XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 25 gennaio 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,

          premesso che:

              il decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, come modificato dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, e, successivamente, dal decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, disciplina i sistemi di stoccaggio del combustibile e dei rifiuti radioattivi e individua criteri generali per stilare una lista di siti idonei, sviluppati nel dettaglio da Ispra (oggi Isin) nella guida tecnica 29, in linea con gli standard della Iaea (International Atomic Energy Agency), tra i quali individuare, tramite apposita procedura, il sito unico su cui realizzare il deposito nazionale;

              i criteri sono stati formulati per individuare aree dove sia garantita l'integrità e la sicurezza nel tempo del Deposito nazionale e sono suddivisi in 15 criteri di esclusione, per escludere le aree del territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire piena rispondenza ai requisiti di sicurezza. L'applicazione dei criteri d'esclusione porta all'individuazione delle «aree potenzialmente idonee» e ulteriori 13 criteri di approfondimento, per valutare le aree individuate a seguito dell'applicazione dei criteri di esclusione;

              l'applicazione dei criteri di esclusione dovrebbe essere stata effettuata attraverso verifiche basate su normative, dati e conoscenze tecniche disponibili per l'intero territorio nazionale, anche mediante l'utilizzo dei Gis – Sistemi informativi geografici e, in alcuni casi, di banche dati gestite da enti pubblici;

              l'applicazione dei criteri di approfondimento dovrebbe invece essere stata effettuata attraverso indagini e valutazioni specifiche sulle aree risultate non escluse;

              a interpretare, elaborare e applicare i criteri, individuando i siti idonei e redigendo la bozza di Cnapi (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee) è stata chiamata Sogin Spa e le ultime revisioni della Cnapi, contenenti la distinzione delle aree ricadenti in zone definite a rischio sismico 2 dalle regioni (classe C) e l'esame dei dati e stime dei quantitativi dei rifiuti radioattivi dell'Amministrazione della difesa, sono state validate dall'organo di controllo Isin il 5 marzo e il 10 dicembre 2020;

              la redazione della Cnapi ha avuto una gestazione molto lunga, la versione conclusiva risalirebbe al 2015; pur se risultano da allora ad oggi alcuni innesti su cui sarebbe interessante individuare le procedure seguite, tuttavia è ragionevole ritenere che molti dei dati su cui si basano le valutazioni potrebbero non essere più attuali, così come molti territori, ora esclusi, potrebbero invece avere le caratteristiche opportune per avanzare le proprie candidature;

              la bozza di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) elaborata da Sogin, in seguito all'emanazione del decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, ha ricevuto il nullaosta e il 5 gennaio è stato dato il via alla pubblicazione, togliendo il segreto che incideva sul documento;

              in seguito, la Sogin S.p.A. (la società statale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ha provveduto alla pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ai fini della realizzazione del deposito nazionale per il combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;

              con la pubblicazione della Cnapi, che contiene l'elenco dei 67 luoghi potenzialmente idonei, che presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche, si avvia la fase di consultazione dei documenti che ha una durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi alla pubblicazione, il prescritto seminario nazionale;

              benché il processo di redazione della Cnapi sia stato assai lungo e i criteri tecnici siano stati stabiliti da Ispra nel 2014, la sua pubblicazione ha creato forti tensioni sociali, e aspre contestazioni da parte delle regioni e dei comuni coinvolti;

              non sono chiari, infatti, il processo e il metodo seguiti da Sogin, nell'individuare i siti e in che modo siano stati interpretati i criteri definiti da Ispra, ora Isin – Guida tecnica n. 29 – e quelli indicati nelle linee guida Iaea (International Atomic Energy Agency), anche perché, nell'ambito di tale interpretazione non sembrano essere stati tenuti adeguatamente in considerazione diversi elementi, in ragione del fatto che nell'elenco compaiono siti ad alto pregio agricolo (Carmagnola), ad elevata pericolosità sismica (Alessandrino) ed aree adiacenti a siti Unesco (Pienza e Val d'Orcia);

              tra i siti individuati dalla Cnapi vi sarebbe perfino quello «Patrimonio dell'umanità» Unesco dei «sassi e Parco delle Chiese Rupestri di Matera», città capitale della cultura 2019 sul cui territorio sono stati impiegati consistenti investimenti in termini di restauro di beni culturali, di nuove infrastrutture e di riqualificazioni che rischierebbero seriamente di essere del tutto vanificati ove il sito unico andasse ad incidere su tale territorio;

              inoltre, alcune province sembrerebbero, a ben guardare, presentare una fortissima concentrazione di siti idonei, quella di Alessandria, in Piemonte, ad esempio, che comprende ben 6 siti idonei e quasi tutti in fascia A1 (ben 5 su 6) o quella del viterbese, nel Lazio;

              alcune altre proposte, poi, come quelle dei siti ubicati nelle due isole maggiori del Paese, Sardegna e Sicilia, sembrano contrastare chiaramente con il criterio dell'efficacia delle vie di comunicazione primarie e delle infrastrutture di trasporto e non è chiaro se i siti sardi e siciliani fossero già nella versione Cnapi del 2015 o siano parte delle integrazioni successive e, ancora, quali procedure fino ad oggi si siano attivate per addivenire a tali integrazioni;

              in ragione del fatto che non si comprende a fondo la scelta della distanza dei siti da autostrade, ferrovie e comunicazioni principali, né quale sia la distanza «adeguata» che si è presa a parametro dai centri abitati più vicini, né essendovi a disposizione rilievi cartografici tali da consentire un esame approfondito che possa definire calcoli esatti in merito alle distanze e considerando che il processo di consultazione pubblica per l'individuazione del sito prevede anche la possibilità per amministratori, comitati, associazioni e cittadini di recarsi direttamente sui siti ed effettuare rilievi e sopralluoghi, il termine di due mesi per la fase di consultazione, per di più in piena emergenza pandemica appare assolutamente inadeguato;

              anche l'indizione del seminario nazionale, che dovrebbe svolgersi in presenza, nei prossimi quattro mesi, con il perdurare dell'emergenza sanitaria, sembra di difficilissima realizzazione, anche in considerazione del fatto che, nella procedura di selezione dei sito e delle prescritte osservazioni, sono coinvolte associazioni, enti locali e territoriali e regioni, tutti soggetti a corto di personale, il quale in buona parte svolge ora i propri compiti in regime di lavoro agile;

              molte regioni, province, comuni e associazioni di comuni, a partire dall'Anci, oltre ad associazioni ambientaliste come Italia Nostra, Greenpeace e Wwf, solo per citarne alcune, hanno espresso forti perplessità tanto sull'elenco dei siti, quanto sulle procedure seguite e da seguire per individuare il sito unico;

              risulterebbe, poi, che una serie di comunità territoriali, comuni ed enti locali avrebbero avanzato la candidatura dei propri territori per la realizzazione del sito unico, ma che tali candidature non verranno prese in considerazione, in quanto tali territori non sono ricompresi nella Cnapi, che come si è ricordato, proviene da un percorso istruttorio assai lungo e complesso e potrebbe pertanto darsi il caso che, pur non inseriti nell'elaborato, essi presentino le caratteristiche per avanzare le suddette candidature,

impegna il Governo:

1) a favorire, promuovere e facilitare in ogni modo il coinvolgimento delle comunità territoriali, delle popolazioni, degli enti locali e territoriali, delle regioni e delle associazioni, anche al di fuori e al di là delle prescrizioni della consultazione pubblica, in modo da addivenire ad un piano che sia compatibile con le aspirazioni e le esigenze delle comunità locali e territoriali, consentendo anche una procedura di selezione e di consultazione pubblica che sia libera dai vincoli dettati dall'emergenza pandemica;

2) a promuovere ogni iniziativa normativa tesa a prorogare i tempi previsti per lo svolgimento della consultazione pubblica e lo svolgimento del seminario nazionale in presenza, in considerazione tanto dell'emergenza pandemica, quanto della effettiva necessità di rivedere normativamente il processo e la carta stessa;

3) a ritirare il nullaosta rilasciato con il decreto interministeriale del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 dicembre 2020, in vista e in previsione di aggiornamenti tanto normativi che della Cnapi stessa;

4) a promuovere ogni iniziativa normativa tesa ad individuare un criterio di redazione della Cnapi e, più in generale di individuazione del sito unico, che parta dal basso, come si è fatto in altri Paesi europei, ad esempio la Spagna, attraverso le candidature delle comunità locali, in luogo di un processo che parta da un censimento di siti idonei o presunti tali, redatto in maniera centralistica, attraverso un'applicazione quantomeno discutibile di criteri non aggiornati.
(1-00417) «Fregolent, Occhionero, Anzaldi, Paita, Nobili, Del Barba, Annibali, Migliore, Ferri, Toccafondi».


      La Camera,

          premesso che:

              il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2010, emanato durante il Governo Berlusconi IV, ha previsto la predisposizione di una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) per la localizzazione di un deposito unico nazionale delle scorie nucleari da parte della Sogin s.p.a., la società statale per lo smantellamento degli impianti nucleari italiani e la gestione dei rifiuti radioattivi. Il medesimo decreto riconosce altresì un contributo economico al territorio che ospiterà il deposito secondo modalità che gli enti locali interessati regoleranno attraverso la stipula di una specifica convenzione con la medesima Sogin;

              il suddetto decreto legislativo definisce le norme per l'individuazione del sito e della successiva costruzione del parco tecnologico e del deposito nazionale per lo stoccaggio definitivo dei materiali a bassa e media radioattività, e lo stoccaggio temporaneo di lunga durata dei rifiuti ad alta radioattività provenienti dalla attività di decommissioning delle centrali nucleari italiane spente a seguito del referendum del 1987 e dalle attività industriali e sanitarie annualmente prodotti nel nostro Paese. Il deposito ospiterà esclusivamente i rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese;

              il medesimo deposito nazionale e il parco tecnologico saranno realizzati in un'area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al parco. Nel deposito saranno definitivamente smaltiti i rifiuti a molto bassa e bassa attività, ossia quelli che nell'arco di 300 anni raggiungeranno un livello di radioattività tale da non rappresentare più un rischio per l'uomo e per l'ambiente. Inoltre, saranno stoccati temporaneamente i rifiuti a media e alta attività, ossia quelli che perdono la radioattività in migliaia di anni e che, per essere sistemati definitivamente, richiedono la disponibilità di un deposito geologico;

              il parco tecnologico ospiterà un centro di ricerca, dove svolgere attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato. La realizzazione e la gestione dell'infrastruttura sono affidate a Sogin, come previsto dal suddetto decreto legislativo n. 31 del 2010;

              il deposito e il parco tecnologico prevedono un investimento di circa 900 milioni di euro, che saranno prelevati dalle componenti della bolletta elettrica pagata dai consumatori, e che genererà più di 4.000 posti di lavoro (diretti e indiretti) per ciascuno dei 4 anni del cantiere e un migliaio per gli anni di esercizio successivi. Il deposito dovrà essere costruito nel rispetto dei più elevati standard di sicurezza radiologica e salvaguardia ambientale, anche al fine di superare la logica delle decine di depositi temporanei sparsi su tutto il territorio nazionale;

              il deposito definitivo ha l'obiettivo di conservare in assoluta sicurezza questi materiali irraggiati, in attesa che gradualmente perdano il loro grado di radioattività. Ciò risponde in primo luogo ad un'esigenza di sicurezza nazionale, peraltro sollecitata da tutte le autorità internazionali, in primis l'Unione europea, che nell'autunno scorso ha aperto una procedura di infrazione a carico dell'Italia per non aver ancora definito il sito entro cui conferire i rifiuti radioattivi presenti sul nostro territorio nazionale;

              in base alle normative internazionali (direttiva europea 2011/70 Euratom), gli Stati membri sono obbligati a dotarsi di strutture e sistemi finalizzati alla gestione e al deposito, in condizioni di massima sicurezza, delle scorie radioattive prodotte dalle vecchie centrali nucleari nazionali e di quelle provenienti dalle attività industriali, mediche e di ricerca. Rifiuti che secondo la direttiva dell'Unione europea richiedono una gestione responsabile per garantire un elevato livello di sicurezza e proteggere i lavoratori e cittadini dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. L'obiettivo della misura è anche quello di evitare di imporre oneri indebiti alle generazioni future, visto che spesso questi materiali restano radioattivi per diverse centinaia di anni;

              il deposito nazionale è un'infrastruttura indispensabile per la messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi, e la sua realizzazione consentirà così di completare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani, nonché di gestire in sicurezza i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca;

              le principali strutture in cui attualmente si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi sul territorio nazionale che saranno poi conferiti al deposito nazionale sono: 4 centrali in decommissioning (Sogin); 4 impianti del ciclo del combustibile in decommissioning (Enea/Sogin); 1 reattore di ricerca CCR ISPRA-1 (Sogin); 7 centri di ricerca nucleare (ENEA Casaccia, CCR Ispra, Deposito Avogadro, LivaNova, CESNEF – Centro Energia e Studi Nucleari Enrico Fermi – Università di Pavia, Università di Palermo); 3 centri del Servizio integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex); 1 centro del Servizio integrato non più attivo (Cemerad);

              per volume e livello di radioattività dei rifiuti prodotti, i principali centri sono comunque i siti nucleari in fase di smantellamento. Di tutti i rifiuti radioattivi che saranno conferiti nel deposito nazionale, circa il 60 per cento deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40 per cento dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro;

              la scelta di un deposito definitivo ha una grande valenza ambientale, perché un solo deposito realizzato in un luogo idoneo con tutti gli standard di sicurezza ha il merito di superare l'attuale situazione italiana, caratterizzata da circa 20 depositi nucleari di bassa e media intensità sparsi lungo tutta la nostra penisola, cui si aggiungono decine di aree di stoccaggio temporanee. Siti provvisori, che non sono idonei ai fini dello smaltimento definitivo;

              già nel giugno 2014 l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), rendeva nota la Guida tecnica n. 29 «Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività», elaborati stalla base degli standard dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), mediante la quale sono stati individuati i requisiti fondamentali e gli elementi di valutazione che devono essere tenuti in conto da parte della Sogin s.p.a., per la definizione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) poi validata da Isin;

              la Carta delle aree potenzialmente idonee è stata per diversi anni volutamente tenuta segreta; impedendo così, perlomeno alle istituzioni locali e centrali, di poter essere messe a conoscenza, sia pure in via preliminare, dei territori individuati dalla medesima Sogin per la realizzazione del medesimo deposito nazionale;

              l'elenco delle aree potenzialmente idonee era pronto dal 2015, e i Governi Renzi, Gentiloni, Conte 1 e l'attuale Governo, per oltre un anno, hanno perso anni di tempo prezioso per far partire la procedura per scegliere il luogo dove costruire in sicurezza il deposito nazionale nucleare;

              la Carta nazionale è infatti a disposizione dei Ministeri da oltre 5 anni. Come dichiarava il rappresentante del Governo pro tempore il 30 settembre 2015, in risposta ad una interrogazione (n. 5-06515) presentata alla Camera, «il 20 luglio 2015 la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee è pervenuta agli uffici dei Ministeri competenti (MATTM e MISE) che si sono immediatamente messi al lavoro perché possano essere compiute al più presto le valutazioni necessarie al fine di comunicare il nulla osta alla pubblicarne della Cnapi»;

              nel marzo 2018, l'allora Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, prometteva che avrebbe pubblicato a giorni il decreto per la Carta nazionale per le aree potenzialmente idonee al deposito nucleare di superficie. Così non è stato;

              il 30 dicembre 2020, così come previsto dall'articolo 27, comma 3, del citato decreto legislativo n. 31 del 2010, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, hanno finalmente dato il proprio nulla osta alla società Sogin s.p.a., la società di Stato incaricata del decommissioning degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, per la pubblicazione sul sito internet della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ad ospitare il deposito nazionale di scorie radioattive per conservare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività;

              il 5 gennaio 2021, la Sogin s.p.a. ha conseguentemente provveduto a pubblicare sul sito www.depositonazionale.it la suddetta Carta nazionale, dove vengono individuate 67 aree che, in base ai criteri di esclusione stabiliti nella guida tecnica 29, sono tutte equivalenti tra di esse per garanzia di sicurezza, ma presentano differenti gradi di priorità a seconda delle diverse caratteristiche logistiche e territoriali;

              la suddetta pubblicazione della Cnapi, ha dato di fatto l'avvio alla fase di consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all'esito della quale si terrà, nell'arco dei quattro mesi successivi, il seminario nazionale a cui parteciperanno vari soggetti tra cui Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione), enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università, enti di ricerca, portatori di interesse qualificati;

              alla luce dello stato di emergenza sanitaria conseguente alla drammatica pandemia da Sars-CoV-2 in atto, i suddetti tempi di consultazione pubblica e di confronto tra i tanti portatori di interesse, previsti dal suddetto decreto legislativo n. 31 del 2010, rischiano di risultare inadeguati ed estremamente stretti, proprio perché l'attuale stato di emergenza sanitaria sta comportando tra l'altro fortissime restrizioni della normale attività amministrativa, economica, sociale ed individuale, oltre a gravi evidenti ripercussioni sulla salute delle persone, alla tenuta dei posti di lavoro e alla crisi del sistema produttivo;

              attualmente l'iter prevede un dibattito pubblico e quindi una fase successiva che vedrà la partecipazione di enti territoriali, associazioni di categoria, sindacati, università ed enti di ricerca, per approfondire tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere. Dopodiché saranno necessari almeno 4 anni per costruire il deposito e parco tecnologico;

              in base alle osservazioni e alla discussione nel seminario nazionale, la Sogin elaborerà una proposta di Cnai (Carta nazionale delle aree idonee). Questa fase prevede che il Ministero dello sviluppo economico approvi, su parere tecnico dell'ente di controllo Isin, la versione definitiva della Cnai, che sarà il risultato dell'applicazione dei criteri di localizzazione e dei contributi emersi e concordati nelle diverse fasi della consultazione pubblica. Pubblicata la Cnai, la Sogin provvederà a raccogliere le manifestazioni di interesse da parte delle regioni e degli enti locali nei cui territori ricadono le aree idonee;

              le 67 aree potenzialmente idonee individuate per ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, sono situate in diverse province delle regioni Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia, e sono state individuate senza alcuna comunicazione e coinvolgimento delle amministrazioni locali interessate che hanno appreso tutto dalla stampa nazionale. La Cnapi individua 8 aree nella regione Piemonte; 24 aree complessive nelle regioni Toscana e Lazio; 17 nelle regioni Basilicata e Puglia, 14 nella regione Sardegna e 4 aree nella regione Sicilia;

              vale peraltro la pena chiedersi se, riguardo alle regioni Sardegna e Sicilia, sia stato preso in debita considerazione il rischio connesso al trasferimento via nave delle scorie radioattive;

              vale ricordare che attualmente il Piemonte, che conta 8 siti potenziali di cui 7 definiti «molto buoni – A1» e 1 definito «buono – A2»: due in provincia di Torino e sei in provincia di Alessandria, già oggi è la regione depositaria del maggior numero di scorie radioattive. Se si prendesse come riferimento l'indice di radioattività dei rifiuti (che è alla base delle compensazioni economiche erogate dal Cipe per i comuni sede e confinanti con impianti di questo tipo e che rappresenta l'indicatore internazionalmente utilizzato), per il Piemonte la soluzione di un deposito unico nazionale – alla quale corrisponderebbe il completo recupero ambientale e socioeconomico delle aree che attualmente ospitano i rifiuti radioattivi – rappresenterebbe finalmente un importante miglioramento della situazione esistente: da più di trent'anni, infatti, all'interno dei suoi sei depositi sono stoccati rifiuti i nucleari che arrivano al 74 per cento rispetto all'indicatore di radioattività (circa 2,3 milioni di Gigabequerel, su un totale di circa 3,1 milioni in Italia), quasi totalmente stoccati nell'area Eurex di Saluggia, in una zona esondabile per la contiguità con il letto del fiume Dora Baltea e nei pressi delle falde acquifere che alimentano i pozzi dell'Acquedotto del Monferrato (che eroga il servizio idrico a 107 comuni piemontesi, principalmente delle province di Asti e Alessandria, con una piccola quota di comuni della città metropolitana di Torino);

              una situazione precaria e pericolosa che dura da anni, e simile, seppur in misura maggiore, a quelle tante strutture (circa 20) sparse sul territorio nazionale in cui si producono e/o si stoccano rifiuti radioattivi, a cui solo il deposito nazionale può finalmente porre rimedio. Da qui la necessità ineludibile di realizzare il deposito nazionale per la messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi, oggi stoccati all'interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per prorogare per lo stretto necessario, alla luce della grave pandemia in atto, i tempi attualmente previsti dalla normativa vigente per il dibattito pubblico e il seminario nazionale, anche valutando di prevedere che dette scadenze partano dal termine dello stato di emergenza;

2) a garantire, al netto dell'eventuale suddetta breve proroga dei termini conseguente all'emergenza sanitaria, il pieno rispetto dei tempi previsti per la realizzazione del deposito unico nazionale e quindi per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, evitando di ripetere l'atteggiamento, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, colpevolmente dilatorio che ha caratterizzato in questi anni i Governi che si sono succeduti e che non ha consentito l'avvio dell'iter per la realizzazione del medesimo deposito nazionale;

3) a garantire che tutta la documentazione pubblicata sul sito internet sia effettivamente completa ed aggiornata, e comprenda tutta quella disponibile presso le sedi della Sogin s.p.a. e le altre sedi delle ex centrali nucleari elencate nell'avviso pubblico della Sogin e pubblicato sul sito depositonazionale.it;

4) a tenere aggiornate e a informare le Commissioni parlamentari competenti sugli sviluppi dell'iter che porterà all'individuazione del sito per il deposito nazionale e del parco tecnologico, nonché riguardo all'individuazione dei previsti benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere;

5) a definire e quantificare le risorse e i benefici economici per gli enti e le comunità residenti nel territorio dove sarà localizzato il deposito nazionale;

6) ad assumere iniziative per garantire un'adeguata indennità per i proprietari dei terreni sui quali sarà realizzato il parco tecnologico a valori di mercato che tenga anche conto della destinazione edificatoria e produttiva degli stessi;

7) ad adottare iniziative per chiarire e dare una misurazione oggettiva alla definizione di «adeguata» distanza dai centri abitati, relativamente all'individuazione dell'ubicazione del futuro deposito nazionale e parco tecnologico;

8) ad avviare tutte le iniziative utili, di concerto con gli enti territoriali interessati, volte a definire prima della conclusione dell'iter che dovrà portare all'individuazione del deposito definitivo, risorse, modalità e tempi certi relativamente allo smantellamento, alla messa, in sicurezza, alla bonifica completa e al ripristino ambientale di tutti i siti temporanei e delle strutture del territorio nazionale che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare;

9) a verificare con Sogin s.p.a. se siano state presi in considerazione nell'elaborazione della Cnapi le aree militari dismesse o in fase di dismissione, o aree destinate a siti produttivi dismessi o in corso di dismissione ed, in caso contrario, a richiedere a Sogin s.p.a., senza interrompere o minimamente rallentare l'iter avviato, di effettuare tale verifica, al fine di integrare nella carta eventuali ulteriori siti potenzialmente idonei;

10) ad adottare iniziative per rivedere i criteri attualmente previsti dalla normativa vigente in materia di compensazioni a favore dei siti che attualmente ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, basati attualmente sui confini amministrativi comunali di cui all'articolo 4 del decreto-legge 314 del 2003, al fine di includere anche il parametro della distanza chilometrica dal sito che ospita i medesimi rifiuti nucleari;

11) ad adottare le opportune iniziative volte a garantire tempi più rapidi nell'erogazione delle suddette compensazioni ai territori interessati.
(1-00418) «Gelmini, Prestigiacomo, Cortelazzo, Barelli, Mazzetti, Baldini, Giacometto, Della Frera, Labriola, Polidori, Ruffino, Squeri, Casino, Torromino, Ferraioli, Porchietto».

