizzare una gestione caratterizzata da un numero elevatissimo di operazioni, con conseguenti ed elevatissimi costi di transazione a carico dei clienti;

          anche la Banca d'Italia, dopo una ispezione effettuata nell'anno 2008, ha relazionato nel merito e ha irrogato sanzioni pecuniarie severe agli Amministratori della Banca Unipol, per aver esercitato l'attività in derivati senza la giusta ed adeguata struttura di supporto e controllo necessaria alla gestione delle attività di investimento in tali strumenti finanziari;

          non si ha notizia di richieste di chiarimenti e documentazioni avanzate da Consob a Unipol in merito alla questione sopra esposta –:

          se, a fronte dei fatti esposti in premessa, nei quali si configura ad avviso dell'interrogante quanto meno un ritardo nell'azione delle istituzioni preposte al controllo degli istituti di credito, il Governo non ritenga necessario adottare ulteriori iniziative normative al fine di rafforzare la capacità di analisi e di controllo, nonché di tempestivo intervento da parte di Consob e Banca d'Italia.
(4-07421)


      DURIGON, ZICCHIERI e GERARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

          in data 2 novembre 2020, il segretario regionale dell'associazione sindacale Anaao Assomed ha inviato una lettera dai toni molto duri al governatore della regione Lazio per denunciare – si cita letteralmente – la situazione di «disastro organizzativo e assistenziale che la mancata e intempestiva azione da parte della Regione Lazio nella risposta al Covid sta provocando»;

          la lettera, che i giornali hanno definito un vero e proprio atto d'accusa, fotografa la situazione di «collasso» che si registra presso le strutture ospedaliere laziali nelle quali, secondo quanto denuncia lo stesso sindacato, i malati Covid sarebbero «disseminati in tutti i reparti medici e chirurgici, senza adeguate misure di contenimento della diffusione dell'infezione agli altri degenti ed ai sanitari»;

          i percorsi differenziati, indispensabili per garantire la funzionalità e la sicurezza dei reparti, presentano quindi delle gravi carenze che, nella lettera, vengono imputate direttamente all'incapacità organizzativa dei vertici regionali;

          lo stesso sindacato ha evidenziato le ripercussioni che tale situazione determina nei riguardi dei pazienti non Covid (malati cronici, oncologici, solo per citarne alcuni), giacché – prosegue la lettera – «gli ospedali pubblici sono ormai diventati quasi tutti ospedali Covid, con utilizzo del personale medico fuori dalla propria disciplina, con i conseguenti elevatissimi rischi assistenziali e di contagio. Inutile dire che tutte le altre attività assistenziali, anche essenziali, per malati cardiologici, oncologici, nefropatici, neurologici, chirurgici, etc., sono pregiudicate in larga parte»;

          è evidente la necessità di recuperare il tempo perduto e di ovviare, per quanto possibile, alla situazione di cui si è dato conto, adottando misure efficaci di adeguamento dei reparti, di reclutamento di nuovo personale e di sostegno ai medici, agli infermieri e agli operatori in servizio che, con l'aumentare dei contagi, non potranno rimediare, all'infinito, all'incapacità gestionale degli enti preposti –:

          se il Governo sia a conoscenza della lettera citata in premessa e se non ritenga necessaria l'adozione di iniziative urgenti e immediate per quanto di competenza, di concerto con la regione interessata e/o anche per il tramite del Commissario straordinario, per ovviare alle denunciate carenze organizzative e per garantire la piena funzionalità e la sicurezza delle strutture ospedaliere della regione Lazio.
(4-07424)


      ZOFFILI, FORMENTINI, MOLINARI, BILLI, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, GRIMOLDI, RIBOLLA, FERRARI, PRETTO, TOCCALINI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, LOCATELLI, PANIZZUT, SUTTO, TIRAMANI, ZIELLO e PICCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          nel novembre del 2015 un noto programma scientifico televisivo della Rai, «Leonardo – Tg della scienza e dell'ambiente» ha trasmesso un servizio in cui si parlava di un coronavirus creato in laboratorio, prendendo lo spunto da un saggio apparso sulla rivista «Nature»;

          stando a quanto riportato, un gruppo di studiosi della Repubblica Popolare Cinese avrebbe innestato una proteina estratta dai pipistrelli nel virus della Sars ricavato dai topi, ottenendo un supervirus suscettibile di infettare con conseguenze letali anche le vie respiratorie dell'uomo;

          il servizio televisivo si concludeva precisando come la nuova proteina fosse rimasta confinata nei laboratori, chiedendosi tuttavia fino a che punto potesse spingersi la ricerca nel campo, richiamandone così indirettamente i rischi;

          secondo altri organi di stampa, inoltre, mentre gli Stati Uniti avrebbero a quel tempo bloccato i finanziamenti per l'attività di ricerca sulla Sars, la Repubblica Popolare Cinese le avrebbe proseguite;

          è noto inoltre il servizio Rai del 17 febbraio 2020, sullo stesso programma scientifico, in cui si ipotizza che il virus sia sfuggito dal laboratorio di Wuhan;

          queste notizie hanno creato grande e legittimo sconcerto nel nostro Paese, nel quale un virus strettamente imparentato con quello della Sars, il coronavirus Sars-CoV-2 che causa la Covid-19, ha già provocato migliaia di contagi e morti;

          successivamente, è stata diffusa con rapidità sul canale Rainews24 una smentita al riguardo dell'epidemiologo Professor Bucci;

          è noto che diverse grandi potenze hanno programmi attivi di ricerca bio-militare, ancorché ufficialmente a scopi puramente difensivi, costituendo la produzione, lo stoccaggio e l'impiego di armi biologiche e batteriologiche un illecito internazionale;

          per gli interroganti è, pertanto, oltremodo urgente e indifferibile un chiarimento al Paese in merito alla questione –:

          quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per verificare la veridicità dei fatti, con riguardo a quanto riportato nelle due edizioni del programma scientifico televisivo della Rai e all'intervista a RaiNews 24 richiamati in premessa, in particolare per quanto concerne la ricostruzione delle attività di bio-ricerca condotte in Cina sul virus della Sars e l'eventuale fondatezza delle connessioni con l'epidemia che dalla Repubblica Popolare Cinese si sta propagando in tutto il mondo.
(4-07425)


      MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          l'emergenza causata dalla diffusione del coronavirus sta incidendo pesantemente, oltreché a livello sociale e sanitario, anche sulle attività economiche, tra l'altro per effetto dei provvedimenti governativi che hanno imposto la chiusura degli esercizi commerciali nel fase del lockdown ed ora con il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020 con la chiusura anticipata di bar, ristoranti ed altro. Come ovvio, la chiusura delle attività commerciali ha generato grave crisi per gli esercenti, che si vedono preclusa, in termini assoluti, la possibilità di svolgere la propria attività di impresa e, con essa, di trarre i proventi con cui pagare i propri debiti, tra i quali quelli relativi ai contratti di locazione dei locali ove operano; fatto che mette in difficoltà anche i proprietari dei locali. In ogni provvedimento relativo agli aiuti per le diverse categorie produttive, imprenditoriali, commerciali e artigianali non si è pensato ai proprietari dei locali commerciali che, da mesi, non ricevono più il reddito di locazione –:

          se non sia necessario adottare iniziative normative volte a prevedere, tramite la costituzione di un fondo presso il Ministero dello sviluppo economico o presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, (che eroghi ad esempio il 70 per cento dell'affitto dovuto ai proprietari di immobili da parte di tutte le categorie produttive che gestiscono attività commerciali) un ristoro adeguato per i medesimi proprietari che sono anche loro penalizzati dalla grave crisi economico-sociale derivante dal diffondersi della pandemia Covid-19.
(4-07426)


      MURELLI, CAVANDOLI e PIASTRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          nel corso della trasmissione locale «Nel mirino», l'ex Commissario ad acta per l'emergenza coronavirus in Emilia-Romagna, Sergio Venturi, ha svelato un retroscena che getta più di un'ombra sulla gestione dei momenti più duri e drammatici della pandemia da parte degli organi decisori regionali e nazionali;

          l'ex Commissario ha rivelato che, all'apice dell'emergenza Covid-19, quando gli ospedali erano sotto pressione e si registravano gravissime carenze, anche per quello che concerne l'approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale e degli altri strumenti essenziali, la protezione civile avrebbe messo a disposizione della regione Emilia-Romagna un aereo, attrezzato, per trasferire alcuni pazienti piacentini all'ospedale di Francoforte, all'evidente fine di garantire loro trattamenti essenziali, salvavita, e di sgravare al contempo le strutture regionali sature e allo stremo;

          dalle dichiarazioni dell'ex Commissario, tuttavia, si è appreso che l'offerta in questione è stata rifiutata per ragioni che non ci si può esimere dal definire assurde e gravissime;

          l'aereo non sarebbe partito – ha dichiarato l'ex Commissario – in quanto il direttore dell'azienda Usl di Piacenza «non voleva che passasse un messaggio di debolezza delle strutture territoriali. La protezione civile fu avvertita che nessun piacentino sarebbe salito su quell'aereo»;

          è di tutta evidenza la gravità delle dichiarazioni rese dall'ex Commissario nel corso della predetta intervista, giacché l'emergenza coronavirus, nella sola regione Emilia-Romagna, ha causato oltre 4 mila decessi (4.712 per la precisione, dato aggiornato al 5 novembre 2020) e sarebbe inaccettabile se anche solo uno di questi decessi fosse attribuibile a ragioni di orgoglio, di facciata o, peggio, politiche per «non dare segnali di debolezza» del sistema di gestione regionale;

          il messaggio di debolezza non è stato dato. Si è deciso di mettere l'apparenza davanti al diritto alla salute e alla vita dei pazienti piacentini. Ma a quale prezzo e a quali conseguenze questa decisione sia stata presa non è dato sapere. Su questo l'ex Commissario non ha detto nulla –:

          per quali ragioni sia stata avallata la decisione del direttore dell'azienda Usl di Piacenza di opporsi, all'apice della prima ondata, al trasferimento dei pazienti all'ospedale di Francoforte;

          se risulti se i pazienti in questione o i loro familiari siano stati interpellati e informati in merito alle «ragioni», che all'interrogante appaiono dichiaratamente politiche – e non certamente medico-sanitarie –, che hanno determinato il mancato trasferimento;

          di quale elementi disponga circa quali fossero le condizioni di salute e il quadro clinico dei pazienti pronti al trasferimento, quale assistenza sia stata prestata loro dall'azienda Usl di Piacenza e quanti di questi pazienti abbiano perso la vita o abbiano riportato conseguenze permanenti attribuibili al Covid-19.
(4-07429)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


      RIXI, VIVIANI, FOSCOLO, DI MURO, CLAUDIO BORGHI, LEGNAIOLI, LOLINI, PICCHI, POTENTI, ZIELLO, BADOLE, BENVENUTO, D'ERAMO, LUCCHINI, PAROLO, PATASSINI, RAFFAELLI, VALBUSA, VALLOTTO e GAVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          sono passati 7 mesi dall'8 aprile 2020, quando ad Aulla, in provincia di Massa Carrara, il ponte di Albiano sul Magra, è collassato su se stesso, senza per fortuna provocare vittime; da allora, nulla è stato fatto, le macerie restano ancora nell'alveo del fiume e la frazione di Aulla è ancora in isolamento;

          il ponte di Albiano rappresenta un'infrastruttura importantissima per la popolazione dell'alta Lunigiana, quale punto di collegamento tra Liguria e Toscana; in tutti questi mesi 40 mila residenti e 960 aziende sono sottoposti a gravissimi disagi e si sentono abbandonati sia dai Ministeri interessati che dall'Anas; i problemi si aggravano nell'attuale periodo invernale, a causa sia degli imminenti pericoli di alluvioni provocati dai resti del ponte nell'alveo, sia della necessità di collegamenti veloci in tempo di pandemia sanitaria;

          un comunicato del comitato spontaneo «Viabilità due fiumi» su «cittadellaspezia.com» del 4 novembre, rende noto un incontro con l'amministratore delegato di Anas del 30 ottobre 2020, dal quale si è appreso che i lavori di rimozione delle macerie del ponte dall'alveo del fiume avranno inizio il 15 novembre 2020, in seguito al parere favorevole del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

          pertanto, un passo in avanti si sta facendo, da parte dell'Anas per la rimozione delle macerie, sulla base del provvedimento di dissequestro della procura di Massa, ma i problemi continuano, poiché sembra che le rampe per l'immediato collegamento provvisorio alla rete autostradale non si possono fare, a seguito dei problemi tecnici individuati dal Consiglio superiore dei lavori pubblici; peraltro, il Governo non ha ancora nominato un nuovo commissario straordinario, in seguito alla decadenza dall'incarico del commissario Rossi e, pertanto, non sono stati ancora attivati i poteri previsti dall'ultimo decreto-legge «semplificazioni», per l'utilizzo di tutte le procedure derogatorie e acceleratorie ai fini della realizzazione del nuovo ponte;

          in regime ordinario di realizzazione dei lavori agli interroganti non è chiara la posizione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in merito alla possibilità di abbreviare il procedimento amministrativo per la valutazione ambientale del progetto del nuovo ponte;

          infatti, dal sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si apprende che, in data 5 novembre 2020, risultano in corso 620 istruttorie ambientali da svolgere da parte della nuova Commissione Via/Vas e, nonostante le accelerazioni promesse dal Ministro ai fini della realizzazione delle opere infrastrutturali, i tempi di emanazione di un provvedimento di valutazione ambientale si prospettano alquanto lunghi;

          secondo gli interroganti, la situazione è alquanto critica anche in considerazione della grande attesa della popolazione per il rilancio economico del Paese attraverso una stagione di nuova infrastrutturazione;

          chiaramente il progetto della ricostruzione del ponte di Albiano sul Magra non potrebbe essere considerato un progetto nuovo che provoca impatti aggiuntivi sulle componenti ambientali avendo già una vita lunga di 112 anni; come già avvenuto per il viadotto Morandi di Genova, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare potrebbe adottare una procedura di massima accelerazione per la valutazione ambientale del progetto di ricostruzione, oppure adottare una procedura snella di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, valutando gli impatti di carattere transitorio, limitatamente per la fase di cantiere, e anche prevedendo monitoraggi ambientali che in realtà non potrebbero che ampliare le conoscenze e migliorare le condizioni ambientali del sito –:

          quali iniziative il Governo intenda adottare per smaltire il grande arretrato di procedimenti di valutazioni ambientali in corso, in carico alla nuova commissione Via/Vas ed evitare un blocco del rilancio economico del Paese, e se per la valutazione del progetto del nuovo ponte di Albiano si intenda adottare un procedimento snello e accelerato, oppure quello di verifica di assoggettabilità a Via, per garantire la ricostruzione in tempi brevi del ponte crollato.
(4-07416)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


      ZANICHELLI e SODANO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

          la Via Francigena è un itinerario storico riconosciuto nel 1994 dal Consiglio d'Europa all'interno del programma degli itinerari culturali del Consiglio d'Europa, nato nel 1987, che promuove gli itinerari europei a carattere tematico rivolti a migliorare la consapevolezza di un'identità culturale comune;

          il percorso della Via Francigena attraversa numerosi comuni italiani ed è caratterizzato da un patrimonio materiale, immateriale e naturale a forte valenza storico-culturale che rappresenta un'attrattiva per tipologie diverse di turisti caratterizzati da differenti motivazioni: culturali, spirituali, sociali, sportive, ambientali, religiose;

          la Via Francigena è strumento utile per contribuire alla valorizzazione e promozione del patrimonio e dei siti culturali dei territori, nonché delle destinazioni e aree d'interesse meno conosciute in Italia e in Europa, in particolare le aree interne e le zone rurali, ed alla destagionalizzazione del turismo culturale, disponendo di un forte potenziale per sviluppare congiuntamente crescita territoriale, turismo culturale e coesione sociale. Entra a pieno titolo nelle politiche di valorizzazione e promozione del lavoro, delle industrie culturali, creative e dello sviluppo sostenibile;

          con risoluzione approvata il 4 marzo 2020 la VII Commissione della Camera impegnava il Governo a promuovere progetti ed iniziative atti a favorire la conoscenza dei principi e dei valori fondanti che sono alla base del programma degli itinerari culturali europei, diffondendo tra i giovani una maggiore consapevolezza del comune patrimonio culturale e del senso di cittadinanza europea, mettendo in campo ogni utile iniziativa atta a garantire finanziamenti adeguati nella prossima programmazione 2021/2027, promuovendo progetti, incontri e stage presso associazioni o enti impegnati nella valorizzazione e nell'esperienza di cammini locali, nazionali ed internazionali, per approfondire la loro importanza storica e la funzione di motore di sviluppo sostenibile del territorio;

          il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo riconosce la Via Francigena come motore di valorizzazione culturale e turistica e supporta l'azione di regioni e dell'Associazione europea delle Vie Francigene (Aefv), con cui ha sottoscritto negli anni 2008, 2009, 2010 e 2014-2015 accordi di valorizzazione a norma dell'articolo 112 del decreto legislativo n. 42 del 2004 anche al fine di consentire la piena fruibilità dei suddetti percorsi;

          nell'ottobre 2018 si è proceduto all'approvazione dell'accordo operativo tra Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e 11 regioni, tra cui l'Emilia Romagna, per l'attuazione di interventi strutturali sulla Via Francigena a cui è seguita, il 14 gennaio 2019, la delibera della giunta regionale dell'Emilia-Romagna n. 28 per l'approvazione dei progetti da inviare al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo il quale ha emesso decreto di ratifica dell'accordo operativo in data 20 dicembre 2019, stanziando risorse complessive per euro 19.012.500,00 di cui 3.107.985,76 riservati alla gestione diretta del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per iniziative di tipo generale/trasversale, oltre ad euro 487.500,00 per loro coordinamento, gestione e monitoraggio;

          con il medesimo accordo sono stati stanziati euro 10.540.000,00 ed assegnati alle sette regioni della Via Francigena del Nord (Val d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana-Lazio) di cui 1.650.000,00 all'Emilia-Romagna che ha presentato 15 progetti (7 per la provincia di Piacenza e 8 per la provincia di Parma) tutti approvati con decreto ministeriale n. 558 del 2019;

          dalle ultime riunioni del coordinamento delle regioni per il turismo, per quanto a conoscenza dell'interrogante, non sono emersi dati nuovi circa lo sblocco dei finanziamenti in questione che le regioni coinvolte attendono da tempo di poter utilizzare –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di velocizzare l'erogazione dei fondi e la conseguente attuazione dei menzionati progetti.
(4-07414)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


      ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          in data 5 ottobre 2020 è stato indetto il bando nazionale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli per un concorso pubblico per esami a complessivi 1.266 posti per l'assunzione di varie figure professionali, da inquadrare nella terza area e nella seconda area presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli;

          tuttavia, si è constatato come nei citati bandi, pubblicati sul sito istituzionale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, non vi sia nessuna riserva di posti per la regione autonoma Valle d'Aosta, come invece correttamente previsto per la provincia autonoma di Bolzano, per la quale i bandi prevedono posti riservati, all'uopo delegando la Direzione interprovinciale di Bolzano e Trento «all'emanazione del bando e alla gestione della relativa procedura concorsuale»;

          la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, all'articolo 38, espressamente prevede: «Nella Valle d'Aosta la lingua francese è parificata a quella italiana. Gli atti pubblici possono essere redatti nell'una o nell'altra lingua, eccettuati i provvedimenti dell'autorità giudiziaria, i quali sono redatti in lingua italiana. Le amministrazioni statali assumono in servizio nella Valle possibilmente funzionari originari della Regione o che conoscano la lingua francese»; in Valle D'Aosta esiste l'obbligo giuridico di fornire gli atti rivolti al pubblico nella lingua adoperata dal richiedente o da questi richiesta, indifferentemente italiano o francese. Il riconoscimento della perfetta eguaglianza dell'uso delle lingue italiano e francese prescrive alle pubbliche amministrazioni esistenti sul territorio valdostano di operare nel pieno rispetto del citato principio di rilievo costituzionale, assumendo a copertura dei propri fabbisogni personale autoctono o comunque a conoscenza della lingua francese. La citata conoscenza della lingua francese si impone quale indispensabile requisito propedeutico all'attuazione della norma statutaria, a prescindere dall'essere originari o meno della regione Valle d'Aosta;

          sul punto si richiama la legge 16 maggio 1978, n. 196 «Norme di attuazione dello statuto speciale della Valle d'Aosta», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 23 maggio 1978, n. 141. Il titolo V («Assunzione in servizio di impiegati statali nella Valle d'Aosta»), agli articoli 50 e successivi prevede espressamente: «ai fini dell'attuazione dell'articolo 38, terzo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, le amministrazioni dello Stato, anche con ordinamento autonomo, osservano, nei concorsi per l'ammissione alle qualifiche iniziali delle carriere degli impiegati civili dello Stato, le norme del presente titolo». Ed ancora: «Per far luogo all'assegnazione di posti nei ruoli periferici delle varie carriere, che prevedano l'impiego in sedi della Valle d'Aosta, le amministrazioni dello Stato bandiscono apposito concorso per la copertura dei posti in detta regione, che deve aver luogo in Aosta e prevedere una prova per l'accertamento della conoscenza della lingua francese»;

          l'Ufficio delle dogane di Aosta, oltre ad operare in una regione francofona, è competente ad effettuare controlli al confine italo-svizzero (cantone francofono Vallese) e non di rado effettua controlli relativamente alla regolarità della normativa sul trasporto di valuta, alla sicurezza dei prodotti, alla conformità dell'etichettatura ed alla tutela del «made in Italy» anche al confine comunitario italo-francese del traforo del Monte Bianco;

          da diverso tempo l'ufficio delle dogane di Aosta si trova in una condizione di gravissima carenza di personale –:

          se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Governo al fine di bandire anche per la regione autonoma Valle d'Aosta, analogamente a quanto previsto per la provincia autonoma di Bolzano, uno specifico concorso presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli da espletare in Valle d'Aosta, con prova a scelta del candidato in lingua italiana o francese e che preveda l'accertamento della conoscenza della lingua francese;

          se e quali iniziative intenda intraprendere il Governo, al fine di prevedere, così come correttamente avviene per la provincia di Bolzano, il logo ufficiale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli bilingue, anche in francese.
(4-07410)


      PRETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, introduce una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica – anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione – e di misure antisismiche sugli edifici – anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici – sostenute dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021;

          l'ambito soggettivo di applicazione della norma sopramenzionata – come previsto al comma 9, lettere d-bis) ed e) – prevede altresì anche gli interventi realizzati dagli enti del terzo settore (organizzazioni non lucrative di utilità, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale e nei registri regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano) nonché dalle associazioni e dalle società sportive dilettantistiche per i lavori finalizzati ai soli immobili, o a parte di immobili, adibiti a spogliatoi;

          l'Agenzia delle entrate, con propria circolare attuativa n. 24/E dell'8 agosto 2020, ha definito ulteriormente i termini dell'opzione e della fruizione della detrazione in legis; tuttavia, al capitolo 2 della predetta circolare, sembra indubbia l'interpretazione circa le categorie catastali nonché gli edifici e le unità immobiliari beneficiari delle misure di intervento;

          in particolare, il chiarimento dell'Agenzia delle entrate sembrerebbe escludere dagli interventi agevolativi le Onlus, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale (Aps), iscritte nei rispettivi registri;

          a parere dell'interrogante, si evidenzia che le Onlus gestiscono strutture sanitarie e socio-sanitarie i cui edifici non sono accatastati come abitazioni e che contribuiscono in modo strategico a dotare l'Italia di necessarie strutture di servizi sanitari e socio-sanitari, anche e soprattutto in periodo di emergenza da Covid-19 –:

          se non ritenga necessario adottare iniziative per fornire un chiarimento rispetto a quanto esposto in premessa, al fine di ricomprendere i soggetti di cui in premessa nelle agevolazioni fiscali previste dall'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34.
(4-07415)


      RIBOLLA, BITONCI, CAVANDOLI e GUSMEROLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 25 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, ha previsto l'erogazione di un contributo a fondo perduto per i soggetti esercenti attività d'impresa, di lavoro autonomo e di reddito agrario titolari di partita Iva, che nell'anno 2019 abbiano conseguito un ammontare di ricavi o di compensi non superiore a cinque milioni di euro;

          tuttavia, i 6 miliardi di euro all'uopo stanziati non sono bastati a coprire tutte le richieste. Il risultato è che molte delle domande inoltrate quest'estate sono ancora bloccate o in attesa di validazione dell'istruttoria prevista;

          già durante l'audizione del 15 settembre 2020 presso le Commissioni riunite Bilancio e Finanze, il Ministro interrogato confermava che i fondi stavano finendo, dichiarando: «ha funzionato così bene che ha tirato più dello stanziamento, dovremo aggiungere alcune centinaia di milioni spostandoli da alcune misure che hanno tirato meno. [...] mi accingo a utilizzare le norme con passaggio parlamentare per trasferire le risorse, dato che le ultime trance non sono state pagate perché è stato speso tutto.»;

          a copertura delle domande sospese sono quindi state assegnate nuove risorse derivanti dai risparmi del bonus vacanze; in particolare, nello schema di decreto ministeriale trasmesso alla Presidenza della Camera il 15 ottobre 2020 si è ammesso che la stima dell'onere era stata valutata in 6,192 miliardi di euro per il 2020, «prendendo a riferimento i dati sintetici della fatturazione elettronica che riguardano, senza considerare i professionisti esclusi dal contributo, 2,6 milioni di soggetti su un totale di circa 4,4 milioni di partite IVA attive (circa il 59 per cento del totale)»;

          nondimeno, l'attuale inasprimento delle misure restrittive previste anche dal recentissimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020, fa intendere che saranno ancora molte le attività di impresa, di lavoro autonomo e di reddito agrario che verseranno in difficoltà economica –:

          se non ritenga opportuno e doveroso, anche alla luce dell'attuale scenario socio-economico, prevedere con una tempestiva iniziativa ad hoc l'erogazione di nuovi contributi a fondo perduto al fine di ricomprendere anche i numerosi soggetti che incolpevolmente sono rimasti esclusi dall'accesso ai benefici di cui in premessa.
(4-07417)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      COLLETTI, TRANO e MARTINCIGLIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il 4, 5 e 7 giugno 2019 alla Fiera di Roma hanno avuto luogo le prove scritte del concorso in magistratura 2019 per 330 posti;

          in seguito a notizie pubblicate nei giorni scorsi sugli organi di stampa si è appreso che due candidati giudicati «non idonei» avrebbero presentato un esposto, inviato sia al Ministro della giustizia che al Consiglio superiore della magistratura, e un ricorso al Tar, chiedendo l'annullamento della prova, sostenendo che, dall'accesso agli atti effettuato, sarebbero emersi alcuni «favoritismi» nella correzione degli elaborati, riscontrabili dalla presenza di «grossolani errori» (congiuntivi sbagliati, strafalcioni sia di ortografia che giuridici, citazione di sentenze mai emesse) e possibili segni di riconoscimento (schemini, scritture in stampatello e pagine lasciate in bianco) all'interno di alcuni dei 301 temi dei candidati che hanno superato la prova scritta;

          dagli organi di stampa si è appresa la notizia di ulteriori «anomalie» contenute nei temi dello stesso concorso, sia in punto di diritto che in termini di possibili segni identificativi, nonché sul mancato rispetto rigoroso dell'ordine cronologico, stabilito dalla commissione esaminatrice nel calendario delle correzioni;

          in seguito a un'interrogazione a risposta immediata sul tema, formulata dal deputato Zanettin in data 14 ottobre 2020, il Ministro interrogato ha affermato l'inopportunità di una propria risposta nel merito affermando che le deliberazioni adottate dalla commissione e dalle sottocommissioni, in sede di scrutinio dei temi nel concorso per l'accesso alla magistratura, costituirebbero provvedimenti amministrativi sindacabili solo dagli organi della giurisdizione amministrativa, mentre il Ministero della giustizia garantirebbe soltanto un supporto tecnico, quindi, l'attività della commissione esaminatrice sarebbe espressione di discrezionalità tecnica, finalizzata all'accertamento di una specifica idoneità all'esito di un giudizio frutto della valutazione di una serie di elementi complessi suscettibili di vario apprezzamento;

          secondo l'interpretazione del Ministro della giustizia la funzione di alta vigilanza, assegnata dall'articolo 19 del regio decreto n. 1860/1925, nel vigente assetto istituzionale, si tradurrebbe nella costante verifica della regolarità delle operazioni svolte dalle commissioni esaminatrici rispetto alle modalità procedurali indicate dalla legge, ma non potrebbe in alcun modo includere il sindacato sul merito delle singole deliberazioni relative alle valutazioni dei candidati, che sarebbero sottoposte al solo vaglio del giudice amministrativo;

          l'articolo 19 del regio decreto n. 1860/1925, recante disposizioni per l'ammissione nella magistratura, stabilisce che «Il ministro per la giustizia esercita l'alta sorveglianza sugli esami. Egli può intervenire in seno alla commissione o alle sottocommissioni ogni qualvolta lo ritenga opportuno ed ha facoltà di annullare gli esami nei quali siano avvenute irregolarità»;

          dagli stessi organi di stampa si apprende che il Csm, organo di rilevanza costituzionale che propone i nomi dei componenti della commissione esaminatrice, avrebbe aperto un'inchiesta nell'ambito delle proprie competenze e dei propri poteri, dopo la pubblicazione di alcuni errori «abnormi», mediante «la convocazione dei componenti della commissione esaminatrice del concorso», affinché riferiscano «sui fatti denunciati dai candidati», senza escludere altre «iniziative meglio viste e/o ritenute» –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tutti i fatti esposti in premessa e se intenda promuovere iniziative, per quanto di competenza, a tutela dei soggetti coinvolti e del pubblico interesse, per verificare se quanto evidenziato corrisponda al vero e, in caso di riscontro delle irregolarità nelle prove scritte, se intenda esercitare i propri poteri di «alta vigilanza», interpretandoli in maniera più estensiva come piuttosto richiederebbe la gravità dei fatti, e, conseguentemente, valutare l'opportunità e la sussistenza delle condizioni per l'annullamento del concorso e/o l'adozione dei necessari provvedimenti, anche urgenti; se intenda, inoltre, valutare, l'adozione delle iniziative di competenza per la modifica dei criteri di nomina e di costituzione delle commissioni esaminatrici limitandone l'attuale margine di discrezionalità.
(5-04963)

Interrogazione a risposta scritta:


      CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          l'emergenza pandemica mondiale ha causato conseguenze negative anche in materia di cooperazione giudiziaria, in particolare per i procedimenti di estradizione verso Paesi terzi; tale istituto disciplinato dagli articoli 697 e seguenti del codice di procedura penale prevede la consegna di un soggetto da parte dello Stato in cui si trova a quello richiedente, per procedere penalmente nei suoi confronti o per dare esecuzione ad una sentenza definitiva di condanna;

          la normativa interna è integrata dagli accordi di cooperazione giudiziaria, laddove stipulati, che hanno lo scopo di rafforzare la lotta e la repressione di ogni forma di criminalità e rendere più efficace il corso della giustizia e, a tal fine, presuppongono che vi sia necessariamente una effettiva collaborazione tra le autorità competenti degli Stati;

          in data 30 ottobre 2020 organi di stampa hanno pubblicato la notizia di una pronuncia della Corte di Cassazione secondo cui l'emergenza sanitaria può bloccare anche le procedure di estradizione qualora il sistema carcerario del Paese di consegna non offra garanzie sufficienti;

          nel caso specifico, la Corte di legittimità con sentenza n. 30007 del 27 ottobre 2020 ha annullato quella della Corte di appello che aveva accolto l'estradizione di Varillas Bejarano Miguel Angel richiesta dal Governo del Perù, accusato del reato di rapina pluriaggravata, accogliendo i motivi di gravame della difesa secondo cui lo stato di detenzione nel Paese richiedente avrebbe esposto l'estradando al pericolo di condizioni degradanti, inumane ovvero a situazioni tali da compromettere i diritti fondamentali;

          l'ambasciata del Perù, sollecitata a fornire informazioni, avrebbe trasmesso generiche osservazioni sulle condizioni detentive e igienico-sanitarie, omettendo di indicare l'istituto di reclusione e la sussistenza di sovraffollamento e rivolte nelle carceri peruviane, fattori che alimentano la diffusione del Covid-19;

          tali circostanze hanno condotto la Corte di Cassazione a negare l'estradizione, vanificando gli impegni profusi dalle autorità giudiziarie italiane nell'ambito del suddetto procedimento e consentendo ad un soggetto accusato di un grave delitto di permanere sul territorio nazionale anche con il rischio che possa continuare a delinquere a discapito della sicurezza dei cittadini;

          la rapida ed efficace esecuzione delle procedure di estradizione, unitamente ad altri fattori, potrebbe contrastare il sovraffollamento carcerario che da anni attanaglia le carceri italiane e, in particolare, limitare la presenza di immigrati clandestini autori di gravi reati sia in territorio nazionale che nei Paesi di origine;

          le osservazioni difensive, nel caso di specie accolte dalla Corte di Cassazione, di eventuale sottoposizione dell'estradando a condizioni detentive degradanti non dovrebbero essere ostative al buon esito della procedura laddove non suffragate da dichiarazioni internazionali che conclamino senza alcun dubbio misure detentive dello Stato richiedente lesive dei diritti fondamentali della persona;

          del resto, il pericolo di sovraffollamento, rivolte e diffusione del Covid-19 nelle carceri, indicato nella pronuncia richiamata, è altrettanto presente negli istituti penitenziari italiani, come più volte denunciato e, pertanto, a parere dell'interrogante anche il nostro ordinamento avrebbe difficoltà a garantire con certezza il rispetto di adeguate misure detentive se si volesse essere rigorosi così come la Corte di Cassazione è stata nei confronti del Perù –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di carattere normativo intendano adottare al fine di evitare l'interruzione delle procedure di estradizione quando non vi sia fondato motivo, per assenza di dichiarazioni internazionali, di ritenere che lo Stato richiedente possa attuare misure detentive degradanti, inumane ovvero lesive dei diritti fondamentali della persona;

          se non intendano fornire informazioni in relazione alla procedura di estradizione su menzionata e, in particolare, se l'estradando abbia commesso reati sul territorio nazionale, se vi siano carichi pendenti o sentenze penali di condanna nei suoi confronti.
(4-07427)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DEL BASSO DE CARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          l'autorità di sistema del Mar Ionio, con decreto n. 105 del 4 novembre 2016, ha indetto la procedura per l'esecuzione dei lavori di allargamento e adeguamento strutturate della banchina di levante del molo San Cataldo e della Calata 1 del porto di Taranto;

          con delibera n. 133 del 4 aprile 2018, l'impresa di costruzioni Doronzo Infrastrutture S.r.l. di Barletta, si aggiudica la gara di appalto come miglior offerente. Successivamente, l'impresa subisce l'esclusione da parte dell'autorità portuale a seguito dell'acquisizione di informazioni infondate che hanno condotto a un convincimento erroneo in seno all'amministrazione aggiudicatrice, per il tramite della ditta RCM Srl, del gruppo Rainone di Salerno, collocata inizialmente al terzo posto della graduatoria poi divenuta aggiudicataria;

          il Consiglio di Stato, in adunanza plenaria, con sentenza n. 16 del 2020 del 28 agosto 2020 dispone l'annullamento dell'esclusione della Doronzo Infrastrutture dalla gara di appalto, ordinando all'Autorità di sistema portuale del Mar Ionio di dare ottemperanza alle prescrizioni dettate;

          la ditta Doronzo, quindi, avrebbe invitato l'autorità portuale a disporre immediata interruzione dei lavori affidati alla ditta RCM srl nonché ad ottemperare alla sentenza, mediante la dovuta rimodulazione della graduatoria di gara che l'avrebbe vista ricollocarsi al primo posto in qualità di legittima aggiudicataria, con il conseguente subentro nel contratto e per ottenere la tutela risarcitoria richiesta in sede giurisdizionale;

          tuttavia, a quanto consta all'interrogante, a seguito di una nuova valutazione dell'Autorità portuale è stata disposta la seconda esclusione dalla gara per la Doronzo Infrastrutture sulla base di presupposti che appaiono ancora del tutto discutibili;

          la nuova iniziativa posta in essere dall'autorità di sistema di Taranto, risulta per l'interrogante l'ennesimo segnale della marcata volontà dell'ente, di non procedere all'aggiudicazione dell'appalto in favore della ditta Doronzo, allegando ulteriori motivi per giustificare la propria scelta di attribuire l'appalto alla RCM srl;

          la ditta RCM srl ha proseguito con l'avanzamento dei lavori che le sono stati affidati in regime di consegna parziale dalla pubblicazione della sentenza n. 16 del 2020, del 28 agosto 2020. Alla luce dei fatti fin qui esposti, risulta evidente come sia stata premiata un'azienda che appare all'interrogante priva di qualsiasi titolarità sul fronte giuridico, per l'esecuzione di un'opera strategica per l'intero sistema portuale del Mar Ionio, a danno di quella che, sin dall'inizio, era stata selezionata quale legittima aggiudicataria dell'intervento in questione –:

