XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 507 di giovedì 13 maggio 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ALESSANDRO AMITRANO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Enrico Borghi, Brescia, Cancelleri, Casa, Maurizio Cattoi, Comaroli, Delmastro Delle Vedove, Dieni, Fassino, Gebhard, Giachetti, Lapia, Magi, Mura, Perantoni, Schullian, Serracchiani e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 90, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Cunial ed altri; Fornaro ed altri; Cenni: Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell'agricoltura contadina (A.C. 1825​-1968​-2905-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 1825-1968-2905-A: Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell'agricoltura contadina.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 12 maggio (Vedi l'allegato A della seduta del 12 maggio 2021).

(Discussione sulle linee generali - Testo unificato - A.C. 1825​-1968​-2905-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Dedalo Cosimo Gaetano Pignatone. Prego.

DEDALO COSIMO GAETANO PIGNATONE, Relatore. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il testo unificato delle proposte di legge n. 1825 Cunial, n. 1968 Fornaro e n. 2905 Cenni, composto da 12 articoli, all'esame dell'Assemblea, reca disposizioni in materia di tutela e valorizzazione dell'agricoltura contadina. L'articolo 1 ne descrive l'oggetto e le finalità. In particolare, il comma 1 individua l'oggetto nella tutela e nella valorizzazione dell'agricoltura contadina. Le finalità, elencate nel comma 3, consistono: nella promozione dell'agroecologia, di una gestione sostenibile e di un uso collettivo della terra; nel riconoscimento e nella valorizzazione delle diversità in agricoltura; nella diffusione della conoscenza di modelli di produzione agroecologica attenti alla salvaguardia dei terreni, alla biodiversità animale e vegetale e al rispetto e alla protezione del suolo; nel contrastare lo spopolamento delle aree rurali interne e montane, anche mediante l'individuazione, il recupero e l'utilizzazione dei terreni agricoli abbandonati; nel sostenere l'esercizio delle agricolture contadine per contrastare lo spopolamento delle zone marginali di pianura periurbane, delle aree montane e collinari e la conseguente riduzione del numero delle aziende agricole forestali e pastorali-zootecniche; nella valorizzazione del ruolo dell'agricoltore “contadino” nonché di quello “custode”, ai sensi della legge del dicembre 2015, n. 194, in quanto soggetti attivi nella protezione e tutela dell'ambiente e nel contrasto al cambiamento climatico, anche attraverso la manutenzione dei paesaggi, la selvicoltura, la tutela della biodiversità e una migliore gestione del territorio.

In proposito, rammento che, ai sensi della legge n. 194 del 2015, sono definiti “agricoltori custodi” gli agricoltori che si impegnano nella conservazione, nell'ambito dell'azienda agricola ovvero in situ, delle risorse genetiche di interesse alimentare ed agrario locali, soggette a rischio di estinzione o di erosione genetica, secondo le modalità definite dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano.

L'articolo 2 definisce, al comma 1, i requisiti soggettivi e oggettivi che devono essere posseduti dalle aziende agricole contadine, descrivendone, tra gli altri, il modello societario, i modelli di produzione nonché le modalità di trasformazione e di commercializzazione dei beni prodotti. In particolare, si qualificano aziende agricole contadine quelle che: sono condotte direttamente dal titolare, dai familiari, anche nella forma di società semplice agricola o società di persone, o dai soci della cooperativa costituita esclusivamente da soci lavoratori; praticano modelli produttivi agroecologici, favorendo la biodiversità animale e vegetale, la diversificazione culturale nonché le tecniche di allevamento attraverso l'utilizzo prevalente del pascolo, anche curando il mantenimento delle varietà vegetali e animali locali; favoriscono la tutela e la conservazione del territorio nei suoi aspetti ambientali e paesaggistici fondamentali; trasformano le materie prime prodotte nell'azienda, non avvalendosi di processi di lavorazione automatizzati, avvalendosi piuttosto di metodologie tradizionali locali; producono quantità limitate di beni agricoli e alimentari, destinati al consumo immediato e finalizzati alla vendita diretta ai consumatori finali, svolta in ambito locale; rientrano nella disciplina del coltivatore diretto, ai sensi dell'articolo 2083 del codice civile, o delle forme associative o cooperative. Al comma 2, è contenuta la definizione di “agricoltori contadini”, da intendersi come i proprietari o conduttori di terreni agricoli, che esercitano su di essi attività agricola non in via prevalente, ai sensi di quanto descritto dai commi 2 e 4 dell'articolo 2 sopra descritto. I successivi commi, da 4 a 7, estendono alle aziende agricole contadine alcune disposizioni volte a favorire tale tipologia di aziende, come quelle in materia di prelazione agraria, attività di agricoltura sociale e diritto al risarcimento da fauna selvatica, nonché misure volte a favorire la vendita dei prodotti provenienti da filiera corta.

L'articolo 3 prevede che, con decreto del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento, è istituito il Registro dell'agricoltura contadina, nel quale possono essere iscritte le aziende agricole contadine e gli agricoltori contadini. Il Registro è pubblicato nel sito Internet istituzionale del medesimo Ministero.

L'articolo 4 reca disposizioni in materia di semplificazione delle norme concernenti la produzione, trasformazione e vendita dei prodotti dell'agricoltura contadina. La stessa disposizione prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente testo unificato, le regioni disciplinino le materie sopra citate, individuando gli ambiti di intervento delle stesse nel rispetto dei principi stabiliti da un decreto del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

L'articolo 5 prevede la possibilità di individuare, nell'ambito delle risorse disponibili per il Piano strategico nazionale, una misura nazionale specifica a valere nei piani di sviluppo rurale a favore di determinate categorie di aziende agricole contadine. È specificato che tale misura consiste nell'attribuzione di un punteggio premiale, il cui ammontare e piano di riparto sono determinati mediante intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

L'articolo 6 reca disposizioni in materia di recupero e valorizzazione di terreni e beni agricoli abbandonati. In particolare, è previsto che, al fine di conservare il suolo dei terreni agricoli, le regioni possono censire, ai sensi della legge n. 440 del 1978, i terreni coltivati a qualsiasi titolo dalle aziende agricole contadine e assegnare i terreni incolti o abbandonati da almeno cinque annate agrarie, tenendo conto di alcuni princìpi come, ad esempio, quello di accordare preferenze alle aziende agricole contadine il cui titolare abbia meno di 40 anni o a quelle a conduzione femminile.

Ricordo, in proposito, che ai sensi della legge n. 440 del 1978 si considerano abbandonate le terre, suscettibili di coltivazione, che non siano state destinate ad utilizzazione agraria da almeno due annate agricole. La legge richiamata attribuisce, infatti, alle regioni il compito di: emanare norme, secondo i principi e i criteri stabiliti dalla legge sopra richiamata, volte al recupero produttivo delle terre abbandonate anche al fine di salvaguardare gli equilibri idrogeologici e della protezione dell'ambiente; individuare nei territori di loro competenza le terre che risultano abbandonate e definire i criteri per l'utilizzazione agraria o forestale; determinare le norme e le procedure per il censimento, la classificazione e i relativi aggiornamenti annuali delle terre incolte e abbandonate, nonché le norme e le procedure per la notifica ai proprietari e agli aventi diritto dell'avvenuta classificazione; assegnare per la coltivazione le terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate, ai richiedenti che si obbligano a coltivarle in forma singola o associata.

In materia si menziona, inoltre, il decreto-legge n. 91 del 2017, che disciplina, all'articolo 3, la Banca delle terre abbandonate o incolte, individuando una specifica procedura per la valorizzazione dei terreni abbandonati o incolti che si trovano in alcune regioni del Sud Italia.

L'articolo 7 dispone che, allo scopo di garantire il controllo, la sicurezza, la salubrità, la manutenzione e il decoro del territorio, nonché la tutela del paesaggio, i comuni effettuino, con cadenza almeno biennale, per ciascuna particella catastale, la ricognizione del catasto dei terreni, al fine di individuare i terreni silenti per i quali, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, lettera h), del decreto legislativo n. 34 del 2018, i proprietari e gli altri titolari di diritti reali non siano individuabili o reperibili. I terreni silenti individuati attraverso tale procedura sono censiti in un registro tenuto dal comune.

L'articolo 8 dispone in materia di associazioni, prevedendo che i comuni possono promuovere la costituzione di associazioni volte ad agevolare coloro che praticano attività di agricoltura, anche contadina, o attività forestali, al fine di valorizzare le potenzialità del territorio, il recupero e l'utilizzazione dei terreni abbandonati o incolti, o allo scopo di effettuare piccole opere di manutenzione ordinaria delle infrastrutture. Sono indicate le finalità che possono essere perseguite attraverso tali associazioni, tra le quali, si ricordano, la conservazione e gestione della biodiversità, la tutela e la gestione del territorio nei suoi aspetti ambientali e paesaggistici fondamentali.

L'articolo 9 prevede l'istituzione della Giornata nazionale dedicata alla cultura e alle tradizioni dell'agricoltura contadina, che è individuata nella giornata dell'11 novembre. La stessa disposizione stabilisce che, in occasione della citata Giornata nazionale, possono essere organizzati cerimonie, convegni, incontri e momenti comuni di ricordo e di riflessione, finalizzati a diffondere e sviluppare la conoscenza del mondo dell'agricoltura contadina. È poi specificato che la Giornata nazionale non determina gli effetti civili di cui alla legge 27 maggio 1949, n. 260.

L'articolo 10 stabilisce l'istituzione della Rete italiana delle civiltà e delle tradizioni contadine, disponendo che il Ministero della Cultura, di concerto con il Ministero del Turismo e il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, e sentita la Conferenza permanente per i rapporti con lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, istituisce, con decreto, la Rete italiana delle civiltà e delle tradizioni contadine. La disposizione in esame disciplina, inoltre, la composizione e le attività della stessa Rete italiana delle civiltà e delle tradizioni contadine.

L'articolo 11 reca la clausola di salvaguardia, prevedendo che le disposizioni del presente progetto di legge in esame siano applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano, compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Infine, l'articolo 12 reca le disposizioni finali e finanziarie, prevedendo il 1° gennaio 2022 come data di entrata in vigore del testo unificato in esame e statuendo che dallo stesso non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che rinuncia. È iscritta a parlare la deputata Caretta. Ne ha facoltà.

MARIA CRISTINA CARETTA (FDI). Grazie, Presidente. L'agricoltura contadina rappresenta oggi l'eredità del più antico e autorevole esempio di attività agricola a nostra disposizione. Per lungo tempo considerata in modo marginale, in molti hanno a più riprese ritenuto che sarebbe stata destinata a scomparire con l'avanzamento tecnologico e la modernizzazione, che hanno rivoluzionato il mondo agricolo dei nostri tempi. Tuttavia, qualificandosi come vero esempio di resilienza, questo tipo di attività agricola è riuscito ad ergersi modello alternativo, orientato alla vendita diretta, ad un mercato senza intermediari, spesso tutelante di una serie di caratteristiche uniche nei territori rurali.

Questo tipo di agricoltura, fortemente orientato a vendita diretta e autoconsumo, per sua natura coinvolge interi strati familiari e si impone come protagonista nelle comunità rurali. Ed è proprio puntando alla qualità dei prodotti, alla disintermediazione, al rapporto diretto con i consumatori e con la terra, che è riuscita ad imporsi come modello alternativo, nonostante l'esigua dimensione economica.

Tale modo di produrre ha costituito per lungo tempo e rappresenta tuttora una risorsa per la salvaguardia e la valorizzazione delle dimensioni sociali, ma anche ecologiche, del sistema agroalimentare: si pensi alla tutela dei territori nelle aree collinari, nelle aree interne, montane e rurali, spesso definite “a fallimento di mercato”, dunque economicamente svantaggiate rispetto a sistemi più centralizzati.

Come evidenziato dalla FAO, l'agricoltura contadina, anche nella sua dimensione familiare, mette a sistema la gestione di importanti fattori produttivi, come terra e lavoro, in riferimento a determinate funzioni economiche, ambientali e sociali, ma anche culturali.

Lo sviluppo tecnologico, anziché mettere fuori gioco queste realtà, ha fornito nuove opportunità di sviluppo qualitativo e di interconnessione nei territori. Nel 2018, su questo solco, le Nazioni Unite hanno approvato in Assemblea generale la Dichiarazione sui diritti dei contadini e dei lavoratori nelle aree rurali, recuperando la ratio dello studio effettuato dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, sull'agricoltura sostenibile e i mutamenti climatici, fornendo nuova dignità ad una categoria da sempre presente sul territorio ma per lungo tempo marginalizzata. L'agricoltura contadina, inoltre, non si pone solo come un modello alternativo di attività agricola ma anche come presidio contro lo spopolamento delle aree interne, fenomeno che, anche in ottica di rilancio del Paese, così come indicato nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, lo Stato deve affrontare. Il numero di aziende agricole rilevato in Italia dall'Istat è pari a 1,7 milioni, di cui il 30,7 per cento è gestito direttamente dalle famiglie di agricoltori, che sono per il 47 per cento circa concentrate al Sud Italia. Il valore della produzione nazionale agricola ha superato, nel 2019, i 57 miliardi di euro, prodotti essenzialmente nel Nord Italia. Il tema acquisisce rinnovata importanza se consideriamo che, secondo dati aggiornati nel 2018, gli agricoltori contadini o piccoli agricoltori generano il 28-31 per cento della produzione agricola totale nel mondo, dando luogo al 30-34 per cento dell'offerta alimentare totale, lavorando il 24 per cento della superficie agricola lorda. Considerato che nel 1961 la superficie agricola totale in Italia era l'88 per cento della superficie totale e che adesso il valore è inferiore al 58 per cento, è ancora più evidente il ruolo che l'agricoltura contadina può svolgere a presidio dei territori, delle campagne e delle aree montane. La necessità di un intervento normativo in materia deriva non solo dagli elementi sin qui delineati ma anche dal bisogno di fornire la possibilità di produrre dei redditi e di fare dei profitti, dunque di generare ricchezza. Il modello agricolo contadino, infatti, è lungi dall'essere scomparso; anche in Europa ha trovato larga diffusione, in Francia e in Nord Europa, anche grazie alle opportunità fornite dalla Politica agricola comune, e anche in Italia può diventare uno strumento di difesa dei territori dallo spopolamento, attraendo giovani desiderosi di operare economicamente in questo comparto ma che, al momento, si trovano privi degli strumenti necessari. Secondo dati Eurostat, a fronte di uno scarso ricambio generazionale, diffuso in tutta l'Unione europea, a tutela del ruolo dei giovani in agricoltura occorre specificare come molti di quei Paesi che hanno adottato particolari iniziative a supporto dell'agricoltura contadina e delle attività agricole in generale hanno percentuali di attività agricole gestite da giovani ben al di sopra della media europea. A fronte di una media europea dell'11 per cento delle attività agricole gestite da under 40, in Lituania, Ungheria, Bulgaria, Germania, Francia, Slovacchia, Polonia e Austria il valore supera la media, toccando picchi anche del 23 per cento.