Risoluzione in Commissione:


      Le Commissioni VIII e IX,

          premesso che:

              sull'asta del fiume Po, nelle sue prossimità e sui suoi affluenti, sorgono numerosi ponti ammalorati, in particolare i ponti stradali. La maggior parte dei ponti stradali sono gestiti da Anas e per alcuni è previsto a breve il passaggio alla medesima società (come il ponte della Becca a Pavia, il ponte di Casalmaggiore fra Parma e Cremona, il ponte di Viadana fra le provincie di Mantova e Reggio Emilia, il ponte di Ostiglia-Revere in provincia di Mantova);

              con ripetuti atti di sindacato ispettivo sono state messe in evidenza le criticità di numerose strutture, alcune già interdette al traffico pesante, alcune in via di interdizione, alcune da ricostruire;

              l'articolo 1, comma 891, della legge 30 dicembre 2018 numero 145, ha previsto un importante stanziamento pluriennale, dal 2018 al 2023, di 250 milioni di euro, per la messa in sicurezza dei ponti esistenti e per la realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali ed è iniziato un monitoraggio di queste e di altre infrastrutture nazionali, dal quale emerge un variegato e mobile quadro di gestione che non favorisce l'efficienza e la sicurezza dei trasporti ed il rispetto della concorrenza nelle gare di appalto;

              il decreto ministeriale n. 1 del 2020 ha stabilito le assegnazioni per le 255 strutture identificate nel bacino del Po e i subcriteri dei criteri indicati in legge primaria (miglioramento della sicurezza, traffico interessato, popolazione servita;

              attraverso il Po, in particolare sulle strade statali, passano buona parte delle merci italiane esportate e importate che determinano il 60 per cento del prodotto interno lordo italiano e riguardano una parte significativa dell'export e import nazionale;

              nel Nord Italia risiede il 46,25 per cento della popolazione italiana e i 255 ponti del bacino del Po hanno un impatto sociale, di coesione ed economico per tutta la popolazione e l'introito fiscale generato da questo prodotto interno lordo impatta su tutta l'economia nazionale;

              i veicoli che transitano quotidianamente sui ventitré ponti principali del Po, di cui quattro autostradali, sono più di quattrocentomila, con oltre settantamila mezzi pesanti;

              l'infrastrutturazione ferroviaria del bacino Padano non ha al momento capacità adeguata sia per quanto riguarda il trasporto merci che quello pendolare e sono attesi da decenni raddoppi ed elettrificazioni di molte linee nel bacino;

              le infrastrutture del bacino Padano sono interconnesse e se un ponte è interdetto al traffico o vede limitazioni di portata, i mezzi si spostano su altri ponti pressandoli ulteriormente, incrementando traffico, generando inquinamento, incrementando i costi per i trasporti e aumentando i rischi di un vero e proprio lockdown ambientale favorito dai cambiamenti climatici e dalle frequenti piene del Po e dei suoi affluenti con numerose esondazioni, allagamenti di golene e allagamenti di vasti territori nel bacino con inevitabili ripercussioni negative sul tessuto socio-economico;

              dalla ricognizione riportata nel decreto ministeriale n. 1 del 2020 risultano essere 183 su 255 i ponti con degrado strutturale alto, 42 i ponti con limitazione di portata, 5 con limitazione del traffico, 4 chiusi totalmente e altri interessati da lavori di manutenzione;

              il ponte della Becca a Pavia, dal 2010 è interdetto ai mezzi pesanti ed è oggetto di frequenti manutenzioni ed interventi di messa in sicurezza che spesso portano alla chiusura totale del traffico per diversi giorni all'anno. Questo ponte vede una procedura lenta di passaggio della competenza e della gestione da regione Lombardia ad Anas, questione che dovrebbe essere risolta grazie al monitoraggio di Anas che sta procedendo direttamente con l'attività ispettiva su vari ponti e viadotti insistenti sulle strade di rientro, la cui conclusione è prevista per marzo 2021;

              per quanto riguarda i ponti in provincia di Piacenza, 9 su 55 hanno un degrado strutturale alto; tra i ponti a degrado alto si segnala il viadotto sul rio Ricò che richiederebbe interventi per 1,4 milioni di euro;

              in provincia di Parma si riscontrano problemi al ponte di San Daniele Po, soggetto a limitazioni di portata;

              il ponte di Casalmaggiore, fra le provincie di Cremona e Parma ma con rilevanza strategica anche per il transito verso la provincia di Mantova, ha visto un'interruzione totale al transito fra il 7 settembre 2017 e il 5 giugno 2019 per degrado dell'impalcato ed è stato sottoposto a lavori di «cerchiaggio»;

              il ponte di Viadana-Boretto, fra le provincie di Mantova-Reggio Emilia e che risulta essere destinato al passaggio ad Anas, è stato oggetto di lavori di manutenzione nel 2019 che hanno comportato una prolungata chiusura fino al mese di giugno 2019;

              per il ponte di Guastalla-Dosolo risulta essere in corso la progettazione esecutiva riguardante interventi di riqualificazione e messa in sicurezza;

              il ponte di Borgoforte (Mantova), costruito nei primi anni '60, presenta ormai uno stato di degrado avanzato; è stato oggetto di un intervento di rinforzo strutturale delle tre pile in alveo, ma il degrado avanzato e generalizzato del calcestruzzo induce a ritenere urgente un intervento di manutenzione straordinaria e di consolidamento statico sulle 41 pile e 40 campate in golena (travi, mensole, pilastri, appoggi) nonché sugli elementi secondari quali parapetti, marciapiedi, pavimentazione. A seguito del censimento dei ponti svolto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, tramite il provveditorato delle opere pubbliche, suddetto ponte è stato inserito come manufatto su cui sarebbe necessario «un intervento minimo prioritario» stimato in 5 milioni di euro;

              a Reggio Emilia vi sono criticità al ponte Veggia, tra Sassuolo (MO) e Casalgrande (RE);

              sul ponte di San Benedetto Po (Mantova) il traffico pesante è interrotto dal 2012 e fu presentata segnalazione ad Anac per la gara che si concluse con l'assegnazione dell'esecuzione dei lavori ad una società extraregionale che assegnò in subappalto buona parte dei lavori a un'azienda locale poi interdetta dalla white list antimafia;

              il ponte di Ostiglia-Revere vede non risolta la questione del passaggio del sedime ferroviario da Rfi ad Anas prima della parziale ricostruzione ed è recente la notizia della prossima chiusura al traffico pesante del ponte Marino nel comune di Borgo Mantovano sulla strada statale n. 12 Abetone-Brennero, con conseguente deviazione del traffico merci di oltre 30 chilometri;

              il ponte Samone (Pavullo sul Frignano in provincia di Modena) sul fiume Panaro, che serve un bacino di popolazione pari a settecentomila abitanti, è stato oggetto di gravi danneggiamenti durante la piena ed esondazione del 6 dicembre 2020, con rottura di un pilone centrale; questo ponte era considerato a degrado strutturale basso dalla ricognizione inserita nel decreto ministeriale n. 1 del 2020;

              i soli ponti posti direttamente sull'asta del Po vedono un impegno finanziario per la ricostruzione superiore a 350 milioni di euro, superiore al fondo della legge di bilancio 2019 e senza considerare gli interventi parziali o integrali previsti per i restanti 250 ponti del bacino;

          l'inquinamento in Pianura padana ha raggiunto livelli elevati e nonostante il lockdown stia aumentando anche il livello di ozono, tanto che in data 7 luglio 2020 è stato diramato l'allarme per la salute con invito ad evitare attività all'aria aperta nelle ore di maggiore insolazione; le polveri sottili già in eccesso potrebbero quindi aumentare per l'incremento dei chilometri percorsi dalle merci trasportate su gomma che, in Emilia-Romagna e a Mantova in particolare, sono responsabili per il 21 per cento del particolato respirato secondo la speciazione del particolato atmosferico di Ispra:

              la presenza di ponti non praticabili ha determinato gravi criticità durante l'attuale emergenza da Covid-19 rendendo più difficoltoso per gli utenti l'accesso alle prestazioni sanitarie, considerando inoltre che la regione Lombardia ha chiuso alcuni punti nascita, fra i quali quello di Viadana, con la conseguenza che, con i ponti spesso non praticabili, le partorienti devono percorrere notevoli distanze per accedere a presidi più lontani;

              i veicoli eccezionali per ingombro, ai sensi dell'articolo 10 del codice della strada, possono essere caricati al massimo della massa consentita con carichi collegati a quello principale, portando a un maggiore stress delle infrastrutture attraversate,

impegnano il Governo:

          ad adottare iniziative volte a velocizzare la manutenzione e, ove necessario, la ricostruzione dei ponti sul bacino del fiume Po e sulle principali arterie afferenti allo stesso, incrementando la dotazione finanziaria dei fondi previsti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, anche attraverso le risorse del «Recovery fund»;

          ad adottare iniziative per estendere l'attività di monitoraggio sensoristico da remoto dello stato di degrado a tutti i ponti sul bacino del fiume Po;

          ad effettuare una ricognizione dei ponti per i quali si rende necessario dichiarare lo «stato di emergenza»;

          ad adottare le iniziative di competenza volte a nominare un commissario per il monitoraggio, la manutenzione, la supervisione delle procedure di passaggio di competenze e la ricostruzione dei ponti del bacino del Po;

          a monitorare il passaggio di gestione dei ponti ad Anas e a velocizzare la procedura anche tramite il commissario;

          a valutare la pianificazione e il finanziamento di infrastrutturazione mirata allo spostamento di merci e persone dalla gomma al ferro o all'acqua nel bacino Padano, attraverso l'elettrificazione delle linee a gasolio, con velocizzazione dell'innovazione tecnologica delle linee ferroviarie e raddoppi selettivi annullando gli interventi per la costruzione di nuove autostrade e di infrastrutture che vedano alternative a minori emissioni atmosferiche;

          a valutare l'opportunità di adottare idonee iniziative volte a modificare l'articolo 10 del decreto legislativo n. 285 del 1992 al fine di ridurre la pressione sulle infrastrutture, in particolare sui ponti attraversati da questi carichi, privilegiando le infrastrutture ferroviarie e le idrovie per questi carichi.
(7-00600) «Zolezzi, Scagliusi, Mammì, Barzotti, Zanichelli, Romaniello, Dori».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro per gli affari europei, per sapere – premesso che:

          l'Unione europea coordina la gestione della crisi sanitaria derivata della pandemia da Covid-19 e, nell'ambito delle sue funzioni, ha prima finanziato la ricerca sui vaccini attraverso sovvenzioni ad alcune aziende farmaceutiche private e, in seguito, negoziato il costo delle dosi, supervisionando la relativa distribuzione;

          in Italia, il Piano strategico per la vaccinazione anti-Sars-CoV-2/Covid-19, presentato il 2 dicembre 2020, è stato elaborato dal Ministero della salute, dal commissario straordinario per l'emergenza, dall'Istituto superiore di sanità, dall'Agenas e dall'Aifa;

          nel piano si legge che «il Ministero della Salute italiano ha ritenuto opportuno avviare interlocuzioni con altri partner europei, per procedere congiuntamente a negoziazioni che potessero assicurare la disponibilità di un numero di dosi necessario per l'immunizzazione dei cittadini dei Paesi coinvolti e di tutta l'Unione europea, dal momento che i vaccini devono essere considerati beni di interesse globale, e che un reale vantaggio in termini di sanità pubblica si può ottenere solo attraverso una diffusa e capillare campagna vaccinale. La Commissione UE e gli Stati membri hanno poi sottoscritto un accordo in base al quale i negoziati con le aziende produttrici sono stati affidati in esclusiva alla stessa, affiancata da un gruppo di sette negoziatori in rappresentanza degli Stati membri (tra i quali un italiano), e da uno Steering board che assume le decisioni finali, ove siedono rappresentanti di tutti gli Stati membri. Le trattative avviate si sono concentrate su un gruppo di Aziende che stanno sviluppando vaccini con diversa tecnologia. I negoziati hanno già portato alla sigla di alcuni accordi e l'Unione europea, al momento, si è già assicurata circa 1,3 miliardi di dosi da parte di diverse Aziende. Queste dosi saranno distribuite agli Stati membri in proporzione alla numerosità delle rispettive popolazioni»;

          in particolare, l'accordo tra la Commissione europea e l'azienda Pfizer-Biontech prevede la fornitura di 200 milioni di dosi, con l'opzione su altre 100 milioni di dosi, delle quali circa 27 milioni (il 13,51 per cento del totale) sono destinate all'Italia;

          l'azienda statunitense Pfizer ha ridotto temporaneamente le proprie forniture del vaccino antiCovid-19 in Europa per poter aumentare le proprie capacità produttive dagli attuali 1,3 miliardi a due miliardi di dosi, specificando che ciò limiterà le consegne nel periodo compreso tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio 2021;

          il commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 Domenico Arcuri, il 20 gennaio 2021, ha annunciato che «la Pfizer ha comunicato unilateralmente che a partire da lunedì consegnerà al nostro Paese circa il 29 per cento di fiale di vaccino in meno rispetto alla pianificazione che aveva condiviso con gli uffici del commissario e, suo tramite, con le regioni italiane. Non solo: ha unilateralmente deciso in quali centri di somministrazione del nostro Paese ridurrà le fiale inviate e in quale misura. Analoga comunicazione è pervenuta a tutti i Paesi della Ue. La Pfizer ha altresì annunciato che non può prevedere se queste minori forniture proseguiranno anche nelle prossime settimane, né tantomeno in che misura»;

          il contratto firmato dalla Commissione europea con le aziende che producono il vaccino prevede che nell'arco dei singoli trimestri la fornitura debba essere omogenea ed eventuali modifiche debbano essere comunicate con un anticipo congruo;

          la citata riduzione della fornitura rischia di compromettere la funzionalità del piano vaccinale, creando disparità tra regioni europee;

          il commissario straordinario, Domenico Arcuri, ha dichiarato che starebbe valutando di presentare un esposto alla procura per «impatto sulla salute per inadempimento del contratto pubblico» nei confronti di Pfizer e una diffida all'azienda con ipotesi di danni per il rallentamento del piano dei vaccini, sottolineando altresì che spetta all'Ue promuovere l'azione legale e che il foro competente è quello di Bruxelles –:

          quali siano le iniziative effettivamente intraprese dal Governo per ovviare al rallentamento della fornitura da parte di Pfizer Biontech e quali siano le clausole contrattuali previste a livello europeo in caso di riduzione della suddetta fornitura.
(2-01087) «Mandelli, Saccani Jotti».


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

          lo stato di emergenza conseguente alla pandemia da Sars-CoV-2 è stato deliberato nel nostro Paese il 31 gennaio 2020:

          negli ultimi giorni, vista la curva dei contagi e dei decessi, il Consiglio dei ministri ha decretato la proroga, fino al 30 aprile 2021, del medesimo stato d'emergenza sanitaria;

          la degenza dei malati da COVID-19, soprattutto per gli ospedalizzati è spesso un dramma che va ad acuire un'altra situazione d'emergenza laddove ci si trovi di fronte al ricovero di un paziente anziano o con disabilità. Spesso da solo, in nosocomio, il cui unico legame con la famiglia rimane un cellulare, ben sapendo che l'utilizzo di questi strumenti tecnologici non è agevole per molti, tanto meno per le persone più anziane;

          in questa fase di emergenza sanitaria, molti soggetti, soprattutto in età avanzata o con disabilità, anche se non interessati direttamente da COVID-19, ne hanno subìto le conseguenze a causa dei lockdown imposti dalla pandemia in atto. Sono aumentate fortemente le persone isolate e spesso lasciate sole e, in alcuni casi, come riportato dalla cronaca, sono dovute intervenire le stesse forze dell'ordine per aiutare, solamente con la presenza, anziani soli –:

          se il Governo non intenda assumere tutte le iniziative utili, per quanto di competenza, volte a promuovere la presenza di professionisti-psicologi sia nelle Asl sia in strutture ricreative, al fine di offrire un supporto psicologico a tutti i cittadini che ne necessitino o che abbiano subìto effetti negativi dalla situazione pandemica, anche prevedendo l'istituzione di un numero telefonico di ausilio;

          se non si ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché sia previsto il riconoscimento di tirocinio per gli studenti universitari del corso in psicologia che prestano attività assistenziale presso tali strutture durante l'emergenza sanitaria in atto;

          se non si intenda valutare la possibilità di adottare iniziative per l'utilizzo di quota del Recovery Fund destinate alla sanità, al fine di implementare sensibilmente la presenza della figura dello psicologo nelle strutture pubbliche.
(2-01091) «Dall'Osso, Baldini».

