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Sentenze della Corte di Giustizia dell'UE

Causa C-303/19
Assegnata in data: 17/12/2020
Commissione: XI COMMISSIONE (LAVORO PUBBLICO E PRIVATO), XIV COMMISSIONE (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

NOTA DI SINTESI: La sentenza verte sull’interpretazione dell’art. 11, par. 1, lett. d della direttiva 2003/109/CE, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo: in particolare, la Corte valuta la compatibilità tra il diritto ivi sancito del soggiornante di lungo periodo allo stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale e una disciplina nazionale, quale quella italiana, risultante dal combinato disposto dell’art. 2, c. 6 bis del d. l. 69/1988 e dell’art. 9, c. 12, lett. c, d. lgs. 286/1998 (TU immigrazione), la quale, ai fini della determinazione del diritto all’assegno per il nucleo familiare, esclude dal computo dei componenti del nucleo del soggiornante di lungo periodo i familiari che non risiedono nel territorio nazionale, bensì in un paese terzo, allorché invece vengono presi in considerazione i familiari dei cittadini italiani anche se residenti in un paese terzo. La pronuncia risponde infatti al quesito pregiudiziale sollevato dalla Corte di Cassazione, la quale è stata chiamata a decidere sulla legittimità del rigetto opposto da INPS alla domanda di assegno per il nucleo familiare presentata da VR, cittadino di paese terzo, occupato in Italia e titolare di un permesso di soggiorno di lunga durata dal 2010, i cui familiari avevano risieduto, per la durata del periodo di riferimento, nel proprio paese d’origine. Il rigetto di INPS discendeva dall’applicazione dell’art. 2, c. 6 bis del d. l. 69/1988, ai sensi del quale « Non fanno parte del nucleo familiare… il coniuge ed i figli ed equiparati di cittadino straniero che non abbiano la residenza nel territorio della Repubblica, salvo che dallo Stato di cui lo straniero è cittadino sia riservato un trattamento di reciprocità nei confronti dei cittadini italiani ovvero sia stata stipulata convenzione internazionale in materia di trattamenti di famiglia». D’altra parte, il TU immigrazione, all’art. 9, c. 12, lett. c, stabilisce che il cittadino di un paese terzo titolare di un permesso di soggiorno di lunga durata usufruisce delle prestazioni di previdenza sociale e di assistenza sociale, «salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l’effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale». La Corte di Cassazione si trovava pertanto nella necessità di valutare se la legislazione italiana suddetta realizzasse una deroga al principio della parità di trattamento tra cittadino italiano e cittadino di paese terzo regolarmente soggiornante in Italia compatibile con l’art. 11 della direttiva 2003/109/CE. La Corte procede, innanzitutto, dal ricordare che l’articolo 11, par. 1, lett. d, della direttiva 2003/109/CE impone agli Stati membri di far beneficiare i soggiornanti di lungo periodo dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda, in particolare, le prestazioni sociali previste dalla legislazione nazionale. Nondimeno, ai sensi dell’articolo 11, par. 2, di detta direttiva, gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento nell’accesso alle prestazioni sociali, ai casi in cui il soggiornante di lungo periodo, o il familiare per cui viene chiesta la prestazione, ha eletto dimora o risiede abitualmente nel loro territorio. Altresì, ai sensi del paragrafo 4 del medesimo articolo, gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione sociale alle prestazioni essenziali. Tali deroghe possono però essere invocate solo qualora gli organi competenti nello Stato membro interessato per l’attuazione di tale direttiva abbiano chiaramente espresso l’intenzione di avvalersi delle stesse. A tal proposito, la Corte ritiene, in virtù delle risultanze del fascicolo di causa e di quanto è stato confermato in udienza dalla Repubblica italiana, che quest’ultima non abbia espresso l’intenzione di avvalersi di una simile deroga in sede di recepimento della direttiva 2003/109 nel diritto nazionale. Pertanto, la Corte nega che l’esclusione del soggiornante di lungo periodo i cui familiari non risiedono nel territorio italiano dall’accesso all’assegno per il nucleo familiare, che deriva dall’applicazione dell’art. 2, c. 6 bis del d. l. 69/1988, possa essere ricondotta alle ipotesi di legittima deroga al principio della parità di trattamento previste dall’art. 11 della suddetta direttiva. La Corte afferma che, sebbene l’esclusione dal versamento dell’assegno per il nucleo familiare dipenda esclusivamente dall’omessa considerazione dei familiari non residenti nel territorio della Repubblica italiana che incide sull’entità dell’importo, rendendo quest’ultimo pari a zero, ciò integra nondimeno una disparità di trattamento tra i titolari di un permesso di soggiorno di lunga durata e i cittadini italiani proibita dall’articolo 11, par. 1, lett. d, della direttiva 2003/109/CE. D’altra parte, secondo la Corte, tale difformità nell’accesso alle prestazioni sociali non potrebbe giustificarsi con riferimento al fatto che i soggiornanti di lungo periodo e i cittadini dello Stato membro ospitante si troverebbero in una situazione diversa a causa dei loro rispettivi legami con tale Stato, essendo tale giustificazione contraria alla ratio dell’articolo 11. Secondo una giurisprudenza costante della Corte di giustizia, neanche le eventuali difficoltà di controllo sulla situazione dei beneficiari per quanto riguarda le condizioni di concessione dell’assegno per il nucleo familiare qualora i familiari non risiedano nel territorio dello Stato membro interessato, eccepite dall’INPS e dal governo italiano, possono giustificare una disparità di trattamento. Infine la Corte ritiene infondata l’affermazione secondo cui l’esclusione dall’assegno per il nucleo familiare del titolare di un permesso unico i cui familiari non risiedono nel territorio dello Stato membro interessato sarebbe conforme all’obiettivo di integrazione, inteso come effettiva presenza sul territorio, dal momento che, invece, l’obiettivo di favorire l’integrazione dei cittadini di paesi terzi è perseguito dalla direttiva garantendo loro un trattamento equo in virtù della previsione di un insieme comune di diritti, che si fonda sulla parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro ospitante. In definitiva, la Corte dichiara che l’articolo 11, par. 1, lett. d, della direttiva 2003/109/CE, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro in forza della quale, ai fini della determinazione dei diritti a una prestazione di sicurezza sociale, non vengono presi in considerazione i familiari del soggiornante di lungo periodo che risiedano non già nel territorio di tale Stato membro, bensì in un paese terzo, mentre vengono presi in considerazione i familiari del cittadino di detto Stato membro residenti in un paese terzo, qualora tale Stato membro non abbia espresso, in sede di recepimento di detta direttiva nel diritto nazionale, la propria intenzione di avvalersi della deroga alla parità di trattamento consentita dall’articolo 11, paragrafo 2, della medesima direttiva.
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