Per incrementare il ricambio generazionale è quindi evidente come occorra impiegare in modo responsabile e consapevole le risorse messe a disposizione dalla Politica agricola comune dell'Unione europea. E proprio in questo senso migliorativo è stato approvato in questa proposta di legge un emendamento di Fratelli d'Italia che, tra l'altro, permette di fornire criteri di premialità proprio per tutte quelle attività agricole e contadine situate nelle aree interne, montane e rurali.

Una maggiore considerazione, anche con strumenti normativi, permetterebbe inoltre di contrastare il fenomeno del land grabbing, o appropriazione territoriale, secondo il quale numerosi operatori acquistano terreni agricoli senza effettivamente metterli a rendita e coltivarli. Nella proposta oggi in esame, infatti, si prevede la possibilità di creare associazioni di operatori che praticano l'agricoltura a tutela dei territori incolti o abbandonati, anche di privati, anche interfacciandosi con le amministrazioni locali. Con grande considerazione per i contesti rurali e montani è stata inoltre approvata una proposta emendativa che, sul solco di quanto già proposto da Fratelli d'Italia a più riprese, permette a queste associazioni di operare con fini di razionalizzazione e ricomposizione fondiaria proprio in quelle aree montane dove la frammentazione territoriale impedisce di utilizzare e mettere a frutto un microcosmo dispersivo di proprietà. Occorre tuttavia specificare che, forse, non è stata posta la stessa attenzione che abbiamo posto noi sul metodo, dato che l'articolo 6-bis, in congiunzione con l'articolo 7, sulle modalità di gestione dei terreni lascia irrisolti alcuni nodi interpretativi essenziali, in particolar modo riguardo il perimetro applicativo della materia. Il testo della legge deve rispettare e valorizzare il principio della proprietà privata che rischia, invece, di venire distorto da alcuni vuoti normativi. Mancano, infatti, disposizioni a tutela del privato per quanto riguarda una maggiore tracciabilità in materia di individuazione dei proprietari terrieri e mancano, ancor di più, disposizioni per regolamentare eventuali redditi fatti da terzi su terreni messi a disposizione e una specifica normativa per proteggere il proprietario dei terreni da eventuali illeciti condotti da terzi sul terreno medesimo. Su questo avremo modo di presentare delle proposte emendative, qui, in Aula, e spero ci possa essere un confronto oggettivo su questa problematica.

Il lavoro che è stato fatto su questo testo, tra audizioni, emendamenti e proposte di testi unificati, è stato notevole. Fratelli d'Italia su questo è stato presente con proposte emendative di forte responsabilità, orientate ad estendere la portata degli strumenti di questa proposta a tutto il mondo rurale delle aree interne e montane, semplificando, ove possibile, strumenti di natura normativa in favore delle attività agricole e contadine. C'è ancora molto da fare perché alcune norme particolarmente importanti, come l'articolo 4 relativo ai disciplinari per vendita e trasformazione dei prodotti dell'agricoltura contadina, richiedono normative di dettaglio, la cui mancata emanazione spesso porta ad affossare anche le leggi più importanti. Bisogna anche operare sull'attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza legate al recupero delle aree rurali e alla transizione ecologica in agricoltura, misure che valgono oltre 5 miliardi, perché sarà destino inevitabile di queste misure, tutela della piccola agricoltura e PNRR, di intrecciarsi tra loro. Proprio su questo sarà nostro onere vigilare con assoluta attenzione, richiamando l'Aula a fare altrettanto, nonché i signori del Governo a garantire la piena attuazione delle misure previste. Noi siamo sempre dalla parte dei custodi delle nostre tradizioni, a tutela del localismo come principio guida di promozione dei nostri territori e dei nostri prodotti, ma soprattutto a difesa della nostra identità (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Maglione. Ne ha facoltà.

PASQUALE MAGLIONE (M5S). Grazie, Presidente. Prima di cominciare la discussione su quella che sarà l'approvazione di questa norma sulla agricoltura contadina, intendo citare un passaggio di Pasolini del 1962. Cito, testualmente: quando il mondo classico sarà esaurito, quando saranno morti tutti i contadini e gli artigiani, quando l'industria avrà reso inarrestabile il ciclo del consumo, allora la nostra storia sarà finita. Ed è appunto su questa parte finale che è importante soffermarsi: la nostra storia. La nostra storia, ad oggi, per quella che è la storia della cultura italiana, è formata da quello che è il lavoro dei contadini sui territori. Un lavoro costante, un lavoro che ha permesso a queste persone anche di tutelare il nostro territorio, perché quell'agricoltura nelle piccole aree svantaggiate, nelle piccole aree rurali, che sono la maggior parte delle aree della nostra nazione, è un'agricoltura che permette anche di conservare il territorio ma soprattutto di conservare quelle che sono le tradizioni di questo nostro territorio; soprattutto le tradizioni agricole, che sono l'ossatura della cultura, dell'economia e della storia del nostro Paese.

In questo momento storico, quindi, è stato importante che a livello parlamentare si avviasse una discussione su un provvedimento normativo che in qualche modo andasse a tutelare e a promuovere questo tipo di agricoltura perché, ripeto, i contadini sono quelle persone che sui nostri territori conservano le tradizioni, ci permettono di mantenere la memoria storica dei nostri territori, ci permettono di mantenere la memoria storica di quella che è stata anche l'evoluzione del nostro territorio.

Quindi, sono persone importantissime, che in qualche modo vanno aiutate. Là dove ci sono l'agricoltura intensiva e le colture industriali è giusto che ci siano le norme che tutelano quell'agricoltura, ma è anche giusto in quelle che sono le zone svantaggiate, perché noi parliamo, per la maggior parte delle volte, di persone che lavorano in aree che forse hanno carenze infrastrutturali e difficoltà di vario genere, ma sono persone che non mollano e che continuano a lavorare quei territori, conservando anche quelle che sono le tecniche agronomiche che poi la tecnologia è riuscita a trasformare in qualcosa di più importante per quello che riguarda le colture di più alto respiro. Quindi, a questo punto era fondamentale che il Parlamento, in qualche modo, avviasse una discussione intorno a una norma, che è, appunto, quella della promozione dell'agricoltura contadina, che viene anche a valle di un importante provvedimento da parte dell'ONU, che è la Dichiarazione sui diritti dei contadini e dei lavoratori nelle aree rurali. L'ONU intendeva proprio questo: andare a proteggere, a tutelare una serie di principi che erano fondamentali, come proteggere i diritti dei contadini e dei lavoratori in queste aree rurali perché - ripeto - sono aree in cui è difficile fare economia, è difficile fare agricoltura, è difficile riuscire a sostenere una famiglia, un proprio lavoro, un proprio reddito, perché mancano quelli che sono gli strumenti e le infrastrutture che permettono, in qualche modo, di creare impresa. Proteggere i diritti di tutte le popolazioni rurali, perché è un dato importante, e anche proteggere quelli che sono i diritti di queste popolazioni, perché molte volte c'è la carenza infrastrutturale e la carenza di quelle che sono le normali strutture che noi troviamo all'interno dei contesti metropolitani. È chiaro che in queste aree queste strutture sono più difficili da trovare e questo può determinare anche una carenza di quelli che possono essere i diritti di queste persone. Migliorare le condizioni di vita di queste persone, perché, nel momento in cui si riesce a promuovere un'agricoltura che, in qualche modo, va nella direzione di tutelare questi piccoli produttori locali, è chiaro che si protegge anche la capacità di queste persone di creare famiglia, di creare un substrato molto più ampio a cui poi chiaramente demandare anche quelle che sono le tradizioni future. Rafforzare la lotta contro il cambiamento climatico, perché, lo dicevo in premessa, nel momento in cui si abbandona un terreno quel terreno, in qualche modo, può diventare un pericolo e, nel momento in cui quel terreno può diventare un pericolo, può diventare un pericolo anche per la salute umana ma, soprattutto, può diventare un pericolo nel momento in cui quel terreno può essere anche utilizzato per altri scopi, e il fatto di riuscire a produrre materiale organico, a produrre, in qualche modo, vegetazione che vada a interferire con quelli che sono i cicli naturali e biologici del nostro sistema ecosistema chiaramente è un modo anche per salvaguardare questo tipo di aspetto. Infine, conservare la biodiversità, perché uno degli aspetti forse più importanti di quella che è l'agricoltura contadina è la capacità di riuscire ancora a conservare quelle forze e anche quelle sementi che forse sono state dimenticate, ma che sono parte della nostra storia agricola e che, quindi, vanno valorizzate.

Quindi, è solo chi fa un'agricoltura che non è più volta necessariamente al profitto d'impresa ma, più che altro, a una semplice gestione di quello che è il proprio terreno e di quella che può essere l'ambizione della propria esistenza, cioè la capacità di proteggere anche questa vasta biodiversità che c'è nelle nostre zone. Io vengo dalla provincia di Benevento, che sicuramente è una zona altamente rurale, dove vedo che ci sono diversi, anche ragazzi e giovani, che si stanno cimentando in questo tipo di agricoltura e che stanno riscoprendo tutta una serie di sementi che oggi forse stanno anche scomparendo da quella che è la nostra memoria storica e anche da quelli che sono i nostri mercati.

Quindi, è importante che si sia intervenuti in tal senso ed è importante perché, leggendo testualmente la norma, vediamo che la norma, proprio all'articolo 1 e nella definizione delle finalità e dell'oggetto della norma stessa parte proprio dal concetto di sostenibilità, perché appunto noi abbiamo il dovere di cominciare a guardare all'ottica di un'agricoltura sostenibile, a tutti i livelli, sia essa intensiva e/o contadina, perché - ripeto - la sostenibilità dell'agricoltura, in un contesto in cui noi parliamo di una transizione ecologica verso un modo di operare, a tutti i livelli, sostenibile, svolge un ruolo importantissimo, perché nel momento in cui si riesce a tutelare un'agricoltura che sia sostenibile si riesce a tutelare la risorsa idrica, si riesce a diminuire l'inquinamento dovuto all'utilizzo di sostanze chimiche, si riesce a tutelare tutto ciò che riguarda quello che è il contesto di ecosistema in cui ci troviamo appunto verso un contesto a cui noi stiamo guardando, in una svolta che sia più ecologista e sostenibile.

Sempre all'articolo 1, quando si parla di sostenibilità, è chiaro - ripeto: in virtù coerentemente di quelli che sono i principi dell'ONU - che non si può non parlare di biodiversità, e la biodiversità la devi conservare, la devi tutelare e devi fare in modo, soprattutto, che abbia la possibilità di replicarsi e che rimanga nella memoria storica del nostro comparto agricolo e delle nostre tradizioni agricole.

Poi c'è un tema che mi fa piacere che venga riportato nell'articolo 1, nell'oggetto e nelle finalità, che è il contrasto allo spopolamento delle aree rurali. Io vengo da un'area rurale - ripeto: sono della provincia di Benevento - e mi rendo conto che il problema dello spopolamento è un problema reale. Quindi, se a queste aree non diamo la possibilità di creare un qualcosa che in qualche modo vada a incentivare i giovani a rimanere all'interno di quelle aree, è chiaro che queste aree vanno verso lo spopolamento e chiaramente lo spopolamento significa poi abbandonare quei terreni e, ripeto, abbandonare un terreno significa molto probabilmente creare anche un problema dal punto di vista del contesto idrogeologico e di quelli che possono essere i danni consequenziali. Ma soprattutto abbandonare un terreno significa abbandonare una tradizione, abbandonare, appunto, quella storia che richiamava Pasolini, che è fondamentale tutelare, perché è l'ossatura di quella che è la nostra Nazione, di quello che è stato il nostro passato, di quello che è il nostro presente e di quello che sarà il nostro futuro.

Poi è chiaro che un altro aspetto importante - lo ripeto - è quello di valorizzare l'azione di queste persone, perché nel momento in cui un contadino ara un terreno in qualche modo lo custodisce, lo custodisce, non lo rende pericoloso e soprattutto lo valorizza all'interno di un contesto, che è quello delle aree rurali, in cui anche la valorizzazione di un terreno, anche la valorizzazione di una piccola coltura può diventare economia. Quindi, questi aspetti - e mi fa piacere ritrovarli nell'articolo 1, quindi nell'ossatura iniziale della norma - sono di fondamentale importanza.

Passando alle definizioni, è chiaro che, nel momento in cui si decide di andare a tutelare un comparto agricolo, quella che è l'agricoltura contadina, è necessario definire quello che noi intendiamo per agricoltore contadino. Sicuramente l'agricoltore contadino è un agricoltore che avrà un suo appezzamento di terra, chiaramente i familiari che lavoreranno con lui e, di conseguenza, tutti collaboreranno, anche in forma cooperativa o associativa, affinché si possa continuare quella tradizione che noi stiamo dicendo, perché un aspetto fondamentale e forse da promuovere in queste aree è appunto la cooperazione, che molto probabilmente è un aspetto che, negli anni, è venuto un po' meno perché molto probabilmente alcune volte ci sono stati dei cortocircuiti, ma la cooperazione, in contesti così disagiati, in contesti in cui è così difficile poter lavorare, è fondamentale perché permette di poter condividere le energie e le forze e soprattutto riuscire a ottenere risultati che forse singolarmente era più difficile raggiungere. Quindi, è fondamentale questo aspetto, come è fondamentale l'aspetto anche solidale, perché nel momento in cui si parla di agricoltura contadina è chiaro che c'è un aspetto molto legato alla dinamica anche sociale all'interno di questi territori. Quindi, è fondamentale che la norma, in qualche modo, vada a tutelare anche questo aspetto, perché è un'agricoltura che interessa piccoli ambiti, in cui interessa il dialogo tra le persone, tra i contadini, tra il proprietario di un podere e quello del podere a fianco, che si confrontano, che semmai condividono dei percorsi, che condividono dei processi e, di conseguenza, è fondamentale anche tutelare questo aspetto.

Però, è chiaro che, nel momento in cui si dice di voler tutelare un'attività agricola, un modo di fare l'agricoltura, è necessario che vengano anche individuate quelle che devono essere le risorse attraverso le quali poter sostenere questo tipo di agricoltura. Sicuramente la nuova PAC, come diceva pure la collega di Fratelli d'Italia, dev'essere uno strumento attraverso il quale bisogna necessariamente trovare delle risorse da destinare a questo tipo di agricoltura. Di conseguenza, mi fa piacere ritrovarlo all'interno della norma e che ci sia proprio, è espressamente richiesto. Nel momento in cui la nuova PAC, così come sappiamo tutti noi, prevedrà quello che sarà un Piano nazionale di indirizzo, è fondamentale che all'interno di questo Piano nazionale vi siano delle indicazioni ben precise e volte, in qualche modo, a incentivare e a tutelare questo tipo di agricoltura. Quindi, questo è un altro aspetto molto importante che mi fa piacere aver ritrovato all'interno della norma.

Un altro aspetto fondamentale e che ritengo molto utile è il registro per la definizione e per la caratterizzazione dei terreni all'interno dei singoli comuni, in modo tale da poter definire quali di questi terreni, attraverso uno studio puntuale e preciso, possano essere di interesse e di utilizzo per questo tipo di pratica agricola, perché, molte volte, tutti noi, nei nostri comuni, ci siamo trovati nella condizione di avere semmai dei terreni abbandonati, anche pubblici.

