SEDE REFERENTE
Giovedì 25 ottobre 2018. — Presidenza del presidente della I Commissione Giuseppe BRESCIA. – Interviene il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta Vincenzo Santangelo.
La seduta comincia alle 12.15.
Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici.
C. 1189 Governo.
(Seguito esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 24 ottobre 2018.
Giuseppe BRESCIA, presidente, ricorda che le Commissioni riunite proseguiranno e concluderanno nella seduta odierna l'esame preliminare del provvedimento.
Giusi BARTOLOZZI (FI) rammenta che le Commissioni hanno svolto sul provvedimento in discussione un ampio ciclo di audizioni dalle quali sono emerse numerose criticità. Ritiene necessario comunque che le Commissioni acquisiscano, per poter esaminare in modo più adeguato e informato il disegno di legge, alcuni dati statistici, riferiti almeno all'ultimo triennio, in ordine al numero dei processi per reati contro la pubblica amministrazione e alle diverse fattispecie contestate. Osserva, infatti, che molti dei soggetti auditi si sono riferiti all'indice di corruzione presunta, mentre rileva l'esigenza che le Commissioni siano in possesso di elementi in ordine al dato accertato e non a quello percepito.
Stefano CECCANTI (PD) richiama l'attenzione su alcuni profili critici delle disposizioni contenute nel Capo II del disegno di legge in esame, in materia di trasparenza e controllo dei partiti e movimenti politici, evidenziati anche nel corso delle audizioni svolte sul provvedimento, in particolare da parte del professor Massimo Luciani e del professor Salvatore Bonfiglio.
Osserva come, dopo aver compiuto la scelta di intervenire sul finanziamento pubblico dei partiti, prevedendo, in luogo del contributo diretto, la destinazione volontaria del 2 per mille dell'IRPEF, occorra particolare cautela nell'introdurre norme che, pur ispirate dall'intento condivisibile Pag. 4di favorire la trasparenza, rischiano di rendere difficoltoso, con una serie di ostacoli burocratici, il ricorso al finanziamento privato. Cita, in particolare, l'abbassamento, previsto dall'articolo 7, della soglia oltre la quale è previsto l'obbligo della dichiarazione congiunta tra il soggetto erogante e il beneficiario, il cui adempimento potrebbe determinare un onere burocratico eccessivo a carico del beneficiario a fronte di contributi di modesta entità. Per le stesse motivazioni esprime, inoltre, perplessità sull'applicazione della disciplina prevista dallo stesso articolo 7 alle prestazioni a titolo gratuito in favore dei partiti e movimenti politici.
Dichiara altresì di non condividere il divieto, previsto dal comma 2 dell'articolo 7, di ricevere contributi da parte di cittadini stranieri, ritenendo che esso mal si concili con la tendenza, sempre più diffusa ad affiliazioni politiche su base europea, ritenendo comunque irragionevole impedire a uno straniero legalmente residente in Italia di contribuire all'attività di una forza politica presente nel nostro Paese. Osserva come, al contrario, consentire agli stranieri di contribuire in tal modo alla vita politica del Paese ne favorirebbe il processo di integrazione.
Quanto all'equiparazione ai partiti politici delle fondazioni, delle associazioni e dei comitati di cui all'articolo 9, osserva come tale previsione rischi di non tenere conto dell'esistenza di una pluralità di realtà associative, di natura non partitica, che si prefiggono comunque l'obiettivo di concorrere all'elaborazione delle politiche pubbliche. Ritiene, infine, vada rivista la norma di cui al comma 2 dell'articolo 9 che sancisce il divieto per ciascun partito politico di collegarsi a più di una fondazione.
Ribadisce conclusivamente di ritenere la disciplina di cui al Capo II della proposta di legge in esame mossa da intenti condivisibili ma caratterizzata da un'eccessiva rigidità.
Francesco Paolo SISTO (FI) ritiene che il provvedimento in esame, al Capo I, rechi disposizioni suscettibili di stravolgere i capisaldi del diritto penale, in spregio dei principi costituzionali.
Dopo aver rilevato come dalle audizioni svolte sul provvedimento sia emerso, in prevalenza, un orientamento molto critico nei confronti del provvedimento – fatta eccezione per i rappresentanti degli organi inquirenti, che hanno manifestato un diverso punto di vista – osserva che alcune norme contenute nel testo stravolgono i principi di proporzionalità ed equilibrio della pena, mettendone in discussione la sua matrice costituzionale, che dovrebbe tendere alla rieducazione del condannato. Si riferisce, in particolare, ad alcuni automatismi previsti all'articolo 1, che, a suo avviso, rischiano di determinare effetti sanzionatori devastanti e sproporzionati rispetto alle condotte messe in campo.
