XVIII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
con l'adozione del trattato di Lisbona, l'Unione europea si è definita come una comunità di valori il cui cardine è costituito dai diritti umani. La libertà di espressione e di informazione è internazionalmente riconosciuta come uno degli elementi chiave nell'architettura dei diritti umani e delle libertà fondamentali. L'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ne ha formalmente ampliato la portata, includendo la libertà e il pluralismo dei media nel settore della protezione. Nel loro insieme, tutti questi strumenti rafforzano una precisa responsabilità degli Stati membri e della stessa Unione europea che consiste nel proteggere pienamente tale diritto umano fondamentale e, al contempo, nel porre in essere misure positive per promuoverne il progresso in modo proattivo;
gli Stati hanno l'obbligo di rispettare, proteggere e promuovere il diritto alla libertà di opinione e di espressione. Non a caso, infatti, l'Unione europea considera la libertà di espressione come una priorità anche per i Paesi candidati e potenziali candidati: i criteri di adesione di Copenaghen, stabiliti dal Consiglio europeo, contemplano infatti la libertà di espressione e il pluralismo dei mezzi di comunicazione nella loro integralità, il che impone a tutti i Paesi che intendono aderire all'Unione l'assunzione dell'impegno a rimuovere tutti gli ostacoli di natura legale, regolamentare o giudiziaria che possano limitarne l'esercizio;
nella medesima logica rientra la legge di ratifica della «Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società» cosiddetta convenzione di Faro, approvata dal Parlamento il 23 settembre 2020, con l'obiettivo di stabilire il valore del patrimonio culturale per la società europea, riconoscendo la conoscenza e il patrimonio culturale come diritti dell'essere umano;
la libertà di manifestazione del pensiero è una pietra angolare della democrazia e di uno Stato di diritto, così come affermato dalla Corte costituzionale più volte fin dalle sue prime sentenze. Infatti, così come affermato dalla Consulta, «è tra le libertà fondamentali proclamate e protette dalla nostra Costituzione, una di quelle [...] che meglio caratterizzano il regime vigente nello Stato, condizione com'è del modo di essere e dello sviluppo della vita del Paese in ogni suo aspetto culturale, politico, sociale» (sentenza n. 9 del 1965): quindi, il diritto di cui all'articolo 21 è forse «il diritto più alto dei diritti primari e fondamentali sanciti dalla Costituzione» – parafrasando quanto affermato dalla Consulta (sentenza n. 168 del 1971);
il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, rubricato «Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici», reca all'articolo 3 il principio fondamentale secondo cui «Sono princìpi fondamentali del sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia la garanzia della libertà e del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, la tutela della libertà di espressione di ogni individuo, inclusa la libertà di opinione e quella di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza limiti di frontiere, l'obiettività, la completezza, la lealtà e l'imparzialità dell'informazione, la tutela dei diritti d'autore e di proprietà intellettuale, l'apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose e la salvaguardia delle diversità etniche e del patrimonio culturale, artistico e ambientale, a livello nazionale e locale, nel rispetto delle libertà è dei diritti, in particolare della dignità della persona, della promozione e tutela del benessere, della salute e dell'armonico sviluppo fisico, psichico e morale del minore, garantiti dalla Costituzione, dal diritto dell'Unione europea, dalle norme internazionali vigenti nell'ordinamento italiano e dalle leggi statali e regionali»;
la libertà di informazione, si esercita concretamente mediante il godimento di una serie di diritti, quali il diritto di informare, quello ad informarsi e infine quello ad essere informati;
la nozione di pluralismo informativo deve essere valutata anche alla luce di parametri che sono, contemporaneamente, quantitativi e qualitativi, poiché, per garantire in concreto il pluralismo, è necessario dare conoscibilità alle molteplici e diverse opinioni esistenti. Ma non si tratta solo di garantire ai diversi soggetti e alle diverse idee di essere rappresentati, ma anche e soprattutto di assicurare concretamente al cittadino il diritto di essere compiutamente informato, e di poter avere accesso ai mezzi di comunicazione. A, tal proposito, appare fondamentale valutare le ripercussioni che la diffusione delle nuove tecnologie può determinare, in quanto tale diffusione non necessariamente coincide con una maggiore garanzia di pluralismo, considerato che un pluralismo di programmi non corrisponde automaticamente ad un pluralismo effettivo di idee e opinioni;
il pluralismo, dunque, come diritto dell'utente ancor prima che come diritto dei soggetti da rappresentare;
le tecnologie digitali hanno senza dubbio fornito nuovi strumenti di democrazia, ampliando quest'ultima in modo rivoluzionario e consentendo ai cittadini di trasformarsi da utenti in produttori di informazioni e contenuti digitali, in linea con le caratteristiche fondative della rete internet stessa. Le tecnologie digitali della comunicazione presentano, al tempo stesso, alcuni rischi direttamente individuabili nelle volontarie strategie di disinformazione e costruzione di fake news insiti nella diffusione virale dei contenuti Internet, nelle difficoltà e di circoscriverli in tempo utile affinché non arrechino danno, minaccia od offesa a singoli o comunità, con particolare riferimento a quelle che già subiscono forme di discriminazione nel mondo fisico e online. D'altra parte, insiste sicuramente anche il rischio di censura che potrebbe essere esercitato dalle piattaforme di social media e dai giganti della tecnologia, nonché da Stati non democratici in grado di esercitare come propria volontà politica un controllo sul circuito dell'informazione digitale e quindi delle libertà individuali;
il contrasto delle notizie false è stato un obiettivo fortemente ricercato nell'azione politica degli ultimi anni, che spesso ha richiamato alla necessità di promuovere presso i cittadini una maggiore sensibilità e attenzione alla veridicità delle informazioni e alla qualità delle fonti; al tempo stesso, le testate giornalistiche, le piattaforme e i creatori di contenuti digitali sono stati chiamati a misurarsi con un rischio di diffusione di notizie false quanto mai alto, in un percorso di verifica e approfondimento in grado di far emergere la qualità editoriale e che necessita quindi della valorizzazione e del supporto anche da parte del Governo, soprattutto alla luce della fase emergenziale che si sta vivendo;
le tecnologie digitali, offrendo nuove possibilità di produzione e diffusione dei contenuti, presentano quotidianamente nuovi rischi ed opportunità, e necessitano di particolare attenzione laddove sussistano particolare forme di asimmetria di potere e visibilità, in grado di generare o rafforzare forme di bullismo digitale e di discriminazione di singoli cittadini o di intere comunità;
a tal fine, occorre ribadire il carattere fondamentale dell'impegno delle istituzioni a garantire un pluralismo delle fonti e degli strumenti dell'informazione, alimentando un dibattito aperto, trasparente e uniformato al principio del contraddittorio;
il tema del pluralismo, soprattutto in relazione alla proprietà e alla gestione dei media, ha assunto rilevanza crescente nel nostro Paese, rendendo necessarie nuove politiche pubbliche per guidare l'imponente processo di trasformazione in atto. Lo sviluppo della rete, di internet, da molti è considerato, in modo assiomatico, come un ambiente potenzialmente in grado di ampliare gli spazi di pluralismo, senza considerare il rischio inverso di generare posizioni dominanti che finirebbero col penalizzare l'industria editoriale tradizionale, che pure ha sostenuto negli ultimi anni ingenti investimenti per realizzare processi di integrazione multimediale e che, in mancanza di accordi di sistema, vedrà una sempre più marcata riduzione della remunerazione dell'opera creativa a carattere editoriale a causa del trasferimento verso i cosiddetti over the top;
secondo l'articolo 2 del citato decreto, il Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) comprende, le attività concernenti: la stampa quotidiana e periodica; l'editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; i radio e servizi di media audiovisivi; il cinema; la pubblicità esterna; le iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; le sponsorizzazioni;
la normativa attualmente in vigore prevede specifiche limitazioni al fine evitare il determinarsi di posizioni dominanti: i soggetti tenuti all'iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione (costituito in base all'articolo 1, comma 6, lettera a), numero 5), della legge n. 249 del 1997) non possono, né direttamente, né attraverso soggetti controllati o collegati, conseguire ricavi superiori al 20 per cento dei ricavi complessivi del Sic, il cui valore viene determinato annualmente dall'Agcom (articolo 43, comma 9, del decreto legislativo n. 177 del 2005);
inoltre, le imprese, anche attraverso società controllate o collegate, i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche, sono superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi di quel settore, non possono conseguire nel Sic ricavi superiori al 10 per cento del sistema medesimo secondo l'articolo 43, comma 11;
la legge di delegazione europea (legge 22 aprile 2021, n. 53), all'articolo 3 contiene princìpi e criteri per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/1808, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi), in considerazione dell'evoluzione delle realtà del mercato;
nell'esercizio della delega al Governo, uno dei criteri di revisione riguarda il riordino delle disposizioni del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, il che prevede l'emanazione di un nuovo testo unico dei servizi di media digitali, con adeguamento delle disposizioni e delle definizioni, comprese quelle relative ai servizi di media audiovisivi, radiofonici e ai servizi di piattaforma per la condivisione di video, alla luce dell'evoluzione tecnologica e di mercato;
un ulteriore criterio è rappresentato dalla esigenza di «promuovere l'alfabetizzazione digitale da parte dei fornitori di servizi di media e dei fornitori di piattaforme di condivisione dei video», rendendo maggiormente evidente la sempre maggiore influenza esercitata dalle reti che consente la trasmissione di dati e informazioni rispetto al contenuto;
recentemente, è stato avviato un complesso processo per la liberazione e la successiva riassegnazione delle frequenze radiotelevisive oggi occupate dal digitale terrestre, conseguente all'assegnazione della banda radioelettrica dei 700 Mhz, allo sviluppo delle nuove tecnologie 5G;
il profondo mutamento in atto delle tecnologie abilitanti alla fruizione di informazioni, le quali assicurano la possibilità di trasmettere una grande quantità di dati con estrema rapidità e bassissima latenza comporterà ulteriori, profondi e rapidissimi mutamenti del ruolo dei media tradizionali. Infatti, le trasformazioni delle modalità di fruizione dei servizi radiotelevisivi e delle telecomunicazioni porterà al rapido incremento dello sviluppo di piattaforme broadcasting on demand. La rivoluzione digitale, ancora in atto, sta facendo convergere i consumatori di informazione verso un nuovo ecosistema tecnologico, che modificherà il rapporto tra i fornitori di contenuti e i fornitori di infrastrutture, fatto di cui i broadcaster sono ben consapevoli;
già ora i contenuti radiotelevisivi tradizionali sono fruibili non più solo tramite l'etere, essendo possibile ormai in misura considerevole l'utilizzo anche delle reti mobili per accedervi tramite computer, smartphone, tablet e altri device garantendo in modalità multicasting le stesse opportunità garantite dal broadcasting;
un aspetto rilevante per chi usufruisce di informazioni tramite i broadcaster, in considerazione della progressiva integrazione tra offerta televisiva e reti che veicolano le offerte stesse, è rappresentato dalla notevole differenza di regolamentazione tra operatori globali over the top e broadcaster tradizionali. Nello specifico, gli operatori globali generano, in molti casi, fatturati riferibili al settore dell'informazione radiotelevisiva ben più alti degli editori tradizionali e radicati sul territorio;
queste imprese producono un impatto diretto nei mercati dell'audiovisivo e competono per conquistare il tempo e l'attenzione degli utenti. È il caso degli aggregatori e dei contenitori di notizie, delle piattaforme di gaming, che garantiscono la fruizione dei contenuti audiovisivi attraverso device proprietari e non interoperabili per la distribuzione di contenuti in modalità streaming, gratuito o a pagamento, e per la produzione di contenuti originali. Seppure, in una fase iniziale, ciò potrebbe favorire un ampliamento del pluralismo informativo, è realistico pensare che nel tempo, potrebbe condurre all'uniformità, a livello globale, dei contenuti, determinando oggettivamente una contrazione del pluralismo stesso;
se si osserva da vicino la realtà italiana, si nota che la capacità di recepire nel proprio sistema le reti di informazioni globali, pur senza perdere la capacità di garantire eccellenti produzioni nazionali, ha consentito di non disperdere la specifica e tipica cultura popolare che il sistema dei media ha conservato, attualizzandolo. Nel caso in cui non ci si ponesse l'obiettivo di governare con equilibrio i fenomeni in atto a livello normativo nazionale, europeo e sovranazionale, tale rilevante e strategico patrimonio potrebbe andare disperso, con grave danno per il nostro Paese e per quelli che vertono in condizioni simili;
le imprese globali, anche in considerazione della loro natura, realizzano una disintermediazione nel rapporto con l'utente non solo a fini pubblicitari, ma anche editoriali, producendo riflessi importanti su vari ambiti dalla struttura del mercato pubblicitario, sulla remunerazione della filiera creativa e, nel settore dell'informazione, sul controllo, la veridicità e la riferibilità delle fonti e delle notizie, ponendo il problema assai significativo delle fake news ricordato in esordio;
da un punto di vista strutturale, tali imprese globali costituiscono soggetti sostanzialmente apolidi, che possono operare al di sopra delle leggi dal punto di vista fiscale e regolamentare: di imposte, copyright, obblighi di trasmissione, investimenti, norme sui minori. In ragione di ciò, l'Unione europea ha emanato norme di regolazione come il Gdpr, il regolamento (Ue) 2016/679, relativo alla protezione dei dati, che rappresenta un importante passo in avanti nell'omogeneizzazione delle condizioni giuridiche di esercizio;
in relazione a questo specifico profilo, la raccolta dei dati, fatta dalle principali aziende over the top, produce un bacino importante di risorse economiche grazie ai proventi degli investimenti pubblicitari e al possesso di big data. Questi ultimi rappresentano degli asset centrali per lo sviluppo e l'innovazione, che però avviene principalmente a svantaggio delle imprese audiovisive nazionali le quali, essendo oggetto di una dettagliata e minuziosa regolamentazione, si trovano in una situazione di sostanziale svantaggio competitivo, ferma restando l'esigenza di garantire produzione di informazione professionale e contenuti di qualità;
per quanto riguarda l'utilizzo dei cosiddetti big data per le finalità della propria attività di produzione di contenuti informativi, è noto che ciò fa ricavare valore aggiunto per l'impresa, sia sotto il profilo dell'analisi in tempo reale delle reazioni al prodotto offerto, sia attraverso l'utilizzo degli strumenti dell'analisi avanzata dei dati, che consentono all'azienda stessa di ottenere informazioni economicamente rilevanti in quanto in grado di far emergere le preferenze dei fruitori di contenuti sulle applicazioni. La conoscenza delle preferenze dei fruitori di contenuti informativi, pur se non commercializzabili, fornisce ai produttori di contenuti un notevole vantaggio competitivo: è noto, infatti, che l'accumulazione di sterminate basi di dati è la capacità di analisi e utilizzo degli stessi rappresenti la maggiore forza economica di questi soggetti. Per questi motivi è auspicabile un intervento volto a migliorare la regolamentazione del rapporto intercorrente tra il gestore dell'infrastruttura tecnologica e le piattaforme di supporto;
gli over the top, inoltre, contando sulla loro natura sovranazionale sia sotto il profilo regolamentare che fiscale e riescono ad operare con risorse relativamente limitate;
considerando le nuove modalità di comunicazione legate all'uso della rete digitale, è necessario tenere presente le concrete conseguenze derivanti dalla sussistenza di una formale separazione tra coloro che costruiscono le infrastrutture di comunicazione e coloro che forniscono i servizi di connessione rispetto alla definizione dei contenuti offerti e veicolati, sulle problematiche concernenti la diffusione delle fake news attraverso siti di disinformazione. I contenuti offerti e veicolati, infatti, non possono essere sottoposti a nessun controllo editoriale, in quanto non sono assimilabili giuridicamente né agli editori né ai broadcaster, che, in tal modo, non sono giuridicamente tenuti a un controllo preventivo dei contenuti, né ad assicurare una «linea editoriale»;
non si può ignorare che per attuare la garanzia del pluralismo dell'informazione non solo in modo formale, ma anche sostanziale, prevedendo di sottoporre a criteri omogenei le distinte fonti di informazione, è necessario considerare che, soprattutto le generazioni più giovani, trovano soddisfacimento al proprio bisogno di informazione ricorrendo a fonti non formalmente e strettamente riconducibili al settore dell'informazione, così da rendere superata la distinzione tradizionale tra operatori di questo settore e soggetti che operano in altri settori o che diventano spesso fonti di informazione sulla base dell'auto-proposizione e che tale nuova modalità di fruizione e acquisizione di notizie richiede una nuova e diversa regolamentazione del settore;
con la legge di bilancio per il 2019 sono state introdotte modifiche al calendario ed alle procedure per la riassegnazione di tali frequenze televisive, nel periodo transitorio che va dal 1° gennaio 2020 al 30 giugno 2022, solo successivamente al quale i nuovi standard trasmissivi diventeranno operativi;
in relazione a tale trasformazione, sono stati previsti contributi per l'acquisto di TV e decoder per la ricezione di programmi televisivi con i nuovi standard (il cosiddetto bonus TV);
nel settore delle radio e delle tv locali, con il nuovo Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, disciplinato dalla legge n. 198 del 2016 e dalle relative norme di attuazione, sono in vigore nuovi criteri per l'assegnazione dei contributi;
l'articolo 195 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 ha istituito, con uno stanziamento iniziale di 50 milioni, il «Fondo emergenze emittenti locali» per l'erogazione di un contributo straordinario in favore delle emittenti radiotelevisive locali che si impegnano a trasmettere messaggi di comunicazione istituzionale relativi all'emergenza sanitaria all'interno dei propri spazi informativi;
la legge di bilancio 2019 ha soppresso, dal 2020, le riduzioni tariffarie relative alle spese telefoniche attualmente riconosciute al sistema dell'emittenza televisiva e radiofonica locale, rispetto alle quali la legge n. 198 del 2016 aveva invece prospettato una riforma;
con riguardo al servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, dal 2021 è stato previsto un nuovo meccanismo di assegnazione delle risorse provenienti dal versamento del canone di abbonamento alla radiotelevisione, in particolare disponendo che alla Rai spettano tutti i relativi introiti, ad eccezione delle somme destinate con legge a specifiche finalità;
inoltre, dal 2019 è stato definitivamente fissato l'importo dovuto per il canone di abbonamento alle radioaudizioni e dal 2020 è stata innalzata la soglia reddituale prevista ai fini dell'esenzione dal pagamento dello stesso da parte di soggetti di età pari o superiore a 75 anni;
il 20 maggio 2021, presso la Commissione cultura della Camera, con l'approvazione unanime della risoluzione di maggioranza n. 8-00075, in considerazione dello stato di emergenza sanitaria connessa alla diffusione del COVID-19, e del ruolo essenziale riconosciuto al sistema della stampa, che ha continuato a svolgere una funzione di pubblico interesse, assicurando ai cittadini un servizio informativo professionale che, oltre a concorrere all'efficacia delle misure di contenimento del contagio, ha concretamente garantito l'esercizio dei diritti di libertà di cui all'articolo 21 della Costituzione, sono stati assunti diversi impegni di sostegno al settore;
la Commissione cultura ha inoltre più volte valorizzato e promosso impegni sul tema dell'educazione all'uso critico dei media, con particolare attenzione a quelli digitali, al fine di costruire una società consapevole e dotata di senso critico, in grado di discernere e decodificare testi e messaggi prodotti dai mass media e dagli utenti. Ciò ha un particolare valore con riferimento ai minori e agli adolescenti, individuati come categoria particolarmente sensibile in quanto impegnata nel fondamentale percorso di crescita e formazione, e bisognosa di interventi dediti e mirati non solamente alla difesa e promozione, ma all'educazione al senso critico e alla conoscenza delle tecniche e delle strategie di comunicazione, al fine di difenderla da attacchi commerciali o politici che rischiano di travolgerli;
in questo quadro, si ritiene urgente mantenere alta l'attenzione su un settore di prioritaria importanza per la democrazia del Paese,
