XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 588 di giovedì 4 novembre 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 8,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUCA PASTORINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Barelli, Berlinghieri, Brescia, Maurizio Cattoi, Cavandoli, Colletti, Comaroli, Davide Crippa, Delmastro Delle Vedove, Frusone, Gebhard, Giachetti, Invernizzi, Lupi, Maggioni, Mura, Scoma, Stumpo e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 97, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 8,36).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione delle mozioni Rizzetto ed altri n. 1-00522, Costanzo ed altri n. 1-00527 e Baldino, Murelli, Viscomi, Calabria, D'Alessandro, Mugnai, De Lorenzo, Tasso, Lapia, Colucci, Gebhard, Angiola e Federico n. 1-00539 concernenti iniziative in materia di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Rizzetto ed altri n. 1-00522, Costanzo ed altri n. 1-00527 e Baldino, Murelli, Viscomi, Calabria, D'Alessandro, Mugnai, De Lorenzo, Tasso, Lapia, Colucci, Gebhard, Angiola e Federico n. 1-00539 concernenti iniziative in materia di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni (Vedi l'allegato A).

Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 11 ottobre 2021, sono state presentate le mozioni Costanzo ed altri n. 1-00527 e Baldino, Murelli, Viscomi, Calabria, D'Alessandro, Mugnai, De Lorenzo, Tasso, Lapia, Colucci, Gebhard, Angiola e Federico n. 1-00539, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.

Avverto, altresì, che nella giornata di ieri le mozioni Baldino ed altri n. 1-00520, Valentini ed altri n. 1-00521 e Viscomi ed altri n. 1-00523 sono state ritirate dai presentatori.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha facoltà di intervenire, esprimendo, altresì, il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

DEBORAH BERGAMINI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie, Presidente. Sulla mozione Rizzetto ed altri n. 1-00522, il parere è favorevole, limitatamente al quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo, dodicesimo e tredicesimo capoverso delle premesse, nonché limitatamente alle lettere b), e), g) ed h) degli impegni. Il parere si deve intendere contrario sulle restanti parti.

Sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, il parere è favorevole sul quinto capoverso delle premesse, nonché sulla lettera d) e sulla lettera e) degli impegni, per quest'ultima a condizione che sia così riformulata: “garantire la fornitura sia della dotazione tecnologica, digitale e di attrezzatura ergonomica, sia di tutti gli strumenti tecnologici idonei a garantire la più assoluta riservatezza dei dati e delle informazioni che vengono trattate dal lavoratore del settore pubblico nello svolgimento della prestazione in modalità agile. Garantire, anche nel settore pubblico, il diritto alla disconnessione, per tutelare il lavoratore, affinché non sia messo nelle condizioni di essere costantemente reperibile senza limite di orario”. Il parere si deve intendere contrario sulle restanti parti.

Il Governo esprime, infine, parere favorevole sulla mozione unitaria presentata dalla maggioranza Baldino, Murelli, Viscomi, Calabria, D'Alessandro, Mugnai, De Lorenzo, Tasso, Lapia, Colucci, Gebhard, Angiola e Federico n. 1-00539 e ne approfitto per esprimere un sentito ringraziamento per il prezioso e cospicuo lavoro svolto su questo tema dai rappresentanti delle forze di maggioranza.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Costanzo. Non è presente in Aula, quindi, si intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare l'onorevole De Lorenzo. Ne ha facoltà.

RINA DE LORENZO (LEU). Grazie, signor Presidente. Da molti anni, la cultura della velocità e della prontezza si è imposta nella società attraverso un binomio inscindibile, che ha segnato il progresso tecnologico del Paese, pur confermandosi un gap di innovazione al Sud, che deve diventare, anche grazie agli investimenti del PNRR, risorsa strategica per lo sviluppo e la crescita economica del nostro Paese. Nella definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, necessario per poter in concreto conseguire il Recovery Plan, è indicata, tra le direttrici di intervento, una trasformazione profonda e sostanziale della pubblica amministrazione, una vera e propria missione digitale, volta a creare una pubblica amministrazione di competenti, attraverso nuovi strumenti tecnologici e organizzativi e soprattutto attraverso l'uso dello smart working. La pandemia, che ci ha duramente colpito, ha imposto la necessità di rivedere molto velocemente l'organizzazione del lavoro, condizionata dall'obbligo del distanziamento, che ha reso irrinunciabile il ricorso allo smart working, divenuto strumento emergenziale di contrasto alla diffusione del virus pandemico, garantendo così la continuità dell'azione amministrativa e, al contempo, la riduzione dei fattori di rischio sanitario. Un monitoraggio Formez di qualche mese fa sullo smart working nella pubblica amministrazione ha fornito elementi interessanti sulla crescita di questa nuova modalità di organizzazione del lavoro. I dati ci dicono che, durante l'emergenza sanitaria, oltre 1.800.000 dipendenti hanno lavorato da casa e, a maggio del 2020, il lavoro agile ha riguardato l'86 per cento delle amministrazioni interpellate, con una massiccia adesione delle lavoratrici attive da remoto, che ha sfiorato il 66 per cento, superando di 6 punti i colleghi lavoratori.

Migliaia i lavoratori interessati a questa nuova modalità organizzativa, con un approccio emergenziale, sorretta formalmente dalla disciplina legislativa contenuta nella legge n. 81 del 2017 sul lavoro agile, integrata da circolari e decreti, ma priva di una fattispecie astratta di rapporto di lavoro disciplinato, con la conseguenza che si è giunti ad una formale equivalenza dei termini “lavoro agile”, smart working, telelavoro e lavoro da remoto.

Con il superamento della fase più critica dell'emergenza sanitaria e l'allentamento delle misure in materia di socialità è ripreso il rientro negli uffici e, dunque, si è dato avvio ad un tavolo di confronto con le parti sociali, aperto presso il suo Ministero, con lo scopo di dare una disciplina contrattuale ad una nuova modalità di lavoro, attraverso la presentazione di linee guida che coinvolgeranno oltre 32 mila amministrazioni. Tanti ancora gli aspetti da chiarire, che riguardano il diritto alla disconnessione, ma anche la dotazione tecnologica, fino alla privacy e la sicurezza, così come la disciplina afferente all'esercizio dei poteri di controllo del datore di lavoro, rispetto alle esigenze di privacy dei lavoratori.

E poi ancora, sul tema della disconnessione, ricordo che è allo studio dell'Europarlamento una direttiva che intende fissare standard comuni, la cui pubblicazione è prevista per quest'anno. Senza trascurare, poi, un aspetto centrale: su una materia così delicata, che interessa la conciliazione vita-lavoro, dovrà essere garantito l'irrinunciabile principio di eguaglianza dei diritti tra i lavoratori impegnati nel lavoro in smart working e quelli che assicurano la propria opera in presenza, penso per esempio al tema dei permessi retribuiti. Particolare attenzione - ed è questo uno degli impegni - dovrà essere posta alle questioni sottese ai diritti allo smart working riguardanti aspetti della disciplina del rapporto di lavoro, che devono prescindere dall'assetto organizzativo dell'impresa: mi riferisco ai lavoratori fragili, alle lavoratrici madri, ai genitori caregiver di figli disabili. È tempo, dunque, di passare da uno smart working emergenziale ad uno smart working strutturato per non disperdere le esperienze positive e continuare a prevenire il rischio di una recrudescenza della pandemia, con focolai nei luoghi di lavoro, evitando di passare da posizioni riassumibili nei termini di una vera e propria euforia da smart working, inteso come l'avvento messianico di una rivoluzione dell'organizzazione del lavoro e sociale nel suo complesso, fino ad arrivare ai fautori di crociate contro i furbetti da casa, tutti quei dipendenti pubblici scarsamente operosi, lassisti e assenteisti. Ma per farlo è necessario superare anche un problema culturale perché nel nostro Paese, per ragioni storiche di impostazione organizzativa, nella pubblica amministrazione si è convinti che i lavoratori siano più efficienti e produttivi se controllati in ufficio, secondo il teorema populistico dei furbetti del cartellino. Lo smart working non è il viatico dell'efficacia e dell'efficienza nella pubblica amministrazione, perché necessita di azioni di accompagnamento e di formazione specifica dei lavoratori, con la definizione dei luoghi, dei tempi e degli strumenti che è necessario individuare. Non è, come qualcuno vorrebbe far passare, lo strumento per affrontare e risolvere la questione meridionale, promuovendo la creazione di isole felici, in abitazioni vista mare e remoti borghi medievali e periferie metropolitane. Non si risolve con lo smart working il problema dell'inquinamento, grazie alla fine del pendolarismo.

Nel settore privato, come nella pubblica amministrazione, la chiave di volta per la definizione di una puntuale disciplina di questa nuova modalità organizzativa è e resta la contrattazione: lo spazio di regolamentazione migliore per ogni modello di attività lavorativa, ivi compreso il lavoro agile, rimandando poi solo ad una fase successiva un eventuale intervento normativo, come peraltro dichiarato nei giorni scorsi dal Ministro Orlando nel corso di un incontro con le parti sociali. L'uscita dalla fase dell'emergenza pandemica deve tradursi in quella sede nel superamento di tante anomalie a cui abbiamo assistito in questi mesi, nel corso dei quali milioni di lavoratori hanno operato senza pause e senza tutele e con i propri strumenti digitali. Penso, per esempio, allo straordinario impegno profuso dai docenti, che, pur in assenza di digital device e reti messe a disposizione dall'amministrazione, hanno garantito continuità al processo di formazione degli studenti, facendo riscoprire una comunità scolastica solida, tenace e coraggiosa, e rispondendo ad una domanda di serietà che i docenti garantiscono da decenni; una comunità educativa che ha subìto i danni della socialità proibita, danni che sono stati avvertiti non solo dagli adolescenti, ma anche dagli adulti, per la mancanza di relazioni umane e per la sostituzione obbligata degli incontri con la visione tramite piattaforme di lavoro. Eppure io ricordo che il lavoro è quanto di più umano possa esserci e la sua dimensione umana delle relazioni non potrà mai scomparire a vantaggio di quella digitale. Voglio ricordare una frase che pronunciò Benedetto Croce, che scrisse, nel 1931, nel suo testo Etica e politica: “La sovranità in una relazione non è di nessuno dei componenti singolarmente preso, ma della relazione stessa, cioè dell'incontro.” Digitalizzazione della pubblica amministrazione e, più in generale, del sistema Paese devono marciare di pari passo con socialità e sostegno alla stessa. Soltanto così potremo essere in grado di conseguire quella modernità così tanto agognata e che ora è così a portata di mano con il Recovery Plan che, nel suo esplicarsi e realizzarsi, non deve mai perdere di vista l'uomo e le sue relazioni. Per poter raggiungere questi obiettivi, occorre uscire dalla logica della sua adozione emergenziale e in questa direzione vanno gli impegni assunti dal suo Dicastero. Per queste ragioni esprimo, dunque, il voto favorevole del gruppo Liberi e Uguali alla mozione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ripani. Ne ha facoltà.

ELISABETTA RIPANI (CI). Grazie, Presidente. La situazione emergenziale dettata dal COVID-19 ha condotto ad una sperimentazione forzata del lavoro agile nel pubblico impiego con una procedura semplificata e temporanea. La modalità di svolgimento della prestazione lavorativa da remoto, soprattutto durante il lockdown e nei mesi più acuti della pandemia, ha consentito, da un lato, una significativa diminuzione degli spostamenti personali, riducendo la diffusione del contagio, dall'altro, ha garantito la continuità amministrativa ed ha permesso ai lavoratori di poter svolgere le proprie mansioni in sicurezza da casa, permettendo un certo grado di elasticità nello svolgimento del lavoro, ma rivelandosi tuttavia alienante, venendo a mancare le fondamentali relazioni interpersonali.

Centinaia di migliaia di dipendenti pubblici hanno iniziato a lavorare da remoto in condizioni di emergenza, senza programmazione efficiente, regolazione contrattuale, definizione dei target e degli obiettivi. Più che di smart working, si è trattato quindi di telelavoro: un vero e proprio trasferimento a casa del lavoro abitualmente svolto in ufficio, senza modifiche nell'organizzazione e, in molti casi, senza una adeguata attrezzatura digitale, ridotta a smartphone o PC personali, con le difficoltà ad utilizzare le necessarie attrezzature tecnologiche e le banche dati, a conciliare i tempi di vita e di lavoro e a gestirne il carico.

Lo smart working diventa uno strumento utile nella misura in cui migliori i servizi e l'efficacia della pubblica amministrazione, situazione che non sempre si è realizzata in emergenza. Spesso i cittadini e le imprese hanno, infatti, sperimentato disservizi e ritardi. Risulta, inoltre, che solo il 33 per cento delle amministrazioni statali abbia approvato il Piano operativo del lavoro agile. Adesso che la pandemia è sotto controllo grazie alla spedita campagna vaccinale, con decreto del Presidente Draghi dello scorso 23 settembre il lavoro agile ha cessato di essere modalità ordinaria di svolgimento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. I dipendenti pubblici tornano sul posto di lavoro in presenza e in sicurezza. Tale decisione è collegata all'estensione a tutti i lavoratori, ivi compreso tutto il personale delle amministrazioni pubbliche, dell'obbligo di possedere ed esibire, dallo scorso 15 ottobre, la certificazione verde, battaglia fortemente sostenuta da Coraggio Italia, ben specificando che non si possa ricorrere furbescamente allo smart working per eludere l'obbligo di green pass.

Ogni amministrazione deve, pertanto, adottare quelle misure organizzative che assicurino da subito la presenza in servizio del personale preposto alle attività di sportello e di ricevimento degli utenti e dei settori preposti all'erogazione di servizi all'utenza, anche attraverso la flessibilità degli orari di sportello e ricevimento, per operare in sicurezza e al massimo delle potenzialità. Il rientro in presenza è una mossa indispensabile per tornare alla normalità e sostenere le esigenze di cittadini e imprese, decisiva per dare attuazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza e per la ripresa economica del nostro Paese.

L'effetto Draghi sull'economia italiana non ha tardato ad arrivare. Siamo di fronte ad un netto miglioramento degli indicatori di crescita: l'incremento del PIL previsto per l'anno in corso sale al 6 per cento, rispetto al 4,5 previsto nel DEF in aprile; la dinamica della produzione industriale si conferma positiva; oltre alla ripresa dei ritmi produttivi si registra un generale recupero dei consumi e un generale miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro. Tutto questo richiede la ripresa a regime dell'attività lavorativa della pubblica amministrazione e uno sforzo significativo di semplificazione, di superamento dei vincoli burocratici e di efficienza organizzativa. La ripresa del lavoro in presenza nella pubblica amministrazione è, quindi, per Coraggio Italia, una necessità inderogabile e prioritaria. Solo alcune attività possono essere svolte da remoto. Dobbiamo ricordare che ancora oggi i servizi della pubblica amministrazione sono forniti in prevalenza mediante sportelli aperti al pubblico, il cosiddetto front office. Senza gli sportelli un'ampia percentuale di popolazione, soprattutto gli anziani, rimarrebbe priva di servizi. Non può e non dovrà più accadere che si verifichi la chiusura degli uffici a causa dello smart working.

Le lacune della sperimentazione in urgenza del lavoro agile ci suggeriscono oggi la necessità di accelerare, sfruttando le occasioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza, la digitalizzazione e la modernizzazione della pubblica amministrazione, una sfida che la renderà ancor più efficiente e vantaggiosa per il sistema sociale e produttivo, nell'interesse prioritario di utenti e cittadini.

Oggi non si può tornare indietro; si può solo responsabilmente progredire facendo tesoro delle esperienze positive, prevedendo, per coloro che continueranno a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, un'effettiva revisione dei modelli organizzativi, in modo da tener conto, oltre che della disciplina in vigore, anche di una serie di elementi, quali l'attitudine del lavoratore a svolgere la prestazione lavorativa anche in modo del tutto autonomo, ma responsabilmente, prevedendo a tal fine la definizione di specifici obiettivi di risultato. È opportuno agevolare lo svolgimento in modalità agile per i lavoratori fragili, per quelli esenti dal vaccino per motivi sanitari o per chi versa in condizioni di particolare necessità. È imprescindibile prevedere che i lavoratori siano dotati della necessaria strumentazione mobile e che abbiano, anche mediante una formazione specifica, competenze adeguate nell'utilizzo da remoto di banche dati e di format della pubblica amministrazione sinora impiegati solo in presenza. Le pubbliche amministrazioni dovranno, poi, adottare il piano attuativo per il lavoro agile entro i termini previsti dalla legge.

Conveniamo tutti che lo smart working necessiti, quindi, di un impianto regolatorio ben definito nell'ambito della contrattazione collettiva. Serve un contratto concordato con le organizzazioni sindacali, che definisca gli elementi essenziali dell'accordo di lavoro agile, un quadro di regole certe, con le condizioni tecnologiche, organizzative, di efficienza. Tutto questo è essenziale per stabilire i diritti e i doveri di chi lavora nella pubblica amministrazione in modalità agile e per la riorganizzazione, necessaria anche a smaltire le domande arretrate e le pratiche che si sono accumulate.

Nelle more della definizione dei rinnovi e della regolazione del lavoro agile nei contratti, ma anche dell'approvazione entro il 31 gennaio dei piani integrati di attività e organizzazione, le amministrazioni pubbliche possono contare adesso sulle nuove linee guida sullo smart working, presentate in bozza nei giorni scorsi dal Ministro Brunetta ai sindacati, che anticipano quello che potrebbe essere il contenuto dei contratti.

Il lavoro in presenza dovrà comunque costituire la modalità prioritaria di svolgimento dell'attività lavorativa nella pubblica amministrazione e, conseguentemente, il lavoro agile andrà regolato e modulato in maniera tale da garantire l'invarianza dei servizi resi all'utenza in termini di efficienza, tassativamente in misura equivalente a quelli forniti in presenza.

Diritto alla non discriminazione, alla disconnessione, alla formazione specifica, alla parità di genere, diritto alla protezione dei dati personali e a ricevere le opportune strumentazioni tecnologiche, orientamento a degli obiettivi di risultato, criteri di rotazione con priorità alle categorie fragili, sono solo alcuni dei temi affrontati, su cui ragionare con le organizzazioni sindacali.

Le linee guida rappresentano uno sforzo apprezzabile del Governo per regolare, a partire dal prossimo anno, in maniera strutturale e ragionata il lavoro agile nel sistema delle pubbliche amministrazioni fuori dall'emergenza, mirando alla conciliazione delle esigenze di vita e professionali dei lavoratori con quelle organizzative e di miglioramento dei servizi della pubblica amministrazione.

Per le considerazioni appena esposte e condividendo i contenuti della mozione di maggioranza, dichiaro il voto favorevole del gruppo di Coraggio Italia (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fusacchia. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO FUSACCHIA (M-MAIE-PSI-FE). Grazie Presidente, sarò brevissimo. Come FacciamoEco, voglio esprimere il voto favorevole a questa mozione. Siamo felici che si sia arrivati a una mozione unitaria.

Vorrei dire una cosa sola. Prima del COVID eravamo al 10 per cento (o anche a meno del 10 per cento) di penetrazione ed utilizzo dello smart working. La pandemia ci ha costretto a un percorso obbligato per tutti. Attenzione a pensare che adesso serva solo capire come meglio tornare a conciliare famiglia e lavoro. Noi non dobbiamo conciliare solo famiglia e lavoro: dobbiamo conciliare una società sostenibile.

Una parte del dibattito, che è iniziato anche in maniera fuorviante in questo periodo su questo tema, riguardava il PIL locale, come il lavoro agile rischia di mettere a repentaglio alcune attività e alcuni pezzi della società che c'era prima. Allora, io non credo che il lavoro agile, il lavoro pubblico in generale, si debba adattare alla società di prima, ma credo debba diventare un elemento di trasformazione per andare verso una società diversa e migliore domani, dove la qualità della vita di tutti e la capacità di lavorare diversamente delle amministrazioni vengono completamente ripensate, perché a servizio di una società molto più moderna.

In conclusione, Presidente, a fronte di alcune questioni magari di attività locali, anche commerciali, che devono essere valorizzate, c'è tutta la questione del congestionamento del traffico. Quindi, ecco il ragionamento su come si riorganizza la società. Tutto questo si fa, se noi pensiamo che la pubblica amministrazione ha un ruolo di traino e di trasformazione attivo per gestire e generare processi di cambiamento significativi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alessandro. Ne ha facoltà.

CAMILLO D'ALESSANDRO (IV). Grazie, Presidente. L'occasione della mozione ci consente di aprire un ragionamento, che spero sia orientato alla verità e alla sincerità tra di noi e i cittadini. Rispetto al dibattito che c'è stato prima di arrivare qui e rispetto al dibattito che c'è stato anche dentro la maggioranza, sapientemente condotto ad unità dal Governo e dalle forze politiche, in particolare dal collega Viscomi, che ringrazio, tuttavia, noi dobbiamo in qualche maniera dirci un po' di verità. Infatti, se non affrontiamo alcuni nodi che esistono tra gli iper-favorevoli all'accelerazione dello smart working e del lavoro agile nella pubblica amministrazione e quelli che lo temono, io credo che non affrontiamo il problema nel merito, mentre noi siamo qui per affrontare i problemi nel merito.

Se affrontiamo i problemi in questa maniera, io ritengo che dobbiamo cambiare il punto di vista. Le riforme si fanno per chi? Si fanno per chi lavora nella pubblica amministrazione o per i cittadini? Per me si fanno per i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). È la risposta alla domanda di pubblica amministrazione e di Stato che noi dobbiamo perseguire. E, dentro la risposta ai cittadini, noi dobbiamo contemporaneamente garantire la migliore organizzazione possibile del lavoro nella pubblica amministrazione. Ma se non partiamo da qui, da dove e come si risponde ai cittadini, io credo che qualunque dibattito sia fuorviante.

