XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 21 aprile 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,

          premesso che:

              l'Agenzia per l'Italia digitale (AgID), definisce il cloud come «un modello di infrastrutture informatiche che consente di disporre, tramite internet, di un insieme di risorse di calcolo (ad esempio reti, server, storage, applicazioni e servizi) che possono essere rapidamente erogate come un servizio. Questo modello consente di semplificare drasticamente la gestione dei sistemi informativi, trasformando le infrastrutture fisiche in servizi virtuali fruibili in base al consumo di risorse»;

              in Italia i servizi cloud si sono diffusi in tempi abbastanza recenti. La diffusione, all'inizio, è stata condizionata da vari fattori quali, ad esempio, la dimensione delle aziende e le loro caratteristiche di crescita, la necessità o meno di disporre di dati distribuiti sul territorio, nonché la disponibilità di capacità informatiche interne. Il mercato è però ora in forte crescita, in parte anche in virtù della formidabile spinta venuta, nel 2020, dalla situazione di emergenza scaturita dalla pandemia da COVID-19, che ha richiesto ad aziende e collettività di riorganizzare in modalità «agile» attività e processi. Alla fine del 2020, il 59 per cento delle imprese italiane faceva uso di servizi di cloud computing;

              secondo le stime dell'osservatorio cloud del Politecnico di Milano, nel 2020 il mercato cloud italiano ha raggiunto i 3,34 miliardi di euro, in crescita del 21 per cento rispetto al consuntivo del 2019, pari a 2,77 miliardi di euro. In termini di spesa assoluta i primi tre settori merceologici per rilevanza sono il manifatturiero (24 per cento), il settore bancario (21 per cento) ed il telco/media (15 per cento);

              secondo dati del Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, il 60 per cento del mercato italiano del cloud è fornito da operatori non europei;

              attualmente, il mercato mondiale dei principali fornitori di infrastrutture cloud è dominato da cinque gruppi societari, quattro dei quali (Amazon, Microsoft, Google, IBM) hanno la sede principale negli Stati Uniti, il quinto, Alibaba, in Cina;

              la spesa aziendale per le infrastrutture cloud sta crescendo rapidamente e gli esperti si attendono che supererà quella per le infrastrutture di information technology tradizionali entro il 2022;

              il potenziamento del cloud computing occupa quindi il ruolo di tematica strategica per l'immediato futuro. L'obiettivo è quello di realizzare un affrancamento dalle soluzioni che oggi poggiano quasi integralmente su infrastrutture messe a disposizione da fornitori internazionali;

              in un'epoca di costante dematerializzazione dei beni e dei servizi, i dati rivestono un valore fondamentale per individui ed imprese, un valore che può essere economico o semplicemente intrinseco, sia che siano personali o non personali (ad esempio: quelli aziendali);

              affidare questi dati ad un cloud provider significa affidare il proprio universo, sia personale che professionale, ad un soggetto terzo;

              occorre anche considerare la nazionalità del cloud provider, poiché questa può comportare la giurisdizione di Paesi terzi e non europei che possono ritenersi autorizzati ad intervenire sulle proprie aziende, anche con riferimento a dati di cittadini europei da esse custoditi in server localizzati in Europa; pertanto, la collocazione fisica dei server non attenua le cogenze derivanti dalla nazionalità del cloud provider. La fattispecie maggiormente diffusa, quella cioè del cloud provider di nazionalità statunitense, richiede di valutare l'applicabilità della legislazione americana, ed in particolare il cosiddetto «Cloud Act», che può variare a seconda degli accordi assunti con i vari Stati europei. Con altre nazionalità e con Paesi la cui normativa appare molto distante da quella europea, ad esempio la Cina; come altri Paesi dell'Asia, il caso appare ancora più complesso e delicato, per cui la raggiungibilità dei dati affidati in cloud deve essere attentamente valutata;

              la preliminare valutazione della normativa e della giurisdizione applicabili costituisce dunque un passaggio necessario ed irrinunciabile, accanto alle considerazioni economiche e tecnologiche. Le incertezze e i rischi risultanti da tale valutazione possono peraltro essere compensati dalla predisposizione di modelli contrattuali e politiche che disciplinino in anticipo ed in dettaglio il comportamento che il cloud provider deve tenere nel caso di provvedimenti di autorità di Paesi terzi, con riferimento all'accessibilità ed alla conservazione dei dati;

              la strategia per la riorganizzazione delle infrastrutture digitali del Dipartimento per la trasformazione digitale, in accordo con la strategia europea, rappresenta il fondamento per razionalizzare le risorse, rendere più moderni i servizi pubblici e mettere in sicurezza i dati;

              la strategia opera una distinzione fondamentale tra: infrastrutture che gestiscono servizi strategici, ovvero un ridotto numero di asset tecnologici (server, connettività, reti, e altro) che abilitano funzioni essenziali del Paese, come ad esempio la mobilità, l'energia, le telecomunicazioni; tutte le altre infrastrutture gestite dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali che gestiscono la stragrande maggioranza dei servizi, erogati al cittadino o interni agli enti che permettono il funzionamento di servizi comuni;

              il piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, adottato nell'ambito della «strategia per la crescita digitale del Paese», ha previsto una strategia per l'adozione del cloud computing nella pubblica amministrazione che si articola attraverso tre elementi principali:

                  il principio cloud first secondo il quale le pubbliche amministrazioni devono, in via prioritaria, adottare il paradigma cloud (in particolare i servizi SaaS) prima di qualsiasi altra opzione tecnologica tradizionale, normalmente basata su housing o hosting;

                  il modello cloud della pubblica amministrazione, cioè il modello strategico che si compone di infrastrutture e servizi qualificati dall'Agenzia per l'Italia digitale (AgID) sulla base di un insieme di requisiti volti a garantire elevati standard di qualità e sicurezza per la pubblica amministrazione. In funzione di questo modello è stata creata un'apposita piattaforma, il Cloud Marketplace dell'Agenzia per l'Italia digitale (AgID), che consente di visualizzare la scheda di ogni servizio mettendo in evidenza le caratteristiche, il costo e i livelli di servizio dichiarati dal fornitore. Le pubbliche amministrazioni possono così confrontare servizi analoghi e decidere, in base alle loro esigenze, le soluzioni più adatte;

                  il programma di abilitazione al cloud (cloud enablement program) vale a dire l'insieme di attività, risorse, metodologie da mettere in campo per rendere le pubbliche amministrazioni capaci di migrare e mantenere in efficienza i propri servizi informatici (infrastrutture e applicazioni) all'interno del modello cloud della pubblica amministrazione;

              a decorrere dal 1° aprile 2019, le amministrazioni pubbliche possono acquisire esclusivamente servizi IaaS PaaS e SaaS qualificati dall'Agenzia per l'Italia digitale (AgID) e pubblicati nel catalogo dei servizi cloud per la pubblica amministrazione qualificati;

              grazie al censimento dei centri di elaborazione dati, trentacinque sono stati individuati come eleggibili a poli strategici nazionali; sarebbe quindi sufficiente federarli e convogliare gli investimenti sull'interoperabilità per ottenere i migliori risultati e salvaguardare gli investimenti che i territori hanno fatto sulle proprie società in house;

              è ormai indifferibile la necessità di provvedere alla creazione di una piattaforma nazionale di cloud storaging, nella quale far confluire tutti i dati e le informazioni disponibili e quotidianamente impiegati dalle amministrazioni pubbliche;

          il fine è duplice: da una parte, evitare che le medesime amministrazioni si rivolgano a fornitori privati di servizi di cloud storaging, evitando così il rischio che gli stessi soggetti privati possano detenere ed eventualmente utilizzare per fini diversi una grande mole di dati (sensibili e no) e, dall'altra, garantire la massima interoperabilità tra le amministrazioni pubbliche nell'accesso e nell'impiego dei dati riconducibili ai cittadini italiani per fini espressamente connessi alle loro attività istituzionali,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni opportuna iniziativa volta all'istituzione di un sistema telematico nazionale ad architettura distribuita per l'archiviazione, l'elaborazione e la trasmissione di dati disponibili in remoto a utenti predeterminati e riconoscibili attraverso specifiche caratteristiche, quale una piattaforma basata su più server reali tra loro collegati in cluster, fisicamente collocati presso uno o più data center;

2) ad assumere iniziative di carattere normativo volte ad ampliare le competenze attribuite all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni includendovi: il controllo del corretto funzionamento del sistema cloud e la legittima fruizione dei dati archiviati da parte dei soggetti ad essa titolati; la vigilanza sul rispetto dei protocolli di sicurezza da parte delle amministrazioni pubbliche; la segnalazione alle autorità competenti di eventuali illeciti civili, penali o amministrativi commessi dalle amministrazioni pubbliche, dai privati cittadini e dagli enti commerciali e non commerciali nell'accesso e nell'utilizzo del sistema cloud;

3) ad adottare ogni opportuna iniziativa per rafforzare il ruolo dell'Italia sul fronte dell'intelligenza artificiale per quanto riguarda l'offerta formativa delle università italiane e le attività di ricerca, anche in sinergia con attori privati;

4) a adottare ogni opportuna iniziativa per promuovere attività di formazione, ricerca e sviluppo nelle scuole, nelle università e nei centri di ricerca italiani relativamente a tali tecnologie e sostenerne le applicazioni rispetto alla produzione industriale e ai servizi civili in imprese consolidate e start up innovative per creare nuovi posti di lavoro per le nuove generazioni.
(1-00467) «Capitanio, Donina, Fogliani, Furgiuele, Giacometti, Maccanti, Rixi, Tombolato, Zanella, Zordan».


      La Camera,

          premesso che:

              la trasformazione digitale è uno dei driver strategici per lo sviluppo delle moderne economie ed è pertanto essenziale investire nell'evoluzione dei servizi in ottica cloud e di data management;

              per concretizzare l'evoluzione digitale delle attività e dei servizi della pubblica amministrazione italiana, è necessario definire un modello operativo di riferimento che assicuri rapidamente l'efficientamento e messa in sicurezza dei data center della pubblica amministrazione, la salvaguardia e valorizzazione del patrimonio di dati della pubblica amministrazione, la razionalizzazione di costi per lo sviluppo e manutenzione dei sistemi Ict delle pubbliche amministrazioni;

          secondo il censimento dei data center nazionali curato da Agid; la stragrande maggioranza dei Centri elaborazione dati (Ced) della pubblica amministrazione non forniscono idonee garanzie di sicurezza, efficienza ed affidabilità;

          l'Italia ha avviato un processo di trasformazione e innovazione dei servizi della pubblica amministrazione attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali, anche alla luce delle recenti modifiche al codice dell'amministrazione digitale (Cad) operate dal decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, che ha previsto disposizioni dirette a promuovere la realizzazione di un cloud nazionale;

          in particolare, l'articolo 35 stabilisce che, al fine di tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali, la Presidenza del Consiglio dei ministri promuove lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei Centri per l'elaborazione delle informazioni (Ced) destinata a tutte le pubbliche amministrazioni;

          nell'ambito della missione 1 componente 1 «Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA» del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del 12 gennaio 2021 sono descritti interventi finalizzati a favorire l'adozione e lo sviluppo delle tecnologie cloud nel settore pubblico e, al contempo, a rimuovere gli ostacoli all'utilizzo del cloud da parte della pubblica amministrazione;

          in questo ambito, si prevede lo sviluppo di un cloud nazionale e la effettiva interoperabilità delle banche dati delle pubbliche amministrazioni, in parallelo e in sinergia con il progetto Europeo GAIA-X, dove l'Italia intende avere un ruolo di primo piano. L'investimento mira a favorire l'adozione dei servizi cloud secondo quanto previsto nella strategia cloud first del piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione attraverso lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei data center di Tipo B della pubblica amministrazione centrale e il rafforzamento in chiave green dei data center di tipo A candidabili a Psn in base al censimento Agid. Si prevede inoltre la realizzazione di un cloud enablement program per favorire l'aggregazione e la migrazione delle pubbliche amministrazioni centrali e locali verso soluzioni cloud e fornire alle stesse pubbliche amministrazioni procedure, metodologie e strumenti di supporto utili a questa transizione;

          come affermato dal Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale nel corso di un'audizione davanti alla Commissione trasporti della Camera, l'obiettivo del Governo è di assicurare che le amministrazioni vengano aiutate a migrare in cloud diversi a seconda del diverso livello di sensibilità dei dati dei quali dispongono e questo implicherà classificare innanzitutto le tipologie di dati in ultrasensibili, sensibili e ordinari, per garantire scelte che tutelino in maniera appropriata cittadini e amministrazioni, come già fatto da molti altri Paesi. In tal senso, per i dati più sensibili si intende creare un Polo strategico nazionale a controllo pubblico, localizzato sul suolo italiano e con garanzie, anche giurisdizionali, elevate. Il Polo strategico permetterà di razionalizzare e consolidare molti di quei centri che ad oggi non riescono a garantire standard di sicurezza adeguati, mentre per le tipologie di dati e applicazioni meno sensibili si prevede la possibilità per le amministrazioni di usufruire di efficienti cloud messi a disposizione da operatori di mercato,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per definire e attuare un modello di infrastrutture digitali di cloud per le pubbliche amministrazioni centrali e locali basato sulla complementarietà, in funzione della tipologia di dati e della loro rilevanza, tra un sistema di fornitori di servizi di mercato qualificati certificati e un Polo strategico nazionale (Psn) a controllo pubblico;

2) ad adoperarsi affinché la gestione del Polo strategico nazionale sia affidata a uno o più soggetti pubblici che ne garantiscano la sicurezza, la consistenza, l'affidabilità e l'efficienza e, in tal modo, a favorire l'interoperabilità tra le banche dati delle pubbliche amministrazioni fruitrici dei servizi del suddetto Polo strategico nazionale.
(1-00468) «Bruno Bossio, Serracchiani, Gariglio, Cantini, Delrio, Del Basso De Caro, De Luca, Gualtieri, Madia, Morassut, Pizzetti, Andrea Romano».

Risoluzioni in Commissione:


      La IV Commissione,

          premesso che:

              il Reggimento Lagunari «Serenissima» è l'unico reparto di fanteria d'assalto anfibio dell'Esercito Italiano;

              quella dei Lagunari è la più giovane specialità dell'Arma di fanteria (costituita il 9 gennaio 1951), ma vanta la più antica storia poiché sono gli eredi dei Fanti da Mar della «Serenissima» (1202);

              la bandiera di guerra del Reggimento è decorata dalla medaglia d'oro valore Esercito, la medaglia d'argento valore Esercito e la croce d'argento valore Esercito;

              il reggimento è inoltre ente scolastico della Forza armata per tutta una serie di corsi ed addestramenti specifici della specialità, condotti a favore del proprio personale, dei reparti dell'esercito inseriti nella capacità nazionale di proiezione del mare e di altri reparti italiani ed esteri. La sua struttura organica comprende un comando, con i tradizionali uffici personale, Oai – Operazioni addestramento, informazioni, logistico ed amministrativo, la Compagnia comando e supporto logistico (con i plotoni comando, sanità, commissariato e Tramat), la Compagnia corsi, la Compagnia supporti tattici anfibi ed il 1° battaglione Lagunari. Quest'ultimo allinea a sua volta il Comando, tre compagnie anfibie (1° Marghera, 2° Piave e 3° Isonzo) e la Compagnia supporto alla manovra;

              in particolare, però, il personale viene impiegato in acqua, per l'addestramento, per le operazioni, per la manutenzione dei mezzi in operazioni subacquee;

              inserito nella Compagnia supporto tattico anfibio di stanza nell'isola di Sant'Andrea (o delle Vignole), il plotone Recon è una piccola unità ad alta valenza operativa destinata a compiti di ricognizione e sorveglianza ed alla conduzione di attività non convenzionali in ambito anfibio, quali ricognizione preventiva delle spiagge di sbarco con l'eventuale distruzione degli ostacoli antisbarco, sabotaggio e colpi di mano contro obiettivi costieri, infiltrazione con qualunque tipo di vettore in territorio occupato dal nemico ai fini informativi;

              i suoi membri, selezionati tra i migliori lagunari già pienamente qualificati, possiedono tutti la qualifica di esploratore anfibio, ottenuta dopo un corso assai impegnativo di 20 settimane tenuto direttamente presso il reggimento ed il cui superamento richiede doti non comuni di resistenza fisica e mentale, tenacia, determinazione e ferrea volontà;

              correttamente per esso viene applicato l'articolo 9, della legge 23 marzo 1983, n. 78, che riconosce in favore degli ufficiali e di sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica in servizio presso unità da sbarco o anfibie o in possesso di brevetto militare di incursore o operatore subacqueo e in servizio presso reparti incursori e subacquei nonché presso centri e nuclei aerosoccorritori o in servizio presso i predetti reparti, centri e nuclei, un'indennità supplementare, per il periodo di svolgimento della specifica missione;

              le cosiddette indennità supplementari hanno la funzione di compensare particolari posizioni e/o condizioni, anche occasionali, in cui versa il personale impiegato in una particolare attività operativa, e tali indennità hanno carattere sussidiario rispetto a quelle cosiddette fondamentali, le quali, invece, sono fisse e continuative per l'intero periodo di destinazione ad un determinato corpo e/o reparto;

              il Reggimento Lagunari ha in forza del personale subacqueo in possesso del brevetto SDO\ARO\ARA\OSSALC, che, in relazione al grado ovvero all'incarico posseduto non risulta inserito organicamente nel plotone Recon, unica unità organizzativa individuata dalle vigenti tabelle organiche del Reggimento quale unità subacquea;

              al riguardo, si evidenzia che tale personale, benché svolga le medesime attività di immersione dei colleghi subacquei inseriti nel citato plotone, non è destinato all'emolumento in titolo, in quanto non soddisfa i requisiti richiesti dalla normativa vigente in materia, atteso che la stessa prevede, oltre al possesso del relativo brevetto anche l'obbligo di prestare servizio in un reparto a connotazione subacquea;

              in tal contesto si segnalano le richieste avanzate in tal senso da uno studio legale che assiste parte del personale potenzialmente destinatario all'indennità, nella considerazione dell'assoluta pariteticità di impiego rispetto ai colleghi Recon (non ultimo l'impiego durante l'alluvione a Venezia nel recupero di natante della marina militare),

impegna il Governo

          a promuovere, in alternativa e in ordine di priorità, iniziative di competenza volte a:

              a) un'integrazione della norma in questione al fine di estendere il diritto a percepire l'indennità al titolo a tutto il personale effettivo del Reggimento Lagunari ed in possesso del relativo brevetto;

              b) una revisione delle tabelle organiche del Reggimento al fine di ricomprendere il personale subacqueo non in forza al plotone Recon all'interno di un costituendo nucleo subacquei reggimentale, consentendo così di rendere omogenei i trattamenti economici accessori del personale impiegato con identiche modalità.
(7-00634) «Deidda».


      La IX Commissione,

          premesso che:

              l'ipotesi di estendere la linea M3 della metropolitana di Milano oltre il capolinea di San Dogato lungo la direttrice Paullese nasce dall'esigenza di potenziare il sistema di trasporto pubblico nell'area a sud-est del comune di Milano e risale alla metà degli anni ’90, concretizzandosi nello «Studio di fattibilità di interventi sulla rete infrastrutturale di trasporto pubblico in provincia di Milano», redatto da Metropolitana Milanese Spa e consegnato alla provincia di Milano nel 1999;

              in tale documento erano valutate diverse soluzioni alternative di tracciato, sia per quanto concerne l'andamento plano-altimetrico, sia le prerogative infrastrutturali e le metodologie costruttive. L'analisi comparativa faceva propendere per una soluzione il più possibile in superficie, per motivi di natura prevalentemente economica data la considerevole estensione complessiva del tracciato;

              successivamente, nel febbraio 2003, la regione Lombardia ha incaricato MM Spa di redigere un nuovo studio di fattibilità riguardante il prolungamento della M3, sulla base del precedente studio e tenendo in considerazione gli interventi di tipo urbanistico e viabilistico che, nel frattempo, avevano modificato lo sviluppo insediativo di tipo residenziale e commerciale nelle zone adiacenti l'asta della Paullese;

              nel 2005, la regione Lombardia ed i comuni interessati dall'intervento (Milano, San Donato Milanese, Peschiera Borromeo, Pantigliate, Mediglia, Settala e Paullo) hanno incaricato MM Spa di predisporre il progetto preliminare. La prima idea progettuale per il prolungamento della M3 prevedeva 8 stazioni, distribuite su un tracciato di circa a 15 chilometri, (14,6 chilometri + 400 metri di asta di manovra), che si sviluppava in sotterranea per i primi 6.300 metri circa e poi, ad est di Peschiera Borromeo, in un misto di trincea profonda e superficiale, rilevato e viadotto. Il 31 luglio 2007 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Lombardia, la provincia di Milano ed il comune di Milano hanno sottoscritto un Protocollo d'Intesa «per la realizzazione della rete metropolitana milanese» avviando la procedura di approvazione del Progetto Preliminare consegnato nel 2006, conclusasi positivamente il 26 settembre 2007 (delibera n. VIII/005453);

              inoltre, in data 5 novembre 2007, è stato siglato l'«Accordo di Programma per la realizzazione della tangenziale Est Esterna di Milano e il potenziamento del sistema della mobilità dell'est milanese e del nord lodigiano» tra vari enti, tra cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Lombardia, province e comuni interessati, in cui veniva ribadito l'impegno a realizzare una serie di interventi sulla rete ferroviaria e metropolitana, tra cui il prolungamento della M3 fino a Paullo;

              nonostante il progetto fosse stato inizialmente approvato dal Cipe nel 2007 (delibera n. 142/2007), lo stesso è stato ricusato dalla Corte dei Conti nel 2008 (delibera n. 9/2008/P). Al fine di proseguire con l'iter approvativo e non abbandonare l'idea progettuale, nell'ottobre 2008, la regione Lombardia ha richiesto a Metropolitana Milanese Spa di integrare il progetto preliminare del 2006 e quindi riesaminare gli aspetti tecnici e le ipotesi trasportistiche con lo scopo di migliorare i risultati dell'analisi economico-finanziaria;

              il 5 marzo 2009 la suddetta integrazione è stata trasmessa alla regione Lombardia che l'ha approvata il 30 marzo 2009 con delibera n. VIII/09193;

              il progetto preliminare revisionato è stato così sottoposto alla valutazione del Cipe, che l'ha approvato nella seduta del 13 maggio 2010;

              come accaduto nel 2008, il progetto preliminare è stato nuovamente ricusato dalla Corte dei Conti nell'adunanza del 9 dicembre 2010, data la mancanza di copertura finanziaria dell'opera;

              nel marzo del 2011 Metropolitana Milanese Spa (MM Spa) ha consegnato il progetto definitivo del prolungamento della M3 a Paullo sviluppato sulla base del progetto preliminare revisionato nel 2009, avendone ricevuto incarico dal comune di Milano con determina dirigenziale del 24 dicembre 2007. Lo scenario finale prevedeva un tracciato complessivo di circa 14,9 chilometri, con la costruzione di 6 nuove stazioni: le prime 3 sotterranee e le restanti fuori terra;

              dopo quella data, l'idea progettuale era stata sostanzialmente accantonata;

              successivamente, gli enti coinvolti hanno manifestato la volontà di riprendere le attività di studio cercando di analizzare il tema con un punto di vista più ampio e che consenta di superare la situazione di stallo;

              il 3 ottobre 2017 viene presentata una prima proposta di accordo per affidare un incarico alla società MM S.p.a. per la redazione di un progetto di fattibilità tecnico economica (prima fase) per il prolungamento della stazione M3 da San Donato a Paullo. L'incarico intende definire attraverso l'analisi dei costi/benefici quale infrastruttura possa risultare la più efficace per il prolungamento;

              a quanto sopra, seguono dei fatti riguardanti due incontri organizzati dal comune di Milano, il 20 luglio 2018 e il 21 novembre 2018 per recepire le diverse posizioni degli enti coinvolti, a partire dai comuni;

              con determina dirigenziale n. 260 del 2018 del comune di Milano, è stato approvato lo schema dell'accordo tra Città Metropolitana di Milano, provincia di Cremona, comuni di Milano, San Donato Milanese, Peschiera Borromeo, Pantigliate, Mediglia, Settala, Tribiano, Paullo, Zelo Buon Persico e Spino D'Adda e Crema, per l'affidamento ed il finanziamento della 1° fase del progetto di fattibilità tecnico ed economici (Pfte) relativo allo studio di un sistema di trasporto pubblico per la direttrice Paullese;

              il 22 luglio 2019 viene sottoscritto il disciplinare e viene affidato l'incarico a MM Spa per la redazione del progetto di fattibilità tecnico ed economico –1° Fase, studio di fattibilità, del sistema di trasporto pubblico per la direttrice Paullese. L'accordo è sottoscritto, oltre che dal comune di Milano, anche da città metropolitana di Milano, provincia di Cremona, comuni di Crema (CR), Mediglia, Paullo, Peschiera Borromeo, San Donato Milanese, Settala, Spino d'Adda (CR), Tribiano, Zelo Buon Persico (LO), con la partecipazione economica di regione Lombardia e il coinvolgimento dell'Agenzia di bacino per il trasporto pubblico locale. Non sottoscrive il comune di Pantigliate;

              il 20 maggio 2020 viene presentato ai sindaci del Sud-Est Milano il primo rapporto intermedio sullo studio del Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica – 1a fase di cui sopra;

              il comune di Milano convoca regione Lombardia, città metropolitana di Milano, i comuni sottoscrittori sopra menzionati e l'Agenzia di bacino per il trasporto pubblico locale, per un video incontro in data 3 luglio 2020, in cui vengono illustrati gli scenari analizzati, nel corso del Pfte di seguito specificati:

                  1. Potenziamento TPL su gomma;

                  2. Busway S. Donato M3-Paullo Est TEEM;

                  3. Metrotranvia S. Donato M3-Paullo Est TEEM (scenario 3A, 3B1 e 3B2);

                  4. Prolungamento MM3 - Prolungamento M3 a Paullo (scenario 4 A) – Prolungamento M3 a Peschiera (scenario 4B) – Prolungamento M3 a Peschiera Est (scenario 4C) – Prolungamento M3 a Mediglia-Pantigliate (scenario 4D);

                  5. Scenario ferroviario -1. Ramo Rogoredo del Passante (5A) - 2. Ramo Lambro del Passante (5B) – 3. Cintura Sud (Porta Romana) (5C);

              in data 2 novembre 2020 vengono convocati tutti gli enti coinvolti sopra citati da parte del comune di Milano per presentare l'esito finale dello studio del Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica – 1a fase redatto da parte di MM Spa;

              tale studio, quindi, rappresenta il primo dei livelli progettuali, così come definito dall'articolo 23 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (codice degli appalti), con analisi propedeutiche allo sviluppo dell'intero livello progettuale. La legge n. 55 del 2019 definisce questa fase di studio come «Documento di fattibilità delle alternative progettuali». Lo studio segue le indicazioni contenute nei due principali strumenti di supporto per la redazione della prima fase dei Pfte delle nuove opere pubbliche, orientati alla definizione di criteri analitici che consentano al decisore di valutare la sostenibilità economico-sociale delle alternative progettuali;

              tali strumenti sono le «Linee Guida per la redazione di Studi di fattibilità» emanate nel 2015 dalla regione Lombardia del decreto direttore generale n. 8829 del 23 ottobre 2015), e le «Linee guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche» approvate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con decreto ministeriale n. 300 del 2017;

              nel frattempo, a seguito della situazione pandemica Covid-19 che ha colpito duramente, in modo particolare, il nostro Continente, da un punto di vista anche sanitario, sociale ed economico, le istituzioni europee decidono di varare degli strumenti eccezionali per il rilancio dell'economia e delle attività produttive, con una particolare attenzione al cosiddetto Green New Deal, come da accordi di Parigi sul clima, e al rispetto dell'ambiente e del territorio;

              viene quindi creato un fondo da assegnare agli Stati membri più colpiti dalla pandemia e dalla conseguente crisi scatenata, Next Generation EU, Recovery Fund, cui anche il nostro Paese può accedere, presentando progetti coerenti con le linee guida di tale fondo;

              il 23 settembre 2020 la città metropolitana inserisce al primo posto tra i progetti del Recovery Fund da sottoporre al Governo progetto di «Estensione della rete del trasporto rapido di massa in ambito intercomunale. Prolungamento della linea metropolitana M3 San Donato – Paullo» (importo stimato euro 1.100.000.000,00);

              la necessità di potenziare il trasporto pubblico locale, lungo l'asse della Paullese, in modo tale da offrire una valida, efficiente ed efficace alternativa al trasporto privato, per decongestionare il traffico lungo tale arteria, è riconosciuta da anni dalle varie amministrazioni locali e sovra locali, che si sono susseguite, come indicato in premessa;

              in particolare, tale esigenza è fortemente sentita non solo dai comuni del sud est Milano, attraversati dalla strada provinciale 415 Paullese, ma anche da un'area più ampia, quale per esempio la provincia di Cremona, con un ampio bacino che, già oggi, ha un importante punto di riferimento economico nella città di Milano, in primis, e in molti comuni dell'hinterland, così come, viceversa, vi sono anche punti di interesse nel tragitto opposto;

              il progetto di fattibilità tecnico ed economico, sopra citato, ha analizzato vari scenari di possibili soluzioni per dare una risposta concreta ai problemi dei cittadini che si trovano ogni giorno a percorrere la strada provinciale Paullese e all'esigenza di potenziare il Tpl;

              il Pfte ha quindi tracciato per ogni alternativa i benefìci prospettati, ma anche gli impegni economici annessi, lasciando alla politica, in particolare a quella sovralocale, tenendo conto che si tratta di investimenti che variano dalle diverse decine di milioni di euro – per soluzioni «leggere» – a oltre il miliardo di euro – per soluzioni più complesse, la scelta di quale strada percorrere per migliorare il trasporto pubblico locale sulla Paullese, tenuto anche conto delle varie bocciature avute nel passato da parte della Corte dei Conti, come sopra descritto;

              lo sviluppo dello scenario 4A del Pfte che prevede il prolungamento della M3 da San Donato a Paullo, è ritenuto coerente con le linee guida dei progetti che possono essere finanziati dal Recovery Fund, tenuto conto dell'attenzione all'ambiente e al territorio del progetto stesso;

              il prolungamento della M3 da San Donato a Paullo porterebbe con sé risvolti positivi per quanto riguarda l'economia non solo dei comuni del sud-est Milano, ma anche di un pezzo importante della Lombardia, sia in fase progettuale e realizzativa che, soprattutto, in fase di esercizio di tale nuova infrastruttura;

              è di fondamentale importanza il fatto che città metropolitana di Milano abbia inserito al primo posto tra i progetti di tutta l'area milanese, per accedere ai finanziamenti del Recovery Fund, il progetto di «Estensione della rete del trasporto rapido di massa in ambito intercomunale. Prolungamento della linea metropolitana M3 San Donato – Paulloy»,

impegna il Governo

a porre in essere, per quanto di competenza, ogni iniziativa utile, anche tramite l'individuazione delle risorse finanziarie necessarie, a consentire la realizzazione del prolungamento fino a Paullo della linea M3 della metropolitana di Milano
(7-00636) «Sozzani, Carinelli, Zanella, Pizzetti, Silvestroni, Noja, Tasso, Squeri, Toccalini, Rospi, Musella, Iezzi».


      L'XI Commissione,

          premesso che:

              il tema dell'occupazione è da sempre un tema critico in Italia, che nel confronto internazionale rimane, di norma, nelle zone finali delle classifiche;

              benché nell'anno 2018 il numero di occupati (sia pure con un maggior numero di lavoratori part time e atipici) fosse risalito oltre i livelli del 2007, le ripetute flessioni congiunturali dell'occupazione registrate dall'inizio dell'emergenza sanitaria fino a gennaio 2021 hanno invece determinato un crollo dell'occupazione rispetto a febbraio 2020 (-4,1 pari a -945 mila unità, comunque un dato elevato in sé quand'anche depurato dagli effetti derivanti dall'introduzione di un diverso criterio di individuazione dei soggetti da ritenere occupati o meno). La diminuzione in esame coinvolge uomini e donne, dipendenti (-590 mila) e autonomi (-355 mila) e tutte le classi d'età. Il tasso di occupazione scende, in un anno, di 2,2 punti percentuali. Nell'arco dei dodici mesi, crescono le persone in cerca di lavoro (+0,9 per cento pari a +21 mila unità), ma soprattutto gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+5,4 per cento pari a +717 mila). A peggiorare le condizioni generali, è opportuno poi sottolineare che, su dieci contratti non confermati, sette riguardano donne lavoratrici, riportando indietro di anni il difficile percorso di parità di genere sul lavoro. Al momento in cui terminerà il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione guadagni straordinaria, è presumibile un'impennata della riduzione dei posti di lavoro nelle imprese che stanno subendo le maggiori perdite a causa della contrazione dei consumi, tanto che secondo alcune stime la diminuzione potrebbe arrivare a addirittura a un milione di posti di lavoro;

              va inoltre osservato che la transizione digitale, anch'essa fortemente accelerata durante la pandemia, porterà ad una trasformazione radicale dei processi produttivi e degli stessi beni prodotti che non potranno che riflettersi sulle stesse dinamiche del mercato del lavoro. Non è certo scontato che si possano concretizzare le previsioni di contrazione più pessimistiche, con scenari alla Asimov in cui le macchine sostituiscono le lavoratrici ed i lavoratori, ma è certo che le competenze richieste dai mercati del lavoro e dalle filiere produttive richiederanno un profondo ripensamento. Non a caso è possibile osservare che, dal 2007 alla fine del 2020, per quanto la disoccupazione sia aumentata per tutti, i laureati sono passati da un tasso di disoccupazione del 4,4 ad uno del 5,1 per cento, «reggendo» meglio rispetto a chi non ha ottenuto nemmeno il titolo di scuola media inferiore, che ha visto un crollo nell'occupazione passando dal 7,4 al 15,1, con una punta addirittura del 17,8 nel terzo trimestre 2020. Inoltre, è interessante osservare che il recupero di occupazione degli ultimi anni è stato proporzionale al titolo di studio: più alto il titolo di studio, più si è riusciti a ridurre la disoccupazione. Pertanto, aiutare le persone a trovare (o mantenere) lavoro significa aiutarle a riqualificarsi, il che rende imperativo investire in formazione professionalizzante ed in linea con i fabbisogni delle imprese;

              attualmente il sistema di politiche attive del lavoro è gestito da una rete che vede la presenza a livello centrale di Anpal e in sede decentrata di organismi pubblici e privati che se ne occupano con particolare riferimento ai bilanci di competenze, alla formazione e all'avviamento al lavoro. Una rete preziosa, dunque, ma che richiede di essere potenziata a motivo delle criticità e crucialità delle sfide che dovrà affrontare nel prossimo futuro;

              proprio per questo motivo, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/02790-bis-AR/041 alla legge di bilancio con cui si è «impegnato il Governo ad adottare ogni iniziativa utile, con il coinvolgimento delle Regioni e delle parti sociali, per la realizzazione di una governance pubblica di un sistema integrato pubblico-privato di servizi per l'impiego anche attraverso un sistema di convenzioni delle agenzie per il lavoro con i centri per l'impiego». Risulta del tutto evidente che queste risorse devono garantire il massimo risultato possibile in termini di efficacia: in una situazione così critica, ogni euro investito deve generare un beneficio per la collettività; un beneficio chiaro, concreto, individuabile e significativo;

              a tale stregua, appare necessario dotarsi di uno strumento di misurazione tempestivo e incisivo del valore pubblico generato dal sistema dei servizi dedicati all'impiego, andando oltre quanto previsto dall'Unione europea, fin dal 2008, con lo Small business act in tema di valutazione d'impatto della normativa, rendendo possibile una valutazione che, oltre a dare conto degli effetti dell'investimento, consenta di individuare rapidamente le azioni necessarie a migliorarne l'efficacia. Previsione, questa, che si muove in coerenza con le indicazioni del Dipartimento della funzione pubblica, che ha evidenziato l'importanza di introdurre la prospettiva del valore pubblico nel valutare la performance delle pubbliche amministrazioni;

              tuttavia, ogni attività di valutazione richiede la preliminare individuazione di pertinenti indicatori connessi con le finalità strategico-politiche dell'intervento, affiancati da misurazioni tecniche, da analisi della soddisfazione degli utilizzatori dei servizi e, ultimo, ma non meno importante, da valutazioni del rapporto tra costo e beneficio, dove il beneficio – chiaramente – non è solo di tipo economico, ma è, ad esempio, connesso con la perequazione sociale o la parità di genere. Tale quadro può essere utilmente integrato con le dimensioni macroeconomiche del benessere, quali, ad esempio, incremento della ricchezza del Paese, distribuzione equa della ricchezza, qualità della vita. Questi indicatori consentono non solo di dar conto alla collettività dell'utilizzo delle risorse pubbliche, ma permettono anche di avere indicazioni tempestive sulla necessità di eventuali correttivi nelle strategie e/o nella loro attuazione, nel caso in cui si dovessero registrare degli effetti al di sotto delle aspettative;

              le politiche attive del lavoro hanno, per loro stessa natura, tempi relativamente lunghi prima di esplicare i propri effetti: passano mesi dal momento in cui si fa il bilancio delle competenze e si evidenzia il gap formativo, fino al momento in cui lavoratrici e lavoratori hanno maturato le competenze necessarie per intercettare la domanda di lavoro. D'altra parte, è evidente che l'effetto delle misure di sviluppo dell'autonomia ha un effetto moltiplicativo rispetto alle misure assistenziali e restituisce alle donne e agli uomini la dignità del ruolo di lavoratori, riconosciuto come fondante anche nella Costituzione. Perciò, è necessario definire chiaramente quali risultati è possibile aspettarsi dagli investimenti in politiche attive del lavoro e raccogliere in tempo reale le informazioni che consentono di misurare gli effetti delle iniziative attivate, in modo da poterne verificare l'efficacia il prima possibile ed individuare tempestivamente la necessità di eventuali correttivi nelle strategie e/o nella loro attuazione;

              misurare il valore pubblico consente, inoltre, di attivare meccanismi efficaci di rewarding dei privati che collaborano alla rete. È evidente, infatti, che le partnership con i privati possono portare spunti innovativi e innesti di competenze specialistiche preziose per l'efficacia delle azioni a livello di sistema. D'altro canto, è noto anche che in questo tipo di collaborazioni esiste il rischio del cosiddetto «cherry picking», cioè che il privato trovi, all'interno dell'accordo, strategie per accaparrarsi le ciliegie migliori (nel nostro caso, le lavoratrici e i lavoratori più facilmente reimpiegabili, che quindi comportano processi di inserimento più rapidi e, di conseguenza, meno costosi), lasciando al pubblico le ciliegie acerbe o troppo mature. Un sistema di indicatori basati sul valore pubblico generato aiuta anche a monitorare questo rischio, intervenendo tempestivamente, se necessario,

impegna il Governo:

          a identificare indicatori di misurazione del valore pubblico che consentano di considerare le risorse investite e le politiche attuate, valutandone l'impatto in termini di riqualificazione delle competenze delle lavoratrici e dei lavoratori, l'incrocio della domanda ed offerta di lavoro che assicuri un lavoro di qualità, in linea con le competenze e le aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori, il rapporto fra costi e benefici, gli impatti a livello macroeconomico e di benessere delle politiche attuate;

          a utilizzare indicatori di valore pubblico per monitorare in tempo reale l'efficacia degli interventi, attivare tempestivamente eventuali correttivi al fine di massimizzare i benefici che le risorse investite generano per il territorio, verificare gli equilibri del contributo profuso e dei payoff per ciascun attore della rete, anche al fine di rivedere i sistemi di rewarding per identificare best practice da mettere a sistema, ove possibile, così assicurando una risposta concreta, tempestiva ed efficace alle lavoratrici e ai lavoratori, provati economicamente e psicologicamente dalla crisi;

          con particolare riferimento all'ambito delle politiche attive del lavoro, ad utilizzare i meccanismi, fino ad oggi rimasti inoperanti, introdotti dall'articolo 5, comma 01, lettera a) e comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2009, con le modifiche apportate dal decreto legislativo n. 74 del 2017 che consentono al Governo di indirizzare, anche attraverso apposite linee guida e con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, l'azione delle amministrazioni pubbliche, nella direzione in una appropriato utilizzo di strumenti di misurazione del valore pubblico in una prospettiva multidimensionale, con la definizione di obiettivi generali nell'ambito dei quali le amministrazioni interessate imposteranno il proprio ciclo della performance.
(7-00635) «Viscomi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      FREGOLENT e NOJA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 32 della Costituzione riconosce la salute come un diritto fondamentale;

          il Piano del piano strategico per la vaccinazione anti-Sars-CoV-2/COVID-19, elaborato da Ministero della salute, Commissario straordinario per l'emergenza, Istituto superiore di sanità, Agenas e Aifa, è stato adottato con decreto del 12 marzo 2021;

          il 13 marzo 2021 è stato diffuso il Piano vaccinale del Commissario straordinario per l'esecuzione della campagna vaccinale nazionale. Elaborato in armonia con il Piano strategico nazionale del Ministero della salute, fissa le linee operative per completare al più presto la campagna vaccinale;

          il Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti Sars-CoV-2/COVID-19, basandosi sul dettato della Costituzione italiana, riconosce che, nella fase iniziale di disponibilità limitata di vaccini contro COVID-19, è necessario definire delle priorità in modo chiaro e trasparente, tenendo conto delle raccomandazioni internazionali ed europee. Inoltre, relativamente alla strategia di sanità pubblica, viene indicato che, nella fase iniziale della campagna, la strategia si focalizzerà sulla riduzione diretta della mortalità e morbilità;

          il documento individua come categorie prioritarie della prima fase della campagna vaccinale: gli operatori sanitari e sociosanitari, il personale ed ospiti dei presidi residenziali per anziani, gli anziani over 80, i soggetti estremamente vulnerabili in ragione di condizioni di salute specificamente individuate e le persone con disabilità grave, nonché i loro caregiver, e le persone dai 60 ai 79 anni;

          vengono inoltre indicate anche le successive categorie di popolazione da vaccinare, a seguito dell'aumento delle dosi di vaccini disponibili, tra le quali quelle appartenenti ai servizi essenziali, quali anzitutto gli insegnanti ed il personale scolastico, le forze dell'ordine, il personale delle carceri e dei luoghi di comunità;

          il Piano riporta che le raccomandazioni su gruppi target a cui offrire la vaccinazione saranno soggette a modifiche e verranno aggiornate in base all'evoluzione delle conoscenze della pandemia e alle informazioni disponibili; nei giorni scorsi, così come previsto dallo stesso piano, sono stati siglate da Governo e parti sociali le linee guida con i requisiti minimi per effettuare la campagna vaccinale nei luoghi di lavoro;

          nonostante le indicazioni del piano, si sono registrati ad oggi, secondo i dati ufficiali del report del Commissario per l'emergenza Covid, oltre 300.000 vaccinazioni riportate sotto la voce «altro»: dosi andate a persone non inserite nelle liste delle priorità. Le cause di questo vero e proprio scandalo sono da imputare alle scelte autonome di alcune regioni ed a veri e propri illeciti (su cui la magistratura sta peraltro indagando in tutta Italia);

          diretta conseguenza di tale situazione sono le migliaia di cittadini che, pur appartenendo ad una categoria debole, non sono stati ancora vaccinati; nonostante anche recentemente sia apparso sulla stampa che la regione Piemonte inaugurerà la vaccinazione per i soggetti fragili dai 16 ai 19 anni. Nonostante sia passato oltre un mese dall'adozione del piano vaccinale sopracitato, secondo quanto riportato dalla stampa, molte regioni sarebbero in forte ritardo rispetto alla corretta vaccinazione delle categorie fragili: in particolare il Piemonte, tra le ultime a programmare tale somministrazione;

          il Piemonte, proprio per recuperare tali gravi ritardi e per valutare le singole idoneità al vaccino, ha inoltre annunciato, il 16 aprile 2021, di aver nominato una apposita commissione medico-legale nell'ambito del Comitato tecnico-scientifico dell'unità di crisi regionale, per autorizzare le vaccinazioni delle persone fragili non comprese nelle attuali categorie ministeriali –:

          quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per garantire, su tutto il territorio nazionale, ed in particolare nelle regioni maggiormente deficitarie come il Piemonte, una reale, efficace e rapida vaccinazione delle categorie deboli, così come indicato dal Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti Sars-CoV-2/COVID-19 citato in premessa.
(5-05814)


