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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 2 dicembre 2020
485.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 47

AUDIZIONI INFORMALI

      Mercoledì 2 dicembre 2020.

Audizioni informali, in videoconferenza, nell'ambito dell'esame, in sede referente, delle proposte di legge C. 2160 Molinari e C. 2307 Magi, in materia di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope nei casi di lieve entità, di Nicola Russo, consigliere della Corte d'Appello di Napoli, già componente del Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura, e di rappresentanti della Comunità Incontro ONLUS, della Federazione italiana comunità terapeutiche e del Coordinamento nazionale dei coordinamenti regionali che operano nel campo dei trattamenti delle Dipendenze (InterCear).

      Le audizioni informali si sono svolte dalle 11.05 alle 12.30.

SEDE REFERENTE

      Mercoledì 2 dicembre 2020. — Presidenza del presidente Mario PERANTONI. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Vittorio Ferraresi (in videoconferenza).

      La seduta comincia alle 14.

Sui lavori della Commissione.

      Mario PERANTONI, presidente, avverte che, poiché nella seduta odierna in sede referente non sono previste votazioni, ai deputati è consentita la partecipazione da remoto, in videoconferenza, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso.

Disposizioni in materia di equo compenso e di clausole vessatorie nelle convenzioni relative allo svolgimento di attività professionali in favore delle banche, delle assicurazioni e delle imprese di maggiori dimensioni.
C. 301 Meloni, C. 1979 Mandelli e C. 2192 Morrone.
(Esame e rinvio).

      La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

      Mario PERANTONI, presidente, dà la parola alla relatrice, onorevole Bisa, per l'illustrazione delle proposte di legge.