Terreni che, invece, potevano essere destinati ad azioni e pratiche agricole che può valorizzarli e renderli fruibili anche all'intera popolazione.

Quindi, il fatto di aver previsto un Registro che si occupi degli enti con questo tipo di caratterizzazione è fondamentale, anche in virtù dell'azione del contadino, come abbiamo detto sin dall'inizio, volta a manutenere il terreno e ridurne i rischi idrogeologici. Poi è chiaro che, nel momento in cui si dà spazio e vita o, quantomeno, si cerca di promuovere un tipo di agricoltura che si differenzi da quella intensiva o industriale, c'è bisogno di riconoscere quali sono queste aziende, onde evitare che qualcuno approfitti di questa possibilità per lucrare laddove, invece, la norma vuole semplicemente che venga tutelato e valorizzato un tipo di tradizione culturale. È anche importante, a questo punto, la promozione di questo tipo di agricoltura e ritengo fondamentale e fondata la volontà all'interno della norma di istituire una giornata per ricordare la cultura e le tradizioni agricole contadine, perché, ripeto, queste sono le tradizioni e la cultura del nostro Paese. Perdere queste tradizioni, perdere questa cultura significa perdere la storia del nostro Paese e non ce lo possiamo permettere, perché l'Italia è un grande Paese e, se è un grande Paese, lo è anche per la sua tradizione agricola. Molti dei nostri prodotti di eccellenza appartengono a quel filone e, quindi, di conseguenza, è importante tutelare quel filone. Ma c'è anche un aspetto economico inerente lo sviluppo dell'agricoltura contadina; nel momento in cui, anche nelle aree rurali, si riesce a sviluppare un modo di fare agricoltura meno intensivo e meno aggressivo, dal punto di vista territoriale, ambientale ed ecosistemico, è chiaro che si diluisce la produzione agricola su tutto il territorio nazionale; in questo momento, le culture più intensive si trovano nella parte Nord, del Centro-Nord dove vi sono maggiori possibilità e capacità territoriali per lo sviluppo di aziende agricole intensive. Tuttavia, nel momento in cui si riesce anche a sviluppare una rete territoriale basata su un'agricoltura meno intensiva, ma maggiormente legata al territorio, alle tradizioni e alle nostre specificità territoriali, è chiaro che si ha anche la possibilità economica di diluire la nostra capacità di produzione agricola su tutto il territorio nazionale. Vi sono molti territori - ripeto - anche nella mia provincia, nei quali è possibile ancora praticare l'agricoltura, ma non la si fa perché, purtroppo, non ci sono né i mezzi, né le strutture e né le infrastrutture in grado di rendere possibile questo tipo di agricoltura. Quindi, lo sviluppo dell'agricoltura contadina, intesa anche come recupero della capacità agricola di queste aree, è fondamentale; è importante, e vado a chiusura, sostenere la volontà di investire sulla promozione di questo tipo di agricoltura: è fondamentale per queste aree rurali, fondamentale per la tutela del nostro territorio e fondamentale - forse questo è il carattere più importante - per salvaguardare la nostra cultura e la nostra storia (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Loss. Ne ha facoltà.

MARTINA LOSS (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, gentile sottosegretario Centinaio, è un onore per me essere oggi qui con voi ad affrontare un tema che, come abbiamo molte volte ribadito, tocca nel cuore il nostro territorio e il cuore produttivo: il mondo agricolo. Infatti, il tema di questa disciplina, di questa norma che riguarda l'agricoltura contadina, coinvolge ognuno di noi e, soprattutto, coloro che abitano, come molti in quest'Aula, nelle zone rurali che vedono, come risorsa principale per la crescita e lo sviluppo della propria economia, soprattutto le risorse naturali e, quindi, le risorse del territorio che danno pochi sbocchi, al di là dell'agricoltura; proprio quell'agricoltura che l'Italia, il mondo italiano ha saputo trasformare nel tempo nella sua principale risorsa e nell'eccellenza così rinomata a livello internazionale. Quindi, sebbene partiamo dal concetto umile della semplicità di un'azienda che, con fatica, lavora al territorio, sappiamo che il risultato finale è quello di portare a conoscenza di tutti la grande capacità di trasformazione di un duro lavoro in una grande eccellenza nazionale, quindi un orgoglio di un popolo.

Il tema dell'agricoltura contadina, poi, coinvolge tutti gli aspetti della multifunzionalità del lavoro agricolo e forestale verso un territorio. Infatti, sappiamo che il risultato finale non è solo un buon prodotto alimentare o un buon trasformato, un'eccellenza alimentare, ma è anche una resa in termini ambientali, in termini di paesaggio, in termini di tutela da possibili dissesti idrogeologici, in termini di tutela ambientale, quindi in termini di bellezza del territorio; ma non è solo questo, è anche un risultato in termini di identità, perché vivere su un territorio, viverlo profondamente, anche attraverso il lavoro nell'agricoltura o essendo consapevoli dello sforzo che il mondo agricolo fa su questo territorio, ci rende orgogliosi di appartenere ad un territorio così bello e così ben curato. Infatti, chi vive in montagna e in collina in una zona agricola sa che la maggiore risorsa di cui dispone l'agricoltore è proprio il suo tempo, la sua stessa vita che dedica al territorio. Ecco, questo oggi celebriamo con questo testo: l'auspicio è che, alla fine del percorso, quando diventerà una vera legge, sia veramente di onore, di aiuto e di supporto al nostro mondo agricolo per le sue grandi capacità. Un altro spunto importante che dà questo testo è il ricordo di come sia importante per una comunità sentire di appartenere ad un territorio, ma anche di possedere un territorio. Le nostre comunità, nella storia, hanno spesso costituito forme di gestione collettiva dei territori proprio perché un uomo da solo ha forze limitate, mentre una comunità riesce dove uno, da solo, non è in grado, soprattutto a fianco delle forze del mondo naturale che spesso possono essere anche avverse. Ebbene, la capacità di prendersi cura del terreno, del territorio in forma collettiva ritorna, in questo testo, con uno spunto di attenzione nei confronti di un fenomeno abbastanza triste, che è quello dell'abbandono, invece, della gestione dei territori sia agricoli che forestali. Ebbene, anche in questa direzione, questo testo ha molti meriti. Chiaramente, la chiave di lettura più profonda riguarda l'altro fenomeno ancora più importante: quello dello spopolamento delle aree rurali e montane. Questo è il segno dell'evoluzione delle società e delle civiltà, il segno dei tempi, ma anche il segnale che si può probabilmente invertire con le giuste politiche dedicate al territorio e l'attenzione deve essere mirata a dove serve intervenire per semplificare la vita di quel mondo agricolo che, dicevamo, ci mette tanto impegno e tanto sforzo, ma che spesso vede intralci burocratici e normativi. Ebbene, questa volta la norma vuole andare in senso opposto: semplificare un po' la vita, sollevando chi dà tanto impegno, chi dona tanto della sua vita per la nostra bella terra. Un ultimo punto riguarda, poi, lo spirito di poter trasmettere questa grande conoscenza del mondo agricolo alle generazioni future e questo procura anche un collegamento generazionale che torna di nuovo sul tema del presidio del territorio. Quindi, vi sono molti meriti potenziali in questo testo.

Se vogliamo mettere una lente di ingrandimento sui soggetti di cui stiamo parlando, ovvero gli agricoltori, i contadini, queste piccole aziende che lavorano soprattutto a livello familiare - in Italia costituiscono circa il 50 per cento delle aziende agricole totali, hanno una gestione familiare e, addirittura, oltre il 60 per cento sono aziende piccole o piccolissime - sappiamo che stiamo parlando di un ampio spaccato, un ampio numero di agricoltori del nostro Paese.

Ebbene, si tratta proprio di coloro che, in forma capillare, fin dal più piccolo paese, si occupano della tutela del territorio, di curarlo e direi quasi venerarlo proprio con la loro completa dedizione e, conseguentemente, ci donano la grande qualità e l'eccellenza dei nostri prodotti locali, che sono frutto della tradizione secolare e millenaria del rapporto equilibrato fra l'uomo e la natura che lo circonda. Quindi, hanno saputo valorizzare al massimo la qualità e le caratteristiche che ogni territorio ha.

Questa è la grande bellezza italiana: tanto diversi gli ambienti regionali, tanto diversa l'Italia da Nord a Sud, tanto grande e vasta è la ricchezza della produzione agroalimentare di tutto il Paese.

Ebbene, proprio questo è il senso, vivere il territorio attraverso la famiglia. Dare l'espressione massima agricola del territorio vissuta in un concetto familiare di gestione agricola consente non solo il radicamento, ma anche il presidio profondo del territorio anche per le nuove generazioni. Dall'altra parte, le istituzioni, ovviamente, devono fare il loro ruolo e, quindi, questo è il senso dell'istituzione di un registro dell'agricoltura contadina, con riferimento al quale, con un contributo del gruppo Lega, abbiamo reso un inserimento su richiesta dell'interessato, quindi ci deve essere un coinvolgimento diretto dell'agricoltore ad inserirsi nel registro, proprio perché il registro, l'istituzione è chiamata a porsi al servizio di queste aziende. Quindi, in questo caso, deve essere percepito il senso di utilità e di semplificazione garantita dall'appartenenza a questo registro e l'agricoltore stesso, poi, si sentirà chiamato a farne parte con anche delle semplificazioni per il rinnovo di appartenenza. Infatti, lo strumento che stabilisce questo legame tra l'istituzione e il territorio dovrà essere flessibile, per dare il massimo servizio e, allo stesso tempo, rendere alle nostre strutture istituzionali uno stato reale del Paese e del mondo operativo dell'agricoltura.

Un altro servizio importante che si menzionava è il concetto di semplificazione e a questo è riservata una vasta parte di questa norma. Infatti, sappiamo che una delle malattie del nostro Paese è la complicazione dovuta all'estrema complessità delle norme e degli apparati burocratici che consentono l'attuazione delle norme stesse. Quindi, in questo caso, si è ritenuto di andare nella direzione di dare la maggiore semplificazione possibile, e questo compito sarà dedicato alle regioni, proprio perché sono gli enti, in questo caso, che sanno comprendere la giusta dimensione delle loro aziende e, quindi, la giusta direzione della semplificazione da disciplinare, ovviamente nel rispetto di quanto stabilito dai Ministeri. I limiti delle quantità produttive, le materie lavorate, i requisiti urbanistici, igienici, che molte volte sono estremamente pesanti anche per una piccola azienda, possono diventare improvvisamente molto più leggeri e semplificati, per consentire che l'agricoltore, prima di tutto, faccia l'agricoltore, e non si debba dedicare a saltare da un ufficio all'altro tra i burocrati. Ebbene, questo è il senso che ci permette di intervenire in modo concreto come un reale servizio al mondo agricolo, anche attraverso un'ampia parte dedicata alla formazione e alla possibilità per l'agricoltore di fare dei lavori sulla sua azienda e anche sul territorio.

In questo, abbiamo trovato utile, poi, inserire un punto d'appoggio che riguarda il Piano di sviluppo rurale. Sappiamo che è uno strumento flessibile, che le regioni hanno, molte volte, adoperato per il meglio, per la crescita del loro territorio e lo sviluppo sostenibile. In questo caso, si è ritenuto di dare un punteggio premiante proprio alle aziende site in zone svantaggiate, le cosiddette aree interne, zone montuose, rurali, che, già di per sé, nella loro collocazione, hanno difficoltà infrastrutturali, pochi servizi. Ebbene, proprio questo deve essere un punteggio di supporto che può essere dato agli agricoltori e ai contadini attraverso anche la misura del Piano di sviluppo rurale.

In aggiunta, come avevo accennato all'inizio, esiste una necessità di intervenire su un fenomeno, ovvero due fenomeni; ma affrontiamoli uno alla volta: innanzitutto, il fenomeno dei terreni abbandonati. Sappiamo che uno degli effetti primari dello spopolamento e della fuga verso le città è stato proprio l'abbandono delle attività tradizionali: la selvicoltura e l'agricoltura di montagna. In questo caso, si è generata, quindi, una grossa presenza di terreni che non sono più coltivati, non sono più gestiti o manutenuti, perlomeno, salubremente e, quindi, coerenti con il paesaggio e l'utilità alla comunità. Ebbene, il fenomeno è collegato, purtroppo, alla frammentazione del territorio. Sappiamo che la proprietà fondiaria, su tutto il Paese, salvo la provincia di Bolzano, è estremamente frammentata. Questa frammentazione, che, ovviamente, è collegata ai diritti dati della proprietà, spesse volte, intralcia una buona gestione territoriale, proprio perché limita la continuità della lavorazione sul terreno, proprio perché c'è un cambio di proprietà. Ebbene, questo, spesse volte - lo vediamo sui nostri territori -, porta a fazzoletti di terra ben curati a fianco di altrettanti fazzoletti di terra abbandonati e inselvatichiti. Questo non è degno del nostro paesaggio italiano; meritiamo di più e, proprio per questo, le regioni sono chiamate ad affrontare il tema dei territori, dei beni agricoli abbandonati. Quindi, le regioni potranno censire i terreni non più coltivati e, su base progettuale, affidarli in gestione. Chiaramente, questo non cambia il titolo, la proprietà, però può consentire di intervenire, finalmente, a livello generale su un territorio più ampio e consentire quella contiguità di bel paesaggio che noi vorremmo sempre vedere. Ricordiamoci, tra l'altro, che il bel paesaggio dei nostri territori agricoli, collinari e montani è anche quella cartolina conosciuta in tutto il mondo per cui i turisti vengono in Italia continuamente.

A fianco del problema dei terreni abbandonati, c'è un altro problema, quasi burocratico, dei terreni cosiddetti silenti, introdotti dal testo unico sulle foreste. I terreni silenti sono quei terreni di cui non è più rintracciabile un proprietario. Ebbene, questi ultimi rischiano, allo stesso modo, di restare abbandonati, proprio perché non si riconosce, non si individua un proprietario. Anche in questo frangente la Lega è intervenuta, con un suo proprio emendamento dedicato, per disciplinare questa situazione delicata, rendendo protagonisti i comuni. In questo caso, i comuni potranno fare, almeno ogni paio d'anni, per ogni particella catastale, una ricognizione dei territori, trovando i terreni silenti e, poi, consentendo la loro gestione. Questa è la cosa più preziosa che un comune possa fare: restituire alla vita un terreno che, proprio perché non aveva più un proprietario, rischiava di essere abbandonato e, quindi, tralasciato sia dall'agricoltura sia dalla gestione forestale.

Quindi, proprio questa capacità della comunità di farsi forza e di riscoprire e manutenere bene il proprio territorio trova qui uno spazio importante. Infatti, il ruolo del comune sta proprio nel risvegliare, all'interno della propria stessa comunità, la capacità di prendersi cura del territorio, quella identità di cui si parlava all'inizio, di riscoprire la bellezza di un paesaggio prendendosi cura del terreno, anche se non è proprio, anche se si tratta di un terreno abbandonato o silente, ma che si percepisce come appartenere alla comunità e, quindi, il risultato di una buona manutenzione o di una bella lavorazione porta un profitto, porta un risultato positivo per tutta la comunità, per tutto il proprio Paese. Quindi, si torna, in qualche modo, al concetto di proprietà collettiva che, nei secoli, è stato un principio guida per molte comunità italiane. Porto l'esempio delle comunità del Trentino, dove la Magnifica comunità di Fiemme è uno dei nostri esempi storici, così come le comunelle della Val di Sole. Sono esempi in cui la proprietà collettiva ha consentito ai residenti di prendersi cura di un intero territorio, senza tralasciarne nemmeno un fazzoletto, e questo ha determinato la bellezza delle nostre valli.

