Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3
Audizione del Capo di stato maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3
Graziano Claudio , Capo di stato maggiore della Difesa ... 3
Rizzo Gianluca , Presidente ... 13
Graziano Claudio , Capo di stato maggiore della Difesa ... 13
Rizzo Gianluca , Presidente ... 14
ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata dal Capo di stato maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA IV COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
GIANLUCA RIZZO
La seduta comincia alle 8.30.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati, e la trasmissione sul canale satellitare della Camera dei deputati.
Audizione del Capo di stato maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, delle Commissioni congiunte Difesa della Camera e del Senato, del Capo di stato maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano.
Saluto la presidente della Commissione Difesa del Senato, senatrice Tesei, e tutti i colleghi presenti.
Do quindi il benvenuto, anche a nome della presidente Tesei, al Capo di stato maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano, al Generale di Corpo d'armata Francesco Figliuolo, al Maggiore Antonio Marti e al Maggiore Anna Maria Polico.
Ricordo che l'audizione che ci accingiamo a svolgere rappresenta il primo appuntamento di un ciclo di approfondimenti istruttori dei vertici delle Forze armate, al fine di fare il punto sulle maggiori questioni di interesse all'avvio dei lavori di questa Legislatura.
Do adesso la parola al Capo di stato maggiore della Difesa, Generale Graziano.
CLAUDIO GRAZIANO, Capo di stato maggiore della Difesa. Grazie, presidente Rizzo. Grazie, presidente Tesei. Ringrazio tutti gli onorevoli senatori e deputati delle Commissioni Difesa del Senato e della Camera per quest'opportunità di illustrare le linee programmatiche del Capo di stato maggiore della Difesa. Il tempo è poco, quindi su alcune parti dovrò essere più sintetico. Ho lasciato la copia dell'intervento al presidente. Indubbiamente, sono a disposizione per tornare a rispondere alle domande che riterrete opportune che non esauriremo oggi.
Per me si tratta certamente di un'occasione importante – a pochi mesi dalla cessazione del mio mandato, per assumerne un altro a novembre quale presidente del Comitato militare dell'Unione europea – per delineare sia la visione strategico-militare che ha orientato l'evoluzione delle nostre Forze armate in questi ultimi anni, sia l'indirizzo programmatico nel mio residuo mandato.
Tutto quanto precede è importante sulla base delle decisioni assunte nel tempo dall'Italia in sede nazionale e internazionale e nel consesso delle alleanze di cui facciamo parte nonché, naturalmente, tenuto conto delle prime linee programmatiche politico-strategiche espresse dall'autorità di Governo, e in particolare dal Ministro della difesa.
Parto dicendo che le nostre Forze armate sono state impegnate nell'ultimo scorcio in un processo di trasformazione che era guidato da uno schema concettuale che si chiama «Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa». Aggiungo che, in effetti, il processo di trasformazione che interessa le Forze armate dura ormai ininterrottamente Pag. 4 dalla fine degli anni Novanta. Questo lungo processo di trasformazione, che dopo vedremo nel dettaglio, se da un lato ha generato grandissima flessibilità, dall'altro ora richiede un periodo lungo di stabilità programmatica e ordinativa nell'interesse del nostro personale – magnifico, ma soggetto a troppi cambiamenti – e dell'efficienza operativa complessiva, rispettando quello che le Forze armate sono finora riuscite a esprimere.
Rammento che l'obiettivo che si prefiggeva il Libro Bianco e che, secondo me, si deve prefiggere qualsiasi trasformazione razionale, è quello di raccordare le riforme di carattere strutturale e le esperienze maturate in ambito nazionale e internazionale negli ultimi quarant'anni in un unico disegno, attualizzato e calibrato in una visione sistemica e prospettica delle sfide alla sicurezza e alla difesa del nostro Paese e dei compiti assegnati alle Forze armate.
Tale documento ha rappresentato e deve rappresentare, quando deciso organicamente, una svolta in un percorso per generare continuità programmatica e armonia di indirizzo, che poi bisogna avere la forza di mantenere e non di abbandonare anche per correggere, se necessario, alcuni provvedimenti assunti nel recente passato, perché tutte le norme umane nel tempo hanno poi bisogno di adeguamenti.
In particolare, mi riferisco alla spending review e alla legge n. 244 del 2012, che hanno definito un taglio di personale da 190.000 a 150.000 unità nelle dotazioni organiche, con eccezione dei Carabinieri, da conseguire entro il 2024, salvo ritardi dovuti al non conseguimento degli obiettivi.
È da evidenziare che il processo di revisione che era stato avviato in quegli anni era in chiave specificatamente riduttiva, facendo riferimento a un contesto caratterizzato da una situazione economica finanziaria di crisi globale, non soltanto italiana, nonché da una realtà geopolitica sostanzialmente stabile. In sintesi, comunque, i tagli che sono stati pantografati non nascevano da considerazioni legate all'incremento dell'efficienza delle Forze armate, ma piuttosto da motivazioni economico-finanziarie, cercando di ridurre le quantità senza compromettere la qualità operativa delle forze residue.
Pertanto, è fondamentale avere una chiara visione prospettica delle attuali sfide e dello scenario strategico di riferimento, naturalmente da attualizzare a livello operativo con le risorse che il Paese potrà o vorrà mettere a disposizione.
Le linee programmatiche sono esposte nelle lastrine che vi mostrerò. Le tratterò una a una, quindi, evito di leggerle perché poi le citerò una a una nelle loro dimensioni. Parto dai cenni sull'evoluzione dello scenario strategico di riferimento.
