Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 2
Audizione del Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 2
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 2
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 10
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11
Braga Chiara (PD) ... 11
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 12
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 13
Ferrazzi Andrea ... 13
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13
Briziarelli Luca ... 13
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 14
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15
Lorefice Pietro ... 15
Bonafede Alfonso (M5S) , Ministro della giustizia ... 15
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16
(La seduta, sospesa alle 15, è ripresa alle 15.05) ... 16
Comunicazione del Presidente:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI
La seduta comincia alle 13.45.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che ringrazio per la presenza.
La Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti.
Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, su motivata richiesta, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta. Nel caso le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento. Si invita comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
Invito il nostro ospite a svolgere la relazione che ha preparato, al termine della quale i commissari faranno le domande che riterranno più opportune.
ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Grazie presidente, saluto tutti i commissari presenti.
La richiesta che mi è stata fatta era quella di valutare eventuali programmi ministeriali di intervento normativo per una complessiva rivisitazione del sistema sanzionatorio e processuale in materia ambientale. Io ho preparato questa relazione che adesso vi esporrò, poi sono aperto a tutte le domande, e, nel caso in cui fossero domande che richiedono un approfondimento, sono disponibile a tornare personalmente o comunque a fornire poi le risposte che vengono a seguito di un'istruttoria eventualmente da parte degli uffici.
Ringrazio per l'opportunità che mi viene offerta di fornire un contributo al delicato lavoro che siete chiamati a compiere in ordine alla ricognizione dei molteplici aspetti del funzionamento degli organi giudiziari coinvolti a vario titolo nella regolamentazione del fenomeno sugli illeciti ambientali connessi al ciclo dei rifiuti.
Un primo paragrafo della relazione che vorrei depositare riguarda l'attuale quadro normativo in materia di reati ambientali. Lo posso anche esporre, ma immagino che i commissari siano tutti a conoscenza del quadro normativo, quindi passerei alla parte in cui ci sono le possibili proposte e i progetti del Ministero.
Il secondo paragrafo ha ad oggetto il coordinamento investigativo e il monitoraggio dei reati ambientali, dove sono indicate le statistiche. Con la legge del 22 maggio 2015, n. 68, il legislatore ha incisivamente modificato il regime del coordinamento delle indagini relative ai reati ambientali, riconoscendo così che il contrasto all'inquinamento richiede un approccio sistematico e globale. Pag. 3
Nello specifico, attraverso la modifica dell'articolo 118-bis, Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, è stato introdotto l'obbligo di comunicazione delle indagini in corso per i delitti ambientali al Procuratore generale presso la corte di appello, per favorire la circolazione delle notizie e il coordinamento tra le varie procure.
Parimenti, si è previsto l'obbligo per il PM procedente di dare comunicazione al Procuratore nazionale antimafia dell'avvio delle indagini su ipotesi di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, nonché attività organizzative per il traffico illecito dei rifiuti.
La novella legislativa è finalizzata a favorire l'effettivo monitoraggio a livello nazionale dei reati ambientali e a consentire un'attività investigativa che, attraverso il coordinamento del lavoro tra le varie procure, permetta di recepire la complessiva portata dei singoli episodi criminosi in materia di ambiente, soprattutto alla luce della crescita esponenziale – registratasi soprattutto nel nord Italia – di incendi in siti di trattamento o di stoccaggio dei rifiuti, che sembrano sottintendere l'esistenza di un vero e proprio sistema illecito, gestito dalla criminalità organizzata, avente ad oggetto il traffico e il trattamento dei rifiuti.
Si evidenzia inoltre che presso il Ministero della giustizia, a partire dall'anno 2016, è stato istituito un nucleo atto a svolgere un monitoraggio in tema di reati ambientali – a seguito delle novità normative introdotte con la legge n. 68 del 2015 e la legge n. 6 del 2014 – alla luce del quale i tribunali e le procure interessati devono trasmettere i dati dell'anno precedente entro il 30 aprile dell'anno successivo.
Sulla scorta dei dati parziali riferibili all'anno 2018, raccolti presso le 140 procure della Repubblica dislocate sull'intero territorio nazionale con un tasso di risposta del 79 per cento (cioè, 111 uffici su 140), si è rilevato che, tra gli uffici rispondenti, 35 hanno iscritto nel 2018 almeno un procedimento giudiziario per incendi verificatisi in impianti di gestione rifiuti, mentre in 76 non si è registrato alcun procedimento. Nelle tabelle che depositerò sono sintetizzati i risultati in base all'area geografica di appartenenza della procura, al tipo di registro in cui tali procedimenti sono stati iscritti e all’iter processuale in cui si trovano.
Quando avrete modo di analizzare le tabelle che metterò a disposizione della Commissione noterete che c'è un forte incremento in alcune città del nord, per esempio a Milano, relativo ad indagini (non sto parlando dell'esito) iniziate o in corso, e credo anche in quelle archiviate, perché si monitora tutto delle segnalazioni che vengono portate avanti.
In data 19 novembre 2018 veniva firmato il protocollo d'intesa che istituisce il Piano di azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti, a firma di: Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dell'interno, Ministeri dello sviluppo economico, della difesa, della salute e della giustizia, Autorità politica per la coesione (Ministro per il sud), regione Campania.
Il protocollo si prefissa di perseguire le finalità seguenti: prevenzione, monitoraggio controllo e risanamento ambientale del territorio interessato dal fenomeno dei roghi dei rifiuti anche in aree naturali protette, nell'interesse della tutela dell'ambiente, della salute e della sicurezza pubblica. Il Piano di azione individua ambiti puntuali di intervento, specificando per ciascun ambito: a) azioni per la tutela della salute della popolazione; b) azioni per la tutela ambientale ed ecosistemica; c) azioni di presidio e controllo del territorio e prevenzione degli incendi dei rifiuti.
Al fine di assicurare l'attuazione del Piano, monitorarne le azioni e verificarne gli effetti, è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, come previsto dall'articolo 2, comma 2 del protocollo, l'Unità di coordinamento del Piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti. Il Ministero della giustizia quale parte firmataria ha nominato un proprio rappresentante quale membro dell'Unità di coordinamento, che, in accordo con gli altri membri dell'Unità, si occupa di svolgere Pag. 4uno dei compiti espressamente previsti dal protocollo, ossia l'attività di raccordo con l'autorità giudiziaria e gli enti interessati nell'ambito delle iniziative comuni, volte ad incrementare il contrasto degli incendi dolosi dei rifiuti.