In questa direzione va anche lo spunto della creazione di associazioni tra soggetti che praticano non solo l'agricoltura contadina, ma anche attività forestali e silvo-pastorali. Significa che più proprietari possono unirsi in un unico soggetto gestionale, proprio per consentire - diciamo sempre che l'unione fa la forza - che vi sia una completa attenzione a tutto il territorio e, quindi, anche piccole parti slegate possano trovare, con questo spirito comunitario, una profonda attenzione e valorizzazione. Questo spirito sta non solo nella ricomposizione dei fondi: in fin dei conti, un fiume scorre anche se frammentato in particelle oppure un prato rimane un prato anche se è di dieci proprietari diversi. Ebbene, proprio perché vi siano più proprietari, perché non gestirlo, comunque, in maniera unitaria, come in ogni prato intero meriterebbe?

Per questo, lo spirito del sostegno da parte dei comuni alla formazione di queste associazioni è da valorizzare. Come gruppo della Lega riteniamo di aver dato un importante supporto nell'affrontare questi temi, che per noi sono molto cari - il tema del territorio, dell'appartenenza, dell'identità - attraverso soprattutto il lavoro semplice ma concreto dell'agricoltura, della silvicoltura, delle attività silvopastorali, e riteniamo che questo testo normativo possa avere un buon percorso verso un bel risultato che porti frutto e utilità per coloro che lo attendono. Dall'altra parte, ci sarà un percorso attraverso l'Aula, dove noi porteremo qualche proposta emendativa, sempre con spirito migliorativo, e poi il testo sarà affidato al Senato. L'auspicio è che si possano trovare - attraverso questa grande maggioranza che in questo momento porta il Paese verso una direzione che guarda al futuro - quegli intenti corretti che diano sostegno a questo comparto importante dell'agricoltura. L'auspicio, come sempre quando si crea una legge, è che sia il testo migliore che si possa dare e che porti le risposte auspicate dal nostro Paese, in questo caso dal mondo agricolo (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Avossa. Ne ha facoltà.

EVA AVOSSA (PD). Grazie Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Centinaio, per troppi anni l'agricoltura contadina ha rivestito un ruolo marginale nel dibattito politico parlamentare. Il nuovo testo approvato in Commissione, che reca disposizioni per la sua tutela e valorizzazione, ne celebra il giusto riscatto valoriale ed economico, smentendo clamorosamente gli analisti che ne avevano pronosticato la scomparsa. L'agricoltura contadina oggi rappresenta la forma di coltivazione più diffusa nel Paese, essendo praticata su piccola scala e per lo più attraverso una gestione di tipo familiare, può essere definita un modello di sostenibilità ambientale; un'agricoltura orientata all'autoconsumo e alla vendita diretta, che ha il merito cruciale di proteggere la terra, un tesoro prezioso che abbonda nelle aree più economicamente svantaggiate e marginali del nostro Paese; un'agricoltura che, specie in collina e in montagna, salvaguardando le risorse del territorio, mantiene vivo e attivo quel bagaglio di tradizioni destinato - ahimè - a dissolversi.

Per tutelare e valorizzare l'agricoltura contadina, occorre mitigare un rischio importante: lo spopolamento delle zone periferiche di pianura e periurbane delle aree interne, montane e collinari. La crisi economica ha accelerato il fenomeno dell'emigrazione interna; per contrastare e prevenire un trend in costante crescita, occorre puntare alla creazione di opportunità di sviluppo sul territorio. Penso soprattutto al Sud, al mio Sud, una terra fertile a cui la natura ha destinato infinite risorse. Il nostro impegno deve essere quello di trasmettere il messaggio, ai giovani in particolare, che esiste un futuro al di là delle difficoltà, che ci sono i mezzi - mai come oggi -, che ci sono gli spazi, perché l'obiettivo di individuare, recuperare e utilizzare i terreni agricoli abbandonati, libererà l'iniziativa e la creatività. Il riscatto sociale ed economico non può, infatti, prescindere dalla valorizzazione delle risorse. Promuovere l'agricoltura contadina, in tal senso, è un passo prioritario da compiere, perché guarda alla micro impresa, all'associazionismo, al contadino che cura ogni giorno il suo fondo. Tra le finalità di questa legge vi è l'impegno di agevolare la conoscenza di modelli di produzione agroecologica sensibili alla salvaguardia dei terreni, alla biodiversità animale e vegetale, alla qualità delle produzioni agricole, al rispetto e alla protezione del suolo. Sono temi da diffondere nelle scuole e nelle università, con campagne di informazione e specifici programmi educativi e di formazione. Particolare attenzione va riservata in ambito didattico al ruolo degli ITS: gli Istituti tecnici superiori a vocazione agricola possono fungere da luogo ideale per la formazione dei giovani nel guidare la fusione tra istruzione, alta formazione ed esperienza pratica. Un ciclo formativo in grado di destinare competenze specialistiche necessarie e professionalizzanti. Gli agricoltori contadini del domani saranno in tal modo i primi ambasciatori di una nuova comunità virtuosa, all'interno della quale la sostenibilità degli insediamenti delle attività umane sarà il collante, tra aziende agricole e contadine, famiglia, economia e territorio. Come ho già ricordato all'inizio del mio intervento, l'agricoltura contadina ha svolto un ruolo fondamentale anche nella salvaguardia e messa in sicurezza del territorio. L'Italia è un Paese tremendamente fragile dal punto di vista idrogeologico: il 90 per cento circa dei comuni italiani appartiene ad area di alta vulnerabilità; più del 16 per cento rientra nelle classi a maggiore pericolosità per frane ed alluvioni; sono dati inconfutabili, che certificano come la mancata cura del suolo può comportare gravi ripercussioni per l'ambiente e la popolazione. A tal riguardo, la proposta di legge in materia di agricoltura contadina punta a disciplinare la gestione dei terreni coltivati, a qualsiasi titolo dalle aziende agricole contadine, demandando alle regioni la possibilità di un loro censimento al fine della migliore conservazione del suolo. Le stesse aziende agricole, attraverso la sottoscrizione di un protocollo d'intesa, possono essere chiamate ad effettuare opere di manutenzione e di salvaguardia idrogeologica e paesaggistica nell'ottica di riconoscimento del loro ruolo di presidio del territorio. Discorso a parte meritano i cosiddetti terreni incolti ed abbandonati che, proprio per il loro stato di incuria e degrado, sono potenzialmente più colpiti dalle calamità naturali o eccezionali avversità atmosferiche. La proposta di legge interviene sul tema prevedendo che le regioni, sulla base dei dati forniti dalle banche delle terre esistenti, possano assegnare i terreni incolti o abbandonati da almeno cinque annate agrarie. Una possibilità importante, che mira da una parte ad arricchire la realtà agricola locale, dall'altra a riqualificare e tutelare il patrimonio paesaggistico esistente. Pur escludendo l'assegnazione della proprietà del terreno per usucapione, il richiedente potrà aprire la sua azienda agricola previa presentazione di un progetto redatto sul focus della futura attività. In presenza di più richieste per lo stesso fondo, la preferenza sarà assegnata al titolare under 40 o alle aziende che prevedono una conduzione al femminile. Un segnale concreto, quest'ultimo, rivolto a quelle fasce maggiormente colpite dalla crisi economica e occupazionale in piena pandemia. Nell'ottica di una mappatura territoriale esaustiva, i comuni sono chiamati alla ricognizione almeno biennale del catasto dei terreni, allo scopo di individuare per ciascuna particella catastale proprietari e titolari dei diritti reali sui terreni silenti. Ove non fosse possibile rintracciare i soggetti interessati, l'amministrazione procede, direttamente o delegando i proprietari vicinali, alla conservazione del bene, allo scopo di garantirne controllo, sicurezza, manutenzione e decoro. Se penso alle realtà locali e alla frammentazione persistente dei territori montani, l'agricoltura contadina può e deve rappresentare un volano di sviluppo occupazionale attraverso la valorizzazione dei terreni, incentivare l'associazionismo tra soggetti che praticano l'agricoltura e l'attività forestale; inoltre, è un'arma in più a disposizione dei comuni, singoli o associati. Onorevoli colleghe e colleghi, consentitemi di sottolineare il ruolo avuto dalle donne nell'agricoltura contadina. Nonostante abbiano svolto un ruolo di argine allo spopolamento e l'impoverimento delle aree rurali del Paese, si sono fatte carico di grandi responsabilità in assenza di garanzie e tutele legislative; a fari spenti, hanno saputo dividersi tra la fatica nei campi e la gestione della famiglia. Le donne sono motore e leva economica nell'agricoltura contadina ed è a loro che le nuove politiche devono guardare per il rilancio del territorio nella piena attuazione del Piano di ripresa e resilienza. La proposta di legge che portiamo avanti risponde all'obiettivo di promuovere il loro lavoro cancellando una disparità di genere che ha imperato in questo settore. Del resto, i numeri parlano chiaro: le donne rappresentano il 30 per cento circa della forza lavoro agricola nazionale, tuttavia solo in casi sporadici figurano al comando formale delle loro aziende.

Da qui la mia contentezza, come donna, per l'approvazione di una legge che premierà le eccellenze in rosa e lo sviluppo di progetti orientati alla sostenibilità e alla multifunzionalità. Sono convinta che il loro apporto risulterà fondamentale perché è con la loro creatività e con la loro caparbietà che stanno fiorendo iniziative in tutto il territorio nazionale. Ho già ricevuto - come penso tutti voi - in tal senso molte testimonianze e ciò mi induce a sperare che questa sia la strada giusta per avvicinare le nuove generazioni a temi cruciali, come la salvaguardia dell'ambiente e la tutela del territorio. L'istituzione della giornata nazionale dedicata alla cultura e alle tradizioni dell'agricoltura contadina, individuata nel giorno 11 novembre, è il giusto onore che la Repubblica deve riconoscere a una leva di sviluppo sociale ed economico per il Paese. L'occasione sarà utile, inoltre, per sollecitare momenti di riflessione e studio nelle scuole di ogni ordine e grado. Ciò che mi sento di garantire è che la sensibilità dei nostri alunni e dei nostri docenti sta crescendo in questi ultimi anni, grazie a iniziative sperimentali come gli orti didattici; la richiesta di “progetti green” nelle scuole è in costante aumento. In tal senso, l'istituzione della Rete italiana della civiltà e delle tradizioni contadine rappresenta un ulteriore salto di qualità, che consentirà di aprire una finestra sul mondo di tutte le attività connesse all'agricoltura. La memoria va salvaguardata e la cultura contadina, con le sue tradizioni e testimonianze locali, rappresenta un patrimonio da custodire e da tramandare di generazione in generazione. Concludo, sottolineando il valore dell'attesa, il saper aspettare, tutte azioni che fanno capo ad alcuni principi essenziali, che prendiamo a prestito dal grande contenitore che è l'agricoltura. Un concetto di fondamentale importanza, su cui si fonda il principio per cui non si può avere tutto e subito ma l'attesa di eventi e cose è l'essenza stessa della vita, poiché c'è un tempo per seminare e uno per raccogliere (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cunial. Ne ha facoltà.

SARA CUNIAL (MISTO). Grazie, Presidente. Sono qui, oggi, come orgogliosa portavoce della Campagna per una legge sull'agricoltura contadina, che da dieci anni lavora con costanza per questo fondamentale riconoscimento, perché l'agricoltura contadina non è solo un'attività economica, è una scelta di vita, ingiustamente remunerata ma altamente dignitosa, nel pieno rispetto della biodiversità naturale, umana e intellettuale e nella celebrazione costante del rapporto, mai duale, tra uomo e madre terra. È resilienza, fatta da pratiche agroecologiche rispettose dell'ambiente, da pratiche economiche e sociali vicine ai veri bisogni della popolazione; è resistenza e lotta contro una visione produttiva e della distribuzione del cibo legata a modelli che generano tante sindemie; è superare il ricatto occupazionale nella dignità di oltre 800.000 aziende agricole in Italia, fornitrici della maggior parte del cibo di qualità; è dare una giusta centralità all'agricoltura, che deve cessare di essere usata come mera merce di scambio politico e commerciale e fornire a tutte e a tutti cibo di qualità a prezzi sostenibili, rispettando i territori, l'ambiente, le risorse naturali e dando una vita dignitosa ai milioni di persone legate al mondo rurale; è comunità equa ed equilibrata, basata sui principi di giustizia sociale e climatica, perché più lenta, forse, a dare profitti ma che garantisce un futuro per tutti e tutte, con risorse mai regalate, ma sempre condivise e tramandate; è lungimiranza nell'assistere la natura ed interagire con gli ecosistemi, perché basata sul lavoro competente, anziché sul capitale, sulla manualità attenta, più che sulla meccanizzazione, sulle policolture, sulla diversità e non sulle monocolture, sul mantenimento della salute del suolo e non sulla chimica di sintesi; è costanza e coraggio di conoscere e proteggere l'alchimia della vita e la sua biodiversità anche dai modelli di transizione che vogliono equiparare ecologia e tecnologia, condannandoci a sprofondare ancora di più in un'iniqua insostenibilità economica e ambientale. I diritti degli agricoltori “contadini “sono diritti umani inalienabili, che oggi in quest'Aula trovano finalmente il giusto e doveroso riconoscimento (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Spena. Ne ha facoltà.

