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CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 28 marzo 2019
166.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n.  5-01777 Bergamini: Sul rilascio di Nasrin Sotoudeh e sulla tutela dei diritti umani in Iran.

TESTO DELLA RISPOSTA

      Il Governo italiano segue con grande attenzione la vicenda dell'avvocatessa iraniana Nasrin Sotoudeh e del marito, Reza Khandan, sia direttamente che in coordinamento con i partner europei.
      Sul piano bilaterale, il Ministro Moavero ha effettuato un passo formale con il proprio omologo iraniano, cui è stato anche confermato l'elevato interesse dell'opinione pubblica e delle associazioni professionali forensi italiane al caso, e con l'Alta Rappresentante per la Politica estera dell'UE Mogherini, affinché alla vicenda dell'avvocatessa Nasrin Sotoudeh sia dedicata massima attenzione.
      Ancora prima della recente condanna, abbiamo preso parte attiva alle principali occasioni di discussione della situazione dei diritti umani in Iran nei competenti fora multilaterali. Da ultimo, nell'ambito dei lavori del Consiglio Diritti Umani ONU a Ginevra, di cui l'Italia è parte, in occasione del dialogo interattivo con il Relatore Speciale ONU sulla situazione dei diritti umani in Iran (11 marzo 2019), l'UE ha attirato l'attenzione, tra l'altro, sul forte impegno per la protezione e promozione della libertà di opinione, espressione, associazione e riunione. Allo stesso tempo ha espresso forte preoccupazione per i continui arresti e detenzioni di persone che esercitano questi diritti, inclusi giornalisti, attivisti, avvocati e difensori dei diritti umani, così come di avvocati che difendono queste persone, sollecitando il Governo iraniano a rivedere le proprie politiche, azioni e leggi per assicurare la protezione di tali diritti. L'UE ha inoltre sollecitato il Governo iraniano ad adottare ulteriori misure per garantire il pieno godimento dei diritti umani di donne e ragazze.
      A seguito dell'annuncio della recente condanna di Nasrin Sotoudeh, alla nostra Ambasciata a Teheran è stato anche chiesto di coordinarsi con le altre Rappresentanze UE accreditate nel Paese anche per chiarire i termini della pena inflitta, sui quali vi è divergenza tra dichiarazioni ufficiali delle Autorità iraniane (sette anni) e della famiglia (trentotto anni e 148 frustate). Si tratta di un accertamento non semplice, alla luce di alcune rigidità del contesto locale.
      Continueremo a sostenere le iniziative pianificate dall'Unione europea, che – ricordo – si è immediatamente attivata con una dichiarazione (12 marzo), nella quale si esprime preoccupazione per la condanna dell'avvocatessa. Allo stesso tempo si richiama l'attenzione delle Autorità iraniane sulle violazioni al diritto a un giusto processo subite dall'avvocatessa e sul fatto che il diritto di protestare ed esprimere pacificamente le proprie idee sono sanciti dal Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici del 1966, di cui anche l'Iran è parte, e si chiede con fermezza l'immediata revisione della sentenza relativa all'avvocatessa e di quella del marito, oltre al rispetto del loro diritto di appellarsi contro le sentenze.
      Monitoreremo gli sviluppi futuri del caso, evocandolo con preoccupazione nei prossimi contatti bilaterali con Teheran ed assicurando che esso sia approfondito Pag. 31dai competenti organismi multilaterali. Il binario multilaterale appare infatti la cornice più adeguata nella quale poter iscrivere, in coordinamento con i partner UE, azioni di pressione sulle Autorità iraniane sia relative al caso specifico dell'avvocatessa Nasrin Sotoudeh, sia – più in generale – per stimolare risposte costruttive in tema di rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, inclusi quelli delle donne, da parte del Governo iraniano.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n.  5-01775 Delmastro Delle Vedove: Sulla posizione del governo italiano nei confronti di Taiwan.