      Ingrid BISA (LEGA), relatrice, ricorda che la Commissione avvia oggi l'esame delle abbinate proposte di legge C. 301, Meloni, C. 1979 Mandelli e C. 2192 Morrone, che intervengono in materia di equo compenso per lo svolgimento di attività professionali, ampliando l'ambito applicativo dell'attuale disciplina, pur presentando un impianto divergente sotto diversi profili. Con riguardo al vigente quadro normativo, rammenta che, sono stati approvati in rapida successione l'articolo 19-quaterdecies del decreto-legge n. 148 del 2017 (cosiddetto decreto fiscale, che ha introdotto nella legge professionale forense n. 247 del 2012 l'articolo 13-bis), e l'articolo 1, commi 487 e 488, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), che hanno disciplinato l'equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati, poi esteso anche alle altre professioni regolamentate e nell'ambito del lavoro autonomo. In particolare, l'articolo 19-quaterdecies del decreto-legge n. 148 del 2017 ha disciplinato il compenso degli avvocati nei rapporti professionali con imprese bancarie e assicurative, nonché con imprese diverse dalle microimprese e dalle piccole e medie imprese, quando il rapporto professionale sia regolato da una convenzione. Il legislatore ha introdotto una disciplina del compenso e ha richiesto che tale compenso sia equo, presupponendo che la convenzione sia stata predisposta unilateralmente dal cliente «forte» a svantaggio del professionista. A tal fine, il decreto-legge ha introdotto nella legge professionale forense (legge n. 247 del 2012) l'articolo 13-bis, poi modificato a distanza di poche settimane dalla legge di bilancio 2018, che definisce equo il compenso dell'avvocato determinato nelle convenzioni quando esso sia: «proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto» nonché «al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale» nonché conforme ai Pag. 48parametri determinati dal decreto del Ministro della giustizia per la determinazione del compenso dell'avvocato per ogni ipotesi di mancata determinazione consensuale e liquidazione giudiziale. L'articolo 13-bis, inoltre, qualifica come «vessatorie» le clausole contenute nelle convenzioni che determinano, anche in ragione della non equità del compenso pattuito, un significativo squilibrio contrattuale a carico dell'avvocato e presume, in particolare, la natura vessatoria di alcune specifiche ed elencate clausole. Nel sottolineare che non si tratta di un'elencazione a carattere esaustivo, segnalo che la presunzione ha carattere assoluto, e determina la nullità delle clausole stesse. Le clausole vessatorie sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto; inoltre, la nullità opera soltanto a vantaggio dell'avvocato. L'azione di nullità è imprescrittibile. Il giudice, accertate la non equità del compenso e la vessatorietà di una clausola, ne dichiara la nullità e determina il compenso dell'avvocato tenuto conto dei parametri previsti dal decreto del Ministro della giustizia. Il comma 2 dell'articolo 19-quaterdecies, ha esteso il diritto all'equo compenso previsto per la professione forense, in quanto compatibile, anche a tutti i rapporti di lavoro autonomo che interessano professionisti, iscritti o meno agli ordini e collegi, i cui parametri sono definiti dai decreti ministeriali di attuazione del decreto-legge n. 1 del 2012. Il comma 3 dell'articolo 19-quaterdecies ha previsto che la pubblica amministrazione debba garantire il principio dell'equo compenso per le prestazioni professionali relative ad incarichi successivi all'entrata in vigore della disposizione. A tal fine dovrà dare attuazione ai principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia della propria attività. Il comma 4 contiene la clausola di invarianza finanziaria mentre il comma 4-bis dell'articolo 19-quaterdecies, introdotto dalla legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 488), esclude l'applicazione della disciplina sull'equo compenso agli agenti della riscossione. Ciò premesso, partendo dalla descrizione del contenuto della proposta di legge C. 2192 del collega Morrone, sollecitata dal gruppo della Lega nell'ambito della quota ad esso riservata, segnala che essa muove dalla convinzione che le modifiche introdotte nella scorsa legislatura non abbiano sortito gli effetti sperati e dunque prevede una riforma volta ad assicurare ai professionisti un compenso minimo garantito, da individuare negli attuali parametri fissati dai decreti ministeriali. A tal fine, la proposta di legge abroga sia l'articolo 13-bis della legge professionale forense, che l'articolo 19-quater del decreto-legge n. 148 del 2017, sostituendoli con una nuova disciplina dell'equo compenso. In particolare, in base all'articolo 1, la proposta di legge si applica a tutte le attività professionali, svolte anche in forma associata o societaria, che: trovano fondamento in convenzioni, le cui clausole sono unilateralmente predisposte o applicate dal cliente; sono svolte in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese che nel triennio precedente al conferimento dell'incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di 60 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro. Segnala a tale proposito che rispetto alla normativa vigente, contenuta nel citato articolo 13-bis, comma 1, della legge n. 247 del 2012, la proposta di legge amplia l'ambito applicativo della disciplina sull'equo compenso delineando, in relazione alla realtà produttiva italiana, le caratteristiche che deve avere l'impresa per poter essere considerata, rispetto al professionista, un contraente «forte». Rammenta infatti che attualmente la disciplina sull'equo compenso si applica, oltre che in relazione alle imprese bancarie e assicurative, anche