impegna il Governo:
1) a dare piena attuazione, nel più breve tempo possibile, al riordino del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, per favorire un vero pluralismo d'informazione quale fondamento della democrazia mutuato sul principio del pluralismo delle fonti di informazione, costituzionalmente garantito, contrastando ogni tentativo di omologazione e uniformità culturale;
2) a promuovere attivamente il pluralismo dell'informazione, anche attraverso i media digitali on line, tutelando al tempo stesso i cittadini da usi manipolativi, dalla costruzione e dalla diffusione intenzionale di fake news, e dalla messa in atto di comportamenti discriminatori verso individui e comunità prevedendo altresì specifiche misure per evitare la diffusione di stereotipi di genere offensivi o messaggi sessisti e violenti;
3) a valutare le mutate condizioni di mercato con la presenza sempre più rilevante delle diverse piattaforme multinazionali, valorizzando l'ampia produzione nazionale di qualità con particolare attenzione alla memoria dell'identità culturale e storica italiana, delle sue ricchezze millenarie e specificità, anche con riguardo agli strumenti di informazione professionale online a carattere locale, garantendo il pluralismo dell'informazione non solo in modo formale, ma anche sostanziale, sottoponendo a criteri omogenei le distinte fonti di informazione;
4) ad adottare iniziative per tutelare tanto il lavoro editoriale quanto quello giornalistico, contribuendo alla creazione delle condizioni per combattere il precariato dilagante, semplificare le possibilità contrattuali di categoria, garantendo maggiori diritti, tutelare i giornalisti e le giornaliste maggiormente esposte, combattere il fenomeno delle querele temerarie;
5) ad adottare iniziative di competenza per procedere, il più celermente possibile all'applicazione della legge 28 dicembre 2015, n. 220, «Riforma della RAI e del servizio pubblico radiotelevisivo» e in prospettiva per procedere a una revisione complessiva del sistema di governance, adottando modelli per le modalità di nomina degli organi e di gestione del servizio pubblico e della concessionaria che ne assicurino l'effettiva indipendenza del condizionamento dei partiti politici;
6) a farsi promotore attivo presso le istituzioni dell'Unione europea della discussione della proposta di legge sui servizi digitali (Digital services act – Dsa: proposta di regolamento COM(2020)825 sul mercato unico dei servizi digitali che modifica la direttiva 2000/31/CE), considerando il rapido mutamento globale in atto che vede l'ibridazione dei soggetti produttori di contenuti, fornitori di rete e infrastrutture tecnologiche, tenendo il fine di evitare un oligopolio globale che annulli le differenze, le peculiarità e le specificità esistenti considerato che il ruolo delle infrastrutture non è neutrale ed è presumibile che sarà sempre più in grado di influenzare i contenuti, in tal modo ostacolando potenzialmente il pluralismo dell'informazione;
7) a considerare la convergenza dei settori delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie dell'informazione come un sistema interconnesso che deve essere disciplinato da un unico ed efficace quadro normativo, anche al fine di tutelare la diversità culturale e linguistica, per assicurare la difesa del pluralismo dei mezzi di informazione e la protezione dei fruitori dei contenuti;
8) ad adottare le iniziative di competenza per garantire lo sviluppo equilibrato di un mercato concorrenziale, individuando la «quota di mercato significativa» alla luce del mutato contesto tecnologico che ha generato realtà di mercato più complesse rispetto al momento storico in cui sono state emanate le norme regolatorie degli stessi, al fine di garantire la concorrenza effettiva e scongiurare casi di influenze significative in grado di distorcere il mercato stesso, lasciando ai singoli Stati il potere di adottare norme specifiche conformi alla situazione nazionale in modo che si preservi il pluralismo, tutelando anche l'istruzione e la cultura specifica di ogni singolo Paese;
9) ad adottare le iniziative di competenza per perseguire l'obiettivo generale della tutela del pluralismo e della libertà di manifestazione del pensiero, all'interno del circuito dei numerosi mezzi di comunicazione oggi utilizzabili, sulla base di quanto disposto dalla legge di delegazione europea 22 aprile 2021, n. 53, e a fronte delle due istruttorie dell'Agcom in applicazione dell'articolo 4-bis del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, convertito dalla legge 27 novembre 2020, n. 159;
10) ad adottare iniziative per prevedere forme di tutela di bambini e bambine, adolescenti e delle fasce a maggiore rischio di povertà educativa attraverso lo sviluppo di una visione critica (critical thinking) e di miglioramento della media literacy attraverso la creazione di percorsi di educazione all'uso critico dei media, senza i quali sono più facilmente preda di fenomeni di disinformazione a discapito dell'ampliamento degli spazi conoscitivi;
11) a favorire, per quanto di competenza, la formazione continua degli operatori del servizio pubblico radiotelevisivo sul presupposto della considerazione del pluralismo come manifestazione di competenze tematiche, espressive, tecniche, deontologiche come auspicabile negli ecosistemi comunicativi digitali;
12) a favorire, anche attraverso la piena attuazione della legge n. 92 del 2019 sull'educazione civica, l'accesso consapevole dei giovani all'informazione, soprattutto a quella mutuata dalle piattaforme «social», contrastando il fenomeno delle fake news;
13) ad adottare iniziative per tutelare e sostenere il comparto dell'editoria in modo tale che l'informazione pluralistica non soggiaccia esclusivamente a logiche di mercato o algoritmiche;
14) ad adottare tutte le iniziative utili, d'intesa con l'Ordine dei giornalisti, a far sì che l'accesso alla professione di giornalista risulti uniformata a stringenti criteri di competenza, autonomia e formazione, proprio in ragione del ruolo fondamentale rivestito dal giornalismo nell'ottica di inveramento del principio democratico.
(1-00486) «Liuzzi, Capitanio, Lattanzio, Casciello, Marco Di Maio, Fornaro, Angiola».
Risoluzioni in Commissione:
Le Commissioni VIII e X,
premesso che:
negli ultimi mesi si registra un eccezionale aumento dei prezzi delle materie prime connesse all'attività di costruzione, generalizzato anche a livello europeo;
indagine condotta dal centro studi della Confederazione nazionale artigiani (Cna) dedicata a «La ripresa del settore delle costruzioni tra agevolazioni e aumenti delle materie prime», cui ha partecipato un campione rappresentativo di imprese artigiane, micro e piccole della filiera, che operano nei comparti della installazione di impianti, dell'edilizia e dei serramenti, ha rivelato aumenti indiscriminati e inaccettabili nei prezzi dei materiali, delle materie prime e delle apparecchiature legate all'edilizia, che vanno dal 15 per cento al 70 per cento: soprattutto di metalli, materie plastiche derivate dal petrolio (che ha subìto, anch'esso, un forte apprezzamento), calcestruzzo e bitumi;
anche altri Paesi europei, come Francia, Germania e Regno Unito, stanno denunciando tali rincari; ad esempio, sembra che gli incrementi eccezionali del prezzo base del «ferro-acciaio tondo per cemento armato», tra novembre 2020 e aprile 2021, ha raggiunto il più 74 per cento, in Germania, e il più 68 per cento in Francia;
un'indagine effettuata dall'associazione dei costruttori (Ance) riporta che il Presidente de la Fédération Française du Bàtiment (Ffb), in una recente intervista ha evidenziato, per la Francia, aumenti dei costi dei materiali del più 4,0 per cento per l'alluminio, del più 6,5 per cento per piombo-zinco-stagno, del più 10,3 per cento per il rame, del più 30 per cento per i prodotti in poliuretano, e fino al 30 per cento o 40 per cento per alcuni prodotti in acciaio. Tali aumenti si accompagnano ad una sempre maggiore difficoltà di reperimento di tali forniture, situazione questa eccezionale che rende inadeguati i consueti meccanismi di revisione dei contratti portando la Ffb a chiedere al Ministro dell'economia francese di intervenire tempestivamente, dal momento che il Governo francese pone l'edilizia tra i settori centrali per la ripresa post-Covid;
anche il Regno Unito, come si legge in un recente articolo pubblicato l'11 marzo 2021, sottolinea le difficoltà di approvvigionamento dei materiali e il forte rincaro dei prezzi di alcuni materiali, come ad esempio del legno e compensato, più 20 per cento circa, e ghiaia-sabbia-argilla, più 19 per cento;
in generale, ricerche varie effettuate da Ance e Cnr evidenziano un incremento eccezionale del prezzo base del «ferro-acciaio tondo per cemento armato» pari a circa 117 per cento, nel periodo novembre 2020 – aprile 2021, dei metalli del 20,8 per cento, con punte che superano il più 50 per cento; incrementi superiori al 40 per cento dei polietileni, del 17 per cento del rame, del 34 per cento del petrolio e derivati, del 15 per cento del bitume, del 10 per cento del cemento a gennaio 2021, rispetto al mese precedente. I materiali termoisolanti hanno raggiunto il più 16 per cento con punte che oscillano tra il più 25 per cento e il più 50 per cento; i materiali per gli impianti il più 14,6 per cento, con punte che superano il più 25 per cento, e il legno il più 14,3 per cento. È elevata anche la crescita per altri materiali, che oscilla tra il più 9,4 per cento di malte e collanti e il più 11,3 per cento dei laterizi, così come i ponteggi, il cui costo è passato dai 15 euro a 24 al metro quadrato;
si tratta di incrementi che vanno ben oltre l'alea contrattuale, travalicando le normali fluttuazioni del mercato e il quadro potrebbe addirittura peggiorare, visto che il trend sembra destinato ad aumentare per i prossimi mesi;
tale eccezionale aumento dei prezzi dei materiali da costruzione è imputato ad una serie di fattori congiunturali internazionali, largamente connessi all'emergenza epidemiologica mondiale in atto da COVID-19; infatti, il contesto si presenta anomalo in seguito della crisi pandemica e caratterizzato da una scarsità di offerta dovuta alle ripetute chiusure, industriali e commerciali in quasi tutta Europa e più in generale nel mondo;
sembra che diversi produttori stiano incontrando problemi tecnici nel riavviare la produzione bloccata dall'emergenza da COVID-19 e, quindi, la ripresa della produzione di materiali di costruzione è lenta e insufficiente a soddisfare la domanda attuale;
il 72 per cento delle imprese, secondo la Cna addebita la fiammata dei prezzi, in parte o del tutto, ai comportamenti speculativi della catena di fornitura;
certamente, nel 2020, l'incertezza legata al COVID-19 ha scoraggiato gli acquisti e incoraggiato l'esportazione, con Cina, Corea del Sud e altri Paesi asiatici, che hanno importato enormi quantità di materia prima, e pertanto, attualmente, si è verificata una estrema riduzione delle scorte europee; un'altra causa è attribuibile all'aumento repentino del petrolio, che ha determinato un aumento dei costi di trasporto e fabbricazione delle altre materie prime; componente inflattiva questa probabilmente destinata ad assorbirsi in parte, in virtù della stabilizzazione prevista del prezzo del petrolio nel corso dell'anno;
inoltre, l'ultimo rapporto dell'Ocse di dicembre 2020 registra un improvviso incremento della domanda del settore delle costruzioni in Cina, che, nel settore dell'acciaio, rappresenta il 50 per cento della produzione e del consumo mondiale e il cui settore delle costruzioni ne assorbe il 40 per cento; l'aumento di domanda operato dal mercato cinese e l'assenza di scorte ha causato un'impennata notevole del prezzo dell'acciaio. A ciò si aggiunge una notevole dilatazione dei tempi di consegna di tale materiale stimabile in 6-8 mesi;
la situazione che si è venuta a creare, per il forte rincaro di alcune importanti materie prime connesse all'attività di costruzione, sta mettendo in seria difficoltà le imprese, già duramente colpite da una crisi settoriale in atto ormai da oltre dieci anni e acuita nel periodo di emergenza da COVID-19; le difficoltà riguardano soprattutto le imprese impegnate nella fase realizzativa di commesse, sia pubbliche che private, aggiudicate nei mesi precedenti ai rincari stessi;
gli osservatori prevedono condizioni di assorbimento del prezzo dei materiali, con un livello generale che dovrebbe scendere nel corso della seconda parte dell'anno ma posizionarsi, comunque, su un livello significativamente più alto rispetto al 2020;
secondo gli operatori del settore, l'origine degli aumenti di prezzo dei materiali edili non risulta collegata all'utilizzo della misura fiscale «Superbonus 110 per cento»; ciò sia in considerazione del fatto che tale agevolazione ha iniziato a produrre i primi effetti reali sul mercato solo a partire dal febbraio scorso, quando gli aumenti erano già avvenuti, sia perché gli aumenti di prezzo sono denunciati anche da altri settori industriali come ad esempio l'automotive; inoltre, i fenomeni di rialzo dei prezzi dei materiali coinvolgono anche i mercati internazionali e non sono, quindi, collegati a dinamiche interne al mercato italiano;
lo scenario si presenta drammatico, poiché l'importante aggravio economico, nell'attuale ridotto margine di guadagno delle imprese già fortemente ridotto nel 2020 dalla pandemia, rischia di creare fallimenti delle imprese, bloccare i cantieri e frenare gli interventi già in corso, mettendo a rischio quelli previsti dal «Recovery Plan», qualora non si intervenga tempestivamente;
le difficoltà si presentano anche per le pubbliche amministrazioni sia per la preparazione delle gare di lavori pubblici su prezzari ormai non corrispondenti alla realtà del mercato, sia per il frequente ricorso a perizie di variante che alzano i prezzi delle opere o addirittura superano i limiti previsti dal codice dei contratti pubblici e richiedono nuove procedure di affidamento;
infatti, il codice dei contratti pubblici non prevede adeguati meccanismi revisionali appropriati al contesto attuale e i contratti non risultano più economicamente sostenibili per le imprese, nonostante gli sforzi messi in campo per rispettarli;
gli aumenti hanno avuto ripercussioni negative anche in tutti i lavori edili che stanno per partire relativi al «Superbonus 110 per cento» i cui preventivi devono essere adeguati, col rischio per le imprese di ritardare l'avvio dei lavori o, addirittura, di perdere gli ordini da parte dei committenti; infatti, il «Superbonus del 110 per cento», per efficienza energetica e ristrutturazione antisismica, e la riconferma degli incentivi statali per il rifacimento delle facciate e ristrutturazioni hanno creato grandi aspettative alle imprese e, nonostante le difficoltà e complessità delle procedure previste, hanno comunque creato una mole di nuove richieste di interventi nel settore dell'edilizia e dell'impiantistica che ora rischiano di vanificarsi;
un altro settore che risente pesantemente l'incremento dei prezzi è la ricostruzione post-terremoto del centro Italia in via di partenza; molte imprese edili non riescono, infatti, a far partire i cantieri, nonostante gli ordini di lavori già approvati con decreto, poiché i fornitori non consegnano i materiali, in attesa di nuovi listini con aumenti dei prezzi di oltre il 30 per cento, in particolare per il ferro e il calcestruzzo; secondo la Cnr tali aumenti impattano pesantemente sul prezzario per le opere della ricostruzione post sisma, che era già inadeguato e sottostimato almeno del 30 per cento, rispetto ai prezzi dei materiali per l'esecuzione dei lavori;
inoltre, l'ondata del rincaro dei prezzi dei materiali, che incide sul costo di costruzione delle infrastrutture e delle manutenzioni, potrà avere ripercussioni anche sui servizi pubblici locali, con rincari tariffari a carico dei cittadini per assicurare il rispetto del pareggio di bilancio da parte degli enti gestori;
occorrerebbe, pertanto, un meccanismo di compensazione urgente e straordinario per i lavori eseguiti nel corso del 2021, attraverso il quale riconoscere alle imprese gli incrementi eccezionali intervenuti e ricondurre i rapporti negoziali nel perimetro di un equilibrio sinallagmatico;
soprattutto occorrerebbero interlocuzioni urgenti del nostro Governo con la Commissione europea, anche tenendo conto le segnalazioni effettuate da altri Paesi dell'Unione europeo, allo scopo di individuare iniziative comuni per far fronte ad una situazione che interessa tutta l'Europa, in un momento cruciale per la realizzazione di infrastrutture e in generale per la promozione del settore delle costruzioni, considerato tra i settori centrali per la ripresa post pandemia da COVID-19, nonché per abbattere eventuali fenomeni speculativi e tutelare gli operatori del settore;
un provvedimento di carattere straordinario è stato già adottato in passato, con l'articolo 1 del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201, al fine di «fronteggiare gli aumenti repentini dei prezzi di acquisto di alcuni materiali da costruzione verificatisi nel corso del 2008»;
tale decreto, sulla base di apposite rilevazioni effettuate con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prevede l'individuazione delle variazioni percentuali su base semestrale superiori all'otto per cento dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi e stabilisce un meccanismo di compensazioni per le imprese, applicando alle quantità dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori nell'anno 2008 le variazioni in aumento o in diminuzione dei relativi prezzi, con riferimento alla data dell'offerta, eccedenti l'8 per cento se riferite esclusivamente all'anno 2008 ed eccedenti il 10 per cento complessivo se riferite a più anni; lo stesso decreto ha istituito anche un fondo per l'adeguamento prezzi nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per i casi di insufficienza di risorse prevalentemente recuperate attraverso l'utilizzo delle somme appositamente accantonate per imprevisti o delle somme a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento, oppure attraverso la rimodulazione dei lavori e delle relative risorse presenti nell'elenco annuale dei lavori pubblici della stazione appaltante;
occorre intervenire tempestivamente per bloccare l'enunciata crisi del settore edile e delle infrastrutture,
impegnano il Governo:
ad adottare iniziative per far fronte tempestivamente alle condizioni critiche verificatesi nel settore delle costruzioni, a causa del rialzo eccezionale dei prezzi dei materiali edili e delle difficoltà di approvvigionamento denunciate dalle imprese, per evitare una crisi incontrollabile del settore che potrebbe mettere a rischio gli interventi in corso e quelli previsti dal «Recovery Plan»;
ad adottare iniziative urgenti per l'attuazione di un esteso monitoraggio e di una rilevazione dell'andamento dei prezzi delle materie e dei materiali più significativi utilizzati nel campo delle costruzioni per il primo trimestre del 2001, rispetto agli anni precedenti;
a verificare le difficoltà riscontrate dalle stazioni appaltanti, soprattutto da regioni ed enti locali, sia per la preparazione delle gare di lavori pubblici su prezzari ormai non corrispondenti alla realtà del mercato, sia per il frequente ricorso a perizie di variante che alzano i prezzi delle opere;
ad adottare le iniziative urgenti di competenza, in accordo con le regioni e le province autonome, per attuare un aggiornamento dei prezzari dei materiali connessi all'attività di costruzione, che corrispondano alla situazione reale del mercato, da far adottare dalle stazioni appaltanti;
ad assumere le occorrenti iniziative di competenza per un confronto con la Commissione europea sul rialzo dei prezzi dei materiali, delle materie prime e delle apparecchiature legate all'edilizia, anche tenendo conto le segnalazioni effettuate da altri Paesi dell'Unione europea, allo scopo di individuare iniziative comuni per far fronte ad una situazione che interessa tutta l'Europa, in un momento cruciale per la realizzazione di infrastrutture e, in generale, per la promozione del settore delle costruzioni, considerato tra i settori centrali per la ripresa post pandemia da COVID-19, nonché per abbattere eventuali fenomeni speculativi e tutelare gli operatori del settore;
ad adottare per quanto di competenza, iniziative normative urgenti di carattere straordinario, che introducano meccanismi di compensazione per le imprese, per i lavori eseguiti nel corso del 2021, riconoscendo alle stesse imprese gli incrementi eccezionali dei prezzi dei materiali connessi all'attività di costruzione, al fine di riequilibrare i rapporti negoziali tra imprese e stazioni appaltanti;
a valutare la possibilità dell'applicazione del meccanismo compensativo previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201, o comunque ad adottare iniziative per prevedere un meccanismo analogo, ove le compensazioni in aumento possano essere coperte attraverso: le somme appositamente accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento; le eventuali ulteriori somme a disposizione della stazione appaltante per lo stesso intervento, nei limiti della relativa autorizzazione di spesa; le somme derivanti da ribassi d'asta; le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza dei soggetti aggiudicatori, nei limiti della residua spesa autorizzata;
ad adottare le occorrenti iniziative di carattere normativo per l'istituzione di un apposito Fondo per l'adeguamento prezzi, da istituire nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, indirizzato a compensare i maggiori costi delle stazioni appaltanti, in caso di insufficienza delle risorse a disposizione, secondo modalità da definire che comunque garantiscano la parità di accesso per la piccola, media e grande impresa di costruzione, nonché la proporzionalità per gli aventi diritto nell'assegnazione delle risorse.
