Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 3
Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, e della Ministra della difesa, Elisabetta Trenta, sui recenti sviluppi della situazione in Libia
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)
:
Grande Marta , Presidente ... 3
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4
Grande Marta , Presidente ... 9
Trenta Elisabetta , Ministra della difesa ... 9
Grande Marta , Presidente ... 12
Lucidi Stefano ... 13
Gasparri Maurizio ... 13
Minniti Marco (PD) ... 14
Gasparri Maurizio ... 14
Minniti Marco (PD) ... 15
Grande Marta , Presidente ... 16
Minniti Marco (PD) ... 16
Grande Marta , Presidente ... 16
Minniti Marco (PD) ... 16
Grande Marta , Presidente ... 16
Minniti Marco (PD) ... 16
Grande Marta , Presidente ... 16
Minniti Marco (PD) ... 16
Grande Marta , Presidente ... 17
Minniti Marco (PD) ... 17
Urso Adolfo ... 17
Grande Marta , Presidente ... 18
Boldrini Laura (LeU) ... 18
Grande Marta , Presidente ... 19
Casini Pier Ferdinando ... 19
Grande Marta , Presidente ... 20
Bonino Emma ... 20
Grande Marta , Presidente ... 21
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 21
Grande Marta , Presidente ... 22
Trenta Elisabetta , Ministra della difesa ... 22
Boldrini Laura (LeU) ... 23
Trenta Elisabetta , Ministra della difesa ... 23
Boldrini Laura (LeU) ... 23
Trenta Elisabetta , Ministra della difesa ... 23
Boldrini Laura (LeU) ... 24
Trenta Elisabetta , Ministra della difesa ... 24
Grande Marta , Presidente ... 25
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia: Misto-NcI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI MARTA GRANDE
La seduta comincia alle 14.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati e la trasmissione sul canale satellitare della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, e della Ministra della difesa, Elisabetta Trenta, sui recenti sviluppi della situazione in Libia.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, e della Ministra della difesa, Elisabetta Trenta, sui recenti sviluppi della situazione in Libia.
A nome delle Commissioni affari esteri e difesa della Camera e del Senato do il benvenuto al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, e alla Ministra della difesa, Elisabetta Trenta, e li ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
La convocazione di quest'audizione, frutto dell'iniziativa di alcuni Gruppi parlamentari, è connessa agli scontri che si sono protratti dal 26 agosto scorso fino al 4 settembre nel sud della capitale libica, nella contrapposizione tra brigate e milizie che hanno assunto ormai il controllo di importanti infrastrutture istituzionali ed economiche ed esercitano una pressione ormai intollerabile sul Governo di unità nazionale guidato dal premier Sarraj.
Dagli scontri è derivato un elevato numero di vittime – sessantatré, secondo le stime di oggi – di feriti e di dispersi, tra cui numerosi civili.
Ieri si è tenuta una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione in Libia, sotto la direzione del rappresentante speciale Salameh, a seguito dell'accordo per il cessate il fuoco conseguito il 4 settembre dalla missione di supporto delle Nazioni Unite (UNSMIL). La sintesi della riunione pubblicata sul sito delle Nazioni Unite è in distribuzione sulla piattaforma GeoCom.
L'importante intesa per la tregua è stata annunciata alla comunità internazionale unitamente all'appello rivolto a tutte le parti in causa affinché le milizie presenti sul campo si astengano da atti di aggressione nei riguardi di ambulanze, soccorritori e strutture di intervento sanitario.
Appaiono assai significative le parole del rappresentante speciale Salameh sull'esigenza di superare lo status quo, di assicurare istituzioni civili e militari forti e unite, nonché la ripresa di un processo di riforme economiche e politiche.
È significativo, altresì, il rimprovero mosso da Salameh a talune componenti del Parlamento di Tobruk rispetto agli ostacoli posti al processo costituzionale ed elettorale.
Rilevanti sono state, altresì, le parole del rappresentante della Federazione russa presso l'ONU, che ha espresso cautele rispetto allo svolgimento di elezioni prima che la società libica sia pronta ad affrontare la fase elettorale. D'altra parte, il rappresentante Pag. 4 libico presso l'ONU ha sottolineato l'importanza di libere elezioni, segnalando, a sua volta, le criticità che caratterizzano il processo costituzionale.
Com'è noto, l'Italia non siede al momento in Consiglio di sicurezza, avendo concordato la condivisione del seggio con i Paesi Bassi, ma le Istituzioni italiane, con particolare riferimento al Ministro Moavero, hanno avuto in questi giorni contatti costanti con i massimi rappresentanti delle Nazioni Unite, anche in relazione alla conferenza sulla Libia che è prevista svolgersi in Italia nel prossimo mese di novembre.
Esprimo a nome dei colleghi pieno sostegno allo sforzo profuso dal personale diplomatico e amministrativo tuttora operante presso l'Ambasciata d'Italia a Tripoli, che resta aperta e funzionante anche grazie al presidio dei Carabinieri del Battaglione «Tuscania». È tuttora aperto e operativo anche il nostro ospedale da campo a Misurata, impegnato in interventi di soccorso ai numerosi feriti.
Se nell'immediato la priorità è rappresentata dal mantenimento della tregua, è adesso imprescindibile una riflessione a tutto campo per conseguire la pacificazione della Libia, preservando l'integrità territoriale del Paese e l'avvio di un percorso di stabilizzazione e di ricostruzione delle strutture istituzionali.
L'audizione odierna, determinata da un contesto emergenziale, può costituire il tassello iniziale per la definizione di una strategia italiana, atteso il ruolo centrale che il nostro Paese esercita sul dossier e la responsabilità che incombe sull'Italia in quanto Paese destinatario di flussi migratori fortemente condizionali al complessivo quadro di instabilità geopolitica che caratterizza il Nord Africa, la regione saheliana e il Corno d'Africa.
Dalla Commissione affari esteri della Camera dei deputati potrà giungere un contributo costruttivo in tal senso anche nell'ambito dei lavori di indagine conoscitiva sulla politica estera dell'Italia per la pace e la stabilità nel Mediterraneo, deliberata quest'oggi.
Inoltre, l'imminente missione delle Commissioni affari esteri di Camera e Senato a New York in occasione della 73a Assemblea generale delle Nazioni Unite prevederà colloqui finalizzati a un contributo positivo alla soluzione della crisi libica.
Se i colleghi presidenti non intendono intervenire, darei subito la parola al Ministro Moavero Milanesi affinché svolga il suo intervento.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Signore e signori membri del Parlamento, vi ringrazio di questa occasione, che è un'opportunità per condividere con voi le informazioni attualmente in possesso del Governo su una questione estremamente rilevante di rilievo nazionale, rispetto alla quale, naturalmente, anticipo che ogni tipo di suggerimento è più che benvenuto, così come lo sono le critiche, in doveroso ossequio alla sovranità del Parlamento.
Credo che dobbiamo essere tutti coscienti del fatto che esiste un interesse della nazione che deve essere presente anche nelle visioni differenti che possono essere determinate dal proprio prisma politico. È in questo senso che ho cercato in questi giorni di operare.
Noi sappiamo che in Libia esiste una situazione estremamente complessa, non da oggi. Purtroppo, da svariati anni questo Paese – che si trova di fronte al nostro e che è cruciale per ragioni di stretta attualità, oltre che vicino a noi per ben noti motivi storici – si trova in una situazione molto complicata.
Vorrei sviluppare velocemente sette punti. Il primo riguarda l'attuale accordo sul cessate il fuoco, la notizia più importante che c'è stata nelle ultime 24-48 ore.
È stata raggiunta un'intesa grazie, in particolare, all'azione del delegato ONU Salameh, il quale ha convocato un'apposita riunione il 4 settembre con tutte le rappresentanze delle varie forze in campo. Le chiamo «forze» in quanto effettivamente, purtroppo, erano in corso delle contrapposizioni cruente. Esse rappresentano anche diverse fazioni del complesso asse libico e della sua difficile situazione.
L'accordo prevede cinque punti. Il primo è il cessate il fuoco. Si tratta di un'intesa Pag. 5formale, che sta reggendo. Il secondo è l'impegno a mantenere questo cessate il fuoco, ovviamente elemento corollario tutt'altro che trascurabile. Il terzo elemento riguarda la protezione dei civili, la tutela dei diritti umani, il rispetto della proprietà privata e delle proprietà pubbliche e la riapertura dell'aeroporto di Tripoli, Mitiga, nonché delle varie strade dentro e fuori Tripoli.
Si tratta, come vedete, di elementi che hanno a che fare con persone, con i loro beni e le loro cose, con la situazione pubblica e anche proprio con gli assi infrastrutturali. Si cerca di coprire gli elementi funzionali della zona dove ci sono stati gli scontri.
Il risultato che deriva principalmente dall'azione del delegato ONU Salameh è stato da noi fiancheggiato in modo esplicito e – credo – anche utilmente finalizzato all'attivismo, in collegamento con gli altri Paesi interessati e, più in generale, con la comunità internazionale.
Segnalo quattro ordini di passaggi. Il primo in ordine di tempo è stato il 1° settembre. C'è stata una dichiarazione congiunta del cosiddetto gruppo P3+1 (Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Italia), che ha condannato l’escalation che iniziava in quei giorni.
Successivamente, come secondo elemento, ci sono stati dei contatti che tendevano a convergere sul delegato ONU Salameh. Io stesso ho parlato con lui più volte. Abbiamo parlato con il Primo Ministro Sarraj, che rappresenta le autorità internazionalmente riconosciute, con il Ministro degli affari esteri e con altre parti in causa per fiancheggiare l'iniziativa di riunione che il delegato Salameh ha convocato. All'inizio essa sembrava piuttosto temeraria, ma poi ha potuto, invece, dare prova di funzionare, anche con un risultato.
A questo punto, per sostenere anche ex post lo sforzo di Salameh e il risultato raggiunto, su iniziativa nostra italiana, è stata promossa una seconda dichiarazione congiunta, uscita il 4 settembre, di sostegno e incoraggiamento alle parti a mantenere gli impegni assunti. Abbiamo una situazione di cessate il fuoco.
L'obiettivo di questa tregua, che noi ci auguriamo sia stabile e più di una tregua, è quello proprio di riavviare il dialogo.
Alla luce di questo primo punto relativo al contenuto dell'accordo, noi consideriamo questo oggettivamente un risultato positivo. Pensiamo di aver contribuito, nell'interesse naturalmente dell'intera Italia, in un'interrelazione positiva con gli altri Stati e, in particolare, col delegato ONU, che ha un lavoro tutt'altro che facile e un estremo bisogno di aiuto e supporto da parte della comunità internazionale.
Passando al secondo punto della mia esposizione, la situazione sul terreno resta complessa. È il meno che si può dire. Ci sono state delle contrapposizioni molto forti. Come sapete, ci sono dei morti e dei feriti. Ci sono stati, purtroppo, dei saccheggi e degli atti di violenza su civili, come avviene, purtroppo, in questo genere di situazioni.
Sono stati protagonisti – l'avete letto, come me; peraltro, è stato anche ampiamente e correttamente riportato dalla maggior parte dei mass media – la Settima Brigata e la cosiddetta Tripoli Revolutionary Brigade, due gruppi che si tenevano fino a questo momento fuori città. Sono entrati in città e si sono avuti gli scontri.
Parte di questo posizionamento, per quanto possa apparire sulla base delle informazioni, è dovuto anche all'acquisizione di zone di influenza su settori che permettono di condizionare porzioni della popolazione civile, magari anche in vista delle future elezioni. Questo avviene in tale dinamica e l'abbiamo visto accadere anche in altre situazioni simili.