Interrogazioni a risposta orale:


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

          in un articolo apparso domenica su «il Tempo», emergono alcune variazioni significative rispetto agli annunci fatti dal commissario Domenico Arcuri in merito ai centri temporanei per le vaccinazioni, le cosiddette «primule»;

          nella gara aperta il 21 gennaio si legge che dei 1.500 padiglioni promessi il 13 dicembre 2020 da Arcuri, al momento ne verranno costruiti solo 21. Per gli altri 1.479 il bando recita testualmente che saranno «eretti successivamente», senza indicare una data certa;

          inoltre, il loro numero «non sarà superiore a 1.200», al di sotto delle cifre annunciate da Arcuri in conferenza stampa quando al suo fianco sedeva l'archistar Stefano Boeri, l'ideatore del tocco di classe dell'intera operazione, colui che ha pensato di disegnare una grande primula su ognuna di queste strutture;

          numerosi particolari tecnici restringono illogicamente il campo delle aziende che possono aspirare a vincere l'appalto del valore di 8 milioni e 599.500 euro. Ognuno dei 21 padiglioni dovrà avere la stessa dimensione: 315 metri quadrati. Il costo al metro quadro non dovrà superare i 1.300 euro. Ciascuna di queste strutture verrà a costare 409.500 euro;

          per partecipare alla gara si richiede di aver eseguito «forniture analoghe» nel triennio 2017-2019 del valore di almeno 154 milioni e 791 mila euro;

          chi vuole presentare un'offerta ha poco tempo a disposizione. Il progetto per costruire tutti i 21 padiglioni dovrà essere inviato entro mercoledì 27 gennaio 2021, con impegno di «realizzarli tutti entro 30 giorni dall'avvio dell'esecuzione del contratto»;

          a rendere tutto ancora più complicato sono gli altri paletti inseriti nel bando. I padiglioni temporanei dovranno essere rigorosamente a «pianta circolare, con 20 metri di diametro». Con «un'altezza massima sotto trave pari a circa 2,85 metri nel punto più alto (lungo il perimetro esterno) e circa 2,70 metri nel punto più basso in corrispondenza del nucleo centrale». Per la connessione internet dovranno essere previste delle «torrette attrezzate a pavimento». E ancora, «sonde igrometriche nei diversi ambienti» e «impianti elettrici con terminali a led»;

          oltre alla primula, il progettista – costruttore dovrà impegnarsi a rendere omaggio alla struttura commissariale, realizzando «apposite targhe da posizionare permanentemente in luogo visibile all'interno e all'esterno dei padiglioni temporanei, nelle quali sarà riportata una menzione speciale per l'impegno decisivo e lo sforzo profuso dai soggetti finanziatori con indicazione del relativo marchio o brand»;

          la scelta dei requisiti ha fatto infuriare gli imprenditori che lavorano nel settore degli eventi, che si sentono inspiegabilmente ed arbitrariamente esclusi da Arcuri. Giova ricordare che il settore è stato pesantemente colpito dalle restrizioni del Governo, «totalmente fermo da marzo 2020 e senza ristori», denunciano;

          l'associazione che li riunisce, la Filiera eventi unita (Feu), parla di «un bando accessibile a pochi, dai criteri inarrivabili e dai costi esorbitanti per la realizzazione ex novo di strutture che poi finiranno chissà dove». Queste aziende ricordano che hanno le strutture necessarie «già pronte e ferme nei magazzini a cifre assolutamente convenienti e adeguate a consentire la vaccinazione di massa»;

          il presidente Adriano Ceccotti non comprende per quale motivo sia stato inserito il criterio della pianta circolare: «Le installazioni commerciali rettangolari e quadrate non andavano bene? Non c'è bisogno di tensostrutture fighette, non serve una primula, ma solo un luogo adeguato dove vaccinarsi» –:

          quali siano le ragioni di requisiti progettuali per la costruzione dei padiglioni ad avviso dell'interrogante così illogicamente stringenti;

          quali siano le ragioni del mancato noleggio di strutture già esistenti e inutilizzate;

          quali siano le ragioni della riduzione dei padiglioni a 1.200 unità.
(3-02042)


      DONZELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

          secondo quanto riportato nell'edizione del quotidiano Il Tempo di domenica 24 gennaio 2021 per i centri di vaccinazione il commissario Arcuri ha stanziato 8 milioni e 599.500 euro. «Ognuno dei 21 padiglioni – si spiega – dovrà avere la stessa dimensione: 315 metri quadrati. Il costo al metro quadro non dovrà superare i 1.300 euro. Calcolatrice alla mano, quindi, ciascuna di queste strutture verrà a costare 409.500 euro». Secondo quanto riportato i padiglioni potrebbero persino rimanere irrealizzati e rischiano di essere l'ennesimo spreco. Alla gara per realizzarli potranno partecipare solo poche aziende: il commissario Arcuri ha deciso di escludere tutte quelle che non si sono già aggiudicate forniture da almeno 154 milioni e 791 mila euro nello scorso triennio. «È evidente che, così, la platea dei candidati si assottiglierà notevolmente. – scrive Il Tempo – Anche perché chi vuole presentare un'offerta ha poco tempo a disposizione. Il progetto per costruire tutti i 21 padiglioni, uno in ogni capoluogo di regione, dovrà essere inviato alla struttura commissariale entro mercoledì 27 gennaio. Con l'impegno di “realizzarli tutti entro 30 giorni dall'avvio dell'esecuzione del contratto”. Una volta scaduto il termine di presentazione delle offerte, verrà nominata una commissione giudicatrice che sceglierà il progetto vincitore. Quindi, a meno che non si verifichino altri ritardi, i soli 21 padiglioni attualmente previsti dovrebbero vedere la luce a marzo. Ad andare su tutte le furie sono gli imprenditori che lavorano nel settore degli eventi. Si sentono inspiegabilmente ed arbitrariamente esclusi da Arcuri. Fanno parte di un settore pesantemente colpito dalle restrizioni del Governo, “totalmente fermo da marzo 2020 e senza ristori”, denunciano. Adesso scoprono che non possono nemmeno dare una mano nella lotta al COVID-19. L'associazione che li riunisce, la Filiera eventi unita (Feu), parla di “un bando accessibile a pochi, dai criteri inarrivabili e dai costi esorbitanti per la realizzazione ex novo di strutture che poi finiranno chissà dove”. Invece, queste aziende ricordano che hanno le strutture necessarie “già pronte e ferme nei magazzini a cifre assolutamente convenienti e adeguate a consentire la vaccinazione di massa”. Il presidente Adriano Ceccotti non comprende, ad esempio, per quale motivo sia stato inserito il criterio della pianta circolare: “Le installazioni commerciali rettangolari e quadrate non andavano bene? Non c'è bisogno di tensostrutture fighette, non serve una primula, ma solo un luogo adeguato dove vaccinarsi”» –:

          se trovi conferma la notizia sui costi e sui criteri per l'aggiudicazione della gara per i suddetti padiglioni;

          quali criteri il commissario abbia seguito per selezionare la platea di imprese realizzatrici e per quali ragioni si sia stabilito di escludere quelle che si sono aggiudicate forniture inferiori a 154 milioni e 791 mila euro nello scorso triennio;

          quante e quali imprese in regola con il bando di gara abbiano partecipato;

          come si intenda procedere nel caso in cui la gara di aggiudicazione vada deserta;

          se e quando si intenda bandire la gara per i restanti 1.479 padiglioni promessi.
(3-02043)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BRUNO BOSSIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          in data 19 gennaio 2021, nel comune di Amantea, provincia di Cosenza, si è verificato un importante e intenso movimento franoso;

          tale fenomeno ha generato lo smottamento e il distacco di diversi ed invasivi blocchi di materiale roccioso dal versante sovrastante la via principale del centro storico della città;

          in seguito all'evento, sono state emanate ordinanze di sgombero per 15 nuclei familiari, occupanti fabbricati che, tuttora, sono ancora esposti al rischio di ulteriori crolli e movimenti franosi;

          momentaneamente, per i suddetti nuclei familiari, è stata disposta, da parte del comune, la sistemazione presso strutture ricettive;

          il movimento franoso ha generato danni e la interruzione di servizi primari, in particolar modo, danni gravi sono stati registrati dalla rete di distribuzione del gas metano;

          inevitabilmente, la dimensione dei crolli e del movimento della massa franosa hanno imposto il blocco della circolazione e delle attività commerciali, artigiane, turistico-produttive per l'intero comparto urbano del centro storico;

          il rischio di ampliamento e il ripetersi del movimento franoso è tutt'ora in atto. Infatti, tutto il versante che si sviluppa a monte della chiesa del Carmine, sino all'argine del fiume Catocastro e all'area che sovrasta il parco pubblico «La Grotta», è considerato a rischio frana;

          è prioritario pervenire rapidamente ad una ricognizione dei danni e, conseguentemente, provvedere ad erogare i necessari ristori a famiglie ed imprese che sono state maggiormente colpite –:

          quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, alla luce dei fatti esposti in premessa, al fine di dichiarare lo stato di emergenza in questi luoghi, accertare le reali cause, ed in base alla classificazione del rischio disporre i finanziamenti necessari per l'attuazione della messa in sicurezza del costone su cui poggia l'intero cento storico, così da permettere il normale svolgimento delle attività quotidiane ed il ritorno alla vita normale.
(5-05319)

Interrogazioni a risposta scritta:


      POTENTI e LOLINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          in data 21 gennaio 2020 il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari, ha comunicato attraverso nota stampa pubblicata sul sito istituzionale della città che durante l'assemblea dei soci della Società della salute Valli Etrusche svoltasi nella mattinata dello stesso giorno sarebbe stata comunicata «la decisione del Ministero della Salute di non concedere la deroga all'ospedale di Villamarina» che potrebbe «decretare la definitiva chiusura del Punto nascita»;

          nell'agosto del 2018 la regione Toscana aveva richiesto al Ministero della salute la deroga prevista per il mantenimento in attività dei punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti/anno alla luce delle condizioni indicate nel decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70;

          da quasi un ventennio i cittadini lamentano il progressivo impoverimento dei servizi sanitari dell'ospedale Villamarina il cui reparto maternità, chiuso ormai dal 22 giugno 2019, rappresenta un punto di riferimento indispensabile per tutte le donne della Val di Cornia che in gravidanza si troverebbe/costrette ad effettuare viaggi in macchina di quasi un'ora per raggiungere le non vicine Grosseto o Cecina;

          la chiusura definitiva del punto nascita dell'ospedale di Villamarina avrebbe conseguenze negative, non solo, per la popolazione di una città come Piombino che conta oltre 30 mila abitanti e per quella dei comuni della Val di Cornia, ma anche per tutta la comunità isolana dell'Elba –:

          se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire la sopravvivenza ed il ritorno alla piena operatività del punto-nascita dell'ospedale Villamarina di Piombino;

          se il Governo non ritenga opportuno rivedere la decisione sulla concessione della deroga alla chiusura del punto di nascita di Piombino, così come richiesto dalla regione Toscana, in modo tale da permettere di sollevare le donne incinte della zona, peraltro compresa tra quelle riconosciute ad area di crisi industriale complessa, dai disagi legati a spostamenti di non breve percorrenza.
(4-08109)


      BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          in data 7 gennaio 2021 è stata perfezionata l'acquisizione della quota maggioritaria, fissata al 50,01 per cento, della «Piattaforma Logistica Trieste» (Plt), da parte della società Hamburger Hafen und Logistik AG (Hhla);

          l'infrastruttura, rinominata Hhla Plt Italy, è situata nella zona franca di Trieste e si estende su una superficie complessiva di 27 ettari: nella parte settentrionale vengono in prevalenza gestiti il traffico di carico generale e la logistica, nella parte meridionale, in seguito alla realizzazione di una nuova costruzione idonea all'uso, verrà gestito il traffico container e «ro-ro»;

          nelle ambizioni della società tedesca il terminal, che secondo le previsioni riprenderà le operazioni ai primi di febbraio 2021, dovrebbe divenire un importante hub meridionale della sua rete portuale e intermodale;

          è indubbia la rilevanza strategica dell'infrastruttura come snodo fondamentale di collegamento fra le più importanti reti logistiche e portuali del nord e del sud Europa;

          il porto di Trieste, oltre ad essere collegato ad un'importante rete ferroviaria integrata a livello europeo è il terminal sul mare dell'oleodotto Transalpino che collega, con una rete lunga 753 chilometri il porto di Trieste con i Länder tedeschi della Baviera e del Baden-Württemberg attraversando Italia, Austria e Germania;

          le infrastrutture portuali italiane stanno assumendo in maniera sempre più rilevante un grande valore strategico, sia per gli Stati europei che extra-europei, in una logica di controllo, se non di egemonia, dei traffici e degli scambi commerciali a livello globale, di cui l'acquisizione della piattaforma logistica di Trieste ne è esempio emblematico, a discapito degli interessi nazionali;

          il «golden power», introdotto nel nostro ordinamento con decreto-legge n. 21 del 2012, convertito dalla legge n. 56 del 2012 e le successive modifiche fra cui le ultime inserite nel decreto-legge n. 23 dell'8 aprile 2020 («decreto liquidità»), è uno strumento che consente al Governo di esercitare poteri speciali in alcuni ambiti di rilevanza strategica al fine di salvaguardare gli interessi pubblici essenziali;

          in particolare, trattasi di poteri esercitati «nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché di taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni» estesi, attraverso il «decreto liquidità», ad altri settori oggi ritenuti strategici quali quello alimentare, assicurativo, sanitario, finanziario e cybersicurezza –:

          per quali ragioni il Governo non abbia ritenuto di utilizzare in tale contesto lo strumento del «golden power», consentendo così l'acquisizione della quota maggioritaria della «Piattaforma logistica di Trieste» (Plt) da parte della società tedesca Hamburger Hafen und Logistik AG (Hhla).
(4-08114)


      FIANO, SERRACCHIANI, GRIBAUDO, FASSINO, BONOMO, QUARTAPELLE PROCOPIO, RACITI, BAZOLI, VISCOMI, CARNEVALI, BOLDRINI e FRAILIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          nei giorni scorsi è scoppiata una rivolta presso l'ex caserma Cavarzerani di Udine che ospita oltre 400 migranti;

          ad innescare le violente proteste è stata la decisione, adottata dal sindaco, di prolungare il periodo di quarantena;

          il provvedimento è stato giustificato dal fatto che, nella caserma – che avrebbe una capienza massima di 300 persone – sono stati sistemati (in una roulotte, per evitare il contagio) tre persone positive al Covid-19 e ciò ha reso necessario sottoporre tutti gli altri ospiti a 15 giorni di isolamento;

          alla scadenza del primo periodo di quarantena, il sindaco ha deciso di prorogarla fino al 16 agosto, decisione che ha condotto alle violente proteste;

          si apprende da notizie di stampa che il responsabile della Protezione civile di Grado, Giuliano Felluga, per sedare la rivolta scoppiata all'interno dell'ex caserma Cavarzerani di Udine, avrebbe suggerito, con un post su un social network, l'organizzazione di «squadroni della morte» grazie ai quali «nel giro di due giorni riportiamo la normalità...», «Quattro taniche di benzina e si accende il forno crematorio, così non rompono più»;

          si tratta di frasi deliranti, gravissime, e inaccettabili, soprattutto se a pronunciarle è un rappresentante delle istituzioni;

          tali frasi sembrerebbero violare la cosiddetta «legge Mancino», adesso ricondotta nel codice penale, che prevede il delitto di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa (articolo 604-bis) e la relativa aggravante (articolo 604-ter), che aumenta la pena fino alla metà per i reati punibili con pena diversa da quella dell'ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità;

          pare in ogni caso evidente, a parere degli interroganti, l'inidoneità a ricoprire il ruolo di responsabile della protezione civile, di un soggetto che istiga alla violenza e diffonde odio –:

          di quali elementi informativi dispongano in relazione a quanto esposto e se intendano assumere iniziative di competenza volte a implementare il sistema sanzionatorio nei riguardi di pubblici funzionari e amministratori che si rendano responsabili di esternazioni apertamente xenofobe, razziste e istigatrici all'odio e alla violenza.
(4-08115)


      BENIGNI, SORTE, GAGLIARDI, PEDRAZZINI e SILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          le vigenti disposizioni per il contenimento del contagio da Covid-19 contemplano, per le cosiddette «zone rosse» e «zone arancioni», la sospensione delle attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), consentendo solamente l'asporto e la consegna a domicilio;

          tale misura arreca notevoli disagi ai lavoratori che non possono rientrare al proprio domicilio per la pausa pranzo, né usufruire di servizi di mensa aziendale;

          i disagi sono ovviamente maggiori per coloro che prestano attività lavorativa all'aperto, costretti a consumare pasti, spesso freddi, in luoghi certamente poco idonei;

          sono diffuse fotografie che ritraggono lavoratori costretti a consumare il pasto al freddo in cantiere, sui propri automezzi, per strada;

          per questi lavoratori, il pranzo costituisce una pausa della giornata lavorativa in cui usufruire di un certo comfort, ritemprandosi dalle condizioni, spesso non certo agevoli, in cui operano;

          è ragionevole temere che il protrarsi dell'attuale situazione potrà comportare per tali soggetti l'insorgenza di problemi di salute;

          si ritiene, pertanto, opportuna l'adozione di una deroga per gli esercenti l'attività di ristorazione, che consenta ai lavoratori di usufruire della pausa pranzo, consumando un pasto caldo in locali idonei;

          si può, del resto, confidare che la circoscrizione della deroga e la puntuale adozione, da parte degli esercenti, delle previste misure di sicurezza, consentirà di non arrecare alcun pregiudizio al contrasto alla diffusione della pandemia;

          una tale deroga, peraltro, limiterebbe le conseguenze negative delle misure di contenimento del contagio per i gestori degli esercizi pubblici –:

          se il Governo sia a conoscenza delle condizioni in cui molti lavoratori sono costretti a consumare il pranzo;

          se il Governo non intenda adottare iniziative per prevedere deroghe alle misure restrittive previste per le attività di ristorazione nelle zone «arancioni» e «rosse», che consentano ai lavoratori di usufruire, durante la pausa pranzo, di un pasto caldo in locali idonei.
(4-08118)


      DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          le abbondanti e prolungate piogge registrate in Sardegna e, nella fattispecie, nel comune di Bonorva, hanno causato alcuni movimenti franosi sia nel relativo tratto della strada statale 131 che nella periferia sud del medesimo comune, in zona Furros e sa Costa;

          la strada statale 131, in particolare, è stata interessata dall'apertura di un'incredibile voragine, a causa, da quel che risulta, della saturazione e del rigonfiamento del terreno: e ciò nonostante che la stessa carreggiata sia stata sottoposta, recentissimamente, il 5 gennaio 2021, ad alcuni lavori di manutenzione;

          a fronte dei suindicati, eccezionali eventi il sindaco ha dovuto interdire il passaggio in alcune strade, nonché diramare lo stato di criticità per l'ipotesi di ulteriori frane e smottamenti a monte del centro abitato, in ragione della rilevazione di vistose crepe proprio nelle strade delle zone Sa Costa-Furros e Sa Rocca Rutta, le quali, pertanto, sono state chiuse al transito, non potendosi escludere l'innesco di ulteriori movimenti franosi improvvisi e incontrollati;

          i tecnici, già da inizio mese, sono prontamente intervenuti per analizzare e studiare la situazione, anche perché in passato, nell'ottobre 2004, lo stesso ambito territoriale è stato interessato da un evento analogo tale da far decretare il conseguente stato di emergenza all'allora Governo;

          la gravità dell'evento in questione è tale da richiedere l'adozione di provvedimenti straordinari ed urgenti, anche di prevenzione, al fine di assicurare la rimozione delle situazioni di pericolo, come anche richiesto dalle amministrazioni locali, le quali, tempestivamente intervenute, hanno lanciato un accorato appello in tal senso al Governo nazionale –:

          se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di supportare le amministrazioni locali e la cittadinanza nell'attività di prevenzione e superamento dei fenomeni di dissesto idrogeologico nell'ambito del comune di Bonorva e, più in generale, nell'intera provincia di Sassari.
(4-08121)


      MARROCCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          il 21 gennaio 2021, come riportato dalle fonti di stampa, una bambina di 10 anni di Palermo ha perso la vita per auto-soffocamento, dopo essersi legata una cintura al collo;

          la procura, che si sta occupando del caso, sospetta che la bambina stesse partecipando a una «hanging challenge» (letteralmente: sfida di appendersi), che consiste nello stringersi una cintura attorno al collo e resistere il più possibile senza respirare;

          la «hanging challenge» è una delle varie sfide diffuse sul social network Tik Tok, molto popolare tra gli adolescenti;

          in generale, attraverso i social, sono state create numerose «challenge»: mentre alcune sono a scopo benefico (come la Ice Bucket del 2014, realizzata dalla Als Association), altre, come quella che ha coinvolto la piccola Antonella, sono, al contrario, molto pericolose;

          infatti, Antonella non è la sola vittima dei giochi mortali sui social network: come lei, altri minori hanno perso la vita in una sfida online, ad esempio, mentre «giocavano» a ingerire ingenti dosi di Benadryl, o a «spaccarsi il cranio» (Skullbreaker Challenge);

          sebbene sul sito di TikTok sia presente un lungo documento riguardante le regole della community il quale stabilisce che i contenuti aventi ad oggetto atti pericolosi o lesionistici sono proibiti, effettuando una rapida ricerca su internet ci si accorge che i «giochi proibiti» si reiterano e sono alla portata di tutti;

          è evidente la necessità di un più attento controllo per queste sfide terribili che, peraltro, mettono in luce un fenomeno che ormai vede protagonisti non solo adolescenti ma anche bambini: una sfida alla morte che mostra la solitudine di questi giovani e giovanissimi in un momento così particolare per il Paese –:

          se il Governo non ritenga opportuno promuovere ogni iniziativa di competenza, in particolare tramite la polizia postale in relazione a quelle che appaiono evidentemente all'interrogante gravissime responsabilità del social network TikTok in merito alla vicenda riportata in premessa;

          se non intenda adottare le opportune iniziative, per quanto di competenza, al fine di prevedere un monitoraggio dettagliato dell'utilizzo di TikTok e di limitare la diffusione di pericolosissime pratiche tra i giovani.
(4-08125)


      FIORAMONTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          in seguito alla pubblicazione di un report da Banka Akros – un sito di settore – risulterebbe che l'Egitto stia «silenziosamente» costruendo la sua flotta di elicotteri AW149 del gruppo italiano, avendo ricevuto 5 velivoli dei 24 super-medium-twins relativi a un ordine del 2019 per un valore complessivo di 871 milioni di euro;

          secondo quanto riportato dal sito www.egyptdefenceexpo.com, citando documenti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, l'affare sarebbe stato registrato nel rapporto 2019 sulle esportazioni di armi elaborata dalla Farnesina e presentato alle Camere;