(7-00662) «Lucchini, Binelli, Rixi, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Dara, Eva Lorenzoni, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto».
La III Commissione,
premesso che:
l'ultimo rapporto annuale dello United Nations Assistance Mission in Afghanistan (Unama) pubblicato lo nel febbraio 2021, ha documentato, nel 2020, 8.820 vittime civili derivanti dal conflitto (3.035 morti e 5.785 feriti), con un calo di circa il 15 per cento rispetto al 2019;
ad aprile 2021, lo stesso Unama ha registrato, nel primo trimestre dell'anno in corso, 1.783 vittime civili (573 morti e 1.200 feriti), con un incremento rispetto allo stesso periodo del 2020 di circa il 29 per cento;
in particolare, nel primo trimestre del 2021 è aumentato del 37 per cento il numero delle donne rimaste uccise o ferite, mentre si è registrato un aumento di bambini vittime pari al 23 per cento;
secondo l'attività di osservazione della missione delle Nazioni Unite, in Afghanistan le vittime civili sarebbero aumentate con l'avvio dei colloqui di pace tra le componenti afghane, iniziati a Doha a settembre del 2020. In larga parte i civili sarebbero vittime di attacchi condotti dai Talebani (43,5 per cento) e dall'esercito nazionale afghano (17 per cento);
l'8 maggio 2021, diverse esplosioni hanno colpito una scuola nella zona di Dasht-i Barchi, quartiere a maggioranza sciita, a Kabul. L'attacco ha provocato la morte di 85 giovani studentesse, mentre altre 130 sono rimaste ferite. L'attacco era mirato alle studentesse poiché nella scuola si studia in tre turni e la deflagrazione è avvenuta mentre stavano uscendo dall'edificio;
a fine aprile 2021, una residenza per studenti nella provincia di Logar, situata a Sud di Kabul era stata attaccata con una autobomba, provocando la morte di 30 studenti e, sempre nella stessa area, l'anno precedente l'Isis aveva attaccato altre strutture educative, provocando la morte di oltre 50 studenti;
a poca distanza dal brutale attacco alle studentesse nella notte tra il 9 e il 10 maggio 2021, una bomba, posizionata sul ciglio di una strada nella provincia di Kabul, ha colpito un autobus uccidendo almeno 11 persone e ferendone 28;
tre giovani donne che lavoravano a Jalalabad, presso l'emittente televisiva Enikaas e che avevano un'età compresa tra i 20 e i 26 anni, erano state in precedenza uccise con attacchi mirati e pressoché simultanei il 2 marzo 2021. Una fonte locale ha confermato che l'agenzia di intelligence nazionale era stata informata di possibili minacce contro i dipendenti dell'emittente radiotelevisiva;
un altro attacco letale contro una donna si era verificato anche la mattina del 4 marzo 2021, sempre a Jalalabad, dove una dottoressa era stata uccisa in un'esplosione di un ordigno artigianale attaccato a un risciò su cui viaggiava. La dottoressa Sadaf lavorava per il reparto maternità di un ospedale pubblico nella provincia di Nangarhar; un episodio simile si era verificato il 10 dicembre 2020, quando Maialai Maiwand, giornalista della stessa stazione televisiva di Nangarhar, era stata uccisa con il suo autista in un attacco contro il loro veicolo, sempre a Jalalabad. Maiwand era anche un attivista per i diritti delle donne;
il citato rapporto annuale Unama ha documentato che 11 attivisti per i diritti umani e operatori dei media sono stati uccisi in attacchi mirati in Afghanistan, poco più di 4 mesi, dal 12 settembre 2020, quando erano iniziati i negoziati preliminari ai colloqui di pace intra-afghani;
nonostante gli sforzi diplomatici profusi, la situazione in tutto il Paese è estremamente critica. Anche nella provincia di Kandahar, situata al confine con il Pakistan, nei mesi scorsi si è registrato un aumento degli scontri tra le forze di sicurezza afghane e i talebani, con questi ultimi impegnati a riprendere il controllo della capitale, seconda città per numero di abitanti dell'Afghanistan. Qui i talebani hanno già preso il controllo della diga di Dahla Dam, punto strategico che rifornisce irrigazione agli agricoltori e acqua potabile alla provincia, mentre la provincia di Nangarhar, nella parte orientale del Paese, sempre al confine con il Pakistan, è in buona parte occupata dall'Isis;
il presidente statunitense Joe Biden ha ordinato il ritiro delle truppe entro l'11 settembre 2021, a 20 anni dall'inizio della guerra nel Paese;
tra i risultati più importanti della missione internazionale vi è sicuramente l'accesso delle donne a istruzione e lavoro. In particolare, negli ultimi anni, le donne sono passate dall'essere praticamente invisibili nella vita pubblica al rientro nelle scuole e nelle università, tornando in ufficio e diventando anche deputate all'assemblea legislativa;
anche sul piano normativo, sono stati fatti passi importanti: il riconoscimento dell'uguaglianza di genere nel testo della nuova Costituzione; l'introduzione di una legge contro la violenza sulle donne nel 2009 (Evaw Law); l'approvazione di un piano nazionale per le donne (Napwa) nel 2008; la ratifica della Convenzione Onu per eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (Cedaw) nel 2003; l'approvazione in un piano nazionale per il coinvolgimento delle donne nel processo di pace nel 2015, anche se non pienamente implementato;
sotto il regime oscurantista dei Talebani, alle ragazze era vietato frequentare la scuola e alle donne non era permesso lavorare fuori casa o apparire in pubblico senza una copertura integrale per il corpo e una scorta maschile. Chi trasgrediva a queste regole veniva fustigata in pubblico o giustiziata;
in un rapporto non classificato, pubblicato dalle agenzie di intelligence statunitensi il 4 maggio 2021, si afferma che i talebani rimangono sostanzialmente coerenti nel loro approccio restrittivo ai diritti delle donne e che si annullerebbero gran parte dei progressi degli ultimi due decenni se il gruppo riconquistasse il potere nazionale, concludendo che i diritti delle donne in Afghanistan realizzati negli ultimi due decenni saranno quasi sicuramente a rischio dopo l'annunciato ritiro delle truppe statunitensi entro la fine dell'anno,
impegna il Governo:
a continuare ad adoperarsi affinché il Governo afghano promuova la protezione dei diritti umani e in particolare delle donne in Afghanistan garantendo loro una adeguata protezione dagli attacchi, intensificati negli ultimi mesi;
a promuovere e supportare, in ambito multilaterale, ogni utile iniziativa per garantire l'effettiva promozione dei diritti umani e in particolare delle donne in Afghanistan e per scongiurare che i progressi compiuti in questi anni vengano vanificati, assicurando loro il diritto all'istruzione, al lavoro e alla vita sociale.
(7-00664) «Grande, Di Stasio, Emiliozzi».
La VIII Commissione,
premesso che:
il decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111 (cosiddetto «Decreto Clima»), convertito dalla legge 12 dicembre 2019, n. 141, ha previsto, all'articolo 5, l'organizzazione di una struttura specifica che, nei casi di contenzioso a seguito di condanne della Corte di giustizia dell'Unione europea, possa intervenire per coordinare le attività tecniche, amministrative e di prevenzione delle illegalità nei siti di discariche non bonificate o nei siti contaminati;
attualmente, questo intervento straordinario è assicurato dall'Arma dei Carabinieri che lo esercita attraverso un Commissario Unico, nella figura di un Generale di Brigata nominato il 24 marzo 2017 e confermato il 31 marzo del 2021 dal Governo, che opera con una task-force dell'Arma dei Carabinieri composta da personale specializzato nel numero di dieci militari, di cui tre ufficiali;
nei quattro anni di esercizio di questa missione relativa alla procedura di infrazione europea n. 2003/2077, i risultati sono stati lusinghieri in quanto, sugli 81 siti commissariati, ne sono stati bonificati o messi in sicurezza 51 e si ritiene che, entro il 2024, quindi in sette anni dalla nomina, il contenzioso potrebbe essere azzerato, senza aver utilizzato deroghe specifiche alle norme vigenti e senza aver originato ulteriori contenziosi;
questo è stato ottenuto grazie alla collaborazione attuata con tutti i soggetti istituzionali interessati principalmente comuni, provincie, regioni, Agenzie regionali per la protezione ambientale, Ministero per la transizione ecologica, stazioni appaltanti pubbliche, ma anche enti di ricerca e università, procure della Repubblica, prefetture-uffici territoriali di Governo, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e Sistema nazionale per la protezione ambientale (Snpa), Ministero dell'interno, Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e quindi attraverso la condivisione con questi soggetti pubblici territoriali e centrali impegnati nel risanamento del territorio;
per raggiungere tale risultato è stata essenziale l'opera di coordinamento, decisionale e di responsabilità esercitata dal Commissario, attraverso la contabilità speciale di cui lo stesso è dotato, attraverso la task-force dell'Arma dei Carabinieri, e attraverso l'utilizzo, altresì, per tali compiti, anche dei Comandi territoriali e dei reparti di specialità dell'Arma;
questo metodo di una struttura semplificata e snella di appena una decina di militari, ma che pone a fattore comune, attraverso il coordinamento, la valorizzazione della ricchezza professionale e di esperienze delle diverse entità statuali e territoriali nazionali, può essere performante sia relativamente ai risultati ottenuti e sia per l'impiego di risorse economiche e umane (risultati ed economie ottenute anche attraverso l'analisi e il monitoraggio permanente delle soluzioni disponibili sul mercato e l'impiego delle migliori e delle più sostenibili tecnologie) in misura fortemente ridotta e non ridondante, anche per un intervento quindi non solo in casi eccezionali o straordinari come quello del contenzioso europeo, ma anche nei casi di risanamento ordinario del territorio;
nel nostro Paese, i dati diffusi da Ispra conteggiano quali siti di discarica siano da bonificare o mettere in sicurezza: è stato rilevato il numero di 29.900 Sir (Siti d'interesse regionale) e di 42 Sin (Siti d'interesse nazionale), pari allo 0,6 per cento del territorio nazionale, oltre a numerosi altri siti di discariche abusive posti fuori Sir o fuori Sin da recuperare all'uso ordinario e alla riutilizzazione per altri usi, disinquinando porzioni di territorio, producendo la salubrità dell'ambiente circostante e la salute per i cittadini;
il risanamento del territorio dagli inquinamenti pregressi rappresenta una forma di restituzione di porzioni di territorio ai cittadini e di contrasto al consumo di suolo, nonché di transizione verso livelli di benessere dei cittadini che mette in moto fondi per una economia circolare e sostenibile con livelli ambientali più consoni alla collettività,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, per prevedere l'estensione delle competenze e degli obbiettivi dell'attuale struttura commissariale, rivedendone l'assetto vigente e, in particolare, facendo sì che:
a) la struttura sia posta alle dipendenze funzionali del Ministero della transizione ecologica e rappresenti il braccio operativo del Governo per il risanamento del territorio con il compito di promuovere e coordinare l'esecuzione e la composizione degli iter amministrativi da adottare, le scelte tecnologiche da assumere, le azioni di prevenzione e contrasto da porre in atto per assicurare il pieno rispetto della legge nei procedimenti amministrativi, il libero mercato dei migliori progetti e delle realizzazioni e la più ampia partecipazione degli imprenditori alle gare;
b) siano assicurati il coordinamento, l'assunzione di responsabilità e la definizione in termini temporali degli iter amministrativi e di riduzione dei costi, che devono essere i principali vantaggi, gli importanti pre-requisiti e i caratteri fondanti di questo tipo di struttura, il cui personale deve mantenere una dipendenza gerarchica, per vocazione naturale, dal Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari (Cufa) dell'Arma dei Carabinieri;
c) al vertice della struttura medesima sia nominato un commissario unico di Governo scelto nel ruolo dei generali dell'Arma dei carabinieri;
d) la struttura a regime sia composta da 15 militari, di cui quattro ufficiali, un luogotenente, un maresciallo, due brigadieri, quattro appuntati, tre carabinieri con sede presso il suddetto Cufa, con un costo annuale massimo di euro 550.000 (per le spese relative ad autovetture, carburante, manutenzioni, acquisto e manutenzioni apparecchiature, formazione, divulgazione e comunicazione, spese per ore rese in regime di lavoro straordinario e missioni), al netto degli oneri stipendiali;
e) da un punto di vista operativo, siano individuati i siti da bonificare, sia pubblici che privati, nei quali è necessario intervenire in via prioritaria, tenuto conto della situazione di rischio sanitario e ambientale presente nell'area e del pregiudizio per le attività economiche in corso o da avviare nel sito, tanto con riferimento ai Sin e ai siti «orfani», nei quali gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale non sono stati avviati o non sono ancora conclusi, tanto con riferimento ai Sir o altri siti di discariche abusive posti fuori dal perimetro dei Sir, per i quali occorre procedere sulla base di specifiche intese con le regioni;
f) per tali siti così selezionati, tra cui anche i siti di discarica non oggetto di sentenza di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea, la struttura operativa abbia l'obiettivo di assicurare, in tempi celeri, la bonifica o la messa in sicurezza attraverso le attività procedimentali, di supporto operativo, di coordinamento e decisionali nel quadro composito delle sinergie da attuare con gli enti territoriali;
g) la struttura si coordini con gli altri enti competenti, in particolare con l'Ispra e l'istituto superiore di sanità.
(7-00663) «Morassut, Braga, Buratti, Pellicani, Pezzopane, Morgoni».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta in Commissione:
DE MENECH. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo l'articolo 4 del decreto-legge n. 44 del 2021, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza per tutti gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali, è obbligatoria e gratuita la vaccinazione per la prevenzione dell'infezione da Sars-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'idoneità all'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative;
dall'obbligo vaccinale del personale sanitario sono esclusi solo quei sanitari a cui la vaccinazione può nuocere alla salute;
infine, in caso di accertata mancata vaccinazione, si prevede la sospensione dall'esercizio della professione sanitaria e la prestazione dell'attività lavorativa da parte degli operatori sanitari. La sospensione ha efficacia fino all'assolvimento dell'obbligo vaccinale e comunque fino al 31 dicembre 2021 e, in questo periodo non è dovuta la retribuzione o altro compenso o emolumento. Il datore di lavoro può comunque adibire, se possibile, il lavoratore a mansioni equivalenti o inferiori con il trattamento economico corrispondente;
nonostante la normativa sia chiara a quasi due mesi dall'entrata in vigore dell'obbligo vaccinale, i lavoratori del settore sanitario italiano che non hanno ricevuto nemmeno una dose del vaccino anti Covid sono ancora 84 mila, con una media nazionale poco superiore al 4 per cento (in alcune regioni si arriva anche al 15 per cento);
in particolare, si apprende da organi di stampa, che presso l'Ussl Dolomiti (Belluno) ci sono ben 52 operatori sanitari non vaccinati e che tre di loro hanno anche fatto ricorso contro la stessa Azienda sanitaria, per altro perdendolo;
l'azienda, dal canto suo, non sembra aver preso alcun provvedimento nei confronti del personale sanitario non vaccinato, anche verso coloro che non solo hanno rifiutato il vaccino per libera scelta, ma hanno fatto ricorso contro la stessa azienda;
è necessario fare chiarezza sulla situazione e di tutelare tutto il personale e i pazienti nelle strutture sanitarie –:
quanti siano ad oggi i sanitari sospesi dal servizio o affidati ad altra mansione per aver rifiutato, per scelta personale, di sottoporsi alla vaccinazione contro il COVID-19;
se sia al corrente dei fatti avvenuti presso l'Ussl Dolomiti e se non intenda adottare iniziative urgentemente, per quanto di competenza, al fine di acquisire ogni elemento utile sulla vicenda.