Sono intervenute sul terreno anche delle forze fedeli al Governo riconosciuto a livello internazionale – quello di Sarraj, per comprenderci – provenienti in particolare da Misurata. È stata una presenza a tutto campo della maggior parte delle forze presenti in Libia, nella dinamica, purtroppo, molto conflittuale, di vera e propria guerra, che esiste nel Paese.
Passo al terzo punto, ovvero qual è l'obiettivo del delegato ONU Salameh. Ieri Salameh ha riferito al Consiglio di sicurezza, nell'ambito di una riunione – sottolineo – ordinaria, che però aveva all'ordine Pag. 6del giorno anche la relazione del delegato Salameh. L'obiettivo è quello di riportare la situazione sotto controllo, nei limiti in cui si può usare questa terminologia, data la situazione generale in Libia, consolidare la tregua e riprendere il processo di pacificazione e di securizzazione. Si tratta di un processo indispensabile per arrivare anche a quell'appuntamento elettorale che dovrebbe rappresentare il punto di svolta della situazione generale. Quantomeno, questo è l'auspicio generalizzato.
L'obiettivo finale del delegato ONU Salameh – vorrei essere chiaro sul punto, perché lui lo è stato molto con me – è di arrivare alle elezioni. Lui pensa che ne esistano ancora le condizioni, anche se sono evidentemente diventate più difficili negli ultimi giorni. Con la tregua ha riacquistato speranza per poterle effettuare entro l'anno.
Voi sapete benissimo che sulla questione delle elezioni esiste dialettica in Libia, fuori della Libia e anche qui da noi in Italia. La posizione del Governo è sempre stata quella di dire che si debbano fare le elezioni in Libia, ma il quando dovranno stabilirlo gli stessi libici, il popolo libico e le loro Istituzioni. Naturalmente, le elezioni si devono fare in condizioni di sicurezza e legittimità che possano dare loro la dignità che un momento di democrazia come le elezioni deve avere. Noi non fissiamo date, ma ci rimettiamo alla volontà del popolo libico, augurandoci che si esprima nella maniera e nelle condizioni migliori. Questa è la nostra posizione.
Voi sapete, peraltro, che al vertice che si è tenuto a Parigi qualche mese fa era stata indicata la data del 10 dicembre, intorno alla quale c'è poi tutto il dibattito che conosciamo. Noi siamo dell'idea che i popoli decidano da soli – quando le condizioni sono mature – le date delle elezioni. Ci sembra curioso che siano stabilite dall'esterno, anche nell'ambito di conferenze internazionali. Siamo assolutamente convinti che si debbano tenere le elezioni. Saremmo assolutamente contenti se le condizioni per tenerle in maniera dovuta si verificassero già nel mese di dicembre, nell'arco dell'attuale anno.
Il quarto punto, importantissimo, è la tutela dei nostri connazionali. Il nostro impegno è stato – ve lo posso certificare – assolutamente totale. Abbiamo un quadro preciso del chi e del dove si trovano i nostri connazionali. L'unità di crisi di Farnesina è allertata, così come l'Ambasciata italiana a Tripoli, che è aperta e funzionante. Ci siamo occupati di facilitare la partenza di quelli che intendevano partire. Anche un alleggerimento del personale civile dell'ambasciata ci è sembrato doveroso. Siamo impegnati sul terreno per ridurre al massimo i rischi o gli inconvenienti per coloro che, invece, hanno deciso di rimanere.
Sapete anche che in Libia la nostra compagnia petrolifera italiana ENI – dico nostra perché è italiana; per giunta, il pacchetto di controllo è dello Stato, ragion per cui si può definire effettivamente nostra – si trova sul terreno ed è attiva e operante. Non sono molte a trovarsi nell'analoga situazione. Naturalmente, siamo pienamente coscienti e siamo in continua comunicazione per fornire, qualora necessario, il nostro supporto.
Domenica 2 settembre, c'è stato il rientro in patria di sei persone in servizio presso l'Ambasciata d'Italia a Tripoli, che comunque – ripeto – è funzionale. Conta ancora la presenza di alcuni funzionari civili, oltre che, come avete sentito dalla Presidente Grande, dei Carabinieri in servizio a Tripoli, ai quali credo che dobbiamo tutti una grande gratitudine, perché svolgono un servizio di presenza prezioso non solo per i nostri connazionali, ma anche per l'immagine del Paese.
Il quinto punto riguarda la condizione dei migranti, ossia l'impatto di questa difficile situazione in Libia a livello dei flussi migratori, grande preoccupazione per i nostri concittadini e per tutti noi. Naturalmente, le condizioni sono diventate più difficili. Questo, purtroppo, è inevitabile, anche se estremamente deprecabile in situazioni conflittuali come quelle di cui stiamo parlando. Ci sono stati degli atti di prevaricazione e di violenza su queste persone, che rappresentano forse la parte più umile, più in pericolo, che ha maggior Pag. 7necessità di aiuto e supporto tra coloro che si trovano sul territorio libico.
Comunque, le organizzazioni internazionali, le organizzazioni non governative e anche le nostre persone dell'ambasciata in Libia stanno prodigandosi per assicurare un'assistenza. Ci sono stati dei fatti più gravi nel centro di Ain Zara, dove sono stati evacuati circa 300 migranti, fra i quali anche, probabilmente – non abbiamo elementi di certezza – delle persone che, qualora fossero fuori Libia, potrebbero avere lo statuto di rifugiati.
Abbiamo una collaborazione stretta con l'Organizzazione delle Nazioni Unite sul terreno. Insieme a loro cerchiamo di collaborare anche nei confronti del miglioramento delle condizioni dei migranti.
Come sesto punto, in quale direzione va il nostro impegno, qual è la filosofia, che cosa pensiamo di fare? Sottopongo alla vostra valutazione che cosa intendiamo fare come Governo e come Italia. Ci sono cinque linee di direzione.
In primo luogo, intendiamo attenerci scrupolosamente alla forma di massimo rispetto della volontà e anche della sensibilità del popolo libico, delle sue Istituzioni e, se vogliamo, anche dei suoi differenti punti di riferimento. Intendiamo dialogare con tutti. L'obiettivo è quello di cercare di contribuire il più possibile a una normalizzazione della situazione, declinando il termine «normalizzazione» in maniera sempre più concreta e simile a quella con cui lo declineremo da noi. Vorremmo favorire, e cerchiamo di farlo, una transizione ordinata dalla situazione più caotica attuale.
Quando dico che cerchiamo, desideriamo e auspichiamo, uso verbi che sottintendono un concetto prudente, ma voglio sottolineare che siamo assolutamente impegnati sul terreno al fine di ciò. Non vorrei che ci fossero fraintendimenti. Non si tratta di appelli o vaghe speranze. L'obiettivo è la forza di volontà di arrivare al risultato.
La seconda linea di direzione è rafforzare le Istituzioni legittime riconosciute dalla comunità in Libia. Non è questione di misurare chi è debole o forte e di stare col più forte o col più debole. Noi dobbiamo tenerci in un quadro di legalità internazionale, seguire l'evoluzione degli eventi e non avere partiti presi. Dobbiamo muoverci in un quadro che, secondo noi, non può che essere quello delle Nazioni Unite e di legalità internazionale. Ripeto, il dialogo è con tutti. Guardiamo agli elementi che si trovavano nel cosiddetto accordo di Skhirat del 2015, che prevedeva l'evoluzione verso il processo di normalizzazione.
L'approccio inclusivo del dialogo con tutti gli attori comporta che noi stiamo già da tempo dialogando con tutti gli attori dello scenario libico, nessuno escluso, parte est, parte ovest, Tripolitania, Cirenaica, Fezzan, tutti coloro che sono sul terreno. Guardiamo con apprensione a uno scenario in particolare, quello che, nella situazione difficile e conflittuale, che può a volte assumere derive vicine al caos, possano prevalere delle forze chiaramente giudicate a livello internazionale, oltre che – credo – da noi tutti, estremamente pericolose. Penso a situazioni di estremismo fondamentalista, dinamiche che, purtroppo, non sono estranee, ma che, per il momento, non stanno prevalendo.
Come terza linea direttrice – l'ho già detto più volte e lo ripeto molto brevemente – occorre mantenere le Nazioni Unite al centro di questo percorso di stabilizzazione. Da parte mia è costante il dialogo con il delegato delle Nazioni Unite Salameh, con cui parlo con grande frequenza e che riprenderà a venire a Roma nel momento in cui le condizioni saranno tali da consentirglielo. La presenza di Salameh non è solo una questione di sicurezza, ma è anche una questione di presenza rassicurante per gli stessi libici. Quando riterrà di poter riprendere i suoi viaggi, verrà sicuramente di nuovo a Roma.
La quarta linea di direzione è quella che ci porta a lavorare in stretto contatto con quella che si chiama genericamente la comunità internazionale, il che vuol dire tutti gli Stati – e sottolineo tutti gli Stati – che hanno a che fare con la Libia, sia quelli che condividono pienamente le nostre visioni, sia quelli che le condividono meno, sia quelli che sono animati da qualche fermento di competitività con noi. Noi affermiamo Pag. 8 e pensiamo che tutti debbano partecipare allo sforzo di obiettivo comune, mentre le dichiarazioni congiunte, i cosiddetti joint statement, riuniscono i Paesi del gruppo P3+1, che sono quelli obiettivamente più coinvolti.
La quinta linea di direzione è quella che porta a rafforzare il rapporto bilaterale con la Libia, nel quadro di un'agenda di cose da fare che include anche la ripresa dell'approfondimento in vista della riattivazione dell'accordo di amicizia del 2008, che, quando mi recai a Tripoli e nei contatti anche successivi, anche recenti, ci è sempre stato segnalato come un desiderio anche da parte dell'attuale Governo legittimo della Libia, il Governo di Tripoli, quindi Sarraj. Vi avevo già riferito a questo proposito in precedenti audizioni e confermo che siamo sempre su quella linea di obiettivo.
Questo include, come primo punto, la riattivazione anche di rapporti economici, d'altra parte già in atto attraverso ENI in particolare e, come secondo punto, la cooperazione nel campo migratorio. Voi sapete che abbiamo fornito, con il via libera anche del Parlamento, un dato numero di motovedette (dodici, se ricordo il numero esatto) alla Guardia costiera libica, che sono operative e aiutano nell'azione rispetto ai flussi migratori.
Un ultimo aspetto, che, per quanto mi riguarda personalmente, è proprio il caso di definire ultimo ma non ultimo in ordine di importanza, è quello dell'assistenza umanitaria. È fondamentale che ci assicuriamo che in Libia ci sia rispetto dei diritti umani, dei diritti fondamentali, dei diritti delle persone. Libici, migranti, connazionali vanno trattati nel pieno rispetto dei diritti umani ed è nostro dovere assicurarcene al meglio che le circostanze permettono.
Passo ora all'ultimo punto che è quello della conferenza sulla Libia in Italia. Vi ricordate che in passato c'era già stata una conferenza a Roma nel 2015, una a Vienna nel 2016 e una a New York, sempre nel 2016. Poi ci sono stati dei vertici/conferenze convocati in Francia, a Parigi. Ci è stato chiesto, tra gli altri, in modo molto esplicito dalla stessa Francia, oltre che nei colloqui a Washington tra il Presidente del Consiglio e il Presidente degli Stati Uniti d'America Trump, di organizzare una conferenza sulla Libia, una conferenza che possiamo definire di pace – ma questo è quasi lapalissiano – volta soprattutto a far parlare le parti in causa.
Questa conferenza noi la immaginiamo nel mese di novembre e la pensiamo con il cosiddetto formato di Roma, ossia quello che fu utilizzato per la conferenza del 2015 e che è rimasto nel gergo delle conferenze. Includeremo non solo i Paesi più direttamente interessati e confinanti, ma, senza citarli tutti, anche la Cina, gli Stati Uniti e le varie unioni (Unione europea, Unione africana, Lega araba, Nazioni Unite), più tutti i vari Paesi interessati, dalla Turchia, al Qatar, agli Emirati, oltre a svariati Paesi europei.