          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, per far luce su l'intera vicenda per contribuire ad accertare le eventuali responsabilità amministrative in merito.
(5-04962)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      CANTALAMESSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          secondo quanto si apprende da notizie di cronaca, il 1° novembre 2020, a via Michele Morelli (Napoli) si svolgeva una festa, non autorizzata, organizzata da un cospicuo gruppo di nigeriani;

          la polizia è intervenuta dopo segnalazione in quanto la festa violava tutte le normative anti-Covid imposte dal Governo;

          il gruppo di immigrati nigeriani si è riversato per le strade e, opponendo resistenza, non solo ha provocato l'intervento di rinforzi, ma ha aggredito gli agenti ferendoli;

          nel frattempo, ogni giorno, nel quartiere Vasto, a via Bologna e a piazza Garibaldi a Napoli, i cittadini segnalano la plateale violazione delle norme imposte da tutti i decreti del presidente del Consiglio dei ministri da parte dei gruppi di immigrati irregolari, anche sotto lo sguardo vigile delle forze dell'ordine preposte al controllo e che, però, sembra preferiscano lasciar correre;

          l'immagine che emerge dai fatti descritti è quella di uno Stato che non riesce a controllare il territorio e a far rispettare la legge;

          a molti onesti cittadini, ancora oggi, sono state elevate sanzioni molto dure ad ogni minima violazione delle misure restrittive emanate, a volte anche quando la violazione era palesemente frutto di una errata interpretazione in buona fede;

          già in una precedente interrogazione, rimasta senza risposta, l'interrogante ha denunciato il differente trattamento riservato ai cittadini stranieri o extracomunitari, quasi sempre presenti sul territorio italiano in maniera irregolare, ai quali veniva in sostanza concesso di violare le restrizioni imposte e per i quali non si registravano interventi per far cessare immediatamente comportamenti illegittimi;

          il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, dopo essersi messo in mostra in quelli che l'interrogante giudica show quotidiani sui media, e aver minacciato di andare a sciogliere gli assembramenti con il lanciafiamme, di fronte a quanto avvenuto a via Michele Morelli e quotidianamente a piazza Garibaldi, al quartiere Vasto e nella zona che circonda la stazione centrale, non ha assunto alcuna iniziativa;

          l'impressione che questa diversità di trattamento genera nei cittadini, ad avviso dell'interrogante, è quella di istituzioni forti con i deboli e deboli con i prepotenti –:

          se, in relazione a quanto esposto in premessa, il Governo intenda fornire elementi in maniera dettagliata in merito alle suddette vicende, chiarendo, in particolare, se gli autori delle violazioni siano stati identificati e se risulti che siano state elevate sanzioni;

          se non ritenga di intraprendere iniziative a tutela della sicurezza delle stesse forze dell'ordine intimidite dagli immigrati irregolari.
(4-07409)


      ZOFFILI, CLAUDIO BORGHI, LOCATELLI e MOLTENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          con l'imbrunire anticipato per effetto del ritorno dell'ora solare, è aumentato il rischio di furti o tentativi di intrusione nella zona di Olgiate Comasco e, in generale, in tutta la provincia di Como, tanto che i cittadini si sono organizzati con il cosiddetto «controllo di vicinato»;

          trattasi di vere e proprie sentinelle di quartiere, costituite da un gruppo di zelanti e lodevoli cittadini che si offrono volontari per presidiare il territorio e fare segnalazioni di pubblica utilità alla cittadinanza e alle forze dell'ordine, con una particolare attenzione agli anziani, categoria maggiormente presa di mira per furti e truffe;

          secondo quanto riportato dalla stampa locale il 5 novembre 2020, il «Controllo di vicinato» ha segnalato ai cittadini dell'olgiatese, chiedendo di prestare massima attenzione, tre donne senza fissa dimora che si aggirano per il territorio di Olgiate Comasco con lo scopo di introdursi nelle proprietà private, nonché una serie di furti e truffe che si sono verificati anche nei paesi limitrofi;

          in particolare, le sentinelle di quartiere mettono in guardia la popolazione da truffatori che tentano di approfittare dell'emergenza epidemiologica per compiere raggiri, fingendosi personale sanitario che effettua tamponi a domicilio, allertando i cittadini che nessuno è stato autorizzato ad effettuare tamponi a domicilio per la ricerca dei contagi da Covid-19;

          il problema dei furti e delle truffe, a danno in particolare degli anziani, è questione tutt'altro che nuova per il territorio della provincia di Como, che mina la sicurezza dei suoi abitanti; in proposito, diversi casi sono stati già portati all'attenzione dei Ministri interrogati con numerosi altri atti di sindacato ispettivo, tuttora privi di risposta;

          si evidenzia, all'uopo, che nel 2018, durante il Governo Conte I, il Ministero dell'interno pro tempore aveva messo a punto un programma di controlli straordinari in tutta la provincia che aveva portato, effettivamente, secondo dati febbraio 2019, ad una drastica riduzione dei reati predatori, quali furti e rapine –:

          se e quali tempestive iniziative intendano adottare al fine di garantire il diritto alla sicurezza di ogni cittadino della zona di Olgiate Comasco e di tutta la provincia di Como;

          se intendano procedere, come richiesto dagli interroganti anche con precedenti diversi atti di sindacato ispettivo, ad un urgente potenziamento degli organici delle forze dell'ordine e dei militari dell'operazione «strade sicure» attraverso l'invio di ulteriori uomini e mezzi.
(4-07418)


      VARCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il 28 luglio 2019, durante la processione religiosa in onore della Madonna delle Grazie, secondo quanto dallo stesso denunciato, il sindaco di Castel di Iudica (Catania), presente in veste di primo cittadino e rappresentante delle istituzioni, veniva deriso da un agente della polizia di Stato presente sui luoghi in forma privata, non in servizio;

          a fronte di ciò, il Sindaco informava il Maresciallo dei carabinieri, invitandolo a identificare l'agente, dopo aver fatto transitare l'intero corteo onde evitare disordini durante la processione religiosa;

          il maresciallo non riteneva di provvedere all'identificazione e il sindaco si rivolgeva al comandante della polizia municipale locale, che eseguiva prontamente, unitamente all'ispettore dello stesso corpo, l'identificazione informale del soggetto indicato;

          il sindaco di Castel di Iudica presentava formale querela nei confronti del responsabile del gesto e la Procura della Repubblica di Caltagirone richiedeva l'archiviazione del procedimento, così motivando: «nel caso di specie non risulta che siffatti versi siano stati recati al cospetto del corpo amministrativo di Castel di ludica, costituito in collegio. Peraltro, la circostanza che essi siano avvenuti al passaggio del Sindaco e di altri amministratori locali, non consente di affermare nei confronti di quale soggetto fossero stati rivolti»;

          la stessa Procura della Repubblica, infine, ha ritenuto di sottoporre ad indagini il sindaco per interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.), per avere «turbato la regolarità del servizio di ordine pubblico» per avere chiesto a un vigile urbano che svolgeva servizio di ordine pubblico, durante una manifestazione, di identificare un soggetto che, a suo dire, lo aveva diffamato;

          per quanto qui interessa, pare necessario un chiarimento relativo al ruolo e alla funzione pubblica esercitata dal sindaco di ciascun comune italiano;

          per assurdo, infatti, pur essendosi verificato l'episodio denunciato dal sindaco di Castel di Iudica (ed infatti la Procura della Repubblica archivia per questioni di diritto e non di fatto), costui si ritrova sottoposto ad indagini per aver esercitato funzioni connesse al ruolo;

          ed infatti, l'articolo 54 del Tuel, dispone che «1. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende: [...] b) allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria; c) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone il prefetto. 2. Il sindaco, nell'esercizio delle funzioni di cui al comma 1, concorre ad assicurare anche la cooperazione della polizia locale con le Forze di polizia statali, nell'ambito delle direttive di coordinamento impartite dal Ministro dell'interno - Autorità nazionale di pubblica sicurezza»;

          nell'esercizio di tali funzioni, tuttavia, le disposizioni di legge non attribuiscono al sindaco alcun concreto potere, né specificano in quali modi e con quali modalità egli possa esercitare in concreto le funzioni di ufficiale di governo ed attuare così il disposto normativo –:

          se il Governo non ritenga necessaria un'iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di chiarire nel dettaglio quali misure possa attuare e di quali poteri disponga il Sindaco nell'esercizio delle sue funzioni di ufficiale di governo.
(4-07423)


      CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          pochi giorni dopo la decapitazione del professore Samuel Paty, «colpevole» di aver mostrato in classe le vignette satiriche di Charlie Hebdo su Maometto, la Francia ripiomba nell'incubo terrorismo;

          giovedì 29 ottobre 2020, intorno alle 9 del mattino nella cattedrale di Notre Dame, al centro di Nizza, tre persone sono state uccise: una donna è stata decapitata, un uomo sgozzato, la terza vittima, è morta per le ferite riportate in un bar dove aveva cercato rifugio;

          non ci sarebbero dubbi sulla natura terroristica dell'attacco, infatti, l'assassino ferito dalla polizia, sarebbe stato udito gridare «Allah Akbar» mentre veniva trasportato in ospedale;

          il terrorista, Brahim Aoussaoui, un 21ennne di origine tunisina sarebbe sbarcato a Lampedusa il 20 settembre 2020 ed il successivo 9 ottobre, dopo la quarantena obbligatoria sulla nave «Raphsody» approdata nel porto di Bari, sarebbe stato rilasciato con l'obbligo di abbandonare l'Italia entro sette giorni, dopodiché le autorità italiane ne avrebbero perso le tracce;

          tale dinamica che collega l'Italia con l'episodio di Nizza, se confermata, getterebbe un ulteriore e definitivo discredito sulla nostra Nazione e, in particolare, sulle politiche migratorie adottate dall'attuale Governo, il quale, a più riprese si è dimostrato, secondo l'interrogante, incapace di gestire e controllare i flussi migratori e in genere le frontiere;

          è evidente il legame sussistente tra il fenomeno dell'immigrazione irregolare e quello del terrorismo, e ciò nonostante, l'attuale Governo continua a propagandare e ad attuare una politica incentrata sull'accoglienza indiscriminata e sui porti aperti, ponendo a repentaglio la sicurezza dei cittadini in assenza di qualsivoglia efficace strategia di ampio respiro;

          dati sconfortanti fotografano una realtà ormai al collasso, nell'ultimo anno in Italia vi sono stati più di 23.000 sbarchi, quasi 2.000 al mese i fogli di via firmati, ma solo 6.613 migranti sono stati respinti alla frontiera; degli 11.195 tunisini sbarcati a Lampedusa nel 2020 i rimpatri sono 1.100, vale a dire solo uno su 10;

          i centri per il rimpatrio attivi in Italia sarebbero 10 con solo 548 posti e neanche tutti occupati e quindi i soggetti identificati, controllati e scortati dalle forze dell'ordine sarebbero solo quelli inseriti nel sistema investigativo europeo (Sdi), mentre gli altri, in decine di migliaia, come nel caso del terrorista Brahim nei giorni intercorrenti tra il rilascio del foglio di via e l'ingresso nell'esercito dei clandestini sarebbero liberi ed incontrollati di girare in Italia e in Europa;

          il recente e allarmante accadimento, unito alle innumerevoli sommosse e fughe di immigrati ospiti nelle strutture dislocate sul territorio nazionale, evidenzia la necessità di implementare i controlli al fine di affrontare efficacemente la gestione del fenomeno dell'immigrazione che, oltre ad impattare sull'ordine pubblico e l'incolumità dei cittadini, va ad intersecarsi anche con l'emergenza sanitaria;

          è doverosa una inversione di tendenza che metta in atto una strategia politica efficace per evitare che l'Italia diventi la porta d'ingresso in Europa per criminali e terroristi con le evidenti e drammatiche implicazioni che ne conseguirebbero per la sicurezza degli italiani e dei cittadini europei;

          appare necessaria una netta virata sul fronte delle politiche dell'immigrazione anche mediante l'immediata esecuzione dei decreti di espulsione ed un accorto monitoraggio e controllo degli immigrati presenti sul territorio nazionale –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di verificare la reale dinamica dei fatti e le connesse responsabilità;

          se non intenda adottare iniziative al fine di potenziare i controlli nei centri per l'immigrazione presenti sul territorio nazionale e far fronte alle evidenti falle procedurali relative ai giorni successivi all'emissione del foglio di via che di fatto lasciano migliaia di immigrati liberi di circolare incontrollati, come avvenuto per il terrorista Brahim.
(4-07428)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MORGONI e PRESTIPINO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

          come appreso dai maggiori organi di stampa, il 4 novembre 2020, in occasione della Giornata dell'Unità nazionale e delle forze armate, il direttore generale dell'ufficio scolastico delle Marche ha inviato agli studenti delle scuole del territorio una lettera con toni e termini che rievocherebbero quelli del militarismo fascista;

          con carta intestata del Ministero dell'istruzione, il direttore dell'ufficio scolastico scrive: «in questo giorno il nostro reverente pensiero va a tutti i figli d'Italia che dettero la loro vita per la Patria, una gioventù che andò al fronte e là vi rimase. Una gioventù lontana dai prudenti, dai pavidi, coloro che scendono in strada a cose fatte per dire “io c'ero”. Giovani che vollero essere altro, non con le declamazioni, ma con le opere, con l'esempio, consapevoli che “un uomo è vero uomo se è martire delle sue idee. Non solo le confessa e le professa, ma le attesta, le prova e le realizza”. Combatterono – è riportato ancora nella lettera dai toni muscolari, stile militare – per dare un senso alla vita, alla vita di tutti, comunque essi la pensino»;

          la lettera ha, per ovvie ragioni, sollevato reazioni immediate di contrarietà da parte dei presidi e degli insegnanti;

          i toni utilizzati nulla hanno a che fare con l'esigenza di stimolare e sollecitare una conoscenza critica della storia nazionale, indispensabile alle giovani generazioni perché siano messe nelle condizioni di riflettere sui costi morali e materiali che le guerre comportano per i popoli che vi vengono trascinati;

          i giovani dovrebbero essere accompagnati alla riflessione e alla ricerca di una migliore conoscenza delle nostre radici;

          in questo periodo caratterizzato dall'emergenza Covid-19, i messaggi educativi assumono un ruolo importante nell'affrontare le incertezze, le difficoltà e le sfide nelle quali la scuola e gli alunni si trovano oggi;

          i nostri giovani studenti, costretti a vivere le restrizioni e le paure del contagio, in questa fase delicata, non dovrebbero essere tutelati da messaggi diseducativi e dovrebbero essere guidati, invece, alla responsabilità verso gli altri, la società e ai compiti di cittadino per costruire una convivenza più avanzata –:

      quali iniziative di propria competenza il Ministro interrogato intenda adottare in seguito ai fatti suesposti – altresì – come intenda intervenire al fine di evitare messaggi diseducativi e la diffusione di una visione politicizzata dei fatti storici e garantire ai nostri studenti una conoscenza critica della storia nazionale e delle nostre radici.
(5-04961)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


      GIACCONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          nel mese di aprile 2020, in pieno lockdown, era stata decisa la cassa integrazione in deroga per 1745 lavoratori di Conbipel;

          l'azienda, nata a Cocconato nel 1958, ha iniziato la sua storia vendendo principalmente capi di pelle di alta qualità, per poi allargarsi nel corso degli anni alla produzione del tessile; poi la crisi e la presentazione di domanda per il concordato in bianco;

          il 1° aprile 2020 aveva sottoscritto il verbale di accordo per la cassa integrazione di emergenza da Covid-19, in virtù della quale si riconosceva il trattamento per 1745 lavoratori, di cui 200 tra Cocconato ed Asti;

          i lavoratori sembra abbiano ottenuto il pagamento delle prime 9 settimane e poi null'altro; la domanda all'Inps è stata fatta per il pagamento della cassa integrazione guadagni in deroga (Cigd) per unità produttiva, ma sono ancora in attesa dell'autorizzazione, per poi poter inviare gli appositi modelli SR41 e ottenere il pagamento;

          i lavoratori e le lavoratrici di Conbipel rientrano nel quadro drammatico di una situazione oramai insostenibile, con molte aziende già in difficoltà per le quali l'emergenza epidemiologica ha rappresentato il colpo di grazia e migliaia di lavoratori in attesa dell'integrazione salariale che non arriva;

          per la Conbipel, peraltro, stando alle ultime notizie riportate a mezzo stampa il 23 ottobre 2020, sussiste lo spettro dell'amministrazione straordinaria –:

          se e quali iniziative di competenza il Governo intenda tempestivamente adottare per accelerare i pagamenti ai lavoratori di cui in premessa;

          se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare a salvaguardia del futuro occupazionale di migliaia di dipendenti, anche agevolando – per il tramite di tavoli istituzionali – la ricerca di nuovi investitori in grado di garantire la necessaria liquidità per sostenere la continuità aziendale.
(4-07419)

SALUTE

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

          per fronteggiare la drammatica emergenza sanitaria pandemica Covid-19, che si prevede proseguirà in tutta la sua gravità e con queste proporzioni eccezionali anche nei prossimi mesi invernali e oltre, sarebbe estremamente utile istituire una Riserva professionale selezionata civile di complemento del Corpo di sanità militare, da formarsi, su base volontaria, ma incentivata, da personale (uomini e donne) di estrazione civile in pensione, o militare in congedo, delle varie categorie delle professioni mediche e sanitarie, già abilitati ed iscritti ad albi, che manifesta la propria disponibilità ad una operazione di mobilitazione straordinaria;

          la referenza di tale forza ausiliaria ad una istituzione di tipo militare di riconosciuta valenza consentirebbe di mobilitare un bacino professionale inattivo, potenzialmente impiegabile;

          detta riserva professionale si costituirebbe mediante una iniziativa di richiamo in servizio speciale temporaneo, volto ad assicurare, in una logica di cooperazione civile-militare, attività ausiliaria di collaborazione, supporto, assistenza o consulenza professionale al dispositivo logistico-sanitario appositamente apprestato e dislocato dall'azione della componente logistica e dalla Organizzazione della sanità militare, secondo le relative esigenze operative;

          per la durata del servizio speciale, al suddetto personale della riserva non si dovrebbe applicare il divieto di cumulo tra il trattamento pensionistico già in godimento e l'indennità di attività o prestazione temporaneamente attribuita, sulla base di uno schema di carattere tabellare, che tiene conto del livello di carriera, professionalità ed esperienza maturata durante il periodo di attività ante quiescenza;

          i suddetti richiamati non dovrebbero essere soggetti al regime di disciplina militare, ma nello svolgimento di prestazioni e compiti si dovrebbero comunque conformare agli indirizzi, obiettivi e istruzioni concordati con i comandanti responsabili delle strutture e dei reparti;

          i suddetti professionisti interessati dovrebbero inoltre essere inseriti in un'apposita banca dati ed eventualmente nominati anche in relazione alle esigenze funzionali e numeriche e compatibilmente con le risorse assegnate;

          la selezione dovrebbe infine prevedere: una prima valutazione del curriculum sulla base delle esigenze di impiego ritenute prioritarie e della consistenza del bacino di personale già disponibile; una verifica del possesso dei requisiti di legge e un approfondito esame delle competenze dei diversi candidati; una valutazione degli aspetti motivazionali e comportamentali connessi con la peculiarità dei prevedibili impieghi –:

          se non si ritenga, anche al fine di fronteggiare al meglio l'emergenza sanitaria in atto, di istituire una Riserva professionale selezionata civile di complemento del Corpo di sanità militare, secondo i criteri e le modalità esposte in premessa.
(2-00997) «D'Ettore, Cannizzaro, Mugnai».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      GEMMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          secondo quanto si evince da note di stampa del 3 novembre 2020, una persona anziana di 85 anni sarebbe deceduta a causa di impossibilità di ricovero in ospedale per motivi connessi alla indisponibilità di posti liberi nelle strutture sanitarie pubbliche, determinata anche dal rilevante incremento del flusso di pazienti che richiedono le cure nell'attuale periodo di emergenza sanitaria determinata dalla diffusione del virus Sars-Cov-2;

          in particolare, secondo quanto denunciato dai parenti e dalla stampa, l'anziano avrebbe accusato un malore a seguito del quale sarebbero intervenuti gli operatori sanitari del 118, diagnosticando un grave problema al cuore e ordinando un immediato ricovero. L'anziano sarebbe stato trasportato al pronto soccorso dell'ospedale San Paolo di Bari e lasciato per diverso tempo all'esterno della struttura e in ambulanza senza essere accolto per le urgenti verifiche mediche del caso. Nel frattempo, pare che gli operatori del 118 avrebbero tentato in ogni modo di far ricoverare questa persona ma pare abbiano ricevuto continui dinieghi. Per questo motivo l'anziano è stato trasportato verso l'ospedale Generale Regionale «F. Miulli» di Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, distante circa 40 chilometri, dove sarebbe stato trattenuto all'esterno della struttura in attesa dell'esito del tampone per il rilevamento di eventuale contagio da Sars-Cov-2. All'esito negativo del tampone, l'anziano è stato ricoverato;

          si rileva che la stampa e i parenti avrebbero denunciato che dal momento in cui è stato contattato il 118 al momento in cui l'anziano è stato ricoverato presso l'ospedale generale regionale «F. Miulli» di Acquaviva delle Fonti, sarebbero trascorse 10 lunghe ore che hanno causato nel frattempo il peggioramento della situazione di salute del paziente, già precaria, aggravata anche dai continui e lunghi spostamenti da una struttura sanitaria all'altra ovvero circa 40 chilometri;

          nella mattinata successiva, l'anziano signore sarebbe deceduto per sopraggiunte e ulteriori complicazioni respiratorie;

          il problema della mancanza di posti sufficienti a coprire il fabbisogno all'interno delle strutture sanitarie pubbliche nell'attuale periodo di emergenza sanitaria è stato già evidenziato, con profili di problematiche differenti, nelle interrogazioni al Ministro della salute n. 5-04812, pubblicata in data 20 ottobre 2020, e n. 5-04941 pubblicata in data 4 novembre 2020 –:

          se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza affinché, nel corso dell'emergenza sanitaria in atto, determinata dalla diffusione del virus Sars-Cov-2, siano garantite, comunque e sempre, e in tutte le strutture sanitarie pubbliche, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza, le prestazioni afferenti all'assistenza ospedaliera a tutti i livelli e alle aree di attività e affinché siano garantiti un numero di operatori sanitari e mezzi adeguati sempre sufficiente a coprire il totale fabbisogno e il ricovero immediato dei casi di pazienti gravi valutati come urgenti;

          se, nell'ambito delle proprie competenze, ritenga di dover adottare iniziative per accertare la sussistenza, e in capo a quale soggetto, di eventuali elementi di responsabilità amministrativa in merito al mancato ricovero immediato del paziente citato in premessa posto che lo stesso ricovero era stato proposto dal medico del 118 intervenuto in suo soccorso.
(5-04959)


      BAGNASCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          l'oncologia ha, negli ultimi anni, fatto passi da gigante grazie ad attività di ricerca sempre più mirate e finalizzate a cure personalizzate;

          secondo uno studio pubblicato dalla European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (Efpia) la pipeline di ricerca ha oggi circa 7.000 farmaci in sviluppo, di cui 4.600 in campo oncologico, e circa il 63 per cento dei farmaci oncologici entrano nella fase finale della sperimentazione;

          la ricerca oncologica ha consentito di ridurre la mortalità in Italia del 23 per cento in 25 anni e oggi – secondo il rapporto Aiom/Airtum – convivono con una diagnosi di cancro oltre 3 milioni e mezzo di persone;

          il cancro necessita dunque di una governance specifica. Una buona governance del cancro dovrebbe includere l'organizzazione di reti oncologiche funzionanti, efficaci percorsi diagnostici terapeutici assistenziali, il lavoro costante di board multidisciplinari per la presa in carico del paziente, la modernizzazione degli strumenti di diagnosi e cura, un registro tumori pienamente attuato, strumenti normativi che tutelino il paziente oncologico sul posto di lavoro, investimenti in ricerca per sostenere lo sforzo della nostra ricerca pubblica, investimenti sulle strutture per assicurare una presenza territoriale, sostenibilità ed equità di accesso alle cure, limitando la migrazione sanitaria e diminuendo le liste di attesa, sostegno al lavoro delle associazioni dei pazienti in oncologia che dispensano rilevanti servizi sociali;

          la governance dovrebbe anche tener conto della progressiva personalizzazione delle cure realizzata grazie a nuove tecnologie quali la terapia genica, l'immunoterapia, le terapie Car-T – oggi approvate in ematologia ma dal grande potenziale anche sui tumori solidi – e la Radio Ligand Therapy (RLT) che, impiegando radiofarmaci, già oggi è in grado di offrire una cura ai pazienti con un tumore neuroendocrino raro, e promette di divenire il nuovo paradigma di cura nella lotta al cancro, applicando i principi della teragnostica – ovvero, l'integrazione del momento di diagnosi e di quello della cura, assicurando estrema precisione, efficacia e sicurezza;

          sul piano della presa in carico e cura sarà anche importante migliorare soprattutto quella dei pazienti in uno stadio avanzato dove si registrano rilevanti progressi nella ricerca di opzioni terapeutiche, ma un'inadeguata attenzione – ad esempio – sulle forme metastatiche dei tumori gastro-intestinali, del seno e della prostata;

          l'ultimo Piano oncologico nazionale è stato varato nel 2011 e non riflette più l'evoluzione della ricerca e dell'organizzazione delle strutture di presa in carico e cura;

          è necessario, alla luce delle conoscenze attuali, scrivere una nuova storia nella cura del cancro attraverso un Piano oncologico nazionale in cui si tenga conto e si condividano soluzioni per risolvere le inaccettabili disparità regionali, che generano anche una migrazione sanitaria del tutto evitabile;

          ci sono le condizioni per fare un deciso passo in avanti anche grazie agli investimenti che il Governo opererà con i fondi provenienti da Next Generation Europe e – se si scioglieranno alcuni nodi – dal Meccanismo europeo di stabilità (Mes);

          il varo di un nuovo Piano oncologico nazionale è tra i punti dell'«Accordo di Legislatura» promosso con le forze politiche che, trasversalmente, hanno aderito a questa iniziativa presentata in occasione delle elezioni politiche del 2018 dal progetto «La Salute un bene da difendere, un diritto da promuovere», un progetto di advocacy – che vede ben 33 associazioni pazienti affiancare la capofila Salute Donna Onlus –:

          se si stia lavorando alla predisposizione, per quanto di competenza, di un nuovo Piano oncologico nazionale;

          se il Piano oncologico nazionale sarà condiviso con le regioni e con gli stakeholder dell'oncologia, incluse le associazioni pazienti e le società scientifiche;

          se nel Piano stesso saranno previsti degli investimenti infrastrutturali necessari per essere al passo con i tempi e migliorare l'effettiva presa in carico dei pazienti.
(5-04960)

Interrogazione a risposta scritta:


      CARETTA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          con nota protocollata 0023822 del 4 novembre 2020 della direzione della sanità animale e dei farmaci veterinari (Dgsaf), è stato comunicato il rinvenimento di un focolaio di virus Hpa (influenza aviaria), sottotipo H5n8, nei Paesi Bassi, il 29 ottobre 2020;

          in risposta all'emersione dei focolai di influenza aviaria nei Paesi Bassi, la Dgsaf ha disposto la sospensione dell'uso dei richiami vivi, prescrivendo che gli animali dovranno rimanere presso il luogo di utilizzo, e non spostati in alcun modo se non previa autorizzazione del servizio veterinario competente sul territorio;

          in Italia, tuttavia, non sono stati rinvenuti focolai né soggetti affetti da H5n8, rendendo le predette misure asimmetriche e sproporzionate rispetto alla situazione affrontata;

          l'uso degli uccelli da richiamo è peraltro regolarmente gestito e disciplinato con apposito protocollo operativo 0021498-P del 3 settembre 2018, il quale specifica che eventuali modifiche ed integrazioni dello stesso devono avvenire ai sensi della decisione di esecuzione (UE) 2018/1136 della Commissione, sulla base quindi dell'evoluzione della situazione epidemiologica dell'influenza aviaria ad alta patogenicità in ambito nazionale, eventualità ad oggi non ancora verificatasi;

          la decisione di esecuzione (UE) 2018/1136, disponendo numerosi riferimenti in merito ai necessari controlli sanitari e di contenimento del virus Hpa, fornisce un quadro normativo confermatorio del predetto protocollo operativo 0021498-P del 3 settembre 2018 –:

          date le misure di controllo e tracciabilità già in vigore, in assenza di focolai sul suolo nazionale non è ravvisabile la necessità di misurare ad avviso dell'interrogante sproporzionate, come quelle della nota Dgsaf del 4 novembre 2020 –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intendano intraprendere per sospendere il divieto di cui in premessa in assenza di ragionevoli e comprovate necessità ed urgenza.
(4-07412)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


      MONTARULI. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          a causa dell'emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del virus Covid-19, le strutture sanitarie e di ricovero del nostro Paese sono state messe a dura prova e, allo stato, alcune regioni lamentano il collasso di numerosi presidi ospedalieri sia per la carenza di posti letto e di ricovero nei reparti di terapia intensiva sia per l'esiguo numero di medici specializzati, infermieri e personale sanitario latamente inteso;

          ormai da più settimane i presidenti di alcune regioni stanno richiedendo un pronto intervento del Governo finalizzato all'invio immediato di medici e personale sanitario per garantire cure dignitose ai cittadini che versano in stato di ricovero ospedaliero o che necessitano di cure urgenti, stante la drammatica situazione dei pronto soccorso presi d'assalto che presentano gravi criticità, con file di ambulanze in attesa;

          il presidente della Società italiana di medicina di emergenza urgenza (Simeu), Salvatore Manca, ha recentemente dichiarato che: «Stiamo assistendo tutti ma mancano medici e infermieri. Non ce la facciamo più a reggere»;

          la curva dei contagi cresce esponenzialmente e si fa sempre più urgente la necessità di procedere all'assunzione di medici anestesisti e rianimatori e infermieri specializzati: per attivare un posto letto in terapia intensiva, sono necessari un medico e due/tre infermieri. In considerazione del fatto che circa tremila ventilatori sono pronti per essere utilizzati, occorrerebbero quasi tremila medici specializzati e circa settemila infermieri, per un totale di diecimila assunzioni;

          per sopperire parzialmente a questa mancanza è fondamentale stabilizzare il personale sanitario precario e quindi immettere in ruolo i medici specializzandi, circa milleduecento tra quelli iscritti al quarto e quinto anno, da assumere con procedure snelle;

          circa ventiduemila laureati in medicina e chirurgia sono in attesa di conoscere se potranno iniziare il percorso di specializzazione fornendo un concreto aiuto alle strutture sanitarie che rischiano il collasso, ma sono attualmente in stand-by a causa del Ministero dell'università e della ricerca che avrebbe dovuto rendere nota la graduatoria del concorso di specializzazione dello scorso settembre, che tarda ad arrivare a causa dei numerosi ricorsi;

          in particolare i partecipanti presumibilmente conosceranno la loro collocazione non prima del mese di dicembre –:

          se il Governo non intenda adottare iniziative per predisporre un piano urgente per l'immediata immissione in ruolo dei medici specializzandi del quarto e del quinto anno del percorso di specializzazione, stabilizzare il personale sanitario che risulta essere ancora precario e valutare la possibilità di ammettere tutti i candidati ai corsi di specializzazione e collocarli immediatamente presso le strutture ospedaliere, in maniera tale che non si comprometta la capacità del sistema sanitario nazionale di erogare i servizi necessari.
(3-01873)

Interrogazione a risposta scritta:


      TORTO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          il Conservatorio «Santa Cecilia» di Roma rappresenta da sempre una importante presenza nazionale e internazionale dell'Alta formazione artistica e musicale del nostro Paese;

          il conservatorio ha avviato molte rassegne con concerti di studenti e diplomati, è vincitore di diversi bandi europei e capofila di alcuni progetti che vedono la collaborazione delle maggiori istituzioni consimili europee;

          nel corso degli ultimi anni, il conservatorio è stato oggetto di una verifica amministrativo-contabile da parte del Ministero dell'economia e delle finanze (posizione n. S.I. 8072/2018), e di una seconda indagine ispettiva avviata il 21 novembre 2019 (prot. 17245 del 21 novembre 2019 a firma del professor Valditara), da parte del Ministero dell'università e della ricerca, e conclusa presumibilmente il 30 settembre 2020, come si evince dalla comunicazione inviata dagli ispettori incaricati, il dottor Mario Mancino e M. Bruno Carioti (prot. n. 0010115 del 1° settembre 2020);

          quest'ultima ispezione, prorogata con nota n. 7417 del 25 giugno 2020 dalla dottoressa Melina presumibilmente fino al 30 settembre, come si evince dalla nota prot. n. 0010115 anno 2020 del 1° settembre 2020, ad avviso dell'interrogante ha interferito inevitabilmente, considerate anche le difficoltà gestionali e amministrative derivanti dallo stato di emergenza sanitaria Covid-19 ancora in corso, con l'intensa attività anche internazionale del conservatorio;

          il protrarsi dell'attività ispettiva potrebbe aver rallentato la nomina del presidente del consiglio di amministrazione del conservatorio, la cui terna è stata inviata al Ministro competente per la scelta prevista per legge, con prot. 9558 del 24 luglio 2020 e ribadita con prot. 9867 del 5 agosto 2020;

          la figura del presidente del Consiglio di amministrazione, designato per legge dal Consiglio accademico, è ancor più necessaria in questo periodo di emergenza sanitaria poiché spesso è necessario effettuare scelte rapide, che coinvolgono anche la sfera di competenza del Consiglio di amministrazione, la cui mancanza potrebbe impedire il perfezionamento di pratiche amministrative, anche relative a finanziamenti già ottenuti, con conseguenti gravi danni economici per l'istituzione stessa e per la sua immagine;

          gli uffici del Ministero dell'università e della ricerca sono in possesso di tutta la documentazione necessaria a procedere e non hanno opposto rilievi alla precisazione richiesta e ricevuta con prot. 9867 del 5 agosto 2020;

          dal 5 agosto 2020 sono decorsi oltre trenta giorni e, come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 2003, n. 132 e modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 2006, n. 295, «Il Ministro provvede alla nomina [del Presidente] entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione delle predette designazioni» –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;

          se il Ministro sia a conoscenza del ritardo nella nomina del presidente del consiglio di amministrazione del Conservatorio «Santa Cecilia» di Roma e quale sia la motivazione di ciò;

          se il Ministro non ritenga che ulteriori ritardi possano ledere il funzionamento e l'immagine del conservatorio «Santa Cecilia» di Roma e se pertanto intenda adottare celermente le iniziative di competenza, al fine di riattivare la piena funzionalità del conservatorio «Santa Cecilia» di Roma e della sua attività nazionale e internazionale, didattica di produzione e di ricerca, attraverso la nomina del presidente del consiglio di amministrazione designato dal Consiglio accademico.
(4-07422)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Zoffili e altri n. 4-07363, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Morrone.