È chiaro che lo sviluppo di quello che sarà la pubblica amministrazione di domani già inizia ad essere. Non c'è il Ministro Brunetta, glielo avrei detto in pubblico. Si va verso un nuovo modello di pubblica amministrazione da noi condiviso, per esempio, con l'introduzione dal 15 novembre dei certificati digitali, che non è poco. Pensare che tutto ciò potesse accadere e di potere accedere a tutta una serie di documenti a costo zero, attraverso i certificati digitali e lo SPID, solo qualche mese fa qualcuno non lo credeva possibile. Per cui la pandemia ha introdotto, non solo nella pubblica amministrazione intesa come organizzazione del personale, ma anche a livello ministeriale, una nuova mentalità di che cosa serve. E il “che cosa serve” risponde sempre alla domanda iniziale: le riforme si fanno per chi? Si fanno per i cittadini!

Allora, l'organizzazione del lavoro della pubblica amministrazione deve essere immaginata per dare risposta ai cittadini.

Noi non possiamo non partire dalla necessità di stabilire performance e tempi di risposta. Dopo, la pubblica amministrazione come si organizza? A mio giudizio, senza quote, lo fa in base alla sua capacità di autodeterminarsi capace di rispondere a quelle performance, a quegli obiettivi rispetto alla domanda di pubblica amministrazione. È la rivoluzione introdotta anche dal pensiero del Ministero e dal rapporto con i sindacati.

Si parla nella nostra mozione, e ho condiviso, di un tendenziale utilizzo, per alcuni progetti, di una quota del personale pari al 30 per cento, un terzo. Questo passaggio non mi vedeva completamente d'accordo, perché io ritengo che possa essere anche molto di più l'utilizzo del personale a distanza, ma dipende da come organizza la pubblica amministrazione quell'ufficio, quel dirigente, il progetto, il lavoro per dare le risposte attese dai cittadini secondo dei parametri oggettivi, misurati, misurabili, in termini di qualità e di tempo. Invece ricordo benissimo il dibattito che ci ha caratterizzato prima dell'arrivo in Aula, anche in un'occasione di question time, in uno scontro che è andato in onda tra un gruppo parlamentare e il Ministro Brunetta, in cui, addirittura, si accusava il Ministro di tornare al Medioevo perché frenava non sull'utilizzo del lavoro agile nella pubblica amministrazione, ma sul fatto che non potesse avvenire senza una cornice di regole che passa attraverso, innanzitutto, il confronto con i sindacati, cosa che sta avvenendo. Mentre noi discutiamo, c'è in fase avanzata un confronto con i sindacati. Il Parlamento non è che deve prendere atto di ciò che dicono i sindacati e il Governo, ci mancherebbe altro, ma è chiaro che il Parlamento deve inserirsi per aiutare questo confronto, per fare in modo che si mettano insieme il diritto al lavoro, al lavoro agile, alla qualità, alla remunerazione, alla non discriminazione, al riposo, al distaccamento - e, quindi, tutto ciò che contiene il lavoro - e il diritto supremo dei cittadini di avere risposte.

E badate, per questo dico che dobbiamo confrontarci in verità: non è che viviamo in un periodo neutro, dove la pubblica amministrazione, nel bene e nel male, nelle efficienze e nelle inefficienze della pubblica amministrazione, può continuare ad andare avanti come l'abbiamo conosciuta prima della pandemia. Guardate che la pubblica amministrazione, oggi, o funziona o il PNRR non si attua. La pubblica amministrazione o è messa nelle condizioni di lavorare o il PNRR torna indietro, i soldi dell'Europa non li utilizziamo. Perché di questo si tratta, di questo si tratta. Allora non è un periodo neutro ed ecco perché il “baldanzonismo” dei temi rispetto alla faciloneria argomentativa, casomai per strappare qualche applauso, non può funzionare in un Parlamento che affronta e che conosce come funziona la pubblica amministrazione nel Paese. E, poi, che cosa è la pubblica amministrazione? La pubblica amministrazione sono gli enti locali, le province, le regioni, fino ai Ministeri. Bene, se partiamo dagli enti locali, io credo che ci sia una differenziazione di difficoltà, una graduazione di complessità dovuta alla dimensione dell'ente, alla collocazione dell'ente, se è in una zona interna o se è sulla costa, se è servito dal servizio digitale, dalla connessione veloce o no. Quindi pensare, come è stato fatto anche con la riforma della “legge Bassanini”, che basta fare la riforma perché, poi, si applichi, poi abbiamo riscontrato nell'applicazione grandi difficoltà.

Per cui questa mozione, che credo si inserisca prudentemente nel lavoro che sta portando avanti il Ministero, non nega che ci sia stata una innovazione, anzi, si pone il problema di come renderla strutturale, su come si discuterà, certo con le parti sociali. Per essere chiari, noi siamo per il working, non per il no-working, perché, dietro questo dibattito, tendenzialmente, a volte, strumentalizzato, c'è anche un'idea, quasi come se ci fosse il tema della comodità. Noi vorremmo che i nostri lavoratori della pubblica amministrazione possano raggiungere il posto di lavoro nel migliore modo possibile, senza traffico, senza accessi, senza problemi, conciliando il tempo di lavoro e di vita, che non riguarda solo coloro che sono collegati, dovrebbe riguardare anche coloro che sono al lavoro in presenza. Si dovrebbe discutere di come si può stabilire una circolarità e si deve discutere se lo smart working serve solo o, in parte, per rispondere alla cittadinanza o per il processo interno sui procedimenti amministrativi che si devono compiere e, cioè, ritorniamo all'autonomia della pubblica amministrazione di stabilire, rispetto agli obiettivi, rispetto alle risposte da dare, ciò che può meglio organizzarsi. Per questo noi, tendenzialmente, siamo contro le quote minime di smart working, perché se, rispetto al progetto che io metto in campo, ho bisogno non del 20 o del 30, ma del 50 per cento di smart working, io ho la possibilità, ho il dovere di poterlo fare. Al contrario, non posso avere un dovere di collocare per forza una quota all'interno in smart working se non mi serve rispetto agli obiettivi che mi propongo. Penso di essere stato chiaro. Credo che tutto ciò che muove le riforme e, per noi, il riformismo deve essere sempre orientato alla risposta da dare alla cittadinanza; valeva per la sanità, le riforme della sanità si fanno per i cittadini, non solo per chi ci lavora. Le riforme della pubblica amministrazione si fanno per la domanda di Stato e di pubblica amministrazione da parte di cittadini, famiglie e imprese in un periodo sicuramente non neutro, dove è possibile misurare l'andamento del PIL rispetto al buon funzionamento o al cattivo funzionamento della pubblica amministrazione. Per cui non possiamo scherzare e, per questo, noi esprimiamo parere favorevole, a nome di Italia Viva, sulla mozione da noi sottoscritta (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire, per una precisazione, il sottosegretario Bergamini. Ne ha facoltà.

DEBORAH BERGAMINI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie, Presidente. Intervengo per un'integrazione rispetto ai pareri che ho dato poco fa. Rispetto alla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, il Governo esprime parere favorevole anche sulla lettera f) degli impegni.

PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario. Riprendiamo, quindi, le dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO (FDI). Grazie, Presidente. Buongiorno, sottosegretario Bergamini. Sulla scorta anche di quanto ascoltato da alcuni colleghi qui, in quest'Aula, io vorrei dire, a nome del gruppo Fratelli d'Italia, alcune cose su questa, che è una mozione che avremmo dovuto portare in Aula, secondo noi, molto prima e sulla quale - e lo dico da oppositore a questo Governo e, quindi, di riverbero, a questa maggioranza -, molto probabilmente, sottosegretario, avremmo dovuto creare una fase omogenea più importante per quest'Aula, nel senso che noi eravamo a disposizione rispetto al fatto di costruire un testo unico tra opposizione, o opposizioni, e maggioranza. Questo non è avvenuto su un tema di fondamentale importanza, oggi, nel nostro Paese. Presidente, sono trent'anni che parliamo di telelavoro in Italia: telelavoro non è smart working, non è - per utilizzare termini italiani, in lingua italiana - lavoro agile. Telelavoro è un'altra cosa e io temo, Presidente e sottosegretario, che, nell'ultimo anno e mezzo, purtroppo, di questa drammatica pandemia, che ci ha visto costretti ad utilizzare un certo tipo di formula per non far aumentare i contagi, per cercare di fare stare meglio i nostri dipendenti - non soltanto, chiaramente, dipendenti di aziende private, ma anche e, soprattutto, in pancia alla pubblica amministrazione -, abbiamo perso un'occasione. Abbiamo perso un'occasione per fare dei passi da gigante sotto questo punto di vista, perché, oggi, in Italia non esiste il lavoro agile, oggi in Italia esiste la remotizzazione del posto di lavoro. Significa che un dipendente della pubblica amministrazione o un dipendente privato viene dotato di un computer o di un telefonino a casa, ma non viene dotato di tutto quello che è il corollario di basi sulle quali si basa il vero smart working, il vero lavoro agile.

Paradossalmente, colleghi, ci sono esperienze a livello internazionale - e parlo di grandi aziende che hanno fatto veramente passi enormi sotto questo punto di vista - che ci parlano di lavoro agile rispetto a un concetto che noi abbiamo cercato di portare sia nell'Aula parlamentare sia nell'aula della Commissione, Presidente, tanto è vero che stiamo discutendo, come sanno i colleghi della Commissione lavoro, di proposte di legge esattamente su questo tema. Quindi, abbiamo più fronti aperti. Il concetto fondamentale su cui si basa il lavoro agile è uno e uno soltanto e da lì non si scappa. È da lì che serve, evidentemente, cercare di andare a normare o a consigliare, diciamo, le cosiddette parti sociali rispetto a una norma quadro sul lavoro agile. Il concetto, colleghi, è molto semplice: noi dobbiamo cercare di capire oggi se il lavoratore lavora per 6-8 ore seduto in un ufficio o se il lavoratore lavora per raggiungere dei risultati che, paradossalmente, possono essere raggiunti anche molto prima delle canoniche 8 ore in ufficio. Per usare una provocazione, ma forse neanche tanto, il vero lavoro agile il dipendente della pubblica amministrazione o il dipendente privato lo può effettuare in qualsiasi momento, chiaramente entro gli orari di lavoro, e in qualsiasi luogo e non necessariamente in un luogo fisico predisposto. Allora serve - lo rinnovo - cercare di capire se vogliamo far raggiungere dei risultati anche e soprattutto in pubblica amministrazione. Mi permetta: noi rispetto ai dipendenti della pubblica amministrazione, soprattutto nell'ultimo anno e mezzo, ci alziamo il cappello, perché se non ci fossero stati loro molto probabilmente la macchina pubblica italiana durante questa pandemia si sarebbe fermata. Tuttavia, è altrettanto vero, Presidente, che - diciamocelo - le performance della pubblica amministrazione negli ultimi anni non sono state così eclatanti, non per colpa dei dipendenti ma probabilmente per colpa e per responsabilità di altri.

Dopodiché, quanto ascoltato poc'anzi - anche, ad esempio, dal collega di Italia Viva - mi trova d'accordo. Oggi il Parlamento deve cercare di dare su questo tema un'indicazione al Governo e su questa indicazione ovviamente serve concordare questi punti con i sindacati, con le parti sociali. Però, attenzione! Non dimentichiamoci di una cosa: oggi, se noi andiamo a parlare soltanto con le sigle sindacali rispetto a questa che potrebbe essere una grande occasione per il nostro Paese, dimentichiamo tutto il resto, dimentichiamo le aziende, dimentichiamo gli imprenditori e dimentichiamo, molto spesso, anche i lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Dove andremo, Presidente, a cercare di fare delle operazioni importanti rispetto a questo concetto o a quei concetti che io umilmente sto cercando di estendere all'Aula? Andiamo a gestire questo tipo di percorso partendo, anche in questo caso, da un assunto e l'assunto è che per molti, anche in quest'Aula, applicare il lavoro agile significa fare un piacere ai dipendenti. Non è così, non è così (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché le performance di grandi aziende che hanno applicato bene il lavoro agile sono performance che molto spesso anche la pubblica amministrazione se le sogna.

Poi, serve garantire i diritti e quando parlo di diritti parlo, sì, di diritti dei lavoratori, quali la disconnessione, l'orario di lavoro e i buoni pasto, ma serve anche andare a descrivere, a certificare e a garantire i diritti dei più fragili che fanno il lavoro agile, i diritti dei disabili che fanno il lavoro agile, i diritti delle persone che, molto spesso, ancora nel nostro Paese non sono equiparate alla maggioranza dei lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e su questo - mi dispiace - il Governo non c'è!

Un tema molto importante rispetto al quale noi dobbiamo fare e lavorare molto, anche in pancia al PNRR, è il tema enorme della digitalizzazione. Però, sottosegretario Bergamini, una domanda: noi oggi parliamo e ci riempiamo la bocca di digitalizzazione e si fanno conferenze stampa del Governo sulla digitalizzazione ma, dall'altra parte della barricata, c'è il Ministro Colao che dice che oltre il 92 per cento dei siti della pubblica amministrazione è “hackerabile”. Dall'altra parte della barricata noi diamo la garanzia, rispetto alla digitalizzazione, che un'azienda pubblica o privata, se esiste e lavora nel centro di una grande città, è dotata di una banda larga ma, se è in montagna o in campagna, non riesce a scansionare e a spedire un documento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Allora, prima di tutto questo, noi dobbiamo creare una rete infrastrutturale degna di un Paese civile. Non possiamo far partire le aziende da molte linee di partenza differenti. Questa non è equità, questa non è democrazia. Tutto questo si riverbera sul welfare aziendale, sul benessere dei dipendenti e soprattutto sulle performance che - ripeto - i capitani d'azienda privati e anche i dirigenti della pubblica amministrazione pretendono, però, rispetto al raggiungimento degli obiettivi.

Vede, l'applicazione del lavoro agile nella pubblica amministrazione richiede un rinnovamento dell'organizzazione del lavoro e un rinnovamento del sistema di formazione dei dipendenti pubblici. La formazione, colleghi, nel pubblico come nel privato, considerato che andremo ad approcciare anche a nuove skill di lavoratori, dev'essere obbligatoria. La formazione è un qualcosa su cui si basano le performance delle nostre aziende e su cui nei prossimi anni molto probabilmente si baserà il concetto di delocalizzazioni o non delocalizzazioni di queste aziende, rispetto ad altri Paesi. Se noi avremo dei dipendenti pubblici o privati molto formati, sarà molto difficile che le aziende chiudano o se ne vadano o sarà molto difficile che i nostri concittadini si lamentino della pubblica amministrazione. Oltre a questo, evidentemente, c'è la valorizzazione delle risorse umane, la responsabilizzazione in seno al lavoro agile e il rafforzamento dei sistemi di misurazione e valutazione. Presidente, futuro, piattaforme, laddove i lavoratori che applicano il lavoro agile - e chiudo - possano con una piattaforma, che molte aziende stanno utilizzando a livello internazionale, dialogare tra di loro e trovarsi, sì, come in un ufficio fisico ma da un'altra parte. Tutto questo, Presidente, non siamo riusciti a farlo.

La disciplina - e chiudo veramente, ringraziandola - rispetto alla pubblica amministrazione, tra l'altro, è oggetto di trattative tra Aran e sindacati e dovrà, in questo caso, prevedere soprattutto la possibilità di stipulare accordi individuali in armonia con la specificità di alcuni sistemi della pubblica amministrazione. Un quadro, colleghi, di regole chiare e di garanzie, come, tra l'altro, previste dalla contrattazione collettiva. Presidente, chiudo ringraziando il sottosegretario Bergamini, a cui chiedo - se posso avere un attimo di attenzione - una riformulazione rispetto all'ultimo punto della nostra mozione.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

WALTER RIZZETTO (FDI). Chiedo una riformulazione, che per le vie brevi prima ho chiesto al sottosegretario Bergamini, rispetto alla lettera i) della nostra mozione, ovvero rispetto all'adozione di parità di trattamento economico e normativo tra lavoratori che svolgono prestazioni in modalità agile o lavoratori che vanno in ufficio.

Quando, Presidente, l'Esecutivo e, in questo caso, la maggioranza avranno voglia di parlare un po' di futuro del lavoro nella nostra Nazione noi saremo a disposizione. Lo avremmo fatto prima con un testo unico…

PRESIDENTE. Deve concludere.

WALTER RIZZETTO (FDI). Ci è stato impedito, non ci è stato chiesto e, quindi, evidentemente cercheremo di votare in coscienza e per coscienza tutti i punti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Bergamini, ha chiesto forse un'altra precisazione? Prego, sottosegretario.

DEBORAH BERGAMINI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie. Rispetto alla richiesta del collega Rizzetto, relativa all'impegno alla lettera i) della mozione a prima firma Rizzetto, il parere che ho dato è un parere di contrarietà. Però, se questo impegno è riformulato espungendo dalla parola “anche” sino alla parola “previsti”, cioè la parte finale di questo impegno, dunque espungendo questo passaggio, il parere può essere favorevole.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole sottosegretario Bergamini. Vedo che l'onorevole Rizzetto mi fa segno che va bene così. Quindi, va bene.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Calabria. Ne ha facoltà.

ANNAGRAZIA CALABRIA (FI). Grazie, Presidente Mandelli. Colleghi, Forza Italia ha voluto affrontare questo dibattito in maniera estremamente pragmatica, senza alcuna sovrastruttura, senza preconcetti ideologici. Ed è per questo che esprimo grandissima soddisfazione per il grande lavoro di mediazione svolto da tutti i gruppi parlamentari, il lavoro testé ricordato dal sottosegretario Bergamini, che ringrazio, e, unitamente a lei, mi sento di dover ringraziare i colleghi che hanno lavorato a questo necessario approfondimento: mi riferisco al collega Viscomi, alla collega Baldino, alla collega Murelli, al collega D'Alessandro, alla collega De Lorenzo. È un lavoro questo tanto più meritevole di plauso perché i partiti hanno capito che, su temi così rilevanti, non erano possibili fughe in avanti, su temi così rilevanti, ma soprattutto su situazioni completamente nuove. Infatti, il COVID ci ha costretto a confrontarci con modalità e con strade che prima si ritenevano davvero impraticabili, e il ricorso al lavoro in modalità agile è sicuramente tra queste. Nel corso della pandemia, si è registrata una vera e propria esplosione del lavoro agile, sia nel settore privato che in quello pubblico. Sono stati 6,58 milioni i lavoratori impiegati in tale modalità, un terzo circa dei lavoratori dipendenti italiani e oltre 10 volte di più dei 570 mila censiti nel 2019, coinvolgendo il 97 per cento delle grandi imprese, il 94 per cento della pubblica amministrazione e il 58 per cento delle piccole e medie imprese. Ciò posto e premesso che Forza Italia è convinta che con lo smart working in futuro dovremo necessariamente confrontarci, siamo convinti che una novità alla quale si è dovuto ricorrere sulla scorta di un'emergenza non possa diventare automaticamente una modalità ordinaria.

Questa novità deve essere ovviamente esaminata in ogni suo aspetto e soprattutto inserita all'interno di un quadro di regole certe che, al momento, non c'è. L'attuale scarna normativa in materia - mi riferisco a soli quattro articoli contenuti nel decreto legislativo n. 8 del 2017 – è, infatti, oggetto di una revisione organica, con numerose proposte di legge presentate da tutti i gruppi parlamentari proprio qui alla Camera, in Commissione lavoro. Un iter che, in questi giorni, sta vedendo lo svolgimento di un'amplissima e approfondita indagine conoscitiva, e penso che, se davvero si ha a cuore, se davvero si ritiene che lo smart working debba essere una risorsa e lo debba essere per il futuro, sia tanto più auspicabile il percorso della revisione organica. In attesa del compimento di questo percorso, ci sono dati da cui già possiamo iniziare a ragionare. Un interessante articolo apparso su Il Sole 24 Ore il 18 ottobre scorso ha evidenziato come le percentuali di ricorso allo smart working siano notevolmente diminuite anche nel settore privato, passando da quel 97 per cento, cui ho fatto riferimento pochi minuti fa, ad una media del 30 per cento nella fase attuale.

Questo suggerisce due riflessioni. La prima è che anche nel privato, che pure ha esigenze e obiettivi diversi dalla pubblica amministrazione, si sente l'esigenza di tornare a svolgere determinate mansioni in presenza, e la seconda è che anche le aziende, più propense a una prosecuzione dello smart working, evidentemente ritengono che, affinché questa operazione possa essere considerata la modalità principale con cui svolgere l'attività lavorativa, debba esserci una regolamentazione puntuale. Merita, peraltro, una valutazione approfondita l'esigenza di evitare disparità all'interno del pubblico impiego tra quei lavoratori che potrebbero svolgere la propria attività da remoto e quelli, invece - penso ai medici, agli insegnanti su tutti -, che non sono proprio nelle condizioni di poterlo fare. Condivido perciò molte delle argomentazioni svolte, nel suo intervento in discussione generale, dalla collega Cantone.

La precondizione per un maggior utilizzo del lavoro in modalità agile nella pubblica amministrazione, come ha detto per primo il Ministro Brunetta, è il passaggio per un accordo sindacale. Su questo punto - è già stato ricordato dai colleghi che mi hanno preceduto -, è già in corso un confronto tra l'Aran e i sindacati del quale è doveroso attendere gli sviluppi e soprattutto gli esiti, anche, e lo dico anche al collega Rizzetto che mi ha preceduto, per il rispetto dell'autonomia sindacale in questa materia, assegnata ope legis alla contrattazione.