Abbiamo pensato, e stiamo lavorando su questa ipotesi – vedremo poi se nella fase di realizzazione si confermerà – che il luogo di questa conferenza potrebbe essere la Sicilia, tenuto conto anche che è una nostra terra, ma vicina alla parte del mondo a cui ci stiamo rivolgendo per geografia e anche per memorie storiche.
L'obiettivo è quello di favorire l'attuazione del Piano d'azione ONU del delegato Salameh e la creazione di condizioni politiche e legislative di sicurezza che permettano effettivamente di tenere le elezioni, da qui al mese di novembre per mantenere l'impegno ad arrivare, qualora possibile, alle elezioni entro l'anno, così come previsto nel Piano delle Nazioni Unite.
Ci saranno cinque filoni principali nei lavori di questa conferenza. Il primo è la sicurezza, il secondo il processo politico, il terzo la riconciliazione nazionale, che è direttamente collegata al processo politico stesso, il quarto la dimensione economica e sociale e il quinto, come sempre citato per ultimo ma di primaria importanza, quello relativo ai diritti umani e alla questione umanitaria.
In conclusione, tengo a dire che, come affermavo all'inizio, queste azioni sono intraprese nell'interesse del popolo libico e della Libia nell'assoluta reverenza agli interessi del nostro Paese in senso ampio e della nostra nazione. È molto importante Pag. 9che rimaniamo attivi sul terreno. Lo siamo e siamo percepiti come tali. Evidentemente si tratta di un terreno di dinamiche poliedriche, con scontri addirittura armati sul terreno, bisticci fra Paesi, liti e tutte le dinamiche che possiamo conoscere al di dentro e al di fuori.
L'obiettivo è, però, di arrivare a un risultato che per noi è importantissimo. In epoche lontane – lo dico nel senso affettuoso del termine – la Libia fu definita la quarta sponda, perché vicina a noi, perché davanti a noi, perché obiettivamente ha un destino molto connaturato a parte del destino della nostra nazione. In questo senso pensiamo che sia un dovere, oltre che un evidente impegno, rimanere attivi affinché la situazione possa ritornare a essere migliore.
PRESIDENTE. Do la parola alla Ministra Trenta affinché possa svolgere il suo intervento.
ELISABETTA TRENTA, Ministra della difesa. Signori presidenti, onorevoli senatori e deputati, da parte mia, dopo l'esaustivo quadro di situazione testé enunciato dal mio collega, cercherò di illustrarvi quali sono i riflessi di quanto è accaduto in questi giorni in Libia sulla nostra presenza nel Paese e, più in generale, sulla presenza del dispositivo militare che gravita nel Mediterraneo centrale.
A premessa di tutto questo vorrei richiamare alcuni elementi di analisi che possono essere molto utili e funzionali per capire quale sia l'importanza di quello che stiamo facendo in Libia oggi anche con la presenza dei nostri militari.
Le iniziative ostili sono partite il 26 agosto nell'area a nord dell'aeroporto internazionale di Tripoli, nei pressi della base militare Yarmuk, dirette contro forze di sicurezza che supportano Al-Sarraj e hanno portato il Consiglio presidenziale a proclamare, lo scorso 2 settembre, lo stato di emergenza. Queste iniziative sono state promosse da una milizia, la Settima Brigata di Taruna, una municipalità che si trova a circa 60 chilometri a sud di Tripoli.
Sino a quel momento le milizie di Taruna erano formalmente alle dipendenze del Ministero della difesa libico. In passato mantenevano il controllo di alcune aree della capitale, da cui però erano state estromesse, nel maggio dello scorso anno, a opera di forze di Misurata appartenenti al fronte miliziano allineato ad Al-Sarraj.
La prosecuzione degli scontri in violazione dei ripetuti cessate il fuoco dichiarati ha provocato la polarizzazione di due contrapposti schieramenti: da un lato, la Settima Brigata ribelle ha ricevuto il rinforzo di milizie misuratine di matrice islamista, dall'altro, specularmente, si sono aggregate le diverse milizie pro-governative riferibili al Ministero dell'interno in difficoltà a contrastare le operazioni del blocco delle forze ribelli dotate di armamento pesante. A queste si sono, quindi, aggiunte altre formazioni provenienti da Misurata e appartenenti a fazioni più moderate, schieratesi in particolare nell'area dell'aeroporto di Mitiga. Anche delle forze arrivate da Zintan, ufficialmente fedeli al Governo di accordo nazionale, si sono posizionate a ovest e sud-ovest della capitale.
Per quanto riguarda, più specificatamente, le località ove operano i nostri militari schierati a Tripoli, la situazione è rimasta calma nelle aree orientali della capitale, dove le forze leali al Governo hanno mantenuto il controllo sia dell'aeroporto di Mitiga, sia della base navale di Abu Sitta e delle aree circostanti.
Anche nell'area di Misurata, dove si trova il nostro ospedale da campo, che continua a fornire una preziosa opera di assistenza alla popolazione locale, la situazione è rimasta tranquilla. L'ulteriore accordo per il cessate il fuoco annunciato il 4 settembre da parte della missione ONU in Libia al momento sembra reggere.
Il bilancio degli scontri, secondo i dati ufficiali del Ministero della sanità libico, conta, purtroppo, 61 morti e 159 feriti. È importante evidenziare che le motivazioni alla base di tali posizionamenti non sembrano essere legate a questioni politiche, ma conseguenti, invece, al mancato rispetto di alcuni accordi di carattere economico sul coinvolgimento nella gestione della sicurezza della capitale, che ha provocato lo scontento delle fazioni escluse. Pag. 10
In definitiva, l'analisi indica che si tratta di una situazione meno pericolosa di quello che sembra, non essendo legata a vicende strettamente politiche o chiaramente contro Al-Sarraj, ma legata a un riposizionamento delle milizie. Queste ultime puntano concretamente alla riduzione dell'influenza politica ed economica delle milizie della capitale (dove ci sono quattro milizie prevalenti) al conferimento di incarichi governativi per i propri appartenenti e al coinvolgimento ufficiale nelle attività di controllo del territorio a Tripoli. È un po’ più di quello che sta avvenendo da tanti anni, ma è sicuramente una situazione da attenzionare.
Questo rapido quadro, che vede il coinvolgimento su fronti contrapposti anche di milizie facenti capo formalmente alle stesse autorità legittime libiche, dimostra con ancor maggiore evidenza l'urgenza dell'unificazione sotto un'unica catena di comando e controllo dipendente dallo Stato di tutte le forze di sicurezza e difesa nazionali che si riconoscono nel percorso tracciato dalle Nazioni Unite per la definitiva pacificazione e stabilizzazione della Libia.
Il vero architrave di qualsiasi progetto di stabilizzazione della Libia è, dunque, il truck sicurezza, con i due tasselli imprescindibili dell'unificazione delle forze militari e della riconciliazione nazionale. Se la soluzione del problema delle milizie non viene trovata, è inutile qualsiasi soluzione politica, perché il prossimo Parlamento sarà sempre in mano alle milizie.
Questo è il motivo per cui noi pensiamo, come Governo, che il processo debba essere seguito secondo un percorso che abbia una determinata logica. Quest'ultima crisi, perciò, pur con il suo tragico portato di ulteriori vittime e feriti tra la popolazione civile, potrebbe essere sfruttata come un'opportunità di rilancio per il processo di riconciliazione guidato dall'ONU, avviando un'azione di intermediazione a partire appunto dal truck securitario, provvedendo a una chiara riconfigurazione della gestione della sicurezza nella capitale libica.
Il concetto di stabilizzazione va inteso come un edificio che si basa su tre pilastri: riconciliazione, sicurezza e monopolio della forza da parte delle autorità statali e processo politico. Una corsa alle elezioni senza le necessarie precondizioni e senza un lavoro sugli altri due pilastri non condurrà ad alcuna stabilizzazione, ma approfondirà le divisioni già esistenti.
L'Italia ha e intende continuare ad avere un ruolo da protagonista in Libia. La stabilizzazione del Paese è per noi fondamentale per il controllo dei flussi migratori, per il contrasto del terrorismo che rischia di radicarsi in territori privi di controllo centralizzato, e per la nostra stessa sicurezza energetica. Lo scenario che oggi descriviamo non ci vede più dei semplici spettatori, come accaduto con il precedente Governo, ma attori che operano nel quadro delle iniziative concordate dalle Nazioni Unite.
Ho accennato al problema del controllo dei flussi migratori. In generale, una rotta importante anche per il 2018 risulta essere quella nel Mediterraneo centrale, che riunisce in sé la maggior parte dei flussi dei Paesi nordafricani del Corno d'Africa e dell'area subsahariana. La Libia si conferma l’hub principale per l'immigrazione attraverso il Mediterraneo e il principale punto di raccolta e partenza per i migranti irregolari in partenza verso l'Italia.
Nei primi sette mesi del 2018 si è, però, registrato un forte trend decrescente proprio dei flussi migratori provenienti dalla Libia. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno il decremento apprezzabile è di circa l'80 per cento. Questo positivo risultato è stato possibile grazie a una duplice tipologia di intervento da parte libica; un intervento che, come vedremo, è anche il risultato dell'importante attività svolta dai nostri militari.
Da una parte, ci sono state le operazioni condotte dalle forze governative nel centro di Sabratha, sino ad allora principale località di partenza di questi flussi, che hanno portato allo smantellamento delle reti criminali dedite al traffico di migranti.
A questo intervento a terra si è accoppiata la sensibile crescita delle capacità della Guardia costiera libica grazie al nostro supporto per il ripristino in efficienza dei mezzi navali di Marina e Guardia costiera. Pag. 11 Ciò ha consentito il graduale e progressivo impiego di questo naviglio nelle operazioni di search and rescue condotte autonomamente dai libici, in particolare a Tripoli e Misurata. Si tratta di un impiego che comunque, per potere essere efficace ed efficiente, continua ad aver bisogno del nostro supporto tecnico e logistico.
Complessivamente, quest'azione libica ha consentito nell'ultimo anno il recupero di circa 9.000 migranti in oltre settanta interventi SAR, anche grazie alla recente dotazione di sette motovedette Classe Bigliani e Vittoria nell'ambito delle attività di cooperazione italo-libica promosse dal nostro Ministero dell'interno.
Al momento il nostro dispositivo militare che gravita nel quadrante strategico su cui insiste la Libia si compone di diversi articolati strumenti, di cui voglio brevemente richiamare i significativi risultati conseguiti.
Innanzitutto va ricordato il dispositivo aeronavale di Mare Sicuro, che garantisce la sorveglianza e la sicurezza marittima nel Mediterraneo centrale, con baricentro le acque prospicienti la Libia, mantenendo un'adeguata cornice di sicurezza per la protezione delle attività marittime di interesse nazionale, comprese la prevenzione e la repressione dei traffici illeciti.
La missione, che attualmente impiega sino a sei assetti navali, provvede anche a fornire supporto alla Guardia costiera e alla Marina libiche nel contrasto al traffico di esseri umani grazie alla presenza nel porto di Tripoli di nave Gorgona (sessantuno unità di equipaggio), che sta curando il ripristino in efficienza delle unità navali libiche per la sorveglianza delle aree marittime di competenza e il trasferimento del necessario know-how al personale tecnico libico. Su nave Gorgona è anche imbarcata una centrale di coordinamento e collegamento per la raccolta e la condivisione della situazione marittima, nonché per il coordinamento dei mezzi navali libici.