          Leonardo S.p.a. è un'azienda italiana attiva nei settori della difesa, dell'aerospazio e della sicurezza, il cui maggiore azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze, che possiede circa 30,20 per cento delle azioni, ragion per cui le relazioni politiche ed economiche con l'Egitto continuino sebbene non vengano adeguatamente pubblicizzate: si tratta infatti della seconda consegna fatta all'Egitto da parte di industrie italiane. Il 23 dicembre 2020 Fancantieri ha consegnato alla Marina Militare dell'Egitto la fregata multiruolo Fremm Spartaco Schergat;

          inoltre, a inizio giugno 2020, il settimanale arabo The Arab Weekly riportava che l'Italia potrebbe vendere all'Egitto ben sei fregate Fremm – quattro in più alle due già menzionate –, e venti pattugliatori d'altura di Fincantieri, in aggiunta ai 24 caccia Eurofighter Typhoon e ad altri numerosi velivoli da addestramento M-346 di Leonardo, più un satellite da osservazione, per 10,7 miliardi;

          tali avvenimenti si intrecciano inevitabilmente con le indagini sull'omicidio di Giulio Regeni e con il caso di Patrick Zaki, ormai detenuto da quasi un anno al Cairo. Tutto ciò delinea un quadro confuso sulla ratio con cui, il nostro Governo, stia cercando di fare chiarezza in merito ad episodi di tale barbaria che hanno toccato in primis il nostro Paese, e che ledono fortemente il rispetto dei diritti umani;

          secondo la prassi internazionale, Paesi che sono fautori di azioni che danneggiano fortemente i diritti umani dovrebbero essere sottoposti a misure sanzionatorie, e non essere scelti invece tra i soggetti privilegiati nel commercio internazionale di armamenti –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda realizzare al fine di sopperire al ritardo già registrato in merito alla consegna della documentazione richiesta sull'omicidio di Giulio Regeni da parte del regime egiziano, e permettere finalmente di fare chiarezza davanti ad episodi di tale violenza.
(4-08131)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

          la signora Anastasiia Chekaeva, cittadina della Federazione Russa, è sottoposta nel suo Paese a procedimento penale per presunti fatti di truffa, perché, quale semplice dipendente di un'agenzia di viaggi sita all'interno del centro commerciale «Galleria Chizhov» nella città di Voronezh, si sarebbe appropriata di somme pagate dai clienti per l'acquisto di viaggi organizzati poi non forniti (l'importo complessivo è inferiore a 20.000,00 euro). La mancata fornitura sarebbe imputabile a ritardi dei tours operator;

          l'Agenzia di viaggi è di proprietà del marito della Signora Chekaeva, Fabrizio Crespi, cittadino italiano, che non avrebbe potuto essere estradato in Russia per tali fatti che comunque rappresenterebbero, a quanto consta, un semplice inadempimento contrattuale e non un illecito penale di truffa aggravata (punito in Russia con la pena fino a dieci anni di carcere);

          sulla base di tali accuse l'autorità giudiziaria russa ha tuttavia avviato un procedimento penale nei confronti della Chekaeva, tenendola però all'oscuro dello stesso, al fine di precostituirsi il titolo per poter emettere a suo carico un provvedimento di carcerazione preventiva e domandare la successiva estradizione all'Italia;

          la predetta vicenda giudiziaria pare avere una matrice politica, in quanto il legale rappresentate della «Galleria Chizhov» è Klimentov Andry Vladimirovich, vice-presidente della Commissione per il lavoro e la protezione sociale della popolazione, e il fondatore della Galleria è Chizhov Sergey Viktorovich, dal 2007 deputato della Duma di Stato della Russia, entrambi noti e discussi esponenti politici del partito «Russia Unita», il cui leader è Vladimir Putin;

          la vicenda del mancato pagamento dei viaggi ha gettato discredito sulla Galleria a prescindere dalle motivazioni dei ritardi nella fornitura dei viaggi e per tali ragioni il Crespi è stato minacciato da Klimentov a mezzo mail e messaggi documentati con cui si prospettavano pesanti ritorsioni su di lui;

          dal momento che il signor Crespi, cittadino italiano, non risulta estradabile, l'attività giudiziaria in Russia si è concentrata sulla signora Chekaeva;

          la Chekaeva in concomitanza con tali fatti era venuta in Italia per trascorrere le vacanze natalizie, senza alcuna intenzione di fuggire dalla Russia;

          il marito, signor Crespi, titolare dell'Agenzia, con i propri avvocati aveva nel frattempo iniziato a risarcire tutti i clienti;

          la signora Chekaeva è da tempo titolare di carta d'identità italiana e di regolare permesso di soggiorno, vive stabilmente in territorio italiano con la figlia minore T., cittadina italiana di anni sette, nata dalla relazione con il marito Fabrizio Crespi, entrambe domiciliate in Italia dal 4 gennaio 2018;

          l'autorità giudiziaria italiana, sia nella fase giurisdizionale che in quella amministrativa della procedura di estradizione ha rigettato i ricorsi e le istanze della difesa, nonostante non paiono sussistere le condizioni legittimanti l'estradizione e nonostante fosse palese, dai documenti allegati, la vera motivazione sottesa alla richiesta ovvero la matrice politica derivante dal ruolo e dalla influenza esercitata dal signor Klimentov;

          è stato violato, ad avviso degli interpellanti, sia il diritto al giusto processo, sancito dall'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, sia il diritto a non subire trattamenti crudeli, disumani o degradanti, stabilito dall'articolo 3 della stessa Cedu;

          la Russia, infatti, non ha fornito alcuna informazione, né l'Italia ne ha richieste, in merito al luogo di detenzione riservato alla Chekaeva, oltretutto, a quanto consta agli interpellanti, affetta da una patologia afferente le vie respiratorie che potrebbe cagionar la morte della donna in caso di contagio da virus Covid-19;

          la Russia non ha fornito alcuna rassicurazione sulle condizioni di detenzione rispettose della dignità umana e che quindi la Chekaeva non sarebbe esposta a trattamenti inumani e degradanti. L'Italia non ha preteso alcuna rassicurazione in merito sebbene l'estradanda sia madre di una bimba di 7 anni che, in caso di effettiva estradizione, verrebbe lasciata alle cure esclusive dei nonni paterni, essendo il padre emigrato in Svizzera per lavoro e non potendo fare rientro in Russia;

          sono documentate dal Cpt e da Amnesty International le situazioni di sovraffollamento e le gravissime condizioni igienico-sanitarie della popolazione carceraria della Russia ed in particolare dei centri di detenzione preventiva (SIZOs). Non è dato sapere, in quanto non vi sono dati ufficiali certi, come sia gestita nei penitenziari russi l'emergenza sanitaria dovuta alla diffusione dei contagi da Covid-19;

          risulta, a giudizio degli interpellanti, violato, ex articolo 8 Cedu, anche il diritto della figlia minore T., cittadina italiana, a conservare il rapporto con la madre, considerato che la vita della bambina è radicata in Italia, ove risiede da tre anni, né potrebbe trasferirsi in territorio russo, ove la signora Chekaeva ivi detenuta non potrebbe assisterla;

          nonostante i fondati elementi ostativi all'estradizione, il Ministero della giustizia ha dato corso alla sua esecuzione, poiché la Corte d'appello di Sassari, in data 22 gennaio 2021, su sollecitazione del Ministero, ha sottoposto la signora Chekaeva alla misura della custodia cautelare in carcere al fine della sua consegna alla Federazione russa –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

          se il Governo non ritenga, per quanto di competenza, che l'estradizione della signora Chekaeva comporterebbe la violazione degli articoli 3, 6 e 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

          se il Governo non ritenga di dover fermare immediatamente il provvedimento di estradizione quantomeno in attesa di chiarimenti sull'effettivo rispetto dei diritti umani fondamentali.
(2-01090) «Giachetti, Boschi, Scalfarotto, Fregolent, Marco Di Maio, Ungaro, Occhionero».

Interrogazione a risposta scritta:


      MULÈ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il Governo francese ha annunciato che, a partire dalla mezzanotte di domenica 24 gennaio 2021, anche i viaggiatori provenienti da Paesi membri dell'Unione europea avranno l'obbligo di esibire – per l'ingresso in Francia – un certificato di tampone molecolare negativo, effettuato al massimo 72 ore prima della partenza;

          da quanto si apprende, il tampone sarà obbligatorio per «tutti i viaggi non essenziali» e, pertanto, restano esentati dall'obbligo i lavoratori transfrontalieri e quelli del trasporto via terra, e saranno previsti conseguentemente controlli più serrati ai confini;

          l'esenzione citata non è prevista per coloro che si spostano per ragioni affettive e, pertanto, anche parenti stretti rischiano di non potersi vedere per lungo tempo, se non sottoponendosi a numerosi tamponi molecolari a distanza di tempo ravvicinata;

          a ciò si aggiunga che la decisione assunta del Governo francese sta preoccupando le migliaia di lavoratori frontalieri che, quotidianamente, saranno inevitabilmente costretti a subire lunghissime ore di fila alla frontiera italo-francese per raggiungere il proprio impiego oltre confine;

          si tratta, peraltro, di una categoria di lavoratori che già durante il cosiddetto lockdown sono stati costretti a subire ingenti danni senza ottenere alcun ristoro da parte del Governo –:

          se il Governo, considerate le problematiche riportate in premessa, intenda avviare tempestivamente un dialogo con il Governo francese al fine di scongiurare ripercussioni negative alla frontiera italo-francese.
(4-08119)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


      La sottoscritta chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

          il PiTESAI (piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee) è uno strumento normativo che definisce il quadro di riferimento condiviso con le regioni, le province e gli enti locali per la programmazione delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale;

          il piano, secondo i relatori della legge 11 febbraio 2019, n. 12, ha come obiettivi quelli di valorizzare la sostenibilità ambientale e socio-economica delle diverse aree geografiche del Paese, di annullare gli impatti derivanti dalle attività Upstream, cioè quelle riguardanti l'acquisizione dei diritti per lo sfruttamento, l'esplorazione, lo sviluppo e l'estrazione di gas naturale, olio combustibile e petrolio, e di rendere più agevole il processo di decarbonizzazione richiesto dall'Europa nell'ambito dello European Green Deal;

          l'adozione del PiTESAI, previa valutazione ambientale strategica e, limitatamente alle aree di terra ferma, d'intesa con la Conferenza unificata, permette di semplificare l'individuazione delle aree idonee per lo svolgimento delle attività da parte degli operatori del settore;

          la legge prevede che fino all'adozione del Piano i procedimenti amministrativi per il conferimento di nuovi permessi di prospezione e di ricerca di idrocarburi sono sospesi al pari delle autorizzazioni già concesse, sia per aree in terraferma sia in mare, con conseguente interruzione delle attività in oggetto;

          al momento, tenuto conto che il PiTESAI non è stato ancora adottato e che l'iniziale scadenza per procedere in tal senso era prevista per il 13 febbraio 2021, appare concreto il rischio che la mancata entrata in vigore dello stesso Piano provochi la cessazione della sospensione, il cui termine ultimo è stato indicato nella data del 12 agosto 2021, sia dei permessi di prospezione e di ricerca di idrocarburi sia delle attività esistenti;

          la mancanza di certezze su modalità e tempistiche relative all'adozione del Piano e le notizie concernenti la proposta di bloccare su tutto il territorio nazionale le attività di sfruttamento, esplorazione, sviluppo ed estrazione di gas naturale, olio combustibile e petrolio stanno generando disorientamento fra gli amministratori, gli imprenditori ed i cittadini delle regioni interessate dalle potenziali attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi;

          l'Unione europea si è impegnata a raggiungere entro il 2050 il traguardo della neutralità carbonica, vale a dire le «emissioni zero». Un'esigenza divenuta ineludibile a fronte di cambiamenti climatici che, tanto rapidi quanto inquietanti, potranno essere contrastati solo se i Paesi procederanno con maggiori investimenti in energie rinnovabili, nell'efficienza energetica e in altre tecnologie pulite –:

          quali iniziative si intendano assumere in ordine al rispetto dei tempi indicati per l'adozione del PiTESAI e quali siano i margini per ritenere realizzabile l'ipotesi di bloccare su tutto il territorio nazionale le attività estrattive.
(2-01089) «De Giorgi».

Interrogazione a risposta scritta:


      ZANICHELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          nelle ultime settimane, complice il maltempo, le precipitazioni a carattere nevoso sono state notevoli e hanno già comportato diverse difficoltà e disagi;

          la questione ha riguardato principalmente il nord Italia, dall'Appennino tosco-emiliano, alle cime Piemontesi fino alle Dolomiti. In particolare, appena due giorni di intenso maltempo hanno accumulato fino a 90 centimetri di neve fresca, a 2.000 metri di altitudine, sulle Alpi Pennine e Graie, 40-55 sulle Lepontine, 30-50 con punte di 65 sulle Alpi Cozie, 40-60 Alpi Marittime e Liguri. Vi sono stati apporti di 10-20 centimetri sulle pianure del Cuneese e 30-40 centimetri sulle zone dell'Appennino oltre i 600-800 metri, secondo i dati forniti dalle stazioni meteo di Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale);

          solo nei primi giorni dell'anno, le precipitazioni nevose registrate dalla rete di monitoraggio del servizio Meteomont dei carabinieri forestali hanno depositato nella parte centro-occidentale dell'Appennino emiliano-romagnolo valori di neve fresca compresi fra 50-70 centimetri a quote di 1.200-1.500 metri, con il manto nevoso che supera anche i due metri d'altezza;

          in Italia il dissesto idrogeologico è diffuso e rappresenta un problema di notevole importanza i cui costi per la gestione degli eventi calamitosi superano di diversi ordini di grandezza le spese che sarebbero sufficienti per la manutenzione. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio ai dissesti idrogeologici, rientra la conformazione geologica, caratterizzata da un'orografia complessa e bacini idrografici generalmente di piccole dimensioni, che sono quindi caratterizzati da tempi di risposta alle precipitazioni estremamente rapidi o di dimensioni rilevanti, come il bacino idrico del Po composto da un fitto reticolo di numerosi affluenti che più volte negli ultimi anni hanno dato origine a esondazioni;

          verosimilmente tra marzo e aprile, con l'aumento delle temperature, le masse di neve accumulatasi nei mesi invernali si scioglieranno progressivamente riempiendo corsi d'acqua, torrenti e fiumi e rendendo assolutamente reale il rischio di dissesto idrogeologico nei territori in cui le precipitazioni nevose sono state più abbondanti durante l'inverno;

          le conseguenze delle inondazioni, causate da tali fiumi e torrenti che scorrono in zone fortemente antropizzate, possono andare dalla paralisi del traffico, con danni alle attività commerciali e allagamento degli scantinati, fino all'allagamento e all'isolamento di interi centri abitati, comprese le infrastrutture viarie e le zone agricole circostanti, con effetti talvolta devastanti come già successo in passato –:

          quali iniziative siano state già intraprese o si intendano intraprendere, per quanto di competenza, per effettuare le ordinarie e straordinarie opere e attività di manutenzione, anche di concerto con le amministrazioni regionali, e più in generale per prevenire il rischio di dissesto idrogeologico che potrebbe emergere nella primavera 2021 a seguito dello scioglimento della neve accumulata nei mesi invernali.
(4-08120)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, il Ministro dell'istruzione, per sapere – premesso che:

          il bonus cultura è una iniziativa a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo dedicata a promuovere la cultura;

          dalla prima edizione del 2016 sono stati oltre 1,2 milioni i ragazzi che hanno usufruito del bonus cultura, spendendo più di 550 milioni di euro in prodotti culturali;

          i giovani nati nel 2001 hanno tempo fino al 28 febbraio 2021 per spendere il loro bonus cultura;

          il regolamento per i nati del 2001 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 19 febbraio 2020 ed è entrato in vigore il 5 marzo 2020;

          la legge di bilancio per il 2021 ha previsto il rifinanziamento del bonus per i 18enni, quindi per i nati nel 2002, la procedura di avvio è in corso di definizione;

          una faq del sito governativo spiega che il bonus può essere utilizzato nei seguenti ambiti per l'acquisto di:

              biglietti per rappresentazioni teatrali e cinematografiche e spettacoli dal vivo (per «spettacoli dal vivo» si intendono produzioni di musica, danza, teatro, circhi e spettacoli viaggianti. Gli spettacoli di musica non includono eventi da ballo);

              libri (inclusi audiolibri e libri elettronici, esclusi supporti hardware di qualsiasi natura atti alla relativa riproduzione);

              titoli di accesso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche, parchi naturali;

              musica registrata (cd, dvd musicali, dischi in vinile e musica online, esclusi supporti hardware di qualsiasi natura atti alla relativa riproduzione);

              corsi di musica;

              corsi di teatro;

              corsi di lingua straniera;

              prodotti dell'editoria audiovisiva (singole opere audiovisive, distribuite su supporto fisico o in formato digitale, con esclusione di supporti hardware di qualsiasi natura atti alla riproduzione);

          il regolamento esclude esplicitamente l'acquisto di abbonamenti per l'accesso a canali o piattaforme che offrono contenuti audiovisivi, ma nel frattempo per la prima volta, rispetto agli anni precedenti, in linea con la filosofia di fondo del bonus come incentivo al consumo culturale da parte dei giovanissimi, è stata introdotta la possibilità di acquistare anche cd e dvd musicali e cinematografici;

          in questo momento di pandemia, caratterizzato da una profonda crisi economica, i giovani potrebbero avere la necessità di acquistare hardware e software e materiale elettronico finalizzato ai loro percorsi formativi culturali personali e scolastici;

          in considerazione delle difficoltà derivanti dalle misure restrittive disposte dalle norme di contenimento alla diffusione del COVID-19, potrebbe essere utile altresì prorogare i termini di scadenza del predetto bonus;

          inoltre, una volta tornati alla normalità, i giovani potrebbero utilizzare il bonus cultura per partecipare ai viaggi di istruzione organizzati dalle rispettive istituzioni scolastiche, condizione che garantirebbe anche agli studenti con minore capacità economica la partecipazione alle varie attività culturali –:

          se il Governo, considerato il periodo storico, caratterizzato dalla pandemia e dalle restrizioni disposte dalla normativa, non ritenga opportuno adottare iniziative per prorogare i termini per fruire del bonus cultura per i giovani nati nel 2001;

          se il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo non ritenga altresì utile adottare iniziative per consentire ai giovani di utilizzare in maniera utile e vantaggiosa il bonus cultura, estendendo gli ambiti di utilizzazione, includendo, in questo momento caratterizzato da una profonda crisi economica, di acquistare hardware e software, utilizzabili anche nei loro percorsi formativi culturali personali e scolastici;

          se il Governo non ritenga utile adottare iniziative per estendere gli ambiti in cui i giovani possono utilizzare il bonus cultura, includendo la possibilità di acquistare i viaggi di istruzione organizzati dalle rispettive istituzioni scolastiche, garantendo di fatto anche agli studenti con minore capacità economica la partecipazione alle varie attività culturali.
(2-01088) «Papiro, Del Sesto, D'Orso, Sarli».