      L'interrogazione a risposta scritta Caparvi e altri n. 4-07398, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 novembre 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Donina.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Maria Tripodi n. 4-07407, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 423 del 5 novembre 2020.

      MARIA TRIPODI e BARELLI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:

          l'emergenza da COVID-19, che sta facendo registrare questa seconda allarmante ondata, non risparmia le scuole di formazione militare;

          alcuni di questi istituti, quali la Scuola allievi marescialli dell'Arma dei carabinieri di Firenze, la Nunziatella di Napoli e la scuola di formazione e di applicazione dell'Esercito di Torino, contano molti allievi risultati positivi al Coronavirus;

          l'articolo 1, comma 9, lettera aa), del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020 prevede che «le amministrazioni di appartenenza possono, con decreto direttoriale generale o analogo provvedimento in relazione ai rispettivi ordinamenti, rideterminare le modalità didattiche ed organizzative dei corsi di formazione e di quelli a carattere universitario del personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, prevedendo anche il ricorso ad attività didattiche ed esami a distanza e l'eventuale soppressione di prove non ancora svoltesi, ferma restando la validità delle prove di esame già sostenute ai fini della formazione della graduatoria finale del corso (...)»;

          ad avviso degli interroganti è fondamentale agire applicando quanto già previsto l'articolo 1, comma 9, lettera aa) del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020 al fine di prevenire possibili focolai, tale da consentire di anticipare e non rincorrere il dilagarsi del Coronavirus –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intendano adottare ulteriori iniziative di competenza, volte scongiurare l'insorgere di prevedibili e ulteriori focolai e di nuovi contagi da COVID-19, tali da garantire il diritto alla salute e allo studio dei cadetti appartenenti agli Istituti di Formazione Militare e alle Accademie militari sicurezza, provvedendo alla immediata chiusura di tali luoghi e ricorrendo alla didattica a distanza come unico strumento di formazione.
(4-07407)

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta orale Zoffili e altri n. 3-01402 del 30 marzo 2020 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07425.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


      BITONCI, CAFFARATTO, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI e MURELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          tramite l'agenzia per il lavoro Adecco, Poste Italiane nell'anno 2018 ha pubblicato alcune offerte di lavoro per la mansione di autisti che si sarebbero dovuti occupare della guida, del carico e dello scarico del veicolo della consegna e ritiro dei carrelli, delle cassette e dei plichi nei centri di distribuzione e uffici postali, ma anche della vuotatura delle cassette di impostazione;

          Poste italiane possiede una vasta rete di presidio territoriale composta da circa 13.000 uffici postali e 16 centri di meccanizzazione, nei quali lavorano nel complesso circa 130.000 dipendenti;

          The Adecco Group è un'agenzia multinazionale di selezione del personale, con sede a Glattbrugg, nel Canton Zurigo in Svizzera. Il gruppo Adecco coinvolge circa 800.000 associati e 100.000 clienti supportati dai circa 34.000 dipendenti in oltre 5.100 filiali, sparse in oltre 60 Paesi e territori del mondo;

          il contratto di programma 2015-2019 tra il Ministro dello sviluppo economico e Poste Italiane S.p.A. disciplina le modalità di erogazione del servizio postale universale, nonché gli obblighi della società affidataria, i servizi resi agli utenti, i trasferimenti statali, la disciplina concernente l'emissione delle carte valori e le disposizioni in materia di rapporti internazionali;

          con varie comunicazioni a mezzo posta elettronica pervenute nelle ultime settimane, Adecco ha comunicato ad alcuni dipendenti la proroga della lettera di incarico presso l'utilizzatore Poste Italiane fino al 30 giugno 2020, mentre ad altri fino al 30 settembre 2020. Alla richiesta di chiarimenti presentata dai dipendenti, la società, a quanto consta all'interrogante, avrebbe rappresentato che i lavoratori prossimi a maturare i 24 mesi di attività lavorativa presso Poste non avrebbero dovuto aspettarsi ulteriori rinnovi, perché non in linea con gli indirizzi del cliente che in più circostanze ha mantenuto la medesima condotta;

          le comunicazioni inviate da Adecco ai propri dipendenti presuppongono che, anche in questo caso, la strategia di Poste sia quella di servirsi dei dipendenti interinali solo fino alla scadenza del biennio contrattuale ad avviso dell'interrogante sul presupposto che, superato tale limite, alcuni lavoratori potrebbero intraprendere azioni giudiziarie volte alla stabilizzazione presso Poste stessa. In realtà, i dipendenti oggetto di accordo interinale risultano tutti collocati stabilmente presso Adecco con contratti a tempo indeterminato con la conseguenza che una simile eventualità comunque non potrebbe verificarsi. Come disciplinato dall'articolo 24 del «Contratto collettivo nazionale di lavoro del 15 ottobre 2019 per la categoria delle agenzie di somministrazione di lavoro», infatti, i dipendenti sono a disposizione di Adecco che di volta in volta con lettera di assegnazione provvede a inviarli in missione presso un utilizzatore garantendosi addirittura la possibilità di variare l'assegnazione ad altra missione anche prima della scadenza del termine se il cliente non avesse più bisogno della loro attività lavorativa. In siffatta circostanza non esistono, come noto, termini temporali di durata del contratto o numero massimo di rinnovi, come nel caso dei contratti a tempo determinato, né limiti nel numero e nella durata delle missioni presso uno stesso utilizzatore per cui nessun dipendente interinale potrebbe agire giudizialmente contro Poste;

          da quanto appreso dall'interrogante i lavoratori interinali si trovano spesso a svolgere mansioni di responsabilità superiori a quelle previste dal loro contratto e hanno continuato a svolgere con responsabilità il loro servizio anche durante l'emergenza da Covid-19, pur sprovvisti, almeno all'inizio, di dispositivi di protezione individuale consapevoli dell'importanza del servizio svolto per la collettività –:

          se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza al riguardo e se non ritenga opportuno interagire con Poste Italiane affinché ponga in essere tutte le iniziative necessarie a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori interinali.
(4-05509)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, Poste italiane ed il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si rappresenta quanto segue.
      Gli interroganti fanno riferimento all'impiego, da parte di Poste italiane, di lavoratori in somministrazione per la mansione di autisti, che riguarda principalmente una tematica rientrante nell'alveo delle competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
      Tuttavia, al fine di trovare una soluzione alla problematica, è stata sentita nel merito della questione Poste italiane, la quale riferisce quanto segue.
      L'Azienda comunica di far ricorso ai contratti di somministrazione lavoro per le attività di trasporto. Con specifico riferimento al contratto in essere con la società Adecco, Poste Italiane, in particolare, ha riferito che lo stesso è stato attivato nella seconda metà del 2017 per sopperire a temporanei e specifici bisogni di personale sul territorio nazionale, in linea con le previsioni di legge vigenti.
      A tal ultimo proposito, si precisa che la somministrazione di lavoro, com'è noto, coinvolge tre soggetti: agenzie, lavoratori, impresa.
      Questi soggetti sono legati tra loro da due diverse forme contrattuali: il contratto di somministrazione stipulato tra utilizzatore e somministratore, che ha natura commerciale e può essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato; il contratto di lavoro stipulato tra somministratore e lavoratore, che può essere anch'esso sia a tempo determinato che a tempo indeterminato.
      Nel contratto di somministrazione a tempo determinato valgono le disposizioni previste dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, recante «Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183». In base a tale normativa, la data di inizio e la durata prevedibile della missione – che può essere prorogata con il consenso del lavoratore per iscritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore – devono essere comunicate per iscritto al prestatore di lavoro da parte del somministratore all'atto della stipulazione del contratto di lavoro ovvero all'atto dell'invio presso l'utilizzatore (articolo 33, comma 3).
      Il periodo di lavoro svolto da dipendenti assunti con contratto di somministrazione a tempo determinato andrebbe computato, secondo l'azienda, nel calcolo dei 24 mesi previsti come limite massimo di durata di un contratto a tempo determinato, oltre il quale il contratto si trasforma a tempo indeterminato.
      Il contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (cosiddetto
staff leasing) è anch'esso disciplinato dal citato decreto legislativo n. 81 del 2015. In particolare, l'articolo 31, comma 1, a riguardo prevede: «Salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore, il numero dei lavoratori somministrati con contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato non può eccedere il 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipula del predetto contratto [...]. Possono essere somministrati a tempo indeterminato esclusivamente i lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato».
      Ebbene, Poste italiane riferisce che il contratto commerciale in essere con la società Adecco è un contratto a tempo determinato e pertanto non prevede l'impiego di lavoratori somministrati a tempo indeterminato, ferma restando la facoltà per la società Adecco di assumere i lavoratori somministrati attraverso tale tipologia contrattuale.
      Pertanto, si è ritenuto che la missione del singolo lavoratore non dovesse eccedere i 24 mesi, tenuto conto che il contratto di Poste con la Società Adecco ha una durata predefinita, riconducibile all'istituto della somministrazione a termine.
      Poste Italiane riferisce altresì di aver voluto escludere qualsivoglia rischio che la somministrazione potesse essere considerata in frode alla disciplina dei contratti a termine. In secondo luogo, poiché nel rispetto dell'articolo 31, comma 1 del citato decreto legislativo n. 81 del 2015 «possono essere somministrati a tempo indeterminato esclusivamente i lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato».
      Per completezza di informazione, Poste italiane evidenzia che il personale in parola presta servizio in Azienda con la mansione di autista e con riconoscimento del trattamento economico previsto per il personale di Poste italiane adibito alle medesime attività. Tuttavia, è l'agenzia Adecco che procede alle relative selezioni, assume le risorse e le somministra all'azienda utilizzatrice le risorse, gestendo la dinamica evolutiva del rapporto di lavoro. Ne consegue che il rapporto con i lavoratori e le organizzazioni sindacali che li rappresentano è gestito in autonomia da Adecco.
      Gli Onorevoli interroganti riferiscono, inoltre, che i lavoratori somministrati si trovano spesso a svolgere mansioni di responsabilità superiori a quelle previste dal loro contratto e denunciano il fatto che, durante l'emergenza pandemica, gli stessi abbiano continuato a svolgere con responsabilità il loro servizio, pur sprovvisti, almeno all'inizio, di dispositivi di protezione individuale.
      Sul punto, Poste italiane risponde che i lavoratori somministrati sono stati adibiti all'attività di autisti, per la quale si ricorre al loro utilizzo, e non a mansioni superiori che, peraltro, non sono presenti in quell'ambito organizzativo. Quanto ai dispositivi di sicurezza, si è osservato che sono stati forniti agli autisti con le stesse modalità e tempistiche con cui sono stati forniti ai dipendenti di Poste Italiane che svolgono le medesime attività.
      Con riferimento alla vicenda oggetto dell'interrogazione in esame è stato sentito direttamente anche il Ministero del lavoro, il quale ha rilevato quanto segue.
      Ai sensi della normativa vigente, si deve ritenere che l'eventuale prosecuzione della missione, presso Poste italiane, di lavoratori assunti a tempo indeterminato dall'agenzia Adecco non incorrerebbe nella trasformazione del rapporto di lavoro per il superamento del limite temporale di 24 mesi. Tale conseguenza sanzionatoria, infatti, non si applica ai lavoratori che siano stati assunti a tempo indeterminato dall'agenzia di somministrazione, come sembra avere fatto, nel caso di specie, l'agenzia Adecco.
      Sul punto, in effetti, il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 recante «Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese» (decreto dignità), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, ha esteso il limite temporale di 24 mesi (derogabile dalla contrattazione collettiva) al cumulo dei rapporti di lavoro a termine a scopo di somministrazione, di cui all'articolo 34, comma 2 del citato decreto legislativo n. 81 del 2015, al fine di limitare il precariato e di promuovere l'occupazione a tempo indeterminato. Detto limite temporale si applica ai rapporti a termine instaurati dal lavoratore con lo stesso datore di lavoro o, in caso di somministrazione, con lo stesso utilizzatore, per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria; alla scadenza, il datore di lavoro – o l'utilizzatore nel caso di somministrazione – non possono instaurare ulteriori rapporti a termine con lo stesso lavoratore per lo svolgimento delle medesime mansioni, pena la conversione degli stessi in rapporti a tempo indeterminato.
      Il decreto-legge in esame non ha, però, previsto alcun limite temporale in caso di somministrazione a tempo indeterminato. Infatti, ai sensi dell'articolo 31 del citato decreto legislativo n. 81 del 2015, i lavoratori assunti a tempo indeterminato da una agenzia di somministrazione possono essere inviati in missione presso l'utilizzatore senza obbligo di indicare la causale o i limiti di durata, fermo restando la necessità di rispettare i soli limiti percentuali stabiliti dal medesimo articolo 31.
      Tale posizione interpretativa è stata assunta esplicitamente dal Ministero del lavoro con circolare n. 17 del 31 ottobre 2018 avente ad oggetto: «Decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96. Articoli 1 e 2, in materia di contratto di lavoro a tempo determinato e somministrazione di lavoro».
      In conclusione, la questione potrà essere risolta solo a seguito di nuove valutazioni dello stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale è direttamente competente sulla materia oggetto della presente interrogazione.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Stefano Buffagni.


      BRAMBILLA, PRESTIPINO, FRASSINETTI, BIANCOFIORE e ZANELLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          l'8 maggio 2020 le agenzie di stampa (per esempio l'Adnkronos delle 16,43) e i media online hanno riferito di un orribile caso di maltrattamento e uccisione di animale avvenuto nel pomeriggio del giorno procedente a Priolo (Siracusa);

          secondo le fonti di stampa, i carabinieri – avvertiti da un ciclista di passaggio – hanno contestato ad un pensionato di 69 anni l'accusa di aver legato le zampe anteriori di un cane randagio al paraurti posteriore della propria auto, trascinandolo a lungo su una strada di campagna. L'animale, nonostante le immediate cure veterinarie ricevute, è deceduto. Il pensionato non avrebbe fornito spiegazioni;

          per essere valutato in tutta la sua gravità, il fatto non ha bisogno di lunghe descrizioni. Si tratta purtroppo di un crimine ancora molto diffuso che, proprio per la frequenza con cui viene commesso, ha indotto numerosi parlamentari, comprese le interroganti, a presentare progetti di legge per inasprire le pene a carico di chi maltratta e uccide gli animali –:

          quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per inasprire e rendere effettive le sanzioni penali (incluso il carcere) a carico dei soggetti che si macchiano di tali ripugnanti reati.
(4-05673)

      Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti, prendendo le mosse dalla recente notizia di un caso di maltrattamenti in danno di un cane, protrattisi sino a cagionare la morte dell'animale, dopo avere ricordato i molteplici progetti di legge presentati dai parlamentari, volti ad inasprire il trattamento sanzionatorio comminato a carico di chi maltratta e uccide gli animali, chiedono di conoscere «quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per inasprire e rendere effettive le sanzioni penali (incluso il carcere) a carico dei soggetti che si macchiano di tali ripugnanti reati».
      Rispetto alla suddetta notizia, si rappresenta innanzitutto che presso la procura della Repubblica di Siracusa è stato iscritto il procedimento penale n. 2788 R.G. mod. 21 per il reato di uccisione, con crudeltà, di cane di razza meticcia, consumato in Priolo Gargallo in data 07 maggio 2020.
      Ciò premesso, la materia specifica è stata oggetto di intervento con la legge 20 luglio 2004, n. 189, recante «Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento di animali nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate », volta a trasformare in delitti gli illeciti in materia di animali, originariamente puniti come contravvenzioni dal codice penale, nonché ad inasprire decisamente la risposta sanzionatoria per le singole condotte incriminate.
      In particolare, con il suddetto intervento è stato inserito nel libro II del codice penale il titolo IX
-bis intitolato «Dei delitti contro il sentimento per gli animali», composto di cinque articoli, quattro dei quali introducono nuove figure delittuose.
      Per alcune delle condotte incriminate, il trattamento sanzionatorio è stato ulteriormente inasprito dalle disposizioni della legge 4 novembre 2010, n. 201, recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno».
      La prima fattispecie introdotta nel codice penale con la legge n. 189 del 2004, V «Uccisione di animali» di cui all'articolo 544
-ter, incrimina la condotta di chiunque cagioni la morte di un animale: tale previsione che riconosce il valore giuridico della vita dell'animale, individuandolo come soggetto passivo del reato.
      La norma introduce un reato comune, a forma libera; la condotta descritta dalla fattispecie ricalca quella dell'omicidio di cui all'articolo 575 del codice penale; al fine di escludere eventuali potenziali conflitti con altri beni giuridici, il legislatore ha però individuato fra gli elementi oggettivi del fatto anche quelli dell'«assenza di necessità» e della «crudeltà», che operano in aggiunta alle ordinarie scriminanti, e che escludono l'operatività della fattispecie qualora, in ragione delle concrete circostanze del fatto, tramite l'uccisione dell'animale il soggetto attivo soddisfi un interesse ritenuto dalla generalità dei consociati apprezzabile o nell'ipotesi in cui non abbia inteso infliggere la morte all'animale sotto la spinta di un motivo riprovevole quale, appunto, la crudeltà. Il trattamento edittale previsto dalla fattispecie in questione è stato oggetto di incremento ad opera dell'articolo 3 della legge 4 novembre 2010, n. 201: la forbice edittale oggi prevista va da un minimo di quattro mesi ad un massimo di due anni di reclusione.
      Segue il delitto di «Maltrattamento di animali», rubrica sotto la quale l'articolo 544
-ter del codice penale riunisce più ipotesi autonome di reato.
      La prima ipotesi, disciplinata dal primo comma, consiste nel cagionare all'animale una lesione per crudeltà o senza necessità (nel provocargli, quindi, una malattia atta a determinare un'alterazione anatomica o funzionale, anche se non definitiva, del suo organismo) o nel sottoporlo a sevizie, comportamenti, fatiche e lavori che provocano patimenti «insopportabili per le sue caratteristiche etologiche», ovvero per quello che è il comportamento proprio della specie di riferimento dell'animale, così come ricostruito dalle scienze naturali.
      Il secondo comma della disposizione sanziona due ulteriori condotte, alternative fra loro, consistenti nella somministrazione agli animali di sostanze stupefacenti o vietate o nella sottoposizione degli animali a trattamenti che procurano loro un danno alla salute.
      Per tali condotte, così come per quella contemplata al comma primo, il trattamento sanzionatorio è identico e, a seguito dell'incremento apportato con l'articolo 3 della legge 4 novembre 2010 n. 201, è oggi previsto nella misura della reclusione da tre mesi a diciotto mesi e della multa da 5.000 a 30.000 euro.
      Il terzo comma della disposizione prevede invece una circostanza aggravante ad effetto speciale che opera quando, per effetto delle condotte descritte al primo comma, l'animale muoia: in tal caso, e sempre che la morte non sia voluta, la pena è aumentata della metà rispetto a quella prevista per le fattispecie semplici.
      Sotto la rubrica «Spettacoli o manifestazioni vietati», l'articolo 544
-quater sanziona con la pena della reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a 15.000 euro, salvo che il fatto costituisca più grave reato, la condotta di colui che organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali. Anche questa disposizione prevede una circostanza aggravante: il secondo comma dell'articolo 544-quater commina un aumento della pena da un terzo alla metà di quella di cui al comma primo, per il caso che le condotte incriminate siano commesse in relazione all'esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto o se da esse deriva la morte dell'animale.
      L'articolo 544
-quinquies del codice penale, sotto la rubrica «Divieto di combattimento tra animali», contiene, infine, più fattispecie autonome di reato.
      La prima attiene alla condotta di chi promuove, organizza o dirige combattimenti e o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica.
      Per tali condotte è prevista una pena più elevata rispetto a quella comminata per tutte le altre fattispecie incriminatrici di cui è composto il titolo IX
-bis: si parte infatti da un minimo edittale di un anno di reclusione e 50.000 di multa sino a raggiungere il limite massimo di tre anni di reclusione e 160.000 di multa.
      Detta pena può essere ulteriormente aggravata da un terzo alla metà qualora ricorra una delle circostanze aggravanti che la medesima disposizione elenca: si tratta dell'ipotesi in cui le attività vietate siano commesse in concorso con minori o ad opera di persone armate, del caso in cui le attività sono promosse mediante l'utilizzo di materiali che riprendono combattimenti, o, infine, se l'autore del reato provvede, in qualsiasi maniera, a registrare i combattimenti o le competizioni.
      Le ulteriori figure autonome di reato che l'articolo in esame sanziona incriminano condotte propedeutiche o accessorie rispetto a quella della promozione, organizzazione e direzione di combattimenti o competizioni: si tratta dell'allevamento e dell'addestramento di animali destinati al combattimento, della messa a disposizione degli animali da parte dei proprietari consenzienti e dell'organizzazione e dell'effettuazione di scommesse sui combattimenti e le competizioni vietate.
      Per ciascuna di dette condotte la pena comminata è quella della reclusione da tre mesi sino a due anni e della multa da 5.000 a 30.000 euro.
      Prevedono inoltre la tutela penale agli animali anche le fattispecie contravvenzionali di cui agli articoli 727 e 121
-bis del codice penale.
      La prima delle due disposizioni ricordate, che nell'impianto originario del codice esauriva la suddetta tutela, è stata oggetto di intervento ad opera della legge 20 luglio 2004, n. 189, che ne ha sostituito il contenuto per adeguarlo all'operata trasformazione in delitti di talune delle condotte di reato precedentemente in esso ricomprese.
      Oggi l'articolo 727 del codice penale, rubricato «Abbandono di animali», contiene due autonome figure di reato, punite entrambe con la pena alternativa dell'arresto sino ad un anno o dell'ammenda da 1.000 a 10.000 euro: l'abbandono di animali domestici, o di quelli che hanno comunque acquisito le attitudini della cattività, e la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e che cagionino grave sofferenza.
      La seconda figura contravvenzionale è stata introdotta dall'articolo 1, comma I, lettera
a) del decreto legislativo 7 luglio 2011, n. 121, con il quale è stata esercitata la delega ad adottare uno o più decreti legislativi al fine di recepire le disposizioni contenute nella direttiva del 19 novembre 2008 n. 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente e nella direttiva 21 ottobre 2009, n. 2009/123/CE che modifica la direttiva 7 settembre 2005, n. 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni.
      Si tratta dell'articolo 727
-bis del codice penale, che sotto la rubrica «Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette», sanziona le condotte descritte dalla rubrica, riguardanti gli esemplari delle specie animali protette, con l'arresto da uno a sei mesi o con l'ammenda sino a 4.000 euro, salvo che il fatto non costituisca più grave reato.
      In linea con il bene giuridico tutelato da tale previsione incriminatrice, che non è il singolo animale, ma la sua specie e l'
habitat, la norma prevede l'esclusione di ogni rilievo penale alle condotte descritte nel caso in cui l'azione «riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari, e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie».
      Come ricordato dagli interroganti, nel corso di questa legislatura sono state presentate numerose proposte di legge relative alla tutela penale degli animali.
      Quelle di più ampia portata attualmente pendenti sono:

              A.S. 1356 presentato dal senatore Francesco Bruzzone e altri: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, nonché ad altre disposizioni in materia di tutela degli animali domestici e di affezione»;
              AS. 1344 presentato dalla senatrice Julia Unterberger e altri: «Disposizioni in materia di tutela degli animali»;
              A.S. 1078 presentato dal senatore Gianluca Perilli e altri: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al codice civile, nonché altre disposizioni in materia di tutela degli animali»;
              A.S. 1030 presentato dalla senatrice Rosellina Sbrana: «Modifiche al codice penale e alle altre norme a tutela degli animali»;
              A.S. 360 presentato dalla senatrice Monica Cirinnà e altri: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di reati contro gli animali»;
              A.C. 1930 presentato dall'onorevole Manfredi Potenti e altri: «Introduzione dell'articolo 544
-septies del codice penale, in materia di diffusione nell'ambiente di sostanze nocive destinate a provocare la morte di animali domestici o selvatici»;
              A.C. 1890 presentato dall'onorevole Carmen Di Lauro: «Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale, e altre disposizioni in materia di tutela degli animali»;
              A.C. 999 presentato dall'onorevole Paolo Parentela: «Modifica all'articolo 544
-ter del codice penale, in materia di divieto di utilizzazione degli animali come richiami nell'attività venatoria, e disposizioni concernenti la liberazione degli esemplari utilizzati a tale fine»;
              A.C. 950 presentato dall'onorevole Cosimo Maria Ferri: «Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di reati contro gli animali»;
              A.C. 501 presentato dall'onorevole Walter Rizzetto: «Modifiche al codice penale in materia di reati contro gli animali»;
              A.C. 101 presentato dall'onorevole Michela Vittoria Brambilla: «Introduzione dell'articolo 441
-bis del codice penale, in materia di detenzione e impiego di esche e bocconi avvelenati per l'uccisione di animali, nonché disposizioni concernenti lo svolgimento di attività di disinfestazione».

      L'attenzione del Ministero resta alta, con disponibilità a valutare la possibilità di percorrere ogni strada per arginare simili episodi di violenza.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


      CECCHETTI, BONIARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          recentemente si è appreso dalla stampa che la procura di Bologna ha chiesto il rinvio a giudizio di quattro cittadini stranieri, due somali di 23 e 30 anni e due etiopi di 23 anni, con l'accusa di «finanziamento di condotte con finalità di terrorismo e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina»;

          in particolare, agli stessi sarebbe stato contestato di aver raccolto e inviato in Somalia soldi destinati a comprare armi e munizioni per i gruppi terroristici Onlf (Ogaden national liberation front) e Al-Shabaab, la stessa organizzazione ritenuta responsabile del rapimento di Silvia Romano, e gli stessi avrebbero inviato denaro agli jihadisti in concorso con altri soggetti «non identificati»;

          secondo quanto emerso dalla trasmissione «Fuori dal Coro», andata in onda sull'emittente Rete 4 il 9 giugno 2020, gli arrestati vivevano tutti a Milano e nella sua provincia;

          difatti, uno di essi, Isidiin Ahmed fino al momento dell'arresto risultava avere la residenza presso l'associazione Progetto Arca di via San Giovanni alla Paglia a Milano, sebbene, secondo quanto dichiarato al giornalista da un operatore del centro, non abbia mai vissuto nella struttura e nessuno sapesse dove fosse in realtà, mentre un altro, Dubad Rashid, che «in Italia raccoglieva fondi per l'acquisto di armi e munizioni destinate ai terroristi in Somalia», abitava con altri invece in uno scantinato a Cinisello Balsamo;

          dall'inchiesta giornalistica sembra, dunque, emergere l'esistenza a Milano di una vera e propria rete a sostegno dei terroristi islamici, non del tutto debellata che, in tutti questi mesi, ha potuto operare indisturbata nel nostro Paese;

          solo grazie all'impegno delle forze dell'ordine si è potuto giungere all'individuazione e all'arresto dei componenti della cellula che operava nella provincia di Milano;

          tuttavia uno degli arrestati, Osman Cabdiqani, che «favoriva l'immigrazione clandestina nell'ambito di una rete a sostegno di gruppi jihadisti», si trova attualmente agli arresti domiciliari ad Arese, ospite di una famiglia, e dunque, alla luce delle considerazioni sopra svolte, dopo averne appreso la notizia dal servizio andato in onda, ciò ha destato notevole e legittima preoccupazione tra la cittadinanza –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda promuovere o abbia eventualmente già assunto, anche nel quadro delle attività di prevenzione e di controllo del territorio, al fine di garantire adeguate misure in rapporto agli arresti domiciliari di uno degli arrestati, stante anche il concorso con altri soggetti non ancora identificati, e a favore dei cittadini di Arese legittimamente preoccupati, in particolare sotto il profilo dell'ordine pubblico.
(4-06015)

      Risposta. — Con riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, relativi all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, si rappresenta quanto segue.
      Il 3 giugno 2020, all'esito di una complessa indagine coordinata dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna e svolta dalla locale questura, è stata avanzata una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di due cittadini somali e due etiopi, tutti già sottoposti in data 29 maggio 2019 alla misura del fermo di indiziato di delitto, in quanto ritenuti responsabili della raccolta e dell'invio di denaro destinato a essere utilizzato nell'ambito di attività finalizzate a terrorismo, nonché al favoreggiamento dell'immigrazione irregolare in Italia.
      L'attività investigativa ha consentito di raccogliere elementi di prova relativi all'opera di raccolta fondi posta in essere in particolare da tre degli indagati che, in concorso tra loro, reperivano denaro tra i connazionali residenti in Italia e all'estero allo scopo di acquistare armi dirette ad organizzazioni combattenti antigovernative.
      Al riguardo, si evidenzia come, allo stato, nei confronti dei tre indagati sia stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere, in attesa dell'udienza preliminare davanti al giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Bologna.
      Con riferimento, invece, al quarto cittadino straniero, denunciato per il solo reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina si rileva come lo stesso sia stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, tramite l'utilizzo del cosiddetto braccialetto elettronico, in corso di esecuzione presso un'abitazione privata.
      Si soggiunge, infine, che la vigilanza all'ottemperanza alla predetta misura è stata affidata, per competenza territoriale, alla stazione dei carabinieri di Arese.
      