Sinora, grazie a questo intervento, abbiamo ripristinato la funzionalità di nove navi libiche, portando il livello di efficienza della flotta a circa il 90 per cento, a beneficio delle attività di pattugliamento e di search and rescue, di cui si apprezza un incremento di efficienza e continuità che si riflette sulla rilevata diminuzione delle partenze dalle coste libiche. Questo dispositivo è completato da velivoli a pilotaggio remoto – i Predator – dell'Aeronautica militare che operano in supporto all'operazione.
Le attività svolte da Mare Sicuro vanno integrate con quelle della missione bilaterale di assistenza (MIASIT) per aiutare e sostenere le autorità libiche, secondo le loro richieste rivolte al Governo italiano, nello sforzo di stabilizzazione del Paese, contribuendo all'aumento delle capacità di contrasto al terrorismo e ai flussi migratori illegali, in armonia con le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite.
Al momento, su Tripoli ci sono 400 unità della Difesa così divise: Tripoli, dove ci stiamo occupando del ripristino e della messa in efficienza della flotta di tre C-130-H libici e delle infrastrutture dell'aeroporto di Mitiga e dove ci apprestiamo anche ad avviare attività addestrative sia nel settore dello sminamento e del Counter-IED, sia in quello della vigilanza e della protezione delle infrastrutture navali; Misurata, dove, oltre al nostro ospedale da campo, ex operazione Ippocrate, che continua a garantire un prezioso servizio anche per la popolazione locale, abbiamo svolto corsi per le forze di sicurezza nel settore Counter-IED, addestrando cinquanta libici.
L'importanza di questa nostra presenza a Misurata si è dimostrata anche in occasione dei recenti scontri, in cui abbiamo dato assistenza a cinque libici feriti, di cui due successivamente ricoverati e sottoposti a intervento chirurgico nelle nostre strutture, mentre i restanti tre sono stati trasferiti nell'ospedale locale, ove sono attivi anche nostri team medici.
Infine, vi segnalo che a protezione della nostra ambasciata è presente un'aliquota di Carabinieri paracadutisti, consistente in 34 unità.
Ho lasciato per ultimo il nostro apporto a EUNAVFOR MED SOPHIA, operazione di cui continuiamo ad avere il comando, nata per smantellare le reti di traffico di esseri umani, consentendo dal giugno 2015 di Pag. 12trarre in arresto 151 scafisti e neutralizzare 550 natanti utilizzati criminosamente.
SOPHIA ha anche addestrato circa 240 tra ufficiali e sottufficiali della Marina e della Guardia costiera libiche e si prevede di avviare a breve un nuovo ciclo di formazione per ulteriori settantacinque unità. Arriveremo a un po’ più di trecento unità formate. Questa formazione sarà svolta presso la Scuola sottufficiali de La Maddalena. Circa il 70 per cento del personale sinora addestrato già opera a bordo dei pattugliatori della Guardia costiera libica.
Sottolineo che tutte queste attività addestrative, cruciali per far sì che la Libia possa assumere il pieno controllo di tutte le acque territoriali e operare autonomamente nella propria area SAR, si svolgono con finanziamenti dell'Unione europea.
Mi sembrano tutti dati che confermano il positivo ruolo svolto sinora da questa operazione, che però necessita di importanti aggiustamenti, su cui mi soffermerò tra breve, dopo avervi ancora segnalato che, per incrementare la capacità di condivisione delle informazioni tra le differenti agenzie nazionali ed europee coinvolte nel contrasto alla tratta degli esseri umani, dal 5 luglio scorso è stata attivata, a bordo della nave che funge da comando operativo della missione, che attualmente è la nave San Marco, una Crime Information Cell con funzione di raccordo tra SOPHIA, le differenti agenzie di polizia europee e gli Stati membri. L'Italia fornisce il capo cellula e due operatori dell'Arma dei carabinieri.
Infine, vorrei ricordare che la missione contribuisce ora anche all'attuazione dell’embargo delle Nazioni Unite sulle armi per la Libia.
Ovviamente, il principale nodo politico che concerne questa missione riguarda la necessità di superare immediatamente gli automatismi che hanno portato sinora a sbarcare tutti i migranti tratti in salvo dagli assetti di SOPHIA in porti italiani. Il Consiglio europeo di giugno ha sancito dei princìpi per la gestione dei flussi migratori, tra cui vanno sottolineati la necessaria condivisione degli sforzi e degli oneri e il fatto che chi arriva in un Paese UE entra in Europa.
A valle della ministeriale informale Difesa ed Esteri della scorsa settimana, l'UE e gli Stati membri si sono impegnati ad affrontare con celerità le attuali criticità relative al tema immigrazione che ha implicazioni per diversi dicasteri e ha impatti anche sulla missione SOPHIA. Tutti i Paesi UE, senza eccezioni, hanno espresso l'importanza e la valenza di questa missione.
Noi chiediamo che gli Stati membri applichino con coerenza questi princìpi. Come abbiamo visto, rispetto ai compiti originari della missione, ne sono stati aggiunti nuovi. Questo è avvenuto anche su richiesta di altri Paesi. Le sfide che vengono dalla Libia sono sfide che riguardano l'Europa e che richiedono una risposta che sia anche visivamente europea.
Signori presidenti, onorevoli senatori e deputati, concludo sottolineando che il Governo non ha mai sottovalutato le difficoltà del percorso avviato dal Governo di unità nazionale libica. Io stessa, durante la mia recente visita in Libia del 24 luglio, ho ascoltato il premier Al-Sarraj illustrarmi come il processo di stabilizzazione del Paese sia ancora lungo e come, per giungere a una Libia stabile, servano forze di sicurezza professionali unificate sotto comando unico e civile, ma dotate anche di adeguati equipaggiamenti e armamenti oggi non disponibili per via dell’embargo delle Nazioni Unite.
Da parte nostra, con il consenso del Parlamento, faremo la nostra parte, dando risposta alle esigenze di sicurezza libiche in coordinamento con i nostri alleati, nel tradizionale rispetto delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Intendiamo, in questo modo, contribuire a un avvenire pacifico e a un nuovo e più stabile assetto per quel Paese così determinante per gli equilibri di sicurezza di tutta l'area mediterranea e del nostro Paese. Per il raggiungimento di questo obiettivo contiamo, quindi, sul pieno sostegno del Parlamento.
PRESIDENTE. Ringrazio i Ministri per i loro interventi. Pag. 13
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
Informo che il Ministro Moavero Milanesi alle 15.30 dovrà lasciarci per altri impegni istituzionali.
STEFANO LUCIDI. Grazie, presidente. Ringrazio gli onorevoli Ministri, che sono intervenuti in maniera puntuale e tempestiva, ritengo, su una situazione a dir poco drammatica, che fino a qualche ora fa sembrava essere quasi per collassare. Invece, abbiamo appreso, che, fortunatamente, c'è stata una auspicata e necessaria attenuazione.
Intervengo, in qualità di capogruppo in Commissione affari esteri del Senato, dichiarando il sostegno del Gruppo del Movimento 5 Stelle alla posizione politica che è ci è stata espressa in maniera molto chiara in questi due interventi. Ovviamente, confermeremo il sostegno anche in fase di attuazione delle iniziative che verranno intraprese per concretizzare quanto appena dichiarato.
Mi permetto soltanto di aggiungere qualche elemento e spunto di discussione di politica estera. In primo luogo, partirei da quanto abbiamo già appreso molte volte nel corso della scorsa legislatura, ossia che il sistema politico che caratterizza la Libia è un sistema frammentato ed estremamente complesso a partire da quel terribile 2011 che ci ha portato alla situazione di oggi.
Proprio durante una delle audizioni che tenemmo nella scorsa legislatura il Segretario generale della NATO Stoltenberg ci raccontava di una Libia, e di una Tripoli in particolare, estremamente frammentata. Già all'epoca si parlava di circa ottanta fazioni in lotta nella sola Tripoli. Assistevamo contemporaneamente a un Governo – quello di allora – che millantava un processo di stabilizzazione che per noi era improponibile e imprevedibile e che, in effetti, non si è concretizzato, dal momento che oggi ci troviamo qui ancora nella stessa situazione.
È per questo che esprimo un concetto – ripeto, a nome del Gruppo del Movimento 5 Stelle del Senato – per ampliare la visione politica italiana verso la Libia, tentando un passo che parta dalla logica di partenariato di sicurezza e si sposti verso una logica di maggiore cooperazione tra Italia e Libia a livello sociale.
In prima battuta, tale passo prevede una situazione «intralibica», con maggiore tutela e rispetto per la sovranità di quella nazione. Dico questo perché in queste ore stiamo effettivamente ragionando sullo scenario a medio termine, che vede, alla fine, le elezioni che dovranno avvenire, prima o poi, nella regione.
Vorrei sottolineare che quella che sta emergendo rispetto a queste elezioni non è una carenza soltanto a livello politico e istituzionale, quanto piuttosto una carenza a livello di tessuto sociale che possa effettivamente assorbire in maniera democratica, civile e, quindi, pacifica le stesse elezioni. È, ovviamente, importante il percorso che porterà a queste elezioni.
L'ultimo elemento che vorrei aggiungere è il ruolo che l'Italia deve avere di leader forte nella gestione di questo percorso di pace, un ruolo che il Governo Conte, nella persona stessa del Presidente, ha effettivamente dimostrato. L'Italia ha finalmente recuperato una capacità di essere attore principale negli scenari internazionali.
Concludo ribadendo il sostegno alla visione e alle iniziative proposte e mi permetto di fare semplicemente una domanda/considerazione al Ministro degli affari esteri. Vorrei sapere se, nei tempi e nel luogo che riterrà più opportuni, svolgerà un aggiornamento su questa roadmap che condurrà in brevissimo tempo alla conferenza di pace, sperabilmente da tenersi sui confini europei, in Italia, e soprattutto, nel medio termine, a elezioni politiche nella regione il più possibile sostenibili dalla società libica.
MAURIZIO GASPARRI. Ovviamente, i tempi sono limitati, ragione per cui tralascerò molte considerazioni che andrebbero fatte. Mi pare che le difficoltà le conosciamo tutti. Sono di ordine storico. Il Ministro Moavero ha parlato perfino della quarta sponda e di altre cose.
Né starò qui a dire che il Trattato di amicizia del 2008, che pure è stato correttamente citato, fu poi – ahimè – contraddetto Pag. 14 dalla comunità internazionale con scelte belliche i cui effetti continuiamo a registrare. Anche il Governo di cui noi facevamo parte fu travolto, in quel 2011, da scelte che si sono rivelate ancora più sbagliate anche in questa fase. Gheddafi era pessimo, ma averne una decina sparsi sul territorio è ancora peggio.
Mi auguro, quindi, che le cose che i ministri degli esteri e della difesa hanno detto si realizzino. Con riguardo al monopolio della forza delle autorità statali, sarebbe facile chiedere quali, perché la discussione è proprio su questo.
Le iniziative dell'ONU vanno benissimo. Noi giustamente le appoggiamo. Adesso c'è Salameh, ma mi ricordo che abbiamo passato anni – se lo ricorderà il Presidente Casini – con Bernardino León, l'inviato dell'ONU che, a un certo punto, passò direttamente con un fondo sovrano di non so quale Paese arabo e lasciò il suo incarico. Speriamo che con Salameh ci vada meglio.
Fa l'insegnante ad Abu Dhabi. L'onorevole Valentini è molto più informato di me. León abbandonò la scena. Mi auguro che anche l'ONU, alla quale noi riconosciamo l'autorevolezza e importanza, si dia da fare.
Noi vogliamo dire che, come opposizione, Forza Italia su queste questioni ha sempre avuto un atteggiamento di grande responsabilità e costruttivo nelle politiche svolte in quel contesto, che la geografia, prima ancora che la storia, affida a una competenza italiana. Qui siamo uno di fronte all'altro. È ovvio che siamo destinati a occuparcene o a subirne l'influenza. Noi siamo pronti a sostenere politiche, se ce ne sono, però. Dire semplicemente che occorre il monopolio dell'autorità statale e che c'è il problema dell'immigrazione mi pare fare un elenco di questioni.