In questa lastrina, che in effetti ho concepito io, ma traendo evidentemente spunto sia dall'esperienza sia dall'evoluzione stessa a cui ho partecipato negli ultimi tre anni, emerge come l'attuale contesto strategico sia caratterizzato da una diffusa instabilità, da un quadro di minacce in continua evoluzione e, soprattutto, dallo sviluppo di rischi che si aggiungono a quelli precedenti che interessano l'Italia e l'area euroatlantica di riferimento per il nostro Paese e, forse, l'intero pianeta.
Le minacce trovano espressioni sempre più difformi e subdole, dimostrando continuamente la capacità di sorprendere la comunità internazionale, che si dimostra spesso impreparata e disorientata di fronte alla necessità di garantire una risposta rapida, unitaria e globale.
Storicamente, tutte le maggiori crisi, a partire dal crollo dell'Unione Sovietica fino ad arrivare alle Primavere arabe, hanno assolutamente sempre sorpreso la comunità internazionale. Basti pensare alla minaccia terroristica di matrice confessionale, che, dopo una lunga parentesi in cui ha assunto una connotazione geografica almeno parzialmente sconfitta, continua a costituire una minaccia diffusa e immanente. Si dice che adesso è diventata magmatica. Continua a essere pericolosa per il suo carattere evanescente e per la pervasione anche nel campo virtuale e, attraverso il campo virtuale, per la possibilità di attrarre, fidelizzare e reclutare per il possibile ritorno di foreign fighter nei Paesi di origine, con possibile radicalizzazione nel web e con la possibilità che vengano esportate Pag. 5 tecniche e tattiche terroristiche all'interno dei nostri territori.
In sostanza, ci troviamo di fronte a un terrorismo che viene da lontano e che continuerà a interessare i rischi per un lungo periodo.
Siamo, inoltre, chiamati ad assicurare capacità di risposta anche in ambiti che fino a pochi anni fa erano solo una remota possibilità, come nel caso del cyberspazio, della minaccia proveniente dal cyber, una minaccia ibrida, asimmetrica, che può provenire anche da pochi elementi e mettere in crisi sistemi interi, anche se la minaccia maggiore è sempre di origine statuale.
Focalizzando sulla visione della centralità del continente europeo, pur nella consapevolezza che le minacce hanno una dimensione trasversale, ci troviamo ad affrontare una serie di rischi che provengono da est e da sud.
La percezione del rischio sul fianco est deriva dalla rinnovata assertività militare convenzionale ibrida che può influenzare la sicurezza collettiva della NATO e dell'Unione europea e che ha reso necessario negli ultimi anni un profondo riesame della prontezza operativa della struttura e della dimensione qualitativa delle forze e delle capacità di difesa, deterrenza e dissuasione dell'Alleanza atlantica, nonché la nuova strategia globale dell'Unione europea e quella delle singole Nazioni. È una valutazione confermata nel corso dell'ultimo summit NATO a Bruxelles, di cui i ministri hanno riferito.
Sul fianco sud dell'Alleanza affrontiamo una situazione complessa di emergenza per la convergenza di noti fenomeni quali flussi migratori, movimenti terroristi di matrice confessionale, la presenza di organizzazioni criminali transnazionali dedicate a traffici illeciti, tra cui quello di esseri umani. Si tratta di una situazione che, evidentemente, favorisce il radicarsi di network criminali fortemente competitivi e che in gran parte dipendono dalle dinamiche demografiche correnti che prevedono incrementi demografici esponenziali nei Paesi del Sahel, ma anche da problemi climatici che generano impoverimento e, soprattutto, dal crollo di alcuni Stati, quindi dalla presenza di falling States non in condizioni di garantire la sicurezza. È questa l'altra lastrina, ed è questo il triangolo di cui parlerò dopo.
Sebbene dopo quattro anni di massicci sbarchi possiamo dire che il fenomeno dei flussi migratori irregolari sia stato ridotto nel 2018 di circa l'80 per cento rispetto al 2017, bisogna anche considerare che il carattere strutturale assunto dalle migrazioni verso il nord fa sì che non esista una soluzione in questo momento che possa determinarne la fine, destinata verosimilmente ad alternare anche in futuro fasi di remissioni a nuovi picchi. Il fenomeno è incardinato su dinamiche di lungo periodo.
Per affrontare l'instabilità regionale generata da questa relazione triangolare (traffici illeciti/migrazioni irregolari/terrorismo internazionale e criminalità e fragilità degli Stati interessati), è necessario che il Governo e l'organizzazione internazionale affrontino le sfide alla sicurezza con un orientamento tridimensionale che metta in sistema le interrelazioni tra quelle variabili.
Naturalmente, è fuorviante individuare un nesso strettamente causale tra il terrorismo e il fenomeno migratorio; nascono dalle stesse origini, c'è possibilità di infiltrazione, ma evidentemente non esiste un nesso strettissimo. Comunque, vi sono molte opzioni militari che possono supportare delle misure che sono evidentemente principalmente economico-politiche e interagenzia, ma il paradigma da impiegare nel sud secondo noi è quello del defence capacity building, che poi vuol dire impiegare le forze per preparare e addestrare le componenti di sicurezza di quei Paesi per metterli in condizioni, essi stessi, di operare e di garantire la sicurezza, così come stiamo facendo in Afghanistan, in Iraq e in moltissimi altri Paesi.