MARIA SPENA (FI). Grazie, Presidente e sottosegretario. Giunge finalmente qui, in Aula, questo testo unificato di proposte di legge sull'agricoltura contadina, oggetto di un articolato dibattito in Commissione. Fino ad oggi, questo modello produttivo è stato considerato marginale e molti pensavano che fosse destinato a scomparire, anche in virtù del processo di modernizzazione dell'agricoltura. Ma non è stato così perché questo tipo di agricoltura, ancora forse considerata poco produttiva, arretrata e marginale, invece è molto diffusa in Italia. In gran parte, coincide con quella che è l'agricoltura familiare, che è ritornata al centro di un intenso dibattito, stimolato anche dall'anno internazionale ad essa dedicato dalle Nazioni Unite nel 2015. In Italia, abbiamo un'importante industria agroalimentare, particolarmente orientata verso l'esportazione, che rappresenta il nostro Paese, il nostro made in Italy. Ci sono però anche delle piccole aziende agricole le quali, grazie a questo carattere fortemente territoriale, sono capaci di realizzare prodotti che rappresentano sicuramente il valore gastronomico e culturale, quindi dei prodotti di eccellenza e spesso inimitabili. L'agricoltura contadina consente, infatti, di produrre in modo biologico e sostenibile e rappresenta il sostentamento di innumerevoli piccoli agricoltori, i quali, con il loro lavoro nei campi, salvaguardano e valorizzano la completezza del nostro sistema agroalimentare. Questa proposta ha il merito di inserirsi anche all'interno di una svolta verde dell'Unione europea, avendo come riferimento la FAO. Il dibattito proveniente da movimenti contadini dei nostri territori è giunto alla nostra attenzione ed ora possiamo finalmente approvare una legge che disciplini in modo specifico la condizione di questi agricoltori, considerando il sostantivo “contadino” come un titolo di vanto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Nel testo sottoposto all'esame si evidenziano e si tutelano in modo ancora più forte i sistemi di produzione locali di eccellenza, che favoriranno il recupero, la conservazione e l'ulteriore sviluppo della biodiversità e soprattutto la cura del territorio. Lì dove è possibile, dobbiamo recuperare i terreni attualmente incolti per farli ritornare ad essere produttivi. Negli anni passati questo è mancato, causando i danni che noi ben conosciamo, soprattutto quando si tratta di rischio idrogeologico. Infatti, il rischio idrogeologico non è imputabile soltanto al mutamento climatico ma anche alla scarsa manutenzione dei territori, appunto causata anche dall'abbandono delle coltivazioni. Poter sostenere forme virtuose di agricoltura contadina comporterà anche questo vantaggio, quello di limitare i danni causati dal maltempo. E poi, i giovani: questo testo prevede anche la possibilità di far avvicinare le giovani generazioni all'agricoltura, favorendo così la trasmissione di conoscenza, saperi ed aggiungerei anche sapori. In un momento in cui il ritorno in agricoltura è un fenomeno, non solo in atto, ma anche ben visibile, la disciplina dell'agricoltura contadina favorirà l'accesso alla terra di questi giovani vogliosi di lavorare per cambiare anche il proprio stile di vita. Noi stiamo approvando una legge che può favorire una maggiore attenzione all'ambiente, al paesaggio, all'inclusione sociale, alla qualità della vita e, contemporaneamente, può creare anche reddito ed impiego, dare il riconoscimento e fare emergere pratiche e circuiti economici finalizzati all'autoconsumo e alle produzioni locali. Questo strumento sarà particolarmente importante per le aree interne e montane, in cui l'agricoltura e l'allevamento soffrono spesso vincoli fisico-spaziali, ambientali, socio-demografici ed infrastrutturali. Riconoscere giuridicamente l'esistenza dell'agricoltore “contadino”, con le proprie specificità, non significa proporre un quadro normativo che concede vantaggi e svantaggi a discapito della maggioranza, si tratta di tutelare le tante persone, milioni di persone, che ogni giorno devono confrontarsi con politiche pubbliche e quadri normativi complessi. Forza Italia ha partecipato con attenzione, attivamente ai lavori della Commissione, contribuendo alla formazione di un testo, che ritengo molto equilibrato. In particolare, ha proposto emendamenti per favorire la ricomposizione fondiaria e per rafforzare le disposizioni di contrasto all'abbandono dei terreni, ha introdotto la possibilità di affidamento dei terreni per svolgere l'attività di agricoltore “contadino”, esercitata anche sotto forma di cooperativa, purché costituita esclusivamente da soci lavoratori.

Si è riconosciuta agli agricoltori contadini la possibilità di utilizzare anche strumenti metodologici tradizionali e locali. È stato proposto, inoltre, di tutelare la produzione degli agricoltori e contadini, compresi i prodotti del bosco, riconoscere loro il fondamentale compito di curare il mantenimento delle varietà vegetali e animali locali, nonché delle relative tecniche di coltivazione; riservare alle aziende agricole e contadine una quota di posteggi per la vendita diretta realizzata da piccoli comuni, facilitando la vendita di prodotti sani e naturali.

Dunque, noi abbiamo creduto a questa proposta di legge. È una realtà, quella contadina, quella produttiva, di un'Italia che vogliamo assolutamente preservare e, quindi, noi saremo attivamente presenti e daremo il nostro contributo qui, nel dibattito nei prossimi giorni in questa Aula (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Acunzo. Non è presente, si intende che abbia rinunciato.

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Testo unificato - A.C. 1825​-1968​-2905-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il deputato relatore, Pignatone, se lo ritiene. Non lo ritiene.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, se lo ritiene. Non lo ritiene.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Meloni ed altri n. 1-00391 concernente iniziative normative a tutela del pluralismo delle fonti di informazione (ore 10,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Meloni ed altri n. 1-00391 (Nuova formulazione) concernente iniziative normative a tutela del pluralismo delle fonti di informazione (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.

È iscritto a parlare il collega Mollicone, che illustrerà anche la mozione Meloni ed altri n. 1-00391 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la mozione a prima firma Giorgia Meloni, che oggi inizia il proprio iter in Aula, chiede al Governo di: adottare con urgenza le iniziative legislative necessarie per evitare un vuoto normativo su un principio cardine della democrazia, che è quello del pluralismo delle fonti di informazione, costituzionalmente garantito; considerare, in detto intervento legislativo, le mutate condizioni di mercato con la presenza sempre più rilevante delle diverse piattaforme digitali multinazionali; porre in essere tutte le iniziative legislative volte a scongiurare il rischio di colonizzazione culturale straniera e di marginalizzazione della produzione identitaria nazionale; accelerare, come da delega al Governo, il riordino del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici attraverso l'emanazione di un nuovo Testo unico dei servizi di media digitali, da adottare, come già previsto, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Facciamo un po' di chiarezza: la Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza su Vivendi, ha potenzialmente smantellato l'intero impianto normativo nazionale a tutela del pluralismo informativo, così come concepito dal legislatore italiano e disciplinato dall'articolo 43 del Testo unico. Gli effetti della pronuncia del giudice europeo possono avere impatto sull'intero sistema delle comunicazioni, prestandosi a possibili interventi strumentali da parte dei più importanti operatori, anche internazionali, sia nel settore delle comunicazioni, sia in quello dei servizi di media audiovisivi, esponendo l'informazione e l'intera economia italiana a possibili scorrerie che potrebbero ricomprendere anche il settore dei giornali, disciplinato, per la tutela del pluralismo informativo, dallo stesso articolo 43 del Testo unico: un'alterazione delle strutture e del funzionamento dei diversi comparti della comunicazione, che finirebbe per non essere sottoposta al sistema dei controlli e dei divieti previsti dalla vigente normativa a tutela di valori e di principi fondamentali per il nostro ordinamento.

Riteniamo, a fronte anche delle norme transitorie introdotte, rappresentante del Governo, che per ovviare alla lacuna sia improcrastinabile un intervento urgente del legislatore, considerato che, in un futuro prossimo, i principali soggetti regolati nel settore media e TLC avranno l'occasione di concorrere per prendere parte a importanti scelte strategiche, aventi un sicuro impatto sull'evoluzione tecnologica: su tutte, l'infrastruttura della rete unica in fibra ottica, attualmente in discussione, che il Governo, eludendo, direi, gli impegni approvati in Aula con una mozione di Fratelli d'Italia, sembra avere del tutto abbandonato.

Senza tralasciare, poi, il tema del peso dei cosiddetti over the top, le grandi multinazionali, le grandi Nazioni digitali che, di fatto, stanno creando una nuova geopolitica digitale rispetto ai contenuti di informazione, con le conseguenti ricadute sul pluralismo dei media anche in termini di colonizzazione culturale e di marginalizzazione della produzione identitaria nazionale ed europea, oltre che al tema della libertà di espressione.

È di questa mattina la notizia che la Corte europea - colleghi, avrete letto i giornali - ha garantito ad Amazon di evitare il versamento di 250 milioni di tasse, cosiddette non dovute. Anche per questo Fratelli d'Italia chiede, come in una mozione presentata, di esprimere parere favorevole sulla proposta statunitense di riforma che prevede la global minimum tax su scala mondiale, per porre fine ai paradisi fiscali e alle pratiche elusive che creano disparità di condizioni e, di fatto, concorrenza sleale; e quindi non solo sulle piattaforme digitali, che sono ovviamente al centro anche di questa mozione, ma in generale anche per certi grandi gruppi nazionali, che erano nazionali, ma che poi si sono trasferiti mantenendo i benefici qui in Italia, come ad esempio il gruppo Exor, e magari invece la residenza fiscale altrove.

È un tema, anch'esso, che agevola di fatto il pluralismo. Il Sistema integrato delle comunicazioni, il cosiddetto SIC, vale 18,4 miliardi di euro, pari all'1,4 per cento del PIL nazionale. Nella legge di delegazione europea abbiamo seguito altri sviluppi: l'articolo 3, ad esempio, prevede che, nell'esercizio della delega, il Governo dovrà riordinare le disposizioni del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, il TUSMAR, appunto, adeguando le disposizioni e definizioni, comprese quelle relative ai servizi di media audiovisivi e ai servizi di piattaforma per la condivisione di video, alla luce dell'evoluzione tecnologica e di mercato.

Chiediamo, quindi, che il Governo, nella redazione dei decreti delegati, voglia dedicare particolare attenzione alle piattaforme web, oggi meno regolamentate, e quindi agli OTT, rendendo, di fatto, omogeneo il trattamento legislativo e regolatorio della fornitura di contenuti, a prescindere dalla piattaforma impiegata per la diffusione. Ne va sia della sicurezza dei minori, dato che ormai è sulla rete che si trovano i contenuti più pericolosi, che della concorrenza tra operatori tradizionali e piattaforme digitali. Ne va, ovviamente, della difesa di tutta la filiera dell'editoria e del circuito radio e TV nazionali, RAI in testa; in particolare, va segnalata la ridefinizione del cosiddetto level playing field, di cui alla lettera e), che uniforma editori radiotelevisivi e OTT sul mercato della pubblicità.

L'articolo 8 reca i principi e criteri direttivi per l'attuazione della cosiddetta direttiva SAT-CAB, che stabilisce norme sull'esercizio del diritto d'autore e diritti connessi, volte a promuovere la fornitura transfrontaliera di trasmissioni online e la ritrasmissione di programmi televisivi o radiofonici effettuata da soggetti diversi dall'emittente iniziale. Ovviamente, colleghi, la “direttiva Copyright” che rappresenta l'entrata nel Rinascimento per la creatività italiana, è di fatto necessaria per introdurre l'obbligatorietà della negoziazione fra OTT e operatori del mercato, e sappiamo che su questo, con i colleghi della maggioranza - almeno quelli più attenti, vedo il collega Sensi, il collega Casciello e il collega Fiano - possiamo avere, e abbiamo avuto in passato, una trasversalità, che speriamo venga confermata, perché a me alcune riflessioni interne, alcune fonti interne, dicono che, invece, ci sono degli uffici apicali del MiC, che sembrerebbero non essere allineati esattamente su questa linea, che è quella del Parlamento e, quindi, del Governo.

Auspichiamo, come dagli ordini del giorno approvati, che il decreto legislativo di recepimento della “direttiva Copyright” voglia specificare che gli editori debbano essere tutelati, prevedendo un meccanismo di negoziazione obbligatoria tra le parti interessate - OTT da un lato ed editori dall'altro - anche attraverso le associazioni di categoria maggiormente rappresentative.

Auspichiamo, inoltre, che individui una quota adeguata di proventi che gli editori devono percepire e che in caso di mancato accordo in un termine prestabilito fra gli editori, anche attraverso le associazioni di categoria maggiormente rappresentative e gli OTT, intervenga di fatto l'autorità di settore a definire le condizioni, anche economiche, della utilizzazione dei contenuti da parte delle piattaforme digitali.

Colleghi, da sempre Fratelli d'Italia è a favore del pluralismo dell'informazione, che passa da un'infrastruttura solida di sostegno al controllo nazionale. Sin dall'inizio della legislatura abbiamo promosso in VII Commissione, che, ricordiamo, tratta anche i temi dell'editoria e dell'informazione, una particolare attenzione per l'editoria anche audiovisiva. Penso al credito d'imposta per gli investimenti pubblicitari incrementali sulla stampa quotidiana e periodica e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, su cui vincemmo una bella battaglia; alla necessità di aiutare la transizione digitale radiofonica, il cosiddetto DAB, e anche qui ci siamo schierati contro i colossi dell'automotive, che si opponevano, per questioni di magazzino rispetto alle auto già prodotte, ad adeguare il DAB nelle nuove vetture. Lo abbiamo chiesto in ogni provvedimento. In pandemia, per il credito d'imposta sulla carta, per il regime di forfettizzazione delle rese, per più fondi per le emittenti locali, che sono anche il vero sale del pluralismo territoriale. Ci siamo anche riusciti, e penso alla battaglia trasversale su Radio Radicale, che oggi ancora trasmette questo intervento e probabilmente per qualcuno della maggioranza questo non sarebbe dovuto più accadere, o ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Certo ci saremmo aspettati una specifica linea di intervento per il settore editoriale, come ci saremmo aspettati che la linea di intervento Transizione 4.0 per le PMI potesse integrare più fondi rispetto ai 18 miliardi, dato il ruolo trasformativo che dovrebbe avere il Piano. L'editoria, sia essa radiofonica, televisiva e digitale, di qualità in Italia raggiunge ogni mese il 75 per cento della popolazione, una platea di circa 40 milioni di individui che la scelgono e l'acquistano. Gli stessi investimenti pubblicitari globali si spostano dai media tradizionali alle piattaforme online. È ora di affrontare il tema per salvaguardare la libertà di espressione, la creatività italiana e certamente i posti di lavoro. Colmare, quindi, lacune normative di questa portata è importante anche per la principale azienda culturale nazionale, la Rai. Colleghi, il progetto ITsArt parte di fatto claudicante, con un modello di vendita superato, che difficilmente attirerà una platea universale abituata ormai all'abbonamento a forfait. Ancora non parte e ci sono già delle difficoltà. Già Fratelli d'Italia promosse, in due atti di indirizzo della Vigilanza Rai, votati all'unanimità, la creazione di una piattaforma in partnership pubblico-privato che potesse competere con gli OTT, RaiPlay Plus la definimmo negli atti, partendo appunto da RaiPlay e integrando contenuti di operatori nazionali e di produttori indipendenti nazionali. Chiediamo ancora oggi, dopo essere riusciti a far bocciare con solo due voti, grazie alla presenza di Fratelli d'Italia, una risoluzione della Vigilanza a favore di ITsArt, che l'azienda pubblica e il Governo seguano questo indirizzo espresso all'unanimità due volte dal Parlamento. Ci sono casi di successo, come Salto, dove partecipa la TV di Stato francese, a pagamento integrativo, esattamente come Netflix, o BBC iPlayer, a completa fruizione gratuita di tutti i contenuti che la BBC, pubblici e privati, aggrega. Quindi, potrebbe essere forse il modello di riferimento.

Si segua uno o l'altro tra questi modelli, ma, come si vede nel contesto europeo, è possibile e ci sono casi di successo. Grazie a Fratelli d'Italia, quindi, è stata inoltre non approvata, appunto, come raccontavamo, questa risoluzione, e quindi forse il Ministro Franceschini e la Ministra Ascani - non so che carica abbia esattamente, sottosegretaria, ecco, la sottosegretaria Ascani, la vorrei sempre Ministra, evidentemente è un auspicio - penso che se ne debbano comunque occupare, come si devono occupare, visto che è arrivata adesso, il suo collega era al telefono, della transizione digitale per l'editoria, e su questo la incalzeremo, anche se non è uno specifico tema suo, ma è di competenza del suo Ministero.