(5-06042)
Interrogazioni a risposta scritta:
CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato da Manlio Dinucci, ne «il Manifesto», il 17 maggio 2021, «il portavoce delle Forze israeliane Zilberman, annunciando l'inizio del bombardamento di Gaza, ha specificato che “prendono parte all'operazione 80 caccia, inclusi gli avanzati F-35”. È ufficialmente il battesimo di fuoco dei caccia di quinta generazione della statunitense Lockheed Martin, alla cui produzione partecipa anche l'Italia quale partner di secondo livello»;
Israele, che ha già ricevuto dagli Usa 27 F-35, ha deciso, nel febbraio 2021, di acquistarne non più 50, ma 75. A tal fine il Governo israeliano ha decretato un ulteriore stanziamento di 9 miliardi di dollari: 7 provenienti dall'«aiuto» militare gratuito di 28 miliardi di dollari concesso dagli Usa a Israele, 2 concessi come prestito dalla Citibank statunitense;
mentre i piloti israeliani di F-35 vengono addestrati dalla U.S. Air Force in Arizona e in Israele, il Genio dello US Army costruisce in Israele speciali hangar rinforzati per gli F-35, adatti sia per la massima protezione dei caccia a terra, sia per il loro decollo rapido quando vanno all'attacco. Allo stesso tempo le industrie militari israeliane [...], in stretto coordinamento con la Lockheed Martin, potenziano il caccia, ribattezzato «Adir» (Potente): soprattutto la sua capacità di penetrare le difese nemiche e il suo raggio d'azione, che è stato quasi raddoppiato;
gli F-35A, che si aggiungono alle centinaia di cacciabombardieri già forniti dagli Usa a Israele, sono progettati per l'attacco nucleare, in particolare con la nuova bomba B61-12 che gli Stati Uniti forniranno anche a Israele, unica potenza nucleare in Medioriente, con un arsenale stimato in 100-400 armi nucleari. Se Israele raddoppia il raggio d'azione degli F-35 e sta per ricevere dagli Usa 8 aerei cisterna Pegasus della Boeing per il rifornimento in volo degli F-35, è perché secondo l'interrogante si prepara a sferrare un attacco, anche nucleare, contro l'Iran;
le forze nucleari israeliane sono integrate nel sistema elettronico Nato, nel quadro del «Programma di cooperazione individuale» con Israele, Paese che, pur non essendo membro della Alleanza, è integrato con una missione permanente nel quartier generale della Nato a Bruxelles. Nello stesso quadro, la Germania ha fornito a Israele 6 sottomarini Dolphin modificati per il lancio di missili nucleari [...];
la cooperazione militare dell'Italia con Israele è divenuta legge della Repubblica (legge 17 maggio 2005 n. 94). Essa stabilisce una cooperazione a tutto campo, sia tra le forze armate che tra le industrie militari, comprese attività che restano segrete perché soggette all'«Accordo di sicurezza» tra le due parti;
Israele ha fornito all'Italia il satellite Opsat-3000, che trasmette immagini ad altissima risoluzione per operazioni militari in lontani teatri bellici. Il satellite è collegato a tre centri in Italia e, allo stesso tempo, a un quarto centro in Israele, a riprova della sempre più stretta collaborazione strategica tra i due Paesi;
l'Italia ha fornito a Israele 30 caccia Aermacchi della Leonardo, per l'addestramento dei piloti. Ora può fornirgli una nuova versione, l'M-346 FA (Fighter Attack), che – specifica la Leonardo – serve allo stesso tempo per l'addestramento e per «missioni di attacco al suolo con munizionamenti di caduta da 500 libbre e munizionamenti di precisione capaci di aumentare il numero di obiettivi da colpire contemporaneamente». La nuova versione del caccia – sottolinea la Leonardo – è particolarmente adatta a «missioni in aree urbane», dove caccia pesanti «vengono spesso utilizzati in missioni poco paganti e con alti costi operativi» –:
di quali informazioni disponga il Governo e quali siano le sue intenzioni in merito a quanto esposto in premessa.
(4-09301)
CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato su Il Manifesto, nell'articolo «Ordine Usa contro la Russia: Italia sull'attenti» di Manlio Dinucci, il 20 aprile 2021, «Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Di Maio e il Ministro della difesa Guerini sono stati convocati d'urgenza al quartier generale della Nato a Bruxelles, per una riunione straordinaria del Consiglio Nord Atlantico il 15 aprile: il giorno stesso in cui, a Washington, il presidente Biden firmava l'“Ordine esecutivo contro le dannose attività estere del governo russo”. L'ordine non decreta solo espulsioni di diplomatici e sanzioni economiche, come hanno riportato i media. “Se la Russia prosegue o intensifica le sue destabilizzanti azioni internazionali”, stabilisce l'ordine, “gli Stati Uniti imporranno costi tali da provocare un impatto strategico sulla Russia”. Il Consiglio Nord Atlantico avrebbe approvato immediatamente una “Dichiarazione di solidarietà con gli Stati Uniti sulle azioni, annunciate il 15 aprile, per rispondere alle attività destabilizzanti della Russia”, nella quale vengono elencati i capi di accusa alla Russia: “Comportamento destabilizzante e provocatorio, violazione della integrità territoriale di Ucraina e Georgia, interferenza nelle elezioni degli Usa e degli Alleati, vasta campagna di disinformazione, uso di gas nervino contro Navalny, sostegno agli attacchi contro le forze Usa/Nato in Afghanistan, violazione degli accordi sulla non-proliferazione e il disarmo”»;
secondo Dinucci «ad accusare la Russia di aver violato gli accordi sulla non-proliferazione e il disarmo sono gli Stati Uniti, che hanno sempre violato il Trattato di non-proliferazione, schierando armi nucleari in Italia e altri paesi europei, e che hanno stracciato il Trattato Inf riaprendo la via all'installazione di nuovi missili nucleari in Europa. Il giorno prima del Consiglio Nord Atlantico, l'Esercito Usa in Europa ha comunicato che, dovendo ricevere nei prossimi mesi due nuove unità operative, conserverà in Germania tre basi che avrebbe dovuto restituire al governo tedesco. Il giorno dopo il Consiglio Nord Atlantico, gli Stati Uniti hanno annunciato un accordo con la Norvegia, che permette loro di disporre di 4 basi aeree e navali ai confini con la Russia. Nel frattempo è rientrato in Europa il cacciatorpediniere Usa Arleigh Burke, sottoposto a un ammodernamento che ha “accresciuto il raggio e la capacità dei suoi armamenti”. L'Arleigh Burke è una delle 4 unità lanciamissili a spiegamento avanzato della Sesta Flotta, dotata di lanciatori verticali Mk 41 della Lockheed Martin, in grado di lanciare “missili per tutte le missioni: anti-aeree, anti-nave, e di attacco contro obiettivi terrestri” che, agli ordini del Comando delle forze navali Usa in Europa (con quartier generale a Napoli-Capodichino), operano soprattutto nel Baltico e nel Mar Nero». Questa può essere anche equipaggiata con missili Tomahawk, armati di testata convenzionale o di testata nucleare;
Dinucci afferma inoltre che: «Mosca comunica che, dal 24 aprile al 31 ottobre 2021, non sarà concesso alcun passaggio di navi da guerra straniere attraverso le acque territoriali russe in tre aree del Mar Nero. La situazione diverrà ancora più tesa quando, l'estate prossima, si svolgerà nel Mar Nero l'esercitazione Usa-Ucraina Sea Breeze, cui parteciperanno anche altri paesi Nato, con oltre 30 navi, appoggiate da aerei, elicotteri e droni» –:
di quali informazioni disponga il Governo e quali siano le sue intenzioni in merito a quanto esposto in premessa;
se non reputi che questo spiegamento militare possa portare a peggiorare i rapporti con la Russia sollevando un clima di tensione del tutto ingiustificato.
(4-09302)
CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
organi di stampa riportano la notizia secondo la quale una trentina di cittadini europei, tra cui anche italiani, sarebbero stati fermati e detenuti dalle autorità britanniche nei centri per immigrati e poi rimpatriati nei loro Paesi d'origine per aver cercato di introdursi nel Regno Unito per motivi di lavoro ma sprovvisti del visto necessario;
il quotidiano britannico «The Guardian» bolla la vicenda come una «drammatica e umiliante esperienza subìta negli ultimi mesi da altri cittadini europei»;
più precisamente, i cittadini europei, per lo più giovani donne, giunti all'aeroporto di Gatwick, prima di essere espulsi sarebbero stati incarcerati ed una parte di loro sarebbe stata finanche mandata nella prigione Yarl's Wood Immigration Removal Centre, in Bedfordshire un penitenziario che dista circa due ore di auto dal prefato scalo ed al cui interno sarebbero stati riscontrati anche dei casi di positività al COVID-19;
per rendere la misura esatta del trattamento subito dagli europei alle frontiere britanniche è balzata alle cronache la storia di una giovane spagnola di nome Maria, la quale, secondo quanto dalla stessa riferito, dopo essere stata fermata e nonostante la sua dichiarata disponibilità a fare ritorno in patria a proprie spese, veniva condotta e ristretta nel centro di detenzione Yarl's Wood;
episodi similari sono stati descritti anche dal quotidiano «La Repubblica», che ha riportato l'esperienza vissuta da due giovani italiane, Marta e Eugenia, alle quali sarebbe stato sequestrato tutto fino al momento dell'espulsione in particolare il cellulare, al fine di impedire che venissero fotografate le carceri;
gli episodi in parola andrebbero avanti da mesi; la vicenda della connazionale Marta, come spiega sempre La Repubblica, sarebbe avvenuta il 17 aprile 2021; la giovane voleva andare a Londra a fare la ragazza alla pari in casa di suo cugino, tuttavia è stata ritenuta alla stregua di una migrante illegale «senza visto lavorativo» e portata in un carcere vicino all'aeroporto di Heathrow;
è assolutamente inaccettabile il trattamento subito dai nostri connazionali ristretti inspiegabilmente anche per giorni senza alcuna possibilità di comunicare con i propri familiari e trattati alla stregua di criminali;
è necessario un intervento diretto della Farnesina presso le autorità britanniche affinché l'ambasciata italiana possa essere informata repentinamente laddove vengano fermati e detenuti cittadini italiani al fine di garantire loro adeguata assistenza –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare al fine di tutelare i cittadini italiani che, giunti nel Regno Unito, vengono incarcerati e successivamente espulsi al loro arrivo.
(4-09304)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta scritta:
BOLDRINI, BRUNO BOSSIO, COSTANZO, EHM, FASSINA, FRATOIANNI, MURONI, SARLI, SURIANO, TERMINI e TRIZZINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riferito da «The Weapon Watch» (Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei) e ripreso da organi di informazione e siti Internet, un carico di proiettili ad alta precisione destinati al porto israeliano di Ashdod sarebbe stato imbarcato il 13 maggio 2021, a Genova presso il Gpt (Genoa Port Terminal);
le operazioni di imbarco si sarebbero svolte senza che il container – segnalato come contenente esplosivi di classe 1 (esattamente 1.4S) – toccasse la banchina, e quindi dovesse sostare nell'apposita area del terminal destinata alle merci pericolose;
la nave, su cui le munizioni sarebbero state imbarcate, la «Asiatic Island», proveniva da Marsiglia, e sarebbe rimasta a Genova per una dozzina di ore per poi ripartire alle 4 del mattino successivo, 14 maggio 2021;
la «Asiatic Island» avrebbe successivamente imbarcato altri container con merci pericolose nel porto di Livorno;
la «Asiatic Island», batte oggi bandiera di Singapore e raccoglie traffico a Fos sur Mer (Marsiglia), Genova, Livorno, Napoli destinato ad Ashdod e Haifa;
su questa rotta, da alcuni anni svolge il servizio di linea regolare per conto di Zim, la compagnia di Stato israeliana che opera nello shipping, e che ha due sedi principali, a Haifa (il maggior porto israeliano) e a Norfolk (Usa, tra i maggiori porti militari statunitensi, da cui passano regolarmente le navi saudite della Bahri);
in questi giorni, in Israele e in Palestina, è deflagrata una vera e propria guerra civile e non si arrestano gli scambi di bombe e missili tra Israele e Gaza che stanno causando distruzione e ingenti vittime civili –:
se il Governo sia a conoscenza di questi eventi;
se le operazioni descritte di caricamento e trasporto delle merci esplosive nelle aree portuali e sulla nave «Asiatic Island» si siano svolte correttamente e sotto lo stretto controllo degli ufficiali addetti, nel rispetto della sicurezza dei lavoratori direttamente impegnati e presenti nelle aree circonvicine, oltreché della sicurezza della popolazione dei quartieri retrostanti le aree portuali in cui ha operato la nave «Asiatic Island»;
se per queste merci siano state concesse le autorizzazioni ai sensi della legge n. 185 del 1990;
se non intenda il Governo valutare la sospensione dell'export militare italiano verso entità statali e non statali coinvolte negli scontri tra israeliani e palestinesi.
(4-09309)
CULTURA
Interrogazioni a risposta scritta:
SILLI. — Al Ministro della cultura, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
la città di Modena è stata da 1598 al 1859 Capitale del Ducato di Modena, Reggio Emilia, Guastalla, Lunigiana Garfagnana e Massa Carrara;
in tale periodo il Ducato è stato legittimamente governato dai duchi della Casa d'Este prima e dopo il Congresso di Vienna dai duchi della Casa d'Austria Este;
la residenza dei Duchi è attualmente sede della Accademia militare per i futuri ufficiali dell'Esercito e dei Carabinieri;
nella facciata dell'ex Palazzo Ducale, oggi Accademia militare, sono state collocate 5 lapidi che ricordano nell'ordine la Repubblica Cisalpina e Cispadana ed il Regno d'Italia del periodo napoleonico, i membri dei Governi provvisori del 1849 e 1859, il Generale Manfredo Fanti, il dittatore Carlo Farini e le motivazioni del conferimento a Modena della Medaglia d'Oro della Resistenza;
il Ducato di Modena è stato uno dei cinque Antichi Stati che hanno dato vita nel 1861 al Regno d'Italia;
i sempre più numerosi turisti che dall'Italia e dall'estero visitano Modena Capitale non trovano nessun accenno ai Duchi che sono stati parte importante della storia europea per quasi tre secoli, testimoniata tra l'altro nel padiglione modenese alla grande Mostra di Venaria Reale del 2011, nell'ambito delle celebrazioni per il 150 anniversario dell'Unità d'Italia;
sono state avanzate diverse istanze ai Ministri interrogati, tra le quali ad esempio quella dell'ex Ministro Carlo Giovanardi, con lo scopo di richiedere la possibilità di collocare sulla facciata dell'attuale Accademia di una lapide che ricordi ai visitatori i nomi degli antichi abitatori di quel palazzo e le date del loro Governo;
le proposte avanzate hanno già ricevuto riscontro positivo e l'adesione da parte della Accademia di scienze lettere ed arti e della deputazione di storia patria –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della problematica esposta e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di valorizzare la storia di Modena anche attraverso il collocamento sulla facciata dell'attuale accademia militare di una lapide che ricordi i Duchi d'Este e il loro Governo, al fine di non cancellare una parte importante della storia locale, italiana ed europea.
(4-09307)
BALDELLI. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
il decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo del 28 gennaio 2020, «Articolazione degli uffici dirigenziali di livello non generale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo», pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 58 del 7 marzo 2020, ha previsto l'istituzione della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, con sede ad Ascoli Piceno;
ad oggi la nuova soprintendenza non risulta ancora istituita –:
quali siano le motivazioni che hanno impedito l'apertura della soprintendenza di cui in premessa e con quali tempistiche il Ministro interrogato intenda procedere al fine di renderla operativa.
(4-09310)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 24 della Costituzione garantisce l'accesso alla giustizia ai meno abbienti con appositi mezzi disciplinati dal Testo unico in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002;
la procedura dei pagamenti del patrocinio a spese dello Stato presenta gravi criticità, in particolare:
complessità della procedura burocratico-amministrativa;
carenza di personale negli uffici giudiziari;
cronici ritardi delle liquidazioni agli avvocati da parte delle Corti d'appello;
a 5 anni dall'operatività della riforma della compensazione (legge di bilancio 2016 e relativo decreto attuativo) è mancato il conseguimento dell'obiettivo prefissato, ovvero una liquidazione celere; la farraginosità della procedura prevista dalla circolare ministeriale del 3 ottobre 2016 emerge ictu oculi da alcuni passaggi superflui imposti dal percorso normativo, inerenti al procedimento civile e a quello penale, la cui lungaggine grava solo sull'avvocato, con dilatazione dei tempi dei pagamenti;
dall'emissione del decreto di liquidazione del giudice al pagamento da parte della corte d'appello decorrono, in media, due anni e mezzo: il legale è obbligato, intanto, ad emettere fattura elettronica, anticipando il pagamento delle tasse ancor prima di ricevere il compenso liquidato;
nonostante la semplificazione tramite affidamento diretto della procedura al giudice mediante la piattaforma ministeriale Siamm, anche per come generalizzata con la riforma del settembre 2020, le corti d'appello non hanno ancora smaltito le migliaia di fatture elettroniche arretrate provenienti dal distretto di competenza;
è comunque ancora necessario snellire anche la procedura burocratica interna al Ministero, agevolando il finanziamento delle corti d'appello e velocizzando l'arrivo dei fondi;
i tempi di accredito dei compensi liquidati dalle corti d'appello sono costantemente soggetti a rinvii, aumentando il corposo arretrato già esistente;
la situazione è sempre più drammatica, sia per gli avvocati che per i cittadini, vittime della riduzione del numero degli avvocati disponibili, costretti di fatto, ad autofinanziare, per anni, il costo di un servizio erogato dagli avvocati medesimi alla società civile: il tutto si traduce, ad avviso dell'interrogante, in una denegata giustizia, in aperta violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione;
anche se con l'ultima legge di bilancio utili sforzi finanziari sono stati compiuti per soddisfare le aspettative di compenso dei difensori di soggetti ammessi al gratuito patrocinio, tuttavia, solo 40 milioni di euro annui in più sono stati stanziati per il triennio sul capitolo delle spese di giustizia, per il pagamento, oltre che degli ausiliari del giudice, dei compensi dovuti a predetti professionisti e non risultano sufficienti a sbloccare il peso delle liquidazioni pregresse, considerato che da 516 milioni di euro di stanziamento iniziali del 2019 si era passati, ad inizio 2020, ad un presunto stanziamento finale di oltre 620 milioni di euro di bisogno liquidatorio. Infatti, la relazione sullo stato della giustizia del 28 gennaio 2021, nelle poche righe dedicate al gratuito patrocinio, censisce solo 92 milioni di euro accreditati per la corresponsione degli arretrati delle liquidazioni 2019, e a fronte di oltre 1.300 milioni di euro liquidati negli ultimi 4 anni, con un arretrato stimabile almeno nell'orizzonte del 20 per cento;
in tempi di recesso e di emergenza come quelli che si stanno vivendo da oltre un anno, è evidente che, se tali somme fossero effettivamente corrisposte senza accumulare ulteriori e inaccettabili ritardi, verrebbe «tamponata» una parte significativa della carenza di liquidità che sta travolgendo l'avvocatura, senza peraltro la necessità di ulteriori provvedimenti, trattandosi di denaro già stanziato e disponibile –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle descritte criticità, se sia in corso un monitoraggio delle stesse al fine di identificare possibili soluzioni e quali iniziative di competenza intenda adottare per risolvere le problematiche esposte e rendere più celeri le liquidazioni ed i pagamenti dei compensi per il patrocinio a spese dello Stato.