      PRESTIPINO, DI GIORGI e PICCOLI NARDELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

          lo scorso 19 aprile, attraverso un comunicato congiunto, 12 club hanno annunciato la fondazione della «Superlega europea», un nuovo torneo d'élite al quale hanno aderito, tra i club italiani, la Juventus, il Milan e l'Inter;

          tante sono state le reazioni del mondo dello sport; durissima la reazione del presidente della Federazione europea del calcio, Aleksander Ceferin che ha paragonato la proposta della Superlega: «a sputare nel viso a tutti quelli che lavorano nel calcio, a chi ama il calcio... Facciamo appello a tutti, ai fan, ai media, ai politici e agli organi di governo del calcio di unirsi a noi per non far sì che questo piano diventi realtà»;

          da una dichiarazione ufficiale il Presidente della Fifa, Gianni Infantino, prende posizione in maniera netta contro la neonata Superlega: (...);

          con riferimento al progetto, è intervenuto anche il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ha affermato: «Il Governo segue con attenzione il dibattito intorno al progetto della Superlega calcio e sostiene con determinazione le posizioni delle autorità calcistiche italiane ed europee per preservare le competizioni nazionali, i valori meritocratici e la funzione sociale dello sport»;

          dichiarazioni contrarie anche dal Presidente della Francia Emmanuel Macron e dal Premier britannico Boris Johnson, per i quali il progetto «metterebbe a repentaglio il principio di solidarietà e di meritocrazia nello sport»;

          l'esperienza sul campo della salute e della lotta alla pandemia non deve essere ignorata se si vuole far ripartire l'Italia e l'Europa. Il sistema calcio, pur nella sua specificità, non è avulso dal sistema sport e anzi, spesso ne ha utilizzato contesti, normative e finanziamenti come nel caso dei fondi di «Sport e Periferie» o dei finanziamenti per «Eventi Sportivi» e anche, tra gli ultimi provvedimenti, il riconoscimento del credito di imposta utilizzato prevalentemente dai grandi Club;

          dietro questa proposta di Super lega muore il processo che ha condotto gli Stati membri a costituire l'Unione Europea, che ha sempre preso a riferimento, tra gli ambiti di maggior rilievo, quello dello sport e quello del calcio. Centinaia di migliaia di euro sono stati investiti per progetti sullo sport, per la lotta al doping e per abbattere le intolleranze –:

          se il Governo non intenda – per quanto di competenza – valutare la possibilità di adottare iniziative volte a revocare tutte le agevolazioni di cui eventualmente godono le maggiori società di calcio e, altresì, affinché la posizione dei club italiani sia definita in un contesto europeo coeso e condiviso.
(5-05819)

Interrogazioni a risposta scritta:


      TESTAMENTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

          il progetto del raddoppio ferroviario della tratta Termoli-Lesina fu inserito nella legge 21 dicembre 2001, n. 443 (cosiddetta Legge obiettivo), in quanto considerata opera strategica di interesse nazionale;

          dopo gli iniziali pareri negativi della Commissione speciale Via e del Mibact, nel luglio 2013 la Commissione VIA-VAS esprimeva parere positivo con prescrizioni circa la compatibilità ambientale;

          nel 2014 la regione Molise approvava il progetto con la prescrizione di spostare i binari dalla costa di Campomarino nel 2015 in sede di approvazione del progetto preliminare da parte del Comitato interministeriale della programmazione economica (Cipe), venne accolta la richiesta della stessa regione di valutare gli impatti economici che la modifica richiesta avrebbe avuto sul progetto;

          nell'agosto 2019 Rfi presentava il progetto definitivo ai fini della nuova speciale valutazione d'impatto ambientale;

          la Commissione VIA-VAS in data 8 maggio 2020 ha espresso parere negativo, evidenziando a Rfi la necessità di produrre ulteriore documentazione sull'impatto ambientale. Le richieste della Commissione hanno riguardato, per quanto consta all'interrogante, soprattutto la variante del progetto definitivo del lotto 2-3 «Termoli-Ripalta» e l'assenza di chiarezza su come verrà risolta la problematica delle barriere nella risistemazione del nodo di Termoli;

          il progetto di cui sopra è stato inserito dal precedente Governo tra i 53 interventi infrastrutturali per i quali, al fine di accelerarne l'iter, è stata prevista la nomina di un commissario straordinario ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55 (cosiddetto «decreto semplificazioni»);

          in un articolo pubblicato su www.primonumero.it del 13 aprile 2021, facendo riferimento alle iniziative intraprese dal gruppo di consiglieri comunali e attivisti del M5S di Termoli, si evidenziava il fatto che mentre il progetto di Rfi risulta essere oggetto di esame da parte della Commissione VIA-VAS si è provveduto a nominare commissario straordinario per la sua attuazione un dirigente della stessa Rfi. Inoltre nello stesso articolo si mette in evidenza il notevole impatto ambientale, acustico e urbano che ricadrà sulla città di Termoli. Nello specifico – si legge sempre nel pezzo – la stazione ferroviaria di Termoli, ubicata nel centro città dove insistono palazzi, attività commerciali, scuole, chiese, attività lavorative, sarà snodo di passaggio per treni merci e passeggeri anche dopo la realizzazione del raddoppio ferroviario e, in tale contesto, la previsione di barriere antirumore, sia nel centro della città che nel lotto 2 e 3 della «Termoli-Ripalta» non può essere considerata come una soluzione sufficiente del problema in un territorio che si distingue per le sue peculiarità paesaggistiche e turistico-culturali;

          sulle sorti della stazione di Termoli c'è molta incertezza. In un articolo di stampa del 28 febbraio 2020 (www.ilgiornaledelmolise.it) si facevano alcune ipotesi sul suo possibile assetto: dislocamento della ferrovia, spostamento del binario per i treni merci in stallo, copertura, abbassamento, tutti lavori sui quali, pur non rientrando nel progetto del raddoppio della rete ferroviaria, sarebbe opportuno fare chiarezza –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di protocolli d'intesa sottoscritti da Rfi, comune di Termoli e altre parti interessate, sia in merito alla questione della sistemazione del nodo ferroviario termolese sia a quella delle barriere;

          se, nell'ambito delle rispettive competenze, i Ministri interrogati non ritengano doveroso avviare un urgente tavolo tecnico di confronto tra gli attori istituzionali coinvolti e le associazioni e comitati territoriali, al fine di individuare soluzioni condivise e alternative a quelle finora prospettate, in grado di garantire un efficiente assetto urbano e territoriale, la tutela dell'ambiente e della salute pubblica, nonché la salvaguardia della vocazione turistica della città di Termoli.
(4-09017)


      CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          come emerso a mezzo stampa tramite numerose inchieste giornalistiche, Mario Benotti, noto per la mediazione di Dpi fabbricati in Cina, avrebbe sfruttato la conoscenza dell'ex Commissario per l'emergenza COVID-19, dottor Domenico Arcuri, per accreditarsi presso la struttura commissariale in modo da dare alle sue offerte di mediazione una considerazione privilegiata rispetto ad altre commesse;

          secondo quanto emerso dalle indagini, tale pratica avrebbe dato luogo all'accantonamento di 541 offerte per la fornitura di dispositivi per la protezione individuale;

          in base a quando emerso dalle carte, la mediazione di numerose società riconducibili a Mario Benotti, avrebbe portato all'importazione in Italia di una maxicommessa di 801 milioni di mascherine, di cui molte sono state oggetto del sequestro disposto da parte della procura di Gorizia e dalla Guardia di finanza per mancanza dei requisiti di sicurezza;

          gli sforzi compiuti dal comparto industriale italiano nel corso dell'anno 2020, per aumentare la propria capacità produttiva di Dpi, hanno permesso di costruire una rete di fornitura capace di fare fronte alla domanda di mercato ed al fabbisogno nazionale in modo economicamente sostenibile;

          tale crescita assume tinte paradossali se confrontata con i livelli di Dpi di produttori non italiani immessi nel mercato nello stesso periodo;

          da gennaio a dicembre 2020 sono stati reperiti dai mercati esteri Dpi per le vie respiratorie per un valore complessivo di oltre 3,1 miliardi di euro, di cui l'89 per cento riconducibili a materiale prodotto presso la Repubblica popolare cinese, adesso posto in gran parte sotto sequestro per mancanza dei requisiti di sicurezza vigenti;

          stanti questi elementi, non si comprendono le ragioni che avrebbero portato ad una sostanziale preferenza nei confronti di Dpi prodotti in Cina senza seguire i disciplinari vigenti rispetto a produzioni nazionali più sicure ed economicamente sostenibili –:

          se il Governo sia conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per:

              a) privilegiare, per quanto di competenza del Governo e della struttura commissariale, l'acquisto di dispositivi di protezione individuale prodotti in Italia;

              b) chiarire per quanto di competenza, le motivazioni che hanno portato ad una costante e prolungata preferenza del Dpi prodotti in Cina, nonostante il rischio, concretizzatosi, di dispositivi fallaci e non funzionanti, rispetto a Dpi prodotti in Italia;

              c) avvalersi di tutte le iniziative di competenza per chiedere alle controparti cinesi il risarcimento dei danni derivati dall'impiego di Dpi non a norma importati in Italia.
(4-09021)


      FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le disabilità, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

          l'obbligo di indossare le mascherine in aula ha reso ancora più complicata la vita delle bambine e dei bambini, ragazze e ragazzi non udenti che, con la copertura della bocca degli interlocutori, si sono trovati ad affrontare un'ulteriore barriera alla comunicazione e all'apprendimento;

          sono migliaia i giovani studenti in Italia che soffrono di sordità e ipoacusia e per i quali le mascherine classiche a scuola sono un enorme ostacolo. Per questo era fondamentale che almeno le scuole venissero rifornite di mascherine per lettura labiale, dotate appunto di una «fascia» trasparente per permettere alle persone che utilizzano la lettura del labiale di comunicare con i loro insegnanti e accompagnatori;

          come riportato da Orizzonte Scuola, il 30 settembre 2020 la ex Ministra dell'istruzione Lucia Azzolina, durante una visita all'istituto Magarotto di Roma, aveva affermato testualmente: «Ho anche rinnovato il mio invito ad indossare le mascherine, in questo caso trasparenti. In tutta Italia infatti abbiamo distribuito delle mascherine anche di questo tipo, per facilitare la comunicazione con gli studenti sordi»;

          tale affermazione sembra confliggere con quanto riportato dall'Ansa il 28 novembre 2020 dalla quale si apprende che, a quella data, l'ex Commissario straordinario per l'emergenza COVID-19 e l'Inail stavano ancora individuando possibili produttori di mascherine «trasparenti»;

          il 10 marzo 2021, la Ministra per le disabilità, rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata in Assemblea alla Camera dei deputati ha annunciato di essersi attivata affinché le mascherine trasparenti, omologate recentemente, venissero inserite nei canali di distribuzione gestiti dall'attuale Commissario straordinario per l'emergenza, il quale ha garantito di aver già disposto gli atti per acquisire questi dispositivi;

          il 20 marzo 2021 il Commissario straordinario per l'emergenza COVID-19, Generale Figliuolo, rispondendo alla lettera del presidente dell'Associazione nazionale sordi Aps-Ets, in merito alla necessità delle specifiche mascherine trasparenti per le persone sorde o con ipoacusia, informava la stessa di aver disposto per quella stessa settimana, l'avvio delle attività amministrative per acquisizione dei citati Dispositivi di protezione individuali;

          un articolo pubblicato il 25 marzo 2021 sul sito online del giornale di Brescia riporta un intervento della Ministra per le disabilità su Teletutto, nella puntata di «Obiettivo Salute» dedicata alla sordità, che avrebbe dichiarato testualmente: «in via prioritaria vi posso annunciare che il Commissario straordinario per l'emergenza coronavirus Francesco Paolo Figliuolo, mi ha assicurato che ci sarà la distribuzione di una fornitura iniziale di mascherine trasparenti presso alcune sedi circoscritte prima di procedere all'acquisto di massa»;

          da quanto sopra esposto, a parere dell'interrogante, si può desumere che le mascherine «per lettura labiale», annunciate e promesse alle scuole già da settembre 2020 non siano state ancora acquistate, nonostante manchi poco più di un mese alla fine dell'anno scolastico, con grande disagio per tutti quegli studenti e studentesse che ne hanno urgente bisogno;

          a parere dell'interrogante occorre fare chiarezza sul forte ritardo accumulato nel garantire alle scuole l'utilizzo di uno strumento così indispensabile per migliaia di persone –:

          quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo, anche per il tramite della struttura commissariale per l'emergenza COVID-19, affinché venga garantito l'urgente acquisto e una rapida distribuzione di mascherine per lettura labiale in tutti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, rimuovendo così, già dalla fine di questo anno scolastico, l'enorme ostacolo che la mascherina classica crea a chi soffre di sordità e ipoacusia;

          se non si intendano avviare iniziative già da queste settimane, avvalendosi della struttura commissariale per l'emergenza COVID-19 per l'elaborazione di un piano di approvvigionamento e distribuzione capillare di mascherine per lettura labiale in previsione del prossimo anno scolastico, non potendo ancora escludere che venga meno l'obbligo di indossare le mascherine nei luoghi pubblici al chiuso.
(4-09023)


      RUFFINO, BENIGNI, GAGLIARDI, NAPOLI, PEDRAZZINI e SILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

          con la legge n. 160 del 2019, articolo 1, comma 59, è istituito il fondo «Asili nido e scuole dell'infanzia»;

          il suddetto fondo è finalizzato, in particolare, ai seguenti interventi: a) progetti di costruzione, ristrutturazione, messa in sicurezza e riqualificazione di asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia, con priorità per le strutture localizzate nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane, con lo scopo di rimuovere gli squilibri economici e sociali ivi esistenti; b) progetti volti alla riconversione di spazi delle scuole dell'infanzia attualmente inutilizzati, con la finalità del riequilibrio territoriale, anche nel contesto di progetti innovativi finalizzati all'attivazione di servizi integrativi che concorrano all'educazione dei bambini e soddisfino i bisogni delle famiglie in modo flessibile e diversificato sotto il profilo strutturale ed organizzativo;

          il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 2020 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 18 marzo 2021) definisce, in prima applicazione e in via sperimentale per il quinquennio 2021-2025, le modalità e le procedure di presentazione delle richieste di contributo;

          nell'allegato 1, parte integrante del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 2020, sono riportati i comuni ricadenti nelle aree svantaggiate del Paese, nonché i comuni capoluogo di provincia che presentano periferie urbane caratterizzate da situazioni di marginalità economica e sociale, degrado edilizio e carenza di servizi;

          la graduatoria dei comuni dell'allegato 1 è stata redatta in base all'indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM), indicatore ISTAT che in base a vari indicatori stima la vulnerabilità dei territori, valutando la situazione sociale di chi ci abita (famiglie con genitore single, famiglie numerose, alta presenza di anziani e altri). Se l'indice è inferiore a 97 il comune è a basso rischio vulnerabilità, tra 97 e 98 a medio rischio, tra 98 e 99 a medio alto e sopra a 103 è ad alto rischio;

          molti comuni, piccoli e medi, pur non rientrando nella categoria degli enti con alto rischio di vulnerabilità, soffrono una carenza cronica di asili nido e di scuole dell'infanzia;

          l'articolo 1, comma 59 della legge n. 160 del 2019, non fa esplicito riferimento ai «comuni marginali». Stando al suddetto articolo, il riparto delle risorse si sarebbe dovuto basare anche su valutazioni diverse, come il rapporto tra posti disponibili e popolazione residente; in tal modo, si sarebbe data la possibilità di accedere alla graduatoria e quindi eventualmente alle risorse anche ai comuni non marginali ma privi di sufficienti asili nido o scuole dell'infanzia –:

          quali iniziative ritengano di dover adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per porre rimedio a tale situazione.
(4-09025)


      SORTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

          con delibera 1° maggio 2016, il CIPE ha approvato il piano stralcio «Cultura e turismo», presentato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, disponendo l'assegnazione al medesimo Ministero di un importo complessivo di 1.000 milioni di euro da destinare al sistema museale italiano, ai sistemi territoriali turistico-culturali nonché ad interventi di completamento particolarmente significativi ed a nuovi interventi da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

          in particolare, il paragrafo 1.2, lettera c), della citata delibera CIPE, ha disposto la destinazione di 150 milioni di euro a favore di interventi afferenti al progetto di recupero di luoghi culturali dimenticati, denominato «Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati»;

          con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 giugno 2017 è stata istituita la Commissione chiamata ad effettuare la selezione degli interventi da finanziare;

          la predetta Commissione ha terminato i lavori in data 15 dicembre 2017, individuando n. 273 interventi da finanziare;

          malgrado siano ormai trascorsi più di tre anni dal termine dei lavori della Commissione, risulta che i fondi non siano ancora stati trasferiti agli enti interessati, che di conseguenza non hanno potuto mettere in atto interventi molto significativi per il territorio;

          risorse importanti già da molto tempo disponibili nel bilancio dello Stato sono dunque mantenute bloccate, senza raggiungere lo scopo per il quale sono state stanziate;

          si ritiene dunque necessaria una efficace e tempestiva azione del Governo, al fine di porre rimedio alla situazione descritta, nella direzione di raggiungere gli obiettivi dichiarati in un recente intervento del Presidente del Consiglio dei ministri presso la Corte dei conti, con particolare riferimento alla necessità di perseguire l'efficacia dei procedimenti di affidamento e realizzazione di opere pubbliche e investimenti privati –:

          quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di consentire lo sblocco delle risorse assegnate al progetto denominato «Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati», consentendo il trasferimento dei fondi agli enti ammessi al finanziamento e la rapida esecuzione degli interventi.
(4-09026)


      PAOLIN, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SUTTO, TIRAMANI e ZANELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          in data 22 marzo 2021, la procura di Gorizia ha emesso un decreto di sequestro per bloccare, con effetto immediato, la distribuzione di circa 250 milioni di mascherine Ffp2 e Ffp3, afferenti a dodici diversi lotti/modelli, acquistate quasi tutte dalla Cina da parte dell'ex commissario straordinario per il contrasto all'emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, e giacenti – tra le altre – presso le strutture della Protezione civile, delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale, delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa) e strutture analoghe;

          le mascherine interessate dal sequestro sono state esaminate da due laboratori italiani, uno a Torino e l'altro a Milano. I risultati delle analisi da questi effettuate sono sconcertanti: diversi campioni risultano avere una capacità filtrante fino a dieci volte inferiore rispetto agli standard di sicurezza vigenti, stabiliti al 95 per cento per le Ffp2 e al 99 per cento per le Ffp3;

          alla data del 31 marzo 2021 la Guardia di finanza ha già bloccato 65 milioni di mascherine, ma la preoccupazione riguarda ora i 185 milioni di pezzi che risultano ancora in circolazione;

          queste notizie hanno generato rabbia tra gli operatori delle Asl e delle Rsa che per mesi hanno fatto affidamento su queste mascherine per proteggersi dal virus e per non trasmetterlo ad altri. Il dubbio atroce è quello di scoprire che queste mascherine sono state veicolo di contagio tra i sanitari e gli ospiti che accudivano;

          risulterebbe che una parte consistente di questi Dpi difettosi possieda una marchiatura CE2163 proveniente da un laboratorio turco (UniversalCert). Questo accade perché le mascherine seguono un percorso di certificazione europea senza alcun controllo a monte: «in sostanza chi produce mascherine e le vuole vendere in Europa deve rivolgersi a un laboratorio europeo accreditato per la certificazione. La documentazione va quindi inviata all'apposito ufficio della Comunità europea dove viene rilasciato il marchio CE. A questo punto tutti gli Stati membri sono autorizzati ad acquistare le mascherine», spiega Pierangelo Clerici, presidente dell'Associazione microbiologi clinici italiani –:

          quali iniziative di competenza abbiano intrapreso ovvero intendano intraprendere nei confronti degli stabilimenti che hanno prodotto e dei laboratori che hanno certificato le mascherine Ffp2 e Ffp3 oggetto di sequestro;

          se sia stata svolta una valutazione in merito al possibile nesso tra l'utilizzo delle mascherine non a norma presso le aziende sanitarie locali e le Rsa e i casi di contagi da Covid-19 registrati presso queste strutture;

          per quale ragione le prime verifiche sulla conformità delle mascherine in questione, che risultano essere state commissionate da una società privata altoatesina, non siano state effettuate già prima dall'istituto superiore di sanità o dal Ministero della salute;

          se, alla luce di quanto accaduto, non s'intendano intensificare le verifiche sui dispositivi in esame e portare all'attenzione della Commissione europea la necessità di una revisione delle norme per l'acquisizione del marchio CE, anche per quello che concerne la possibilità di ottenere tale certificazione in Paesi che non sono membri dell'Unione europea e che non sembrerebbero dare adeguate garanzie in termini di controllo.
(4-09030)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


      CIRIELLI e BIGNAMI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA, United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) è una agenzia di soccorso, sviluppo, istruzione, assistenza sanitaria, servizi sociali e aiuti di emergenza per oltre cinque milioni di rifugiati palestinesi, istituita a seguito della guerra arabo-israeliana del 1949 e di cui l'Italia è tra i principali finanziatori;

          da un recente rapporto dell'ong israeliana «IMPACT-se» – ente dedito all'analisi e al monitoraggio dei sistemi educativi in base agli standard internazionali sull'educazione alla pace e alla tolleranza indicati dalle dichiarazioni e risoluzioni dell'Unesco – sarebbe emerso che i contenuti didattici prodotti dalla prefata Agenzia Onu presentino elementi di odio e di incoraggiamento alla jihad, alla violenza e al martirio e siano privi di messaggi educativi che promuovano il processo di riconciliazione e la pace;

          secondo la relazione, il materiale scolastico distribuito dall'Unrwa agli studenti in Cisgiordania e a Gaza conterrebbe incitamenti alla violenza, demonizzazione di Israele (indicato come «il nemico» cancellato dalle mappe), glorificazione della jihad e del martirio, teorie del complotto e addirittura un esercizio di matematica che chiederebbe agli allievi di identificare il numero corretto di «martiri dalla prima intifada»;

          quanto denunciato dall'ong, secondo articoli di stampa, sarebbe stato riconosciuto come un mero errore dal commissario generale dell'Agenzia, Philippe Lazzarini, segnando così una defaillance in capo all'Agenzia che, tra l'altro, si era impegnata a rimuovere i contenuti di odio antisemita presenti all'interno del materiale didattico già nel mese di novembre 2020;

          esempi di esclusione e dunque di odio sarebbero contenuti anche nelle nuove linee guida per l'accreditamento delle scuole dell'infanzia palestinese approvate dal Ministero dell'istruzione palestinese nell'ambito del progetto P.a.c.e. (Partnership for a New Approach to Early Childhood); tale progetto, primo classificato nel lotto 2 del «Bando per la concessione di contributi e iniziative proposte da Organizzazioni della società civile e soggetti senza finalità di lucro – dotazione finanziaria 2017» pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 124/2017, è stato promosso dalla onlus emiliana Volontari nel mondo RTM – Reggio Terzo Mondo in Palestina – e sostenuto con un finanziamento di oltre 1,5 milioni di euro dall'Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) sottoposta al potere di indirizzo e vigilanza del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

          l'obiettivo generale del progetto era supportare il Ministero palestinese dell'educazione (Mep) nella realizzazione della strategia nazionale per lo sviluppo della prima infanzia nel periodo 2017-2022 migliorando la qualità, l'accessibilità e la sostenibilità del sistema dei servizi educativi per i più piccoli;

          tuttavia, non sembrerebbe essere in linea con i goals prefissati quanto dichiarato a pagina 18 delle prefate linee guida, dove viene stabilito che: «È assolutamente vietato ricevere sovvenzioni finanziarie o in natura o aiuti tecnici, o avere contatti o attività di gemellaggio o normalizzazione con qualsiasi istituzione dell'occupazione israeliana»;

          seppur nella seconda pagina del testo si specifica che le opinioni espresse nel documento sono del Ministero dell'istruzione palestinese e non riflettono necessariamente le opinioni o le politiche dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, appare assolutamente inaccettabile che un Paese democratico come l'Italia finanzi progetti che incitano all'esclusione e dunque all'odio contravvenendo agli obiettivi cui l'Agenzia stessa tende quali, tra gli altri, la prevenzione dei conflitti e il sostegno ai processi di pacificazione;

          il divieto di contatti con «l'occupazione israeliana» previsto nelle prefate linee guida, infatti, più che promuovere la cultura della convivenza pacifica si dirige verso finalità diametralmente opposte mediante un indottrinamento disvaloriale sin dai primi anni di scuola;

          il Governo ha, quindi, il dovere di verificare che il denaro pubblico investito per finanziare progetti di pace non venga utilizzato per alimentare una cultura dell'esclusione, dell'odio, dell'antisemitismo e della guerra, giacché solo attraverso una istruzione incentrata sui valori dell'integrazione e del rispetto della persona sarà possibile creare le condizioni per una pace autentica e duratura –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di impedire che risorse pubbliche vengano utilizzate per finanziarie progetti che incitino all'odio, all'esclusione e all'antisemitismo;

          se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di promuovere una modifica delle linee guida realizzate con i fondi dell'Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo che imporrebbero alle scuole primarie private palestinesi di evitare ogni contatto con «l'occupazione israeliana», come definita secondo quanto sopra riportato.
(4-09029)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      TOCCAFONDI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          constatato che la ex caserma Donati di Sesto Fiorentino in provincia di Firenze, bene demaniale di proprietà del Ministro della difesa, da venti anni versa in condizioni di degrado assoluto;

          il Ministero della difesa ha in uso governativo il bene, un tempo destinato a parco materiali dell'Esercito italiano, di cui fin dai primi anni del 2000 ne è stata decretata la dismissione;

          il Ministero della difesa, ad una richiesta dell'interrogante, evidenziava in una nota che era venuto meno il contenzioso che impediva ogni decisione essendo stato risolto dal Tar Lazio nel mese di agosto 2018;

          nella nota si evidenziava che la Task Force Immobili ha avviato un percorso volto ad individuare un'ipotesi di valorizzazione del sedime e, in particolare, tenuto conto che lo Stato Maggiore dell'Esercito ha formalizzato il cessato interesse istituzionale, sia ai fini operativi sia ai fini della realizzazione di alloggi a riscatto, in ragione del mutato quadro di situazione dei propri reparti nell'area, le ipotesi in corso di valutazione sono:

              la cessione della caserma Donati all'Agenzia del Demanio per i propri fini istituzionali;

              in alternativa, la cessione al comune di Sesto Fiorentino, anche mediante il cosiddetto Federalismo demaniale, ove ancora percorribile;

          dopo venti anni di degrado la speranza è che possa essere trovata una soluzione che garantisca la fruibilità pubblica dell'area –:

          se le interlocuzioni tra il Ministro interrogato, l'Agenzia del demanio e l'amministrazione comunale e metropolitana abbiano portato ad una decisione sulla ex caserma che versa in totale stato di abbandono e, in caso affermativo, quali siano i tempi per il recupero della struttura.
(5-05816)

Interrogazione a risposta scritta:


      CORDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          con il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94 recante disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate, all'articolo 5, comma 1, che ha introdotto l'articolo 2197-ter al codice dell'ordinamento militare, è stato bandito un concorso straordinario per il reclutamento nel ruolo dei marescialli dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica Militare e riservato al solo personale appartenente ai ruoli sergenti e volontari in servizio permanente arruolato ai sensi della legge 24 dicembre 1986, n. 958 e successive modificazioni e transitato in servizio permanente ai sensi degli articoli 35, comma 2, e 36, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196;

          il suddetto concorso straordinario è stato indetto con decreto interdirigenziale n. 31/1D, emanato dalla direzione generale per il personale militare di concerto con il comando generale del Corpo delle capitanerie di porto il 14 dicembre 2018;

          avverso il medesimo è stato proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in data 10 febbraio 2020, per l'annullamento della graduatoria finale di merito, recante prot. n. M_D GMIL REG2019 0570935, nonché del relativo atto di approvazione, del decreto di immissione in ruolo e del relativo bando del concorso interno straordinario per il reclutamento di marescialli dell'Esercito italiano;

          i ricorrenti hanno contestato l'illegittimità dell'articolo 2, comma 1, del bando di concorso, per violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, nella parte in cui ammette la partecipazione al concorso esclusivamente al personale arruolato ai sensi della legge 24 dicembre 1986, n. 958, e successive modificazioni, e transitato in servizio permanente nei primi due concorsi utili per l'immissione nel ruolo sergenti dell'Esercito nonché nei primi tre concorsi utili per l'immissione in ruolo dei volontari in s.p. dell'Esercito, rispettivamente ai sensi dell'articolo 35, comma 2, e dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 196 del 1995, realizzando una disparità di trattamento per il restante personale transitato in s.p. con il 4° e 5° corso volontari in s.p. che, escluso dal concorso in questione, attendeva come gli altri, da 24 anni il riordino dei ruoli e delle carriere poi avvenuto con il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94;

          l'indizione di tale concorso rispondeva all'esigenza di porre rimedio ad una sperequazione avvenuta ai danni del personale arruolato ai sensi degli articoli 35 e 36 della legge n. 958 del 1986 a causa delle modifiche avvenute con il decreto legislativo n. 196 del 1995 e per il quale non è stato previsto alcun correttivo –:

          quale sia la posizione assunta dal Ministero in merito alla questione esposta e quali iniziative ritenga sia necessario adottare.
(4-09024)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BURATTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          l'articolo 2, comma 1, lettera c), del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, cosiddetto «decreto Liquidità», ha inserito il comma 14-bis all'articolo 6 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il quale, fermo restando il ruolo Sace S.p.a. di export credit agency italiana, le riconosce l'ulteriore compito di concedere garanzie sui finanziamenti alle imprese, assistite dalla controgaranzia statale; si tratta dunque di garanzie, diverse da quelle sui rischi definiti di mercato relative al settore dell'esportazione che rientrano già in via ordinaria nei compiti della società;

          in particolare Sace è autorizzata a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa dell'Unione europea, garanzie sotto qualsiasi forma, ivi incluse controgaranzie verso i confidi, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma concessi alle imprese con sede in Italia, entro l'importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro;

          il citato comma 14-bis demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze – da adottarsi di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dello sviluppo economico – la definizione dei criteri, modalità e condizioni del rilascio da parte di Sace delle garanzie e dell'operatività della garanzia dello Stato, in conformità con la normativa dell'Unione europea;

          con la legge 30 dicembre 2020, n. 178, recante la legge di bilancio 2021, viene prorogata dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021, in conformità con il quadro delle misure di aiuto comunitarie, la disciplina sull'intervento straordinario in garanzia di Sace a supporto della liquidità delle imprese colpite dalle misure di contenimento Covid-19 permetteranno alle stesse di ottenere liquidità in tempi brevi e garantendo continuità alla loro operatività;

          l'articolo 1, comma 210, della citata legge di bilancio 2021 modifica il comma 14-bis al fine di introdurre la percentuale di copertura delle garanzie rilasciabili da Sace, nella misura del 70 per cento, salvo specifiche deroghe di legge, ne consente il rilascio anche in favore delle imprese di assicurazione autorizzate all'esercizio del ramo credito e cauzioni, e consente a Sace di rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa europea, garanzie sotto qualsiasi forma in favore di sottoscrittori di prestiti obbligazionari, cambiali finanziarie, titoli di debito e altri strumenti finanziari emessi da imprese in Italia;

          il 28 gennaio 2021 la Commissione, con la Comunicazione C(2021) 564 final (quinta modifica), ha prorogato ulteriormente al 31 dicembre 2021 il Quadro delle misure di aiuto, sia quelle in scadenza al 30 giugno 2021, sia quelle per la ricapitalizzazione la cui scadenza era fissata al 30 settembre 2021;

          il citato decreto ministeriale di attuazione della norma, ad oggi, ancora non risulta emanato, circostanza che impedisce a Sace di poter operare nella pienezza delle sue funzioni, con evidenti e gravissime ripercussioni negative per tutte le imprese già gravemente colpite dalla crisi economica in corso –:

          quali siano i tempi per l'emanazione del decreto interministeriale di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), del cosiddetto decreto «Liquidità», al fine di rendere in concreto operativa la garanzia di Sace e quali iniziative di competenza siano state concretamente messe in atto da parte dei Ministri interrogati per l'attuazione dell'intervento, sostegno fondamentale per le imprese;

          se il Governo intenda adottare iniziative per prevedere l'estensione dell'intervento Sace fino al 31 dicembre 2021 alla luce della proroga ulteriore del Quadro europeo delle misure di aiuto.
(5-05813)


      BERLINGHIERI e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          l'Italia è uno dei più importanti centri mondiali per la produzione degli articoli di oreficeria, argenteria e gioielleria. Secondo le stime elaborate dal Centro studi di Confindustria Moda su dati Istat, Movimprese ed Eurostat (dati riferiti al 2019), il settore orafo-argentiero-gioielliero italiano conta 7.360 aziende circa, in grado di occupare poco più di 31.400 addetti;

          il settore orafo-argentiero-gioielliero è costituito da una ampia ed articolata filiera che, dalla materia prima – su tutti metalli e pietre preziose, conduce ad un altrettanto ampia gamma di prodotti finiti dai molteplici usi. Guardando alla parte a monte della filiera, secondo i dati Istat, nell'anno 2019 la principale voce di importazione è costituita dall'oro grezzo, per un valore di oltre 4,6 miliardi di euro, in aumento del +34,7 per cento rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno;

          a livello mondiale, circa l'80 per cento della produzione di oro proviene dalle miniere su larga scala (Large-Scale Mining, Lsm), mentre le miniere artigianali (Artisanal and Small-Scale Mining, Asm) forniscono attualmente dal 17 al 20 per cento della produzione globale;

          recentemente è entrato in vigore il regolamento (Ue) 2017/821 sui minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio, – recepito in Italia con il decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 13 – anche noti come conflict minerals o blood minerals, che si applica ai minerali e ai metalli di oro, stagno, tungsteno e tantalio. Il regolamento, risultato di un lungo processo partito nel 2014, si pone, difatti, l'obiettivo di fermare – attraverso obblighi in materia di dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell'Unione di alcune materie prime originarie di zone di conflitto o ad alto rischio – il commercio di minerali che sono utilizzati per finanziare gruppi armati, che sono causa di lavori forzati e di altre violazioni dei diritti umani e che favoriscono corruzione e riciclaggio di denaro;

          sulle materie prime, l'associazione di categoria è consapevole del rischio che l'oro estratto non in conformità con gli standard internazionali prima citati, e quindi anche con le possibili violazioni dei diritti umani, possa potenzialmente essere illegalmente importato in Italia. Questi rischi riguardano anche la produzione (estrazione) su larga scala, ma prevalentemente quella di miniere artigianali. E, difatti, considerati i rischi connessi alla produzione artigianale e tenendo conto di diversi rapporti di organizzazioni non governative su questo tema, la categoria vorrebbe comprendere meglio la provenienza della materia prima per evitare le fonti di approvvigionamento a rischio –:

          quali siano i dati che l'Agenzia delle Dogane ha in merito alla reale origine dell'oro grezzo che viene importato in Italia e negli altri Paesi dell'Unione europea;

          quali iniziative intenda adottare, per definire e implementare procedure, in sede doganale, per adottare misure in materia di trasparenza e catene di approvvigionamento che limitino al massimo i rischi di violazione dei diritti umani.
(5-05818)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


      POTENTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

          da un articolo del quotidiano «Il Tirreno» pubblicato in data 14 aprile 2021 si apprende che due email anonime partite da un indirizzo usato dall'infermeria della casa circondariale di Livorno «Le Sughere» avrebbero segnalato a più destinatari che «il direttore del presidio sanitario dell'istituto penitenziario avrebbe fatto vaccinare la moglie con una dose di Moderna il giorno in cui era prevista la somministrazione al personale penitenziario che rientra nelle categorie fragili»;

          le due email citate dall'articolo di stampa avrebbero contenuto in allegato «i documenti che appaiono essere i consensi informati firmati dalla donna e dal marito dottore»;

          secondo questa ricostruzione, la donna – agente della Polizia di Stato – sarebbe stata vaccinata con una dose di Moderna anziché, come previsto per le forze dell'ordine, con AstraZeneca;

          a proposito di quest'episodio, la direttrice generale dell'azienda Usl Toscana nord ovest Maria Letizia Casani ha affermato in una nota che «in relazione al caso del medico responsabile della sanità penitenziaria del carcere, l'Asl conferma che è stata avviata un'indagine specifica per ricostruire l'accaduto e individuare eventuali responsabilità. Una volta accertati i fatti, verranno valutati gli eventuali e conseguenti provvedimenti disciplinari previsti, salvo ogni altra valutazione» –:

          se e di quali notizie la siano a conoscenza e se non ritengano di promuovere le verifiche di competenza in ordine a quanto esposto in premessa.
(4-09027)


      GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          in un'intervista della giornalista di Radio Radicale Sonia Martina trasmessa il 15 aprile 2021, l'avvocato Vincenzo di Nanna e lo psichiatra Danilo Montinaro hanno reso nota la vicenda giudiziaria del signor Alberto Esposito, sottoposto nel novembre 2014 a perizia psichiatrica nel corso di un processo celebrato dinanzi al Tribunale di Rimini per il reato di «atti osceni»;

          secondo quanto accertato dal perito d'ufficio, l'uomo fu ritenuto incapace d'intendere e volere al momento del fatto e quindi prosciolto dal Tribunale, ma sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata per un anno, poiché ritenuto socialmente pericoloso in quanto affetto da «schizofrenia»;

          tale misura è stata poi periodicamente prorogata ed è tuttora in vigore;

          il dottor Montinaro, consulente della difesa recentemente incaricato insieme all'avvocato Di Nanna, sottoposto il signor Esposito ai dovuti accertamenti, ha tuttavia verificato che non è affetto da schizofrenia, bensì da un semplice ritardo mentale, condizione che farebbe venir meno la pericolosità sociale, sinora affermata sulla base di un'errata diagnosi;

          il difensore, nel corso del procedimento di riesame della pericolosità sociale presso l'ufficio di sorveglianza di Bologna, ha quindi contestato la precedente diagnosi e il giudizio di pericolosità e il magistrato di sorveglianza dottoressa Manuela Mirandola, ha finalmente ordinato una nuova perizia psichiatrica, conferendo incarico al professor Vittorio Melega;

          il perito d'ufficio con relazione del 16 dicembre 2020 ha confermato la diagnosi di ritardo mentale formulata la prima volta dal citato perito di parte, escludendo con certezza quella di schizofrenia;

          il professor Melega, tuttavia, nelle conclusioni, ha proposto il mantenimento della misura di sicurezza che, a suo giudizio, sarebbe legata principalmente alla possibilità di fornire un intervento sanitario ritenuto indispensabile, altrimenti difficilmente praticabile, e solo indirettamente per prevenire eventuali atti criminosi nel caso in cui il periziando sottraendosi ad un costante controllo sanitario si scompensasse di nuovo. Questa situazione però rischia di prolungarsi all'infinito, se non sopravvengono evoluzioni che attualmente è difficile intravedere; ha ritenuto pertanto che: «sarebbe corretto che la misura di sicurezza fosse mantenuta tassativamente per un tempo determinato, proprio per costringere le parti a cercare soluzioni praticabili e condivise e iniziare a sperimentare»;

          l'avvocato Di Nanna ha inoltre ricordato come una misura di sicurezza non possa mai esser applicata e mantenuta solo per imporre coattivamente determinate cure, potendosi ove necessario ricorrere all'accertamento sanitario obbligatorio o al trattamento sanitario obbligatorio, tramite l'intervento delle strutture sanitarie territoriali;

          lo stesso ha reso noto che il 21 aprile 2021 il magistrato di sorveglianza di Bologna non sarà solo chiamato a procedere al riesame della pericolosità sociale, ma anche a valutare l'eventuale aggravamento della misura di sicurezza, poiché Esposito si sarebbe reso responsabile, nonostante fosse già stato ammonito, di una violazione delle prescrizioni, essendo uscito dalla comunità in cui è ristretto senza farsi accompagnare da un operatore;

          il difensore ha altresì posto in rilievo l'indole nonviolenta e pacifica dell'uomo che dal 2014 non ha più commesso reati o riportato denunce;

          come riportato da corrieredibologna.corriere.it, il perito di parte Montinaro ha inoltre spiegato che «su una persona che andava curata in altra maniera, i potenti antipsicotici e psicofarmaci potrebbero aver peggiorato il decadimento cognitivo»;

          a parere dell'interrogante andrebbero verificate le condizioni determinanti la limitazione della libertà personale di Esposito, basate su un'errata diagnosi di schizofrenia –:

          se siano a conoscenza della vicenda in premessa;

          se l'errata diagnosi non possa aver peggiorato il decadimento cognitivo di Esposito e se il Ministro della salute non intenda verificare con un'ispezione l'idoneità delle terapie somministrate negli anni al paziente;

          quali siano le statistiche negli ultimi 10 anni di applicazione delle diverse misure di sicurezza e se, alla luce di tali verifiche, non intenda adottare iniziative normative in materia.
(4-09034)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

          il 24 febbraio 2021 è stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, il bando di gara per la progettazione esecutiva e realizzazione dei lavori di collegamento tra il raccordo autostradale e la sponda destra del fiume Magra;

          si tratta del primo atto concreto verso la costruzione del cosiddetto «nuovo ponte bretella Ceparana Santo Stefano» cui farà seguito l'affidamento del progetto esecutivo, incluso l'incarico di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione dell'opera, per poi giungere all'ultima fase, quella della vera e propria esecuzione dei lavori;

          secondo il quadro economico previsto per l'opera, il corrispettivo stimato della progettazione esecutiva e del coordinamento della sicurezza in fase di progettazione (esclusi oneri previdenziali 4 per cento e Iva) è pari a 160.000 euro, per l'esecuzione dei lavori è invece stato stimato un importo complessivo pari a 10.565.907,68 euro (comprensivo di realizzazione del ponte sul fiume Magra e delle rampe di accesso ed oneri per la sicurezza), mentre complessivamente per l'intero programma è previsto un investimento di oltre 15 milioni di euro;

          si tratta di un passaggio fondamentale per la realizzazione del nuovo «ponte bretella» Ceparana Santo Stefano, una delle principali opere infrastrutturali che la provincia di La Spezia ha nel proprio programma, un intervento radicale in grado di risolvere molte delle problematiche viarie oggi presenti nell'intera zona;

          il collegamento tra il raccordo autostradale e la sponda destra del fiume Magra è fondamentale sia per la Val di Magra che per la bassa Val di Vara, sia per chi abita in queste zone che per le aziende ed i trasporti di merce;

          a seguito del crollo del ponte di Albiano Magra avvenuto in data 8 aprile 2020 l'unica viabilità di collegamento per i residenti e per raggiungere le attività economiche presenti in detta area è rappresentata dalla strada statale 330 del Buonviaggio, arteria che in prossimità dell'ingresso nell'abitato di Ceparana attraversa con un cavalcavia l'autostrada A12 Livorno/Genova;

          da segnalazioni ricevute sul web e da segnalazioni di cittadini risulterebbe che il sopra citato piccolo viadotto che incide sulla A12 all'ingresso di Ceparana presenterebbe segni di possibili lesioni della struttura –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per pervenire a un sollecito intervento di manutenzione di tale manufatto stradale.
(5-05817)