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


      CENTEMERO e FORMENTINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          in Egeo è ormai in atto una crisi pericolosa che contrappone Grecia e Turchia in merito allo sfruttamento delle risorse economiche marine e sottomarine locali;

          all'origine della crisi c'è la richiesta turca di una correzione della Zona economica esclusiva greca, che viene sostenuta con ampio dispiegamento di mezzi militari e provocazioni politiche di varia natura;

          una nave turca per le prospezioni è stata inviata dalla Turchia verso le aree di mare rivendicate, determinando la reazione greca e l'attivazione di un complesso ciclo di mosse e contromosse, il cui tratto saliente è lo svolgimento di frequenti esercitazioni aeromarittime, anche a fuoco, e il dispiegamento di unità delle forze terrestri delle due parti in prossimità dei confini;

          l'atteggiamento italiano nel frangente non è stato finora fra i più chiari, dal momento che, nell'area marittima principalmente interessata, tra l'isola di Creta e la Repubblica di Cipro, è stato inviato il cacciatorpediniere De La Penne, che si è esercitato in rapida successione sia con la Marina turca, che con la Marina greca; in quest'ultimo caso insieme ad asset aeronavali forniti anche da Francia ed Emirati Arabi Uniti;

          le manovre con la Turchia sarebbero state di breve durata e si sarebbero svolte nella cornice della Nato, mentre quelle con greci, francesi ed emiratini sarebbero state più lunghe e complesse, in un arco temporale di tre giorni;

          nel 2018, la Marina militare turca indusse la Saipem 12000, che operava al largo di Cipro nel quadro dell'esercizio di una legittima concessione, ad allontanarsi dalle acque in cui si trovava, senza che si verificasse alcun intervento navale italiano che ne tutelasse i diritti;

          il contenzioso greco-turco si è recentemente aggravato in conseguenza delle dichiarazioni di alcuni esponenti politici turchi, secondo i quali alla Turchia andrebbero restituite le isole del Dodecaneso, assegnate alla Grecia dal Trattato di pace di Parigi nel 1947 –:

          quali iniziative il Governo intenda assumere, anche a tutela degli interessi economici nazionali nell'area, per concorrere al contenimento delle iniziative politico-militari intraprese unilateralmente dalla Turchia per sostenere la rivendicazione del proprio diritto ad una Zona economica esclusiva più ampia.
(4-06842)

      Risposta. — Il Governo italiano segue con la massima attenzione gli sviluppi nel Mediterraneo orientale connessi alle opposte rivendicazioni su una porzione di piattaforma continentale da parte della Turchia, da un lato, e di Grecia e Cipro, dall'altro, che stanno generando contrasti tra i tre Paesi per la delimitazione delle rispettive giurisdizioni marittime.
      La posizione italiana rimane ispirata alla piena solidarietà nei confronti della Grecia e di Cipro, come attestato in più occasioni. In questo quadro, l'Italia è impegnata a promuovere una riduzione delle tensioni nella regione, attraverso intensi contatti telefonici e frequenti incontri bilaterali al più alto livello con tutte le parti interessate, Nei numerosi contatti a livello politico con le controparti turche è stato infatti reiterato l'invito alla moderazione e ad astenersi da azioni unilaterali.
      A complemento dell'azione sul piano bilaterale, nell'ambito dell'Unione europea il Governo italiano ha sostenuto con convinzione lo sforzo di mediazione condotto dalla Presidenza tedesca e dall'Alto rappresentante Borrell, onde lasciare il necessario spazio per l'avvio del dialogo tra le parti, nella convinzione che sia necessario, in questa fase, dare ancora spazio alle opportunità esistenti per promuovere un processo virtuoso che affronti alla radice i problemi del Mediterraneo orientale, ovvero la delimitazione delle rispettive giurisdizioni marittime in un quadro di dialogo ed in conformità al diritto internazionale, che, a tal fine, tiene conto di molteplici criteri. È stata inoltre incoraggiata l'azione svolta dal Segretario generale della NATO Stoltenberg a tutela dell'unità e coesione dell'Alleanza Atlantica, di cui si è avuto un primo risultato con la definizione tra Grecia e Turchia di un meccanismo di
de-confliction a livello-tecnico militare volto ad evitare incidenti nella regione.
      Vorrei inoltre ricordare l'azione a tutela degli interessi energetici nazionali svolta dal Governo italiano nell'ambito del Foro del gas del Mediterraneo orientale (
East Mediterranean Gas Forum - EMGF). In aggiunta al nostro Paese, il Foro riunisce Egitto, Grecia, Cipro, Israele, Giordania e Autorità palestinese, e la Commissione dell'Unione europea nel ruolo di osservatore, allo scopo di confrontarsi (coinvolgendo il settore privato) su politiche comuni per l'utilizzo delle riserve di gas nel Mediterraneo orientale, in vista della promozione di un mercato mutuamente vantaggioso e sicuro nella regione, con ricadute potenziali anche oltre i suoi confini. La cooperazione energetica regionale offre d'altro canto uno strumento decisivo per ricomporre rivalità geopolitiche in un'ottica di interessi comuni e vantaggi condivisi. Proprio nel Mediterraneo orientale, l'ultimo decennio ha al riguardo dimostrato, grazie alla costruzione del Corridoio meridionale del gas ed alla più recente istituzione dell'EMGF, che contrapposizioni radicate possono cedere il passo a efficaci formati di cooperazione convenienti per tutti gli attori regionali.
      Alla luce di quanto riportato, l'Italia sostiene convintamente un dialogo tra Turchia, Grecia e Cipro – e tra Turchia e Unione europea – basato anche sul valore inclusivo dell'energia, ovvero sul fatto che la risoluzione delle questioni energetiche debba essere perseguita in maniera da assicurarne un'equa ripartizione dei benefici, rivelandosi così condizione abilitante sia per il concreto sfruttamento delle risorse da parte di tutti gli attori interessati, inclusa l'Italia, sia impulso per un dialogo politico complessivo.
      Tutto ciò premesso, si assicura che il Governo continuerà a monitorare con particolare attenzione l'evoluzione della situazione e a vegliare affinché siano tutelati gli interessi italiani, anche economici, nel Mediterraneo orientale, operando affinché sia scongiurato il rischio di derive escalatorie e di una prosecuzione di azioni unilaterali. Il tutto operando tanto sul piano bilaterale, nei contatti con i Paesi coinvolti, sia promuovendo una linea comune in seno all'Unione europea, ove il tema delle tensioni in quell'area figura costantemente in agenda.
      

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


      CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          la disoccupazione, in particolar modo quella giovanile, continua ad essere un problema irrisolto del nostro Paese e molti sono i giovani che per fronteggiare questa annosa situazione con sacrificio affidano le proprie aspettative lavorative al superamento di concorsi pubblici;

          tuttavia, tali speranze sovente vengono disattese da scelte politiche incomprensibili ed immotivate;

          è ormai dal 2012 che circa 170 giovani risultati idonei al concorso allievo agente di polizia penitenziaria «375+80» attendono di poter affrontare le visite psico-attitudinali propedeutiche all'accesso al corpo;

          a fronte di tale situazione incresciosa, protrattasi negli anni, il Governo piuttosto che continuare con lo scorrimento della graduatoria del medesimo concorso ha inopinatamente ritenuto, per la copertura delle relative carenze di organico, di procedere con l'indizione di nuove procedure concorsuali, ed infatti ad aprile 2020 uscirà un nuovo concorso per la polizia penitenziaria per la copertura di 1.300 posti;

          sulla questione, l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 28 luglio 2011, n. 14, ha imposto alle pubbliche amministrazioni di «tenere nel massimo rilievo la circostanza che l'ordinamento attuale afferma un generale favore per l'utilizzazione delle graduatorie degli idonei, che recede solo in presenza di speciali discipline di settore o di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico prevalenti, che devono, comunque, essere puntualmente enucleate nel provvedimento di indizione del nuovo concorso»;

          ed ancora, il Consiglio di Stato con le recentissime sentenze n. 3407 del 4 luglio 2014 e n. 4119 del 10 agosto 2014 ha ribadito che, in presenza di graduatorie valide ed efficaci per l'assunzione di nuovo personale, l'amministrazione deve provvedere attraverso lo scorrimento delle stesse. In tale situazione, la possibilità di bandire un nuovo concorso costituisce ipotesi eccezionale, considerata con sfavore dal legislatore più recente, in quanto contraria ai principi di economicità ed efficacia dell'azione amministrativa;

          inoltre, come osserva la giurisprudenza amministrativa, le norme susseguitesi nel tempo in tema di scorrimento di graduatorie «sul piano sistematico, ne hanno rafforzato il ruolo di modalità ordinaria di provvista del personale, tanto più giustificata in relazione alla finalità primaria di ridurre i costi gravanti sulla amministrazione per gestione delle procedure selettive»;

          aspetto quest'ultimo oltremodo pregnante rispetto al pubblico concorso che inevitabilmente richiede l'impiego di risorse erariali per i costi connessi alla procedura in questione;

          infatti, il blocco delle graduatorie, a livello nazionale, comportando un grande spreco di denaro pubblico, va nella direzione opposta alla politica dei tagli nella pubblica amministrazione attuata dal Governo, quando, invece, la soluzione più semplice, che permetterebbe un reale risparmio per il cittadino, è data proprio dallo scorrimento di tutte le graduatorie incomprensibilmente bloccate, garantendo, altresì, quell'iniezione di gioventù davvero indispensabile in un settore come quello della difesa;

          è proprio l'articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che, prevedendo l'efficacia delle graduatorie dei concorsi in tre anni, risponde all'evidente esigenza di riduzione dei costi connessi all'espletamento di dette procedure, senza, tuttavia, svilire la funzione assolta dai concorsi;

          a giudizio dell'interrogante l'amministrazione, in assenza di una disciplina derogatoria, non può decidere sic et simpliciter di bandire un concorso, prescindendo dalla vigenza di una graduatoria di idonei, violando palesemente i principi di economicità, efficacia ed imparzialità cui deve essere spirata l'azione della pubblica amministrazione;

          il prezzo da pagare per tale inefficienza è peraltro enorme, sia dal punto di vista prettamente economico, sia dal punto di vista della sicurezza garantita al cittadino che ormai non può più contare su organici sufficientemente corposi –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali opportune iniziative intenda adottare per procedere allo scorrimento della graduatoria pubblicata sul bollettino ufficiale n. 7 del 15 aprile 2013 del sopracitato concorso per allievi agenti di polizia penitenziaria.
(4-04916)

      Risposta. — In relazione alla richiesta di cui all'atto di sindacato ispettivo in esame, riguardante lo scorrimento della graduatoria del concorso a n. 375 posti di allievo agente di polizia penitenziaria del ruolo maschile indetto con P.D.G. 29 novembre 2011 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - IV Serie speciale «Concorsi ed esami» 13 dicembre 2011, n. 98, pubblicata nel Bollettino ufficiale n. 7 del 15 aprile 2013 del concorso per allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria e riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno, ovvero in rafferma annuale, si rappresenta quanto segue.
      L'assunto dell'interrogante, secondo cui va effettuato lo scorrimento della relativa graduatoria finale di merito e non vanno invece indette nuove procedure concorsuali finalizzate alla copertura delle carenza di organico del personale del Corpo, si fonda sulla ritenuta attualità della medesima graduatoria, alla luce delle decisioni del Consiglio di Stato, nonché dell'articolo 35, comma 5-
ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001.
      In particolare viene ritenuto che, in assenza di una disciplina derogatoria, l'Amministrazione non possa decidere,
sic et simpliciter, di bandire un concorso prescindendo dalla vigenza di una graduatoria di idonei, così violando i principi di economicità, efficacia e imparzialità cui deve essere ispirata l'azione della Pubblica amministrazione.
      Innanzitutto, secondo l'articolo 9, comma 9 del bando di concorso, sarebbero stati ammessi alla successiva fase degli accertamenti psicofisici e attitudinali i candidati risultati idonei alla prova scritta e classificatisi tra i primi 1.400 in ordine di merito, nonché tutti i candidati con lo stesso punteggio del concorrente collocatosi all'ultimo posto; l'articolo 14 ha inoltre previsto che, ultimata la prova d'esame e i successivi accertamenti psicofisici e attitudinali, la Commissione avrebbe redatto, per i soli aspiranti idonei, la graduatoria di merito, secondo il punteggio conseguito nella prova d'esame e i titoli indicati nel bando, tratti dall'estratto della documentazione di servizio rilasciata dalle competenti autorità militari.
      Occorre precisare al riguardo che il bando di concorso era stato emanato in costanza di disposizioni normative che facevano presumere l'assunzione nella qualifica iniziale del ruolo maschile degli agenti e assistenti del Corpo di polizia penitenziaria di circa 1.300/1.400 unità; come è noto, invece, l'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, modificando il previgente articolo 66, comma 9-
bis, della legge n. 133 del 2008, ha disposto per l'anno 2012 la riduzione dal 100 per cento al 20 per cento della percentuale del turn over e del budget assunzionale.
      Durante l'espletamento della procedura concorsuale è emerso che le unità da assumere attingendo dalla graduatoria del concorso in argomento (375 posti) sarebbero state in numero certamente inferiore a quello preventivato; considerate anche le disposizioni relative alla
spending review, l'Amministrazione ha dunque ritenuto, per evidenti ragioni di economia, di non convocare per gli accertamenti psico-fisici e attitudinali il numero previsto inizialmente dal bando, ma si è limitata alla sola convocazione di coloro che presumibilmente sarebbero stati in posizione utile per l'assunzione diretta nel Corpo di polizia penitenziaria e per l'assunzione differita nelle Forze armate (con diritto all'assunzione nel Corpo di polizia penitenziaria decorsi quattro anni di servizio nelle Forze armate), oltre ad una percentuale minima (pari a circa l'8 per cento per eventuali evenienze.
      Ciò ha comportato un sicuro risparmio per l'Amministrazione e nessun danno per i candidati i quali, indipendentemente dal superamento dei predetti accertamenti, sono stati tutti inseriti nella graduatoria del concorso, determinata sulla base del risultato della prova d'esame e della valutazione dei titoli nei confronti di tutti i concorrenti idonei alla stessa, e approvata con P.D.G. 13 dicembre 2012.
      Per effetto delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19 (il quale ha prorogato, fra l'altro, la graduatoria in questione, stabilendo, in via eccezionale, la possibilità di procedere all'assunzione di n. 887 unità di agenti di Polizia penitenziaria ed ha indicato precise modalità attuative, anche mediante lo scorrimento delle graduatorie degli idonei non vincitori dei medesimi concorsi approvate in data non anteriore al 1° gennaio 2012 attribuendo, in ogni caso, precedenza alle graduatorie relative ai concorsi più recenti), si è successivamente proceduto allo scorrimento e relativa assunzione dei candidati presenti nella graduatoria in argomento; successive autorizzazioni ad assunzioni straordinarie, anche mediante scorrimento di graduatorie di concorsi già conclusi, non hanno riguardato la graduatoria in questione.
      Allo stato, i candidati per il ruolo maschile che residuano in graduatoria sono n. 497, a partire dalla posizione 1.254 e fino alla posizione 1.750.
      La questione relativa all'ulteriore scorrimento della graduatoria in argomento, anche alla luce della proroga della validità delle graduatorie disposta in via generale dall'articolo 1, comma 362, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, è stata già affrontata dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ed è stata inoltre oggetto di specifico quesito al Dipartimento della funzione pubblica.
      La legge n. 145 del 2018 ha comunque previsto espressamente all'articolo 1, comma 382, che «al fine di incrementare l'efficienza degli istituti penitenziari, nonché per le indifferibili necessità di prevenzione e contrasto della diffusione dell'ideologia di matrice terroristica in ambito carcerario, è autorizzata, in deroga a quanto previsto dall'articolo 66, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, l'assunzione nel ruolo iniziale del Corpo di polizia penitenziaria, non prima del 1° marzo 2019, di complessive 1.300 unità e, al comma 383, che alle assunzioni di cui al comma 382 si provvede, in deroga a quanto previsto dall'articolo 2199 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, mediante scorrimento delle graduatorie vigenti, attingendo in via prioritaria a quelle approvate nell'anno 2017 e, per i posti residui, in parti uguali, a quelle approvate nell'anno 2018»; la norma non contiene alcun riferimento alle graduatorie degli anni antecedenti al 2017.
      In attuazione di dette disposizioni, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nei mesi di giugno e settembre 2019 ha dato avvio, rispettivamente, al 176° e 177° corso di formazione per complessive 1.149 unità, esaurendo le graduatorie degli anni 2017 e 2018. Per i posti residui, con P.D.G. 21 ottobre 2019, pubblicato nella
Gazzetta ufficiale n. 89 del 12 novembre 2019, si è proceduto all'aumento dei posti del concorso pubblico in atto a complessivi 754 posti di allievo agente del ruolo maschile e femminile del Corpo di polizia penitenziaria, indetto con P.D.G. 11 febbraio 2019, pubblicato nella Gazzetta ufficiale - IV Serie speciale «Concorsi ed esami» n. 18 del 5 marzo 2019.
      Contrariamente a quanto affermato dall'interrogante, in materia di concorsi per il reclutamento di personale nella carriera iniziale delle Forze di polizia, vige dunque il principio della annualità del concorso, come stabilito dall'articolo 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante: «Codice dell'ordinamento militare»; tale principio, consolidato anche per giurisprudenza costante, preclude la possibilità di operare scorrimenti di graduatorie di concorsi già conclusi, se non in casi eccezionali, appunto in deroga alla vigente normativa e in ogni caso disposti da specifica norma di legge. Proprio in quanto la materia è disciplinata da specifica normativa di settore, non si ritiene applicabile la disciplina relativa alla validità delle graduatorie prevista per la generalità del pubblico impiego.
      Sul punto si è espresso favorevolmente a questa Amministrazione anche il TAR Lazio (Sezione prima quater - ordinanza n. 07036/2019), il quale ha respinto l'istanza cautelare nel ricorso avanzato proprio da un candidato idoneo non vincitore della graduatoria in questione, avverso i provvedimenti adottati dall'Amministrazione in attuazione delle sopracitate disposizioni di cui all'articolo 1, commi 382 e 383, della legge n. 145 del 2018, relativi all'assunzione straordinaria di 1.300 allievi agenti di Polizia penitenziaria, mediante scorrimento delle graduatorie degli anni 2017 e 2018, «ritenuto che, ad un primo sommario esame non sembra che la proroga di validità delle graduatorie, disposta per la generalità del pubblico impiego dall'articolo 1, comma 362, della legge numero 145 del 2018 sia applicabile anche alle assunzioni nel Corpo di polizia penitenziaria, disciplinate con norma speciale, dai commi 382 e 383 dell'articolo 1 della legge richiamata».
      Si ritiene pertanto che la validità della graduatoria del concorso pubblico indetto con P.D.G. 29 novembre 2011 (peraltro già oggetto di scorrimento come sopra indicato), anche alla luce della citata decisione del TAR Lazio, sia da ritenersi ormai esaurita. L'articolo 35, comma 5-
ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001, il quale disciplina l'efficacia delle graduatorie dei concorsi, fissata in tre anni proprio allo scopo di ridurre i costi connessi all'espletamento delle procedure concorsuali per accedere alla pubblica amministrazione, non osta dunque all'espletamento di un concorso per agenti di polizia penitenziaria nel 2020, considerato che le graduatorie di cui si discute, approvate il 15 aprile 2013, hanno perso efficacia, essendo scadute il 14 aprile 2016. Infine, a partire giurisprudenza amministrativa ha in più occasioni affermato che la regola generale secondo cui per l'assunzione di personale della pubblica amministrazione si procede allo scorrimento di una graduatoria preesistente ed efficace non preclude la possibilità di indire un concorso anche in presenza di graduatorie efficaci, fermo restando lo specifico onere, da parte dell'amministrazione interessata, di motivare in modo specifico ed approfondito sulle esigenze di preminente interesse pubblico poste a fondamento della decisione, in forza delle quali il reclutamento del personale debba avvenire mediante un nuovo concorso, e non attingendo alla graduatoria di idonei potenzialmente ancora utilizzabile.
Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


      DEIDDA, GALANTINO, BIGNAMI, LUCA DE CARLO, VARCHI e PRISCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 e 9 marzo 2020, è stata prevista l'estensione, all'intero territorio nazionale, del divieto di spostamento dei cittadini dal proprio domicilio, salvo che per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero per motivi di salute;

          con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 marzo 2020 è stata disposta, altresì, la chiusura di tutte le attività commerciali, fatte salve quelle espressamente individuate nell'elenco allegato al medesimo decreto, vale a dire quelle per la vendita di beni primari e lo svolgimento di servizi essenziali;

          l'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 marzo 2020 ha altresì fatto divieto, a tutte le persone fisiche, di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute: esigenze, tra le quali, sembra non essere ricompreso l'acquisto di beni primari, ove reperibili, nel relativo territorio comunale;

          con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, il Governo, al fine di limitare gli effetti negativi sull'economia determinati dalle limitazioni suindicate ha adottato diverse misure di carattere economico, senza, però, prevedere, alcun controllo sull'andamento dei prezzi di vendita al dettaglio dei citati beni primari;

          i citati provvedimenti – in particolare in un ambito territoriale come quello regionale sardo, caratterizzato da piccole, diffuse e spesso distanti realtà comunali – costringono la cittadinanza ad acquistare i beni primari in questione esclusivamente nelle attività, spesso esclusive, presenti nel territorio comunale;

          tale limitazione – non consentendo, in alcun modo, lo spostamento verso realtà comunali più grandi, ove risultano presenti punti vendita della media e grande distribuzione – da quel che risulta, ha determinato l'impennata dei prezzi dei citati beni primari praticati dalle citate, esclusive rivendite al dettaglio;

          l'aumento dei prezzi in questione determina un ulteriore aggravamento della più ampia crisi economica in atto nel Paese e, le famiglie, già costrette a far fronte alle esigenze della vita quotidiana con risorse economiche limitate, si vedono costrette a dover acquistare i beni primari a prezzi notevolmente superiori a quelli ordinariamente praticati;

          con l'articolo 2, commi 198-203, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), è stato istituito il «Garante per la sorveglianza dei prezzi» al quale è affidato il compito di controllare, verificare e arginare i fenomeni speculativi, se del caso: a) proponendo al Governo azioni mirate o strutturate di riforma dei mercati qualora si riscontrino anomalie o malfunzionamenti; b) segnalando i mercati dove devono essere ampliate o fatte riforme volte ad aumentare l'efficienza e le possibilità di libera concorrenza;

          appare necessaria – pure con l'intervento del citato Garante – l'adozione di misure idonee al contrasto dei richiamati fenomeni speculativi, se del caso, con la revisione delle citate limitazioni, al fine di garantire o il contenimento dei prezzi dei beni primari o, ad almeno un componente del nucleo familiare, anche limitatamente a un solo giorno alla settimana, lo spostamento in altro comune limitrofo per l'acquisto dei citati beni primari, presso punti vendita della media e grande distribuzione –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di contrastare i citati fenomeni speculativi, avuto riguardo, in particolare, ai beni di prima necessità.
(4-05197)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
      Gli interroganti fanno riferimento all'aumento dei prezzi in diversi settori produttivi, particolarmente con riferimento a beni di prima necessità, durante l'emergenza pandemica da COVID-19.
      Per gli aspetti di competenza del Ministero dello sviluppo economico, come già rappresentato in occasione dell'interrogazione a risposta immediata in Aula Camera del 13 maggio 2020, tengo a precisare che sono state diverse le iniziative messe in campo per fronteggiare la criticità in parola.
      In primo luogo, è stata rafforzata la collaborazione con il sistema camerale ed è stato attivato un tavolo virtuale con le associazioni di categoria rappresentative della produzione e della distribuzione, al fine di individuare soluzioni di sistema che vedano coinvolti tutti gli attori pubblici e privati. Il tavolo, in particolare, permette anche il monitoraggio degli interventi che le categorie autonomamente stanno avviando per contenere i prezzi di vendita dei prodotti.
      In secondo luogo, il Ministero ha rafforzato la collaborazione con tutti gli organismi interessati al monitoraggio sull'andamento dei prezzi, intensificando anche la collaborazione con l'Istat, al fine di estendere il monitoraggio anche a prodotti che non erano precedentemente oggetto di rilevazioni
ad hoc.
      A tal riguardo, secondo il comunicato dell'Istat relativo ai dati provvisori per il mese di settembre, l'inflazione si conferma negativa per il quinto mese consecutivo. L'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC) ha registrato una diminuzione tendenziale dello 0,5 per cento, dovuta, prevalentemente, alle flessioni dei prezzi dei beni energetici. A fronte di tale diminuzione dell'indice generale, per l'insieme dei prodotti che formano il cosiddetto «carrello della spesa» si registra, invece, un incremento dell'1,2 per cento dei prezzi, sebbene inferiore rispetto a quanto registrato dall'Istat per il mese di aprile (+2,5 per cento); continua la crescita per i beni alimentari che su base tendenziale mostrano un aumento dell'1,3 per cento.
      Inoltre, voglio sottolineare ancora una volta che con legge 24 dicembre 2007, n. 244, è stato istituito, presso il Ministero dello sviluppo economico, il «Garante per la sorveglianza dei prezzi», il quale svolge una funzione di monitoraggio sull'andamento dei prezzi e di verifica, su segnalazione delle associazioni dei consumatori e dei cittadini, per arginare eventuali fenomeni speculativi.
      Dalla fine di febbraio al termine del
lockdown, sono pervenute al Garante per la sorveglianza dei prezzi circa duecento segnalazioni (la maggior parte hanno riguardato mascherine e igienizzanti, mentre solo una quindicina hanno riguardato prodotti alimentari), la quasi totalità delle quali, previa verifica circa la loro attendibilità, è stata trasmessa per i seguiti di competenza alla Guardia di finanza o all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm).
      Le segnalazioni in parola evidenziano anomalie poste in essere presso esercizi commerciali fisici, tramite siti di
e-commerce, ma anche tramite annunci sui principali social network. Le principali situazioni di criticità sembrerebbero collegate a circoscritti tentativi speculativi da parte di singoli esercizi che approfittano anche della minore concorrenza.
      Al fine di potenziare l'attività di raccolta e verifica di casi di possibile speculazione e di altre pratiche commerciali scorrette, è in corso anche l'attivazione di una più stretta collaborazione con le Associazioni dei consumatori che potranno raccogliere e filtrare tali segnalazioni sul territorio. Il Ministero dello sviluppo economico sta inoltre predisponendo un
format on-line per la trasmissione delle segnalazioni e la raccolta di tali dati.
      Le segnalazioni pervenute vengono sottoposte ad una istruttoria per verificare l'attendibilità e la non genericità degli elementi forniti, poi vengono condivise, a seconda dei seguiti di competenza, con la Guardia di finanza o con l'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato (Agcm), che svolgono un ruolo attivo per arginare le citate pratiche di aumento ingiustificato dei prezzi e pratiche commerciali scorrette.
      Il Ministero dello sviluppo economico garantisce, altresì, il necessario raccordo con i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, nonché con Inail per quanto riguarda specificamente i «dispositivi di protezione individuale» (dpi).
      Al contempo, si sta garantendo il necessario confronto con gli enti responsabili delle certificazioni di prodotto, al fine di contrastare il fenomeno delle false certificazioni.
      Ciò detto, è opportuno sottolineare che, in base all'attuale normativa, il Garante per la sorveglianza dei prezzi non ha un ruolo attivo dinanzi agli eventuali aumenti ingiustificati dei prezzi, ma può riferire l'esito delle proprie attività di monitoraggio agli organi accertatori, per sollecitare specifiche iniziative in proposito, o avviare azioni di
moral suasion nei confronti degli operatori economici.
      Sul punto sollevato dagli interroganti, è stata sentita anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), la quale ha riferito quanto segue.
      Nel periodo dell'emergenza sanitaria, l'Autorità ha ricevuto un numero significativo di segnalazioni attinenti a presunti aumenti anomali dei prezzi dei prodotti alimentari e di beni di prima necessità. Gli esposti sono pervenuti dal Ministero dello sviluppo economico, da associazioni di consumatori e da singoli consumatori.
      Sulla base di tali denunce, l'Agcm ha provveduto a inoltrare agli operatori della grande distribuzione organizzata (gdo) richieste di informazioni volte ad acquisire dati sull'andamento dei prezzi di vendita al dettaglio e dei prezzi di acquisto all'ingrosso di generi alimentari di prima necessità, detergenti, disinfettanti e guanti. Le richieste di informazioni attengono all'attività di oltre 3.800 punti vendita, soprattutto nell'Italia centrale e meridionale.
      L'intervento dell'Autorità si è reso necessario poiché gli accertamenti preliminari, condotti sulla base dei dati Istat, hanno fatto emergere aumenti dei prezzi nel periodo febbraio-marzo 2020, rispetto a quelli correnti nei mesi precedenti, aumenti differenziati a livello provinciale.
      In particolare, l'Agcm ha rilevato:

          una pressione all'aumento della spesa per l'acquisto di beni cosiddetti grocery (alimentari e prodotti per la cura della persona e della casa) dovuta alla limitazione della mobilità dei consumatori che, non potendosi recare presso quelli più convenienti ma più distanti, hanno perso la possibilità di mettere in competizione i punti vendita;

          aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari rispetto al dato medio nazionale in aree non interessate da «zone rosse» o da misure rafforzate di contenimento della mobilità.

      L'Agcm ha ritenuto che non tutti gli aumenti registrati siano riconducibili a motivazioni di ordine strutturale (come il maggior peso degli acquisti nei negozi di vicinato, la minore concorrenza tra punti vendita a causa delle limitazioni alla mobilità dei consumatori, le tensioni a livello di offerta causate dal forte aumento della domanda di alcuni beni durante il lockdown e dalla limitazione alla produzione e ai trasporti indotte dalle misure di contenimento dell'epidemia) bensì alcuni aumenti rilevati potrebbero essere ricondotti a fenomeni speculativi, e dunque a comportamenti non diligenti da parte degli operatori.
      Una volta completata la raccolta delle evidenze informative, l'Agcm procederà alla valutazione dei comportamenti adottati dagli attori del mercato nel periodo dell'emergenza sanitaria, al fine di comprendere se e in che modo gli stessi possano sussumersi nelle fattispecie di pratiche commerciali scorrette vietate dal decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 recante «Codice del consumo». Conseguentemente, l'Autorità adotterà i più opportuni provvedimenti, ove siano rilevati comportamenti non diligenti da parte di professionisti a detrimento degli interessi economici dei consumatori.
      Per quello che attiene all'aumento di prezzo di quella specifica categoria di prodotti cosiddetti «dispositivi di protezione individuale» (dpi), quali disinfettanti, igienizzanti, mascherine di protezione delle vie respiratorie e similari, già agli inizi di febbraio, l'Oms segnalava il rischio del prossimo esaurimento delle scorte globali. Nella seconda metà di febbraio, i prodotti in parola hanno visto un aumento repentino dei prezzi soprattutto sui siti di
e-commerce. Di conseguenza, il Governo ha adottato numerose iniziative per arginare il citato fenomeno.
      In primo luogo, sono stati centralizzati gli acquisti da parte del Ministero della salute e della Protezione civile per tutti gli ambiti nazionali.
      L'ordinanza 25 febbraio 2020, n. 639 del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio, recante «Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili», ha infatti disposto che il Dipartimento della protezione civile provveda all'acquisizione dei dispositivi di protezione individuali e che tali ordini abbiano priorità assoluta rispetto ad ogni altro ordine, anche già emesso. La medesima ordinanza ha disposto, inoltre, il divieto di esportare dpi fuori dal territorio nazionale senza previa autorizzazione del Dipartimento della protezione civile.
      Con decreto-legge del 17 marzo 2020, n. 18 («decreto cura Italia»), sono state poi previste misure specifiche in materia di produzione e fornitura di dispositivi medici, al fine di contenerne l'aumento dei prezzi.
      Con l'ordinanza del commissario straordinario per l'emergenza del 26 aprile 2020, infine, è stato fissato per le mascherine chirurgiche un prezzo massimo di vendita al consumo, per ciascuna unità, pari ad euro 0,50 (al netto dell'imposta sul valore aggiunto).
      In conclusione, alla luce di quanto esposto emerge il massimo impegno del Governo ad evitare ogni aumento ingiustificato dei prezzi dei prodotti, anche alimentari, e si ricorda che allo stato della normativa vigente in Italia spetta all'Agcm ogni potere sanzionatorio nei confronti degli operatori, laddove si configurino pratiche commerciali scorrette ai sensi degli articoli 20 e seguenti del codice del consumo. Rimetto, dunque, al dibattito parlamentare ogni valutazione circa l'opportunità di dotare la figura del Garante dei prezzi, istituita presso il Ministero dello sviluppo economico, di strumenti volti a garantire che, al mero monitoraggio, segua un'azione efficace e rapida di contenimento di prezzi, nonché di proporre interventi, anche di carattere normativo, per tutelare i diritti di utenti e consumatori rispetto a dinamiche di tipo speculativo.

La Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico: Alessia Morani.