Come è stato giustamente sottolineato, è lo stesso PNRR che propone un programma di innovazione strategica della pubblica amministrazione nell'ambito del quale una linea progettuale ha l'obiettivo di digitalizzare e modernizzare la pubblica amministrazione con interventi specifici anche nell'organizzazione e nella dotazione del capitale umano, ma è evidente che questa linea strategica debba essere attuata con inevitabile gradualità e, soprattutto, ripeto, all'interno di un perimetro di regole certe. Questo è l'obiettivo da perseguire (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) e questa è la visione che spinge il Governo nella sua azione in questo campo, una vera riforma della pubblica amministrazione, una necessaria digitalizzazione della stessa: efficienza, performance, customer satisfaction. Penso che se davvero abbiamo tutti a cuore la pubblica amministrazione, che altro non è se non il volto dello Stato che si mostra tutti i giorni ai cittadini, dovremo essere uniti in questa battaglia; e se ciò avverrà, anche con il ricorso ad una nuova modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, si percorrerà certamente anche questa strada, una volta che saranno però definite le regole. Alla luce di tutto questo, dichiaro il voto favorevole di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Viscomi. Ne ha facoltà.

ANTONIO VISCOMI (PD). Grazie, Presidente. Vorrei sottolineare, fin da subito, con molta chiarezza, che non vi può essere lavoro reso in modalità smart se e quando l'organizzazione non sia essa stessa conformata secondo modalità smart. L'evidenza di questa correlazione tra prestazione e organizzazione è del tutto intuitiva, ma oggi mi pare opportuno ribadirla, perché essa definisce la cornice che consente di ragionare sui temi della mozione senza cedere alle suggestioni di un dibattito che sembra assumere, a volte toni, quasi referendari, e questo per via di un'impropria contrapposizione tra dimensioni diverse, individuale-collettivo, prestazione-organizzazione, diritto-potere, utenti-lavoratori, addirittura passato-futuro, che invocano semmai una più ragionata complementarietà e un più attento bilanciamento, tenendo conto dei diversi livelli di maturità organizzativa e tecnologica delle pubbliche amministrazioni, ma anche delle ricadute che le modalità tecniche della prestazione di lavoro hanno sulla stessa organizzazione della vita sociale, sul piano sia individuale sia collettivo.

Siamo tutti convinti che sia necessario superare l'approccio emergenziale che ha conformato le condizioni d'uso del cosiddetto smart working come strumento di contenimento dei rischi pandemici; tuttavia, per farlo in modo adeguato, abbiamo bisogno ora di un approccio che ci aiuti ad integrare l'impatto organizzativo delle innovazioni su almeno tre diversi livelli. Il primo sui processi di produzione di beni e servizi amministrativi, perché abbiamo bisogno di superare definitivamente il taylorismo da scrivania che ha accompagnato una parcellizzazione procedimentale e cartacea dell'attività amministrativa. Il secondo sui servizi erogati ai cittadini, consapevoli che la capacità di innovazione di una smart city si misura, di fatto, sulla capacità di erogare servizi digitali amichevoli. Ed infine, sulla modalità di erogazione della prestazione lavorativa, mi pare vi sia ormai una sostanziale convergenza sul fatto che la nuova normalità lavorativa sarà segnata da modalità ibride, sicché anche le regole andranno ridisegnate, almeno per quanto riguarda tempi, spazi, luoghi di erogazione della prestazione lavorativa, esercizio delle prerogative manageriali, protezione della salute e della sicurezza, senza dimenticare il necessario adattamento delle stesse forme di esercizio dell'attività sindacale che una lunga storia ha fin qui configurato come presenza attiva nel luogo di lavoro. Le pubbliche amministrazioni hanno conosciuto e implementato un lavoro agile dell'emergenza; ora, invece, è necessario ragionare di un lavoro agile per la ripartenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), ma ciò è possibile fare, solo dissolvendo quel taylorismo procedurale che ancora presiede, appesantendola, l'attività dell'amministrazione, sia nei rapporti con i cittadini, sia nella stessa divisione interna del lavoro. L'innovazione tecnologica consente oggi di fare ciò che, negli anni passati, non è stato possibile portare a compimento. Non si tratta, signor Presidente, di sostituire un computer alla macchina da scrivere e neppure la casa con l'ufficio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico); non siamo di fronte ad una mera trasformazione dei mezzi di produzione. Viviamo, semmai, il tempo del già e non ancora di una transizione, di una grande transizione che nella sua complessità tecnologica chiede di essere disegnata e ancor più governata in una prospettiva che assicuri, comunque, l'implementazione dei valori costituzionali che costituiscono le ragioni d'essere dell'attività delle pubbliche amministrazioni.

Che sia questa l'esigenza riformatrice fondamentale, senza la quale qualunque intervento rischia di risultare una intenzione lodevole, ma dalla dubbia efficacia è dimostrato dalla storia stratificata delle regole che, nel corso degli ultimi 20 anni, hanno legittimato lo svolgimento della prestazione di lavoro al di fuori dell'ufficio mediante l'utilizzo delle tecnologie disponibili. Nonostante ciò, la sperimentazione emergenziale del lavoro da remoto ne ha evidenziato le potenzialità in termini di innovazione di sistema; abbiamo appreso come il lavoro svolto non in presenza sia in grado di condensare ragionevolmente esigenze tra loro differenti: la valorizzazione e responsabilizzazione delle risorse umane, la razionalizzazione dell'uso delle risorse, la riduzione dei costi ambientali della mobilità, la conciliazione dei tempi, la promozione della trasformazione e lo sviluppo delle conoscenze digitali, la valorizzazione del patrimonio immobiliare, e così via, ma di quel lavoro ne abbiamo conosciuto anche i limiti; quando manchi, ad esempio, un adeguato supporto tecnologico, capace di assicurare stabilità e sicurezza dei dati e delle informazioni veicolate digitalmente, che certo non possono essere affidate a scelte estemporanee e neppure ad iniziative autonome e domestiche di chi lavora da remoto, o quando sia assente un sufficiente livello di maturità organizzativa, che consenta all'amministrazione interessata di mantenere livelli adeguati di produttività e al personale interessato di evitare i rischi di isolamento sociale e professionale che, in alcuni casi, possono derivare dal lavoro remoto; per non parlare, poi, delle aree più marginali, laddove l'isolamento sociale rischia di sommarsi all'isolamento digitale, con intuibili conseguenze.

Insomma, è vero che lo smart working potrebbe costituire un profondo elemento di innovazione dell'amministrazione, purché sostenuto da un sistemico mutamento organizzativo dell'evoluzione tecnologica dei sistemi informativi del settore pubblico - sono parole del piano triennale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione -, ma è altrettanto vero che il lavoro agile, nella sua declinazione da remoto, si pone al centro di un complesso sistema di relazioni, organizzative, economiche e sociali che operano dentro e fuori dal contesto amministrativo e che devono essere tutte ricondotte ad unità armonica, nella prospettiva prioritaria del miglioramento quali-quantitativo dei servizi al cittadino - basti pensare all'impatto sociale del lavoro da remoto -, potendo esse incidere in modo opposto sui sistemi economici locali, sia quando si guardi agli esercizi di prossimità dei centri storici delle grandi città sia quando si pensi alla rinascita digitale dei borghi storici dispersi nel territorio. E, in questo contesto, signor Presidente, appare del tutto evidente il limite di un approccio meramente regolativo, focalizzato sull'assetto tradizionale di diritti e doveri propri del solo contratto di lavoro, un approccio - sia chiaro – necessario, soprattutto per stabilire i limiti di una prestazione di lavoro tendenzialmente onnivora, per la inusuale sovrapposizione che le nuove tecnologie creano tra spazi e tempi privati e pubblici, ma appare, per converso, ancora più evidente l'esigenza di rafforzare una prospettiva orientata all'organizzazione, idonea in quanto tale a riportare il lavoro agile all'interno di una logica di condivisione negoziale tra le parti sociali e a proiettarlo nella prospettiva del miglioramento effettivo dei servizi al cittadino e del benessere organizzativo dei dipendenti, sulla scia di quanto esplicitamente stabilito nel protocollo di marzo su coesione sociale e innovazione nella PA. Per queste ragioni, approccio organizzativo e dialogo sociale sono le chiavi per definire un modello di smart working idoneo per il next normal pass pandemico del lavoro, anche nelle pubbliche amministrazioni. Per questo, organizzazione e contrattazione sono le dimensioni che la mozione, con il voto favorevole del Partito Democratico, consegna all'attenzione del Governo, al fine di trovare un giusto punto di equilibrio tra le molte opportunità e i non minori rischi che accompagnano le nuove tecnologie, sia nella sfera professionale che in quella sociale, tuttavia - e concludo, signor Presidente - organizzazione e contrattazione rischiano di restare parole vuote, se non accompagnate da un significativo investimento nell'assetto tecnologico e da una radicale revisione di quello procedurale, il che vuol dire, in altri termini, per non rendere vuote quelle parole, che abbiamo il dovere di dare sollecita e compiuta attuazione alle previsioni del PNRR, per costruire un'amministrazione che sappia fare, che faccia e che faccia fare. Il contesto, signor Presidente, questa volta è più importante del testo, il contesto organizzativo è più importante del testo regolativo. Questa è la vera sfida che, ancora una volta, abbiamo davanti, ma questa volta, signor Presidente, non possiamo permetterci di perderla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Murelli. Ne ha facoltà.

ELENA MURELLI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, la mozione che ci accingiamo a votare oggi è il frutto del lavoro congiunto tra tutti i gruppi politici di maggioranza; una mozione che contiene indicazioni precise che vogliamo dare al Governo, impegnato al tavolo con i sindacati per la contrattazione collettiva sul lavoro agile. Sono impegni che vanno a corredo delle trattative già in corso ma che vogliono sottolineare l'importanza di alcune tematiche e l'innovatività necessaria della pubblica amministrazione, alla luce anche di quanto già sapevamo, ma che l'emergenza pandemica ha reso ancora più evidente: la pubblica amministrazione italiana non era pronta allo smart working e andava riorganizzata. L'emergenza ha indotto le amministrazioni pubbliche a un tempestivo adeguamento dell'organizzazione del lavoro e dei servizi, tale da assicurarli ai cittadini e, al contempo, ridurre al minimo l'eventualità di fattori di rischio sanitario; è diventato, quindi, urgente accompagnare e portare avanti anche nelle pubbliche amministrazioni una compiuta transizione digitale ed ecologica, che non può risolversi nella mera trasformazione tecnologica dei mezzi; l'organizzazione del pubblico impiego deve essere ripensata per favorire il lavoro agile, imponendo un diverso approccio organizzativo e culturale, con un ripensamento culturale complessivo della disciplina del lavoro pubblico.

Attualmente, la normativa contrattuale del lavoro delle amministrazioni pubbliche riflette modelli organizzativi basati sulla presenza fisica in ufficio. Serve, quindi, un'azione di revisione complessiva da porre in essere per adeguarli ai cambiamenti; è necessario superare l'utilizzo del lavoro agile quale strumento di contrasto alla pandemia e realizzare un'efficace integrazione tra lavoro in presenza e da remoto, a favore di una diversa prospettiva, fatta di lavoro smart e di un'organizzazione smart. Bisogna, quindi, tenere conto della valorizzazione e della responsabilizzazione delle risorse umane, sviluppando il cosiddetto management by objectives, con valutazione su risultati concreti e non su aspetti formali o quantitativi; il lavoro per obiettivi, avere una vision, generare un output professionale e creare valore in maniera temporale e spaziale, così da creare maggiore e miglior risultato con meno sforzo economico ed umano, al servizio del sistema Paese, con notevoli risparmi di denaro e risorse pubbliche. Dunque il lavoro da remoto, frammezzato alla presenza, si presta alla adozione di opportuni benchmark di riferimento per l'analisi di produttività della singola risorsa umana, con progettualità e misurazioni reali del lavoro e della capacità della singola unità, ovvero del team di colleghi, rendendo il personale produttivo, efficiente, soddisfatto e appagato, costituendo l'ossatura della pubblica amministrazione cosiddetta smart 4.0, con altissimi livelli di competitività a livello europeo e, al contempo, con nuovi investimenti; adottando, quindi, nuove tecnologie come, per esempio, piattaforme e servizi quali la fibra ottica, 5G, ologrammi, firma digitale, carta d'identità elettronica, SPID, servizi di recapito elettronico qualificati, sigilli elettronici, big data, criptovalute, blockchain e tutti gli altri ritrovati dalla tecnica che semplificano e innovano il nostro quotidiano, ma senza focalizzarsi su una specifica tecnologia, bensì monitorando e filtrando le tecnologie disponibili sul mercato, scegliendo e proponendo quelle in grado di portare vantaggi alla collettività. Con l'uso delle nuove tecnologie e l'implementazione tout court dello smart working 4.0, sottolineo anche l'importanza dell'implementazione di software interoperabili e idonei a garantire la salute, e la sicurezza del personale e dei dati dell'amministrazione pubblica, per migliorarne l'efficienza, l'efficacia e la risposta in tempi più brevi verso i cittadini e ottenere lo snellimento delle pratiche burocratiche. La PA è la prima che deve promuovere l'uso delle tecnologie digitali più innovative e usare lo smart working come leva per la trasformazione digitale e per lo sviluppo delle conoscenze; per questo nel PNRR, nella Missione 1, sono stati stanziati 9,75 miliardi di euro.

Le nuove tecnologie dovranno essere usate anche per la formazione del personale. Purtroppo, il blocco del turnover nell'ultimo decennio ha generato un significativo disallineamento; i dipendenti pubblici hanno un'età media di 50 anni, con il solo 4,2 per cento di età inferiore ai 30 anni, un fattore questo che ha contribuito direttamente al disallineamento delle competenze, specialmente in ambito tecnologico. Tra gli obiettivi perseguiti con le linee dell'investimento del PNRR vi è quello di rafforzare la conoscenza e le competenze del personale. Non si deve, quindi, dimenticare che il livello di digitalizzazione permette di creare spazi di lavoro digitali virtuali.

Non dobbiamo dimenticare anche che i dipendenti devono avere il diritto alla disconnessione. Questo per evitare rischi psicosociali causati da fenomeni come il burnout, technostress, iperconnessione, overworking e sovrapposizione della sfera lavorativa a quella privata, nonché mancanze di competenze digitali che, rispettivamente, rischiano di aumentare ulteriormente il divario di genere e il gap generazionale già presente in molti contesti lavorativi. Serve adottare misure che assicurino la parità di trattamento tra lavoratori che svolgono la prestazione in modalità agile e i loro colleghi che svolgono una prestazione come modalità ordinaria, e lo stesso trattamento pensionistico, non come era stato per il part-time verticale ed orizzontale, che si è risolto, appunto, grazie a questa legislatura. Lo smart working deve essere considerato come strumento prioritario di miglioramento delle condizioni di vita del lavoro femminile e della parità di genere, con particolare attenzione alla tutela dei lavoratori e delle lavoratrici, specialmente in casi di eventi di maternità e di paternità. Il ricorso al lavoro agile deve essere correlato all'accrescimento della customer satisfaction degli utenti e non deve, in alcun modo, ridurre o condizionare l'erogazione dei servizi ai cittadini. Il vero lavoro agile, se correttamente inteso e introdotto, può fungere da strumento di straordinaria efficacia nella direzione della parità retributiva di genere. Grazie al lavoro agile si può pensare alla valorizzazione del patrimonio immobiliare della pubblica amministrazione, riprogettando gli spazi, promuovendo un programma triennale che preveda l'eventuale riduzione delle locazioni passive e l'eventuale dismissione di immobili pubblici non più indispensabili, in coerenza, appunto, con la programmazione urbanistica definita dalle amministrazioni anche comunali. Infine, come impegno, non dobbiamo dimenticare di ratificare gli Stati interessati dal frontaliero italiano, la definizione di appositi accordi bilaterali in materia di svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile e da remoto, in modo che anche i cittadini italiani che svolgono attività lavorativa in Paesi confinanti non abbiano problemi di adozione di lavoro agile. Il cambiamento implica un percorso graduale e di costante monitoraggio dell'impatto delle misure attuate. Il percorso verso il lavoro agile deve essere quindi accompagnato da un cambiamento culturale che passi attraverso il coinvolgimento delle parti sociali, ascolto e comunicazione, formazione e valorizzazione delle competenze, nonché nuove figure in grado di ripensare le procedure.

In conclusione, quindi, l'esperienza dello smart working o del lavoro agile durante la pandemia non deve essere cancellata. Dobbiamo, quindi, essere resilienti, cioè avere la capacità di innovare, senza dimenticare il passato. Deve servirci quindi da lezione, una lezione importante, utile a definire le regole contrattuali di questo modello di organizzazione del lavoro, che non va certo confuso con un banale lavorare da casa e che non può, in ogni caso, prescindere dall'obiettivo del buon andamento della pubblica amministrazione. Una lezione utile anche a dotare le nostre pubbliche amministrazioni di un'infrastruttura digitale adatta e sicura, ma anche di un'adeguata e necessaria formazione dei dipendenti per lavorare in modalità realmente smart, con conseguenti strumenti di monitoraggio e di verifica degli obiettivi lavorativi e del suo conseguimento. Non sarà un percorso rapido né semplice, ma dobbiamo procedere in questa direzione. Per questo motivo la Lega voterà a favore della mozione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Grazie onorevole Murelli. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldino. Ne ha facoltà.

VITTORIA BALDINO (M5S). Grazie signor Presidente. Quando si parla di smart working, di lavoro agile nella pubblica amministrazione non si parla solo e semplicemente di lavoro. Il lavoro agile in generale, ma soprattutto nella pubblica amministrazione, fa parte di uno di quei processi evolutivi, di quei cambiamenti che il nostro tempo sta attraversando e che, se governato, può portare notevoli vantaggi alla società, ai lavoratori, agli utenti che si servono dei servizi della pubblica amministrazione, nonché alla stessa pubblica amministrazione, che potrebbe risultare più efficace e più efficiente nel dare risposte ai cittadini e alle imprese; quindi, potrebbe portare benefici e vantaggi anche all'economia e all'ambiente, di cui, soprattutto in questi giorni, tanto si sta parlando. Come abbiamo più volte detto, c'è un prima e un dopo la pandemia e, come più volte abbiamo detto, il COVID e il lockdown ci hanno consegnato anche opportunità che abbiamo la possibilità di trarre oppure di far cadere nel vuoto.

A proposito, dunque, del lavoro agile, prima della fase emergenziale - è stato detto da qualche collega che mi ha preceduto - e dalla conseguente riorganizzazione della pubblica amministrazione, che ha originato il ricorso allo smart working semplificato, solo l'1,7 per cento dei dipendenti pubblici risultava impiegato con tale tipologia di prestazione lavorativa; successivamente, nel corso del lockdown, il lavoro agile nelle amministrazioni centrali ha registrato una percentuale di oltre l'87 per cento. Ho ascoltato diversi dibattiti, anche rispetto agli interventi che mi hanno preceduto, sulla definizione di questo tipo di svolgimento dell'attività lavorativa nella fase emergenziale - telelavoro, lavoro da remoto, lavoro agile, lavoro a domicilio, lavoro in pandemia - ed è evidente, colleghi, che quella modalità che abbiamo visto durante il lockdown, quel ricorso al lavoro agile di massa, massivo, improvviso e repentino, fosse una forma atipica di svolgimento della prestazione, che noi per convenzione abbiamo chiamato smart working o lavoro agile, ma avremmo potuto tranquillamente chiamarlo in un altro modo. Però, ciò che il ricorso massivo al lavoro agile durante la pandemia ci ha insegnato, ci ha consegnato, è che si può fare. Si può fare, perché il Paese, nonostante il ricorso massivo, repentino, improvviso, in deroga alle disposizioni e le norme che regolano il lavoro agile, non si è fermato e le pubbliche amministrazioni, i dipendenti pubblici, hanno consentito di erogare servizi e prestazioni essenziali. Penso, ad esempio, a una pubblica amministrazione come l'INPS, che ha fatto in modo che il Paese si mantenesse in piedi, erogando miliardi e miliardi di contributi straordinari ai cittadini e alle imprese, a fianco dei contributi ordinari che, comunque, ha continuato ad erogare, con i dipendenti pubblici dell'INPS impiegati proprio attraverso lo smart working. Eppure, nel nostro ordinamento si parla di telelavoro dal 1999 e le discipline normative di riferimento del lavoro agile sono contenute nel decreto legislativo n. 81 del 2007 e nella legge n. 124 del 2015. Quindi, volendo restringere il focus soltanto al lavoro agile, sono 15 anni che, nel nostro Paese, le leggi lo disciplinano. Però, come detto, nel periodo pre-pandemico, soltanto l'1,7 per cento dei dipendenti pubblici svolgeva, in tal modo, la propria prestazione lavorativa e solo nel 2020 si è giunti a considerare il lavoro agile non più come una forma sperimentale di svolgimento della prestazione lavorativa, ma come una nuova forma di prestazione lavorativa che si affianca alle altre, cioè alla modalità di lavoro in presenza; non più un forma sperimentale, quindi, ma una nuova forma di organizzazione del lavoro. I motivi che hanno contraddistinto la lentezza delle pubbliche amministrazioni di adeguarsi a questa innovativa forma di organizzazione del lavoro, però, a nostro avviso, non devono riscontrarsi solo e tanto nelle maglie della legge. L'innovazione organizzativa non può essere semplicemente imposta attraverso una legge, né tantomeno ci si illuda che fornendo gli strumenti informatici idonei, come d'incanto, la nostra amministrazione diventi smart ed efficiente, e l'organizzazione del lavoro innovativa. Ciò che è necessario fare è cambiare prospettiva, cioè cambiare un approccio. Occorre un cambiamento culturale, un nuovo modo di considerare il rapporto tra il lavoratore dipendente e il datore di lavoro, passando da un rapporto gerarchico verticale ad un rapporto collaborativo, un rapporto di tipo orizzontale; da un rapporto gerarchico ad un rapporto di fiducia tra il dipendente e il dirigente o il datore di lavoro; un rapporto finalizzato a raggiungere gli obiettivi che sono decisi e individuati dal datore di lavoro, negoziando i modi e i tempi per la prestazione. Questo cambio di approccio può consentire di raggiungere due scopi: il benessere organizzativo, che risale proprio dalla possibilità del dipendente di conciliare maggiormente la vita lavorativa, con la vita familiare, con la vita sociale; e il miglioramento delle prestazioni lavorative, dovute proprio ad un maggiore benessere del dipendente. Quindi, cambiare approccio è un imperativo categorico, che non può essere soddisfatto, però, se continuiamo ad alimentare lo stereotipo del dipendente fannullone, dei furbetti della PA, come quelli che, con lo smart working hanno finto di lavorare, attaccando lo smartphone alla bottiglia di latte, oppure quelli che hanno sfruttato il COVID come un alibi per non fare nulla.