      PELLICANI e VISCOMI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          la pandemia sta continuando a causare gravissime perdite economiche del settore aeroportuale nazionale;

          il trasporto aereo italiano è indubbiamente un asset strategico per il nostro Paese; è stato il settore più colpito, quello che si è fermato per primo e che ripartirà per ultimo a causa del susseguirsi di lockdown e di altre limitazioni alla libertà di spostamento nei Paesi e tra di essi;

          in particolare, negli aeroporti della regione Veneto il traffico passeggeri tra il 2019 e il 2020 è passato da 18 a 4,3 milioni. Venezia ha registrato un calo del traffico dell'88 per cento, Treviso del 100 per cento, Verona dell'86 per cento, con riflessi negativi in termini economici e occupazionali;

          secondo le previsioni, questi risultati negativi si protrarranno per tutto il 2021, nonostante il positivo avvio del primo bimestre dell'anno, la seconda ondata della pandemia ha compromesso ogni rapido tentativo di rilancio;

          qualche giorno fa, i precari degli aeroporti veneti, in un presidio organizzato dalle sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil insieme a Ugl, si sono ritrovati in piazza, a Mestre, a manifestare contro una crisi che blocca il settore da più di un anno;

          circa 8 mila sono i dipendenti diretti e dell'indotto, un comparto strategico per l'economia del Veneto; molti hanno competenze professionali che difficilmente possono essere spese altrove. Per questo, se non dovesse essere confermato il blocco dei licenziamenti, con il calo del lavoro dovuto alla pandemia, si potrebbero verificare tagli pari al 30 per cento sul totale dei lavoratori;

          gli impiegati negli scali di Venezia, Verona e Treviso chiedono garanzie per il loro futuro, appeso, momentaneamente, al sottile filo degli ammortizzatori sociali, un filo troppo fragile per permettere di guardare avanti con ottimismo;

          a gestire gli aeroporti veneti c'è la società del Gruppo Save, con 1.200 dipendenti; con questa, di recente, i sindacati di categoria si sono scontrati, per la richiesta del taglio degli stipendi degli addetti alla sicurezza aeroportuale degli scali di Venezia e Treviso, successivamente perché non si è trovato un accordo, neanche sulla gestione della cassa integrazione per i circa 400 lavoratori dei due scali veneti impiegati dalla società Triveneta Sicurezza;

          la Save, oltre alla richiesta del taglio dell'integrativo contrattuale, pari a un 25 per cento del salario, mette sul piatto un'ulteriore decurtazione nel passaggio tra cassa integrazione straordinaria e l'apertura delle 12 settimane di cassa in deroga COVID, rifiutandosi di erogare il supplemento economico che avrebbe permesso ai dipendenti di percepire fino all'80 per cento della media delle retribuzioni precedenti alla cassa, nonché di anticipare le somme per l'Inps, come previsto dal «Decreto Sostegni» (decreto-legge n. 41 del 2021);

          questo dimostra che la società, secondo gli interroganti, vuole far pagare i costi della crisi in toto ai lavoratori, senza determinare un percorso che contempli tenuta occupazionale, salvaguardia dei redditi di tante famiglie e prospettive di continuità professionale negli scali –:

          se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere al fine di tutelare la continuità dei livelli occupazionali negli aeroporti veneti, a partire dalla convocazione di un tavolo tecnico permanente per affrontare la crisi del settore.
(5-05820)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


      MONTARULI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          negli scorsi giorni, in Bulgaria, si sono svolte le elezioni parlamentari che hanno portato, stando agli exit-poll diffusi alla chiusura dei seggi, alla riconferma del premier uscente Boyko Borissov, nonostante l'emergenza epidemiologica derivante dalla diffusione del virus Covid-19 attualmente in corso;

          in occasione delle elezioni bulgare del 4 aprile 2021, tuttavia, al fine di garantire l'attività di monitoraggio elettorale a breve termine per verificare, al momento del voto, il rispetto delle procedure previste in materia, anche l'Italia ha proceduto all'invio della propria delegazione di parlamentari;

          sarebbe altresì previsto, da parte dell'Italia, l'invio di rappresentanti, nell'ambito della delegazione di rappresentanti dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) e del Consiglio d'Europa (CdE), anche in occasione delle prossime elezioni parlamentari in Albania, previste in data 25 aprile 2021, così come già successo in Kyrgyzstan per le elezioni presidenziali anticipate del 10 gennaio 2021, negli Stati Uniti per le elezioni generali del 3 novembre 2020 e in Georgia per le elezioni parlamentari del 31 ottobre 2020, tutte procedure elettorali svolte in periodo emergenziale;

          in Italia gli stranieri residenti hanno inoltre potuto esercitare il loro sacrosanto diritto di voto per le elezioni politiche avvenute nei Paesi di origine; da ultimo è accaduto in relazione alle elezioni peruviane con conseguenti numerose code in tantissime nostre città;

          ciò accade nonostante il rinvio delle elezioni amministrative e l'esclusione dell'ipotesi del voto politico anticipato per effetto della nascita del Governo Draghi;

          per l'interrogante risulta contraddittorio il rinvio delle elezioni in Italia per motivi di sicurezza e, allo stesso tempo, l'invio di delegati italiani per verificare e controllare la correttezza delle operazioni elettorali altrui;

          secondo l'interrogante vi sarebbe una violazione del diritto costituzionale, quantomeno sotto il profilo del principio di uguaglianza, per il fatto che gli italiani vedono il voto rinviato, mentre è correttamente consentito agli stranieri esercitare il proprio diritto di voto per le elezioni che si svolgono nella Nazione di cui sono cittadini –:

          quali iniziative siano state assunte per garantire che l'esercizio, nelle sedi preposte in territorio italiano, del diritto di voto da parte degli stranieri in relazione alle elezioni politiche svolte nei loro Paesi sia sempre svolto nel pieno rispetto delle esigenze di tutela della salute.
(3-02217)

Interrogazioni a risposta scritta:


      ZOFFILI e CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          un video che circola in rete datato il 14 aprile scorso, mostra un uomo extracomunitario completamente nudo che passeggia presso i «giardini a lago» di Como; in stato confusionale veniva poi fermato da una pattuglia della Polizia di Stato tra lo sgomento di alcuni passanti;

          il fatto è solo l'ultimo, in ordine di tempo, che dimostra lo stato di degrado sotto il profilo della sicurezza pubblica in cui versa la zona in questione (area giardini a lago, stadio, monumento ai caduti, tempio voltiano), in particolare da quando si decideva di ritirare il presidio permanente attivo – ventiquattr'ore su ventiquattro – delle forze dell'ordine;

          è da alcuni anni, infatti, che è stata registrata una compromissione della qualità di vita nella zona a causa della costante presenza di gruppi di individui extracomunitari che, dediti allo spaccio e all'abuso di alcol, sono stati protagonisti di risse, borseggi, intimidazioni e altri gravissimi episodi criminali come l'accoltellamento di una guardia giurata in servizio presso il supermercato ivi presente;

          si tratta di una situazione ormai insostenibile, evidenziata ormai da tempo dall'interrogante anche attraverso atti sindacati ispettivo (nn. 4-00172 e 4-07359), in cui si richiede altresì un rafforzamento dell'organico delle forze dell'ordine a Como e in tutta la provincia –:

          alla luce dell'ulteriore fatto riportato in premessa, quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, con la massima urgenza, per far cessare il cronico stato di illegalità in cui versa l'area;

          se, a tal fine, si intenda rafforzare la presenza delle forze dell'ordine a Como anche attraverso il potenziamento dell'aliquota di militari dell'operazione strade sicure;

          se non ritenga opportuna la riattivazione del presidio permanente delle forze dell'ordine nell'area interessata.
(4-09028)


      GALANTINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

          nella relazione semestrale del Ministero dell'interno al Parlamento sull'attività svolta e i risultati conseguiti dalla direzione investigativa antimafia nel periodo gennaio-giugno 2020, emerge drammaticamente come l'emergenza sanitaria da Covid-19 abbia influenzato, acuendole, le dinamiche della già complessa architettura criminale nel territorio di Barletta-Andria-Trani (Bat), «territorio crocevia di fenomeni delinquenziali mafiosi e di malavita comune, di diversa provenienza sia locale che importata dalle limitrofe province foggiana e barese», sottolineando, in particolare, la preoccupazione che le ripercussioni sull'economia possano trasformarsi in «opportunità di business per la criminalità organizzata, tenuto conto della disponibilità finanziaria delle consorterie e del loro persistente grado di penetrazione nel tessuto socio-economico, con ripercussioni negative soprattutto sulle eccellenze del locale sistema produttivo»;

          l'allarme sulla situazione della criminalità nella Bat è stato lanciato qualche giorno fa anche dal procuratore di Trani, Renato Nitti, che ha parlato di «Una provincia depredata, (...) e fortemente esposta alla infiltrazione criminale. Questo territorio, nell'agenda nazionale delle emergenze criminali, semplicemente non esiste», auspicando venga compiuto ogni sforzo possibile per riportare la provincia pugliese a valori di normalità;

          a tale denuncia fanno eco le parole dei referenti del Partenariato economico e sociale: «Solitamente l'infiltrazione criminale fa il paio con territori che soffrono una debolezza anche sul terreno dello sviluppo e dell'occupazione. Bisogna agire contestualmente senza risparmio alcuno»; «nonostante la presenza per fortuna della Prefettura che, mai come ora, prova ad essere presente su ogni accento o sbavatura che quotidianamente emerge sul terreno in merito al contrasto ad ogni forma di illegalità c'è bisogno di uno sforzo corale di tutti. Essere ai primi posti, tra le province italiane, per numero di furti di auto, per omicidi volontari, tentati omicidi, rapine ed estorsioni, fa una enorme impressione molto di più di quella che appare come immagine corrente. Le scorribande sono anche conseguenze delle nostre condizioni di perenne incompiuta? Scontiamo certamente anche l'assenza di presidi di legalità importanti, che faticosamente si stanno insediando, uno su tutti la Questura ma manca ancora un comando provinciale di Guardia di Finanza e Carabinieri. Ma si ha anche la percezione di uno svogliato disincanto che riduce la rivendicazione e la pretesa di un giusto diritto»;

          nella sua lucida analisi, che parte da dati inconfutabili per arrivare ad analizzare le grosse lacune che il territorio si trascina da tempo, Nitti ha ricordato come il supporto della polizia giudiziaria di Bari e Foggia, seppur encomiabile, non sia sufficiente, mentre dalle stesse aree confinanti le mafie hanno allungato le proprie mire su una Bat troppo fragile, e proprio per questo «depredata anche delle sue proprie, esclusive istituzioni provinciali di contrasto alla criminalità»;

          ne consegue un diffuso senso di impunità che nasce da una percezione di debolezza delle istituzioni e «che si manifesta in numerosi episodi di attentati, anche mediante ordigni esplosivi, contro le forze dell'ordine e, in generale, rappresentanti delle istituzioni. E ciascuno di questi episodi, a sua volta, produce un impatto devastante sulla fiducia nelle istituzioni e finisce per incentivare e moltiplicare comportamenti analoghi» –:

          se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e quali immediate iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per sanare la situazione di diffusa e preoccupante criminalità in cui versa il territorio della provincia di Barletta-Andria-Trani, per riportarlo a valori di normalità;

          se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare per dare seguito alle richieste in sostanza avanzate dal procuratore Nitti e dai referenti del Partenariato economico e sociale, con particolare riguardo alla necessità di istituire la questura e i comandi provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, quali presidi di legalità per un efficace e improcrastinabile contrasto alla criminalità.
(4-09033)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      TORROMINO e APREA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

          l'autonomia scolastica, prevista nell'articolo 21 della legge n. 59 del 1997 e regolamentata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 trova attuazione, innanzitutto, nel riconoscimento della personalità giuridica a tutte le istituzioni scolastiche che raggiungono le dimensioni idonee a garantire l'equilibrio ottimale tra domanda di istruzione e organizzazione dell'offerta formativa;

          la definizione di rete scolastica dovrebbe essere fondata su valutazioni di natura funzionale e didattica finalizzate a dare alle scuole stabilità nel tempo, peso istituzionale, possibilità concreta di conseguire gli obiettivi pedagogici programmati;

          gli interventi normativi volti a introdurre limiti al dimensionamento scolastico sono stati dettati da ragioni di contenimento della spesa pubblica e, nel tempo, si è reso obbligatorio il ricorso all'istituto della reggenza per alcune realtà scolastiche con detrimento delle relative comunità scolastiche: la figura del dirigente scolastico appare fondamentale per la corretta gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa, di coordinamento, e per la sicurezza;

          l'istituto della reggenza ha inoltre pesantemente incrementato il peso dei dirigenti scolastici già titolari di sede;

          nel corso dell'esame parlamentare della legge di bilancio 2021, anche in seguito all'emergenza pandemica e alla complessità della gestione delle scuole, sono stati modificati – per l'anno scolastico 2021/2022 – i parametri dimensionali per il mantenimento della personalità giuridica delle istituzioni scolastiche portando da 600 a 500 il numero degli alunni necessari, con la deroga per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche per le quali tale parametro è ridotto a 300 alunni;

          il settore dell'istruzione è un settore strategico e fondamentale per il Paese, tanto più oggi, nella società della conoscenza, in cui i progressi tecnologici chiedono alla scuola importanti cambiamenti culturali e metodologici; la scuola deve essere posta al centro delle priorità reali del Paese, deve essere valorizzata e, soprattutto, deve essere garantito effettivamente il diritto all'istruzione, cioè la reale possibilità di accesso in condizioni di sicurezza sia per la popolazione scolastica che per la comunità tutta;

          alla luce delle nuove sfide che la scuola deve affrontare, e pur riconoscendo i limiti imposti dalla difficile situazione della finanza pubblica, i nuovi parametri sono ormai un impegno improrogabile: occorre una riorganizzazione della rete scolastica sulla base di un dimensionamento effettivamente ottimale;

          l'emergenza da COVID-19 sta determinando rilevanti conseguenze sul livello degli apprendimenti e sta causando l'incremento rilevante in tutto il Paese della dispersione scolastica che, dopo anni, torna a riguardare anche le scuole primarie;

          sarebbero circa 200 le scuole interessate dall'applicazione di tale ipotesi normativa che non perderebbero l'autonomia e non dovrebbero essere assegnate in reggenza per il prossimo anno scolastico con una esposizione finanziaria di circa 30 milioni di euro in tal caso, si tratterebbe di procedere all'assunzione dei relativi dirigenti scolastici con un po' di anticipo rispetto ai circa 500 pensionamenti che si prevedono nel prossimo anno scolastico;

          risulta agli interroganti che il Ministero abbia concesso agli Uffici scolasti regionali la facoltà di stabilire, autonomamente e discrezionalmente, le modalità di applicazione effettiva della norma –:

          se non ritenga, nelle more di un ripensamento complessivo della normativa in materia di dimensionamento scolastico, anche al fine di affrontare l'emergenza pandemica, di prevedere nella prima iniziativa normativa utile disposizioni volte a rendere definitiva la disciplina introdotta con legge n. 178 del 2020, considerato che la norma riguarderebbe circa 200 scuole e che nell'anno scolastico 2022/2023 i dirigenti assegnati a queste istituzioni scolastiche verrebbero assorbiti dai pensionamenti.
(5-05810)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


      PAOLO RUSSO e SARRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          l'Istat nel rapporto sul benessere equo e sostenibile, pubblicato a marzo 2021, ha documentato che la pandemia da COVID-19 ha drasticamente ridotto la speranza di vita alla nascita;

          in appena dodici mesi gli italiani hanno perso circa 0,9 anni di vita a livello nazionale con una riduzione da 83,2 a 82,3 anni. In alcune regioni il dato registrato è ancora più basso di quello nazionale, come in Lombardia dove la speranza di vita è diminuita di 2,4 anni;

          in un solo anno la pandemia ha cancellato l'aumento di vita attesa registrato nel decennio 2010-2019;

          purtroppo, sempre l'Istat, ha sottolineato che il trend decrescente della speranza di vita non si è ancora arrestato e che sarà necessario molto tempo prima di ritornare ai livelli prepandemia;

          l'Inps ha confermato per il 2021 la soglia per accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni, soglia che rimarrà invariata anche per il 2022, mentre nel 2023 l'età pensionabile dovrebbe salire a 67 anni e tre mesi –:

          se, alla luce della marcata riduzione della speranza di vita registrata dall'Istat, il Governo non intenda adottare iniziative per rivedere al ribasso il limite di età attualmente previsto per la pensione di vecchiaia.
(4-09019)

SALUTE

Interpellanza:


      La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della salute, il Ministro per le disabilità, per sapere – premesso che:

          ad oltre un anno dall'inizio della epidemia da COVID-19 si registra all'interno del Sistema sanitario nazionale una situazione di disagio per tutti quei pazienti che necessitano di cure no-COVID, i cui effetti si avvertiranno solo tra qualche tempo, come dimostrano i dati di Agenas;

          secondo tali dati, nei primi sei mesi del 2020, i ricoveri sono stati 3,1 milioni, contro i 4,3 dello stesso periodo dell'anno precedente; da gennaio a settembre 2020, si sono perse 52 milioni di visite specialistiche e prestazioni diagnostiche, pari al 30 per cento; si sono fatti il 22 per cento di interventi in meno per il cancro alla mammella, il 24 per cento in meno per quello della prostata e il 32 per cento in meno per quello al colon; del 13 per cento per il retto e il polmone, del 21 per cento per il melanoma e del 31 per cento per la tiroide;

          questi dati, seppur drammatici, non fotografano appieno la realtà che si è venuta a creare in alcune regioni, quali ad esempio la Lombardia dove le percentuali degli interventi non eseguiti sono molto più alte;

          non solo gli interventi si sono fermati, ma anche gli screening e le visite di controllo oncologiche hanno subìto un forte calo rispetto al 2019 (lo screening della cervice uterina si è ridotto del 32 per cento, quello della mammella del 30 per cento, quello del colon-retto del 34 per cento, le visite di controllo in Umbria sono diminuite del 3 per cento, in Basilicata del 60 per cento, in Lombardia del 27 per cento, interrompendo quel lavoro di prevenzione e controllo le cui conseguenze saranno visibili solo tra qualche anno;

          il COVID ha creato una situazione di «allarme-tumori» che va affrontata con misure d'emergenza poiché il blocco di esami e visite oncologiche, lo stop agli screening a inizio pandemia, a cui è seguita la paura dei pazienti ad accedere agli ospedali in corrispondenza delle diverse ondate, hanno creato le premesse per una epidemia di tumori nei prossimi anni;

          anche per quanto riguarda gli infarti gravi si ha, rispetto al 2019, il 23,5 per cento di ricoveri in meno, il 34 per cento delle angioplastiche e il 43 per cento di interventi di bypass in meno, eppure, i problemi cardiologici sono considerati le urgenze per antonomasia ed è difficile trovare inappropriatezza delle cure rispetto a queste patologie. I ricoveri per ictus si sono ridotti in media del 23 per cento con punte del 35 per cento in Puglia, del 42 per cento nelle Marche e del 49 per cento nel Molise;

          inoltre, è diventato sempre più urgente riuscire ad intercettare tutti quei pazienti non acuti ma comunque gravi, che si sono allontanati dal sistema sanitario, nonostante necessitino di cure specifiche ed appropriate;

          chirurgia generale è una delle maggiori vittime del COVID. Secondo i dati Agenas, il taglio dei ricoveri per operazioni programmate è stato in media del 53 per cento nei quattro mesi da marzo a giugno mentre per i ricoveri ordinari, del 50 per cento e, la mancanza di un reale piano di recupero e riprogrammazione a livello nazionale fa allontanare la data entro la quale si possa tornare ad una normalità recuperando le liste di attesa ormai fuori controllo che rischiano di aggravare ulteriormente la situazione;

          il COVID ha avuto come effetto immediato quello di tenere lontane le persone dai pronto soccorso, con la conseguenza che tutti i dipartimenti di emergenza hanno ridotto il loro lavoro, specialmente nel corso della prima ondata. Nel primo semestre del 2020, fatti salvi gennaio e febbraio, i ricoveri urgenti in Italia sono calati in media del 23 per cento nonché si sono perse quasi 50 milioni di visite diagnostiche e specialistiche passando dai 170 milioni di visite negli anni pre-COVID ai 118 milioni di visite ed esami durante il periodo COVID;

          l'epidemia ha avuto riflessi anche sui trapianti che sono calati del 10 per cento, essendo calate anche le donazioni sia da pazienti deceduti sia quelle tra viventi;

          in ultima analisi, se si volesse fare un calcolo, seppur impreciso di quante vite umane sia costata, sin qui, la cosiddetta «sanità interrotta», si potrebbe far riferimento ai dati Istat del 2020 che hanno fatto registrare un incremento di 100 mila decessi, di cui 75 mila imputabili al virus. Si potrebbe cioè concludere che sono stati 25 mila in più i pazienti scomparsi per mancata o insufficiente cura anche se, in realtà, per stimare con precisione gli effetti della sanità interrotta sulla mortalità, ci vorrà del tempo –:

          alla luce dei fatti sopraesposti e in aggiunta ad una rapida attuazione del piano vaccinale contro il COVID-19 quali iniziative di competenza urgenti il Governo, in accordo con le regioni e le province autonome, intenda adottare affinché si a predisposto un reale piano di recupero delle prestazioni non eseguite durante il periodo pandemico da parte del Servizio sanitario nazionale al fine di tornare ad una presa in carico delle persone più fragili come i malati cronici, oncologici, e altro, nonché delle persone disabili e delle loro famiglie.
(2-01185) «Carnevali».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BARZOTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

          l'Asst di Lodi è recentemente balzata agli onori della cronaca per varie questioni dal caso delle migliaia di mascherine del tipo FFP2 e FFP3 destinate al personale che lavora nei vari nosocomi e sequestrate dalla procura della Repubblica di Gorizia in quanto non conformi alle norme CE, alla presunta indebita erogazione di retribuzioni che sarebbero state percepite dai lavoratori in violazione del contratto nazionale di lavoro ed ora dovrebbero essere restituite con somme che raggiungerebbero persino 80.000,00 euro;

          ancora una volta sarebbero i dipendenti dell'Asst a vedere pregiudicati i loro diritti, in quanto sarebbero stati negati i giorni di permesso ai lavoratori destinatari dei benefici introdotti dalla legge n. 104 del 1992 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone diversamente abili;

          decisione, peraltro, in aperta controtendenza rispetto a quanto previsto dal decreto-legge n. 18 del 2020 (cosiddetto «Cura Italia»), il quale per far fronte all'emergenza epidemiologica COVID-19, ha invece previsto l'incremento del numero di giorni di permesso previsti dalla legge n. 104 del 1992 o a quanto disposto dall'articolo 21-ter della legge n. 126 del 2020 che ha previsto il diritto al lavoro agile per i genitori di figli con grave disabilità riconosciuta ai sensi della legge n. 104 del 1992 fino al 30 giugno 2021 e ciò anche in assenza di accordi individuali;

          anche il decreto-legge n. 30 del 2021 (cosiddetto «decreto Draghi») ha adottato misure di sostegno a favore dei genitori destinatari dei benefici previsti dalla legge n. 104 del 1992, estendendo il congedo Covid a favore di tutti i genitori lavoratori dipendenti (alternativamente tra loro), anche se non conviventi e senza alcun limite di età dei figli affetti da disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge n. 104 del 1992;

          secondo il sindacato Confsal, l'Asst di Lodi non solo non avrebbe concesso dei giorni di permesso ai dipendenti che invece possono usufruire della legge n. 104 del 1992, ma starebbe negando loro anche le ferie, ostacolando così i lavoratori nella decisione delle settimane da prendersi libere e limitandone dunque i diritti;

          proprio a causa del diniego dato ai dipendenti dell'Asst di Lodi destinatari dei benefici introdotti dalla legge n. 104 del 1992 da lunedì 19 aprile 2021 è stato previsto lo sciopero della fame di alcuni iscritti al sindacato Confsal davanti alla prefettura di Lodi. Lo sciopero è stato indetto per protestare contro la gestione dei dipendenti destinatari dei benefici introdotti dalla legge n. 104 del 1992 e comunque per prendere una posizione forte volta a garantire un'effettiva tutela dei dipendenti dell'Asst di Lodi. In un tale contesto, il sindacato ritiene altresì che il vero intento dell'Asst di Lodi sarebbe in realtà quello di indurre i dipendenti a dimettersi e che quindi occorra attuare uno sciopero della fame volto a sensibilizzare le istituzioni ad una maggiore tutela dei lavoratori –:

          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti e se non ritengano opportuno porre in essere ogni iniziativa, per quanto di competenza, volta a garantire un'effettiva tutela dei lavoratori dell'Asst di Lodi.
(5-05808)


      DE FILIPPO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          lo studio di Iqvia (https://www.farmindustria.it/studi-e-dati-page/), basato sull'analisi di dati real world e diretto a monitorare l'impatto della pandemia sull'accesso alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale, stima che, nei primi dieci mesi del 2020, vi sia stato un calo significativo dell'accesso alle diagnosi e alle cure nelle principali aree terapeutiche rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente;

          secondo lo studio citato per il diabete, da inizio 2020, si è registrata una contrazione dell'8 per cento sulle nuove diagnosi, del 5 per cento sui nuovi trattamenti, del 20 per cento sugli invii allo specialista e del 15 per cento sulle richieste di esami di glicemia;

          nella missione «Salute» del Piano nazionale di ripresa e resilienza si sottolinea l'esigenza di rafforzare la rete dell'assistenza territoriale al fine di garantire omogeneità nella capacità di dare risposte integrate. Uno degli obiettivi è quello di promuovere l'assistenza di prossimità conferendo un nuovo ruolo al medico di medicina generale per assicurare ai pazienti diagnosi tempestive e un equo accesso alle cure;

          nell'interrogazione parlamentare presentata dall'interrogante in XII Commissione alla Camera (interrogazione 5-04464), il 28 luglio 2020, si chiedeva al Ministro della salute di intervenire predisponendo le necessarie iniziative di competenza affinché i medici di famiglia potessero prescrivere direttamente i farmaci per il diabete;

          l'allora Sottosegretario al Ministero della salute, dottoressa Sandra Zampa, nella risposta all'interrogazione dichiarava: «vi sia un maggiore coinvolgimento dei medici di Medicina Generale (MMG) nella prescrizione dei farmaci antidiabetici e dei farmaci respiratori indicati nel trattamento della broncopneumopatia cronicoostruttiva (BPCO). Per tale ragione, l'AIFA riferisce che già negli scorsi mesi è stato avviato un percorso di definizione di Note prescrittive, relative alle due categorie di farmaci citati, con l'intento di giungere ad un graduale superamento degli attuali piani terapeutici specialistici.»;

          il sottosegretario, nella stessa risposta precisava poi: «Si può prevedere che la Commissione Tecnico Scientifica (CTS) dell'AIFA completi la definizione delle suddette Note entro l'autunno. Parallelamente, nei prossimi mesi, sarà avviata la rinegoziazione dei prezzi da parte del Comitato Prezzi e Rimborsi (CPR) dell'Agenzia, anche in considerazione del prevedibile incremento della spesa per il SSN a seguito dello spostamento della prescrizione in ambito di Medicina Generale. La strategia sopra citata è stata presentata in incontri avvenuti con i rappresentanti dei medici di medicina generale ed è stata illustrata al Consiglio di Amministrazione dell'AIFA.»;

          in occasione della Giornata mondiale del diabete del 14 novembre 2020, le principali associazioni scientifiche e professionali della diabetologia italiana, con una lettera ufficialmente indirizzata all'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), hanno chiesto che siano definitivamente aboliti i piani terapeutici per la prescrizione in regime di rimborsabilità dei farmaci contro il diabete e che sia estesa ai medici di medicina generale la possibilità di prescrivere anche i farmaci anti-diabetici di ultima generazione;

          con la preoccupante emergenza sanitaria in corso, la compilazione dei piani terapeutici sottrae ai medici risorse e tempo prezioso che potrebbero essere meglio impiegate per i pazienti, e sottopone i pazienti stessi, specialmente quelli più anziani, a spostamenti potenzialmente dannosi e al rischio di interrompere le terapie –:

          come mai le previsioni, di cui in premessa, relative alla definizione da parte della Commissione tecnico scientifica (CTS) dell'Aifa delle suddette Note entro l'autunno, ad oggi non siano state rispettate;

          se non si ritenga urgente e doveroso adottare iniziative affinché si dia seguito quanto prima alle richieste di cui in premessa delle citate società scientifiche.
(5-05809)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


      La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

          il 13 aprile 2021 Fincantieri, Arcelor-Mittal Italia e Paul Wurth hanno firmato un Memorandum d'intesa per l'eventuale realizzazione di un progetto finalizzato alla riconversione del ciclo integrale esistente dell'acciaieria di Taranto secondo tecnologie ecologicamente compatibili;

          lo stabilimento siderurgico ex Ilva, nonostante evidenti criticità strutturali, viene ritenuto dal Governo un asset fondamentale per il settore e per le filiere italiane che fanno uso dell'acciaio;

          per assicurare il sostegno ed il rilancio del settore dell'acciaio in chiave «green», nel mese di dicembre del 2020 lo Stato italiano e il gruppo industriale Arcelor-Mittal Italia hanno concluso un accordo di cogestione dello stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto prevedendo investimenti per oltre 2 miliardi di euro in 5 anni con spese per interventi ambientali, acquisti di forni elettrici e manutenzioni;

          l'obiettivo dell'intesa è quello di raggiungere nel 2025 una produzione di acciaio pari ad 8 milioni di tonnellate affiancata dal pieno impiego di tutti i dipendenti di Arcelor-Mittal Italia pari a 10.700 unità;

          sulla scorta di questo accordo, nel mese di aprile del 2021 lo Stato è entrato nel consiglio di amministrazione della nuova società, che è stata denominata «Acciaierie d'Italia», versando 400 milioni di euro ed acquisendo il 38 per cento del capitale sociale e diritti di voto pari al 50 per cento;

          entro il mese di maggio del 2022 è previsto il perfezionamento dell'operazione attraverso un ulteriore esborso da parte dello Stato di 680 milioni di euro arrivando in tal modo alla detenzione del 60 per cento del capitale sociale;

          va ricordato che Arcelor-Mittal Italia ha vincolato il perfezionamento dell'accordo in oggetto a tre «condizioni sospensive» quali «la modifica del piano ambientale esistente per tenere conto delle modifiche del nuovo piano industriale; la revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto; l'assenza di misure restrittive – nell'ambito dei procedimenti penali in cui Ilva è imputata – nei confronti di AM InvestCo»;

          l'eventuale realizzazione delle condizioni sospensive desta forti perplessità, in particolare quella riferita alla «revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto». A tal proposito, sembra opportuno ricordare quanto illustrato nel febbraio 2021, al termine della loro requisitoria, dai pubblici ministeri del maxi-processo che a Taranto vede sotto accusa l'ex Ilva per disastro ambientale e altri gravi reati;

          in quella circostanza i magistrati hanno chiesto, oltre alla condanna di 35 imputati e alla proposta di sanzioni per complessivi 390 anni di reclusione, anche la confisca degli impianti posti sotto sequestro nell'estate del 2012, proprio quelli per i quali Arcelor-Mittal Italia chiede la revoca della misura cautelare;

          i destini del siderurgico ex Ilva di Taranto dipendono anche dalla sentenza che dovrà emettere il Consiglio di Stato il 13 maggio 2021 sullo spegnimento degli impianti dell'area a caldo quelli più inquinanti dello stabilimento, già chiesto dal sindaco del capoluogo ionico e sancito dal Tar di Lecce con apposito provvedimento –:

          quali iniziative intenda assumere il Ministro interpellato qualora anche una sola delle tre «condizioni sospensive» formulate da Arcelor-Mittal Italia per il perfezionamento dell'accordo di cogestione non dovesse verificarsi.
(2-01186) «De Giorgi».

Interrogazione a risposta orale:


      TORROMINO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          la crisi innescata dal Covid-19 ha coinvolto negativamente in maniera deflagrante il tessuto economico, produttivo e sociale del nostro Paese, e a subire gli effetti moltiplicatori della stessa sono le aree più deboli;

          in questo contesto di forte incertezza economica, sono soprattutto le piccole e medie imprese a pagare il prezzo più alto, che si trovano in crisi di liquidità ed appesantite dalle complesse pratiche burocratiche che comunque devono assolvere. Si inserisce tra queste, la procedura di cancellazione dei protesti su titoli di credito (assegni bancari e postali);

          le norme che disciplinano tale procedura, legge 77 del 1955, legge 235 del 2000, articolo 45 della legge n. 273 del 2002 ed il decreto ministeriale n. 316 del 2000, distinguono in modo netto la cancellazione di un protesto cambiale da quella relativa al protesto su titoli di credito (assegni bancari e postali). Nel primo caso, si ha la cancellazione immediata dopo il pagamento del titolo, senza l'intervento del tribunale, ed avviene in tempo reale tramite le camere di commercio. Mentre nel secondo caso la procedura è più lunga e complessa, in quanto dopo il pagamento del titolo, bisogna attendere un anno e l'autorizzazione del presidente del Tribunale per poter procedere alla cancellazione definitiva dello stesso dal registro dei protesti delle camere di commercio. Lungaggini che potrebbero causare la morte delle piccole e medie imprese soprattutto in questo particolare periodo. Tanto che, sulla stessa linea, Unioncamere nazionale nell'agosto 2020 aveva già sottoposto al Parlamento tra le altre proposte, anche quella relativa alla procedura della riabilitazione dei protesti, attualmente affidata ai Tribunali, chiedendo di spostarla presso le camere di commercio. Ciò consentirebbe di far diventare le camere di commercio l'unico ente di riferimento per il protestato, il quale non dovrebbe più presentare due domande in due enti diversi – non più anche al tribunale – per cancellarsi definitivamente dal registro informatico dei protesti con duplicazione di tempo e doppie spese da sostenere;

          sarebbe, pertanto, opportuno rivedere la norma per snellire tali processi troppo articolati, equiparando le due procedure col procedimento di cancellazione del protesto cambiale;

          si dovrebbe, infine, rivedere, ferme restando tutte le garanzie del debito e le possibilità di avviare azioni giudiziarie per il recupero dello stesso, anche la normativa per coloro che non sono in grado di pagare il titolo che risulta iscritto nel registro protesti, prevedendo la prescrizione e di conseguenza la cancellazione automatica dopo un anno e non dopo 5 anni, che, per la vita di un'impresa, potrebbe significare la morte –:

          quali iniziative si intendano adottare per semplificare tali procedure, al fine di aiutare la stabilità delle piccole e medie imprese, soprattutto quelle localizzate nelle aree più fragili, e preservare in tal modo la solidità del tessuto imprenditoriale nazionale.
(3-02216)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BENAMATI, ANDREA ROMANO, SANI e NARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

          lo stabilimento siderurgico di Piombino, ex Acciaierie Lucchini, dal 2018 proprietà del gruppo Jsw Steel Italy è il secondo stabilimento siderurgico italiano dopo quello di Taranto, specializzato nella produzione di un'ampia gamma di acciai di qualità e speciali, con diverse forme e dimensioni, destinati a diversi settori, dal ferroviario, all'automobilistico, all'energia;

          particolarmente degni di nota sono i prodotti lunghi, di cui lo stabilimento è di gran lunga il maggior produttore nazionale e per i quali rappresenta un asset irrinunciabile della siderurgia italiana, considerando che, nel settore ferroviario, Piombino è fondamentale in quanto è l'unico produttore italiano di rotaie di elevata lunghezza non saldate;

          il piano industriale di Jsw prevedeva in origine la ripartenza dei tre laminatoi (a seguito di manutenzione ordinaria e straordinaria), la costruzione di due forni elettrici con produzione di tre milioni di tonnellate di acciaio l'anno da destinare alla laminazione attraverso un nuovo treno per la produzione di coils e un successivo terzo forno elettrico per la produzione di semiprodotti lunghi (blumi e billette) per alimentare i treni di laminazione preesistenti (rotaie, vergella e barre), con impegno ad utilizzare l'intera forza lavoro di circa 2.000 unità, ma tale piano non ha avuto attuazione;

          a settembre 2020 è stato presentato un nuovo piano industriale che prevede investimenti per 32 milioni di euro sui tre laminatoi ed, in un secondo tempo la realizzazione di ulteriori investimenti per 30 milioni sugli stessi e la realizzazione di un forno elettrico da 700 mila t/a valutato in 75 milioni di euro. Il nuovo piano indicava che, a regime, le attività siderurgiche avrebbero occupato 800 dei 1.700 dipendenti di allora e, pertanto, ipotizzava ulteriori iniziative «non siderurgiche» nel campo dell'energia rinnovabile, della cantieristica, della flogistica, del trattamento e della valorizzazione dei rifiuti; tale sforzo prevedeva anche la partecipazione di Invitalia;

          a fine gennaio Jsw recapita un ulteriore piano che prevede investimenti sui laminatoi per 85 milioni di euro ed una acciaieria elettrica da 1.200.000 t/a, per un impegno stimato in 195 milioni di euro a fronte di incentivi pubblici;

          si sta di nuovo, dunque, assistendo ad una situazione di preoccupante incertezza sul futuro di uno stabilimento strategico, delle prospettive occupazionali dei lavoratori e di un intero territorio;

          in questo contesto, che si può definire instabile, si apprende che Rfi starebbe valutando un contratto con Jsw Steel Italy per la fornitura di rotaie, una commessa del valore complessivo di oltre 900 milioni di euro, commessa che sicuramente sarebbe importantissima per il futuro dello stabilimento di Piombino –:

          se quanto espresso in premessa risponda al vero e in caso affermativo, alla luce della elevata strategicità del polo di Piombino, se le misure contrattuali definite per la fornitura di rotaie siano idonee a garantire e tutelare nel tempo lo sviluppo tecnologico di tale centro industriale, la sua produzione e conseguentemente l'occupazione.
(5-05815)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PEZZOPANE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          nei giorni scorsi L-Foundry (ex Micron), ha comunicato l'avvio della cessione di un ramo d'azienda. In una lettera recapitata alle organizzazioni sindacali e alle Rsu dello stabilimento, si comunica che non prima del 3 maggio 2021, si procederà alla cessione delle funzioni del Crm, il customer relationship management, alla sede italiana della società tedesca denominata SPARC EU GmbH;

          sebbene l'operazione sembri una semplice razionalizzazione, ciò che desta preoccupazione è il rischio che il sito venga progressivamente depauperato di know-how e competenze a maggior valore aggiunto, oltre che privato del rapporto diretto con i clienti;

          secondo il management, questo permetterebbe di mantenere efficienza e qualità, minimizzando l'esposizione alle fluttuazioni dei mercati attraverso un contratto di fornitura col gruppo Wuxi Xichanweixin Semiconductor Co. Ltd.;

          tuttavia, con la progressiva trasformazione dello stabilimento di Avezzano in un sito esclusivamente produttivo e senza brevetti propri, L-Foundry si potrebbe ritrovare in balia del mercato e di una concorrenza insidiosa. Vista l'esperienza trentennale, i punti di forza di L-Foundry vanno invece ricercati nelle professionalità e nella qualità delle produzioni –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno aprire un tavolo di confronto per monitorare la situazione dell'azienda L-Foundry, così come richiesto dalle organizzazioni sindacali.
(4-09020)


      ZOFFILI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          a seguito dell'emergenza sanitaria Covid-19, i giorni di apertura dell'ufficio postale di Oltrona di San Mamette (Como) sono stati ridotti del 50 per cento e mai ripristinati; tale riduzione comporta moltissimi disagi ai cittadini, in particolare alle persone anziane che si rivolgono all'ufficio postale per ritirare la pensione ed effettuare il pagamento delle utenze. Ad aggravare la situazione vi è anche la circostanza che all'esterno dell'ufficio non è presente uno sportello prelievo contanti Postamat;

          gli orari sono rimasti i consueti 8.30-14.00, ma i giorni di apertura settimanale si sono ridotti a soli tre, sui sei che erano in origine. Al momento le aperture sono concentrate nei giorni lunedì, mercoledì e venerdì e ciò è causa di lunghi tempi di attesa allo sportello e conseguente rischio di assembramenti, esponendo l'utenza a pericoli per la salute;

          i servizi di prossimità, quali uffici postali, rappresentano un aspetto fondamentale per la qualità della vita nelle comunità locali;

