Sulla pubblicità dei lavori:
Gallo Luigi , Presidente ... 3
Audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali, Alberto Bonisoli, sulle linee programmatiche del dicastero
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati)
:
Gallo Luigi , Presidente ... 3
Bonisoli Alberto , Ministro dei beni e delle attività culturali ... 3
Gallo Luigi , Presidente ... 14
Aprea Valentina (FI) ... 14
Gallo Luigi , Presidente ... 14
Mollicone Federico (FDI) ... 14
Gallo Luigi , Presidente ... 15
Fratoianni Nicola (LeU) ... 15
Fusacchia Alessandro (Misto-+E-CD) ... 16
Iannone Antonio ... 17
Frassinetti Paola (FDI) ... 18
Mollicone Federico (FDI) ... 18
Aprea Valentina (FI) ... 19
Cangini Andrea ... 20
Gallo Luigi , Presidente ... 20
Ascani Anna (PD) ... 20
Gallo Luigi , Presidente ... 20
Marin Marco (FI) ... 20
Ascani Anna (PD) ... 21
Iori Vanna ... 23
Racchella Germano (LEGA) ... 23
Barbaro Claudio ... 24
Latini Giorgia (LEGA) ... 25
Casciello Luigi (FI) ... 25
Testamento Rosa Alba (M5S) ... 26
Corrado Margherita ... 27
Montevecchi Michela ... 27
Gallo Luigi , Presidente ... 28
Toccafondi Gabriele (Misto-CP-A-PS-A) ... 28
Piccoli Nardelli Flavia (PD) ... 29
Rampi Roberto ... 30
Di Giorgi Rosa Maria (PD) ... 30
Belotti Daniele (LEGA) ... 31
Lattanzio Paolo (M5S) ... 32
Casa Vittoria (M5S) ... 33
Gallo Luigi , Presidente ... 33
ALLEGATO: Slides depositate dal Ministro Alberto Bonisoli ... 34
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA VII COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
LUIGI GALLO
La seduta comincia alle 12.15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali, Alberto Bonisoli, sulle linee programmatiche del dicastero.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del Ministro dei beni e delle attività culturali, Alberto Bonisoli, sulle linee programmatiche del dicastero.
Ringrazio il Ministro Bonisoli di essere presente qui oggi per un passaggio essenziale nell'avvio della legislatura, ossia l'audizione sulle linee programmatiche. Lo ringrazio anche per aver già dato la disponibilità a tornare, ove fosse necessario, la mattina di martedì prossimo, 17 luglio. Prima di lasciare la parola al ministro, sono lieto di salutare il Presidente della Commissione istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport del Senato, senatore Pittoni, e tutti i colleghi senatori oggi presenti.
Ricordo che, d'intesa tra il Presidente Pittoni e me, il dibattito successivo alla relazione iniziale del Ministro sarà organizzato nel modo seguente: ciascun Gruppo interverrà per cinque minuti, intendendosi cinque minuti per il gruppo della Camera e cinque minuti per il gruppo del Senato, i Gruppi potranno dividere il tempo di questo intervento iniziale tra due o più oratori. Quanto all'ordine di intervento, la parola sarà data secondo la consistenza numerica dei Gruppi delle Commissioni, a partire dai Gruppi meno numerosi. Avranno quindi facoltà di parlare nell'ordine Liberi e uguali, Per le Autonomie, Gruppo Misto, Fratelli d'Italia, Forza Italia, Partito Democratico, Lega e Movimento 5 Stelle.
Il tempo residuo nella giornata di oggi e, se necessario, nella mattina di martedì 17 luglio sarà dedicato alle ulteriori richieste di intervento, fermo restando che il tempo sarà ripartito in base al numero di richieste, in modo da assicurare che anche nel secondo giro possano intervenire tutti i Gruppi. Seguirà a conclusione del dibattito la replica del ministro. Prego quindi tutti coloro che intendano intervenire di farlo sapere alla Presidenza attraverso gli uffici.
Do la parola al Ministro Bonisoli.
ALBERTO BONISOLI, Ministro dei beni e delle attività culturali. Presidente Gallo, grazie mille e buongiorno a tutti. È la prima volta nella mia vita che sono di fronte ad una Commissione parlamentare, quindi affronto questa occasione con grande senso di responsabilità in quanto, come parte dell'Esecutivo, voi siete i miei referenti, siete gli eletti dal popolo e come tali mi dovrò confrontare con voi, per farmi dire cosa va bene e cosa non va, e su cosa dovremo continuare la riflessione, oppure mi segnalerete quali aspetti ci stiamo dimenticando o quali stiamo trascurando o Pag. 4anche quali sensibilità non stiamo ascoltando abbastanza.
Come ha detto il Presidente Gallo, ho già previsto una continuazione di questa seduta. Di solito non parlo tanto (poi avremo modo di conoscerci), però penso che almeno all'inizio sia importante abbondare nei due sensi; quindi cercherò di parlare più di quanto faccia di solito, promettendo che vi starò ad ascoltare più di quanto sia consuetudine all'interno di un primo confronto con le Commissioni parlamentari. Questo per due ragioni. La prima è che ci troviamo in un momento di discontinuità politica, dove molte delle persone in questa stanza, a partire da chi sta parlando in questo momento, sono nuove e si pongono davanti a una situazione di questo tipo per la prima volta, ed è giusto iniziare facendoci capire, mostrando i fondamentali: perché diciamo una certa cosa, cosa c'è dietro una proposta, un'obiezione o un commento (questo ovviamente da entrambe le parti, ma inizierò io a fare questo), in modo da poter capire in base a cosa un certo parlamentare o senatore la pensi in un certo modo. Questo non vuol dire che dobbiamo essere tutti d'accordo, non lo saremo e lo sapete già, però confrontarci in questo modo può semplificare il raggiungimento di una sintesi, che è necessaria perché prima o poi, se vogliamo svolgere un'azione di qualche tipo, la sintesi va trovata.
La seconda ragione (inizio partendo da un presupposto) è che quello che voi ascolterete e vedrete adesso sono linee programmatiche che ho pensato avendo in mente un'assunzione di principio, ovvero che nel corso della prossima manovra finanziaria ci saranno più risorse per la cultura. Sembra una notizia da poco, ma non lo è. Devo riconoscere che chi è venuto prima di me ha già fatto parecchio, perché il Ministro Franceschini ha già aumentato il bilancio del Ministero. Da parte nostra c'è la volontà di continuare in questa operazione (oggi non citerò numeri, ma quando comincerete a vedere i numeri constaterete che l'ambizione è alta, quindi non andiamo per passaggi incrementali, ma per un vero e proprio cambio di passo): questo sarà ovviamente uno dei temi di dibattito del prossimo autunno, quando parleremo della legge di bilancio. Penso che questo possa aiutare a capire la ragione per cui alcune delle cose di cui parleremo sono affrontate in un modo e non in un altro; personalmente, penso che questo Paese abbia bisogno di un cambio di direzione, cioè devono considerarsi finiti gli anni in cui si è fatta spending review, si sono messi a posto i conti pubblici andando a tagliare le spese per la cultura. La cultura, a differenza di altri Ministeri, non fa rumore; quando si taglia è difficile che qualcuno se ne accorga, perché non si va a sostituire una macchina che si rompe, o la persona che va in pensione: si taglia piuttosto un piccolo finanziamento al teatro di provincia che così farà una replica in meno. Ripeto, chi è venuto prima di me se ne era già accorto e ha già provveduto ad andare in una direzione differente. Questo continuerà nel corso della mia azione politica.
Sono abituato a parlare per slide, quindi ho usato questa forma e mi scuso se abbiamo perso qualche minuto per approntarla. Ho cercato di impostare la presentazione in due diverse sezioni: la prima vuole essere la più alta possibile non tanto per il valore di quello che dirò, quanto per l'approccio. Vorrei condividere con voi i princìpi fondanti e le cose che, a mio avviso, non abbiamo ancora capito e devono essere affrontate e, quindi, parlare più dell'aspetto teorico che incorporerà tutta l'azione politica a seguire. La seconda parte è più pratica e affronta una serie di iniziative che abbiamo intenzione di portare avanti nel corso della Legislatura. Alcune saranno messe in atto immediatamente; altre solo dopo una fase di studio; altre, ancora più avanti, perché banalmente hanno bisogno di un corpo sia normativo che di risorse finanziarie più cospicue. Nelle occasioni successive cominceremo a temporizzarle, andando per priorità; tuttavia, mi sembrava giusto offrirvi una panoramica generale.
Inizierei partendo dai princìpi. I princìpi sono utili: leggendoli, appaiono un po’ retorici e sulla retorica non sono bravissimo; però c'è un momento in cui serve Pag. 5esplicitarli per capire di cosa stiamo parlando.
Innanzitutto, come vedete, ho messo al primo punto i ponti culturali, cioè il ruolo che può avere la cultura (qui parliamo di cultura in senso lato, poi andremo a definirla) all'interno della nostra società. A mio avviso, nella nostra società esistono situazioni di divario e scollamenti a livello territoriale: lo vediamo in particolare quando andiamo nelle periferie. Vengo dal nord e, se parlo di Milano, so cosa vuol dire abitare nel centro di Milano e cosa vuol dire abitare fuori dal giro della 9091, la circonvallazione: è come se fossero due città diverse, le amo entrambe, ma dobbiamo partire dalla presa di coscienza di quello che c'è.
Non sottovalutiamo l'aspetto generazionale: generazionale per la storia, per tutto quello che ha significato l'avvento della tecnologia e anche per l'evoluzione di un sistema educativo che ha sbilanciato la formazione di base e l'approfondimento culturale all'interno delle generazioni. Non sta a me dire se fosse giusto o sbagliato, è una presa d'atto. Il mio ragionamento è che la cultura, che non è una bacchetta magica in grado di risolvere tutti i problemi del nostro Paese, sicuramente può però giocare un ruolo molto importante per riannodare, per sanare, per fortificare un tessuto sociale che rischia di strapparsi.
Abbiamo parlato di centri e periferia, città e comunità; non dimentichiamoci poi un aspetto molto importante della cultura, cioè le ricadute di natura economica. Parliamo di un patrimonio culturale che va da Pompei ai circhi, considerando l'intero spettro di cui ci occupiamo all'interno del Ministero. Un patrimonio culturale, a mio avviso unico al mondo: sicuramente abbiamo la fortuna di partire da un livello che altri Paesi ci invidiano. Questo è un valore che va tutelato, conservato e valorizzato (poi ragioneremo sulle formule della valorizzazione).
A mio avviso, ci sono almeno tre aspetti che possono essere prodotti da un uso intelligente, accurato e anche oculato della cultura. Il primo è l'aspetto di produzione di conoscenza. Vi faccio un esempio: quando sono stato sui luoghi del sisma, mi sono reso conto dell'esperienza e delle competenze che i nostri restauratori hanno sviluppato nelle operazioni di recupero. Ho visto crocifissi marci perché rimasti per un anno sotto l'acqua, sotto le macerie. Se esiste una persona al mondo in grado di salvare quei crocifissi, l'abbiamo in Italia: questo è un livello di conoscenze di cui dobbiamo essere orgogliosi per il nostro Paese, al di là di come la pensiamo politicamente, questo fa parte del nostro essere italiani.
C'è poi un aspetto di nuove filiere economiche. Si parla tanto di start-up, di nuovi tipi di imprenditorialità: in quest'ambito la cultura può giocare un ruolo molto importante sia dal punto di vista di produzione e di profitto – quindi di soldi che vengono generati da un'attività culturale o creativa – sia dal punto di vista di lavoro. In particolare, se pensiamo ad alcuni territori del nostro Paese, l'uso oculato, intelligente e anche strategico dell'industria culturale può portare benefici importanti a livello di occupazione, perché andrebbe a sostituire industrie di altra generazione che oggi, probabilmente, non hanno più i presupposti economici per stare in piedi da sole.
Sono contento di non avere più il turismo all'interno del Ministero. Penso che aver scorporato il turismo dal Ministero possa essere un'opportunità per due ragioni: la prima, perché il 70 per cento delle competenze del settore turismo riguardava aspetti di natura fiscale e, non avendo competenze di questa natura, si trattava, per certi versi, di una forzatura. In secondo luogo, perché in base al ruolo dello Stato, all'interno del turismo, sic rebus stantibus, cioè nella situazione attuale, non c'era di fatto una grande possibilità di manovra. Vedo, invece, la possibilità di focalizzare le politiche di natura culturale sulle esigenze, laddove le ricadute in termini di turismo, e non solo in questo settore, sono uno dei valori e delle realizzazioni che possono essere conseguiti. Possiamo guardare sia l'impatto che l'attività turistica ha sui beni culturali, sia le ricadute che l'attività culturale ha in termini di turismo con freddezza, con serenità e con uno sguardo Pag. 6adulto, cioè evincendo dai fatti se la cosa può essere positiva o non esserlo.
L'ultimo principio da cui vorrei partire è uno sforzo. Non è semplice e non vi garantisco che ci riuscirò al cento per cento. Chiunque di voi sia stato in una macchina ministeriale sa che un conto è osservarla dall'esterno, altro è entrarvi e cominciare a vedere quanto possa essere complicato conoscere tutto dal principio; mi piacerebbe aumentare il livello di trasparenza e il livello di partecipazione ai processi decisionali.
Trasparenza: non è facile, ma vuol dire comunicare il più possibile quello che sta succedendo prima che si arrivi al punto finale, quando potrebbe essere troppo tardi per capire, in quanto a quel punto spesso si vedono solo le conseguenze. Raccontarvi come si è arrivati ad una decisione, forse può non trovarvi d'accordo, ma rende trasparente quanto sta succedendo.
Quanto alla partecipazione, sono dell'opinione che qualcuno che decide ci debba essere: un pullman non si guida in 50, ci vuole un autista al volante; ma se gli altri 50 partecipano alla definizione della direzione, questo può favorire una scelta consapevole e in linea con le esigenze, le richieste e le aspettative di un certo settore civile; auspicabilmente, scelte in cui la motivazione degli attori del settore aiuta il raggiungimento di risultati che altrimenti non potrebbero esserci.
Qual è il prezzo da pagare? Il prezzo da pagare saranno i tempi, perché ovviamente la trasparenza e la partecipazione richiedono più riunioni, maggiori risorse in termini di ascolto, più tempo per ascoltare i diversi soggetti, tornare indietro sui ragionamenti quando questi lo richiedono. Non sempre sarà possibile farlo nei termini in cui mi piacerebbe, ma è un punto importante su cui vorrei veramente impostare una parte della credibilità di questo Ministero.
Parliamo di priorità. La prima cosa che mi è stata raccontata è che il funzionamento del Ministero in questo momento è subottimale, il che vuol dire (faccio un ragionamento da tecnico di organizzazione) che probabilmente per andare dal punto A al punto B ci mettiamo più tempo e più risorse e non è detto che riusciamo ad arrivarci. Questa è una considerazione che faccio in maniera molto fredda, cioè semplicemente guardando il risultato. Sulle cause possiamo discutere, ma dobbiamo partire dal presupposto che in questo momento il Ministero non sta funzionando al meglio e, pertanto, la prima cosa che vorrei capire è cosa fare per riuscirci.
Oltre al tema delle risorse finanziarie, c'è quello delle risorse umane, in termini di numero, qualità e competenze: per me è una priorità, è una delle primissime cose di cui ci dobbiamo occupare, cercando di individuare soluzioni accettabili e sostenibili.
Di maggiori risorse per la cultura abbiamo già parlato: più soldi da utilizzare per assumere, investire ed acquistare ciò che serve realmente. In questo caso c'è qualche margine di miglioramento per valutare con il buonsenso del padre di famiglia, come dice il Codice civile, il costo di ciò che si sta comprando: questo a mio avviso va fatto.
Diplomazia culturale. Non mi ero reso conto di quanto Matera 2019 sia famoso in Europa, anche perché era un po’ che non viaggiavo per l'Europa: andavo in altri continenti e non mi ero posto questo problema.