Il Ministro Moavero, essendo persona adusa alla diplomazia, a proposito della Francia, ha usato la parola «fermenti», non lattici ma dialettici, rispetto al contrasto. È evidente, conosciamo tutti gli interessi strategici che portarono in quel 2011 a uno scontro. Noi esprimiamo qui preoccupazione e disponibilità a condividere una politica, se ce ne sarà la possibilità.
Capisco che queste audizioni spesso hanno un ruolo formale. Poi ci sono i tempi, le Commissioni e gli impegni internazionali. Noi vorremmo, però, che su questa vicenda, non destinata a chiudersi in un breve volgere, perché dura da qualche millennio – se partiamo dall'antica Roma e dintorni, vediamo che la vicenda è lunga e complessa – il Governo si impegnasse a un confronto costante con il Parlamento, formale nelle sedi delle Commissioni e informale nelle sedi di incontro e di riunione che ci possono essere, di fronte a uno scenario di crisi che non sappiamo quali sviluppi possa avere.
Per quanto riguarda i temi dell'immigrazione, abbiamo anche apprezzato, in alcuni passaggi, la politica del Governo, ma abbiamo visto che l'auspicio che i Paesi condividano l'accoglienza non è facile da realizzare. Non sappiamo nemmeno se i migranti della nave Diciotti destinati ad andare in Albania o in Irlanda siano effettivamente andati lì. Quelli che erano inseguiti a Rocca di Papa dai gelati mandati sono scappati, nonostante migliaia di gelati.
MARCO MINNITI. Quelli sono andati da soli in Irlanda.
MAURIZIO GASPARRI. L'onorevole Minniti, che conosce la materia essendo stato Ministro dell'interno, ce lo dice, nonostante i gelati che ho letto oggi essere stati mandati a migliaia.
Noi vi chiediamo anche di avere realismo rispetto agli auspici – ho finito, presidente – che anche il Presidente del Consiglio, dopo il vertice europeo di fine giugno, ha fatto, dicendo che tutti accoglieranno. Non è così. Interagisce tutto: la possibilità di partenze dalla Libia, la missione SOPHIA. Il ministro della Difesa è andato a chiedere che i migranti non sbarchino solo in Italia. Non mi pare che ci siano stati dei successi.
Mi fermo qui perché il nostro spirito è collaborativo, ma siamo un po’ preoccupati. Speriamo che anche la conferenza internazionale abbia incisività. La Francia che farà? L'avete affrontata, al di là dei tweet e delle polemiche, che anche noi siamo capaci di alimentare? Pag. 15
Non ha citato il problema di Haftar, che però è evidente e coinvolge l'Egitto, che conta 100 milioni circa di abitanti e controlla il proprio confine con la Libia. Anche l'Egitto potrebbe far partire tanta gente e, invece, non lo fa. È importante avere buoni rapporti con l'Egitto.
L'agenda è ricca e la nostra parte politica ha fornito un contributo positivo. Lei ha citato dei fatti e noi gliene diamo atto. Se il Governo vorrà confrontarsi, noi lo faremo sulla base della Realpolitik.
MARCO MINNITI. Grazie Presidente. Vorrei ringraziare i due Ministri per la tempestività con la quale hanno inteso riferire al Parlamento, rispondendo anche a una richiesta formale dell'opposizione. Penso sia giusto mantenere un costante rapporto con il Parlamento sulle questioni della Libia.
La Libia è, in qualche modo, l'espressione più plastica di che cosa significhi interesse nazionale fuori dai confini del nostro Paese.
In Libia si giocano tre questioni decisive per l'Italia. Ci sono le questioni relative al governo dei flussi demografici.
Poi c'è la questione relativa alla lotta al terrorismo. Ne abbiamo parlato molto poco, ma vorrei che questo rimanesse molto all'attenzione del Governo, ancora oggi, a maggior ragione, nel momento in cui giungono notizie particolarmente preoccupanti da Idlib. A Idlib ci sono 10.000 foreign fighters, che punteranno a tornare ai punti di partenza. Penso all'Africa settentrionale e al confine meridionale della Libia: la Libia è un passaggio cruciale, ragion per cui una Libia fortemente instabile è una preoccupazione e un pericolo per l'Italia e per l'intera Europa.
La terza questione è quella energetica. Se tale questione è veramente il cuore dell'interesse nazionale del nostro Paese, suggerirei di avere un approccio non propagandistico.
Faccio un esempio. Qui si è parlato del governo dei flussi migratori e delle attività e si è comunicata un'idea che siamo passati da un Governo spettatore a un Governo protagonista. Ho ascoltato le considerazioni fatte. Si è citato, per esempio, il dato del governo dei flussi migratori nei primi sette mesi del 2018.
Vorrei soltanto fare presente che questo Governo è in carica da due mesi e che negli altri cinque c'era un altro Governo spettatore. Tuttavia, quell'essere spettatore ha prodotto una riduzione dei flussi migratori esattamente, al 31 maggio, dell'80 per cento.
La signora Ministra della difesa si è poi prolungata nel fare un'analisi molto dettagliata delle iniziative che ha prodotto questo governo dei flussi migratori. Mi auguro che, a un dato punto, potrà essere consegnato ai colleghi l'elenco delle date di quegli interventi. Sono tutti del 2017. Per quanto uno possa essere benevolo con il nuovo Governo, pensare che fosse già in carica nel 2017 è un po’ difficile. Se, però, il Governo ci dice che dobbiamo interpretare così, noi siamo disciplinati e diciamo che il Governo attuale era già in carica nel 2017. Basta soltanto comunicarlo. Voi ce lo dite e noi applichiamo regolarmente, perché siamo abituati a fare così.
Togliamoci dalla testa l'idea della propaganda. Se affrontiamo il tema della Libia con la propaganda – non voglio qui essere particolarmente sgradevole – l'Italia va a sbattere.
Passo alla seconda questione. Ci è stato spiegato che l'iniziativa di Tripoli, particolarmente delicata, con gli scontri avvenuti, è derivata da fattori di carattere locale. Ne prendo atto. Prendo atto, quindi, anche dell'imprudenza con la quale nei primi giorni è stato «indirizzato» il dato che potesse esserci una potenza straniera dietro questi scontri.
Posso dare un suggerimento? A me è nota la situazione di cooperazione e competizione che c'è in Libia. La conosco e penso di essere uno di quelli che hanno messo le mani su tale situazione. Una cosa sono la cooperazione e la competizione, un'altra le accuse di sostegno a un'iniziativa militare che, naturalmente, è contro un Governo sostenuto dalla comunità internazionale. In questi casi o si è ben documentati, signori Ministri, oppure forse è meglio tacere.
Terza questione: è un fatto meramente locale? Se mi consentite, ho una valutazione Pag. 16 un poco più complessa. Io penso che sia un fatto derivante da motivi di competizione e, in quel caso, di belligeranza tra milizie presenti sul territorio. Tuttavia, c'è anche il segnale di una fragilità dell'attività, della presenza e dell'immagine della comunità internazionale sulla Libia.
Se posso dare un suggerimento al Governo, quello che bisogna fare immediatamente è riprendere una visione unitaria della comunità internazionale e, prima fra tutti, dell'Europa sulla Libia. Da spettatori, nel 2017 e nel 2018, si era riusciti a produrre un atto politico che ritengo molto importante: il tema del governo dei flussi migratori non era più un problema soltanto dentro l'Europa, ma era diventato un problema del rapporto tra l'Europa e l'Africa. Era molto importante che l'Europa approcciasse l'Africa, e con essa la Libia, in maniera unitaria.
Oggi noi abbiamo riportato le lancette dell'orologio esattamente a un anno fa. Il tema dei flussi migratori non è un tema nel rapporto tra Europa e Africa, ma è un tema tutto dentro l'Europa. Se posso permettermi, signori Ministri, questo è un errore strategico.
Passo alla terza e ultima questione e poi mi taccio. Le chiedo scusa, presidente, ma non c'erano tempi. Se mi avesse dato i tempi prima, mi sarei fermato prima. Non me li ha dati e non me li può dare in corso d'opera.
PRESIDENTE. Mi scusi, collega, però le ho fatto presente...
MARCO MINNITI. Scusi, sto finendo.
PRESIDENTE. Voglio puntualizzare una questione.
MARCO MINNITI. Io sono un disciplinato come lei. Se lei mi avesse detto i tempi, io li avrei rispettati.
PRESIDENTE. Il Ministro fra ventisette minuti deve allontanarsi. Diamo la possibilità anche agli altri colleghi di intervenire. Sarà così gentile da avere rispetto anche dei suoi colleghi.
MARCO MINNITI. Signora presidente, non si dispiaccia. Se lei avesse stabilito prima i tempi, io mi sarei attenuto ai tempi. Il signor Ministro, se ha la cortesia di ascoltare, ascolta. Se non ne ha la cortesia, i sottosegretari lo informeranno.
PRESIDENTE. Poi, però, non potrà rispondere.
MARCO MINNITI. Non mi faccia perdere ulteriormente tempo, altrimenti utilizzo il tempo in maniera non corretta. Aggiungo due ultime questioni e finisco.
Do due suggerimenti. Lei, signor Ministro, ha parlato della questione umanitaria. Sa quanto questo Parlamento e l'Italia siano impegnati su questo fronte. Posso chiedere una cosa? Le organizzazioni delle Nazioni Unite, in particolare l'UNHCR, hanno già selezionato, in questo momento, in Libia più di mille persone che hanno diritto alla protezione internazionale. Nei mesi scorsi ci sono stati corridoi umanitari aperti tra Roma e Tripoli. Nel momento in cui è garantita la condizione di sicurezza, penso che questo Governo debba impegnarsi a riaprire quei corridoi umanitari. Stiamo parlando di persone che hanno già diritto alla protezione internazionale.
Infine – e concludo – noi apprezziamo moltissimo la tregua delle Nazioni Unite. Pensiamo che sia una cosa molto giusta. Auspichiamo che tale tregua possa essere rafforzata. Se mi consente, da questo punto di vista farei una richiesta esplicita: appunto perché occorre coordinare un'attività politica a Tripoli – esprimiamo un ringraziamento straordinario alla rappresentanza diplomatica nostra e ai Carabinieri, che garantiscono la sicurezza – penso sia opportuno, signor Ministro, che il nostro ambasciatore ritorni in sede il più rapidamente possibile per poter coordinare quest'attività, nel quadro della sicurezza, sapendo che c'è un obiettivo.
L'obiettivo è stabilizzare la Libia, ma, se si vuole stabilizzare la Libia, bisogna costringere gli attori a cimentarsi con le condizioni di sicurezza, senza togliere, mai e poi mai, l'orizzonte delle elezioni dalla Libia. Posso dirle, signor Ministro, che forse Pag. 17l'aver fatto correre la voce che noi eravamo perplessi o contrari all'appuntamento elettorale non ha giovato al processo di stabilizzazione della Libia.
PRESIDENTE. Grazie. Il mancato rispetto dei colleghi ci porta a ridurre il tempo ulteriore di discussione. La parola al senatore Urso...
MARCO MINNITI. Lei non deve fare questo tipo di discussione! La prego di non fare questo tipo di discussione! Lei non ha posto alcun tempo! La prego di essere cortese ed educata. Grazie.
ADOLFO URSO. Ringrazio, ovviamente, i Ministri di essere qui e di aver esposto la situazione in campo. Vorrei fare alcune osservazioni e richieste.