Io non credo sia generoso rivolgersi così ai nostri dipendenti pubblici e condivido il pensiero della Ministra Fabiana Dadone, per la quale “chi guarda al lavoro agile come ad un problema ha già perso la sfida”. Di sfida, infatti, si tratta: è una sfida della quale la politica deve essere protagonista, impegnandosi per dare i giusti input alla contrattazione collettiva e alle pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle proprie competenze e della propria autonomia. Questo era anche il senso della previsione del POLA, che ha rappresentato una delle principali innovazioni della disciplina normativa in materia di lavoro agile e che stabilisce una cosa molto semplice: le singole pubbliche amministrazioni, sulla base dei loro processi e delle proprie risorse, stabiliscono le modalità attuative del lavoro agile, prevedendo, per le attività che si possono svolgere da remoto, che almeno il 60 per cento dei dipendenti possano avvalersene. Il Ministro Brunetta ha ritenuto di non mantenere queste quote previste nel POLA. Si trattava ovviamente di una quota minima e le pubbliche amministrazioni erano libere di prevedere anche il 100 per cento del personale in smart working per quanto riguarda le attività individuate. Noi abbiamo chiesto, con questa mozione, di reinserire una quota minima di un terzo dei dipendenti adibiti a queste attività. Siamo di fronte ad una grande sfida. La Missione 1 del PNRR prevede un programma di innovazione strategica della pubblica amministrazione, dove la riforma della pubblica amministrazione è annoverata al primo posto tra le riforme orizzontali e la semplificazione è annoverata al primo posto fra le riforme abilitanti, con l'obiettivo di correlare lavoro e organizzazione tramite le nuove tecnologie, nella prospettiva del miglioramento dei servizi ai cittadini, stanziando quasi 10 miliardi di euro e avendo sempre riguardo all'obiettivo principale del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che è quello di realizzare una transizione verde e digitale che porti l'Europa, in linea con l'European Green Deal, ad essere il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Siamo, quindi, di fronte ad un'epoca di inevitabili cambiamenti. Sta a noi scegliere se governarli oppure se inseguirli e, quindi, subirli. Io penso che noi dobbiamo scegliere la prima strada, quella di governare il cambiamento. La pandemia ci ha svelato, ha svelato a noi stessi, la nostra capacità di adattarci a situazioni anche complesse e ha imposto uno shock ad un processo che invece avrebbe dovuto essere graduale; adesso sta a noi trasformare questo shock in un'opportunità. Come? Acceleriamo sulla diffusione di un'infrastruttura informatica efficiente e distribuita capillarmente su tutto il territorio, aiutiamo le pubbliche amministrazioni ad essere resilienti e ad adattarsi ai nuovi modelli, portiamo avanti un'idea di Paese che annulli il gap, le differenze e le distinzioni tra i centri e le periferie, tra il Nord e il Sud, tra le aree interne e le aree urbane, permettendo ad ogni cittadino di trovare i servizi sotto casa, senza essere obbligato a spostamenti superflui e spingiamo sulla digitalizzazione del Paese, così che magari parte di quei servizi possano essere fruiti direttamente sullo smartphone o sul PC. Ecco, lo smart working è solo uno dei tasselli di questo Piano, fa parte di una sfida collettiva. Cambiano le modalità di lavoro, come cambiano le modalità di spostarsi, di produrre, di consumare, di interagire e di vivere. Questa transizione - concludo, Presidente - non sarà facile, né priva di difficoltà, né indolore. Il premio Nobel Giorgio Parisi, che abbiamo ospitato in quest'Aula l'8 ottobre, proprio in occasione della Pre-COP26, ci ha lasciato un messaggio, ha lasciato a noi governanti un messaggio, ha detto che noi abbiamo un compito storico, che è quello di aiutare…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

VITTORIA BALDINO (M5S). ...l'umanità a passare per una strada piena di pericoli. È come guidare di notte: le scienze sono i fari, ma poi la responsabilità di non andare fuori strada è del guidatore e i guidatori, cari colleghi, siamo noi. Governiamo il cambiamento al meglio, per portare benefici a tutta la comunità! Per questo, annuncio il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle alla mozione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO (FDI). Grazie, Presidente. Intervengo veramente per pochi secondi, ringraziando il sottosegretario Deborah Bergamini. Noi siamo, tutto sommato, d'accordo con quello che oggi l'Aula va a votare, anche perché i punti della risoluzione di maggioranza molto spesso si vanno a sovrapporre ai punti della risoluzione portata in quest'Aula da Fratelli d'Italia.

Chiederei, se possibile, non una riformulazione ma, semplicemente, una sorta di impegno a trattare un tema - non a normarlo, andando ad invadere, Presidente, campi sindacali che oramai abbiamo capito sono a sé stanti o perlomeno comunicano con la politica - quello dei buoni pasto. Chiudo, dicendo che non esistono due categorie di lavoratori differenti rispetto, ad esempio, al tema dei buoni pasto, cosa che magari a qualcuno potrà sembrare uno scherzo, ma non lo è. Semplicemente, se i buoni pasto vengono garantiti al lavoratore in presenza nella struttura, è altrettanto chiaro, secondo noi, che debbano essere garantiti anche ai lavoratori in lavoro agile. Quindi, chiedo che qualcuno del Governo o della maggioranza non mi dica che accetta questo impegno ma mi dica semplicemente che andrà a trattare questo tema in Commissione lavoro, piuttosto che nella legge di stabilità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il sottosegretario Bergamini. Ne ha facoltà.

DEBORAH BERGAMINI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie, Presidente. Ringrazio Fratelli d'Italia per aver accettato la proposta di riformulazione sull'impegno, alla lettera i), proposta dal Governo. Rispetto alla richiesta specifica che concerne i buoni pasto è superfluo ricordare che si tratta di una materia oggetto di contrattazione. Tuttavia, accolgo la richiesta di prendere l'impegno, da parte del Governo, di porre la questione nella propria agenda.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Avverto che l'onorevole Costanzo ha accolto la riformulazione proposta dal Governo sulla lettera e) del dispositivo della propria mozione e il deputato Rizzetto ha accolto la riformulazione della lettera i) del dispositivo della propria mozione.

È stato chiesto il voto separato di ciascun capoverso della premessa e di ciascuna lettera del dispositivo della mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, intendendosi premesso il primo alinea a ciascun capoverso del dispositivo.

Quanto alla mozione Rizzetto ed altri n. 1-00522, procederemo alla votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima congiuntamente i capoversi della premessa e l'alinea e le lettere del dispositivo su cui il Governo ha espresso parere favorevole e, successivamente, sempre congiuntamente, i capoversi della premessa e le lettere del dispositivo su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rizzetto ed altri n. 1-00522, limitatamente ai capoversi quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo, dodicesimo e tredicesimo della premessa e al primo capoverso del dispositivo, lettere b), e), g), h) e i), quest'ultima come riformulata su richiesta del Governo, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle restanti parti della mozione Rizzetto ed altri n. 1-00522, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Passiamo alla votazione della mozione Costanzo ed altri 1-00527.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al primo capoverso, lettera a) del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al primo capoverso, lettera b) del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al primo capoverso, lettera c) del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al primo capoverso, lettera d) del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al primo capoverso, lettera e) del dispositivo, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al primo capoverso, lettera f) del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al primo capoverso, lettera g) del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al primo capoverso, lettera h) del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al primo capoverso, lettera i) del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

A seguito dell'approvazione di parte del dispositivo, procederemo ora alla votazione dei singoli capoversi della premessa della mozione Costanzo ed altri n. 1-00527.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al primo capoverso della premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al secondo capoverso della premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al terzo capoverso della premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al quarto capoverso della premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al quinto capoverso della premessa, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al sesto capoverso della premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al settimo capoverso della premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente all'ottavo capoverso della premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Costanzo ed altri n. 1-00527, limitatamente al nono capoverso della premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 20).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Baldino, Murelli, Viscomi, Calabria, D'Alessandro, Mugnai, De Lorenzo, Tasso, Lapia, Colucci, Gebhard, Angiola e Federico n. 1-00539, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 21).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, l'onorevole Zucconi. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Grazie Presidente, per ribadire la nostra richiesta, la nostra proposta, di rinviare alla prossima settimana i progetti di legge di ratifica, a partire dal disegno di legge n. 2656, anche per consentirci, come dicevamo ieri, di partecipare come Fratelli d'Italia all'evento che abbiamo organizzato alle 12,20 qui a Roma.

PRESIDENTE. Mi risulta che ci sia un'intesa tra i gruppi. Se nessuno interviene, allora procediamo con questa che risulta l'intesa che avete assunto.

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 667 - D'iniziativa dei senatori: Airola ed altri: Ratifica ed esecuzione degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, adottati a Kampala il 10 e l'11 giugno 2010 (Approvata dal Senato) (A.C. 2332​) (ore 10,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 2332: Ratifica ed esecuzione degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, adottati a Kampala il 10 e l'11 giugno 2010.

Ricordo che nella seduta del 25 ottobre si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame degli articoli - A.C. 2332​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge e degli emendamenti presentati (Vedi l'allegato A).

La I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.

Passiamo all'esame dell'articolo 1, al quale non sono state presentate proposte emendative. Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazioni di voto, passiamo direttamente ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 (Vedi l'allegato A).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 22).

Passiamo all'esame dell'articolo 2, al quale non sono state presentate proposte emendative. Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazioni di voto, passiamo direttamente ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2 (Vedi l'allegato A).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 23).

Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A). Se nessuno chiede d'intervenire, invito la relatrice ad esprimere il parere.

LAURA BOLDRINI, Relatrice. Presidente, il parere è contrario.

PRESIDENTE. Sia sull'emendamento 3.100 Turri che sull'emendamento 3.101 Formentini?

LAURA BOLDRINI, Relatrice. Esattamente, grazie Presidente.

PRESIDENTE. Il Governo?

MANLIO DI STEFANO, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Il Governo si associa al relatore, parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.100 Turri. Ha chiesto di parlare l'onorevole Turri. Ne ha facoltà.

ROBERTO TURRI (LEGA). Grazie Presidente, sull'emendamento a mia prima firma. Qui stiamo parlando della Corte penale internazionale, chiedo un attimo di attenzione. Allora, la Corte penale internazionale è il primo tribunale penale internazionale permanente, istituita con il Trattato di Roma nel 1998 ed entrata in vigore nel 2002. La competenza, la giurisdizione di questa Corte è su reati come crimini di guerra, genocidio e crimini contro l'umanità. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, questa Corte, questo tribunale, non ha competenza esclusiva o, meglio, direi, prioritaria, perché la competenza naturale rimane al giudice del singolo Stato. Quindi, la Corte interviene soltanto in maniera complementare. Cosa succede, però? Quali sono i casi in cui la Corte interviene al posto del giudice dello Stato? Quando il giudice dello Stato - sintetizzo - decide di non intervenire oppure non può intervenire.

Io mi focalizzerei su questo secondo aspetto: “non può intervenire”. Perché non può intervenire? Perché nell'ordinamento interno non sono previste le fattispecie di reato, che, invece, sono previste dalla Corte penale internazionale. Su questo punto devo evidenziare quello che peraltro ha denunciato, presso la Commissione difesa, il procuratore generale militare, dottor De Paolis. Ha denunciato che il nostro diritto sostanziale non è uniforme a quello della Corte penale internazionale, tanto che il nostro codice penale militare di guerra è del 1941 e negli anni ha subito pochissime modifiche. Tanto che, quando è stato approvato e firmato il Trattato nel 1998, il Parlamento aveva istituito delle Commissioni, che lavorassero per rivedere il codice penale militare di guerra, però non è stato partorito nulla. Noi denunciamo questa situazione, perché in questo modo noi andiamo a rinunciare volontariamente a quello che è l'esercizio di un potere che spetterebbe al nostro giudice, perché il nostro ordinamento non è aggiornato.

Noi non siamo contrari a priori alla Corte penale internazionale. È giusto e ovvio, ma è meglio precisarlo. Io chiedo alla relatrice, visto che questa potrebbe essere l'occasione, con il mio emendamento, di condizionare la ratifica di questo Trattato all'approvazione della riforma del codice penale militare di guerra.

Questa potrebbe essere l'occasione affinché il Parlamento possa lavorare su questa tematica. Per non rischiare un giudizio di inammissibilità, oltre a condizionarla all'approvazione di questa riforma del codice penale militare di guerra, l'emendamento ha previsto anche una data prestabilita, molto in là, memori anche dell'esperienza negativa passata in virtù della prescrizione. Io direi alla relatrice, visto che comunque il Parlamento è sovrano, che si potrebbe anche togliere questa data, prevista molto in là, e limitarsi a rimandare l'entrata in vigore all'approvazione della riforma del codice penale militare di guerra. Mi sembra una cosa ragionevole, che potrebbe fungere da stimolo per il Parlamento al fine di riformare e aggiornare alcuni reati, come i crimini contro l'umanità e quelli previsti dalla Corte penale internazionale. Aggiungo anche che noi oggi approviamo emendamenti che vanno a introdurre ulteriori reati e, quindi, a maggior ragione questo dovrebbe essere uno stimolo in più, per rinviarne l'entrata in vigore al momento dell'approvazione della riforma del codice penale di guerra. Pertanto, chiedo alla relatrice, anche riformulando l'emendamento espungendo la data prevista del 2024, in modo tale da lavorare e in brevissimo tempo giungere alla riforma del codice penale militare di guerra e, quindi, all'entrata in vigore di questa ratifica (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la relatrice, il presidente Boldrini. Ne ha facoltà.

LAURA BOLDRINI, Relatrice. Grazie Presidente. Il punto è che questo emendamento è abbastanza illogico, perché il soggetto attivo del crimine di aggressione non è il militare, che attua l'azione di aggressione, ma è chi ha il potere politico per decidere l'aggressione. Quindi, si parla di “leadership crime”, cioè crimini commessi da chi ha il potere di decidere e pianificare il crimine di aggressione. Dunque, il codice penale militare non c'entra niente, perché noi non andiamo a toccare l'aspetto militare.

Questo emendamento è fuori tema, in qualche modo: si occupa di un Codice penale militare che non è parte in causa, in quanto qui si va a penalizzare chi ha messo in atto una strategia, l'invasione di uno Stato presso un altro Stato, la leadership politica. Quindi, il Codice militare non c'entra niente, dopodiché questi sono anche emendamenti fatti nel 2010. Al Senato è stato già approvato, Presidente, quindi penso che non vi siano veramente motivi validi per accogliere questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartapelle Procopio. Ne ha facoltà.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD). Grazie, Presidente. Per motivare, con una ragione di merito e una ragione di carattere politico, il voto contrario del Partito Democratico su entrambi gli emendamenti presentati dalla Lega. Come diceva la collega Boldrini, come spiegherà meglio Graziano Delrio in dichiarazione di voto, il crimine di aggressione si applica alle leadership politiche e, quindi, non c'è alcun tipo di coinvolgimento del Codice penale militare nei crimini di aggressione. È un crimine contro i diritti umani che commettono le leadership politiche, non le leadership militari, che rispondono ad una decisione della politica. Quindi non è chiarissimo perché la Lega, che pure ha avuto un comportamento di voto diverso al Senato, alla Camera esprima questo tipo di obiezione che non si basa sulle regole basiche della definizione di che cosa sia un crimine di aggressione e sulle regole basiche di come funziona il diritto internazionale.

C'è, poi, il secondo punto ed è una questione di ordine politico. La Corte penale internazionale è stata istituita con un trattato, che si chiama Trattato di Roma, perché è stato firmato nella capitale del nostro Paese. Ora, sarebbe bizzarro che il nostro Paese facesse fatica a ratificare emendamenti a quel Trattato, emendamenti che sono stati fatti nel 2010 e che il nostro Paese deve ratificare il più rapidamente possibile, essendo stato il promotore del Trattato che istituisce la Corte penale internazionale ed essendo, quindi, assolutamente interessati al fatto che la Corte penale internazionale lavori nel miglior modo possibile, con tutti gli strumenti giuridici a disposizione.

Per questo riteniamo che troncare l'entrata in vigore di un emendamento al Trattato di Roma sia un controsenso rispetto all'interesse del nostro Paese, che è un interesse che riguarda il fatto che gli strumenti del diritto internazionale funzionino nel modo più chiaro, più efficace e più rilevante possibile nell'arena internazionale. Quindi, riteniamo che, politicamente, la posizione della Lega sia contraria alla posizione tradizionale della politica estera italiana che si è da sempre fatta promotrice di qualsiasi soluzione basata, da un lato, sul diritto internazionale e, dall'altro lato, sugli strumenti multilaterali di risoluzione delle controversie, così come è un tribunale penale internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Morrone. No? Avevamo inteso male il suo cenno.

Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Formentini. Ne ha facoltà.

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Grazie, Presidente. A titolo personale solo per cercare di fare chiarezza. Il gruppo della Lega ha proposto questi emendamenti solo per far sì che non vi fosse una sovrapposizione tra diritto internazionale e il nostro ordinamento, tant'è che abbiamo anche previsto un termine, entro il 2024, per riformare l'ordinamento militare. Non siamo assolutamente contrari all'istituto della Corte penale internazionale, che ha sede all'Aia e che, lo ricordiamo, è un tribunale permanente che ha giurisdizione sui crimini contro l'umanità, il genocidio, i crimini di guerra. Noi lo sosteniamo, anzi, con forza; sosteniamo meno l'uso politico di questa istituzione, così come si è tentato di fare, ad esempio, tra Israele e Palestina, a nostro modo di vedere indebitamente perché quelle controversie vanno risolte tramite Accordi, come quelli di Abramo, e non per via giurisdizionale.

Detto ciò, siamo perfettamente consapevoli che non si debba arrecare un danno al nostro Paese, alla nostra posizione in politica estera e che quei Trattati furono firmati nel 1998 proprio qui a Roma, ma non possiamo esimerci dal difendere l'interesse nazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il relatore, il presidente Boldrini.

LAURA BOLDRINI, Relatrice. Giusto perché rimanga agli atti, Presidente, normalmente, per consuetudine, prima si ratifica una convenzione e, poi, si adatta l'ordinamento a quanto stabilisce la ratifica, non è il contrario. Dunque, quanto sostenuto dal collega Formentini capovolge quanto, invece, normalmente si fa. La ratifica di una convenzione serve per adattare, poi, l'ordinamento interno a quei principi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.100 Turri, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 24).

Passiamo all'emendamento 3.101 Formentini.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Turri. Ne ha facoltà.

ROBERTO TURRI (LEGA). Grazie, Presidente. Riprendendo le ultime parole della relatrice, sono pienamente d'accordo; sta di fatto, però, che dalla ratifica del Trattato del 1998 il Parlamento italiano non ha provveduto ad aggiornare, a riformare il Codice penale militare. Quindi, sono d'accordo a livello teorico, però, di fatto, non l'abbiamo mai fatto, quindi, oggi, ci potremmo trovare nella condizione, sovente, per cui la Corte penale internazionale intervenga al posto del giudice nazionale. Peraltro, anche nel Trattato di Roma, al paragrafo 4 del preambolo - è previsto - si incita il giudice naturale e nazionale ad intervenire, anche semplicemente per non andare a intasare i lavori della Corte penale internazionale. Quindi, è dal 1998 che avremmo dovuto aggiornare il Codice penale militare e non l'abbiamo fatto.

Per quanto riguarda la ratifica di oggi e, quindi, gli emendamenti, l'unico che potrebbe non essere ricompreso nel Codice penale militare è il crimine di aggressione, perché, poi, le altre fattispecie rientrano tutte nello stesso. Quindi, ciò che ha detto la relatrice, la Presidente Boldrini, è vero in parte. Comunque, visto che dal 1998 ad oggi non si è riusciti ad aggiornare il Codice penale militare di guerra, forse questa potrebbe essere l'occasione per spingere il Parlamento, finalmente, ad approvarlo e a riformarlo. Quindi, insisto per il voto favorevole sull'emendamento 3.101 Formentini (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il relatore, onorevole Boldrini.

LAURA BOLDRINI, Relatrice. Presidente, sempre perché sia chiaro. La Commissione difesa ha espresso parere favorevole e non ha sollevato alcun tipo di necessità, come espressa adesso dal collega. Dunque, mi sento veramente di dire che non si presenta questo problema, così come è stato illustrato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.

ROBERTO PAOLO FERRARI (LEGA). Grazie, Presidente. Solo per chiarire alla relatrice Boldrini quanto avvenuto in Commissione difesa, che è la Commissione che ha chiesto l'audizione del procuratore generale e che, durante l'audizione, ha avuto l'opportunità di far emergere queste criticità che gli emendamenti del collega Turri stanno cercando di evitare si possano produrre nel nostro ordinamento.