Interrogazione a risposta scritta:


      DEIDDA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          Grazia Maria Cosima Damiana Deledda, nota semplicemente come Grazia Deledda, è nata a Nuoro il 28 settembre del 1871 e che, quest'anno, ricorre, pertanto, il centocinquantesimo anniversario dalla sua nascita;

          il 10 dicembre 1926, a Stoccolma, Grazia Deledda venne insignita, prima ed unica donna italiana, del Premio Nobel per la letteratura, e ciò per la sua ispirazione idealistica, scritta con raffigurazioni di plastica chiarezza della vita della sua isola nativa, con profonda comprensione degli umani problemi;

          l'attribuzione del suindicato premio, si unisce ai numerosi riconoscimenti che, ancor prima del 1926, le furono attribuiti da intellettuali e scrittori sia italiani - tra i quali Giovanni Verga, Pietro Pancrazi ed Enrico Thovez - che europei, riscontrando, tra l'altro, le sue opere, notevole successo anche all'estero, al punto da essere state tradotte anche in lingua straniera;

          la storia e le opere di Grazia Deledda sono considerate elemento di forte valenza pedagogica ed educativa per la costanza, lo spirito di sacrificio e la perseveranza, con i quali l'autrice riuscì ad affermare il suo talento letterario, in un'epoca non certo agevole;

          appare doverosa l'organizzazione di adeguate celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dalla sua nascita, considerato anche il fatto che, nella passata legislatura, la Camera dei deputati ha approvato una mozione che impegnava il Governo pro tempore a promuovere e sostenere iniziative presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado volte a favorire lo studio e la conoscenza dell'opera di Grazia Deledda, anche in coincidenza con il 70° anniversario del riconoscimento del diritto di voto alle donne italiane;

          la figura in questione merita di avere il giusto ricordo e riconoscimento, oltre che nell'ambito delle istituzioni scolastiche, anche nella televisione pubblica, mediante la produzione di programmi dedicati, nonché nella stessa comunicazione istituzionale –:

          quali iniziative siano state adottate e/o si intendano adottare al fine di celebrare adeguatamente il centocinquantesimo anniversario della nascita di Grazia Deledda.
(4-08127)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DEL BARBA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 7, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 esclude espressamente i territori dei comuni di Livigno e Campione d'Italia e le imprese sul medesimo incidenti, da quanto previsto dalla disciplina dell'imposta sul valore aggiunto e dalla sua applicazione;

          le imprese che operano sui territori dei comuni di Livigno e Campione d'Italia, quindi, non sono titolari di partita iva, ma sono identificabili esclusivamente a mezzo di codice fiscale, pur trattandosi a tutti gli effetti di imprese italiane che operano su territorio nazionale;

          il decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, come modificato dalla legge di conversione, 18 dicembre 2020, n. 176, cosiddetto «decreto ristori», ha introdotto una serie di misure di sostegno alle imprese italiane connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, alcune delle quali regolarmente erogate alle imprese di Livigno;

          diversamente alcune altre misure di sostegno facenti riferimento ai decreti-legge 9 novembre 2020, n. 149, 23 novembre 2020, n. 154 e 30 novembre 2020, n. 157, non sono ancora state erogate alle imprese livignasche, benché, in altre zone d'Italia e della stessa regione Lombardia alcune imprese abbiano già ricevuto i ristori;

          anche in riferimento al contributo di cui all'articolo 58 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, ad oggi, a quanto risulta all'interrogante, nessuna azienda di Livigno ha potuto accedere alla misura, anche se non risulta nella norma primaria alcuna indicazione da cui si evinca la riserva delle risorse del fondo in questione ai soli possessori di partita Iva;

          anche in relazione al fondo di cui all'articolo 182, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, infine, si presenta, sempre a quanto consta all'interrogante, analoga situazione, ovvero molte aziende di Livigno hanno presentato la dovuta istanza, ricevendo anche documenti che ne riconoscevano il titolo e quantificavano il relativo importo che però, ad oggi, in nessun caso è stato erogato –:

          se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione e ritenga, sulla base dei dati in suo possesso, che le aziende livignasche, pur prive, ope legis, di partita iva possano accedere ai contributi e ai ristori di cui alle norme, citate in premessa;

          quali iniziative il Governo intenda assumere per sbloccare la situazione che si è venuta a creare e consentire alle aziende di Livigno, colpite come le altre dall'emergenza pandemica, di accedere ai ristori e contributi al pari delle altre aziende italiane.
(5-05318)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CARETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          come emerso a seguito di numerose segnalazioni degli operatori del settore ed a mezzo stampa, a pochi giorni dal 31 gennaio 2021, termine ultimo per l'invio delle spese sanitarie del 2020, il portale telematico legato al sistema Ts (tessera sanitaria) ha cessato di funzionare per due giorni lavorativi;

          il malfunzionamento si è protratto per giorni, impedendo ai professionisti abilitati all'invio telematico di tali dati di completare le operazioni, aggiungendosi questo all'ennesima lista di problemi riscontrati nella gestione di pratiche tributarie in modo digitale;

          l'Associazione nazionale dei commercialisti ha avuto modo di ricordare, a più riprese, la necessità di ripensare il sistema digitale di invio telematico delle informazioni tributarie;

          l'articolo 1, comma 679, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, indica puntualmente che: «ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, la detrazione dell'imposta lorda, nella misura del 19 per cento degli oneri indicati dall'articolo 15 del TUIR (DPR n. 917/1986), spetta a condizione che l'onere sia sostenuto con versamento bancario o postale, ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241»;

          con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 19 ottobre 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana in data 29 ottobre 2020, l'invio delle informazioni relative alle spese sanitarie è passato ad un sistema di inoltro mensile, contro il previgente inoltro annuale;

          al predetto obbligo si aggiunge anche quello di comunicare in via telematica anche le spese sostenute da contribuenti che si oppongono all'invio dei propri dati a partire da gennaio 2021, che richiederanno una trasmissione telematica senza indicazione del codice fiscale –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti, se intendano indicare le ragioni del guasto tecnico richiamato in premessa e quali iniziative intendano adottare per riprogettare il sistema telematico di invio delle informazioni citato e sistemi affini, anche interfacciandosi con le categorie più rappresentative del settore degli intermediari di cui in premessa, in modo da ottimizzare l'adeguamento ai nuovi oneri introdotti a decorrere dall'anno 2021.
(4-08112)


      CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana il 28 novembre 2020 è stato attivato il programma di cosiddetto «cashback», previsto ai sensi della legge 27 dicembre 2019, n. 160;

          la misura, nata con l'idea di ridurre l'evasione fiscale ed il ricorso a transazioni non tracciabili e non dichiarate, prevede l'erogazione di un rimborso pari al 10 per cento dell'importo speso mediante pagamenti elettronici entro il massimale di spesa di 1500 euro, con massimale d'acquisto di 150 euro a transazione, in un determinato periodo di tempo di applicazione della misura;

          nella strategia di transizione e promozione dei pagamenti elettronici, tuttavia, non sono ancora state introdotte misure per armonizzare e ridurre le commissioni bancarie legate ai terminali (Pos) per le quali ogni circuito di pagamento e fornitore di servizi ha le proprie offerte, che prevedono anche l'assenza di costi di commissione sotto i 10 euro in un determinato arco temporale;

          i costi legati ai Pos, infatti, sono dati non solo dall'acquisto dei terminali, ma anche dal pagamento di canoni mensili, di commissioni fisse e percentuali sulle transazioni;

          per numerosi commercianti l'onere delle commissioni resta ad oggi un grande elemento dissuasivo per l'utilizzo del Pos, che può invece rivelarsi uno strumento utile per abbattere l'evasione fiscale –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative normative intendano adottare per ottenere un'esclusione delle commissioni bancarie sulle transazioni al di sotto dei 50 euro, in modo strutturale, anche tramite apposite iniziative o accordi con gli intermediari bancari.
(4-08113)


      CIABURRO e CARETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          il 2021 si prospetta un anno diviso tra le prospettive di ripresa economica e sociale dal 2020 e la continua incertezza legata alla continuità delle problematiche legate alla pandemia da COVID-19, sociali ed economiche;

          come appare allo stato odierno, il blocco dei licenziamenti, la cassa integrazione da COVID-19, alcune garanzie sui prestiti avranno termine verso la fine della primavera 2021, con il conseguente rischio di fallimenti economici a cascata, chiusura di imprese e attività condotte da lavoratori autonomi e partite Iva, mettendo a dura prova la stabilità del debito privato italiano;

          come menzionato non solo dal Sole24Ore, ma anche da autorità economiche europee, rimuovere troppo presto gli aiuti a tutela dei cittadini potrebbe provocare un drastico ed improvviso incremento dei crediti deteriorati presso gli istituti bancari;

          tale contesto, unito alle normative europee previste dalla European Banking Authority (Eba) per il 2021 sugli scoperti bancari, renderà più pressante la spinta degli istituti a esigere i crediti per non averli come crediti deteriorati, e renderà ancora più difficile l'apertura di linee di credito o di rifinanziamento per privati cittadini e partite Iva, in particolare difficoltà economica a causa della crisi da COVID-19;

          la comunicazione della Commissione sul quadro temporaneo per gli aiuti di Stato a sostegno dell'economia nell'emergenza COVID-19, aggiornate nell'ultima versione C(2020) 7127 del 13 ottobre 2020, al paragrafo 3.12 consente l'erogazione di forme di sostegno economico equivalenti al 90 per cento dei costi fissi non coperti delle piccole e micro-imprese che abbiano avuto in un determinato periodo un calo di fatturato pari ad almeno il 30 per cento rispetto al fatturato del 2019;

          come emerso a mezzo stampa, nel 2020 è stata stimata la perdita di oltre 200.000 tra lavoratori autonomi e partite Iva anche a causa dell'insostenibilità della crisi e dell'esiguità dei «ristori» erogati dal Governo con i vari atti normativi emanati mediante decretazione d'urgenza;

          non è immaginabile che il sistema-Paese nazionale, le imprese e le partite Iva sopravvivano con continue erogazioni di indennità straordinarie e con la logica dei codici Ateco, che non parametra la forte discrasia tra l'intensità di flussi di denaro nei grandi centri e nelle periferie;

          ad oggi non è ancora stata comunicata alcuna strategia per permettere un vero rilancio delle attività lavorative, con particolare attenzione ai lavoratori autonomi, in modo da permetterne una dignitosa sopravvivenza –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative normative intendano adottare per:

              a) fornire, anche con garanzie statali, strumenti di prestito agevolato per imprese, lavoratori autonomi e partite Iva per consolidare le loro posizioni debitorie – anche nei confronti dello Stato – con riguardo sia a quelle pregresse rispetto alla manifestazione della pandemia ed aggravate dalla stessa, che a quelle nate in seguito alla crisi pandemica stessa;

              b) definire modalità di rilancio di lungo termine delle attività economiche italiane, con particolare riguardo per i lavoratori autonomi e le imprese in condizione di grave difficoltà.
(4-08126)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      FERRI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          in data 6, 7, 8, 9 gennaio 2021 il quotidiano Il Tirreno ha sottoposto all'attenzione dell'opinione pubblica la storia di una donna vittima di maltrattamenti e ripetute minacce da parte dell'ex marito Luca De Angeli, in carcere dal 2018 con l'accusa di tentato omicidio del vicino di casa aggravato dall'uso di arma da fuoco detenuta clandestinamente, attualmente detenuto presso la casa circondariale di Verona;

          nel luglio 2020 il De Angeli è stato condannato in primo grado a 3 anni e 4 mesi di reclusione per maltrattamenti in famiglia e gli è stata riconosciuta la semi-infermità mentale;

          il De Angeli inizialmente detenuto presso la casa di reclusione di Massa, è stato successivamente trasferito presso la casa circondariale Don Bosco di Pisa ed infine presso la struttura di Verona Montorio;

          dalla lettura degli articoli, a firma della giornalista Ilaria Bonuccelli, si evince che Luca De Angeli avrebbe posto in essere una serie ulteriori condotte violente nei confronti della ex moglie dall'interno delle strutture penitenziarie:

          il De Angeli ha ripetutamente inviato lettere di minacce o insulti direttamente alla moglie o presso indirizzi di alcuni vicini di casa, ed ha anche utilizzato clandestinamente un cellulare;

          nel settembre 2019, come racconta l'articolo, su richiesta dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Massa è stata applicata al De Angeli la limitazione della corrispondenza; quindi risulterebbe aver continuato ad inviare missive, in violazione di una prescrizione dell'autorità giudiziaria;

          in data 29 dicembre 2020 la moglie ha presentato un'ulteriore denuncia a seguito di una serie di telefonate e di messaggi vocali pervenuti in data 26 dicembre 2020 sull'utenza telefonica in uso ai familiari;

          il quotidiano Il Tirreno racconta anche di un episodio di violenza avvenuto all'interno della casa della reclusione di Massa in una zona all'aperto (cortile) non sorvegliata;

          De Angeli sarebbe riuscito a persistere in condotte persecutorie nei confronti della ex moglie anche una volta trasferito nelle strutture penitenziarie di Pisa e di Verona;

          il gip del tribunale di Massa nella sentenza di condanna per maltrattamenti ha scritto che l'imputato è riuscito a procurarsi «un cellulare clandestino con cui contatta i familiari per minacciare al fine di far ritirare le denunce nei suoi confronti». Il vizio di mente di cui è affetto, continua il gip, non gli impedisce di essere pienamente consapevole «di instaurare un clima di perdurante sopraffazione della moglie e di persistere nelle condotte prevaricatrici»;

          il De Angeli, al momento, è sotto indagine nell'inchiesta «Inside prison» per presunto spaccio di droga all'interno della casa di reclusione di Massa;

          l'interrogante non intende in alcun modo entrare nel merito né delle indagini in corso né delle valutazioni dell'autorità giudiziaria nel pieno rispetto delle garanzie e dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, ritiene però che la vicenda raccontata dal quotidiano richieda un intervento urgente da parte del Ministro della giustizia in merito ai fatti avvenuti all'interno delle strutture penitenziarie, luoghi che devono garantire sicurezza, certezza della pena, percorso rieducativo e del Ministro dell'interno per tutelare la vittima e i suoi figli, per garantire loro serenità e sicurezza anche attraverso decisioni forti del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica;

          la situazione merita controlli seri e un piano efficace di protezione –:

          se non si intenda intervenire con urgenza disponendo un'ispezione presso la casa circondariale di Verona Montorio, la cassa di reclusione di Massa e la casa circondariale Don Bosco di Pisa per accertare, per quanto di competenza i fatti sopra raccontati;

          se non si intendano adottare le iniziative di competenza per la tutela della sicurezza della ex moglie del detenuto e dei familiari, valutando anche l'adozione di iniziative normative per rafforzare il sistema delle tutele in casi quali quello segnalato in premessa.
(5-05312)


      FERRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il 5 novembre 2020 il Ministro della giustizia sembra aver risposto con un post su Facebook a quanto era richiesta con l'interrogazione parlamentare con la quale si proponeva l'orale abilitante quale modalità straordinaria di espletamento dell'esame da Avvocato, solo per la sessione 2020;

          è stato lasciato in bilico il futuro di circa 25.000 praticanti avvocati, scegliendo di non decidere, ma semplicemente di prorogare lo svolgimento delle prove scritte dell'Esame al 13, 14, 15 aprile 2021;

          nel suo post su Facebook, il Ministro ha scritto che «Il Ministero (...) sta già lavorando a tutte le soluzioni organizzative che possano consentire di accelerare la correzione delle prove scritte e diminuire quanto più possibile gli effetti di questo rinvio», senza aggiungere alcunché riguardo le misure di sicurezza da garantire per far rispettare distanze e norme igieniche all'interno dei padiglioni;

          ad oggi, la situazione relativa ai contagi da Covid-19 non è certo migliorata rispetto al dicembre 2020 e, purtroppo, sembra improbabile un rapido calo dei contagi nell'aprile 2021;

          nella risposta data in Commissione alla precedente interrogazione, il Sottosegretario alla giustizia ha affermato che: «Non possiamo rischiare di trasformare la selezione per l'accesso all'avvocatura in un potenziale focolaio epidemiologico in presenza di un quadro critico come quello che stiamo vivendo»;

          il quadro critico allora vigente, permane tuttora;

          i numeri dei contagi da Covid-19 non accennano a calare, costringendo il Governo al mantenimento delle forti restrizioni imposte agli spostamenti e all'esercizio delle attività commerciali;

          il piano vaccinale sta subendo rallentamenti a causa dei ritardi nelle consegne;

          lo stato di emergenza sanitario è stato prorogato sino ai 30 aprile 2021;

          il Ministero della giustizia, dopo la risposta alla sopra richiamata interrogazione, non si è più pronunciato sul tema dell'esame da avvocato;

          non si sa quali siano le soluzioni organizzative annunciate dal Ministro per garantire tempi più celeri nella correzione delle prove scritte, né quali misure di sicurezza il Ministero della giustizia intenda garantire per tutelare la salute di migliaia di candidati;

          è improbabile che possano essere garantiti i tempi di correzione per le prove scritte, rischiando così che lo svolgimento dell'esame, inizialmente previsto per il dicembre 2020, si sovrapponga a quello degli anni successivi;

          la situazione attuale non consente ai 25.000 praticanti di programmare il loro futuro e un ulteriore rinvio comporterebbe per loro la perdita di un anno di studio;

          permane l'esigenza di trovare una soluzione emergenziale, valida solo per quest'anno, che possa consentire ai candidati lo svolgimento dell'esame e al contempo garantire loro la tutela del diritto alla salute;

          il dibattito è sentito e adesso è necessario che anche il Ministero della giustizia prenda una posizione e che non venga disposto un ulteriore rinvio delle prove;

          occorre quindi che il Ministero prenda in considerazione modalità alternative di svolgimento dell'esame per tutelare il diritto alla salute di migliaia di candidati e commissari e per evitare che la sessione di esame 2020 si sovrapponga a quella 2021;

          migliaia di praticanti avvocati hanno bisogno di risposte e non possono ulteriormente essere lasciati nell'incertezza –:

          se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative per prevedere, esclusivamente per la sessione 2020, l'introduzione di una prova orale abilitante quale modalità di svolgimento dell'esame da Avvocato, da potersi svolgere anche in via telematica.
(5-05320)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


      NOBILI e PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 59 del decreto legislativo 3 novembre 2017, n. 229, demanda ad un regolamento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la semplificazione dei procedimenti amministrativi relativi alla nautica da diporto, rimettendo ad esso, tra l'altro (comma 1, lettera i)), la disciplina dei requisiti per il rilascio delle patenti nautiche, con «misure di semplificazione finalizzate a svolgere le visite mediche presso le sedi delle scuole nautiche e dei centri di istruzione nautica»;

          il regolamento deve essere adottato di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della giustizia, della difesa, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dei beni e delle attività culturali e del turismo, della salute, per la pubblica amministrazione e per gli affari regionali e le autonomie e previo parere del Garante per la protezione dei dati personali;

          il regolamento, che avrebbe dovuto essere approvato entro il 13 agosto 2018 (termine peraltro ordinatorio), non è ancora stato adottato;

          la disposizione sulle visite mediche è stata recentemente modificata dal decreto legislativo 12 novembre 2020, n. 160 (articolo 30, comma 1, lettera c)), che, anche a seguito di un'osservazione della Commissione trasporti formulata nel parere espresso il 27 maggio 2020, prevede che le visite mediche per le patenti nautiche debbano svolgersi «oltre che presso strutture pubbliche, presso gabinetti medici, anche allestiti nelle sedi delle scuole nautiche e dei consorzi per l'attività di scuola nautica, che rispettino idonei requisiti igienico sanitari e siano accessibili e fruibili dalle persone con disabilità, a condizione che le visite siano svolte da medici in possesso del codice identificativo per il rilascio delle patenti guida». Tale nuova disposizione è entrata in vigore il 22 dicembre 2020 –:

          quali iniziative intenda adottare per una immediata emanazione del decreto di cui in premessa al fine di sopperire al vuoto normativo venutosi a creare anche in seguito alle modifiche intervenute con il decreto legislativo n. 160 del 2020.
(5-05315)


      TASSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la strada statale 89, detta Garganica, è una strada in gestione Anas spa, che, attraversando il Parco nazionale del Gargano, percorre il periplo dell'omonimo promontorio collegando San Severo a Foggia;

          gli ultimi 40 chilometri di tale infrastruttura, da Manfredonia a Foggia, sono impostati come una superstrada a 4 corsie, che costeggia anche l'aeroporto militare di Amendola;

          si tratta di un'arteria stradale fondamentale per la viabilità del territorio, molto trafficata sia per gli spostamenti di persone che per la movimentazione delle merci che viaggiano su gomma. La strada statale 89 è, infatti, la principale via di collegamento tra l'autostrada A14-Adriatica e i centri turistici del Gargano, l'aeroporto militare Amendola, l'area industriale di Manfredonia;

          numerosi e spesso mortali sono gli incidenti stradali, soprattutto nei tratti di codesta arteria non dotati di barriere e/o guard-rail spartitraffico centrali di sicurezza che ne regolerebbero oltremodo il flusso veicolare;

          un incidente che destò particolare sconcerto nell'opinione pubblica fu quello di una coppia di coniugi travolta e uccisa da un'autovettura di fronte all'Abbazia di San Leonardo in Lama Volara;

          dal 2015 ad oggi, nel solo tratto a doppia carreggiata senza spartitraffico fra l'uscita Manfredonia Sud e l'aeroporto di Amendola, 8 persone sono decedute e 14 sono rimaste ferite in maniera grave in incidenti stradali. L'ultimo episodio è avvenuto sabato 23 gennaio 2021 ed è costato la vita ad una giovane di Manfredonia;

          questo testimonia la cogente necessità di mettere in sicurezza la circolazione e la viabilità, nel territorio della provincia di Foggia, di questa fondamentale arteria viaria;

          in risposta ad una nota dell'interrogante del 2018, Anas comunicò che: «L'intervento di adeguamento e miglioramento tecnico funzionale, mediante installazione di barriere di sicurezza tipo New Jersey, sul tratto tangenziale di Manfredonia - svincolo di San Giovanni Rotondo della S.S. 89, è stato inserito nel piano dei fabbisogni ANAS per la manutenzione programmata 2017-2021»;

          ad analoga interrogazione presentata dal sottoscritto, il Ministro interrogato risposte che Anas aveva in programma i lavori di separazione delle carreggiate, nel tratto Manfredonia-Aeroporto Amendola;

          dal sito dell'azienda risulta all'interrogante che ci sarebbero i fondi per realizzare barriere spartitraffico su tutta la rete viaria nazionale gestita da Anas spa –:

          se non sia necessario adottare iniziative per garantire la sicurezza della circolazione stradale nella tratta di cui in premessa con interventi di messa in sicurezza in particolare attraverso l'installazione di barriere di sicurezza.
(5-05316)


      MARINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la legge n. 128 del 2017, approvata nella XVII legislatura, ha previsto l'istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione che siano situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico. La finalità è quella di favorire la salvaguardia e la valorizzazione delle tratte ferroviarie di particolare pregio culturale, paesaggistico e turistico, ivi compresi i tracciati ferroviari, le stazioni e le relative opere d'arte e pertinenze, nonché dei rotabili storici e turistici abilitati a percorrerle, compresa la disciplina dei ferrocicli;

          attraverso la legge 11 luglio 2019, n. 71, rubricata Modifiche alla legge 9 agosto 2017, n. 128, in materia di affidamento dei servizi di trasporto nelle ferrovie turistiche, sono stati eliminati alcuni impedimenti tecnico-normativi previsti dalla legge previgente che, obbligando i gestori del trasporto ferroviario a scopo turistico ad avere necessariamente la qualifica di impresa ferroviaria, aveva di fatto causato uno stop allo sviluppo di questa importante politica per il turismo e per la valorizzazione delle linee storiche o in disuso in alcune regioni italiane tra cui la Sardegna. Al contempo, con la nuova legge, sono stati preservati gli elementi innovativi già contenuti nella legge n. 128 del 2017, che consentono la convivenza tra i treni e i ferrocicli, l'affidamento dei servizi commerciali ai territori, la conduzione dei treni storici da parte di musei e associazioni, favorendo pertanto la presenza importantissima delle linee regionali: un unicum nazionale e internazionale;

          è noto, tuttavia, che l'applicazione della normativa citata ha subìto un brusco rallentamento a causa della mancata emanazione dei decreti attuativi prodromici alla messa in esercizio delle ferrovie turistiche;

          va considerato che ci si avvia verso la bella stagione e si auspica, dopo quasi un anno di emergenza sanitaria, un ritorno alle normali attività fra cui il turismo, che si ipotizza sarà prevalentemente nazionale almeno in questa prima fase –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di emanare i necessari decreti attuativi in tempi ragionevolmente rapidi.
(5-05317)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      TOCCAFONDI e NOBILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          per il servizio ferroviario sulla media distanza, Trenitalia impiegava circa 2000 carrozze, che erano sottoposte a manutenzione ciclica nel polo tecnologico di Osmannoro, frazione del comune di Sesto Fiorentino, nella città metropolitana di Firenze. Per questo incarico, nel 2018 venivano occupati 220 ferrovieri e circa 50 addetti di ditte esterne;

          questo tipo di carrozze, di età media tra i 40 e i 50 anni, dovevano dotarsi entro l'8 aprile 2021, per adeguarsi al decreto ministeriale sulla sicurezza nelle gallerie ferroviarie per i veicoli circolanti sulla rete italiana, di un sistema antincendio di cui erano totalmente prive;

          Trenitalia, di conseguenza, vista l'anzianità di servizio, visto il decreto e visto l'investimento ingente che avrebbe comportato l'aggiornamento sulla sicurezza, ha ritenuto conveniente, invece di inserire il sistema antincendio nelle vecchie carrozze, comprare nuovo materiale rotabile per il trasporto passeggeri. Così facendo ha ridotto la flotta impiegata nella media distanza a circa 600 carrozze;

          a causa di questa sostituzione e della conseguente riduzione delle carrozze, si prevedeva una consistente diminuzione delle commesse per manutenzione dell'officina. Per mantenere, quindi, i livelli di occupazione si riteneva necessario affidare al polo tecnologico anche lavorazioni su altre carrozze o treni di nuova generazione, oltre alla manutenzione dei treni regionali di Trenitalia toscani;

          con l'accordo sottoscritto il 3 marzo 1999 e il protocollo del 2005, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ferrovie dello Stato italiano, la regione Toscana, il comune e la provincia di Firenze, prevedevano uno sviluppo del polo manutentivo;

          nel 2018, l'allora amministratore delegato di Trenitalia aveva comunicato alle segreterie sindacali nazionali che l'impianto si sarebbe occupato delle lavorazioni cicliche dei treni Vivalto della Toscana, per poi convertirsi alla manutenzione dei carrelli e dei componenti dei treni Rock. Aveva aggiunto, inoltre, che nel frattempo sarebbero stati svolti nelle officine investimenti tecnologici necessari per un costo di circa 15 milioni di euro;

          il 20 settembre 2018, durante la visita delle officine, l'allora sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti Michele Dell'Orco aveva rassicurato i lavoratori che il polo non avrebbe perso occupazione;

          il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rispondendo in data 28 novembre 2018 all'interrogazione n. 4-00585, ribadiva quanto la manutenzione fosse un fattore strategico per l'impresa ferroviaria e affermava che Ferrovie dello Stato italiane aveva comunicato che non si prevedevano riduzioni in termini occupazionali presso le officine di manutenzione ciclica di Firenze Osmannoro;

          tramite un comunicato stampa del 21 gennaio 2021, la Cisl Toscana e la Fit-Cisl Toscana hanno annunciato che presso le officine non è stato svolto nessuno degli investimenti previsti. Hanno dichiarato, inoltre, che la manutenzione ciclica avviene ancora solo sulle sole 600 carrozze a media distanza e che questa lavorazione sarebbe terminata a metà 2021. Il sindacato ha poi annunciato che dei 220 addetti, che lavoravano presso le officine nel 2018, ne sono rimasti solo 156, con una riduzione del 30 per cento. Le assenze sono state compensate dalla presenza raddoppiata dei lavoratori di ditte esterne e questo ha portato i sindacati a temere che i vertici di Ferrovie dello Stato vogliano esternalizzare tutte le lavorazioni;

          queste officine hanno un alto valore perché sono costruite secondo i più aggiornati criteri tecnologici e sono collocate in un contesto ottimale. Sono situate infatti, in un'area poco distante dalla direzione tecnica di Trenitalia di Firenze dedicata all'ingegneria della manutenzione e del materiale rotabile nuovo. Presentano, inoltre, al loro interno personale con alle spalle anni di professionalità e competenze, esperti di manutenzione e ingegneria ferroviaria –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per preservare questa preziosa realtà e per salvaguardare l'occupazione e gli investimenti pubblici effettuati nel tempo.
(5-05310)


      DE MARIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          i rappresentanti dei lavoratori dell'ex Ogr, ora Omc Trenitalia, hanno manifestato pubblicamente grande preoccupazione per il rispetto dell'accordo sindacale firmato a gennaio 2020 relativamente alle prospettive dello stabilimento;

          c'è il rischio, in assenza di attività formative e assunzioni mirate, della messa in discussione di quel presidio produttivo, che vede occupati 130 lavoratori a Bologna e 250 a Rimini;

          un eventuale processo di esternalizzazione potrebbe comportare difficoltà sul piano della qualità del servizio e della sicurezza –:

          se il Ministro sia informato di quanto sopra richiamato e se intenda, nell'ambito delle proprie competenze, assumere iniziative in merito.
(5-05311)

Interrogazioni a risposta scritta:


      LEGNAIOLI, ZIELLO, MACCANTI, LOLINI, PICCHI, BILLI, POTENTI e CARRARA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          il sistema aeroportuale toscano è un'asset infrastrutturale di importanza strategica non solo per la Toscana, ma per l'intero Paese e per numerosi settori della nostra economia, dal turismo al commercio internazionale;

          il settore del trasporti aereo è senza dubbio uno tra quelli che maggiormente hanno subito le conseguenze economiche della crisi sanitarie, se non altro per il consistente blocco dei voli a livello nazionale ed europeo;

          sono molti purtroppo gli aeroporti italiani chiusi da mesi, e alcuni di questi, come anche in Toscana, dall'inizio della pandemia non hanno ancora indicazioni per la riapertura;

          la possibilità che alcuni di essi non possano riaprire nel breve-medio periodo rappresenta un danno enorme per tutti i lavoratori impiegati direttamente ed indirettamente, con un ulteriore aggravio, in termini sociali ed economici, sull'intero territorio regionale e nazionale;

          in conseguenza della grave emergenza sanitaria e della progressiva diminuzione del traffico aereo, anche in Toscana alcune aziende del settore nonché società di gestione aeroportuale hanno dovuto ridimensionare gli organici (in particolar modo, nelle aree: security, assistenza per passeggeri, parcheggi, informazioni e passengers care), disponendo – a partire da febbraio 2021 – la cessazione di diversi contratto a tempo determinato/stagionale o di contratto di somministrazione;

          si evidenzia che tra Pisa e Firenze gli addetti aeroportuali sono oltre 15.000, attualmente in Cassa integrazione guadagni straordinari, ma fortemente preoccupati da un mancato rinnovo – allo stato attuale – dell'ammortizzatore per tutto il 2021 e dalla fine del blocco dei licenziamenti il prossimo 31 marzo 2021 –:

          quali iniziative di competenza intendano adottare allo scopo di sostenere il comparto aeroportuale toscano e tutelare i vari livelli occupazionali coinvolti dalla grave crisi sanitaria.
(4-08122)


      ZIELLO, RIXI e LOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

      la costa tirrenica è da tempo interessata da una scarsità di collegamenti ferroviari, con conseguenze negative per lo sviluppo economico e sociale dei territori;

          ciò vale, in particolare, per la Toscana, dove sono del tutto assenti dei collegamenti ferroviari ad alta velocità da e verso il litorale, residuando dei collegamenti effettuati con treni «Frecciabianca» (Etr 460);

          nel 2016 si è passati da 14 Frecciabianca circolanti sulla costa tirrenica della Toscana a 10, di cui due successivamente dirottati sulla tratta Firenze-Roma;

          nell'estate 2020 Trenitalia ha sostituito due dei collegamenti attivi con dei treni «Frecciarossa», ma senza effettivi benefici per la circolazione, anzi: gli orari non sono mutati, le fermate, i prezzi e i tempi di percorrenza sono aumentati; questo perché l'infrastruttura ferroviaria non è stata adeguata ai «Frecciarossa», che sono così costretti a viaggiare a velocità ridotta, senza alcun beneficio per i viaggiatori;

          l'assenza di adeguati collegamenti rapidi da e verso la costa toscana impedisce a quanti volessero recarvisi di farlo e scoraggia qualunque flusso turistico, a beneficio di altri territori serviti, da tempo, da collegamenti ad alta velocità –:

          se e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché l'infrastruttura ferroviaria della dorsale tirrenica in Toscana sia adeguata alla circolazione dei treni ad alta velocità (Av), con la conseguente attivazione dei collegamenti Av.
(4-08130)


      FASSINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

          la stazione Quattro Venti a Roma attiva dal 2006 nel quartiere Gianicolense è sulla linea ferroviaria regionale FL3 che, da Roma, giunge fino a Viterbo e rappresenta un impianto indispensabile per garantire una mobilità sostenibile a servizio degli abitanti dei quartieri adiacenti;

          nelle ore di punta dei giorni lavorativi, infatti, da tale stazione passa un treno ogni 15 minuti per Roma Ostiense o Roma Tiburtina e Cesano, un treno ogni 30 minuti per Bracciano ed uno ogni ora per Viterbo Porta Fiorentina;

          la gestione di tale impianto è affidata a Rete ferrovie italiane, una società del Gruppo Ferrovie dello Stato;

          le scale mobili che consentono l'accesso ai binari (la stazione Quattro Venti è una delle più profonde d'Italia) sono fuori uso dal 2016 senza che nessuno abbia provveduto alla loro riparazione creando notevoli disagi ai passeggeri;

          nell'area metropolitana di Roma andrebbe proseguita con coerenza la «cura del ferro» per una mobilità più agevole e sostenibile –:

          se non intenda di adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché Ferrovie dello Stato assicuri finalmente tutte le opere necessarie alla fruibilità della linea in sicurezza, provvedendo in particolare al ripristino delle scale mobili di tale stazione;

          se non ritenga di adottare iniziative affinché, nell'ambito delle risorse disponibili del Recovery Fund, sia riservata una congrua quota dei finanziamenti per completare la «cura del ferro» per la mobilità sostenibile della capitale (completamento Metro C e anello ferroviario, linee tranviarie, prolungamento linee A e B, costruzione della linea D della metropolitana).
(4-08132)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      MULÈ. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          le disposizioni emanate per il contenimento e gestione dell'emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 stanno provocando effetti disastrosi per l'intero comparto del gioco pubblico. Purtroppo, il Governo ha deciso di seguire un metodo etico e non sanitario per contrastare e prevenire il contagio. Il gioco legale in Italia consegna all'erario una somma pari a 11 miliardi di euro l'anno e come registra il bollettino pubblicato dal dipartimento dell'Agenzia delle entrate dei primi dieci mesi del 2020, si evidenzia una perdita per le casse dello Stato pari a 5 miliardi di euro;

          le disposizioni in questione non hanno contribuito solo ad accrescere un ingente danno alle finanze dello Stato, ma hanno provocato, soprattutto, un effetto domino sull'incremento del gioco d'azzardo illegale. Infatti, come ha dichiarato alla trasmissione televisiva di Rai Uno «Uno Mattina» il direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, Marcello Minenna, «Il lockdown ha determinato una riduzione del 25 - 30 per cento dalla chiusura del gioco legale, facendo riscontrare però un aumento del gioco illegale. Numerosi sono stati gli interventi del Copregi (Comitato per la prevenzione e la repressione del gioco illegale) di repressione in più di 50 capoluoghi di provincia, controllando 250 sale illegali e comminando sanzioni per oltre 1 milione di euro»;

          anche la direzione investigativa antimafia ha ribadito in diverse occasioni che la pandemia non è riuscita a placare la fame della criminalità organizzata. Anzi, il lockdown è stato un pretesto per delinquere ancor di più nel settore del gioco legale, data la chiusura totale sull'intero territorio nazionale;

          dunque, mancando la possibilità di giocare, tanti giocatori hanno optato per delinquere: il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, ha evidenziato che il fenomeno del «gioco d'azzardo, assieme al traffico di sostanze stupefacenti, oggi appare l'affare più lucroso col quale rimpinguare le casse delle cosche» –:

          quali iniziative si intendano adottare per mettere al sicuro un comparto soggetto da quasi 200 giorni a chiusura dei suoi esercizi e quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, per arginare il fenomeno del gioco illegale che danneggia ulteriormente gli operatori del gioco pubblico e minaccia la popolazione.
(4-08110)


      ZOFFILI, MOLTENI, LOCATELLI, CLAUDIO BORGHI e FERRARI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          il 18 dicembre 2020, nel cuore della notte, un uomo di 40 anni straniero è stato ritrovato dalla forze dell'ordine legato e gambizzato da alcuni colpi d'arma da fuoco nella zona boschiva tra i comuni di Merone e Monguzzo, in provincia di Como, probabilmente vittima di una resa dei conti in ambienti legati alla criminalità;

          il 16 gennaio 2021 è stato riportato dalla stampa locale l'ennesimo episodio relativo allo spaccio di droga e alla presenza di tossicodipendenti che ormai da tempo si rileva tra la stazione ferroviaria di Merone e i vicini boschi al confine con il comune di Monguzzo;

          il moltiplicarsi di segnalazioni da parte dei cittadini fa supporre che, da quando le misure di contenimento della pandemia hanno ridotto notevolmente il traffico di passeggeri in transito dallo scalo, quelli che prima erano episodi sporadici siano divenuti costanti e continui;

          i sottopassi pedonali adiacenti allo scalo ferroviario, che non sono in alcun modo presidiati, così come i sentieri pedonali dell'oasi naturalistica di Baggero distanti poche centinaia di metri, sono teatro del consumo di sostanze stupefacenti da parte di tossicodipendenti che arriverebbero anche da fuori;

          la perdurante situazione di degrado e insicurezza si aggrava sempre di più, come già denunciato a mezzo stampa nel mese di novembre 2020 da alcuni residenti della zona, denuncia al seguito della quale sono stati effettuati alcuni controlli da parte delle forze dell'ordine, che hanno portato alla scoperta di un bivacco nascosto nella boscaglia, oltre che al sequestro di un ingente quantitativo di stupefacenti e di kit per il confezionamento delle dosi;

          nonostante l'interrogante continui a chiedere una maggiore presenza sul territorio della provincia di Como di uomini e mezzi, come si evince dai precedenti atti di sindacato ispettivo, l'ultimo dei quali è l'interrogazione n. 4/07939, purtroppo non è stata ricevuta alcuna risposta alle interrogazioni presentate da parte dei Ministri interrogati;

          alla luce di questi ulteriori fatti enunciati in premessa, che dimostrano la necessità di maggiore sicurezza in tutta la provincia di Como, quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare con la massima urgenza per far cessare questo perdurante stato di illegalità in cui versa l'area ed evitare un'ulteriore recrudescenza degli avvenimenti criminosi.
(4-08111)


      DE CARLO e PERANTONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          secondo un recente articolo pubblicato il 12 gennaio 2021 da Amnesty, circa 2500 migranti sono bloccati in Bosnia-Erzegovina;

          si tratta di un Paese tornato alle cronache per la chiusura, il 23 dicembre, del centro di accoglienza di Lipa in cui, ancora oggi, centinaia di migranti restano bloccati in contesti degradati, tendopoli di fortuna, privi di servizi igienici basilari;

          ciò accade nonostante i richiami da parte delle autorità dell'Unione europea, di soccorso e accoglienza, nonché l'interessamento e l'internazionalizzazione della questione migratoria che dovrebbe essere presa in carico anche dagli Stati che aspirano a fare parte dell'Unione europea;

          si rilevano le dichiarazioni della commissaria per gli affari interni dell'Unione europea, Johansson in dissenso con le autorità bosniache per le condizioni disumane dei migranti;

          le due comunità bosniache: Federazione croato-musulmana (Bh) e Republika Srpska (Rs) hanno dichiarato di non essere disponibili alla riapertura di nuovi centri di accoglienza;

          la rotta balcanica ha assunto via via una connotazione di riferimento al transito dei migranti che, dalla Turchia, risalendo verso i Paesi dell'est Europa giungono in Italia transitando in Friuli Venezia Giulia;

          nel 2020, secondo stime, la regione e stata interessata da un aumento, tra gennaio e meta novembre 2020, rispetto al 2019, del 420 per cento di migranti irregolari riammessi informalmente in Slovenia;

          da notizie acquisite il 21 gennaio 2021, a mezzo stampa, si apprende che un giudice del tribunale ordinario di Roma, pronunciandosi su un caso di respingimento avvenuto su territorio italiano, ha dichiarato le riammissioni dei migranti da parte italiana a parte slovena illegali sotto diversi aspetti: il riaccompagnamento del migrante in altro Stato è forzato, non vi sarebbe rispetto della Carta dei diritti fondamentali e infine non è possibile applicare riammissioni indistinte senza prima un approfondimento «caso per caso» cioè non si possono mai applicare nei confronti di un richiedente asilo senza prima provvedere al raccoglimento della sua domanda;

          come annunciato dalla Ministra interrogata il 13 gennaio 2021, in risposta ad una") interrogazione sul fenomeno migratorio; il 2020 ha registrato un incremento di ingressi irregolari nelle province di Gorizia e Trieste, con un incremento crescente di stranieri entrati irregolarmente dalla Slovenia: nel 2018, 1567 casi, nel 2019, 3568 casi, salendo nel 2020 a 4120;

          come enunciato dalla Ministra, le procedure di riammissione alla frontiera tutelano le categorie di stranieri vulnerabili o esposti a particolari pericoli, e risultano, dunque, non applicabili ad alcune categorie di soggetti e cioè: migranti ai quali sia stata riconosciuta una qualsiasi forma di protezione internazionale, minori, a chi presenta specifiche patologie e infine a stranieri registrati nel sistema Eurodac; come dalla Ministra ribadito, inoltre, «a tutti gli stranieri vengono fornite, con l'ausilio di mediatori culturali e linguistici, nonché mediante la consegna di appositi opuscoli, opportune informazioni sulle modalità con cui formulare istanza di protezione internazionale, la quale, ove presentata, non dà luogo alla riammissione»;

          la regione, nell'ultimo anno, ha dovuto sopperire a carenze di centri di prima accoglienza, riscontrando difficoltà a trovare nuovi centri in grado di poter fronteggiare l'accoglienza unitamente alla gestione della pandemia COVID-19 e le norme sanitarie previste. Si ricordano episodi, a Udine, di migranti accolti in bus in condizioni critiche, a causa, di oggettive carenze, così come giustificato dal prefetto, di strutture di accoglienza;

          alla luce di quanto di riportato, nonostante le recanti innovazioni normative, permane una criticità dovuta alle modalità di individuazione dei centri di prima accoglienza sul territorio a cui consegue una gestione non sostenibile del fenomeno migratorio –:

          se la Ministra interrogata sia a conoscenza di quanto esposto, e quali iniziative di competenza intenda adottare in merito all'applicazione dell'accordo bilaterale Italia-Slovenia del 1996, alla luce della recente sentenza del tribunale di Roma di cui in premessa.
(4-08123)