Appena l'ho scoperto mi sono reso conto che abbiamo tra le mani, sia dal punto di vista mediatico, sia culturale, un'occasione unica che non possiamo perdere: Matera 2019 deve diventare una delle principali attività all'interno di un più grande e complessivo sforzo di diplomazia culturale, che mi impegno a portare avanti per il tempo in cui avrò l'onore di servire il Paese in questo ruolo.
Non c'è solamente Matera. La diplomazia culturale secondo me è un presupposto ancora più forte. Che ci piaccia o no, che sia quello che vogliamo oppure no, all'estero siamo conosciuti principalmente per la cultura. Frequento abbastanza la Cina, dove siamo conosciuti per la cultura e per il calcio; in altri Paesi soprattutto per la cucina, in altri per l'opera. Alla fine, però, torniamo sempre all'ambito culturale, anche se (lo dico con una punta di rammarico, Pag. 7 perché è un settore che ai tempi frequentavo) non siamo conosciuti nel resto del mondo per le nostre capacità di ricerca scientifica. Tuttavia le possediamo, sono fantastiche, facciamo cose che altri non fanno, tuttavia quell'immagine non ci appartiene. Se si pensa alla ricerca scientifica, vengono subito in mente i laboratori cibernetici della Siberia piuttosto che Albuquerque nel Nuovo Messico; eppure in Italia facciamo cose fantastiche.
Nessuno mette in discussione il fatto che l'Italia sia uno dei Paesi leader in ambito culturale: quindi usiamo questa considerazione come un'opportunità. Sfruttiamo in maniera mirata questo tipo di canale diplomatico. Non potendolo fare personalmente, mi avvalgo appositamente di un consigliere diplomatico, perché questo è un mondo che va gestito con le logiche, il gergo e le procedure del mondo delle relazioni. Attraverso qualche indicazione dalla Farnesina, c'è tutto un mondo da far quadrare. Matera può darci per un anno la ribalta, giochiamocela bene, perché è un'opportunità che possiamo cogliere a livello di immagine dell'intero Paese.
Una delle priorità, a mio avviso, è capire, gestire e forse migliorare i processi di selezione e di attribuzione di risorse finanziarie ai progetti che vengono presentati. C'è tutto il tema dal Fondo unico per lo spettacolo su cui torneremo; ma la mia priorità non è tanto sul merito della regola dell'algoritmo o quant'altro, quanto l'aspetto della credibilità. Appena arrivato, il 2 giugno (era pure festa), ho iniziato a ricevere messaggi da una serie di soggetti che non avevano ricevuto il contributo voluto. Non entro nei dettagli, perché credo che ci siamo capiti. Quello che mi ha colpito è che ciò avveniva a prescindere. Se c'è un concorso e arrivi quarantatreesimo, sei quarantatreesimo. Invece, si lamenta sia chi è duecentocinquantesimo, sia chi arriva duemillesimo o secondo: questo significa che probabilmente (voglio usare «probabilmente» perché non ho certezze, ho solo il sospetto) c'è un tema di credibilità; forse non siamo credibili o non lo siamo abbastanza, non abbiamo messo in atto processi sufficientemente credibili all'esterno, per far sì che la selezione che è stata fatta, che non è mai perfetta, sia accettabile.
Con un minimo di esperienza nell'Unione europea, vedo la differenza. Questo è un tema su cui dobbiamo vigilare. Più si va verso una scelta meritocratica, più si andrà verso il non contributo a pioggia; più si va verso la selezione dei progetti su cui puntare, più si dovranno restringere le scelte.
L'ultimo è un tema a cui tengo particolarmente. È la prima volta in vita mia che sono un dipendente pubblico, ho fatto solo per un anno il funzionario europeo, ma non ho mai lavorato per lo Stato. Quello che percepisco è un po’ di avvilimento dei colleghi del Ministero, come se lavorare nel privato fosse meglio per definizione. Può darsi, io vengo dal mondo del privato e posso dire di avervi lavorato benissimo. Se attraverso l'esempio, il dialogo e anche un minimo di azione politica si riuscisse a dare l'1 per cento in più di autostima a chi lavora nella macchina dello Stato, faremmo una cosa molto positiva. Per me essere servitore dello Stato è molto importante ed è giusto che chi lo fa senta il prestigio di questo tipo di attività e avverta contemporaneamente anche il senso di responsabilità che l'opera di un servitore dello Stato può generare nei confronti della collettività, attraverso un maggior rigore nei comportamenti e una più ampia rappresentatività nei confronti della società. So che può suonare retorico ma, come vi avevo anticipato, quando parleremo di questioni più concrete, scenderò più nel dettaglio.
Il nome che ho trovato è «cantieri da attivare». Ci sono aspetti per i quali personalmente non ho la soluzione e, onestamente, non penso che ne esista una applicabile; però penso che valga la pena riflettere e cercare di analizzare le tematiche che vi sottolineo.
La prima è l'organizzazione del Ministero. Musei, grandi musei, piccoli musei, medi musei, Sovrintendenze uniche, sapete di cosa sto parlando. Ho capito che chi lavora nel Ministero non è soddisfatto, come ho già detto, di come sta funzionando ma, allo stesso tempo, non vorrebbe vivere un altro cambiamento organizzativo. Ciò è per Pag. 8me comprensibile perché, avendo cambiato diverse organizzazioni nel corso della mia vita professionale, ho avuto modo di constatare che, ogni qualvolta si mette in campo un cambiamento organizzativo radicale importante, è necessario far trascorrere del tempo affinché le persone possano metabolizzarlo. Infatti, cambiamenti troppo frequenti rischiano di scollare completamente le persone dalla struttura e dai processi (scusatemi se parlo in termini molto aridi). Ciò non vuol dire che un'organizzazione debba essere mantenuta per sempre esattamente così com'è; tuttavia, prima di muoversi, a mio avviso, andrebbe fatto un carotaggio, un'analisi e magari una sperimentazione piuttosto oculata per farlo a ragion veduta, perché il rischio di creare ulteriore spaesamento nei colleghi che si occupano del Ministero è concreto ed è un rischio che non possiamo permetterci di correre.
Quanto al rapporto pubblico/privato, intervengo partendo da un presupposto: a me il settore privato piace, perché ha possibilità, forze, energie e motivazioni che il settore pubblico non ha. Quest'ultimo, viceversa, ha attenzioni, finalità e un rigore che il settore privato non avrà mai. Dobbiamo, pertanto, riuscire a far funzionare bene il pubblico in sinergia con il privato. Mi sto accorgendo che nel nostro campo, per prassi o per consuetudine o anche banalmente per effetto della normativa, non abbiamo paletti che possano aiutare chi deve prendere una decisione dal lato pubblico, interagendo in modo corretto con il privato. Non vi cito il caso, ma ho visto un bando di gara in cui il canone di concessione pubblica nei confronti di un privato, da un'edizione all'altra è stato aumentato di dieci volte; come dire che nel centro di Bologna un metro quadro va da 1.000 a 10.000. Qualcosa non mi torna. Il mercato è mercato, l'ultima cosa che voglio è imporre uno stile sovietico, rigido; ma, a mio avviso, c'è un po’ di nebulosità in questo mondo che – nel massimo rispetto della serietà, della professionalità e anche della buona fede degli attori, perché non dobbiamo fare la caccia a nessuno – impone un ragionamento che guardi anche alle esperienze internazionali. Non è infatti un problema che abbiamo solo in Italia: il mondo è pieno di situazioni dove i musei vengono dati in gestione ai privati; andiamo a vedere di cosa si tratta e cerchiamo di trovare una piccola cartina di tornasole che ci aiuti a prendere le decisioni in maniera corretta e tolga l'ansia al funzionario pubblico che si trova in situazioni per le quali può ricevere pressioni, temere ricorsi a qualsiasi autorità contabile o giudiziaria.
Sul tema dei giovani e la cultura mi soffermerà quando parleremo della 18App. Tuttavia, bisogna dire che ci troviamo davanti a una discontinuità dal punto di vista cognitivo. Che ci piaccia o no, uno degli effetti dell'evoluzione è che le giovani generazioni (parlo dei ragazzini dai 10 anni in su) acquisiscono e processano le informazioni in un modo diverso e, molto probabilmente, consumeranno cultura in modo diverso. Dobbiamo porci il problema di come incentivare il consumo di cultura, ma dobbiamo anche capire come farlo e di che tipo di cultura si sente il bisogno. Non sono sicuro di avere la risposta a questo; lo vedo nei diversi settori, dall'editoria fino allo spettacolo dal vivo, al cinema.
L'ultimo è un mio pallino: nuovi territori della cultura. Forse avete visto il Collegio Romano dove ha sede il Ministero. Il mio ufficio, come saprete, è nella biblioteca. Chi lavora lì dentro, alla domanda «cos'è la cultura?», viene automaticamente da rispondere che la cultura è qualcosa che parte nel ’600, proprio perché ci vivi in mezzo. Questo è quello che c'è, ma esiste anche uno sviluppo culturale che nel frattempo va avanti, che forse è più vivo e più visibile in certe zone d'Italia e che, a mio avviso, fa parte anch'esso del nostro patrimonio culturale.
È il caso della moda, che è anche commercio, perché il made in Italy genera fatturati e, senza quel settore, i nostri conti pubblici non sarebbero gli stessi di oggi. Dobbiamo quindi ringraziare chi si occupa di moda in Italia, ma non solo per questa ragione: la moda, in questi anni, ha sviluppato un valore di tipo culturale ed è assurdo non averla ancora mappata e inserita all'interno delle politiche culturali complessive. Penso che la moda, come altri Pag. 9settori, costituisca un'opportunità da cogliere nei prossimi tempi.
Questa è solo la prima parte, adesso passiamo alla seconda e vediamo quali sono le linee d'azione da fare.
Funzionamento del Ministero: si tratta di rivedere e focalizzare le sue strutture centrali nonché quelle periferiche con la loro articolazione sul territorio.
Molti di voi (perlomeno quelli della mia età) ricorderanno certamente la ristrutturazione degli uffici postali, quando il numero degli sportelli è passato da 14 a 2: i verdi e i blu, quelli con i soldi e quelli senza. Quel cambiamento organizzativo ha risolto la vita a una serie di persone: oggi si schiaccia un bottone e si prende il numero. Ricordo, invece, le code chilometriche e quanto fosse facile sbagliare lo sportello (sapete di cosa sto parlando). Tutto questo è stato supportato da un ingente investimento in software, non visibile perché si è verificato nel back office.
Penso che questo vada realizzato anche a livello di Ministero. Pur avendo fatto cambiamenti organizzativi che probabilmente semplificano la vita di chi si interfaccia con il Ministero (meno sportelli, tempi più certi), se non cambia nulla a livello di tecnologia, forse stiamo preparando il futuro a una serie di giustificazioni molto elaborate concettualmente, ma estremamente inefficaci nella pratica. Probabilmente questo è un tema di cui parlare centralmente (Roma) e sul resto del territorio, perché, come sapete meglio di me, questo è un Ministero molto diffuso sul territorio, è visibile praticamente in ogni comune d'Italia, e non dobbiamo dimenticarcene.
Passiamo alle persone. Ho in mente di procedere con un piano di assunzione straordinario, non limitato, in particolare per archivi, biblioteche, Sovrintendenze e musei. Innanzi tutto ricordo che c'è stato un blocco del turnover di fatto totale (quest'anno non c'è stato, ma negli anni scorsi c'è stata una riduzione degli organici tale da spingere sotto pianta organica). Data l'età media molto alta, è lecito aspettarsi un'uscita dal Ministero di centinaia di persone all'anno. Nel frattempo, i vuoti di organico sono stati fronteggiati, in alcuni casi semplicemente non mettendo nessuno, in altri con soluzioni creative (ad esempio, devo ancora capire quali siano gli scontrinisti). Anticipo un aspetto di cui forse parlerete in seguito, vale a dire il servizio civile, un modo buono, equo e anche fruttifero di coinvolgere il volontariato.
Questo è un settore che appassiona le persone, tanto che alcuni pagherebbero per poter andare in un museo. Pertanto, si farebbe un piacere a queste persone, traendone anche un vantaggio. Tuttavia, non dobbiamo nasconderci dietro un dito: servono migliaia di assunzioni nei prossimi anni (dobbiamo chiamare il problema con il suo nome) e dobbiamo trovare le risorse per farle fare bene (concorsi pubblici, contratti a tempo indeterminato a persone che abbiano una qualifica idonea, quindi laureati, storici dell'arte, archeologi, architetti), senza dimenticare la parte gestionale.
Uno dei problemi che abbiamo dal punto di vista qualitativo è che in una Sovrintendenza ci sono abbastanza storici dell'arte, un numero sufficiente di architetti, ma nessuno che sappia fare un bando e, dato che la Sovrintendenza vive anche di bandi, qualche economista gestionale o qualche giurista non guasterebbero.
Della definizione di procedure più tempestive e trasparenti abbiamo parlato prima.
Soldi. Partiamo dalla 18App, visto che è stato un tema piuttosto dibattuto negli scorsi anni. La situazione è questa: il Consiglio di Stato l'ha cancellata; ma dovrebbe essere oggetto della riunione di venerdì prossimo del Consiglio dei ministri: sarà prorogata per il 2018 e per il 2019; per il 2018 rimarrà com'è, senza cambiamenti; nel 2019, verranno introdotti alcuni correttivi. Il punto è che noi abbiamo il dovere morale nei confronti del Paese e delle giovani generazioni di cercare di incentivare il consumo di cultura. Vale quello che ho detto prima, ovvero dobbiamo capire bene quale tipo di cultura e come la si vuole utilizzare. Sulla base di ciò dovremo costruire un progetto che deve volare alto. Senz'altro dobbiamo puntare sui giovani, ma non solo sui diciottenni. Ci possono essere forme differenziate di supporto, vanno coinvolte le Pag. 10industrie creative. Se si tratta di un progetto di natura sociale, mi sento assolutamente titolato a chiedere a chi sta dalla parte dell'offerta di un bene culturale di fare la sua parte, in modo equo, senza mandare in bancarotta nessuno: un patto tra me che finanzio e chi mi dà una mano a rendere più fruibile, più accessibile il bene o l'attività culturale. Penso che questa sia una santa alleanza da mettere in campo, con una particolare attenzione ai gruppi sociali più fragili. Senza retorica, non siamo tutti uguali: ci sono situazioni (che ci piaccia o no, dobbiamo dircelo) ad altissimo rischio di emarginazione sociale, per le quali (vedremo di trovare le forme) un uso quasi millimetrico di irrigazione a goccia della cultura può contribuire a togliere qualcuno dalla strada, fornendo un'alternativa al tornare ai giardinetti dove non è possibile fare nulla di apprezzabile dal punto di vista sociale e dargli un futuro. Se ci riusciamo, avremo fatto qualcosa di molto importante.
Incremento del sostegno statale ai piccoli musei. C'è una realtà museale che è difficile che possa stare in piedi da sola e per la quale è comunque difficile pensare, per il futuro, ad una soluzione di piè lista, in base alla quale a qualsiasi costo debba provvedere lo Stato. Questo sarebbe un segno di patologia, non di buona gestione; occorrerà, perciò, trovare formule, anche attraverso reti o poli, affinché aumenti il sostegno, e sia sostenibile e più generosa la ripartizione delle risorse generate dai grandi musei, quelli che hanno una capacità di attrazione già dentro il loro obiettivo strategico.
C'è bisogno a mio avviso di maggiori risorse per quei progetti più innovativi e un po’ di frontiera già iniziati. C'è la Direzione generale che si occupa di architetture e periferie urbane e quella che si occupa di educazione; però i budget a disposizione sono molto limitati: stiamo parlando di bandi da poche centinaia di migliaia di euro. Credo ci sia bisogno di dare un pochino più di energia. L'educazione è un tema importante su cui dobbiamo veramente scommettere; ma dobbiamo metterci le risorse giuste: se siamo sotto scala rischiamo di perdere molto tempo per avere poi risultati assolutamente inadeguati.
Il Ministero è abbastanza bravo a gestire i fondi europei: non c'è una situazione tragica di risorse non spese su cui intervenire. Ci sono molti fondi europei, quindi dobbiamo continuare e migliorare (essendo magari più veloci e più incisivi) nello spendere le risorse. Mi riferisco soprattutto a Pompei e ai centri storici, progetti già mappati, e altre iniziative, quali l'industria creativa.