(5-06041)
Interrogazione a risposta scritta:
SGARBI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
Giuseppe Arnone, di professione avvocato cassazionista è in atto recluso presso il carcere di Agrigento dal 10 maggio 2021 per espiare solo ed esclusivamente l'unica sentenza definitiva di condanna che grava sul medesimo relativa al reato di diffamazione a mezzo stampa posto in essere nella qualità di consigliere comunale e di leader di Legambiente e avente per oggetto l'inquinamento del mare di Agrigento;
si specifica e si precisa che il suddetto avvocato Arnone è detenuto solo ed esclusivamente per espiare tale condanna per diffamazione a mezzo stampa e non esiste altro e diverso titolo di detenzione;
la sentenza della Corte europea dei diritti ha condannato lo Stato italiano a risarcire Alessandro Sallusti a seguito di una diffamazione a mezzo stampa e ciò nel 2019;
a seguito di tale sentenza della Corte europea, nel mese di giugno 2020 la Corte costituzionale, presidente Marta Cartabia, attuale Ministro della giustizia, ha emesso l'ordinanza n. 132 del 2020 con la quale ha rinviato la trattazione della questione di legittimità costituzionale ad essa sottoposta, in attesa che il Parlamento proceda a una revisione della disciplina prevista per il reato di diffamazione a mezzo stampa, in linea con i princìpi costituzionali e convenzionali;
in tale ordinanza la Corte costituzionale disponeva che le Corti ed i Tribunali dovessero adeguarsi a tali princìpi e non disporre condanne alla reclusione per la diffamazione a mezzo stampa, la Corte di cassazione, con sentenza del 10 febbraio 2021, ha confermato la condanna alla reclusione a 9 mesi per diffamazione a mezzo stampa per Arnone scrivendo che la pena della reclusione per tale reato non si applica solo quando la diffamazione è posta in essere da un giornalista, mentre il politico, qual è Arnone, va punito per la diffamazione a mezzo stampa con la reclusione;
Arnone ha già richiesto la commutazione della pena della reclusione in pena pecuniaria ai sensi dell'articolo 81, comma undicesimo della Costituzione, con istanza trasmessa al Ministero della giustizia che dovrà trasmetterla al Presidente della Repubblica per la decisione definitiva;
l'avvocato Arnone è una persona particolarmente meritevole per la sua storia di impegno civile, sia quale ambientalista sia quale esponente politico. Da ultimo, nel 2021 in un processo di mafia, avanti la Corte d'appello di Palermo, III sezione penale, il collaboratore di giustizia Franco Cacciatore ha definito Arnone come soggetto «incorruttibile e inavvicinabile» del quale Cosa Nostra aveva già deciso l'omicidio in ragione dell'azione di contrasto del medesimo Arnone in vari appalti e speculazioni di interesse di Cosa Nostra;
il medesimo Arnone ha inviato al Ministro interrogato un analitico esposto relativo alle sue vicende e, prima di essere tratto in arresto, aveva formulato sia domanda di grazia, sia istanza di commutazione della pena, allegando numerosi documenti attestanti i rischi di morte ricostruiti da collaboratori di giustizia –:
se non ritenga di attivare, nei tempi più celeri, le iniziative istruttorie e procedimentali di competenza in relazione all'istanza del detenuto avvocato Arnone di commutazione della pena e quindi di immediata scarcerazione.
(4-09311)
INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI
Interrogazione a risposta in Commissione:
MARCO DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
in Emilia-Romagna si è posta la necessità di risolvere la difficile situazione degli aeroporti regionali in profonda crisi da pandemia, perché se è vero che il turismo sarà un driver fondamentale per la ripartenza, gli aeroporti sono vettori strategici per agganciare il rilancio dell'Emilia-Romagna sui mercati nazionali ed esteri;
Andrea Corsini, assessore regionale a infrastrutture e turismo, ha incontrato le parlamentari europee, Elisabetta Gualmini (Pd) e Alessandra Bosso (Lega), alla presenza dei rappresentanti dei quattro scali regionali di Bologna, Parma, Rimini e Forlì e ha evidenziato i due problemi principali (sostegni e investimenti) da risolvere per permettere di attivare gli interventi necessari alla ripresa post emergenza sanitaria;
per quanto riguarda i sostegni è prioritario attivare i ristori per l'aeroporto di Bologna che, superando i 3 milioni di passeggeri l'anno, in base al regolamento europeo, si troverebbe ad essere escluso dagli aiuti;
per quanto concerne il Ridolfi, aeroporto di Forlì, in base al regolamento, non sarebbero consentiti investimenti, perché lo scalo dista meno di 100 chilometri da quello di Rimini, vincolo che costringerebbe l'aeroporto, per ottenere gli aiuti, a ridimensionare il proprio piano industriale;
è stato evidenziato, in tema investimenti, il paradosso dell'esclusione degli aeroporti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), dal momento che tali infrastrutture possono rientrare di diritto nel capitolo della transizione ecologica, visto anche l'ottimo risultato dell'aeroporto di Bologna che di recente ha ricevuto un premio come scalo più green d'Italia;
gli aeroporti della regione Emilia-Romagna hanno dei piani industriali in grado di sostenere la ripartenza a medio e lungo periodo, ma è necessario che l'Unione europea, in considerazione della pandemia mondiale che si è abbattuta su tutti i settori, dimostri elasticità, consentendo le deroghe ai regolamenti necessarie allo sviluppo degli scali;
i rappresentanti degli aeroporti hanno chiesto di delineare un codice dell'emergenza, prevedendo non aiuti di Stato ma risorse per gli investimenti;
non è chiaro per quali ragioni gli aeroporti non possano essere considerati come infrastrutture che possono concorrere alla transizione ecologica con investimenti per la sostenibilità, escludendoli per il ruolo che potrebbero avere nel turismo;
le parlamentari europee hanno dato la loro disponibilità ad approfondire le questioni e a verificare lo spazio per eventuali deroghe, ribadendo che ci sono due canali percorribili: uno nazionale, il Pnrr, su cui è possibile lavorare a correzioni e aggiustamenti, e uno regionale che consiste in oltre 100 miliardi di euro per le regioni italiane per la programmazione dei fondi strutturali 2021-2026 dentro il quale potrebbero rientrare anche gli aeroporti;
il presidente Bonaccini ha indirizzato una lettera al Ministro interrogato affinché vengano approvati i decreti attuativi per sbloccare i 450 milioni di euro destinati agli aeroporti che rappresentano un primo passo sufficiente a coprire almeno le perdite registrate nel settore aereo;
l'assessore ha ribadito l'impegno della regione Emilia-Romagna pari a 48 milioni di euro per i quattro scali, sottolineando che per Parma c'è stato il «via libera» per 12 milioni euro, per Rimini, dopo un negoziato con l'Unione europea durato un anno, sono stati promessi tre milioni di euro per l'anno in corso e per l'aeroporto di Forlì si sta dando inizio al negoziato per impostare il dossier da presentare in Europa –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché anche gli aeroporti possano essere destinatari delle misure previste dal Pnrr;
quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere nelle competenti sedi europee per pervenire a deroghe alla normativa vigente e consentire di liberare gli investimenti pubblici necessari a supporto delle infrastrutture connesse agli aeroporti e degli scali stessi.
(5-06043)
INTERNO
Interrogazione a risposta in Commissione:
PEZZOPANE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da fonti giornalistiche si apprende che il Conapo, sindacato autonomo dei vigili del fuoco, in relazione alla sede dei vigili del fuoco a L'Aquila, ha denunciato la frustrazione e rabbia dei lavoratori, in merito ad una serie di incontri e sopralluoghi svoltisi nei giorni scorsi e che dovrebbero portare all'istituzione in città della Scuola nazionale di formazione dei vigili del fuoco, una importante novità intervenuta dopo l'approvazione di un emendamento, a firma di numerosi deputati appartenenti a diverse forze politiche, ed approvato alla Camera dei deputati, nel corso dell'esame del disegno di legge di bilancio a dicembre 2020;
il sindacato, pur precisando di essere assolutamente favorevole sulla scuola di formazione a L'Aquila, ha richiamato l'attenzione anche sulla Caserma di via Pescara, demolita dopo il terremoto del 2009 e mai ricostruita tanto che, denunciano i lavoratori, da 12 anni – anche in tempi di Covid – sono stati relegati a lavorare in locali inadeguati;
il sindacato ha denunciato una serie di decisioni, a partire da quella recente di realizzare la nuova caserma dei vigili del fuoco – il cui schema di «accordo tecnico di attuazione» è stato deliberato dalla giunta comunale dell'Aquila il 31 dicembre 2020 – appena qualche metro più in là di quella attuale, sempre in via Panelia, addirittura a ridosso del locale cimitero monumentale, nonostante due anni fa l'allora Ministro Salvini avesse annunciato che la nuova caserma dei vigili del fuoco si sarebbe realizzata nel sito della ex caserma Rossi;
il risultato che si otterrà, denuncia il Conapo, con ben 12 milioni di euro pronti ad essere spesi da anni, è una colata di cemento all'ingresso est della città capoluogo di regione, in una zona già abbondantemente ingolfata e per di più di fronte al cimitero cittadino. Una simile scelta non risolverebbe nessuno dei problemi ad oggi esistenti per l'operatività degli stessi vigili del fuoco: non saranno finalmente delocalizzati da un contesto urbano del tutto inadeguato ad ospitarli; area caratterizzata da una viabilità assolutamente non sicura. Non avranno, i vigili del fuoco dell'Aquila, più spazi per l'attività operativa; non avranno più autorimesse per i mezzi di soccorso. Tutte necessità, paradossalmente messe nero su bianco dal gruppo di lavoro appositamente istituito;
viene inoltre riferito sugli organi di informazione, che, anche a Sulmona, la nuova caserma la si vuole trasferire in una struttura già esistente, da riciclare, e anche in quel caso incastonata in un contesto urbano del tutto inidoneo alle necessità operative dei vigili del fuoco, anche a causa di una viabilità locale già abbondantemente congestionata –:
alla luce dell'estremo valore attribuito adoperato del vigili del fuoco nel nostro Paese, in generale, e nel territorio aquilano in particolare, se la soluzione individuata per la Scuola di formazione sia già definita e sia considerata idonea, e se il Ministro interrogato ritenga opportuno, dopo 12 anni, e con i fondi in cassa, già pronti da spendere, di adottare iniziative in forma definitiva per la realizzazione di un sito idoneo, anche alla luce del fatto che la ricostruzione della sede regionale di Coppito è ancora ferma, con tanto di contenzioso in atto, e il cantiere di via Pescara giace così da due anni;
quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda adottare per rendere ai vigili del fuoco della città dell'Aquila, luoghi di lavoro adeguati e dignità, e come e quando intenda comunicare le scelte logistiche effettuate in merito a questi lavoratori.
(5-06044)
Interrogazioni a risposta scritta:
MATURI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'11 maggio 2021 nel corso della la trasmissione «Fuori dal coro» è andato in onda un servizio sulla gravissima situazione nella quale versa la proprietaria di un appartamento in pieno centro a Bolzano per colpa di un cittadino iracheno a cui avrebbe locato l'immobile;
quest'ultimo, ormai da due anni, si rifiuterebbe di lasciare l'appartamento e di pagarne il canone d'affitto, arrecando dunque pesanti difficoltà economiche alla legittima proprietaria;
l'uomo, sebbene debba ormai alla locatrice oltre 22 mila euro e nonostante uno sfratto per morosità in corso, continua ancora indisturbato ad occupare l'appartamento, mentre la legittima proprietaria è stata costretta a lasciare la propria casa di Modena per problemi di indigenza;
l'inquilino abusivo avrebbe anche minacciato di morte la proprietaria e sarebbe stato denunciato in passato per estorsione, dopo aver chiesto alla stessa 6 mila euro in cambio della restituzione della casa;
a rendere ancora più grave la situazione sarebbe il fatto che, secondo quanto emerso dal servizio, sarebbero stati proprio i servizi sociali di Bolzano a consigliare alla signora come affittuario l'attuale inquilino;
inoltre, l'uomo si troverebbe in Italia in quanto richiedente asilo ancora in attesa, dopo ben due anni, della decisione sulla sua domanda di protezione internazionale;
quanto emerso dalla trasmissione «Fuori dal coro» non può dunque passare inosservato ed è, a parere dell'interrogante, di assoluta gravità, oltre che ingiusto –:
se corrisponda al vero che il cittadino iracheno di cui in premessa sia un richiedente asilo e, nel caso, quale sia il motivo per il quale la domanda di protezione internazionale non sia stata ancora definita e quali eventuali iniziative di competenza intenda adottare per velocizzare la sua definizione e procedere, in caso di diniego, alla sua tempestiva espulsione.
(4-09303)
BERTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, è una struttura dello Stato attraverso la quale il Ministero dell'interno assicura il servizio di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi su tutto il territorio nazionale;
il distaccamento dei vigili del fuoco di Piombino realizza, in media, 800 interventi l'anno operando su un territorio caratterizzato dalla presenza di numerosi impianti industriali, edifici civili, presidi ospedalieri, edifici scolastici e di un'infrastruttura portuale, quella di Piombino, presso la quale transitano annualmente fino a circa 5 milioni di tonnellate di merci e oltre 3,3 milioni di passeggeri;
il distaccamento dei vigili del fuoco di Portoferraio realizza, in media, 450 interventi l'anno ed è l'unico presente sull'isola d'Elba: terza in Italia per estensione e raggiunta da una media di tre milioni di visitatori l'anno;
l'organizzazione sindacale Usb, in una relazione preliminare inviata in data 24 novembre 2020 al comandante provinciale dei vigili del fuoco di Livorno, ha chiesto di valutare il passaggio di categoria per le sedi dei vigili del fuoco di Piombino e Portoferraio necessario per aumentare l'autonomia operativa dei due distaccamenti;
il passaggio dalla categoria SD3 alla categoria SD4 ed il conseguente aumento della dotazione organica da 32 a 46 unità renderebbero possibile una modifica dell'assetto operativo delle sedi con il passaggio da squadre composte da 5 unità a squadre formate da 7 elementi e con la possibile destinazione delle due unità addizionali all'utilizzo di mezzi di appoggio quali autobotte, autoscala o moduli antincendio boschivo;
il passaggio di categoria consentirebbe al distaccamento di Piombino di avere a disposizione una squadra di rinforzo e/o un eventuale mezzo di appoggio senza attendere che questi vengano inviati da altre sedi e garantirebbe al distaccamento di Portoferraio, in particolare nelle ore notturne, la presenza di un numero adeguato di operatori e mezzi per affrontare anche due interventi in contemporanea in località diverse dell'isola;
nella sopracitata relazione si fa altresì riferimento alla necessità di studiare soluzioni che garantiscano una maggiore efficacia in caso di soccorso in mare nell'arcipelago Toscano anche mediante la costituzione di un distaccamento vigili del fuoco portuale presso il porto di Piombino;
il Corpo dei vigili del fuoco dispone di squadre di specialisti portuali, attualmente dislocate presso 24 nuclei portuali, ed impiegate nelle attività di soccorso in mare, a terra, a bordo delle navi e dei galleggianti e presso i porti, quali luoghi ad elevato rischio a causa delle attività ivi svolte;
secondo una relazione tecnica redatta da ingegneri del Corpo dei vigili del fuoco presso l'infrastruttura portuale di Piombino dovrebbe essere previsto, in base al rischio calcolato di incendio, un presidio portuale vigili del fuoco permanente composto da 29 unità e supportato da adeguati mezzi nautici;
attualmente i nuclei portuali più vicini sono ubicati nei porti di Livorno e Civitavecchia, distanti da Piombino rispettivamente 40 e 75 miglia nautiche (74 e 139 chilometri), e che dunque non consentono di intervenire efficacemente in caso di incendio, come quello generatosi a bordo del traghetto «Bellini», nel canale tra Piombino e Portoferraio, in data 6 marzo 2017 –:
di quali elementi disponga la Ministra interrogata in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per superare le situazioni di criticità sopra richiamate, anche valutando il passaggio di categoria, da SD3 a SD4, dei distaccamenti dei vigili del fuoco di Piombino e Portoferraio, così come la costituzione di un presidio portuale dei vigili del fuoco permanente presso il porto di Piombino.