      MACCANTI, CAPITANIO, DONINA, TOMBOLATO, ZORDAN, ZANELLA, TATEO e CAVANDOLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

          da alcuni recenti articoli di stampa è emerso che il cosiddetto «Blackout challenge» è la nuova scioccante sfida del social network Tik Tok che ha portato il 20 gennaio 2021 una bimba palermitana di 10 anni all'arresto cardio-circolatorio. La piccola è stata ricoverata in rianimazione all'ospedale «di Cristina» della città dove è arrivata, a seguito di un'asfissia prolungata;

          il suo cuore nonostante le manovre rianimatorie eseguite dal personale sanitario, si è fermato ed è sopraggiunta la morte;

          della pratica denominata «blackout challenge» si erano già occupati gli inviati della trasmissione Le Iene quasi due anni fa. La sfida consiste nel provocarsi uno svenimento togliendosi ossigeno con corde o sciarpe, da soli o con l'aiuto di qualcuno: un'esperienza filmata o fotografata e poi condivisa online. E qualcuno, soprattutto tra i più giovani, è attirato dal provare a farlo perché veicolato da fake news, come il fatto che provochi euforia: ma nulla di più lontano dalla realtà, come ha avuto, modo di spiegare al quotidiano Repubblica nell'aprile del 2019 da Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano. «Il soffocamento porta a sensazioni di panico e a una perdita di conoscenza che può causare dei profondi danni neurologici»;

          di tale pericolosissimo gioco mortale si parlò già alla fine del 2018 in relazione alla morte di Igor Maj, un ragazzo di 14 anni di Milano, che fu trovato morto soffocato con una corda al collo: inizialmente classificato come suicidio, per i genitori si trattò però di un caso di blackout challenge, perché nella cronologia del computer madre e padre del giovane trovarono ricerche proprio sull'argomento;

          il Garante per la protezione dei dati personali ha contestato, nel marzo 2020, al social Tik Tok, scarsa attenzione alla tutela dei minori, divieto di iscrizione ai più piccoli facilmente aggirabile, poca trasparenza e chiarezza nelle informazioni rese agli utenti, impostazioni predefinite non rispettose della privacy;

          l'istruttoria avviata dagli uffici dell'Autorità ha messo in luce una serie di trattamenti di dati effettuati dal social network che sembrerebbero non conformi al nuovo quadro normativo in materia di protezione dei dati personali. In particolare, il Garante ha contestato al Tik ToK che le modalità di iscrizione al social network non tutelino adeguatamente i minori. Il divieto di iscrizione al di sotto dei 13 anni, stabilito dal social network, risulta infatti facilmente aggirabile una volta che si utilizzi una data di nascita falsa. Tik Tok di conseguenza non impedirebbe ai più piccoli di iscriversi né verificherebbe che vengano rispettate le norme sulla privacy italiane, le quali prevedono per l'iscrizione ai social network il consenso autorizzato dei genitori o di chi ha la responsabilità genitoriale del minore che non abbia compiuto 14 anni;

          il fenomeno rischia di dilagare sui social media e sulle chat delle principali applicazioni di messaggistica istantanea e per tale motivo sarebbe auspicabile il preventivo intervento della polizia postale al fine di evitare che il fenomeno si propaghi in maniera ancora più massiccia –:

          quali iniziative, anche di carattere normativo, i Ministri interrogati intendano porre in essere al fine di limitare la diffusione della pericolosissima pratica tra i giovani studenti, promuovendo, per quanto di competenza, l'intervento delle forze dell'ordine ed eventualmente campagne di sensibilizzazione anche presso le scuole medie inferiori e superiori.
(4-08128)


      ZENNARO, BELLACHIOMA e D'ERAMO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          sul territorio nazionale esistono aree urbane che, nonostante la densità abitativa, la numerosità e la pericolosità dei reati registrati e soprattutto la difficoltà nell'intraprendere un'azione costante di controllo, sono privi di un distretto della polizia di Stato;

          tra queste aree urbane, vi è il comune di Martinsicuro, in provincia di Teramo, che risente fortemente dell'assenza di un presidio di sicurezza come quello della polizia di Stato, tanto che i cittadini, attraverso petizioni e la raccolta di firme, hanno richiesto alle autorità competenti di istituire un commissariato che possa rispondere in maniera più efficace alla criminalità presente sul territorio, garantendo un maggior controllo a tutela della sicurezza pubblica, soprattutto anche in considerazione dell'intensificazione di furti verificatosi nelle ultime settimane –:

          se il Ministro interrogato, per venire incontro alle esigenze di sicurezza della popolazione, intenda valutare la necessità di provvedere con celerità, attraverso prossime iniziative normative o amministrative all'istituzione di un distretto della polizia di Stato nel suddetto comune di Martinsicuro.
(4-08135)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


      GIACCONE, CAFFARATTO, CAPARVI, DURIGON, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MINARDO, MOSCHIONI, MURELLI, TARANTINO e BITONCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          è notizia rimbalzata sui social network e sulle cronache della stampa nazionale quella della famiglia della compagna del Presidente del Consiglio beneficiaria della cassa integrazione per COVID-19;

          nello specifico sembrerebbe che parenti acquisiti del Presidente del Consiglio e a lui molto vicini, sorella e fratellastro della fidanzata del Premier, in qualità entrambi di dipendenti di una delle società del gruppo fondato dal suocero del Presidente Conte, Cesare Paladino, abbiano usufruito per buona parte dell'anno scorso dell'ammortizzatore per l'emergenza coronavirus. I beneficiari risulterebbero assunti dalla società proprietaria – fra l'altro – delle mura del celebre Hotel Plaza di via del Corso a Roma, la Immobiliare di Roma Splendido srl: Cristiana impiegata a tempo indeterminato dal primo luglio 2017 come segretaria di direzione a 62.621 euro l'anno, e John assunto sei mesi dopo con la stessa identica qualifica a 59.473 l'anno;

          fin qui nulla di strano se non fosse che ambedue, insieme all'altra sorella, Olivia, la compagna del Premier, sono anche proprietari del gruppo Paladino, visto che è interamente in mano ai tre figli il capitale della società holding che controlla tutto il gruppo: la Agricola Monastero Santo Stefano Vecchio srl. Il 47,5 per cento della proprietà del gruppo è in mano proprio ad Olivia, una quota identica è in mano alla sorella Cristiana e il 5 per cento a John, che è figlio acquisito per Cesare Paladino;

          in altri termini ai cognati del Premier è stata concessa la cassa integrazione per COVID-19 in quanto dipendenti, pur essendo al contempo imprenditori con partecipazione di quote del valore di svariati milioni di euro. Quanto ad Olivia, non è chiaro se anche lei abbia percepito la cassa integrazione per COVID-19 non già quale dipendente della società che possiede le mura del Plaza, bensì di quella che gestisce l'albergo di lusso, che si chiama Unione esercizi alberghi di lusso (Uneal), dove risulta inquadrata come «general manager» e formalmente come «quadro» della società –:

          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno e doveroso far luce sulla vicenda esposta in premessa, chiarendo il legittimo diritto dei cognati del Presidente del Consiglio a percepire la cassa integrazione COVID-19 e se anche la compagna del Presidente del Consiglio abbia percepito l'ammortizzatore in questione, nonché avviare le dovute iniziative ispettive per verificare la regolarità dei rapporti di lavoro rispetto alla commistione della figura di dipendente e di proprietario al contempo.
(3-02045)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DURIGON, CAFFARATTO, CAPARVI, GIACCONE, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, MINARDO, MOSCHIONI e MURELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          con lettera del 12 gennaio 2021 – prot. N. 27/Pres – l'Ancl – Associazione nazionale consulenti del lavoro ha formalmente protestato contro il parere tecnico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, reso operativo nel messaggio Inps 11 gennaio 2021, n. 72, in merito al calcolo dell'esonero contributivo cosiddetto «Decontribuzione Sud» sulla 13a mensilità;

          nel predetto messaggio, al punto 4, l'istituto precisa che: «Come rilevato in premessa, l'articolo 27 del decreto-legge n. 104 del 14 agosto 2020 in trattazione riconosce ai datori di lavoro privati, la cui sede di lavoro sia situata in regioni cosiddette svantaggiate, un esonero dal versamento dei contributi (cosiddetto “Decontribuzione Sud”), pari al 30 per cento dei complessivi contributi previdenziali dovuti dai medesimi, con esclusione dei premi e dei contributi spettanti all'INAIL, per il periodo dal 1° ottobre 2020 al 31 dicembre 2020. In considerazione dell'espresso riferimento ad uno specifico e delimitato periodo temporale di fruizione dell'esonero (ottobre 2020-dicembre 2020), la decontribuzione può trovare applicazione anche sulla contribuzione relativa alla tredicesima mensilità erogata a dicembre 2020, ma esclusivamente con riferimento ai ratei maturati nel suddetto trimestre. Pertanto, la Decontribuzione Sud può trovare applicazione sulla tredicesima mensilità limitatamente ai tre ratei maturati nel periodo ottobre 2020-dicembre 2020.»;

          per l'Ancli, invece, tale interpretazione è errata per impostazione, forma e sostanza, «in evidente contrasto con lo stesso articolo 27 della norma indicata in oggetto ed è altresì in contrasto con le elementari regole che, da sempre, caratterizzano il periodo di imponibilità delle mensilità aggiuntive»;

          ancor più grave, per l'associazione, è la tempistica del messaggio, a soli quattro giorni dalla scadenza per il pagamento dei contributi stessi, di fatto creando un danno ai datori di lavoro, ma soprattutto all'immagine ed alla professionalità dei consulenti del lavoro, che «vedono improvvisamente (e illegittimamente) mutare le regole fino ad ora applicate, dopo avere già elaborato e comunicato alle Aziende i costi del personale per l'anno 2020 ed avere espresso la loro valutazione positiva verso la natura e le finalità del provvedimento di “decontribuzione” adottato dalla citata disposizione di legge»;

          inaccettabile anche, come sempre denunciato nella lettera summenzionata, la previsione nel Messaggio Inps contestato che «i datori di lavoro interessati, che avessero già calcolato ed esposto l'esonero in argomento sull'intera tredicesima mensilità, procederanno alla rideterminazione dell'importo spettante alla luce delle precisazioni sopra esposte. La maggior somma, riferita ai ratei dei messaggi da gennaio a settembre, potrà essere restituita nelle denunce di competenza gennaio 2021», ritenendo tale opzione di differire il recupero alla denuncia di competenza di gennaio 2021 in violazione della delibera del consiglio di amministrazione Inps n. 5 del 26 marzo 1993, approvata con decreto ministeriale 7 ottobre 1993, che differisce al terzo mese successivo, senza sanzioni ed interessi, il termine per regolarizzare differenze contributive conseguenti a novità normative o amministrative;

          la lettera conclude con la richiesta di procedere alla revoca del messaggio Inps, riservandosi l'associazione di impugnare il provvedimento innanzi al Tar e di offrire assistenza legale gratuita ai propri associati innanzi alla magistratura del lavoro;

          l'adozione di provvedimenti interpretativi di norme di legge a pochi giorni dalla scadenza secondo l'interrogante è tipica di questo Governo, con la conseguenza che a farne le spese sono sempre i professionisti e i contribuenti –:

          quale sia la ratio sottesa al messaggio Inps citato in premessa e se, dinanzi all'eventualità che i rilievi dell'Ancli siano fondati, non si ritenga opportuno adottare iniziative affinché sia annullato il medesimo messaggio piuttosto che persistere e aumentare il contenzioso legale.
(5-05314)

Interrogazione a risposta scritta:


      FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          il sindacato Flai-Cgil ha denunciato il licenziamento di un lavoratore afghano che lavorava in un forno artigianale a Roma perché si sarebbe appropriato di due filoni di pane destinati al macero perché non conformi ai requisiti per la vendita;

          da quanto si apprende dalla denuncia della Flai-Cgil, l'uomo lavorava per un forno legato ai titolari della società Strong, che gestisce il noto marchio Grande Impero;

          il regolamento interno dell'azienda permette di prelevare una quantità di pane a fine turno, ma in questo caso il dipendente avrebbe preso anche altri due filoni che, comunque, erano destinati al macero;

          secondo il sindacato, il licenziamento sarebbe la conseguenza di una 'vendetta' a sfondo razzista perché a segnalare ai titolari dell'azienda il gesto del lavoratore afghano, sarebbe stato l'ex amministratore della società che, in passato, è stato destituito dalla carica proprio perché il suo comportamento aveva portato l'azienda ad una condanna per discriminazione;

          durante un colloquio con i suoi collaboratori extracomunitari, l'ex amministratore della società, oltre a definirsi fascista, si era lasciato andare a frasi offensive e razziste;

          da anni il sindacato Flai-Cgil sta conducendo una battaglia contro la società Strong per comportamenti discriminatori e lo stesso operaio licenziato per due filoni di pane era stato reintegrato da pochi mesi dopo aver vinto un contenzioso legale e sindacale;

          secondo il segretario generale Flai Cgil Roma e Lazio, purtroppo, a Roma, succedono fenomeni gravissimi di sfruttamento come questo dove si può essere licenziati letteralmente per un tozzo di pane;

          questo sarebbe solo l'ultimo degli episodi denunciati dal sindacato rispetto a diverse situazioni di sfruttamento riscontrate a Roma soprattutto negli allevamenti, come gli ultimi casi gravissimi a danno di due ragazzi indiani percossi con delle catene mentre lavoravano in un maneggio;

          a parere dell'interrogante, licenziare un lavoratore accusato di aver «rubato» due filoni di pane destinati al macero appare una misura assolutamente sproporzionata e ingiusta e sarebbe doveroso che l'azienda reintegrasse immediatamente questo lavoratore vittima di una ignobile criminalizzazione –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché venga fatta chiarezza al più presto sull'intera vicenda;

          quali iniziative di competenza intenda assumere, anche attraverso attività ispettive, al fine di prevenire e contrastare ogni forma di sfruttamento e discriminazione nei luoghi di lavoro e affermare la pienezza del diritto dei lavoratori a rivendicare migliori condizioni di lavoro senza temere ritorsioni dall'azienda come parrebbe sia accaduto con il licenziamento del lavoratore afghano, di cui in premessa, da parte della società Strong che, a parere dell'interrogante, ha assunto un provvedimento assolutamente sproporzionato rispetto alla sottrazione di due filoni di pane peraltro destinati al macero.
(4-08134)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


      ZOFFILI, DE MARTINI, VIVIANI, BUBISUTTI, CECCHETTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e PATASSINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          la previsione di adeguamento al nuovo regolamento delegato n. 33/2019, che integra il regolamento (UE) n. 1308/2013 per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell'uso, le modifiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l'etichettatura e la presentazione, e alla legge n. 238 del 2016 comporterebbe la modifica dell'allegato 1 del decreto ministeriale 13 agosto 2012 «Etichettatura e presentazione vini DOP-IGP ed altri prodotti vitivinicoli» che contiene l'elenco delle varietà di vite o sinonimi distintivi costituenti una Dop italiana tra le quali, su 11 varietà, ben 5 sono sarde, quali il Cannonau, Girò, Nasco, Nuragus, Semidano;

          il Cannonau è un antico vitigno della Sardegna, come testimoniano le recenti scoperte archeologiche che lo fanno risalire all'età nuragica; si tratta di vino tutelato con la Dop che rischia con la suddetta modifica di essere privato della tutela e, come potrebbe succedere anche per le altre Dop sarde, si potrebbe vedere nelle etichette di altri vini italiani il nome di alcuni vitigni tipici sardi, prodotti fuori dall'isola;

          il Cannonau è il vino di gran lunga più prodotto in Sardegna al quale è destinato il 27 per cento della superficie vitata dell'isola: 7.411 ettari su 27.217, dei quali 4.875 si trovano nella vecchia provincia di Nuoro, mentre, per gli altri vitigni a rischio, il Nuragus di Cagliari conta 1.492 ettari coltivati su un totale di 1.880 in tutta la Sardegna, il Nasco conta 147 ettari (131 nella provincia di Cagliari), il Semidano 38 ettari dei quali 17 a Cagliari e 20 a Oristano e il Girò 88 ettari, 44 dei quali nella ex provincia di Sassari;

          la modifica, una volta applicata nel nostro Paese, toglierebbe di fatto la protezione che vincolava ad una sola denominazione l'uso del nome di determinati vitigni non tutelando come prima il nome del prodotto legato ad un territorio, ad una tipicità ed identità agronomica ben precisa, rischiando di determinare una omologazione che porterebbe anche una perdita economica per i viticoltori sardi; una sconfitta non solo per la viticoltura ma per tutta la Sardegna;

          l'emergenza da Covid-19 ha portato ad una contrazione delle vendite dei vini di circa il 70 per cento, con previsioni di ulteriori diminuzioni del 65 per cento, e la tutela dei vini Dop della Sardegna si rivela fondamentale per salvaguardare il livello identitario e soprattutto economico dell'isola;

          è necessario tutelare anche i consumatori che potrebbero essere inevitabilmente indotti in inganno da vini prodotti in altre aree del Paese che utilizzerebbero i nomi dei vitigni sardi, conosciuti in tutto il mondo come vini caratteristici ed univoci della Sardegna;

          è essenziale tutelare e proteggere le aziende vitivinicole sarde, ma anche quelle delle altre denominazioni contenute nel suddetto allegato, fortemente rappresentative dei loro territori e simboli del made in Italy, che vedranno perdere appetibilità e valore al proprio prodotto;

          l'articolo 90 della legge n. 238 del 2016 prevede che fino all'emanazione dei decreti applicativi della stessa legge e del succitato regolamento (UE) n. 33/2019 continuano ad essere applicabili per le modalità procedurali nazionali le disposizioni dei precedenti decreti ministeriali –:

          quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda tempestivamente assumere anche in sede europea, al fine di salvaguardare, tutelare e proteggere, a fronte delle nuove disposizioni dell'Unione europea, quelle denominazioni che sono strettamente correlate a determinati territori, tradizioni e cultura, come il Cannonau e gli altri vini sardi, simboli delle tradizioni e dell'identità viticola sarda, in quanto la loro difesa è fondamentale anche per l'economia dell'isola.
(4-08116)


      FRAILIS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

          il Cannonau, il Semidano, il Girò di Cagliari, il Nuragus, il Nasco e altri vini locali sono, di fatto, uno dei simboli della Sardegna nel Mondo. Ben il 27 per cento della superficie vitata sarda è destinata alla produzione di Cannonau, il Nasco conta 147 ettari vitati e il Nuragus quasi 2.000 (di cui 1.492 nella sola provincia di Cagliari);

          la tutela del Cannonau e degli altri vini Dop della Sardegna è fondamentale sia a livello identitario che a livello economico. Il settore vinicolo, uno dei principali dell'isola, ha subìto fortemente la crisi da COVID-19 due mesi di lockdown hanno ridotto le vendite del 70 per cento con previsioni di diminuzione del 65 per cento;

          a questo momento di difficoltà per la viticoltura sarda si è aggiunta la prospettiva di modifica dell'attuale decreto nazionale sull'etichettatura, in applicazione del regolamento (Ue) n. 1308 del 2013, del regolamento (Ue) n. 33 del 2019 e della legge n. 238 del 2016, che elimina la protezione di alcuni vitigni di parte integrante di importanti denominazioni d'origine della Sardegna, e mette a rischio la tipicità e l'identità, fortemente collegate al territorio, dei vini sardi;

          l'adeguamento del decreto ministeriale del 13 agosto 2012 al regolamento (Ue) n. 33 del 2019 e alla legge n. 238 del 2016 e, in particolare, la modifica dell'allegato 1, che aveva il titolo «Elenco varietà di vite o sinonimi distintivi costituenti una DOP italiana ai sensi dell'articolo 93, paragrafo 2, del regolamento n. 1308 del 2013 e dell'articolo 19, paragrafo 3, del regolamento (articolo 6, comma 1, del decreto)» prevede la soppressione di questo allegato, togliendo di fatto la protezione che vincolava ad una sola denominazione l'uso del nome di determinati vitigni;

          pertanto, si configura l'eliminazione dell'allegato 1 comprendente ben 11 Dop tra cui 5 Dop sarde: Cannonau di Sardegna, Nuragus di Cagliari, Nasco di Cagliari, Girò di Cagliari e Sardegna Semidano. Queste Dop non saranno più blindate e i vitigni che ne fanno parte potranno essere utilizzati in altri territori e nelle indicazioni in etichetta dei vini prodotti in territori al di fuori della Sardegna;

          oltre al fattore economico, vedere i nomi dei vini sardi, che da sempre utilizzano la specificazione di questi vitigni, in etichette di altri territori non locali sarebbe un'enorme dolore e una perdita di identità, non solo per gli operatori del settore ma per tutto il popolo sardo. Anche i consumatori sarebbero indotti in inganno da vini che dovessero utilizzare in futuro i nomi di questi vitigni, universalmente conosciuti come esclusivi della regione Sardegna –:

          quali iniziative il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, intenda tempestivamente assumere al fine di salvaguardare un settore economico fondamentale per l'isola e di trovare soluzioni alternative che permettano alle aziende vitivinicole isolane di tutelare queste denominazioni, proteggendo dei prodotti fortemente rappresentativi della Sardegna e dell'Italia all'estero.
(4-08117)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta orale:


      AMITRANO, VILLANI, DEL SESTO, LOMBARDO, PENNA e PERANTONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          negli ultimi anni, a fronte del mutato contesto sociale, nell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni e delle aziende private, si sono affermati nuovi modelli organizzativi volti alla realizzazione di un ambiente di lavoro più aperto ed inclusivo attraverso un aggiornamento delle politiche di gestione del personale, in un'ottica in cui si coniughi perfettamente l'efficienza e la produttività dei propri dipendenti, in considerazione anche delle esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;

          con l'emergenza sanitaria da Covid-19 ed il susseguirsi delle misure adottate per riorganizzare il lavoro in ambito sia pubblico che privato, le pubbliche amministrazioni e le aziende, hanno disposto per il proprio personale l'impiego delle formule di lavoro agile o smart working, peraltro già disciplinate dalla legge n. 81 del 2017;

          la diffusione del Covid-19 impone di modificare gli stili di vita per tutelare se stessi e gli altri e in questa fase è quanto mai auspicabile che i lavoratori e le lavoratrici possano svolgere le proprie attività in sicurezza, accedendo al lavoro agile da casa, anche alla luce delle disposizioni contenute nei diversi decreti-legge emanati dal Governo che semplificano l'accesso allo smart working, invitando le amministrazioni pubbliche nonché le aziende private a potenziare il ricorso a tale modello lavorativo;

          con l'emergenza sanitaria nazionale, si è rafforzato ulteriormente il ricorso allo smart working, prevedendo che questa diventi una nuova forma organizzativa, poiché il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione attraverso soluzioni digitali e non in presenza negli uffici fino alla cessazione dello stato di emergenza;

          lo svolgimento del lavoro in tale modalità comporta numerosi vantaggi sia per i lavoratori e le lavoratrici che avrebbero la possibilità di conciliare tempi di vita e di lavoro, che per le pubbliche amministrazioni e le imprese, benefìci che possono valorizzare le risorse umane, ridurre le forme di assenteismo soprattutto nel pubblico impiego, portare risparmi nei consumi elettrici all'interno degli uffici, favorendo altresì la programmazione del lavoro, la collaborazione, la produttività e l'efficienza dei dipendenti ed il conseguimento dei risultati;

          l'emergenza sanitaria e l'adozione imposta dalle misure di distanziamento sociale hanno fatto rivalutare la modalità di lavoro agile senza che ciò abbia avuto ricadute negative sulla produttività e sull'organizzazione del lavoro sia pubblico che privato –:

          se i Ministri interrogati intendano promuovere un tavolo di confronto con le rappresentanze sindacali finalizzato all'individuazione di un piano unitario e condiviso per la regolamentazione dello smart working, al fine di tutelare i lavoratori e le lavoratrici che se ne avvalgono da eventuali penalizzazioni o nuove forme di sfruttamento.
(3-02041)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


      MENGA, NAPPI, GRIPPA, SCANU, VILLANI e MARTINCIGLIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          era fissato per il 28 gennaio 2021 l'espletamento dei test di accesso ai corsi di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2020-2023, tuttavia, le regioni hanno deciso di rinviare il test al mese di aprile 2021, con la garanzia dell'avvio del corso entro il mese di luglio 2021; difatti, con lettera prot. 4326/UC/SAE del 9 dicembre 2020 il Coordinamento della commissione salute presso la regione Piemonte comunicava al Ministero della salute la volontà di far slittare la data dei test in ragione dell'impossibilità di una previsione certa dell'evoluzione del quadro epidemiologico;

          conseguentemente, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie IV speciale – concorsi ed esami dell'8 gennaio 2021, è stato pubblicato l'avviso di annullamento della data del richiamato concorso;

          una simile decisione ha generato malcontento e preoccupazione tra i candidati ed in seno alla Federazione nazionale medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo) per le 1.272 borse di studio stanziate da questo bando di concorso, sulle quali aleggia il timore che possano andare perdute, vanificando gli sforzi compiuti sino ad oggi da questo Governo;

          pertanto, non si comprendono le ragioni per cui si sia deciso di rimandare esclusivamente l'espletamento di questo concorso e non anche di quello nazionale di ammissione alle scuole di specializzazione di area sanitaria per l'anno 2019/2020 se, stando a quanto disposto dall'articolo 1, lettera z) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri datato 3 dicembre 2020, «...omissis... è sospeso lo svolgimento delle prove preselettive e scritte delle procedure concorsuali pubbliche e private...omissis... ad esclusione dei concorsi per il personale del servizio sanitario nazionale...»;

          in una logica di precauzione, nonché nel rispetto delle prescrizioni del legislatore e delle indicazioni delle autorità sanitarie competenti, concorsi come quello in argomento, finalizzati alla formazione di professionisti sanitari di cui l'emergenza COVID ha mostrato la carenza sull'intero territorio nazionale, sino ad oggi, non sono mai stati interessati da provvedimenti di sospensione a causa dell'emergenza epidemiologica in atto –:

          se il Ministro interrogato, alla luce di quanto rappresentato in premessa, non ritenga di dover rassicurare i candidati del concorso rimandato sia in merito alle verosimili tempistiche della nuova convocazione, sia riguardo al successivo e tempestivo avvio del corso di formazione specifica in medicina generale, così da scongiurare la possibilità di un accorpamento tra i due trienni formativi 2020-2023 e 2021-2024.
(3-02044)

Interrogazione a risposta scritta:


      LACARRA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          l'atrofia muscolare spinale (Sma) è una malattia neuromuscolare rara caratterizzata dalla perdita dei motoneuroni, ovvero quei neuroni che trasportano i segnali dal sistema nervoso centrale ai muscoli, controllandone il movimento. Di conseguenza, la patologia provoca debolezza e atrofia muscolare progressiva, che interessa, in particolar modo, gli arti inferiori e i muscoli respiratori;

          la Sma ha un'incidenza di circa 1 paziente su 10 mila nati vivi e rappresenta, ad oggi, la più comune causa genetica di morte infantile, non essendo disponibile una cura risolutiva;

          a seconda dell'età in cui insorge la malattia e sulla base della gravità dei sintomi, sono state distinte quattro diverse varianti di atrofia muscolare spinale: Sma di tipo 1, la forma più grave di Sma, che esordisce prima dei 6 mesi d'età, compromette l'acquisizione delle capacità motorie, la respirazione e la deglutizione, e nella maggior parte dei casi porta al decesso dei bambini che ne sono affetti entro i 2 anni di vita; Sma di tipo 2 e di tipo 3 che presentano varianti meno severe della condizione ed esordiscono, rispettivamente, tra i 6 e i 18 mesi di vita, e dopo i 12 mesi di vita (solitamente tra l'infanzia e l'adolescenza); Sma di tipo 4 che, infine, esordisce in età adulta e rappresenta, in assoluto, la forma meno grave di atrofia muscolare spinale;

          nel 2019, l'agenzia statunitense Food and Drug Administration (Fda) ha approvato la prima terapia genica (Zolgensma) in grado di arrestare la progressione dell'atrofia muscolare spinale attraverso una sola infusione;

          nel marzo 2020, l'Ema ha dato parere positivo alla terapia, raccomandando l'autorizzazione all'immissione in commercio condizionata di Zolgensma per il trattamento di alcuni tipi di pazienti affetti da atrofia muscolare spinale (prevalentemente rientranti nella variante di tipo 1) fino a 21 chilogrammi di peso;

          il 17 novembre 2020, in seguito alla fase di sperimentazione svolta nel nostro Paese sin dall'agosto del 2018 e in attesa di autorizzarne l'uso, l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato l'accesso anticipato per i pazienti affetti da SMA di tipo 1 fino ai 6 mesi di età, inserendo Zolgensma nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge del 23 dicembre 1996, n. 648;

          ad oggi, malgrado le dichiarazioni pubbliche dei vertici dell'Agenzia, l'Aifa non ha ancora posto in essere i necessari adempimenti affinché anche nel nostro Paese, in ossequio alle determinazioni avvenute in sede europea e come già avviene in Germania, Francia, Portogallo e Grecia, sia consentito il trattamento con Zolgensma per soggetti fino a 21 chilogrammi;

          tra gli Stati che hanno dato il via libera al farmaco, nessuno ha quindi limitato l'accesso come in Italia;

          tale giustificata disparità ha portato diverse famiglie di bambini maggiori di 6 mesi di età affetti da Sma di tipo 1 a lanciare appelli pubblici e raccolte fondi per l'acquisto del farmaco e assicurare il trattamento mediante altre vie;

          tra loro, vi è anche la famiglia del piccolo Paolo, di 15 mesi di età, a cui non è stato possibile somministrare la terapia, perché ha scoperto la malattia dopo i 6 mesi –:

          se intenda adottare le iniziative di competenza affinché l'Agenzia italiana del farmaco estenda i criteri di accesso alla terapia in linea con gli altri Paesi in Europa;

          se intenda, per quanto di competenza, acquisire da Aifa delucidazioni con riguardo ai ritardi nell'adeguamento alle raccomandazioni europee in merito all'accesso al farmaco per i pazienti oltre i 6 mesi di età.
(4-08124)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      FERRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la pandemia da COVID-19 non solo rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica, ma ha comportato altresì un grave shock per l'economia mondiale;

          nell'ambito dell'Unione europea tra le misure adottate a sostegno degli Stati membri, duramente colpiti dalla crisi economica ingenerata dalla pandemia e dalle misure di contenimento, rientra l'adozione di norme maggiormente flessibili in materia di aiuti di Stato;

          la comunicazione della Commissione «Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak - COM 2020/C 91 I/01», è volta a consentire agli Stati membri di adottare misure di sostegno al tessuto economico in deroga alla disciplina ordinaria sugli aiuti di Stato;

          il 2 luglio 2020 la Commissione ha prorogato la validità di alcune norme della disciplina non emergenziale sugli aiuti di Stato, che sarebbero altrimenti scadute alla fine del 2020;

          il quadro di riferimento, tuttavia, nella sua mutevolezza e incrementalità, ha fatto sorgere più di qualche dubbio tra gli operatori economici e finanziari, le imprese e gli investitori, che rischiano di compromettere l'impatto e l'efficacia dei nuovi margini di intervento statale;

          fra le varie incertezze vi è quella relativa al limite degli 800.000 euro di importo erogabile entro il 30 giugno 2021 a ciascuna impresa, in quanto ci si chiede se il perdurare della pandemia e delle misure di contenimento non debba far ritenere che detto limite sia riferito alla singola annualità, con relativo azzeramento dello stesso per il 2021;

          qualora il suddetto limite venisse superato, infatti, l'Italia sarebbe costretta a recuperare le somme indebitamente percepite, maggiorate degli interessi, con effetti devastanti per l'impresa interessata che già risente della congiuntura peggiore della storia repubblicana;

          non è chiaro se i nuovi margini di intervento dello Stato sui costi fissi sostenuti dalle imprese durante il periodo che va dal 1° marzo 2020 e il 30 giugno 2021 e che non siano coperti dagli utili (entrate-costi variabili) o altre fonti quali assicurazioni o altri aiuti erogati ai sensi del temporary framework (cfr. 3.12, 87c), debbano ritenersi inclusi nel tetto degli 800.000 euro o vadano contabilizzati a parte;

          essendo tali aiuti erogabili fino a 3 milioni di euro (quindi ben al di sopra degli 800.00 di cui sopra), dovrebbe ritenersi che le due tipologie di aiuti siano cumulative fino a occorrenza, potendo beneficiare ciascuna impresa di aiuti per costi fissi fino a 3 milioni di euro e aiuti ulteriori fino a 800.000 euro –:

          se il Ministro interrogato ritenga che i limiti di importo riferiti agli aiuti erogabili nell'ambito del temporary framework debbano riferirsi a ciascuna annualità o siano da ritenere riferiti a tutto il periodo della pandemia; se il superamento dei predetti limiti comporti il recupero delle sole somme eccedenti o dell'intero importo dell'ultimo aiuto percepito;

          se gli aiuti sui costi fissi fino a 3 milioni di euro possano cumularsi con gli altri aiuti erogabili fino a 800.000 euro.
(5-05313)


      GOBBATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          come diffusamente riportato dalla stampa locale nei comuni di Ripalta Guerina, Ricengo, Casale Cremasco/Vidolasco, Trescore Cremasco e Crema si segnalano gravi disservizi alla linea telefonica fissa e mobile;

          il problema sorto in occasione delle festività natalizie, prosegue tuttora e non è dato sapere se e quando verrà risolto, nonostante le pressanti richieste di cittadini alle compagnie telefoniche affinché provvedano a normalizzare il servizio;

          tale situazione crea gravi disagi ai cittadini e alle imprese, che non possono usufruire di un servizio fondamentale per lo svolgimento di un'attività di lavoro o per comunicazioni urgenti con familiari e conoscenti, andando ad incidere sullo sviluppo della qualità della vita dei soggetti coinvolti;

          la società Telecom è incaricata, ai sensi dell'articolo 58, comma 3, del decreto legislativo n. 259 del 2003, recante «codice delle comunicazioni elettroniche», di fornire il servizio universale telefonico su tutto il territorio nazionale. Il contenuto del servizio universale è esaminato periodicamente dalla Commissione europea nell'ambito del Comitato delle comunicazioni;

          ai sensi dell'articolo 61, comma 4, del codice, nell'ambito della direttiva per la qualità e le carte dei servizi di telefonia vocale fissa e per il servizio universale (delibera n. 479/17/CONS del 5 dicembre 2017), l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha fissato i valori obiettivo, ossia gli standard generali degli indicatori di qualità del servizio universale per la telefonia vocale fissa, che Telecom Italia si deve impegnare a raggiungere. Tali tempi, mediamente, non devono superare le 48 ore;

          la società Telecom Italia, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge n. 223 del 2006, ha presentato all'Autorità degli impegni in cui indica, fra gli obiettivi, quello di soddisfare i clienti finali, attraverso concreti interventi per lo sviluppo e il miglioramento della qualità della rete e dei servizi;

          la società concessionaria non è nuova a disattendere i propri obblighi di servizio universale: con la delibera n. 479/17/CONS – l'Autorità ha emanato un'ordinanza di ingiunzione nei confronti della società Telecom per il mancato raggiungimento degli obiettivi di qualità del servizio universale per l'anno 2018 fissati ai sensi dell'articolo 61, comma 4, del decreto legislativo 10 agosto 2003, n. 259 (contestazione n. 8/19/DTC);

          l'attuale emergenza COVID-19 ha reso immediatamente tangibile, per l'intera popolazione, la drammatica realtà di una rete di comunicazione immateriale del tutto inadeguata in alcune aree del Paese. Una rete di telecomunicazioni cui è stata sostanzialmente appesa, pressoché per intero, l'esigenza di socialità che il contenimento del contagio chiedeva di distanziare, ma che proprio per questo doveva assolutamente essere consentita e favorita da nuove modalità di comunicazione;

          sono numerosi i comuni della Lombardia dove la copertura telefonica è totalmente inadeguata se non addirittura assente;

          pertanto, è del tutto inaccettabile che neanche nelle zone abitualmente raggiunte dal segnale sia garantito il servizio o almeno che non si provveda a ripristinarlo nei termini previsti dal contratto universale –:

          quali iniziative, per quanto di competenza, anche normative, il Ministro interrogato intenda adottare al fine di garantire la copertura di rete telefonica mobile, nonché della copertura internet Adsl e fibra, nei territori di cui in premessa.
(5-05321)

Interrogazioni a risposta scritta:


      VIVIANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

          un comunicato stampa sul sito del comune di La Spezia, del 22 gennaio 2021, ha reso nota la volontà del Governo di non chiudere il gruppo a carbone della Centrale Eugenio Montale, come precedentemente previsto per la fine di gennaio 2021, criticando aspramente lo stesso Governo che nulla ha fatto per portare in alto i sentimenti ambientalisti e di innovazione tecnologica, nonostante il fermo parere contrario di tutta la città e i provvedimenti della conferenza di servizi decisoria per la cessazione dell'impianto con il parere favorevole di tutti i Ministeri competenti;

          a tali dichiarazioni hanno fatto seguito comunicati stampa di parlamentari della Lega che rilevano come il Ministro allo sviluppo economico abbia negato ad Enel la dismissione della centrale a carbone della Spezia, ormai anacronistica e fuori dagli standard ambientali attuali, nonostante le rassicurazioni precedentemente ricevute dal sottosegretario Morassut, e che criticano il comportamento del Governo «che fa dell'ambiente e del green soltanto un argomento di facciata»;

          in risposta all'interrogazione del sottoscritto, n. 5-04333, il sottosegretario Morassut, il 28 ottobre 2020, nell'assicurare un alto livello di attenzione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel seguire la procedura in argomento, ha anche rammentato «che la Camera dei deputati il 10 dicembre 2019 nel corso dell'approvazione del Decreto Clima ha approvato all'unanimità un ordine del giorno accolto dal Governo che chiede l'impegno del Governo stesso a garantire il rispetto del termine relativo allo stop all'utilizzo del carbone quale fonte di approvvigionamento energetico per la Centrale di La Spezia, previsto per gennaio 2021 e a dismetter per quella data, la Centrale, evitando quindi anche una eventuale riconversione a gas»;

          nonostante le citate rassicurazioni, risulta all'interrogante che il Ministero dello sviluppo economico ha comunicato ad Enel che allo stato attuale la centrale di La Spezia non potrà essere messa definitivamente fuori servizio secondo le tempistiche prospettate da Enel, per l'inizio del 2021, almeno fino a quando non si verifichino le condizioni che rendano tale chiusura compatibile con il mantenimento della sicurezza del sistema elettrico e che, in particolare, la messa fuori servizio della centrale potrà avvenire solo a seguito del raggiungimento nell'area nord del Paese, incluso lo stesso sito di La Spezia, di un saldo netto tra aumenti di capacità e dismissioni pari ad almeno 500 megawatt;

          tale risultato è impossibile raggiungerlo per tutto il 2021 non essendo in costruzione nuovi impianti in tale area e nemmeno nuovi impianti approvati;

          la continuazione dell'attività della centrale a carbone di La Spezia perpetuerebbe l'attuale situazione negativa a livello ambientale sulle aree del golfo, generando ulteriori preoccupazioni nella popolazione interessata e conseguenze negative sull'atmosfera e sull'ambiente marino, sia attraverso i biociti utilizzati per la pulizia delle tubature sia per l'immissione di acque di raffreddamento nel mare che incidono soprattutto sulla mitilicoltura;

          la città di La Spezia attende soluzioni adeguate, ritenendo iniquo sacrificare il proprio golfo a nome delle superiori esigenze della politica energetica nazionale, anche in considerazione dei risultati ambientali raggiunti dalla città negli ultimi anni, per un'economia sostenibile e green –:

          quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, di comune accordo, per risolvere la incresciosa situazione esposta in premessa e quali siano i tempi certi che il Governo prevede per garantire la chiusura definitiva della centrale a carbone Eugenio Montale di La Spezia, ai fini della salvaguardia della qualità ambientale del territorio e della salute dei cittadini.
(4-08129)


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          la legge di bilancio per il 2021, ai commi 69 e 70 dell'articolo 1, prevede l'erogazione di fondi alle amministrazioni comunali per l'assunzione, di personale tecnico per agevolare la gestione dei procedimenti per la fruizione del bonus e del «superbonus 110» da parte dei cittadini;

          il comma 69 autorizza l'assunzione, a tempo determinato e a tempo parziale per la durata massima di un anno non rinnovabile, di personale da impiegare ai fini del potenziamento degli uffici preposti ai suddetti adempimenti, che i comuni possono utilizzare anche in forma associata, in deroga ai limiti di spesa stabiliti dall'articolo 1, commi 557, 557-quater e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

          il comma 70, dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2021, prevede che, agli oneri derivanti dalle assunzioni di cui al comma 69, i comuni provvedono nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, nonché di quelle assegnate a ciascun comune mediante riparto, da effettuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in misura proporzionale sulla base delle motivate richieste dei comuni, da presentare al Ministero dello sviluppo economico entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2021;

          occorre considerare l'imminente scadenza del termine per la presentazione dei fabbisogni, data la necessità di pianificare al meglio le assunzioni e la formazione del personale affinché possa operare in tempo utile rispetto alle previsioni legislative dei bonus in questione –:

          quali siano le tempistiche previste per l'assegnazione definitiva dei fondi da ripartire proporzionalmente a ciascun comune;

          se il Governo intenda inviare ai comuni istruzioni utili al fine di ottimizzare i tempi di attesa del decreto di riparto attraverso l'espletamento delle procedure di selezione del personale indicato in premessa.
(4-08133)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Davide Aiello e altri n. 5-04392, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 luglio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ascari.

      L'interrogazione a risposta scritta Martinciglio e altri n. 4-08067, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Ascari.

      L'interrogazione a risposta scritta Termini e altri n. 4-08070, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 gennaio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Olgiati, Currò.

Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

          interrogazione a risposta scritta Amitrano e altri n. 4-06492 del 29 luglio 2020 in interrogazione a risposta orale n. 3-02041;

          interrogazione a risposta in commissione Frailis n. 5-04492 del 31 luglio 2020 in interrogazione a risposta scritta n. 4-08117;

          interrogazione a risposta in commissione Fiano e altri n. 5-04519 del 5 agosto 2020 in interrogazione a risposta scritta n. 4-08115;

          interrogazione a risposta in commissione Zoffili e altri n. 5-04535 del 7 agosto 2020 in interrogazione a risposta scritta n. 4-08116.