          Poste italiane, in più occasioni ha ribadito l'impegno verso i comuni più piccoli a mantenere la presenza dei propri uffici. Da ultimo, tale impegno è stato assunto e ribadito durante gli eventi «Sindaci d'Italia», tenutisi a Roma il 26 novembre 2018 e 28 ottobre 2019. In primo luogo, in tale occasione Poste italiane ha rimarcato la scelta di non procedere alla chiusura degli uffici postali nei comuni con meno di 5.000 abitanti, in discontinuità con il precedente orientamento. In secondo luogo, si è sottolineata la realizzazione di interventi infrastrutturali e di accordi per la fornitura di servizi in modo capillare. Poste ha sottolineato, infatti, che, in molti piccoli comuni, sono state abbattute le barriere architettoniche, è stato esteso il servizio di wi-fi gratuito, sono stati installati nuovi sportelli automatici Atm Postamat (anche in alcuni comuni storicamente privi di uffici postali) e sono stati attivati accordi con i tabaccai per la fornitura di alcuni servizi;

          a causa dell'allerta pandemica da Sars-Cov-2, Poste Italiane ha apprestato delle misure di contenimento alla diffusione del virus, in linea con le prescrizioni governative, anche attraverso interventi sulla rete degli uffici postali, disponendo chiusure, e rimodulazioni orarie;

          l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) riferisce che gli interventi attuati da Poste Italiane, volti al graduale riassorbimento degli impatti dell'emergenza sulla rete e al contenimento delle situazioni critiche, sono proseguiti senza interruzioni e avrebbero garantito un recupero graduale e crescente dei livelli di operatività degli uffici postali. Tuttavia, allo stato attuale, persiste il rilievo di situazioni di disservizio per i cittadini –:

          quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, per quanto di competenza, affinché l'azienda proceda a rivedere il piano di riorganizzazione territoriale, al fine di garantire il pieno adempimento del contratto di programma in essere per la fornitura del servizio postale universale affinché, in particolare, venga disposta nel più breve tempo possibile, la riapertura dell'ufficio postale di Oltrona di San Mamette (Como) per sei giorni la settimana, e affinché l'ufficio venga dotato di postazione postmat, per consentire ai cittadini i servizi postali essenziali anche durante gli orari di chiusura.
(4-09031)


      PASTORINO, FORNARO e RIXI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

          Leonardo s.p.a. è un'azienda italiana attiva nei settori della difesa, dell'aerospazio e della sicurezza. Il suo maggiore azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze, che possiede una quota di partecipazione pari al 30,2 per cento. L'azienda è presente in modo significativo in 12 regioni italiane e in Liguria occupa attualmente circa 2.650 addetti di cui oltre 1.700 a Genova Sestri Ponente;

          Leonardo s.p.a., che nel 2020 ha mantenuto in positivo il flusso di cassa grazie alle ingenti entrate dell'ultimo trimestre, ha dichiarato, relativamente alle future opportunità post pandemia, grande attenzione per la logistica e la possibilità di «contribuire a connettere, automatizzare e garantire la sicurezza per le persone, i veicoli e i beni», nei settori aeroportuale e portuale;

          tuttavia, se la logistica è core business per Leonardo, è quantomeno contraddittorio l'annuncio da parte dell'azienda di voler trovare nei prossimi mesi un partner industriale per la divisione automazione (ex Elsag), che occupa 400 addetti sui 1.700 dello stabilimento genovese e contempla al suo interno prodotti e soprattutto risorse chiave per l'ambito della logistica. Tale intenzione, purtroppo, parrebbe rappresentare l'anticamera della vendita della business unit automation, che si occupa di soluzioni integrate per la gestione, lo smistamento e la tracciatura di tutte le tipologie di oggetti postali e dei bagagli, mediante sistemi sviluppati con 40 anni di esperienza;

          solo un anno fa l'amministratore delegato, Alessandro Profumo, aveva annunciato investimenti sul sito genovese e dichiarato strategica proprio l'automazione. Inoltre, il 5 febbraio 2020 l'allora Ministro dello sviluppo economico, rispondendo all'interrogazione n. 3-01283, assicurava che la business unit automazione rappresenta «un pilastro della presenza dell'azienda in Liguria e, di conseguenza, uno degli asset del piano industriale di Leonardo 2018-2022». E ancora, il 29 maggio 2020, i vertici dell'azienda ribadivano «l'automazione non è in vendita». Eppure oggi i 400 lavoratori della divisione temono per il loro futuro;

          Leonardo s.p.a. ricopre per l'Italia un fondamentale ruolo di agente di politica industriale; la scelta paventata agli interroganti appare pertanto miope, dal momento che determinerebbe una grave perdita di conoscenze, lavoratori e prodotti proprio in un settore cardine per l'industria nostrana e che riceverà cospicui investimenti con il Next Generation EU; a tal riguardo lo stesso Profumo ha dichiarato che «Leonardo può apportare il giusto approccio sistemico al processo della digitalizzazione della rete logistica nazionale» –:

          se il Governo intenda chiarire quale sarà il destino della business unit automation del sito genovese della Leonardo s.p.a. e, dunque, dei 400 ingegneri e tecnici occupati nella divisione.
(4-09032)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ROTTA e ZARDINI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

          dai rilievi fatti da Arpav sulla discarica di Ca’ Filissine emerge un grave e progressivo inquinamento delle falde sottostanti che richiede misure urgenti di messa in sicurezza della discarica, anticipando i primi interventi previsti dall'accordo di programma;

          in particolare, l'Arpav a settembre 2020 aveva evidenziato il «grave scadimento qualitativo delle acque di falda nella'area ad est della discarica», riconducibile alla scomparsa, avvenuta a luglio 2020, del lago di percolato che si trovava nel catino di discarica, allarme ripetuto a novembre con la conferma della presenza di Pfas nelle acque sotterranee, con una concentrazione maggiore rispetto al limite indicato dall'Istituto superiore di sanità;

          per la bonifica dell'impianto di Pescantina sono stati stanziati oltre 66 milioni di euro, di cui quasi 65 dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e 1,4 dalla regione; già nel mese di agosto 2020, a quanto consta agli interroganti, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è arrivata la prima tranche di finanziamenti pari a 16 milioni di euro;

          nonostante la situazione pericolosa, la regione e il comune continuano a non agire e a non mettere in campo interventi urgenti contro la diffusione dell'inquinamento, pur potendo utilizzare le risorse nazionali già stanziate per asportare e smaltire il percolato presente nel catino della ex discarica, così da evitare fuoriuscite di liquido con ulteriore aggravamento dell'inquinamento in falda che rischia di produrre un disastro ambientale –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione ambientale del sito della discarica di Pescantina e se non intenda adottare iniziative, con urgenza e per quanto di competenza, per vigilare affinché le risorse nazionali già rese disponibili da agosto 2020 siano utilizzate in tempi brevissimi per la messa in sicurezza del sito per evitare una ulteriore estensione dell'inquinamento.
(5-05812)

Interrogazioni a risposta scritta:


      RUGGIERO e GALIZIA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

          in data 4 maggio 2016 dalla testata giornalistica online «BariToday» si apprende che «È stata posta sotto sequestro la discarica pubblica di contrada S. Pietro Pago, a Giovinazzo. Il provvedimento eseguito dalla sezione di polizia giudiziaria del Corpo forestale dello Stato è scattato in seguito alle indagini disposte dalla procura di Bari. Le ipotesi di reato, scaturite dalla nuova legge sui delitti contro l'ambiente, sono al momento limitate all'ipotesi di inquinamento ambientale, in ragione di anomalie riscontrate nella gestione dei percolati che potrebbero aver interessato la falda idrica, attraverso punti di dispersione nel sottosuolo. Il sequestro – spiega una nota della Procura che dà notizia dell'operazione – riguarda in particolare dei lotti, sui quali a seguito di provvedimenti emergenziali in questi anni hanno continuato ad affluire i rifiuti solidi urbani da parecchi comuni del circondario barese, con la tecnica dei successivi sopralzi»;

          in data 9 maggio 2016 dalla testata giornalistica online «Bat magazine» si apprende che «Daneco si è già resa disponibile con la magistratura al fine di predisporre un piano di analisi per procedere quindi alle operazioni di bonifica»;

          in data 25 agosto 2017 dalla testata giornalistica on-line «RovigoOggi» si apprende che «Daneco Impianti è sommerso dalle richieste di restituzione somme, come nel caso di Villadose per mezzo milione di euro, ma anche di Giovinazzo per oltre 32 milioni, fino a Trani, dove è stata presentata istanza di fallimento al Tribunale di Roma per 3,2 milioni di euro destinati alla propria municipalizzata. Daneco risponde con l'ipotesi di un concordato, concesso con riserva dopo una situazione societaria da comporre, al Tribunale di Roma»;

          in data 5 marzo 2021 dalla testata giornalistica «La Gazzetta del Mezzogiorno» si apprende che «Un sequestro preventivo di beni del valore complessivo di quasi un milione e mezzo di euro per inquinamento ambientale è stato eseguito dai Carabinieri di Bari, su disposizione della Magistratura, nei confronti della società Daneco Impianti srl di Roma in liquidazione e di sette indagati. Una inchiesta che giunge a conclusione e che coinvolge una serie di figure quali legali rappresentanti, amministratori, responsabili di gestione impianti, capi impianto, coordinatori e responsabili di area territoriale della ditta incaricata alla gestione dei servizi e dell'impianto di discarica del bacino BA72 in località Pietro Fago nel comune di Giovinazzo» –:

          quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per quanto di competenza, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, e in raccordo con gli enti territoriali interessati, per il risanamento ambientale del sito inquinato di cui in premessa, anche al fine di tutelare il diritto alla salute dei giovinazzesi, considerato il probabile interessamento del sottosuolo e della falda idrica.
(4-09016)


      LABRIOLA. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          come riporta un articolo del 14 aprile 2021 del Corriere.it, a firma di Alessandro Sala, l'Europa si conferma il secondo importatore al mondo di «deforestazione incorporata», seconda solo alla Cina;

          quello che emerge dall'ultimo report del Wwf «Stepping up: the continuing impact of Eu consumption on nature», è che l'Europa è responsabile indiretta della perdita di ambiente e biodiversità nei Paesi tropicali – e dei cambiamenti climatici che ne sono influenzati – per una quota percentuale più che doppia rispetto agli Usa. E in questo contesto l'Italia è al secondo posto, dopo la Germania, nel gruppo degli otto Paesi europei che da soli sono responsabili dell'80 per cento di questa distruzione di natura indiretta che si realizza attraverso i beni importati, in particolare quelli alimentari: soia, carne di manzo e caffè, la cui produzione avviene a scapito dell'ambiente;

          sono evidenti gli effetti delle suddette importazioni sulla deforestazione. Il principio è che se le grandi foreste devono essere considerate patrimonio dell'umanità e non proprietà esclusiva delle nazioni che le ospitano sui propri territori, al tempo stesso il resto del mondo non può prescindere dal fare la propria parte, adeguando i consumi ad uno sviluppo realmente sostenibile;

          il citato report del Wwf evidenzia che, nel 2017, ultimo anno di riferimento dello studio, la responsabilità dell'Unione europea ricollegabile alla deforestazione, riguarda 203 mila ettari di terreni naturali, con una emissione di 116 milioni di tonnellate di CO2 –:

          se il Governo non ritenga di avviare tutte le iniziative, anche in ambito europeo, al fine di intervenire sull'attuale normativa per garantire e rivedere le suddette politiche di importazione di beni alimentari, naturali e forestali altamente impattanti sull'ambiente, al fine di garantire la loro sostenibilità anche prevedendo la tracciabilità delle materie prime importate e la piena trasparenza nella catena di approvvigionamento.
(4-09018)


      CIABURRO. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

          come emerso dai dati diffusi dall'Enea, su un totale di circa 7.000 pratiche di accesso al «Superbonus 110 per cento» presentate, 6.512 sono i lavori effettivamente avviati;

          di 6.512 operazioni protocollate, il 48,8 per cento è a fine lavoro, il 17,8 per cento in fase avanzata ed il 33,3 per cento in fase iniziale dei lavori, per un valore complessivo dei cantieri avviati equivalente a 670 milioni di euro, richiedendo una copertura di circa 733 milioni di euro, per 806 milioni di euro di credito ceduto, in ogni caso ben al di sotto di quella massimale stanziata per la misura, equivalente a 18 miliardi di euro;

          di tutti i lavori effettivamente avviati, più di 2.280 pratiche, oltre un terzo, sono localizzate in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna;

          su 6.512 lavori effettivamente avviati, inoltre, solo 530, l'8 per cento circa, sono stati avviati per le aree comuni dei condomini, beneficiari per cui più di tutti la normativa relativa al «Superbonus 110 per cento» mostra una pesante complessità, rendendo difficoltoso, se non impossibile, l'avvio dei lavori;

          secondo un monitoraggio della misura pubblicato a mezzo stampa, il bacino potenzialmente interessato all'utilizzo della misura corrisponde a circa 10,5 milioni di famiglie, in gran parte con la richiesta di sconto in fattura, data la mancanza di liquidità dovuta alla crisi da COVID-19;

          su 10,5 milioni interessate, solo il 20 per cento avrebbe avviato i lavori o deliberato gli interventi, il 25 per cento starebbe ancora verificando quale operatore è in grado di offrire un'adeguata risposta alla volontà di ristrutturazione non costosa ed invasiva, mentre il 55 per cento, pari a 5,8 milioni di famiglie, non ha ancora dato luogo ad alcuna iniziativa;

          come indicato da numerosi indagini svolte dalle associazioni di categoria, buona parte dei potenziali beneficiari della misura ha assunto un approccio attendista in attesa di un pacchetto di semplificazioni della normativa che possa ridurre anche i costi procedurali – non coperti – della misura, data la generica mancanza di liquidità;

          si pensi, ad esempio, a tutti i potenziali beneficiari interessati a lavori su parti comuni di edifici in comproprietà accatastati autonomamente ed altri tipi di interventi esclusi da circolari interpretative del «Superbonus 110 per cento»;

          la misura trova gran parte del suo successo, al netto delle complessità normative, nella sua natura di beneficio a «costo zero» per le famiglie –:

          se i Ministri interrogati siano conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per:

              a) far salvo il «Superbonus» con aliquota al 110 per cento, prorogandone la durata anche oltre il 2023, estendendone l'applicazione anche alle fattispecie escluse in via interpretativa, come anche indicato in premessa;

              b) effettuare una semplificazione normativa che permetta il più ampio accesso possibile del «Superbonus 110 per cento» alle famiglie italiane facendo salvo il criterio di «costo zero» legato alla misura.
(4-09022)

TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BALDINI. — Al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

          con l'articolo 1, comma 597, della legge di bilancio 2021 (che ha modificato il decreto-legge n. 34 del 2019) è stata prevista l'istituzione presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (ora la competenza spetta al Ministero del turismo) di una banca di dati delle strutture ricettive, nonché degli immobili destinati alle locazioni brevi identificati mediante un codice da utilizzare in ogni comunicazione inerente all'offerta e alla promozione dei servizi all'utenza, fermo restando quanto stabilito in materia dalle leggi regionali; in base a tale norma le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono trasmettere al Ministero i dati inerenti alle strutture ricettive e agli immobili con i relativi codici identificativi regionali, ove adottati;

          con decreto del Ministro, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2021, dovranno essere poi stabilite le modalità di realizzazione e di gestione della banca di dati e di acquisizione dei codici identificativi regionali nonché le modalità di accesso alle informazioni che vi sono contenute;

          il 22 marzo 2021 il Consiglio dell'Unione europea ha approvato definitivamente la riforma della direttiva sulla cooperazione amministrativa (Dac7): in base a tale norma dal 1° gennaio 2023 le piattaforme digitali (anche di locazioni turistiche) saranno obbligate a comunicare in un Paese membro i guadagni online dagli utenti, e i Paesi membri dovranno condividere le informazioni con il Paese in cui il venditore detiene la propria residenza;

          in questo contesto va rimarcato come, per quanto riguarda il quadro regolatorio turistico in Italia, l'attuale frammentazione normativa e non sempre coordinata con gli indirizzi comunitari, crei spesso molta confusione e non disincentivi adeguatamente l'evasione fiscale;

          per fare emergere il mercato sommerso l'intento principale del Governo dovrebbe essere quello di semplificare e armonizzare la normativa attuale, evitando quindi il moltiplicarsi di oneri diversi e ripartizione di competenze tra regioni, comuni e Stato, dando centralità al Ministero del turismo quale ente preposto –:

          quando verrà emanato il decreto attuativo previsto per attivare la banca dati ed il codice identificativo delle strutture ricettive citato in premessa e quali saranno, conseguentemente, le iniziative in materia fiscale rispetto alla Condivisione dei dati da parte delle piattaforme digitali con le istituzioni preposte previste dalla direttiva per la cooperazione amministrativa (Dac7) recentemente approvata.
(5-05811)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Eva Lorenzoni e altri n. 5-05668, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Murelli.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della mozione Bitonci n. 1-00413, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 448 del 7 gennaio 2021.

      La Camera,

          premesso che:

              il 1° gennaio 2021 sono entrate in vigore le nuove norme in materia di inadempienza bancaria dettate dall'Eba – European banking Authority – l'Autorità bancaria europea (EBA/GL/2016/07 e EBA/RTS/2016/06), che introducono soglie più restrittive ed accentuano la prociclicità, accrescendo i crediti deteriorati;

              le esposizioni verso una banca o un intermediario finanziario sono classificate come deteriorate se il debitore è in arretrato da oltre 90 giorni consecutivi (180 giorni per le amministrazioni pubbliche) e, al contempo, l'obbligazione è considerata rilevante, ovverosia abbia superato una prefissata soglia di materialità; dal 1° gennaio 2021 tale soglia è diventata, per l'appunto, più stringente, comportando una nuova nozione di default o «credito deteriorato» che individua lo stato di inadempienza di un cliente verso la banca;

              nello specifico, il nuovo quadro normativo prevede che la classificazione a «default» avvenga automaticamente quando un debito scaduto considerato rilevante superi tutte e due le soglie previste dal regolamento, ovvero:

                  a) la soglia assoluta di 100 euro per le esposizioni al dettaglio e di 500 euro per le esposizioni diverse da quelle al dettaglio;

                  b) la soglia relativa dell'1 per cento dell'esposizione verso una controparte;

              allorquando, dunque, lo sconfinamento supera la soglia di rilevanza, vale a dire superi contemporaneamente entrambe le soglie a) e b) testé citate, e si protragga per oltre 90 giorni consecutivi, è automatica la classificazione in default, con la conseguenza che il cliente correntista finirebbe nella categoria di cattivo pagatore e tutta la sua esposizione verso la banca verrebbe etichettata come «non performing loan» (npl); soltanto dopo ulteriori 90 giorni consecutivi di «buon stato di salute» il correntista ritorna «in bonis»;

              indubbiamente l'entrata in vigore della nuova disciplina è coincisa con un periodo di incertezza economica legata alla pandemia da COVID-19 e proprio in considerazione del periodo di difficoltà economica si rilevano una serie di criticità, che vanno affrontate per evitare una restrizione dell'offerta di credito, assolutamente deleteria nel contesto attuale, ed impatti sociali sulle famiglie e sulle imprese; sarebbe auspicabile pertanto un intervento per modificare e adattare temporalmente la normativa per garantire il massimo supporto all'economia reale e la tenuta del tessuto produttivo;

              altra novità rispetto al passato riguarda le compensazioni tra diverse esposizioni del debitore verso la banca e la possibilità – un tempo consentita – di compensare gli importi scaduti con le linee di credito aperte e non utilizzate (cosiddetti margini disponibili); tale eventualità non è più ammessa e dal 1° gennaio 2021 è necessario, in questi casi, che il debitore si faccia parte attiva utilizzando eventuali margini disponibili per far fronte al pagamento scaduto;

              Unimpresa prevede un quadro allarmante per i risparmiatori italiani, sottolineando il pericolo di un improvviso arresto a tutta una serie di pagamenti e la criticità «per molti artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e anche per molte famiglie di non poter più usufruire di quelle piccole forme di flessibilità che, specie in questa fase così critica a causa degli effetti economici della pandemia COVID-19, sono fondamentali per far fronte ai pagamenti di utenze o altri adempimenti, come gli stipendi e i contributi previdenziali, le rate di finanziamenti e mutui»;

              si registrano protesta e preoccupazione unanime da parte di molte associazioni di categoria (Confartigianato, Alleanza delle cooperative italiane, Casartigiani, Cia agricoltori italiani, Claai, Cna, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confcommercio, Confedilizia, Confesercenti, Confetra, ConfimiIndustria, Confindustria), che, in una lettera alle istituzioni europee inviata congiuntamente e unanimamente nel mese di dicembre 2020, hanno avanzato la richiesta di intervenire urgentemente su alcune norme in materia bancaria che, pensate in un contesto completamente diverso da quello attuale e caratterizzate da un eccesso di automatismi, rischiano di compromettere irrimediabilmente le prospettive di recupero dell'economia italiana ed europea;

              i timori, peraltro, non riguardano solo l'eventuale blocco dei depositi bancari, bensì anche gli effetti sulle concessioni di prestiti e sulla necessità di liquidità per molte imprese, partite Iva, famiglie;

              è evidente l'alto rischio di una fortissima stretta al credito, quale inevitabile conseguenza delle segnalazioni alla centrale rischi e della riclassificazione degli affidamenti della clientela in caso di piccoli sconfinamenti;

              la classificazione di un'impresa in stato di default, difatti, anche in relazione ad un solo finanziamento, comporta il passaggio in default di tutte le esposizioni nei confronti della banca, con probabili ripercussioni negative anche su altre imprese ad essa economicamente collegate ed esposte nei confronti del medesimo intermediario finanziario;

              la Banca d'Italia, dal canto suo, ha emesso una nota e pubblicato una sezione di Faq sul proprio sito, ove ha precisato che i nuovi requisiti, sebbene più stringenti, non introducono un vero e proprio divieto per gli istituti bancari e intermediari finanziari sullo sconfinamento oltre la disponibilità presente sul conto corrente, ovvero oltre il limite dell'eventuale fido, giacché la possibilità di sconfinare non è un diritto del cliente, bensì una facoltà concessa dalla banca e che le nuove regole non modificano la sostanza delle segnalazioni alla centrale dei rischi, poiché riguardano esclusivamente il modo in cui le banche e gli intermediari finanziari devono classificare i clienti a fini prudenziali, ossia ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali;

              tale nota di Banca d'Italia, tuttavia, non elimina completamente il timore che le banche nel momento in cui cambia per loro il modo di classificare i clienti, ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali, possano avere un diverso approccio di trattamento dei propri clienti medesimi rispetto al passato, stante che la condizione di default sarà per la banca sinonimo di cattiva qualità del credito e rifletterà negativamente sul relativo costo;

              si segnala la posizione dell'Abi – Associazione bancaria italiana che, per il tramite di un articolo di stampa a firma del suo vicepresidente, ha tenuto a ribadire la propria contrarietà al nuovo quadro normativo sin dal 2015, quando le nuove regole erano state proposte;

              all'uopo si evidenzia che le stesse nuove regole sono state formalizzate nel 2019, vale a dire in uno scenario ben diverso dal contesto socio-economico attuale, caratterizzato da una forte crisi economica ed occupazionale per effetto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 tuttora in corso; se dunque le medesime regole potevano già essere penalizzanti in un contesto economico di «normalità», a maggior ragione diventano oltremodo nuocenti in una fase post pandemica in cui per la ripresa è inevitabilmente necessaria maggiore semplicità e facilità di accesso al credito;

      nella lettera inviata dall'Abi il 15 marzo 2021 alle istituzioni europee e a quelle italiane, è stato espressamente richiesto di continuare a garantire liquidità alle imprese e ottimizzare l'attuale disciplina del Temporary framework sugli aiuti di Stato in relazione all'evoluzione della situazione. In particolare: «Il prolungarsi della crisi sanitaria determinata dalla diffusione del COVID-19 continua a incidere negativamente sulle attività di impresa e allontana per molte di esse la ripresa. Tale grave situazione ha evidenti rilevanti impatti non solo economici e sociali. È quindi ancora fondamentale sostenere le imprese, evitando che esse perdano capacità produttiva (...). In particolare, con riferimento al tema della liquidità, è necessario che le banche possano accordare alle imprese e alle famiglie nuove moratorie di pagamento dei finanziamenti e prorogare le moratorie in essere, senza l'obbligo di classificazione del debitore in forborne o, addirittura, in default secondo la regolamentazione europea in materia, riattivando la flessibilità che l'Eba aveva concesso alle banche europee all'inizio della crisi economica (...). È necessario estendere la garanzia pubblica da sei anni a non meno di quindici anni. Ciò consentirebbe alle imprese di diluire il proprio impegno finanziario su un arco di tempo più lungo, avendo a disposizioni maggiori risorse per affrontare la fase della ripresa con successo»;

      è indubbio che il grande shock economico e sociale provocato dalla pandemia ed il conseguente coinvolgimento delle banche europee per sostenere famiglie e imprese in questo particolare momento, mediante moratorie, prestiti ed altri tipi di assistenza finanziaria correlata all'emergenza COVID-19, abbia sottolineato l'importanza di garantire non soltanto un certo volume di credito, ma anche una certa flessibilità al credito medesimo e, a tal fine, sospendere, allentare o ricalibrare, almeno temporaneamente, la nuova regolamentazione sui non performing loan, la cui attuale rigidità rischia una massa di non performing loan, per la spaventosa cifra di 1.400 miliardi di euro nell'Unione europea;

      ad evidenza che le decisioni operative dell'Eba non sempre risultano essere uniformi al proprio mandato di vigilanza finanziaria, si rammentano le recenti dichiarazioni dell'avvocato generale della Corte di giustizia dell'Unione europea, secondo cui la Corte medesima dovrebbe dichiarare invalidi gli orientamenti Eba sui dispositivi di governance e di controllo sui prodotti bancari al dettaglio, avendo l'Eba agito al di fuori dei suoi poteri;

      da ultimo, la Ministro della giustizia, illustrando presso la Commissione giustizia alla Camera dei deputati le linee guida del suo Ministero, ha sottolineato che per contrastare la possibile esplosione del contenzioso civile legato agli squilibri generati dagli effetti economici della pandemia la giustizia preventiva e consensuale rappresenta una strada necessaria, quando cesseranno gli effetti dei provvedimenti che bloccano controversie relative all'esecuzione di sfratti, licenziamenti e contratti commerciali. La stessa Ministra della giustizia si è detta favorevole a «misure alternative di risoluzione delle controversie, come mediazione, negoziazione e conciliazione (...) offrendo al giudice la possibilità di incoraggiare misure alternative (...)», anche attraverso misure premiali,

impegna il Governo:

1) ad adottare con urgenza ogni utile iniziativa di competenza volta a sostenere l'incremento di offerta di credito a beneficio di famiglie, imprese e partite Iva nel 2021 rispetto al 2020;

2) a promuovere, in raccordo con gli istituti creditizi, una capillare campagna informativa sulla mutata normativa europea;

3) a promuovere l'attuazione di politiche a livello comunitario che concorrano al progressivo riassorbimento dei debiti determinati dalla pandemia, anche attraverso il rafforzamento della struttura patrimoniale delle imprese non finanziarie e anche con riferimento alle filiere che caratterizzano il tessuto produttivo italiano;

4) ad adottare iniziative per verificare con le competenti istituzioni europee la possibilità di modificare il Temporary framework sugli aiuti di Stato al fine di estendere la durata del limite temporale per gli aiuti sotto forma di garanzia sui prestiti a quindici anni dagli attuali sei;

5) ad adottare iniziative per continuare ad assicurare liquidità alle imprese e garantirne la solvibilità sino al termine dell'emergenza e, comunque, a prorogare fino al 31 dicembre 2021:

          a) la moratoria in favore delle micro, piccole e medie imprese relativamente all'apertura di credito e concessione di prestiti non rateali o prestiti e finanziamenti a rimborso rateale, nonché l'operatività dell'intervento straordinario in materia di garanzie erogate dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese a supporto della liquidità delle piccole e medie, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del decreto-legge n. 23 del 2020;

          b) l'operatività del Fondo patrimonializzazione piccola media impresa, di cui all'articolo 26 del decreto-legge n. 34 del 2020, valutando altresì la possibilità di abbassare le soglie di accesso al Fondo da 5-10 milioni a 2 e 5 milioni di euro;

          c) l'operatività delle disposizioni di cui all'articolo 32 del decreto- legge n. 34 del 2020 in materia di Garanzia cartolarizzazione sofferenze – Gacs;

6) ad adottare iniziative per verificare la possibilità di prorogare il termine del periodo transitorio, attualmente fissato al 31 dicembre 2021, entro il quale agli intermediari finanziari non appartenenti a gruppi bancari è consentita l'applicazione dei criteri antecedenti la nuova disciplina per la classificazione a default dei crediti;

7) a farsi promotore, in sede europea, di un'ulteriore iniziativa volta a disapplicare la disciplina del backstop prudenziale per un periodo di due anni, al fine di evitare il rischio di prociclicità dell'erogazione del credito in una fase ciclica ancora così debole;

8) ad adottare iniziative per eliminare alla radice il motivo principale generante l'accumulazione di non performing loan, stante la situazione di perdurante lockdown, causa pandemia, la conseguente attività ridotta o ferma di molti tribunali civili, con posticipo e ritardi delle procedure di esecuzione delle garanzie, e il correlato rischio di una crescita esponenziale della crisi economica, dei fallimenti di imprese e della perdita di posti di lavoro;

9) ad assumere ogni utile iniziativa di competenza, in tutte le sedi opportune, quanto meno per le banche meno significative soggette alla vigilanza delle competenti autorità nazionali, finalizzata – come consentito dal regolamento delegato (UE) 171/2018 – a fissare una soglia di rilevanza relativa superiore all'1 per cento e comunque non superiore al 2,5 per cento;

10) a mettere in atto ogni iniziativa volta ad incentivare, anche attraverso l'adozione di iniziative per introdurre misure fiscali ad hoc, soluzioni di mercato e su base volontaristica volte a favorire la gestione dei crediti in sofferenza, nonché accordi transattivi tra debitori e banche, anche al fine di ridurre gli effetti restrittivi sull'offerta di credito derivanti dal «calendar provisioning»;

11) ad adottare iniziative di competenza per raccordarsi con le autorità preposte alla vigilanza nazionale ed europea – pur nel rispetto dei relativi ruoli – al fine di garantire la piena tutela finanziaria sia delle imprese che dei piccoli risparmiatori, nonché, con riguardo ad un allentamento delle regole sugli aiuti di Stato e alla sospensione della nuova disciplina in materia di non performing loan, di cui ai precedenti capoversi 3) e 8), a mettere in atto ogni iniziativa che consenta di contenere l'aumento del gap tra l'Italia e gli altri Paesi europei, attraverso un periodico scambio di informazioni con le istituzioni vigilanti italiane ed europee, e che consenta altresì di intervenire tempestivamente allorquando si profilino processi di deterioramento degli equilibri aziendali tali da fare presagire la manifestazione di crisi bancarie irreversibili.
(1-00413) (Ulteriore nuova formulazione) «Bitonci, Boccia, Martinciglio, Pettarin, Librandi, Pastorino, Angiola, Centemero, Ubaldo Pagano, Baldelli, Cantalamessa, Fragomeli, D'Ettore, Cavandoli, Buratti, Squeri, Covolo, Giacometto, Gerardi, Barelli, Gusmeroli, Torromino, Alessandro Pagano, Baldini, Ribolla, Porchietto, Zennaro, Polidori, Tarantino, Ruocco, Cancelleri, Adelizzi».

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


      ASCARI, TESTAMENTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          Don Marino, ex parroco di Portocannone, in Molise, è stato condannato dalla corte di appello di Campobasso nel maggio 2019 a 4 anni e 10 mesi di reclusione per aver abusato sessualmente di Giada quando questa aveva 13 anni;

          gli abusi sessuali sono iniziati nella primavera del 2009 e sono proseguiti sino al mese di luglio 2012; la giovane, nell'aprile 2013 ha denunciato alla procura della Repubblica ed al Vescovo di Termoli i fatti di cui era stata vittima;

          la procura della Repubblica di Larino, ritenendo la sussistenza di un consenso ai rapporti sessuali da parte della giovane non ha accertato sotto il profilo psicologico il rapporto con Don Marino;

          secondo l'interrogante, tuttavia, le circostanze avrebbero imposto tale approfondimento: Giada V. all'epoca dell'inizio dei fatti era solo tredicenne mentre il sacerdote aveva 55 anni ed è orfana di padre da quando aveva tre anni e mezzo;

          l'amore per la musica l'aveva condotta a frequentare assiduamente la parrocchia di Don Marino, prima come organista e poi come maestra del coro, e nel parroco avrebbe trovato una figura assimilabile a quella paterna;

          Don Marino è stato sottoposto a due differenti procedimenti: in un primo procedimento è stato condannato, in primo e in secondo grado, esclusivamente per gli abusi commessi fino a quando la minore non aveva compiuto 14 anni per reato di cui all'articolo 609-quater (atti sessuali con minorenne);

          un secondo procedimento, riguardante i fatti successivi ai 14 anni, si concludeva con la richiesta di archiviazione, presentata nel novembre 2014 e accolta dal Gip nel giugno 2016, in quanto i fatti non sarebbero stati contrassegnati da minaccia o persuasione, «avendo la ragazza semmai subito solo un iniziale stato di soggezione poi tramutatosi in un effettivo innamoramento e un interesse fisico per il sacerdote» mentre il compimento del quattordicesimo anno legittimava il consenso;

          nel febbraio 2018, in relazione al secondo procedimento, la procura della Repubblica chiedeva la riapertura delle indagini preliminari: sono stati ascoltati medici e psicologi che avevano seguito Giada nel periodo successivo alla denuncia, i quali osservavano che la stessa, nel suo rapporto con Don Marino, si trovava in una condizione di forte soggezione e inferiorità psichica, come ribadito dalla psicologa giuridica che, nella sua consulenza dell'8 aprile 2019, chiarisce come il consenso sia stato costruito attraverso il «conferimento, ingannevole, di normalità ai comportamenti sessualizzati» così ingenerando nella vittima una confusione permanente ed una dipendenza affettiva;

          ciononostante, il giudice per le indagini preliminari, ritenuta la carenza dell'elemento dell'abuso della condizione di inferiorità psichica, non potendo sostenersi «in maniera chiara ed univoca» la sussistenza di tale condizione, decretava l'archiviazione del suddetto secondo procedimento;

          tale provvedimento potrebbe valicare la cognizione attribuita in tale fase al giudice, non essendogli conferita la piena valutazione della responsabilità penale dell'indagato ma esclusivamente la superfluità della prosecuzione del procedimento penale: solo se vi è chiara evidenza dell'insussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie penale può disporre l'archiviazione mentre, nel dubbio, deve ordinare al pubblico ministero di formulare il capo d'imputazione;

          il vescovo, Gianfranco De Luca, appena ricevuto notizia dei fatti, ha proceduto alla verifica delle accuse, ha allontanato dalla parrocchia di Portocannone il sacerdote e ha istituito il tribunale ecclesiastico diocesano per svolgere il processo canonico che ha emesso la sentenza di sospensione a divinis fino al pronunciamento definitivo del tribunale italiano, nell'interdizione all'ufficio di parroco e nell'invito a vivere in una casa religiosa;

          ciononostante, il parroco sarebbe stato visto indossare la tunica bianca sull'altare di una chiesa e, secondo alcuni articoli di stampa, starebbe continuando a celebrare messa;

          a seguito della denuncia, Giada V. è stata oggetto di bullismo, insulti, isolamento e tacciata di essere calunniatrice, anche dai suoi stessi compaesani –:

          se il Governo intenda valutare se sussistono i presupposti per adottare iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari coinvolti.
(4-06713)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con l'interrogazione proposta dall'interrogante ha richiesto chiarimenti in merito ad un procedimento penale per abusi sessuali commessi in Portocannone (Campobasso) dal locale parroco don Marino in danno della minore Giada. Il procedimento penale si sarebbe concluso con la condanna del parroco, in primo e secondo grado, ad anni 4 e mesi 10 di reclusione, per i fatti commessi in danno della minore infraquattordicenne, laddove, invece, il procedimento sarebbe stato archiviato per i fatti commessi in danno della minore dopo il raggiungimento del quattordicesimo anno di età, sulla base del ritenuto consenso della ragazza. Di conseguenza, si chiedeva di verificare «se il Governo intenda valutare se sussistono i presupposti per adottare iniziative presso gli uffici giudiziari coinvolti».
      Con riguardo al procedimento penale in questione per il quale sono stati acquisiti gli elementi necessari dall'ufficio del gip presso il tribunale di Larino, trova conferma l'intervenuta condanna del parroco per i fatti commessi in danno di Giada sino al quattordicesimo anno di età e l'iter del procedimento relativamente ai fatti successivi, oggetto di archiviazione.
      In particolare, per tali fatti veniva, dapprima, richiesta l'archiviazione dal pubblico ministero titolare delle indagini, accolta dal gip di Larino, e poi, a seguito della istanza del difensore della persona offesa, svolta una integrazione di indagini all'esito della quale il pubblico ministero titolare del fascicolo chiedeva nuovamente l'archiviazione, di nuovo accolta dal gip di Larino, anche a seguito di contraddittorio tra le parti instaurato dopo l'opposizione della persona offesa.
      I fatti, come appena sintetizzati, involgono profili di merito giurisdizionale, insuscettibili di rilievo disciplinare salvo che sussista una «grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile» (articolo 2 lettera G del decreto legislativo n. 109 del 2006).
      Tale evenienza non sembra sussistere nel caso di specie, considerati gli approfondimenti svolti in sede investigativa e giurisdizionale e l'emissione di due provvedimenti di archiviazione (anche a seguito di riapertura delle indagini preliminari e del contraddittorio instaurato a seguito dell'udienza camerale conseguente alla opposizione alla richiesta di archiviazione) rispetto ai quali non risultano proposti ulteriori mezzi di gravame od impugnazione.
      Pertanto, allo stato, non potendosi affatto riconoscere, nella vicenda in esame, alcuna patologia processuale o profilo di rilevanza disciplinare non si ritengono sussistenti i presupposti per attivare i poteri ispettivi previsti dall'ordinamento, ma la situazione continua, come sempre ad essere monitorata dai competenti uffici.

Il Ministro della giustizia: Alfonso Bonafede.


      ASCARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          la macchina giudiziaria italiana soffre di alcune ataviche e strutturali criticità; oltre alla lentezza dei procedimenti giudiziari e, in alcuni casi, all'inadeguatezza o alla mancanza delle sedi, negli ultimi anni si è assistito ad una crescente mancanza di personale amministrativo e di magistrati, che hanno contribuito a rallentare ulteriormente il sistema della giustizia;

          grazie ad alcuni mirati e importanti interventi del Governo negli ultimi mesi, questo problema è stato affrontato in maniera decisa tramite una serie di concorsi per la copertura dei posti vacanti e la futura immissione in servizio di un massiccio numero di personale;

          ciononostante, alcuni tribunali evidenziano gravi carenze di personale che rischiano di comprometterne la funzionalità: infatti, anche a seguito di pensionamenti, riduzioni dell'orario di lavoro, distacchi e dimissioni volontarie, lo sforzo compiuto per immettere e formare nuovo personale, è stato parzialmente vanificato;

          tra questi vi è sicuramente il tribunale di Reggio Emilia che si trova ad affrontare una situazione di eccezionale difficoltà dovuta ad una carenza di personale amministrativo, ormai cronica, che mette sempre più a rischio il buon funzionamento dell'intero ufficio giudiziario;

          secondo quanto risulta all'interrogante sono decine i posti vacanti, tra i quali, quello di dirigente amministrativo, buona parte dei posti di direttore amministrativo, la maggior parte dei posti di funzionario giudiziario e parte dei posti di cancelliere e degli assistente amministrativo;

          a questa situazione vanno aggiunti i numerosi distacchi presso altri tribunali e i prossimi pensionamenti che provocheranno un aggravamento dell'attuale situazione;

          inoltre, bisogna tenere conto dell'attuale elevata età media del personale amministrativo in forza al tribunale, da cui ne consegue irrimediabilmente una maggior incidenza di permessi per malattia, anche di lunga durata, ed un aumento, nei prossimi anni, del numero dei pensionamenti;

          il tribunale è riuscito a sopperire in parte a questa atavica criticità, tramite l'impiego di volontari, ma la situazione a breve potrebbe diventare difficilmente gestibile –:

          se intenda adottare le iniziative di competenza, nelle more dell'espletamento dei vari concorsi per l'assunzione di personale, al fine di provvedere alla copertura delle vacanze di posti in organico più gravi, come quelle descritte per l'ufficio giudiziario in parola;

          se intenda fornire informazioni circa i tempi di massima inerenti alla conclusione delle procedure concorsuali in corso e all'attivazione di quelle previste dalla normativa vigente ed i concreti tempi di assunzione, anche in relazione alle specifiche qualifiche professionali.
(4-07098)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo alle problematiche connesse alla carenza dell'organico del personale amministrativo presso il tribunale di Reggio Emilia, si rappresenta quanto segue.
      Al fine di consentire una visione d'insieme del contesto nel quale si colloca l'attività dell'ufficio giudicante in esame, si premette che il distretto di Bologna comprende 45 uffici giudiziari ripartiti tra la città capoluogo (sede di 10 uffici) e 9 circondari (Bologna, Ferrara, Forlì, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini), come risultanti a seguito della definizione della nuova geografia giudiziaria per effetto dei decreti legislativi nn. 155 e 156 del 7 settembre 2012 e successive modifiche ed integrazioni.
      Rispetto ad una pianta organica di 2.001 unità sono coperti 1.468 posti (tenuto conto del personale in distacco
in/out oltre a quello in comando da/verso altre amministrazioni) con una percentuale di scopertura media del 26,64 per cento
      La scopertura media nazionale del personale amministrativo è del 25,10 per cento, tenuto conto delle posizioni di distacco e comando da e verso altre amministrazioni, e del 26,19 per cento sulla base dei posti scoperti (pianta organica di cui decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 giugno 2019, n. 99).
      Le assunzioni realizzate negli ultimi anni nel distretto di Bologna sono state 392 e segnatamente:

          33 posti coperti per mobilità volontaria;

          13 posti coperti per mobilità obbligatoria riservata al personale di area vasta e croce rossa;

          36 per scorrimento di altre graduatorie;

          15 posti coperti con altre modalità di assunzione;

          295 posti di assistente giudiziario coperti con vincitori ed idonei del concorso ad 800 posti bandito nel 2016 e conclusosi nel 2017.