in tutti i rapporti basati su convenzioni tra professionista e impresa diversa dalla micro, piccola e media impresa come definite dalla raccomandazione 2003/361CE della Commissione, del 6 maggio 2003. Rammenta altresì che in base ai parametri europei, la categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. L'articolo 2, parzialmente ricalcando Pag. 49l'attuale contenuto dell'articolo 13-bis della legge forense, detta la disciplina dell'equo compenso e delle clausole vessatorie. In particolare, ai sensi del comma 1, si considera equo il compenso determinato nelle convenzioni di cui all'articolo 1 quando, in relazione alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale nonché all'eventuale ripetitività delle prestazioni richieste, il compenso risulta conforme ai parametri definiti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. La proposta, inoltre, conferma: che gli accordi preparatori o definitivi, purché vincolanti per il professionista, conclusi tra i professionisti e le imprese di cui all'articolo 1 si presumono unilateralmente predisposti dalle imprese stesse, salva prova contraria (comma 2); il carattere vessatorio delle clausole che determinano un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista (commi 3 e 4). Peraltro, la presunzione ha carattere assoluto e opera anche quando il contenuto della clausola sia stato oggetto di specifica trattativa (comma 6). Con previsione innovativa rispetto alla disciplina vigente: il comma 5 dell'articolo 2 esclude la natura vessatoria delle clausole che riproducono disposizioni di legge o che attuano princìpi contenuti in convenzioni internazionali; il comma 8 dell'articolo 2 prevede che la nullità delle clausole vessatorie, pur rilevabile d'ufficio, possa essere oggetto di rinuncia da parte del professionista, che dovrà in merito pronunciarsi in modo espresso e irrevocabile. Riproponendo la normativa vigente, ai sensi del comma 7 dell'articolo 2, non costituiscono prova della specifica trattativa e approvazione le dichiarazioni contenute nelle convenzioni di cui all'articolo 1 che attestano genericamente l'avvenuto svolgimento delle trattative, senza la specifica indicazione delle modalità con le quali le medesime sono state svolte. Accertata la non equità del compenso, in base al comma 9 dell'articolo 2, il giudice lo ridetermina applicando i parametri previsti dai citati decreti ministeriali. Rammenta a tale proposito che la disciplina vigente demanda al giudice di «tenere conto» dei suddetti parametri. Infine, il comma 10 dell'articolo 2 individua in 10 anni il termine di prescrizione del diritto al compenso da parte del professionista e specifica che – in caso di pluralità di prestazioni a seguito di un unico incarico – il termine decorre dall'ultima prestazione. Per quanto non previsto dall'articolo 2, il comma 11 stabilisce che alle convenzioni di cui all'articolo 1 si applicano le disposizioni del codice civile. L'articolo 3 da una parte estende l'applicazione della disciplina dell'equo compenso alle prestazioni rese dal professionista nei confronti della pubblica amministrazione e degli agenti della riscossione, dall'altra però prevede che in relazione a quelle prestazioni i compensi siano dimezzati. Trovano comunque integrale applicazione le disposizioni dell'articolo 2 in materia di clausole vessatorie. L'articolo 4 consente la tutela dei diritti individuali omogenei dei professionisti attraverso l'azione di classe, proposta esclusivamente dal Consiglio nazionale dell'ordine e al quale sono iscritti i professionisti interessati. La disposizione richiama sia la vigente disciplina dell'azione di classe (articolo 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206) che quella che entrerà in vigore a partire dal 19 maggio 2021 a seguito della riforma della class action operata dalla legge 12 aprile 2019, n. 31 (che ha inserito nel codice di procedura civile gli articoli 840-bis e seguenti). L'articolo 5 istituisce presso il Ministero della giustizia l'Osservatorio nazionale sull'equo compenso, con il compito di vigilare sul rispetto della legge, esprimere pareri o formulare proposte sugli atti normativi che intervenissero sui criteri di determinazione dell'equo compenso o disciplinassero le convenzioni e segnalare al Ministro pratiche elusive delle disposizioni sull'equo compenso. L'Osservatorio, nominato per 3 anni con decreto del Ministro della giustizia, che lo presiede (potendo comunque individuare un suo delegato), dovrà essere composto da un rappresentante per ciascuno dei Consigli nazionali degli ordini professionali. L'articolo 6, come preannunciato, abroga sia Pag. 50l'articolo 13-bis della legge professionale forense, che l'articolo 19-quaterdecies del decreto-legge n. 148 del 2017, i cui contenuti sono trasfusi negli articoli da 1 a 3 della proposta di legge. L'articolo 7, infine, reca una disposizione transitoria prevedendo che la riforma trovi applicazione per gli incarichi professionali conferiti dopo l'entrata in vigore della legge. Quanto alla proposta di legge C. 1979 del collega Mandelli, essa muove dall'esigenza di introdurre alcuni correttivi agli interventi legislativi della scorsa legislatura, la cui applicazione pratica avrebbe palesato, secondo quanto sottolineato nella relazione illustrativa, i seguenti problemi: la tendenza dei contraenti forti a sviare l'applicazione della disciplina dell'equo compenso evitando di sottoscrivere con i professionisti «convenzioni», e utilizzando invece accordi di forma diversa; il limite dell'inapplicabilità della disciplina sull'equo compenso a imprese che, pur definite piccole e micro dal legislatore europeo, sono invece da considerare medio-grandi, e dunque contraenti forti rispetto al professionista, nel tessuto produttivo