Si chiama anche Train/Assist/Advice, addestrare, assistere e consigliare, quindi non è più soltanto una questione di addestramento, ma di controllare ed essere certi che le forze acquisiscano questa capacità, anche perché, come dirò dopo, per realizzare delle Forze armate, ci vuole un grandissimo impegno. Pag. 6
Questo, però, secondo me è un concetto fondamentale che sto cercando di trasmettere: i fenomeni di cui stiamo parlando sono uno step in un flusso ciclico di crisi che – più o meno con cadenza decennale – colpisce il mondo a partire dall'inizio degli anni Ottanta, con l'invasione sovietica dell'Afghanistan, per poi passare alla caduta del Muro di Berlino, alle grandi operazioni africane, alle crisi dei Balcani, al terrorismo internazionale, al 2010, alle Primavere arabe, alla rinnovata assertività russa, alla guerra in Libia. Tutti questi elementi hanno determinato la convinzione, ma anche la realtà, che la valutazione delle minacce e dei rischi continui a variare ogni dieci anni.
Sostanzialmente, diventa impossibile adattare le strutture alle minacce. Dobbiamo essere sufficientemente flessibili per avere delle strutture organizzative resilienti, capaci di adattarsi in maniera proattiva per essere nelle condizioni di anticipare per quanto possibile i germi delle prossime crisi.
Nel 2010-2011, c'è stato il Consiglio Atlantico di Lisbona, in cui, in presenza delle Primavere arabe e di una diminuita assertività russa, la NATO era stata trasformata in un certo modo. A cinque anni di distanza, sono mutate completamente le situazioni: è ricresciuto il terrorismo internazionale, sono state rivalutate le situazioni e la variazione è del tutto opposta.
La ciclicità delle minacce, quindi, ci deve proiettare verso un orizzonte temporale proiettato su più decenni al fine di rendere efficiente il processo di trasformazione, finalizzato a garantire la stabilità degli strumenti nei settori, dal funzionamento operativo al reclutamento, alla formazione, alla cooperazione internazionale, agli investimenti. Qualsiasi deviazione da tale consapevolezza, che è una consapevolezza impegnativa, ci porta su un percorso anacronistico e che gradualmente farà perdere credibilità e visibilità al nostro Paese e alle nostre Forze armate.
Pertanto, come Capo di stato maggiore della Difesa, auspico che non si perda di vista tale coerenza programmatica, anche per rimanere al passo dei principali Paesi europei che – a partire dagli ultimi anni – hanno condiviso una nuova percezione della minaccia, che ha comportato una rapida e sostanziale modernizzazione e potenziamento del comparto della Difesa.
Evidentemente, si parla anche molto di un quadro normativo adeguato, e parto dal primo argomento, il più centrale, quello del personale e delle risorse umane.
Come anticipato, nelle Forze armate è avvenuto un rapido ridimensionamento del personale per effetto delle leggi che ho già citato da 190.000 a 150.000. Tale riduzione ha comportato conseguentemente una ricalibratura degli arruolamenti in numeri inferiori, accelerando il processo di innalzamento dell'età media. Nello stesso tempo, il modello professionale del 2000 aveva imposto all'epoca l'esigenza di ricorrere rapidamente a flussi di reclutamenti consistenti che erano basati su un volume organico maggiore. Da questo si determina un'ulteriore causa di invecchiamento.
A questo punto, occorre una riflessione, che rimando alla vostra attenzione, e cioè che una legge sul personale efficace richiede di fatto quarant'anni dal momento in cui viene pensata a quando riesce a conseguire gli effetti complessivi voluti. Se nel frattempo intervengono variazioni improvvise o si commettono errori, che nelle vicende umane sono sempre da considerare, si rischia di dover far ripartire il processo da zero, ovvero di vederne l'efficienza minata. Questo vale per tutti i settori militari e, dunque, anche per il personale: dal momento in cui si pensa una legge a quando ne vedremo gli effetti totali, passano decine di anni.
Oggi, il maggiore impegno richiede la necessità di disporre di personale giovane, proiettato verso i nuovi scenari, che però possa beneficiare del valore aggiunto garantito dal personale più anziano, che ha maturato capacità e professionalità elevatissime, che è ancora in grado di esprimere queste capacità e che non può essere disperso anche nel rispetto di chi ha prestato servizio alla Patria.
Ciò significa che quella dell'invecchiamento è una criticità da superare senza penalizzare il personale. È quindi stringente disporre di una norma che ci consenta Pag. 7 di rinnovare il settore del reclutamento del personale, anche per superare le difficoltà incontrate dalla Difesa dal 2016 nel raggiungimento degli obiettivi di reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1), che è forse la preoccupazione più grande che ho in questo momento perché abbiamo per la prima volta qualche criticità proprio nel reclutamento.
Al riguardo ricordo, ed è importante che questo venga rivisto, come nel 2016 sia decaduto l'istituto della riserva assoluta – si chiamava «patentino» – che prevedeva il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle Forze di polizia a ordinamento civile e militare a favore dei volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo, in possesso dei requisiti previsti dai rispettivi ordinamenti per l'accesso alle carriere delle Forze di polizia.
Questa norma è stata anticipata nella scadenza, a suo tempo determinata nel modello previsionale al 2020. È stato fatto anche per un'esigenza di ringiovanimento delle Forze di polizia, ma sarebbe sicuramente auspicabile reintrodurre tale istituto della riserva assoluta anche solo per un anno di servizio, e comunque entro i limiti di età richiesti dalle Forze di polizia, al fine di motivare i giovani ad affrontare un periodo di servizio nelle Forze armate a premessa dell'arruolamento nelle Forze di polizia.