TESTO DELLA RISPOSTA

      Come sapete, la posizione dell'Italia è stata tradizionalmente quella del riconoscimento del principio di «Una sola Cina», non è una novità. Il nostro Paese, infatti, al pari degli altri Stati membri dell'Unione europea, aderisce alla politica «Una sola Cina» («One-China Policy»), che riconosce esclusivamente la Repubblica Popolare cinese, nella sua integrità e sovranità territoriale, quale unica entità statuale della Cina. Questa politica costituisce, infatti, l'assunto fondamentale che Pechino pone alla base dei propri rapporti con le controparti in ambito Internazionale.
      Tale politica è quindi lontana dall'essere «nuova». La menzione citata dall'Onorevole interrogante del Comunicato Congiunto adottato dal Presidente del Consiglio Conte e dal Presidente della Repubblica Popolare cinese Xi Jinping si inserisce in una linea di continuità con tale posizione ultradecennale del Governo italiano. Non si tratta, diversamente da quanto indicato dall'Onorevole interrogante, di una posizione nuova, né tantomeno di un approccio adottato successivamente o in funzione della recente visita in Italia del Presidente della Repubblica Popolare cinese.
      A testimonianza dell'adesione alla politica di «una sola Cina» anche i numerosi comunicati tra la UE e la Cina adottati in occasione degli annuali vertici bilaterali tra Bruxelles e Pechino, di cui l'ultimo risale al luglio 2018 ove, al paragrafo 3, è espressamente indicato che «The EU reaffirmed its one-China policy».
      La «One China Policy» non conosce alterazioni di sostanza nemmeno nella formula «Un Paese, due sistemi» («One country, two systems»). Va comunque precisato che tale ultima locuzione fa più propriamente riferimento allo status delle regioni Amministrative Speciali (RAS) di Hong Kong e Macao.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n.  5-01776 Benedetti: Sul rispetto della libertà di stampa e di espressione da parte della Repubblica popolare cinese.
Interrogazione n. 5-01779 Quartapelle Procopio: Sul rispetto della libertà di stampa e di espressione da parte della Repubblica popolare cinese.

TESTO DELLA RISPOSTA

      La Farnesina riconosce pienamente l'importanza della libertà di stampa e dell'indipendenza e autonomia dei giornalisti, principi imprescindibili di ogni sistema democratico.
      Pertanto, avuta notizia dell'episodio in questione riportato dagli organi di informazione, su precise indicazioni del Ministro Moavero, il Capo del Servizio per la Stampa e la Comunicazione Istituzionale, ha prontamente convocato alla Farnesina il Direttore dell'Ufficio Stampa dell'Ambasciata cinese a Roma, Yang Han, protagonista della vicenda segnalata dalla giornalista italiana Giulia Pompili.
      Gli sono stati richiesti chiarimenti circa gli atteggiamenti intimidatori denunciati dalla giornalista, sottolineando la gravità e il carattere inaccettabile dei termini utilizzati nei suoi confronti – così come riportati dall'articolo de Il Foglio «Non siamo a Pechino», apparso sul quotidiano il 23 marzo – anche in relazione a principi per noi irrinunciabili come quello della libertà di espressione e del diritto di critica a mezzo stampa.
      In risposta, il Sig. Yang Han, che si esprimeva in italiano, ha sostenuto che gli sarebbe stato estraneo l'intento intimidatorio ravvisato dalla giornalista, e si sarebbe trattato di un malinteso.
      Sempre secondo il funzionario dell'Ambasciata, si sarebbe trattato di una esagerazione da parte della giornalista, negando quindi di averla minacciata verbalmente e tantomeno fisicamente.
      Della convocazione e dell'andamento dei colloqui il Capo Servizio Stampa ha successivamente informato il Direttore de Il Foglio, come confermato il giorno successivo dallo stesso Direttore Cerasa nella risposta ad una lettera inviata al quotidiano da un lettore.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n.  5-01778 Formentini: Sul blocco delle domande di adozione internazionale da parte dell'Etiopia.