italiano; la ritrosia della pubblica amministrazione nel riconoscere il diritto dei professionisti all'equo compenso; l'applicabilità della normativa sull'equo compenso ai rapporti instaurati prima della riforma; il carattere quasi onnicomprensivo del regolamento ministeriale del 2012 che pretende di individuare parametri per la liquidazione dei compensi professionali applicabili a molte eterogenee realtà professionali. Al riguardo, l'articolo 1 della proposta di legge definisce l'equo compenso come la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti dai regolamenti ministeriali. Per gli avvocati, si tratta dei compensi definiti dal decreto del Ministro della giustizia, emanato in attuazione della legge professionale forense, e per tutti gli altri professionisti, dei compensi definiti da specifici decreti ministeriali emanati in attuazione dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. La proposta di legge all'articolo 1 non fa quindi esplicito riferimento, a differenza tanto della normativa vigente quanto dalla proposta di legge del collega Morrone, alle convenzioni né ai «parametri» definiti dai decreti ministeriali. L'articolo 2 definisce il campo d'applicazione dell'equo compenso, specificando che la disciplina si applica a «qualsiasi rapporto professionale avente ad oggetto le prestazioni di un avvocato e di qualsiasi altro professionista», e ciò a prescindere dal fatto che la prestazione trovi fondamento in convenzioni ed a prescindere dal carattere unilaterale o meno della fonte dalla quale si ricava la pattuizione del compenso (comma 1). Viene dunque soppresso ogni riferimento alla natura dell'impresa committente (bancaria o assicurativa nel testo della proposta di legge Morrone) o alla sua dimensione, escludendo l'applicabilità dell'equo compenso soltanto per le prestazioni professionali svolte nei confronti di (comma 2): consumatori o utenti e agenti della riscossione. Nel primo caso, si tratta, in base al richiamato articolo 3, comma 1, lettera a), del codice del consumo (di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005) di qualsiasi «persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta». Per quanto riguarda gli agenti della riscossione, la proposta fa salva la vigente esclusione prevista dall'articolo 19-quaterdecies, comma 4-bis del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172. La disposizione, infine (comma 3), prevede la retroattività della disciplina dell'equo compenso; essa dovrà trovare applicazione ai rapporti professionali: svolti in base a convenzioni stipulate prima dell'entrata in vigore della legge; si valuti l'opportunità di specificare se la retroattività sia circoscritta ai rapporti ancora in corso o anche a quelli già conclusi; conferiti dopo l'entrata in vigore della legge; si valuti l'opportunità di sopprimere questa previsione, essendo pacifica l'applicazione della norma ai rapporti instaurati successivamente all'entrata in vigore della legge; conferiti anteriormente Pag. 51all'entrata in vigore della legge, ma in corso di esecuzione alla stessa data. L'articolo 3 consente ai Consigli nazionali delle professioni di adire l'autorità giudiziaria per far accertare la violazione delle disposizioni sull'equo compenso e, conseguentemente, inibire ai committenti l'uso di clausole vessatorie. Questa disposizione, diversamente dalle precedenti, si riferisce non a tutti i committenti diversi da utenti e consumatori o da agenti della riscossione – come previsto dal campo d'applicazione dell'equo compenso delineato dall'articolo 2 – bensì esclusivamente ai committenti «imprese bancarie e assicurative» nonché alle imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese, come definite dalla disciplina UE. L'articolo 3, infatti, consente ai Consigli nazionali di agire esclusivamente per far valere le violazioni da parte dei soggetti indicati dall'articolo 13-bis, comma 1, della legge professionale forense. L'articolo 4 demanda al Ministro della giustizia, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della riforma, l'emanazione di specifici decreti ministeriali per stabilire i parametri per l'applicazione dell'equo compenso in sede di liquidazione dello stesso da parte del giudice. Il Ministro dovrà dettare parametri specifici in relazione a ciascuna professione vigilata, sentiti gli ordini professionali coinvolti. L'intento è dunque quello di superare il citato decreto ministeriale del 20 luglio 2012, n. 140, che attualmente, in via generale, detta i parametri per la maggior parte delle professioni vigilate. L'articolo 5 stabilisce che ai rapporti professionali come definiti dall'articolo 2 si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 13-bis della legge professionale forense, che la proposta di legge non abroga. L'articolo 6, infine, contiene la clausola di invarianza finanziaria del provvedimento. La proposta C. 301 della collega Meloni interviene sulla disciplina codicistica, disponendo la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato per lo svolgimento di attività professionali, ossia che prevedono un compenso inferiore ai parametri o dalle tariffe per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale. Più in dettaglio, l'articolo 1 interviene sul codice civile, aggiungendo due commi all'articolo 2233, che detta la disciplina del compenso nelle professioni intellettuali. Il primo di essi prevede la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all'opera prestata, con riguardo anche ai costi sostenuti dal prestatore d'opera. Nello specifico, sono nulle le pattuizioni di un compenso inferiore: agli importi stabiliti dai parametri o dalle tariffe per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale; ai parametri determinati con decreto ministeriale ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 24, per la professione forense. La proposta specifica che, per far valere la nullità della pattuizione e chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l'attività professionale prestata, il solo professionista può impugnare – innanzi al tribunale del luogo ove egli ha la residenza o il domicilio – l'accordo di qualsiasi tipo (convenzione, contratto, esito della gara, predisposizione di un elenco di fiduciari etc.) che preveda un compenso inferiore ai predetti parametri. Il tribunale procede alla rideterminazione del compenso: secondo i parametri o le tariffe ministeriali in vigore relativi alle attività svolte dal professionista; tenendo conto dell'opera effettivamente prestata È prevista la possibilità per il tribunale di richiedere al professionista di acquisire il parere di congruità dell'ordine o del collegio professionale. Al riguardo si prevede: che il parere di congruità costituisce piena prova in merito alle caratteristiche dell'attività prestata, all'importanza, natura, difficoltà e valore dell'affare, alle condizioni soggettive del cliente, ai risultati conseguiti, al numero e alla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate: che il tribunale non possa avvalersi, nel procedimento di rideterminazione del compenso, di consulenze tecniche. Con un ulteriore comma aggiuntivo all'articolo 2233 del codice civile, la proposta prevede la nullità di qualsiasi pattuizione: che vieti allo stesso Pag. 52professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione; che imponga allo stesso l'anticipazione di spese; che – comunque – attribuisca al committente o cliente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso. Il medesimo articolo 1, al comma 2, interviene sull'articolo 9 del decreto-legge n. 1 del 2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27): abrogando i commi 1 e 5 dell'articolo che dispongono a loro volta rispettivamente l'abrogazione delle tariffe delle professioni regolamentate (comma 1) e di tutte le disposizioni che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle suddette tariffe (comma 5); modificando il comma 2 del medesimo articolo 9 prevedendo che nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista sia determinato con riferimento alle tariffe o ai parametri vigenti all'epoca della prestazione, stabiliti con decreto del Ministro vigilante. L'articolo 2 stabilisce l'obbligo, per gli ordini e i collegi professionali, di adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare la violazione da parte del professionista: dell'obbligo di pattuire un compenso equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta, in applicazione dei parametri o delle tariffe ministeriali; dell'obbligo di informativa della nullità della pattuizione di un compenso iniquo, nei rapporti in cui gli accordi siano predisposti esclusivamente dal professionista. L'articolo 3 prevede la possibilità che il parere di congruità emesso dall'ordine o dal collegio, in alternativa alle procedure di ingiunzione di pagamento (articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile) e a quelle specifiche delle controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato (articolo 14 del decreto legislativo n. 150 del 2011) acquisti l'efficacia di titolo esecutivo per il professionista, se rilasciato nel rispetto delle procedure, e se il debitore non abbia proposto opposizione ai sensi dell'articolo 702-bis del codice di procedura civile davanti all'autorità giudiziaria, entro 40 giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista. È infine precisato al comma 2 dell'articolo 3 che il giudizio di opposizione si svolge davanti al giudice competente per materia e per valore del luogo nel cui circondario ha sede l'ordine o il collegio professionale che ha emesso il parere di conformità. L'articolo 4 interviene sulla disciplina del termine di decorrenza della prescrizione dell'azione di responsabilità professionale, individuando nel giorno del compimento della prestazione da parte del professionista iscritto all'ordine o al collegio professionale, il relativo dies a quo. L'articolo 5 disciplina l'istituzione di un fondo, compartecipato dallo Stato, presso i singoli ordini territoriali per la copertura delle spese per i servizi professionali resi su questioni urgenti o indifferibili in favore dei soggetti meno abbienti. L'individuazione delle modalità di istituzione del fondo, dei requisiti per l'ammissione a esso e delle prestazioni professionali che possono essere finanziate, è demandata a regolamenti adottati dai Ministri competenti per i singoli ordini professionali, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. L'articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria. L'articolo 7 contiene una disposizione transitoria in base alle quali le norme di nuova introduzione si applicano, per le prestazioni rese dopo la data di entrata in vigore della legge, anche alle convenzioni sottoscritte prima di tale data e in corso alla stessa data. Con riguardo alle prestazioni in corso collegate alle convenzioni sottoscritte prima della data di entrata in vigore della legge, la proposta introduce un obbligo del professionista di avvisare l'altro contraente dell'applicazione delle nuove disposizioni. Si specifica tuttavia che l'inadempimento dell'obbligo è sanzionabile soltanto sul piano deontologico in via disciplinare. L'articolo 8, infine, prevede l'abrogazione dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (cosiddetto decreto Bersani), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che a sua volta dispone l'abrogazione delle norme che prevedevano l'obbligatorietà delle tariffe fisse o minime con riferimento alle attività libero-professionali e intellettuali.