Come abbiamo detto, non è la volontà di non attuare questo Trattato, ma di evitare possibili e spiacevoli risvolti che possano applicarsi proprio per il mancato adeguamento, nel nostro ordinamento, del codice penale militare nei confronti di coloro che operano nel sistema della difesa. Durante quell'audizione, l'esimio audito ha evidenziato queste criticità e la Commissione, nonostante abbia approvato la proposta, ha fatto proprie queste difficoltà e questi rischi, che si cerca di correggere con gli emendamenti del collega Turri. Quindi, invito fortemente l'Aula a prendere atto di questo e a votare favorevolmente sull'emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Formentini. Ne ha facoltà.

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Sì, ancora a titolo personale, Presidente, perché c'è un punto non risolto che deve essere chiaro all'Aula. Si dice che i comandi militari non sono coinvolti in questo provvedimento (non potrebbero essere coinvolti dalle conseguenze che ne deriveranno). Questo è un falso, perché, stando al testo, alla lettera del testo, sono, invece, proprio perseguibili - sto traducendo dal testo inglese - “quelle persone che siano in una posizione di esercitare effettivamente il controllo o dirigere l'azione politica o militare di uno Stato”. La relatrice in Commissione ha cercato di argomentare che questo si riferirebbe al solo caso di un colpo di Stato, ma, stando alla lettera di quanto c'è scritto nel dettato, non è così.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.101 Formentini, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 25).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3 (Vedi l'allegato A).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 26).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2332​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il sottosegretario Di Stefano ad esprimere il parere.

MANLIO DI STEFANO, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Sugli ordini del giorno n. 9/2332/1 Donzelli, n. 9/2332/2 Delmastro Delle Vedove e n. 9/2332/3 Bignami, il parere è contrario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2332/1 Donzelli, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 27).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2332/2 Delmastro Delle Vedove, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 28).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2332/3 Bignami, con il parere contrario del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 29).

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2332​)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. Semplicemente per annunciare il voto favorevole del gruppo Liberi e Uguali sulla ratifica (Applausi dei deputati del gruppo liberi e uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Napoli. Ne ha facoltà.

OSVALDO NAPOLI (CI). Grazie, Presidente. Certamente, quello di Coraggio Italia è un voto favorevole, però, se mi permette, un piccolo appunto. Noi votiamo delle ratifiche del 2017, del 2018 e del 2019. Io mando un messaggio a lei, Presidente, con estrema correttezza istituzionale, da trasmettere al Governo: stiamo approvando ratifiche del 2017, mi sembra che siano passati tanti anni. Credo che dovremmo avere la capacità di accelerare.

PRESIDENTE. Ambasciator non porta pena, ma le cose buone sono buone a prescindere dall'età che hanno.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE (IV). Grazie, signor Presidente. Nell'annunciare il voto favorevole su questo provvedimento, vorrei ricordare che l'importanza di una ratifica come questa è determinata anche dalla messa in esecuzione di questi emendamenti, perché dovranno essere approvati da 30 Paesi e, quindi, verrà applicata nell'anno successivo all'approvazione da parte di 30 Paesi. Peraltro, approfitto anche per indicare al collega che era intervenuto precedentemente che il fondamento di questo emendamento all'articolo 8 è dato soprattutto dalla definizione del crimine di aggressione e lo invito a valutare - e invito tutta l'Aula a valutare - quale sia la profondità di questa definizione in relazione anche all'evoluzione dei comportamenti di alcuni Stati, che, come, purtroppo, la cronaca anche recente viene a determinare, sono stati controllati da potenze e da autorità che possono effettivamente avere una tendenza e una finalità criminale.

Questo è un elemento che va sottolineato rispetto anche alla continenza di un'iniziativa come quella che è stata palesata in maniera preoccupata di un possibile coinvolgimento delle Forze armate del nostro Paese. Questo non è possibile, perché l'integrazione della definizione di aggressione è ben specificata e attiene a una violazione sistematica delle condizioni previste dalla Carta delle Nazioni Unite. Con questo, dichiaro il voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. Gli emendamenti dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale di Kampala introducono, come è noto a quest'Aula, una più puntuale definizione dei crimini di guerra all'articolo 8, con l'ingresso di nuove fattispecie. Quell'articolo 8 non pone alcun problema, credo, per l'intera Aula. Viceversa, l'articolo 8-bis introduce, come sottocategoria di crimine contro l'umanità, il cosiddetto crimine di aggressione che viene definito con una fattispecie molto vaga. Si parla di pianificare, eseguire, iniziare a dare esecuzione ad una aggressione verso lo Stato estero. Quindi, è necessario comprendere, capire quale sia la cosiddetta aggressione e vengono introdotte singole fattispecie con le quali viene chiarito quale sarebbe l'aggressione. Fra le fattispecie che indicano una clamorosa aggressione di uno Stato nei confronti di uno Stato estero vi è il cosiddetto blocco navale. E allora temiamo che vi sia il solito vizietto rigurgitante di chi, non potendo vincere la battaglia delle idee, processa e criminalizza le idee altrui.

Il blocco navale diventa un reato proprio, lo dico soprattutto per i colleghi leghisti; reato proprio che può essere commesso solo e soltanto da chi occupi una posizione di controllo, di direzione politica o militare di uno Stato. Ricordo come dovrebbe suonare sinistra soprattutto per i colleghi leghisti questa circonlocuzione, perché si dà il caso che è il medesimo motivo per cui viene trascinato a giudizio l'ex Ministro dell'Interno per aver tentato di difendere i confini (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ma vi è di più: la tutela penale è anticipata clamorosamente oltre il tentativo, perché viene punito anche solo l'atto preparatorio che, nel diritto italiano, quando non raggiunge l'idoneità del tentativo, è non punibile. Tradotto: semmai un Governo di centrodestra decidesse di fare una riunione del Consiglio dei Ministri, appurato che le coste della Libia non vengono più controllate né da Haftar né da al-Serraj né da Erdogan, probabilmente dai trafficanti di esseri umani, staremmo preparando un atto di aggressione e potremmo essere trascinati in ceppi presso la Corte penale dell'Aia, come se fossimo Milosevic (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Per noi chi difende i confini non è mai a prescindere, né culturalmente né giuridicamente, un criminale; criminale politicamente è semmai chi, in virtù di una irenica, infantile, oltranzista idea dell'accoglienza senza se e senza ma, finge di non sapere che, dietro l'accoglienza, si nasconde la filiera delle organizzazioni criminali dedite alla tratta di esseri umani. Questo sì crimine contro l'umanità per Fratelli d'Italia, non la difesa dei confini. E c'è quella filiera delle organizzazioni criminali dedite alla tratta degli esseri umani con la loro lunga scia di sangue nel Mediterraneo. Ancora, per noi criminale, anche se solo politicamente, è chi indirettamente alimenta e ingrassa il peloso e sinistro sistema dell'accoglienza italiana, di cui fulgido esempio è Riace. Il modello Riace, rilucente all'esterno, opaco e inverminato di mille illegalità al suo interno, e sto usando le parole del tribunale del riesame (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Allora il tema è: quando sarà mai legittimo, se dovesse governare il centrodestra, con questa modifica della Corte penale internazionale, il blocco navale? Sarà sempre un crimine internazionale? Se dovesse vincere il centrodestra, potrà presidiare i confini, disarticolare la mafia della tratta degli esseri umani e asciugare gli appetiti nazionali dei vari Mimmo Lucano, legati alla politica dell'accoglienza? Perché, vedete, stiamo parlando del Mediterraneo e anche quando uno mi dice: “il blocco navale lo puoi fare fuori dall'area di sovranità dell'altro Stato”, certo, è quello che tutti noi vogliamo fare, ma qualcuno sa che, nel Mediterraneo, Erdogan, per la parte turca o libica, dato che ormai la Libia è diventata un protettorato del sultano Erdogan, sa o non sa che la Libia e la Turchia hanno disegnato una ZEE, sulla quale si estende la sua sovranità militare, che pressappoco mangia l'intero Mediterraneo, dove noi potremmo posizionare, come chiede Giorgia Meloni, navi per scardinare la tratta degli esseri umani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e del deputato Bond), per porre fine alla lunga scia di sangue nel Mediterraneo, per difendere il sacrosanto diritto di difendere i confini nazionali? E ancora, verrà considerato crimine internazionale, anche se posto in essere per contrastare l'atto ostile del sultano Erdogan che ha già iniziato a dire: “vi scateno l'immigrazione anche da Sud”? E ancora, il blocco navale sarebbe in ogni caso considerato crimine internazionale anche se in Libia non vi fosse un'autorità statuale chiara e riconosciuta, Haftar, al-Serraj, a volte anche ISIS? Certamente il controllo delle coste è in mano agli scafisti.

Queste sono le domande che noi ci poniamo e che ci impediscono di votare questa modifica della Corte penale internazionale, perché per noi contrastare il collaudato e sinistro sistema dell'accoglienza è un patto non negoziabile contratto con gli italiani; per noi difendere i confini non è un crimine, ancor meno internazionale, ma è un dovere; per noi disarticolare la tratta di esseri umani è un impegno morale; per noi chi difende i confini non è un criminale, ma è un patriota. Quindi, contrasteremo sempre il sottostante giuridico e culturale di una Corte penale internazionale che vuole processare chi dovesse difendere i confini, disarticolare la tratta degli schiavi e fermare gli appetiti nazionali alla Mimmo Lucano che stanno dietro il sistema dell'accoglienza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge che la Camera oggi è chiamata a ratificare riguarda emendamenti adottati fin dal giugno del 2010 nello Statuto istitutivo della Corte penale. È davvero un caso che siano passati tutti questi anni? È davvero un caso che oggi si giunga a questa ratifica non per iniziativa del Governo, ma per iniziativa parlamentare? Forse no. Resta il fatto che naturalmente Forza Italia conferma il pieno sostegno all'azione della Corte penale internazionale, fondamentale giurisdizione sovranazionale che persegue i crimini contro l'umanità, ma dalla Conferenza di Kampala ad oggi, la Conferenza nella quale sono stati adottati questi emendamenti, sono passati 11 anni nel corso dei quali non è stata certo solo l'Italia a non aver proceduto alla ratifica degli emendamenti. Il nostro principale alleato, gli Stati Uniti, un Paese per tanti versi affine come Israele, un protagonista comunque importante della politica internazionale come la Russia, hanno sollevato più di qualche riserva, comprensibile e condivisibile, su alcuni aspetti della nuova disciplina. Innanzitutto, la definizione del crimine di aggressione che rischia di attribuire all'organo giurisdizionale un'eccessiva discrezionalità politica.

In secondo luogo, suscita dubbi e incertezze anche la definizione, così come fatta, di crimini internazionali, soprattutto nei contesti segnati da guerre civili. D'altronde, le regole di ingaggio della Corte penale internazionale con riferimento al crimine di aggressione sono macchinose; è poco probabile che tutte le condizioni elencate dagli articoli 8-bis e 15-bis si verifichino. Difficilmente, quindi, queste norme potranno trovare concreta attuazione, mentre il più plausibile degli scenari vedrebbe il solo Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite rinviare a giudizio uno Stato, con tutte le dinamiche politiche e di veti incrociati che questo comporta. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi è il 4 novembre, fra poco quest'Aula renderà un doveroso omaggio alle Forze armate nell'anniversario della fine della Prima guerra mondiale.

Una vittoria per l'Italia, quella guerra, ma anche una tragedia continentale, favorita dall'assenza di regole chiare e di un ordinamento sovranazionale efficace, un ordinamento che si è tentato faticosamente di costruire, con risultati non sempre efficaci, purtroppo, proprio in seguito a quella inutile strage, come la definì Papa Benedetto XV. Dopo la Seconda guerra mondiale, l'altra grande tragedia del XX secolo, si è stabilito, a Norimberga, il principio secondo il quale un diritto penale internazionale può punire anche crimini consentiti dalle leggi nazionali in vigore. Ovviamente, non possiamo rinunciare a questi principi, a questi 100 anni di faticosa crescita dell'ordinamento internazionale, a queste conquiste sulla strada della civiltà e della pace, ma proprio perché ci crediamo, proprio perché crediamo nell'importanza della Corte penale internazionale, occorre che le regole siano chiare, siano applicabili, non si prestino ad ambiguità, che si riducano quanto più possibile i margini della discrezionalità. In fondo, del resto, sono gli stessi principi ai quali dovrebbe orientarsi la legislazione nazionale. E, a proposito di legislazione nazionale, bisogna, in questo caso, anche fare in modo che gli ordinamenti nazionali siano coordinati a quello internazionale, in modo da non creare sovrapposizioni ed evitare che siano le regole internazionali a riempire vuoti normativi nel nostro Paese. Come è già stato ricordato, anche il procuratore De Paolis, nell'audizione su questa materia, pur esprimendo un orientamento favorevole alla ratifica, ha sottolineato che l'Italia, da questo punto di vista, deve ancora profondamente adeguare il proprio ordinamento.

Per tutte queste ragioni, signor Presidente, noi avremmo preferito che si addivenisse alla decisione di procedere a un ulteriore supplemento di riflessione. Di conseguenza, dato che, invece, si procede al voto, pur confermando il nostro pieno sostegno alla Corte penale internazionale, annuncio l'astensione del gruppo di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Delrio. Ne ha facoltà.

GRAZIANO DELRIO (PD). Grazie, Presidente. I democratici italiani sono assolutamente favorevoli e felici di poter ratificare, oggi, l'esecuzione degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale che sono stati proposti in Uganda nel 2010. Con grave ritardo noi ratifichiamo questi emendamenti, ma ne siamo molto soddisfatti, perché questo atto del Parlamento ne riconosce l'importanza. Io veramente, pur riconoscendo ai colleghi tutto il diritto di critica, credo che i distinguo non debbano offuscare l'importanza di questo atto. Infatti, la Corte penale internazionale, che è stata istituita, come ricordato dall'onorevole Quartapelle, nel 1998 dalla Conferenza di Roma, rappresenta la prima giurisdizione internazionale permanente collegata al sistema delle Nazioni Unite. È una giurisdizione competente a giudicare, in modo complementare rispetto agli Stati, individui responsabili di gravi reati che riguardano la comunità internazionale, come il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra. Discutiamo, quindi, qui, oggi, su una questione molto importante; discutiamo dell'organizzazione giuridico-politica delle comunità mondiali, di una organizzazione giuridico-politica che si richiama alla Carta fondamentale dei diritti delle Nazioni Unite, ratificata nel 1948. Le modifiche che noi oggi andiamo ad approvare sono conseguenze dell'articolo 123 dello Statuto di Roma, che prevede che vi siano proposte emendative e che vadano approvate tramite una Conferenza. La questione fondamentale di questa nostra ratifica è l'introduzione del crimine di aggressione, come è stato ricordato, che finalmente viene incluso tra quelli perseguibili dalla Corte, definendo le condizioni per l'esercizio della giurisdizione da parte della Corte con una serie di modifiche agli articoli. L'aggressione è definita come la forma più grave e pericolosa dell'uso illegale della forza, nonché un crimine contro la pace globale, idoneo a dar luogo a responsabilità internazionali. Questo ci permette di perseguire come crimini di guerra le questioni non solo nell'ambito dei conflitti internazionali, ma anche in quelli interni, come, per esempio, l'utilizzo di armi velenose, di gas asfissianti e tossici, di proiettili che si espandono. Quindi, questa è una proposta emendativa di civiltà giuridica, perché non possiamo dimenticarci - questa terribile pandemia ce lo ha insegnato - che nessuna Nazione si può salvare da sola, nessuna Nazione può costruire il suo futuro da sola e che i rapporti fra le comunità politiche vanno regolati nella verità e nella giustizia; senza giustizia non ci può essere pace mondiale, senza giustizia, una giustizia che travalichi anche i confini nazionali, non vi può essere ordine mondiale. Non c'entra assolutamente nulla con la limitazione dei poteri di uno Stato sovrano, come è stato ricordato da qualcuno, non c'entra assolutamente nulla il tema di regolare in maniera nascosta il problema dei blocchi navali; i blocchi navali sono azioni militari, definite proprio dallo Statuto delle Nazioni Unite e dalle sue risoluzioni; sono atti di aggressione militare. Non confondiamo le questioni e non ossessioniamoci con la questione dell'immigrazione, anche quando stiamo approvando, come Parlamento, atti di grande e rilevante importanza giuridica internazionale. Questa è la prima considerazione. Come non vi sono esseri umani superiori, in natura e dignità, rispetto agli altri, non vi sono Nazioni superiori, in dignità e natura rispetto ad altre (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo è un principio del multilateralismo: tutte le Nazioni hanno uguale diritto poter vivere in maniera autonoma, responsabile, dignitosa e in pace. E questo è il senso di una Corte penale internazionale, che supera in qualche modo i tribunali ad hoc già stabiliti appunto per il Ruanda o per altri genocidi e finalmente dà l'idea di un multilateralismo globale, perché il bene comune universale - lo abbiamo visto e lo vediamo in questi giorni e in queste settimane con il G20 e con la COP 26 - e il rispetto dei diritti umani pongono problemi a dimensione universale, che quindi devono avere risposta ad opera di poteri politici e di poteri giuridici adeguati alla dimensione mondiale. Questo di oggi è, quindi, un grande passo che noi facciamo compiere al nostro Paese. Infatti, è vero che c'è un velo su questa ratifica, il fatto che la Corte penale non abbia l'adesione di ben 3 dei 5 Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu: Russia, Stati Uniti e Cina non hanno ancora ratificato lo Statuto della Corte penale internazionale, e questo è un grave vulnus per l'ordine mondiale, ma credo anche che l'Italia e l'Europa, che, invece, hanno scelto e voluto questa Corte penale - e ricordo anche il lavoro straordinario che fece l'allora commissario europeo Emma Bonino proprio per rendere questo Statuto internazionale vigente -, possano, con questo quarto e nuovo fondamentale crimine posto sotto la giurisdizione della Corte penale internazionale, indicare la via anche agli altri Paesi. Abbiamo visto come la guerra non sia un mezzo idoneo per risolvere i conflitti, lo dice la nostra Costituzione, lo abbiamo constatato anche recentemente, in tante vicende che sono accadute nel nostro mondo. La vera soluzione dei conflitti è riconoscere ad organismi sovranazionali di accedere a un vero multilateralismo, di riconoscere agli organismi sovranazionali un potere che impedisca le violazioni della dignità delle persone e delle comunità, sia delle minoranze dentro gli Stati, sia tra gli Stati.

Per questo motivo, noi siamo molto favorevoli a questa ratifica, poiché appunto è un segnale di attenzione, una svolta culturale sul settore del multilateralismo, anche sul piano giuridico, perché mette in campo, finalmente, anche strumenti giuridico-internazionali efficaci per perseguire alcuni crimini; chiunque commetta un crimine contro le persone o contro le comunità non può ritenersi impunito. L'Italia e l'Europa sono orgogliosi della Corte penale internazionale, ne appoggiano l'azione ed è per questo motivo, signor Presidente, che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Formentini.

PAOLO FORMENTINI (LEGA). Grazie, Presidente. Mi sia consentito ricordare qui che la Corte penale internazionale è la prima giurisdizione internazionale permanente competente, in via complementare - e sottolineo: complementare - rispetto agli Stati a giudicare individui responsabili di gravi reati che riguardino la comunità internazionale, quali il genocidio, i crimini contro l'umanità e di guerra: sicuramente, per tutta l'umanità, una conquista. Questo, qui in quest'Aula, come Lega, lo vogliamo ribadire con forza, perché non accettiamo il gioco, che qui purtroppo è stato fatto, di trasformare la Lega, che è critica su un provvedimento, in una Lega che è contraria sempre e comunque al multilateralismo: non è così, Presidente.

Lo Statuto istitutivo della Corte, approvato nel luglio 1998 dalla Conferenza diplomatica di Roma, è entrato in vigore nel luglio 2002. Gli Stati parte sono attualmente 122, di cui 33 africani, 18 dell'Asia e del Pacifico, 28 latinoamericani e dei Caraibi, e la quasi totalità di quelli europei, mentre altri 32 ne hanno firmato lo statuto ma non lo hanno ancora ratificato (e ricordiamo che, tra questi, ci sono gli Stati Uniti d'America).

L'istituzione di questo foro internazionale è stato, in effetti, alla base di alcune controversie. Gli Stati Uniti, che ho appena menzionato, al contrario dei Paesi europei non hanno mai nascosto la loro contrarietà alla sua creazione, temendo che la Corte potesse un giorno pronunciarsi sull'attività dei loro soldati impegnati nei teatri di crisi.

Non ha ratificato il Trattato istitutivo - lo dicevo prima in Aula - neppure Israele, mentre lo ha fatto l'Autorità nazionale palestinese, che pure non rappresenta uno Stato ma sta ora promuovendo un'azione contro Gerusalemme. Anche qui dobbiamo ribadire con forza che non è questa la via per la pace in Medio Oriente: la via per la pace in Medio Oriente sono gli Accordi di Abramo.

È evidente che esiste il rischio di un uso politico della giurisdizione della Corte, argomento sul quale tornerò poi in seguito. Il disegno di legge di cui discutiamo contiene tre articoli e non pare contemplare oneri di bilancio, ma gli emendamenti allo Statuto della Corte, che verrebbero ratificati dal nostro Paese - pensiamo al famoso articolo 8-bis - in caso di approvazione di questo provvedimento sono della massima importanza.

Si introduce - è stato ricordato da tanti colleghi - il crimine di aggressione fra quelli perseguibili dalla Corte e si specificano le condizioni per l'attivazione della sua giurisdizione. Si prevede inoltre la possibilità di perseguire come crimini di guerra, anche nell'ambito dei conflitti interni, l'utilizzo di armi velenose, di gas asfissianti e tossici, e di proiettili che si espandono all'interno del corpo umano.