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          il 9 agosto 2019 il Consiglio generale degli italiani all'estero (Cgie), viste le segnalazioni pervenutegli, ha sottoposto all'attenzione del sindaco di Roma, Virginia Raggi, e del presidente del municipio di Roma V, Giovanni Boccuzzi, lo stato di degrado in cui versa l'unico parco in Italia dedicato ai caduti della tragedia di Marcinelle – simbolo universale di dignità e sacrificio in cui bruciarono vivi 262 minatori, dei quali 136 italiani – situato in via Galatea, zona La Rustica, del Municipio V di Roma;

          il 4 settembre 2019 ha ribadito per posta elettronica certificata il contenuto della succitata nota finalizzata al ripristino della funzionalità di tale area anche a fronte dell'importanza etica di mantenere sempre in condizioni dignitose i luoghi della Memoria e del Ricordo dei caduti all'estero per infortuni sul lavoro; nel caso di specie attraverso un protocollo d'intesa, a dimostrazione della volontà dell'Italia di contribuire alla ripresa economica dell'Europa, il Governo italiano avviò i lavoratori fino alla località in cambio di carbone;

          relativamente al municipio V, come risulta dall'indagine territoriale, si rappresenta un contesto problematico dove, a fronte di una consistente densità abitativa, si può fruire solo di un ridottissimo, numero di metri quadri di aree verdi effettivamente a disposizione;

          ad oggi, nonostante i numerosi solleciti e le notizie riportate sulla stampa locale, i responsabili istituzionali del comune di Roma non hanno ancora ritenuto opportuno fornire alcun cenno di riscontro, rischiando tra l'altro di contravvenire ad alcuni dei princìpi basilari dell'azione amministrativa –:

          quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, per contrastare il degrado del parco dedicato alle vittime di Marcinelle e garantire la piena sicurezza di tale area.
(4-04014)

      Risposta. — Si fa riferimento affatto di sindacato ispettivo in esame, con il quale si chiede di conoscere quali siano le iniziative che si intendano assumere al fine di garantire il ripristino delle condizioni di decoro e di sicurezza urbana del Parco, dedicato ai caduti della tragedia di Marcinelle del 1956, in zona La Rustica a Roma.
      Al riguardo, si rappresenta che le strutture capitoline, interpellate al riguardo, hanno riferito quanto segue.
      La manutenzione di tutte le aree verdi, ivi compresa!a pulizia delle stesse, è in capo alla struttura che ha l'area in consegna e ne detiene la gestione, sulla base della vigente organizzazione degli uffici e servizi di Roma, di cui alla deliberazione di giunta capitolina n. 222 del 17 ottobre 2017.
      Nel caso di specie, per il Parco Caduti di Marcinelle, ubicato nel municipio Roma V, in via Galatea, zona La Rustica, opera il Servizio operativo municipale (S.O.M.) Roma V, territorialmente competente, afferente alla direzione gestione territoriale del verde del dipartimento tutela ambientale.
      Il sopracitato S.o.m. ha effettuato più interventi (in data 21 novembre 2019, 26 febbraio e 14 maggio 2020) di sfalcio dell'erba e di pulizia dell'intera area, nonché di rimozione del materiale di risulta e di uso comune, soprattutto cartacce, cartoni e plastica.
      Successivamente si sono svolti due ulteriori interventi di rifinitura il 30 maggio e il 6 giugno scorso.
      Roma Capitale ha comunicato, altresì, che per quanto attiene alla manutenzione del
verde verticale dell'area in questione, sono stati effettuati, attraverso affidamento a terzi, dal 29 gennaio all'8 febbraio di quest'anno, i lavori di potatura di tutte le specie arboree di prima e seconda forza ivi presenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          Fabiola Golfarelli Fainelli si trova bloccata in India a causa della pandemia, dove si era recata per lavoro, assieme a un ancora nutrito gruppo di italiani;

          ha dichiarato che «essere stranieri qui al momento non è facile e ogni cosa diventa potenzialmente pericolosa, sia per il reale problema del virus, che per le possibili reazioni della popolazione, che ormai vedono negli italiani i fautori del disagio e gli untori»;

          secondo la Golfarelli, l'ambasciata italiana a Nuova Delhi non starebbe aiutando i propri cittadini nell'organizzare il rientro in Italia;

          l'ambasciata le ha reso noto di aver già predisposto 2 voli di rientro destinati a Roma e che non ne prevedono altri al momento; «né sono intenzionati ad aiutarci nell'organizzarci altrimenti»;

          la Golfarelli rivela che gli spostamenti in India sono al limite del proibitivo «visto che con il lockdown mi sarebbe stato impossibile assicurarmi un'altra sistemazione, anche perché le strutture alberghiere avevano l'obbligo di rifiutarci, a parte una con cui l'ambasciata si è accordata, che però è un albergo a 5 stelle, dunque per molti di noi, inaccessibile»;

          la stessa ha dichiarato: «ho deciso di acquistare direttamente sul sito Alitalia un biglietto per la data del 4 maggio, ma poco dopo la compagnia aerea, cancella anche questo volo. Mi sono messa quindi in contatto con l'ambasciata italiana, ma mi è stato fatto presente che loro non avrebbero più organizzato alcun volo per i soli 90/100 turisti presenti in nord dell'india intenzionati a partire da Nuova Delhi [...] l'unico suggerimento, dato dall'ambasciata italiana è stato di tentare di metterci in lista d'attesa per voli organizzati da altri Stati europei. Ovvio però che la precedenza per tali voli di rientro, sia data ai cittadini del Paese che organizza tale volo e che non vi è alcuna organizzazione o garanzia che da lì si possa poi rientrare in Italia»;

          l'ambasciata non sa cosa fa o cosa non fa l'Alitalia, il loro unico compito è quello di informare qualora ci fossero dei voli di emergenza organizzati dall'Alitalia, quindi non voli di linea;

          il 21 aprile 2020 è stato organizzato il terzo volo di rimpatrio, da Bangalore, con la compagnia Alitalia e anche per questo volo purtroppo il costo dei biglietti ha raggiunto cifre spropositate: dai 900 per un economy class, ai 1.400 per una business class. «Tramite varie mail all'ambasciata», continua Fabiola «Avevamo espresso nei giorni precedenti il desiderio di tornare a casa anche noi “del nord dell'india” con questo volo, se avesse fatto scalo a Delhi e se il prezzo fosse stato più ragionevole. A questa nostra richiesta l'ambasciata di Delhi risponde che gli accordi della stessa e quelli del consolato di Mumbai sono assolutamente indipendenti l'uno dall'altro. In poche parole ci dice che non è possibile alcuno scalo in quanto sono due enti che non comunicano tra di loro»; l'ambasciatore De Luca li ha esortati a compilare una lista per vedere se fosse possibile organizzare un volo da Delhi diretto in Italia e sono state raccolte le adesioni di 86 italiani e 25 indiani. «Secondo loro il numero non è sufficiente per organizzare un volo. Il compito dell'Ambasciata italiana, secondo quanto detto da loro stessi più e più volte, si limita quindi soltanto a comunicare eventuali voli di emergenza al momento diretti in Europa, con i disagi già citati sopra», dichiara –:

          quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle necessarie operazioni per consentire il rientro immediato in patria degli italiani bloccati nel nord dell'India;

          se corrisponda al vero che le attività di rimpatrio dall'India non sono coordinate in maniera unitaria.
(4-05486)

      Risposta. — Rispondo all'interrogazione n. 4-05486 relativa alle iniziative per il rientro della connazionale Fabiola Golfarelli Fainelli bloccata in India.
      La connazionale Fabiola Golfarelli Fainelli, residente temporanea in Uttarakhand (India settentrionale), ha contattato l'ambasciata a New Delhi tre volte.
      La prima, il 7 aprile 2020, per riscontrare una comunicazione periodica dell'ambasciata nella quale i connazionali presenti nella circoscrizione erano stati invitati a comunicare il loro eventuale interesse a rimpatriare. In tale occasione, la signora Golfarelli Fainelli, nel ringraziare l'ambasciata, chiedeva peraltro assistenza per la sua richiesta di rinnovo del visto indiano, prossimo alla scadenza. L'ambasciata ha puntualmente riscontrato tale richiesta, facilitandole un contatto diretto con i responsabili dell'ufficio immigrazione della capitale indiana per la soluzione del problema. L'intervento dell'ambasciata ha consentito alla signora Golfarelli Fainelli di ottenere l'estensione del visto.
      Il secondo contatto con la connazionale è occorso il 4 maggio 2020. La connazionale ha risposto a una nuova offerta di rimpatrio dell'ambasciata, chiedendo questa volta assistenza per l'acquisto del biglietto per il volo speciale KLM da Delhi ad Amsterdam. L'ambasciata ha puntualmente riscontrato la richiesta, fornendo alla connazionale l'aiuto necessario. Il 6 maggio KLM ha informato che la signora Golfarelli Fainelli, grazie all'assistenza ricevuta dall'Ambasciata, aveva acquistato il biglietto aereo.
      Il terzo e ultimo contatto è occorso il 7 maggio 2020. La connazionale ha chiesto l'assistenza dell'ambasciata per l'ottenimento del permesso governativo indiano utile a trasferirsi dall'Uttarakhand a Delhi per l'imbarco sul volo di rimpatrio. In meno di 24 ore dalla richiesta, la signora Golfarelli Fainelli ha ricevuto il permesso governativo indiano tramite l'ambasciata e si è regolarmente imbarcata sul volo che da Delhi l'ha riportata in Europa il 12 maggio 2020.
      Per completezza di informazione, precedentemente l'ambasciata aveva già offerto alla connazionale due proposte di rimpatrio con due voli speciali italiani partiti da Delhi il 21 e 27 marzo 2020 nonché altre diciotto proposte di rimpatrio con scalo a Zurigo, Parigi, Madrid, Francoforte, Londra e Amsterdam. Tali offerte sono tutte state declinate dalla signora Golfarelli Fainelli, così come sono state da questa declinate tre offerte di trasferirsi a Delhi con navetta organizzata dall'ambasciata. Il trasferimento sarebbe stato propedeutico all'imbarco imminente sui successivi voli speciali in partenza da Delhi con scalo in Europa.
      Per ciò che invece concerne gli intendimenti del Governo in merito alle operazioni per consentire il rientro degli italiani bloccati in India, segnalo che dall'inizio dell'emergenza Covid-19, l'ambasciata d'Italia a New Delhi è stata la prima sede diplomatica italiana a istituire una
task force ad hoc per l'assistenza ai connazionali. Questa è infatti stata istituita il 27 febbraio 2020 ed è operativa 24 ore su 24, tutti i giorni, festivi inclusi. La task force si compone del personale dell'ambasciata a Delhi e dei consolati generali a Calcutta e Mumbai. Questi ultimi lavorano sotto il costante coordinamento dell'ambasciata, che ne assicura l'unitarietà operativa.
      Dall'inizio dell'emergenza Covid-19, la
task force ha assicurato assistenza a oltre 2.000 connazionali. Sono stati inoltre organizzati 10 voli commerciali speciali: 6 da Delhi (21 marzo, primo volo speciale in India tra gli Stati membri dell'Unione europea, 27 marzo, 20 maggio, 3 giugno, 8 giugno, 21 giugno), dedicati ai connazionali bloccati in India settentrionale; due da Goa (3 aprile e 20 maggio), uno da Bangalore (21 aprile) e uno da Mumbai (7 giugno), dedicati ai connazionali bloccati in India meridionale.
      Alla luce di tali attività, l'ambasciata ha finora consentito il rientro in Italia di 1.333 italiani, di cui oltre 1.000 con i voli speciali italiani e circa 330 con i voli speciali dei partner Ue.
      Il numero di rimpatri facilitati dall'ambasciata italiana è tra i più alti tra quelli degli Stati membri dell'Unione europea in India. Oltre ai 10 voli speciali italiani, l'ambasciata e i consolati generali di Calcutta e Mumbai hanno offerto ai turisti italiani in India più di 100 proposte di rimpatrio aereo con scalo in Europa.
      L'ambasciata e i consolati generali di Calcutta e Mumbai continuano a offrire ai connazionali ancora presenti in India opportunità di rimpatrio, nonché assistenza diretta, anche finanziaria per l'acquisto dei biglietti, ai connazionali in stato di difficoltà economica che ne facciano richiesta, come previsto dalla normativa vigente.
      L'azione dell'ambasciata d'Italia a Delhi si inserisce nel quadro più ampio dell'attività condotta dalla Farnesina per favorire il rientro dei connazionali da ogni parte del mondo, sin dalle prime battute dell'emergenza sanitaria causata da Covid-19. Dal 10 marzo 2020 ad oggi sono rientrati in Italia, da 121 Paesi, oltre 11.000 nostri concittadini, grazie a circa 1.180 operazioni di varia natura promosse o facilitate dalla Farnesina.
      

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          Sonia e Marco, già genitori di Diego (7 anni) sono partiti alla volta di Bogotà il 5 marzo 2020, con un volo già in tasca fissato per il successivo 10 aprile, allo scopo di riportare in Italia Lucy, la piccola che i due genitori di Roma hanno adottato nel Paese estero;

          Sonia e Marco sono a Bogotà insieme ad altre quattro famiglie adottive italiane, sono pronte per tornare a casa, ma per loro non ci sono voli. «Siamo in contatto quotidiano con l'ambasciata italiana a Bogotà, ma i pochi voli disponibili, organizzati dagli altri Paesi, riservano pochissimi posti agli italiani e hanno dei costi proibitivi: 1000€ a persona compresi i bambini, più il costo di un altro volo per raggiungere l'Italia una volta arrivati in Europa»;

          il loro viaggio sarebbe durato poco più di un mese, il tempo necessario per svolgere tutte le pratiche burocratiche legate all'adozione, invece, il giorno successivo al loro arrivo è stato accertato il primo caso di COVID-19 in Colombia. Con questa notizia è iniziata la loro avventura e ad oggi non si sa ancora quando finirà;

          dal giornale Roma Today hanno lanciato un appello al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale perché possa riportare a casa le famiglie italiane bloccate in Colombia;

          «Siamo arrivati qui il 5 marzo – ha detto Sonia spiegando – L'iter adottivo in Colombia prevede l'incontro con il bambino, una settimana di integrazione (convivenza) con relazione finale dei servizi sociali. Poi ci si sposta a La Mesa (nei pressi di Bogotà) dove un Giudice di Famiglia emette la sentenza di adozione. Poi si torna a Bogotà per fare il passaporto della bambina e attendere l'autorizzazione della CAI (Commissione Adozioni Internazionali). Il tutto in genere dura circa 30 giorni»;

          a complicare ancora di più la situazione, è l'annuncio del lockdown. «È iniziato il 20 marzo – ha aggiunto Sonia – La difficoltà più grande è stata vivere nell'incertezza, e restare bloccati con due bambini in un piccolo appartamento, che non ha certo i comfort della nostra casa. Abbiamo dovuto cercare di rassicurare i bambini e far vivere loro una apparente “normalità” senza poter uscire mai di casa»;

          dopo 42 giorni a Cali la famiglia ha avuto il permesso dalle autorità colombiane di poter rientrare a Bogotà, con un viaggio in auto di 11 ore, a causa del blocco di tutti i voli nazionali e internazionali. «Il tribunale di famiglia ha riaperto lavorando in modalità telematica il 27 aprile e in pochi giorni abbiamo avuto la sentenza, fatto il passaporto a Lucy e ottenuto l'autorizzazione della CAI per il rientro in Italia. Quindi da circa una settimana abbiamo concluso tutto l'iter e saremmo pronti per rientrare, ma non ci sono voli che possano riportarci a casa»;

          «Non pretendiamo un volo gratuito, ma solo che il nostro Governo acceda al meccanismo europeo di Protezione Civile, per realizzare voli a prezzi ragionevoli. La Germania ha realizzato così 147 voli, l'Italia solo 1 (a febbraio, per i crocieristi della Diamond)»;

          infine l'appello: «Chiediamo al Ministero degli Esteri che si attivi per noi e per le altre 4 famiglie adottive bloccate come noi qui in Colombia. Siamo qui da 70 giorni, pensiamo che sia giunto momento per i nostri figli di tornare a casa» –:

          quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle iniziative da intraprendere per portare a casa le famiglie bloccate in Colombia, anche ricorrendo al Meccanismo europeo di protezione civile.
(4-05647)

      Risposta. — All'inizio della emergenza sanitaria Covid, quando ancora erano attivi i collegamenti aerei, 9 coppie italiane si sono recate in Colombia per concludere la procedura adottiva che comporta un periodo di affidamento preadottivo di alcune settimane nel paese successivamente al quale, in caso di assenza di problemi, segue la sentenza definitiva di adozione da parte del tribunale locale competente.
      Le procedure sono state ostacolate e rallentate dalle misure restrittive in materia di spostamenti interni e dalla chiusura o comunque riduzione della operatività dei tribunali disposte dal Governo colombiano in risposta all'epidemia diffusasi anche nel Paese.
      Le procedure sono state perfezionate, nella quasi totalità dei casi, tra gli ultimi giorni di aprile e la prima decade di maggio, rendendo così possibile il rientro in Italia delle coppie con i minori al seguito.
      L'ambasciata a Bogotà è sempre stata in costante contatto con tutte le famiglie, sin dalla fine di marzo, per monitorare attentamente la situazione, offrire la massima assistenza possibile e favorire il rientro delle coppie in Italia tramite i pochi voli di linea e speciali disponibili.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


      DELMASTRO DELLE VEDOVE e VARCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          secondo le ricostruzioni di numerosi organi di stampa, dopo un mese, l'unica certezza nella vicenda dei pescatori di Mazara del Vallo indebitamente trattenuti in Libia «è che il generale Khalifa Haftar non libererà nessuno fin quando non verranno consegnati i quattro» giovani libici partiti cinque anni fa da Bengasi e condannati in Italia come assassini e trafficanti di migranti;

          la notizia proverrebbe da fonti libiche contattate da Adnkronos International. Inoltre, «si sta pensando di far avocare le indagini alla Procura militare», affermano le stesse fonti dopo le notizie degli ultimi giorni;

          un tweet del Libyan Addres Journal pare confermare ciò che da giorni si dice a Mazara del Vallo. Il tweet afferma l'esistenza di una trattativa dietro quella ufficiale, da tempo rimasta al palo. I miliziani di Haftar hanno ribadito alla testata giornalistica libica che i pescatori detenuti non saranno liberati, se prima non vi sarà da parte dell'Italia il rilascio di quattro «calciatori» libici oggi in carcere in Italia. Un vero e proprio scambio di prigionieri;

          nei giorni scorsi sono comparse su alcune testate online libiche, foto di panetti di droga che hanno detto essere stati rinvenuti sui motopesca, accusa definita inventata dagli armatori e dai familiari dei marittimi;

          giova ricordare che i libici richiesti da Haftar sono quattro scafisti condannati a Catania a 30 anni per traffico di esseri umani e per la morte in mare di 49 migranti, nell'estate 2015;

          appare evidente come le storie non siano neanche minimamente comparabili. Da un lato, 18 persone che sfidano le onde per lavorare, portando a casa uno stipendio che permetta alle rispettive famiglie una vita dignitosa. Dall'altra, quella di 4 soggetti che ci hanno guadagnato sulla pelle di 49 morti affogati, davanti alla costa orientale siciliana;

          dopo un mese, è giunto il momento in cui lo Stato italiano deve alzare l'asticella del confronto. La vicenda dimostra lo scarso spessore della politica estera dell'Italia nel Mediterraneo. Quello che una volta era il «Mare Nostrum» oggi parla russo, turco e francese;

          davanti alle dinamiche che stanno consumando il Mediterraneo, serve l'autorevolezza di un Governo che faccia il proprio dovere e che si impegni categoricamente contro ogni sciagurata ipotesi di estradizione per i 4 libici. Il generale Haftar, in un momento di stallo internazionale sfavorevole al suo Governo, parrebbe aver colpito l'Italia con scienza e cinico calcolo;

          da lunedì un gruppo di familiari dei marittimi e i due armatori si trovano a Roma, in un presidio di fronte a Palazzo Chigi persone che meritano una risposta a seguito delle rivelazioni che vengono dalla Libia –:

          se siano vere le indiscrezioni che provengono dalla Libia sulla richiesta di trattativa per la liberazione di 4 scafisti;

          se a quali Paesi straniero si sia rivolta l'Italia per chiedere di intercedere per la liberazione dei pescatori.
(4-07002)

      Risposta. — Il Governo sta seguendo con la massima attenzione, tramite tutte le sue articolazioni, la vicenda che vede coinvolti gli equipaggi dei due pescherecci Antartide e Medinea, fermati nella notte tra il primo e il 2 settembre 2020 da parte dell'autoproclamato governo dell'Est della Libia. Gli otto cittadini italiani e un doppio cittadino italo- tunisino e tutti gli altri marittimi fermati stanno bene, non condividono gli spazi in cui si trovano con persone che possano mettere a rischio la loro incolumità e, tramite l'ambasciata d'Italia a Tripoli, ricevono l'assistenza e i medicinali di cui necessitano.
      L'intervento libico sembra sia scaturito dalla presunta violazione dell'autoproclamata Zona di pesca protetta. Il tratto di mare in cui è avvenuto il sequestro dei pescherecci sarebbe infatti considerato zona militare dalla parte est-libica.
      Al di là della situazione di grave instabilità interna che caratterizza lo scenario libico e delle valutazioni di profilo giuridico-internazionale, nel maggio 2019 il Comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture (Cocist) ha dichiarato l'area della Zona di protezione di pesca libica ad «alto rischio» per tutte le navi battenti bandiera italiana, senza distinzione di tipologie. Analogo messaggio viene riportato sul sito istituzionale della Farnesina «Viaggiare Sicuri». A più riprese il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il comando generale della Guardia costiera e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali hanno raccomandato ai pescherecci italiani di evitare le acque al largo delle coste libiche. In ottemperanza alle decisioni del Cocist, le unità della Marina militare in navigazione nell'area invitano le unità di pesca italiane localizzate in quella zona a lasciarla.
      Riteniamo inaccettabile lo stato di fermo per qualcuno che viola una zona autoproclamata, soprattutto considerando che ad emetterlo è un'entità che né l'Italia né la comunità internazionale riconoscono come governo legittimo. L'Italia non accetta ricatti. Ciò non toglie che quella rimane una zona a rischio. Quanto accaduto pone con rinnovata evidenza il tema della progressiva territorializzazione del Mediterraneo. Negli ultimi anni, un numero crescente di Stati ha proclamato proprie zone marittime per esercitare diritti di sovranità esclusivi. Con alcuni di questi, come Algeria e Grecia, abbiamo concluso accordi. È ovviamente impossibile, in questa fase, prevedere accordi analoghi con una Libia purtroppo teatro di scontri armati e contesa tra più fazioni. I nostri sforzi ora sono concentrati sul riportare a casa i pescatori, ma certamente occorre lavorare, e il Governo lo sta facendo, anche per creare le condizioni che evitino il ripetersi di episodi così dolorosi per la nostra marineria.
      Anche al fine di rispondere alle speculazioni su un presunto legame tra l'ultima visita del Ministro Di Maio in Libia e il fermo dei nostri pescatori, è opportuno ricordare solo alcuni degli episodi verificatisi in passato al largo delle coste libiche. I pescherecci Matteo Mazzarino e Afrodite Pesca, sequestrati il 9 ottobre 2018 e poi rilasciati. Il peschereccio Tramontana, fermato il 23 luglio 2019 al largo di Misurata e poi rilasciato con il pagamento di una multa, grazie all'intervento della nostra ambasciata a Tripoli. Analogo è il caso il peschereccio Grecale, avvicinato il 6 settembre 2019 al largo di Bengasi, il cui sequestro è stato impedito dal tempestivo intervento della nostra Marina. Tutti episodi che dimostrano chiaramente la pericolosità dell'area alla base degli sconsigli della Farnesina e del Cocist e il fatto che il Governo se ne occupa costantemente, lavorando e portando a casa i nostri pescatori in silenzio.
      La vicenda è resa ancor più complessa dalla frammentazione della Libia, di fatto controllata da diverse entità. I nostri connazionali sono nelle mani di forze libiche autoproclamate. Anche per questo il Ministro Di Maio si è subito attivato tramite telefonate e incontri con i
partner internazionali, in particolare quelli (come Russia ed Emirati Arabi Uniti) che intrattengono rapporti specifici con Bengasi. Questa azione parallela potrà corroborare gli sforzi che svolgiamo a tutto campo con i libici.
      Adesso, come ha sottolineato il Ministro Di Maio nel
question time al Senato del 15 ottobre 2020 occorre anzitutto stringersi intorno ai connazionali trattenuti a Bengasi, evitando speculazioni politiche e perseguendo insieme l'unico obiettivo che conta: restituirli al più presto all'affetto dei loro cari. Per raggiungere questo obiettivo servono massimo riserbo, razionalità, cautela, determinazione e soprattutto unità. L'unità delle forze politiche rafforzerà coloro che stanno lavorando per riportare a casa i nostri pescatori.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


      DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, ZOFFILI, FORMENTINI e COMENCINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          non esistono statistiche pubblicamente accessibili che riguardino il fenomeno della rinuncia formale alla cittadinanza da parte di nostri connazionali residenti all'estero;

          la legge italiana prevede espressamente la possibilità che i cittadini italiani rinuncino alla cittadinanza e disciplina il percorso formale da esperire per giungere a questo risultato;

          la scelta di rinunciare alla cittadinanza italiana può derivare da una molteplicità di ragioni, una delle quali è la protesta o comunque la disaffezione nei confronti del proprio Paese d'origine;

          la più grande comunità fra quelle create dalla diaspora italiana nel mondo si trova in Brasile, dove stando ai dati forniti dall'Ambasciata d'Italia a Brasilia vivrebbero più di venti milioni tra italiani e discendenti di italiani, pari al 15 per cento della locale popolazione nazionale;

          non è noto l'effetto dispiegato dai provvedimenti adottati negli ultimi anni dal nostro Paese sull'affezione dei nostri connazionali nei confronti della loro Madrepatria;

          un indice indiretto per apprezzarlo potrebbe essere rappresentato proprio dal numero delle rinunce formali alla cittadinanza italiana da parte dei nostri connazionali, di cui sarebbe conseguentemente importante acquisire la conoscenza;

          sarebbe altresì utile, a parere degli interroganti, al fine della comprensione del fenomeno eventualmente in atto, provvedere alla creazione ed aggiornamento continuo di un data base concernente i nostri connazionali che hanno formalmente rinunciato alla loro cittadinanza, con specificata la relativa data di nascita –:

          se il Governo sia in grado di fornire dati in merito al numero degli italiani residenti in Brasile che hanno formalmente rinunciato alla cittadinanza italiana, risultante dai registri dei consolati italiani situati nel territorio brasiliano.
(4-04563)

      Risposta. — In risposta al quesito formulato dall'interrogante sul numero delle rinunce alla cittadinanza italiana formalizzate da cittadini italiani residenti in Brasile, segnalo che le risultanze dei registri di cittadinanza tenuti presso gli uffici consolari della rete hanno evidenziato, nel biennio 2018/2019, un solo atto di rinuncia al nostro status civitatis, sottoscritto presso il consolato generale in San Paolo.
      Ritengo che il grado di interesse per il riconoscimento della cittadinanza italiana sia testimoniato dal numero delle domande presentate nei sette consolati italiani operanti in Brasile: 52.779 nel solo anno 2019.
      

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


      DONZELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          da organi di stampa si apprende che l'azienda Poste italiane non ha ancora riaperto, dopo l'emergenza Covid-19, lo sportello di Santo Pietro di Capannoli (Pi);

          viceversa, alcuni sportelli postali dei comuni limitrofi stanno riaprendo, nel rispetto delle normative;

          i servizi di prossimità, quali gli uffici postali, rappresentano un aspetto fondamentale per la qualità della vita nelle comunità locali, poiché svolgono anche una funzione di presidio;

          lo sportello svolge, fra le altre cose, funzioni essenziali per la cittadinanza come quella di prelievo allo sportello e non di bancomat automatico e consulenza finanziaria;

          se confermata, la mancata riapertura dell'ufficio postale di Santo Pietro di Capannoli (Pi) provocherebbe disagi molto elevati per i residenti della zona, in particolare per le persone più anziane;

          questo perché gli uffici postali che resterebbero in servizio sono distanti e non facilmente raggiungibili –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

          per quale ragione lo sportello sia stato chiuso durante il periodo di lockdown, pur erogando, unico in zona, un servizio essenziale come quello di prelievo allo sportello e pagamento delle bollette;

          se sia a conoscenza se si tratti di definitiva chiusura o se sia nota una data di riapertura;

          quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di garantire il servizio postale agli utenti di quel territorio.
(4-06157)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente, si rappresenta quanto segue.
      L'interrogante fa riferimento alla mancata riapertura, dopo l'emergenza Covid-19, dell'ufficio postale di Santo Pietro di Capannoli (PI) che, se confermata, provocherebbe disagi molto elevati per i residenti della zona, in particolare per le persone più anziane.
      Preliminarmente si ricorda che il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto il trasferimento all'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni (Agcom) delle funzioni in materia di regolazione e vigilanza del settore postale svolte precedentemente dal Ministero dello sviluppo economico. Spetta, dunque, all'Agcom l'«adozione di provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio postale universale», come novellato dall'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261.
      Pertanto, il servizio postale richiamato dall'interrogante, rientrerebbe nel perimetro del «servizio universale» che Poste italiane spa è tenuta ad assicurare, ai sensi del citato decreto legislativo n. 261 del 1999. In particolare, Poste italiane spa è tenuta al rispetto di specifici obiettivi di qualità del servizio universale, il cui conseguimento è oggetto di verifica annuale da parte dell'Agcom, che svolge anche attività di vigilanza sulla corretta erogazione dei servizi menzionati. Sull'affidamento a Poste italiane del servizio universale, il Ministero dello sviluppo economico effettua, ogni cinque anni, un controllo che viene svolto sulla base di un'analisi predisposta dall'Agcom.
      Si riferisce, comunque, che sulle problematiche sollevate dall'Onorevole interrogante, è stata direttamente interpellata Poste italiane spa.
      A tal proposito, l'azienda ha comunicato di aver intrapreso tutte le azioni opportune ai fini della tutela dei propri lavoratori e degli utenti, allo scopo di assicurare i propri servizi coerentemente con le disposizioni normative vigenti in materia di salute pubblica e, quindi, anche quelle relative al distanziamento sociale.
      L'Azienda ha evidenziato, inoltre, che già il 24 giugno 2020 è impegnata nel ripristino della consueta operatività degli uffici postali e che tali iniziative hanno riguardato anche l'ufficio postale di San Pietro Belvedere, nel comune di Capannoli (PI). Tale ufficio dopo essere stato sottoposto a razionalizzazione a causa dell'emergenza sanitaria, dal 24 giugno 2020 è stato riaperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle ore 8:20 alle ore 13:45 ed il sabato dalle 8:20 alle 12:45. Tale operatività è stata prevista per tutto il periodo estivo, come comunicato da Poste all'amministrazione comunale il 23 giugno 2020.
      La società riferisce, infine, che sempre nel comune di Capannoli, in posizione limitrofa, è presente anche l'ufficio postale di Capannoli Val D'Era, aperto anch'esso tutto il periodo estivo dal lunedì al venerdì dalle ore 8:20 alle ore 13:45 ed il sabato dalle 8:20 alle 12:45.
      In conclusione, dunque, il Ministero dello sviluppo economico, nei limiti delle proprie specifiche competenze in materia, monitorerà affinché gli obiettivi di miglioramento del servizio da parte di Poste Italiane siano raggiunti e si possa assicurare un
target in linea con le aspettative dell'utenza, compresi i cittadini del territorio di Pisa.
Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


      FIORAMONTI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          data l'attuale fragile situazione economica in cui versa il nostro «sistema Paese», aggravata dall'emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del virus COVID-19, assume evidenza la questione dell'adempimento dei canoni per i contratti di locazione ad uso abitativo e non, di cui all'articolo 2 della legge n. 431 del 1998, all'articolo 1 della legge n. 392 del 1978 e all'articolo 27 e seguenti della stessa legge n. 392 del 1978;

          tale situazione ha travolto anche il mondo dell'università e della ricerca, dove la repentina adozione di forme alternative alla didattica frontale ha consentito agli studenti di continuare a seguire le attività curriculari dalle rispettive abitazioni;

          l'adozione di tali misure ha pertanto garantito la continuità nell'esercizio del diritto allo studio e il ritorno alle proprie abitazioni di provenienza per gli studenti fuorisede, nei limiti delle autorizzazioni riconosciute dai rispettivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri emanati;

          se, da un lato, le disposizioni emanate hanno permesso il ritorno degli studenti fuorisede nelle proprie abitazioni, dall'altro li hanno esposti — in particolare quegli studenti che lavorano per sostenere le spese legate agli studi e al proprio sostentamento — a un esborso senza tutele per il versamento dei rispettivi canoni di locazione per alloggi attualmente inoccupati, considerato il probabile slittamento a settembre della riapertura delle università;

          inoltre, gli studenti che rientrano nelle fasce di reddito bassa e media risultano essere maggiormente esposti al rischio di dover abbandonare gli studi –:

          quali iniziative normative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per affrontare le problematiche esposte in premessa, connesse al contenimento ed alla prevenzione della diffusione del virus COVID-19, per garantire a pieno il diritto allo studio anche alle fasce meno abbienti di studenti fuorisede.
(4-05416)

      Risposta. — La questione posta fa riferimento ad uno degli aspetti su cui il Governo, sin dall'inizio della emergenza sanitaria, ha posto maggiore attenzione dal momento che è risultata immediatamente chiara la necessità di individuare misure specifiche e tempestive per far fronte alle esigenze degli studenti universitari fuori sede — e, più in generale, delle loro famiglie — che, più degli altri loro colleghi, hanno sofferto le limitazioni imposte a tutta la popolazione per effetto della crisi epidemiologica che ha investito il Paese.
      Proprio in quest'ottica, il Governo ha deciso di intervenire in maniera importante con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, cosiddetto «decreto Rilancio».
      In sede di conversione di tale decreto, infatti, grazie alle giuste sollecitazioni dei gruppi parlamentari, è stato incrementato il fondo per il sostegno alle locazioni di ulteriori 20 milioni di euro, da destinarsi esclusivamente alle locazioni di immobili abitativi degli studenti fuori sede.
      Tale misura, invero, viene a inserirsi nel più ampio contesto di aiuti adottati in corso d'anno dal Ministero dell'università e della ricerca, che, fin da subito, ha assegnato un ruolo centrale alla tutela del diritto allo studio, nella piena consapevolezza che l'emergenza che stiamo vivendo è, purtroppo, in grado di originare o accrescere diseguaglianze, che non possono essere tollerate.
      In questa ottica, allora, ricordo che nell'ambito dei fondi previsti per l'emergenza COVID, ulteriori 20 milioni di euro sono stati destinati agli studenti che necessitino di un contributo economico per l'acquisto di dispositivi digitali e di servizi per la didattica; 165 milioni di euro sono stati destinati all'esonero, totale o parziale, dalle tasse universitarie (in tal modo, di fatto, estendendo la cosiddetta no tax area); per le medesime finalità, inoltre, altri 8 milioni di euro sono stati riservati agli studenti delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica. Sempre al fine di promuovere il diritto allo studio universitario, infine, il Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio agli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi è stato incrementato di 40 milioni di euro.
      A queste, rilevanti, misure di ordine economico, il Governo ha aggiunto, in piena intesa con le regioni — alle quali compete primariamente la materia del diritto allo studio — una specifica disposizione, nell'ambito del decreto-legge 14 agosto. 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 cosiddetto «decreto Agosto», che va, fortemente, nella direzione della tutela degli studenti fuori sede.
      Con l'articolo 33, comma 2, si è introdotta, infatti, una deroga a beneficio degli studenti universitari fuori sede che, a causa della situazione conseguente alla crisi epidemiologica, avrebbero potuto vedersi pregiudicati lo status di «studente fuori sede» e, conseguentemente la fruizione delle relative borse di studio.
      Con tale disposizione, dunque, si prevede che — sia per l'anno accademico in corso di conclusione, sia per quello che sta per iniziare — il riconoscimento della condizione di «fuori sede» possa essere soddisfatta anche da chi prenda alloggio nel luogo della sede del corso per un periodo inferiore a 10 mesi — condizione che sino ad oggi risultava indispensabile, ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 aprile 2001, per l'ottenimento della borsa di studio — e che, proprio in ragione della possibilità che essa sia venuta meno per via delle intervenute limitazioni alla libertà di circolazione, potrà essere soddisfatta anche da chi abbia alloggiato fuori sede per soli 4 mesi.
      Tale previsione normativa è stata, dunque, motivata dalla necessità di evitare che la grave situazione di emergenza vissuta dal Paese per effetto della crisi epidemiologica da Covid-19, potesse in qualche modo pregiudicare una forma di aiuto agli studenti e alle loro famiglie, in molti casi, ritenuta indispensabile.
      Concludo, rassicurando circa le intenzioni del Governo a voler proseguire nell'adozione di ulteriori iniziative volte a supportare i nostri studenti fuori sede e le nostre università, allo scopo di superare questo frangente così complesso e continuare a dare piena effettività al diritto allo studio costituzionalmente sancito.
      