TESTO DELLA RISPOSTA

      Il 9 gennaio 2018, il Parlamento dell'Etiopia ha approvato, a larga maggioranza, una riforma legislativa che ha sancito, di fatto, il blocco delle adozioni internazionali nel Paese. La riforma è stata collegata alle denunce di abusi perpetrati ai danni di minori etiopici adottati in passato (non da famiglie italiane) e motivata dalla volontà di favorire una politica nazionale di protezione dei minori ritenuta preferibile rispetto all'adozione da parte di coppie straniere. Quest'ultima, pertanto, pur non completamente esclusa dal nuovo ordinamento, è considerata sussidiaria non solo rispetto alle adozioni nazionali ma anche nei confronti dell'accoglienza in comunità e istituti etiopici.
      L'Etiopia ha storicamente rappresentato per l'Italia uno dei principali Paesi di provenienza per le adozioni con 11 nostri enti accreditati al momento della chiusura.
      La decisione ha colpito, fra gli altri, anche coppie italiane che avevano avviato da anni la procedura di adozione, alcune delle quali già abbinate ad un minore etiope e in attesa solo della pronuncia della sentenza definitiva di adozione.
      La Commissione per le Adozioni Internazionali ha tempestivamente bloccato l'avvio di nuove adozioni e si è subito attivata, all'indomani dell'approvazione della legge, per porre in essere ogni azione a livello politico e diplomatico nell'interesse dei minori e delle famiglie italiane.
      Ad aprile 2018 è stata invitata e ospitata dalla CAI a Roma una delegazione etiopica guidata dalla Vice Ministra del Competente Ministero per le Donne e i Minori.
      Nell'occasione la Vice Ministra ha precisato di non essere in grado di prevedere se e quando le adozioni internazionali potranno riprendere in futuro. Ha assicurato altresì che le procedure già transitate presso l'Ambasciata d'Etiopia in Italia per la legalizzazione prima dell'approvazione della nuova legge, sarebbero state valutate attentamente per stabilire quali di esse sarebbe potuta giungere alla conclusione.
      La CAI ha sollecitato reiteratamente con la controparte tecnica, il cui direttore era parte della delegazione che aveva accompagnato a Roma la Vice Ministra.
      La questione è stata sollevata al massimo livello dal Presidente del Consiglio Conte con il Primo Ministro Abiy Ahmed l'11 ottobre scorso in occasione della sua visita a Addis Abeba.
      Delle circa 100 procedure pendenti di coppie italiane a gennaio del 2018 solo 50 sono state ammesse a chiudere la procedura, in quanto già con abbinamento avvenuto. Ad oggi rimangono effettivamente in attesa 32 coppie instradate, (dossier inviato ai referenti), ma non abbinate.
      Il Ministero degli esteri e la CAI continuano a seguire con la massima attenzione la questione e ad esercitare pressioni sulle autorità etiopiche per la definizione delle pratiche pendenti.
      Il punto continuerà ad essere inserito nelle agende degli appropriati incontri nel quadro della intensa attività bilaterale e la CAI continuerà a promuovere contatti mirati alla soluzione della problematica.

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ALLEGATO 5

Interrogazione n.  5-00444 Fusacchia: Sulla detenzione in Libia del connazionale Giulio Lolli.

TESTO DELLA RISPOSTA

      Il connazionale Giulio Lolli è un noto imprenditore bolognese (ex presidente della Rimini Yacht) fuggito in Libia nel 2010 perché colpito da due mandati di cattura internazionale, emessi rispettivamente dalle Procure di Bologna e di Rimini per i reati di estorsione, rapina e bancarotta fraudolenta.
      Sulla base di tali mandati, l'interessato è stato arrestato dalla Polizia libica nel gennaio 2011. Nello stesso mese di gennaio 2011 è stata inviata, da parte italiana, una richiesta di estradizione alle competenti Autorità libiche per via diplomatica. Da allora il connazionale ha fatto perdere le sue tracce.
      Il Signor Lolli è stato nuovamente tratto in arresto nell'ottobre 2017 per reati contestategli questa volta dall'Autorità giudiziaria libica. Appresa la notizia, l'Ambasciata a Tripoli, in stretto raccordo con la Farnesina, si è immediatamente attivata, intervenendo presso le competenti Autorità locali al fine di comprendere le ragioni del provvedimento e chiedendo che fossero indicati i capi d'accusa a carico dell'interessato, poi formalizzati: possesso illegale e traffico di armi, truffa e sostegno al terrorismo. Risulta che il procedimento penale a carico dell'interessato sia già iniziato e che un'udienza sia prevista tenersi prossimamente.
      A seguito dell'arresto, la nostra Ambasciata ha ottenuto – pur nel complesso contesto in cui si trova ad operare date le note condizioni di sicurezza nel Paese – di poter effettuare una visita consolare per verificare le condizioni di salute e di detenzione del connazionale.
      Altre visite consolari sono seguite e l'Ambasciata – che si mantiene in contatto con i familiari del Signor Lolli e con il suo legale di fiducia – ha richiesto alle competenti Autorità libiche il trasferimento del predetto in una struttura penitenziaria migliore e che lo stesso possa avere regolari contatti con i familiari.
      L'eventuale estradizione in Italia di Giulio Lolli, cui peraltro egli ha già dichiarato di acconsentire, potrebbe tuttavia avvenire solo quando sarà definita la sua posizione nei confronti della giustizia libica.
      Si assicura l'Onorevole interrogante che l'Ambasciata a Tripoli, d'intesa con la Farnesina, continuerà ad adoperarsi per ogni assistenza possibile al connazionale.