      I suddetti reclutamenti sono comprensivi delle 8 assunzioni degli idonei assistenti giudiziari che, nei giorni tra il 15 e 21 ottobre, hanno provveduto a scegliere la sede di prima destinazione, sulla base di quanto disposto dal P.d.g. del 29 settembre 2020. I neo assistenti sottoscriveranno il contratto individuale di lavoro l'11 gennaio 2021.
      Riguardo alla procedura di riqualificazione del personale in servizio (cancellieri e ufficiali giudiziari) di cui ai bandi del 19 settembre 2016, i vincitori in servizio negli uffici dell'intero distretto bolognese, a seguito dell'ultimo scorrimento della graduatoria di cui al provvedimento del direttore generale del personale della formazione in data 4 agosto per la copertura di 739 posti, sono stati complessivamente 109 (91 cancellieri e 18 ufficiali giudiziari) inquadrati rispettivamente in funzionari giudiziari e funzionari Unep ed hanno mantenuto le medesime sedi di servizio, i quali hanno sottoscritto il contratto individuale di lavoro presso le rispettive sedi di competenza il giorno 1° ottobre 2020.

Immagine prelevata dal resoconto

      Al fine di consentire la prosecuzione delle procedure assunzionali relative al concorso a 800 posti da assistente giudiziario, l'amministrazione ha provveduto ad ampliare la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario con decreto ministeriale 20 luglio 2020 di 194 unità; con il precipuo obiettivo di consentire l'esaurimento integrale della graduatoria del concorso per il profilo di assistente giudiziario sono state così riequilibrate le varie qualifiche professionali rispetto ai flussi di lavoro di molti uffici (nell'intero distretto bolognese vi è stato un incremento di 22 unità di assistente giudiziario – di cui 2 destinate alla città di Reggio Emilia – con un ridimensionamento dell'organico di conducente di automezzi di 2 unità).
      Con il P.d.g. del 16 luglio 2020 è stata disposta l'assunzione a tempo indeterminato mediante ultimo scorrimento dei residui 837 candidati risultati idonei al concorso per 800 posti di assistente giudiziario, i primi 500 dei quali hanno già firmato il contratto individuale di lavoro presso l'ufficio di destinazione il 28 settembre 2020.
      Sono state messe nella disponibilità di scelta degli idonei assistenti giudiziari dall'amministrazione ben 41 posti nell'intero distretto bolognese e sono stati coperti, all'atto della presa di possesso, 38 posti.
      Sulla base di quanto disposto dall'ultimo P.d.g. del 29 settembre 2020 che segna il definitivo e totale scorrimento della graduatoria del concorso per assistenti giudiziari, i restanti 333 idonei prenderanno possesso della sede scelta l'11 gennaio 2021; per il distretto in esame sono stati messi nella disponibilità di scelta degli idonei ben 8 posti, distribuiti nei vari uffici giudiziari e sono stati tutti assegnati.
      Con provvedimento del 18 febbraio 2019 è stato avviato l'interpello straordinario per il profilo di assistente giudiziario rivolto al personale in servizio, secondo quanto previsto dall'accordo sindacale del 27 marzo 2007; tale interpello è stato pubblicato il 7 marzo 2020 sul sito istituzionale (nel distretto di Bologna sono stati individuati 5 posti e coperti 4).
      In relazione alle posizioni dirigenziali, si evidenzia che a fronte di 21 posti previsti ne sono coperti 9 con incarico di titolarità e 5 con incarico di reggenza. Le posizioni vacanti sono state pubblicate con l'interpello del 7 ottobre 2020 e la procedura è in corso.
      Il tribunale di Reggio Emilia ha un organico di 77 unità e 58 posti coperti, con una percentuale di scopertura del 24,68 per cento considerando la presenza di 3 unità, di cui 2 ivi distaccate da altri uffici (1 assistente giudiziario e 1 conducente di automezzi), 1 unità comandata da altra amministrazione (1 funzionario giudiziario) e di 7 unità assenti perché distaccate in altre strutture amministrative (1 funzionario giudiziario e 6 assistenti giudiziari).
      I profili che evidenziano carenza sono quelli di direttore amministrativo (3 su 4) funzionario giudiziario (7 vacanze su 16), di cancelliere (3 vacanze su 10), assistente giudiziario (1 su 26), e ausiliario (1 su 8).
      Risultano completamente soddisfatte le figure di operatore giudiziario e di conducente di automezzi; risulta inoltre la presenza di un centralinista telefonico non previsto in organico, mentre la posizione dirigenziale è vacante.
      Le posizioni vacanti sono state pubblicate con interpello del 7 ottobre 2020 e la procedura è ancora in definizione.
      Le assunzioni sono state 19:

          mobilità volontaria: 1 funzionario giudiziario;

          scorrimento altre graduatorie: 3 (2 funzionari giudiziari e 1 assistente giudiziario);

          concorso 800: 15 assistenti giudiziari, comprensiva dell'assunzione di 1 assistente, in attesa di formalizzazione.

      L'ufficio di cui trattasi ha potuto giovare altresì, in base alla procedura di riqualificazione di 1 cancelliere in funzionario giudiziario.
      Grazie alla rimodulazione della pianta organica attuata sulla base del disposto del decreto ministeriale 20 luglio 2020, l'organico del profilo dell'assistente giudiziario del tribunale in esame, è aumentato di 1 unità.
      Va aggiunto, a completamento, che è stato assegnato 1 posto di assistente giudiziario messo a disposizione dall'amministrazione, presso l'ufficio in esame, derivante dallo scorrimento della graduatoria del concorso, disposto con P.d.g. del 29 settembre 2020. La presa di possesso del neo assistente è prevista per l'11 gennaio 2021.
      Il distretto di Bologna si è finora giovato dell'apporto di nuove valide risorse ed energie, considerato il rilevante apporto di professionalità assicurato dagli assistenti giudiziari recentemente assunti; potrà comunque beneficiare di ulteriori unità di personale in via temporanea e strettamente connessa con esigenze contingenti, mediante il ricorso, da parte degli organi di vertice distrettuale, all'applicazione temporanea di personale ai sensi dell'articolo 14 dell'accordo sulla mobilità interna del 27 marzo 2007 (tale istituto rappresenta il più rapido strumento di redistribuzione delle risorse umane disponibili nell'ambito del distretto).
      L'attenzione di questa amministrazione alle problematiche relative al personale amministrativo non è mai venuta meno: costante è stato infatti l'impegno profuso a supporto dell'impulso politico che ha determinato la quanto mai auspicata inversione di tendenza in materia di concorsi pubblici, non più banditi per almeno un ventennio.
      Il vasto programma assunzionale tuttora in corso sarà completato mediante il definitivo scorrimento delle graduatorie e verranno implementate le numerose procedure concorsuali previste dai piani assunzionali che, per il prossimo triennio, prevedono un imponente programma di reclutamento, pari (ad oggi e al netto degli ingressi già avvenuti e delle ulteriori 800 unità a tempo determinato previste dal decreto-legge n. 53 del 2019) a 8.286 unità, ripartite tra tutte le tre aree.
      Per il periodo 2019-2021 le previsioni di investimento sulle assunzioni di personale amministrativo hanno tenuto conto della situazione delle vacanze attuali e delle cessazioni che si stimano nei prossimi anni.
      Il programma assunzionale nel periodo indicato prevede 8.756 nuovi ingressi ripartiti tra le aree i dirigenti di II fascia ed è stato formalizzato nel piano triennale approvato con provvedimento del 13 giugno 2019.
      In base ai diversi strumenti normativi a disposizione, è prevista dunque l'assunzione:

          per l'anno 2019:

              di 97 unità di area I (ausiliari);

              di 1.754 unità di area II (105 conducenti, 616 operatori, 1.033 assistenti giudiziari);

              di 266 unità di area III (161 funzionari giudiziari, 105 funzionari tecnici/informatici/contabili);

              di 12 dirigenti;

          per l'anno 2020:

              di 237 unità di area II (237 assistenti tecnici);

              di 1.645 unità di area III (1.400 funzionari giudiziari, 245 funzionari tecnici);

              di 14 dirigenti;

          per l'anno 2021:

              di 2.997 unità di area II (297 assistenti giudiziari, 2.700 cancellieri esperti);

              di 1.250 unità di area III (850 funzionari giudiziari, 400 direttori);

              di 14 dirigenti.

      Lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e le relative forme di contenimento del virus hanno rallentato le procedure già avviate e da avviarsi, in ottemperanza al disposto dell'articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 relativo alla sospensione delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego.
      Tuttavia, come previsto dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, per assicurare il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria, questa amministrazione potrà avviare le procedure già autorizzate, in modalità semplificata, per il reclutamento delle seguenti unità di personale:

          400 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria, con la qualifica di direttore – Area III/F3, di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019;

          150 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area III/F1 residue rispetto a quanto previsto ai sensi degli articoli 3-bis, comma 1, lettera b), e 3-ter, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione 20 ottobre 2016, in deroga alle modalità ivi previste, per l'urgente necessità di far fronte alle gravi scoperture di organico degli uffici giudiziari che hanno sede nei distretti di Torino, Milano, Brescia, Venezia, Bologna;

          2.700 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'Amministrazione giudiziaria, con la qualifica di cancelliere esperto - Area II/F3, già autorizzata dall'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019.

      Nell'immediato è possibile procedere ai seguenti reclutamenti:

          il 26 luglio 2019 è stato pubblicato il bando di concorso per il reclutamento di 2.329 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di funzionario da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia. Si è conclusa la prima prova (preselettiva) di tale concorso. La graduatoria è stata pubblicata il 20 novembre 2019 con l'elenco dei 7.021 candidati ammessi alle prove successive del concorso, che saranno ricalendarizzate a breve;

          con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 2020 è stata avviata la procedura di reclutamento per 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F1 (profilo operatore giudiziario), con contratto a tempo determinato, della durata massima di ventiquattro mesi;

          in base all'avviso del 27 agosto 2019 è stata indetta una procedura di 97 assunzioni nella figura professionale di ausiliario, area I, fascia economica F1, mediante richiesta numerica di avviamento ai competenti servizi delle amministrazioni provinciali, ai sensi della legge n. 68 del 1999. Per il distretto di Bologna gli uffici presso i quali sono avviate le assunzioni, come da comunicazione agli organi di vertice distrettuali, sono i seguenti:

      DISTRETTO

      SEDE

      UFFICIO

      N. POSTI

      Bologna

      Bologna

      Corte d'appello

      2

      Bologna

      Bologna

      Procura generale

      1

      Bologna

      Modena

      Tribunale

      1

      Bologna

      Piacenza

      Giudice di pace

      1

      Bologna

      Reggio Emilia

      Tribunale

      1

      Bologna

      Reggio Emilia

      Procura Repubblica c/o Tribunale

      1

      Bologna

      Rimini

      Tribunale

      1

      Totale Bologna

      8

      La direzione generale del personale ha indetto una procedura di assunzione per il reclutamento, tramite avviamento mediante avviamento degli iscritti ai Centri per l'impiego (liste di cui all'articolo 16 legge 28 febbraio 1987, n. 56), di 616 operatori giudiziari, da inquadrare nell'area funzionale seconda, posizione retributiva F1. Il provvedimento è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – 4a serie speciale concorsi ed esami – in data 8 ottobre 2019. Per il distretto di Bologna sono stati riservati 35 posti di operatore nelle seguenti sedi come da bando pubblicato:
      

      Distretto di Bologna

      Sede

      N. posti

      Bologna

      20

      Ferrara

      1

      Forlì

      1

      Modena

      4

      Parma

      1

      Ravenna

      1

      Reggio Emilia

      2

      Rimini

      5

      Totale

      35

      La massiccia pianificazione dell'ingresso delle suddette nuove risorse umane negli organici dell'organizzazione giudiziaria sarà certamente modulata in maniera tale da tenere in adeguata considerazione le necessità dei singoli uffici.
Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          sull'isola di Ischia vivono circa 65.000 abitanti e vi operano stabilmente circa 400 avvocati;

          gli uffici giudiziari isolani vivono in una condizione di drammatica gravosità per via della soppressione della qualifica di sede distaccata del tribunale di Napoli, disposta con la revisione della geografia giudiziaria;

          la soppressione è attualmente sospesa fino al 1° gennaio 2022, ma produce drammatici effetti sulla condizione del personale e delle piante organiche;

          in virtù della deliberata soppressione, gli uffici di Ischia non possono essere oggetto di assegnazione stabile di magistrati e di personale amministrativo, altamente necessari per via del turn over del personale in uscita e dell'elevato carico di lavoro. Molto spesso, gli uffici non riescono a garantire i necessari servizi di cancelleria, a tutto detrimento delle istanze di giustizia dei cittadini ischitani, nonché delle condizioni di lavoro dell'avvocatura e del personale giudiziario allocato;

          inoltre, l'ufficio del giudice di pace è al collasso in quanto manca da due anni il 4° giudice previsto in pianta organica;

          non bisogna dimenticare che, molto spesso, il personale è costretto a restare sull'isola a causa delle condizioni meteo avverse che rendono impraticabili i collegamenti con la terraferma. Tali spese sono affrontate direttamente dai lavoratori degli uffici;

          in un moderno Stato di diritto non è accettabile che ai cittadini non possa essere offerto un servizio fondamentale, perché l'incertezza regna sulla programmazione. Nei prossimi mesi, il Governo è chiamato ad allocare ingenti risorse provenienti dal Recovery Fund e ha individuato nella celerità della giustizia una delle sue principali prerogative;

          a giudizio dell'interrogante, il pieno ripristino degli uffici giudiziari sull'isola di Ischia rappresenterebbe un deciso passo in avanti in tal senso e le Risorse del Recovery Fund potrebbero essere utilizzate a questo scopo –:

          se il Governo intenda stabilizzare la sede del tribunale di Ischia riconoscendo, in via definitiva, la sezione distaccata;

          se intenda ripristinare tutte le competenze e le piante organiche vigenti anteriormente alla soppressione, attribuendo stabilmente il personale mancante sia amministrativo che giudicante;

          se intenda riconoscere lo status di sede disagiata.
(4-06991)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante, dopo avere premesso che la soppressione della sezione distaccata di Ischia del tribunale di Napoli disposta con la revisione della geografia giudiziaria (ancorché sospesa fino al 1° gennaio 2022) sta producendo «drammatici effetti» sulla condizione del personale e delle piante organiche in quanto non possono più essere disposte assegnazioni di magistrati e personale amministrativo necessari per il turn over del personale in uscita e per il rilevante carico di lavoro, chiede di sapere:

          se il Governo intenda stabilizzare la sede del tribunale di Ischia riconoscendo, in via definitiva, la sezione distaccata;

          se intenda ripristinare tutte le competenze e le piante organiche vigenti anteriormente alla soppressione, attribuendo stabilmente il personale mancante sia amministrativo che giudicante;

          se intenda riconoscere lo status di sede disagiata.

      Si rappresenta che la riforma della geografia giudiziaria è stata prevista dalla legge n. 148 del 2011 ed attuata dai decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 2012, recanti rispettivamente disposizioni sulla «nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», nonché la «revisione delle circoscrizioni giudiziarie – uffici dei giudici di pace».
      Le relative disposizioni risultano pienamente conformi ai criteri fissati dalla legge delega n. 148 del 2011, in quanto è stata espressamente prevista la possibilità di «procedere alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni distaccate di Tribunale» (articolo 1, comma 2, lettera
d)).
      In virtù di siffatta previsione, il legislatore delegato ha ritenuto di esercitare la delega secondo la prima delle opzioni indicate dalla norma primaria, provvedendo alla completa abolizione dell'istituto stesso e quindi alla soppressione di tutte le 220 sezioni distaccate di tribunale esistenti sul territorio nazionale.
      Al fine di rendere i tribunali più efficienti e di ottimizzarne le risorse, con tale riforma sono stati complessivamente chiusi circa 1.000 uffici di piccole dimensioni (31 tribunali minori, 37 procure, 220 sezioni distaccate e 667 uffici del giudice di pace poi recuperati a carico dei comuni).
      Per effetto della previsione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera
c), del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, è stata pertanto soppressa la sezione distaccata del tribunale di Napoli con sede in Ischia.
      Si evidenzia in proposito che, in ottemperanza ai criteri generali seguiti a livello nazionale, la dotazione del personale amministrativo relativa a tale sezione soppressa è stata integralmente assegnata in aumento alla pianta organica del Tribunale accorpante di Napoli, mentre si ricorda che alla trattazione dei procedimenti in carico alle sedi periferiche erano comunque addetti, secondo specifiche previsioni tabellari, magistrati in servizio presso il medesimo ufficio circondariale.
      Ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, con decreto ministeriale 8 agosto 2013 è stata autorizzato l'utilizzo a servizio del tribunale di Napoli dei locali della soppressa sezione distaccata di Ischia per la trattazione ad esaurimento dei processi civili e penali colà pendenti.
      Nessuna sezione distaccata presente sul territorio nazionale è stata comunque mantenuta (il decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 14, nell'ambito delle disposizioni integrative, correttive e di coordinamento ai decreti legislativi, n. 155 e n. 156 del 2012 si è infatti limitato a prevedere il ripristino fino al 31 dicembre 2016 delle sezioni distaccate insulari di Ischia, Lipari e Portoferraio, secondo le modalità fissate dall'articolo 10 dello stesso decreto legislativo correttivo; il comma 2-
bis dell'articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, convertito con modificazioni dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21, ha prorogato al 31 dicembre 2018 il termine per la cessazione del temporaneo ripristino delle sezioni distaccate insulari di Ischia, Lipari e Portoferraio, ricadenti, rispettivamente, nei circondari dei tribunali di Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto e Livorno).
      Con decreto del 12 agosto 2015 è stata istituita una commissione di studio con il compito di approfondire il tema della geografia giudiziaria, nell'ottica di un incremento dell'efficienza degli uffici giudiziari, di realizzazione di risparmi di spesa e con l'obiettivo di rivedere nel contempo la geografia delle corti di appello.
      La questione relativa alla riduzione degli uffici giudiziari per effetto della soppressione dei tribunali ordinari, delle sezioni distaccate e delle procure della Repubblica di cui alla tabella A allegata al decreto legislativo n. 155 del 2012 è stata peraltro oggetto di due pronunce della Corte costituzionale: la sentenza n. 237 del 2013 e l'ordinanza n. 200 del 2015, con le quali sono state respinte le doglianze da più parti sollevate con riguardo all'asserita violazione da parte del decreto legislativo n. 155 del 2012 dei criteri della delega legislativa ed alla ritenuta irragionevolezza della loro applicazione.
      La Corte ha in proposito evidenziato che la disciplina in esame ha avuto ad oggetto «una misura organizzativa, in cui la soppressione dei singoli tribunali ordinari ha costituito la scelta rimessa al Governo, nel quadro di una più ampia valutazione del complessivo assetto territoriale degli uffici giudiziari di primo grado, finalizzata a realizzare un risparmio di spesa e un incremento di efficienza, e tale valutazione è stata effettuata sulla base di un'articolata attività istruttoria, come si desume dalla relazione che accompagna il decreto legislativo n. 155 del 2012 e dalle schede tecniche allegate – le quali, con specifico riferimento alle singole realtà territoriali, illustrano le modalità di applicazione dei criteri –, nonché dalle relazioni e dai pareri, in particolare delle commissioni giustizia della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, sottoposti all'attenzione del Governo e del Parlamento».
      Nel confutare le argomentazioni dei remittenti, in entrambe le pronunce la Corte ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 ha sostanzialmente escluso la possibilità di apprezzare i caratteri e le peculiarità dei singoli territori cui fanno capo i tribunali di cui è stata disposta la soppressione, rimarcando che «la scelta del legislatore delegato, come richiesto dal carattere generale dell'intervento, non poteva essere effettuata valutando soltanto i dati dei singoli uffici e i relativi territori in una comparazione meramente statistica, come si assume, in sostanza, nelle ordinanze di rimessione, dovendo, invece, inserirsi in una prospettiva di riorganizzazione del territorio nazionale in un'ottica di riequilibrio complessivo degli uffici di primo grado».
      Si rappresenta che l'articolo 10 del decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 14 (Disposizioni integrative, correttive e di coordinamento delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e 7 settembre 2012, n. 156 tese ad assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari) sotto la rubrica «Temporaneo ripristino di sezioni distaccate insulari» stabilisce, al comma 1, che «Fino al 31 dicembre 2022, nel circondario del tribunale di Napoli è ripristinata la sezione distaccata di Ischia...» (comma, da ultimo, modificato dall'articolo 8, comma 6-
septies, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, che ha previsto un ‘ulteriore proroga del termine di permanenza della sezione distaccata di Ischia).
      Il decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», è intervenuto in materia disponendo all'articolo 2 terzo comma il differimento al 31 dicembre 2021 limitatamente alla sola sezione distaccata di Ischia del termine del temporaneo ripristino.
      In fase di conversione in legge 21 settembre 2018, n. 108 (recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative») è stato ulteriormente differito al 31 dicembre 2021 il termine del temporaneo ripristino delle sezioni distaccate di Ischia, Lipari e Portoferraio.
      Il decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, (recante «Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica») convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8 all'articolo 8 comma 6-
septies, lettere a), b) e c), ha poi previsto 1‘ulteriore differimento al 31 dicembre 2022 del termine di temporaneo ripristino delle sezioni distaccate di Ischia, Lipari e Portoferraio.
      Pur vertendosi in ipotesi di temporaneo ripristino (fino al 31 dicembre 2022) del funzionamento della sezione distaccata di Ischia, la materia è comunque oggetto di riserva di legge; eventuali iniziative da adottare finalizzate alla stabilizzazione definitiva della sezione di tribunale di Ischia e del ripristino dell'assetto funzionale e operativo antecedente la disposta soppressione possono pertanto trovare compimento solo a seguito della proposizione di una specifica iniziativa legislativa che, pertanto, risulta attratta nell'orbita della dialettica parlamentare.
      Si segnala inoltre che in data 27 gennaio 2020 è stato presentato alla Camera dei deputati (A.C. n. 2350) un disegno di legge recante «Modifiche all'articolo 10 del decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 14, in materia di ripristino delle sezioni distaccate insulari di tribunale aventi sede a Ischia, Lipari e Portoferraio».
      Tale proposta normativa mira a ripristinare in via definitiva la sezione distaccata di Ischia e risulta assegnata alla commissione giustizia, ma, ad oggi, non ne è ancora iniziato l'esame.

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          nella giornata del 26 ottobre 2020, l'ufficio di presidenza del tribunale di Napoli ha emanato un decreto che dispone la fine di fatto dell'ufficio del giudice di pace di Capri;

          il provvedimento, si legge nel decreto n. 292, segue la triste dipartita dell'unico dipendente in servizio stabile e dispone il trasferimento delle udienze presso la sede centrale del tribunale di Napoli fino al 31 dicembre 2020, nelle more di eventuali ulteriori interventi ministeriali;

          in base all'attuale accordo sindacale vigente sulla mobilità, non è possibile destinare nell'immediato ulteriore personale all'ufficio del giudice di pace di Capri, in quanto è in corso di pubblicazione un interpello volontario per trovare personale da destinare all'ufficio dell'isola;

          questo provvedimento danneggia gli abitanti dell'isola e mette a dura prova la necessaria garanzia di giustizia per coloro che sono impossibilitati a raggiungere la terraferma, soprattutto in un momento in cui il Governo invita i cittadini a evitare spostamenti;

          appare illogico e irrazionale, a giudizio dell'interrogante, costringere avvocati e cittadini a recarsi fuori dall'isola, con il rischio di aumentare le occasioni di portare il virus sull'isola stessa;

          in Campania la situazione dei contagi è al limite della gestibilità, anche per via dell'inerzia della giunta regionale. Si rende ancora più necessario, quindi, un intervento immediato del Ministero della giustizia al fine di rimediare ai disagi arrecati agli abitanti dell'isola;

          in un moderno Stato di diritto non è accettabile che ai cittadini non possa essere offerto un servizio fondamentale, perché l'incertezza regna sulla programmazione. Nei prossimi mesi, il Governo è chiamato ad allocare ingenti risorse provenienti dal Recovery Fund e ha individuato nella celerità della giustizia una delle sue principali prerogative –:

          se il Governo intenda destinare immediatamente nuovo personale per incrementare l'organico dell'ufficio del giudice di pace di Capri per evitare la chiusura definitiva dell'ufficio con grande danno per l'isola e gli isolani.
(4-07293)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, va evidenziato che l'interrogante lamenta la totale scopertura dell'ufficio del Giudice di pace sito nell'isola di Capri, a seguito del decesso dell'ultimo dipendente in servizio.
      Va al riguardo premesso che l'intero distretto di Napoli segna una scopertura media, tenuto conto dei distacchi e dei comandi, del 24,47 per cento. Dato questo che è di poco inferiore alla scopertura media nazionale, che è pari al 25,28 per cento tenuto conto del personale distaccato e comandato.
      Per rispondere alle richieste rappresentate nell'interrogazione in esame, si segnala che nell'immediato una migliore funzionalità dei servizi può essere garantita con provvedimenti di natura transitoria; rientrano in tale tipologia i comandi da altre amministrazioni, le applicazioni temporanee in ambito distrettuale e gli scambi di sedi, tutti strumenti previsti nell'accordo sulla mobilità sottoscritto dalla competente direzione generale e dalle organizzazioni sindacali.
      Quanto al primo istituto menzionato, è possibile coprire temporaneamente i posti vacanti con il personale che presenti richiesta di comando da altre pubbliche amministrazioni del comparto ministeri, secondo le vigenti disposizioni contrattuali.
      Quanto al secondo istituto, questo è regolato dall'articolo 20 dell'accordo sulla mobilità interna del personale sopra citato e rientra nella competenza degli organi di vertice distrettuali i quali possono disporre applicazioni, tenuto conto delle effettive esigenze degli uffici. Esso rappresenta, allo stato, il più rapido strumento di redistribuzione delle risorse umane esistenti nel distretto.
      Nel solco di quanto stabilito dal predetto l'accordo sulla mobilità è stato indetto, in data 22 settembre 2020, un interpello distrettuale per l'applicazione di n. 1 cancelliere da assegnare all'ufficio del giudice di pace di Capri con scadenza al 30 settembre. La procedura è tuttora in definizione.
      Inoltre si rappresenta che riguardo alla procedura di assunzione per il reclutamento mediante avviamento degli iscritti ai Centri per l'impiego (liste di cui all'articolo 16 legge 28 febbraio 1987, n. 56) di 616 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo professionale di operatore giudiziario, all'ufficio in esame è stato assegnato 1 posto. La procedura è ancora in corso.
      Nel comprendere le specifiche criticità rappresentate, non sembra inopportuno rilevare come, in controtendenza rispetto al passato, le linee di azione intraprese in materia di gestione del personale siano state orientate a riavviare il
turn over della forza lavoro.
      Le procedure di reclutamento finora realizzate hanno interessato l'intero territorio nazionale e, pertanto, è stato necessario ripartire le unità da assumere tra tutti gli uffici giudiziari sulla base di criteri uniformi che tenessero conto delle esigenze dei vari territori, dei progetti di miglioramento della funzionalità degli uffici, della riduzione dell'arretrato e delle attività di innovazione organizzativa e tecnologica. Resta alta e costante l'attenzione di questa Amministrazione alle problematiche relative al personale amministrativo, che ha determinato la quanto mai auspicata inversione di tendenza in materia di concorsi pubblici, non più banditi per almeno un ventennio.
      A ragione di ciò, preme sottolineare le numerose iniziative intraprese dall'Amministrazione al fine di realizzare la maggiore copertura possibile delle vacanze registrate negli uffici giudiziari.
      Si consideri, nello specifico, le misure di seguito riportate:

          Variazione della pianta organica: con un primo intervento (decreto ministeriale 2018) si è registrato un aumento dell'organico degli assistenti giudiziari di 72 unità nell'intero distretto napoletano. Con un secondo intervento (decreto ministeriale) 20 luglio 2020), prodromico allo scorrimento della graduatoria degli assistenti giudiziari dal concorso ad 800 posti, la pianta organica degli assistenti è stata ampliata di ulteriori 24 unità.

          Con il P.d.g. del 16 luglio 2020 è stata disposta l'assunzione a tempo indeterminato, mediante ultimo scorrimento, dei residui 837 candidati risultati idonei al concorso per 800 posti di assistente giudiziario. Di questi, i primi 500 hanno già firmato il contratto individuale di lavoro presso l'ufficio di destinazione il 28 settembre u.s. Il distretto di Napoli ne ha beneficiato con l'assunzione di 27 unità di personale.

          Sulla base di quanto disposto, altresì, dall'ultimo P.d.g. del 29 settembre 2020, che segna il definitivo e totale scorrimento della graduatoria del concorso ad 800 posti per assistenti giudiziari, i rimanenti 333 idonei assistenti prenderanno possesso della sede scelta l'11 gennaio 2021. Per il distretto in esame, come sopra evidenziato, sono stati assegnati tutti i 15 posti messi nella disponibilità di scelta degli idonei.

          Con riferimento alla procedura di riqualificazione del personale in servizio (cancellieri e ufficiali giudiziari), di cui ai bandi del 19 settembre 2016, i vincitori in servizio negli uffici dell'intero distretto napoletano, stante l'ultimo scorrimento della graduatoria stabilito con provvedimento del direttore Generale del personale e della formazione in data 4 agosto, per la copertura di 739 posti, sono stati complessivamente 353 dipendenti (275 cancellieri e 78 ufficiali giudiziari), inquadrati rispettivamente in funzionari giudiziari e funzionari Unep, mantenendo le medesime sedi di servizio, i quali sono stati convocati il giorno 1° ottobre per la sottoscrizione del contratto di lavoro presso le rispettive sedi di appartenenza.

          Con provvedimento del 18 febbraio 2019 è stato avviato l'interpello straordinario per il profilo di assistente giudiziario rivolto al personale in servizio, secondo quanto previsto dall'accordo sindacale del 27 marzo 2007. L'interpello è stato pubblicato il 7 marzo 2019 sul sito istituzionale e con il Pdg prot. 2414.I del 20 febbraio 2020 veniva disposto il rilancio delle graduatorie al fine di coprire i posti messi a disposizione e rimasti scoperti per revoca delle domande di trasferimento.
          Nel Distretto di Napoli sono stati individuati 38 posti di cui ne sono stati coperti 16.

      Per il periodo 2019-2021 le previsioni di investimento sulle assunzioni di personale amministrativo hanno tenuto conto della situazione delle vacanze attuali e delle cessazioni che si stimano nei prossimi anni.
      Il programma assunzionale nel periodo indicato prevede 8.756 nuovi ingressi ripartiti tra le tre aree e i dirigenti di II fascia ed è stato formalizzato nel piano triennale approvato dal Ministro della giustizia con provvedimento del 13 giugno 2019.
      Lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e le relative forme di contenimento del virus hanno rallentato le procedure già avviate e da avviarsi, in ottemperanza al disposto dell'articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 relativo alla sospensione delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego, come ribadito nell'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020.
      Come previsto dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, per assicurare il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria, questa Amministrazione potrà avviare le procedure già autorizzate, in modalità semplificata, per il reclutamento delle seguenti unità di personale:

          150 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area III/F1 residue rispetto a quanto previsto ai sensi degli articoli 3-bis, comma 1, lettera b), e 3-ter, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione 20 ottobre 2016, in deroga alle modalità ivi previste, per l'urgente necessità di fare fronte alle gravi scoperture di organico degli uffici giudiziari che hanno sede nei distretti di Torino, Milano, Brescia, Venezia, Bologna;

          2.700 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'Amministrazione giudiziaria, con la qualifica di cancelliere esperto – Area II/F3, già autorizzata dall'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019.

      Tuttavia si rende noto che in ottemperanza all'articolo 1 comma 9, lettera z) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 sono state sospese le prove preselettive e scritte delle procedure concorsuali pubbliche fino alla data del 3 dicembre 2020.
      Di seguito un riepilogo delle iniziative avviate e in corso:

          con P.d.g. 29 settembre 2020, si è realizzato il definitivo e totale scorrimento della graduatoria del concorso ad 800 posti per assistente giudiziario, per i restanti 333 candidati dichiarati idonei. Come sopra accennato, per il distretto di Napoli sono stati assegnati e coperti 15 posti. I neo assistenti firmeranno il contratto individuale di lavoro l'11 gennaio 2021;

          il 26 luglio 2019 è stato pubblicato il bando di concorso per il reclutamento di 2.329 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di Funzionario da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia. Si è conclusa la prova preselettiva di tale concorso. La graduatoria è stata pubblicata lo scorso 20 novembre con l'elenco dei 7.021 candidati ammessi alle prove successive del concorso;

          la competente direzione centrale del personale e della formazione ha indetto una procedura di assunzione per il reclutamento mediante avviamento degli iscritti ai centri per l'impiego (liste di cui all'articolo 16 legge 28 febbraio 1987, n. 56) di 616 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo professionale di operatore giudiziario, da inquadrare nell'Area funzionale seconda, posizione retributiva F1. Il provvedimento è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – 4a Serie Speciale concorsi ed esami – in data 8 ottobre 2019. Per il distretto di Napoli sono stati riservati 86 posti di operatore, distribuiti come descritto nella seguente tabella:

Sede

Posti

Napoli

49

Avellino

1

Benevento

3

Capri

1

Caserta

1

Napoli Nord

3

Nola

6

Santa Maria Capua Vetere

13

Torre Annunziata

9

TOTALE Operatori

86

          con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 gennaio 2020 è stata avviata la procedura di selezione, mediante avviamento degli iscritti ai centri per l'impiego, per l'assunzione di complessivi 109 conducenti di automezzi, area II, a tempo pieno e indeterminato. Nel distretto in esame sono stati pubblicati 10 posti;

          con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 2020 è stata avviata la procedura di reclutamento per 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F1 (profilo operatore giudiziario), con contratto a tempo determinato, della durata massima di ventiquattro mesi;

          da ultimo, sulla Gazzetta Ufficiale del 17 novembre 2020 è stata pubblicata la procedura di reclutamento per 400 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria, con la qualifica di direttore – Area III/F3, di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019. In particolare, per il distretto di Napoli, sono stati messi a concorso 31 posti.

      La massiccia pianificazione dell'ingresso delle suddette nuove risorse umane negli organici dell'amministrazione giudiziaria, oltretutto a seguito delle procedure concorsuali previste, sarà certamente modulata in maniera tale da tenere in adeguata considerazione le necessità dei singoli uffici.
      Tutto quanto sinora esposto testimonia e comprova in maniera tangibile il costante ed efficace impegno profuso dal Ministro della giustizia, alla stregua delle risorse disponibili e tenendo conto delle difficili situazioni in cui versano anche altre realtà giudiziarie, «... per evitare la chiusura definitiva... dell'ufficio del giudice di pace di Capri... con grande danno per l'isola e gli isolani...».

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      D'ORSO, PERANTONI, BARBUTO, SAITTA, PALMISANO e MARTINCIGLIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il comma 1-bis dell'articolo 63 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, apporta una serie di modifiche all'articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile, in materia di svolgimento delle assemblee condominiali;

          la disposizione, aggiungendo un ulteriore comma all'articolo 66 disp. att. del codice civile, stabilisce che: «Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso di tutti i condomini, la partecipazione all'assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza. In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, è trasmesso all'amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione»;

          i provvedimenti normativi emanati durante l'emergenza epidemiologica (si vedano i decreti-legge n. 18 e 34 del 2020) non hanno previsto una specifica disciplina per lo svolgimento delle assemblee di condominio da remoto, lasciando così decidere spesso alla giurisprudenza che ha, in molti casi, sostenuto l'applicabilità della normativa dettata per le società alla materia condominiale, in particolare la disposizione di cui all'articolo 106 del Decreto «Cura Italia». Quest'ultima con specifico riferimento alle società, associazioni, cooperative e fondazioni, ha permesso – seppure per un periodo di tempo limitato – in deroga alle disposizioni statutarie, di prevedere l'intervento in assemblea mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l'identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l'esercizio del diritto di voto, senza la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente, il segretario o il notaio;

          la statuizione legislativa, introdotta con il comma 1-bis dell'articolo 63, pur avendo il merito di affrontare la questione della possibilità del ricorso – oramai necessario in questo periodo di emergenza epidemiologica – ad una assemblea condominiale virtuale non fornisce una disciplina snella e completa, regolamentando in modo chiaro i vari aspetti della celebrazione dell'assemblea mediante video-collegamento a distanza, ma presenta invece delle criticità che ne rendono difficile la sua applicazione e prima ancora la sua interpretazione;

          l'ambiguità più rilevante è prodotta dall'inciso con cui la norma si apre «Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale», il quale lascia intendere che la possibilità e la disciplina delle tele-assemblee possa o, forse meglio, debba essere espressamente prevista nel regolamento condominiale e, solo ove non sia ivi prevista e disciplinata, il ricorso ad essa possa essere adottato previa acquisizione del consenso da parte di tutti i condomini. Ebbene, è evidente come sia più agevole per la vita condominiale l'introduzione di una modifica al regolamento che richiede la maggioranza di cui all'articolo 1136, comma II, codice civile (ovvero la metà degli intervenuti che rappresentino almeno la metà delle quote millesimali) che acquisire l'unanimità, peraltro con modalità non opportunamente precisate nella norma. Tuttavia, tale ultima possibilità presuppone pur sempre la convocazione di un'assemblea in presenza che deliberi sulla modifica del regolamento, in un momento in cui il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020 raccomanda «fortemente» di svolgere tutte le riunioni private in modalità a distanza;

          la medesima disposizione di cui al comma 1-bis, inoltre non indica una disciplina specifica per garantire la tutela dei dati personali; né precisa in quali momenti il condomino per considerarsi effettivamente intervenuto debba risultare collegato a distanza;

          la norma non chiarisce, altresì, se sia possibile una celebrazione mista dell'assemblea condominiale che consenta a taluni condomini la partecipazione in presenza e ad altri la partecipazione mediante collegamento da remoto, garantendo la contestualità, un ordinato svolgimento degli interventi e il regolare esercizio del diritto di voto;

          considerata la difficoltà, in tempi di Coronavirus, di organizzare un'assemblea condominiale in presenza, sarebbe stato più opportuno apportare una disciplina normativa snella ma completa che, nell'autorizzare lo svolgimento dell'assemblea condominiale a distanza a prescindere dalla sussistenza di una clausola del regolamento condominiale che la preveda espressamente, regolamentasse i presupposti e requisiti minimi per assicurarne la regolare costituzione e garantire la validità delle deliberazioni assunte in seno alla stessa –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, e quali iniziative di competenza, anche normative ove occorrenti, ritenga opportuno adottare al fine di porre rimedio a tali criticità interpretative e applicative della norma di cui al comma 1-bis dell'articolo 63, perché si possa agevolare lo svolgimento dell'assemblea condominiale anche da remoto, in modo da garantire l'effettività del dibattito e la concreta collegialità del consesso condominiale nell'interesse comune dei partecipanti, evitare inutili contenziosi e soprattutto semplificare l'adozione delle delibere relative agli interventi di cui all'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34.
(4-07334)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con l'atto parlamentare in esame gli interroganti hanno rilevato che le modifiche apportate all'articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile dall'articolo 63, comma 1-bis, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 hanno reso possibile la partecipazione in videoconferenza alle assemblee condominiali.
      Hanno in proposito evidenziato che tale disposizione porta con sé problematiche interpretative e applicative in quanto subordina tale modalità alla sua previsione nel regolamento condominiale oppure al consenso di tutti i condomini, non disciplina il trattamento dei dati personali dei partecipanti e non fornisce indicazioni operative sulle modalità di collegamento e sui requisiti di validità dell'assemblea e delle sue deliberazioni; nulla dispone inoltre riguardo alla possibilità di partecipare all'assemblea con modalità mista.
      Tanto premesso, gli interroganti hanno chiesto al Ministro della giustizia se «... sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, e quali iniziative di competenza, anche normative ove occorrenti, ritenga opportuno adottare al fine di porre rimedio a tali criticità interpretative e applicative della norma di cui al comma 1-
bis dell'articolo 63, perché si possa agevolare lo svolgimento dell'assemblea condominiale anche da remoto, in modo da garantire l'effettività del dibattito e la concreta collegialità del consesso condominiale nell'interesse comune dei partecipanti, evitare inutili contenziosi e soprattutto semplificare l'adozione delle delibere relative agli interventi di cui all'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34»
      Si rappresenta che ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile, introdotto dal comma 1-bis dell'articolo 63, comma 1-
bis, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, «Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso di tutti i condomini, la partecipazione all'assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza. In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, e trasmesso all'amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione».
      Tale disposizione introduce per le assemblee condominiali la possibilità di svolgimento a distanza, modalità già prevista per le assemblee di società, associazioni e fondazioni dall'articolo 106 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
      La normativa dettata per le società e per gli altri enti non richiede il consenso della totalità dei soci o degli associati ed ammette, «anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie», l'espressione del voto in via elettronica o per corrispondenza e l'intervento all'assemblea mediante mezzi di telecomunicazione.
      La disciplina introdotta per le assemblee condominiali subordina invece la possibilità della videoconferenza alla sua previsione nel regolamento condominiale o, in alternativa, al consenso prestato da tutti i condòmini rendendo così non automatico il ricorso alla modalità a distanza prevista per le società e gli altri enti privati.
      Tale diversità si spiega con la peculiarità di tali assemblee, composte spesso da persone non munite di sufficienti competenze informatiche, e con la volontà di non imporre ai singoli condòmini, per poter esercitare i propri diritti in seno all'assemblea, di munirsi dei necessari strumenti tecnologici.
      In ordine alla criticità relativa all'assenza di disposizioni sulle modalità di svolgimento, sui requisiti di validità delle deliberazioni e sulla tutela dei dati personali, va evidenziato che tali aspetti non sono disciplinati neanche dalla normativa dettata per società, associazioni e fondazioni; ne consegue che per detti enti e per le assemblee condominiali tutte le delibere adottate in videoconferenza o con modalità scritta, restano soggette alle norme generali dettate dal codice civile quanto alla validità e all'efficacia.