Noi finanziamo diversi istituti culturali, non stiamo parlando di grandi risorse, ma in alcuni casi permane una specie di consuetudine, che pur essendo bella e buona, andrebbe rinvigorita. Occorrerebbe una riflessione critica anche solo per spronarli perché a volte sono un po’ intorpiditi: basterebbe andare a vedere come spendono le poche migliaia di euro che ricevono.
Sull'obbligo di trasparenza penso sia inutile tornare.
Tutela: ci sono fior di tecnologie che possono aiutare una tutela, una protezione del patrimonio in maniera importante, dobbiamo assolutamente investire.
Mappatura dei beni culturali. Non sono sicuro che conosciamo tutti i beni culturali che abbiamo. Tenete conto che quello di cui ci occupiamo al Ministero è solamente una parte: ci sono beni al di fuori del Ministero che scopriamo ogni giorno. Ecco perché, secondo me, va fatta una mappatura prima di mettere in moto meccanismi di finanziamento economico che vadano ad intercettare tutti i beni culturali presenti in Italia.
Altrettanto importante è la digitalizzazione. È già partita ed è già previsto che vada avanti nel futuro: vorremmo potenziarla. Sarebbe importante arrivare al Catalogo digitale nazionale per tutto quello che ne conseguirà (vedi diritto d'autore, Google, immagini): se abbiamo un patrimonio, cominciamo a quantizzare su questo.
Poi c'è il tema dei siti UNESCO. L'Italia è il principale Paese (siamo ancora i primi e continueremo ad esserlo, dobbiamo rimanere davanti agli altri) per quanto riguarda i siti UNESCO. Guardare cosa stanno facendo i siti UNESCO, mettendoli in rete, Pag. 11dando loro più ossigeno, può aiutare una politica culturale sul territorio che vale la pena valorizzare.
Valorizzazione. Mi è stato chiesto cosa penso delle domeniche gratuite. Posso dirvi che rimarranno. Quindi, i turisti che ad agosto e a settembre verranno alla domenica gratuita entreranno gratuitamente. Ad ottobre, non lo so: probabilmente entreranno ancora gratuitamente; poi, da novembre in poi, vedremo. Qual è il tema, al di là delle battute? Stiamo parlando di marketing culturale. Se io fossi un direttore di un museo, chiederei due cose: in primo luogo, di essere lasciato un pochino più libero di fare politiche di pricing, di prezzo, tariffa, orario, segmentazione di un certo tipo. In secondo luogo, se anche ci fosse qualcosa a livello nazionale, di poter avere la deriva a livello locale; perché il museo a Mantova e il museo a Roma potrebbero non essere esattamente la stessa cosa (stagionalità diversa, fruizioni diverse). La domenica gratuita è stata pubblicizzata sui giornali e ha aiutato a richiamare l'attenzione sulla frequentazione dei musei (questo bisogna riconoscerlo, è un dato di fatto). Sono aumentati i turisti: i numeri lo testimoniano. Prendiamolo come un punto di partenza. Vediamo, però, d'ora in avanti come possiamo muoverci. Secondo me ci sono varie opportunità che possiamo mettere in campo con l'obiettivo di dare una migliore valorizzazione ai beni che abbiamo, probabilmente distinguendo per fasce di età.
Il tema vero è il dato. Non sono sicuro che abbiamo i dati giusti sulla frequentazione. Però ho scoperto che gli enti locali sono molto informati riguardo a questo perché magari da anni hanno profilato le tessere e hanno raccolto una serie di dati utili per aiutarci a gestire.
Quanto ai criteri di omogeneizzazione per la valorizzazione, come vi dicevo prima, forse non abbiamo un'omogeneità. Reti museali attraverso forme di card potrebbe essere una delle soluzioni per dare più fiato e permettere una valorizzazione anche dalle realtà museali più piccole.
Poi, dulcis in fundo, il discorso della moda.
La moda in Italia non ha visibilità se non presso fondazioni private. Non c'è niente: c'è un unico museo a Milano che, in realtà, è uno spazio espositivo, perché non possiede una collezione permanente. Se ci pensate, è ridicolo, perché il museo della moda si trova in Francia, in Inghilterra, un domani si troverà in Russia o in Cina; ma non si trova in Italia. In seguito si potrà fare un convegno per discutere dove collocarlo; ma dobbiamo porci il problema di dare visibilità e dignità a tutto quello che è moda e accessorio; ovvero, non il vestito, ma tutto quello che gira all'interno di questo settore: la ritengo un'opportunità.
Spettacolo dal vivo. Servono più soldi, serve rivedere gli algoritmi. Se tutta questa gente si lamenta, una ragione ci sarà. Può darsi che non sia solo un discorso di credibilità: magari c'è qualche numero che, una volta applicato, dà risultati che non ci piacciono. Sarebbe opportuno emanare i decreti attuativi: la normativa è da mettere a punto. È un tema di cui dobbiamo occuparci.
Volevo spendere due parole sulle fondazioni lirico-sinfoniche. Costituiscono un patrimonio del Paese e non saranno mai finanziariamente autosufficienti: per esserlo dovrebbero fare La Traviata di 20 minuti a raffica, ma non credo che possa aiutare il Paese. Dobbiamo dare loro credibilità, supporto e scommettere sul loro futuro. Detto questo, si devono avere accortezze a livello di governance e affrontare specificità gestionali per metterle in sicurezza. Ciò che mi interesserebbe è assicurare il supporto da parte dello Stato, purché programmabile. Il piè di lista o il buco di bilancio da coprire, come anche l'emergenza finanziaria, dovrebbero costituire un'eccezione, ma non sono sicuro che questa sia la situazione attuale. Dobbiamo quindi entrare nel merito e valutare, perché ogni situazione è diversa. La Scala sta a Milano, con tutto quello che gira attorno a Milano, e il Petruzzelli sta a Bari con quello che gira attorno a Bari: pertanto, non ci sarà una ricetta unica che vada bene per tutti. Però dobbiamo porci il problema perché questa è una scommessa molto importante. E non dimenticate che questo è Pag. 12uno degli aspetti culturali per cui l'Italia è più visibile: tutti nel mondo conoscono l'opera e l'assegnano all'Italia come tratto culturale distintivo.
Il titolo che avevo pensato era più ampio, però, per semplicità, ho messo «audiovisivo». Qua dentro metteteci tutto quello che può girare dal libro, al cinema, alla musica. Il punto di partenza è che questo è un settore che si sta trasformando molto velocemente, dove il rischio di trovarci in una situazione di un'industria italiana spiazzata, o disassata rispetto alle dinamiche globali, c'è. Non so quale sia la soluzione: è uno dei famosi cantieri di cui dobbiamo occuparci, chiamandolo con il suo nome. Oggi c'è un gestore di logistica che a costi irraggiungibili per chiunque altro riesce a fare consegne puntuali in tutto il territorio nazionale e ci sono piattaforme che distribuiscono musica, video e altro. La mia impressione è che la nostra industria sia rimasta a valutare situazioni di qualche anno fa e che in questo momento non abbia una risposta davanti a queste sfide. Neanch'io ho la risposta: dobbiamo cercarla assieme. In questo campo la politica e l'industria non possono procedere separatamente: è veramente un tema da affrontare con estrema serietà ed energia in tempi brevissimi, perché l'evoluzione non ci aspetta.
Sulla SIAE stiamo già lavorando con Vito Crimi e la Presidenza del Consiglio, perché è in atto una trasformazione. Stiamo uscendo da una situazione di monopolio e dovremo trovare una formula o perlomeno aiutare i soggetti a trovare un'armonia di operato per il futuro.
Ho scoperto che i fondi del cinema che distribuiamo sono leggermente inferiori a quelli disponibili; quindi va fatto un piccolo aggiornamento. Ci sono più risorse che possiamo mettere a disposizione per il cinema dal 2019 in poi. Ci sono alcuni aspetti di natura algoritmica da mettere a posto anche nei fondi del cinema; non è come il Fondo unico per lo spettacolo, è una cosa più limitata, però c'è un'opportunità anche qui.
Normativa. Abbiamo diversi cantieri aperti sulla normativa: dobbiamo emanare i decreti attuativi sullo spettacolo dal vivo; occorre terminare gli elenchi dei professionisti dei beni culturali (legge 110 del 2014) che in tanti stanno aspettando. Giusto o sbagliato che sia, si tratta di un'aspettativa presente nel Paese e non possiamo far finta che non ci sia.
C'è un'opportunità (questa è una richiesta del settore) nel campo dell'architettura. Alcuni Paesi hanno una legge sull'architettura che regola determinati aspetti. A mio avviso, in questo momento, non abbiamo bisogno di un'ulteriore legge sull'architettura – che potrà essere emanata magari in futuro, non lo escludo –: è opportuno mettere a punto linee guida che un domani potrebbero evolvere in una legge. Non dimentichiamoci che l'architettura sta cambiando: si sta andando verso una situazione da consumo di suolo pari a zero, dove si deve praticamente rifare quello che c'è già, usando un certo tipo di tecnologia e interfacciandosi con tematiche, conoscenze e competenze molto diverse da quella che era una volta l'essenza del mestiere dell'architetto.
Non vi voglio annoiare: pensate solo all'evoluzione sociologica delle metropoli moderne. Ormai in Italia si stanno evidenziando queste macro metropoli che vanno da Roma a Napoli, da Milano a Torino, con propaggini fino a Brescia. Abbiamo dimensioni dove ci confrontiamo con Cionchin o con Shanghai; abbiamo metropoli lunghe 100-150 chilometri, dove fare l'architetto probabilmente ha un valore, ha un significato e anche un ruolo completamente diverso da quello che aveva Gio Ponti quando costruì il grattacielo Pirelli a Milano. Non stiamo parlando di 500 anni fa, stiamo parlando degli anni ’60, quindi già questo potrebbe aiutarci.
Il punto sul Codice dei beni culturali e del paesaggio è una richiesta che mi viene dal Nucleo di tutela del patrimonio, il quale mi fa presente di trovarsi, a seguito della piccola revisione al Codice di procedura penale, in alcuni casi leggermente limitato nell'attività investigativa, perché il reato è stato declassato. È una sciocchezza: basta mettere a punto un paio di termini, aggiungere sei mesi di qua o di là e si ridà Pag. 13operatività ai veri difensori del patrimonio: li ho conosciuti in queste settimane e sono fantastici, abbiamo Carabinieri bravi e specializzati! Questo mi mette in grandissima tranquillità, se non ci fossero dovremmo inventarli.
Passiamo alle industrie culturali. Si tratta di una buona iniziativa: dare ossigeno alle industrie culturali può essere utile. Ad oggi abbiamo veramente messo poche risorse: in bilancio c'è uno stanziamento di 500.000 euro per quest'anno. Ma ci sono fondi europei che vanno capitalizzati: probabilmente, ricollegandomi al discorso che facevo all'inizio, la questione va inquadrata nell'evoluzione dell'industria culturale con i cambiamenti in atto, cercando di privilegiare gli operatori e i settori che riteniamo strategici per il Paese.
Diplomazia culturale: ne abbiamo già parlato, ma volevo ragionare su due aspetti. Sono stato a Matera la settimana scorsa e ho visto che ci sono ritardi. Non sono un esperto di lavori pubblici, ma a sei mesi dalla data non credo che ritardi dal punto di vista strutturale possano essere completamente recuperati. A mio avviso, si potrà arrivare a recuperarne a sufficienza, ma quello che a suo tempo era stato previsto non potrà esserci per il 19 gennaio del 2019: lo dice il Ministro dei Beni culturali; quindi, se qualche mio collega può smentirmi, che lo faccia: ne sarò contento.
Stiamo però parlando di «Matera, capitale della cultura», non «capitale dei lavori pubblici», quindi, la risposta a questo ritardo è esagerare sull'altro fronte, nel senso che se siamo in ritardo su un fronte, dobbiamo fare il 101 per cento sull'altro. Avevamo previsto di fare una cosa? Ne faremo tre. Avevamo previsto di fare cinque cose? Ne faremo otto. Avevamo previsto di fare due balletti? Ci metteremo dentro anche un'opera. È una chiamata alle armi: dobbiamo mobilitare le risorse culturali di questo Paese, perché questa è una vetrina che abbiamo oggi e poi non avremo più. Mi rivolgo, in particolare, a chi di voi viene dalle regioni del Mezzogiorno: quando Milano ha vinto l’Expo, nessuno ne metteva in dubbio le capacità gestionali; poi potevano esserci litigi tra la regione e il comune, ma nessuno era preoccupato per il fatto che l’Expo fosse a Milano, perché Milano è Milano. Matera non è Milano e qua ci stiamo giocando la credibilità che ha il Mezzogiorno nel gestire iniziative di un certo tipo, e stiamo ragionando banalmente di autostima. Questa è una scommessa che non possiamo perdere, altrimenti resteremo con le orecchie basse per anni, convinti che tanto non ce la possiamo fare. Anche a Milano eravamo in ritardo, diciamocela tutta. Il famoso canale che doveva arrivare all’Expo non c'è mai stato. Va bene. Ora abbiamo quest'opportunità e ce la dobbiamo giocare fino in fondo. Qui veramente vi chiederò una mano. Ci sono già risorse e attività. Dobbiamo fare qualcosina di più. Dobbiamo lavorare anche di creatività per tirare fuori cose nuove, spiazzanti, innovative: il famoso effetto «wow», che sconvolgano, stupiscano un po’ il mondo.
Quanto al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, come sapete, non ha un rapporto diretto con gli istituti italiani di cultura. Sono contento di questo. Quello che possiamo fare è offrire agli istituti italiani di cultura, in maniera sistematica e armonica, una serie di produzioni, servizi culturali e altro, da utilizzare per far conoscere il nostro Paese. Mi metto nei panni del direttore di un istituto italiano di cultura. Ricordo che a Budapest, negli anni Novanta, c'era il professor Pressburger, un genio, che nella sede di fine Ottocento dell'istituto italiano di cultura al centro di Budapest, ha fatto mettere, non so se una Punto o un'altra auto della FIAT nel salone centrale. Perché? Perché era design italiano, era il suo slancio per far vedere che l'Italia non era solamente Dante, ma anche produzione industriale, estetica, ingegneria e altro. Di cento istituti italiani di cultura e oltre, ce ne sarà uno che si comporta così, trenta che non sanno che cosa fare, ottanta che si arrangiano magari prestandosi le cose, fermo restando che rimangono autonomi; ma noi, molto umilmente, possiamo mettere a disposizione qualcosa che abbiamo già: mostre, reperti archeologici, cose da esporre. Se vorranno utilizzarle, sarà un lavoro in sinergia molto utile e che farà bene al Paese. Pag. 14
Fruizione. Stiamo parlando di barriere architettoniche, di interazione. Ci sono esperienze molto interessanti di realtà virtuale applicata, ad esempio, alla fruizione museale che, a mio avviso, vale la pena ricondurre anche all'ambito statale.
Infine, c'è la formazione. La formazione è importante. La ragione per cui l'ho lasciata per ultima è che si tratta di una delle assi portanti su cui dobbiamo lavorare. Questo vuol dire – e mi ricollego al discorso sui giovani e la cultura – far conoscere, far venir ai giovani fame di cultura. Si tratta di questo, quasi di conquistarli, di far loro venire il desiderio di consumare la cultura, qualsiasi tipo di cultura vorranno: musicale, museale, non m'importa. L'importante è che abbiano una sensibilità e che possano scegliersi la cultura che vogliono perché fin da giovani l'hanno assaporata e sperimentata.
Non c'è, però, solo questo. C'è il lavoro nelle scuole e c'è il discorso universitario. Io vengo da quel mondo e una limatina ai programmi probabilmente dobbiamo darla. Vi dicevo che i programmi li facevo, quindi faccio autocritica: li abbiamo fatti spesso guardando le idee e le capacità dei docenti e magari guardando un po’ meno quello di cui c'era bisogno. Il rischio di formare professionisti dei beni culturali con in mente un'idea di bene culturale di dieci anni fa c'è ed è seria. Anche qua, ci vuole poco. Ci vuole la giusta attenzione e un po’ di risorse, se sarà necessario, per fare un investimento di questo tipo.