In Italia c'è un principio peculiare, fondamentale, su cui lavorerete moltissimo, che è quello dell'equiordinazione, sancito nel decreto di riordino. È quindi necessario che siano garantiti, tanto alle Forze armate quanto alle Forze di polizia, trattamenti identici e che il reclutamento di forze giovani possa essere assicurato a entrambe le istituzioni nella stessa maniera.
Peraltro, rappresentano un'unicità assoluta dell'Italia due magnifiche anomalie, di cui siamo orgogliosi ma di cui bisogna tenere conto, e cioè la presenza di due Forze di polizia a ordinamento completamente militare, che sono i Carabinieri e la Guardia di finanza. I Carabinieri appartengono alla Difesa; la Guardia di finanza è una componente delle Forze armate, ma evidentemente ai giovani devono essere offerte analoghe prospettive di carriera, servendo assolutamente nelle stesse funzioni.
Naturalmente sarà anche possibile reclutare personale più anziano (adesso non lo è) oltre i venticinque anni, desideroso di servire le Forze armate, ma che non avrà la possibilità di entrare nelle Forze di polizia. Potrà soltanto fare servizio, ma lo saprà a priori e avrà la possibilità di fare una scelta. In molti altri Stati esiste questa possibilità. Noi dovremmo lavorare moltissimo per agevolare il ricollocamento nel mondo del lavoro del personale che non trova collocazione.
In questo ambito trova anche collocamento una proposta o qualche proposta sulle forze di riserva o di mobilitazione, in grado di contribuire alle esigenze complessive di sicurezza e difesa nazionale. Tale istituzione potrebbe garantire ad alcuni reparti che si caratterizzano per un'elevata età la possibilità di operare anche in ottica dual use a scopi di protezione civile a supporto delle istituzioni nazionali, ribadendo un profondo legame tra Forze armate e società, in un connubio con cui le Forze armate hanno sempre operato, anche perché non esiste una distinzione di alcun tipo tra Forze armate e Paese.
In tale quadro, a distanza di circa sei anni dai provvedimenti di cui ho appena parlato, sarebbe da valutare già nell'attuale mandato se questo décalage, alla luce dei ricorrenti impegni, delle trasformazioni, degli incrementati impegni anche a supporto della protezione civile (recentemente è stato costituito un secondo battaglione a L'Aquila destinato proprio alla protezione civile) e dell'attuale dimensione quantitativa risulti ancora adeguato alle attuali sfide oppure occorra rivederlo in qualche modo.
Aggiungo che già nel riordino delle carriere è stata introdotta la facoltà di prevedere un contingente di personale volontario a ferma prefissata aggiuntivo rispetto alle previste 150.000 unità, da destinare a specifiche funzioni di sicurezza.
Spendo ora una parola sul comparto civile – una parola per ragioni di tempo – che è un altro pilastro fondamentale dell'efficienza Pag. 8 delle Forze armate e che in molti altri Paesi rappresenta una dimensione quantitativa superiore. Con la legge n. 244 del 2012, a cui abbiamo accennato, e con la revisione dello strumento ne è stata delineata una sensibile riduzione. È stato anch'esso interessato da invecchiamento, ampliato dal blocco del turnover.
Appare, quindi, necessario un profondo mutamento anche nei riguardi del personale civile della Difesa, che costituirà sempre più un bacino di preziose capacità tecniche, amministrative e dirigenziali, che dovranno assumere un ruolo di maggiore responsabilità in molte attività per le quali la specificità della condizione militare e delle relative professionalità non sono un indispensabile valore aggiunto, liberando anche risorse per le Forze armate.
Al riguardo, come è già stato espresso dal Ministro della difesa, risultano prioritarie aree quali gli arsenali, i poli di mantenimento e gli stabilimenti, in cui è necessario potenziare l'immissione di personale giovane per affiancare le maestranze più anziane e per lanciare anche in quest'ambito una trasformazione che dovrà essere in un'ottica di medio-lungo termine.
Dunque, come abbiamo detto, il personale è la risorsa principale delle Forze armate e rimane al centro del processo decisionale della Difesa. Gli aspetti legati al benessere e alla sicurezza rappresentano una priorità assoluta di tutti i comandanti e devono essere garantiti a tutti i dipendenti. Su questo i comandanti si confrontano e sono valutati.
Nell'ambito del benessere, che è connesso non soltanto al concetto di salute, ma anche all'area psicologica e mentale dell'essere umano, perché non c'è dubbio che fare il militare è un mestiere diverso e più impegnativo di altri, oltre a una particolare attenzione, sono stati comunque raggiunti obiettivi importanti, che sono rappresentati dal mantenimento dell'efficienza psicofisica, dal rafforzamento dell'aggregazione sociale dei dipendenti e delle loro famiglie e da numerose attività nel sociale, che sono state citate anche dal Ministro della difesa.
Tutte queste misure, nel sostenere il personale, devono anche sostenere l'essenza e la specificità delle Forze armate, nonché mantenere vivi quei valori di base propri delle Forze armate, indispensabili per poter affrontare efficacemente gli impegni sui diversificati scenari.
In altre circostanze ho detto che noi abbiamo le Forze armate più etiche del mondo. In qualunque posto del mondo sono andate si sono sempre comportate in modo eccezionale nei confronti della popolazione, guadagnando sempre un grande ritorno. I numeri rispetto a qualsiasi altro Paese in tutti i settori sono sempre superiori. Moltissime unità di molti Paesi, quando tornavano dalle operazioni, avevano bisogno di sostare per un certo periodo in decompressione; i nostri militari non hanno mai avuto di questi problemi.