(4-09305)
BERTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi degli articoli 1 e 24 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, è una struttura dello Stato attraverso la quale il Ministero dell'interno «assicura il servizio di soccorso pubblico» mediante interventi «per i quali [sono] richieste professionalità tecniche anche ad alto contenuto specialistico ed idonee risorse strumentali»;
in assenza di idonee attrezzature gli interventi dei vigili del fuoco possono risultare gravemente compromessi e, contestualmente, il personale operativo può essere esposto a gravi rischi per la propria sicurezza;
il distaccamento dei vigili del fuoco di Piombino, dipendente dal Comando provinciale di Livorno, lamenta dall'estate 2019 l'indisponibilità dell'autoscala, quale mezzo speciale di pronto intervento essenziale per condurre operazioni di soccorso che richiedono il raggiungimento di piani alti di edifici o strutture;
il mezzo, gravemente danneggiato, è stato inviato presso un centro specialistico che, dopo ripetute valutazioni, ha riscontrato la presenza di un danno alla «parte mobile» per la cui riparazione è stata preventivata una spesa di circa 100 mila euro;
in considerazione dell'età avanzata del mezzo e dell'ingente spesa per la riparazione il Comando di Livorno ha optato per la messa «fuori uso» dell'autoscala che da allora non è più a disposizione del distaccamento di Piombino che, in caso di necessità, deve fare affidamento sull'autoscala inviata dal Comando di Livorno, distante 84,6 chilometri percorribili in non meno di un'ora, o dal distaccamento di Follonica (GR), distante 25,4 chilometri percorribili in poco meno di trenta minuti;
l'invio del mezzo da suddette località, in considerazione della distanza, delle caratteristiche dei tracciati stradali e dell'aumento del traffico durante il periodo estivo, comporta gravi ritardi che possono ritardare e/o inficiare le operazioni di soccorso dei vigili del fuoco di Piombino, oltre a lasciare temporaneamente prive di autoscala le sedi di Livorno o Follonica;
nel giugno 2020, grazie anche alle numerose segnalazioni da parte dell'organizzazione sindacale Usb, è stata dislocata a Piombino l'autoscala in dotazione al distaccamento di Aulla (MS), che qualche giorno dopo è rientrata presso la sede del Comando di Massa-Carrara, situazione analoga a quanto accaduto nel novembre 2020, nel marzo 2021 e una decina di giorni fa quando un altro mezzo è stato prima assegnato a Piombino per poi essere dirottato presso il Comando di Livorno;
da oltre un anno ai territori di Piombino e della Val di Cornia non è dunque garantita una copertura antincendio adeguata, nonostante l'importante attività del distaccamento che realizza, in media, circa 800 interventi annui in un territorio caratterizzato dalla presenza di numerosi impianti industriali, edifici civili, presidi ospedalieri, edifici scolastici e di un'infrastruttura portuale, quella di Piombino, in fase di progressiva espansione;
desta preoccupazione lo stato attuale delle autoscale in dotazione alla direzione regionale della Toscana dei vigili del fuoco, la quale dispone di un parco automezzi di 20 unità, aventi un'età media di 40 anni e un chilometraggio medio di circa 125 mila chilometri, e di cui 8 mezzi, il 40 per cento del totale, risultano essere in manutenzione –:
di quali elementi disponga la Ministra interrogata in relazione a quanto riportato in premessa e se non ritenga di fornire informazioni in merito agli ordinativi di automezzi destinati al dipartimento dei vigili del fuoco ed, in particolare, circa le modalità e le tempistiche di assegnazione degli stessi su base territoriale;
se e quali iniziative di competenza intenda assumere per superare la situazione di criticità dovuta all'assenza di un'autoscala presso il distaccamento dei vigili del fuoco di Piombino, anche prendendo in considerazione l'assegnazione, temporanea ma continuativa, al distaccamento di un mezzo già in uso.
(4-09306)
POTENTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 4 maggio 2021, dopo numerose e ripetute richieste da parte delle istituzioni locali e dei sindacati, un'autoscala è stata data in dotazione al distaccamento dei vigili del fuoco di Piombino, in provincia di Livorno;
la mancata disponibilità dell'autoscala è stata denunciata in sede istituzionale nel 2019 e già allora posta all'attenzione del Ministro dell'interno senza che a stretto giro ci fossero novità di sorta;
quest'assenza ha fatto sì che nel corso del 2020, come documentato in un articolo de Il Tirreno si verificassero una serie di emergenze durante le quali i vigili del fuoco non sono potuti intervenire immediatamente e hanno dovuto attendere l'arrivo dell'autoscala più vicina;
nella notte tra sabato 15 e domenica 16 maggio 2021, l'autoscala è stata richiesta dal comando provinciale di Livorno perché quella in dotazione al capoluogo presentava dei malfunzionamenti –:
se non ritenga doveroso assumere iniziative per garantire la distribuzione di autoscale in ragione delle concrete esigenze geografiche e dell'attualità dei rischi territoriali, come quelli legati alla presenza di aree portuali;
se non si intenda predisporre l'invio immediato di una nuova autoscala per i vigili del fuoco di Livorno, in modo tale da consentire al mezzo originariamente destinato al distaccamento di Piombino di tornare nelle disponibilità del distaccamento che opera in tutta la Val di Cornia.
(4-09313)
ISTRUZIONE
Interrogazione a risposta in Commissione:
PALMIERI e APREA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
l'ufficio scolastico regionale del Lazio, con lettera del 14 maggio 2021, prot. n. 14568, ha inviato ai dirigenti delle istituzioni scolastiche e dei Cpia, nonché ai coordinatori delle istituzioni scolastiche paritarie, della regione Lazio le linee guida elaborate dal servizio per l'adeguamento tra identità fisica e identità psichica (Saifip) dell'Ospedale San Camillo Forlanini e una proposta formativa finalizzati a prevedere strategie di intervento e promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti con varianza di genere, in ottica inclusiva;
la proposta formativa prevede un webinar, tenuto da psicologi e psicoterapeuti del Saifip (Servizio per l'adeguamento tra identità fisica e identità psichica) dell'azienda ospedaliera S. Camillo-Forlanini di Roma e operatori dell'Associazione GenderLens e Agendo, che si propone l'obbiettivo di formare gli operatori che lavorano in ambito scolastico in merito alle problematiche connesse alle tematiche dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere;
webinar e linee guida sono rivolte agli operatori delle scuole di ogni ordine e grado, comprendendo quindi coloro che operano anche con i bambini più piccoli, senza che ci sia stato confronto con le famiglie in merito ai messaggi che verranno veicolati;
nello specifico, le linee guida propongono «azioni ed interventi a ogni livello (educativo, del linguaggio, dell'organizzazione degli spazi scolastici) unicamente tesi a promuovere la “Gender revolution”, tramite il superamento del concetto di binarismo sessuale che prevede l'esistenza di due soli generi (maschile e femminile), che è stato sostituito da quello spettro di genere secondo il quale il genere si presenta in una infinità di forme, dimensioni e tonalità. Il genere è una costruzione tridimensionale, tutti i bambini e gli adolescenti costruiscono la loro identità di genere intessendo tre fili principali (natura, educazione, cultura) per arrivare a trovare quel genere che corrisponde alla loro specifica identità»;
la circolare del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 1972 del 15 settembre 2015 sottolinea che le ideologie gender non rientrano tra le conoscenze sui diritti e i doveri dei cittadini da trasmettere agli studenti e siano da considerare pratiche estranee al mondo educativo –:
se il Ministro sia a conoscenza dell'iniziativa dell'ufficio scolastico regionale del Lazio e del contenuto delle linee guida;
se non ritenga di dover adottare le iniziative di competenza affinché sia sospesa l'iniziativa e siano ritirate le linee guida emanate, al fine di impedire quelli che appaiono agli interroganti aggiramenti delle norme e delle procedure, finalizzati a veicolare messaggi ideologici destrutturanti e dannosi per lo sviluppo armonioso ed equilibrato dei minori, senza peraltro alcun coinvolgimento delle famiglie.
(5-06040)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'istituto nazionale di previdenza dei giornalisti (Inpgi) è ormai al tracollo finanziario, con un passivo di 242 milioni di euro, una perdita giornaliera di 665 mila euro e una riserva tecnica che non copre i due anni;
a fronte di tale situazione, l'Inpgi non è in grado di garantire le pensioni presenti e future, nonostante siano stati versati regolarmente i contributi;
tale dissesto non è il risultato della gestione dell'ultimo anno, ma è conseguenza di un percorso, iniziato nel 2011, di crescente erosione del patrimonio dell'istituto stimato in 1 miliardo e 200 milioni, dovuto, in particolare, al pagamento quale sostituto dell'Inps degli ammortizzatori sociali, dei relativi contribuiti previdenziali figurativi e delle prestazioni assistenziali;
con la «legge Rubinacci» (n. 1564 del 1951), l'Inpgi ha garantito con centinaia di milioni di euro il pagamento delle prestazioni assistenziali e previdenziali dei giornalisti italiani, nonché dal 1981 gli ammortizzatori sociali, senza ricevere alcun ristoro dallo Stato. Solo dal 2009, l'ente riceve 20 milioni di euro per i prepensionamenti e da quest'anno – in osservanza di una disposizione prevista nella legge di bilancio n. 178 del 2020 – anche il rimborso delle spese per gli ammortizzatori sociali e per gli incentivi all'occupazione;
al contrario, invece, dagli editori non ha incassato per 65 anni, dal 1951 al 2016, i contributi previdenziali nella stessa percentuale che gli editori stessi avrebbero dovuto pagare all'Inps. Al riguardo, emerge che tale mancato incasso ha permesso agli editori, in 65 anni, di risparmiare addirittura circa 1 miliardo di euro. E tutto ciò ha contribuito a devastare la situazione economica generale dell'Istituto;
l'Inpgi, inoltre, è stato ulteriormente danneggiato, a causa della parziale attuazione della legge n. 150 del 2000 sull'informazione, considerato che ancora i contributi di un numero importante di dipendenti della pubblica amministrazione vengono, erroneamente, versati all'Inps anziché all'Inpgi;
è necessario dunque individuare ogni iniziativa utile a tutelare la previdenza dei giornalisti –:
se e quali urgenti iniziative di competenza si intendano adottare per pervenire al risanamento dello stato dell'Inpgi e garantire agli iscritti le prestazioni pensionistiche e di welfare.
(5-06039)
SALUTE
Interrogazione a risposta scritta:
ANZALDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
le isole Eolie vivono ormai da anni una gravissima emergenza sanitaria;
l'unico presidio ospedaliero sul territorio è quello presente sull'isola di Lipari: una struttura che dovrebbe garantire servizi essenziali per 15 mila abitanti residenti, oltre ai 100 mila turisti che frequentano abitualmente le isole nei periodi estivi;
da diversi anni non è possibile partorire alle isole Eolie: il bene più prezioso, la nascita di un bambino, non è più tutelata ormai da tempo;
il punto nascite è stato chiuso e gli isolani residenti sono costretti, con al seguito intere famiglie, a trasferirsi nel presidio ospedaliero più vicino, ovverosia a Milazzo, Patti e Messina, se non in Calabria, sostenendo naturalmente ingenti spese economiche, spesso non sostenibili;
l'elisoccorso, ovviamente presente sulle isole, rappresenta l'unica modalità di aiuto rispetto alle tante necessità sanitarie che possono presentarsi; recentemente, però, è accaduto che una partoriente, in attesa dell'elicottero, è stata costretta a partorire sulla pista dell'elisoccorso dell'isola di Vulcano, mentre un'altra donna ha addirittura rischiato di dare alla luce il suo bimbo sull'elicottero durante il volo;
l'obiettivo prioritario, chiaramente, deve essere quello di garantire un'assistenza ospedaliera di base e quindi i livelli essenziali assistenziali (lea) alla popolazione di riferimento e alla popolazione incidente, compresa la presenza di un punto nascita con nido, in deroga a quanto previsto dall'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010, garantendo, altresì, la presenza dei requisiti e degli standard di qualità e della sicurezza previsti per il I° livello di ostetricia/neonatologia, anche in relazione ai flussi turistici, tenendo in debito conto l'orografia, l'area geografica, la climatologia, la stagionalità della densità abitativa, fattori che dovrebbero indurre il sistema sanitario a considerare le isole aree privilegiate;
la discussa decisione di chiudere il punto nascita presso l'ospedale, assunti in nome della sicurezza, oltre a negare il diritto alla nascita, paradossalmente, espone le circa 120 gravide annue delle isole eoliane ai maggiori rischi legati a trasferimenti in urgenza che, si ricorda, a causa delle frequenti avversità meteorologiche, non sono sempre realizzabili, e alla eventuale assistenza in loco in tutti i possibili casi di emergenze ostetriche indifferibili, per la grave carenza dei requisiti minimi di sicurezza, tecnologici e organizzativi;
per l'ospedale di Lipari si potrebbe proporre di mantenere le unità operative di ostetricia/ginecologia, con nido percorso nascita/parto con «doppio binario», prevedendo la gestione in loco dei casi a bassa complessità (gravidanze fisiologiche) e il trasferimento in presidi a maggiore complessità (II°-III° livello) delle gravidanze a rischio, in deroga a quanto previsto dall'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010, garantendo la presenza dei requisiti e degli standard di qualità e della sicurezza previsti per il I° livello di ostetricia/neonatologia del citato accordo;
il diritto alla salute deve essere garantito a tutti, come il principio di uguaglianza dei cittadini nella realizzazione del diritto alla salute –:
se sia al corrente delle criticità di cui in premessa, venutesi a creare ormai da anni, e quali iniziative di competenza intenda assumere, con il coinvolgimento del Comitato percorso nascita nazionale (Cpnn), costituito con decreto ministeriale 12 aprile 2011 e rinnovato con decreto ministeriale 11 aprile 2018, per porre rimedio a tale gravissima condizione in cui versano da anni gli abitanti delle Eolie, condizione che certamente non tutela i livelli essenziali di assistenza, anche al fine di garantire ai 15.000 residenti, una maggiore sicurezza sanitaria, come previsto dall'articolo 32 della Costituzione.
(4-09308)
TRANSIZIONE ECOLOGICA
Interrogazioni a risposta orale:
BENEDETTI, VALLASCAS, VIZZINI, SARLI e TRANO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:
il metano è uno dei gas serra più potenti: su un orizzonte temporale di vent'anni, secondo l'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), riscalderà il clima del pianeta fino a 84 volte più dell'anidride carbonica;
nel 2020, secondo l'Agenzia internazionale dell'energia, le operazioni effettuate in tutto il mondo negli impianti di estrazione di gas e petrolio hanno emesso più di 70 milioni di tonnellate di metano nell'atmosfera, equivalenti al 5 per cento delle emissioni globali di gas serra per usi energetici;
tali emissioni includono le perdite di metano accidentali da gasdotti e centri di stoccaggio, chiamate «fuggitive», e le emissioni intenzionali effettuate tramite gas flaring e gas venting. Grazie ai satelliti ad alta risoluzione usati per il programma ambientale Copernicus dell'Unione europea, è possibile individuare le fughe di metano, soprattutto quelle più importanti, dagli impianti di tutto il mondo;
poiché le emissioni fuggitive di metano possono essere ridotte o eliminate senza costi aggiuntivi, questa è una delle misure più facilmente e velocemente attuabili per contrastare il cambiamento climatico;
nel quadro del Green deal europeo, l'Unione europea prevede di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030 e di arrivare alla neutralità climatica in Europa entro il 2050. Per quanto riguarda le emissioni fuggitive di metano, la strategia dell'Unione europea prevederà l'obbligo di rilevamento e riparazione delle perdite nelle infrastrutture del gas e il divieto di gas flaring e gas venting;
riguardo all'Italia, una relazione Ispra presentata durante una webinar riporta «Nel 2018 le emissioni fuggitive nazionali rappresentano il 2 per cento delle emissioni di gas serra del settore energetico e si sono dimezzate dal 1990. Le emissioni di metano dalla filiera del gas naturale rappresentano il 61 per cento delle emissioni fuggitive totali e sono quasi totalmente a carico dei settori della trasmissione e distribuzione. La riduzione di queste emissioni rappresenta un vantaggio in termini ambientali ed economici. È fondamentale per il sistema nazionale disporre di stime affidabili sulle perdite di gas naturale che consentano al Paese di migliorare gli standard di efficienza e di assolvere gli impegni istituzionali di riduzione delle emissioni di gas serra e di comunicazione delle emissioni di gas serra agli organi internazionali»;
tuttavia, la stima delle emissioni fuggitive di metano in Italia potrebbe essere inesatta, poiché non vi è alcun sistema di monitoraggio standardizzato e cadenzato, inoltre la filiera del gas stenta a dare i dati. L'Italia potrebbe pianificare la propria transizione energetica sottovalutando l'apporto delle emissioni fuggitive alle proprie emissioni totali di gas serra;
il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec) stabilisce gli obiettivi nazionali al 2030 sull'efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2. Nel Pniec è prevista, tra il 2018 e il 2025, la più grande espansione dell'impiego di gas fossile nel settore elettrico all'interno dell'Unione europea principalmente guidata dal passaggio da carbone a gas;
il Pniec risulta in revisione dal 30 marzo 2021 come da comunicato del Ministero della transizione ecologica: potrebbe essere l'occasione, per rivedere l'ampio spazio dato alla transizione tramite gas fossile, che rischia, anche in rapporto alle consistenti emissioni fuggitive mondiali, di essere una scelta già fallimentare e fuori tempo massimo, laddove bisognerebbe invece dare un sostegno corposo alle energie rinnovabili –:
se non intenda adottare iniziative per mettere a sistema una raccolta di dati standardizzata per le emissioni «fuggitive» di metano ed approntare contemporaneamente un piano di gestione delle stesse;
se non si intenda rivedere il Pniec in modo da ridurre l'importanza e lo spazio dato al gas naturale come fonte energetica.
(3-02287)
ASCARI, GRIPPA e FERRARESI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'11 marzo 2021 l'amministratore delegato di Eni, De Scalzi ha annunciato al sindaco di Venezia di voler chiudere definitivamente, entro la primavera del 2022, gli impianti cracking e aromatici del petrolchimico di Porto Marghera, prevedendo inoltre lo spostamento degli addetti su produzioni alternative che dovrebbero esser avviate da aprile 2022. Nel veneziano Eni, attraverso il processo con cui si ottengono materie prime chimiche, il cracking, rifornisce tramite un oleodotto gli impianti ferraresi di Lyondell Basell e Versalis, ma anche i siti di Mantova e in parte Ravenna;
questa decisione preoccupa l'oltre migliaio di lavoratori di Lyondell Basell e Versalis che operano all'interno del polo chimico di Ferrara;
la chimica di base si appalesa un settore importante che nel 2019 ha fatturato 55 miliardi di euro, con oltre 4.300 imprese, 110 mila addetti che salgono a 300 mila se si conta l'indotto. Un settore quello riferito alla plastica il cui processo di produzione dovrà essere riorganizzato in termini sostenibili. Già lo scorso autunno, era stato infatti avviato il progetto dell'impianto di riciclo molecolare MoReTec nel Petrolchimico di Ferrara, tecnologia d'avanguardia di cui LyondellBasell è proprietaria avente l'obbiettivo di riportare i rifiuti di plastica post-consumo alla loro forma molecolare, da utilizzare come materia prima per la produzione di nuovi prodotti di plastica. O ancora si segnala il progetto Hoop, avviato nella primavera del 2020 da Versalis, società chimica di Eni, per lo sviluppo di una nuova tecnologia per riciclare chimicamente i rifiuti in plastica. Ciò a dimostrazione che una «via verde» era stata già tracciata ma che, per essere attuata, deve avvalersi del funzionamento del cracking di Marghera che Eni, invece, ha intenzione di chiudere nel 2022;
l'azienda multinazionale interessata è partecipata per il 30,1 per cento dallo Stato: il 4,3 per cento di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze e il 25,7 per cento di Cassa depositi e prestiti;
la chiusura di Marghera avrebbe ripercussioni importanti sul petrolchimico e potrebbe avere eventuali ricadute pesanti anche sulla filiera e sull'intera economia ferrarese, oltre che sulle opportunità lavorative sul territorio estense. Le conseguenze che si verrebbero a determinare sulle aziende e/o sulle attività presenti nel sito per effetto delle le mutate condizioni di approvvigionamento delle materie prime senza peraltro garantirne la qualità e la continuità, associate agli annosi problemi di infrastrutture del nostro territorio, porterebbero sicuramente degli aggravi di costi a chi intendesse fare (o continuare a fare) impresa nel petrolchimico di Ferrara;
urge dunque impegnarsi in un continuo confronto fra tutte le parti in gioco, quali aziende e istituzioni e con il ruolo di collante del sindacato, ognuno con la responsabilità del ruolo, per sostenere e indirizzare efficacemente le imprese del petrolchimico di Ferrara verso una vera transizione energetica, che consapevolmente guardi al futuro, rendendo innovativa, efficiente e sostenibile la chimica e il suo sviluppo e contemperando i vari interessi in gioco con quello imprescindibile della tutela e, soprattutto, della valorizzazione degli attuali posti di lavoro –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti, se intendano illustrare le politiche industriali che hanno intenzione di approntare in materia, specie nell'ambito della chimica di base, e quali iniziative di competenza ritengano opportuno adottare a sostegno di una vera transizione energetica della produzione dei siti interessati, con particolare riferimento a quello di Ferrara, nonché a salvaguardia dell'occupazione, diretta e da indotto.