Il Ministro dell'università e della ricerca: Gaetano Manfredi.


      FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          il regolamento (CE) N. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale ha sostituito la previgente normativa in materia privilegiando il principio della lex loci laboris;

          l'entrata in vigore delle disposizioni del suddetto regolamento, a decorre dal 1° maggio 2020, rappresenta una reformatio in pejus per la categoria degli impiegati a contratto a legge locale della rete estera del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, in ragione del transito obbligatorio dal sistema previdenziale retributivo italiano, per il quale gli impiegati a contratto avevano optato, a quello del Paese presso il quale detengono la residenza;

          lo scenario risulta particolarmente critico per gli impiegati a contratto operativi presso le strutture diplomatico-consolari in Germania, nonché per gli impiegati operativi in Belgio, Svizzera, Olanda e Danimarca, tutti assunti prima del 2010, anno di entrata in vigore del citato regolamento, e dunque soggiacenti alla previgente disciplina. In questi cinque Paesi, dove in totale operano 98 lavoratori coinvolti, non è stata definita alcuna forma di accordo di tutela;

          in data 17 gennaio 2020 si è svolto a Berlino un incontro tra i rappresentanti dell'ambasciata italiana e i funzionari del Bundesministerium für Arbeit und Soziales avente ad oggetto l'annosa questione relativa agli effetti sul personale a contratto a legge locale dell'entrata in vigore, a decorrere dal 1° maggio 2020, del regolamento la cui applicazione produrrà una decurtazione dello stipendio tra il 10 ed il 15 per cento;

          gli esiti del suddetto incontro non hanno condotto alla definizione di una deroga in capo ai 40 impiegati operativi in Germania per quanto riguarda l'inevitabile applicazione dei vincoli del regolamento comunitario, sebbene questa sia contemplata dalla citata normativa ai sensi dell'articolo 16 che dispone la possibilità in capo a due o più Stati membri, di prevedere, nell'interesse di una categoria, delle specifiche deroghe;

          la definizione bilaterale delle deroghe ai sensi dell'articolo 16 prevede un meccanismo politico tra gli Stati, nonché uno tecnico di notifica agli enti assicuratori locali, mediante l'Inps, per la copertura previdenziale dei lavoratori;

          inoltre, si evidenzia che ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera b) del regolamento un pubblico dipendente è soggetto alla legislazione dello Stato dell'amministrazione da cui egli dipende; pertanto, la categoria degli impiegati a contratto a legge locale, in quanto fattispecie di dipendenti statali presso il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale rientrerebbe per analogia anche nella categoria destinataria della cosiddetta deroga diretta;

          risulta all'interrogante che i motivi ostativi sul fronte istituzionale tedesco al pieno riconoscimento di una deroga siano di natura meramente economica, trovando l'ipotesi della deroga la totale opposizione dell'Associazione delle casse mutue tedesche favorevoli al transito verso il sistema tedesco degli impiegati finora soggiacenti al sistema italiano in ragione di un evidente calcolo di opportunità finanziaria;

          la consapevolezza di un'analisi strategica di tale natura, che sebbene ipotizzata, assume un valore molto più complesso se apertamente confermata in sede di confronto diplomatico, mostra tratti di evidente criticità segnatamente in ragione dei riverberi politico-istituzionali che dovrebbe innescare, nella prospettiva, auspicata, di condurre il Governo tedesco a un ragionamento incentrato più sullo spirito di condivisione europeo che su un proprio beneficio economico;

          a poche settimane dall'effettiva entrata in vigore delle disposizioni di cui al suddetto regolamento, sarebbe auspicabile operare un intervento in sede bilaterale con la Germania orientato al superamento dell'impasse tratteggiata presso il Ministero del lavoro tedesco e alla risoluzione della questione direttamente sul piano governativo al fine di tutelare i lavoratori italiani –:

          se il Governo intenda operare in sede politica bilaterale nella prospettiva di superare le criticità menzionate e mediare, nelle opportune sedi, una legittima deroga per il personale di cui in premessa, ai sensi dell'articolo 16 del regolamento suindicato.
(4-04666)

      Risposta. — Il regolamento CE 883/2004 sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale stabilisce che gli impiegati delle nostre rappresentanze diplomatiche negli altri Stati membri dell'Unione europea, nello spazio economico europeo e in Svizzera, attualmente soggetti al regime di sicurezza sociale italiano, debbano passare, al termine di un regime transitorio di 10 anni, al sistema del Paese in cui lavorano a partire primo maggio 2020, interrompendo definitivamente la loro iscrizione al regime Inps.
      Secondo il Regolamento comunitario, i dipendenti potevano fare espressa opzione per rimanere soggetti al solo sistema italiano, anche oltre il termine del primo maggio 2020. Per beneficiare di tale deroga era tuttavia necessario che venisse stipulato un accordo bilaterale in deroga tra l'Italia e il Paese dove prestano servizio gli impiegati a contratto (articolo 16 del Regolamento). La competenza a stipulare l'accordo è del Ministero del lavoro.
      Con specifico riferimento alla Germania, a partire dal 2014 il Maeci ha avviato un'azione diplomatica di crescente intensità, attraverso la propria ambasciata e di concerto con il Ministero del lavoro, sfociata da ultimo in una lettera della Ministra del lavoro e delle politiche sociali Catalfo al suo omologo tedesco che è valsa ad ottenere dalle competenti autorità locali un accordo di deroga per tutti e 66 i dipendenti optanti. Gli stessi continuano dunque a rimanere iscritti all'Inps) senza alcun pregiudizio per le loro carriere previdenziali.
      

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


      FRASSINETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          dal mese di gennaio 2018 la stampa nazionale ha riposato la cronaca di quotidiana illegalità dei mercatini delle pulci tra viale Puglie e piazzale Cuoco a Milano, da anni sotto accusa da parte dei cittadini per le loro pratiche illecite;

          sono stati molteplici i blitz della polizia locale, l'ultimo risalente a fine ottobre 2019, quando gli agenti hanno requisito 123 fra attrezzi e utensili del lavoro rubati, per un valore di oltre 100 mila euro, denunciando 3 persone per ricettazione. A distanza di meno di 3 mesi dal maxi sequestro nulla è cambiato nel gigantesco suk che attira ogni domenica centinaia di visitatori. Si è appurato dai cittadini che la presenza del «mercato» rende il quartiere un luogo di frontiera, in cui risulta difficile capire dove inizi e finisca l'irregolarità;

          pare impossibile mantenere la legalità anche nello storico mercato dello scambio e del baratto, l'Hobbypark, nato nel 2004 con lotti assegnati ed espositori registrati, oggi affiancato dal Mercato delle pulci - ex di San Donato, caratterizzato da grandi teli stesi a terra, dove si trova soprattutto bigiotteria, scarpe sformate ma anche televisori e biciclette da corsa, bustoni appoggiati al suolo con grana, pecorino, salame, scatole di tonno e pneumatici, il tutto in spregio alle più elementari norme igieniche;

          nel marzo 2019 è stata consegnata in questura e prefettura una petizione di 1500 firme raccolte tra i residenti, protocollata anche presso il comune di Milano il 7 maggio 2019, per chiedere lo smantellamento del famigerato mercatino delle pulci di piazzale Cuoco per i noti problemi di degrado e sicurezza, mai risolti –:

          se non ritenga di adottare iniziative, per il tramite del prefetto, per garantire la sicurezza dei cittadini nelle aree di cui in premessa;

          se il Ministro interrogato non ritenga di adottare le iniziative di competenza per verificare, con prefetto, questore e comune, la possibilità di una immediata cessazione del «Mercato delle Pulci - ex di San Donato» come richiesto da oltre 1.500 milanesi stremati da illegalità e insicurezza.
(4-04435)

      Risposta. — Con riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, relativi all'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
      I mercatini delle pulci «Nuova Rempa ex Mercatino delle pulci San Donato Milanese» e «HobbyPark» si svolgono a Milano, presso viale Puglie, all'interno di una vasta area di proprietà privata concessa in affitto.
      In particolare, a partire dal 2000 l'HobbyPark effettua attività di mercato nelle giornate di sabato e domenica mentre la
Nuova Rempa ha iniziato l'attività nel 2014, dedicando l'attività alla sola domenica.
      Le suddette attività mercatali sono oggetto di proteste da parte dei residenti delle aree limitrofe.
      In seguito alle numerose segnalazioni pervenute, nel corso degli anni, sia alla questura che alla prefettura di Milano, l'area viene costantemente monitorata. Sono, in particolare, organizzati periodici servizi di prevenzione e contrasto del commercio abusivo, coordinati dalla questura con il supporto della Guardia di finanza e della polizia locale, volti anche a fronteggiare eventuali problematiche di ordine pubblico connesse alla rilevante frequentazione dei mercatini.
      Tali servizi congiunti vengono intensificati nel periodo estivo in cui si verifica un maggiore afflusso di frequentatori ed hanno consentito di operare, sia a livello amministrativo che penale, con consistenti sequestri di merce esposta procedendo alla denuncia di alcuni degli espositori per reati di ricettazione e contraffazione.
      Nello specifico, la polizia locale di Milano tutte le domeniche impiega proprio personale per servizi di viabilità, antiabusivismo e antidegrado.
      Nel periodo da giugno 2019 a giugno 2020, con esclusione del periodo di sospensione del mercato per l'emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 (dall'8 marzo al 28 giugno 2020), sono stati impiegati complessivamente 1.099 agenti e 66 ufficiali, in 32 servizi, di cui la maggior parte svolti in collaborazione con l'unità annonaria e commerciale e con il nucleo reati predatori e contrasto bici rubate.
      Nel medesimo periodo di riferimento sono stati effettuati 269 sequestri amministrativi per violazione delle leggi commerciali, 57 sequestri penali, operati per i reati di ricettazione, contraffazione, vendita di tabacco lavorato all'estero e sono state elevate 1.076 sanzioni per divieto di sosta ed altre violazioni del codice della strada.
      Recentemente, in occasione della ripresa dei mercatini dopo la loro chiusura a seguito della emergenza Covid-19, si è tenuto un presidio di protesta alla presenza di circa 30 residenti.
      I presidenti delle due società che gestiscono i mercatini sono stati sanzionati per inosservanza delle misure relative all'emergenza Covid-19, in particolare per la mancanza di distributori di gel disinfettante e per la mancata osservanza della distanza di sicurezza delle persone accedenti all'area interessata.
      In ragione della vastità dell'area interessata il controllo da parte delle forze dell'ordine richiede l'impiego di consistenti risorse anche di forza pubblica.
      Il tema della prevenzione e del controllo dell'area in esame è stato recentemente affrontato, nel corso della seduta del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 29 luglio 2020.
      Nell'occasione, dopo aver esaminato i dati relativi ai controlli e alle sanzioni elevate forniti dalle forze dell'ordine, sono stati confermati e intensificati i servizi congiunti ed è stato disposto un monitoraggio dei provvedimenti sanzionatori per l'adozione di eventuali provvedimenti di sospensione o divieto.

Il Viceministro dell'interno: Matteo Mauri.


      GAVA, FOGLIANI, BUBISUTTI, MOSCHIONI e PANIZZUT. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

          con circolare n. 303 del 17 gennaio 2020, il dirigente scolastico, Carla Bianchi, dell'istituto scolastico «Le Filandiere» di San Vito al Tagliamento, in provincia di Pordenone, comunicava ai docenti, ai genitori, agli studenti ed al personale amministrativo, tecnico e ausiliario giorno e modalità di consegna delle borracce d'istituto per gli studenti che ne avessero fatto domanda;

          ciò che appare scandaloso, a parere degli interroganti, è la propaganda politica sottesa a tale circolare;

          la missiva, infatti, riporta che «Le borracce sono state acquistate anche con il contributo dei Deputati Regionali del Movimento 5 Stelle, che desiderano far pervenire il seguente messaggio a studenti e famiglie: “il buon esempio, parte dalle piccole cose. Abbiamo deciso di regalare le borracce ai ragazzi di questa Regione perché anche voi possiate lottare insieme a noi per togliere la plastica dal mare e dalle spiagge. Ce la mettiamo tutta per darvi un mondo bello da vivere, cominciando da qui” Ilaria Dal Zovo – Cristian Sergio – Andrea Ussai – Mauro Capozzella»;

          per gli interroganti, è sacrosanto difendere l'autonomia, l'imparzialità e la terziarietà di cui la scuola dovrebbe godere, stante la sua mission di preparare e formare i ragazzi senza alcun pregiudizio o opinioni di parte che potrebbero influenzare le loro scelte nel futuro;

          è oltremodo opportuno, al fine di garantire i predetti criteri di indipendenza ed imparzialità, che la scuola in generale, e a maggior ragione quella statale, non menzioni in atti ufficiali partiti e movimenti politici, tantomeno nomi e cognomi di singoli esponenti dei medesimi;

          tale circolare, invero, calpesta la più basilare regola d'indipendenza dell'istruzione a salvaguardia della libertà di pensiero, dell'autonomia dell'insegnamento e della garanzia della libertà di studio –:

          quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo e ispettivo, il Ministro interrogato intenda porre in essere con riguardo all'episodio esposto in premessa ed affinché in futuro non possano verificarsene di similari.
(4-04546)

      Risposta. — l'Ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia, corrispondendo alla richiesta di fornire utili elementi al Ministero dell'istruzione, ha comunicato di aver proceduto all'approfondimento della questione in argomento, chiedendo una relazione dettagliata alla dirigente scolastica i cui contenuti di seguito illustro.
      In occasione della distribuzione delle borracce plastic free da parte dei rappresentanti degli studenti, la dirigente scolastica ha emanato una circolare interna nella quale illustrava le modalità di consegna delle stesse e, in calce alla stessa circolare, esprimeva il ringraziamento per il contributo dei consiglieri regionali, riportando anche il messaggio che gli stessi consiglieri avevano inviato affinché fosse portato a conoscenza degli studenti.
      A seguito dei fatti sopra descritti, la dirigente scolastica è stata contattata dai giornalisti dei quotidiani locali che chiedevano chiarimenti in merito a quanto accaduto.
      Considerato lo scalpore suscitato da tale iniziativa, la stessa dirigente scolastica ha provveduto a ritirare la circolare, proprio per evitare ulteriori polemiche e strumentalizzazioni e la distribuzione delle borracce è stata effettuata dai rappresentanti di istituto che hanno svolto tale operazione in modo ordinato e discreto, senza arrecare alcun disturbo al normale svolgimento delle lezioni.
      Secondo l'Ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia, è di tutta evidenza, anche alla luce dei fatti sopra richiamati, che la dirigente scolastica abbia agito con l'intenzione di rappresentare la gratitudine degli studenti per il gesto di generosità dei consiglieri regionali.
      Difatti, secondo quanto dichiarato dalla dirigente scolastica, non vi è stata alcuna intenzione di utilizzare tale contributo per fare propaganda ai consiglieri regionali, né tanto meno per assecondare eventuali loro intenti di strumentalizzazione politica nei confronti della scuola. Tra l'altro, né da parte dei rappresentanti degli studenti di istituto e di classe, né dai docenti e neanche dai genitori la stessa ha rilevato manifestazioni di contrarietà, o anche solo di perplessità sulla provenienza dei contributi in questione.
      Pertanto, a seguito della verifica della documentazione presentata dalla dirigente scolastica, l'Ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia ha comunicato di aver tenuto sufficiente richiamare la stessa — attraverso apposito richiamo scritto — ai doveri, costituzionalmente sanciti, di imparzialità è indipendenza dei dipendenti pubblici, nonché a una maggiore attenzione degli aspetti istituzionali della comunicazione alle componenti scolastiche e di non dover adottare eventuali ulteriori provvedimenti nei confronti della dirigente scolastica per la vicenda in argomento.
      

La Ministra dell'istruzione: Lucia Azzolina.


      GIANNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

          il comitato pari opportunità (Cpo) dell'Associazione Stampa Romana ha denunciato all'ordine dei giornalisti una grave distorsione dei fatti di cronaca compiuta da alcuni importanti organi di stampa, tra cui l'Ansa, nei confronti di una donna, vittima insieme ai suoi figli, di un efferato dramma familiare in provincia di Lecco. Colpevolizzandola, attraverso titoli fuorvianti, del duplice omicidio agito dall'ex marito nei confronti dei loro bambini;

          «Il dramma dei papà separati». «A causare la tragedia la difficile separazione tra il padre e la madre». «Padre uccide i due figli, era sconvolto dalla separazione»;

          questi i titoli che il Cpo della Stampa Romana ha riportato nel comunicato stampa pubblicato il 29 giugno 2020 sul sito dell'associazione, ricapitolando i fatti seguenti;

          un marito invia un messaggio alla moglie: «I nostri figli non li vedrai più». Li ammazza, poi si getta da un ponte. Una bambina e un bambino di 12 anni, gemelli, sono stati soffocati all'alba del 27 giugno 2020;

          l'Ansa lancia la notizia: «A causare la tragedia la difficile separazione tra il padre e la madre». Tutti i giornali, in web, riprendono il concetto: Corriere.it; Repubblica Milano.it; il Corriere Adriatico.it, Lecco Today;

          il Mattino.it, il 27 giugno 2020, riportando la notizia, arriva a scrivere in occhiello: «Il dramma dei papà separati»;

          il giorno dopo, il 28 giugno 2020, con un articolo di Alessio Fanuzzi, Il Mattino.it si scusa: È stata la fretta, scrivono. «Fare meglio è difficile». Sul giornale cartaceo, Il Mattino non pubblica le scuse affidate al web, si affida alla cronaca e a un commento di Giuseppe Montesano, scrittore;

          il quale scrive in prima pagina de «Il Mattino»: «Un uomo che si uccide è sempre una tragedia, e chiunque si tolga la vita non può essere condannato da nessun altro, ma può solo avere la pietà di chi, in quanto uomo fragile come lui, gli è fratello»;

          «Una banalizzazione della tragedia», continua la Stampa Romana, come se fosse un'attenuante, rendendo così all'opinione pubblica un quadro per cui questi reati legati al femminicidio sono sempre considerati di serie B. Una vittimizzazione secondaria, esplicitamente vietata anche dalla Convenzione di Istanbul che in Italia è stata ratificata con legge 27 giugno 2013, n. 77;

          «La narrazione di questo dramma, si legge ancora su the Huffingtonpost.it, è affidata unicamente al punto di vista maschile e con esso alla ricerca di una colpa assoluta, di un alibi e una giustificazione che possa legittimare, in qualche modo, quel gesto, per farlo diventare “disperato” o “folle” e non, come troppo spesso accade, prevedibile, perché frutto di una cultura specifica che ha un nome e “rituali” che si ripetono uguali. Non follia, non disperazione, ma una volontà di vendetta, una dimostrazione di forza e di potere»;

          il diritto di cronaca e di critica arretra di fronte alla tutela della dignità della persona, che, a sua volta, è un diritto inviolabile dell'uomo e in quanto tale, tutelato dall'articolo 2 della Costituzione –:

          se il Governo non intenda adottare urgentemente iniziative, per quanto di competenza, affinché sia implementata l'attività di comunicazione istituzionale per la promozione di una cultura finalizzata alla prevenzione della violenza sulle donne, e in ogni cosa volta alla tutela della dignità della persona, in particolare del genere femminile.
(4-06217)

      Risposta. — L'interrogante chiede di conoscere con la risposta all'interrogazione in esame, quali iniziative il Governo intenda adottare per implementare «l'attività di comunicazione istituzionale per la promozione di una cultura finalizzata alla prevenzione della violenza sulle donne», e, più in generale, volta «alla tutela della dignità della persona, in particolare del genere femminile», considerate le gravi distorsioni di fatti di cronaca compiute da alcuni importanti organi di stampa, come accaduto in relazione al dramma familiare accaduto in provincia di Lecco, citato nelle premesse dell'interrogazione.
      Il dipartimento per l'informazione e l'editoria ha avviato, su richiesta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, una campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne attraverso la diffusione sulle reti televisive Rai di messaggi di utilità sociale e di pubblico interesse, a titolo gratuito, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 7 giugno 2000, n. 150. In particolare, è stata assicurata una pianificazione di
spot sui canali televisivi e radiofonici dell'emittente pubblica nel corso dei mesi di aprile e di maggio 2020, con la quale, fra l'altro, si è inteso contrastare la recrudescenza del fenomeno della violenza domestica a danno del sesso femminile nel corso del periodo di lockdown forzato per l'emergenza Covid-19.
      La campagna ha previsto complessivamente circa 200 passaggi per sei settimane consecutive di programmazione, ottenendo un totale di 379.381.306 contatti lordi. Detta campagna di comunicazione, articolata in due creatività («artisti» e «libera puoi») con la partecipazione di
testimonial del mondo dello spettacolo, è stata altresì diffusa sul canale social facebook nel corso della seconda metà del mese di aprile 2020 attraverso la pagina ufficiale del dipartimento pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri con una copertura di oltre 13 milioni di contatti.
      Il tema della promozione di una cultura e di una comunicazione finalizzate alla prevenzione della violenza sulle donne sarà oggetto dei lavori di una Conferenza straordinaria, utile anche in vista della predisposizione del prossimo piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, che la Ministra per le pari opportunità e la famiglia ha già annunciato l'8 settembre 2020 presso il Senato della Repubblica, nel corso della seduta in cui è stata presentata e discussa la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta contro il femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere. Il Governo, nell'ambito delle sue diverse prerogative e competenze, resta, infine, sempre disponibile a supportare attività e campagne di sensibilizzazione.
      

La Ministra per le pari opportunità e la famiglia: Elena Bonetti.


      GRIMOLDI, BILLI, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          nel novembre 2019 in Iran si è assistito a una delle più grandi ondate di proteste antigovernative degli ultimi anni, con manifestazioni protrattesi per diversi giorni, in oltre cento città, scaturite dopo dall'emanazione di un decreto-legge del Governo che, nel contesto di una generale sofferenza di gran parte della popolazione per il mancato riconoscimento di diritti fondamentali, andava a intensificare il senso di oppressione dei cittadini da parte del regime, aumentando a dismisura il prezzo dei carburanti e disponendone il razionamento;

          le manifestazioni di protesta sono state sottoposte a una forte repressione da parte delle autorità iraniane e, mentre non esiste un bilancio ufficiale delle vittime della repressione, può evidenziarsi come secondo lo stesso Governo queste ammontino ad alcune centinaia, mentre secondo fonti dei dimostranti e dell'agenzia Reuters, i morti sarebbero 1500 e migliaia gli arresti;

          le principali istanze dei manifestanti erano rivolte ad ottenere maggiore libertà, democrazia, eguaglianza e rispetto dei diritti umani;

          durante i 12 giorni di protesta il Governo iraniano ha interdetto l'accesso a internet a 80 milioni di cittadini;

          inoltre, durante la protesta, gli iraniani sono stati assoggettati, ben prima dello scoppiare del contagio da Covid-19, a un sostanziale lockdown, privati della possibilità di interazione e comunicazione; questa censura è stata sicuramente uno dei fattori determinanti per far calare la sordina generale sulla massiccia e sanguinosa repressione;

          successivamente a questi eventi, tre giovani manifestanti iraniani, Amir Hossein Moradi (25enne), Mohammad Rajabi (25enne) e Saeed Tamjidi (27enne), di Teheran, sono stati arrestati, processati e condannati a morte dal Tribunale della Rivoluzione iraniana in quanto riconosciuti colpevoli di aver attentato alla sicurezza nazionale, avendo compiuto atti di vandalismo durante le proteste;

          il Tribunale della Rivoluzione Islamica li ha riconosciuti inoltre come «Mohareb» (nemici di Allah e dell'Islam). A riportarlo è stato, il 24 giugno 2020, il gruppo iraniano per i diritti umani «Human Rights Activists News Agency» (Hrana);

          da ultimo, come annunciato dal portavoce della magistratura iraniana, Qolamhossein Esmaili, la sentenza di morte è stata confermata dalla Corte suprema dell'Iran. Ciò significa che l'esecuzione è imminente;

          secondo Amnesty International, i condannanti avrebbero rivelato come le loro «confessioni» siano state estorte sotto tortura e come, contrariamente alle accuse, essi non abbiano mai avuto alcuna connessione con forze politiche iraniane in esilio;

          secondo il gruppo Hrana, i tre giovani condannati, dopo esser stati rilasciati su cauzione, hanno lasciato l'Iran per la Turchia allo scopo di chiedervi asilo politico, ma, rintracciati dalle forze di sicurezza turche, sono stati estradati in Iran –:

          quali iniziative il Governo, attesa l'imminente esecuzione, intenda urgentemente promuovere presso le autorità iraniane al fine di salvare le giovani vite dei tre condannati;

          se il Governo intenda adoperarsi affinché le autorità iraniane effettuino una verifica sul caso in questione, esprimendo l'attenzione del nostro Paese su questo caso specifico;

          se, nelle more dell'eventuale revisione del processo conclusosi con la sentenza di morte per i tre manifestanti, il Governo intenda adottare ogni iniziativa di competenza, in sede bilaterale, affinché possa essere sospesa l'esecuzione della pena.
(4-06459)

      Risposta. — L'Italia è fortemente impegnata a favore della protezione e della promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel mondo, anche nell'ambito del mandato triennale nel Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite/CDU (2019-2021) ed esercita tradizionalmente un ruolo molto attivo nella campagna internazionale contro la pena di morte, sia nei fori internazionali, sia con azioni di sensibilizzazione. La prima risoluzione per una moratoria universale della pena di morte è stata presentata proprio su impulso dell'Italia all'Assemblea generale delle Nazioni unite nel 2007, e da allora viene approvata con cadenza biennale.
      Il Governo italiano segue la situazione dei diritti umani in Iran con costante attenzione. In ambito ONU contribuiamo attivamente, con equilibrio e approccio costruttivo, ai negoziati sulla risoluzione annuale dell'Assemblea generale sulla situazione dei diritti umani in Iran e sulla risoluzione del Consiglio diritti umani, con la quale viene annualmente rinnovato il mandato del relatore speciale ONU sulla situazione dei diritti umani in Iran. Tale incarico è attualmente ricoperto dal pakistano Javaid Rehman, in carica dal luglio 2018. L'Italia co-sponsorizza regolarmente entrambe le risoluzioni.
      Giova sottolineare che l'Iran è stato oggetto nel 2018 del terzo ciclo della Revisione periodica universale del Consiglio diritti umani (UPR), esercizio di monitoraggio della situazione dei diritti umani cui tutti gli Stati membri dell'ONU si sottopongono ogni quattro-cinque anni. In tale occasione, l'Italia ha raccomandato all'Iran, tra l'altro, di garantire il diritto alla libertà di opinione, espressione e riunione e di porre fine agli arresti dei difensori dei diritti umani e di considerare l'introduzione di una moratoria sulle esecuzioni, in vista dell'abolizione della pena di morte, vietando immediatamente l'applicazione delle esecuzioni per reati commessi da persone di età inferiore ai 18 anni.
      Nel corso del dialogo interattivo con il Relatore speciale ONU sulla situazione dei diritti umani in Iran, svoltosi lo scorso marzo in Consiglio diritti umani, l'Unione europea ha espresso preoccupazione per l'uso della pena di morte nel Paese e per l'esecuzione di persone minorenni al momento della commissione dei reati, in violazione del Patto internazionale sui diritti civili e politici e della Convenzione sui diritti dei minori. L'Unione europea ha inoltre ribadito l'impegno per la protezione e la promozione della libertà di opinione e di espressione,
online e offline, e della libertà di associazione e riunione pacifica e la seria preoccupazione per la risposta delle autorità iraniane alle manifestazioni, esortandole a garantire indagini trasparenti e credibili per identificare i responsabili di violenze e assicurare un giusto processo a tutti i detenuti.
      Nelle Conclusioni del Consiglio dell'Unione europea sulle priorità nei consessi multilaterali in materia di diritti umani per il 2020, adottate il 17 febbraio 2020, l'Unione europea si è impegnata a continuare a chiedere all'Iran di garantire il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche, il rispetto dello stato di diritto, i principi di buon governo, l'indipendenza della magistratura e la lotta contro l'impunità e la disuguaglianza, nonché di difendere i diritti di partecipazione agli affari pubblici, la libertà di riunione e associazione pacifiche, anche per i difensori dei diritti umani e i manifestanti pacifici, e la libertà di opinione ed espressione
online e offline, con particolare attenzione alla sicurezza di giornalisti, blogger e altri operatori dei media.
      L'Iran è tra i Paesi che mantengono la pena di morte per numerosi reati. In conseguenza della riforma della normativa sul narcotraffico del 2017, che ha ridotto in modo consistente le fattispecie per cui era applicabile la pena di morte per reati legati al traffico di droga, le esecuzioni in Iran sono calate di circa il 50 per cento. A fronte di un totale di 429 esecuzioni nel 2017, si è passati a 223 esecuzioni nel 2018 e 235 nel 2019 (secondo i dati disponibili).
      Per quanto riguarda il caso di Amir Hossein Moradi, Mohammad Rajabi e Saeed Tamjidi, i tre giovani sono stati condannati a morte tra il 25 e il 26 gennaio 2020 per vandalismo e incendio doloso, nonché per rapina a mano armata, reati asseritamente commessi in occasione delle proteste del novembre dello scorso anno. La Corte Suprema ha confermato la condanna a morte il 10 luglio 2020.
      In qualità di Presidenza di turno UE a livello locale, il 15 luglio l'ambasciata tedesca a Teheran ha avuto sul caso un incontro con il direttore del dipartimento per i Diritti umani del Ministero degli Affari esteri iraniano. La locale Presidenza dell'Unione europea ha ribadito la nota posizione UE di categorico rifiuto della pena di morte in tutte le circostanze, quale punizione crudele e disumana; ha espresso grave preoccupazione per l'esecuzione dei tre giovani a causa della loro partecipazione alle manifestazioni, sottolineando il verosimile intento di deterrente rispetto a future nuove proteste, malgrado il diritto di manifestare sia sancito dalla Costituzione iraniana. Evidenziando inoltre l'indebito ricorso a confessioni forzate, ha invitato la Repubblica iraniana a riesaminare i casi, garantendo il rispetto dei principi fondamentali dello stato di diritto, a partire dalla messa in opera di un giusto processo.
      In parallelo, i difensori dei tre condannati hanno impugnato una seconda volta la sentenza davanti alla Corte Suprema, sostenendo che il verdetto si è basato su testimonianze estorte con la violenza. Ciò ha compromesso il coinvolgimento di un giudice diverso da quello che ha emesso la sentenza iniziale, che dovrà valutare questo ultimo aspetto. Nelle more di tale valutazione, la condanna a morte non potrebbe essere eseguita.
      In linea con il forte impegno a favore della campagna internazionale contro la pena di morte, l'Italia continuerà a seguire e monitorare con la massima attenzione ogni evoluzione della vicenda.
      

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


      LATTANZIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

          negli ultimi giorni, le pagine ed i post social di molti quotidiani si sono riempiti di titoli relativi alla terribile vicenda avvenuta a Lecco, in cui un padre ha ucciso i due figli dodicenni – per poi togliersi la vita a sua volta – come forma di vendetta sulla sua ex moglie;

          molte testate importanti hanno titolato, utilizzando frasi e forme di linguaggio scorrette, che hanno concretizzato un capovolgimento della narrazione dei fatti, creando confusione tra vittima e carnefice. Primo tra tutti è stato il post lanciato dal quotidiano «Il Mattino», in cui si faceva riferimento al «dramma dei padri separati». Inoltre, proprio l'agenzia l'Ansa, riferendosi espressamente ad una «separazione difficile tra il padre e la madre», ha condizionato il modo in cui la notizia è stata ripresa da importanti testate giornalistiche, reiterando un racconto quasi edulcorato nelle sue cause, trasformando, a giudizio dell'interrogante, l'ex moglie in una sorta di co-responsabile dell'atto violento;

          tale visione crea la diffusione di una notizia in cui prevale un elemento che stempera quello che, invece, non è altro che l'atto di un assassino, rientrando a pieno titolo in quelle che sono le forme violente nella cornice del femminicidio;

          è stato dunque invocato il «Manifesto di Venezia», nato nel 2017 per la diffusione di una corretta informazione contro la violenza sulle donne, che, tra i vari impegni, cita espressamente quello di non utilizzare espressioni che possano «suggerire attenuanti e giustificazioni all'omicida, anche involontariamente» e di evitare «di raccontare il femminicidio sempre dal punto di vista del colpevole, partendo invece da chi subisce la violenza, nel rispetto della sua persona» –:

          quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda promuovere per una comunicazione istituzionale che diffonda una cultura volta alla prevenzione e al contrasto di qualsiasi forma di violenza di genere.
(4-06216)

      Risposta. — L'interrogante chiede di conoscere con la risposta all'interrogazione in esame quali iniziative il Governo intenda promuovere per una comunicazione istituzionale che diffonda una cultura volta alla prevenzione e al contrasto di qualsiasi forma di violenza di genere, considerate le gravi distorsioni di fatti di cronaca compiute talvolta da alcuni importanti organi di stampa, come accaduto in relazione al dramma familiare accaduto in provincia di Lecco, citato nelle premesse dell'interrogazione.
      Il dipartimento per l'informazione e l'editoria ha avviato su richiesta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, una campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne attraverso la diffusione sulle reti televisive Rai di messaggi di utilità sociale e di pubblico interesse, a titolo gratuito, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 7 giugno 2000, n. 150, In particolare, è stata, assicurata una pianificazione di
spot sui canali televisivi e radiofonici dell'emittente pubblica nel corso dei mesi di aprile e di maggio 2020, con la quale, fra l'altro, si è inteso contrastare la recrudescenza del fenomeno della violenza domestica a danno del sesso femminile nel corso dei periodo di lockdown forzato per l'emergenza Covid-19.
      La campagna ha previsto complessivamente circa 200 passaggi per sei settimane consecutive di programmazione, ottenendo un totale di 379.381.306 contatti lordi. Detta campagna di comunicazione, articolata in due creatività («Artisti» e «Libera puoi») con la partecipazione di
testimonial del mondo dello spettacolo, è stata altresì diffusa sul canale social facebook nel corso della seconda metà del mese di aprile 2020 attraverso la pagina ufficiale del dipartimento pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri con una copertura di oltre 13 milioni di contatti.
      Il tema della promozione di una cultura e di una comunicazione finalizzate alla prevenzione della violenza sulle donne sarà oggetto dei lavori di una Conferenza straordinaria, utile anche in vista della predisposizione del prossimo Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, che la Ministra per le pari opportunità e la famiglia ha già annunciato l'8 settembre 2020 presso il Senato della Repubblica, nel corso della seduta in cui è stata presentata e discussa la relazione della Commissione parlamentare di inchiesta contro il femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere. Il Governo, nell'ambito delle sue diverse prerogative e competenze, resta, infine, sempre disponibile a supportare attività e campagne di sensibilizzazione.
      