Un elemento importante sono i rapporti familiari, che sono fondamentali. Va evidenziato, però – e questo fa parte del nostro impegno – che gran parte del nostro personale, tutto straordinario, proviene dalle regioni del Sud. L'attuale situazione vede due terzi delle infrastrutture militari dislocate nel Centro-Nord e mediamente sono migliori. Per incidere su tale problema saranno quindi necessari investimenti nell'arco decennale o di più decenni, per ottenere un bilanciamento di caserme, fermo restando che nel siffatto quadro di reclutamenti, pur considerando una distribuzione più omogenea delle infrastrutture – che si può fare, su tutto il territorio nazionale – ci sarà sempre una parte residuale, ma molto significativa, di personale proveniente dal Sud che non potrà essere soddisfatto dal punto di vista geografico. Dunque, bisognerà creare altri legami e altre strutture nel sociale e siccome ciascuno di noi ritiene giustamente di essere il più importante, gli scontenti dovranno essere accontentati da un altro punto di vista che non è geografico.
Complementare al benessere è la sicurezza degli ambienti di lavoro, altra priorità su cui si profonde ogni risorsa – e continueremo a farlo – nella convinzione che l'obbligo del comandante sia in primo luogo quello di tutelare l'incolumità e la salute del proprio personale. Pag. 9
In tale ottica, attraverso l'impiego delle professionalità tecniche a disposizione delle Forze armate, è stata assicurata un'azione di costante monitoraggio dei contesti lavorativi nazionali e all'estero, con particolare attenzione a quelli caratterizzati da condizioni ambientali delicate e complesse quali i teatri operativi, un impegno che ha visto nel tempo la Difesa dotarsi di nuove soluzioni organizzative, più versatili e funzionali. L'ultima è la creazione dell’«Ufficio generale prevenzione e vigilanza antinfortunistica e tutela ambientale», posto, in ragione della sensibilità del delicato settore, alle mie dipendenze.
Evidentemente, però, la Difesa in questo settore è pronta a confrontarsi, senza preclusioni di sorta, con qualsiasi iniziativa di novella normativa, purché si preservi anche in tale ambito l'unicità del comparto difesa e sicurezza. Si parla di prevenzione per le Forze armate. La legge sulla specificità riguarda le Forze armate, le Forze di polizia, la Polizia penitenziaria, i carabinieri, la Guardia di finanza e i Vigili del fuoco. C'è il riordino, l'equa ordinazione; se si fa una norma, deve essere fatta per tutto il comparto, che ha gli stessi rischi e le stesse peculiarità.
Infine, evidenzio l'importanza della formazione. Le Forze armate hanno sviluppato in questi anni una visione interforze e interministeriale nell'ambito delle proprie attività formative, che garantisce un percorso a standard comuni. Comunque, i risultati che ha il nostro personale all'estero sono la dimostrazione del fatto che si deve fare meglio, ma che molto è già stato fatto.
Faccio un breve accenno, perché certamente è atteso, alle associazioni professionali militari a carattere sindacale. C'è una sentenza della Corte costituzionale che consente al personale in servizio delle Forze armate e del Corpo della Guardia di finanza la costituzione e l'adesione ad associazioni professionali tra militari a carattere sindacale.
È evidente che in questo momento appare necessario un primo intervento legislativo a disciplinare organicamente la materia, la cui urgenza è riconducibile alla circostanza che la pronuncia dell'Alta corte ha di fatto determinato la coesistenza tra l'istituto della rappresentanza militare e le nuove associazioni militari a carattere sindacale, con elementi di sovrapposizione e potenziale criticità sotto il profilo giuridico.
Evidentemente si tratta del transitorio.
Peraltro, abbiamo pochi modelli con cui confrontarci. Infatti, dando uno sguardo ai principali Paesi partner, l'Italia in qualche modo è un precursore, in quanto tra gli altri Paesi vi è una diffusa presenza di associazioni professionali a carattere comunque non sindacale, mentre le associazioni sindacali sono più o meno concentrate in Germania.
Dunque, nell'auspicare la migliore legge possibile per le associazioni, volta ad adeguare l'ordinamento militare alla pronuncia della Consulta, io sottolineo l'importanza dei diritti del personale, che dovranno in ogni caso salvaguardare nell'esclusivo interesse pubblico le peculiari esigenze di efficienza, operatività e coesione della compagine delle forze e dei corpi armati dello Stato, anche attraverso la conferma dei limiti di competenza richiamati dalla sentenza in parola con riferimento alle materie concernenti: l'ordinamento, l'addestramento, le operazioni, il settore logistico, il rapporto gerarchico funzionale e l'impiego.
Rammento a tutti che evidentemente è importante che vengano salvaguardate le preminenti esigenze funzionali di sicurezza e prontezza correlate alle operazioni reali.
Vengo ora al ruolo della Difesa a livello nazionale e internazionale. Le Forze armate svolgono evidentemente un ruolo di rilievo nell'ambito della dimensione internazionale, in un continuum tra sicurezza interna e stabilità esterna, che sono intrinsecamente legate. Noi parliamo di difesa avanzata e di sicurezza interna, difesa avanzata proiettata fuori dai confini e sicurezza interna garantita a protezione del Paese all'interno e nel contesto delle maggiori organizzazioni internazionali, come da dettato costituzionale, verso le Nazioni unite, la NATO, l'Unione europea e le altre organizzazioni a cui aderiamo, sempre nello spirito delle Nazioni unite. Pag. 10
Vi sono molti approcci operativi. Come ho citato prima, uno di quelli principali che stanno emergendo è quello del capacity building, cioè dell'assistenza alle forze che necessitano di essere preparate per i nuovi impegni, sempre in una dimensione inter-agenzia e con un approccio olistico (comprehensive approach).