Colleghi, come ha chiesto Giorgia Meloni in questa mozione, vanno adottate con urgenza iniziative legislative necessarie per evitare un vuoto normativo su un principio cardine della democrazia, che è quello del pluralismo delle fonti di informazione, costituzionalmente garantito. Ne va della democrazia e dello sviluppo della Nazione. Ad oggi, infatti, non conosciamo gli sviluppi al MiSe, dopo l'uscita di Patuanelli. Il cambio di Governo ha portato cambi di priorità, evidentemente, ma gli operatori hanno bisogno di un quadro regolatorio certo. Fratelli d'Italia è opposizione patriottica, come abbiamo dimostrato più volte anche votando gli scostamenti, e anche in questo caso lo dimostriamo. Per cui, sottosegretaria Ascani, le lanciamo questo appello in chiusura a valutare questa mozione non semplicemente come atto di opposizione, ma come proposta per dare un quadro di certezze a tutti quegli operatori e soprattutto ribadire e difendere la sovranità digitale in tutta la filiera audiovisiva, radiotelevisiva e di editoria nazionale che oggi è preda degli squali del mercato mondiale delle piattaforme digitali, che sono diventate vere e proprie Nazioni, che non rispettano la libertà di espressione, che trattano i cittadini digitali come sudditi, e su questo presenteremo presto una nostra legge quadro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capitanio. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO CAPITANIO (LEGA). Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Ascani, il tema che affrontiamo oggi in Aula è fondamentale per la sopravvivenza della nostra democrazia. Libertà e verità sono valori che mai come in questo momento sono messi a rischio di sopravvivenza dall'ecosistema digitale dell'informazione e del consumo in cui ci troviamo a vivere. Parliamo spesso di libertà, di pluralismo, di libertà di espressione, ma il recente incidente che ha coinvolto la più importante azienda culturale italiana, che è la Rai, in occasione del concerto del primo maggio, con la colossale bufala, invenzione, manomissione della verità da parte di uno degli ospiti del concerto, poi trasformata e data in pasto a tantissime generazioni come verità assoluta sul rispetto della pluralità delle idee, ha dimostrato come il confine oggi tra verità, tra messaggio e tra l'imposizione di una dittatura dei like siano temi che debbano essere affrontati in maniera seria, adeguata, anche adeguando il quadro regolatorio alla nostra attualità. Ci sono delle leggi antiche, delle leggi vecchie, che devono tenere conto della velocità e della capacità di attenzione che abbiamo sviluppato in questo periodo. E quindi, quando si parla oggi di pluralismo, di rispetto delle verità e libertà costituzionali, è chiaro che sia una priorità quella di imporre nell'agenda politica del nostro Paese un'educazione alla cittadinanza digitale che parta dai giovani, ma che non può trascurare tutte le fasce di età. Quando parliamo di pluralismo dell'informazione, oltre al dibattito sacrosanto sui principi costituzionali e sul quadro regolatorio, dobbiamo immaginare un sostegno vero ed efficace al comparto dell'editoria, ricordando la forte crisi che ha investito l'editoria tradizionale, quella cartacea, non trascurando un sistema fondamentale come quello radiofonico, che si sta sempre più trasformando in servizio radiotelevisivo. Non si può trascurare il sistema dell'editoria locale e dei tanti piccoli editori che, sì, garantiscono oggi una pluralità di informazione, nonché un racconto quotidiano della nostra identità nazionale e locale. Quando si parla di pluralismo dell'informazione diventa fondamentale affrontare il tema della falsa informazione, delle cosiddette fake news, senza che nel corso di questo dibattito si costituiscano, come la Lega ha già avuto modo di dire in occasione del percorso di legge per la costituzione di una Commissione sulle fake news, dei nuovi tribunali della verità, per stabilire, sulla base di un algoritmo, cosa si possa dire e cosa non si possa dire, quale sia la verità o piuttosto la post verità.

È ovvio che quando si parla di pluralismo dell'informazione bisogna ricordare il ruolo fondamentale dell'Ordine nazionale dei giornalisti, perché il dibattito su cosa sia l'informazione e sui contenuti da veicolare non può prescindere da un'istituzione fondamentale per il nostro Paese. Infatti tutti possono esprimere liberamente la propria espressione, ma, ovviamente, non dobbiamo andare incontro a un dibattito anarchico su chi sia poi il veicolatore di certi contenuti. Quindi, sarà fondamentale, nel rispetto anche degli utenti e dei cittadini, allegare a questo dibattito il tema della nostra identità digitale, per cui la Lega ha presentato un progetto di legge, perché si torni a inserire in Costituzione - si arrivi a inserire in Costituzione - questo tema fondamentale della tutela della nostra identità digitale come cittadini depositari di diritti che non sono più quelli delle origini della nostra Carta costituzionale. La Costituzione italiana e la legislazione in materia di radiotelevisione, stampa e concorrenza nel mercato sono molto rigide già oggi sul tema del pluralismo delle fonti. È un concetto cardine attorno al quale si fonda tutta la legislazione, anche in campo di antitrust. La libertà di informazione, espressamente prevista e tutelata dall'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, rappresenta un'estensione del concetto più generale di libertà di parola e di espressione. Riconosciuto normativamente per la prima volta con la Costituzione statunitense del 1787, tale diritto si collega intrinsecamente all'identità politica, religiosa e culturale del singolo e di ogni Nazione ed è, pertanto, affermato, sia a livello nazionale che sovranazionale, quale emblema dei diritti di libertà. Anche la Costituzione italiana, come è noto, riconosce espressamente la libertà di espressione all'articolo 21, che garantisce a tutti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Tale norma, unitamente a tutte le ulteriori e specifiche disposizioni a tutela della stampa quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora insostituibile, riconosce un interesse generale della collettività all'informazione, intesa come servizio di pubblico interesse. Il pluralismo è un concetto legato alla necessità di garantire una scelta fra molteplicità di fonti di informazione (e attenzione, perché l'accesso a una pluralità di canali informativi non sempre è strettamente collegato alla garanzia di questo diritto). In particolare, in ragione della diretta connessione tra democrazia e informazione, grande attenzione è stata dedicata al perimetro e alle garanzie di quest'ultima e al suo spazio anche in mass media, come la televisione, che presentano una caratterizzazione mista, con un'ampia presenza di programmi di intrattenimento e di approfondimento.

Nella costruzione dell'articolo 21 della Costituzione, hanno influito 2 diverse concezioni in materia di diritti: l'una, la principale, mira a esaltare l'aspetto attivo di questa situazione giuridica soggettiva, della quale è garantito l'esercizio contro ogni intervento dei pubblici poteri e dei privati volto a impedire o anche solo a limitare il diritto di comunicare coi propri simili, di discutere con loro, sostenendo le proprie idee in quello che è stato definito uno “spontaneo e fecondo contraddittorio” tra opinioni; la seconda concezione, che pure emerge dal dettato costituzionale, seppure in modo più sfumato, si presenta, invece, attenta a cogliere e valorizzare anche la dimensione partecipativa del diritto di manifestazione del pensiero. Con l'avanzare della tecnologia, le piattaforme digitali hanno dimostrato un sempre maggior impatto sulla produzione e sul consumo di informazione, rendendo ancora più pregnante la tutela del pluralismo politico, sociale e culturale, nonché la salvaguardia dell'informazione come servizio di interesse generale. Il ruolo del pubblico, oggi, è mutato, passando da una situazione di soggezione, sovente sollecitata dall'intrattenimento, a una posizione molto più attiva e partecipativa.

Il semplice uso di un cellulare smartphone è in grado di trasformare chiunque in autore di contenuti audiovisivi mediante la registrazione di fatti veri o la rappresentazione di opere di fantasia e vario ingegno (e, a volte, questi due settori, purtroppo, si intersecano). A questa facilità di produzione a bassissimo costo, si è poi associata l'altrettanto agevole possibilità di mettere in onda tali documenti mediali, raggiungendo un pubblico ormai globale. I più importanti corollari della libertà di espressione, i principi del free speech e del free marketplace of ideas, si trovano a doversi confrontare con quella che oggi sovente si definisce post-verità.

Gli algoritmi impiegati dai motori di ricerca e dagli Internet service provider, che costruiscono una gerarchia di contenuti visualizzabili dall'utente tramite filtri miranti a intercettare le particolari preferenze personali, hanno messo in crisi il concetto di pluralismo. Esso rivestiva in epoca liberale un ruolo centrale nel processo di formazione dell'opinione pubblica, individuandosi, nella molteplicità delle fonti e anche delle opinioni, l'argine necessario al dilagare di pericolosi fenomeni di propaganda. Così i social network - e con essi l'incontrollabilità dei flussi di informazione organizzati con tecniche algoritmiche - sembrano porsi in rotta di collisione con lo stesso principio di democrazia. Tale connotazione pubblicistica fa sì che il diritto all'informazione debba risultare caratterizzato, sia dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie, sia dall'obiettività e dall'imparzialità dei dati forniti, sia, infine, dalla completezza, dalla correttezza e dalla continuità dell'attività erogata, come stabilito dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 155 del 2002. La Corte costituzionale ha sottolineato che il pluralismo delle fonti di informazione costituisce un presupposto indispensabile per l'attuazione, a ogni livello, centrale o locale, della forma propria dello Stato democratico. In effetti, la democrazia richiede pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime e assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee. Di qui, il valore centrale del pluralismo in un ordinamento democratico e la necessità di un intervento dello Stato volto a garantire l'effettiva realizzazione di tale principio. La giurisprudenza costituzionale sul pluralismo informativo si è formata in un contesto di scarsità delle risorse trasmissive. La rivoluzione digitale ha, però, profondamente mutato il quadro di riferimento. La moltiplicazione delle piattaforme trasmissive consente ormai la diffusione di un numero tendenzialmente illimitato di contenuti informativi. Si deve, quindi, ritenere che, oggi, non siano più necessari interventi dello Stato volti a garantire e a promuovere il pluralismo informativo (noi, ovviamente, riteniamo che sia assolutamente necessario un intervento dello Stato). La rivoluzione digitale non esclude che si possano formare situazioni di concentrazione e di dominanza nella diffusione di contenuti informativi tali da consentire a uno o a pochi soggetti di influenzare e alterare il corretto svolgimento del dibattito politico (e i recenti episodi nelle elezioni statunitensi hanno dato un pericoloso campanello d'allarme su questa situazione). In secondo luogo, le sempre più sofisticate tecniche di controllo e di gestione dei dati consentono interventi volti a limitare la parità di accesso e di utilizzo della rete da parte dei fornitori di contenuti.

In definitiva, per assicurare la tutela e la promozione del pluralismo informativo del mondo di Internet, non ci si può limitare a una meccanica applicazione delle regole previste per i media tradizionali. Per evitare che la rete, da strumento al servizio del pluralismo e della democrazia, possa trasformarsi in una minaccia per tali valori, è necessaria un'apposita regolamentazione. Tale regolamentazione non potrà basarsi sulla semplice trasposizione al mondo di Internet di strumenti pensati per garantire il pluralismo dei media tradizionali. Occorre una nuova disciplina diretta a preservare il carattere tendenzialmente libero e aperto della rete e, soprattutto - lo ribadiamo -, sono necessari strumenti di formazione e di cultura digitale, perché i cittadini, a partire dalle più tenere fasce di età, possano approcciarsi a questo mondo in maniera consapevole e formata e non schiavi di un algoritmo digitale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marco Di Maio. Ne ha facoltà.

MARCO DI MAIO (IV). Grazie, Presidente. Quando parliamo di pluralismo dell'informazione, parliamo di uno dei pilastri della qualità di una democrazia e, quindi, è un argomento che va trattato con la massima attenzione e con la massima consapevolezza da parte del Parlamento. Noi, in Italia, non partiamo certamente da zero, però dobbiamo essere anche consapevoli dei problemi e delle criticità che devono essere affrontate, che sono criticità importanti, segnalate anche, ad esempio, dalla classifica sulla libertà di stampa, che ci colloca al quarantunesimo posto nel mondo e nelle ultime posizioni in Europa.

Partendo da questo assunto, credo che la discussione che dobbiamo mettere in campo credo debba porsi l'obiettivo di potenziare il pluralismo dell'informazione, facendo anche una distinzione tra ciò che è pluralismo dell'informazione e ciò che è comunicazione. Sono due aspetti completamente differenti: l'informazione si presume che sia qualche cosa che prevede una professionalizzazione, che prevede una formazione da parte di chi la fa, che prevede delle caratteristiche che sono assolutamente differenti da quelle della comunicazione. Credo che quando si tratta questo argomento si debbano considerare un po' tutti i pezzi che compongono e che concorrono a generare un corretto pluralismo dell'informazione; non è solo sistema audiovisivo, non è solo televisione, non è solo radio, soprattutto non è solo televisione e radio a livello nazionale ma è l'ampia rete di televisioni e radio locali, è l'ampia ampia rete di giornali e di testate giornalistiche, sicuramente nazionali ma, in particolare, locali, non solo quotidiane ma anche periodiche. Molto spesso, degli organi di informazione locale si parla solo quando, giustamente, per carità, c'è da discutere dei contributi per l'editoria. Però, noi credo dovremmo discutere anche di altri aspetti che riguardano la vita di queste aziende editoriali, perché il loro ruolo non è legato solo al dare informazioni, ma anche al costruire, al rafforzare e al trasmettere un senso di comunità, di appartenenza, di coinvolgimento della popolazione di quei territori sui quali insistono quei mezzi di informazione. Quindi, hanno anche un ruolo nel concorrere alla qualità della democrazia, alla qualità della vita in quelle realtà. Per cui, credo che sia una un mondo, quello dell'informazione locale, che meriti un'attenzione maggiore non solo dal punto di vista finanziario, ma anche dal punto di vista della considerazione istituzionale, che deve essere garantita.

Ovviamente, se parliamo di pluralismo dell'informazione dobbiamo parlare anche dell'informazione in rete, dell'informazione su Internet: è ormai una realtà ampiamente consolidata, un'abitudine quotidiana per milioni di italiani e per milioni di cittadini nel mondo, una realtà poco considerata quando si parla di pluralismo, nella quale è più difficile distinguere un'informazione professionale da un'informazione o da una comunicazione di altro tipo. È proprio per questo che una considerazione maggiore - questo è anche quello che proponiamo di aggiungere alla discussione ispirata dalla mozione di cui stiamo discutendo - va data anche a tutto il comparto dell'informazione online, perché ormai, lo ripeto e lo ribadisco, è una realtà consolidata nella quale lavorano migliaia di persone e, soprattutto, di cui usufruiscono milioni di nostri connazionali. Quindi, in questo penso si debba innestare anche il ragionamento di diffonderla. È un fatto molto positivo che il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ad esempio, si sia dato come obiettivo di arrivare, entro il 2026, a coprire con la banda ultra larga tutto il territorio nazionale e, quindi, a garantire una connessione ad alta velocità in tutto il territorio nazionale. Non è solo un aspetto economico, non è solo un aspetto ludico, non è solo un aspetto di servizio ma è anche un aspetto che concorre a favorire il pluralismo dell'informazione e, quindi, l'accesso ai mezzi di informazione che operano online e anche l'accesso ai mezzi di informazione online che possono operare e nascere nelle comunità locali.