La logica di fondo che muove l'operato del Ministero della giustizia all'interno della predetta Unità è quella di assicurare il necessario raccordo con l'autorità giudiziaria, in particolare le procure della Repubblica operanti sul territorio, attraverso la predisposizione di una rete informativa a carattere trasversale, che permetta da un lato all'autorità giudiziaria di acquisire informazioni utili da più fonti (Ministeri della salute, dell'ambiente, dell'interno), dall'altro lato all'Unità di conoscere quali siano le principali criticità connesse al perseguimento dei reati ambientali, al fine di fornire l'adeguato ausilio per semplificare, ottimizzare e rendere maggiormente efficaci i compiti dell'autorità giudiziaria, nel rispetto delle competenze proprie ed esclusive di quest'ultima.
In tal senso, la partecipazione del Ministero della giustizia potrà garantire una opportuna e proficua collaborazione tra autorità giudiziarie e altri dicasteri, potendo favorire, svolgendo la funzione di trait d'union, l'utilizzo delle specifiche competenze tecnico-scientifiche nell'ambito della complessa attività finalizzata al contrasto dei reati ambientali sia in fase investigativa, sia in fase di bonifica dei siti sottoposti a sequestro e successiva confisca.
Tra le varie proposte allo studio dell'Unità vi sono, ad esempio, l'utilizzo degli esperti del Ministero dell'ambiente per le operazioni peritali di catalogazione dei rifiuti trattati illecitamente, nonché per quelle di bonifica dei siti, ove disposte e autorizzate dall'autorità giudiziaria, il potenziamento degli studi finalizzati alla creazione su tutto il territorio nazionale del registro dei tumori, strumento che potrebbe fornire dati di oggettivo interesse per l'autorità giudiziaria sia in fase investigativa, rappresentando una spia della presenza sul territorio di discariche abusive, di inquinamento delle falde, di interramento di rifiuti speciali e/o pericolosi, sia in fase processuale, costituendo il dato, quand'anche meramente statistico, un elemento importante per pervenire al riconoscimento di un rapporto di causalità tra mortalità e illeciti ambientali.
Il Piano d'azione per il contrasto ai roghi di rifiuti pertanto si inserisce a pieno titolo tra le azioni promosse dal Ministero della giustizia per il contrasto e la prevenzione dei reati ambientali, siano essi di matrice criminosa, ossia di gestione occulta e integralmente illecita dei rifiuti, siano essi effetto di illecito trattamento di rifiuti da parte di soggetti privati o imprenditori.
Passiamo adesso alle criticità di tipo sostanziale e processuale della normativa vigente. Al fine di valutare le necessità di aggiornamento della normativa ambientale in precedenza illustrata, è stato istituito un tavolo congiunto tra il Ministero dell'ambiente e quello della giustizia, nel cui ambito sono stati nominati tre magistrati in qualità di esperti designati dal Ministro della giustizia, i quali hanno depositato una dettagliata relazione, evidenziando una serie di criticità di seguito riportate. Questo tavolo è comunque istituito presso il Ministero dell'ambiente.
Gli esperti hanno rilevato anzitutto come la repressione delle violazioni ambientali risenta delle innumerevoli criticità dell'intero sistema, avvertite nel quotidiano esercizio della funzione giurisdizionale con riferimento ad ogni tipologia di reato. I tempi e la struttura del processo penale incoraggiano tecniche dilatorie, finalizzate ad ottenere la declaratoria di prescrizione del reato, particolarmente breve per i reati ambientali di natura contravvenzionale.
A tanto si affianca la sostanziale inutilità delle sanzioni amministrative, che in questo specifico settore hanno finora portato a risultati di poco rilievo, né possono sopperire a tale situazione sanzioni interdittive o di altro tipo, spesso inapplicabili in concreto, come riscontrato in passato ad esempio con quelle introdotte in materia di inquinamento elettromagnetico dalla legge quadro n. 36 del 2001 o dalla legge n. 66 del 2001.
Gli esperti hanno quindi sottolineato che, a fronte di siffatta situazione, chi inquina Pag. 5 ritiene più vantaggioso affrontare il rischio di vedersi applicata una sanzione pecuniaria piuttosto che affrontare le spese per dotare un singolo impianto o un intero stabilimento dei requisiti tecnici richiesti per l'adeguamento della vigente normativa. D'altra parte, lo scarso controllo del territorio e l'obiettiva difficoltà delle verifiche, che presuppongono una competenza tecnica non comune, incidono in modo significativo anche sulla concreta applicazione delle disposizioni che prevedono sanzioni penali.
L'intervento in sede penale appare tuttavia più efficace laddove si consideri il maggiore spazio operativo offerto al personale di polizia giudiziaria dal codice di procedura penale, la sempre più accurata specializzazione nel settore di alcuni reparti, con conseguente garanzia di professionalità anche per i soggetti controllati, e la presenza di strumenti come il sequestro preventivo, che consente non soltanto un'efficace tutela delle esigenze cautelari, impedendo la prosecuzione di condotte illecite potenzialmente dannose per l'integrità dell'ambiente, ma fornisce anche un forte impulso ad un sollecito adeguamento dell'impianto inquinante alle disposizioni non osservate, cui si accompagna quasi sempre la definizione del procedimento mediante ricorso a riti alternativi.
Ciò peraltro costituisce dimostrazione del fatto che, solo incidendo in modo drastico sugli interessi economici del titolare dell'insediamento inquinante e impedendone in tutto o in parte l'utilizzazione, è possibile ottenere risultati concreti, diversamente da quanto avviene con la semplice minaccia di una sanzione, la cui applicazione è soltanto eventuale.
Ulteriore vulnerabilità è rappresentata da un impianto normativo spesso non coordinato e soggetto a ripetute modifiche, non sempre finalizzate ad anteporre le esigenze di tutela della salute dei cittadini e delle disposizioni comunitarie rispetto alle esigenze economiche di specifici settori imprenditoriali. Nonostante ciò, come ritenuto dagli esperti, una decisiva inversione di tendenza si è avuta attraverso l'introduzione nel codice penale, ad opera della legge n. 68 del 2015, dei delitti contro l'ambiente, che hanno finalmente introdotto sanzioni più severe per comportamenti gravi, prima blandamente sanzionati, estendendo le ipotesi di confisca e prevedendo al contempo anche disposizioni premiali.
Sulla scorta delle premesse sopra evidenziate, gli esperti partecipanti al tavolo hanno avanzato le seguenti considerazioni critiche, suddivise per argomento, riportate nei paragrafi che troverete nella relazione da sub A a sub E.
Cominciamo con i profili sanzionatori. Tengo a dire che vi ho portato il risultato di questi tecnici, che poi ciascuno valuterà e riproporrà anche facendo valutazioni politiche, però allo stato attuale vi riporto quello che emerge dal lavoro fatto in questo tavolo e sono delle valutazioni da parte dei tecnici.