Pag. 36

ALLEGATO 6

Interrogazione n.  5-01579 Giorgis: Sull'impegno del Governo italiano per il disarmo nucleare.

TESTO DELLA RISPOSTA

      La questione del disarmo nucleare è seguita con grande attenzione dal Governo nel contesto degli impegni internazionali assunti dal nostro Paese e del complesso quadro di sicurezza attuale. Nei consessi internazionali di riferimento, l'Italia intende continuare a promuovere l'obiettivo di un mondo privo di armi nucleari, da raggiungere attraverso un «approccio progressivo» e inclusivo al disarmo.
      Tale approccio è associato al riconoscimento della centralità del Trattato di Non Proliferazione nucleare, alla sua universalizzazione e all'interdipendenza dei suoi tre pilastri (disarmo, non-proliferazione e uso pacifico delle tecnologie nucleari), ed in particolare dell'Articolo VI del Trattato, il quale impegna gli Stati Parte ad intraprendere in buona fede negoziati su misure relative al disarmo nucleare.
      Su queste basi, assieme ai Paesi che condividono la nostra posizione, l'Italia continua a promuovere e sostenere iniziative che costituiscono i tasselli di un percorso, graduale e realistico, atto a favorire un processo di disarmo nucleare irreversibile, trasparente e verificabile.
      Gli obiettivi di queste iniziative sono l'entrata in vigore del Trattato per la messa al bando totale dei test nucleari (CTBT); la conclusione di un Trattato sulla messa al bando del materiale fissile idoneo alla fabbricazione di armi nucleari (FMCT); l'approfondimento degli strumenti e del ruolo delle verifiche nei processi di disarmo nucleare, in un'ottica inclusiva che preveda il coinvolgimento di Paesi non militarmente nucleari; la creazione di Zone libere da armi nucleari, soprattutto in Medio Oriente (da realizzarsi con il consenso di tutti gli Stati della regione); una maggiore trasparenza degli Stati militarmente nucleari.
      L'Italia partecipa attivamente al processo preparatorio della Conferenza di riesame del Trattato di Non Proliferazione del 2020 (il terzo comitato Preparatorio si svolgerà a New York dal 29 aprile al 10 maggio prossimi) che è occasione per riaffermare la centralità del Trattato, lavorando con gli altri Stati Parte in vista di un suo rafforzamento e della sua universalizzazione. Anche in tale sede, da parte italiana si sottolinea l'importanza del disarmo nucleare e dell'approccio progressivo al medesimo, anche nelle specifiche articolazioni sopra richiamate.
      In relazione al CTBT, l'Italia ha avuto un ruolo particolarmente profilato nel 2018, con la presidenza della Commissione Preparatoria dell'Organizzazione del Trattato per la messa al bando totale dei test nucleari (CTBTO). Il nostro Paese continua, altresì, a investire sostanzialmente sul funzionamento del Sistema di monitoraggio Internazionale delle esplosioni nucleari, istituito in via provvisoria in attesa dell'entrata in vigore del Trattato.
      In occasione dei principali consessi internazionali dedicati al disarmo, in particolare la Prima Commissione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e la Conferenza sul Disarmo, l'Italia continuerà a ribadire il proprio sostegno ai citati obiettivi dell'approccio progressivo (come avvenuto anche di recente con la mia partecipazione al Segmento di Alto Livello della Conferenza sul Disarmo, lo scorso 25 febbraio a Ginevra).Pag. 37
      Come rilevato dagli interroganti, a seguito della Risoluzione «Taking forward multilateral disarmament negotiations» adottata dalla 71ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite, è stata avviata la Conferenza delle Nazioni Unite per negoziare uno strumento giuridicamente vincolante sulla proibizione delle armi nucleari. Il processo negoziale si è concluso il 7 luglio 2017 a New York, con l'adozione del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons – TPNW).
      Coerentemente con la propria posizione ispirata al cosiddetto approccio progressivo al disarmo, l'Italia non ha partecipato alla Conferenza e non ha firmato il Trattato, poiché si è ritenuto che l'iniziativa fosse suscettibile, da un lato, di portare ad una forte contrapposizione in seno alla Comunità Internazionale su una questione che richiede un impegno universale e il pieno coinvolgimento anche dei Paesi militarmente nucleari e, dall'altro, di erodere politicamente il quadro giuridico internazionale esistente in materia di disarmo e non-proliferazione nucleare, oltre che la credibilità dell'approccio progressivo.
      Alcune sue disposizioni sollevano dubbi circa la reale capacità del Trattato di porsi quale strumento di disarmo nucleare irreversibile, trasparente e verificabile.
      Vorrei fare al riguardo qualche esempio: il Trattato prefigura standard di verifiche minime inferiori rispetto a quelli che si stanno affermando nel quadro del TNP, dell'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica e, da ultimo, dell'accordo sul programma nucleare iraniano; esso non chiarisce a sufficienza i rapporti tra il nuovo strumento e il vigente Trattato di non proliferazione nucleare, lasciando libero uno Stato di aderirvi dopo essersi ritirato dal Trattato di Non Proliferazione Nucleare stesso e di sottrarsi, così, a controlli internazionali più stringenti; il divieto di esperimenti nucleari incluso nel Trattato non contempla alcun sistema di controllo e verifiche analogo a quello previsto dal Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari, diminuendo paradossalmente le prospettive di auspicata entrata in vigore di quest'ultimo.
      La posizione del Governo sul Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari resta orientata, in continuità con la posizione dei Governi che ci hanno preceduto, sulla base delle considerazioni sopra esposte e dagli impegni internazionali assunti dal nostro Paese.