La Ministra per le pari opportunità e la famiglia: Elena Bonetti.


      MAGLIONE e FEDERICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          nel territorio del comune di Sassinoro in provincia di Benevento è stato autorizzato dalla regione Campania un impianto di compostaggio per il trattamento di 22.000 tonnellate annue di rifiuti organici;

          l'impianto è posto su una falda acquifera che fa parte del sistema delle acque del lago di Campolattaro (BN), sul quale c'è un progetto di potabilizzazione a valere su fondi Cipe gestiti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

          considerati i problemi di approvvigionamento idrico della città di Benevento e provincia, dovuto all'infiltrazione di sostanze inquinanti nei pozzi e dai cambiamenti climatici oramai in atto, il bacino di Campolattaro assume quindi sempre maggiore importanza e diventa strategico per la sostenibilità e l'economia dell'intera provincia;

          l'eventuale realizzazione dell'impianto risulterebbe in contrasto con la volontà di utilizzare dette risorse per l'uso a fini potabili del bacino di Campolattaro, considerata comunque la possibilità di inquinamento delle matrici terra-acqua –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa di competenza al fine di preservare l'interesse preminente dell'approvvigionamento idrico per gli abitanti della zona in luogo della realizzazione di impianti di trattamento dei rifiuti.
(4-03172)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in sulla base delle informazioni al riguardo fornite dalla direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      La diga di Campolattaro — in terra e di altezza pari a circa 50 metri — è un importante sbarramento realizzato negli anni '90 per il quale sono in fase di completamento gli invasi sperimentali, finalizzati al collaudo tecnico-funzionale ai sensi degli articoli 13 e 14 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 1363 del 1959.
      L'invaso ha un volume teorico pari a circa 125 milioni di metri cubi è destinato ad usi plurimi (potabili e irrigui): allo stato non risulta ancora utilizzabile per il mancato completamento delle opere di derivazione ed adduzione verso le utenze di valle.
      Il soggetto responsabile di tali opere è la provincia di Benevento, titolare dell'istanza di concessione di derivazione ai sensi della delibera di Giunta regionale Campania n. 1178 del 7 marzo 1995 e del decreto ministeriale 20 aprile 1999; la gestione ordinaria dell'invaso è stata affidata dalla Provincia all'Agenzia sannita energia e ambiente - ASEA spa.
      In merito al pericolo di inquinamento della falda idrica che alimenterebbe il serbatoio di Campolattaro a seguito della realizzazione di un impianto di compostaggio nel comune di Sassinoro, si rappresenta che la progettazione ed il finanziamento di tale impianto di compostaggio sono di competenza della Regione Campania.
      La citata direzione generale per le dighe ha quindi interessato la medesima regione e i competenti uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in ordine alla verifica di compatibilità delle diverse iniziative in corso.
      Dalle informazioni acquisite risulta che il progetto in esame sia stato escluso dalla procedura di valutazione di impatto ambientale, a seguito della verifica di assoggettabilità a Via svolta dalla competente autorità regionale.
      Su tale procedimento risulta tuttora pendente un ricorso presso il Tar della Campania presentato dalla provincia di Benevento, dal comune di Sassinoro e da altri enti territoriali, teso ad annullare gli atti/pareri/provvedimenti con cui è stata autorizzata la realizzazione del citato impianto di compostaggio.
      Con specifico riferimento alla procedura di autorizzazione dell'impianto di gestione rifiuti relativamente alla localizzazione, alla dimensione e al funzionamento dello stesso, il Ministero dell'ambiente ha riferito quanto segue.
      Le autorizzazioni relative ad impianti di trattamento dei rifiuti attengono alle competenze regionali. Infatti, ai sensi dell'articolo 196 del decreto legislativo n. 152 del 2006, spetta alle regioni l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti e dei rifiuti non pericolosi, l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti e l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi. Inoltre, è obbligo delle regioni predisporre, adottare e aggiornare il Piano regionale di gestione dei rifiuti, promuovere la gestione integrata dei rifiuti nonché incentivarne la riduzione e il recupero. Rientra infine nelle competenze delle regioni anche la delimitazione, nel rispetto delle linee guida generali, degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati, nonché la definizione di criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti e per l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento.
      Infine, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha segnalato che la Corte di giustizia europea con la sentenza del 16 luglio 2015, relativa alla causa C-653/13 della Commissione europea contro la Repubblica italiana, riguardante la violazione della direttiva 2006/12/CE per la gestione dei rifiuti nella regione Campania, ha condannato l'Italia al pagamento di una penalità forfettaria annuale e di una penalità giornaliera fino alla completa esecuzione della stessa ovvero fino a che non siano messe in servizio discariche aventi una capacità di 1.829.000 tonnellate, impianti di termovalorizzazione aventi una capacità annua di 1.190.000 tonnellate e impianti di recupero dei rifiuti organici aventi una capacità annua di 382.500 tonnellate. Detta penalità è dovuta fino alla completa realizzazione di tutti gli impianti necessari a soddisfare il fabbisogno.

La Ministra delle infrastrutture e dei trasporti: Paola De Micheli.


      MURONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          l'Onu ha segnalato la recente scomparsa di più di 1.700 persone nel sistema dei lager libici. Nei primi 5 mesi del 2020, un totale di 3.150 persone è stato catturato in mare dalla cosiddetta Guardia costiera libica e dai maltesi, con la quotidiana collaborazione degli aerei italiani della missione Frontex;

          le 3.150 persone catturate in mare sono state tutte respinte in Libia, con sbarco nel porto di Tripoli. Di queste, segnala l'Onu, solo 1.400 si trovano attualmente nel sistema dei campi migranti «ufficiali» di Al Serraj. Riguardo alle altre 1.700 persone non si conosce la fine che hanno fatto;

          in questi mesi tutti i gruppi di attivisti che si occupano di Libia hanno ricevuto moltissime segnalazioni di persone scomparse. Più di quante ne ricevono di solito. Parenti di rifugiati catturati nel Mediterraneo chiedono agli attivisti notizie dei loro cari, letteralmente scomparsi;

          subito dopo la deportazione in Libia, la maggior parte è stata chiusa nel lager di Triq al Sikka. È da qui che sono iniziate le sparizioni. Una parte dei rifugiati è stata ceduta alle terribili milizie di Al Serraj per essere impiegati come schiavi-soldato. Vengono mandati in prima linea. Molti sono già morti al fronte. Un'altra parte ha subito un «processo» e con il reato di immigrazione clandestina sono stati condannati chi a 3 chi a 6 mesi di reclusione da scontare nelle carceri ordinarie (soprattutto nel carcere di El Jadida a Tripoli). Al termine di questa detenzione, alcuni sono stati riportati a Triq al Sikka e lì ceduti alle milizie di Al Serraj, quelle tristemente famose per torture e omicidi;

          per fortuna, certe volte, alcuni rifugiati sono riusciti a sfuggire alle milizie e ad arrivare in Europa, riacquistando la libertà e raccontando le loro storie;

          tra le testimonianze, c'è quella di Paul (nome di fantasia). La sua storia è recente, 2020, ed è allucinante. Dopo essere stato catturato in mare dalla cosiddetta Guardia costiera libica viene deportato in Libia, nel lager di Triq al Sikka. Trasferito al tribunale di Tripoli per un «processo», non gli è stato concesso il diritto di chiamare un avvocato ed è stato condannato a 3 mesi da scontare nel carcere ordinario di El Jadida, quello per criminali. Dopo è stato ricondotto a Triq al Sikka, ceduto alle milizie di Al Serraj e costretto a combattere in prima linea, assieme a tanti altri migranti schiavi-soldato;

          queste persone hanno un nome quando si imbarcano per fuggire dalla guerra. Hanno un nome quando gli aerei di Frontex le scorgono dall'alto in mezzo al mare. Non hanno nome quando Frontex comunica le loro coordinate alla cosiddetta Guardia costiera libica. Vengono catturate e diventano degli invisibili, dei quasi-morti senza nome da spedire in prima linea a morire, carne da macello. Tutto questo è solo una parte dell'ennesimo articolo denuncia di Sarita Fratini pubblicato sul sito online «SaritaLibre – Una selvaggia parata di idee» –:

          se il Governo non ritenga necessario attivarsi immediatamente nei confronti della Libia, assumendo iniziative, tramite i canali diplomatici, affinché:

              a) sia fatta piena luce in merito alla vicenda esposta in premessa;

              b) vengano messe in sicurezza le persone detenute nel centro di detenzione di Triq al Sikka e in altri luoghi di detenzione;

              c) siano predisposti controlli adeguati, attraverso personale specializzato, relativamente all'uso dei metodi di tortura e della violenza;

              d) vengano ascoltate le persone detenute nel centro di detenzione di Triq al Sikka, e in altri luoghi di detenzione, e condotte in luogo protetto a garanzia e tutela dei diritti della persona;

              e) si preveda l'invio di rappresentanti di organismi di tutela dei diritti umani.
(4-05942)

      Risposta. — Ringrazio innanzitutto l'interrogante per aver sollevato un tema di cruciale importanza per la politica estera italiana. L'Italia è in prima linea nel tentativo di fermare il conflitto in corso in Libia e di riportare pace e sicurezza nel Paese. Collegato a questo obiettivo è il dovere di migliorare le condizioni della popolazione locale, degli sfollati, dei migranti e dei rifugiati – in altre parole di tutte le persone più vulnerabili che del conflitto pagano le conseguenze più gravi.
      L'obiettivo di tutelare le fasce più vulnerabili della popolazione è perseguito con una serie di interventi diretti sul terreno. Paese di destinazione, transito e partenza di flussi migratori irregolari, nel triennio 2017-19 la Libia ha beneficiato (in aggiunta alle risorse della cooperazione allo sviluppo, su cui si riferisce oltre) di 58 milioni di euro stanziati nell'ambito del Fondo Africa, uno strumento grazie al quale la Farnesina ha finanziato interventi realizzati prevalentemente da organizzazioni delle Nazioni unite nei settori dell'assistenza ai migranti e ai rifugiati.
      Nell'ottica di alleviare il più possibile i disagi dei migranti e rifugiati, il Fondo Africa, soprattutto alla luce dell'acutizzarsi del conflitto interno dal 2019, ha investito consistenti risorse affinché fosse intensificata l'assistenza ai migranti e ai rifugiati in Libia, sia nei centri di detenzione che in contesti urbani, nonché agli sfollati libici e alle comunità locali colpite dalle conseguenze dell'instabilità. Solo l'anno scorso, accogliendo una richiesta delle Nazioni unite, con un finanziamento di 11 milioni di euro a valere sul Fondo Africa, è stato possibile: sostenere circa 20.00 sfollati con Unhcr, dare assistenza a minori e ripristinare le forniture d'acqua con Unicef; fornire cibo a 28.000 migranti con Wfp ed infine rimpatriare volontariamente con Oim i migranti verso i propri Paesi di origine.
      A quest'ultimo riguardo, il Fondo Africa della Farnesina ha contribuito a realizzare, nel corso degli ultimi anni, circa 50.000 rimpatri volontari assistiti di migranti effettuati dall'Oim dalla Libia verso i Paesi di origine. Essenziale è risultato altresì il sostegno alle operazioni del Meccanismo di transito di emergenza (Etm) dell'Unhcr, grazie al quale rifugiati vulnerabili sono trasferiti dalla Libia in apposite strutture a Niamey (Niger) e Gashora (Ruanda), in vista del loro successivo reinsediamento in Paesi occidentali. L'Italia è stato il primo Paese a finanziare l'apertura di tale meccanismo in Ruanda. La stessa creazione della
Gathering and departure facility dell'Unhcr, fino a poco tempo fa luogo sicuro a Tripoli in cui venivano ospitati i rifugiati vulnerabili in attesa di trasferimento umanitario, è stata dovuta in buona parte alla sensibilizzazione che l'Italia ha effettuato sulle autorità libiche.
      Nella strategia di aiuto ai migranti in Libia rientrano i finanziamenti ai Paesi limitrofi (Niger e Tunisia) per un valore di 77 milioni di euro in tre anni, con i quali, tra le altre cose, sono state rafforzate le attività di assistenza e protezione offerte dalle Nazioni unite a migranti e rifugiati, prevedendo anche rimpatri volontari assistiti.
      L'obiettivo di fornire assistenza ai migranti e ai rifugiati in Libia si conferma anche per l'attuazione di interventi nel 2020 mediante il Fondo migrazioni (nuova denominazione del precedente Fondo Africa). Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Di Maio ha esplicitamente richiesto a fine 2019 a Oim e Unhcr di tracciare un piano d'azione congiunto, volto non solo all'assistenza diretta ai migranti e ai rifugiati, ma anche al progressivo superamento del sistema dei centri di detenzione, con il parallelo sviluppo di progetti di aiuto in contesti urbani. La recente visita del Ministro a Tripoli è stata occasione per annunciare il lancio del pacchetto di 9 milioni di euro con i quali la Farnesina finanzia parte del sopra menzionato Piano d'azione Oim-Unhcr per la realizzazione di progetti di aiuto alle comunità locali e coesistenza pacifica con i migranti, sia nel sud che nel nord del Paese; di assistenza diretta ai migranti e ai rifugiati in contesti urbani, nonché di iniziative di
capacity-building in materia di diritti umani a favore delle istituzioni libiche incaricate della gestione dei flussi migratori e delle strutture detentive.
      Il miglioramento delle condizioni delle persone più vulnerabili è stato perseguito anche con interventi di cooperazione allo sviluppo. Le attività realizzate dalle organizzazioni della società civile (Osc) italiane in Libia nei centri migranti e rifugiati si inseriscono nel più ampio quadro di risposta del Governo italiano e della stessa comunità internazionale alla perdurante crisi umanitaria libica. A partire dal 2017, l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo ha finanziato nove iniziative realizzate da Osc HELPCODE Italia, Emergenza Sorrisi, CESVI, Terre des Hommes Italia, CEFA, We World GVC) per un importo complessivo di 6 milioni di euro, intervenendo nei centri migranti di Tarek al Seka, Tarek Al Matar, Daher Al Jabal, Bouslim, Azzawya (El Nasr), Janzour, Tajoura, El Qasr Bin Gashir, Khoms, AlSaaba.
      Con particolare riguardo al campo di Terek al Seka hanno operato le seguenti Osc: Helpcode, Cesvi e Cefa. Tutte le loro iniziative sono state concluse entro il 2019, tranne quella di Cefa, in via di conclusione. Unhcr e Oim sono presenti regolarmente all'interno del centro, così come altre organizzazioni non governative internazionali quali
International rescue committee e international medical corps. Il centro è collocato nell'omonimo quartiere di Tripoli, proprio dinnanzi ai locali che un tempo ospitavano la «Gathering and Departure Facility», centro modello gestito da UNHCR e chiuso nei mesi scorsi. Il 7 agosto 2020 in occasione delle periodiche attività di intervista, registrazione e assistenza sanitaria fornite ai migranti all'interno dei centri governativi, le Nazioni Unite hanno censito all'interno di Tarek Al Sika 240 migranti, 118 dei quali ritenuti particolarmente vulnerabili.
      Sentita al riguardo, la nostra ambasciata a Tripoli ha riferito di non essere al corrente degli specifici eventi citati dall'interrogante, che risultano non essere noti neppure ai rappresentanti locali delle Nazioni unite. Ciononostante, posso assicurare che questa Amministrazione continuerà ad interessarsi attivamente allo specifico centro migranti menzionato nell'interrogazione.
      Non meno importante è l'impegno italiano per dare una soluzione comprensiva e di lungo periodo ai problemi segnalati dall'interrogante.
      Sul piano multilaterale, il Governo italiano ha di recente sostenuto in seno al Consiglio per i diritti-umani Onu (Cdu) una risoluzione promossa dai Paesi del Gruppo africano con l'appoggio del Governo di accordo nazionale libico che prevede anche l'istituzione di una missione conoscitiva indipendente (
Fact-Finding Mission) di esperti delle Nazioni unite che investighi sulle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario perpetrate da entrambe le parti in Libia. Tale risoluzione, adottata anche grazie al nostro impegno il 22 giugno 2020 al termine della 43ma sessione del Cdu, conferisce alla Fact-finding Mission il mandato di stabilire i fatti e le circostanze relative alla situazione dei diritti umani e raccogliere le informazioni pertinenti per documentare presunte violazioni e abusi dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale in tutto il Paese dall'inizio del 2016 anche al fine di preservare tali prove e garantire che gli autori delle violazioni possano essere giudicati. Essa dovrà veder garantito libero accesso su tutto il territorio libico e - già in occasione della 46° sessione del Consiglio per i diritti umani (che si terrà tra febbraio e marzo 2021) – presenterà un rapporto sullo stato dei diritti umani in Libia, basato sulle evidenze raccolte e comprensivo di raccomandazioni per prevenire violazioni future.
      Sul piano bilaterale, il nostro Paese ha dato avvio alla rinegoziazione del memorandum d'intesa italo-libico in materia di cooperazione migratoria del 2017. La recente visita del Ministro Di Maio a Tripoli (24 giugno 2020) ha impresso una accelerazione al confronto con le autorità di Tripoli e ha permesso di organizzare già il 2 luglio scorso, a Roma, una prima riunione bilaterale del comitato italo-libico sulle questioni migratorie, volta a individuare una convergenza tra le proposte di modifica italiane e le controproposte libiche.
      Pur nella piena consapevolezza della difficoltà dell'esercizio, abbiamo voluto intraprendere questo percorso di revisione in un quadro di rafforzata adesione alle norme internazionali sui diritti umani. Nell'aggiornamento del memorandum, infatti, la posizione negoziale italiana si fonda sui seguenti principi, in linea con la Risoluzione di autorizzazione delle missioni internazionali approvata alla Camera il 16 luglio 2020.

          il miglioramento nel breve e medio termine delle condizioni dei migranti, nell'ottica del progressivo superamento del sistema dei centri;

          il rafforzamento dello stato di diritto e della tutela dei diritti umani degli stessi migranti;

          il coinvolgimento delle Nazioni Unite e in particolare di Unhcr e Oim nella gestione di migranti, rifugiati e sfollati;

          il pieno e incondizionato accesso di operatori umanitari nei centri, nonché la garanzia che, nei suddetti centri, operi personale con comprovate credenziali in materia di tutela dei diritti umani;

          il richiamo ripetuto ai diritti umani e al diritto internazionale;

          l'immediato rilascio dai centri di donne, bambini ed altri individui vulnerabili.
          Su tali basi e quale seguito della riunione del 2 luglio 2020, abbiamo poi avviato una concertazione interministeriale, che ha permesso di elaborare una nuova bozza di MoU e abbiamo dato istruzioni al nostro ambasciatore a Tripoli di sottoporre il nuovo testo alle Autorità libiche per la prosecuzione del negoziato.
          Da ultimo, mi preme ricordare che la chiave per dare una soluzione complessiva e durevole alla gestione dei fenomeni migratori irregolari che interessano la Libia e il Mediterraneo centrale è la stabilizzazione del Paese. Rispetto a questo obiettivo mi limito a confermare in questa sede che l'impegno italiano prosegue – con senso di continuità attraverso gli anni – per la definizione di una soluzione durevole e giusta attraverso il dialogo politico inclusivo. Le recenti dichiarazioni parallele del 21 agosto 2020 con le quali il Presidente Serraj e il Presidente Aghila Saleh hanno annunciato l'immediata cessazione delle ostilità nel Paese – che presentano divergenze ma anche punti in comune (tra cui la richiesta di riattivazione della produzione petrolifera) – rappresentano una nuova, importante finestra di opportunità che va assolutamente colta. In tale prospettiva, la visita del Ministro Di Maio in Libia del 1° settembre ha permesso di incoraggiare gli interlocutori libici a tradurre in fatti concreti gli impegni annunciati con le loro dichiarazioni e di confermare il pieno sostegno dell'Italia per una soluzione politica e inclusiva della crisi.

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.


      PIGNATONE, DEL SESTO, CANCELLERI, MARTINCIGLIO, MAGLIONE, VILLANI, NESCI e PENNA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          il settore alimentare è uno dei settori nei quali si avverte maggiormente l'esigenza di protezione del consumatore, non solo in riferimento all'importanza di una corretta e sana nutrizione, ma anche in relazione all'influenza che la spesa alimentare ha nel bilancio di ogni famiglia, sfiorando fino al 50 per cento del budget;

          da alcuni articoli di stampa è emerso come si stia assistendo ad un incremento dei prezzi dei generi alimentari in tutta Italia;

          tuttavia, alcune province hanno registrato un aumento ben superiore alla media nazionale, che non appare essere giustificato da motivazioni locali;

          in particolare, è stato rilevato che la città di Caltanissetta è il capoluogo di provincia con il più alto incremento dei prezzi;

          tale aumento è stato registrato soprattutto per i beni alimentari, acquistabili principalmente presso la grande distribuzione organizzata la quale, operando a livello nazionale o, addirittura, internazionale non dovrebbe giustificare un aumento localizzato in alcune città;

          è evidente che un aumento di prezzi a livello locale, non giustificato da riscontrate e peculiari esigenze, incide negativamente e profondamente nell'assetto economico delle famiglie che, ora, più che mai, necessitano di un costante e reale supporto per far fronte alla crisi che il nostro Paese sta attraversando a causa dell'emergenza COVID-19 –:

          quali iniziative di competenza si intendano intraprendere, attraverso gli opportuni organi con funzione di verifica come l'Osservatorio dei prezzi, nonché in stretta collaborazione con gli altri soggetti istituzionali preposti.
(4-06435)

      Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
      Gli interroganti fanno riferimento all'incremento dei prezzi dei generi alimentari in tutta Italia (in considerazione della crisi epidemiologica in corso) con aumenti più alti in talune province, chiedendo le necessarie verifiche da parte degli organi preposti.
      Per gli aspetti di competenza del Ministero dello sviluppo economico, come già rappresentato in occasione dell'interrogazione a risposta immediata in aula – Camera dei deputati del 13 maggio 2020, occorre precisare che sono diverse le iniziative messe in campo per fronteggiare le criticità in parola.
      In primo luogo, è stata rafforzata la collaborazione con il sistema camerale ed è stato attivato un tavolo virtuale con le associazioni di categoria rappresentative della produzione e della distribuzione, al fine di individuare soluzioni di sistema coinvolgendo tutti gli attori pubblici e privati. Il tavolo permette,
inter alia, il monitoraggio degli interventi avviati autonomamente dalle categorie per contenere i prezzi di vendita dei prodotti.
      In secondo luogo, il Ministero ha rafforzato la collaborazione con tutti gli organismi interessati al monitoraggio sull'andamento dei prezzi e, in particolare, con l'Istat, per estendere l'osservazione anche ai prodotti non precedentemente oggetto di rilevazioni
ad hoc.
      A tal ultimo riguardo, relativamente ai dati provvisori dell'indice di inflazione (NIC) per il mese di aprile, a fronte di un'assenza di variazione su base tendenziale per l'indice generale dovuta alla diminuzione dei prodotti energetici, l'ISTAT ha riferito che si è registrato un incremento del 2,6 per cento dei prezzi dei prodotti che formano il cosiddetto «carrello della spesa» (rispetto all'anno scorso) e un incremento del 2,8 per cento per i soli beni alimentari.
      Inoltre, con legge 24 dicembre 2007, n. 244, è stato istituito, presso il Ministero dello sviluppo economico, il «garante per la sorveglianza dei prezzi» con specifiche funzioni di monitoraggio sull'andamento dei prezzi e di verifica, su segnalazione delle associazioni dei consumatori e dei cittadini, al fine di arginare eventuali fenomeni speculativi.
      Dalla fine di febbraio scorso sono pervenute al garante per la sorveglianza dei prezzi numerose segnalazioni, riguardanti prevalentemente mascherine e disinfettanti e, in parte, prodotti alimentari.
      Per potenziare ulteriormente l'attività di raccolta e verifica di casi di possibile speculazione e di altre pratiche commerciali scorrette, il Ministero dello sviluppo economico sta collaborando con le principali associazioni dei consumatori, predisponendo un
format on-line con l'obiettivo di favorire tali associazioni nell'attività di raccolta e filtro delle segnalazioni sul territorio.
      Le segnalazioni pervenute vengono successivamente sottoposte ad istruttoria per verificare l'attendibilità e la non genericità degli elementi forniti; vengono quindi condivise, a seconda dei seguiti di competenza, con la Guardia di finanza o con l'autorità garante per la concorrenza ed il mercato (AGCM), che svolgono un ruolo attivo nel contrasto alle menzionate pratiche commerciali scorrette e di aumento ingiustificato dei prezzi.
      Al contempo, si sta garantendo il necessario confronto con gli enti responsabili delle certificazioni di prodotto, al fine di contrastare il fenomeno delle false certificazioni.
      Sul punto è opportuno sottolineare che, in base all'attuale normativa, il Garante per la sorveglianza dei prezzi non ha un ruolo attivo dinanzi agli eventuali aumenti ingiustificati dei prezzi, ma può riferire l'esito delle proprie attività di monitoraggio agli organi accertatori, per sollecitare specifiche iniziative in proposito ovvero avviare azioni di
moral suasion nei confronti degli operatori economici.
      Per quanto riguarda i prezzi al consumo, l'osservatorio nazionale prezzi del Ministero dello sviluppo economico si avvale della collaborazione dell'ISTAT per rendere pubblici i livelli di prezzi e le tariffe di un paniere composto da determinati beni e servizi, assicurando il necessario grado di rappresentatività quanto a numero di osservazioni, struttura merceologica del paniere e copertura territoriale.
      Per ciascun prodotto vengono rilevati i prezzi medi, minimi e massimi, tenendo conto delle diverse fasce di consumo e delle diverse aree territoriali, e ne vengono comunicati i livelli sull'intero territorio nazionale, elementi fondanti dell'attività di informazione al consumatore.
      Con riferimento al punto sollevato dagli interroganti, è stata sentita l'Autorità garante della Concorrenza e del mercato, la quale applica la disciplina sulle attività commerciali scorrette di cui al Decreto Legislativo n. 206 del 2005 recante «
codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229» aggiornato a seguito della Direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno.
      L'Agcm riferisce di aver ricevuto numerose segnalazioni relative all'aumento di prezzo dei generi alimentari su tutto il territorio italiano e a livello locale durante il periodo di emergenza sanitaria da Sars-Cov-2. Le denunce in parola sono pervenute da singoli consumatori, da associazioni di consumatori e dal Ministero dello sviluppo economico.
      A seguito di tali denunce, nell'ambito della propria attività di
enforcement per la tutela del consumatore e in applicazione della disciplina sulle attività commerciali scorrette, l'Agcm ha inoltrato agli operatori della grande distribuzione organizzata (GDO), dislocati su tutto il territorio nazionale, una serie di articolare richieste di informazioni per acquisire dati sull'andamento dei prezzi di vendita al dettaglio e dei prezzi di acquisto all'ingrosso di generi alimentari di prima necessità, detergenti, disinfettanti e guanti.
      L'intervento dell'autorità si è reso necessario poiché dagli accertamenti preliminari condotti sulla base dei dati ISTAT sono emersi incrementi dei prezzi rispetto a quelli correnti nei mesi precedenti, differenziati a livello provinciale.
      Se, da un lato, occorre certamente considerare sia il forte incremento della domanda da parte dei consumatori, i quali durante l'emergenza sanitaria hanno fatto scorte di beni di prima necessità, sia le difficoltà dell'offerta, anch'esse correlate all'emergenza sanitaria; dall'altro lato, si riscontra comunque un aumento dei prezzi di prodotti alimentari più elevato del dato medio nazionale in talune aree non interessate dal fenomeno delle cosiddette «zone rosse».
      L'Autorità ha ritenuto dunque di non poter escludere che tali maggiori incrementi siano da ricondurre anche a fenomeni speculativi e, quindi, a condotte non diligenti da parte degli operatori della grande distribuzione organizzata.
      A luglio 2020 erano in corso elaborazioni da parte dell'Agcms su dati relativi alle attività di oltre 3.800 punti vendita, collocati geograficamente soprattutto nell'Italia centrale e meridionale; l'indagine è ancora in corso.
      Al termine della raccolta delle evidenze informative, l'autorità procederà alla valutazione delle condotte adottate dagli attori del mercato nel periodo considerato, al fine di comprendere (i) se le stesse possano sussumersi nelle fattispecie di «pratiche commerciali scorrette», vietate dal citato codice del consumo, e (ii) in che modo esse siano state poste in essere, tenuto anche conto dell'andamento dei prezzi a livello locale.
      Conseguentemente, l'Agcm adotterà gli opportuni provvedimenti, qualora si rilevano comportamenti non diligenti da parte di professionisti a detrimento degli interessi economici dei cittadini consumatori.
      In conclusione, mi preme precisare che, per quanto di competenza, l'impegno del Ministero dello sviluppo economico nell'evitare speculazioni sul mercato, in un momento emergenziale come quello attuale, è massimo e che si continuerà a monitorare la situazione al fine di garantire la massima tutela possibile del consumatore.

Il Ministro dello sviluppo economico: Stefano Patuanelli.