Infine, e qua concludo, c'è il discorso del restauro che è rimasto un po’ appeso tra le due legislature. Me ne faccio carico. Mi scuso con i restauratori che stanno aspettando una definizione e spero di potergliela dare in tempi molto brevi. Questa è una delle professioni fondanti, di cui abbiamo un disperato bisogno. Abbiamo professionisti molto, molto validi, che vanno solo accompagnati e valorizzati: su questo dobbiamo investire.
Vi ringrazio della pazienza biblica che avete avuto nell'ascoltarmi. Resto a disposizione per i vostri commenti.
PRESIDENTE. Chiede di intervenire sull'ordine dei lavori l'onorevole Aprea, alla quale do la parola.
VALENTINA APREA. Abbiamo ascoltato quindici questioni importantissime dal ministro e, pertanto, ritorno sulla decisione dei tempi. Io sono per il contingentamento. Accettiamo sicuramente di fare interventi brevi ma efficaci, ma chiedo di passare dai dieci minuti previsti a quindici. Sono stati assegnati dieci minuti, tra Camera e Senato, a ogni Gruppo, anche di opposizione. Vi chiedo un po’ di flessibilità. Ritengo che su quindici punti le forze di opposizione possano avere necessità di parlare per più di dieci minuti. Grazie.
PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Aprea. Poiché abbiamo un tempo definito per quest'audizione, siamo tenuti a rispettare i tempi per fare in modo che tutte le persone prenotate possano parlare. L'eventualità di parlare per ulteriori cinque minuti può essere concessa probabilmente nella seduta del 17, arrivando così a quindici minuti. Chiedo a tutti, però, flessibilità sì, ma anche rispetto per i colleghi. Se qualcuno utilizza più tempo per sé, lo toglie ad altri colleghi, anche di altra opposizione. Chiedo, quindi, il rispetto dei tempi.
FEDERICO MOLLICONE. Intervengo sull'ordine dei lavori, presidente.
Ho scritto anche un’e-mail ufficiale come Gruppo Fratelli d'Italia. Ringrazio gli uffici, che sono stati molto gentili, anche su sua indicazione, a spiegarci tempestivamente l'organizzazione del dibattito, ma mi unisco anche alla richiesta di Forza Italia. Su questioni di indirizzo così importanti, e ringrazio il ministro per aver illustrato in maniera esaustiva e dettagliata i suoi nuovi indirizzi, sarebbe più giusto avere più tempo per approfondire.
Peraltro, ci sono questioni molto urgenti che riguardano fatti delle ultime ore su cui vorremmo risposte precise. Pensiamo che almeno nel secondo giro, già in quest'incontro, ci possa essere la possibilità per i Gruppi di avere qualche minuto in extra time. Grazie.
PRESIDENTE. Nel rispetto della tempistica, sarà valutata la possibilità di intervenire già in questa seduta.
Iniziamo ora il primo ciclo di interventi con il deputato Fratoianni.
NICOLA FRATOIANNI. Grazie, signor Ministro.
In realtà, credo che cinque minuti saranno sufficienti, anche perché – devo dirle la verità – ho apprezzato lo sforzo e il tempo che ha giustamente utilizzato per presentare alle Commissioni riunite il suo programma di lavoro e le sue linee di indirizzo. Tuttavia, faccio un po’ fatica a organizzare un commento nel merito. Adesso le dico subito il perché.
Innanzi tutto, una cosa mi ha colpito particolarmente, sia in senso positivo che in senso negativo. La prima slide su cui lei si è giustamente soffermato, quella sui princìpi, ne aveva uno al primo punto che curiosamente lei non ha descritto: mi riferisco a quello che faceva della cultura, nella definizione da lei proposta, uno strumento fondamentale per organizzare ponti culturali per superare le distanze, addirittura tra le civiltà.
Immagino che il fatto di aver omesso la descrizione di quel punto abbia a che fare con l'imbarazzo di averlo messo al primo posto delle sue linee programmatiche in un momento in cui l'azione concreta del Governo di cui lei fa parte sta facendo tutto tranne che costruire ponti tra le civiltà. Diciamola così, per dirla in modo elegante. I ponti vengono distrutti e nel mare stanno mettendo barche con l'obiettivo di impedire alle persone di attraversarlo.
Venendo, invece, alla proposta nel suo insieme, ciò che mi colpisce è il carattere un po’ troppo generico dell'illustrazione. Glielo dico con franchezza. Quasi tutte le slides sono caratterizzate, a prescindere dagli argomenti, da due punti che ritroviamo in ogni presentazione.
Il primo riguarda l'incremento delle risorse, questione naturalmente molto importante e positiva. Sono molto contento, anzi quasi felice, che lei annunci un programma di indirizzo che fa dell'aumento dei finanziamenti al settore della cultura il punto centrale. Ce n'era effettivamente bisogno. Occorrerebbe arrivare almeno alla media europea nel rapporto tra PIL e investimento in cultura: almeno all'1,5 del PIL, per stare nella media europea. È ancora un obiettivo lontano, ma mi auguro che ci si arrivi. Per quel che riguarda me e il mio Gruppo, saremo in Parlamento a verificare che l'annunciato aumento delle disponibilità – che lei ha giustamente definito significativo, un vero cambio di passo, non un semplice lavoro di incremento progressivo – avvenga concretamente. Da tutte le parti è previsto un aumento dei fondi: per ogni questione. Ripeto: è una cosa molto importante e spero che si avveri.
In quasi ogni slide c'è un punto che riguarda la necessità di rendere trasparenti, efficienti e più corretti i meccanismi di attribuzione di quell'aumento dei fondi. Anche questa è una cosa straordinariamente positiva. Per questo dico che è un po’ difficile commentare. Mi viene da dire: tutto bene. Vediamo come questo si tradurrà in numeri, in strumenti e in provvedimenti concreti, soprattutto avendo annunciato di voler impiegare una parte di questi aumenti per intervenire su un altro dei nodi fondamentali di questo mondo così complesso e articolato, che è quello della cultura – in un Paese come il nostro, nel quale la cultura ha tanto peso, ha tante potenzialità e nel quale spesso è stata invece troppo marginalizzata, in qualche caso perfino umiliata –: il nodo delle assunzioni.
Ha annunciato un piano straordinario di assunzioni: anche questo fatto è di per sé straordinariamente positivo. Siamo in una condizione di sotto organico, non c'è dubbio. Siamo, però, soprattutto, in una condizione nella quale il mondo del lavoro nella cultura italiana è un mondo del lavoro spesso e volentieri precario, nel quale altrettanto spesso e volentieri il volontariato diventa la maschera per coprire il lavoro nero. Lei diceva di non aver ben capito che cosa sono gli scontrinisti. Immagino che fosse un esercizio retorico. Spero che lo abbia capito: sono quelle figure che, come molte altre, sono state utilizzate – in nome dell'amore per la cultura e per il volontariato – come lavoratori Pag. 16 in nero, sfruttati, sottopagati e privati di ogni diritto.
Da questo punto di vista, un piano straordinario di assunzioni, ma soprattutto la costruzione di un'iniziativa sul terreno delle assunzioni, che dia certezze nella qualità del lavoro e dei diritti di chi lavora, è un veicolo fondamentale per valorizzare fino in fondo la cultura in questo Paese, anche dal punto di vista economico.
Mi auguro che tutte queste belle proposte si traducano in fatti. Per quel che mi riguarda, saremo in Parlamento a controllare che a questi annunci seguano poi proposte concrete.
ALESSANDRO FUSACCHIA. Anch'io mi associo ai ringraziamenti al ministro per la proposta complessiva che ci ha presentato.
Vorrei toccare quattro punti molto concreti, ma non posso anch'io non partire dal fare un appello al ministro.
Sappiamo che la cultura di questo Paese si è fatta per confronti e contaminazioni nel corso dei secoli con le culture di tutti gli altri. Sia quindi un pungolo serio all'interno di questo Governo, altrimenti il rischio è che non solo non arrivino i soldi che lei giustamente chiede per finanziare una serie di proposte, ma che ogni tentativo di fare questo lavoro di costruzione di cultura venga marginalizzato dai suoi stessi colleghi. Inevitabilmente, infatti, si scontra con un approccio diverso rispetto a quello che richiamava il collega Fratoianni sui ponti.
Ho apprezzato, in particolare, un aspetto trasversale – ci tengo a dirglielo – che lei ha richiamato più volte: la produzione, usando forse un termine improprio, di nuova cultura. In un Paese che ha un lavoro enorme da fare sulla tutela del patrimonio, abbiamo spesso dimenticato che in realtà la cultura più importante è quello che non abbiamo ancora prodotto. Questa è una cosa che ho apprezzato particolarmente del discorso che ha fatto.
Evitiamo, però, di dividerlo in maniera manichea. Non c'è, da una parte, la tutela del patrimonio e, dall'altra, la produzione della cultura che è un pezzo importante del modo di fare una diversa o migliore e più efficace tutela del patrimonio.
Vengo ai punti che vorrei toccare velocemente.
Il primo è quello dell'organizzazione: il ministero, la sua articolazione, la macchina che lei ha a disposizione o che non ha a disposizione per poter governare la cultura del Paese.
Ha parlato di un piano straordinario di assunzioni. Ancora una volta, lo collego a un altro punto che lei ha citato sul riscatto di più generazioni. Bandiamo dei concorsi, o comunque una forma di reclutamento nuova e fresca. Quello della cultura è un mondo che soffre enormemente di precariato e, non lo dobbiamo ricordare in questa sede, abbiamo bisogno di portare nuove competenze che siano anche di più recente formazione. Cerchiamo, quindi, un buon bilanciamento da questo punto di vista, altrimenti non riusciamo a perseguire tutti gli obiettivi che lei si è prefissato.
Un aspetto che mi piacerebbe che aggiungesse, ministro, sull'ultima slide, quella sulla formazione, al primo punto, è la formazione dei dipendenti, ovvero delle persone che lei ha a disposizione.
Non basta solo fare un piano di reclutamento. Per me, la formazione è qualcosa di più articolato del semplice aggiornamento professionale, ovviamente; ma dobbiamo fare in modo, trasversalmente in tutte le pubbliche amministrazioni, che le persone che già abbiamo – non scoraggiamoci di fronte al fatto che molte di queste persone sono avanzate in età – possano dare un contributo significativo. Se, però, un investimento massiccio, serio, strutturato sulla formazione, non viene fatto dal Ministro dei beni e delle attività culturali, chi fa questo lavoro?
Sull'Europa porrei due punti molto veloci. Va bene migliorare i fondi europei. Metta attenzione all'impatto, non alla rendicontazione. In un Paese che fa fatica a rendicontare bene i fondi europei, vi è la tentazione di dire che abbiamo speso tutto. Crei un sistema di monitoraggio strutturato su qual è l'impatto di questa spesa – sperando poi di riuscire a spendere tutti i fondi – non solo se è stata ben rendicontata. Pag. 17
In secondo luogo, non trascuri la partita aperta, che non le ho sentito citare, della nuova programmazione finanziaria. Qui c'è una battaglia che lei personalmente deve andare a fare a Bruxelles per assicurarci che il capitolo cultura dei nuovi fondi comunitari abbia una certa dignità, una certa sostanza e venga facilmente agganciato da un Paese come il nostro, che ha un vantaggio competitivo naturale.
Vengo alle ultime due questioni. Relativamente al rapporto con gli altri con cui poter collaborare e con cui poter fare delle cose, si incateni all'ufficio del suo collega, il Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca per giungere a eventuali accordi trasversali. Lei sa benissimo che lì ci sono molte più risorse. Non lo dico solo perché la nostra Commissione si occupa di entrambi, ma sono numerose le risorse a cui può attingere per fare un lavoro di qualità rispetto alle questioni culturali.
Sulla parte di filiera universitaria, formiamo manager della cultura. Abbiamo bisogno di managerializzare la tutela del nostro patrimonio e il lavoro sulla cultura.
Una parola che non le ho sentito citare è la ricerca. La ricerca nel mondo della cultura è fondamentale, e quindi anche su questo ci si può associare fortemente.
Infine, relativamente alla diplomazia culturale, non sono particolarmente d'accordo sul fatto che basti delegarla al consigliere diplomatico, tanto meno al Ministero degli affari esteri: c'è una parte di diplomazia culturale che non passa per la dimensione pubblica, che non passa per la Farnesina e che le compete direttamente: convochi le Film Commission delle regioni, non le lasci andare in giro per il mondo singolarmente; faccia quel lavoro di raccordo necessario; convochi le fondazioni bancarie per evitare che continuino sui territori a dare quei finanziamenti a pioggia alla cultura, che lei vuole contrastare.
Faccio due ultimi commenti veloci.
Matera 2019: ministro, prenda in mano la situazione. Lì non basta dire che in sei mesi non si recuperano i ritardi. Ci sono le elezioni regionali in Basilicata, stanno accadendo fatti politici importanti in quella regione. Non ho capito chi si occuperà di Matera 2019 da oggi al 2019.
Infine, non ha citato una cosa secondo me fondamentale, spero non perché ritenga che il Governo abbia una durata più breve: abbiamo Expo 2020 a Dubai. Credo che serva uno sforzo significativo del Governo per attrezzarci in vista di quell'appuntamento. Grazie.
ANTONIO IANNONE. Buongiorno, signor ministro. Sono notevolmente rinfrancato rispetto a quello che avevo letto dal contratto di Governo che conteneva indirizzi tanto condivisibili quanto mancanti di indicazioni concrete. Credo che da lei questa mattina sia venuta un'illustrazione molto ampia, un'illustrazione molto completa dal punto di vista delle linee strategiche che lei intende adottare. Tuttavia, mi vorrei soffermare, dati i tempi molto ristretti a disposizione, su alcuni aspetti che ritengo non siano stati trattati e che rappresentano per il settore un aspetto molto importante, quali il reintegro del 2 per mille per le associazioni culturali e gli enti di promozione sociale. Allo stesso modo, non le ho sentito dire nulla dell'affitto a lungo termine del nostro materiale storico e artistico a musei esteri, che potrebbe rappresentare, oltre che un'occasione di ricavo rilevante, anche un'occasione di pubblicizzazione del nostro patrimonio culturale.
Inoltre, sarebbe molto significativo svolgere un'azione di riqualificazione delle periferie, del paesaggio e dei siti di interesse monumentale, attraverso un piano straordinario di manutenzione delle nostre città e attraverso lo strumento della sostituzione edilizia. Ho colto il suo generico passaggio, mentre credo che questa misura debba costituire un'esigenza da pianificare al più presto per produrre risultati nell'arco della legislatura. Il patrimonio diffuso sull'intero territorio nazionale passa anche da quest'aspetto di coesione del territorio. Credo che sia un'occasione importante anche per la valorizzazione del lavoro delle strutture ministeriali, che, come lei ha detto, sono diffuse sull'intero territorio nazionale.
Credo che il suo ministero sia chiamato anche a sanare alcune ferite all'immagine che abbiamo avuto negli anni. Mi riferisco Pag. 18principalmente a Pompei. Credo che il distretto che ricomprende Ercolano, Pompei, Paestum, Velia rappresenti un esempio importante del territorio nazionale e di potenzialità che non sempre diventano opportunità di sviluppo.
A mio avviso, l'occasione per dare un segnale di un sud che riesce a cogliere le sfide sia quella di Matera; ma a tale proposito, è necessario, anche per le criticità politiche prima segnalate, che sia rafforzata la centralità del Governo e del ministero. Il Governo italiano dovrà sviluppare un nuovo modo di fare amministrazione pubblica, anche dimostrando un'attenzione particolare verso il Meridione.
Concludendo, faccio solo un accenno, poi ne parlerà il collega, che in maniera più compiuta di me ha seguìto la vicenda, alle lamentele diffuse sul FUS: sono state adottate scelte veramente poco credibili nell'attribuzione dei fondi, operate in maniera frettolosa e scriteriata, che giustamente danno adito a rimostranze che noi di Fratelli d'Italia cogliamo. Grazie.