Ormai sono cento giorni di Governo e la Libia, come hanno detto tutti prima di me, è la nostra priorità di politica internazionale e strategica per tanti fronti.
Voi, signori Ministri, non avete accennato a quello che il Governo ha fatto in precedenza. Io ho letto sulle agenzie che il Premier Conte si era molto speso presso il Presidente americano sul teatro libico, ottenendo delle assicurazioni. Prima ancora aveva incontrato il Presidente Macron, evidentemente avrà parlato anche di questo.
Successivamente il Vicepremier Di Maio ha incontrato il Presidente egiziano al-Sisi, tra l'altro anche tra le polemiche, che credo che un ruolo abbia in questo contesto, e in quelle occasioni abbiamo letto agenzie entusiastiche, forse ingenuamente entusiastiche, sul ruolo che alcuni Governi avrebbero svolto a nostro supporto in Libia.
Io mi chiedo se in questi cento giorni sia stata svolta sufficientemente un'azione di politica internazionale affinché l'Italia possa non solo presidiare al meglio le frontiere italiane rispetto al fronte dell'immigrazione, cosa di cui diamo atto al Governo, che ha saputo fare meglio del precedente Governo, ma anche di presenziare al ruolo che l'Italia strategicamente deve assolvere in Libia, per noi assolutamente strategico.
Vi confesso che questo ruolo non è emerso nelle vostre dichiarazioni, che non hanno rivendicato un'azione precedente sul contesto internazionale, che invece si è letta nelle agenzie. Evidentemente voi stessi siete delusi delle assicurazioni ottenute allora e del mancato intervento in questo caso.
Noi ci chiediamo se in questo campo la politica estera del Governo, che – anche in riferimento agli attori – ci è sembrata di continuità con il precedente, sia quella di privilegiare il Governo di al-Sarraj, di dialogare con tutti ma in realtà con uno, e se questo abbia portato effettivamente a una situazione di stabilità e di evoluzione positiva della Libia. Pensiamo che ciò non sia accaduto, e i fatti dell'altro giorno lo dimostrano, tanto più perché si sono mosse tribù e milizie che apparentemente avrebbero dovuto essere di sostegno al Governo riconosciuto in campo internazionale.
In questa sede peraltro ci è sembrato di notare che questo venga derubricato non a un fatto politico, ma a un contesto di denaro non ricevuto: ma siamo convinti che questo sia, siamo convinti che quello che è accaduto e potrebbe accadere vada derubricato non a un fattore politico, ma ad un fattore di rapporti interni, di paghe avute o non avute?
Io credo che il fattore sia invece prettamente politico e di politica internazionale e di ruolo dell'Italia con i suoi alleati europei e internazionali, o con altri soggetti come l'Egitto o la Turchia, che forse si sono mossi l'uno o l'altro dietro questi eventi. Credo che non vada sottovalutato.
Temo che si sia sottovalutata in questi cento giorni l'azione che l'Italia doveva svolgere a livello internazionale perché ciò non accadesse, e temo che anche in questa sede si stia sottovalutando il segnale che abbiamo avuto in Libia.
Concludo. La Libia è la nostra priorità strategica internazionale: forse in questo campo sarebbe necessario che il Presidente del Consiglio riferisse in Aula, come abbiamo chiesto, e che ci fosse una risoluzione in Aula di politica internazionale, in cui tutta l'Italia, e mi auguro tutto il Parlamento, si impegnino ad assolvere nei prossimi mesi, proprio in vista dell'appuntamento Pag. 18 strategico della Conferenza in Sicilia.
Sarebbe bello che ci fosse un dibattito parlamentare di alto livello in Aula con il Presidente del Consiglio e che da ciò scaturisse una risoluzione, che speriamo sia condivisa.
Se questo non è accaduto in Libia, che è il massimo momento di crisi della nostra attività geopolitica internazionale, noto anche un'altra assenza in un caso di successo (lo dico sottovoce): ieri a Mogadiscio si sono incontrati i tre leaders del Corno d'Africa, etiopi, eritrei e somali, perché è scoppiata la pace nell'altro teatro internazionale d'interesse strategico italiano.
Assente il nostro Paese anche in questo caso, o almeno così appare, se non lo è, ditelo, comunicatecelo, comunicatelo alla comunità internazionale, perché se l'Italia è assente o comunque non sufficientemente presente – malgrado i vertici internazionali svolti – nella crisi in Libia e ci scoppia tra le mani, derubricata a un problema interno del Paese, e dall'altra parte è assente laddove c'è un caso di successo internazionale, che ha ripercussioni importantissime per esempio sul flusso di immigrazione nel nostro Paese (in quella nave erano eritrei), credo che sia necessario un grande dibattito di politica internazionale in Aula, affinché il Governo su questo si esprima e possiamo noi anche esprimerci in una risoluzione, in un voto, in un'immagine, in un ruolo mi auguro unitario del nostro Paese.
PRESIDENTE. Grazie collega. Adesso la parola all'onorevole Boldrini di LeU.
LAURA BOLDRINI. Grazie, signora presidente. Signora Ministra e signor Ministro, avrei delle osservazioni per entrambi.
Ministro Moavero, io apprezzo sempre i suoi toni moderati e il suo tentativo sempre di riportare il ragionamento nelle Aule parlamentari e capisco la grande fatica che lei deve fare, poiché si trova a dover ricominciare sempre a riannodare la tela di Penelope, perché ci sono dichiarazioni aggressive di chi non avrebbe la competenza per esprimersi, dichiarazioni che mettono in difficoltà il suo lavoro.
Anche nel caso della Libia è stato così, nel caso della Libia subito all'indomani dei primi scontri, il Ministro Salvini è uscito con una dichiarazione che aveva già trovato il responsabile: «è colpa della Francia». Ora, al di là della lettura semplicistica, perché in un teatro così complesso ci sono molti attori, come è stato detto, molti attori che hanno interessi diretti in quel contesto, vorrei sapere la sua opinione: è tutta colpa della Francia? è la Francia che dobbiamo biasimare?
È interessante sapere la sua opinione, in quanto lei è responsabile della politica estera di questo Governo, e mi farebbe piacere saperlo perché io invece ritengo che non sia così, ritengo che noi dovremmo avere dei rapporti solidi, chiari, sinceri e genuini con la Francia sia perché siamo legati da antica amicizia, sia perché è impensabile che ci possa essere un'azione risolutiva della crisi libica senza la Francia.
Vorrei quindi sapere questo, anche perché – diciamolo francamente – Macron ha anche detto che nel 2011 la Francia ha fatto un grande errore nell'intervento militare, però per il Ministro Salvini la Francia continua ad essere invece il responsabile numero uno.
Lei ci ha descritto (ho preso appunti) una situazione, una realtà di vera e propria guerra, quindi ritengo che più che mai oggi siano inopportune se non addirittura grottesche le dichiarazioni del Ministro Salvini quando dice di chiedere all'Unione europea di rendere la Libia un porto sicuro. Voi vi rendete conto di come sia possibile che la Libia diventi come definizione un porto sicuro, che non vuol dire solamente che non ci siano conflitti in corso, ma vuol dire, nel diritto internazionale, che quel Paese può tutelare le persone che vi soggiornano e fornire protezione.
In questo contesto mi sembrerebbe anche inopportuno procedere con la consegna delle motovedette: so che noi abbiamo approvato un decreto-legge su questo tema, ma dico anche che in una situazione definita «realtà di vera e propria guerra», con migranti che sono stati oggetto di violenze molto gravi, consegnare le motovedette sarebbe quantomeno inopportuno, quindi io Pag. 19chiedo di sospendere questa consegna delle motovedette.
La Conferenza è un passaggio importante, sempre se si esce dalla propaganda, perché è evidente che, se si rimane a livello di propaganda, la Conferenza, che è un momento di sintesi, è destinata a naufragare. Questa Conferenza funzionerà nel momento in cui tutti gli attori saranno coinvolti e in seno all'Unione europea si riuscirà a tenere una posizione, e questo accade se si fuoriesce dall'indicazione del nemico di turno.
Per quanto riguarda le elezioni, la Conferenza è un passaggio che riterrei indispensabile per arrivare alle elezioni, perché è il momento di sintesi, un momento che consentirà di vedere se ci sono i presupposti per arrivare a free and fair elections, perché se non ci sono quei presupposti, è evidente che è anche pleonastico parlare di elezioni.
Per quanto riguarda invece la Ministra Trenta, vorrei chiedere questo. Lei sa che al Consiglio di sicurezza dell'ONU a giugno scorso si è prolungato l'embargo contro le armi, quindi la Libia per altri 12 mesi è oggetto di embargo sulle armi. Il Governo al-Sarraj (non le sarà sfuggito) così come anche lo stesso generale Haftar invece avevano chiesto la revoca dell'embargo e non sfugge che in Libia ci sono tantissime armi che girano: quindi, signora Ministra, io vorrei da lei delle rassicurazioni. Lei può rassicurare queste Commissioni oggi che l'Italia osserva l'embargo, rispetta l'embargo?
Lei mi sorride, però penso che questa domanda sia legittima. Vorrei sapere allora, visto che circolano tutte queste armi, quali siano sulla base delle sue informazioni i Paesi che quell'embargo invece non lo rispettano, perché non possiamo raccontarci che l'embargo è rispettato quando in Libia le armi sono alla portata di tutti, quindi su questo gradirei un chiarimento. Grazie.
PRESIDENTE. Prima di concludere questo ciclo di interventi ricordo che tra poco il Ministro ci lascerà e che la Commissione difesa è convocata alle 15.30.
Se i colleghi riescono a stare intorno ai due minuti per ogni intervento, cerchiamo di avere le risposte dalla Ministra, mentre magari il Ministro potrà rispondere in maniera scritta ai colleghi, altrimenti dobbiamo rimandarla o non avere risposta da parte dei ministri. La parola al collega Casini, successivamente alla collega Bonino.
PIER FERDINANDO CASINI. Io starò in due minuti e naturalmente evito ogni preambolo. Dico solo una cosa: capisco che qui la dinamica tradizionale che la politica estera e quella di difesa dovrebbero essere sottratte a un contenzioso permanente non è più di moda, secondo me mai come oggi nei Paesi civili è di moda, perché è una necessità del sistema Paese e degli interessi italiani che noi non litighiamo sempre e ovunque, soprattutto quando capitano situazioni vicine come quelle della Libia.
Credo però che non vada più di moda, Ministro della difesa. Lo dico a lei perché io sono rimasto stupefatto delle sue parole, non di quelle del Ministro degli esteri, che è stato ragionevole e diplomatico (forse la casa lo esige). Quando lei dice «noi non siamo spettatori come il precedente Governo, ma attori» io dico andiamoci piano anche con la propaganda, perché se incominciamo a fare propaganda nelle persone del Ministro degli esteri e della difesa qui non si sa più dove si finisce!
Noi sappiamo benissimo che, a partire dal tema degli immigrati, chi ha fatto il lavoro duro, difficile, anche contestato è stato il Governo precedente, e sappiamo benissimo che anche le percentuali degli sbarchi dimostrano in modo inequivoco questo problema, per cui è inutile che qui noi oggi facciamo della propaganda. Noi qui oggi siamo venuti ad avere un aggiornamento su quello che sta capitando in queste ore, e le voglio dire anche una cosa: non è un caso forse che queste cose avvengano in queste ore, cioè che avvengano dopo che una certa gestione è passata di mano e c'è questo vostro protagonismo, che però sinceramente nessuno nel mondo ha visto.
Detto questo, il tema della Francia. Il tema della Francia, collega Boldrini, per Pag. 20me esiste, al di là di come lo si pone: io sono contrario a porlo in modo propagandistico come fa Salvini ma il tema esiste, il tema esiste perché la Francia e l'Egitto (a nessuno sfugge) all'inizio di questa vicenda hanno giocato per una tripartizione della Libia e hanno appoggiato fortemente, al di là degli impegni che si assumevano a Bruxelles, Haftar e un'idea della Libia che non era quella del Governo legittimato dalle Nazioni Unite.