Il gruppo Lega-Salvini Premier non ha nascosto alcune perplessità sull'opportunità di procedere a questa ratifica. Il sostegno all'azione della Corte penale internazionale è naturalmente fuori discussione, ma preoccupa l'interpretazione che, caso per caso, potrà essere data alla fattispecie di crimine di aggressione e crimini internazionali, con particolare riferimento a quanto succede nelle guerre civili, in cui è obiettivamente difficile a volte stabilire chi aggredisca e chi subisca, ovvero determinare la posizione che debba assumere chi si trova nel mezzo, così come spesso capita alle forze militari di peacekeeping.

Abbiamo altresì espresso dubbi in merito all'eventualità che la Corte penale internazionale possa interferire con l'operato della magistratura italiana o, magari, sostituirvisi nel caso di una sua ipotetica inerzia. Soprattutto, abbiamo manifestato il timore per le conseguenze che potranno discendere dalla applicazione del concetto di responsabilità oggettiva alla catena di comando e controllo a cui rispondono le nostre unità militari. Quindi, anche per questo, rivolgo un ulteriore appello alla relatrice, proprio oggi 4 novembre, a pensare anche alle nostre Forze armate e a chi difende il nostro Paese. I procuratori della Corte penale internazionale potranno, infatti, agire contro chiunque si trovi nella linea di comando delle unità militari che avessero compiuto un presunto crimine internazionale, dal soldato semplice agli ufficiali, ai capi di Stato maggiore, fino ai massimi livelli del Governo; in Italia, addirittura, potenzialmente raggiungendo persino il Presidente della Repubblica, a causa della sua funzione di comandante in capo delle Forze armate.

Dato il crescente coinvolgimento dei nostri militari in complesse missioni all'estero, che possono comportare azioni di combattimento, non possiamo escludere che anche il nostro Paese possa subire in futuro azioni da parte della Corte. Tale circostanza peserebbe anche sulla linea di condotta delle truppe, condizionandole a priori e riducendo l'efficacia della nostra azione.

Su queste basi, con queste motivazioni che ho espresso, la Lega-Salvini Premier aveva votato contro il provvedimento al Senato e si era astenuta nelle Commissioni qui a Montecitorio, non senza aver chiesto approfondimenti e audizioni utili a chiarire i dubbi e a fugare le perplessità. Prima di approvare questo provvedimento e autorizzare la ratifica degli emendamenti allo Statuto della Corte penale internazionale, avremmo dovuto interrogarci più approfonditamente sugli effetti che comporterà un domani su di noi e sul modo in cui, ad esempio, i nostri soldati o persino noi stessi potremmo essere giudicati per ciò che ordineremo loro di fare. Che garanzie avremo rispetto ad un uso politico delle accuse?

Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, sulla base delle considerazioni appena esposte la Lega-Salvini Premier ribadisce il sostegno alla Corte penale internazionale, senza però nascondere le grandi criticità rilevate nelle precedenti fasi di iter del provvedimento al nostro esame e affiorate anche in altre grandi democrazie occidentali, come gli Stati Uniti ed Israele. Voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Formentini. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Berti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BERTI (M5S). Grazie, Presidente. Il tema della giurisdizione penale internazionale e sovranazionale è molto delicato e complesso perché, in un mondo sempre più instabile e insicuro, garantire i diritti e aumentare la responsabilità è il compito delle democrazie avanzate.

Noi arriviamo all'autorizzazione della ratifica di questi emendamenti - cosiddetti di Kampala - del 2010, dopo undici anni dalla firma di questo Trattato, ma, ulteriormente, questo Trattato prevedeva che l'entrata in vigore fosse condizionata alla firma di 30 Stati (cosa che è avvenuta nel 2017); quindi, dal 2018 questi emendamenti sono già in vigore e noi arriviamo con un ritardo di tre anni rispetto all'entrata in vigore.

Sorvoliamo sugli emendamenti che ponevano una condizione eventuale, ulteriore, all'entrata in vigore, vincolando appunto tale entrata in vigore a un accordo futuro e incerto; quindi, gli emendamenti sono stati giustamente rigettati.

Venendo al contenuto, però, non c'è soltanto la definizione di aggressione, che è un po' il cuore degli emendamenti, ma c'è anche una tipizzazione dei crimini di guerra che, appunto, prevede una caratterizzazione di tutte le fattispecie. Contrariamente a quanto è stato detto, tipizzare i crimini di guerra, specialmente nel diritto dei conflitti armati non internazionali, riduce gli spostamenti e le migrazioni di persone, perché nella tipizzazione si va a punire e a tipizzare ulteriormente gli spostamenti arbitrari della popolazione civile e la confisca o la distruzione arbitraria di beni di proprietà dell'avversario. Quindi, chiaramente, giustificare un rigetto di questi emendamenti sulla base dell'interesse nazionale o della difesa dei confini non regge come argomento. Ma qui il problema non è difendere l'interesse nazionale, perché noi stiamo all'interno di ambiti multilaterali e ne conosciamo la complessità. Tutti noi andiamo nello scenario internazionale ed europeo a difendere i nostri interessi nazionali, ma qui vi è un problema di cultura giuridica, perché rigettare il multilateralismo, rigettare il sovranazionalismo, è un po' quella cultura giuridica che ha portato in Europa - quindi, nel continente dove i diritti e l'integrazione giuridica sono molto avanzati - a rigettare anche la sovranazionalità e la giurisdizione della Corte europea di giustizia. Quindi, è un po' il classico schema per cui, con la scusa dell'interesse nazionale, si vanno a ridurre i diritti anche dei propri cittadini.

Per questi motivi il Movimento 5 Stelle invece supporta questi emendamenti e voterà favorevolmente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Berti. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2332​)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 2332: “Ratifica ed esecuzione degli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, adottati a Kampala il 10 e l'11 giugno 2010” (Approvata dal Senato).

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 30).

Come già convenuto, il seguito dell'esame degli ulteriori disegni di legge di ratifica si intende rinviato alla prossima settimana.

Nella ricorrenza della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui l'intera Assemblea e i membri del Governo). Oggi ricorre la festa dell'Unità nazionale e delle Forze armate, istituita per commemorare la fine della prima guerra mondiale nel nostro Paese e per celebrare il principio dell'unità della Repubblica, sancito dalla Costituzione. Come è noto, il 4 novembre 1918, entrò in vigore l'armistizio di Villa Giusti, che consentì agli italiani di rientrare nei territori di Trento e Trieste e di portare a compimento il processo di unificazione nazionale iniziato in epoca risorgimentale.

Nella stessa giornata, nel 1921, per onorare i sacrifici dei soldati caduti in difesa della patria, ebbe luogo la tumulazione del Milite Ignoto nel Sacello dell'Altare della Patria a Roma. In questa giornata, si intende perciò ricordare tutti coloro che, anche giovanissimi, hanno sacrificato il bene supremo della vita o hanno riportato invalidità permanenti per un ideale di patria e di attaccamento al dovere. A tutti costoro va il primo, commosso pensiero suscitato da questa ricorrenza. Si tratta peraltro di valori rimasti immutati nel tempo, per i militari di allora e per quelli di oggi. Questa ricorrenza impone dunque a tutti noi, istituzioni, politica e cittadini, di ricordare costantemente e con gratitudine il sacrificio e l'impegno di quanti, al di fuori dei confini nazionali, sono caduti per gli stessi valori di libertà, giustizia e democrazia, sui quali si fonda la nostra Costituzione. Per celebrare questa importante giornata, nell'ambito della visita ufficiale a Washington, il Presidente della Camera si recherà al cimitero nazionale di Arlington, che conserva anche le spoglie di alcuni caduti italiani, per rendere omaggio alla tomba del Milite Ignoto e ricordare così il sacrificio dei tanti soldati che hanno perso la vita nei conflitti che hanno funestato il nostro pianeta. In memoria dei nostri soldati caduti, invito quindi l'Assemblea a osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio – Prolungati applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rossini. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROSSINI (M5S). Grazie, Presidente, colleghe e colleghi. “Da quella bara che riunisce il pianto di tante madri, un figlio chiama: Mamma! E ogni madre risponde: Figlio santo! Di tanti cuori si è formato un cuore: ardono tutti nella stessa fiamma, straziati dal medesimo dolore”. Ho voluto riportare i versi del poeta romano Trilussa, che, da marchigiano - mi perdonerete -, ho italianizzato un po', perché secondo me esprimono appieno l'alto valore morale ed il grande significato sociale di ciò che stiamo celebrando oggi.

Il 4 novembre è un giorno fondamentale per il nostro Paese, è l'anniversario della vittoria della prima guerra mondiale, l'anniversario della sepoltura del Milite Ignoto, è la giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate, ed è uno dei momenti fondativi più importanti per il nostro Paese, che consentì agli italiani di portare a compimento il processo di unificazione nazionale iniziato nel Risorgimento e soprattutto di cementificare lo spirito nazionale degli italiani.

Il 4 novembre del 1918 terminava la cosiddetta grande guerra. In quegli anni, gli italiani vissero atrocità inenarrabili e lottarono spalla a spalla, accomunati nelle paure e nelle sofferenze e, proprio attraverso quelle sofferenze, nacque un sentimento di forte condivisione e di fratellanza, che andava al di là della sopravvivenza o della vittoria. È in quegli anni, in quella guerra, che gli italiani divennero italiani. Ecco perché il 4 novembre, nato come festa della vittoria, con il tempo è diventato la festa delle Forze armate e la giornata dell'Unità nazionale. Un sentimento, ancora oggi, molto forte, che ci sta permettendo di superare un momento tremendo per tutti noi, con una pandemia mondiale che ha messo a dura prova la tenuta sociale del nostro Paese. Ma, se il Paese ha tenuto, è anche grazie soprattutto al prezioso contributo delle nostre Forze armate. A loro quindi, a tutte le donne e gli uomini delle Forze armate, va la nostra gratitudine per il loro ruolo, un ruolo fondamentale nella gestione della pandemia e non solo. Un grande e sentito “grazie”: grazie per la dedizione, grazie per la professionalità, grazie per la fedeltà e la difesa dei valori della nostra Costituzione, che dimostrano ogni giorno con il loro lavoro.

Ma oggi, Presidente, non è un semplice anniversario; oggi ricorre anche il centenario del Milite Ignoto: esattamente cento anni fa, il 4 novembre del 1921, ebbe luogo la sepoltura del Milite Ignoto, con una solenne cerimonia presso l'Altare della Patria. Ma cos'è il Milite Ignoto? Perché è così importante per la storia del nostro Paese, Presidente? Il Milite Ignoto rappresenta tutti gli italiani caduti e dispersi in guerra, è il simbolo del sacrificio e dei valori della Patria. Ma non solo: rappresenta un'icona nazionale, un simbolo potente e radicato nel nostro bagaglio culturale, con un'importanza che trascende l'aspetto militare, Presidente. È stato un collante sociale, che ha permesso di rinsaldare il legame tra le famiglie e i loro caduti ed il legame tra i cittadini e la patria. Quella cerimonia è stata la più importante e partecipata manifestazione patriottica dell'Italia unita, con oltre un milione di persone. Fu una partecipazione spontanea e molto sentita, segnata dalle migliaia di madri e vedove che portavano simbolicamente l'ultimo saluto al feretro dei loro morti.

Ma, alla ricorrenza di oggi, si lega anche un altro aspetto, Presidente, che tengo a riportare all'Aula e ai cittadini. Le celebrazioni del centenario sono state l'occasione per rimarginare una ferita, che da oltre un secolo lacera il sentimento di unità nazionale, che è quella dei fucilati della grande guerra. Con una risoluzione portata avanti in entrambi i rami del Parlamento, si chiedeva di riabilitare la memoria dei nostri soldati fucilati. È una battaglia che il MoVimento già portava avanti dalla scorsa legislatura e che, al di là del fatto che in questo ramo della Camera porta la mia prima firma, quello che mi rende più fiero e orgoglioso è aver incontrato l'unanimità da parte di tutti gli schieramenti politici, che ringrazio ancora una volta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Infatti, nel corso della prima guerra mondiale, furono fucilati dai nostri plotoni di esecuzione oltre 700 militari italiani, con giudizi sommari o semplicemente per dare l'esempio ai commilitoni.

È un capitolo doloroso e troppo a lungo rimosso dalla nostra storia, del quale era doveroso preservarne la memoria. E quale occasione migliore delle celebrazioni per il centenario del Milite ignoto? E così è stato, Presidente. Quindi, con grande onore e orgoglio, annuncio all'Aula e ai cittadini che la settimana scorsa, all'Altare della Patria, durante la cerimonia di inaugurazione della mostra per il centenario del Milite Ignoto, è stata inaugurata anche la targa commemorativa ai fucilati di guerra, posta all'interno del Museo risorgimentale. Cento anni dopo la Grande Guerra, facciamo pace con la nostra storia e la nostra memoria, perché, Presidente, e concludo, coltivare la memoria è il fondamento di una comunità, coltivare la memoria è il pilastro su cui si costruisce una Nazione, coltivare la memoria è il primo passo verso il futuro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boniardi. Ne ha facoltà.

FABIO MASSIMO BONIARDI (LEGA). Grazie, Presidente. Oggi si celebra la giornata dell'Unità d'Italia e delle Forze armate per onorare e ricordare coloro che, nel nome della nostra Patria, si sono sacrificati e per celebrare le nostre Forze armate.

Mi sembra doveroso partire ricordando i Ragazzi del Novantanove, che, ancora minorenni, imbracciarono le armi per difendere la nostra Patria, ragazzi che la guerra strappò ai propri affetti, ragazzi che arrivarono anche da realtà del Mezzogiorno, che si trovarono nella tragedia della guerra, in trincea con equipaggiamenti non adeguati, in condizioni igienico-sanitarie pessime, dove vi erano migliaia di morti quotidianamente.

Ricordiamo che la nostra Patria ha versato un enorme tributo, con 650 mila morti tra i militari, oltre ai mutilati e ai civili; migliaia di giovani ragazzi, morti sul campo di battaglia, che non ebbero la fortuna, in quanto non riconosciuti, di avere una tomba sulla quale poterli piangere. Proprio 100 anni fa veniva tumulata la salma del Milite Ignoto qui a Roma, rappresentante di tutti quei giovani: il feretro partì da Aquileia il 28 ottobre del 1921, attraversando cinque regioni, decine di stazioni a passo lento, proprio per dare modo a tutta la popolazione di rendere omaggio a quel soldato che sacrificò la propria vita, feretro che poi arrivò a Roma il 4 di novembre. Presidente, è ora che la festa nazionale del 4 novembre sia ripristinata come giornata di festività nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

La guerra è sofferenza, morte, orrore. La pace è un bene che nessuno può permettersi di dare per certo, è un bene da costruire e preservare ogni giorno, pensando soprattutto alle donne e agli uomini di domani. Ai nostri militari va il nostro ringraziamento per il lavoro che svolgono quotidianamente per garantire la nostra sicurezza, combattendo per la nostra libertà. E vorrei qui ricordare, anche e soprattutto, i nostri ragazzi che abbiamo perso nelle missioni di pace all'estero, anche perché, fra qualche giorno, ci sarà l'anniversario della strage di Nassiriya (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier); ragazzi che servono il nostro Paese e difendono la pace con la devozione che solo un militare può esprimere, e non è solo un atto d'amore per il nostro Paese e verso il nostro Paese, ma soprattutto verso il futuro dei nostri figli (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pagani. Ne ha facoltà.

ALBERTO PAGANI (PD). Grazie, Presidente. Celebriamo oggi quel 4 novembre in cui il generale Armando Diaz siglò, a nome dell'Italia e degli italiani, quell'armistizio che poneva fine alla Prima guerra mondiale. E celebriamo così anche l'unità dell'Italia che fu, in quella guerra, costruita o salvata con il sacrificio e con il sangue di molti giovani ragazzi italiani, costruita dalle Forze armate, costruita da ragazzi: 4 milioni di ragazzi partirono per combattere sul fronte, alcuni di questi erano volontari, la maggior parte non partiva volentieri, probabilmente sapendo di lasciare a casa gli affetti, la famiglia, il lavoro, di lasciare a lavorare le donne nei campi e nelle fabbriche - ricordiamo anche le donne, perché anche loro hanno combattuto così la Grande Guerra - e sapendo che potevano anche non tornare. Infatti, di quei 4 milioni, 600 mila non tornarono mai più a casa; 1 milione e 500 mila ritornarono feriti, mutilati, storpi; 400 mila civili furono costretti ad abbandonare le loro case. Per questa ragione noi, oggi, celebriamo, anche con la figura del Milite Ignoto, quella guerra. Il Milite Ignoto era un uomo, il cadavere di un uomo scelto a caso, non riconoscibile, tra i caduti nelle principali battaglie della Prima guerra mondiale, scelto da una madre, scelta a caso anche lei, che aveva perso un figlio in guerra. Il Milite Ignoto non è un eroe, è una vittima della Prima guerra mondiale. E noi celebriamo il ricordo, con lui, di tutte le vittime che hanno permesso di conquistare la pace, perché, celebrando anche le Forze armate, ricordiamo che le Forze armate servono per garantire la pace, non per fare la guerra (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E oggi le Forze armate sono impegnate per costruire e garantire la pace in tanti teatri nel mondo, nei quali il nostro Paese si impegna, rispettando la Costituzione, per ricostruire le condizioni di vita per milioni di persone.

Naturalmente, questa celebrazione non può essere un solo ricordo, perché il nostro compito non è quello di celebratori, non siamo pagati dai contribuenti per compiacerci della nostra retorica, siamo pagati per fare le leggi, perché siamo dei legislatori, e io credo che il modo migliore per ricordare i caduti in una guerra e le Forze armate sia quello di portare a compimento un processo riformatore - che in questa legislatura si è avviato e sono fiducioso che si porterà a compimento - per far progredire le Forze armate italiane sui punti su cui ci sono ancora deficienze e carenze.

Da quando abbiamo sospeso la leva obbligatoria prevista dalla Costituzione, le Forze armate sono costituite da professionisti e quindi abbiamo avviato un percorso per permettere a questi professionisti, che sono lavoratori, di tutelare i loro diritti attraverso organizzazioni e associazioni di carattere sindacale, percorso che deve essere completato nella legislatura. Stiamo avviando una riforma del reclutamento perché, in questi vent'anni, da quando non c'è più la leva obbligatoria e si reclutano volontari a ferma prefissata, abbiamo reclutato nelle Forze armate qualcosa come 250 mila giovani soldati; di questi 250 mila, solamente 50 mila sono entrati in servizio permanente effettivo e gli altri sono stati espulsi dopo uno, due, tre, fino a dieci anni di precariato, dal sistema. Progredire vuol dire anche correggere queste storture e cercare di avere un modello più efficiente, più efficace e più rispettoso del lavoro delle persone, perché questo è il modo migliore per ricordare chi si è impegnato e ha sacrificato la vita, e per celebrare il 4 novembre.

Sono fiducioso che questo faremo. E il giorno in cui l'avremo portato a compimento, potremo dire di avere degnamente celebrato il Milite Ignoto e le Forze armate italiane, e anche fatto fino in fondo il nostro dovere (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maria Tripodi. Ne ha facoltà.

MARIA TRIPODI (FI). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, è sempre particolarmente emozionante ricordare in quest'Aula l'anniversario della vittoria nella Grande Guerra, la Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate, alle quali esprimo, a nome mio e di Forza Italia, profonda riconoscenza e immensa gratitudine per l'opera quotidiana che svolgono. Avieri, marinai, Carabinieri, reparti dell'Esercito, uomini e donne che danno lustro al Paese sul suolo patrio e in 144 missioni internazionali nel mondo: grazie! Grazie per renderci fieri di essere italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)! Grazie perché in ogni vostra azione c'è l'Italia migliore, l'Italia generosa, solidale, che porta conforto a popolazioni piegate dalle guerre.

Come dimenticare, Presidente, le recenti istantanee dell'operazione “Aquila Omnia” o quelle più lontane di “Antica Babilonia”? Come dimenticare lo sforzo profuso dalle Forze armate, che istruiscono, addestrano e mettono in sicurezza le popolazioni locali in teatri complessi? È d'obbligo evidenziarlo anche in questa giornata di festa, per rispedire al mittente le false ricostruzioni di chi, ideologicamente, sui media, talvolta mistifica la realtà.

Onorevoli colleghi, il 4 novembre è tra le date simbolo della storia patria, sulla quale si ergono i nostri valori comuni, conquistati e onorati in difficili battaglie, stoiche vittorie, storie personali e luoghi, Presidente, luoghi che si amalgamano in un unicum imprescindibile per l'Italia: Pola. teatro di una delle imprese più temerarie della Regia Marina, il Piave, il Carso e l'Isonzo. Vittorio Veneto, il Monte Grappa, dove riposano le spoglie di 12.615 caduti, di cui 10.332 ignoti.

A tal proposito, proprio quest'anno, signor Presidente, il 4 novembre assume ancor di più un significato intriso di commossa partecipazione della memoria collettiva del Paese, con le celebrazioni del centenario della traslazione del Milite Ignoto all'Altare della Patria, quel Milite Ignoto straordinario rappresentante del sacrificio del cittadino in armi per il bene superiore della Nazione, degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, che - tengo a sottolineare - resistette inflessibile nelle trincee più contese della Grande Guerra, che prodigò il suo coraggio nelle più cruenti battaglie e cadde combattendo, senz'altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria.

Il mio e il commosso pensiero di Forza Italia vanno a chi in ogni tempo, in patria e all'estero, ha compiuto l'estremo sacrificio per rendere l'Italia libera, prospera e unita. Il mio pensiero va a tutte le madri che, come Maria Bergamas, non hanno potuto piangere i figli immolatisi per la grandezza della patria, ma si sono riconosciute, appunto, in quel Milite Ignoto che li rappresenta tutti, al cui passaggio, da Aquileia a Roma, l'Italia si inchinò con deferente gratitudine, proprio il 4 novembre di un secolo fa.