PAOLA FRASSINETTI. Ringrazio il ministro per l'esposizione. Anch'io sono particolarmente soddisfatta per l'annuncio di queste maggiori disponibilità che dovrebbero aiutare il settore del nostro patrimonio artistico, che è la maggiore risorsa dell'Italia. Mi auguro, Ministro, che però ci sia una linea di discontinuità col passato. Mi auguro che il significato dinamico di cultura prevalga su quello più statico. Ci sono esempi, due o tre punti, che ho scelto di estrapolare.
A breve, negli Uffizi avremo i depositi pieni. Come diceva anche il collega, in Francia il Louvre ha agìto diversamente: hanno svuotato i depositi dei caveaux dove erano contenute opere minori, riuscendo così a introitare somme importanti.
Un altro metodo per avere una rendita è l'esternalizzazione dei servizi accessori. Abbiamo un esempio: nella Tate Gallery di Londra si incassa una cifra equivalente dalla vendita dei biglietti d'ingresso e da quella dei servizi accessori, quali bookstore e gadget, nonché grazie alla gestione di tutti gli eventi che gravitano intorno a un museo.
Prima, lei parlava di comunicazione. È necessario istituire una sottocommissione che si occupi di marketing e di comunicazione.
Relativamente all'educazione, si parlava di università, ma penso che visite ai musei, alle mostre e ai concerti dovrebbero trovare spazio nei programmi ministeriali, partendo già dalla scuola primaria.
Il turismo culturale è importantissimo. Basti dire che un turista culturale spende tra i 30 e 40 euro in più al giorno di un turista di altro genere.
Vado a concludere con un accenno ad un bene culturale che non è stato menzionato, ma che a mio avviso è importantissimo: la tutela della nostra lingua. La lingua italiana è sotto attacco da tantissimi punti di vista. Mentre le altre nazioni difendono le proprie lingue, noi purtroppo abbiamo un'invasione di termini stranieri che la mettono in seria difficoltà. Mi auguro che anche su questo il ministero possa intervenire. Grazie.
FEDERICO MOLLICONE. Ringrazio nuovamente il Ministro per essere venuto a illustrare gli indirizzi della sua azione.
Certo, sull'azione complessiva fa piacere vedere che si riparli in maniera accentuata di sussidiarietà, di interventi con il privato, di valorizzazione del rapporto tra pubblico e privato, ma vorremmo farle domande più specifiche su alcuni casi urgenti cui ha fatto cenno anche il collega Iannone.
In particolare, lei si è insediato durante il completamento del lavoro non ancora terminato delle Commissioni nominate in fretta e furia dal Ministro Franceschini per l'attribuzione dei fondi triennali del FUS. Sta emergendo un quadro allarmante di esclusione di realtà storiche nella danza, nel teatro, nello spettacolo circense, nello spettacolo dal vivo. Ci chiediamo perché ancora non sia intervenuto in autotutela per ridurre il rischio di contenzioso per l'amministrazione statale, nominando immediatamente una commissione terza che verifichi almeno le esclusioni, per riequilibrare i fondi assegnati, pur non contestandone ovviamente del tutto le assegnazioni. Una battuta: non pensa che subire una simile umiliazione da un precedente ministro Pag. 19 rischi di rendere inutile la sua azione di rappresentante di un Governo di discontinuità? Quando la scena culturale italiana è per tre anni indirizzata e ipotecata dal ministro uscente, che fino all'ultimo e tuttora sta ipotecando quest'indirizzo, forse un Governo di discontinuità dovrebbe essere pronto a intervenire, nel rispetto delle leggi e delle assegnazioni che ci sono state, ma sicuramente garantendo e verificando la trasparenza di quello che sta accadendo adesso, nel suo ministero, con le commissioni del FUS.
VALENTINA APREA. Grazie, presidenti. Grazie, ministro, colleghe e colleghi.
Intanto, in qualità di Capogruppo di Forza Italia della Camera, auguro buon lavoro al Ministro Bonisoli.
Ministro, abbiamo salutato Vanzina oggi. Saluteremo a Milano Lovati, un restauratore che stava allestendo una mostra. Per loro valgono le parole dedicate ad altri grandi da Vittorio Sgarbi, nostro autorevole esponente di Forza Italia alla Camera, dalle pagine de il Giornale. Mi limito a questo. A noi decisori politici resta, però, la responsabilità del passaggio del testimone, e qui mi permetta di comunicarle subito una sensazione. Ho colto l'attenzione verso le nuove generazioni in più punti, ma non mi piace pensare che i nostri giovani siano solo consumatori. Le nuove generazioni hanno il diritto di essere protagoniste ormai, anche e soprattutto nei beni culturali, e rispetto a tutto quello che oggi possiamo sintetizzare come nuove domande e nuovi bisogni culturali. Se è vero che siamo chiamati a interpretare questo nuovo mondo, di cui lei pure ha parlato e che non le sfugge – sappiamo bene, noi milanesi, che non le sfugge – è anche vero che l'impostazione delle politiche pubbliche non può più essere per compartimenti stagni. Poi, per carità, abbiamo apprezzato i quindici punti e avremo modo di verificare la fattibilità di ogni proposta. Non faremo sconti, ma siamo all'opposizione, è ovvio. Gradiremmo, gradirei un approccio più circolare. Mi riferisco al fatto che forse il problema del debito pubblico è anche suo. Finora, lei dice: registriamo un'inversione di tendenza, ci sono più fondi e meno tagli. Bene, ma perché per esempio non mettere mano al censimento dei beni archeologici privati per conoscerli e per farli fruttare? L'Italia non ha solo beni culturali pubblici importanti. È un buco nero quello che abbiamo nel nostro Paese rispetto a questi beni.
Ha giustamente parlato anche di formazione: uno sforzo in più, Ministro. Lei deve essere un po’ come Di Maio: non lasciamo solo a Di Maio, ad un solo ministero, il compito di risolvere il problema della disoccupazione giovanile e della disoccupazione in generale o della crisi delle aziende del Novecento. E non mi convince neanche più solo il piano assunzionale di cui ha parlato nel pubblico. Lei troverà i giovani molto più pronti – lo sa bene – soprattutto sulle nuove forme di lavoro. Allora, innanzitutto, bisogna insistere sulla filiera professionalizzante. Su questo mi aspetto un dialogo vero col Ministro Bussetti. In Lombardia abbiamo sperimentato l'importanza della formazione professionale, dei corsi per i restauratori, dell'istruzione tecnica superiore nel settore del design, nella moda, al punto che possiamo vantare Milano come capitale economica della cultura in Italia. Mostre e design ormai valgono 15 miliardi di euro, con oltre 189.000 persone che lavorano in questi settori.
Anche per Matera direi che il modello milanese e lombardo può rappresentare una best practice sicuramente valida. Non c'è da inventare nulla. C'è da esportare un modello che funziona, come quello, per esempio, della Lombardia – ci saranno forse altre regioni, ma io conosco quella e parlo di quella – che ha creato nuove sinergie tra mostre di alta qualità, musei, teatri, mondo della musica, della fotografia, del design, della moda, dell'enogastronomia, dell'editoria, e ha generato grande ricchezza proprio grazie alla cultura. Questi, però, sono proprio i settori che richiedono più lavoratori qualificati. Incredibilmente, mentre è quella la punta dell’iceberg, non abbiamo invece personale formato. Anche lì, serve una grossa spinta.
Mi piace pensare, come diceva la dottoressa Marcella Logli della Fondazione Telecom – come vede, riferisco dati pubblicati Pag. 20 – che grazie alla cultura un posto di lavoro non si occupa, si crea. Lavoriamo su questo.
Voglio concludere con una citazione del professor Zecchi, che ricorda a tutti che non è il mondo a salvare la bellezza, ma, rievocando Dostoevskij, è la bellezza che salverà il mondo. Facciamo dell'Italia, dell'Italia tutta, patrimonio dell'umanità. Basta lavorare sui singoli siti. È tutta l'Italia, pubblica e privata, a essere un unico grande sito UNESCO. Se su questo accetterà questa sfida, Forza Italia sicuramente potrà appoggiare le sue iniziative. Grazie.
ANDREA CANGINI. Grazie, presidente.
Grazie, Ministro, per la sua non breve prolusione. L'ho ascoltata con grande attenzione. Credo di aver capito qualcosa del suo temperamento. Sono sicuro di non aver capito niente delle sue intenzioni. Lei ha elencato tutti i temi che era logico, che ci si aspettava che avrebbe elencato. Li ha agganciati a tutta la retorica del caso, che essendo retorica era prevedibile. Gli obiettivi sono chiari, ma scontati. Le strade per arrivare a cogliere gli obiettivi restano ancora un mistero. E va benissimo. Cominciamo a conoscerci, quantomeno. Le nuove risorse, per esempio, d'accordo, sono cosa lodevole. Quanto? Destinate dove? Con quali logiche? Immagino che forse, in replica, qualche particolare ce lo darà, sennò siamo nell'ordine degli auspici da bar.
Lei ha usato due parole, però, e questa è una novità o comunque non era scontato probabilmente, vista la sua biografia professionale: la parola «profitto» e la parola «privato». E le ha usate in un'accezione tutt'altro che negativa. Questo, personalmente – credo di poter parlare a nome anche dei colleghi di Forza Italia – lo apprezzo. Come, però, lei intenda valorizzare la sinergia tra pubblico e privato, che se non sbaglio fa anche parte del contratto di Governo che regge questa maggioranza, non lo sappiamo. Spero che ci dia qualche elemento in più per capirlo.
C'è un tema importante che lei ha toccato di striscio: l'industria cinematografica. È uno dei punti forti del made in Italy, tema su cui si è dilungato. Ho presente l'entusiasmo di uno dei due partiti che sostengono questo Governo per tutto ciò che è nuovo, per il digitale, per il Web, e va benissimo, siamo molto moderni. Guardo con qualche preoccupazione all'impatto che le nuove grandi piattaforme digitali possono avere sull'industria cinematografica italiana, e mi chiedo quale sia il suo punto di vista al riguardo, come lei intenda preservare, salvaguardare gli interessi italiani in questo senso.
Dovrete fare il regolamento della riforma Franceschini a questo riguardo: quale sarà il vostro approccio? Ci saranno norme volte a obbligare, per esempio, a reinvestire in loco? Qual è il vostro spirito?
Poi, essendo stato eletto nelle Marche, ho notato che una delle prime cose che lei ha fatto – questo è molto lodevole – è stata un giro istituzionale per le regioni colpite dal terremoto dell'Italia centrale, e vi ha fatto anche un riferimento nella sua prolusione poco fa. C'è qualcosa che ci può dire per quanto riguarda il patrimonio danneggiato, colpito dal terremoto? Come valorizzarlo, non soltanto restaurarlo, ma come restituirlo ai territori? Grazie.
PRESIDENTE. Chiede di intervenire sull'ordine dei lavori l'onorevole Ascani, alla quale do la parola.
ANNA ASCANI. Presidente, vorrei capire una cosa. Secondo quanto ci avevano comunicato, adesso abbiamo dieci minuti per Gruppo e poi, in un secondo momento, un secondo giro di interventi. Se così non dovesse essere, per noi non c'è problema, però chiedo che anche gli interventi del mio Gruppo, già previsti per il secondo giro, siano inseriti nel primo, per una questione di equilibrio. Grazie.
PRESIDENTE. In base ai tempi previsti per questo primo giro, chi adesso è intervenuto, potrà farlo successivamente all'interno della seduta di oggi. Do quindi la parola all'onorevole Marin.
MARCO MARIN. Saluto il Ministro e gli auguro naturalmente buon lavoro. Il Ministro dice che parla per la prima volta ai Gruppi parlamentari: siamo in Parlamento Pag. 21e facciamo politica; quindi giudichiamo le sue linee programmatiche e il suo intervento sulla base della politica. Il suo Governo si è presentato come quello del cambiamento e, francamente, da questa relazione e da queste slides non vedo nessun cambiamento. È un discorso che avrebbe potuto fare chiunque, deboluccio proprio dal punto di vista della cultura, perché la sua storia personale e il suo curriculum – professore della Bocconi – ci parla d'altro. Non è una colpa, ma ci dice nulla rispetto ai beni culturali. Sul cambiamento apprendiamo, quindi, che anche i tecnici non sono del settore, ma provengono da altre specificità.
Ho sentito dire che lei si è definito un dipendente pubblico, per la prima volta. Ministro, la prego di non svilire così il suo ruolo di ministro né di voler così «scherzare» sui dipendenti pubblici che lavorano negli uffici pubblici dello Stato, dei comuni, delle province. Definire un Ministro dipendente pubblico, francamente no.
Sottolineo molto velocemente – avremo tempo e modo in questi anni, se questo Governo durerà, di entrare in tutte le novità prospettate, al di là della superficialità di oggi – che ha detto di aver preferito il distacco del turismo dai beni culturali; ha parlato di privato e di risorse. Ha detto che l'Italia è famosa nel mondo proprio per tutti i suoi siti culturali. Credo che il turismo, invece, abbia molto a che fare con questo. La cultura rispetto al turismo è una forza molto importante, si dovrebbe lavorare in sinergia.
Poi ci ha voluto dire che non siamo famosi per la ricerca. Come ministro non l'avrei detto. Le ricordo che non più tardi di qualche settimana fa, all'università di Padova, è stata premiata con un riconoscimento mondiale una ricercatrice di quell'università.
Poi ci ha citato Galileo Galilei, il padre della scienza moderna. Allora, se ci fa l'esempio di Galilei, un astronomo, un filosofo, un fisico, un matematico famoso in tutto il mondo, se la cultura non c'entra con la scienza, non c'entra neanche nulla, oggi, Galileo Galilei.
Mi interrompo, perché il Presidente mi richiama, correttamente, e lo ringrazio per avermi dato la parola, ma, ripeto, abbiamo sentito solo cose generiche e superficiali. Non è entrato nel merito di nulla. Certo, sfonda una porta aperta con Forza Italia se ci parla di rapporto pubblico/privato, ma francamente non ho capito come.
Allora, lei non è un dipendente pubblico, e glielo dico col massimo rispetto, che timbra documenti. Lei è ministro della Repubblica, e mi auguro che nei prossimi incontri saprà dirci qualcosa in maniera seria e preparata, come ci si aspetta da una persona con un curriculum di professore della Bocconi come lei. Diversamente io, come ritengo il Gruppo, ci sentiremmo presi in giro. Non siamo disposti a rimanere nella superficialità, anche per quanto riguarda le spese e le risorse pubbliche. Quando dice, infatti, che sono state spese male, mi aspetto di sentire nomi, cognomi e fatti concreti, sennò stiamo nella genericità, che a noi non piace. La cultura in questo modo non cambierà. Grazie, presidente.
ANNA ASCANI. Anch'io, naturalmente, ringrazio il ministro, pur avendo grandi perplessità perché ho sentito molto spesso l'espressione «non entro nel merito», e altrettanto spesso l'espressione «ne parleremo»; credo invece, che sia questa la sede per parlare delle cose che ci ha vagamente illustrato nelle slides.
Peraltro, ho compreso che il ministro ha dovuto dirci di essere contento perché la delega del turismo è stata affidata al Ministro Centinaio; ma tutto quello che poi ha successivamente detto sulla diplomazia culturale, sull'importanza di Matera, sul fatto che la cultura sia un biglietto da visita dell'Italia, contraddice apertamente questa sua contentezza. Ministro, riveli, almeno a noi parlamentari di questa Commissione e che contenti non lo siamo per nulla, che in realtà questa è per noi e per lei una sconfitta.
Vengo alle cose che ci ha detto.
Relativamente al bilancio del MiBAC, sono felice di sentire che vuole aumentare le risorse. In realtà, sento i suoi colleghi dire che vogliono aumentare le risorse un Pag. 22po’ ovunque, e naturalmente non si può essere contrari. Vedremo come la legge di bilancio sostanzierà questo suo impegno. In cinque anni, abbiamo raddoppiato – sono lieta che abbia riconosciuto lo sforzo del suo predecessore, l'onorevole Dario Franceschini – il bilancio del MiBACT anche grazie all'intervento che abbiamo fatto sui musei, e quindi quanto è arrivato, dal collegamento col turismo. Certo, avere questo pezzo di ministero scorporato non aiuta ad aumentare il bilancio, quindi a lei toccherà un compito doppiamente gravoso.