Nel dichiararsi sorpreso che rispetto a tali iniqui automatismi l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) abbia manifestato un orientamento favorevole, richiama, al riguardo, quelle disposizioni che prevedono sanzioni di carattere perpetuo, come quelle contemplate all'articolo 1, comma 1, lettere c), d), f) ed h).
Si sofferma poi sull'articolo 1, comma 1, lettera g), il quale prevede che la riabilitazione ottenuta dopo una condanna per taluni reati contro la pubblica amministrazione non abbia effetto sull'interdizione perpetua dai pubblici uffici, né sull'incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione, prevedendo la dichiarazione di estinzione della pena accessoria quando sia decorso un termine di ben 12 anni dalla stessa riabilitazione e purché il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta. Fa notare come tali norme – rispetto alle quali la stessa ANAC ha manifestato perplessità, appaiano inaccettabili e testimonino la volontà, da parte della politica, di piegare gli istituti giuridici del diritto penale ai propri fini, così come avvenne in epoche passate in occasione dello scandalo cosiddetto di «mani pulite». Ritiene quindi che l'operazione giuridica messa in campo con tali norme sia gravissima e suscettibile di produrre effetti nefasti, tenuto conto che i giudici non potranno far altro che applicarle, Pag. 5in conformità al precetto costituzionale che li vuole soggetti soltanto alla legge.
Sottolinea poi la gravità delle norme recate all'articolo 1, comma 1, lettera n), laddove si inserisce nel codice penale un articolo 323-ter, con cui si introduce nell'ordinamento una causa speciale di non punibilità di alcuni delitti contro la pubblica amministrazione, in presenza di collaborazione da parte di uno dei soggetti che li hanno commessi. Ritiene che tale intervento normativo rappresenti un vero e proprio scempio che – se in un'altra epoca poteva anche avere una sua giustificazione, essendo rivolto al contrasto del terrorismo – oggi appare assolutamente irragionevole, in quanto stravolge i principi di acquisizione delle prove e prospetta un micidiale scambio tra utilità processuale e benefici sostanziali, consentendo in sostanza di denunciare una persona per reati corruttivi magari sulla scorta di un semplice colloquio. In tal modo si stravolge infatti, a suo avviso, l'intero quadro probatorio, con il rischio di vedere strumentalizzate le posizioni delle parti in causa, in vista del conseguimento di un'impunità a favore di chi presenta denuncia entro un termine, che peraltro ritiene sia fissato in modo approssimativo.
Si sofferma poi in particolare sulla previsione recata dal comma 3 di tale nuovo articolo 323-ter, il quale specifica che la predetta causa di non punibilità non si applica quando sia provato che l'autodenuncia è premeditata rispetto alla commissione del reato denunciato. Al riguardo fa notare come la portata di tale norma sia la conferma della sua inutilità e dei rischi a cui espone il sistema penale, atteso che si certifica su un piano normativo che essa favorirà comportamenti premeditati, i quali porteranno a denunce per calunnia, essendo troppo vaghi i requisiti richiesti per il perfezionamento della fattispecie.
Osserva altresì come, alterando completamente il rapporto tra responsabilità e pena, si rischi di mettere la giustizia nelle mani della politica, introducendo nel sistema i presupposti per una dittatura.
Auspica in conclusione che la maggioranza rifletta seriamente su tale impianto normativo, tenendo nel debito conto gli spunti importanti offerti dagli auditi nel corso dell'attività conoscitiva svolta, affinché si salvaguardino i principi fondamentali dell'ordinamento penale e della Carta costituzionale.
Enrico COSTA (FI), riservandosi di intervenire più dettagliatamente nel corso dell'esame delle proposte emendative, rileva alcuni elementi, all'interno della relazione al provvedimento in discussione, che ritiene condivisibili.
In particolare, osserva come nella relazione si affermi che «un ulteriore, generalizzato aggravamento delle pene principali non sia strumento strategicamente vincente. Tale intervento, del resto, non si giustificherebbe neppure con l'esigenza di assicurare tempi più lunghi per la prescrizione, dopo i sensibili aumenti sanzionatori già introdotti e le modifiche significative al regime della prescrizione apportate con la legge 23 giugno 2017, n. 103». Richiama poi la parte della relazione illustrativa in cui si afferma che «più utile, sul piano della prevenzione e della repressione, appare il potenziamento degli strumenti di indagine e di accertamento dei reati e una più severa disciplina delle sanzioni accessorie, che valga a renderne i contenuti di interdizione e divieto effettivi e dissuasivi».