Pag. 38

ALLEGATO 7

Interrogazione n.  5-01738 Quartapelle Procopio: Sul rilascio di Nasrin Sotoudeh e la tutela dei diritti umani in Iran.

TESTO DELLA RISPOSTA

      Il Governo italiano segue con grande attenzione la vicenda dell'avvocatessa iraniana Nasrin Sotoudeh e del marito, Reza Khandan, sia direttamente che in coordinamento con i partner europei.
      Sul piano bilaterale, il Ministro Moavero ha effettuato un passo formale con il proprio omologo iraniano, cui è stato anche confermato l'elevato interesse dell'opinione pubblica e delle associazioni professionali forensi italiane al caso, e con l'Alto Rappresentante per la Politica estera dell'UE Mogherini, affinché alla vicenda dell'avvocatessa Nasrin Sotoudeh sia dedicata massima attenzione.
      Ancora prima della recente condanna, abbiamo preso parte attiva alle principali occasioni di discussione della situazione dei diritti umani in Iran nei competenti fora multilaterali. Da ultimo, nell'ambito dei lavori del Consiglio Diritti Umani ONU a Ginevra, di cui l'Italia è parte, in occasione del dialogo interattivo con il Relatore Speciale ONU sulla situazione dei diritti umani in Iran (11 marzo 2019), l'UE ha attirato l'attenzione, tra l'altro, sul forte impegno per la protezione e promozione della libertà di opinione, espressione, associazione e riunione. Allo stesso tempo ha espresso forte preoccupazione per i continui arresti e detenzioni di persone che esercitano questi diritti, inclusi giornalisti, attivisti, avvocati e difensori dei diritti umani, così come di avvocati che difendono queste persone, sollecitando il Governo iraniano a rivedere le proprie politiche, azioni e leggi per assicurare la protezione di tali diritti. L'UE ha inoltre sollecitato il Governo iraniano ad adottare ulteriori misure per garantire il pieno godimento dei diritti umani di donne e ragazze.
      A seguito dell'annuncio della recente condanna di Nasrin Sotoudeh, alla nostra Ambasciata a Teheran è stato anche chiesto di coordinarsi con le altre Rappresentanze UE accreditate nel Paese anche per chiarire i termini della pena inflitta, sui quali vi è divergenza tra dichiarazioni ufficiali delle Autorità iraniane (sette anni) e della famiglia (trentotto anni e 148 frustate). Si tratta di un accertamento non semplice, alla luce di alcune rigidità del contesto locale.
      Continueremo a sostenere le iniziative pianificate dall'Unione Europea, che – ricordo – si è immediatamente attivata con una dichiarazione (12 marzo), nella quale si esprime preoccupazione per la condanna dell'avvocatessa. Allo stesso tempo si richiama l'attenzione delle Autorità iraniane sulle violazioni al diritto a un giusto processo subite dall'avvocatessa e sul fatto che il diritto di protestare ed esprimere pacificamente le proprie idee sono sanciti dal Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici del 1966, di cui anche l'Iran è parte, e si chiede con fermezza l'immediata revisione della sentenza relativa all'avvocatessa e di quella del marito, oltre al rispetto del loro diritto di appellarsi contro le sentenze.
      Monitoreremo gli sviluppi futuri del caso, evocandolo con preoccupazione nei prossimi contatti bilaterali con Teheran ed assicurando che esso sia approfondito dai competenti organismi multilaterali. Il binario multilaterale appare infatti la cornice più adeguata nella quale poter iscrivere, Pag. 39in coordinamento con i partner UE, azioni di pressione sulle Autorità iraniane sia relative al caso specifico dell'avvocatessa Nasrin Sotoudeh, sia – più in generale – per stimolare risposte costruttive in tema di rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, inclusi quelli delle donne, da parte del Governo iraniano.