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      GAVA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          come già evidenziato dall'interrogante anche in un precedente atto di sindacato ispettivo (4-04594), gli uffici giudiziari di Pordenone risultano tra i più efficienti a livello nazionale in fatto di procedimenti conclusi e di indice di soddisfazione dell'utenza, con performance in piena linea con i parametri comunitari, anche sul fronte della tempistica di definizione dei singoli fascicoli;

          il che, pur a fronte di una carenza di magistrati e personale amministrativo che si protrae ormai da anni e che, di recente, ha imposto persino l'individuazione di militari in ausiliaria disponibili ad assumere funzioni amministrative prima della quiescenza (stando ai dati riferiti dalla presidenza del tribunale, in pianta organica sono previste 70 figure amministrative, ma al momento ve ne sono in servizio solo 47, molte delle quali, a propria volta, prossime al pensionamento);

          al Ministro interrogato ha scritto anche il presidente del tribunale di Pordenone Tenaglia per chiedere, per l'ennesima volta, di coprire con urgenza i posti vacanti nell'organico, attingendo dalla graduatoria degli assistenti giudiziari del concorso 2016. Appelli sono arrivati anche ai sindaci, affinché attivino le procedure per la mobilità di personale da destinare a giudice di pace;

          la situazione, non più gestibile, risulta incompatibile con il funzionamento anche minimo di efficienza del servizio: le carenze più gravi si riscontrano, però, nella sezione dei giudice di pace, ove il personale scarseggia notevolmente e si contano solo tre magistrati operanti; le modifiche normative degli ultimi anni e quelle attualmente in fase di discussione in Parlamento propendono per un aumento delle competenze del giudice di pace, soprattutto in settori delicati e vasti come la materia dell'immigrazione;

          il settore amministrativo è sguarnito e le attività urgenti vengono svolte facendo ricorso a unità del tribunale o del giudice di pace; ad oggi, sono fermi i procedimenti di liquidazione competenze e spese, compresi i patrocini a spese dello Stato, già liquidati. Per fronteggiare l'emergenza, è stato disposto l'affiancamento di personale addetto anche al recupero crediti per il penale e civile;

          nel settore civile è stato applicato un assistente giudiziario dell'Unep per due giorni a settimana, ma l'intervento non è risolutivo; la fase istruttoria è gestita in via esclusiva da un operatore in comando dal comune e con un part-time;

          occorrono interventi di sistema e definitivi, in assenza dei quali non vi sarà altra alternativa che operare delle scelte di priorità, garantendo solo alcuni servizi essenziali ed urgenti;

          diventa, quindi, inaccettabile che un tribunale efficiente e competente come quello di Pordenone rischi di vedere vanificati i propri risultati per cause esterne, quale il mancato riconoscimento di una piena disponibilità di funzionari e personale di cancelleria –:

          quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per giungere a un rapido e concreto potenziamento della pianta organica, anche giudicante, del tribunale di Pordenone e, nello specifico, dell'ufficio del giudice di pace.
(4-07153)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo alle problematiche connesse alla carenza dell'organico del personale amministrativo presso l'ufficio del tribunale e del giudice di pace di Pordenone, si rappresenta quanto segue.
      Preliminarmente, al fine di consentire una visione d'insieme del contesto nel quale si colloca l'attività dell'ufficio giudicante in esame, si ritiene utile richiamare l'attenzione sulla circostanza che il distretto di Trieste comprende 24 uffici giudiziari ripartiti in 4 circondari (Gorizia, Pordenone, Trieste e Udine), come risultanti a seguito della definizione della nuova geografia giudiziaria per effetto dei decreti legislativi nn. 155 e 156 del 7 settembre 2012 e successive modifiche ed integrazioni.
      Rispetto ad una pianta organica di 844 unità sono coperti 591 posti, tenuto conto anche delle posizioni di distacco e comando, con una percentuale di scopertura media del 29,98 per cento.
      La scopertura media nazionale del personale amministrativo è del 25,10 per cento, tenuto conto delle posizioni di distacco e comando da e verso altre amministrazioni, e del 26,19 per cento sulla base dei posti scoperti (pianta organica di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 giugno 2019 n. 99).
      Le assunzioni che sono state realizzate nel distretto di Trieste, nel periodo che va dal 2014 al 2020, sono state 124 e segnatamente:

          16 posti coperti per mobilità volontaria;

          4 posti coperti per mobilità obbligatoria riservata al personale di area vasta e croce rossa;

          3 posti coperti per scorrimento graduatorie;

          9 posti coperti con altre modalità di assunzione;

          92 posti di assistente giudiziario coperti con vincitori e idonei del concorso ad 800 posti bandito nel 2016 e conclusosi nel 2017.

      I suddetti reclutamenti sono comprensivi delle 16 assunzioni degli idonei assistenti giudiziari che, nei giorni tra il 15 e 21 ottobre, hanno provveduto a scegliere la sede di prima destinazione sulla base di quanto disposto dal Provvedimento del Direttore Generale del 29 settembre 2020. I neo assistenti sottoscriveranno il contratto individuale di lavoro l'11 gennaio 2021.
      Con riferimento alla procedura di riqualificazione del personale in servizio (cancellieri e ufficiali giudiziari), di cui ai bandi del 19 settembre 2016, i vincitori in servizio negli uffici dell'intero distretto triestino, stante l'ultimo scorrimento della graduatoria stabilito con provvedimento del direttore generale del personale e della formazione in data 4 agosto 2020 per la copertura di 739 posti, sono stati complessivamente 25 dipendenti (18 cancellieri e 7 ufficiali giudiziari), inquadrati rispettivamente in funzionari giudiziari e funzionari Unep, mantenendo le medesime sedi di servizio, i quali hanno sottoscritto il contratto individuale di lavoro presso le rispettive sedi di competenza il giorno 1° ottobre u.s.

      Sede

      Ufficio

      Funzionario giudiziario

      Funzionario Unep

      Totale complessivo

      PROCURA REPUBBLICA c/o TRIBUNALE

      1

      1

      UFFICIO NOTIFICHE E PROTESTI c/o TRIBUNALE

      1

      1

      CORTE D'APPELLO

      2

      2

      GIUDICE DI PACE

      1

      1

      PROCURA REPUBBLICA c/o TRIBUNALE

      3

      3

      TRIBUNALE

      3

      3

      TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA

      1

      1

      UFFICIO NOTIFICHE E PROTESTI c/o CORTE D'APPELLO

      3

      3

      PROCURA REPUBBLICA c/o TRIBUNALE

      2

      2

      TRIBUNALE

      5

      5

      UFFICIO NOTIFICHE E PROTESTI c/o TRIBUNALE

      3

      3

      Totale complessivo

      18

      7

      25

      Per quanto riguarda l'incremento della pianta organica, al fine di consentire la prosecuzione delle procedure assunzionali relative al concorso ad 800 posti da assistente giudiziario, l'Amministrazione ha provveduto ad ampliare la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario in due momenti successivi:

          con decreto ministeriale 13 febbraio 2018 la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario è stata incrementata di 750 unità, gli uffici giudiziari del distretto di Trieste ne hanno beneficiato con l'aumento di 22 unità, di cui 4 destinate alla città di Pordenone;

          con decreto ministeriale 20 luglio 2020 la dotazione organica del profilo di assistente giudiziario è stata incrementata di 194 unità, riequilibrando le varie qualifiche professionali rispetto ai flussi di lavoro di molti uffici, con l'obiettivo precipuo di consentire l'esaurimento integrale della graduatoria del concorso per il profilo di assistente giudiziario; nell'intero distretto triestino vi è stato un incremento di 6 unità di assistente giudiziario.

      Si evidenzia, come dinanzi accennato, che con il Provvedimento del Direttore Generale del 16 luglio 2020 è stata disposta l'assunzione a tempo indeterminato, mediante ultimo scorrimento, dei residui 837 candidati risultati idonei al concorso ad 800 posti di assistente giudiziario. Di questi, i primi 500 hanno già firmato il contratto individuale di lavoro presso l'ufficio di destinazione il 28 settembre 2020.
      Sono state messe nella disponibilità di scelta degli idonei assistenti giudiziari dall'Amministrazione ben 6 posti nell'intero distretto triestino e sono tutti stati coperti, all'atto della presa di possesso.
      I restanti 333 idonei, sulla base di quanto disposto dall'ultimo Provvedimento del Direttore Generale del 29 settembre 2020 che segna il definitivo e totale scorrimento della graduatoria del concorso per assistenti giudiziari, prenderanno possesso della sede scelta l'11 gennaio 2021. Per il distretto in esame sono stati messi nella disponibilità di scelta degli idonei ben 18 posti, distribuiti nei vari uffici giudiziari, e ne sono stati assegnati 9.
      Con provvedimento del 18 febbraio 2019 è stato avviato l'interpello straordinario per il profilo di assistente giudiziario rivolto al personale in servizio, secondo quanto previsto dall'Accordo sindacale del 27 marzo 2007. Nel distretto di Trieste è stato individuato e coperto 1 posto.
      In relazione alle posizioni dirigenziali, si evidenzia che a fronte di 8 posti previsti ne sono coperti 6 con incarico di titolarità e 1 con incarico di reggenza. La posizione vacante è stata pubblicata con interpello del 7 ottobre 2020 e la procedura è in corso.
      Passando alla disamina della situazione del tribunale di Pordenone, oggetto specifico dell'interrogazione, si evidenzia quanto segue.
      Il tribunale ha un organico di 71 unità e 50 posti coperti, con una percentuale di scopertura del 29,58 per cento considerando la presenza di 1 assistente informatico, non previsto in organico, effettivamente ivi distaccato da altro ufficio.
      I profili che evidenziano carenza sono quelli di direttore amministrativo (1 su 3), di funzionario giudiziario (11 vacanze su 16), di cancelliere (5 vacanze su 12), di assistente giudiziario (2 su 21), di conducente di automezzi (2 su 3) e di ausiliario (3 su 8).
      Risulta completamente soddisfatta la figura di operatore giudiziario e, altresì, si registra la presenza di 2 centralinisti telefonici non previsti in pianta organica.
      La posizione dirigenziale è coperta.
      Le assunzioni sono state 16:

          Mobilità volontaria: 2 funzionari giudiziari.

          Altre modalità di assunzione: 2 ausiliari.

          Concorso ad 800 posti: 12 assistenti giudiziari.

      Va aggiunto, a completamento, che sono stati assegnati i 2 posti di assistente giudiziario messi nella disponibilità di scelta dall'Amministrazione presso l'ufficio in esame, derivanti dallo scorrimento della graduatoria del concorso ad 800 posti, disposto con Provvedimento del Direttore Generale del 29 settembre 2020. La presa di possesso dei neo assistenti è prevista per l'11 gennaio 2021.
      L'ufficio del giudice di pace di Pordenone consta di 7 unità di personale previste in organico e registra 9 presenze, con una percentuale di scopertura in negativo del 28,57 per cento. Il dato tiene conto di 6 unità di personale comandate da altre amministrazioni (1 cancelliere, 3 assistenti giudiziari e 2 operatori giudiziari).
      A fronte delle carenze nel profilo di assistente giudiziario (2 su 3), si registrano scoperti i profili di funzionario giudiziario e ausiliario mentre, di contro, risultano soddisfatti i profili di operatore giudiziario e ausiliario.
      L'ufficio in esame ha giovato dell'assunzione di 1 assistente giudiziario per scorrimento della graduatoria del concorso ad 800 posti, in base al disposto del Provvedimento del Direttore Generale del 9 marzo 2018.
      Per il periodo 2019-2021 le previsioni di investimento sulle assunzioni di personale amministrativo hanno tenuto conto della situazione delle vacanze attuali e delle cessazioni che si stimano nei prossimi anni.
      Il programma assunzionale nel periodo indicato prevede 8.756 nuovi ingressi ripartiti tra le aree di dirigenti di II fascia ed è stato formalizzato nel piano triennale approvato dal Ministro della Giustizia con provvedimento del 13 giugno 2019.
      In base ai diversi strumenti normativi a disposizione, è prevista dunque l'assunzione:

          per l'anno 2019

              di 97 unità di area I (ausiliari);

              di 1.754 unità di area II (105 conducenti, 616 operatori, 1033 assistenti giudiziari);

              di 266 unità di area III (161 funzionari giudiziari, 105 funzionari tecnici/informatici/contabili);

              di 12 dirigenti;

          per l'anno 2020

              di 237 unità di area II (237 assistenti tecnici);

              di 1.645 unità di area III (1.400 funzionari giudiziari, 245 funzionari tecnici);

              di 14 dirigenti;

          per l'anno 2021

              di 2.997 unità di area II (297 assistenti giudiziari, 2.700 cancellieri esperti);

              di 1.250 unità di area III (850 funzionari giudiziari, 400 direttori);

              di 14 dirigenti.

      Lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e le relative forme di contenimento del virus hanno rallentato le procedure già avviate e da avviarsi, in ottemperanza al disposto dell'articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 relativo alla sospensione delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego.
      Come previsto dal decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34 per assicurare il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria questa Amministrazione potrà avviare le procedure già autorizzate, in modalità semplificata, per il reclutamento delle seguenti unità di personale:

          400 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria, con la qualifica di direttore – Area III/F3, di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019;

          150 unità di personale amministrativo non dirigenziale di Area III/F1 residue rispetto a quanto previsto ai sensi degli articoli 3-bis, comma 1, lettera b), e 3-ter, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione 20 ottobre 2016, in deroga alle modalità ivi previste, per l'urgente necessità di far fronte alle gravi scoperture di organico degli uffici giudiziari che hanno sede nei distretti di Torino, Milano, Brescia, Venezia, Bologna;

          2.700 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'Amministrazione giudiziaria, con la qualifica di cancelliere esperto – Area II/F3, già autorizzata dall'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019.

      Tuttavia, si rende noto che in ottemperanza all'articolo 1 comma 9 lettera z) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 sono state sospese le prove preselettive e scritte delle procedure concorsuali pubbliche fino alla data del 3 dicembre 2020.
      Nell'immediato è possibile procedere ai seguenti reclutamenti:

          il 26 luglio 2019 è stato pubblicato il bando di concorso per il reclutamento di 2.329 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato per il profilo di funzionario da inquadrare nell'area funzionale terza, fascia economica F1, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia. Si è conclusa la prima prova (preselettiva) di tale concorso. La graduatoria è stata pubblicata il 20 novembre 2019 con l'elenco dei 7.021 candidati ammessi alle prove successive del concorso.
          Con avviso pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 2020 è stata avviata la procedura di reclutamento per 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F1 (profilo operatore giudiziario), con contratto a tempo determinato, della durata massima di ventiquattro mesi.
          In base all'avviso del 27 agosto 2019 da parte della direzione generale del personale e della formazione è stata indetta una procedura di 97 assunzioni nella figura professionale di Ausiliario, Area I, fascia economica F1, mediante richiesta numerica di avviamento ai competenti servizi delle Amministrazioni provinciali, ai sensi della legge n. 68 del 1999. Per il distretto di Trieste gli uffici presso i quali sono avviate le assunzioni, come da comunicazione agli organi di vertice distrettuali, sono i seguenti:

      DISTRETTO

      SEDE

      UFFICIO

      N. POSTI

      TRIESTE

      TRIESTE

      TRIBUNALE

      1

      TRIESTE

      GORIZIA

      TRIBUNALE

      1

      TRIESTE

      PORDENONE

      TRIBUNALE

      1

      TOTALE DISTRETTO

      3

          Come dinanzi menzionato, con Provvedimento del Direttore Generale del 16 luglio 2020 è stato disposto lo scorrimento della graduatoria del concorso ad 800 posti di assistente giudiziario bandito il 18 novembre 2016. Un primo contingente di 500 idonei, dal 27 luglio al 7 agosto 2021 ha provveduto alla scelta della sede di prima destinazione. I candidati che si sono avvalsi, in sede di scelta, dei posti messi a disposizione dall'Amministrazione presso gli uffici dei distretti oggetto di questo elaborato hanno preso possesso della sede di destinazione il 28 settembre 2020. Nell'intero distretto, per questa procedura di scorrimento, sono stati coperti tutti i 6 posti messi nella disponibilità di scelta dall'Amministrazione.

      Da ultimo, in base a quanto disposto con Provvedimento del Direttore Generale 29 settembre 2020, si procederà al definitivo e totale scorrimento della graduatoria del concorso ad 800 posti per assistente giudiziario, per i restanti 333 candidati dichiarati idonei.
      Per il distretto di Trieste sono stati assegnati 9 posti sui 18 messi nella disponibilità di scelta degli idonei. I neo assistenti firmeranno il contratto individuale di lavoro, presso la sede di destinazione, l'11 gennaio 2021.
      La massiccia pianificazione dell'ingresso delle suddette nuove risorse umane negli organici dell'organizzazione giudiziaria sarà certamente modulata in maniera tale da tenere in adeguata considerazione le necessità dei singoli Uffici.
      A ciò si aggiunga che nell'ambito delle disposizioni volte ad incrementare la funzionalità della giurisdizione ordinaria e a dare attuazione all'incremento di 600 unità del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria disposto dall'articolo 1 comma 379 della legge n. 145 del 2018 è stato recentemente emanato il decreto ministeriale 14 settembre 2020, pubblicato nel Bollettino Ufficiale n. 20 del 31 ottobre 2020, che ha provveduto alla rideterminazione delle piante organiche degli uffici giudiziari di merito. Tale decreto ministeriale ha disposto l'attribuzione di complessive 422 unità di magistrato, di cui una destinata al tribunale di Pordenone e una alla procura della Repubblica della medesima sede. Sempre in relazione all'organico del personale di magistratura, ulteriori benefici per gli uffici giudiziari in generale potranno rilevarsi anche a seguito dell'attuazione delle disposizioni approvate nel dicembre 2019 (articolo 1 comma 432 della legge n. 160 del 2019) che, modificando la legge n. 48 del 2001, prevedono l'istituzione delle piante organiche flessibili distrettuali, da destinare alla sostituzione di magistrati assenti ovvero alla assegnazione agli uffici giudiziari del distretto che presentino condizioni critiche di rendimento. Tale proposta prevede, in conformità al quadro normativo di riferimento, la determinazione sia del contingente complessivo nazionale – individuato in 176 unità, di cui 122 con funzioni giudicanti e 54 con funzioni requirenti – sia dei contingenti destinati ai singoli distretti. In tale ambito, al distretto di Trieste è stata proposta l'attribuzione di un contingente di 2 unità con funzioni giudicanti e di 1 unità con funzioni requirenti.
      Ne consegue, quindi, che non pare sussistere al momento il paventato pericolo che «...un tribunale efficiente e competente come quello di Pordenone rischi di vedere vanificati i propri risultati per cause esterne, quale il mancato riconoscimento di una piena disponibilità di funzionari e di personale di cancelleria...», apparendo evidente e palese il costante ed efficace impegno del Ministro della giustizia a colmare, tenendo conto delle risorse disponibili, i riscontrati vuoti nell'organico.

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      GERMANÀ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il sempre più crescente uso dei social da parte di tutti gli utenti, nonché di esponenti diretti e/o mediati del mondo della giustizia, costituisce una vera e propria realtà idonea ad incidere su principi cardine della giustizia e del potere giudiziario;

          il pubblico ministero che svolge importanti funzioni nel processo penale ha il dovere di essere, e di far tutto il necessario per apparire, imparziale. Tale dovere si sostanzia nell'obbligo – che investe l'intero ufficio – di comportarsi in modo da rendere indubitabile che l'azione da lui svolta non sia influenzata da interessi personali e che non si prospetti un conflitto d'interessi, ovvero che il suo apprezzamento sia condizionato dalle notizie diffuse sui social e dal loro seguito;

          parimenti, per l'organo giudicante è necessario che i principi di autonomia, indipendenza e responsabilità trovino collocamento e peso all'interno di un contesto in cui il «sentire» giuridico è spesso «condizionato e/o influenzato» dai social e dagli influencer;

          se l'accesso ai social è certamente scelta libera e lecita, per chi ha ruoli pubblici importanti ed inerenti anche l'esercizio dell'azione penale, è indubbio che si impongano maggiori cautele e attenzioni affinché essa possa essere esercitata in maniera trasparente ed imparziale;

          oggi, ad avviso dell'interrogante, manca un efficiente sistema di controllo, regolamentazione e sanzione quando chi esercita l'azione penale venga «influenzato» dai social network e dai rapporti influencer/follower/like;

          un provvedimento di archiviazione di una querela sporta dall'Associazione Codacons nel procedimento penale n. 13093/2020 R.G.N.R. nei confronti del rapper/influencer Federico Leonardo Lucia (in arte Fedez) è stato redatto per conto del pubblico ministero incaricato da una tirocinante del tribunale penale di Milano (dottoressa Diandra Mangàno) non astenutasi dal compito assegnato nonostante fosse follower/fan del querelato e della consorte signora Chiara Ferragni;

          come rilevato dal Codacons, la tirocinante potrebbe aver scritto la minuta di archiviazione influenzata dalla sua predilezione per Fedez e consorte, violando, in tal modo, quel principio di imparzialità che deve sempre essere rispettato da chi opera nella pubblica amministrazione e, in particolar modo, nel sistema giudiziario;

          secondo quanto sostenuto dal Codacons, la stessa pare abbia «seguito» tutte le vicende oggetto di querela sulle quali ha richiesto l'archiviazione, formandosi presumibilmente un'opinione non solo sulla base di una prospettazione dei fatti soggettivamente ricostruita dall'indagato/querelato (Fedez), ma soprattutto sulla base di un «preconcetto» condizionante l'apprezzamento oggettivo dei fatti che, invece, avrebbe dovuto caratterizzare l'operato del pubblico ministero –:

          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare al fine di garantire il principio di imparzialità da parte di chi opera nel sistema giudiziario;

          se non ritenga opportuno adottare iniziative volte ad affrontare la questione relativa al ruolo ed alle garanzie che deve assicurare anche il tirocinante che fa pratica con il magistrato, quale vero e proprio ausiliario del giudice a garanzia del ruolo ed alle funzioni svolte, anche nell'ambito di tirocini formativi, da operatori ausiliari individuati all'interno di stage o altri percorsi scolastici e formativi;

          quali iniziative di competenza intenda porre in essere per regolamentare l'utilizzo dei social network e dei sistemi di «influencer e follower» da parte di quegli utenti che, per le funzioni, pubbliche (requirenti e giudicanti) svolte devono assicurare imparzialità, indipendenza e responsabilità, nonché il corretto esercizio dell'azione penale, e quindi l'autonomia ed assenza di condizionamenti derivanti dall'esser un fan/follower.
(4-07000)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante, traendo spunto da un procedimento penale definito con provvedimento di archiviazione nei confronti di un noto cantante rapper, e considerato che la minuta di tale provvedimento è stata redatta da una tirocinante follower del medesimo cantante sui social, ha chiesto al Ministro della giustizia di sapere:

          «se sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare al fine di garantire il principio di imparzialità da parte di chi opera nel sistema giudiziario;

          se non ritenga opportuno adottare iniziative volte ad affrontare la questione relativa al ruolo ed alle garanzie che deve assicurare anche il tirocinante che fa pratica con il magistrato, quale vero e proprio ausiliario del giudice a garanzia del ruolo e delle funzioni svolte, anche nell'ambito di tirocini formativi, da operatori ausiliari individuati all'interno di stage o altri percorsi scolastici e formativi;

          quali iniziative di competenza intenda porre in essere per regolamentare l'utilizzo dei social network e dei sistemi di influencer e follower da parte di quegli utenti che, per le funzioni pubbliche (requirenti e giudicanti) svolte devono assicurare imparzialità, indipendenza e responsabilità, nonché il corretto esercizio dell'azione penale, e quindi l'autonomia e l'assenza di condizionamenti derivanti dall'essere un fan/follower».

      Dalle note redatte dal procuratore della Repubblica di Milano e dal sostituto procuratore titolare del procedimento penale in oggetto, dottor Nicola Rossato, risulta che:

          il procedimento penale n. 13093/20 R.g.n.r. mod. 21, iscritto per il reato di cui all'articolo 595 del codice penale, ha tratto origine dall'atto di denuncia-querela presentato da Ursini Giuseppe in qualità di legale rappresentante pro tempore del Codacons – coordinamento di associazioni per la tutela dell'ambiente e dei diritti dei consumatori e degli utenti – in data 17 aprile 2020 nei confronti di Lucia Federico Leonardo (in arte «Fedez»);

          in data 7 maggio 2020 l'associazione Codacons ha integrato la querela (depositata alla procura della Repubblica di Roma in data 1° giugno 2020) sulla medesima vicenda dolendosi di alcuni commenti effettuati dai followers dell'indagato sulla piattaforma YouTube, ritenuti offensivi e la cui eliminazione è stata celermente effettuata da parte dell'ISP Google Ireland in relazione ai commenti che violavano le norme di community di YouTube;

          il successivo fascicolo, iscritto al n. 23413/20 Rgnr mod 21 dalla procura della Repubblica di Roma è stato trasmesso per competenza a Milano e riunito al primo procedimento;

          in data 19 giugno 2020 è stata formulata richiesta di archiviazione, la cui minuta – come riportato in calce all'atto – è stata redatta dalla tirocinante dottoressa Diandra Mangano;

          in data 24 giugno 2020 la richiesta di archiviazione è stata vistata dal procuratore aggiunto, dottoressa Maria Letizia Mannella, e in data 26 giugno 2020 sono stati quindi notificati gli avvisi ex articolo 408 del codice di procedura penale alle persone offese che ne avevano fatto espressa richiesta;

          il 17 luglio 2020 è pervenuto tramite mail alla procura di Milano l'atto di opposizione alla richiesta di archiviazione trasmesso dall'associazione Codacons a mezzo pec. Avuto riguardo alle ulteriori criticità evidenziate nell'interrogazione, in ordine alla redazione della richiesta di archiviazione da parte della tirocinante, dottoressa Diandra Mangano, follower dell'indagato, il dottor Rossato nella relazione ha rappresentato che la dottoressa Mangano, tirocinante ex articolo 73 del decreto-legge n. 69 del 2013 (convertito in legge n. 98 del 2013), assegnata all'ufficio dall'ottobre 2019, non lo aveva mai informato di essere «fan», «follower» o comunque ammiratrice dell'indagato, né aveva mai manifestato un comportamento inopportuno, parziale o in qualsivoglia modo singolare nell'esaminare il relativo fascicolo o altri che le erano stati assegnati; non aveva inoltre mai espresso commenti o valutazioni su profili non giuridici correlati al procedimento in epigrafe.

      Il suddetto fascicolo era stato comunque assegnato alla dottoressa Mangano in ragione dei numerosi profili giuridici sottesi al delitto di diffamazione a mezzo stampa o con altri mezzi di pubblicità ai sensi dell'articolo 595, comma 3, del codice penale.
      Oltre agli elementi costitutivi del reato, nella fattispecie assumevano rilievo le tematiche della diffamazione a mezzo
web con particolare riguardo al luogo e tempo di commissione del reato, i casi particolari della diffamazione a mezzo di testate giornalistiche on line cosiddetto «blog», le possibili scriminanti, anche alla luce dei consolidati orientamenti giurisprudenziali sull'esercizio del diritto di cronaca e di critica e sui limiti di applicabilità di tali esimenti; per tali ragioni alla dottoressa Mangano, come ad altri tirocinanti assegnati all'ufficio, anche in precedenza erano stati affidati numerosi fascicoli in materia di diffamazione.
      II fascicolo, come tutti quelli affidati ai tirocinanti e specializzandi, era stato assegnato alla dottoressa Mangano solo dopo un compiuto ed esaustivo studio e dopo che erano state già assunte le determinazioni che competono al pubblico ministero titolare in merito all'esercizio dell'azione penale.
      La richiesta di archiviazione è stata integralmente rivista e modificata dal pubblico ministero titolare, con modifiche sia lessicali che di tecnica argomentativa ed è ovviamente di esclusiva responsabilità del medesimo pubblico ministero, né la dottoressa Mangano ha in alcun modo condizionato l'operato e le determinazioni del medesimo nel fascicolo in esame; peraltro tale
modus operandi è correttamente e consuetamente utilizzato con tutti i tirocinanti e specializzandi.
      L'inserimento della locuzione in calce all'atto «Minuta redatta dalla tirocinante dottoressa Diandra Mangano», utilizzato con tutti i tirocinanti, specializzandi e Mot assegnati all'ufficio, risponde all'unico significato di avere un elenco degli atti predisposti in bozza e delle relative questioni giuridiche affrontate, elenco utile nella redazione della scheda finale di valutazione (adempimento necessario per il magistrato formatore ai sensi dell'articolo 73, comma 11, del decreto-legge n. 69 del 2013).
      Il pubblico ministero titolare del suddetto procedimento non poteva verificare i profili
social della dottoressa Mangano come degli altri tirocinanti o specializzandi o Mot affidati; oltre che per ragioni di opportunità, una simile richiesta di informazioni potrebbe esporre il magistrato formatore a profili di responsabilità sotto l'aspetto di un illegittimo trattamento di dati personali, che potrebbero avere anche natura di dati sensibili (si consideri l'ipotesi di «like» o all'essere «follower» di persone, associazioni o enti da cui possano evincersi informazioni sulle tendenze politiche, sugli orientamenti sessuali o di credo religioso del tirocinante).
      Come probabilmente accertato anche dall'associazione Codacons, che tuttavia sul punto omette ogni riferimento, il pubblico ministero titolare del suddetto procedimento ha alcun profilo social, né ha mai manifestato le sue opinioni o i suoi giudizi in merito alle parti coinvolte nel presente procedimento; non sussisteva pertanto alcuna delle ipotesi di astensione previste dall'articolo 52 del codice di procedura penale.
      Nel caso di specie non paiono inoltre applicabili le disposizioni del richiamato articolo 73 relative al rispetto della salvaguardia delle esigenze di riservatezza e segretezza delle indagini e di corretto ed imparziale svolgimento del tirocinio da parte del tirocinante che svolga altresì la pratica forense, atteso che la dottoressa non svolgeva infatti la pratica di avvocato presso il foro di Milano né in altri fori per quanto a conoscenza del pubblico ministero titolare.
      L'articolo 73, comma 1, prevede infatti la possibilità di svolgere il tirocinio anche presso «gli uffici requirenti di primo e secondo grado», il comma 5 stabilisce che «l'attività degli ammessi allo
stage si svolge sotto la guida e il controllo del magistrato nel rispetto degli obblighi di riservatezza e di riserbo riguardo ai dati, alle informazioni e alle notizie acquisite durante il periodo di formazione, con obbligo di mantenere il segreto su quanto appreso in ragione della loro attività e astenersi dalla deposizione testimoniale», mentre il comma 6 prevede che i tirocinanti abbiano accesso ai fascicoli e partecipino alle udienze, con l'espressa esclusione dei fascicoli in cui vi sia un conflitto di interessi proprio o di terzi: «non possono avere accesso ai fascicoli relativi ai procedimenti rispetto ai quali versano in conflitto di interessi per conto proprio o di terzi, ivi compresi i fascicoli relativi ai procedimenti trattati dall'avvocato presso il quale svolgono il tirocinio».
      Il comma 7 prevede che «Gli ammessi allo
stage non possono esercitare attività professionale innanzi l'ufficio ove lo stesso si svolge, né possono rappresentare o difendere, anche nelle fasi o nei gradi successivi della causa, le parti dei procedimenti che si sono svolti dinanzi al magistrato formatore o assumere da costoro qualsiasi incarico professionale», mentre il comma 10, dopo aver ribadito che «lo stage può essere svolto contestualmente ad altre attività, compreso il tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato.., purché con modalità compatibili con il conseguimento di un'adeguata formazione», garantisce che «il contestuale svolgimento del tirocinio per l'accesso alla professione forense non impedisce all'avvocato presso il quale il tirocinio si svolge di esercitare l'attività professionale innanzi al magistrato formatore».
      Alla luce di tali considerazioni non possono dunque riconoscersi i profili di criticità ipotizzati in interrogazione.
      Come chiaramente specificato nella citata relazione, il provvedimento di archiviazione è riconducibile esclusivamente al magistrato che attraverso la sottoscrizione ne ha assunto la paternità e la responsabilità sotto ogni profilo; l'ausilio del tirocinante si limita come è tipico dell'attività svolta dal medesimo, all'approfondimento giuridico del fatto-reato oggetto del procedimento e alla predisposizione di una semplice bozza che, prima di trasmodare nell'atto finale, è sottoposto al controllo formale e sostanziale del magistrato, unico, si ribadisce responsabile dell'atto.

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      GIACHETTI, SGARBI, MULÈ, PENTANGELO, CASCIELLO, SQUERI, COSIMO SIBILIA, FITZGERALD NISSOLI, FERRAIOLI, CASINO, FASANO, SISTO, D'ATTIS, LABRIOLA, CASSINELLI, FIORINI, QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

          il signor Armando Verdiglione, di anni 74, condannato in via definitiva per reati fiscali, il giorno 5 settembre 2018 si è costituito al carcere di Bollate (Milano);

          a seguito del rigetto delle richieste di detenzione domiciliare presentate in data 4 settembre 2018 e 11 settembre 2018 e, in ultimo della richiesta di differimento della pena presentata in data 28 settembre 2018 il signor Verdiglione risulta ancora detenuto presso la struttura carceraria di Opera in cui era stato trasferito in data 15 settembre 2018;

          in data 26 settembre 2018 l'interrogante si recava personalmente in visita al carcere di Opera dove rilevava il grave stato di prostrazione del detenuto, nonché le sue preoccupanti condizioni fisiche dovute alla perdita di circa 20 chilogrammi di peso in 20 giorni, e alla probabilità di seri problemi organici alla gola in ragione della quale si ravvisa l'impossibilità per il soggetto di alimentarsi autonomamente;

          a seguito di due perizie effettuate da medici del detenuto che lo hanno visitato presso il carcere di Opera nei, giorni scorsi, risulta all'interrogante che sia stata avanzata la richiesta di ricovero immediato presso una struttura ospedaliera idonea e successivamente la previsione della detenzione domiciliare per interrompere «la catena patogena derivata dalla carcerazione»;

          i mezzi di informazione diffondono non di rado notizie relative a casi di malasanità nelle carceri italiane;

          il diritto alla salute è costituzionalmente garantito dall'articolo 32 della Costituzione come fondamentale nell'interesse dell'individuo e della collettività e, in nessun caso, è consentito di violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana –:

          se siano a conoscenza della gravità della situazione riportata in premessa;

          se abbiano contezza del numero delle morti in carcere per malattia, suicidio o cause non meglio chiarite e non riconducibili al decesso naturale avvenute nello scorso anno e nell'anno corrente;

          con riguardo al caso in questione, quali iniziative siano state poste in essere o si intendano adottare, per quanto di competenza, per garantire il diritto alla salute del signor Armando Verdiglione.
(4-01262)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con l'atto di sindacato ispettivo gli interroganti, partendo dalla peculiare situazione giudiziaria del signor Armando Verdiglione, di anni 74, allora detenuto presso il carcere di Bollate, ed in stato di salute precaria anche in ragione della detenzione, ritenute incompatibili con la carcerazione, avanzavano precipuo quesito circa gli intendimenti volti a superare dette criticità nonché in ordine alla problematica delle morti in carcere per suicidio o malattia.
      Orbene, in via preliminare va evidenziato che, in termini generali, a seguito del passaggio della sanità penitenziaria al servizio sanitario nazionale, sancito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, la competenza sulla materia è transitata alle regioni e alle singole aziende sanitarie locali, territorialmente competenti sugli istituti penitenziari di riferimento
      In ogni caso, è comunque sempre assicurato, per il tramite del dipartimento delle amministrazione penitenziaria, l'impegno nel cercare sempre maggiori sinergie con le regioni e le aziende sanitarie locali al fine di sviluppare metodologie condivise di presa in carico del disagio delle persone detenute e internate, nel perseguimento del comune obiettivo di tutelare la salute in carcere, obiettivo rispetto a cui si evidenziano lo stringente impegno e la particolare sensibilità che ispirano l'azione dell'amministrazione, che è ben consapevole della portata del fenomeno dei decessi in carcere, anche per cause diverse da quelle naturali, e di cui mette dar conto quanto al quadriennio 2017-2020.
      Ed allora, quanto ai decessi per cause da accertare, risultano in numero di 3 per l'anno 2017, n. 7 quanto agli anni 2018 e 2019 e n. 16 al 3 novembre 2020; quanto ai decessi per cause naturali, questi si sostanziano in n. di 78 nell'anno 2017, n. 76 durante il 2018, n. 90 nel 2029 e n. 72 al 3 novembre 2020.
      Purtroppo si sono registrati n. 48 suicidi nel 2017, n. 46 nel 2018, 53 nel 2029 e 54 al 3 novembre 2020.
      Secondo quanto esplicitato con apposita nota della competente articolazione, il Ministero della salute, dal canto proprio, ha evidenziato di svolgere una costante attività di monitoraggio delle condizioni igienico-sanitarie nelle carceri italiane tramite il recepimento e la valutazione delle visite ispettive agli istituti di pena svolte semestralmente dalle Asl (ai sensi della Legge 26 luglio 1975 n. 354, e successive modifiche) con eventuale seguito agli Enti competenti perché si attivino per perseguire il miglioramento delle condizioni di igienicità e salubrità ritenute tali da compromettere la salute delle persone detenute.
      Parallelamente ed in modo coordinato è stata avviata la costruzione di un
database per la raccolta di alcuni parametri ritenuti fondamentali per promuovere una più omogenea, puntuale e diffusa raccolta dati che possa avere positive ricadute programmatorie.
      Oltre a ciò, si recepiscono e si valutano gli esposti di detenuti che pervengono e cui seguono solleciti agli enti competenti o richieste di informazioni ai fini di una presa in carico dei problemi di salute in carcere.
      Prosegue inoltre il lavoro finalizzato ad assicurare condizioni di vita ed assistenza sanitaria adeguata nelle carceri attraverso la partecipazione al tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria istituito presso la conferenza unificata, tenendo presente che in quel contesto sono presenti le regioni che hanno la diretta responsabilità dell'organizzazione e dell'erogazione dell'assistenza sanitaria negli istituti penitenziari.
      Quanto alla situazione del detenuto Verdiglione Armando, risulta che questi veniva associato al carcere di Opera – Milano il 5 settembre 2018 in seguito a provvedimento emesso dalla procura generale di Milano in espiazione della pena di anni 5 e mesi 8 di reclusione per i reati di cui agli articoli 416 e 640 del codice penale.
      In data 4, 11 e 28 settembre venivano rigettate le istanze di differimento della pena/detenzione domiciliare per ragioni di salute non ravvisandosi, dalla certificazione sanitaria dei medici curanti dell'istituto di pena, la sussistenza dei presupposti di legge ed essendo stato evidenziato un rifiuto da parte del reo di assumere la prescritta terapia.
      Nel corso del periodo detentivo, segnatamente in data 1° ottobre 2018, il Verdiglione veniva ricoverato presso l'ospedale San Paolo di Milano – 5° divisione di medicina protetta per essere sottoposto a valutazione clinico-diagnostica in calo ponderale con disfagia per solidi e liquidi.
      Durante la degenza si è osservato un graduale miglioramento del quadro clinico, con aumento del peso corporeo (71,6 chili alla dimissione) e normalizzazione degli esami ematochimici, in particolare della funzionalità renale.
      All'atto delle dimissioni dal nosocomio, il Verdiglione si presentava in buon compenso cardio-circolatorio, eupnoico, asintomatico e con parametri vitali nella norma. Al rientro in istituto egli veniva nuovamente collocato presso il padiglione detentivo che ospita il S.A.L. (Servizio assistenza intensificata).
      Il personale medico-infermieristico aveva modo di rilevare un atteggiamento maggiormente collaborativo da parte del ristretto, il quale riprendeva ad alimentarsi stabilmente ed in modo libero e vario socializzando con gli altri occupanti la camera di pernottamento; veniva altresì riscontrato un ulteriore aumento ponderale.
      Per il Verdiglione veniva, da ultimo, programmato un ulteriore ricovero finalizzato alla rivalutazione delle alterazioni della funzionalità tiroidea precedentemente rilevate.
      Oltre alla evoluzione migliorativa della situazione sanitaria del Verdiglione, il tribunale di sorveglianza di Milano, con ordinanza depositata in cancelleria il 9 novembre 2018, pur rigettando l'istanza di differimento della pena ex articolo 147 comma 1 n. 2 del codice penale, accoglieva l'istanza di detenzione domiciliare del Verdiglione ai sensi dell'articolo 47-
ter comma 1 dell'ordinamento penitenziario, in ragione della sua età (soggetto ultrasettantenne), del fatto che trattasi di reati risalenti nel tempo e sulla scorta delle sue condizioni psico-fisiche che ne attenuano la pericolosità sociale; in pari data, il Verdiglione veniva pertanto scarcerato ed ancora oggi risulta in regime di detenzione domiciliare, con fine pena previsto per il giorno 4 maggio 2024.
Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          secondo quanto riportato dal quotidiano Il Riformista in diversi articoli pubblicati in data 22 luglio 2020 e 21 agosto 2020, oltre che da svariati quotidiani locali, l'avvocato ed ex parlamentare Giancarlo Pittelli in data 19 dicembre 2019 alle 3:30 del mattino viene raggiunto nella sua casa di Catanzaro da un ordine di arresto nell'ambito dell'inchiesta Rinascita-Scott coordinata dal procuratore anti-mafia Nicola Gratteri. Dopo una lunga perquisizione nel suo studio di avvocato, iniziata all'alba e durata fino alle 17:30, e dopo 18 ore durante le quali non gli è stato consentito né di bere né di mangiare, viene tradotto in carcere;

          la mattina successiva viene disposto l'interrogatorio di garanzia al quale Pittelli è chiamato a rispondere in condizioni fisiche e psicologiche altamente compromesse e senza avere minimamente contezza degli atti e degli addebiti a suo carico; perciò Pittelli in questa circostanza si avvale della facoltà di non rispondere;

          nella stessa data, il 20 dicembre 2019, viene trasferito con un volo militare presso il carcere di Badu ‘e Carros, a Nuoro, in Sardegna, dove attualmente si trova ancora recluso;

          i legali propongono istanza di scarcerazione al Tribunale del riesame e il 9 gennaio 2020 viene fissata l'udienza; dalle ore 9:00 del mattino Pittelli resta in attesa di essere ascoltato, ma solo alle ore 21 verrà interrogato dal Presidente del Tribunale e per non più di 10 minuti;

          a quanto risulta, pur essendo trascorsi ormai 8 mesi dall'arresto e pur avendone fatto più volte richiesta, Pittelli non è mai stato ascoltato dal Pm di Catanzaro titolare dell'inchiesta; nel mese di luglio viene invece convocato da un pubblico ministero della Procura di Nuoro che fino a quel momento era del tutto estraneo all'inchiesta e pertanto si rifiuta di rispondere;