Onorevoli colleghi, accennavo alle storie personali di chi ha combattuto per l'Italia e, tra queste, ci sono le storie degli eroici ragazzi del ‘99, che si arruolarono, non ancora ventenni, per contribuire a scacciare quel nemico che, come ricorda Armando Diaz nel Bollettino della Vittoria, da esercito tra i più potenti al mondo risalì, in disordine e senza meta, le valli che aveva disceso con orgogliosa sicurezza.

Onorevoli colleghi, mi avvio alla conclusione. Orazio affermava: dulce et decorum est pro patria mori (“è dolce e onorevole morire per la patria”). È una grande verità, signor Presidente, dalla quale trarre ispirazione per rendere altrettanto dolce e onorevole la nostra memoria storica, a perenne ricordo per gli italiani che verranno. Viva le Forze armate, viva la Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il presidente Lollobrigida. Ne ha facoltà.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). Grazie Presidente. Voglio cogliere l'occasione per ringraziare lei per l'incipit di questa Assemblea e per il discorso che ha fatto, che ha toccato tutti noi, ma anche ringraziare la Presidenza tutta, per aver accordato a Fratelli d'Italia di veder raccolta una proposta che riteniamo importante e che oggi, anche negli interventi dei colleghi, cogliamo come unificante della volontà di tutti i cittadini italiani, di sentirsi rappresentati in Parlamento da persone che hanno - o auspicano di avere - la consapevolezza del significato dell'amor di patria. È ovvio, noi abbiamo chiesto oggi di ricordare che 300.000 italiani sono impiegati nelle nostre Forze armate. Vanno rispettati, vanno tutelati (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), vanno apprezzati quotidianamente nel loro lavoro, che porta pace, sicurezza e libertà, non solo sul suolo patrio, ma anche in tante missioni all'estero, per aiutare popolazioni in difficoltà. Lo facciamo quest'anno, nella commemorazione del 4 novembre, con questa solennità. Noi auspichiamo, veramente - questa è la proposta che formalizziamo anche a quest'Aula -, che si rimuova quell'errore fatto nel 1977 (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e di deputati di Forza Italia-Berlusconi Presidente) di trasformare una festa nazionale, importante e unificante come questa, in una festa mobile, che non ha l'adeguata solennità. Ringrazio, in questa occasione, il presidente Ciampi di aver voluto, invece, rinnovare con la sua presidenza una attenzione all'amor patrio, che si caratterizza da tante questioni, ma la principale è l'elemento che tiene unita questa Nazione, specie nei momenti di difficoltà. Quest'anno ricorrono i 100 anni della deposizione della salma, che rappresenta i caduti della Prima guerra mondiale. Ungaretti riassunse in magnifici versi, “Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie”, la sensazione di quelli, come lui, impiegati nelle trincee, di vedere davanti agli occhi lo spettro della morte, che poteva arrivare in ogni momento. Ma la stessa consapevolezza, che lui raccoglie in quei magnifici versi, è la consapevolezza di tanti uomini, di tante famiglie, di tante donne impiegate, anche come ausiliarie, in quella circostanza, che avevano ragioni profonde, che necessitavano di affrontare quei sacrifici, per l'unità d'Italia e per la libertà della nostra Nazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Quei valori che travalicano i momenti contingenti, devono rimanere il faro di luce per una democrazia che, finalmente, si è affermata in Italia e che va difesa, difendendo i principi, tra i quali la libertà. In quei giorni, nei giorni della Prima guerra mondiale, caddero in tanti, 650.000 soldati: impiegati marinai nel mare Adriatico, con i primi cannoneggiamenti del porto di Ancona; caddero sui cieli di quella che sarà la Regia Aeronautica, in una fase successiva; su veicoli sperimentali; caddero i fanti nelle trincee sul Carso, nella tragica battaglia di Caporetto, nella difesa del Piave. Caddero in tanti e caddero con voci diverse anche sul nostro fronte, persone che non avevano la stessa lingua, che abitualmente parlavano il dialetto; arrivavano dalla Sardegna e, magari, ai veneti, era incomprensibile il modo con cui si scambiavano informazioni orali; ma era comprensibile a tutti la necessità di dividere il pane e il sangue, come hanno fatto in quelle trincee (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), nella difesa di quell'elemento unificante che si compiva. In quella tragica guerra, morirono in tanti per tante ragioni: per le bombe, per le mine, per i gas asfissianti. Morirono in tanti anche per una pandemia, che, in quei momenti, si sviluppava nelle trincee, nell'ultima parte di quella tragica guerra: proveniente dagli Stati Uniti, all'epoca passò per la Gran Bretagna e si innestò nelle trincee. Iniziò una pandemia che fu poi definita epidemia spagnola; sappiamo che il termine è improprio, ma non è questo l'argomento che trattiamo, ma che ci fa riflettere anche su questa fase, nella quale noi dobbiamo avere una consapevolezza, ovvero che, nel momento in cui c'è una situazione di incertezza e di insicurezza, si deve far perno sulla difesa dei valori fondanti che ci tengono uniti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); in questa nostra Nazione oggi è la Costituzione italiana, in questa nostra Nazione è l'apparato dello Stato, rappresentato, per quello che ci riguarda, in prima battuta, dagli uomini e delle donne che portano la divisa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e dalle nostre Forze armate, che meglio di tutti interpretano quei valori profondi di necessità di garantire la libertà, garantendo la sicurezza dei nostri confini, delle nostre case e delle nostre famiglie.

Oggi, Fratelli d'Italia si inchina a un soldato sconosciuto; tra le undici bare che Maria Bergamas dovette toccare, forse riconobbe suo figlio, forse non era Antonio - questo era il nome di suo figlio -, ma era il figlio della patria, era il figlio d'Italia, era una persona che, all'Altare della Patria, in quel momento considerato il monumento più importante d'Italia, potesse essere sepolto.

Oggi quel simbolo non rappresenta retorica, quel simbolo rappresenta la capacità di sacrificarsi per la propria Nazione, che dovremmo cercare, ritrovare e promuovere all'interno delle scuole e in tutte le iniziative pubbliche, con la sensibilità che devono avere i rappresentanti del popolo nel comprendere l'importanza di trasmettere dei valori; quei valori di libertà e di sicurezza, quelle certezze del sistema democratico che oggi sono patrimonio comune ma che, in fasi difficili come quella che stiamo attraversando, rischiano di essere messi in discussione. È già avvenuto, purtroppo, in altre fasi storiche e ne conosciamo gli esiti.

Dobbiamo oggi avere la forza, in queste giornate di unità nazionale, di richiamarci, non sentendosi parte di opposizione o di maggioranza, ma sentendosi parte di una Nazione, con le responsabilità che competono al Parlamento, nella difesa di un'idea nazionale che ci deve appartenere e che travalica i contingenti posizionamenti politici.

Quindi, grazie alla Presidenza, grazie ai nostri soldati, grazie a quelli che hanno combattuto nel 1915-1918, a quelli che tutti i giorni si impegnano e grazie, ovviamente, anche a tutti i colleghi per averli, insieme a noi, ricordati con la solennità che meritano (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Occhionero. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA OCCHIONERO (IV). Grazie, Presidente. Credo che il significato più autentico della giornata odierna sia celebrare il ruolo dell'Italia di leadership del passo avanti. Intendo dire che, così come il sacrificio di milioni di vite umane nella Prima guerra mondiale, che segna l'innegabilità della follia di ogni conflitto e quell'unione di territori e di popoli che, compiendo il disegno risorgimentale, hanno dato vita all'Italia con il coraggio del passo avanti, noi oggi, facendo memoria di tutti quei morti e festeggiando le Forze armate, dobbiamo impegnarci per un futuro di pace e per segnare la leadership del nostro Paese attraverso il rafforzamento del più sano orgoglio nazionale. Solo così possiamo rigenerare il rapporto tra i cittadini e le istituzioni e affrontare e superare i rigurgiti nazionalistici e gli strappi al tessuto sociale con giustizia e democrazia.

L'Italia celebri questa Giornata nella consapevolezza che può e deve essere leader nell'Unione europea, che è chiamata ad un deciso cambio di passo rispetto a tutti i dossier principali, anche nel campo della politica estera e della difesa.

Dunque, restaurare la nostra leadership del passo avanti attraverso le nostre Forze armate anche nell'ambito della costruzione della difesa europea; tornare ad essere il crocevia della ricostruzione comunitaria europea dopo la devastazione economica e sanitaria causata dalla pandemia, che ci ha consegnato una nitida fotografia di quanto forte sia stata la risposta delle Forze armate, che hanno saputo coniugare coraggio ad altruismo, generosità ad empatia.

E celebriamo questo 4 novembre per il riscatto della nostra Italia, che sa ritagliarsi, ancora una volta, un ruolo di leadership del passo avanti, diventando terreno decisivo per il futuro sviluppo dell'Europa unita, recitando un ruolo da protagonista, anche e, soprattutto, per lo stretto legame che abbiamo con l'Unione europea e con la NATO, nella stabilizzazione tra le evidenti differenze e strategie geopolitiche.

L'Italia può e deve essere leadership del passo avanti anche al centro di un Mediterraneo conteso tra potenze rivali, with leaders, con responsabilità, determinazione, probità, coraggio, gentilezza, per adempiere ai nostri doveri di cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ripani. Ne ha facoltà.

ELISABETTA RIPANI (CI). “La guerra contro l'Austria-Ungheria che (…) l'Esercito italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta”. Queste le parole del “Bollettino della vittoria”, impresse nella storia e nella memoria, con le quali il generale Armando Diaz, comandante in capo delle Forze armate italiane, annunciava agli italiani la fine della Grande Guerra.

Il 4 novembre 1918, data dell'entrata in vigore dell'Armistizio di Villa Giusti, decreta la resa dell'Impero austro-ungarico all'Italia. Il prezzo della vittoria fu devastante, in termini di vite umane, feriti e sfollati; quasi 700 mila giovanissimi soldati sacrificarono il bene supremo della vita per un ideale di patria.

Commemorare significa oggi, soprattutto, condividere la memoria storica, trasformare gli orrori del passato in un monito per il futuro, con la matura consapevolezza che la libertà sia una conquista collettiva tutt'altro che scontata, da difendere, anzi, ogni giorno, in un clima oggi di crescente insicurezza internazionale, alimentato da minacce terroristiche, instabilità e fanatismi.

In questa Giornata dell'unità nazionale e delle Forze armate, che coincide quest'anno con il centenario della traslazione del Milite ignoto da Aquileia a Roma, all'Altare della Patria, l'Italia rende omaggio al sacrificio dei suoi figli e ai caduti di tutte le guerre.

Giunga un pensiero riconoscente a tutti i combattenti, ai mutilati, agli invalidi di guerra e ai decorati al valor militare. Un ringraziamento particolare e denso di orgoglio, nel giorno della loro festa, non può non andare alle nostre Forze armate, a tutti i militari in servizio in Italia e a quelli impegnati nelle missioni internazionali di stabilizzazione e pacificazione, di assistenza alle istituzioni e alle popolazioni nei diversi contesti di crisi. Donne e uomini che indossano una divisa legata indissolubilmente al tricolore per difendere il supremo diritto della libertà e la nostra sicurezza, alimentando, al contempo, il prestigio e l'autorevolezza del nostro Paese nel mondo.

Il legame tra la Nazione e le Forze armate è sancito dall'articolo 52 della nostra Costituzione: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”. I nostri militari adempiono a questo dovere con valore, formazione, coraggio, abnegazione, senso dello Stato e infinita umanità, tornando, a volte, in patria in una bara avvolta dal tricolore.

Solo tra pochi giorni, il 12 novembre, ricorderemo con dolore e commozione l'attentato di Nassiriya, in cui persero la vita 19 connazionali, 17 militari e 2 civili. La Giornata del ricordo dei caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace, istituita nel 2009 proprio in concomitanza dell'anniversario dell'attentato di Nassiriya, sarà un altro importante momento per celebrare la memoria di chi ha perso la propria vita per aiutare popoli oppressi e garantire la pace e la sicurezza.

Oggi, affidandoci alle armi della scienza, combattiamo una guerra diversa, ma altrettanto lunga e non meno difficile contro un virus che nel mondo ha fatto più vittime del Primo conflitto mondiale. Anche durante la pandemia, non è mancato il fondamentale contributo delle nostre Forze armate, che hanno messo in campo personale, mezzi e strutture mediche e allestito centri vaccinali. Mentre tremavamo nelle nostre case per colpa di un nemico sconosciuto, le Forze armate si adoperavano, con sprezzo del pericolo, per fornire sostegno a tutto il Paese, come ci ricorda la scena straziante del convoglio dei camion dell'Esercito pieni di bare nel bergamasco. Nel dolore e nei momenti più drammatici di questa pandemia, i nostri militari hanno dimostrato di non abbandonare mai gli italiani ed oggi, proprio grazie alla spedita campagna vaccinale diretta dal generale Figliuolo, riusciamo ad intravedere la luce in fondo al tunnel e a riassaporare un po' di normalità.

Solo grazie a quell'unità richiamata dalla festa odierna, abbandonando gli egoismi e perseguendo l'interesse collettivo, riusciremo ad uscire vittoriosi da questo periodo drammatico.

Non dimentichiamo mai le ferite del nostro passato, coltiviamo sempre la memoria storica e facciamo in modo che diventi un monito per le generazioni future. Amiamo e rispettiamo di più la Patria e la nostra Repubblica, celebriamo le Forze armate che operano per la nostra sicurezza ogni giorno e non solo il 4 novembre. E ogni giorno ricordiamoci di ringraziare chi, nel corso di tutte le guerre, si è sacrificato per ricostruire una Nazione, affinché noi fossimo qui, oggi, in un'Italia libera, unita e democratica (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà.

FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente. È stato già ricordato da chi mi ha preceduto come oggi sia la Giornata dell'unità nazionale e delle Forze Armate. Noi siamo, in questa sede, a esercitare un dovere. Il dovere è quello della memoria, ricordare, e riflettere, però, anche attorno a questo anniversario, al significato di quello che nel calendario della religione civile ci viene messo di fronte.

È anche l'anniversario - è stato ricordato - del centenario della traslazione del Milite ignoto. Io credo che il peggior servizio che noi possiamo fare alla memoria di quei ragazzi, di quelle centinaia di migliaia di ragazzi che persero la vita durante la Prima guerra mondiale, sia quello di caricarlo di retorica.

La Prima guerra mondiale è un unicum nella storia del nostro continente. È stata - lo ricordo - la prima guerra di massa; fino ad allora le guerre erano combattute sostanzialmente da eserciti di professione, ed è stata, quindi, una guerra che ha coinvolto per la prima volta tutte le famiglie. Non c'è stata in Italia famiglia che non abbia avuto un caduto, un ferito o una persona chiamata a servire la Patria in combattimento. Guardate: non esiste Paese, anche piccolo, in tutta Europa che non abbia il suo monumento ai caduti; nasce con la Prima guerra mondiale questa tradizione, proprio per la dimensione di massa. Da questo punto di vista, quindi, il ricordo deve essere unito alla consapevolezza di quella che Benedetto XV, in una lettera ai grandi dell'epoca del 1917, definì “un'inutile strage”. La Prima guerra mondiale vide cadere in Italia più di 600.000 ragazzi, come è stato ricordato; spesso analfabeti, spesso ragazzi che conoscevano soltanto il dialetto, che a stento, in molti casi, capivano la ragione per la quale erano stati mobilitati. La Prima guerra mondiale è stata l'inizio di una lunga guerra civile europea, che finirà nel 1945. Quindi, io credo che oggi noi dobbiamo, da un lato, ricordare la funzione moderna, contemporanea, delle Forze armate italiane, impegnate in numerosi teatri per riportare la pace; dall'altro, dobbiamo ricordare la memoria di quei ragazzi, la memoria di ragazzi che sono morti anche nella speranza di non essere dimenticati. Spesso l'ho fatto anch'io, colpevolmente: noi usiamo i numeri e ciò è anche drammatico. Tra l'altro, usiamo spesso il “circa”, laddove la spersonalizzazione è arrivata a dire che non riusciamo neanche, a distanza di anni, a definire il numero esatto dei morti. Quando leggiamo i nomi su quelle lapidi, su quei monumenti, dobbiamo sempre ricordare che dietro quei nomi c'erano degli uomini, c'erano dei progetti di vita, c'erano delle speranze.

Quindi, io credo che il grande messaggio che restituiscono quelle lapidi, oltre, come dicevo all'inizio, al dovere della memoria e al fatto che sia stato giusto essere qui a ricordarli per non dimenticarli, è inevitabilmente un messaggio di pace. È il messaggio di pace che ha raccolto la generazione che è uscita dalla Seconda guerra mondiale. Se noi, ad eccezione, purtroppo, della guerra nei Balcani degli anni Novanta, stiamo vivendo il più lungo periodo di pace della storia di questo continente, è proprio perché è stata tratta una lezione: la lezione è quella che i muri e il nazionalismo portano in sé i germi della guerra e che occorre lavorare esattamente nel senso opposto. Da questo punto di vista, un'Europa unita, un'Europa che ha abbattuto le frontiere, un'Europa dei popoli è la risposta migliore per onorare la memoria di quelli che morirono nella Prima guerra mondiale (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali, Partito Democratico e Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

PINO CABRAS (MISTO-L'A.C'È). Grazie, Presidente. È ricorso in molti momenti di questo dibattito il termine “religione civile”, un termine che ha un suo valore davvero di sacralizzazione di pezzi della memoria di una comunità nazionale e che, in qualche modo, copre anche i problemi e riesce a dare un valore nobile a quello che è accaduto in una guerra molto particolare, così come è stata la Grande guerra; quest'ultima è stata vissuta in tanti modi, come il completamento di un'unificazione difficile di una Nazione che aveva molti caratteri artificiali, molto difficili da mettere insieme, ma è stata anche parte di una grande tragedia europea e mondiale, che è l'ombra rispetto a questa religione civile che rimane sempre sottovalutata.

Il Milite Ignoto è un giovane sfortunato, vittima di una grande tragedia burocratica che rende le persone numeri. C'è il tentativo tardivo di recuperare la dignità umana di una persona lasciata lì, senza nome e senza identità, da parte di uno Stato che crea il proprio mito fondante e dimentica quanto grave sia stata la forma di tragedia burocratica che ha spedito al massacro tanti militi ignoti o tanti noti ma schiacciati dalla storia. Era la guerra del generale Cadorna, che aveva dato spunto a Gramsci, ad esempio, per definire il termine “cadornismo”, cioè per descrivere un'attitudine di una parte delle classi dirigenti del nostro Paese a sacrificare la vita delle persone dietro a disegni grandiosi, senza tenere conto delle esigenze umane e senza tenere conto della possibilità di salvare delle vite realmente. È un'idea del sacrificio che è assolutamente irrispettosa della dignità umana. Naturalmente, egli non parlava solo di Cadorna o di quelle classi dirigenti militari che avevano coinvolto l'Italia in quel momento; parlava di tante attitudini delle dirigenze politiche di tante epoche storiche. È quasi un elemento universale: quel Milite Ignoto, che oggi celebriamo, può essere il simbolo di una tragedia militare, ma anche dei tanti casi in cui le classi dirigenti sacrificano la dignità delle persone e la riducono a numero. Può accadere ancora oggi quando c'è molta indifferenza nel modo di trattare anche una questione estrema come quella della sindemia, così come viene affrontata in Italia. Il “cadornismo” ritorna in altre forme attenuate, ma c'è un elemento di questo anche nel modo in cui vengono affrontate altre tragedie storiche. Quindi, ci serva da monito pensare la storia in modo dialettico, non solo con la celebrazione del mito ma anche ricordando quanto sia importante recuperare proprio l'identità delle singole persone all'interno del grande ingranaggio della storia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Acunzo. Ne ha facoltà.

NICOLA ACUNZO (MISTO-CD). Grazie, Presidente. Mi unisco ai pensieri e alle riflessioni degli onorevoli colleghi che mi hanno preceduto, in particolare perché questa giornata di unità nazionale è davvero un momento di unione del Paese: esattamente il 4 novembre 1921. Questo è stato il momento da cui ricorre il centenario della tumulazione del Milite Ignoto, ma solo una settimana prima, il 28 ottobre, fu chiesto a Maria Bergamas di riconoscere, attraverso un gesto simbolico, quale doveva essere il feretro, quale poteva essere la salma del figlio Antonio. Ebbene, questo gesto della scelta di Maria in qualche modo rappresenta il gesto di tutte le madri, il gesto che tutte le madri avrebbero fatto. È un gesto che nell'Altare della Patria risuona ancora di tale tristezza, di tale difficoltà e di tale unione, però, per il nostro Paese. Ebbene, io spero che si faccia sempre di più affinché le nuove generazioni possano conoscere attraverso quel monumento, l'Altare della Patria, il gesto di Maria, la scelta di Maria (tra l'altro, questa sera la TV pubblica, la Rai, manderà in onda un bellissimo lavoro di Francesco Miccichè, intitolato, appunto La scelta di Maria).

Spero che tutto ciò venga sempre di più conosciuto e fatto studiare nelle scuole, perché ognuno di noi in qualche modo possa diffondere questo messaggio, questo gesto di Maria Bergamas, affinché le nuove generazioni conoscano la storia d'Italia, conoscano questo momento di unità nazionale, conoscano quei poveri ragazzi, tanti poveri ragazzi, come il Milite Ignoto, che, purtroppo non hanno avuto nome (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sgarbi. Ne ha facoltà.