Questa è una realtà che credo vada considerata con maggiore attenzione e non c'è solo il problema finanziario, non c'è solo il problema del rapporto con le grandi piattaforme digitali, rapporto sul quale si è innestata la positiva novità introdotta dagli accordi che Google ha fatto con molti editori per venire incontro a un modello di business che dia una mano agli editori di giornali online. Questa è una realtà che noi pensiamo e chiediamo di considerare in maniera maggiore.

Ovviamente, quando si parla di pluralismo dell'informazione non si può non parlare di RAI, non si può non parlare della principale azienda culturale del nostro Paese, come giustamente viene definita, non si può non ribadire il fatto che occorre al più presto procedere al rinnovo dei suoi vertici, dei vertici aziendali. Noi pensiamo occorra, al più presto, anche procedere a una sua riforma, di cui si parla da molto tempo. Sono stati fatti alcuni interventi negli anni ma serve sicuramente un intervento molto più radicale. A questo proposito, noi abbiamo depositato nelle scorse ore - lo abbiamo fatto al Senato - una proposta di legge che riprende, tra l'altro, una proposta fatta già nel 2007 durante la XV legislatura - all'epoca c'era il Governo Prodi - e che, ovviamente, andrà aggiornata con le evoluzioni che nel frattempo ci sono state; ma in termini di governance la consideriamo assolutamente attuale. L'esigenza è di rendere la RAI una vera industria culturale del Paese, dove la politica eserciti un ruolo marginale, per non dire che non ne deve esercitare; sicuramente, oggi è preponderante nella gestione del servizio, al netto del fatto che ci sono molti professionisti che svolgono bene il loro lavoro all'interno di quell'azienda. Non dobbiamo certamente fare anche qui di tutta l'erba un fascio, però è innegabile che sia necessaria una riforma della governance di questa azienda. Noi proponiamo l'istituzione di una fondazione che, ovviamente, salvaguardi l'interesse pubblico attorno alla gestione della RAI, ma che metta al centro la programmazione, che metta al centro la produzione di contenuti di qualità, che metta al centro la valorizzazione delle competenze che possono essersi formate e che si sono formate negli anni all'interno dell'azienda, che metta questa azienda nelle condizioni di essere un motore del pluralismo dell'informazione e non un terreno di spartizione tra le forze politiche di maggioranza, qualsiasi essa sia, che in quel momento è chiamata a determinare le nomine dei consigli di amministrazione, delle direzioni di rete e di tutta la catena di comando dell'azienda stessa. Quindi, ci auguriamo che questi tempi, nei quali riemerge la necessità di affrontare il tema del pluralismo, siano anche propizi per affrontare una riforma più complessiva della RAI.

Vado verso la conclusione dicendo che, a nostro avviso, per migliorare la qualità del pluralismo dell'informazione nel nostro Paese è importante porre l'attenzione e agire anche sul fronte della formazione dei professionisti dell'informazione e, aggiungo, sulla loro dignità. Abbiamo infatti realtà nelle quali ci sono colleghi giornalisti che svolgono questa mansione in condizioni lavorative non solo molto precarie, ma anche al di sotto della soglia minima di sopravvivenza, con compensi ridicoli, con compensi che non sono degni del prestigio che questa professione richiede e anche con percorsi formativi che devono essere rafforzati, che devono essere potenziati, che devono mettere chi decide di intraprendere questo mestiere nelle condizioni di farlo con la piena consapevolezza, con la piena conoscenza e anche con la dignità che questa professione richiede. Quindi, nell'affrontare il tema del pluralismo dell'informazione pensiamo che sia importante anche porsi l'interrogativo e darsi l'obiettivo di rafforzare i meccanismi che formano i giornalisti. Noi abbiamo, io credo, la necessità di creare e di formare una classe di giornalisti che sia all'altezza delle sfide del presente ma, soprattutto, del futuro, di promuovere, anche dall'interno del mondo del giornalismo, un rinnovamento basato sulla qualità, non solo sulla giovane età, e sulle competenze e di far sì che questa professione torni a essere una professione non solo ambita ma anche, appunto, dignitosa. Crediamo che questo aspetto vada considerato con grande rilevanza nell'affrontare il tema del pluralismo dell'informazione.

Chiudo dicendo che si parlava di contrasto alle fake news, di contrasto alla mala informazione: certamente il giornalismo è il principale vaccino contro questo virus, contro il virus delle fake news, assieme all'altro grande vaccino che è l'investimento nell'educazione e nell'insegnamento nella scuola e nella formazione dei nostri ragazzi. Per cui ci auguriamo che il dibattito parlamentare che scaturirà da questa mozione possa incoraggiare il Governo e il Parlamento a interventi più incisivi su questo versante, perché dalla qualità del pluralismo informativo dipende, in maniera molto forte, anche la qualità della vita in una comunità. E un grande Paese, come l'Italia, deve avere anche una garanzia di pluralità delle fonti, di pluralità dell'informazione e di qualità dell'informazione all'altezza del rango del nostro Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Casciello. Ne ha facoltà.

LUIGI CASCIELLO (FI). Grazie, Presidente. Sottosegretaria Ascani. Ascoltando anche gli interventi dei colleghi, non posso non valutare, tra l'altro, tenendo conto dell'autorevole presenza della sottosegretaria allo Sviluppo economico Ascani, che non ci può essere una mozione per iniziative normative a tutela del pluralismo che non tenga conto e che non parta dalla grande difficoltà economica che il settore dell'informazione oggi vive, una difficoltà che è propria anche dei grandi gruppi editoriali, una difficoltà che è propria dei piccoli gruppi editoriali, delle piccole realtà editoriali.

Diceva bene, in precedenza, il collega di Italia Viva, quando ricordava le difficoltà e - se mi si permette - anche il decadimento, immeritato, dello status dei giornalisti italiani. Una volta, ricordo quando io, dopo anni di abusivato, ebbi il primo contratto da praticante giornalista, il mio salario era, di fatto, quasi superiore del doppio rispetto a quello di mia madre, che era una insegnante, il che non era, probabilmente, equo per gli insegnanti - sicuramente non lo era, e non lo è ancora -, ma, sicuramente, oggi è mortificante, dopo anni di difficoltà, perché l'accesso alla professione è sempre più complicato, e il salario dei giornalisti, non solo praticanti, ma anche dei redattori ordinari, è assolutamente inadeguato non solo al tenore di vita, alle difficoltà che ciascuna famiglia italiana affronta soprattutto in questo periodo di COVID, ma anche per il ruolo e per le responsabilità enormi, anche dal punto di vista delle responsabilità penali e civili. E qui si aprirebbe un altro fronte, perché non ci può essere tutela del pluralismo dell'informazione se, finalmente, non si viene a capo con una legge, che è ferma oramai da anni al Senato, sulla depenalizzazione del reato di diffamazione a mezzo stampa.

Ma vengo al punto centrale della mozione, che, come ricordava il collega Mollicone, di Fratelli d'Italia, impone un ragionamento, se non unitario, di maggioranza e opposizione, sicuramente di sintesi, perché un Paese cresce - e lo ha dimostrato questo anno e mezzo di pandemia - anche se è informato nella maniera corretta, e questo è possibile solo attraverso la credibilità delle fonti delle informazioni, perché la libertà di informazione si esercita concretamente mediante il godimento di una serie di diritti, quali il diritto di informare, ma, soprattutto, anche quello di essere informati.

La nozione di pluralismo informativo deve essere valutata anche alla luce dei parametri che sono, contemporaneamente, quantitativi e qualitativi, poiché, per garantire in concreto il pluralismo, è necessario dare conoscibilità delle molteplici e diverse opinioni esistenti. Ecco perché mi rivolgevo al sottosegretario Ascani, perché si faccia tramite, portavoce di questa esigenza, anche ricordando i suoi precedenti incarichi, le sue esperienze nel passato Governo e non solo.

Il criterio educativo passa attraverso anche una corretta informazione, e una corretta informazione è possibile se chi si fa strumento, chi è protagonista dell'essere informazione vive una vita dignitosa; la pluralità dell'informazione è garantita se chi fa informazione è libero anche nella propria condizione economica. E, quindi, per fare questo, non si tratta solo di garantire ai diversi soggetti e alle diverse idee di essere rappresentati, ma anche di essere rappresentati nel modo migliore. Ecco perché è fondamentale, sottosegretario Ascani - lo dico attraverso il Presidente Rosato - che il Governo faccia di più per garantire tutto questo dal punto di vista delle risorse, che pure ci sono e che vanno indirizzate anche al settore editoriale e al settore dell'informazione.

Dicevo, non si tratta solo di garantire ai diversi soggetti e alle diverse idee di essere rappresentati, ma anche di assicurare concretamente al cittadino di poter avere accesso ai mezzi di comunicazione. A tal proposito, appare fondamentale valutare le ripercussioni che la diffusione delle nuove tecnologie può determinare, in quanto tale diffusione non necessariamente coincide con una maggiore garanzia di pluralismo. Considerate che un pluralismo di programmi non corrisponde automaticamente ad un pluralismo effettivo di idee e opinioni.

Quanto evidenziato assume ancora più rilevanza quando i fruitori delle informazioni sono i giovani di questo Paese, per i quali la fonte privilegiata di accesso alle informazioni appare innegabilmente Internet e, spesso, non tanto i siti e le piattaforme specializzate, ma i social o altre fonti di distribuzione, di quelle che, a volte, risultano essere più opinioni che informazioni. La responsabilità di offrire un'informazione trasparente, plurale, completa e veritiera aumenta esponenzialmente il pluralismo informativo. Allora, tale responsabilità deve rispondere alla domanda di informazione che viene richiesta accanto a una seria e pervicace educazione che fornisca gli strumenti necessari per la formazione all'esercizio del pensiero critico. Infatti, solo riuscendo a discernere le notizie e la loro fondatezza, si combatte la disinformazione e il tristemente famoso fenomeno delle fake news, a cui i giovani, ma devo dire non solo i giovani, sembrano essere più esposti.

Il tema del pluralismo, soprattutto in relazione alla proprietà e alla gestione dei media, ha assunto rilevanza crescente nel nostro Paese, rendendo necessarie nuove politiche pubbliche per guidare l'imponente processo di trasformazione in atto. Lo sviluppo della Rete, di Internet, da molti è considerato, in modo assiomatico, come un ambiente potenzialmente in grado di ampliare gli spazi di pluralismo, senza considerare il rischio inverso, di generare posizioni dominanti che finirebbero col penalizzare l'industria editoriale tradizionale, che pure ha sostenuto, negli ultimi anni, ingenti investimenti per realizzare processi di integrazione multimediale e che, in mancanza di accordi di sistema, vedrà una sempre più marcata riduzione della remunerazione dell'opera creativa a carattere editoriale, a causa del trasferimento verso i cosiddetti over the top.

La normativa attualmente in vigore prevede specifiche limitazioni al fine di evitare il determinarsi di posizioni dominanti. I soggetti tenuti all'iscrizione al registro degli operatori della comunicazione, costituito in base all'articolo 1, comma 6, lettera a), n. 5, della legge n. 249 del 1997, non possono, né direttamente né attraverso soggetti controllati o collegati, conseguire ricavi superiori al 20 per cento dei ricavi complessivi del SIC, il cui valore viene determinato annualmente dall'Agcom. Inoltre, le imprese, anche attraverso società controllate o collegate, i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche sono superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi di quel settore, non possono conseguire, nel SIC, ricavi superiori al 10 per cento del Sistema medesimo. Questo secondo l'articolo 43, comma 11.

L'articolo 2, paragrafo 1, lettera l), del decreto legislativo del 31 luglio 2005, prevede che il Sistema integrato delle comunicazioni comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica, editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e servizi di media audiovisivi; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni.

La legge di delegazione europea, del 22 aprile 2021, all'articolo 3, contiene i principi e i criteri per l'attuazione della direttiva UE, recante modifica della direttiva UE del 2013, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri. Bene, è fondamentale che un'ulteriore criterio venga rappresentato dall'esigenza di promuovere l'alfabetizzazione digitale da parte dei fornitori di servizi di media e dei fornitori di piattaforme di condivisione dei video, rendendo maggiormente evidente la sempre maggiore influenza esercitata dalle reti, che consente la trasmissione di dati e informazioni rispetto al contenuto. Recentemente, è stato avviato un complesso processo per la liberalizzazione e la successiva riassegnazione delle frequenze radiotelevisive, oggi occupate dal digitale terrestre, conseguente all'assegnazione della banda radioelettrica di 700 MHz, allo sviluppo delle nuove tecnologie 5G. Il profondo mutamento in atto delle tecnologie abilitanti alla funzione di informazione, le quali assicurano la possibilità di trasmettere una grande quantità di dati con estrema rapidità e bassissima latenza, comporterà ulteriori, profondi e rapidissimi mutamenti del ruolo dei media tradizionali. Infatti, le trasformazioni delle modalità di fruizione dei servizi radiotelevisivi e delle telecomunicazioni porterà a un rapido incremento e allo sviluppo di piattaforme broadcasting on demand. La rivoluzione digitale ancora in atto sta facendo convergere i consumatori di informazione verso il nuovo ecosistema tecnologico che modificherà il rapporto tra i fornitori di contenuti e i fornitori di infrastrutture, fatto di cui i broadcaster sono ben consapevoli; questo lo vediamo anche nelle singole famiglie, cioè come sia cambiato il rapporto, come sia cambiato il modo di informarsi e non solo di informarsi. Già ora i contenuti radiotelevisivi tradizionali sono fruibili non più solo tramite l'etere, essendo possibile ormai in misura considerevole l'utilizzo anche delle reti mobili per accedervi tramite computer, smartphone, tablet e altri device, garantendo in modalità multicasting le stesse opportunità garantite dal broadcasting. Un aspetto rilevante, per chi usufruisce di informazioni tramite i broadcaster in considerazione della progressiva integrazione tra offerta televisiva e reti che veicolano le offerte stesse, è rappresentato dalla notevole differenza di regolamentazione tra operatori globali over the top e broadcaster tradizionali. Nello specifico, gli operatori globali generano in molti casi fatturati riferibili al settore dell'informazione radiotelevisiva ben più alti degli editori tradizionali e radicati sul territorio; ecco perché è cambiato tutto con le nuove tecnologie. Queste imprese producono un impatto diretto nei mercati dell'audiovisivo e competono per conquistare il tempo e l'attenzione degli utenti. È il caso degli aggregatori e dei contenitori di notizie, delle piattaforme di gaming, che garantiscono la fruizione dei contenuti audiovisivi attraverso device proprietari e non utilizzabili per la distribuzione di contenuti in modalità streaming, gratuiti o a pagamento, e per la protezione di contenuti originali. Seppure in una fase iniziale, ciò potrebbe favorire un ampliamento del pluralismo informativo, ma è realistico pensare che nel tempo ciò potrebbe condurre all'uniformità e questo è ciò che non credo sia augurabile a livello globale dei contenuti, determinando oggettivamente una contrazione del pluralismo stesso. Se si osserva da vicino la realtà italiana, in cui la capacità di recepire nel proprio sistema le reti di informazione globale, pur senza perdere la capacità di garantire eccellenti produzioni nazionali, ha consentito di non disperdere la specifica e tipica cultura popolare che il sistema dei media ha conservato, attualizzandolo, nel caso in cui non ci si ponesse l'obiettivo di governare con equilibrio i fenomeni in atto a livello normativo nazionale, europeo e sopranazionale, tale rilevante, strategico patrimonio potrebbe essere disperso, con grave danno per il nostro Paese e per quelli che vertono in condizioni simili. Le imprese globali, anche in considerazione della loro natura, realizzano una intermediazione nel rapporto con l'utente, non solo a fini pubblicitari ma anche editoriali, producendo riflessi importanti su vari ambiti della struttura del mercato pubblicitario, sulla remunerazione della filiera creativa e nel settore dell'informazione, sul controllo, la veridicità e la riferibilità delle fonti e delle notizie, ponendo il problema, assai significativo, delle fake news che ho ricordato in apertura del mio intervento.