          Pittelli al momento dell'arresto è accusato di associazione mafiosa e di altri due reati specifici, l'abuso d'ufficio e la rivelazione di segreti d'ufficio (i cosiddetti reati-fine) commessi, secondo l'accusa, in concorso con il colonnello dei carabinieri Naselli; a seguito di un ricorso al Tribunale della libertà l'accusa di partecipazione ad associazione mafiosa viene derubricata in concorso esterno, però con una specifica: concorso esterno come «capo promotore»; ma in data 25 giugno 2020 la Cassazione annulla senza rinvio le accuse contro il colonnello Naselli e di conseguenza cadono anche quelle di abuso d'ufficio e di rivelazione del segreto d'ufficio rivolte a Pittelli in concorso con Naselli che, infatti, viene immediatamente scarcerato;

          pertanto Pittelli resta in carcere con la sola accusa di concorso esterno in quanto la Cassazione ha cancellato il reato accessorio di capo-promotore; al momento non risulta che sia stato disposto il rinvio a giudizio e che non sia stata fissata l'udienza preliminare;

          inoltre, secondo quanto riferiscono gli avvocati di Pittelli, le sue condizioni psichiche ed emotive destano particolare preoccupazione in ragione anche dell'isolamento totale a cui è costretto in carcere e dal fatto che sia in cura con pesanti psicofarmaci –:

          se il Ministro interrogato sia già a conoscenza della vicenda esposta in premessa;

          se il Ministro non ritenga di dover procedere, nell'ambito delle sue prerogative e competenze, ad acquisire ulteriori elementi in riferimento alla vicenda in esame ed eventualmente ad attivare i propri poteri ispettivi al fine di verificare se vi siano state irregolarità o anomalie nell'iter dell'intero procedimento.
(4-06643)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con l'interrogazione in esame, indirizzata al Ministro della giustizia, l'interrogante – premesso di avere appreso dal quotidiano Il Riformista nonché da diversi quotidiani locali dell'arresto, in data 19 dicembre 2019, dell'avvocato ed ex parlamentare Giancarlo Pittelli nell'ambito dell'inchiesta Rinascita-Scott; del suo trasferimento presso il carcere di Nuoro, dove si trova ancora recluso; che il Pittelli, pur avendone fatto più volte richiesta, non è mai stato ascoltato dal pubblico ministero di Catanzaro titolare dell'inchiesta; che, al momento dell'arresto, il Pittelli era accusato di associazione mafiosa nonché di abuso d'ufficio e di rivelazione di segreti d'ufficio (cosiddetti reati - fine) commessi, secondo l'accusa, in concorso con il colonnello dei carabinieri Naselli; che, a seguito di un ricorso al tribunale del riesame, l'accusa di partecipazione ad associazione mafiosa era stata derubricata in concorso esterno...; che, in data 25 giugno 2020, la Corte di Cassazione aveva annullato senza rinvio le accuse contro il colonnello Naselli, facendo cadere, in tal modo, le accuse di abuso d'ufficio e di rivelazione di segreti d'ufficio rivolte al Pittelli in concorso con il Naselli; che, quindi, il Pittelli restava in carcere con la sola accusa di concorso esterno...; che, allo stato, non risulta che sia stato disposto il rinvio a giudizio né che sia stata fissata l'udienza preliminare; che, da quanto riferito dai suoi legali, le condizioni psichiche ed emotive del Pittelli destano particolare preoccupazione, anche in ragione dell'isolamento totale in carcere – ha chiesto «se il Ministro non ritenga di dovere procedere, nell'ambito delle sue prerogative e competenze, ad acquisire ulteriori elementi in riferimento alla vicenda in esame ed eventualmente ad attivare i propri poteri ispettivi al fine di verificare se vi siano state irregolarità o anomalie nell'iter dell'intero procedimento».
      In data 19 dicembre 2019 Giancarlo Pittelli è stato tratto in arresto in esecuzione dell'ordinanza del Gip del Tribunale di Catanzaro del 12 dicembre 2019, per i seguenti reati: associazione mafiosa (capo A
bis); rivelazione di segreto d'ufficio aggravata dalla finalità di conseguire un indebito vantaggio patrimoniale (capo A bis 1); abuso d'ufficio aggravato dalla finalità di agevolare l'articolazione di 'Ndrangheta nota come cosca Mancuso, operante sul territorio di Limbadi (capo A bis 4); rivelazione di segreto d'ufficio aggravata dalla finalità di conseguire un indebito vantaggio patrimoniale e dalla finalità di agevolare l'articolazione di ‘Ndrangheta nota come cosca Mancuso, operante sul territorio di Limbadi (capo A bis 5).
      La polizia giudiziaria ha proceduto alla perquisizione personale e locale con conseguente sequestro. Nel corso della perquisizione il Pittelli, alla presenza dei due difensori nominati, ha reso spontanee dichiarazioni ai pubblici ministeri titolari del fascicolo, presenti sul posto, producendo documentazione a sostegno delle proprie argomentazioni.
      Dagli atti della perquisizione eseguita a carico del Pittelli risulta il rinvenimento di un appunto manoscritto recante una scaletta dettagliata dei temi oggetto di trattazione nell'ordinanza custodiale, circostanza che evidenzia l'esistenza di una grave fuga di notizie, avendo l'indagato appreso, con largo anticipo, non solo di essere sottoposto ad investigazioni, ma anche di essere destinatario dell'ordinanza custodiale.
      All'esito delle operazioni di verbalizzazione, l'indagato è stato tradotto presso la casa circondariale di Catanzaro, in attesa dell'espletamento dell'interrogatorio di garanzia, che è avvenuto 48 ore dopo l'esecuzione della misura. L'incombente è stato eseguito direttamente dal Gip titolare del procedimento, con l'intervento di uno dei pubblici ministeri titolari del fascicolo.
      Si evidenzia che non risulta che il Pittelli, nel corso delle attività, abbia segnalato alla P.g. operante l'esigenza di sospendere le operazioni per provvedere alle proprie necessità e si è avvalso della facoltà di non rispondere.
      Il giorno successivo all'espletamento dell'interrogatorio di garanzia il Pittelli, analogamente a quanto avvenuto per altri indagati, è stato trasferito presso il carcere di Nuoro. Nei confronti del detenuto non è mai stato emesso, dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro, un provvedimento che ne disponesse l'isolamento. Al contrario, risulta la richiesta del Pittelli di essere ristretto in una cella che non fosse condivisa con altri detenuti. La reclusione è stata costantemente oggetto di monitoraggio, per verificare le condizioni fisiche e psichiche del detenuto, sempre segnalate dagli agenti di polizia penitenziaria come condizioni ordinarie.
      All'udienza dinnanzi al tribunale del riesame del 9 gennaio 2020, alla presenza di due dei pubblici ministeri titolari del fascicolo, il Pittelli ha deciso di rendere spontanee dichiarazioni, per un arco temporale di circa 40 minuti.
      Il tribunale del riesame, con ordinanza depositata il 26 febbraio 2020, ha respinto le istanze difensive, ha riqualificato la partecipazione associativa nei termini del concorso esterno con ruolo di organizzatore (articoli 110 e 416
-bis, comma 2, del codice penale) e ha confermato per il resto l'ordinanza.
      La Corte di Cassazione, con sentenza del 25 giugno 2020, ha confermato la gravità indiziaria rispetto alla condotta di concorso esterno, ritenendola sussumibile nell'alveo degli articoli 110 e 416
-bis, comma 1, del codice penale, mentre ha annullato il provvedimento restrittivo con riferimento ai reati fine contestati all'indagato, riqualificando le rivelazioni di segreto d'ufficio aggravate e l'abuso d'ufficio come condotte non aggravate. I giudici di legittimità, ravvisata la gravità indiziaria rispetto alla condotta di concorso esterno e ravvisate le esigenze cautelari di massimo rigore, hanno confermato la misura custodiale in carcere.
      Si evidenzia che le tre istanze di sostituzione della misura cautelare, avanzate dalla difesa del Pittelli, sono state tutte respinte dal Gip (tre diversi giudici) e gli appelli avverso dette ordinanze sono stati respinti dal tribunale di Catanzaro (anche in tal caso in tre diverse composizioni), dal momento che non sussisteva alcun problema di salute accertato del Pittelli e che risultava confermata l'ipotesi di rilevante pericolo di reiterazione del reato e di pericolo di inquinamento probatorio.
      In data 18 giugno 2020 è stato depositato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari ed il Pittelli, successivamente alla notifica, ha chiesto di essere interrogato. L'interrogatorio è stato delegato con rogatoria, ai sensi dell'articolo 415-
bis del codice di procedura penale al pubblico ministero del luogo di esecuzione della misura custodiale, analogamente a quanto avvenuto per tutti i detenuti che si trovavano fuori dal distretto di Catanzaro, in considerazione del rilevante numero di indagati e della diversa dislocazione sul territorio nazionale. Anche in tale sede l'indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere.
      In data 28 luglio 2018 è stata depositata la richiesta di rinvio a giudizio.
      Successivamente all'esercizio dell'azione penale, il Pittelli ha chiesto di accedere al giudizio immediato e il Gip ha fissato per la celebrazione del processo l'udienza del 9 novembre 2020 dinnanzi al tribunale di Vibo Valentia.
      Si evidenzia che il Pittelli si trova ristretto al regime degli arresti domiciliari dalla seconda metà del mese di ottobre dell'anno 2020 in forza dell'ordinanza emessa dal tribunale di Catanzaro in funzione di giudice del riesame.
      Sulla base di quanto sopra evidenziato, non si ravvisa allo stato degli atti la sussistenza di profili di irregolarità nella conduzione delle indagini e nell'
iter procedimentale tali da giustificare iniziative ispettive da parte del Ministro della giustizia.
      In quest'ottica deve essere infine segnalato che anche il servizio disciplinare del gabinetto del Ministro nella nota redatta in data 18 novembre 2020 segnalava l'assenza di profili disciplinari nella complessiva vicenda in esame.

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      GIACHETTI e VITIELLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il 18 giugno 2019 veniva notificato al signor A.P.Z. un provvedimento di cumulo emesso dalla procura generale di Bari con ordine di esecuzione per una pena complessiva di anni sette e giorni sei; la notifica avveniva presso il dipartimento di salute mentale dell'Ospedale della Murgia in cui si trovava ricoverato a seguito di tentato comportamento auto-lesivo; nello stesso giorno veniva condotto nella casa circondariale di Bari e allocato nel reparto detenuti del Policlinico;

          i suoi difensori presentavano una prima istanza di rinvio o sospensione della pena o, in subordine, di detenzione domiciliare o in luogo di cura, depositando consulenza tecnica a firma di un consulente psichiatra che diagnosticava un disturbo depressivo grave in fase acuta con ideazione suicidiaria, incompatibile con il regime detentivo ospedaliero e con l'imminente carcerazione;

          dopo l'inserimento nella casa circondariale di Bari, il detenuto tentava il suicidio; quindi i sanitari incaricati dalla difesa diagnosticavano «depressione maggiore, episodio depressivo grave in fase di acuzie psicopatologica con manifestazioni psicotiche e spiccato rischio suicidiario», evidenziando i rischi di ulteriore aggravamento della patologia e ribadendo l'incompatibilità con il regime carcerario;

          il magistrato di sorveglianza di Bari, con ordinanza del 18 settembre 2019, disponeva che ai fini dell'adozione del provvedimento ex articolo 47-ter, comma 1-ter dell'ordinamento penitenziario si procedesse presso un'Atsm ad un periodo di osservazione psichiatrica;

          dopo altri due ulteriori tentativi di suicidio e altrettanti solleciti operati dai legali, l'11 gennaio 2020 il Dap disponeva il suo trasferimento all'Atsm di Spoleto dove è giunto solo il 18 giugno 2020, ben nove mesi dopo il provvedimento del magistrato;

          a seguito della richiesta presentata ai sensi dell'articolo 39 del Regolamento della Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu), il 28 agosto 2020 la Corte Edu stabiliva che fosse applicata al ricorrente una misura provvisoria, con la quale veniva imposto allo Stato italiano «di fornire al richiedente, fino a quando non sia emessa una decisione nel merito dal Tribunale di controllo, la necessaria sorveglianza e cure psichiatriche»;

          il 3 settembre 2020 il detenuto veniva trasferito presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, in cui attualmente si trova; in contrasto con quanto stabilito dall'osservazione psichiatrica, viene quindi collocato a notevole distanza fisica dalla propria famiglia e solo saltuariamente gli viene concesso un colloquio con uno psicologo;

          in data 28 settembre 2020 i difensori comunicavano alla Corte europea dei diritti dell'uomo un nuovo tentativo di suicidio, il quinto dall'esecuzione della detenzione e il settimo in poco più di un anno;

          inoltre, dall'ordinanza del 26 ottobre 2020 del tribunale di sorveglianza emerge che il Dap non abbia fatto pervenire tutta la documentazione richiesta e sollecitata, tra cui la nota nella quale la direzione sanitaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere doveva riferire se il detenuto fosse attualmente ristretto in una sezione «ordinaria» o in Atsm e il programma trattamentale nei confronti del detenuto;

          in data 28 ottobre 2020, A.P.Z. si è nuovamente rivolto alla Corte europea dei diritti dell'uomo e depositerà atto di denuncia-querela nei confronti del Dap per rifiuto e omissione d'atti d'ufficio;

          appare evidente la necessità di tutelare con assoluta urgenza la vita e la salute del detenuto, stanti le gravissime problematiche di salute e l'elevato rischio di condotte anticonservative –:

          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se intenda avviare, in via cautelativa, una indagine amministrativa interna al fine di verificare le condotte di tutte le amministrazioni coinvolte nella vicenda;

          se, considerata la gravità dei fatti esposti, non si intendano assumere iniziative, per provvedere, nel più breve tempo possibile, ad attuare quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e, di conseguenza, le raccomandazioni formulate all'esito della osservazione psichiatrica.
(4-07351)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con l'atto di sindacato ispettivo gli interroganti riferita, per come conosciuta, della vicenda giudiziaria del signor A.P.Z., in atto detenuto presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere, ed in stato di salute precaria in ragione delle condizioni psichiche, reputate incompatibili con la carcerazione, avanzano precipuo quesito circa gli intendimenti volti a superare dette criticità.
      Orbene, in via preliminare debbo evidenziare che, in termini generali, a seguito del passaggio della sanità penitenziaria al servizio sanitario nazionale, sancito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, la competenza sulla materia è transitata alle regioni e alle singole Aziende sanitarie locali, territorialmente competenti sugli istituti penitenziari di riferimento.
      In ogni caso, è comunque sempre assicurato, per il tramite del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, l'impegno nel cercare sempre maggiori sinergie con le regioni e le aziende sanitarie locali al fine di sviluppare metodologie condivise di presa in carico del disagio delle persone detenute e internate, nel perseguimento del comune obiettivo di tutelare la salute in carcere, obiettivo rispetto a cui si evidenziano lo stringente impegno e la particolare sensibilità che ispirano l'azione dell'Amministrazione.
      Ciò premesso va ben ricostruita la cronologia degli eventi inerenti il detenuto Z.A.P., transitato per varie carceri del Paese.
      In data 19 giugno 2019, la direzione della casa circondariale di Bari comunicava la presa in carico, da parte del locale nucleo traduzioni e piantonamenti, del detenuto Z., allora ricoverato presso l'ospedale Policlinico di Bari, poiché raggiunto da un provvedimento, datato 17 giugno 2019, emanato dall'ufficio esecuzioni penali della procura generale della Repubblica di Bari, con il quale gli veniva notificato un ordine di esecuzione di pene concorrenti inerenti i reati di ricettazione, furto aggravato e partecipazione ad associazione di tipo mafioso di cui all'articolo 416-
bis del codice penale, con condanna ad anni 10 e mesi 8 di reclusione, di cui anni 7 e giorni 6 residuali, fissando il fine pena al 23 giugno 2026.
      Il signor Z. faceva ingresso nell'istituto barese in data 4 luglio 2019.
      Con decreto 18 settembre 2019, l'ufficio di sorveglianza di Bari disponeva, ai sensi dell'articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2020, l'accertamento dell'infermità psichica del detenuto, anche a seguito di un tentativo di suicidio messo in atto dallo stesso presso la casa circondariale di Bari.
      Si provvedeva, pertanto, a contattare le direzioni degli istituti penitenziari della limitrofa regione Campania dotate di specifica Articolazione per la tutela della salute mentale (A.T.S.M.), che fossero contestualmente in grado di poter ospitare detenuti appartenenti al circuito penitenziario denominato «AS3» – attesa l'appartenenza dello Zefferino alla criminalità organizzata di stampo mafioso – al fine di poter acquisire la disponibilità per l'esecuzione del provvedimento, necessaria ai sensi di quanto prescritto dalla Conferenza unificata Stato regioni e autonomie locali – accordo del 22 gennaio 2015, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 64 del 18 marzo 2015.
      Nel contempo, si provvedeva a invitare la direzione della casa circondariale di Bari a porre in essere l'adozione di tutti gli interventi ritenuti necessari per ridurre il disagio derivante dalla condizione di privazione della libertà e, soprattutto, a prevenire e impedire eventuali ulteriori comportamenti autolesivi da parte del detenuto.
      Rilevata l'indisponibilità degli istituti interessati, in data 11 gennaio 2020 si disponeva il trasferimento dello Zefferino presso l'A.T.S.M. della casa di reclusione di Spoleto, ove risultavano dei posti disponibili.
      Inizialmente, i sanitari responsabili della A.T.S.M. spoletina, preso atto della relazione sanitaria sul detenuto Z. trasmessa dalla direzione dell'istituto penitenziario di Bari, esprimevano parere contrario all'esecuzione dell'accertamento dell'infermità psichica; ciò nonostante, il magistrato di sorveglianza di Bari, tenuto costantemente aggiornato sull'evolversi della vicenda, confermava la necessità di sottoporre il ristretto all'osservazione psichiatrica.
      Anche in considerazione dei rallentamenti delle procedure dovuti al periodo di emergenza epidemiologica, il trasferimento dello Zefferino presso l'A.T.S.M. di Spoleto veniva eseguito il 18 giugno 2020.
      Terminato il periodo di osservazione, come previsto dall'articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, le risultanze sono state inviate alla competente magistratura di sorveglianza, la quale, in data 21 luglio 2020, esprimeva il proprio nulla osta al rientro del signor Z. presso la casa circondariale di Bari.
      Il ristretto, pertanto, faceva di nuovo ingresso nell'istituto barese in data 29 luglio 2020.
      Si ritiene utile evidenziare che l'istituto penitenziario «Francesco Rucci» di Bari garantisce una vasta offerta sanitaria interna, essendo dotato di S.A.I. (Servizio ad assistenza intensificata, già Centro diagnostico terapeutico – C.D.T.), nonché di diversi specialisti, tra cui, lo psichiatra e lo psicologo; è, altresì, situato in città, con ospedali multispecialistici a cui far riferimento, ai sensi dell'articolo 11 dell'ordinamento penitenziario, o, in caso di urgenza, ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000. Oltretutto, tale sede penitenziaria, risultava favorire la vicinanza con il nucleo familiare del detenuto Z., fatto ritenuto importante dai sanitari di Spoleto al termine dell'accertamento dell'infermità psichica.
      L'ufficio di sorveglianza di Bari, con ordinanza 11 agosto 2020, nel rigettare, in via provvisoria e nelle more delle determinazioni definitive del tribunale di sorveglianza, l'istanza difensiva ai sensi degli articoli 147 del codice penale e 47-
ter, comma 1-ter, dell'ordinamento penitenziario, disponeva che il D.A.P. provvedesse al trasferimento del signor Z. in istituto penitenziario dedicato alla cura di soggetti affetti da patologie psichiatriche.
      Pertanto, veniva individuata la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere siccome dotata di A.T.S.M. e con sezione per detenuti AS3, peraltro, soluzione allocativa più vicina al luogo di residenza dei familiari del detenuto.
      Relativamente all'attuale allocazione presso l'istituto penitenziario di Santa Maria Capua Vetere, si evidenzia che i sanitari di tale sede non ritengono necessario il ricovero nella locale A.T.S.M., attesa l'assenza di acuzie della patologia e l'adeguatezza della presa in carico terapeutica.
      Peraltro, il detenuto Z. risulta sottoposto a sostegno integrato intensificato con l'assistenza continua di un
care-giver.
      Va chiarito che il sostegno integrato intensificato è frutto di un protocollo operativo attuato laddove un comportamento autolesivo si concretizzi in un gesto anticonservativo e implica l'allocazione in stanza di pernottamento a due posti, individuata preferibilmente nell'ambito del reparto di appartenenza, condivisa con altro detenuto lavoratore (
care-giver), che viene formato e informato sulle principali modalità operative per prestare supporto quotidiano, oltre a una fattiva presa in carico congiunta da parte dell'équipe multidisciplinare con colloqui di sostegno, monitoraggio e controllo sanitario.
      Il tentativo anticonservativo messo in atto dallo Zefferino presso l'attuale sede detentiva, risalente al 26 settembre 2020, non ha avuto conseguenze sul piano fisico, come risulta dalla visita medica prontamente effettuata dopo l'evento.
      Il detenuto è stato trovato con un laccio intorno al collo in un momento in cui era solo nella stanza di pernottamento, poiché il
care-giver era impegnato nel colloquio con i propri congiunti, ma è stato immediatamente soccorso dal personale di Polizia penitenziaria e dai sanitari.
      La direzione del locale carcere ha comunque disposto l'assegnazione di un
care-giver supplente, che sostituisca il titolare che debba assentarsi a qualsiasi titolo, così da non lasciare mai solo il signor Z., tanto che da tale data non risultano segnalate ulteriori criticità.
      Questa l'esatta cronologia degli eventi che evidenzia come alcuna censura può muoversi all'Amministrazione penitenziaria.
      Va evidenziato, peraltro, che naturalmente risultano essere state fornite alla Corte EDU e alla magistratura di sorveglianza tutte le notizie richieste.
      Quanto alle vicende prettamente giudiziarie risulta inoltrato in data 22 luglio 2020 un ricorso per l'adozione di misura interinale urgente, ai sensi dell'articolo 39 del Regolamento della Corte europea dei diritti dell'uomo che, a seguito di istruttoria, ha rilevato il pericolo di violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e ha prescritto alle Autorità italiane l'adozione di misure atte a «fornire al ricorrente, sino alla decisione sul merito emessa dal Tribunale di Sorveglianza, la necessaria vigilanza e il trattamento psichiatrico, come disposto dal magistrato di Sorveglianza l'11 agosto 2020».
      Già prima che la Corte EDU emettesse tale provvedimento, e cioè il 25 agosto 2020, il D.A.P. provvedeva al trasferimento del detenuto presso la Casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere.
      Ancora, va evidenziato come la vicenda del detenuto sia stata sempre altresì all'attenzione della preposta magistratura di sorveglianza, le cui decisioni, come è noto, sono insindacabili da parte dell'Amministrazione.
      Sul punto, da ultimo emerge il provvedimento adottato dal tribunale di sorveglianza di Bari 17 novembre 2020, da cui si rileva che il detenuto Z. è stato sottoposto a costante osservazione psichiatrica e che le relazioni del servizio sanitario di salute mentale hanno attestato che il detenuto è stato sottoposto a sostegno integrato intensificato con
care-giver. Dopo il suo tentativo di suicidio del 26 settembre 2020, è stato sottoposto altresì a specifica consulenza psichiatrica che non ha evidenziato acuzie, né anomalia della forma e del contenuto del pensiero.
      Orbene, il Tribunale di Sorveglianza dà atto in particolare che il signor Z. è sempre stato seguito da una
équipe sanitaria multidisciplinare e continua ad essere sottoposto a sostegno integrato intensificato; dalla relazione psichiatrica del 27 ottobre 2020 è emerso, in particolare, che, sin dalla sua collocazione presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere «F. Uccella», è stato posto in un reparto ordinario di alta sicurezza, in relazione al titolo per la sua detenzione, non essendosi ritenuto necessario il ricovero in ATSM (articolazione per la tutela della salute mentale) alla luce della riscontrata assenza di acuzie e dell'adeguatezza della presa in carico terapeutica.
      In particolare, dalle relazioni del servizio sanitario emerge l'assenza di anomalie nella forma e nel contenuto del pensiero, né fenomeni dispercettivi significativi, optandosi per una diagnosi di disturbo di personalità.
      Sotto l'altro profilo in esame da parte del Tribunale, ovvero quello della pericolosità sociale del detenuto e della possibilità di fruire di modalità alternative di detenzione, va osservato che il detenuto Z. sconta pena detentiva anche con riferimento alla sua appartenenza ad un clan mafioso, dal quale non si è dissociato nemmeno adesso (relazione D.I.A. di Bari), anche adottando comportamenti di rilievo disciplinare nel corso della sua detenzione e non manifestando alcuna resipiscenza.
      All'esito dell'esame dei requisiti normativi, il tribunale di sorveglianza è giunto a rigettare le richieste formulate dal ricorrente.
      Per quanto attiene alla richiesta di differimento della pena ai sensi dell'articolo 146 del codice penale, il tribunale non ha ravvisato la ricorrenza di «malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione», né di stadio di malattia «così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative».
      In ordine poi alla richiesta di rinvio dell'esecuzione della pena, ai sensi dell'articolo 147 del codice penale, anche nelle forme della detenzione domiciliare ai sensi dell'articolo 47-
ter, comma 1-ter, dell'ordinamento penitenziario (riletto alla luce della sentenza Corte cost. n. 99 del 2019, e dunque applicabile anche nel caso di grave infermità psichica sopravvenuta), il tribunale ha ritenuto di rigettare anche tale richiesta, valutando come non grave l'infermità psichica del signor Z., e ritenendola fronteggiabile anche in ambiente carcerario, nel rispetto del senso di umanità e senza che ciò impedisca il normale regime trattamentale (Cass. pen. Sez. 1, n. 27352 del 17 maggio 2019); il tribunale ha altresì ritenuto che la documentata elevata pericolosità sociale sia ostativa alla concessione del benefìcio, per il disposto dell'ultimo comma dell'articolo 147 del codice penale, a mente del quale: «il provvedimento di cui al primo comma non può essere adottato o, se adottato, è revocato se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti».
      Di recente la giurisprudenza di legittimità ha precisato che «in caso di grave infermità psichica sopravvenuta al fatto,
ex articolo 148 del codice penale, l'accertata pericolosità sociale costituisce elemento ostativo al differimento facoltativo della pena, ai sensi dell'articolo 147, comma quarto, del codice penale, e alla applicazione della detenzione domiciliare, ex articolo 47-ter, comma 1-ter, dell'ordinamento penitenziario, né è possibile disporre il ricovero in una REMS, avendo tali strutture – ai sensi dell'articolo 3-ter, comma 2, decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9 – come unici destinatari i malati psichiatrici ritenuti non imputabili in sede di giudizio penale o che, condannati, siano stati sottoposti ad una misura di sicurezza» (Cass. pen. Sez. I, sent. 17 luglio 2020, n. 21969).
      Il tribunale di sorveglianza ha quindi congruamente motivato la decisione di rigetto di tutte le istanze presentate nell'interesse del detenuto Z., anche con riferimento al rischio specifico di recidiva, desunto dalle note informative convergenti delle autorità investigative sulla sua attuale contiguità a clan mafiosi, dal contenuto definito «allarmante», anche in considerazione di provvedimenti provvisori di blocco dei beni del predetto, adottati dall'autorità inquirente, e alla osservazione della sua personalità, con riferimento alla vera e propria esaltazione delle proprie gesta criminali, di cui il predetto si è fregiato, anche di recente, nel dialogo con i propri interlocutori.
      Questa l'esatta cronologia degli eventi che evidenzia come alcuna censura può muoversi all'Amministrazione penitenziaria.
      Va evidenziato, peraltro, che naturalmente risultano essere state fornite alla Corte EDU e alla magistratura di sorveglianza tutte le notizie richieste.

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      MAGI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          l'emergenza da Covid-19 ha avuto notevole impatto anche sulla normale gestione del condominio;

          di conseguenza, è sostanzialmente bloccata l'attività delle assemblee, dal momento che, allo stato attuale, le norme non ne consentono lo svolgimento a distanza, e l'amministratore di condominio ha subito forti limitazioni nella sua attività, già a seguito dell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 marzo 2020;

          lo stesso accesso all'attività di amministratore condominiale, nonché la possibilità per gli amministratori stessi in attività di adempiere compiutamente agli obblighi di aggiornamento, sono bloccati per l'impossibilità di sostenere esami in sede, come previsto dall'articolo 5 del decreto ministeriale 13 agosto 2014, n. 140;

          per molte altre attività collettive, quali assemblee di associazioni e società, il decreto cosiddetto «Cura Italia» ha previsto modalità di svolgimento e partecipazione a distanza (on-line o tramite il voto per corrispondenza);

          per gli esami di maturità, nonché per le sedute di laurea ed altre attività di didattica, è prevista la possibilità di tenere verifiche e discussioni a distanza –:

          quali siano, allo stato attuale, gli intendimenti del Governo rispetto alla possibilità di adottare iniziative normative in questo settore, in particolare in relazione alla presentazione dei rendiconti condominiali e all'auto-validazione mediante apposita certificazione, introducendo norme ad hoc per i debiti dei condòmini e del condominio verso i fornitori e per lo snellimento delle procedure di recupero del credito, nonché per l'incentivazione della partecipazione a distanza e delle deleghe a partecipare all'assemblea condominiale, con eliminazione di ogni limite, per tutta la durata dell'emergenza al fine di evitare assembramenti;

          se il Governo intenda valutare l'adozione di iniziative normative per conferire poteri eccezionali all'amministratore condominiale in relazione alla gestione ordinaria, che sostituiscano quelli assembleari in relazione all'approvazione dei preventivi di bilancio per tutta la fase dell'emergenza, al fine di garantire la migliore gestione delle parti comuni di un edificio.
(4-05253)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante, dopo aver segnalato il forte impatto che l'emergenza sanitaria da COVID-19 ha avuto e continua ad avere in tema di assemblee di condominio, richiedendo l'individuazione di soluzioni per conciliare le attività di amministrazione e delibera con i provvedimenti restrittivi attualmente imposti, ha domandato:

              quali siano, allo stato attuale, gli intendimenti del Governo rispetto alla possibilità di adottare iniziative normative in questo settore, in particolare in relazione alla presentazione di rendiconti condominiale a all'auto-validazione mediante apposita certificazione introducendo norme ad hoc per i debiti dei condomini verso i fornitori e per lo snellimento delle procedure di recupero del credito, nonché per incentivazione della partecipazione a distanza e delle deleghe a partecipare all'assemblea condominiale;

          se il Ministero intenda valutare iniziative normative per conferire poteri eccezionali all'amministratore in relazione alla gestione ordinaria che sostituiscano quelli assembleari al fine di garantire la migliore gestione delle parti comuni in edificio.

          Sulle questioni proposte dall'interrogante sono pervenute all'attenzione del Ministero diverse sollecitazioni, anche da parte di associazioni rappresentative, contenenti delle proposte di modifica normativa, volte a disciplinare la partecipazione da remoto all'assemblea condominiale, consentendone dunque lo svolgimento in videoconferenza.

      Deve ritenersi che nell'attuale assetto normativo la possibilità di svolgimento dell'assemblea condominiale in videoconferenza non deve astrattamente ritenersi preclusa, purché detta facoltà sia contemplata dal regolamento condominiale e purché sia garantita la possibilità per tutti i condomini di partecipare al consesso da remoto.
      Non consta però che, allo stato, siano avviate proposte governative nel senso auspicato dall'interrogante.

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      MORRONE e MORELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          i problemi che si stanno verificando presso il tribunale di sorveglianza di Milano sono uno dei temi affrontati dagli avvocati della camera penale di Milano in una lettera al Ministro della giustizia;

          nella lettera si descrive che il tribunale «ha un enorme carico di attività da gestire. L'arretrato è sempre stato significativo, tant'è che ad esempio l'esecuzione delle pene sospese, per le quali soggetti liberi abbiano chiesto di fruire di misure alternative, sopraggiunge dopo diversi anni»; «il Tribunale, in questo momento più di altri deve poter continuare a funzionare, anzi dovrebbe essere ancora più efficiente di prima», perché «deve farsi carico di tutte le decisioni che s'impongono con urgenza in ragione dell'effetto dirompente che può avere il rischio pandemico» nelle carceri;

          oggi, «la situazione rischia di peggiorare ulteriormente». E ancora: «Da quel che abbiamo appreso dal Presidente del Tribunale di Sorveglianza i sistemi informatici di tale Ufficio appaiono non adeguati per affrontare l'emergenza»;

          appare anche «necessario dotare il Tribunale di Sorveglianza di Milano di ulteriori aule di udienza, adeguatamente attrezzate (anche per le videoconferenze), in modo da consentire la prosecuzione della sua indispensabile attività, in un periodo in cui il rischio di contagio in carcere va scongiurato con ogni strumento»;

          dalla lettera degli avvocati della camera penale di Milano emerge l'apprezzamento di questi ultimi del recente decreto che ha portato alla «introduzione dello strumento telematico per il deposito degli atti da parte dei difensori nei processi penali». È indispensabile, però, «che i funzionari di cancelleria e segreteria possano collegarsi ai sistemi» anche «da remoto, perché altrimenti il rischio di paralisi del sistema amministrazione della Giustizia diviene altissimo» –:

          se e con quali modalità il Ministro interrogato intenda, nei tempi più stretti possibili, adoperarsi per la funzionalità dei sistemi operativi da remoto per i funzionari di cancelleria e segreteria del tribunale di sorveglianza di Milano.
(4-07401)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — In relazione al quesito formulato nella interrogazione in esame deve premettersi che il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, nella nota redatta in data 20 novembre 2020, evidenzia che con atti pubblicati sul portale dei servizi telematici il 21 maggio 2020 (prot. 5900) e il 2 novembre 2020 (prot. 10632) ha reso noti i sistemi di videoconferenza utilizzabili dagli uffici giudiziari.
      Il sistema di MVC1, già installato presso le aule di udienza e presso le salette degli istituti penitenziari, permette la partecipazione a distanza al dibattimento penale e consente il collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e una o più sale presso i luoghi di custodia dei detenuti, con canale di comunicazione criptato, realizzato su rete telematica dedicata, interna alla rete unitaria giustizia..
      Sono state complessivamente allestite 271 aule presso 142 uffici giudiziari; la media mensile di udienze tenute per aula, su scala nazionale, è pari a 5,4. Sono 40 le aule che hanno una media mensile superiore a 10.
      Nelle prossime settimane è previsto l'allestimento di ulteriori 65 aule presso vari uffici giudiziari, all'esito della determinazione dei seguenti criteri:

          una ulteriore aula per ogni Corte d'appello in grado di assicurare il servizio per le udienze della corte e anche per gli altri uffici giudiziari presenti nel medesimo Palazzo di giustizia o nelle sue immediate vicinanze, in particolare tribunali di Sorveglianza e i tribunali per i minorenni;

          un'aula per 14 tribunali non ancora dotati di alcuna aula, selezionati sulla base dell'analisi delle traduzioni di detenuti effettuate nei mesi da maggio a settembre 2020 e della distanza dagli istituti penitenziari di provenienza;

          una ulteriore aula per 15 tribunali che hanno una media mensile per aula superiore a 5.

      Nella seguente tabella è riportato il dettaglio delle sessioni di multi videoconferenza MVC1 tenutesi da novembre 2019 a ottobre 2020 presso le aule ubicate nel Palazzo di giustizia di Milano, ove ha sede il tribunale di sorveglianza, e in ultima colonna la media mensile per ogni aula.

      Ufficio

      Id Sala MVC

      2019

      2020

      Totale

      media al mese

      Nov

      Dic

      Gen

      Feb

      Mar

      Apr

      Mag

      Giu

      Lug

      Ago

      Set

      Ott

      Corte d'Appello di MILANO

      DOG-MIL-CA-01

      1

      --

      1

      3

      3

      --

      2

      4

      3

      --

      --

      --

      17

      1,3

      Tribunale di MILANO

      DOG-MIL-TR-01

      4

      2

      6

      3

      1

      --

      3

      1

      3

      --

      2

      1

      29

      2,2

      Tribunale di MILANO

      DOG-MIL-TR-02

      --

      4

      5

      3

      2

      --

      2

      6

      1

      --

      --

      3

      29

      2,2

      Tribunale di MILANO

      DOG-MIL-TR-03

      7

      3

      3

      1

      --

      --

      --

      4

      4

      --

      4

      --

      32

      2,5

      Tribunale di MILANO

      DOG-MIL-TR-05

      --

      1

      2

      2

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      2

      --

      7

      0,5

      Tribunale di MILANO

      DOG-MIL-TR-06

      --

      1

      --

      1

      1

      --

      2

      --

      --

      --

      --

      --

      5

      0,4

      Tribunale di MILANO

      DOG-MIL-TR-07

      --

      --

      1

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      1

      0,1

      Tribunale di MILANO

      DOG-MIL-TR-08

      --

      --

      1

      3

      1

      1

      1

      1

      --

      --

      1

      --

      9

      0,7

      Totale

      129

      1,2

      Nella città di Milano vi sono inoltre le seguenti aule bunker:

      Ufficio

      Id Sala MVC

      2019

      2020

      Totale

      media al mese

      Nov

      Dic

      Gen

      Feb

      Mar

      Apr

      Mag

      Giu

      Lug

      Ago

      Set

      Ott

      Via Azario 4

      DOG-MIL-AB-03

      19

      12

      10

      12

      9

      2

      1

      3

      7

      --

      --

      7

      85

      6,5

      Via Uccelli di Nemi 48

      DOG-MIL-AB-01

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      3

      0,2

      Via Uccelli di Nemi 48

      DOG-MIL-AB-02

      15

      11

      1

      --

      --

      --

      --

      --

      --

      1

      --

      --

      29

      2,2

      Totale

      117

      3,0

      Si rappresenta che è stato previsto a breve l'allestimento di una ulteriore aula bunker presso il carcere di Opera.
      Secondo i dati sopra riportati, dunque, in ragione della media di utilizzo delle aule, non è stata prevista una installazione specifica presso il tribunale di sorveglianza di Milano del sistema MVC1, auspicando l'utilizzo delle aule attrezzate da parte anche di uffici diversi da quelli ove fisicamente è installato il sistema.
      Quanto alla dotazione di sistemi adeguatamente attrezzati per la videoconferenza, da marzo è stato adottato il sistema MVC2, meglio dettagliato nei provvedimenti citati in epigrafe, in grado di assicurare la trattazione dei procedimenti con adeguati profili di sicurezza delle connessioni (integralmente criptate).
      Si rappresenta che l'aula 538, posta al piano terra del Palazzo di giustizia di Milano e usata prevalentemente dal tribunale di sorveglianza di Milano, è già dotata di 3
personal computer corredati da webcam, microfono e casse acustiche. Come per altre aule di udienza la menzionata dotazione verrà potenziata con ulteriori due postazioni. Passando ad analizzare lo specifico quesito formulato e consistente in «se e con quali modalità il Ministero intenda adoperarsi per la funzionalità dei sistemi operativi da remoto per i funzionari di cancelleria e segreteria del Tribunale di Sorveglianza di Milano» si osserva che i tribunali di sorveglianza utilizzano il modulo (SIUS) del più complesso sistema della esecuzione penale (SIES). La realizzazione in corso del processo penale telematico prevede, a partire dalla piattaforma documentale comune, la reingenerizzazione anche dei sistemi dell'esecuzione. Sono inoltre in corso di avanzata sperimentazione modalità di accesso da remoto agli applicativi inservienti agli uffici di area penale, che saranno dispiegati in progressivo esercizio a partire dal mese di dicembre ed è già in corso di sperimentazione l'accesso in consultazione ai registri SIUS da parte degli avvocati. Infine i tribunali di sorveglianza, come gli altri uffici giudiziari, sono destinatari dei personal computer adeguatamente protetti attraverso i quali il personale potrà accedere anche fuori dal perimetro della rete unica della giustizia agli applicativi in uso all'ufficio.
      Procede, dunque, con alacre impegno il lavoro finalizzato alla pratica realizzazione di quanto indicato nella interrogazione né paiono al momento sussistere residue criticità in merito alla prosecuzione della indispensabile attività del Tribunale di Sorveglianza di Milano in costanza dell'emergenza sanitaria.
      