Per quanto concerne le operazioni, ne faccio solo cenno perché sono già state delineate dal Ministro della Difesa. In ogni caso, sono pronto a ritornarci.
In ambito NATO noi operiamo a 360 gradi, quindi vi è un impegno anche nell'ambito del principio di solidarietà a est, a supporto del fianco est, ma abbiamo una forte spinta proattiva sul versante meridionale – abbiamo spiegato le ragioni e le motivazioni delle minacce e dei rischi che vengono dal sud – attraverso un'azione prevalentemente preventiva, di proiezione, di stabilità e sicurezza oltre i confini.
Come è stato accennato, un importante risultato è stato raggiunto con la costituzione del NATO hub per il sud. Alcuni anni fa si parlava soltanto di un hub rivolto ad altre direzioni. Questa rappresenta per noi una cabina di regia in cui sviluppare analisi ed attività di prevenzione delle crisi e possibilmente mettere in correlazione le iniziative della NATO e dell'Unione europea che si svolgono in quest'area.
Nell'ambito delle strategie sul fianco sud promosse in ambito NATO, si evidenzia anche la proposta di attivare un comando multinazionale da costituirsi sul framework (ossia sulla struttura) di una divisione italiana, con capacità joint (quindi, Esercito, aeronavale e stability policing) per potenziare l'architettura di comando e controllo necessaria al miglior coordinamento delle iniziative alleate.
In ambito Unione europea, abbiamo partecipato all'adozione di una European global strategy, che è coerente con le missioni della NATO. Le missioni della NATO sono essenzialmente rivolte alla difesa collettiva; quelle dell’European global strategy al rafforzamento delle capacità dei partner ed alla risposta a crisi. Le due sono evidentemente sinergiche. La sinergia va poi trovata nei fatti.
Lo strumento principale politico-istituzionale, come sapete, è quello della PESCO (Permanent structured cooperation), iniziativa che si ripromette, non soltanto di colmare gap capacitivi, ma anche gap industriali. Quindi, un framework aperto per migliorare.
L'Italia in questo ha un ruolo leader e io credo che questo sia un passaggio storico dalla semplice cooperazione all'integrazione capacitiva.
Cito un esempio di un progetto. Attraverso la PESCO può esserci l'accesso a fondi europei, il che comporta vantaggi estremamente sensibili. Penso al progetto che si chiama Military mobility. La Military mobility è un progetto che nasce da obiettivi essenzialmente civili, però diventa un progetto militare che prevede di facilitare lo spostamento delle forze per proiezioni o per difesa da nord a sud e da est a ovest. Apre un potenziale impiego anche per esigenze di mobilità militari, secondo un'ottica dual use, incidendo sulla prontezza delle forze. È un progetto che verrà sviluppato in ambito europeo, ma su caratteristiche della NATO e che potrà godere di importanti e rilevanti risorse europee intorno ai 6,5 miliardi. Noi evidentemente siamo interessati all'asse nord-sud ed est-ovest, ma la dimensione di congiunzione e di dual use è importante.
L'Italia è impegnata in ambito ONU in molte altre iniziative. Come dicevo, adesso non le tratto. Basti pensare che in questo momento stiamo operando in Libano con una brigata multinazionale che si chiama MLF (Multinational land force), che è a leadership italiana e che comprende unità, austriache, ungheresi e croate appartenenti a quelle nazioni dell'area Adriatica e dei Balcani occidentali che aderiscono all'iniziativa denominata DECI (Defence cooperation initiative) e che unisce in fondo – io sono appassionato di storia – i Paesi con cui, più o meno, eravamo nemici nella prima guerra mondiale e che adesso sono forse i nostri migliori alleati storici. Questa è una trasformazione positiva dell'Europa.
Anche per quanto concerne il contributo agli scenari internazionali andrò velocemente perché sono noti. Oggi abbiamo Pag. 11impegnati fuori dal territorio nazionale circa 6.200 militari, un contributo fondamentale non solo per la stabilizzazione, ma anche per il prestigio del Paese.
Nel passato lo sforzo, come mostrato nella lastrina precedente, era stato molto superiore (sulle 11.000 unità). La lastrina che vedete riproduce le operazioni in atto in questo momento, che sono collegate a questo schema del fianco sud e del fianco est.
Cito soltanto, perché se ne parla molto in questi tempi, una missione europea, EUNAVFOR Med-Sophia, per la gestione della crisi migratoria, il contrasto dei traffici e il rafforzamento della sicurezza marittima, per cui assicuriamo, peraltro, la nave sede del comando.
Si tratta di un'operazione di estrema importanza, rappresentando il primo tentativo dell'Unione europea di contrastare la gestione di traffici illegali di esseri umani nel Mediterraneo centro-meridionale. La missione, oltre a sviluppare la capacità della Guardia costiera e della Marina libica, ha il compito di contribuire all'attuazione dell'embargo dell'ONU delle armi in alto mare al largo delle coste libiche. È attualmente all'attenzione una fase di revisione e adeguamento dell'ordine delle operazioni, così come richiesto dall'Italia, ed è una delle missioni dell'Unione europea più importanti.
Passo a Strade sicure e alle altre missioni dual use. In questo momento sono impegnati circa 7.200 militari in Strade sicure. Come ho detto, rappresenta un esempio virtuoso del nostro Paese, anche nel contrasto al terrorismo, di cooperazione tra le Forze di polizia e le Forze armate. Non è solo cooperazione, è veramente sinergia, integrazione, lavoro comune, affetto – non c'è un giorno che non ci sentiamo – ma soprattutto si è trasformato in un esempio che moltissimi Paesi hanno imitato. La chiamano operazione Sentinel o in altri modi, ma l'hanno adottata. Credo che anche questa abbia un effetto importante sulle dinamiche di sicurezza del Paese.