In più, mi permetta di dire che ho letto il vostro contratto di Governo e che, di 34 righe dedicate alla cultura, 15 sono dedicate al turismo. Credo che dovrà riscrivere in parte il programma del Governo, visto che il turismo è altrove.
Quanto alle priorità, non le ho sentito citare, ma sono certa che per lei lo sia, la ratifica della Convenzione di Faro. Ci siamo impegnati, come Gruppo parlamentare, a chiedere alla Commissione cultura e alla Commissione affari esteri che questa ratifica avvenga al più presto, e mi aspetto da parte del Governo una mano per facilitarne il percorso, che viene sollecitato da più parti.
L'ho sentita, invece, parlare di decreti attuativi, in particolare del FUS, in maniera un po’ generica. Sono d'accordo a pensare a correttivi. Naturalmente, discuteremo però quali: chi deve essere premiato e chi, invece, penalizzato, ma ricordandoci che i decreti attuativi di quella legge, che è stato il primo provvedimento strutturale sullo spettacolo, scadono a dicembre. Forse, è ora di sostanziare un po’ meglio la questione.
Per quello che riguarda le imprese culturali e creative, che mi stanno particolarmente a cuore – sono stata prima firmataria di una legge che la Camera dei deputati ha approvato in prima lettura con una maggioranza ampia, e poi dell'emendamento che ha inserito quei fondi di cui lei ha parlato in legge di bilancio – rischiamo di perdere anche quei pochi fondi a disposizione, se non si dà attuazione a quello che abbiamo scritto nell'emendamento alla legge di bilancio. Bisogna capire come identificare le imprese culturali e creative e stanziare per quest'anno quelle prime risorse previste e il doppio dall'anno prossimo.
Altro tema che non le ho sentito citare, se non per quello che riguarda la SIAE, è quello del copyright. Come lei sa, la discussione del Parlamento europeo sul tema è stata rinviata a settembre. In realtà, credo che quella discussione ci riguardi molto da vicino. Lei, giustamente, parla di made in Italy, e quando si parla di made in Italy, si parla anche di diritto d'autore e di tutela della creatività. In quei dispositivi in discussione al Parlamento europeo c'è molto che riguarda tutto questo. Ho sentito esprimere il Sottosegretario Crimi, non ho capito bene con quale delega: vorrei che il nostro Ministro dei beni e delle attività culturali ci dicesse qual è in questo senso l'intenzione del Governo.
Ho capito che per l'organizzazione del ministero manterrà, sostanzialmente, quello che il Ministro Franceschini ha previsto o, se non è così, la inviterei a sostanziare un po’ meglio eventuali modifiche.
Quanto al rapporto pubblico/privato, noi siamo stati fautori dell’«Art Bonus», provvedimento che lei certo conoscerà e del quale le avranno sottoposto i risultati: 200 milioni da 6.000 privati. Direi che questo è sicuramente un buonissimo inizio nel rapporto virtuoso pubblico/privato. Lo abbiamo esteso, con la legge sullo spettacolo dal vivo, anche a tutti quei settori che non ne beneficiavano. Mi piacerebbe capire qual è l'intenzione del nuovo Governo rispetto a questo strumento, se si vogliono incrementare le risorse, semplicemente mantenerle o procedere in qualche altro modo.
Infine, ultimo tema – già richiamato dal mio collega Fusacchia, ma che mi pare molto importante – è il coordinamento MIUR-MiBAC, non solo per quello che riguarda la formazione universitaria, ma anche per tutto quello che riguarda il famoso protocollo d'intesa siglato ormai nel 2015, cioè la promozione della lettura, la fruizione del patrimonio culturale, ma anche – aggiungo io – delle pratiche di alternanza scuola/lavoro stabili che magari coinvolgano i nostri istituti culturali, le nostre biblioteche, quelle numerose istituzioni nelle Pag. 23quali, per virtuosità dei nostri istituti scolastici, si fa alternanza scuola/lavoro. Forse, però, un impegno condiviso di MIUR e MiBAC potrebbe produrre esperienze che non rappresentino singole eccellenze, ma diventino praticabili in tutto il territorio nazionale.
Naturalmente mi auguro che poi, in sede di replica, ci sia modo di definire meglio quelle dichiarazioni d'intenti, solo in parte condivisibili, perché credo che queste Commissioni abbiano bisogno di entrare nel merito di come si vuole intervenire sulla cultura e di come si vuole proseguire un percorso che in questi anni ha visto finalmente incrementare le risorse.
VANNA IORI. Buongiorno, Ministro. Grazie per questa sua illustrazione, che ho apprezzato per molti aspetti, nei quali ho ravvisato la continuità con iniziative della legislatura precedente: in particolare il fatto che la cultura rivesta un ruolo fondamentale per lo sviluppo del Paese, per la crescita umana, oltre che economica. Ricordando che nella scorsa legislatura c'è stato un investimento ingente di forze economiche con riferimento specifico alla cultura e al turismo, faccio fatica, invece, a comprendere la separazione del settore del turismo, perché dalle sue parole non sono riuscita a comprendere il senso di questa separazione.
Esprimo, tuttavia, una preoccupazione su una certa genericità di queste slides che abbiamo visto, i cui contenuti – condivisibili certamente, – mancano di concretezza e che spero vengano tradotti in azioni concrete.
Il riferimento che ha fatto alle periferie urbane per me è importantissimo, ma voglio sottolineare che si tratta di un profilo molto critico, che richiede impegno, competenza e una preparazione specifica, di cui ancora non ho visto traccia.
Per quanto concerne l'aspetto generazionale e la formazione, è un tema che ritengo decisivo. Siamo convinti dell'importanza del protagonismo dei giovani e, quindi, della formazione sul piano artistico, proprio perché l'esperienza culturale e artistica, la pittura, la scrittura, il teatro, la musica, la danza, nei loro diversi linguaggi, tengono insieme il sapere razionale con l'esperienza emotiva e con la corporeità, quindi sono uno strumento fondamentale di crescita e di sviluppo della personalità.
Un altro aspetto che condivido è l'importanza di quelle che lei ha definito «le nuove filiere economiche», ma mi piacerebbe conoscere quali gli aspetti critici intende affrontare creando un collegamento virtuoso tra economia e cultura.
Infine, credo che si debba impedire la diffusione della retorica negativa del carattere superfluo delle attività culturali. Non è vero che con la cultura non si mangia. A questo proposito, vorrei chiederle anche come concilia le parole che ha espresso poco fa con quelle del Ministro Salvini, pronunciate il 22 giugno, quando ha dichiarato che la mafia non si combatte con la cultura, con i film, con i libri. Credo che sia vero esattamente il contrario. Come diceva Peppino Impastato, la mafia uccide, il silenzio pure. Allora diamo parola a chi ci darà una mano per impegnarci a diffondere nel nostro Paese una crescita di consapevolezza civile, morale, etica e politica.
GERMANO RACCHELLA. Signor ministro, la tiepida ripresa economica degli ultimi anni nel nostro Paese è stata trainata soprattutto dall’export, in gran parte costituito da prodotti dell'industria creativa e del made in Italy in tutte le sue principali articolazioni (moda, design, enogastronomia) oltre che dal turismo in entrata, che nel nostro Paese ha ragioni prevalentemente culturali.
Parlare di cultura vuol dire parlare anche di industria creativa e, di conseguenza, significa parlare di lavoro e occupazione. Questo è ancora più importante in una prospettiva futura, se si considera che le professioni creative e le capacità umane saranno ancora più valorizzate in un contesto dove robotica e intelligenza artificiale difficilmente potranno sostituirsi all'uomo.
Oltre alle azioni che ha illustrato ampiamente e che saranno intraprese a sostegno della cultura e del potenziamento della fruibilità del nostro sterminato patrimonio artistico, ho colto con piacere il sostegno del suo ministero all'industria del settore creativo in generale e della moda e del Pag. 24design in particolare. Vorrei sapere nello specifico quali strategie intende adottare a supporto di questi importanti settori.
CLAUDIO BARBARO. Sono soddisfatto ovviamente dalla relazione del ministro, anche perché credo fortemente nell'approccio che ciascuno di noi deve avere nei confronti di una relazione programmatica. Si chiamano «relazioni programmatiche» proprio perché parlano in maniera sicuramente diffusa, ma inevitabilmente generica. Da questo punto di vista, credo che ciascuno di noi farebbe bene a concretizzare, all'interno di questa dimensione culturale – scusate il gioco di parole – un intervento che si attenga a queste linee.
Pur avendo fatto questa premessa, non potrò anch'io sottrarmi dall'entrare nel merito di un argomento toccato da tanti miei colleghi, anche perché il clamore e l'enfasi con il quale è stato descritto il problema del FUS merita un giusto approfondimento. Uso, tra l'altro, le parole che lei stesso ha utilizzato: «Se qualcuno si lamenta, un motivo ci sarà». Ci torno dopo.
Ora vorrei ringraziarla. Innanzitutto mi complimento per la prima volta. È una prima volta che ha eseguito molto bene. La ringrazio anche per l'adesione ai contenuti del contratto, ai quali si è ispirato. Come diceva anche il senatore Iannone, è stato capace di svilupparli in maniera credibile e sicuramente molto significativa per quello che attiene alla sfera degli indirizzi programmatici. Peraltro ha riconosciuto una centralità anche nel disegnare indirizzi programmatici che noi raccogliamo. Siamo ben lieti di poter far riferimento a questa possibilità di confrontarci col ministro e – perché no? – anche di costruire col ministro stesso, all'interno delle Commissioni, gli indirizzi programmatici che possono andare nella direzione enunciata, non solo all'interno del contratto di Governo, ma anche nella sua relazione programmatica.
A me è piaciuto molto l'approccio manageriale che ha avuto, il taglio schematico che ha voluto dare alla sua relazione programmatica. Ha fatto spesso e volentieri riferimento agli aspetti legati alla possibilità di coniugare il pubblico con il privato, contrariamente a quello che ha detto il senatore e amico Cangini. Le chiedo soltanto di fare estrema attenzione nel coniugare questi due aspetti, per far sì che le dinamiche che possono far riferimento alla solidarietà non siano incentrate soltanto su logiche di profitto, anche perché non possono esserlo. La solidarietà non può avere nessun tipo di riferimento a logiche di mercato. Vi sono costi sociali che sono imprescindibili e nei confronti dei quali dobbiamo saper dare le opportune risposte.
Faccio un breve riferimento agli aspetti di carattere generale. Nel corso degli anni, pur essendo supportati anche da un riferimento nella Costituzione, oltre che da dati di fatto quali sono quelli che lei ha citato (l'Italia è un Paese leader nella cultura), purtroppo quello che è emerso è che in Italia – uso un gioco di parole – non esiste la cultura della cultura. Da questo punto di vista la sua relazione programmatica può essere senz'altro un viatico per poter dare risposte diverse e in questa direzione troverà la collaborazione di noi parlamentari.
Concludo tornando al problema del FUS. L'anno scorso, quando è stata approvata la legge n. 175 – ora non voglio entrare nel merito del provvedimento – in termini di enunciazione di princìpi si è fatto un passo avanti. I princìpi sono espressi in quattro punti che parlano di coesione e identità nazionale, diffusione della conoscenza, della cultura e dell'arte italiana, valore formativo ed educativo dello spettacolo, valore delle professioni artistiche e della loro specificità, ma anche di qualità dell'offerta, pluralità delle espressioni artistiche, di equilibrio territoriale e di diffusione nel Paese di trasmissione dei saperi, di formazione professionale e ricambio generazionale, financo di attenzione per quelle attività realizzate in luoghi di particolare interesse culturale. Questi princìpi non sono stati minimamente trasmessi all'interno dei provvedimenti che riguardano il Fondo unico dello spettacolo. Trasformo in numeri le cose che ha detto. Al momento oltre 140 imprese, associazioni, organismi, compagnie o comunque soggetti proponenti della danza, dei festival, delle rassegne, della Pag. 25musica, del teatro, dello spettacolo viaggiante, di cui solo il 10 per cento prime domande, non sono state accolte. Non ne sono state accolte le istanze di contributo a valere sul FUS. Si parla di oltre 1.400 lavoratori e di oltre 5.000 spettacoli.
GIORGIA LATINI. Grazie, Ministro, per essere intervenuto in Commissione e la ringrazio anche per aver già dato la disponibilità a venire la prossima settimana. Possiamo iniziare un tavolo di lavori coordinato e confrontarci nel migliore dei modi. Mi sembra che ci siano buone prospettive.
Vorrei soffermarmi sul tema che ha per protagonisti i giovani e la cultura, di cui lei ha parlato e di cui hanno parlato anche altri colleghi, perché comunque i giovani sono il fulcro fondamentale per far progredire ed evolvere la nostra società in ambito culturale. Se non si formano le nuove generazioni, non andiamo da nessuna parte. Ho visto il suo interesse in proposito e noi, come Gruppo Lega, abbiamo una proposta, che parla proprio di formazione delle nuove generazioni, dei giovani e dell'importanza dell'interazione con il nostro patrimonio artistico. Vorrei fare una riflessione insieme a lei e condividerla con i miei colleghi.
Ogni anno i circa 500.000 diplomati maggiorenni che escono dalla scuola secondaria di secondo grado potrebbero prestare la propria opera per riuscire a tenere aperti al pubblico quei luoghi d'arte che per diversi motivi o sono sempre chiusi oppure sono aperti a intermittenza. Ideare una sorta di leva culturale – in seguito potremmo valutare l'obbligatorietà o meno di questo istituto – per aprire i siti di interesse storico nei comuni della propria provincia di residenza. Infatti, come sappiamo, spesso i comuni, come le diocesi, non hanno risorse sufficienti per tenere aperti questi luoghi di interesse artistico e culturale. Sarebbe la prima esperienza del genere al mondo; potrebbe essere anche a costo zero, perché, concordandolo con lei, potremmo utilizzare la destinazione dell'attuale bonus cultura di 500 euro ai diciottenni. Facendo così, visto che ha parlato di impiego di nuove forze lavoro nell'ambito culturale, si creerebbero dai 300 ai 400 posti di lavoro amministrativo-culturali, si impiegherebbero circa mille guide turistiche per formare i giovani coinvolti nel progetto, si aprirebbero siti e si prolungherebbero gli orari, venendo incontro alle esigenze dei comuni, come dicevo prima, delle diocesi e delle soprintendenze, per un totale di circa 35 milioni di ore in più di apertura, ogni anno, di musei, palazzi storici, aree archeologiche. Se anche si vendesse di media un solo biglietto da 5 euro per ogni ora di apertura in più, avremmo un incasso di ben 175 milioni di euro per i gestori dei beni coinvolti. Mi piacerebbe conoscere la sua opinione in merito, se a suo avviso è ipotizzabile iniziare a parlare in maniera più tecnica e specifica delle modalità operative di siffatto progetto, che comporterebbe una crescita in termini di educazione delle giovani generazioni alla conoscenza del proprio patrimonio culturale e locale, una sensibilizzazione culturale degli stessi, anche al fine di contrastare fenomeni quale quello del vandalismo urbano a danno dei monumenti, nonché un incremento dei servizi al turismo, con nuovi introiti per enti proprietari e gestori e crescita occupazionale del settore. Immaginiamo quale portata rivoluzionaria potrebbe avere dal punto di vista educativo, perché educheremmo i giovani alla bellezza, e soprattutto faremmo rivivere questi luoghi che rimanendo chiusi, non sono più visitabili né dai cittadini né dai turisti. Grazie dell'attenzione.
LUIGI CASCIELLO. Ministro, già dal suo approccio ho avuto un momento quasi di smarrimento, perché se, come ha detto, per la cultura si parte dalla nostra memoria storica, pensare che tra le competenze del suo dicastero, non ci sia il turismo, da deputato e da uomo del Sud, mi viene da pensare alla grande occasione perduta di coniugare il nostro grande patrimonio culturale e archeologico con una seria programmazione di matrice anche turistica.