(3-02288)
Interrogazione a risposta scritta:
POTENTI. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il Ministero della transizione ecologica non ha convocato la conferenza di servizi necessaria per la pubblicazione dei bandi di appalto dell'Autorità di sistema portuale che servono per la realizzazione della Darsena Europa;
all'origine di questa mancata convocazione ci sarebbe il rilevamento di benzopirene a livelli preoccupanti in uno dei sei cestelli di mytilus galloprovincialis utilizzati come indicatori ambientali nell'area marittima interessata;
la presenza di sostanze inquinanti non permetterebbe il «via libera» al processo di deperimetrazione dell'area Sin;
da articolo di stampa pubblicato sul quotidiano Il Tirreno il 15 maggio 2021 si apprende che «dal quartiere generale dell'Authority» è «stata inviata al Ministero per la transizione ecologica la comunicazione per segnalare l'esito favorevole della nuova campagna di analisi mediante l'utilizzo di mytilus galloprovincialis per tener conto non solo dello stato di inquinamento momentaneo (...) ma anche degli effetti del bioaccumulo sugli organismi viventi»;
nel soprammenzionato articolo, si riferisce, inoltre, che l'Autorità portuale di Livorno ha commissionato delle contro-analisi sui campioni di riserva al centro della precedente rilevazione che aveva dato un esito anomalo relativamente alla presenza di benzopirene e che anche questa avrebbe avuto un esito all'interno dei limiti di legge;
ben felici di questa ultima risultanza, si rammenta il grave ritardo che le prime preoccupanti indagini avevano determinato nelle operazioni di de-perimetrazione delle aree Sin sulle quali dovrebbe sorgere l'opera strategica conosciuta come «Darsena Europa» –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda adottare per chiarire quanto è accaduto durante le prime rilevazioni che avevano dato un esito preoccupante riguardo alla presenza di benzopirene in uno dei sei campioni di mitili;
se il Governo non ritenga di adottare le iniziative di competenza per un'accelerazione dei tempi in relazione alla pubblicazione dei bandi necessari per far partire la realizzazione di un'infrastruttura fondamentale per lo sviluppo dello scalo livornese.
(4-09312)
Apposizione di una firma ad una interrogazione a risposta in Commissione e cambio del presentatore.
Interrogazione a risposta in Commissione Gava n. 5-03935, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2020, è da intendersi sottoscritta dalla deputata Fogliani che ne diventa la prima firmataria.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Gemmato n. 5-05744, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Silvestroni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-05791, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Albano.
L'interrogazione a risposta orale Villani e altri n. 3-02277, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 maggio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Buompane.
Cambio di presentatore ad una mozione, aggiunta di una firma e cambio dell'ordine delle firme.
Mozione Rampelli n. 1-00485, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 maggio 2021, è da intendersi presentata dalla deputata Meloni e sottoscritta anche dai deputati Lollobrigida e Ciaburro. Contestualmente, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Meloni, Rampelli, Lollobrigida, Albano, Bellucci, Bucalo, Butti, Ciaburro, Deidda, De Toma, Ferro, Lucaselli, Maschio, Mollicone, Rizzetto, Varchi, Zucconi».
Pubblicazione di testi riformulati.
Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Di Stasio n. 7-00659, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 508 del 14 maggio 2021.
Le Commissioni III e XIII,
premesso che:
il 6 maggio 2021 la fregata Libeccio della Marina militare, impegnata nell'Operazione Mare Sicuro, è intervenuta in assistenza dei pescherecci italiani Artemide, Aliseo e Nuovo Cosimo partiti da Mazara del Vallo. I pescherecci erano in attività di pesca nelle acque della Tripolitania all'interno della zona definita, dal Comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture, «ad alto rischio», precisamente a circa 35 miglia nautiche dalla costa libica;
l'intervento si è reso necessario per la presenza di una motovedetta della Guardia costiera libica in rapido avvicinamento ai motopesca italiani che ha sparato colpi da fuoco di avvertimento dalle motovedette libiche ferendo lievemente il comandante di uno dei pescherecci;
il 3 maggio 2021 la fregata Alpino della Marina militare si trovava a dirigersi verso sette pescherecci italiani: Michele Giacalone, Antonino Pellegrino, Giuseppe Schiavone, Nuovo Cosimo, Aliseo, Anna Madre Artemide che si trovavano nelle acque della Cirenaica, all'interno della zona già definita ad alto rischio, a 26 miglia nautiche da limite esterno delle acque territoriali libiche. La comunicazione giunta alla Marina militare segnalava un gommone in arrivo ad alta velocità dalla costa Cirenaica. La fregata si è avvicinava per fornire eventuale assistenza e per assicurare che non si verificassero incidenti;
il 1° settembre 2020 il peschereccio Anna Madre, era già scampato a un tentativo di sequestro da parte delle autorità libiche quando le forze del generale Khalifa Haftar avevano sequestrato i pescherecci Antartide e Medinea e i rispettivi equipaggi nelle acque antistanti alla Cirenaica per ben 108 giorni;
già il 6 ottobre 2018, a circa 29 miglia dalla costa libica di Derna, si verificò un episodio di sequestro di pescherecci della marineria di Mazara del Vallo (Afrodite Pesca e Matteo Mazarino) da parte di motovedette libiche che avrebbero cominciato a sparare senza preavviso provocando danni alla cabina e alle attrezzature della motopesca Afrodite. Gli stessi vennero rilasciati il 12 ottobre grazie a un'intensa attività diplomatica promossa dalla Farnesina;
la presenza dei pescherecci italiani appartenenti alla marineria di Mazara del Vallo nelle acque antistanti la costa libica (principalmente prospiciente le città di Bengasi e Misurata) è dovuta alla circostanza secondo cui si trovino a svolgere l'attività di pesca del gambero rosso in acque rivendicate unilateralmente dalla Libia come zona di protezione della pesca. Quella della sussistenza dell'Alto Mare nella zona si tratterebbe di una tesi superata che non terrebbe in conto della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 che ha consolidato la facoltà degli Stati costieri di proclamare zone economiche esclusive e da cui il concetto di acque internazionali nel Mediterraneo risulterebbe ormai definitivamente eroso;
la Marina militare svolge operazioni militari nel Canale di Sicilia a tutela e salvaguardia in mare degli interessi nazionali tra cui la Mare Sicuro, la Costant Vìgilance e la Vigilanza Pesca (Vi.Pe);
è stata autorizzata dal Parlamento per il periodo 1° gennaio 2020-31 gennaio 2021 la partecipazione dell'Italia alle seguenti missioni e operazioni internazionali: United Nations Support Mission in Libya – UNSMIL, Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia, missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica, European Union Border Assistance Mission in Libya – EUBAM Libya, «mare Sicuro»: dispositivo aeronavale nazionale nel Mediterraneo, nel cui ambito è inserita la missione bilaterale in supporto alla Guardia costiera libica;
l'Italia partecipa altresì e ha il comando della Missione europea Eunavformed Irini che, nel marzo 2021 il Consiglio ha prorogato fino al 31 marzo 2023. Eunavformed Irini è stata lanciata il 31 marzo 2020, poco dopo la conferenza di Berlino sulla Libia del gennaio 2020, come contributo concreto dell'Unione europea al processo avviato dalla comunità internazionale per sostenere il ritorno alla pace e alla stabilità in Libia ed ha tra i suoi compiti secondari quello di contribuire allo sviluppo delle capacità e alla formazione della guardia costiera e della marina libiche;
nel documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo, riferito agli anni 2019-2021 tra le aree prioritarie della cooperazione italiana vi è la Libia con iniziative di emergenza volte a dare assistenza umanitaria e protezione alle fasce più vulnerabili della popolazione, programmi di sviluppo volti a favorire il processo di stabilizzazione;
nel 2017 l'Italia ha riaperto la sua sede diplomatica a Tripoli e per il 2021 il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha annunciato la riattivazione del consolato generale a Bengasi; la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos) del 1982 fornisce una definizione delle zone economiche esclusive (Zee), regolandone l'attuazione e il rispetto delle norme correlate;
pertanto, una Zee è «un'area esterna ed adiacente alle acque territoriali in cui lo Stato costiero ha la titolarità di: diritti sovrani (Unclos 56, 1, a) sulla massa d'acqua sovrastante il fondo marino ai fini dell'esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse naturali, viventi o non viventi, compresa la produzione di energia dalle acque, dalle correnti o dai venti; giurisdizione (Unclos 56,1, b) in materia di installazione ed uso di isole artificiali o strutture fisse, ricerca scientifica in mare e di protezione e conservazione dell'ambiente marino»;
secondo il diritto internazionale consuetudinario, ogni Stato ha diritto a dichiarare unilateralmente una zona economica esclusiva che si estende fino a 200 miglia marine dalla linea di base del mare territoriale e per il quale non rileva né la mancata ratifica della Convenzione Unclos, né il mancato deposito della notifica di istituzione della Zee presso il segretariato generale della Nazioni Unite;
nel 2005 la Libia ha trasmesso al segretario generale delle Nazioni Unite la decisione del Comitato popolare generale n. 104 per misurare l'ampiezza del mare territoriale e delle sue zone marittime (Bollettino di diritto del mare n. 5915) e ha stabilito una zona di protezione della pesca (Zpp), i cui limiti si estendono fino a 62 miglia nautiche dal limite esterno del mare territoriale (decisione del Comitato Generale Popolare n. 37 del 24 febbraio 2005), secondo le coordinate geografiche precisate nella decisione n. 105 del 21 giugno 2005 e misurata a partire dalla linea di base retta che chiude il golfo della Sirte, proibendo attività di pesca a chiunque sia sprovvisto di autorizzazione;
relativamente alla decisione, non è stato formalizzato alcun accordo di delimitazione; con la dichiarazione del 27 maggio 2009 e la decisione 31 maggio 2009 n. 260, la Libia ha proclamato una zona economica esclusiva (Zee), inclusiva della precedente Zpp, «sino ai limiti permessi dal diritto internazionale». Il limite esterno della zona verrebbe così a determinarsi in base ad accordi con gli Stati vicini interessati;
l'assenza di una delimitazione precisa dei confini della Zee libica e il fatto che la Libia abbia firmato ma mai ratificato la Convenzione Unclos, fa sì che si debba far capo al diritto internazionale consuetudinario o, in alternativa, ad accordi bilaterali con gli Stati adiacenti e frontisti;
conseguentemente, l'attività di pesca all'interno delle acque sottoposte alla sovranità libica tramite l'istituzione della Zee appare illegittima in assenza del consenso dello Stato costiero e pertanto sembra rilevarsi essere acque sottoposte alla sovranità libica e interdette alla pesca senza preventiva autorizzazione delle autorità governative;
un ruolo particolare per la pesca nel Mar Mediterraneo è svolto dall'Unione europea che esercita, tra l'altro, una competenza esclusiva per la gestione e la conservazione della pesca nelle acque che rientrano nella giurisdizione dei suoi Stati membri e, al di là di tali acque, per quanto riguarda le navi e i cittadini degli Stati membri. I trattati relativi alla pesca che si applicano agli Stati membri sono negoziati e conclusi dall'Unione europea (l'ambito della sua competenza esterna è stato definito dall'Unione europea in una dichiarazione resa il 1° aprile 1998 al momento del deposito del suo strumento di conferma formale dell'Unclos);
già nel 2008 nella risposta all'interrogazione parlamentare n. P-1618/08, la Commissione europea sembra riconoscere la Zee e la conseguente Zpp libica dichiarando: «questioni attinenti alla determinazione dell'ampiezza delle acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione dello Stato costiero rientrano nelle competenze degli Stati membri poiché riguardano l'amministrazione del territorio nazionale. Quando si presentano questioni simili in un contesto internazionale, è competenza degli Stati membri avviare negoziati internazionali o iniziative diplomatiche, come nel caso delle linee di base della Libia. Per questo motivo, le diverse iniziative diplomatiche nei confronti della Libia rappresentavano progetti comuni dell'UE oppure iniziative individuali intraprese degli Stati membri, al cui sviluppo e attuazione è stata associata la Commissione. La Commissione sta inoltre sviluppando attivamente, attraverso un accordo quadro, una base comune per un dialogo strutturato con la Libia su questioni di reciproco interesse Libia-UE»,
impegnano il Governo:
a porre in essere ogni iniziativa utile a favorire l'apertura di un dialogo diplomatico su scala internazionale e regionale e nelle diverse organizzazioni di cui l'Italia è parte al fine di giungere ad una formale determinazione relativa alla delimitazione degli spazi marittimi nel Mar Mediterraneo centrale e alla risoluzione dei contrasti di tipo diplomatico e commerciale enunciati in premessa;
a definire una posizione sull'attività dei pescherecci nazionali nella dichiarata Zpp libica anche attraverso accordi e negoziati conclusi nel rispetto delle prerogative dell'Unione europea, a favore di collaborazioni italo-libiche per il settore specifico della pesca e che contemplino anche la possibilità di gettare le basi per una collaborazione privatistica;
a favorire la creazione di un tavolo tecnico interministeriale tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministero della difesa, Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per la promozione della collaborazione bilaterale nel settore della pesca tra l'Italia e la Libia, anche promuovendo lo sviluppo di capacità nella gestione sostenibile delle risorse biologiche del mare e la nascita di cooperative miste italo-libiche eventualmente finalizzate, una volta raggiunte le necessarie abilitazioni e certificazioni europee, all'esportazione diretta nei Paesi dell'Unione europea;
a estendere l'attività di presenza e sorveglianza della Marina militare, conformemente alle operazioni in atto in ottica di sorveglianza preventiva, nel rispetto degli accordi di cui agli impegni precedenti, oltre che in relazione alle azioni di controllo da parte delle forze libiche.
(7-00659) «Di Stasio, Pignatone, Rizzo».
Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Squeri n. 7-00661, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 510 del 18 maggio 2021.