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      Mario PERANTONI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Delega al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti d'appello.
C. 2435 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

      La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 25 giugno 2020.

      Mario PERANTONI, presidente, comunica che, essendosi concluso il ciclo di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva deliberata il 30 settembre scorso, nella seduta odierna la Commissione avvia la discussione generale sul provvedimento. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura.
C. 226 Ceccanti, C. 227 Ceccanti, C. 489 Zanettin, C. 976 Rossello, C. 989 Bartolozzi, C. 1156 Dadone, C. 1919 Colletti, C. 1977 Dadone, C. 2233 Pollastrini, C. 2517 Sisto, C. 2536 Zanettin, C. 2681 Governo e C. 2691 Costa.
(Seguito dell'esame e rinvio).

      La Commissione prosegue l'esame delle proposte di legge in oggetto, rinviato nella seduta del 26 novembre 2020.

      Mario PERANTONI, presidente, ricorda che nella scorsa seduta sono state abbinate, a seguito di riassegnazione alla Commissione Giustizia, le proposte di legge C. 489 Zanettin e C. 2517 Sisto. I relatori, onorevole Bazoli e onorevole Saitta, si erano riservati di integrare la relazione illustrativa delle proposte di legge già avviate, con i contenuti delle proposte di legge C. 489 Zanettin e C. 2517 Zanettin. Dà quindi la parola ai relatori per l'integrazione della relazione illustrativa.