VITTORIO SGARBI (M-NCI-USEI-R-AC). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, proprio in questo momento, come sindaco di Sutri, dovrei essere nella mia città per recare al Milite Ignoto la corona che ogni comunità attribuisce a riferimento della nostra gloria e unità nazionale. Vorrei però dire che ho voluto essere anche qui perché è bene celebrare senza retorica questa giornata, pensando a ciò che ha stimolato nella letteratura, a ciò che ha fatto dire a uomini che hanno vissuto tragicamente e personalmente quell'esperienza. Ciò che resta della guerra è quello che ci dice in modo mirabile Giuseppe Ungaretti, che quella guerra, la Prima guerra mondiale, visse: “Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro. Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto. Ma nel cuore nessuna croce manca. È il mio cuore il Paese più straziato”.

Lo dico perché abbiamo vissuto per lungo tempo, fino al 4 febbraio 1947, l'esperienza di un Ministero della Guerra che De Gasperi, il 4 febbraio del 1947, volle trasformare in Ministero della Difesa, che è cosa più nobile, riunendo Ministero della Guerra, Ministero dell'Aeronautica e Ministero della Marina militare.

E devo dire che va abbastanza guardato come un richiamo romantico, ma non reale, quello che Orazio disse: “dulce et decorum est pro patria mori”, ancora un poeta, perché morire per la Patria è forse nobile, ma non è quello che nessun giovane vorrebbe e non vorremmo noi. Che la difesa sia una necessità rispetto alla violenza, e anche quello che oggi avviene in Afghanistan e in altri luoghi di guerra, è cosa che dobbiamo intendere come il contributo a una solidarietà, perché nella prospettiva della storia è stato tutto inutile. Se il 4 novembre, anzi, il 3 novembre del 1918 l'Impero austroungarico riconosceva la sconfitta della guerra, quella guerra era inutile perché oggi l'Austria fa parte di un'unità diversa, che non è quella nazionale, ma è un'unità europea.

Abbiamo combattuto con le Forze armate, altra parola che fa inquietare, perché si è armati contro qualcuno, anche per difendersi, ma oggi tutto risulta vano. E lo dico non perché sia certamente un negatore dei valori della nostra Nazione, ma perché l'identità europea ha contraddetto le guerre anche più recenti e anche quelle di cui si parlava con il riferimento ai contingenti italiani in Balkania. Devo dire che da questo punto di vista ancora una volta vorrei chiudere ricordando una persona che ha vissuto una guerra, la seconda, una guerra più difficile, che è Mario Rigoni Stern, di cui ricorre quest'anno il centenario, che ci dice in modo abbastanza chiaro cosa ha vissuto un soldato: “Noi non ne possiamo più, siamo disperati di fatica, di freddo, di fame, di sonno. Disperati da buttarsi sulla neve, e morire con le stelle che strappano la pelle, la neve che taglia le vene, le scarpe di vetro e le lettere dei parenti nelle tasche. Avanti s'cet, forza s'cet. La luna sul mare, la cupola di una chiesa e la barca. Il canto degli urogalli nel bosco alto a primavera. Polenta e latte in una cucina al caldo. Ghe rivarem a baita?”.

Ecco, questo era il soldato, un uomo che ha vissuto un'esperienza come la nostra in una condizione tragica e disperata.

Allora, occorre dire che non per obiezione di coscienza, ma davanti a quello che noi dobbiamo sperare, che è l'unità europea e l'unità mondiale, una pace che garantisce la NATO, che non garantiscono talvolta i Paesi comunisti, vorrei chiudere con Rigoni Stern: “Io ero un uomo libero perché avevo rifiutato con i miei compagni di continuare la guerra che ritenevo ingiusta, e quelli che mi tenevano prigioniero, le sentinelle attorno con le mitragliatrici, ma ancora più quegli altri che avevano scatenato questa guerra, non erano uomini liberi”.

Ecco, chi scatena una guerra non è uomo libero. Gli uomini liberi devono avere la forza di contrastare ogni guerra e di vivere dell'unità che la democrazia garantisce. Per cui oggi è l'unità nazionale, ma è anche il giorno, il centenario del Milite Ignoto. Come si può festeggiare il centenario di uno che non si conosce? C'è qualcosa di grottesco. Certo, il Milite Ignoto è un simbolo, ma oggi, esattamente oggi, non il centoduesimo giorno in cui è stata istituita questa festa, ma il centesimo del Milite Ignoto. A quel Milite Ignoto che è in ognuno di noi, è in ognuno dei nostri parenti, va il pensiero delle anime libere. Quel Milite Ignoto poteva non morire: è morto per la Patria, ma non è stato né dolce né decoroso (Applausi).

PRESIDENTE. È conclusa la commemorazione.

Cessazione dal mandato parlamentare del deputato Roberto Gualtieri.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 3 novembre 2021, l'onorevole Roberto Gualtieri ha rassegnato alla Presidenza le proprie dimissioni da deputato, in ragione dell'elezione a sindaco di Roma.

Trattandosi di un caso di incompatibilità previsto dalla legge, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Roberto Gualtieri dal mandato parlamentare.

Preannunzio di elezioni suppletive.

PRESIDENTE. Comunico che la Giunta delle elezioni, nella seduta odierna, ha verificato che il seggio di deputato nel collegio uninominale 01-Roma-Quartiere Trionfale della XV Circoscrizione Lazio 1 deve essere coperto mediante elezioni suppletive, ai sensi dell'articolo 86, comma 3, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.

Tale seggio - attribuito con il sistema maggioritario ai sensi dell'articolo 77, comma 1, lettera b), del medesimo testo unico - si è reso vacante a seguito della cessazione dal mandato parlamentare del deputato Roberto Gualtieri, in ragione delle dimissioni presentate a seguito dell'assunzione della carica incompatibile di sindaco di Roma, di cui la Camera ha preso atto nella seduta odierna.

Cessazione dal mandato parlamentare del deputato Roberto Occhiuto.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 3 novembre 2021, l'onorevole Roberto Occhiuto ha rassegnato alla Presidenza le proprie dimissioni da deputato, manifestando la volontà di optare per la carica di Presidente della giunta regionale della Calabria, incompatibile con il mandato parlamentare.

Trattandosi di un caso di incompatibilità previsto dall'articolo 122 della Costituzione, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Roberto Occhiuto dal mandato parlamentare.

Proclamazione di un deputato subentrante.

PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di un deputato, a seguito delle dimissioni del deputato Roberto Occhiuto, comunico che la Giunta delle elezioni, nella seduta odierna, ha accertato, ai sensi dell'articolo 84, comma 3, primo periodo, del DPR n. 361 del 1957, che - considerato che non vi sono candidati disponibili nell'ambito dei collegi plurinominali all'interno della XXIII Circoscrizione Calabria - il candidato collocato al primo posto nella graduatoria di cui all'articolo 77, comma 1, lettera h), del citato DPR, per la lista n. 6-Forza Italia, per il collegio plurinominale 01, risulta essere Andrea Gentile.

Do atto alla Giunta di questo accertamento e proclamo deputato, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Regolamento, per la XXIII Circoscrizione Calabria, nell'ambito del collegio plurinominale 01, Andrea Gentile.

Si intende che da oggi decorre il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

In morte dell'onorevole Mario Luigi Columba.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Mario Luigi Columba, già membro della Camera dei deputati nella IX legislatura.

La Presidenza della Camera ha già formulato ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Orso. Ne ha facoltà.

VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Come da lei appena annunciato, il 28 ottobre è venuto a mancare il professor Mario Luigi Columba, che fu deputato nella IX legislatura, componente della Commissione lavori pubblici, ordinario di fisica tecnica presso la facoltà di ingegneria dell'Università di Palermo, direttore dell'Istituto di fisica tecnica, preside della facoltà di ingegneria, coordinatore nazionale della giunta della fisica tecnica, nonché presidente del Parco scientifico e tecnologico della Sicilia. Nella sua veste di parlamentare non mancò di evidenziare il ruolo essenziale della cultura nella vita di ciascun cittadino e di affermare il diritto allo studio di tutti. Ma, oltre a ricordare il suo alto profilo accademico e di uomo di scienza, desidero ricordare un inedito frammento del suo tratto umano.

Il professor Columba, allora direttore dell'Istituto di fisica tecnica, amava ogni anno, nel giorno dell'Epifania, radunare nella sua villa tutti i colleghi e i collaboratori universitari insieme alla famiglia di ciascuno di loro, perché li percepiva come componenti della sua grande famiglia, per brindare al nuovo anno, senza mancare, anche in quelle occasioni, di stimolare ciascuno dei partecipanti a nuovi temi di ricerca scientifica. I bambini trovavano sotto un grande albero natalizio un regalo dedicato. Ecco, io ero una di quei bambini e custodisco un ricordo indelebile di quell'atmosfera di festa, del calore di quella casa e del senso di comunità che il professor Columba sapeva creare intorno a sé.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Troiano. Ne ha facoltà.

FRANCESCA TROIANO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, il lavoro nel tempo che cambia. Lavoro, rete, innovazione; i temi sul tappeto che sollecitano la politica e le istituzioni a una grande sfida collettiva, con tutti gli attori in campo; scuola, formazione, università, ricerca, famiglia, finanza, associazioni datoriali, tutti insieme per concorrere all'obiettivo finale: lavoro. Il lavoro non si crea per decreto, lo Stato concorre nel creare le condizioni, la cornice di pari opportunità ai nastri di partenza; innovare le infrastrutture, digitalizzare il Paese, con una particolare attenzione alla fragilità delle aree interne, abbassare il costo del lavoro e, soprattutto, intervenire pesantemente sul taglio delle tasse sono le sfide che abbiamo davanti a noi con il PNRR; il Mezzogiorno d'Italia è la grande scommessa che dobbiamo vincere insieme; il Mediterraneo, la grande occasione da non perdere, con investimenti importanti sulla marittimità, sulla portualità - io vengo da Manfredonia -, sulla rete delle reti ferroviarie.

Oggi abbiamo votato provvedimenti importanti, sul lavoro a distanza; la pandemia ha dimostrato che è possibile avviare percorsi nuovi; a noi l'impegno di superare le criticità di una rete veloce, la fibra ottica, che in molte parti d'Italia ancora è assente; il lavoro a distanza, la telemedicina, opportunità immense. Il mondo del lavoro; Il diritto alla libertà fa la sua comparsa come diritto al lavoro, Ernst Jünger. Il tema di diritti, come quello dei doveri, si presenta oggi in forma stringente, necessita di una nuova stagione di riflessioni e riforme, penso a Gino Giugni, a D'Antona e a Biagi, ieri ricorreva il sessantatreesimo anniversario della morte del mio conterraneo Giuseppe Di Vittorio, e voglio chiudere questo mio intervento con un suo intervento, a me, donna e parlamentare, molto caro. “Noi vogliamo che le donne lavoratrici siano libere dalla miseria che le costringe a lavorare per 50 lire al giorno. Io mi sono sentito offeso quando ho sentito denunciare questo fatto. Noi tutti ci sentiamo offesi e, con noi, tutto il popolo lavoratore italiano. Che cosa vogliono le donne lavoratrici d'Italia? Vogliono il riconoscimento effettivo dei loro diritti, far penetrare la luce del benessere, della serenità, dell'amore e della felicità nelle case più umili, perché non vogliono che anche la felicità, anche l'amore, anche il godimento della serenità familiare sia un privilegio di casta, ma sia un diritto di tutti” (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Scanu. Ne ha facoltà, per un minuto.

LUCIA SCANU (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo nuovamente in quest'Aula per portare il grido di dolore di tanti pazienti affetti da vulvodinia e neuropatia del pudendo. Cito solo un dato: in Italia, 3 milioni e mezzo di persone soffrono di queste sindromi. Sono passati 7 mesi, ormai, dal deposito della mia proposta di legge, parliamo di aprile 2021. Ad oggi, ancora tutto tace. Mi chiedo: cosa stiamo aspettando? Perché la mia proposta di legge non viene discussa e approvata? Perché dobbiamo costringere milioni di persone a non avere riconosciuta la propria malattia? Non possiamo accettare di avere, nel 2021 pazienti di serie A e pazienti di serie B, persone che si possono curare e persone che non riescono a comprarsi farmaci, integratori o fare fisioterapia, persone che hanno vicino uno specialista in grado di fornire diagnosi e cure e persone che, invece, devono attraversare tutta l'Italia.

Il 12 novembre ci sarà qui, a Roma, un convegno sul tema, i pochi medici specializzati in Italia ci spiegheranno in cosa consistono queste malattie, associazioni e pazienti ci racconteranno quanto sia difficile e oneroso convivere con queste patologie, economicamente e psicologicamente. Faccio un appello a tutti voi, colleghi: partecipate e capirete la gravità della situazione.

Ricordiamoci che, costituzionalmente, tutti hanno il diritto di essere curati e quest'Aula ha l'occasione di poter dare loro una risposta, da 7 mesi. Non sprechiamo altro tempo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bella. Ne ha facoltà, per un minuto.

MARCO BELLA (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo brevemente in quest'Aula per esprimere la mia solidarietà alla scrittrice Edith Bruck. Questa poetessa aveva ricevuto il Premio della pace della città di Anzio, ma ha espresso la volontà di rifiutarlo, sapendo che la cittadinanza di Anzio è stata rifiutata a una vittima della Shoah, ossia alla signora Adele Di Consiglio, e che è ancora cittadino onorario di Anzio Benito Mussolini.

Io vorrei rivolgere un appello al consiglio comunale e al sindaco di Anzio affinché possano risolvere questa situazione. So che, con un po' di buona volontà, questa cosa si può risolvere; Anzio è la mia città e le celebrazioni per ricordare lo sbarco di Anzio a gennaio - un evento che ha segnato, nel bene e nel male, la mia città - sono molto, molto importanti; spero che in tale occasione si possano ricordare gli errori del passato e guardare al futuro, tutti insieme.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Presidente. Mi associo alla solidarietà che il collega ha appena espresso alla nostra cara Edith Bruck, che, come ha ricordato, martedì scorso ha rifiutato il Premio per la pace che le era stato offerto dal comune di Anzio, ma non l'ha fatto come il sindaco De Angelis ha rimarcato, per la ragione che Benito Mussolini è cittadino onorario – ahimè - di Anzio, ma perché 2 anni fa, nell'estate del 2019 il comune di Anzio ha rigettato una mozione con la quale si chiedeva di revocare la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini e di attribuirla ad Adele Di Consiglio, residente ad Anzio, unica sopravvissuta della sua famiglia all'Olocausto e, quindi, Edith Bruck, per questa ragione, non si è sentita di ricevere quel premio. Sottolineo che la scelta che, 2 anni fa, ha fatto il comune di Anzio ricade in un contesto dove il sindaco di Anzio e il sindaco di Nettuno, regolarmente, ufficialmente prendono parte alle celebrazioni dei caduti della X MAS, al campo della memoria che si trova a Nettuno. Non ho tempo anche in questa sede di ricordare episodi che si susseguono, come l'apposizione, alla presenza di assessori del comune, di una targa che rivendica le “terre italiane” in Croazia e in Slovenia.

Quindi, il punto qual è? Che sarebbe necessario, una volta per tutte, un atto politico chiaro da parte del comune di Anzio e del comune di Nettuno, e l'occasione sarebbe quella di riprendere la mozione che è stata bocciata 2 anni fa, approvarla e, di fronte a un gesto chiaro, fatto una volta per tutte, siamo sicuri che anche la nostra cara scrittrice Edith Bruck potrebbe rivalutare attentamente la scelta fatta, alla luce di una posizione politica chiara che, finalmente, le amministrazioni di comuni così importanti prendono (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI (PD). Grazie, Presidente. Anch'io mi associo agli interventi precedenti. Edith Bruck ha compiuto un gesto di grande civiltà e il sindaco di Anzio non ha capito il senso di questo gesto, perché rifiutare di assegnare una benemerenza a una persona come Adele Di Consiglio e tutto quello che rappresenta significa non rispettare la storia, non avere custodia della memoria, significa soprattutto una forma indiretta di negazionismo; questa cosa è inaccettabile; ha fatto bene Edith Bruck. Quindi - e soprattutto -, io vorrei dire a persone come il sindaco di Anzio che non ci si può salvare la coscienza assegnando premi per la pace, onorificenze di quel tipo, quando non si traggono le conseguenze sulle cose che causarono le sofferenze di Edith Bruck, le sofferenze di Adele Di Consiglio, le sofferenze di milioni di persone. Quando il sindaco di Anzio, nel momento in cui avrebbe dovuto votare una mozione per revocare quella cittadinanza onoraria se ne è uscito dal consiglio comunale dicendo: non ci interessa… No, no, non può dire questa cosa un sindaco che fa l'amministratore in un Paese dove vige la Costituzione repubblicana e antifascista (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Insomma, concludendo, Presidente, io penso che le leggi razziali di ieri vanno condannate e ricordate per tutto quello che hanno provocato, ma anche i razzismi di oggi vanno combattuti; la violenza e l'orrore del fascismo e del nazismo vanno ricordati per quello che rappresentarono, ma vanno anche combattuti i neonazismi e i neofascismi di oggi, di coloro che poi assaltano le sedi dei sindacati. Anche Violante disse che le vittime, umanamente, vanno rispettate, anche quelle che stavano da quelle parti, ma si faccia questo, si vada nei cimiteri a rispettare le vittime, ma si ricordi che la X MAS, la Repubblica di Salò, furono le ultime ridotte - le ultime ridotte - di orrore, sopraffazione, violenza, guerra (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Fatto questo, si rispettino le vittime, ma il sindaco di Anzio ha il dovere di rispettare soprattutto una cosa, la Costituzione italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Giorgi. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA DI GIORGI (PD). Grazie Presidente. Oggi ricorrono i 55 anni dalla disastrosa alluvione del 1966, che ha segnato la storia di Firenze, seminando morte e distruzione; allo stesso tempo, però, ci ha consegnato una grande pagina di solidarietà, di dedizione e di abnegazione. In quei giorni tragici, Firenze fu sommersa non solo dalle acque e dal dolore per le vittime innocenti, ma anche dall'affetto del mondo intero, che fece a gara per intervenire in aiuto, eleggendo la nostra città a simbolo stesso della cultura universale e manifestando in molteplici modi la voglia di partecipare alla salvezza e al recupero del suo straordinario patrimonio; li chiamarono “angeli del fango” e ancora oggi sono un esempio indelebile e un ricordo per tutti noi fiorentini.

In quei giorni si posero anche le basi del lavoro prezioso dell'associazionismo, protagonista insostituibile in quei giorni di sofferenza; un ruolo che crescerà e si rafforzerà. Poi, sempre in quei giorni, si posero le basi della nostra Protezione civile; non c'era ancora la Protezione civile e fu lì che cominciò a nascere la cultura di una protezione per i nostri territori. Questa, ora, è una struttura eccezionale, di cui oggi siamo orgogliosi e che con i suoi interventi, in Italia e non solo, ci ha reso eccellenti nel mondo. L'alluvione di Firenze, che è un simbolo, un ricordo per tutti noi, per tutta l'Italia e per tutto il mondo, ha significato anche questo e credo sia stato giusto ricordarlo oggi in quest'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Di Giorgi.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Venerdì 5 novembre 2021 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di interpellanze urgenti .

La seduta termina alle 12,25.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 27 il deputato Zicchieri ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

nelle votazioni dalla n. 27 alla n. 29 il deputato Zoffili ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Moz. Rizzetto e a. 1-522 - I p. rif 370 370 0 186 370 0 82 Appr.
2 Nominale Moz. Rizzetto e a. 1-522 - II p. 373 372 1 187 50 322 82 Resp.
3 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - I p. 371 371 0 186 41 330 82 Resp.
4 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - II p. 366 366 0 184 43 323 82 Resp.
5 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - III p. 368 368 0 185 43 325 82 Resp.
6 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - IV p. 371 371 0 186 363 8 82 Appr.
7 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - V p. rif 371 370 1 186 366 4 82 Appr.
8 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - VI p. 371 371 0 186 370 1 82 Appr.
9 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - VII p. 372 369 3 185 46 323 82 Resp.
10 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - VIII p. 373 373 0 187 43 330 82 Resp.
11 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - IX p. 370 370 0 186 45 325 82 Resp.
12 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - X p. 374 373 1 187 44 329 82 Resp.
13 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - XI p. 378 378 0 190 45 333 82 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - XII p. 380 379 1 190 43 336 82 Resp.
15 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - XIII p. 377 377 0 189 41 336 82 Resp.
16 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - XIV p. 379 379 0 190 368 11 82 Appr.
17 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - XV p. 380 380 0 191 49 331 82 Resp.
18 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - XVI p. 380 380 0 191 43 337 82 Resp.
19 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - XVII p. 386 385 1 193 45 340 82 Resp.
20 Nominale Moz. Costanzo e a. 1-527 - XVIII p. 386 386 0 194 44 342 82 Resp.
21 Nominale Moz. Baldino e a. 1-539 389 389 0 195 376 13 82 Appr.
22 Nominale Pdl 2332 - articolo 1 384 382 2 192 268 114 82 Appr.
23 Nominale articolo 2 384 381 3 191 267 114 82 Appr.
24 Nominale em. 3.100 390 385 5 193 183 202 81 Resp.
25 Nominale em. 3.101 390 380 10 191 172 208 81 Resp.
26 Nominale articolo 3 394 388 6 195 388 0 81 Appr.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 30)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale odg 9/2332/1 397 350 47 176 132 218 81 Resp.
28 Nominale odg 9/2332/2 392 375 17 188 166 209 81 Resp.
29 Nominale odg 9/2332/3 395 380 15 191 170 210 81 Resp.
30 Nominale Pdl 2332 - voto finale 393 343 50 172 224 119 81 Appr.