Le Commissioni VI e X,
premesso che:
nell'Italia delle cento città e degli infiniti borghi il piccolo negozio vicino casa costituisce un punto fermo importante della vita sociale, uno spazio di aggregazione e di incontro, che offre ai suoi frequentatori non solo merci ma anche un servizio di carattere sociale e un luogo dove si consolida ed esprime l'identità culturale. In quanto tale esso è radicato nel territorio e lo rappresenta. Non a caso l'espressione «esercizio di vicinato» è stata elevata a dignità di norma;
i mutamenti economici, culturali e sociali, lo spopolamento delle aree interne, il commercio online e da ultimo la pandemia da COVID-19 e la gravissima crisi dei consumi che ne è derivata, stanno fortemente compromettendo il tessuto economico-sociale degli esercizi di vicinato e di conseguenza l'elemento di coesione che essi rappresentano. Mai come in questo periodo un modo di vivere tipico della società e della cultura italiana, e un retaggio secolare, che può farsi risalire alle botteghe medioevali dell'Italia dei comuni, sono messi in discussione;
nel febbraio 2021 Confcommercio, nello studio: Demografia d'impresa nelle città italiane, ha diffuso i dati sugli effetti combinati del COVID e del crollo dei consumi (-10,8 per cento pari a -120 miliardi sul 2019): la crisi porterà alla chiusura di oltre 390 mila imprese del commercio tra il 2020 e il 2021 delle quali 240 mila a causa della pandemia. Il tasso di mortalità delle imprese del settore, rispetto al 2019, risulta quasi raddoppiato e non sufficientemente controbilanciato dalla nascita di nuove imprese. Il comunicato Istat del 12 gennaio 2021 conferma il crollo nel 2020 delle vendite al dettaglio, con una riduzione media del 12,5 per cento per le piccole superfici, ma con punte del -45,8 per cento nel calzaturiero e del -37,7 per cento nell'abbigliamento;
i numeri, impressionanti, si innestano su un generale trend di contrazione commercio al dettaglio in sede fissa che dal 2012 al 2019 ha visto ridursi tali attività da oltre 550 mila a poco più di 470 mila (-77.000 cioè il 14 per cento), sia nei comuni medio grandi che i quelli più piccoli;
nelle zone montane, nei comuni alpini e appenninici, il fenomeno della desertificazione commerciale è ormai gravissimo: l'Uncem Unione nazionale dei comuni ed enti montani i segnala oltre 200 comuni montani senza un esercizio commerciale e circa un migliaio con meno di tre negozi. Ma i| fenomeno colpisce anche i piccoli comuni in pianura: si consideri che nel 2015 l'Ascom di Torino segnalava in Piemonte 70 paesi senza neppure un bar, più altri 340 in cui tutti gli esercizi commerciali avevano ormai chiuso;
nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) si evidenzia come una efficace politica per la coesione territoriale, volta alla riduzione dei divari tra i territori, rappresenti una priorità strategica per il Governo, indispensabile per riavviare uno sviluppo sostenuto e durevole in Italia. Per quanto riguarda il settore «commercio» nella missione n. 1, Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, si prevede la riattivazione delle reti economico-produttive locali, introducendo misure volte a contrastare la desertificazione commerciale dei centri storici in particolare nelle località minori, attraverso misure per la riqualificazione, rinnovazione e il contrasto dell'abusivismo, nonché attraverso l'adozione di un piano di defiscalizzazione per le aree interne;
quanto alla Strategia per lo sviluppo delle aree interne, che è rilanciata dal Pnrr, il decreto-legge n. 104, all'articolo 28, ha assegnato alla Strategia ulteriori 110 milioni, che vanno ad aggiungersi ai 200 milioni – 60 milioni per il 2021 e 70 sia per il 2022 che per il 2023 – attribuiti dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1 comma 314). Il Fondo per il sostegno delle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne (ridenominato «Fondo di sostegno ai comuni marginali» dalla legge di bilancio 2021) istituito dalla legge di bilancio 2020 con una dotazione di 30 milioni per ciascuna annualità 2020-2022, è stato rifinanziato, nella misura di 60 milioni per il 2020 e di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022 dal decreto-legge n. 34 del 2020 (articolo 243), a cui si aggiungono ulteriori 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 per interventi nei comuni particolarmente svantaggiati, ivi compresi quelli per il contrasto alla desertificazione commerciale. Nelle mozioni sulle zone montane, approvate dalla Camera il 28 gennaio 2020, sono contenuti numerosi indirizzi per l'uso di queste risorse;
la legge sui piccoli comuni (n. 158 del 2017), che interessa 5.500 comuni e 10 milioni di cittadini, si prefigurava di rilanciare lo sviluppo economico dei piccoli comuni oltre ad essere stata totalmente depotenziata per esigenze di finanza pubblica, risulta, a oltre tre anni dall'entrata in vigore, pressoché inattuata. Essa conteneva degli automatismi basati sulla concessione di contributi e agevolazioni fiscali volti a favorire l'insediamento delle attività economiche, in particolare artigianali e commerciali. Conteneva anche misure sulla falsariga del piano «1.000 bistrot» della Francia, varato per incentivare la presenza di bar e caffè e spazi commerciali polifunzionali nei piccoli borghi;
ma è nelle grandi città, soprattutto nelle città d'arte, che la crisi pandemica ha colpito fortemente soprattutto il settore del commercio e dei servizi e, in particolare, i comparti del commercio non alimentare e la filiera turistica in senso ampio. Dal «Conto delle attività satelliti del turismo» elaborato dallo stesso Istat, si apprende che l'apporto all'economia nazionale del settore turistico non si limita ai soli servizi ricettivi, tour operator o trasporto aereo, ma riguarda anche altri settori in particolare lo shopping e la ristorazione. A tal fine elaborato specifici coefficienti turistici, definiti come la quota di produzione di ogni attività destinata a soddisfare la domanda turistica;
nei centri turistici la pandemia ha reso catastrofici gli effetti della trasformazione in strutture di ospitalità turistica delle abitazioni un tempo abitate da residenti. A Roma circa 20 mila sistemazioni extra alberghiere sono nel centro storico, a Firenze un appartamento su quattro del centro storico è pubblicizzato come un affitto a breve termine, Venezia registra la più alta concentrazione di annunci su Airbnb, 580,6 ogni 10 mila unità abitative. A Napoli, dove il 50 per cento degli abitanti vive in affitto, a causa dell'esplosione dei fitti brevi si sono verificati vistosi fenomeni espulsivi e intere vie del centro hanno perso i precedenti, tipici esercizi commerciali e di ristorazione. L'Italia è il quinto mercato al mondo per Airbnb con oltre 220 mila proprietari di casa che utilizzano il suo portale. In questi luoghi fino al 2019 sovraffollati dal turismo – mordi e fuggi –, già stavano scomparendo i negozi, i locali tipici e gli artigiani (negli ultimi 30 anni le botteghe artigiane nel centro di Roma sono passate da 5.000 a 1.000) con evidente perdita del carattere originario: non a caso si parla di – Disneyficazione –;
con il fermo del turismo dal marzo 2020 i centri storici si sono scoperti deserti. A Roma la situazione è stata ulteriormente aggravata con l'applicazione il lavoro agile che ha interessato Ministeri e organi costituzionali. Il lavoro agile ha riguardato l'86 per cento degli enti della pubblica amministrazione. A maggio 2020 lavoravano da casa l'87 per cento dei dipendenti, a settembre vi lavoravano in media il 70 per cento. Questo concorso di fattori ha prodotto la catastrofe del commercio: perdite di fatturo superiori al 90 per cento, chiusure a raffica, impatto brutale sul lavoro; dai dati Istat di novembre 2020 risulta che il commercio registrava a quella data già 191 mila occupati in meno (-5,8 per cento, per la gran parte donne, ove si consideri che le imprese femminili, nel commercio e nel turismo e nei servizi, sono oltre il 66 per cento del totale e rappresentano il 46 per cento delle donne occupate;
con il comma 2-bis dell'articolo 182 del decreto-legge n. 34 del 2020 è stata prevista attribuzione di uno specifico codice Ateco alle attività commerciali nelle aree ad alta valenza turistica, che consentirebbe alle stesse di accedere ai sostegni destinate alla generalità delle imprese classificate come turistiche. L'Istat ha da tempo definito una classificazione dei comuni secondo la «categoria turistica prevalente» e la «densità turistica». Tuttavia, il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ancora avviato le procedure che consentiranno alle imprese commerciali e di servizi di tali aree di richiedere alle camere di commercio quest'attribuzione;
l'Osservatorio Aub, cui partecipa la Bocconi, ha rilevato che il 33 per cento delle aziende familiari italiane ha una struttura finanziaria inadeguata ad affrontare la pandemia ed è quindi a rischio di liquidazione. Se prima del 2020 nelle principali città italiane si stava verificando un cambiamento del tessuto commerciale soprattutto all'interno dei centri storici con continue chiusure di negozi e botteghe condotte da imprese familiari dedite al commercio da generazioni, sostituite da negozi di catene di franchising, durante la pandemia, in particolare nelle città d'arte si sta verificando quello che l'assessore al commercio del comune di Venezia ha definito un «assalto alla diligenza», fatto di acquisizioni di attività quali negozi e piccoli alberghi da parte di investitori stranieri;
la crescita dell'imprenditoria straniera nel settore del commercio è assolutamente in controtendenza: secondo il già citato studio «Demografia d'impresa nelle città italiane» dal 2012 al 2020 le imprese condotte da stranieri nel settore del commercio sono cresciute del 27,5 per cento, mentre quelle condotte da italiani sono diminuite del 6,9 per cento. Nello stesso periodo gli occupati stranieri sono cresciuti dal 21,9 per cento, mentre quelli italiani calati del 3,2 per cento. Uno studio della Fondazione Moressa del febbraio 2021 esplicita che tra il 2019 e il 2020 il numero degli imprenditori stranieri è cresciuto del 2,3 per cento nonostante l'epidemia. Da tempo sia Confesercenti che Confcommercio parlano di «concorrenza sleale» e segnalano l'anomalia di questo fenomeno, nel quale si registra un turnover pari al doppio delle corrispondenti imprese italiane e il frequente ricorso alla pratica «apri e chiudi». Circa un quarto di tali imprese non arriva all'anno di vita;
quanto al commercio elettronico, secondo l'ultima indagine (aprile 2021) dell'Osservatorio e-commerce B2C del Politecnico di Milano, il comparto ha registrato, nel 2020, una crescita esplosiva. Complice il crollo dei consumi offline causa delle restrizioni al commercio fisico, la penetrazione dell'online sul totale Acquisti retail, dovuto alla pandemia, registra un significativo balzo in avanti e passa dal 7 per cento del totale del commercio al dettaglio registrato nel 2019 al 9 per cento 2020, con punte dal 2 per cento, 12,9 per cento negli acquisti nell'abbigliamento e calzaturiero e dal 2 per cento a 12,8 per cento negli acquisti di prodotti per la cura della persona. Poste Italiane ha comunicato di aver consegnato, nel mese di dicembre 2020, 20 milioni di pacchi legati all'e-commerce, quasi 10 milioni in più rispetto allo stesso periodo del 2019 (+56 per cento). E nel primo trimestre 2021, a fronte di una crescita record nel 2020 dell'e-commerce mondiale (+31,3 per cento), Amazon ha più che triplicato i profitti (8,1 miliardi di dollari), mentre l'aumento del fatturato è stato del 44 per cento (a 108,52 miliardi);
secondo il report di Mediobanca, «I giganti del websoft», dell'ottobre 2020, le controllate italiane delle multinazionali del web ubicate nel nostro Paese, si sono viste applicare un tax rate del 32,1 per cento. Più in generale, spiega il report, «circa la metà dell'utile ante imposte delle WebSoft è tassato in Paesi a fiscalità agevolata, con conseguente risparmio fiscale cumulato di oltre 46 miliardi nel 2015-2019». Il tax rate effettivo delle multinazionali WebSoft nel 2019 è pari al 16,4 per cento;
qui non si tratta evidentemente di demonizzare l'e-commerce, rispetto al quale, in termini di tassazione, si stanno muovendo sia l'Unione europea (il 1° luglio 2021 entrano in vigore le nuove regole Iva sull'e-commerce e successivamente quelle relative alla tassazione dei redditi generatisi con il commercio elettronico), sia l'Ocse (presso la quale la nuova amministrazione Usa ha proposto una tassazione globale al 21 per cento sui profitti delle multinazionali). Si tratta invece di favorire un processo di «ibridazione» tra esercizio commerciale fisico che offre servizi e quello via web, mediante l'adozione di specifiche misure;
si tratta di semplificare la burocrazia che grava sul settore del commercio e più in generale sulle piccole e medie imprese. Davanti alla Commissione parlamentare per la semplificazione, nel febbraio 2021 l'Osservatorio nazionale della Cna, ha ripetuto quel che ripete da anni: sono troppi gli adempimenti burocratici necessari per avviare un'impresa in Italia; bisogna affrontare procedure lunghe, complesse e costose, fino a 86 adempimenti burocratici e quasi 20 mila euro di spese per un autoriparatore, 78 adempimenti per un falegname, 73 per una gelateria, 71 per un bar, ad onta delle innumerevoli leggi sulla «impresa in un sol giorno» o sugli «sportelli unici» che il Parlamento ha approvato. Secondo la Cgia di Mestre ammonta a 57,2 miliardi di euro il costo che ogni anno grava sulle imprese italiane a causa del cattivo funzionamento della nostra burocrazia;
si tratta di ridurre il carico fiscale, sia diretto che indiretto, che incide sulla competitività. Secondo i dati della World Bank, «Doing Business 2020», dell'ottobre 2019 le piccole e medie imprese hanno un carico fiscale complessivo che si attesta al 59,1 per cento dei profitti. I giganti del web «pagano meno tasse di un negozio di via del Corso (...) dietro la riallocazione del carico fiscale c'è innanzitutto una concezione di equità» ha detto il commissario europeo all'economia Paolo Gentiloni, nel corso di una audizione dinanzi alle Commissioni Finanze di Camera e Senato nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla riforma dell'Irpef;
si tratta di ridurre gli oneri dei servizi essenziali: secondo i dati dell'osservatorio per l'energia 2020 della Cna diffusi nel luglio 2020, per la classe di consumo elettrico fino a 20 MWh, nella quale ricadono le imprese micro, piccole e artigiane, l'energia elettrica costa il 54,3 per cento più che nel resto dell'Europa, per quel che riguarda il costo della materia prima. Le componenti «servizi di rete» e «oneri e imposte» incidono più della metà sul totale della bollette e portano tale divario al 64,2 per cento rispetto alla media dell'Unione europea. La Rete pullula di rimostranze di commercianti e ristoratori che si sono visti recapitare bollette di luce e gas di centinaia e migliaia di euro nonostante i consumi zero del periodo del lockdown;
si tratta di introdurre talune regole sia in termini di tutela sia volte a creare un clima favorevole all'insediamento di nuove attività commerciali. Con l'articolo 31 del cosiddetto «decreto salva Italia» del Governo Monti si è introdotta la liberalizzazione assoluta in termini di insediamento commerciale, con la soppressione dei divieti di insediamento per talune tipologie di esercizi commerciali e del rispetto di distanze minime obbligatorie. Questo ha favorito la dispersione dei caratteri tradizionali di molti centri storici e l'abbassamento della qualità dei servizi commerciali e artigianali offerti. È quindi opportuno introdurre un assetto regolatorio, gestito dai comuni, non dettato esclusivamente sulla competizione di mercato, ma che tenga conto delle specificità e perfino del carattere storico-culturale di talune attività commerciali e artigiane, nonché della necessità di salvaguardare il presidio urbano e di servizio rappresentato dagli esercizi commerciali;
il blocco degli sfratti causa pandemia ha sin qui impedito l'espulsione dal tessuto produttivo delle innumerevoli attività commerciali, artigianali e del settore della ristorazione, in particolare nelle aree turistiche e nei centri storici, che hanno visto crollare i propri fatturati. Diversamente da quanto fatto per gli impianti sportivi (per i quali l'articolo 216 del decreto rilancio n. 34 del 2020 ha previsto la «rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziarie originariamente pattuite») o per il settore alberghiero, (che gode di un credito d'imposta per i canoni di locazione da marzo 2020 ad aprile 2021), per il settore del commercio è mancata una politica organica che tenesse conto del principale dei costi fissi dei negozi di vicinato e cioè il canone di locazione commerciale, il cui livello è rimasto commisurato al volume d'affari del 2019. Questo elemento, terminata l'emergenza pandemica, rischia di desertificare interi quadranti delle nostre città e di generare un abnorme contenzioso giudiziario;
appaiono quindi urgenti gli interventi finalizzati a creare un ambiente favorevole al rilancio delle attività commerciali e dei servizi, strumenti che consentano il rafforzamento della produttività e della competitività, l'accesso al credito e un'adeguata patrimonializzazione. Il comparto del commercio necessita di misure volte favorire:
a) una significativa semplificazione amministrativa e fiscale;
b) un processo di innovazione che tenga conto anche delle nuove esigenze di consumo, garantendo una parità di condizioni sia di mercato che fiscali;
c) la predisposizione di specifici strumenti di sostegno e incentivazione;
d) la predisposizione di strumenti di tutela;
il modello italiano di pluralismo distributivo, fatto di un tessuto fittissimo di piccole, medie e grandi imprese rappresenta un valore economico e un valore sociale, ma anche politico, ove si consideri che un tessuto sociale fatto di tanti, piccoli e proprietari costituisce elemento fondante e stabilizzatore di una democrazia,
impegnano il Governo:
ad adottare iniziative volte a favorire la positiva conclusione del confronto in sede Ocse in merito alla definizione e attuazione di un modello di web tax globale, valorizzando le proposte europee volte a definire un'aliquota che consenta la parità competitiva tra commercio online e commercio fisico, nonché a favorire le iniziative europee volte a risolvere il divario dell'Iva, cioè la differenza tra il gettito Iva previsto e quello effettivamente riscosso da ogni Stato membro, al fine di garantire che l'Iva sia versata nel Paese in cui vengono consumati i beni acquistati online, di introdurre condizioni di parità tra le imprese comunitarie e non comunitarie e di creare un regime Iva uniforme, ma soprattutto semplificato, per le forniture intracomunitarie di merci e servizi;
a favorire, mediante l'adozione di specifiche iniziative, l'integrazione tra commercio fisico e commercio digitale, sia in termine di competenze digitali delle piccole e medie imprese che di acquisizione di strumenti tecnologici e di capacità di queste imprese a essere presenti in condizione di parità sulle piattaforme in rete, con particolare riferimento al potenziamento dei voucher per la digitalizzazione delle piccole e medie imprese di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto-legge n. 145 del 2013, nonché delle misure previste dal «Piano Impresa 4.0»;
ad adottare specifiche politiche in favore delle piccole e medie imprese commerciali e di reazione ai processi di desertificazione commerciale mediante:
a) riduzioni delle aliquote fiscali gravanti sulle piccole e medie imprese;
b) riduzione d'imposte, tributi e tariffe di competenza locale ad esempio Imu, canone unico, Tari e con compensazione dei bilanci della amministrazioni locali;
c) stabilizzazione delle misure volte a ridurre il costo di servizi primari quali energia elettrica e gas, a carico delle piccole e medie imprese mediante riduzione delle imposte e degli oneri per i servizi di rete;
d) stabilizzazione e ampliamento del credito d'imposta relativo ai costi a carico su dette imprese per l'utilizzo della moneta elettronica, perseguendo ulteriori iniziative in accordo con il sistema bancario, per l'azzeramento delle commissioni sui pagamenti di importo ridotto;
ad adottare iniziative per calmierare il mercato delle locazioni commerciali sia attraverso l'adozione di misure analoghe a quelle previste dall'articolo 216 del decreto-legge n. 34 del 2020, riferite alla «rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziarie originariamente pattuite», sia attraverso l'adozione di misure volte a favorire a processi di riduzione dei canoni a fronte del riconoscimento di regimi fiscali agevolati;
ad adottare iniziative per prevedere, nell'ambito delle misure relative alla Strategia nazionale per le aree interne, così come implementata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) l'adozione di automatismi di riduzione del carico fiscale e l'adozione di incentivi per l'insediamento di attività commerciali e artigianali nelle aree interne, coordinando tale strategia con gli obiettivi della legge sui piccoli comuni (n. 158 del 2017);
ad adottare iniziative per la modifica dell'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, nei limiti di quanto consentito dalle norme a tutela della concorrenza dell'Unione europea, prevedendo la possibilità per i comuni di tutelare le caratteristiche produttive e commerciali di talune aree, mediante introduzione di limiti di insediamento o distanze, concordati con le associazioni di settore, con riferimento alla necessità di preservare le caratteristiche commerciali e storico-culturale di tali aree, prevedendo altresì ulteriori misure di tutela e di sostegno per i negozi e le botteghe storiche;
a dare seguito tempestivamente al dettato del comma 2-bis dell'articolo 182 del decreto-legge n. 34 del 2020, in materia di attribuzione di uno specifico codice Ateco «valenza turistica» alle attività commerciali e ai servizi insistenti nelle aree ad alta densità turistica individuate dall'Istat;
ad adottare iniziative per introdurre disposizioni che regolamentino la fiscalità delle locazioni brevi, con particolare riferimento ai comuni con forte vocazione turistica, nonché a quelli con alta tensione abitativa, recependo le esperienze già in corso presso altre città europee, al fine di evitare il rischio di desertificazione commerciale dei centri storici;
ad adottare iniziative per introdurre specifiche disposizioni per il contrasto all'abusivismo commerciale e al fenomeno delle imprese «apri e chiudi», con particolare riferimento alle attività commerciali che presentano una velocità di turnover tale da essere compatibile con una possibile evasione fiscale e contributiva, al fine di assicurare la parità concorrenziale con le attività commerciali correttamente strutturate.
(7-00661) «Squeri, Barelli, Porchietto, Baldini, Spena, Giacomoni, Paolo Russo, Giacometto, Bond, Nevi, Caon, Anna Lisa Baroni».
ERRATA CORRIGE
Interpellanza urgente Galizia e altri n. 2-01223 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 510 del 18 maggio 2021. Alla pagina 19803, prima colonna, alla riga cinquantesima deve leggersi: «Ricciardi, Scerra, Vignaroli, Daga, De-», e non come stampato.