      PROVENZA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          la Fonderia Pisano (Salerno, Fratte), classificata come industria insalubre di prima classe, secondo il testo unico delle leggi sanitarie, regio decreto n. 1265 del 1934, produce manufatti di ghisa attraverso due differenti procedimenti. Uno dei due opera mediante fusione di scarti e rottami di materiali ferrosi, bruciati in un forno alimentato a carbon coke o pet coke; quest'ultimo emette fumi in atmosfera, pericolosi per salute e ambiente. L'impianto, risalente agli anni '60, non è mai stato sottoposto ad adeguamenti ed ammodernamenti significativi;

          da decenni la popolazione che vive nelle zone limitrofe alla fonderia lamenta emissioni moleste e significativi depositi di polveri nere metalliche;

          l'area comprende i tre diversi comuni di Salerno, Pellezzano e Baronissi; in base al piano regolatore generale (Puc piano urbanistico comunale) 2006, l'area su cui la Fonderia insiste non è più di tipo industriale bensì edificabile. Ciò rende l'impianto di fatto incompatibile con l'area. Ad oggi non è stata attivata né la delocalizzazione dell'impresa, né il monitoraggio costante;

          nel 2016 la regione ha sospeso le attività della Fonderia sulla base della relazione dell'Arpac che aveva riscontrato gravi criticità. Successivamente è stata disposta la riapertura dell'impianto ed è stata richiesta la revisione dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia). Tuttavia, è intervenuto il sequestro preventivo da parte della procura;

          nel 2018 il competente ufficio regionale con appositi decreti ha espresso parere sfavorevole di Via e Vi sul progetto Pisano, ha disposto l'archiviazione del procedimento di riesame dell'Aia rilasciata nel 2012 ed ha definitivamente revocato la stessa. Successivamente il Tar di Salerno ha accolto la sospensiva dei predetti decreti della regione Campania e le Fonderie Pisano hanno ripreso l'attività;

          i decreti in questione sono stati oggetto di vicende giudiziarie; sono, inoltre, da segnalare, tre procedimenti penali che hanno interessato la Fonderia dal 2004 al 2015. Tutti, seppur riguardanti gravi reati, si sono conclusi con il patteggiamento e con il pagamento di ammende irrisorie. Attualmente, è in corso un procedimento per altri reati ambientali commessi dal 2014, un altro processo a carico di funzionari Arpac che avrebbero falsificato controlli ed è in corso un'indagine per stabilire il nesso di causalità tra le numerosi morti nella valle dell'Irno e l'attività delle fonderie Pisano;

          nell'area interessata si riscontra, tra l'altro, un'incidenza anomala di tumori (alcuni definiti rari) e di malattie respiratorie. Nel 2016 l'Asl competente ha comunicato l'avvio di uno studio epidemiologico per monitorare lo stato di salute della popolazione. È partito anche lo studio Spes-Valle dell'Irno per indagare sullo stato di salute degli abitanti e del territorio dell'area Salerno nord; la prima relazione ha dimostrato che aria, suolo e acqua, sono tutte interessate dalla condotta della proprietà Pisano che per anni ha operato in totale spregio delle norme ambientali;

          i risultati definitivi dello studio Spes-Valle dell'Irno sono stati di recente consegnati alla regione Campania da parte dell'istituto zooprofilattico e ad oggi non sono stati resi pubblici;

          nell'ambito di tale studio vi è un accordo con l'istituto superiore di sanità con l'obiettivo di verificare le analisi effettuate e l'elaborazione dei dati per stabilire l'impatto delle sorgenti di contaminazione sugli abitanti potenzialmente esposti;

          in pieno lockdown, con decreto dirigenziale n. 85 del 20 aprile 2020 a prima firma del dirigente Antonello Barretta, la regione Campania ha rinnovato l'autorizzazione integrata ambientale (Aia) con validità di 12 anni, nonostante dati preliminari sospetti per forte accumulo di metalli pesanti ritrovati nell'organismo degli abitanti delle zone circostanti la fonderia –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti e quali iniziative intenda porre in essere per verificare, anche con l'ausilio dell'istituto superiore di sanità, gli impatti sull'ambiente e sulla salute dei cittadini connessi alle attività della Fonderia e se, pertanto, intenda avviare, tramite l'istituto superiore di sanità, apposite verifiche, finalizzate alla pubblicazione dei dati definitivi dello studio Spes-Valle dell'Irno nell'esclusiva tutela del diritto alla salute dell'intera comunità.
(4-07167)

      Risposta. — In riferimento all'atto parlamentare in esame si rappresenta quanto segue.
      Con nota pervenuta a questo Ministero in data 8 settembre 2020, la regione Campania, in merito alla problematica delineata nell'atto ispettivo in esame, riferisce di avere approvato con provvedimento n. 85 del 20 aprile 2020 «... i necessari lavori di ammodernamento e di adeguamento dell'istallazione di che trattasi con riesame della autorizzazione integrata ambientale rilasciata con d.d. n. 149 del 2012, richiesti da questo ufficio con nota del 24 marzo 2016 prot. 0757335, a seguito della relazione finale di ispezione del Arpac – Dipartimento di Caserta – pervenuta in data 28 gennaio 2016 prot. 061401, con cui si evidenziavano gravi criticità ambientali e nocumento alla salute pubblica, e contestuale sospensione dell'autorizzazione per due volte e conseguente sequestro giudiziario da parte della Procura della Repubblica di Salerno».
      La regione prosegue precisando che: «L'installazione infatti, tranne che per il breve periodo di chiusura di cui al decreto del Presidente del Consiglio per l'emergenza covid-19, è in esercizio, atteso il dissequestro giudiziario disposto dalla magistratura penale e la sospensione prima e l'annullamento poi dei decreti regionali n. 01, 02, 03 del 2018 con cui tra l'altro veniva revocata l'Aia; rispettivamente con ordinanza n. 174 del 29 marzo 2018 e sentenza n. 02254/2019 del Tar Campania sede di Salerno sezione II, con conseguenti quotidiani invii da parte dei residenti di comunicazioni di lamentela, principalmente legate agli odori, alle emissioni in atmosfera e rumori, e contestuale richiesta di controllo al Dipartimento Arpac di Salerno da parte di questo ufficio».
      I lavori di ammodernamento e adeguamento delle installazioni risultavano assolutamente necessari ed urgenti.
      Il progetto, che ha visto impegnati a supporto della regione i dipartimenti di ingegneria dell'università «Partenope» di Napoli e dell'università del Sannio, contempla una serie di importanti interventi a tutela di tutte le matrici ambientali, in particolare per il contenimento delle emissioni in atmosfera, tra cui quelle odorigene, per il potenziamento del sistema di depurazione delle acque di processo e meteoriche, per il contenimento dei rumori, per la revisione ed il potenziamento del piano di monitoraggio e controllo, nonché per la prescrizione concernente limiti emissivi più rigorosi rispetto ai precedenti.
      Tali interventi costituiscono ottemperanza alla sentenza n. 2254 del 2019, menzionata in precedenza.
      A tal proposito, il Tar Campania – sede di Salerno, sezione II, in tale sentenza, aveva statuito che: «... in caso di stabilimenti preesistenti all'introduzione della disciplina ambientale, alla soluzione della delocalizzazione osta la teorica dei diritti quesiti e, in buona sostanza, il principio di affidamento (principio, questo, di rango euro-unitario) sicché il punto di equilibrio fra la tutela delle contrapposte situazioni in conflitto (prosecuzione dell'attività di impresa-tutela ambientale) deve essere necessariamente rinvenuto nell'individuazione delle migliori “soluzioni” disponibili per la mitigazione dell'impatto ambientale da parte dell'amministrazione procedente, le quali dovranno essere doverosamente adottate dall'impresa per poter continuare lo svolgimento della sua attività produttiva. La responsabilizzazione di entrambe le parti (la Regione, che deve farsi carico di indicare puntualmente le “soluzioni” da adottare; l'imprenditore, che deve adottarle per continuare lo svolgimento della sua attività in quella determinata area) costituisce lo strumento per contemperare le esigenze della produzione con le ragioni dell'ambiente».
      Il progetto di ammodernamento ed adeguamento delle installazioni della «Ditta Fonderie Pisano S.p.A.» è stato approvato all'unanimità nella conferenza di servizi in data 13 novembre 2018 ed è escluso dalla verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale, con parere favorevole di valutazione di incidenza-valutazione appropriata; tuttavia, essendo interessata l'intera installazione, è stato effettuato il riesame dell'originaria autorizzazione integrata ambientale, e ne sono state aggiornate le relative condizioni di rilascio.
      Per quanto riguarda il regime dell'autorizzazione rilasciata, la regione Campania ha precisato che la disciplina normativa del decreto legislativo 4 marzo 2014 n. 46, «Attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento)», che ha modificato il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, «Norme in materia ambientale», non ne disciplina la durata, introducendo il nuovo istituto del «riesame» con le cadenze temporali previste dal testo unico ambientale all'articolo 29-
octies.
      In merito alle attività ispettive effettuate presso la «Ditta Fonderie Pisano S.p.A.» con cadenza semestrale a cura del dipartimento Arpac di Salerno, la regione Campania ha comunicato a questo Ministero gli esiti della recente ispezione relativa al primo semestre 2020.
      Dalla relazione dell'attività ispettiva, risulta che l'installazione opera, a causa del calo delle commesse dovuto alle ricadute dell'epidemia di Covid-19, solo alcuni giorni ogni mese.
      Peraltro, la ditta «ha sostanzialmente attuato» quanto previsto per il primo semestre dell'anno 2020 e «le prescrizioni previste per il periodo transitorio, sono state in linea di massima ottemperate».
      Inoltre, «i valori limite di emissione autorizzati dei parametri analizzati e riferiti alle varie matrici campionate durante le giornate di sopralluogo sono rispettati» e «le Bat risultano coerenti con quanto autorizzato».
      La regione ha comunicato, altresì, che la ditta ha presentato di recente «alla stampa» il progetto di delocalizzazione dell'installazione, da realizzarsi nell'area industriale del comune di Buccino (Salerno).
      Tanto premesso, si ritiene che alla luce delle informazioni e degli atti acquisiti dalla regione Campania e tenuto conto di quanto rappresentato dall'interrogante, sussistono fondati elementi per disporre una istruttoria di natura tecnica al fine di verificare le condizioni reali di presenza di inquinanti nell'area interessata.
      Pertanto, è intenzione di questo Ministero interessare l'istituto superiore di sanità al fine di avviare uno studio epidemiologico sulla popolazione residente nella zona dove insiste lo stabilimento, assegnando un termine di 90 giorni per predisporre una relazione illustrativa.
      Sarà cura di questo Ministero informare degli esiti dell'indagine l'interrogante.

Il Ministro della salute: Roberto Speranza.


      RIBOLLA, BILLI, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, GRIMOLDI, PICCHI e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          secondo un rapporto recentemente pubblicato dall'Unctad, che è l'agenzia Onu competente in materia di commercio e sviluppo, gli investimenti diretti esteri in Italia sono sensibilmente diminuiti nel 2019, calando del 18 per cento rispetto all'anno precedente;

          la riduzione corrisponde ad un ammanco pari a sei miliardi di dollari in meno in entrata;

          del rapporto pubblicato dall'Unctad è stata data notizia dagli organi di stampa del nostro Paese;

          sempre secondo il medesimo rapporto dell'Unctad, la pandemia da SARS-CoV-2 provocherà certamente un'ulteriore, marcata, contrazione del flusso degli investimenti diretti esteri nel nostro Paese durante il 2020;

          tali circostanze imporrebbero un'energica azione di impulso, volta ad attrarre gli investitori esteri in Italia, senza tuttavia porre a repentaglio il mantenimento del controllo nazionale di imprese di valenza strategica –:

          quali iniziative ed in che tempi il Governo intenda assumere per attrarre investimenti diretti esteri in Italia, senza compromettere il controllo nazionale di asset comunque strategici per la nostra economia ed il sistema Paese.
(4-06427)

      Risposta. — Con la recente riforma sul trasferimento delle competenze in materia di politica commerciale e di internazionalizzazione del Sistema Paese dal Ministero dello sviluppo economico al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (decreto-legge n. 104 del 21 settembre 2019, convertito in legge n. 132 del 18 novembre 2019) la Farnesina ha acquisito la responsabilità di gestione della diplomazia economica nel suo insieme. Sono comprese in questa responsabilità le funzioni di vigilanza e indirizzo dell'Istituto per il commercio estero (Ice) – Agenzia, la cui attività promozionale all'estero, attraverso gli uffici Ice e la rete di Desk e Unit di attrazione investimenti esteri (Aie), sempre in stretto raccordo con la rete diplomatico-consolare, rappresenta una componente indispensabile per attrarre gli investimenti stranieri nel nostro Paese.
      La Farnesina attribuisce grande rilevanza al tema dell'attrazione degli investimenti esteri (Aie) in Italia, in quanto strettamente collegato al consolidamento della capacità di internazionalizzazione del sistema produttivo e commerciale del Paese. Gli investimenti diretti esteri (Ide) sono non soltanto fattore di stimolo alla crescita economica e occupazionale ma anche volano per l'acquisizione di tecnologie e processi innovativi fondamentali per il nostro tessuto produttivo. Gli Ide costituiscono anche un fattore cruciale per il rafforzamento delle capacità di esportazione del sistema imprenditoriale italiano. L'attrazione investimenti rappresenta a tutti gli effetti un'attività strategica per la crescita del Sistema Paese.
      L'attrazione di investimenti esteri sarà un elemento fondamentale per la ripresa dal rallentamento economico
post-Covid. La probabile riduzione degli investimenti nazionali e, soprattutto, la maggior competizione a livello globale per attrarre capitali rendono ancor più importante moltiplicare gli sforzi per l'attrazione di Ide in Italia. La Farnesina, in sinergia con le altre amministrazioni, anzitutto lo Sviluppo Economico, sta lavorando per potenziare l'azione del Governo.
      Il documento conclusivo della cabina di regia per l'internazionalizzazione 2020 del 20 dicembre 2019 ha individuato per la prima volta una serie di Paesi prioritari, e identificati come «ad alto potenziale» per il mercato italiano, sui quali concentrare le attività di promozione e
scouting finalizzate all'attrazione investimenti. Si tratta di Australia, Canada, Cina, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Francia, Giappone, India, Irlanda, Regno Unito, Svizzera, Taiwan, Turchia.
      Se le priorità in questi mesi non sono cambiate, le modalità per perseguirle sono tuttavia mutate. La nostra rete nel mondo, quella diplomatico-consolare e dell'agenzia Ice, ha compiuto in questi mesi un enorme sforzo per adattare il proprio lavoro alle nuove esigenze imposte dall'emergenza sanitaria globale. Abbiamo dovuto rinunciare, ad esempio, alle missioni di sistema, alle manifestazioni commerciali internazionali e ai
roadshow previsti in diversi mercati chiave. L'attività promozionale è stata spostata sui canali digitali/virtuali, ottenendo comunque una risposta soddisfacente in termini di partecipazione e coinvolgimento di potenziali investitori.
      Alla base delle nuove iniziative volte a favorire l'attrazione degli investimenti stranieri, il comitato interministeriale per l'attrazione investimenti esteri (Caie), a cui partecipano Farnesina, sviluppo economico, economia e finanze e il dipartimento della funzione pubblica, oltre a Conferenza Stato-regioni, ICE-Agenzia e Invitalia, ha intensificato la sua attività. Organo di indirizzo politico in materia di attrazione investimenti, il Caie formula proposte, anche normative e regolamentari, per facilitare gli investimenti e sostiene i maggiori progetti di investimento stranieri nel Paese.
      Il Caie sta elaborando un documento strategico che, con il contributo di tutte le amministrazioni, agenzie e soggetti del mondo privato (tra cui Confindustria –
Advisory Board per gli investimenti esteri-Abie), ha come scopo l'individuazione dei settori strategici su cui concentrare l'attività di attrazione degli investimenti, gli strumenti necessari per riempire i gap di filiera – anche con il rientro dall'estero di alcune attività (il cosiddetto reshoring) – per attrarre capitali e competenze e intervenire dove la crisi ha lasciato i segni maggiori. Queste proposte saranno incentrate innanzitutto sulla semplificazione normativa e regolamentare che, come dimostrato, è già tra le priorità del Governo e appare fondamentale per migliorare il clima imprenditoriale del Paese.
      Un'azione importante che la Farnesina sta portando avanti e a cui attribuisce grande importanza per il rilancio delle attività di attrazione investimenti è il potenziamento della rete degli sportelli dell'agenzia Ice dedicati all'attrazione degli investimenti esteri nel mondo. In questo momento è più che mai necessario un rapido rafforzamento delle nostre capacità sui mercati chiave, come quelli maturi, anzitutto Francia, Germania e Stati Uniti, o quelli fonte di investimenti produttivi, come la Cina. L'obiettivo è di avere una rete quantomeno comparabile per estensione a quella dei nostri
partner e concorrenti. Il potenziamento della rete è quindi un obiettivo strategico e improcrastinabile, in una fase in cui a tutta la nostra rete estera chiediamo quotidianamente un impegno più forte a sostegno del Sistema Paese e del rilancio dell'immagine dell'Italia. L'iter di attuazione del potenziamento della rete, tramite distribuzione geografica degli sportelli e innalzamento dei profili dei gestori, sta andando avanti speditamente e verrà concluso entro l'anno.
      Tra le attività strategiche funzionali al rilancio degli investimenti esteri dopo l'emergenza sanitaria, la Farnesina ha in programma la campagna di comunicazione per il rilancio dell'immagine dell'Italia, per la quale sono stati stanziati 50 milioni di euro. L'obiettivo è di proiettare all'estero un'immagine positiva ed attrattiva del nostro Paese come destinazione di investimenti, far conoscere i vantaggi dell'investire in Italia e l'offerta di investimento, insieme a tutti i nuovi strumenti a sostegno delle imprese adottati con gli ultimi decreti-legge convertiti dal Parlamento. È stata già avviata la consultazione di mercato e verranno a breve selezionate le migliori proposte con un meccanismo di «dialogo competitivo». I contenuti della campagna di comunicazione verranno poi diffusi e valorizzati dalla rete diplomatico-consolare della Farnesina, con il supporto di Ice-agenzia e la sua rete di sportelli per l'attrazione investimenti.
      Anche la disciplina recente in materia di «poteri speciali» ai fini del controllo delle acquisizioni di società italiane dall'estero (cosiddetto «
golden power») è posta a presidio della solidità e sostenibilità degli investimenti in ingresso e a garanzia della preservazione del controllo nazionale sulle imprese, i beni, le attività, i rapporti, e le infrastrutture di valenza strategica per il nostro Paese. La disciplina si basa sul decreto-legge n. 21 del 2012. Una serie di atti normativi ne hanno esteso il perimetro, da ultimo con i decreti-legge n. 105 del 2019 sul perimetro nazionale di sicurezza cibernetica e n. 18 del 2020 «Cura Italia». Proprio il decreto-legge n. 18 del 2020, adottato in connessione con il regolamento UE 452/2019 sullo «screening» degli Ide ha ampliato l'ambito dello scrutinio affidato al gruppo di coordinamento interministeriale, cui partecipano la Presidenza del Consiglio e le amministrazioni interessate, anche sulla scorta delle indicazioni del Copasir. Questo scrutinio prevede un controllo rafforzato fino al 31 dicembre 2020 per evitare scalate ostili e il depauperamento del sistema economico italiano nella fase di debolezza economico/finanziaria provocata dalla pandemia.
      Le principali modifiche riguardano
(i) la facoltà di impiego «ex officio» dei «poteri aurei»; e (ii) l'estensione del campo di applicazione da trasporti, telecomunicazioni, difesa e 5G a tutti i settori ritenuti di rilevanza strategica dal regolamento UE sullo «screening» Ide, nonché ad ulteriori settori, tra i quali il settore sanitario/medicale e gli approvvigionamenti agro-alimentari.
      Si tratta nello specifico di:
(a) infrastrutture critiche, siano esse fisiche o virtuali, tra le quali: energia, trasporti, acqua, salute, comunicazioni, media, trattamento/archiviazione dati, infrastrutture aerospaziali, di difesa, elettorali o finanziarie, strutture sensibili, investimenti in terreni e immobili essenziali per l'utilizzo di tali infrastrutture; (b) tecnologie critiche e prodotti a duplice uso, tra i quali intelligenza artificiale, robotica, semiconduttori, cyber-sicurezza, tecnologie aerospaziali, di difesa, di stoccaggio dell'energia (quantistica e nucleare), nanotecnologie e biotecnologie; (c) mezzi, attività, strutture che assicurano la sicurezza dell'approvvigionamento di fattori produttivi critici tra i quali energia, materie prime, sicurezza alimentare; (d) mezzi, attività e strutture che garantiscono l'accesso a informazioni sensibili, dati personali e la capacità di controllare tali informazioni; (e) mezzi, attività e strutture che garantiscono la libertà e il pluralismo dei media; ed anche (f) mezzi, attività e strutture che assicurano la solidità del settore creditizio-finanziario.
      La disciplina transitoria prevede l'obbligo di notifica, con attribuzione del potere di veto al Governo, di tutte le delibere, gli atti o le operazioni adottati o realizzati da un'impresa che detiene beni e rapporti nei settori indicati nel Regolamento UE 452/2019, nel settore finanziario e in quello creditizio ed assicurativo che modifichino la titolarità, il controllo o la disponibilità di detti attivi o la loro destinazione, o ancora gli acquisti a qualsiasi titolo di partecipazioni, da parte di soggetti esteri, anche appartenenti all'Unione europea, di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società partecipata, nonché gli acquisti di partecipazioni da soggetti extra-UE che attribuiscano diritti di voto o capitale complessivamente pari ad almeno il 10 per cento (con investimento pari o superiore a un milione di euro) e le acquisizioni oltre soglia del 15 per cento, 20 per cento, 25 per cento e 50 per cento.
      Il Governo ha facoltà di prescrivere impegni diretti all'acquirente, presidiati da meccanismi di monitoraggio e severe sanzioni, oppure di opporsi all'acquisto di una partecipazione di controllo. La Presidenza del Consiglio ha proposto una disciplina di attuazione del decreto-legge n. 21 del 2012 volta a meglio individuare tipologie di beni e infrastrutture concretamente protette, facilitando l'attività del gruppo di coordinamento interministeriale sui poteri speciali e assicurando così ancor meglio la difesa dell'interesse nazionale.
      Con riguardo ai timori circa la possibilità che l'eccessivo ampliamento del campo di applicazione di questa disciplina abbia concorso a determinare l'effetto, certamente non desiderato dal Governo ma registrato dall'agenzia ONU per il commercio e lo sviluppo (UNCTAD), di scoraggiare gli investimenti esteri, è opportuno ricordare che analoghe discipline sono state adottate dai nostri maggiori
partner europei come Francia e Germania, oltre che dall'Unione europea. Il monitoraggio dei settori strategici della nostra economia, tanto più nell'attuale difficile congiuntura economica, non appare inoltre in contraddizione con le politiche di attrazione degli investimenti esteri portate avanti sinora.
      Il meccanismo di «
screening» degli investimenti esteri diretti costituisce, infine, un filtro utile a distinguere gli investimenti solidi, sostenibili e durevoli, dagli investimenti speculativi e di breve periodo. In questo modo il Governo continuerà a vigilare anche sullo sfruttamento del valore creato dalle imprese italiane e su acquisizioni che possano trasferire all'estero il controllo di aspetti strategici per il nostro Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


      UNGARO e MANCINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          come ricorda un articolo di Giovanna Potenza sul web, quando il 2 luglio del 1940 la nave da crociera britannica Arandora Star, requisita per esigenze belliche, affondò nell'Atlantico silurata da un sommergibile tedesco, una forte ondata di commozione scosse il nostro Paese, perché gran parte delle vittime, 476 su 865, erano di nazionalità italiana;

          ripercorrere, a distanza di ottanta anni, gli eventi che condussero all'ultima, fatale traversata dell'Arandora Star, equivale a gettar luce su uno degli aspetti meno noti del secondo conflitto mondiale, quello della sorte dei civili italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini alla Francia e alla Gran Bretagna del 3 giugno del 1940;

          generalmente ben integrata, allo scoppio della Seconda guerra mondiale la comunità italiana presente nel Regno Unito soffrì restrizioni e internamenti che colpirono duramente anche coloro che avevano avversato il regime di Mussolini;

          durante il conflitto i civili italiani si trovarono così nella scomoda condizione di essere persone spesso indesiderate nel Paese in cui si erano integrati e in cui avevano, talvolta, figli che militavano nelle forze armate di Sua Maestà. Il paradosso fu che, a differenza dei soldati che, una volta catturati, assunsero lo status di prigionieri di guerra e poterono comunque appellarsi ai diritti riconosciuti dalle Convenzioni internazionali, i civili italiani, privi di norme di tutela, furono internati tra il 1940 e il 1945 in vari Paesi (quali Gran Bretagna, Francia, Grecia, Jugoslavia, Unione Sovietica, Stati Uniti e territori coloniali);

          ridipinta di grigio, la nave non mostrava segni che ne potessero identificare la funzione di trasporto di civili, ad esempio mancava il simbolo della Croce Rossa. Risulta inoltre poco chiara la dinamica di selezione dei deportati; alle vittime non sono mai state accordate cerimonie ufficiali di commemorazione da parte della Repubblica italiana –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda esposta e se, a ottant'anni dalla tragedia dell'Arandora Star, non ritengano necessario adottare le iniziative di competenza, in raccordo con le autorità britanniche, per far luce sugli aspetti più critici della vicenda, ovvero in che modo fu fatta la selezione dei civili a bordo o per quali ragioni non siano state approntate le dovute misure di riconoscimento come nave non belligerante;

          se non sia il caso di adottare iniziative volte a prevedere una commemorazione annuale ufficiale di vittime civili e inermi pur se in tempo di guerra da parte dello Stato italiano.
(4-06231)

      Risposta. — A seguito della dichiarazione di guerra dell'Italia alla Francia e alla Gran Bretagna (10 giugno del 1940) pesanti restrizioni furono imposte ai civili italiani nel Regno Unito che si trovarono spesso così, dopo anni di integrazione, nella scomoda posizione di persone considerate potenzialmente pericolose per la sicurezza del Paese in quanto cittadini di uno Stato in guerra con il Regno Unito. Di qui le decisioni di internare i cittadini italiani considerati pericolosi in tale contesto.
      Su tale tragico sfondo, come ricordato dall'interrogante, viene a collocarsi il dramma dell'
Arandora Star e il numero elevato di vittime italiane nel naufragio, L'Arandora Star salpò il 1o luglio 1940, alcune settimane dopo la dichiarazione di guerra e la risposta di Churchill che ordinava l'arresto e la deportazione di tutti i soggetti pericolosi appartenenti alla comunità italiana. Sulla nave erano imbarcati, a scopo deportazione, soprattutto cittadini italiani, vista anche la maggiore dimensione della comunità italiana rispetto a quella tedesca, che aveva giù subito un ridimensionamento nei mesi precedenti. A quanto risulta, le decisioni che resero possibile la tragedia furono condizionate dalla concitazione delle prime settimane di guerra con l'Italia, La selezione dei prigionieri da deportare fu caotica, non basata su criteri stabiliti, e soprattutto penalizzante per la fascia più giovane della popolazione. Oltre a questa selezione poco sistematica, l'imbarco fu segnato da una grande confusione: alcuni prigionieri si scambiarono i numeri identificativi, altri si nascosero e altri decisero di accompagnare parenti e familiari. La mancata predisposizione delle misure di riconoscimento della nave fu dovuta probabilmente alla mancanza di tempo. Durante le prime settimane di guerra la priorità per le autorità inglesi era quella di allontanare i soggetti che potevano rappresentare una fonte di pericolo per il Paese. L'Arandora Star non fu quindi adeguatamente preparata per il trasporto di prigionieri, compresa la predisposizione della croce rossa, simbolo essenziale di riconoscimento.
      Nel dopoguerra ricordare la tragedia dell'
Arandora Star non venne considerata una priorità, né in Italia, né nel Regno Unito. Il primo riconoscimento delle vittime si ebbe nel 1990 da parte del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che concesse a ventuno sopravvissuti l'onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana. Il ricordo della tragedia è gradualmente riemerso anche nel Regno Unito con targhe commemorative presenti in diverse località quali ad esempio: St. Peter's Church in Clerkenwell (Londra) dove ogni seconda domenica di novembre viene celebrata una messa in memoria delle vittime, Liverpool Docks, Cardiff Cathedral, e in Italia, soprattutto nel paese di Bardi e nei centri di Barga e di Picinisco.
      Nel 2009 è stato creato in Scozia un comitato presieduto da Ronnie Convery — diventato in anni più recenti Console Onorario d'Italia a Glasgow — per raccogliere fondi e creare occasioni di commemorazione delle vittime. Nel 2011 è stato eretto un monumento commemorativo accanto alla cattedrale di St. Andrew a Glasgow. Nato da un progetto dell'architetto romano, Giulia Chiarini, il monumento è composto di enormi specchi in forma di pietre tombali posizionati in un giardino. Iscritti su ogni specchio ci sono frasi di grandi poeti italiani e brani del vangelo che parlano di naufragio, di acqua ma anche di riconciliazione e pace. Il giardino contiene una piccola fontana (che ricorda l'acqua, elemento tragico della vicenda) e un ulivo (dono dei comuni della Garfagnana, zona dalla quale, insieme ad altre località dell'appennino tosco-emiliano, provengono molte delle vittime italiane). Sul muro orientale del giardino c'è una lapide con i nomi delle vittime italo-scozzesi e la frase «Non vi scorderemo mai». Alla cerimonia di inaugurazione erano presenti il Primo ministro della Scozia, Alex Salmond, il Console generale di Italia, Gabriele Papadia, l'arcivescovo di Glasgow SER Mons. Mario Conti, l'ambasciatore del Regno Unito presso la Santa Sede, Nigel Baker, e l'ultimo sopravvissuto della tragedia, cav. Rando Bertoia, Oggi il giardino è diventato un punto di riferimento per la comunità italiana in Scozia e rimane il monumento commemorativo più importante della tragedia dell'
Arandora Star. Ogni anno viene celebrata dall'arcivescovo di Glasgow una messa di suffragio per i caduti e per la comunità italiana nella cattedrale.
      Conviene ricordare che, a pochi mesi dall'inizio del suo mandato quale ambasciatore d'Italia nel Regno Unito, Raffaele Trombetta ha completato, tra il 9 e 10 maggio 2018, la sua prima visita istituzionale in Scozia. La missione ha offerto l'opportunità di ricordare le vittime italiane dell'
Arandora Star. L'ambasciatore ha deposto una corona di fiori dinanzi alla lapide commemorativa delle vittime della tragedia nei giardini italiani di Glasgow, dopo un incontro con Eva Bolander, Lord Provost della città presso la sede del consiglio comunale.
      

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ivan Scalfarotto.


      VARCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          secondo quanto riportato da fonti di stampa, sono ancora bloccati in Libia i 18 membri dell'equipaggio dei due pescherecci di Mazara del Vallo, Antartide e Medinea, sequestrati la sera del 1° settembre 2020 dai militari del generale Khalifa Haftar;

          nonostante le costanti rassicurazioni da parte della Farnesina, da giorni i familiari non riescono a stabilire un contatto con i marittimi che dopo essere stati interrogati sono stati trasferiti nel carcere di El Kuefia, in stato di arresto;

          agli armatori viene contestata la presenza dei loro pescherecci all'interno delle 72 miglia (sessanta in più delle tradizionali 12 miglia), che la Libia dal 2005 rivendica unilateralmente come acque nazionali, in virtù della convenzione di Montego Bay che dà facoltà di estendere la propria competenza fino a 200 miglia;

          secondo fonti libiche, nel corso di una perquisizione, gli ufficiali di Haftar avrebbero trovato dei panetti di sostanze stupefacenti, ma i pescherecci sono rimasti incustoditi sin dai primi giorni e la contestazione sarebbe saltata fuori soltanto durante gli ulteriori accertamenti;

          in molti hanno letto il sequestro come una possibile ritorsione, alimentata dalla richiesta di estradizione avanzata dai militari dell'autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna): uno «scambio di prigionieri», tra i 18 pescatori italiani e quattro scafisti libici, appartenenti a importanti clan locali, detenuti in Italia e condannati a 30 anni di carcere dalla Corte d'Appello di Catania per la «Strage di Ferragosto» che nel 2015 portò alla morte di 49 migranti che viaggiavano a bordo di uno dei tanti barconi partiti dalle coste libiche;

          la vicenda resta fumosa, l'unica cosa che appare chiara è la prova di forza del generale Haftar, l'escluso dal congelamento della guerra imposto da Mosca, Ankara e Washington, nei confronti di Roma;

          in particolare, il sequestro dei pescherecci siciliani si incastona nel conflitto libico e in un panorama politico confuso e questa vicenda, che in altri momenti si sarebbe potuta risolvere in maniera più semplice, oggi diventa più complessa e preoccupante –:

          se i fatti di cui in premessa corrispondano a vero e quali iniziative di competenza stia assumendo il Governo per garantire l'immediato rilascio dei motopesca Antartide e Medinea, oltre che dei 18 membri dell'equipaggio tuttora trattenuti a Bengasi;

          se e quali iniziative di competenza, il Governo intenda adottare per garantire l'incolumità dei pescherecci italiani e sanare la situazione del riconoscimento unilaterale delle acque internazionali come territorio proprio da parte della Libia o di altri Paesi.
(4-06877)

      Risposta. — Nella notte tra 1° e il 2 settembre 2020 quattro pescherecci italiani sono stati intercettati e fermati dalle Autorità marittime libiche riferibili all'autoproclamato governo dell'est del Paese. Al momento del fermo, le imbarcazioni si trovavano a circa 40 miglia nautiche a nord-ovest di Bengasi. Due pescherecci («Antartide» e «Medinea») sono stati coattivamente condotti presso il porto di Bengasi e lì trattenuti insieme al loro equipaggio composto da 6 cittadini italiani (4 sull'Antartide e 2 sul Medinea) e altri membri di varie nazionalità (principalmente tunisina). Le restanti barche («Anna Madre» e «Natalino») sono rientrate in Italia, mentre 2 membri dei loro equipaggi sono stati coattivamente condotti a Bengasi insieme al gruppo di «Antartide» e «Medinea». Sono quindi 8 i connazionali coinvolti nella vicenda.
      Tutti i connazionali risultano attualmente in stato di fermo. Sono stati trasferiti presso un centro della polizia locale, non si trovano quindi in un carcere con detenuti che potrebbero minacciarne l'incolumità. L'intervento libico sembra essere scaturito dalla presunta violazione della Zona di pesca protetta (Zpp) che la Libia ha unilateralmente proclamato nel 2005. Il tratto di mare sarebbe considerato «zona militare» dalle forze dell'est libico.
      Al di là della situazione bellica contingente che caratterizza lo scenario libico o delle valutazioni di profilo giuridico internazionale, l'area corrispondente alla Zpp libica è stata dichiarata dal Comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture (Cocist), nel maggio 2019, «zona ad alto rischio» per tutte le navi battenti bandiera italiana senza distinzione di tipologia. Anche in passato, a più riprese, la Farnesina, insieme al Comando generale della guardia costiera e al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha raccomandato ai pescherecci italiani di evitare le acque al largo delle coste libiche, ove azioni da parte delle autorità o delle milizie locali possono facilmente concludersi con serie misure sanzionatorie che includono multe elevate, sequestro delle attrezzature di pesca e dell'eventuale pescato, confisca delle imbarcazioni.
      Lo stato di fermo, oltretutto emesso da forze che né l'Italia né la comunità internazionale riconoscono come governo legittimo, è inaccettabile. Così come inaccettabile sarebbe se qualcuno ci dicesse: «Se liberate i nostri, vi diamo gli italiani». Il ritorno dei nostri connazionali è una priorità assoluta per l'intero Governo italiano, in tutte le sue articolazioni competenti e sotto il coordinamento di Palazzo Chigi.
      Il Ministro Di Maio — sin dalla videoconferenza con i familiari degli equipaggi dei due pescherecci sequestrati, il sindaco di Mazara del Vallo e gli armatori, il 15 Settembre 2020 — ha confermato la determinazione e il sostegno del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il 22 settembre 2020, alcuni familiari dei pescatori italiani attualmente fermati in Libia sono stati ricevuti a Palazzo Chigi su indicazione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e presso la Farnesina su indicazione del Ministro Di Maio. Dopo un ulteriore incontro presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale il 25 settembre 2020, alcuni membri delle famiglie dei fermati sono stati nuovamente ricevuti (29 settembre) a Palazzo Chigi dal Presidente Conte con il Ministro Di Maio. Gli incontri che ho citato e il continuo contatto con le famiglie assicurato attraverso l'unità di crisi della Farnesina intendono trasmettere la vicinanza e l'impegno del Governo a fianco di chi sta vivendo momenti di grande preoccupazione e angoscia.
      Il nostro lavoro mantiene necessariamente riservatezza e basso profilo, come richiesto da vicende del genere.
      Stiamo lavorando alla soluzione di questo difficile caso su due piani. Il primo è il lavoro dei nostri diplomatici e dell'
intelligence in contatto con i diversi interlocutori locali, sia per monitorare quotidianamente le condizioni dei connazionali che per sollecitarne il rilascio. I marittimi si trovano in buone condizioni e risulta che siano trattati in modo corretto. La nostra Ambasciata a Tripoli ha facilitato la messa a disposizione dei medicinali di cui avevano bisogno.
      Il secondo livello è quello dei contatti internazionali, soprattutto con i partner che hanno specifica influenza su Bengasi. Oltre alla conversazione telefonica con il Ministro francese Le Drian e alle recenti consultazioni a Roma con il Segretario di Stato USA Pompeo, il Ministro Di Maio ha avuto colloqui telefonici con il suo omologo emiratino Abdullah bin Zayed Al Nayan e con il Ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, che ha incontrato anche a Mosca.
      Le iniziative del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si inseriscono in uno sforzo corale delle istituzioni del nostro Paese nell'obiettivo di coordinare ulteriormente gli sforzi per pervenire presto a una soluzione positiva della vicenda. Per raggiungere questo obiettivo servono massimo riserbo, razionalità, cautela, determinazione e soprattutto unità. L'unità delle forze politiche rafforzerà coloro che stanno lavorando per riportare a casa i nostri pescatori.
      

La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.