      Eugenio SAITTA (M5S), relatore, ad integrazione della relazione già svolta, nella seduta odierna fa presente che si soffermerà, anche a nome dell'altro collega relatore, sulle proposte di legge Zanettin C. 489 e Sisto C. 2517, abbinate da ultimo a seguito della riassegnazione alla sola Commissione Giustizia, come richiesto dalla stessa Commissione, e recanti, rispettivamente, «Disposizioni in materia di candidabilità, eleggibilità e ricollocamento dei magistrati in occasione di elezioni politiche e amministrative nonché di assunzione di incarichi di governo nazionale e negli enti territoriali. Modifiche alla disciplina in materia di astensione e ricusazione dei giudici» (Zanettin C. 489) e «Disposizioni in materia di ricollocamento dei magistrati candidati a cariche pubbliche elettive e divieto di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili, militari e tributari» (Sisto C. 2517).
      Segnala che tali proposte di legge, come la già illustrata proposta di legge Dadone C. 1156, intervengono, con ampiezza e modalità diverse, sul tema del rapporto tra magistratura e politica disciplinando i presupposti per l'accesso dei magistrati agli incarichi elettivi e agli incarichi di governo, il loro status in costanza di mandato e il loro ricollocamento al termine dell'incarico politico. Si tratta di temi affrontati anche dal disegno di legge del Governo C. 2681, agli articoli da 12 a 19. In particolare, la proposta di legge Zanettin C. 489 presenta il contenuto più ampio (15 articoli) e considera nel proprio campo d'applicazione non solo i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari – come fa il disegno di legge del Governo – ma anche i magistrati tributari. Per quanto attiene al profilo della candidabilità e dell'assunzione di incarichi di governo, la proposta (articolo 1) esclude che i magistrati possano essere candidati a parlamentare nazionale ed europeo, a consigliere regionale o presidente di regione (o di provincia autonoma), a sindaco o consigliere comunale, nei territori Pag. 54 ricompresi nella circoscrizione elettorale nei quali abbiano esercitato le funzioni giurisdizionali nei 5 anni antecedenti la candidatura; ricordo che il limite è posto a 2 anni dal disegno di legge del Governo, che comunque individua ipotesi di ineleggibilità e non di incandidabilità. Le preclusioni alla candidatura non operano se i magistrati, nei 5 anni antecedenti, hanno prestato servizio presso uffici giudiziari con competenza sull'intero territorio nazionale. In ogni caso, il magistrato che intenda candidarsi deve essere al momento dell'accettazione della candidatura in aspettativa da almeno 6 mesi: ricordo che i mesi sono 2 mesi nel disegno di legge del Governo. Il termine dei 6 mesi può essere derogato solo in caso di scioglimento anticipato dell'organo elettivo, o di elezioni suppletive. La proposta interviene inoltre sull'assunzione di incarichi di governo, escludendo la possibilità di nomina ad assessore regionale o comunale per i magistrati che abbiano esercitato nei 5 anni antecedenti la nomina le funzioni giurisdizionali, rispettivamente, nel territorio della regione o della provincia. Infine, la disposizione specifica che queste preclusioni non operano se il magistrato ha cessato di appartenere all'ordine giudiziario da almeno 2 anni. Spetterà al magistrato, all'atto dell'accettazione della candidatura, autocertificare l'insussistenza di condizioni di incandidabilità (articolo 3); l'eventuale violazione di questa normativa costituirà, tra l'altro, per il magistrato, un illecito disciplinare (articoli 13 e 14). Per quanto riguarda lo status dei magistrati nel corso del mandato elettivo o dell'incarico di governo, la proposta di legge (articoli 2 e 4) prevede che essi debbano essere collocati in aspettativa, in posizione di fuori ruolo. Ampio spazio è poi dedicato dalla proposta di legge al ricollocamento dei magistrati, tanto a seguito di una candidatura alla quale non abbia fatto seguito l'elezione, quanto alla cessazione del mandato elettivo o di Governo (articoli da 5 a 9). Il particolare, si introducono alcune preclusioni per il ricollocamento di magistrati candidati e non eletti, diversificate a seconda che la candidatura riguardasse un mandato nazionale o locale, ma comunque volte a impedire al magistrato l'esercizio di funzioni requirenti o giudicanti monocratiche oltre che incarichi direttivi o semidirettivi (articolo 5). Ai magistrati che, invece, abbiano svolto il mandato elettivo o abbiano assunto incarichi di governo a livello nazionale, la proposta di legge chiede di scegliere, ai fini del ricollocamento, una delle seguenti opzioni (articoli 6, 7 e 8): ricollocamento in ruolo in un distretto di corte d'appello diverso da quello che ricomprende la circoscrizione elettorale di elezione e da quello in cui prestavano servizio all'atto della candidatura, con un vincolo quinquennale di esercizio di funzioni giudicanti collegiali e il divieto di ricoprire incarichi direttivi e semidirettivi; inquadramento in un ruolo autonomo dell'Avvocatura dello Stato; inquadramento in un ruolo autonomo del Ministero della giustizia; collocamento a riposo con contribuzione volontaria. I magistrati che abbiano svolto un mandato elettivo o un incarico di governo negli enti territoriali possono invece essere ricollocati in ruolo purché in un distretto diverso da quello nel quale hanno svolto il mandato e con il vincolo quinquennale delle funzioni giudicanti collegiali e della preclusione agli incarichi direttivi e semidirettivi (articolo 9). Questa proposta di legge, diversamente dal disegno di legge del Governo, detta preclusioni specifiche per la candidatura e l'assunzione di incarichi di governo e per il conseguente ricollocamento dei magistrati onorari (articolo 10) nonché una disciplina transitoria per i magistrati che rivestono tali cariche al momento dell'entrata in vigore della riforma (articolo 11). Infine, la proposta di legge inserisce tra le cause di astensione e ricusazione dei giudici, la candidatura o l'esercizio di funzioni elettive o di incarichi di governo, quando anche una delle parti in causa si sia candidata o abbia a sua volta svolto un mandato elettivo o di governo (articolo 12) e procede al coordinamento normativo attraverso l'abrogazione espressa di alcune disposizioni (articolo 15). La proposta di legge Sisto C. 2517, composta da due articoli, interviene anch'essa in materia di accesso dei magistrati alle funzioni elettive e di governo, e loro ricollocamento Pag. 55a fine mandato. In particolare, il provvedimento disciplina il ricollocamento dei magistrati che abbiano assunto cariche pubbliche elettive o che si siano, infruttuosamente, candidati per assumerle (articolo 1). In entrambi i casi la proposta esclude che il magistrato possa tornare ad esercitare le funzioni che ricopriva prima della candidatura prevedendone l'inquadramento in un ruolo del Ministero della giustizia. Dalla formulazione della disposizione si ricava che il magistrato potrà comunque conservare il trattamento economico in godimento prima della candidatura. La disciplina dell'inquadramento dei magistrati nel ruolo speciale del Ministero della giustizia è demandata a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare entro tre mesi dalla riforma. La proposta di legge, inoltre, all'articolo 2, esclude che i magistrati possano essere collocati in posizione di fuori ruolo. Entrambe le disposizioni contenute nei due articoli della proposta di legge concernono oltre ai magistrati ordinari, anche i magistrati amministrativi, contabili, militari e tributari.