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      PAOLINI e LATINI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

          si apprende dalla stampa che il 1° febbraio 2020 il signor Emilio Vincioni è stato arrestato e poi liberato, in attesa di giudizio, ad Atene, dove si era recato per il quarto compleanno della figlia, per presunto, parziale, inadempimento degli obblighi di mantenimento della figlia, vicenda già nota da anni per l'ampia eco avuta in numerosi articoli stampa, trasmissioni televisive, e interrogazioni parlamentari;

          la vicenda inizia quando, poco prima del parto, avvenuto il 3 febbraio 2016, la moglie del signor Vincioni, di cittadinanza greca e da circa due anni residente, e con lui convivente, a Sassoferrato (Ancona), chiede ed ottiene dal coniuge l'assenso ad andare a partorire in Grecia vicino alla famiglia di origine, con l'impegno a rientrare in Italia dopo qualche settimana, rientro mai più avvenuto;

          dopo molti vani tentativi bonari per indurre la moglie a rivedere la sua decisione, inducendolo, al signor Vincioni non restava altra via che quella giudiziaria per cercare di ottenere il rimpatrio della figlia ai sensi della Convenzione dell'Aja del 1980, mediante attivazione di vari procedimenti presso i tribunali di Ancona ed Atene. Il giudice competente presso tale tribunale, ad un certo momento, sospendeva la decisione per demandare alla Corte di giustizia europea la interpretazione del concetto di «residenza abituale» del neonato che, nel caso di specie, andrebbe collocato in Grecia, perché ivi nata (per decisione della madre) e mai più uscita (sempre per volontà unilaterale della madre);

          si è quindi realizzata la seguente situazione: il tribunale di Ancona si dichiarava competente per la separazione tra coniugi, ma non compatente per difetto di giurisdizione a decidere sull'affidamento e il mantenimento della minore; il tribunale di Atene decideva infine di negare il rimpatrio della bambina e affidare la minore alla sola madre, con obbligo per il padre al suo mantenimento nella misura di euro 550 al mese, cifra che parrebbe agli interroganti molto elevata in rapporto al costo della vita in Grecia; ciò è stato inoltre stabilito in assenza di contraddittorio, e senza tenere conto della effettiva situazione economica del signor Vincioni, gravemente depauperato da anni di spese legali e accessorie che ha dovuto e deve sostenere per difendere il proprio diritto ad essere padre, nonché del fatto che in Italia, nel maggio 2019, è iniziato un processo penale per sottrazione di minore presso il tribunale di Ancona a riprova del fatto che l'intera condotta della moglie del signor Vincioni è apparsa, anche alla Procura, quantomeno opinabile quanto a correttezza e liceità sostanziale;

          il caso del signor Vincioni, purtroppo, non è che uno dei 454 casi di minori – generalmente figli di coppie di diversa nazionalità – portati all'estero senza il consenso del coniuge –:

          quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo, anche normative e nelle competenti sedi europee e internazionali per tutelare i diritti di tutti i genitori italiani separati o separandi che si vedono sottrarre i figli minori dal coniuge o dall'ex-coniuge stranieri, come nel caso di cui in premessa, che non di rado approfittano dei diversi tempi di reazione dei rispettivi sistemi giudiziari.
(4-04652)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Gli interroganti, traendo spunto da un recente caso giudiziario riguardante l'applicazione della Convenzione dell'Aja del 1980, chiedono: «quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo, anche normative e nelle competenti sedi europee e internazionali per tutelare i diritti di tutti i genitori italiani separati o separandi che si vedono sottrarre i figli minori dal coniuge o dall'ex coniuge stranieri, che non di rado approfittano dei diversi tempi di reazione dei rispettivi sistemi giudiziari».
      L'ufficio delle autorità centrali insediato presso il dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, titolare di funzioni amministrative di assistenza nell'applicazione, su impulso di parte, degli istituti civilistici di tutela in ambito transfrontaliero dei diritti personali e patrimoniali di famiglia, è deputato a istruire, tra gli altri, i procedimenti di rientro coattivo attivati ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980, la quale disciplina, sul piano privatistico, la sottrazione internazionale di minori infrasedicenni. ,
      In proposito si segnala in primo luogo che il Ministero, tramite l'articolazione competente, non è in grado di confermare il dato riassuntivo, privo di riferimenti cronologici, riportato nell'interrogazione in discorso, secondo il quale il numero di minori forzatamente condotti all'estero – e ivi verosimilmente ancora trattenuti – sarebbe attualmente pari a 454.
      Infatti nell'archivio statistico delle domande pervenute, talora presentate da cittadini stranieri stabilitisi in Italia per invocare il ricongiungimento con la prole di nazionalità non italiana, confluiscono esclusivamente le richieste formali presentate da coloro che intendono avvalersi della cooperazione gratuita prestata dalle autorità centrali dei Paesi di residenza e di rifugio dei minori contesi, le quali possono trattare, su impulso degli istanti, soltanto i casi di espatrio illegittimo da e verso Stati vincolati all'applicazione della Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 nei confronti della Repubblica italiana.
      Pertanto sfuggono al censimento statistico le pretese di rimpatrio non concretamente esercitabili perché virtualmente dirette verso Stati non aderenti alla normativa internazionale richiamata, nonché le azioni giudiziarie validamente spiegate in via autonoma e diretta dinanzi agli organi giurisdizionali stranieri dai ricorrenti, i quali non sono obbligati ad avvalersi dell'ausilio delle autorità centrali per far valere all'estero le proprie ragioni.
      Si coglie comunque l'occasione per segnalare che l'ufficio deputato, nell'anno 2019, ha ricevuto 110 istanze rivolte ad ottenere il ritorno in Italia di minori illecitamente trasferiti all'estero, proposte per lo più da cittadini italiani.
      Il numero delle procedure attive, instaurate da persone residenti in Italia, prese in carico nell'anno 2019 risulta quindi inferiore a quello pervenuto negli anni precedenti (130 nel 2018, 121 nel 2017, 152 nel 2016, 156 nel 2015), secondo una tendenza alla diminuzione graduale che non appare trascurabile in termini percentuali.
      Ciò premesso, nel merito si osserva che lo strumento di difesa esperibile nei casi di trasferimento arbitrario di bambini, fanciulli e adolescenti in Paesi aderenti alla Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 è rappresentato dall'articolo 8 della stessa normativa internazionale, il quale assegna alle autorità giurisdizionali degli Stati di rifugio la competenza a pronunciarsi in via cautelare sulle azioni – astrattamente proponibili in altre forme, anche in via congiuntiva, dinanzi ai giudici del Paese di provenienza del nucleo familiare disgregato – di rientro della prole forzatamente condotta all'estero in violazione dei diritti di affidamento devoluti a uno dei contitolari della responsabilità genitoriale.
      Tale competenza è però limitata alle pretese speciali ripristinatorie promosse in applicazione della Convenzione, introduttive di giudizi di somma urgenza disciplinati dalle norme di rito interne, a cognizione sommaria o comunque semplificata, che devono concludersi entro il termine massimo di sei settimane. L'eventuale provvedimento di accoglimento della domanda di ritorno spiegata ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione è munito di efficacia esecutiva, immediata o differita, nello Stato ove opera l'autorità giudiziaria che l'ha emanato, ovviamente coincidente con quello nel cui territorio si trovano i minori al momento della definizione della causa.
      La scelta di attribuire al giudice del Paese ove sono stati illecitamente trasferiti i minori sottratti una potestà decisoria meramente concorrente, di natura cautelare, sulle controversie di rimpatrio, risponde alle esigenze primarie di consentire la rapida localizzazione e favorire il pronto rientro della prole contesa nel luogo di originaria residenza, presso il quale si sono sviluppate le relazioni affettive familiari bruscamente interrotte dal distacco traumatico da una delle figure parentali di riferimento. Infatti tale soluzione assicura l'intervento dell'ufficio giurisdizionale «prossimo», in grado di assumere le informazioni più approfondite sulla situazione esistenziale delle persone coinvolte nella vicenda e di adottare decisioni incisive e più facilmente attuabili.
      Peraltro, il peculiare mezzo di tutela accordato dalla Convenzione – il cui articolo 29 lascia comunque impregiudicata la facoltà alternativa della parte di avvalersi anche delle ulteriori misure difensive disponibili nei singoli Stati contraenti, tra le quali va annoverata, in ambito eurounitario, la pretesa di ritorno esercitabile ai sensi dell'articolo 10 Regolamento (CE) 2201/2003 dinanzi al giudice del luogo di residenza abituale del minore – non esaurisce i rimedi giurisdizionali utilizzabili per neutralizzare le conseguenze del suo espatrio illegittimo.
      Invero la consumazione di una sottrazione, nell'ordinamento italiano, integra sul piano civilistico una contravvenzione della disposizione dettata dall'articolo 316, comma 1, del codice civile, la quale impone che le decisioni di maggior interesse relative ai figli, ivi compresa quella di individuazione della loro residenza, devono essere prese d'intesa tra entrambi i genitori.
      L'inosservanza del precetto codicistico – che espone il reo alle sanzioni tipiche privative o limitative della potestà genitoriale comminate dagli articoli 330 e 333 del codice civile, la cui irrogazione può essere invocata con autonoma domanda giudiziale o con ricorso incidentale, qualora pendano tra gli stessi contendenti altri processi di carattere familiare – abilita la controparte a richiedere una decisione riparatoria in forma specifica, diretta a ristabilire la situazione precedente alla commissione dell'illecito, consistente nella richiesta di un ordine di rientro del minore indebitamente allontanato dalla sua stabile dimora.
      Tuttavia simili decisioni «domestiche», contenutisticamente identiche a quelle emanate all'estero secondo i canoni convenzionali, possono essere poste in esecuzione forzata negli altri Stati dell'Unione europea, con esclusione del Regno di Danimarca, soltanto all'esito di un procedimento giurisdizionale, a contraddittorio eventuale e differito, di riconoscimento e dichiarazione di esecutività da promuoversi nel Paese di destinazione, mentre invece in un numero ristretto di Stati extracomunitari vincolati alla Convenzione de L'Aja l'attuazione pratica delle pronunce urgenti di ritorno rese dai giudici italiani è disciplinata da altri accordi internazionali, sicuramente meno collaudati e funzionali.
      Pertanto, l'azione civile di rientro accordata dalla Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 appare lo strumento di reazione più efficace per scongiurare o ridurre, nel più breve tempo possibile, le gravissime conseguenze dell'allontanamento unilaterale di minori dal contesto socio-familiare in cui sono radicati unitamente ai loro congiunti, in quanto il canale giudiziario nazionale, astrattamente percorribile in via alternativa o aggiuntiva, non risulta in grado, già in chiave prospettica, di garantire i medesimi risultati, quanto meno in termini di celerità.
      Non si ravvisano quindi gli estremi per delineare iniziative utili a migliorare la funzionalità della efficiente misura civilistica convenzionale repressiva della sottrazione internazionale di minori, la cui eventuale diffusione a ulteriori Stati nei rapporti con l'Italia richiede l'acquisizione di un'autorizzazione preventiva rilasciata dalla Commissione europea, competente a pronunciarsi al riguardo, all'esito di un apposito procedimento di istruzione.
      Infatti, il doloroso fenomeno di sradicamento duraturo dei minori dai luoghi di residenza abituale segnalato dal promotore dell'interrogazione deriva, nei casi ritualmente denunciati in sede giurisdizionale, dall'operato delle autorità giudiziarie civili straniere, le quali possono rigettare la domanda di rientro proposta dall'istante o accoglierla con decisione che rimane inattuata in sede di esecuzione forzata.
      Sul punto si precisa che gli aspetti maggiormente problematici degli episodi, purtroppo di ardua prevenzione, di trasferimento illecito all'estero di minori si incentrano essenzialmente sulle difficoltà, statisticamente ricorrenti in alcuni Stati anche dell'Unione europea ma talora derivanti pure da fattori ostativi occasionali, di ottenimento e di attuazione concreta dei provvedimenti di ritorno reclamati o conseguiti ai sensi della Convenzione dinanzi ai giudici degli Stati di rifugio. Invero le parti istanti vedono talvolta negate o vanificate sul piano fattuale le loro giuste ragioni, sovente riconosciute pure da decisioni assunte nell'ambito degli ordinamenti nazionali, a causa della protrazione per tempi inaccettabilmente lunghi della permanenza oltre i confini nazionali della prole
in potestate che vi è stata illegittimamente condotta, di un'inesatta interpretazione del regime giuridico convenzionale oppure di ostacoli insorti nella fase esecutiva delle pronunce di rimpatrio. Per la risoluzione di tali aspetti critici, le autorità di polizia, i magistrati competenti e gli organi consolari profondono costantemente un doveroso impegno che tuttavia, per risultare proficuo, richiede l'intervento attivo, pronto ed efficace delle autorità giudiziarie e amministrative estere preposte alla trattazione delle pratiche, sul cui andamento nessun ente italiano è abilitato a interferire in via diretta.
      Per completezza di informazione, si ritiene opportuno riferire sinteticamente dei profili essenziali della vicenda che ha dato spunto all'interrogazione, della quale l'autorità centrale è stata investita il 19 luglio 2016 con istanza presentata dal signor Vinciotti per ottenere il trasferimento in Italia della figlia, nata in Grecia e ivi stabilmente trattenuta dalla madre di nazionalità greca, tornata provvisoriamente nel Paese di origine allo scopo di partorire e in seguito rifiutatasi di onorare la promessa di fare rientro nella località italiana ove aveva vissuto insieme al consorte fino a poco tempo prima della nascita della piccola.
      Ebbene il fascicolo è stato archiviato con provvedimento di rifiuto della trattazione adottato il 5 agosto 2016 ai sensi dell'articolo 27 della Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980.
      Infatti, la stessa ricostruzione dei fatti offerta dal ricorrente poneva in evidenza come la bimba di cui era stata denunciata l'illecita permanenza all'estero non avesse mai avuto in Italia la residenza abituale, la quale riflette un concetto generale di carattere materiale che individua il centro di integrazione di un minore nell'ambiente familiare e sociale di riferimento (così, per tutte, Cassazione civile Ssuu 17676/2016) ed è consacrato, oltre che nella legislazione internazionale di disciplina dei diritti personali e patrimoniali di famiglia, anche nell'ordinamento interno come criterio di definizione della competenza giurisdizionale per territorio (si vedano al riguardo gli articoli 317-
bis e 337-ter del codice civile).
      Così l'invocato rimpatrio coattivo di un minore può essere ordinato soltanto per consentirne la riconduzione nel luogo di consueta o programmata dimora, come prescritto dall'articolo 3 paragrafo 1 lettera
a) della citata Convenzione de L'Aja, integrata in ambito eurounitario dall'articolo 11 paragrafo 1 del Regolamento (CE) 2201/2003.
      Viceversa, nel caso in questione la bimba contesa, nata per decisione condivisa dai genitori all'estero ma ivi rimasta oltre il termine concordato per effetto dell'iniziativa unilaterale intrapresa dalla madre, non ha mai fatto ingresso in Italia, ove pertanto non poteva essere utilmente richiesto che rientrasse in applicazione della disciplina speciale internazionale vigente in materia di sottrazione.
      Infatti il consolidato indirizzo interpretativo dominante tra i giudici degli Stati aderenti alla Convenzione esclude la possibilità di esercitare utilmente l'azione cautelare di rientro, come si è detto di natura ripristinatoria, qualora il fenomeno di allontanamento forzato del minore non ne comporti uno sradicamento materiale dal contesto ove si svolgeva in precedenza o avrebbe dovuto svolgersi, secondo precisi piani familiari condivisi, la sua esistenza quotidiana.
      Tale diffuso orientamento ermeneutico, rispondente all'univoco tenore letterale e all'altrettanto chiara portata sostanziale della normativa internazionale di settore, rende tendenzialmente inutilizzabili le misure specifiche cautelari di tutela nelle ipotesi, come quella che ci occupa, in cui una donna in procinto di dare alla luce un figlio abbandoni il domicilio familiare comune, allorquando si trovi ancora in stato di gravidanza, per poi stabilirsi con il lattante in un'altra nazione.
      Del resto l'inoperatività nella fattispecie dell'impianto convenzionale di protezione è stata espressamente ravvisata dalla V sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea, la quale, nella sentenza inoppugnabile n. 111 dell'8 giugno 2017, cui il codice ellenico remittente investito della causa di sottrazione si è poi uniformato respingendo la domanda cautelare di ritorno promossa dall'istante, ha stabilito che la semplice intenzione comune dei coniugi di fissare in una determinata località la futura residenza del nucleo familiare in procinto di ampliarsi, manifestata nell'imminenza della venuta al mondo del nascituro ma in seguito rimasta inattuata per il ripensamento della madre, integra un dato squisitamente virtuale che riflette un elemento indiziario di valenza puramente presuntiva, inidoneo nella sua considerazione isolata, in mancanza dell'adozione di tangibili misure preparatorie, a costituire in via anticipata un legame duraturo tra il neonato e l'ambiente socio-familiare in cui ne era stato previsto l'insediamento. D'altronde tale aspetto volitivo condiviso, di dimostrazione ardua, è stato ritenuto nella fattispecie in questione incompatibile con l'assenso prestato dal padre alla protrazione, per un arco temporale di estensione apprezzabile, del soggiorno del lattante nel Paese di rifugio.
      Così le gravi conseguenze dell'illecito patito dal nostro connazionale – vittima di una decisione arbitraria del coniuge che ne ha severamente menomato i diritti fondamentali di genitore, la cui violazione avrebbe potuto essere addotta a sostegno di una pretesa privatistica di affidamento esclusivo della bimba, riservata tuttavia alla cognizione esclusiva dell'autorità giudiziaria greca – non sono risultate neutralizzabili ricorrendo ai rimedi processuali contemplati dalla Convenzione de L'Aia, dal Regolamento (CE) 2201/2003 e dal codice civile italiano, vanamente attivati in difetto dei presupposti giustificativi della loro applicazione dal ricorrente, il quale è stato recentemente fermato e sottoposto a processo penale all'estero perché imputato dell'omesso pagamento integrale dei contributi di mantenimento della figlioletta.
      In conclusione, è appena il caso di sottolineare che i provvedimenti di disciplina dei rapporti patrimoniali tra i congiunti assunti dal competente giudice civile ellenico, dei quali l'interrogante ha protestato l'illegittimità e l'ingiustizia, e le contestazioni penali rivolte al reo dall'autorità giudiziaria straniera sono suscettibili di essere sindacati soltanto nelle appropriate sedi giurisdizionali.

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          nel pomeriggio del 17 settembre 2020 in un parcheggio nei pressi del tribunale di Firenze un detenuto tunisino in attesa di essere scortato verso il carcere di Sollicciano ha aggredito violentemente un agente della polizia penitenziaria e si è dato alla fuga con tanto di manette ancora saldamente ai polsi successivamente abbandonate all'interno di un mezzo di trasporto pubblico;

          l'evaso, su cui pendeva un mandato di cattura internazionale nell'ambito di un'indagine della polizia di Lipsia per tentato omicidio, era stato arrestato il 23 luglio 2020 a Firenze dopo che già nella città tedesca si era reso protagonista di una probabile fuga dal balcone del suo appartamento;

          Aymen Abidi – questo il nome del latitante – avrebbe strattonato e fatto cadere l'assistente capo della polizia penitenziaria che si stava occupando del servizio di traduzione verso il carcere, provocandogli ferite al mento e al gomito per le quali gli sono stati dati dieci giorni di prognosi –:

          se e quali iniziative si intendano assumere per rafforzare la sicurezza degli agenti della polizia penitenziaria impegnati nelle attività di trasferimento dei detenuti da e verso l'istituto di pena;

          se non si ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per un potenziamento delle sale interne ai penitenziari per consentire, ove possibile, di far partecipare i detenuti di particolare pericolosità sociale alle udienze mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto.
(4-06889)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, partendo dall'evento di cronaca di un'evasione occorsa il 17 settembre 2020, allorquando un detenuto in attesa di essere scortato presso l'aula di giustizia ove si sarebbe tenuto il suo processo riusciva a dileguarsi dopo aver aggredito un agente della polizia penitenziaria, avanza specifico quesito in ordine alle iniziative che si intendano assumere onde rafforzare la sicurezza degli agenti della polizia penitenziaria addetti al servizio di trasferimento dei detenuti, quindi se non possa implemantarsi il numero delle sale interne ai penitenziari idonee all'effettuazione di collegamenti da remoto.
      Orbene, in ordine all'evento critico menzionato risulta che, in data 17 settembre 2020, alle ore 13:00 circa, terminate le udienze presso la Corte d'appello di Firenze, il caposcorta dava indicazioni al personale impiegato nel servizio di traduzione di iniziare le fasi di rientro presso l'istituto penitenziario di Firenze «Sollicciano».
      Pertanto, il personale provvedeva ad ammanettare i detenuti e a condurli verso il pullman dell'Amministrazione che sostava nel parcheggio antistante il tribunale.
      Anche il detenuto
Abidi Aymen, arrestato in data 22 luglio 2020, ai sensi dell'articolo 715, comma 2, codice di procedura penale, su mandato emesso dall'autorità giudiziaria di Lipsia per il reato di tentato omicidio, lesioni e maltrattamenti contro familiari, veniva ammanettato e fatto uscire dalla camera di sicurezza, ma una volta giunto in prossimità del pullman, con un'azione repentina e violenta, si è divincolato dall'assistente di Polizia penitenziaria che lo accompagnava, causandone la caduta a terra.
      Il detenuto si è immediatamente dato alla fuga, scavalcando ben due recinzioni che delimitano il presidio e un parcheggio esterno all'ufficio giudiziario.
      Nonostante gli immediati tentativi del personale di scorta di avviare le ricerche, l'evaso è riuscito a far perdere le sue tracce.
      Quanto all'appartenente al corpo feritosi nelle concitate fasi dell'evasione, si ha notizia del fatto che il locale pronto soccorso abbia rilasciato una prognosi di 10 giorni.
      Si evidenzia che il detenuto non era noto al nucleo investigativo per particolari segnalazioni o attenzionamenti che avrebbero potuto comportare attività di monitoraggio o l'innalzamento dei normali
standard di sicurezza previsti per il servizio traduzioni e che, dalla prime informazioni raccolte, risultano essere stati rispettati.
      Orbene, allo stato non può che osservarsi come si sia trattato di evento, il divincolarsi violentemente e repentinamente, che non involge in maniera particolare l'aspetto dei protocolli di sicurezza degli agenti di scorta.
      Certamente la diminuzione del numero di trasferimenti di detenuti verso le aule di giustizia non può che diminuire le occasioni di gesti similari.
      Sul punto implementazione delle videoconferenze e collegamenti da remoto, va riferito che con la legge n. 103 del 2017 e stata notevolmente ampliata la casistica della partecipazione dell'imputato a distanza dal dibattimento, con previsione dei casi di obbligo di adozione di tale modello procedimentale, tra cui la sussistenza di oggettive ragioni di sicurezza, oltre che di particolare complessità del dibattimento e necessità di evitare ritardi nel suo svolgimento, ovvero di assunzione della testimonianza di un detenuto che, a qualunque titolo, si trovi presso un istituto penitenziario.
      Pertanto, proprio per fronteggiare l'accresciuto e intensivo ricorso allo strumento della videoconferenza per la partecipazione a distanza al procedimento penale (articolo 146-
bis disp. att. c.p.p.), l'amministrazione è da tempo impegnata in un progetto di implementazione delle risorse, con interessamento delle varie articolazioni interessate, quindi il D.A.P. ed il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi (D.O.G.).
      Alla data dell'8 ottobre 2020 (ultima rilevazione effettuata), sul territorio nazionale risultano attive 406 sale attrezzate per la celebrazione dei procedimenti penali a distanza per 79 istituti penitenziari; presso alcuni di questi istituti il Settore multivideoconferenze in seno alla competente direzione generale dei detenuti e del trattamento sta prevedendo l'ulteriore implementazione delle risorse a disposizione.
      Anche presso la casa circondariale Firenze «Sollicciano» sono presenti due salette per videoconferenze: una presso la sezione maschile e l'altra presso la sezione femminile, utilizzate quasi giornalmente ed entrate ufficialmente nel circuito delle multivideoconferenze lo scorso mese di marzo 2020.

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      SGARBI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          il sempre più crescente uso dei social, da parte di tutti gli utenti, nonché di esponenti diretti e/o mediati del mondo della giustizia, costituisce una vera e propria realtà in grado di incidere sui principi cardine della giustizia e del potere giudiziario;

          il magistrato, che svolge le funzioni di pubblico ministero nel processo penale, ha quindi il dovere di essere, e di far tutto il necessario per apparire, imparziale; e tale dovere si sostanzia nell'obbligo – che investe l'intero l'ufficio – di comportarsi in modo da rendere indubitabile che l'azione da lui svolta non sia influenzata da interessi personali e che, quindi, non si prospetti un conflitto d'interessi, ovvero che il suo apprezzamento sia condizionato dalle notizie diffuse sui social e dal livello di seguito;

          parimenti, per l'organo giudicante è necessario che i principi di autonomia, indipendenza e responsabilità trovino collocamento e peso all'interno di un contesto in cui il «sentire» giuridico è spesso «condizionato e/o influenzato» dai social;

          se l'accesso ai social è certamente scelta libera e lecita, chiaramente per chi ha ruoli pubblici importanti ed inerenti anche all'esercizio dell'azione penale è indubbio che si impongano maggiori cautele e attenzioni che necessariamente costituiscono il presupposto affinché possa essere esercitata in maniera trasparente ed imparziale;

          in considerazione di ciò, l'interrogante solleva il ragionevole dubbio che, ad oggi, manchi un efficiente sistema di controllo, regolamentazione e sanzione delle ipotesi in cui l'apprezzamento giuridico e fattuale di competenza di chi deve esercitare l'azione penale (ma medesimi rilievi valgono per l'organo giudicante) possa essere «influenzato» dai social network e dai rapporti influencer/follower/like;

          è emersa recentemente la vicenda di un provvedimento di archiviazione predisposto da una tirocinante presso il Tribunale di Milano evidentemente «follower» del soggetto querelato, come risulta dai social –:

          se il Governo non ritenga opportuno, per il perseguimento dell'obiettivo della tutela dell'effettività dell'esercizio dell'azione penale, adottare iniziative, per quanto di competenza, per affrontare la questione relativa al ruolo ed alle garanzie che deve assicurare anche il tirocinante che fa pratica con il magistrato, quale vero e proprio ausiliario del giudice;

          se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a rafforzare le garanzie di imparzialità di chi deve esercitare l'azione penale, anche in relazione al contesto dei social network;

          se e quali iniziative di competenza siano state assunte o si intendano assumere a salvaguardia dei principi di autonomia, indipendenza e responsabilità della magistratura e dell'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale, anche con riguardo al ruolo e alle funzioni svolte, nell'ambito di tirocini formativi, da operatori ausiliari individuati all'interno di stage o altri percorsi scolastici e formativi, valutando, in particolare, la possibilità di prevedere un regime ulteriore di requisiti di onorabilità, incompatibilità ed assenza di situazioni di conflitto di interessi.
(4-07243)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – facendo riferimento ad un procedimento penale definito con un provvedimento di archiviazione, che sarebbe stato redatto da una tirocinante, follower sui social del querelato – chiede al Ministro della giustizia «se non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a rafforzare le garanzie di imparzialità di chi deve esercitare l'azione penale, anche in relazione al contesto dei social network; se e quali iniziative di competenza siano state assunte o si intendano assumere a salvaguardia dei principi di autonomia, indipendenza e responsabilità della magistratura e dell'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale, anche con riguardo al ruolo e alle funzioni svolte, nell'ambito dei tirocini formativi, da operatori ausiliari individuati all'interno di stage o altri percorsi scolastici e formativi, valutando, in particolare, la possibilità di prevedere un regime ulteriore di requisiti di onorabilità, incompatibilità e assenza di situazioni di conflitto di interessi».
      In particolare l'interrogante – sulla premessa che «il sempre più crescente uso dei
social, da parte di tutti gli utenti nonché di esponenti diretti e/o mediati del mondo della giustizia, costituisce una vera e propria realtà in grado di incidere sui principi cardine della giustizia e del potere giudiziario ...se l'accesso ai social è certamente scelta libera, e lecita, chiaramente per chi ha ruoli pubblici importanti e inerenti anche all'esercizio dell'azione penale è indubbio che si impongano maggiori cautele e attenzioni che necessariamente costituiscono il presupposto affinché possa essere esercitata in maniera trasparente ed imparziale» – solleva il dubbio che ad oggi manchi un efficiente sistema di regolamentazione, controllo e sanzione delle ipotesi in cui l'apprezzamento giuridico e fattuale di competenza di chi svolge funzioni inquirenti e giudicanti possa essere influenzato dai social network e dai rapporti influencer/follower/like.
      L'interrogazione in esame trae origine dal procedimento penale n. 13093/20 R.g.n.r. modulo 21, iscritto per il reato di cui all'articolo 595 del codice penale, il quale si generava dall'atto di denuncia – querela presentato da Ursini Giuseppe in qualità di legale rappresentante
pro tempore del Codacons – Coordinamento di Associazioni per la tutela dell'ambiente e dei diritti dei consumatori e degli utenti – in data 17 aprile 2020 nei confronti di Lucia Federico Leonardo (in arte «Fedez»).
      In data 7 maggio 2020 l'associazione Codacons integrava la querela (depositata alla procura della Repubblica di Roma in data 1° giugno 2020), sulla medesima vicenda, dolendosi di alcuni commenti effettuati dai followers dell'indagato sulla piattaforma YouTube, ritenuti offensivi, e la cui eliminazione avveniva celermente da parte dell'Isp Google Ireland in relazione a quei commenti che violavano le norme di community di YouTube.
      Il successivo fascicolo, iscritto al n. 23413/20 Rgnr modulo 21 dalla procura della Repubblica di Roma, veniva trasmesso per competenza a Milano e riunito, dal magistrato, al primo procedimento.
      In data 19 giugno 2020 veniva formulata richiesta di archiviazione, la cui minuta – come riportato in calce all'atto – era redatta dalla tirocinante dottoressa Diandra Mangano.
      In data 24 giugno 2020 la richiesta di archiviazione veniva vistata dal procuratore aggiunto e in data 26 giugno 2020 venivano quindi notificati gli avvisi ai sensi dell'articolo 408 del codice di procedura penale alle persone offese che ne avevano fatto espressa richiesta.
      Il 17 luglio 2020 perveniva tramite
mail, alla procura di Milano, l'atto di opposizione alla richiesta di archiviazione trasmesso dall'associazione Codacons a mezzo PEC.
      Per quanto concerne, invece, le criticità evidenziate nell'interrogazione in ordine alla redazione della richiesta di archiviazione, la cui minuta veniva estesa da una tirocinante ai sensi dell'articolo 73 del decreto-legge n. 69 del 2013 (convertito nella legge n. 98 del 2013) presso l'ufficio del pubblico ministero titolare del fascicolo, tirocinante che successivamente si apprendeva essere
follower dell'indagato, si precisa che:

          la tirocinante giammai rendeva noto al pubblico ministero titolare del fascicolo, in un momento temporale antecedente alla stesura della minuta della richiesta di archiviazione, di essere fan, follower o comunque ammiratrice dell'indagato;

          non vi era d'altronde alcun potere da parte del pubblico ministero di verificare i profili social della tirocinante, oltre che per motivi di inopportunità, in quanto la richiesta di tali informazioni avrebbe potuto esporre il medesimo magistrato a profili di responsabilità quantomeno sotto l'aspetto di un illegittimo trattamento di dati personali, che potrebbero avere anche natura di dati sensibili (si consideri l'ipotesi di like o il caso in cui si sia follower di persone, associazioni o enti da cui si sarebbero potute evincere informazioni sulle tendenze politiche, sugli orientamenti sessuali o di credo religioso della tirocinante);

          il fascicolo veniva assegnato dal pubblico ministero titolare alla tirocinante in ragione degli interessanti e molteplici profili giuridici sottesi al delitto di diffamazione, in particolare a mezzo stampa o con altri mezzi di pubblicità ai sensi dell'articolo 595, comma 3, del codice penale;

          il fascicolo veniva assegnato dal pubblico ministero titolare alla tirocinante solo dopo averlo compiutamente e interamente analizzato e studiato e solo dopo avere già preso le determinazioni che competono alla parte pubblica in merito all'esercizio dell'azione penale;

          la richiesta di archiviazione estesa dalla tirocinante veniva dal pubblico ministero titolare del fascicolo integralmente rivista e modificata, con modifiche sia lessicali sia di tecnica argomentativa, e rientra quindi nella esclusiva responsabilità del medesimo pubblico ministero;

          in alcun modo la tirocinante aveva a condizionare l'operato e le determinazioni del pubblico ministero titolare nel fascicolo in esame;

          l'inserimento da parte del pubblico ministero titolare del fascicolo della locuzione in calce all'atto «...minuta redatta dalla tirocinante...» – utilizzato dal magistrato con tutti i tirocinanti, specializzandi e Mot assegnati al suo ufficio – rispondeva all'unica esigenza di avere un elenco degli atti predisposti in bozza e delle relative questioni giuridiche affrontate, elenco utile nella redazione della scheda finale di valutazione (adempimento necessario per il magistrato formatore ai sensi dell'articolo 73 del decreto-legge n. 69 del 2013 convertito nella legge n. 98 del 2013).

      In ragione di quanto sopra riportato, sembra che non possano riconoscersi i profili di criticità ipotizzati nell'interrogazione. Invero il provvedimento di archiviazione attribuito alla tirocinante è riconducibile esclusivamente al magistrato, che attraverso la sottoscrizione ne ha assunto la paternità e la responsabilità sotto ogni profilo. L'ausilio del tirocinante, come accade in tutti questi casi, si limita all'approfondimento giuridico della vicenda afferente al procedimento e alla predisposizione di una semplice bozza che, prima di trasmodare nell'atto finale, è sottoposta al controllo formale e sostanziale del magistrato, unico, si ribadisce, responsabile dell'atto.
      Per quanto concerne poi, in generale, il dovere di imparzialità e di indipendenza evocato dall'interrogante in relazione all'utilizzo dei
social network da parte dei magistrati, si rappresenta che l'articolo 36 del codice di procedura penale elenca i casi – tutti pacificamente non ricorrenti nel caso di specie – in cui il giudice (e anche il pubblico ministero) ha l'obbligo di astenersi proprio per non compromettere quel principio di terzietà che deve contraddistinguere la funzione giurisdizionale. Detta norma, alla lettera h), contempla, quale ulteriore causa di astensione del giudice e del pubblico ministero, la sussistenza di «altre gravi ragioni di convenienza» - del pari non ricorrenti nel caso di specie –, consentendo così a costoro di astenersi anche nei casi non tipizzati in cui emergano ragioni di opportunità, tese a non compromettere l'immagine di imparzialità e di indipendenza che deve contraddistinguere la funzione giurisdizionale.
      Le ricordate norme sul dovere di astensione del giudice e del pubblico ministero rappresentano quindi un adeguato presidio «...a salvaguardia dei principi di autonomia, indipendenza e responsabilità della magistratura e dell'obbligatorietà dell'azione penale...».

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.


      TUZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

          con il decreto ministeriale del 10 ottobre 2018, è stato indetto il concorso da trecentotrenta posti per magistrato ordinario;

          il 14 settembre 2020, secondo quanto si apprende, è pervenuto a Palazzo dei Marescialli un corposo dossier da parte di due candidati originari del Piemonte che erano stati bocciati alle prove scritte;

          in tale dossier erano evidenziati errori giuridici e segni di riconoscimento come, ad esempio, uno schemino redatto da un candidato o anche un grossolano errore di definizione dell'istituto giuridico esaminato, entrambi in temi ritenuti idonei per la commissione esaminatrice;

          a sollevare le presunte gravi violazioni nella procedura di correzione è stato per primo l'avvocato civilista Stefano Cavanna, che ha richiesto l'apertura di una pratica sulle presunte irregolarità e presentato un esposto al Csm in cui ha richiesto altresì l'audizione dei membri della commissione esaminatrice, «per riferire dei fatti denunciati»;

          la terza commissione del Csm, ad oggi, ha aperto una pratica sul concorso;

          se i fatti fossero confermati si configurerebbero delle gravissime violazioni e sarebbe forte il senso di sfiducia dei candidati in uno dei concorsi che, più di ogni altro, dovrebbe garantire una selezione anonima, imparziale e rigorosa –:

          se sia a conoscenza della questione;

          quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, in ordine alla fondatezza delle notizie richiamate e alla correttezza della predetta procedura di selezione.
(4-07102)

      Risposta (pervenuta il 17 dicembre 2020). — Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiedeva al Ministro della giustizia «quali iniziative intenda adottare in ordine alla fondatezza delle notizie sulle presunte irregolarità» del concorso in magistratura indetto con decreto ministeriale del 10 ottobre 2018, relative in particolare alla presenza di «...errori giuridici e segni di riconoscimento, come ad esempio uno schemino redatto da un candidato o...un grossolano errore di definizione dell'istituto giuridico esaminato...in temi ritenuti idonei dalla commissione esaminatrice...». In merito al quesito posto dall'interrogante si rappresenta quanto segue.
      Nel vigente assetto ordinamentale i provvedimenti delle commissioni esaminatrici del concorso in magistratura sono caratterizzati da elevata discrezionalità tecnica e pertanto giustiziabili esclusivamente dinanzi all'Autorità giurisdizionale amministrativa. Ne consegue che le uniche anomalie che legittimerebbero l'attivazione del potere di alta sorveglianza sul concorso attribuito al Ministro della giustizia, in base all'articolo 19 del regio decreto 15 ottobre 1925 n. 1860, sono di natura procedurale e gestionale della prova selettiva e non involgono il merito delle valutazioni espresse dalla commissione esaminatrice.
      Più nel dettaglio la nomina a magistrato ordinario si consegue mediante un concorso per esami, regolato dal decreto legislativo n. 160 del 2006, recante Nuova disciplina dell'accesso in magistratura. Segnatamente, la complessiva disciplina del concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria è costituita sia dalle disposizioni dettate dal regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, sia dalle previsioni introdotte dal decreto legislativo 15 aprile 2006, n. 160, come modificate dall'articolo 1 della legge 30 luglio 2007, n. 111. Queste ultime hanno stabilito, in particolare, una nuova regolamentazione concernente l'oggetto delle prove scritte e orali, i punteggi minimi per l'ammissione agli orali e il superamento del concorso, nonché la nomina e la composizione della commissione esaminatrice e la disciplina dei suoi lavori. In particolare, la Commissione del concorso è nominata nei quindici giorni antecedenti l'inizio della prova scritta con decreto del Ministro della giustizia, adottato a seguito di conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura, È l'organo di autogoverno, infatti, che nomina i componenti della Commissione esaminatrice, in conformità ai criteri indicati dalla legge, secondo una procedura regolata da specifica normazione secondaria. La legge disciplina l'attività di correzione degli elaborati scritti, prevedendo che la commissione definisca i criteri per la valutazione omogenea degli elaborati e consentendo la formazione di sottocommissioni e l'ulteriore suddivisione in collegi. La commissione o sottocommissione, effettuata la lettura dei temi di ciascun candidato, delibera per ciascuna prova se il candidato meriti di ottenere il minimo richiesto per l'approvazione e in caso affermativo ciascun commissario dichiara quanti punti intende assegnare al candidato. Il Ministro della giustizia, in adempimento dei compiti assegnatigli dalla Carta Costituzionale in tema di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia e in osservanza delle specifiche disposizioni di fonte primaria che regolano la procedura concorsuale di cui si tratta, garantisce il supporto tecnico alla commissione e cura le relative attività di segreteria, mettendo a disposizione proprio personale amministrativo. L'articolo 19 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, recante Modificazioni al regolamento per il concorso di ammissione in magistratura contenuto nel regio decreto 19 luglio 1924, n. 1218, disposizione tuttora vigente, prevede in particolare che il Ministro della giustizia eserciti l'alta sorveglianza sugli esami.
      Al fine di individuare il contenuto sostanziale della citata previsione, occorre soffermarsi sul vigente sistema di giustiziabilità degli atti amministrativi.
      Invero le deliberazioni adottate dalla commissione e dalle sottocommissioni, in sede di scrutinio dei temi, costituiscono provvedimenti amministrativi, sindacabili dagli organi della giurisdizione amministrativa. Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa risulta consolidata nell'affermare che l'attività della commissione esaminatrice del concorso per l'accesso in magistratura è espressione di discrezionalità tecnica. La discrezionalità tecnica ricorre quando l'esame di fatti o situazioni rilevanti per l'azione amministrativa necessiti del ricorso a cognizioni tecniche e scientifiche di carattere specialistico la cui applicazione non garantisce un risultato univoco e obiettivo, connotandosi, al contrario, per l'inevitabile soggettività dell'esito. In particolare, secondo l'orientamento della consolidata giurisprudenza amministrativa, le valutazioni della commissione esaminatrice del concorso in magistratura sono preordinate all'accertamento di un certo tipo di idoneità e del possesso, in capo al candidato, di una complessiva, completa ed equilibrata cultura e preparazione giuridica, anche in virtù del delicato e prestigioso percorso professionale che consegue alla positiva valutazione. Gli atti espressione di discrezionalità tecnica sono sindacabili dal giudice amministrativo in quanto tali valutazioni sono costitutive del fatto oggetto del giudizio. Ne deriva che l'annullamento in sede giurisdizionale delle relative determinazioni può discendere o dall'accertamento di una violazione di legge ovvero dall'integrazione di una figura sintomatica di eccesso di potere. Ciò comporta che la valutazione demandata alle commissioni di esame per il concorso in magistratura ordinaria è soggetta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo. Il sindacato di legittimità presuppone che le valutazioni espresse da una commissione di concorso nelle prove scritte e orali dei candidati, espressione di una elevata discrezionalità tecnica, siano inficiate
ictu oculi da eccesso di potere, sub specie delle figure sintomatiche dell'arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, V, 27 febbraio 2020 n. 5743/2020). All'illegittimo esercizio del potere consegue l'annullamento del provvedimento. La riconosciuta possibilità del giudice di sostituirsi all'Amministrazione nell'apprezzamento tecnico non gli consente di sostituire con una propria determinazione il provvedimento frutto di quell'apprezzamento: la sentenza del giudice amministrativo non può che limitarsi ad annullare il provvedimento. Il processo amministrativo nel caso in esame è un processo di tipo impugnatorio o caducatorio. È dunque evidente che, a fronte dell'esercizio di un potere discrezionale ovvero dell'elevata discrezionalità dei provvedimenti della commissione esaminatrice del concorso, la posizione del privato ha consistenza di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.
      A riprova dell'elevata discrezionalità tecnica della commissione va segnalata l'adeguatezza della motivazione riferita a quella peculiare categoria di atti amministrativi rappresentati dai giudizi valutativi delle prove del concorso che, sulla base di un orientamento giurisprudenziale consolidato, può esprimersi mediante la mera assegnazione di un punteggio numerico o in una mera declaratoria di non idoneità, quando l'elaborato non raggiunga la soglia della sufficienza. Tale indirizzo interpretativo è stato, proprio con riferimento al concorso in magistratura, in seguito positivamente recepito dal legislatore. Invero, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (come sostituito dall'articolo 1, legge 30 luglio 2007, n. 111) è previsto che: «sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta»; e che «agli effetti di cui all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l'indicazione del solo punteggio numerico, mentre l'insufficienza è motivata con la sola formula “non idoneo”».
      Giova ribadire che il giudizio proprio delle commissioni esaminatrici è dunque caratterizzato da elevata discrezionalità tecnica, discendente dal fatto che le prove di esame in parola si collocano nell'ambito di un procedimento preordinato all'accertamento di una specifica idoneità, che richiede che il candidato dimostri il possesso di una completa, complessiva ed equilibrata cultura e preparazione giuridica nell'ambito delineato dalla pertinente normativa, e che, pertanto, formano oggetto di un giudizio che è frutto della valutazione, da parte della commissione, di una serie di elementi complessi, suscettibili di vario apprezzamento. Ebbene, il delineato ambito funzionale del sindacato giurisdizionale sulle deliberazioni della Commissione, nell'esercizio dei suoi poteri riconducibili all'ampia sfera di discrezionalità tecnica che le compete – insindacabile, salvo che per i profili di manifesta e intrinseca illogicità e irrazionalità –, induce di riflesso a rilevare che, nel vigente assetto istituzionale, la funzione di alta vigilanza assegnata al Ministro della giustizia sulla regolarità degli esami si concretizza nella costante verifica della regolarità delle operazioni svolte dalla commissione esaminatrice e dalle sottocommissioni, rispetto alle richiamate modalità procedurali indicate dalla legge, senza potere altrimenti involgere il sindacato sul merito delle singole deliberazioni, relative alle valutazioni dei candidati, soggette come detto al solo sindacato di legittimità del giudice amministrativo, nel ristretto ambito sopra delimitato.
      Quanto lamentato dall'interrogante, nello specifico caso in esame, con evidenza attiene nella sostanza al merito delle valutazioni espresse dalla commissione esaminatrice del concorso in magistratura.
      Si rappresenta, al riguardo, che il Tar del Lazio ha pronunciato numerose ordinanze cautelari di rigetto della richiesta di sospensiva, avanzate dai ricorrenti, tutte favorevoli per l'Amministrazione, tra le quali: n. 6042 del 29 settembre 2020 (inidoneità della ricorrente relativa a 2 prove su 3); n. 6544 del 21 ottobre 2020 (inidoneità della ricorrente relativa ad 1 prova su 3); n. 6541 del 21 ottobre 2020 (inidoneità conseguente all'annullamento delle prove svolte per segni di riconoscimento nell'elaborato); n. 6052/2020 (inidoneità di 3 prove su 3); n. 6539 del 21 ottobre 2020; n. 6532 del 21 ottobre 2020 e n. 6524 del 21 ottobre 2020.
      In conclusione, va ribadito che quanto lamentato dall'interrogante con evidenza non rientra nei poteri di alta sorveglianza del Ministro della giustizia.

Il Ministro della giustizia:
Alfonso Bonafede.