Io dico solo questo (ho terminato perché ho due minuti): o il Governo italiano è in grado nelle persone del Presidente del Consiglio e dei ministri principali, che siete voi, di porre la questione in termini internazionali non con una Conferenza – scusate – in cui solo l'elenco degli attori è interminabile, ma o siete in condizioni di chiarirvi con l'Unione europea, con la Francia e con l'Egitto su questo tema oppure tutte queste bande è vero che agiscono perché vogliono una fetta della torta, lo capiamo tutti, chi non ha la fetta della torta del petrolio agisce, occupa un Ministero e il giorno dopo viene rassicurato e leva l'occupazione del Ministero, ma chi agisce sottobanco? Agiscono coloro che provocano questi gruppi, ci sono interferenze esterne, la Libia è una terra di guerre per procura, e chi agisce dietro le quinte? I Paesi del Golfo, la Francia, l'Egitto.
O noi troviamo il modo di chiudere la vicenda con un accordo reale a livello almeno europeo al di fuori della propaganda o noi nei prossimi mesi purtroppo saremo chiamati ad aggiornarci su questi bollettini di guerra inevitabilmente ogni 2-3 mesi.
PRESIDENTE. Grazie. La parola alla collega Bonino.
EMMA BONINO. Grazie mille. Su una linea completamente opposta a quello che io pensavo e sostengo, io trovo che il Governo precedente abbia fatto molte cose, esattamente l'opposto di quello che avrei auspicato e che mi sono sforzata di fare, ma proprio spettatore non mi è sembrato; nel male a mio avviso, ma spettatore non mi è sembrato.
Voglio dire una cosa: io non sono così ottimista, non è una tregua, ben che vada è una pausa, è una pausa fragilissima se è vero quello che sta battendo l'ANSA, cioè che di corsa hanno spostato 800 persone e altre centinaia altre sono fuggite da Trik Al Matar, il campo vicino all'aeroporto, perché sono avanzati i combattimenti, che si sono allargati verso il centro.
Io lo leggo su ANSA oggi, ma è solo una prova di quanto dico, che forse è una pausa, che sia una tregua lo possiamo auspicare, ma ce ne manca molto.
Due suggerimenti per il futuro, poi avremo tempo di polemizzare (per il passato lo abbiamo già fatto). Io penso che il dialogo vada benissimo, però possiamo dare un nome e un cognome su cosa vogliamo dialogare, superando magari certi pudori?
Cosa è successo nell'ultimo mese? È successo uno stand-off evidente, un tentativo di accaparramento nella zona Oil Crescent, cioè da Sidra, Ras Lanuf, Barqa, e questo è il terreno di scontro perché questa è la zona più ricca di passaggi di gasdotti, quindi chi la gestisce per procura o direttamente... Prima questione, quindi: se si dialoga e se si vuole essere seri, bisogna dire «dialoghiamo o vi invitiamo o spingiamo a dialogare su quelle che sono le risorse vere che sono in discussione», perché non è che stiamo dialogando di grandi princìpi, stiamo dialogando di risorse primarie, che sono circa il 96 per cento del bilancio della Libia.
Contestualmente, l'altro punto che credo vada ormai affrontato in modo più esplicito è la questione della banca della Libia e della sua gestione. È noto che da tempo c'è la richiesta di dimissioni di al-Kabir, e che la banca della Libia secondo l'accordo internazionale viene gestita da Tripoli: ci sono un sacco di contestazioni di come siano stati utilizzati questi fondi «a danno» della Cirenaica.
Come lei sa, signor Ministro, l'ultimo documento del Consiglio promuove l'idea, che è stata prima di Haftar e poi di al-Serraj, di una Commissione non dico di inchiesta, ma di accertamento, che non faccia il processo del passato ma aiuti a meglio organizzare il futuro, e io credo che qualunque incontro, qualunque Conferenza debba avere il coraggio di affrontare questi Pag. 21due problemi di fondo (dei migranti abbiamo già parlato), che sono i soldi, le risorse: e con i soldi e le risorse viene il potere d'influenza, non è una novità solo della Libia, pare che succeda in molti Paesi.
Se quindi posso dare un suggerimento è che questi due temi vengano meglio esplicitati e affrontati con più chiarezza in tutti gli incontri locali o non locali, perché tribù o non tribù, per procura o autonomamente, non si combattono per visioni ideali, si combattono per grandi cose concrete, che hanno ovviamente moltissima rilevanza.
Infine, sarà una coincidenza a cui io non credo molto, ma la mia impressione è che la forzatura sulla Libia non sia così disgiunta da un'altra forzatura che è in corso, drammatica, che è quella di Idlib in Siria. Gli attori internazionali sono un po’ gli stessi, però stiamo attenti perché in Siria noi possiamo giocare meno, ma lì si sta preparando un disastro difficile poi da recuperare. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie. Lascio quindi la parola al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, per una breve replica.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Scusandomi dell'impegno che poi mi obbliga a uscire, cerco di rispondere o perlomeno di riprendere molto rapidamente alcuni punti chiave. Il primo, per essere assolutamente chiaro su questo e in tutta sincerità, io sono assolutamente disponibile, organizzando anche in tal modo l'agenda, a riferire al Parlamento ogni qualvolta il Parlamento e queste Commissioni lo desiderano, quale che sia il formato deciso.
La mia disponibilità d'altra parte anche questa volta è stata immediata, ad evitare malintesi che vedevo serpeggiare mi sono addirittura permesso di mettere in un piccolo comunicato pubblico che ero disponibile a venire quando ho visto emergere richieste, quindi lo confermo, lo mantengo, organizziamo anche un'agenda tabellare con appuntamenti periodici, trovo che sia assolutamente giusto che il Governo riferisca al Parlamento su una questione così delicata e di interesse nazionale.
Secondo punto. C'è un nemico in Libia di tutti, nostro e forse della stessa Libia, anche di coloro magari che non se ne rendono conto e della comunità internazionale, e il pericolo, come ho accennato nell'introduzione, è l'estremismo, il fondamentalismo, cose a cui faceva riferimento poc'anzi anche Emma Bonino nelle relazioni fra azioni in territori diversi.
Non è questione solo di rivalità, bisticci, competizione con questo o quel Paese europeo, di assenza o presenza di un'Unione europea che francamente – lo dico con cuore non particolarmente felice – tutto è tranne che presente negli scenari di guerra come Unione europea. Non è nemmeno questione di questa o quella fazione, il grande rischio è quello.
Lo chiamo rischio perché tale ancora è, dobbiamo assolutamente fare di tutto sostenendo anche con pragmatismo, anche con quel tanto di dinamica che potrebbe doversi rendere necessaria, in maniera da evitare che quella sia la deriva, cioè che a qualche misero centinaia di miglia dalle coste italiane si costituisca qualcosa di estremamente pericoloso.
Non è questa la situazione, voglio evitare equivoci, però indubbiamente non chiudiamo gli occhi, sono presenti elementi fondamentalisti nelle varie situazioni tra le varie fazioni libiche e sappiamo bene quello che è accaduto in terre poi non lontanissime nel Medio Oriente.
I rapporti con la Francia. Non voglio sfuggire a questo punto, io sottolineo la dichiarazione congiunta che abbiamo fatto il 4 settembre, praticamente ieri l'altro, il 1° settembre l'abbiamo fatta anche con la Francia, la seconda l'ho promossa direttamente, la prima ci siamo immediatamente consociati con gli altri.
Mi riconosco nelle osservazioni autocritiche (in senso di autocritica nazionale) che l'attuale presidente francese fa di decisioni ampiamente questionabili prese da predecessori, mi riconosco anche in un'agenzia che vedevo poco dopo aver finito i miei interventi, in cui il Presidente Macron, facendo Pag. 22 stato di un colloquio con il Presidente al-Serraj in Libia, parlava di necessità di dialogare con tutti, di sostenere il Governo legittimo, di aiutare lo sforzo delle Nazioni Unite.
Non era qui presente, certamente non si rifaceva a quelle cose che io cercavo di esprimere, le ha dette in maniera anche molto più sintetica, e ci ritroviamo. Che poi dopo fra i Paesi europei nell'Unione europea e fuori dell'Unione europea esista da sempre, costantemente una miscela di cooperazione e competizione non lo scopriamo qua insieme, e che questa competizione tocchi settori economici e che se alcuni di questi sono particolarmente delicati si fa magari più acuta non lo scopriamo certamente qui: sono dinamiche, finché si tengono nei limiti della gestibilità va bene.
C'è un trinomio importante, e su questo mi permettevo di chiudere la riflessione, che è quello del parlare con tutti, del parlare con le istituzioni legittime della Libia e con le Nazioni Unite, e del guardare alle elezioni come un momento importante. Io vedo le debolezze, gli inconvenienti – non per rilanciarmi nella semantica – i fermenti, gli auspici e tutti i sostantivi e verbi che possiamo utilizzare. Elezioni in Libia non è come fare le elezioni nel nostro Paese, in un Paese di consolidata democrazia: parlare con tutti in Libia significa anche parlare con qualcuno che non necessariamente inviteremmo la vigilia di Natale, il giorno di Capodanno, qualunque altro giorno o il 1° maggio a casa nostra.
Parlare di istituzioni può essere anche una sorta di auspicio nella parola stessa, però questo è ciò che esiste, questo è ciò con cui noi possiamo interfacciarci, offrire a un popolo l'opportunità di esprimersi con delle elezioni in una situazione che permette alle elezioni di svolgersi è un momento fondamentale. Parlare con le istituzioni riconosciute dalla comunità internazionale è un dovere per un Paese che si inserisce nella comunità internazionale e che intende rispettare, in una tradizione oramai consolidata della nostra Repubblica, tutte le norme del diritto internazionale, e parlare con tutti.
Io sono andato all'inizio di luglio a Tripoli vedendo tutte le varie personalità libiche che si trovano in quell'area, sono andato all'inizio di agosto in Egitto incontrando tutte le personalità di quel luogo, oltre che partecipando all'apertura (lo dico in maniera totalmente incidentale) di un nuovo padiglione nell'ospedale italiano del Cairo che esiste dall'epoca di Umberto I, al quale peraltro è intitolato. Abbiamo ricevuto a Roma Salameh, parliamo costantemente con le parti in causa e cerchiamo di essere attivi esattamente nello spirito che con toni diversi voi ci avete invitato a fare.
Spero che possiamo mantenere questo dialogo, sono disponibile, cerco di farlo – ma sono grato di essere corretto e richiamato se non lo faccio in questo modo – nel modo onesto di una relazione sui fatti che possa essere interlocutoria e proattiva da entrambi i lati. Mi dispiacerebbe, ma non mi sono riconosciuto nell'eventuale osservazione, se questa fosse scambiata per una propaganda, tantomeno dell'attività della mia persona.
Mi scuso molto per la scarsa educazione del dover lasciare l'audizione prima della fine, ma – ripeto – sono assolutamente pronto a ritornare quando lo ritenete più opportuno e a prendere anche un appuntamento, presidenti, con regolarità per riferire alle Commissioni riunite su questo soggetto che è di importanza nazionale assoluta. Grazie e scusate l'uscita.
PRESIDENTE. Grazie, Ministro. A tal proposito, per problemi di tempo anche della Commissione difesa che deve necessariamente allontanarsi per i propri lavori di commissione, chiederei ai ministri se sono disponibili a rincontrarci per proseguire questa audizione poiché abbiamo un secondo giro di interventi da parte dei Gruppi, ma non abbiamo disponibilità di tempo per farli ora.