I delitti contro l'ambiente inseriti nel codice penale a quasi tre anni dalla loro introduzione si sono rivelati estremamente efficaci e sono stati applicati in maniera equilibrata. Le singole disposizioni presentano in più casi alcune criticità, ipotizzate dalla dottrina o ancora non riscontrate appieno nella pratica applicazione, alle quali si è finora contrapposto un orientamento giurisprudenziale uniforme, evidenziato nelle prime pronunce della Corte di Cassazione riguardanti al momento misure cautelari reali e personali.
Va quindi decisamente sconsigliato al momento ogni intervento modificativo, perché interverrebbe in una fase di rodaggio della norma. Non risulta che siano stati conclusi processi per delitti contro l'ambiente neppure in primo grado, azzerando di fatto ogni certezza interpretativa finora raggiunta. Sono invece opportuni interventi migliorativi del Testo unico ambientale, il decreto legislativo n. 152 del 2006, sia per quanto riguarda la parte sanzionatoria o quella strettamente collegata, sia per quanto riguarda il meccanismo di estinzione delle contravvenzioni ambientali mediante l'adempimento delle prescrizioni imposte dall'organo di vigilanza.
Andrebbe infine aggiornato l'elenco dei reati contemplati dal decreto legislativo n. 231 del 2001, inserendo tutti quelli presenti Pag. 6 nel decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché modificando l'articolo 8 di tale provvedimento nel senso di consentire anche all'ente di estinguere l'illecito mediante l'adempimento delle prescrizioni imposte dall'organo di vigilanza. Le modifiche al regime sanzionatorio vanno altresì integrate con interventi sul Testo unico sulle misure di prevenzione (decreto legislativo n. 159 del 2011), che prevedano in modo specifico la possibilità di applicazione anche nei confronti di soggetti abitualmente dediti alla commissione di reati ambientali.
Le modifiche alle contravvenzioni previste dal Testo unico ambientale. Per le ragioni esposte non si condividono secondo questi esperti le proposte di depenalizzazione dei reati ambientali per violazione del regime autorizzatorio (mancanza di autorizzazione, comunicazione e iscrizione, ovvero violazione delle relative condizioni e prescrizioni), in quanto trattasi di reati cosiddetti «sentinella», che tutelano in via anticipata il bene ambiente, munendo di sanzione penale la violazione delle regole procedimentali.
Si ritengono utili le seguenti modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006: la modifica dell'articolo 29 con la sostituzione delle attuali sanzioni amministrative con sanzioni penali nel caso di esecuzione di progetti in violazione delle disposizioni in tema di valutazione di impatto ambientale, la modifica dell'articolo 29-quattuordecies, comma 14, al fine di meglio disciplinare il regime sanzionatorio previsto dai commi precedenti in tema di autorizzazione integrata ambientale con quello previsto dalle discipline di settore, la modifica dell'articolo 101, sopprimendo il comma 7, lettera b) e il comma 7-bis, onde eliminare l'assimilazione delle acque reflue domestiche alle acque provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame e, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, delle acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari, che impedisce di applicare le sanzioni penali in tema di scarichi illeciti di acque reflue industriali anche quando quelli provenienti da tali due insediamenti ne abbiano le caratteristiche.
La modifica dell'articolo 256-bis, che prevede come autonomo delitto la combustione illecita dei rifiuti solo se dolosa, mentre rimane priva di sanzione penale la condotta colposa, che non è meno dannosa o pericolosa per l'ambiente di quella dolosa, l'estensione della sanzione penale per l'abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi da chiunque commesso, quindi anche da parte del privato.
Quanto al tema della prescrizione della contravvenzione ambientale, la riforma attuata dalla legge n. 3 del 2019 dovrebbe in prospettiva consentire di limitarne grandemente il fenomeno. È evidente che le proposte che ho citato ripercorrono la filosofia, la ratio che sta alla base del quadro normativo attuale, così come è stato modificato a seguito della legge del 2015, considerando sempre grave la condotta – seppure con gradualità differenti – ogni volta che l'ambiente viene danneggiato o comunque messo in pericolo.
Si può in ogni caso pensare al raddoppio dei termini di prescrizione per specifica contravvenzione ambientale attraverso una modifica dell'articolo 157, comma 5 del codice penale, norma non toccata dalla predetta legge, soluzione del resto già prevista per il delitto di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, stante la sua inclusione tra i reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale richiamato dal comma 5.
Le modifiche al Titolo VI-bis in tema di estinzione delle contravvenzioni con adempimento di prescrizioni. Una delle novità della legge del 22 maggio 2015 n. 68 è costituita dall'introduzione del Testo unico ambientale, dopo la parte VI, della parte VI-bis, che ai nuovi articoli 318-bis e 318-octies disciplina la procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale previste dal Testo unico ambientale, delineando un meccanismo che riproduce quello già previsto dal decreto legislativo n. 758 del 1994 in materia di sicurezza sul lavoro.
Il sistema di estinzione delle contravvenzioni ambientali ha dato luogo a dubbi interpretativi e applicativi, con cui si sono confrontati gli uffici della Procura, la maggior Pag. 7 parte dei quali ha adottato linee guida e protocolli diretti alla polizia giudiziaria con soluzioni non del tutto omogenee.
Al fine di superare tali difficoltà applicative, si dovrebbe:
1) individuare meglio l'ambito di operatività della procedura estintiva, chiarendo ad esempio che essa non si applica alle contravvenzioni punite con pena congiunta, che non è possibile imporre al soggetto controllato una condotta dipendente dall'adozione di un provvedimento che la pubblica amministrazione deve emettere all'esito di un procedimento amministrativo, come ad esempio un'autorizzazione allo scarico o alle emissioni in atmosfera, che non può imporsi una prescrizione che corrisponde ad un obbligo già conseguente alla condotta accertata, come nel caso in cui venga prescritta la rimozione e il conferimento in discarica dei rifiuti abbandonati.
2) Estendere l'applicabilità del Titolo VI-bis alle contravvenzioni in materia ambientale, previste da norme diverse dal Testo unico ambientale, in quanto la scelta di limitare l'operatività del meccanismo estintivo alle sole contravvenzioni da esso previste genera ingiustificate disparità di trattamento rispetto alle contravvenzioni previste da altre norme ambientali, con situazioni talvolta paradossali. Ad esempio, il sistema è applicabile al reato di violazione delle prescrizioni relative alla gestione di una discarica, di cui all'articolo 256, comma 4 del Testo unico ambientale, mentre sono esclusi i reati relativi alla stessa gestione, previsti dal decreto legislativo n. 36 del 2003.