Tuttavia, sarò sintetico, le esprimo qualche perplessità ulteriore che possa poi essere oggetto della sua replica. Innanzitutto, proporrei una verifica dell'articolazione, dell'organizzazione e delle competenze territoriali delle sovrintendenze. Ci sono molte Pag. 26anomalie, con accorpamenti che sono sembrati in alcuni casi addirittura bizzarri. Per fare un esempio concreto, penso all'area archeologica di Velia – ma non solo a quella – accorpata con il polo museale regionale di Napoli e non con quello di Paestum.
Tornerei poi, per un attimo, sui fondi FUS. Sempre a proposito di anomalie, ci attendiamo qualche dettaglio in più, perché parliamo di circa 71 milioni in tre anni, con una penalizzazione forte, già nella programmazione fino al 2020, di centinaia, come ricordava il collega precedente – a me risulta un numero maggiore – di aziende. Sottolineo, in particolare, il fatto peculiare che gli enti finanziati, così come quelli esclusi, sono gli stessi di tre anni fa. Qualche perplessità e qualche dubbio in più sopravvengono.
Inoltre, le vorrei chiedere i tempi di emanazione del decreto attuativo del codice dello spettacolo, atteso entro dicembre 2018. Spero che i tempi vengano osservati.
Infine, ritorno al leitmotiv del mio intervento, cioè alla perplessità. Qualche concretezza in più, Ministro. So che siamo solo all'inizio, ma, come diceva anche il senatore Cangini, probabilmente è il caso di avere qualche riferimento sostanziale che ci aiuti nel percorso.
ROSA ALBA TESTAMENTO. Gentile Ministro, innanzitutto mi permetta di ringraziarla a nome mio e del Movimento 5 Stelle per la puntuale relazione che ha fornito sulle linee programmatiche del ministero.
I suoi obiettivi, come è giusto che sia, sono ambiziosi e siamo certi che con lei sarà possibile instaurare un rapporto di ascolto e di proficua collaborazione. Il nostro patrimonio storico-artistico deve essere recuperato, conservato e soprattutto valorizzato, perché deve produrre ricchezza, lavoro e benessere per la comunità, sia a livello nazionale che locale, con il reinserimento all'interno del circuito promozionale, anche di quei beni e monumenti che si trovano in periferia e che godono di minore notorietà. C'è un patrimonio diffuso che non aspetta altro che essere riconosciuto, rivalutato e portato a godimento dei cittadini. Non dobbiamo arrenderci all'incuria e al degrado, ma valorizzare tutte le specificità del territorio italiano. Questa è la nostra ricchezza, un patrimonio che appartiene a tutti gli italiani e che dobbiamo custodire e trasmettere, a chi verrà dopo di noi, nella sua interezza e bellezza; un patrimonio di cui essere fieri e che deve renderci consapevoli del fatto che come in passato gli italiani possono fare grandi cose. Questo discorso ovviamente si intreccia con il livello di fruibilità dei nostri beni culturali, dei nostri musei e siti archeologici, ancora molto basso. Bisogna implementare le possibilità di accesso a tali beni con l'adozione delle più moderne tecniche digitali, l'abbattimento delle barriere architettoniche, una più ampia organizzazione di servizi e laboratori didattici, un maggior coinvolgimento delle scuole. A tale proposito, signor ministro, auspichiamo rispetto al passato una più stretta sinergia con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. È fondamentale, per creare cultura, intesa come volontà di relazionarsi con gli altri, sviluppare il senso di appartenenza, contribuire attivamente all'evoluzione di una società. La cultura deve essere accessibile a tutti i cittadini, affinché siano consapevoli del proprio ruolo e dotati di senso critico. Solo un cittadino che possiede conoscenze adeguate e che ha sviluppato capacità critiche ha gli strumenti per poter partecipare attivamente alla vita democratica di un Paese senza farsi strumentalizzare o manipolare. Solo un cittadino colto, che ha acquisito capacità di discernimento, analisi e valutazione è in grado di attuare scelte e valorizzare le risorse e le potenzialità del proprio Paese.
Un altro punto importante per noi è la previsione di un sistema di finanziamento per gli spettacoli dal vivo e per le produzioni cinematografiche, che sia maggiormente ispirato a criteri meritocratici e al sostegno delle nuove generazioni e degli artisti emergenti, nonché di un sistema di tutele più efficace per chi lavora in questi settori.
In ultimo, ma non per importanza, vorrei spendere parole di ringraziamento e di incoraggiamento per tanti giovani che, animati da una straordinaria sensibilità artistica Pag. 27 e culturale, in possesso di un'eccezionale preparazione e conoscenza dell'arte, dei beni culturali e dell'archeologia, aspettano ancora pazientemente che si aprano loro le porte del mondo del lavoro. Non possiamo più permettere, signor ministro, che questi giovani siano costretti ad andare all'estero per mettere a frutto le proprie competenze. Bisogna investire, non solo sulle potenzialità dei territori, ma anche sulle professionalità che devono educare alla bellezza. Educare alla bellezza significa educare al rispetto del territorio e del prossimo, significa costruire le fondamenta di un mondo migliore.
Signor ministro, queste sono solo alcune delle tematiche sulle quali si dovrà collaborare. Come ben sa, il lavoro che ci attende è tanto e noi apprezziamo molto le sue rassicurazioni circa l'aumento delle risorse destinate alla cultura, perché siamo convinti che questo deve essere il principale segno di discontinuità che il Governo del cambiamento deve dare rispetto al passato. Noi del Movimento 5 Stelle non le faremo certamente mancare il nostro contributo.
MARGHERITA CORRADO. Grazie, signor ministro, per l'esposizione che ha fatto e che ho apprezzato in larga parte. Mi ero riproposta di affrontare il tema dell'incremento dell'organico del Ministero dei beni culturali che poi lei ha citato. Sa perfettamente che già oggi, rispetto agli oltre 19.000 posti che dovrebbero essere coperti, ne sono coperti circa 16.000. Inoltre, come accennava, a breve con il pensionamento della grande massa entrata a suo tempo con la legge n. 285 del 1977, si svuoteranno ulteriormente gli uffici.
Intanto vorrei chiederle una rassicurazione per gli idonei del concorso dei 500, già raddoppiato a mille, perché ci sono circa 100-150 persone idonee che sono rimaste fuori da questo raddoppio dei famosi 500 e che sollecitano giustamente di essere prese in considerazione, visto che hanno già superato il concorso e solo una decisione politica li può far rapidamente entrare nel gioco.
Visto che ha menzionato la revisione del Codice dei beni culturali per migliorare – cito letteralmente – la capacità di prevenzione e contrasto dell'illegalità, facendo riferimento ovviamente all'opera straordinaria che svolge il Nucleo tutela per il nostro patrimonio, vorrei far presente che proprio questa capacità di prevenzione e contrasto dell'illegalità è un compito che in primis spetta agli uffici territoriali del ministero. Se abbiamo visto oggettivamente un incremento in questi anni degli interventi del Nucleo tutela, è anche perché, invece, la capacità di agire di questi uffici territoriali periferici è stata molto ridotta dai tagli lineari e dalle scelte che sono state fatte.
In alcuni territori – io sono calabrese e sono archeologa – gli uffici del MiBACT sono gli uffici dello Stato e, quando questi non funzionano, l'impressione generale che se ne ricava da parte della popolazione, che ha spesso solo quelli come referenti, come può comprendere, è estremamente negativa. Di conseguenza, poiché tra i suoi punti c'è il rafforzamento delle strutture preposte alla tutela e alla revisione dei processi di funzionamento delle strutture periferiche e della loro articolazione, mi auguro che nella sua replica voglia cominciare a darci qualche indicazione su quello che pensa di fare in riferimento alla tutela, perché, se il nostro è un Paese straordinario, come lei ha detto, per la quantità e la qualità del patrimonio artistico che abbiamo, è straordinario anche per la capacità che ha avuto – penso alla legislazione specifica – di tutelare questo patrimonio. Abbiamo fatto scuola anche nel resto del mondo da questo punto di vista e, quindi, cedere sul piano della tutela a mio avviso è un'autorete che il Paese non si può permettere. La ringrazio moltissimo.
MICHELA MONTEVECCHI. Anch'io ringrazio il ministro per essere qui con noi oggi e per averci illustrato le sue linee programmatiche. Mi dispiace che qualcuno abbia voluto chiamare in causa la vaghezza o la fumosità delle stesse. Onestamente le ho trovate, invece, molto concrete, molto chiare e suddivise per punti. Non ho memoria di altre linee programmatiche nella scorsa legislatura che entrassero più nel dettaglio, perché, come ha già ricordato il mio collega Barbaro, sono linee programmatiche Pag. 28 del dicastero. Il Ministro Bonisoli ha fatto molto e molto bene e anche con quell'umiltà che lo contraddistingue da chi lo ha preceduto. Mi dispiace che il collega Marin non sia qui, perché in queste linee programmatiche ci sono grandi novità. La prima è l'umiltà e la volontà di portare avanti processi trasparenti e di partecipazione ai processi decisionali, cosa a cui non siamo assolutamente abituati. Nella scorsa legislatura tutto è stato molto calato dall'alto e di partecipazione si è parlato poco. Questo è il primo grande elemento di novità.
Un altro elemento di novità concerne la cultura diffusa, cioè questo rendersi conto che l'Italia è un Paese dal tessuto culturale molto ricco che non consente di procedere per grandi progetti o per grandi poli, ma bisogna recuperare tutto il patrimonio e con esso tutta la nostra società e tutte le comunità.
Un altro grande elemento di novità è costituito dall'equità e dalla trasparenza nell'assegnazione dei finanziamenti per i progetti. Ci siamo ritrovati a rendere pareri su finanziamenti basati su decreti che non sono mai stati rivisti. Posso fornire, a chi ha chiesto nomi e cognomi, un interessante studio condotto nel corso della scorsa legislatura, dove ho scoperto cose meravigliose su enti e istituzioni che percepiscono questi finanziamenti. Sarebbe bastato che il ministero facesse anch'esso queste verifiche e che ascoltasse le nostre istanze. Dunque, sono molto contenta che, invece, nelle linee programmatiche entrino l'equità e la trasparenza nei finanziamenti e nelle nomine.
Un altro grande elemento di novità è sicuramente il monitoraggio delle ricadute delle politiche dei Governi precedenti, perché, se si vuole procedere, bisogna averne una fotografia. Mi pare che anche questo rappresenti una grande novità, visto che siamo abituati, piuttosto, a una stratificazione.
L'ultima grande novità è l'istituzione della delega per la digitalizzazione, a cui mi ricollego per porre la mia domanda rispetto alla fruizione. Vorrei chiederle di entrare più nel dettaglio per quanto riguarda, la fruizione anche attraverso la digitalizzazione: quali possibilità apre, per esempio, alle persone con bisogni temporanei, non solo di tipo fisico. Mi riferisco anche, semplicemente alla famiglia con il passeggino o più bambini o portatori di qualche tipo di disabilità.
Con questo la ringrazio davvero, perché, a differenza di quello che è stato detto, queste sono linee programmatiche di vero cambiamento.
PRESIDENTE. Adesso abbiamo la possibilità di fare un terzo giro di interventi per chi li ha richiesti, di tre minuti ciascuno. Entro le 15 chiudiamo la seduta.
GABRIELE TOCCAFONDI. Grazie, ministro. Lei in premessa ha fatto cenno di richiedere fortemente nuove risorse e tutto quello che abbiamo visto ha questa premessa: dall'aumento del personale all'aumento di fondi in ogni settore. Aggiungo che avrà bisogno di molte risorse.
Partendo da qui, vorrei chiederle qualcosa proprio sull'aspetto economico: la tassa di soggiorno. È attiva dal 2009 e finanzia anche la cultura. Circa il 20 per cento delle entrate dall'imposta o tassa di soggiorno sono destinate a restauro e manutenzione di musei e monumenti. Alla luce del fatto che nell'accordo di Governo, almeno nella prima fase, era prevista la sua abolizione, vorrei chiederle qual è la sua intenzione in tal senso, oltre a quella del Governo, come Ministro della cultura, sull'ipotesi eventuale di una messa a rischio dell'esistenza stessa dell'imposta di soggiorno.
La seconda questione che vorrei chiederle è in merito ai direttori dei musei, in particolare ai direttori dei grandi musei nazionali. Nel 2015, con un bando di gara aperto, furono selezionati i direttori dei venti musei nazionali; sette di questi venti erano stranieri. Questo ha generato un ampio dibattito a livello nazionale, sfociato anche in ricorsi al TAR e in una recente sentenza del Consiglio di Stato. Intanto, però, in questi anni, soprattutto nel 2017, abbiamo avuto un anno record, come lei in parte ha ricordato, anche sui biglietti di questi musei nazionali. Siamo arrivati a 50 Pag. 29milioni di visitatori per questi musei e a 200 milioni di incassi: altro record. La domanda è chiara: ha intenzione di proseguire in questa direzione sui direttori, ovvero con bandi aperti e con l'apertura di questi bandi anche a professionalità straniere?
Un altro aspetto riguarda il progetto Grandi uffizi, che va avanti da alcuni anni, finanziato dallo Stato. Proprio due giorni fa è stata inaugurata la sala di Leonardo, ma vi è una parte a Firenze che è bloccata dal 1999, ossia da 19 anni. È il progetto della nuova uscita. Dovrebbe essere realizzato un progetto di Isozaki che vinse nel 1999 un bando internazionale, ma non raccoglie l'entusiasmo dei fiorentini (uso un eufemismo, se è bloccato da quasi venti anni). Il bando è statale. Cos'ha intenzione di fare il Governo e in particolare il suo ministero?
FLAVIA PICCOLI NARDELLI. Grazie, ministro, per questa importante esposizione di un programma che ci preoccupava, avendo visto nel contratto dedicato a questo tema soltanto alcuni inserimenti residuali. Come lei capisce, Ministro, per noi la politica culturale è parte fondante di un programma politico, perché è qualificante per l'identità di un Paese – non occorre che glielo dica – perché è anche elemento di connessione sociale e di sviluppo economico. È proprio per questo che le chiedo una rilettura dei suoi quindici punti, ministro, alla luce di un elemento specifico che considero un punto fondante dei risultati della XVII legislatura appena conclusa. C'è un decreto, il decreto-legge n. 146 del 20 settembre 2015, il cosiddetto «decreto Colosseo» che inserisce la cultura fra i diritti fondamentali di cittadinanza: scuola, trasporti, sanità e cultura. Questo significa naturalmente un diritto di fruizione per la cittadinanza, per i nostri concittadini, di un patrimonio che, come lei sa bene, per molto tempo è stato percepito come estraneo, addirittura qualche volta elitario. Un provvedimento come l'Art bonus, ha contribuito a far sentire, invece, questo patrimonio come proprio, come una ricchezza di questo Paese, come il micro-mecenatismo che tanti risultati ha portato proprio da questo punto di vista.
Vorrei ricordare che per tutti noi sono stati fondamentali alcuni punti. La senatrice Montevecchi ha parlato di mancanza di linea strategica. Le linee strategiche per noi sono state chiarissime: un rapporto molto stretto fra il livello nazionale e il livello locale, fra il patrimonio materiale e il patrimonio immateriale di questo Paese, fra due ministeri, il MIUR e il MIBACT che insieme dovevano collaborare e devono collaborare per portare avanti a tutto tondo il tema della cultura; un rapporto fra il pubblico e il privato, ricordando che il privato è il 50 per cento del patrimonio culturale del nostro Paese; ma infine anche il doppio canale, che è quello della tutela da un lato e della valorizzazione dall'altro. Voglio riferirmi a due tabelle in particolare, tra quelle che ha citato. La tabella 9 è quella in cui lei, a proposito di valorizzazione, ricorda le domeniche senza pagamento. Bene, questo non è marketing, è diritto di cittadinanza: credo, che quindi vada riletta anche da questo punto di vista, alla luce di questo diritto. La tabella 11 è quella che lei ha genericamente accomunato come audiovisivo; in realtà, lei dice che si parla di libri, si parla di cinema, si parla di musica.