Ci sono poi tutte le attività duali di soccorso alle popolazioni. Il terremoto e le nevicate sono esempi recenti di impiego di capacità duale e del fatto che solo le Forze armate dispongono a priori di assetti pronti e capaci di operare in ogni condizione e in ogni tempo; hanno, infatti, particolari vettori aerei, che consentono di volare e operare, che permettono di aiutare e che evidentemente possono essere messi a disposizione del Paese in ambito duale.
Anche su questo c'è un interesse di integrazione crescente e dobbiamo operare perché si evitino congestioni e perché la risposta diventi sempre più efficace.
Di trasformazione praticamente ho già parlato. La trasformazione è in ambito interforze e parte dalla legge sui vertici voluta dal presidente Andreatta, che ha creato l'area tecnico-operativa e l'area tecnico-amministrativa e ha collocato il Capo di stato maggiore della Difesa al vertice delle Forze armate e alle dirette dipendenze del ministro, con alle dipendenze i Capi di Forza armata.
Questa è stata poi completata dalla legge sul professionale del 2000 dell'allora Ministro Mattarella. Si tratta di procedere in questa trasformazione, alla luce delle linee di questo disegno complessivo che è il Libro bianco e che è necessario per consolidare le capacità di gestione del sistema, nonché la nostra visione interforze e, quindi, dargli una maggiore capacità di integrazione, eliminando, dove possibile, duplicazioni organizzative, ridurre i livelli gerarchici e semplificare le procedure.
Soprattutto in ragione delle future minacce percepite, occorre indirizzare gli sviluppi verso forze in grado di operare in tutti gli scenari, compresi quelli ad alta intensità. In questo la programmazione dello sviluppo capacitivo, in un'ottica di lungo periodo, deve essere almeno quindicennale.
In merito alle componenti della Difesa – per i dettagli sono pronto a rispondere alle domande e lascerò le lastrine – dobbiamo proseguire lo sviluppo delle capacità joint o interforze, che riguardano soprattutto lo spazio, il dominio cyber, l'importante comparto delle forze speciali e il relativo potenziamento, la creazione di altre capacità interforze, come ad esempio quelle anfibie e la capacità di operare nell'ambito cyber. Nell'ambito delle operazioni cibernetiche, è Pag. 12stato costituito un primo comando delle forze cibernetiche.
Per l'Esercito si tratta di creare uno strumento bilanciato e flessibile in grado di operare in ogni condizione, con un giusto mix di forze leggere, medie e pesanti – quelle pesanti in questo momento sono in difficoltà per vetustà dei mezzi – perché evidentemente dobbiamo essere in condizioni di far operare le nostre forze in qualsiasi ambiente, degradato e non degradato.
Per la Marina è necessario disporre di forze navali in grado di contrastare minacce alla libertà dei traffici attraverso la capacità di operare in presenza di rischi elevati, la capacità di sorveglianza, pattugliamento, proiezione dal mare e comando e controllo.
Per l'Aeronautica una componente trasversale in grado di garantire assetti di comando e controllo, per la schierabilità, nonché capacità di difesa, superiorità aerea e supporto al suolo, operando anche in ambito di alta intensità, che per queste forze si concretizza in una forte difesa aerea, con mezzi e sistemi con caratteristiche ad alta sopravvivenza.
Per l'Arma dei carabinieri assetti e unità flessibili e capacità expeditionary integrabili in contesti interforze.
Faccio un'unica precisazione. Negli ultimi anni, grazie ad alcune leggi speciali, per fortuna è stato avviato un processo di modernizzazione dell'Aeronautica e della Marina ancora in atto. Il mio auspicio è che, attraverso nuove disposizioni delle leggi di bilancio e di programmazione – come successo con l'articolo 1, comma 140 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), rifinanziato dall'articolo 1, comma 1072, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) che ha istituito il nuovo Fondo per gli investimenti e sviluppo infrastrutturale del Paese – ci sia attenzione anche verso una rivitalizzazione dello strumento militare terrestre e dei programmi dell'Esercito, perché per noi è importante che ci sia un grande bilanciamento tra le varie componenti.
Cito la necessità di acquisire nuovi mezzi tattici, anche se è una piccola cosa, ma è un esempio che può chiarire, per operare in scenari come Strade sicure dove si impiegano mezzi antiquati.
Arrivo all'ultima osservazione. La farò completamente a braccio cercando di ridurre i tempi. Passo alla parte finanziaria. Il bilancio ordinario della Difesa rende disponibile all'incirca 21 miliardi di euro. Aggiungendo quelli messi a disposizione dal Ministero dello sviluppo economico e delle operazioni fuori area, si arriva ad un ammontare di circa 24 miliardi. Si tratta evidentemente di una quantità di risorse importante, ma è sufficiente a mantenere essenzialmente in efficienza solo la quota parte degli assetti orientati a impegni operativi, oltre ad un certo rinnovamento. Ma dal punto di vista dell'esercizio è soltanto possibile garantire il mantenimento degli assetti che sono impegnati operativamente.