3) Individuare meglio la figura dell'ente specializzato competente nella materia trattata, confermando l'individuazione di gran lunga prevalente nella prassi nelle ARPA, in ragione delle competenze tecniche riconosciute da ultimo dalla legge n. 132 del 2016 sull'istituzione del sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, il cui articolo 14 potrebbe in tale prospettiva essere modificato con il riconoscimento della figura dell'ispettore ambientale quale polizia amministrativa con funzioni di polizia giudiziaria, titolare di poteri di accesso agli impianti e alle sedi di attività oggetto di ispezione.
4) Individuare la destinazione delle somme introitate all'esito della procedura prescrittiva, che potrebbero essere destinate in tutto o in parte per il potenziamento dei controlli.
Passiamo alle misure di prevenzione. Un tema fino ad oggi restato ai margini della tutela contro la criminalità ambientale è stato quello dell'applicazione in tale ambito delle misure di prevenzione disciplinate dal decreto legislativo n. 159 del 2011, codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. Per quanto riguarda la materia ambientale, è prevista espressamente (articolo 4, lettera b) del decreto legislativo n. 159) l'applicazione delle misure in questione ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale, tra cui rientra il delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti.
Solo per via interpretativa si potrebbe invece far rientrare l'inquinatore cosiddetto «seriale» nelle previsioni di pericolosità cosiddetta «generica» previste dall'articolo 1, il quale prevede l'applicazione delle misure di prevenzione nei confronti di coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi, di coloro che per la condotta e il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivano abitualmente anche in parte con i proventi di attività delittuose, di coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.
La riferibilità delle prime due ipotesi ai soli delitti, con esclusione quindi delle contravvenzioni, la presenza in essi di termini quali «traffici delittuosi» e «proventi di attività delittuose» di non agevole contestualizzazione nella dinamica degli illeciti ambientali e nelle ipotesi di cui alla lettera c) di concetti ampi ed elastici quali sanità, sicurezza, tranquillità pubblica, non immediatamente riferibili a quello di ambiente, Pag. 8rendono preferibile la modifica del codice della prevenzione con l'inserimento tra i soggetti destinatari delle misure personali e patrimoniali, in aggiunta a quelli indiziati del delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti, anche di coloro che devono ritenersi abitualmente connessi alla commissione di reati ambientali.
La modifica dovrebbe essere calibrata in modo da prevedere anche per tali soggetti l'applicabilità delle misure di prevenzione patrimoniale diverse dalla confisca e in particolare dell'amministrazione giudiziaria di beni personali, esclusi quelli destinati all'attività professionale o produttiva, che, secondo l'articolo 33 del codice, è possibile per un periodo non eccedente i 5 anni e rinnovabile quando ricorrano sufficienti indizi che la libera disponibilità dei medesimi agevoli comunque la condotta, il comportamento, l'attività socialmente pericolosa, quale può essere quella del cosiddetto «inquinatore seriale»; dell'amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende del controllo giudiziario con nomina di un giudice delegato e di un amministratore giudiziario per un periodo non inferiore a 1 anno e non superiore a 3, anche al di fuori dei casi di infiltrazione e/o agevolazione mafiosa stabile od occasionale, rispettivamente previsti dagli articoli 34 e 34-bis del codice, quando la reiterata commissione di reati ambientali richieda un'attenta tutela regolatrice da parte dell'autorità giudiziaria.
Per quanto riguarda i profili ordinamentali e processuali c'è da fare una riflessione più approfondita, perché arrivano da un tavolo di esperti, ma soprattutto quando si vanno a intaccare profili ordinamentali e processuali la riflessione va fatta a 360 gradi, su tutto l'equilibrio ordinamentale e processuale.
Per quanto riguarda gli uffici di Procura occorre in primo luogo valorizzare l'attività svolta dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione e dalle Procure generali di attuazione dell'articolo 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006 n. 106, tesa a favorire, nel rispetto dell'autonomia di ciascun ufficio di Procura, l'uniformità delle prassi investigative, che ha portato alla recente istituzione della rete delle Procure generali in materia ambientale, regolata da un protocollo approvato a maggio 2017 ed operante con il coordinamento del Procuratore generale presso la Corte di cassazione.
A tal fine, la struttura della rete potrebbe trovare un primo riconoscimento a livello normativo con l'introduzione della figura del referente nella materia ambientale in ogni singolo ufficio di Procura circondariale e presso le Procure generali, affidandone il coordinamento alla Procura generale della Corte di cassazione.
Andrebbe poi ripensata l'attribuzione alla Direzione distrettuale antimafia della competenza per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti ex articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale, considerato che le ipotesi di configurabilità del reato delineate dalla giurisprudenza sono ormai ampie e di regola non connesse a fenomeni di criminalità organizzata e che un monitoraggio eseguito dalla Procura generale della Corte di cassazione del 2010 ha consentito di rilevare il persistente coinvolgimento del pubblico ministero circondariale nello svolgimento delle indagini.
È infatti risultata essere prassi consolidata quella che, per evitare la dispersione di già acquisite conoscenze e per favorire un'efficace sinergia nella conduzione delle indagini, il magistrato titolare della originaria sia applicato alla Procura distrettuale e divenga coassegnatario del fascicolo, mentre in altri casi il coordinamento con la Procura distrettuale in materia di procedimenti per il reato di traffico di rifiuti è assicurato di volta in volta da apposite interlocuzioni, e in altri ancora il pubblico ministero titolare del procedimento provvede a trasmettere gli atti alla Procura distrettuale, informandone il Procuratore, rappresentando contestualmente con il consenso dello stesso la propria disponibilità all'applicazione presso l'ufficio distrettuale per la trattazione in codelega del procedimento.
Riportando la competenza alle Procure circondariali, sarebbe maggiormente garantito il principio di prossimità delle indagini Pag. 9e sarebbe assicurata l'unitarietà delle investigazioni con le connesse contravvenzioni ambientali, mentre sarebbe sempre possibile la trasmissione alla Direzione distrettuale antimafia nel caso di emersione di interferenze della criminalità organizzata nell'organizzazione del traffico illecito di rifiuti e quindi di configurabilità di indizi di reati di natura associativa mafiosa.
In questa prospettiva appare utile anche la modifica dell'articolo 118-bis delle Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede che il Procuratore della Repubblica quando proceda a indagini per i delitti di cui agli articoli 452-bis, 452-quater, 452-sexies e 452-octies del codice penale e all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, ne dà notizia al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
Di regola, infatti, questi reati non sono sintomatici di collegamenti o interferenze della criminalità organizzata, e spesso dipendono solo da condotte illecite dei titolari dei singoli impianti. Sembra quindi ultroneo intasare la Procura nazionale con segnalazioni eccentriche rispetto alla sua funzione, mentre sarebbe preferibile prevedere che la comunicazione debba essere inviata ai Procuratori generali, i quali potrebbero attivare una banca dati distrettuale e selezionare le notizie rilevanti per la Procura nazionale, provvedendo al relativo inoltro alla stessa. Si avrebbe in tal modo un doppio livello informativo, locale, di carattere generale e nazionale, specifico per i fatti caratterizzati da indici di mafiosità.