In proposito si domanda, in primo luogo, come l'attuale maggioranza possa in futuro intervenire sulla prescrizione dopo tali dichiarazioni. In secondo luogo, non comprende come, da un lato, il Governo sostenga l'inutilità dell'aggravamento delle pene, dall'altro, preveda nell'articolato del disegno di legge l'inasprimento delle pene per il delitto di corruzione per l'esercizio della funzione e per il delitto di traffico di influenze illecito, nonché l'aumento delle pene accessorie.
Rammenta, inoltre, che nel corso degli ultimi anni sono state più volte rimodulate le pene minime e massime riferite a tre fattispecie di reato, il reato di concussione, quello di corruzione per atto contrario ai Pag. 6doveri d'ufficio e quello di induzione indebita a dare o promettere utilità, di cui rispettivamente agli articoli 317, 319 e 319-quater del codice penale. Fa presente che, trattandosi di tre fattispecie diverse, ad esse avrebbero dovuto corrispondere diverse gradazioni di pena, essendo diverso il disvalore delle condotte ivi previste. Sottolinea come invece per le tre richiamate fattispecie penali sia attualmente prevista la medesima pena minima di sei anni di detenzione, determinandosi così un appiattimento che si ripercuote anche sulle pene accessorie.
Osserva poi come il provvedimento in esame preveda la pena accessoria dell'incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione anche per i reati di peculato e di abuso d'ufficio, che sono commessi dal pubblico ufficiale e non da un soggetto privato. A suo avviso, sarebbe stato più opportuno per tali fattispecie prevedere la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici.
Fa presente, inoltre, come nella relazione al provvedimento siano indicati i dati relativi ai procedimenti per corruzione, dai quali emerge un'esiguità dei processi relativi a tale tipo di reati, a cui viene quindi correlato l'alto numero di corruttori in libertà. Ritiene che l'Esecutivo, nell'introdurre l'articolo 323-ter del codice penale e la figura dell'agente sotto copertura, abbia individuato l'artificio in grado di rimodulare i predetti dati. Esprime infatti la convinzione che tali norme costituiranno degli strumenti finalizzati a favorire la commissione di reati.
Segnala, quindi, come il primo comma dell'articolo 323-ter del codice penale, introdotto dalla lettera n) del comma 1 dell'articolo 1 del disegno di legge in discussione, stabilisca la non punibilità per il soggetto che denuncia volontariamente e fornisce indicazioni utili per assicurare la prova del reato e per individuare gli altri responsabili prima dell'iscrizione a suo carico della notizia di reato nel registro degli indagati e, comunque, entro sei mesi dalla commissione del fatto. A suo avviso, ciò comporterà come conseguenza che il pubblico ministero posticipi l'iscrizione nel registro degli indagati per indurre il soggetto ad effettuare la denuncia: tale rischio avrebbe dovuto essere scongiurato con apposite previsioni.
In merito alla figura dell'agente sotto copertura, che, a suo avviso, sarebbe più corretto chiamare «agente provocatore» in considerazione del riferimento alle «attività prodromiche e strumentali» recato all'articolo 5, ritiene che anche tale figura sia stata prevista per stimolare la commissione di reati da poter perseguire, al fine di incrementare i dati statistici.
Giuseppe BRESCIA, presidente, ricorda che la seduta delle Commissioni riunite dovrà concludersi entro le ore 13, essendo previsto per quell'ora l'inizio delle votazioni in Assemblea: invita pertanto il deputato Costa ad avviarsi a concludere il suo intervento, così da consentire all'ulteriore deputato iscritto a parlare di intervenire.
Enrico COSTA (FI) considera scorretto che la Presidenza interrompa il suo intervento, sottolineando come questa sia la prima volta in cui egli ha la possibilità di esprimere le sue considerazioni nel corso dell'esame in sede referente, lamentando inoltre la compressione nel termine di presentazione degli emendamenti.
Giuseppe BRESCIA, presidente, con riferimento alle valutazioni appena espresse dal deputato Costa, precisa di essersi limitato ad invitare lo stesso deputato ad avviarsi alla conclusione del suo intervento, per dar modo ad altri colleghi di parlare. Ricorda, peraltro, che anche nella giornata di ieri si è svolta una seduta di esame del provvedimento, nel corso della quale nessuno ha chiesto di intervenire.
Per quanto riguarda il termine per la presentazione degli emendamenti, sottolinea come non sia avuta alcuna compressione del predetto termine, il quale, anzi, su esplicita richiesta dei gruppi di opposizione, è stato ampliato a lunedì 29, rispetto all'originaria proposta delle Presidenze delle Commissioni riunite di stabilirlo per venerdì 26.
Cosimo Maria FERRI (PD), chiede di intervenire sull'ordine dei lavori, per stigmatizzare il comportamento scorretto della Presidenza.