Pag. 40

ALLEGATO 8

Interrogazione n.  5-01739 Emiliozzi: Sul fermo da parte delle autorità frontaliere francesi di due autisti italiani.
Interrogazione n.  5-01748 Delmastro Delle Vedove: Sul fermo da parte delle autorità frontaliere francesi di due autisti italiani.

TESTO DELLA RISPOSTA

      Nella notte fra il 9 e il 10 marzo, un autobus delle Autolinee Crognaletti di Jesi (AN), partner di Flixbus, è stato fermato dalle Autorità di polizia di frontiera francesi mentre era in servizio sulla tratta notturna Firenze-Barcellona. Passata la frontiera francese, durante un controllo dei documenti in località La Turbie, quattro passeggeri pakistani sono risultati non in regola con i visti di ingresso nell'area Schengen.
      La polizia francese ha trattenuto il mezzo per circa due ore (dalle 23:15 alle 01:30, secondo quanto riferito dal Country Manager Flixbus Italia), per poi scortarlo all'aeroporto di Nizza. Lì i passeggeri sono stati fatti scendere, mentre è stato disposto il fermo dei due autisti, i connazionali Gabriele Giani e Mario Catani.
      I passeggeri sono riusciti a raggiungere le loro destinazioni con altri automezzi messi a disposizione dalla compagnia, mentre i due autisti, sospettati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, sono stati inizialmente trattenuti presso la stazione di polizia dell'aeroporto, quindi successivamente trasferiti al Commissariato di Auvare. Secondo quanto riferito dalla compagnia, i due sono stati trattenuti dalla polizia francese dalle 2 alle 16 del 10 marzo e sottoposti a interrogatorio.
      Il Consolato Generale d'Italia a Nizza, informato del fermo, si è prontamente attivato per prestare la necessaria assistenza, accertando con le competenti Autorità locali le ragioni del provvedimento adottato, verificando le condizioni dei due e tenendo i contatti con i familiari e i dirigenti dell'autolinea.
    Nel pomeriggio di domenica 10 marzo, il magistrato responsabile delle indagini ha rimesso in libertà gli autisti, che hanno potuto recuperare il mezzo e fare rientro in Italia.
      L'Ambasciata d'Italia a Parigi e il Consolato Generale a Nizza, su istruzione del Ministero degli Affari esteri, sono quindi intervenuti sulle competenti Autorità d'Oltralpe per raccogliere dettagliati elementi e fare piena luce sulla vicenda.
      In particolare, il Consolato Generale ha indirizzato una lettera al Capo della Polizia e al Prefetto delle Alpi Marittime con la quale ha chiesto delucidazioni su quanto accaduto e ha rappresentato la necessità di poter disporre di informazioni specifiche al fine di evitare futuri malintesi e disservizi all'utenza.
      Si procederà a seguire con particolare cura i riscontri attesi dalle autorità francesi al fine di garantire il rispetto delle condizioni di sicurezza e la piena funzionalità delle attività di trasporto.