Lascio la parola alla Ministra della difesa, Elisabetta Trenta.
ELISABETTA TRENTA, Ministra della difesa. C'è bisogno di una risposta, e voglio cominciare dalla questione della propaganda. Io vorrei capire una cosa. Vorrei Pag. 23sapere se è propaganda il fatto che oggi non ci sono le navi delle ONG nel Mediterraneo. Sono stata io stessa la prima a dire anche in interviste che le ONG non sono tutte uguali, non vanno demonizzate, ma oggi questo fattore d'attrazione non c'è e questo significa aver dato sicuramente un impulso a una riduzione dei traffici di uomini verso l'Italia.
LAURA BOLDRINI. I dati sui morti?
ELISABETTA TRENTA, Ministra della difesa. L'aumento delle morti, i dati che stanno girando in questi giorni sono riferiti a tutto l'anno, se mi dà i dati riferiti esattamente a questi due mesi io posso essere d'accordo con lei e valutare. Dico però...
LAURA BOLDRINI. Sono stati ampiamente forniti, Ministra! Proprio per uscire dalla propaganda, sono stati ampiamente riferiti....
ELISABETTA TRENTA, Ministra della difesa. Sto uscendo dalla propaganda e sto dando una risposta, la prego di farmi finire e poi può intervenire di nuovo. Io adesso le sto dando la mia risposta, ho ascoltato tutti e credo di poter parlare anch'io.
Dal 2011 al 2018 sono passati sette anni, è stata stabilizzata la Libia in sette anni? Posso dire che qualche errore è stato fatto anche prima, o noi in tre mesi avremmo dovuto risolvere il problema? Scusate se faccio questa domanda, se voi avete la risposta vi ringrazio e ammetto tutte le mie colpe.
Cosa è cambiato rispetto al passato? Mi dispiace che il Ministro Moavero adesso sia andato via, ma rispetto al passato noi abbiamo deciso di approcciare al problema Libia tutti insieme: non c'è un Ministro dell'interno che ha gestito la Libia sia con le priorità del Ministro dell'interno, sia con le priorità del Ministro degli esteri. So benissimo che non era una cosa formalizzata e io ringrazio l'onorevole Minniti per tutto il lavoro che ha fatto, sul quale noi dobbiamo costruire. Però questa differenza c'è, e quando si è posta per la prima volta la domanda «come possiamo approcciare alla Libia?» abbiamo deciso che dovevamo approcciare alla Libia tutti insieme, ognuno con le sue capacità, ognuno con il suo stile, ognuno con le sue competenze, che messe tutte insieme possono diventare una forza.
I Ministeri, il Governo devono lavorare insieme. Questa è stata una scelta, tra sette anni mi dite se è sbagliata, me lo dite anche tra un anno, però non posso ammettere di sentirmi dire questo oggi, perché oggi abbiamo parlato tra noi, abbiamo creato un tavolo di concertazione (chiamatelo come volete, non gli abbiamo dato un nome), una task force, abbiamo creato un gruppo di ministri che si riunisce e discute insieme sulla questione della Libia, perché non voglio parlare di Libia soltanto come un problema, ma voglio parlare di Libia come una sfida, perché nella parola sfida io vedo anche il senso positivo e credo che sia un errore pensare alla Libia solo come un problema.
Abbiamo trattato insieme il tema della Libia e quello dell'immigrazione, quindi credo che questo ci debba essere riconosciuto.
La questione dell'embargo. Certo che sorrido: ma secondo lei un Ministro della Repubblica può non rispettare un embargo? Non devo sorridere? Avrebbe sorriso anche lei. Non rispetto l'embargo, mi autodenuncio, come fa a farmi questa domanda, come fa onestamente a farmi questa domanda? Io sono d'accordo con il senatore Casini, noi dovremmo lavorare tutti insieme, perché il problema della Libia non è del Governo, è di tutto il Paese, e se la smettiamo di dirci che ci facciamo propaganda e che abbiamo sbagliato... Stiamo sbagliando noi? Avete sbagliato pure voi. Troviamo una soluzione tutti insieme per il problema della Libia, perché la Libia è la soluzione in questo momento al problema dell'Italia e delle minacce per l'Italia.
Siamo ben consapevoli della minaccia terroristica e lei sa, onorevole Minniti, che, avendo il tipo di formazione che io ho e che lei conosce bene, non darò mai dei dettagli, come non li avrebbe dati lei, che possano mettere in pericolo la soluzione dei problemi. Io posso parlare per noi, quindi Pag. 24posso dire che l'Italia sicuramente rispetta l'embargo, posso dire che se ci sono tante armi in Libia è perché nel 2011 le armi sono uscite dalle caserme e non c'è mai stata veramente la possibilità di ritirarle completamente. È un'analisi ancora non completa? Non posso parlare degli altri Paesi e non lo posso fare soprattutto come Ministro.
Infine, sospendere la consegna delle motovedette. Spero che sia anche questa una provocazione e la prendo come tale, ma in questo momento, dopo che ho spiegato quali sono i dati e quali sono stati i risultati ottenuti da SOPHIA, come si può pensare di sospendere la consegna delle motovedette? Domani che succede? Facciamo conto che la Libia cade: siamo completamente incapaci, la comunità internazionale fallisce e la Libia cade, cominciano a partire un sacco di persone che cercano rifugio, giustamente – dico io – perché ognuno vuole trovare un futuro, cominciano a venire verso di noi, e cosa facciamo, li prendiamo tutti?
LAURA BOLDRINI. L'abc del diritto internazionale...
ELISABETTA TRENTA, Ministra della difesa. ...L'abc del diritto internazionale infatti significa che come Paese devo rispondere anche della sicurezza dei miei cittadini, quindi non mi parli del diritto e mi faccia finire.
Se quindi rafforzo uno Stato cercando di rafforzare le istituzioni di quello Stato perché possa controllare le sue frontiere sto facendo esattamente quello che mi dice il diritto internazionale: il diritto internazionale mi dice che io non posso, una volta che ho salvato delle persone, che è sacrosanto (lei sa che io ho chiesto il Premio Nobel per la Marina), io non posso quelle persone riportarle in un territorio dove alcune convenzioni non sono rispettate, lo so bene.
Se però mi prendo l'impegno a rafforzare le istituzioni di quello Stato (ed è quello che noi dobbiamo fare) allora la soluzione è diversa, e lo stiamo facendo: lo stiamo facendo con la Guardia costiera, ci stiamo preparando che nei centri ci sia sempre di più la presenza degli organismi internazionali, dell'UNHCR, di IOM.
So che lei conosce bene l'argomento, ma non dobbiamo usarlo in maniera pretestuosa, perché l'alternativa è stata quello che abbiamo visto e l'alternativa sono dei cittadini che sono sempre più arrabbiati. E io non voglio che l'Italia diventi un Paese razzista perché io non sono stata in grado di aiutare le persone, di aiutare le istituzioni di un altro Paese e di rafforzarle. Non credo che questa sia la soluzione giusta, poi possiamo avere opinioni differenti. Noi stiamo lavorando sulle istituzioni.
Senatore Gasparri, ha ragione, i criteri che stiamo utilizzando sono sempre gli stessi, la lista della spesa delle cose da fare è sempre la stessa: probabilmente possiamo cambiare un po’ la sequenza, e la sequenza ci ha detto che partire semplicemente dalle elezioni è sempre sbagliato, perché se non c'è un sostrato di sicurezza che renda possibile per i politici svolgere l'attività che devono fare, i politici saranno in mano alle milizie e non abbiamo risolto il problema. Quindi credo che dobbiamo provare questa alternativa.
Rispetto alla Francia siamo amici, cugini, concorrenti e cooperanti: se a un amico devo dire qualcosa gliela dico, e se non gliela dico non è un amico; se ci devo cooperare è meglio che chiarisco bene quali sono i confini. Ognuno lo fa con il suo stile, però in realtà in questo momento, sono d'accordo, con la Francia bisogna parlare, ma sono anche d'accordo – e credo giusto – che la Francia rispetti anche l'Italia come Paese.
Quando sono stata a Vienna la settimana scorsa, dopo la seduta nella quale ho presentato una proposta che era anche una proposta razionale, ho avuto poi la possibilità e ho parlato a lungo con la mia collega francese. Ci siamo confrontate, abbiamo lavorato e discusso sui punti in comune: cioè non è vero quello che si sta dicendo che noi siamo contro la Francia, con la Francia stiamo collaborando, ma ci sono momenti in cui si possono e si devono dire delle cose, perché io devo dire quello che è successo nel 2011, oppure devo passare Pag. 25 a un processo di rimozione? Perché devo rimuovere il passato? Io il passato lo studio, lo analizzo e cerco di non ripetere l'errore.
Quando quindi qualcuno oggi prospetta l'ipotesi – e non so come sia venuta in testa al giornalista che ha pubblicato la notizia settimana scorsa – che l'Italia stesse per fare un intervento, io mi chiedo se non abbiamo imparato nulla dal passato. Il nostro rapporto con la Francia è esattamente quello che ha detto l'onorevole Minniti: competizione e collaborazione, uno stesso ambiente in cui viviamo e quindi sicuramente la necessità di parlarci. Però non è che parlarci significa sempre che io ti dico di sì, qualche volta ti devo dire di no e qualche volta me lo dici tu, e non trovo niente di male in questo.
È chiaro che soprattutto a livello tattico in Libia ci dobbiamo accordare. È chiaro però che dobbiamo sapere cosa succede sul terreno e difendere la nostra industria nazionale. Noi difendiamo la nostra industria nazionale e loro anche cercano di difendere la loro industria nazionale, come facciamo a dire «collaboriamo e andiamo sempre tutti insieme»? Ci sono momenti in cui inevitabilmente alcuni interessi arrivano a scontrarsi, ma questo fa parte delle relazioni internazionali. Il superamento di questi contrasti è un superamento che porta poi alla storia, e in questo senso ho sempre una visione positiva.
So bene che la situazione libica può esplodere da un momento all'altro, lo sappiamo bene, però il messaggio che volevamo dare non è un messaggio di allarmismo, cioè questa situazione non va interpretata come un tentativo di qualcuno di distruggere il processo che si è avviato. È chiaro che nell'ambito delle milizie ce ne possano essere alcune che ricevono finanziamenti da altri Stati: non sto dicendo quali Stati, sto dicendo che le guerre per procura esistono, sono sempre esistite, è il nostro problema più grande, quindi io devo considerare che sicuramente questo fattore c'è e che questi finanziamenti possono venire anche da parti interne – potrebbe essere – e tutto questo va considerato.
Per questo dico che la cosa principale che dobbiamo fare (l'ho ripetuto più volte e lo ripeto ancora) è lavorare sulla questione della sicurezza, perché solo se lavoriamo in quel settore e se cominciamo dal rafforzamento delle Forze armate libiche... voi mi direte quali Forze armate? Di fronte alla domanda «quali?» io dico che sotto l'egida dell'Egitto è in corso un processo di riavvicinamento delle Forze armate dei due Governi, e questo processo di riavvicinamento deve essere reso tanto più accogliente che piano piano deve portare dentro anche alcune delle milizie, almeno quelle milizie che non corrispondono esattamente a criminalità.
È un processo ancora lungo, non siamo dei fuori di testa, sappiamo bene quali sono le sfide che abbiamo davanti: siamo pronti a riferire al Parlamento in ogni momento, siamo pronti a fornire a chi ce le richiede anche informazioni più sensibili, perché le informazioni non sono sempre vere. A volte si possono dire cose che possono creare dei problemi, quindi noi nell'ottica della collaborazione con il Parlamento vorremmo confrontarci di più, lo ha detto anche il Ministro Moavero e lo faremo.
PRESIDENTE. Grazie. Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.
La seduta termina alle 15.50.