      Mario PERANTONI, presidente, ricorda che subito dopo la seduta odierna sarà avviato il ciclo di audizioni informali sulle proposte di legge in esame. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

      La seduta termina alle 14.10.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

      L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.10 alle 14.15.

AUDIZIONI INFORMALI

      Mercoledì 2 dicembre 2020.

Audizione informale, in videoconferenza, nell'ambito dell'esame dei progetti di legge C. 226 Ceccanti, C. 227 Ceccanti, C. 489 Zanettin, C. 976 Rossello, C. 989 Bartolozzi, C. 1156 Dadone, C. 1919 Colletti, C. 1977 Dadone, C. 2233 Pollastrini, C. 2517 Sisto, C. 2536 Zanettin, C. 2681 Governo e C. 2691 Costa, recanti disposizioni in materia di riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento, dell'ordinamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura di Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale presso l'Università degli studi «Roma Tre», e di Carlo Guarnieri, professore di sistemi giudiziari comparati presso l'Università di Bologna «Alma Mater Studiorum».

      Le audizioni informali si sono svolte dalle 15 alle 16.00.

      Mercoledì 2 dicembre 2020.

Audizione informale, in videoconferenza, nell'ambito dell'esame, in sede referente, delle proposte di legge C. 2160 Molinari e C. 2307 Magi, in materia di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope nei casi di lieve entità, di rappresentanti del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (CNCA).

      L'audizione informale si è svolta dalle 16.30 alle 17.05.