Giuseppe BRESCIA, presidente, sottolinea come i deputati, prima di poter intervenire, debbano ricevere la parola dalla Presidenza. Nel caso specifico, non ritiene di poter dare la parola al deputato Ferri sull'ordine dei lavori, essendo in corso un intervento sul merito del provvedimento del deputato Costa. Il deputato Ferri potrà pertanto intervenire sull'ordine dei lavori dopo che il deputato Costa avrà concluso.
Enrico COSTA (FI), con riferimento alle osservazioni della Presidenza, lamenta come un deputato della maggioranza sia appena intervenuto fuori microfono. Stigmatizza quindi l'atteggiamento poco corretto della stessa Presidenza, la quale ha ricordato come anche nella giornata di ieri si sia svolta una seduta di esame del provvedimento, nel corso della quale nessuno aveva chiesto di intervenire, sottolineando al riguardo come la Presidenza non possa certo indicare ai deputati il momento in cui essi devono intervenire.
Tornando quindi al tema del provvedimento in esame, osserva che la cosiddetta «legge Severino» prevede per coloro che sono stati condannati per abuso d'ufficio a pene superiori a due anni di reclusione, la decadenza, se parlamentari, la decadenza e la sospensione, se amministratori degli enti locali. Rammenta che tale provvedimento, esaminato dalle Commissioni riunite I e II nel corso della passata legislatura, è stato definito «legge anticorruzione». Preannuncia quindi la presentazione di alcune proposte emendative volte a modificare tali disposizioni, ritenendo che non siano da considerare inammissibili per estraneità di materia. Precisa che molti amministratori locali, dimessisi dopo la sentenza di primo grado per abuso d'ufficio, sono stati successivamente assolti.
Ribadisce inoltre la necessità di conoscere i dati relativi al numero di soggetti condannati in primo grado, in appello e in Cassazione. A suo avviso la percentuale di condannati in terzo grado è molto inferiore a quella di coloro che sono stati condannati in primo grado e che, a seguito della condanna di primo grado, sono stati sospesi dall'incarico. Precisa che tali dati sono indispensabili per la predisposizione di eventuali proposte emendative.
Osserva che un ulteriore tema da approfondire è quello relativo al traffico di influenze illecito, reato, a suo avviso, privo di ogni aspetto di tassatività della norma. In proposito rammenta che anche il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione si è espresso in maniera critica sulla riformulazione di tale fattispecie prevista dal provvedimento, osservando che tale disposizione potrebbe essere valida soltanto qualora si provvedesse a precisare anche la disciplina del sistema delle lobby. A suo avviso, invece, con il disegno di legge in discussione il Governo aumenta soltanto le pene rendendo le norme più generiche. Ritiene, quindi, che sarebbe utile effettuare un approfondimento su tale argomento.
Andrea GIORGIS (PD) chiede alle Presidenze, in considerazione della particolare delicatezza e importanza dei temi trattati dall'intervento legislativo, di verificare la possibilità che nel prosieguo dell’iter siano assicurate forme ulteriori di pubblicità dei lavori, ad esempio anche attraverso la trasmissione delle sedute sulla web-tv della Camera.
Si associa alle considerazioni del deputato Ceccanti relative al Capo II del disegno di legge in esame, rilevando come le disposizioni in esso contenute affrontino la questione del finanziamento dei partiti politici in modo parziale. Ritiene siano maturi i tempi per una riflessione in sede parlamentare sulle modalità attraverso le quali garantire l'autonomia della politica dall'economia, essendo oramai trascorsi diversi anni dalla scelta, a suo avviso discutibile e inopportuna, di abolire sostanzialmente il finanziamento pubblico ai partiti. Osserva quindi come il disegno di legge non affronti in modo diretto tale questione, ma si limiti ad introdurre, nell'intento Pag. 8condivisibile di assicurare la trasparenza, una serie di oneri burocratici, che renderanno sempre più difficile il ricorso al finanziamento privato, in modo che giudica inopportuno e pericoloso. Ritiene come, semmai, sia necessario piuttosto interrogarsi sull'opportunità di introdurre limiti al finanziamento privato, poiché non si può consentire a soggetti che rivestono una posizione economica rilevante di condizionare le scelte delle forze politiche.
Auspica comunque un'ulteriore e approfondita riflessione sui temi in questione, in vista della presentazione degli emendamenti.
Giuseppe BRESCIA, presidente, rileva come le questioni poste potranno essere oggetto di ulteriore discussione in occasione dell'esame delle proposte emendative.
Non essendovi ulteriori richieste di intervento, dichiara chiuso l'esame preliminare.
Rammenta inoltre che, in base a quanto convenuto nella riunione congiunta degli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite del 18 ottobre scorso, il termine per la presentazione delle proposte emendative al provvedimento è fissato alle ore 12 di lunedì 29 ottobre prossimo.
Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 13.10.