Per quanto riguarda gli uffici giudicanti, sono necessarie misure che prevedano la formazione di giudici specializzati in materia ambientale distrettuale, nonché percorsi agevolati per i processi che li riguardano, attraverso il loro inserimento tra i reati meritevoli di trattazione prioritaria di cui all'articolo 131-bis delle Disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
Quanto infine all'esecuzione delle sentenze di condanna aventi contenuto ripristinatorio, la maggiore effettività della misura potrebbe essere garantita prevedendo l'obbligo di subordinare la sospensione condizionale della pena, qualora ne ricorrano i presupposti, alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose per l'ambiente della propria condotta delittuosa.
Le risorse per il contrasto ai reati ambientali. Si ritiene opportuno osservare come nell'ambito dell'amministrazione della giustizia la complessiva materia dei servizi connessi direttamente o indirettamente all'esercizio della giurisdizione rientri nelle competenze del Dipartimento per gli affari di giustizia per quanto riguarda i servizi relativi all'attività giudiziaria, secondo quanto previsto all'articolo 16, comma 3, lettere a) e b) del decreto legislativo n. 300 del 1999 e connesso Regolamento di organizzazione del Ministero, da ultimo adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 giugno 2015 n. 84.
Riguardo alla specifica richiesta di chiarimenti in ordine alla destinazione di risorse al contrasto degli illeciti ambientali e con particolare riferimento alle risorse finanziarie nell'ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero della giustizia, non è prevista una specifica finalizzazione, poiché gli stanziamenti a legislazione vigente sono destinati ad assicurare il funzionamento dei servizi, indipendentemente dai reati rispetto ai quali viene esercitata la giurisdizione nelle fasi requirente e giudicante. Del resto, una specifica finalizzazione, non sorretta da un altrettanto specifica normativa di rango primario, potrebbe configurarsi quale elemento condizionante l'esercizio della giurisdizione.
Allo stesso modo, per gli aspetti strettamente connessi all'esercizio della giurisdizione, come disciplinati dal decreto legislativo del 30 giugno 2002 n. 115, recante Testo unico delle disposizioni legislative regolamentari in materia di spese di giustizia, le relative risorse finanziarie vengono attribuite al Dipartimento per gli affari di giustizia e gestite dalla coesistente Direzione generale della giustizia civile anche con riguardo alla giustizia penale. Anche in tale ambito non risulta, per le stesse su indicate ragioni, una specifica finalizzazione.
Ciò premesso, una specifica normativa di legge è stata introdotta al fine di supportare Pag. 10 gli interventi di bonifica dei territori della cosiddetta «Terra dei fuochi». Invero, la disposizione di cui all'articolo 2, comma 5-bis del decreto-legge n. 136 del 2013, convertito con legge n. 6 del 2014 concernente «Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali e a favorire lo sviluppo delle aree interessate», stabilisce che una quota del Fondo unico di giustizia, di cui all'articolo 61, comma 23 del decreto legislativo 25 giugno 2009 n. 112, sia destinata alla realizzazione di interventi finalizzati alla modifica dei territori della cosiddetta «Terra dei fuochi».
La predetta quota è determinata annualmente con il DPCM emanato ai sensi dell'articolo 2, comma 7 nel decreto-legge n. 143 del 2018, convertito con modificazione dalla legge n. 181 del 2008, in funzione delle somme di denaro e dei proventi derivanti dalla vendita dei beni mobili e dalle attività finanziare confiscate a seguito dell'emanazione di sentenze definitive o dell'applicazione di misure di prevenzione ai sensi del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159, nell'ambito di procedimenti penali a carico della criminalità organizzata per la repressione dei reati di cui agli articoli 259, traffico illecito di rifiuti, e 260, attività di organizzazione per il traffico illecito di rifiuti, articolo poi abrogato dal decreto legislativo n. 21 del 2018 e inserito nell'articolo 452 quale nuovo articolo 452-quaterdecies del codice penale.
Proprio in applicazione del comma 5-bis dell'articolo 2 indicato in oggetto, l'amministrazione ha avviato una complessa attività di monitoraggio e di analisi presso gli uffici giudiziari nazionali circa le risorse confiscate negli anni 2016-2017, al fine di determinare l'ammontare delle risorse da destinare alle attività di bonifica della regione Campania.
L'esito dell'attività di monitoraggio ha rilevato le risorse confiscate negli anni 2016 e 2017 e versate successivamente nel corso del 2017-2018 alle entrate del bilancio dello Stato. Per quanto riguarda l'anno 2017, l'ammontare delle suddette risorse, pari a ad euro 20.400, è stato destinato alle finalità sopra descritte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 ottobre 2018, emanato ai sensi del decreto-legge 143 del 2008 su proposta del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e della giustizia.
Analoga procedura, il monitoraggio presso gli uffici giudiziari, verrà conclusa nell'anno in corso con riferimento alle risorse confiscate nell'anno 2018, al fine di determinare ulteriori risorse da destinare con il previsto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri agli interventi di bonifica della Terra dei fuochi, che allo stato ammontano a circa 31.950 euro.
Vi ringrazio. Non so se ci siano domande e quali siano i tempi.
PRESIDENTE. Grazie. Visto che la Camera sta per iniziare, cederei la parola ai deputati affinché possano raggiungere l'Aula.
Innanzitutto grazie per la relazione, noi nella scorsa legislatura ci siamo già occupati e adesso vorremmo rioccuparci dell'applicazione della legge n. 68, in particolare mi piacerebbe affrontare il tema dei reati contravvenzionali. Parlavamo prima degli articoli 256 e 259 che hanno attualmente una prescrizione limitata, quindi sono uno strumento che secondo me va rivisto e mi fa piacere che ci sia questo tavolo tecnico, mi piacerebbe anche capire come possa tradursi in azione legislativa.
Vorrei anche approfondire la questione che molte Procure ci hanno segnalato anche nell'esperienza di questo passaggio tra Procure distrettuali a Procure ordinarie, tema molto delicato che spesso allunga i tempi, e soprattutto la questione delle competenze, perché spesso le Procure ordinarie non hanno quella competenza soprattutto in tema di reati ambientali, essendo una materia nuova, insomma come il Ministero e tutte le forze in campo vogliano dedicare un aggiornamento professionale affinché ci sia una sorta di uniformità dell'applicazione di questa legge.
ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Infatti su questo ho voluto sottolineare Pag. 11 l'importanza di una riflessione a trecentosessanta gradi, che – aggiungo – deve anche essere ponderata sulla base di un confronto con le Procure, con associazioni rappresentative della magistratura e anche dell'avvocatura, proprio per valutare quale può essere il possibile impatto di carattere ordinamentale.
PRESIDENTE. Perfetto. Visto che abbiamo analizzato la legge n. 68 nella scorsa legislatura da aprile a ottobre 2016, ovviamente era ancora prematuro, vorremmo riaggiornare questo lavoro, quindi questo scambio di dati con il Ministero della giustizia ci fa piacere anche per le nostre competenze. Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
CHIARA BRAGA. Grazie, presidente. Ringrazio il Ministro Bonafede per la corposa relazione che ci ha letto e che credo verrà depositata per darci modo di approfondire nel dettaglio, avendo un contenuto altamente tecnico e specifico.
Come lei sa, la nostra non è una Commissione ordinaria, è una Commissione d'inchiesta, ci occupiamo sostanzialmente di analizzare e studiare i fenomeni, quindi sicuramente le indicazioni (alcune anche molto precise e puntuali) su ipotesi di revisione normativa ci interessano, ma non è questa la sede in cui produrre una modifica normativa.
Devo sottolineare, nell'anticiparle alcune domande puntuali, alle quali le chiederei di fornire tramite il presidente della Commissione la risposta nelle modalità che riterrà, che ci saremmo aspettati una posizione del Ministro, non del tavolo tecnico su queste questioni. Lei ha giustamente dato conto di una serie di temi tecnici, noi avevamo chiesto con il massimo rispetto l'audizione del Ministro, per prendere coscienza di quali fossero gli orientamenti del Governo e del Ministro.
Lo dico perché, ad esempio, su un tema che a noi sta particolarmente a cuore come quello dell'applicazione della legge n. 68 prendiamo atto che la sua posizione (almeno quella che ci ha rappresentato tramite la posizione del tavolo tecnico) è piuttosto differente da quella qui rappresentata dal Ministro Costa sulla urgenza e la necessità di modifiche alla legge n. 68.
Il Ministro Costa ha ribadito più volte in audizione la sua volontà di fare un tagliando (ha usato questo termine) alla legge n. 68, lasciando intendere una modifica di alcuni aspetti relativi alle tipologie di reato, agli stessi articoli di questa legge sui delitti ambientali, ma mi sembra che la posizione che lei oggi ci ha raccontato del tavolo tecnico ci dica altre cose, cioè sconsigli un intervento di modifica normativa perché siamo in una fase di rodaggio, rispetto a cui il rischio di effetti sul sistema e su procedimenti in corso sarebbe particolarmente critico.
Immagino che anche attraverso le domande avremo modo di acquisire in maniera più precisa l'orientamento del Ministro e non solo quello del tavolo tecnico che ci ha indicato.
Le volevo porre un paio di domande molto velocemente. La prima riguarda una tipologia di delitto prevista dalla legge n. 68, quello di omessa bonifica. Dal vostro osservatorio avete un monitoraggio sui dati di applicazione di questo delitto?
L'altra questione riguarda il tema molto ampio che lei ci ha illustrato sulla revisione della parte VI-bis del n. 152, cioè di alcune disposizioni contenute nella legge n. 68 che sono andate ad introdurre nel n. 152 la parte VI-bis sull'estensione delle contravvenzioni ambientali. Su questo sarebbe utile un ulteriore approfondimento, perché la spinta verso una maggiore penalizzazione potrebbe avere qualche elemento di criticità, mentre ci sono dei temi da risolvere come quello della qualifica degli ufficiali di polizia giudiziari, che dipendono dall'attuazione della legge n. 132 ancora incompiuta.
Il tema che lei ci ha sottolineato di quanto sia importante completare quel quadro sicuramente incrocia una nostra attenzione. Ritiene (anche se non è competenza diretta del Ministro della giustizia) che, come mi è parso di cogliere, per rendere più efficace quella parte della legge n. 68 sia fondamentale rafforzare la figura degli Pag. 12ispettori ambientali, degli ufficiali di polizia giudiziaria?
Il tema delle risorse per i controlli ambientali è un tema di cui ci occupiamo molto sia qui che in altre Commissioni, immagino che lei sia favorevole e che uno dei prossimi emendamenti che presenteremo magari anche in modo trasversale potrà contare sul suo impegno per destinare queste risorse a incrementare i controlli ambientali, perché sappiamo che oggi queste risorse non vengono riconosciute al Ministero dell'ambiente e al Ministero della giustizia, se non in minima parte.
I traffici transfrontalieri di rifiuti, tema di cui oggi non ha parlato, come lei sa sono stati oggetto di un'indagine nella scorsa legislatura e abbiamo riscontrato un ritardo importante sull'applicazione, sulla responsabilità degli enti. Questo è un tema oggetto di interesse del suo Ministero?
L'ultima riguarda una vicenda di attualità. Sappiamo che la Corte costituzionale, a seguito del pronunciamento del GIP di Taranto, sarà chiamata di nuovo a giudicare sulle leggi riguardanti l'ILVA. Qual è la posizione del Ministero al riguardo?
PRESIDENTE. Invito intanto gli altri membri della Commissione a prenotarsi e lascio rispondere il Ministro.
ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Ci tengo a dire che sugli argomenti che vi ho esposto, quelli che sono oggetto del tavolo, la dinamica è questa: c'è un tavolo che attualmente sta lavorando e sta procedendo, ho chiesto a questo tavolo di darmi il frutto del lavoro finora, però non posso portare qui il percorso tecnico e anche politico finale.
Quello che ho fatto per cercare di portarvi il maggior numero di notizie è stato prendere i risultati a cui è arrivato questo tavolo, chiedere al Ministro Costa, perché questo tavolo è istituito presso il Ministero dell'ambiente e richiama la linea politica più che altro di quel Ministero, se in linea di massima e con tutte le riflessioni da fare si potesse concordare sulle linee, per poter venire qui e dire che in linea di massima si concorda con quelle linee, e vi posso confermare che quel tavolo esprime una base tecnica, però una linea politica abbastanza vicina al lavoro che stanno facendo.
Non posso non dirvi che allo stato attuale, tra l'altro trattandosi di una legge recente che quotidianamente viene applicata ed è in fase di rodaggio, ci sono delle parti, anche quelle relative alla giustizia a cui si faceva riferimento prima, quindi al passaggio alle Procure distrettuali e alle Procure circondariali, su cui c'è da fare una riflessione che allo stato attuale non può considerarsi matura. Mi impegno ogni volta che ci sarà uno step nuovo a venirvi a riportare il risultato di quello step.