Come si vede nel grafico della lastrina a pag. 41, viene attribuito il 67 per cento delle spese al personale, il 21 per cento di spese all'investimento e il 10 per cento di spese all'esercizio. Il 21 per cento di spesa all'investimento è una misura virtuosa, perché in ambito NATO soddisfa il requisito del 20 per cento. Tuttavia, come ho detto, questo 21 per cento non è sufficiente a garantire lo sviluppo di tutte le componenti necessarie. Quindi è importante che nell'ambito dell'investimento ci sia una visione programmatica di lungo periodo, perché evidentemente le industrie devono avere la visione e la certezza programmatica dei fondi e degli investimenti anche per competere in ambito PESCO. Questo è evidente. Su questo auspichiamo una crescita, che può essere supportata anche dal fatto che incide in un certo modo sul debito pubblico.
Il 67 per cento per il personale non è una misura elevata in termini assoluti, perché gli altri Paesi sul personale spendono molto di più. Il problema è relativo al fatto che il 67 per cento appare elevato perché la torta è relativamente piccola. Infatti, rimane soltanto il 10 per cento per l'esercizio, che non è assolutamente una misura virtuosa perché dovrebbe essere perlomeno pari all'investimento come misura per garantire le scorte e gli approvvigionamenti. Pag. 13Infatti, per noi esercizio significa addestramento del personale, munizioni, carburante, riparazione dei carri armati, dei mezzi e dei sistemi.
Questo è uno dei motivi per cui in ambito internazionale si parla di crescita degli investimenti. Sapete che la NATO richiede il 2 per cento da conseguire entro il 2024. Nei vari consessi l'Italia ha detto che avrebbe fatto con serietà il proprio dovere, crescendo gradualmente nei limiti che poi vediamo, ma evidentemente si tratta a mio avviso di una misura da sostenere con gradualità. Infatti, a noi interessa che le risorse per l'investimento consentano un rateo di rinnovamento e di risoluzione delle obsolescenze dei sistemi d'arma. È importante, che ci sia una pianificazione pluriennale stabile e certa, tanto per le Forze armate quanto per l'industria, nella consapevolezza che il processo di rinnovamento dello strumento – partendo dalla progettazione dei sistemi complessi e passando per la loro acquisizione – necessita di un numero di anni di cui bisogna tenere conto.
Un indice benefico, come ho detto, viene dal nuovo Fondo per gli investimenti e sviluppo infrastrutturale del Paese, istituito con le disposizioni delle leggi di bilancio sopra citate, che proiettandosi su un arco di quindici anni garantisce un'indicazione dell'esigenza di sviluppo. È evidente che in questa fase, caratterizzata da carenza di risorse, si determini una concentrazione più alta di risorse negli anni successivi, a fronte di assegnazioni iniziali evidentemente più scarse.
Noi, però, abbiamo soprattutto un problema nel settore dell'esercizio, che si attesta al 10 per cento, che riceve i fondi dal decreto di finanziamento delle missioni fuori area, e che permettono l'addestramento e il mantenimento dei mezzi. Pertanto, un taglio o anche una riduzione in un periodo delle missioni internazionali evidentemente determinerebbe anche un taglio ulteriore dell'esercizio.
La sostanza è che, come ho detto prima, la pianificazione delle forze andrebbe articolata su un arco temporale di numerosi anni. Noi diciamo quarant'anni. Quarant'anni è il tempo effettivo che ci vuole per un sistema d'arma. Ad esempio, attualmente è in sostituzione il Veicolo Blindato Protetto Centauro 2, ed il nuovo elicottero da combattimento. Lo studio, l'approvazione e la messa in opera di simili sistemi variano da cinque a dieci anni, l'approvvigionamento dura trenta-quaranta anni, quindi parliamo di mezzi che rimangono in servizio cinquant'anni.
Queste sono le esigenze di pianificazione e di sviluppo dello Strumento militare a cui siamo chiamati a rispondere, attraverso le nostre proposte avanzate con serietà, ma anche in sinergia con l'industria e soprattutto con il Parlamento sovrano.
Per quanto il concerne il rapporto bilancio/PIL pari all'1,15 per cento, esso si attesta al di sotto delle richieste della NATO. Senza parlare dell'obiettivo del 2 per cento che non compete al mio livello, noi speriamo che possa crescere con un minimo graduale dell'1 per cento all'anno. Tenete anche presente che nella PESCO attualmente non c'è, ma probabilmente verrà introdotto un indice di sviluppo, perché rispetto ai finanziamenti europei l'Unione vuol vedere che su quei programmi ci sia un finanziamento e che annualmente ci sia una crescita percentuale anche minima delle risorse.
Concludo con la convinzione che per mantenere Forze armate efficienti sia necessaria una continua attenzione al personale, adeguate risorse per il funzionamento, l'ammodernamento e lo sviluppo, condizioni che – ne sono certo – non verranno a mancare da parte dell'attuale autorità politica e in particolare da parte di queste Commissioni.
PRESIDENTE. Ringrazio il generale Graziano per la chiara e puntuale esposizione. Considerato il ristretto tempo a disposizione, chiedo ai Gruppi di far pervenire alle segreterie delle rispettive Commissioni i quesiti che intendono porre, prevedendo poi, ove il generale Graziano sia disponibile, il seguito della presente audizione dopo la pausa estiva.
CLAUDIO GRAZIANO, Capo di stato maggiore della Difesa. Preciso che ho detto Pag. 14«crescita dell'1 per cento», ma intendevo una crescita dello 0,1 per cento.
PRESIDENTE. Ringrazio il Generale Graziano anche per la presentazione che ci ha illustrato e di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.
La seduta termina alle 9.20.
Pag. 15ALLEGATO
PRESENTAZIONE INFORMATICA ILLUSTRATA DAL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA DIFESA, GENERALE CLAUDIO GRAZIANO.
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