Da un punto di vista strutturale, tali imprese globali costituiscono soggetti sostanzialmente apolidi, che possono operare al di sopra delle leggi dal punto di vista fiscale e regolamentare di imposte, di copyright, di obblighi di trasmissione, investimenti, norme sui minori. In ragione di ciò, l'Unione europea ha emanato norme di regolazione, come il regolamento UE n. 679 del 2016, relativo alla protezione dei dati, che rappresenta un importante passo in avanti, ma non sufficiente, nell'omogeneizzazione delle condizioni giuridiche di esercizio. In relazione a questo specifico profilo, la raccolta dei dati fatta dalle principali aziende over the top produce un bacino importante di risorse economiche, grazie ai proventi degli investimenti pubblicitari e al possesso di big data. Questi ultimi rappresentano asset centrali per lo sviluppo e l'innovazione, che però avviene principalmente a svantaggio delle imprese audiovisive nazionali, le quali, essendo oggetto di una dettagliata e minuziosa regolamentazione, si trovano in una situazione di sostanziale svantaggio competitivo, ferma restando l'esigenza di garantire produzioni di informazione professionale e contenuti di qualità.

Per quanto riguarda l'utilizzo dei cosiddetti big data per le finalità della propria attività di produzione di contenuti informativi, è noto che a far ricavare valore aggiunto per l'impresa, siano, sotto il profilo dell'analisi in tempo reale, sia le reazioni al prodotto offerto, sia, attraverso l'utilizzo degli strumenti dell'analisi avanzata, i dati che consentono all'azienda stessa di ottenere informazioni economicamente rilevanti, in quanto in grado di far emergere le preferenze dei fruitori di contenuti sulle applicazioni.

Gli over the top, inoltre, contando sulla loro natura sovranazionale, sia sotto il profilo regolamentare che fiscale, riescono ad operare con risorse relativamente limitate. Considerando le nuove modalità di comunicazione legate all'uso della rete digitale, è necessario, quindi, tenere presente le concrete conseguenze derivanti dalla sussistenza di una formale separazione tra coloro che costruiscono le infrastrutture di comunicazione e forniscono i servizi di connessione, rispetto alla definizione dei contenuti offerti e veicolati sulle problematiche concernenti la diffusione delle fake news attraverso siti di disinformazione.

I contenuti offerti e veicolati, infatti, non possono essere sottoposti a nessun controllo editoriale in quanto non sono assimilabili giuridicamente né agli editori, né ai broadcaster, che in tal modo non sono giuridicamente tenuti a un controllo preventivo dei contenuti, né ad assicurare una linea editoriale. Non si può ignorare che, per attuare la garanzia del pluralismo dell'informazione, non solo in modo formale ma anche sostanziale, prevedendo di sottoporla a criteri omogenei e a distinte fonti di informazioni, è necessario considerare che soprattutto le generazioni più giovani, i cosiddetti millennial, trovino soddisfacimento al proprio bisogno d'informazione, ricorrendo a fonti non formalmente e strettamente riconducibili al settore dell'informazione, così da rendere superata la distinzione tradizionale tra operatori di questo settore e soggetti che operano in altri settori, o che diventano spesso fonti di informazione sulla base dell'autoproposizione, e che tale nuova modalità di fruizione e acquisizione di notizie richiederà una nuova e diversa regolamentazione del settore; pensate anche a quello che è accaduto durante il lockdown, con informazioni spesso assolutamente fallaci.

Con la legge di bilancio per il 2019 sono state introdotte modifiche al calendario e alle procedure per la riassegnazione delle frequenze televisive nel periodo transitorio - che va dal 1° gennaio 2020 al 30 gennaio 2022 -, solo successivamente al quale i nuovi standard trasmissivi diventeranno operativi. In relazione a tale trasformazione, sono stati previsti contributi per l'acquisto di televisioni e decoder per la ricezione dei programmi televisivi con nomi standard (il cosiddetto bonus TV). Nel settore delle radio e delle televisioni locali, con il nuovo fondo per il pluralismo, l'innovazione e l'informazione, disciplinato dalla legge n. 198 del 2016 e dalle relative norme di attuazione, sono in vigore nuovi criteri per l'assegnazione dei contributi.

L'articolo 195 del DL del 19 maggio 2020 n. 34, ha istituito, con uno stanziamento iniziale di 50 milioni, il Fondo emergenze emittenti locali per l'erogazione di un contributo straordinario in favore delle emittenti radiotelevisive locali. La legge bilancio 2019 ha soppresso, dal 2020, la riduzione tariffaria relativa alle spese telefoniche, attualmente riconosciuta al sistema dell'emittenza televisiva e radiofonica locale.

Con riguardo al servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, dal 2021 è stato previsto un nuovo meccanismo, tra l'altro, di assegnazione delle risorse provenienti dal versamento del canone di abbonamento alla radiotelevisione, in particolare disponendo che alla Rai spettino tutti i relativi introiti, ad eccezione delle somme destinate con legge a specifica finalità. Inoltre, dal 2019, è stato definitivamente fissato l'importo dovuto per il canone di abbonamento alle radioaudizioni e, dal 2020, è stata innalzata la soglia reddituale prevista ai fini dell'esenzione del pagamento dello stesso da parte di soggetti di età pari o superiore ai 75 anni. Tutto questo ci spinge, ci impone di chiedere che il Governo si impegni a dare piena attuazione, nel più breve tempo possibile, al riordino del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, per favorire un vero pluralismo di informazione quale fondamento della democrazia, mutuato dal principio del pluralismo delle fonti di informazione, costituzionalmente garantito. Chiediamo anche che il Governo si impegni a valutare le mutate condizioni di mercato, con la presenza sempre più rilevante delle diverse piattaforme multinazionali, valorizzando l'ampia produzione nazionale, garantendo così il pluralismo dell'informazione, non solo in modo formale, ma anche sostanziale, sottoponendo a criteri omogenei le distinte fonti di informazione. Si chiede inoltre che il Governo si faccia promotore presso le istituzioni dell'Unione europea, in considerazione del rapido mutamento globale in atto, che vede l'ibridazione dei soggetti produttori di contenuti fornitori di reti e infrastrutture tecnologiche, di una proposta di modifica della disciplina normativa europea, da recepire nei singoli ordinamenti statali e statuali, che tenga in conto tali circostanze, al fine di evitare un oligopolio globale, che annulli le differenze, le peculiarità e le specificità esistenti, considerato che il ruolo delle infrastrutture non è neutrale ed è presumibile che sarà sempre più in grado di influenzare i contenuti, in tal modo ostacolando potenzialmente il pluralismo dell'informazione. Chiediamo che il Governo si impegni a considerare la convergenza di settore delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie dell'informazione come un sistema interconnesso, che deve essere disciplinato da un unico ed efficace quadro normativo, anche al fine di tutelare la diversità culturale e linguistica per assicurare la difesa del pluralismo dei mezzi di informazione e la protezione dei fruitori dei contenuti. Chiediamo inoltre che si impegni a garantire lo sviluppo equilibrato di un mercato concorrenziale, individuando la quota di mercato significativa alla luce del mutato contesto tecnologico, che ha generato realtà di mercato più complesse rispetto al momento storico in cui sono state emanate le norme regolatorie dello stesso, al fine di garantire la concorrenza effettiva e scongiurare casi di influenze significative in grado di distorcere il mercato stesso, lasciando ai singoli Stati il potere di adottare norme specifiche conformi alla situazione nazionale, in modo che si preservi il pluralismo, tutelando anche l'istruzione e la cultura specifica di ogni singolo Paese. Chiediamo, altresì, che il Governo si impegni a considerare il fatto che una sola formalistica applicazione dei principi comuni europei potrebbe avere effetti negativi sulla dialettica democratica esistente in alcune specifiche situazioni, potendo limitare di fatto la libertà di informazione in genere, invece che garantire il pluralismo. Chiediamo che il Governo si impegni ad individuare una definizione che consenta di distinguere tra i programmi destinati a informare, a intrattenere o a istruire, considerando il requisito della finalità principale come soddisfatto, anche se il servizio ha un contenuto e una forma audiovisiva distinguibile dall'attività principale del fornitore del servizio, come accade nel caso di parti autonome dei quotidiani online, che propongono programmi audiovisivi o video generati dagli utenti, ove tali parti possono essere considerate distinguibili dall'attività principale, per evitare confusione da parte dell'utente. Chiediamo che il Governo si impegni a perseguire l'obiettivo generale della tutela del pluralismo e della libertà di manifestazione del pensiero all'interno del circuito dei numerosi mezzi di comunicazione oggi utilizzabili, prevedendo giustificati casi di parziale restringimento alla libertà di stabilimento, in modo direttamente proporzionale all'esigenza di tutela dei princìpi sociali, culturali e democratici. Tale deroga deve tenere conto della prossimità e convergenza in atto nel settore dei servizi di comunicazione elettronica, con quello dei media tradizionali, considerando anche le evoluzioni attuali e future del mercato, in seguito alle quali la produzione e la trasmissione dei contenuti sarà sempre più sovrapposta, se non proprio coincidente. Infine, chiediamo che il Governo si impegni a prevedere forme di tutela dei giovani, stante anche l'ampio utilizzo della rete, attraverso lo sviluppo di una visione critica e di miglioramento della alfabetizzazione mediatica, senza la quale i giovani sono più facilmente preda di fenomeni di disinformazione a discapito dell'ampliamento degli spazi conoscitivi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la sottosegretaria di Stato per lo Sviluppo economico, Anna Ascani.

ANNA ASCANI, Sottosegretaria di Stato per lo Sviluppo economico. Grazie, Presidente. Intanto un ringraziamento ai colleghi, che, a partire dal testo della mozione Meloni, sono riusciti ad inquadrare il grande tema dell'informazione e dell'infrastrutturazione digitale all'interno della più ampia questione democratica. Si è parlato del rilascio della banda 700: criticità e opportunità che derivano da questo impegno del Governo. Si è parlato di infrastrutturazione digitale del Paese e dell'impegno che ci siamo presi, come Governo, anche all'interno del PNRR, di portare a tutti, il più rapidamente possibile e col minor costo possibile a carico dello Stato, una connessione veloce, stabile e sicura, convinti che da questo passi anche una parte dei diritti fondamentali dei cittadini italiani. Si è parlato anche di scuola, non solo in termini di competenze che l'istruzione può fornire, ma anche di democrazia vera e propria, quindi di quanto l'istruzione in questo senso può e deve fare. Si è parlato, soprattutto, di pluralismo dell'informazione, di necessità di tutelare il pluralismo dell'informazione. Credo sia stata una discussione molto interessante da questo punto di vista, proprio perché ampia e a 360 gradi. Venendo alle questioni sollevate in particolare dall'onorevole Mollicone, che ha illustrato la mozione Meloni, voglio rappresentare sin da subito - avremo modo, poi, di discuterne nel prosieguo della discussione della mozione - che l'attenzione del Governo sul tema sollevato, sulla sentenza della Corte di giustizia europea, vicenda che è stata ricordata da più colleghi, è massima e che, ormai da mesi, è in corso presso il Ministero dello Sviluppo economico un tavolo di lavoro che è destinato a realizzare una riforma organica del TUSMAR in sede di recepimento della direttiva europea (UE) 2018/1808 sui servizi di media audiovisivi. Quindi, concordiamo sulla necessità di una nuova regolamentazione della materia, al fine di rendere coerente con il principio di proporzionalità l'articolo 43 del TUSMAR e, in particolare, la previsione di limiti alle concentrazioni tra imprese in posizione dominante o, comunque, in posizione di forza nei settori delle comunicazioni elettroniche e nel SIC.

Quindi, l'occasione per tale intervento normativo potrebbe essere rappresentata dal prossimo recepimento della direttiva - che prima ho menzionato e che tutti i colleghi che sono intervenuti hanno menzionato - recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi), in considerazione dell'evoluzione della realtà del mercato. Ci tengo, quindi, a ribadire l'attenzione massima del Governo in tutte le sue componenti: quella che ha lo Sviluppo economico si occupa in particolare di telecomunicazioni, ma anche, ovviamente, quelle che si occupano di editoria, di istruzione e, in generale, di sviluppo digitale del Paese, perché credo, come è stato sottolineato più volte dai colleghi, che un tema di questa rilevanza possa essere affrontato soltanto con una visione a 360 gradi. Quindi, ringrazio ancora per l'ampiezza del dibattito e la profondità della discussione.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Del Monaco. Ne ha facoltà.

ANTONIO DEL MONACO (M5S). Grazie Presidente, onorevoli colleghi, la sinergia tra forze dello Stato può garantire un lavoro efficiente, sicuro e pulito. L'esempio lodevole lo ha dato la Brigata Garibaldi nella città di Caserta: punto vaccinale di grande affluenza. L'intera caserma si è rivelata una perfetta macchina operosa, una realtà da prendere come riferimento. Due giorni fa ho potuto constatare personalmente e con grande piacere quanto è stato fatto per garantire il raggiungimento dell'immunità di gregge: ASL, Croce Rossa, volontari, Forze armate ed Esercito hanno creato in brevissimo tempo una realtà che funziona come un orologio svizzero, entrate e uscite differenziate, personale adibito all'accoglienza, parcheggio interno per i soli prenotati, verifiche dei dati e percorso per i disabili, padiglioni e corridoi ampi, aria condizionata, postazione per colloquio medico, accettazione, anticamera, sala vaccini, personale medico e infermieristico qualificato e sala di monitoraggio; terminati i venti minuti di attesa, il paziente può andar via in totale sicurezza.

L'hub vaccinale di Caserta ha dimostrato il successo della campagna nazionale AstraDay: in due giorni, senza pausa, sono state inoculate 8.165 dosi, alla media di 199,2 vaccini all'ora. Nessun intoppo, nessuna rimanenza. Questa è l'Italia che ci piace: l'unione di forze diverse che dimostra quanto è possibile fare insieme per il raggiungimento di un perfetto risultato. Un plauso all'Esercito italiano, un plauso alla Brigata Garibaldi e alla ASL di Caserta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Venerdì 14 maggio 2021 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di interpellanze urgenti .

La seduta termina alle 12.