È proprio del libro che voglio parlarle, perché in un Paese che soffre di analfabetismo funzionale, ministro – e lei lo sa, è uno dei temi che ricorre continuamente nella storia di questo Paese; lei parlava di storia all'inizio, è uno dei problemi ancora non risolti – credo che parlare del mondo del libro significhi ricordare prima di tutto che è un mondo che vale dodici volte quello della musica, sette volte quello del cinema. È un mondo che è fatto non tanto di piccoli o grandi editori, ma di biblioteche, di pubblica lettura e biblioteche scolastiche, di quelle che abbiamo chiamato «biblioteche scolastiche innovative», che sono la parte più nuova e più interessante di quello che dentro il mondo della scuola viene dedicato alla lettura. Vuol dire anche parlare di distribuzione e, quindi, di Amazon, di piattaforme, di problemi che queste creano. Significa parlare naturalmente di librai grandi e piccoli, di librerie di qualità, di Pag. 30provvedimenti come quello che abbiamo appena preso e che il suo ministero ha virtuosamente attivato in questi giorni, che è quello di una defiscalizzazione proprio per le librerie. Vuol dire parlare di autori e di diritto d'autore. Credo, ministro, che il mondo del libro e della lettura costituiscano un tema che noi non siamo riusciti, per problemi legati alla mancanza di coperture finanziarie, ad affrontare nella XVII legislatura, ma che la XVIII debba porsi come un problema fondante.
ROBERTO RAMPI. Buon pomeriggio, Presidente e Ministro. Abbiamo ascoltato con attenzione le linee programmatiche. Quello che mi ha colpito prevalentemente è sì una discontinuità, ma soltanto rispetto alle parole dei Gruppi politici della scorsa legislatura che sostengono questo Governo. È una discontinuità che sinceramente apprezzo. Lei è un uomo che viene dalle professioni che vuole portare avanti questi punti, improntati sicuramente a una genericità, perché non ci sono numeri. Mi rivolgo alla senatrice Montevecchi per rinvitarla a confrontarli con l'intervento del Ministro Dario Franceschini, che si trova nel resoconto della Camera del 14 aprile del 2015, e riscontrare le differenze.
Si tratta di linee programmatiche che andranno verificate nella prima legge di bilancio. Ci sarà da combattere, ci sarà da fare una battaglia e noi in questa battaglia ci saremo. Saremo dalla parte di chi vuole aumentare le risorse per la cultura e dalla parte di coloro ai quali – lo dico davvero senza nessuna polemica – è stato sottratto il turismo come primo atto di governo. Non ci sarà un turismo culturale, ci sarà un turismo agri-culturale in questa legislatura. Questo è un elemento che ci preoccupa, perché nelle sue linee programmatiche ci sono elementi che noi condividiamo.
Quanto a 18app, per noi non è una bandiera e siamo i primi a volerla valutare nel dettaglio. Lei ha usato alcune parole, la prima delle quali credo sia «stabilizzare». C'è stato un cambio di rotta tra le prime dichiarazioni e quelle a cui siamo arrivati. Inoltre, c'è il tema dell'ampliamento. Lei ha detto «non solo ai diciottenni»; io credo non solo ai giovani. Quello era il primo intervento sulla domanda di cultura. Non si può sostenere solo l'offerta, bisogna far crescere la domanda, perché sostenendo l'offerta culturale si finisce sempre a lavorare sugli stessi fruitori. Questo è stato il grande problema di questo Paese. Noi abbiamo tentato di mettere in campo un meccanismo per aprire a nuovi fruitori di cultura e siamo convinti che questa sia la scommessa di tutti e che su questo si possa essere trasversali.
Il tema del privato è l'elemento su cui io, davvero senza polemiche, ho notato la maggiore discontinuità, perché in questi cinque anni purtroppo abbiamo sentito parole molto vecchie sulla differenza tra pubblico e privato. Privato è chi lavora per i suoi interessi – niente di male – pubblico è chi lavora per una finalità pubblica. Noi abbiamo messo in campo l'Art bonus. Lavoriamo su questo.
Chiudo citando solo due temi. Al diritto d'autore dedichiamo un appuntamento, perché questo passaggio europeo del copyright è stato importante, ma non ha concluso né in un senso né in un altro. Ho sentito parole pericolose, in proposito, da ministeri diversi dal suo. Dobbiamo difendere il diritto d'autore, ma inteso in questo senso: dobbiamo dare ai lavoratori di quel settore quello che gli spetta. Ci sono grandi soggetti economici privati che fanno profitto utilizzando le idee e la creatività di tanti giovani o meno giovani creativi; dobbiamo restituire i soldi del loro lavoro a questi creativi. Questa è la priorità numero uno.
In merito ai decreti attuativi sullo spettacolo dal vivo, ritengo che vada benissimo dicembre: grandissima opportunità. Vi abbiamo dato in mano un oggetto prezioso che non ha mai avuto in mano nessuno, specialmente a inizio legislatura: avete la possibilità di fare semplificazione, di tutelare quei lavoratori, di ripensare quel settore, che non riguarda solo né prevalentemente le fondazioni lirico-sinfoniche, ma riguarda davvero una grande potenzialità culturale e lavorativa di questo Paese. Facciamone buon uso e proviamo a lavorarci insieme.
ROSA MARIA DI GIORGI. Saluto il Ministro. L'ho ascoltata con grande attenzione Pag. 31 e devo dire che sono tra quelli che hanno condiviso questa sua relazione, ministro, nonostante io sia all'opposizione, perché credo che i punti che lei ha messo in campo difficilmente si possano non condividere. Qual è lo scopo di un buon lavoro, di una buona attività che dobbiamo mettere in campo in questa Commissione? È quella che bene veniva indicata da alcuni colleghi. Noi saremo al suo fianco, perché la grande battaglia che tutti noi e lei in primis ci apprestiamo ad affrontare è quella dei finanziamenti, in quanto è evidente che le risorse sono importanti.
Lei arriva in un momento in cui qualcosa – molto direi – è stato fatto nell'altra legislatura. Aver raddoppiato i finanziamenti significa che c'è stato un Governo nell'altra legislatura che si è impegnato molto sulla cultura. Quindi, da lei e dalle linee programmatiche che ha posto in essere, credo che possiamo aspettarci qualcosa di positivo. Noi saremo al suo fianco in questa che giustamente veniva definita una battaglia, perché lo è; lo è a livello locale quando qualcuno fa l'assessore e deve combattere con l'assessore al bilancio per avere i fondi della cultura; lo è naturalmente a livello di Governo perché di fatto c'è sempre una richiesta che arriva da questi settori che spesso non ha risposte positive.
Mi interessa molto – e su questo la stimoleremo, signor Ministro – il rapporto con l'altro ministero, col MIUR. È fondamentale, proprio per alcune delle linee guida che lei esponeva. Mi riferisco, in particolare, all'educazione come elemento di crescita di una collettività, di un Paese. Rispetto a questo non si può non lavorare in modo molto stretto con l'altro ministero. Peraltro, lei si trova due grandi leggi che sono state approvate nell'altra legislatura: la legge sul cinema, già con i propri decreti attuativi, e quella sullo spettacolo, con il grande impegno che le chiediamo con forza. Sono stata la relatrice di ambedue i provvedimenti al Senato nell'altra legislatura. Seguiremo con grande determinazione i decreti attuativi che entro dicembre dovranno essere posti in campo, ma credo che il personale del ministero su questo riuscirà a fare un buon lavoro. Nella legge abbiamo già posto molte questioni importantissime, molto attese dal mondo dello spettacolo, quindi su questo dovremo dare risposte serie.
L'altro aspetto che non ho sentito citare è quello del 3 per cento che in entrambe queste grandi e importanti leggi abbiamo messo a disposizione del mondo della scuola. Per quanto riguarda il cinema, non so se sia concluso l’iter per l'erogazione del 3 per cento dei finanziamenti che vengono messi a disposizione del cinema ogni anno. Sicuramente c'è in campo la convenzione, la stessa che dovrete porre in essere nel settore dello spettacolo e, quindi, le attività all'interno della scuola italiana, legate a tutte le materie di natura performativa, eccetera. Sono aspetti importanti.
C'è anche un ultimo punto: quello del Consiglio superiore dello spettacolo, che andrà istituito, esattamente come il Consiglio superiore del cinema. Sono strumenti importanti che abbiamo messo in campo. Dico un'ultima cosa, vedendo anche colleghi degli altri Gruppi politici con cui ho collaborato nella scorsa legislatura. Lei può iniziare in modo positivo perché quelle sono due leggi alle quali si è lavorato in modo molto partecipativo. Collega Montevecchi, sono stati accolti molti emendamenti delle opposizioni. Devo dire che anche il voto finale, con alcune astensioni e alcuni voti favorevoli da parte delle opposizioni, dà un senso a queste leggi: grande aspettativa di tutto il Paese e anche grande condivisione da parte di tutte le forze politiche.
Buon lavoro. Noi ci saremo, saremo collaborativi e cercheremo di dare una mano.
DANIELE BELOTTI. Sarò velocissimo e sintetico. Mi è piaciuto il passaggio del Ministro sulla cultura che dà lavoro. Vuol dire che ci devono essere spettatori agli spettacoli, visitatori nei musei, visitatori nelle grandi città. È stato tolto il turismo, ma molti di questi sono stranieri. Qual è il punto? Ad esempio, parlava della Cina. Abbiamo 1,5 miliardi di cinesi affamati di calcio e di cultura, ma tutti questi cinesi e visitatori esteri si focalizzano su Milano, Pag. 32Firenze, Roma e Venezia. Io auspico che ci sia un progetto per promuovere anche quelle mille realtà piccole, di provincia, che hanno beni storici e valori culturali importanti, ma che non hanno la forza di farsi conoscere all'estero come le grandi città, che non hanno neanche bisogno di pubblicità nel mondo.
Vengo alla seconda questione. Siamo il Paese col più grande patrimonio UNESCO. Ho letto nella slide della valorizzazione. C'è la possibilità di creare una rete dei siti UNESCO, in modo da poter dare visibilità per quella massa di turisti a livello mondiale, che non escono da piazza del Duomo, da piazza San Marco o dal Colosseo?
Affronto un'altra questione: i progetti sulla scuola per letteratura, teatro, arte e cultura. Paola Frassinetti prima parlava di attacco alla lingua italiana. Io mi permetto di parlare, invece, di sopravvivenza delle lingue, delle identità e delle culture locali, che sono un patrimonio storico fondamentale di tutto il Paese. Corriamo il rischio di vederle estinguersi, perché non vengono trasmesse da una generazione all'altra. C'è un passaggio fondamentale, anche culturale, che spero possa far parte della sua missione: lo sdoganamento delle lingue e delle culture locali da una visione un po’ radical-chic che le vede minori, se non le disprezza addirittura. Questo passaggio culturale costa zero, ma non è una questione di costo: è una questione di impronta e di linea politica che può dare il suo ministero, in collaborazione ovviamente con il Ministero dell'istruzione.
PAOLO LATTANZIO. Grazie, ministro, per l'opportunità e per la spiegazione che ha tenuto. Innanzitutto una nota di colore che ci vuole forse per sdrammatizzare un po’: trovo encomiabile il bisogno di autoassoluzione che arriva da chi ha gestito e amministrato la cultura prima di noi.
Sono certo che, grazie anche alle linee programmatiche che sono state illustrate, riusciremo a dare un segno di cambiamento in positivo con questo Governo, anche perché si è sempre fatto, ci si è impegnati, ma a volte i risultati che arrivano dall'impegno che si mette in qualcosa non sono poi così positivi. I dati sulla fruizione culturale, sull'istruzione e sulla dispersione scolastica in Italia sono abbastanza drammatici e li conosciamo, quindi magari non tutto è stato così bello e perfetto.
Ho apprezzato molto la solidità dell'impostazione delle sue linee programmatiche. In particolare, mi piace citare tre vocaboli che ha utilizzato: trasparenza, governance e partnership, ossia tre elementi moderni, fondamentali perché un'organizzazione complessa come un ministero dello Stato italiano possa funzionare in maniera adeguata, rinnovandosi – anche questo traspare chiaramente dalle sue parole – per affrontare le sfide del futuro.
Vengo a un altro aspetto chiave: si parla di cultura; a me piace cercare di parlarne al plurale, parlare di culture. Il suo spunto sulla necessità di esplorare nuovi territori culturali ci invita a nozze. Forse dovremmo fare una riflessione su quello che è cultura per noi, qui dentro o nei ministeri e quello che è cultura per i ragazzi che vivono situazioni di fragilità. Lo spunto e la connessione con il tema della 18app è molto apprezzabile, dal mio punto di vista, a questo proposito.
Inoltre, ha utilizzato – la cito testualmente – la definizione «irrigazione a goccia della cultura». Bene, bellissimo: portiamola nelle periferie, portiamo l'opera lirica nelle periferie, portiamo – mi perdonerà la collega Aprea, che ha usato questo termine in un altro contesto, ma mi è rimasto molto in mente – uno shock culturale nelle periferie italiane, che sono quanto di più abbandonato ci possa essere. La cultura, le culture sono una cosa pubblica, non appannaggio di élites o di gruppetti e, se perdiamo la sfida nelle periferie delle nostre città e nei piccoli centri, avremo perso la sfida definitiva sulla cultura.
Infine, vi è un raccordo necessario, che ho colto dalle sue parole e dalle slides che ci ha presentato, con gli interventi europei, che sono stati fra i primi atti e fra le prime comunicazioni che stiamo discutendo proprio in Commissione, in queste settimane, e che ci danno la possibilità di valorizzare quel contributo di orientamento e di suggerimenti che possiamo portare in ambito europeo, senza subire soltanto le decisioni Pag. 33e i regolamenti, ma provando a portare tutti quei contributi e quegli spunti che vengono dalle Commissioni di Camera e Senato e, in generale, dal territorio italiano, del quale siamo quotidianamente in ascolto. Grazie e buon lavoro.
VITTORIA CASA. Signor Ministro, ho apprezzato molto le linee programmatiche del suo intervento, le ho trovate molto esaustive, complesse ed esaurienti, perché proprio partendo dai princìpi cardine, anche attraverso i cantieri che vengono portati avanti, abbiamo toccato temi, sempre come linee programmatiche, che vanno dalla valorizzazione alla tutela del patrimonio fino alla formazione.
I tempi sono molto stretti e, quindi, mi limiterò a rilevare e a sottolineare alcuni punti, anche riferendomi ad alcuni interventi degli altri colleghi. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza e la complessità dell'intervento a favore delle nuove generazioni, che a mio avviso non vengono viste soltanto come spettatori, ma come fruitori. Infatti, ho riscontrato una certa organicità nelle linee programmatiche che parte dalla formazione per arrivare all'inserimento e al lavoro, in sinergia con il MIUR, iniziando proprio dall'inserimento fin dalla scuola dell'infanzia, toccando poi l'università, per attività di formazione e di ricerca sulle attività culturali.
Mi piace pensare a una sintesi che ho trovato nella sua relazione. Vorrei in questo modo anche dialogare con l'onorevole Piccoli Nardelli, che parla dell'importanza della biblioteca, ma anche dello sguardo al futuro. Lei ha detto: «Il suo ministero è proprio all'interno di una biblioteca». Credo che lì ci sia una sintesi di quello che sarà il nostro lavoro in questa legislatura: si parte dallo storico, dal libro, dall'amore per la cultura tradizionale, ma ci apriamo verso la digitalizzazione, verso l'innovazione, verso nuove frontiere della cultura.
Ricordavo, peraltro, che nella passata legislatura, per esempio nella 18app, non era prevista nella prima stesura la possibilità di acquistare libri o di accedere ai musei: ci si è arrivati con un emendamento alla legge di stabilità proposto proprio dal Movimento 5 Stelle. Credo che la premessa che ha fatto il ministro, che è quella di discontinuità, ma in un dialogo costruttivo, sia la chiave di lettura per cui questa Commissione, insieme chiaramente al Parlamento e al ministero, possa veramente fare la differenza e lavorare affinché questi princìpi e queste linee programmatiche vengano davvero realizzate. Grazie, Ministro, e buon lavoro.
PRESIDENTE. Ringrazio tutti. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna delle slides depositate dal Ministro Alberto Bonisoli (vedi allegato).
Dichiaro conclusa la seduta.
La seduta termina alle 15.
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