Per quanto riguarda gli interventi normativi, risulta che c'è una parte che è ancora oggetto di rodaggio, su cui bisogna fare molta attenzione ad intervenire, perché si rischia di minare la certezza giuridica che si sta pian piano stabilendo in un percorso fisiologico dell'esegesi di una norma. Il tavolo ritiene di concentrarsi di più su tutti gli interventi di cui vi ho parlato, le proposte di miglioramento che riguardano il sistema configurato dal Testo unico.
Per quanto riguarda le contravvenzioni, indubbiamente questo è il bivio che si pone ogni volta che si decide di considerare un comportamento a livello contravvenzionale o come delitto. Io non sono dell'idea che si debba sempre ricondurre tutto al processo penale, perché ci sono degli aspetti delicati che vanno verificati, però è anche vero che, quando si tratta di comportamenti in cui il costo dell'eventuale intervento di ripristino o l'eventuale intervento sanzionatorio può essere messo nel bilancio di una condotta che in quel momento porta un vantaggio economico maggiore, ogni volta che accade questa dinamica indubbiamente l'intervento del diritto penale in maniera abbastanza forte ha delle conseguenze che vi ho anche esposto, che alla fine rappresentano un deterrente ineliminabile, oltre a dare strumenti di indagine e di intervento anche a livello sanzionatorio che indubbiamente sono più forti.
Da questo punto di vista, allo stato del monitoraggio risulta che una riflessione nel senso di una penalizzazione più corposa Pag. 13dovrebbe essere la direzione migliore, una volta valutati i possibili benefici.
Sul rafforzamento di chi fa le verifiche mi trova d'accordo, sulla destinazione delle risorse tengo a dire che delle forme di destinazione ci sono già, come lei ha detto in maniera secondo me condivisibile, si dovrebbe e si potrebbe fare anche di più, però sottolineo che dal profilo della giustizia ci può essere una sinergia con il Ministero dell'ambiente e con le norme che riguardano quel sistema, comunque io (in astratto potrebbe essere una soluzione da percorrere) non posso dare più fondi per indagini di un certo tipo rispetto a indagini di altro tipo, perché si creerebbe un problema di legittimità costituzionale. Quello che può fare la giustizia è fare in modo che quello che deriva dal risultato della giustizia sia poi destinato ad attività a favore della problematica ambientale.
Sulla responsabilità degli enti e sul ritardo mi risulta (però con il beneficio del dubbio) che sia oggetto del tavolo. So che il Ministro Costa sta preparando un intervento normativo abbastanza corposo...
PRESIDENTE. Quindi questo tavolo tecnico sta facendo il punto proprio per arrivare a un intervento legislativo, che non si sa ancora se sarà una modifica integrale del n. 152 o un disegno di legge apposito?
ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Non dubito che i frutti del lavoro di questo tavolo tecnico rappresenteranno una base importante per questo intervento normativo, la cosiddetta legge «Terra mia» di cui ha già parlato il Ministro Costa in altre occasioni.
ANDREA FERRAZZI. Ringrazio il Ministro per la presenza e anche per queste risposte. Anch'io ritengo che magari in una successiva audizione sarebbe opportuno sentire il Ministro sugli indirizzi politici che vuole dare, perché quello è il quadro all'interno del quale poi i tecnici dovranno muoversi, ma soprattutto il quadro all'interno del quale gli studi dei tavoli tecnici devono trovare una risposta efficace. Ci aspettiamo quindi, Ministro, un suo ritorno quanto mai necessario e urgente, per fare un approfondimento su un suo pronunciamento di mandato su questi temi, perché secondo noi un dialogo da parte sua con la Commissione su questa questione è quanto mai urgente.
I lavori del tavolo tecnico sono pubblicabili, sono a disposizione della Commissione d'inchiesta e delle Commissioni ordinarie? Se sono finiti, saremmo interessati ad acquisirli, soprattutto per il lavoro delle Commissioni ordinarie, che poi potranno agire di conseguenza con una valutazione approfondita.
Relativamente ai reati ambientali e alla valutazione che state facendo con questo tavolo sui risultati dalla legge n. 68, volevamo capire se avete dei dati dettagliati, se avete dati dettagliati sulla tipologia dei reati ambientali, se avete dei dati dettagliati dal punto di vista della distribuzione geografica degli stessi e se siano a disposizione fin da oggi. Grazie.
PRESIDENTE. Per motivi di tempo, visto che alla Camera si sta per votare, accorperei la domanda con quella del senatore Briziarelli.
LUCA BRIZIARELLI. Sì, sarò telegrafico, perché molto ha già detto il Ministro, che ringrazio per la relazione particolarmente dettagliata, e molto hanno detto anche i colleghi negli interventi. Sicuramente c'è da fasare la posizione fra i due Ministeri. Vorrei richiamare due passaggi che mi hanno colpito in particolare.
Nell'individuare le possibili sanzioni e le modalità di approccio, lei ha fatto un passaggio sulla necessità di colpire gli interessi economici dei proprietari degli impianti per poter avere un effetto di deterrenza più forte rispetto ad altri. Le chiederei quindi di essere più chiaro, perché è un'affermazione importante e impegnativa.
Oltre ad avere il piacere di essere coinvolti e informati sui documenti istruttori da parte del tavolo, come diceva il collega Ferrazzi, mi ponevo una domanda. In questo momento come maggioranza di Governo stiamo andando, con la logica del «meglio un uovo oggi che una gallina domani Pag. 14», a fare degli interventi mirati piuttosto che interventi di ampio respiro, che sicuramente sarebbero importanti, sia per fare un tagliando della legge n. 68 del 2015, sia per andare a limare quelle che potrebbero essere le incongruenze rispetto alla legge n. 152 del 2006. È immaginabile che, in attesa di un intervento strutturale complessivo, si possano andare a limare anche singoli aspetti contenuti in altre leggi?
Oggi nel Testo unico degli enti locali sono ancora attribuite delle funzioni di controllo in materia di rifiuti alle province, che sappiamo benissimo non avere le risorse economiche sufficienti ad attuarle, cosa che ho detto anche al Ministro dell'ambiente (in particolare, l'articolo 19, comma 1, lettera g) del Testo unico degli enti locali).
Anche in altre leggi e regolamenti ci sono aspetti di questo tipo, come nel caso dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995 n. 549, che prevede l'obbligo per le regioni di comunicare alle province la presenza dei siti e delle strutture. Noi abbiamo ancora sparse su varie leggi delle competenze che di fatto già ora sono non sfruttate dagli enti che le hanno, quindi c'erano dei disegni di legge che abbiamo presentato come Lega, degli emendamenti e delle semplificazioni che poi sono stati espunti per non omogeneità di materia, ad ogni modo se non è semplificazione questa! Sono immaginabili, in attesa di un intervento complessivo, degli interventi chirurgici che potrebbero fare chiarezza all'interno delle due principali leggi, del Testo unico degli enti locali, e di qualche altra legge secondaria che si interessa della materia?
ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Sul discorso che faceva il senatore in ordine alla pubblicità dei lavori sinceramente non lo so, nel senso che io mi sono fatto mandare tutto il materiale per poterlo esporre qui, non so se ci sia una politica di pubblicazione dei risultati del lavoro step by step o se attenderanno la conclusione di tutto il lavoro che viene portato avanti, comunque entro questa settimana o al massimo la prossima vi farò avere una comunicazione dettagliata al riguardo.
Non mi voglio spogliare della necessità di conoscere per la Commissione anche l'indirizzo politico del Ministero, ma nella mia ottica di un intervento politico non è che, siccome io devo venire ad esporre in Commissione, posso approntare un indirizzo politico. È evidente che un indirizzo politico c'è, questo però è allo studio di questo tavolo e il Ministero dell'ambiente sta portando avanti con input chiaramente di natura politica il lavoro di questo tavolo. Ribadisco che la linea del tavolo, salvo le indicazioni su cui ho voluto specificare che proprio per la complessità della materia è necessario fare ulteriori approfondimenti, è una linea che di massima indica anche una direzione politica.
In fase di riflessione e di conclusione degli studi di quel tavolo c'è però un momento in cui la politica deve anche poter dire: «sì, la direzione politica è quella, però stiamo ancora facendo delle valutazioni tecniche», perché la linea politica non può prescindere completamente dai risultati tecnici, e, salvo alcuni temi come la competenza delle Procure su cui non posso che dirvi che c'è una riflessione in corso, di massima possiamo dire che quelle proposte individuano un quadro abbastanza chiaro di quella che è la linea politica.
Riguardo alle domande del senatore Briziarelli, a parte che nella relazione che vi ho esposto c'è un'indicazione più dettagliata dei benefici a cui porterebbe l'adozione di un sistema panpenalistico, in linea di massima ribadisco che, come ho detto prima, ogni volta in cui una sanzione può entrare per chi sta commettendo quel comportamento nell'ambito di una valutazione costi/benefici, in cui la persona che sta inquinando può anche mettere in conto che se la sanzionano con la contravvenzione l'efficacia sanzionatoria della contravvenzione è abbastanza diminuita, laddove invece l'esistenza di un diritto penale che configura quel comportamento nell'ambito dei delitti ha un'efficacia deterrente, perché non si può mettere tra i costi dell'attività che si sta portando avanti il delitto, perché ci sono degli effetti penali con cui si deve fare i conti a prescindere dalla convenienza economica. Pag. 15
Riguardo alle altre norme, in alcune parti della relazione ho individuato delle discrasie o delle contraddizioni del sistema per cui, a seconda della norma che configura una condotta rispetto all'altra, ci sono magari maggiori strumenti. Sono assolutamente d'accordo sulla necessità di una riflessione generale non soltanto per quanto riguarda il quadro normativo relativo alle condotte oggettivamente prese in considerazione, ma anche rispetto a quello che lei diceva, cioè alla distribuzione delle competenze e alla necessità che queste possano agire in sinergia e che alla fine il risultato degli interventi non sia la stratificazione normativa che si è venuta a creare negli anni.
Da questo punto di vista il protocollo stipulato in Campania è in via sperimentale proprio il tentativo di andare in quella direzione, perché lì ci sono più Ministeri, la Presidenza del Consiglio, la regione Campania e altri enti, cioè è il segnale della necessità di procedere attraverso un intervento più trasversale possibile tra le varie competenze all'interno delle istituzioni.
PRESIDENTE. Sicuramente il confine è labile, però ci sono altre Commissioni probabilmente più adatte per le linee politiche. Qui parliamo di illeciti sui rifiuti e di cose più tecniche, quindi ben venga questa relazione che studieremo in maniera approfondita e anche uno scambio di informazioni per analizzare l'applicazione della legge n. 68.
Visto che alla Camera si sta per votare, prego il collega Lorefice di essere il più sintetico possibile.
PIETRO LOREFICE. Grazie, Ministro. La sua relazione ha in buona parte assorbito alcuni miei dubbi, però per quanto riguarda la rete delle Procure generali in materia ambientale volevo capire più nel dettaglio cosa produce, come sia organizzata e se sia ipotizzabile l'istituzione di una Direzione nazionale per i crimini ambientali, perché secondo me c'è la necessità di creare una struttura specialistica, non di dare ulteriori oneri alla Direzione nazionale antimafia.
Molti reati in materia ambientale o sul ciclo dei rifiuti sono legati alle mafie, però, come lei ha ben detto, si tratta di una materia molto tecnica, specialistica, e spesso le Procure e i tribunali non hanno strutture adeguate. Avete ipotizzato l'istituzione di una Direzione nazionale?
Lei ha citato più volte l'aumento dei termini di prescrizione, però come si lega con il fatto che dal 2020 in teoria la prescrizione non dovrebbe esserci? Vengo da un territorio come il SIN di Gela, dove molti procedimenti ambientali (se non tutti) hanno avuto un triste epilogo, nel senso che sono tutti finiti per prescrizione. Spesso, infatti, nonostante gli sforzi delle Procure è una lotta impari perché una piccola Procura deve confrontarsi con colossi come l'ENI e si ritrova ad avere una piccola dotazione contro un colosso che mette in campo decine di esperti, professori universitari, sommerge la Procura di carte e non se ne esce.
ALFONSO BONAFEDE, Ministro della giustizia. Cercherò di essere breve. In merito alla domanda relativa alle Procure ribadisco quanto detto, cioè che c'è una fase di analisi attualmente in corso sulla loro competenza. Devo dire che come linea politica sulla possibilità di individuare una Direzione nazionale crimini ambientali in linea di massima io sarei contrario alla proliferazione di uffici, preferirei ci fossero specializzazioni all'interno e quindi dare più risorse umane, più magistrati che si occupino, all'interno della Direzione nazionale antimafia, dei crimini ambientali.
Lo dico perché innanzitutto ogni volta che c'è una duplicazione o una proliferazione di uffici (in questo caso non sarebbe una duplicazione, sarebbe l'aggiunta di un altro ufficio) indubbiamente poi ci sono costi che vanno ad incidere sulla qualità del risultato finale.
Dico anche un'altra cosa: a quel punto due uffici giudiziari differenti dovrebbero trovarsi a collaborare, pur essendo sostanzialmente autonomi l'uno dall'altro, e in una materia come quella ambientale, in cui le contiguità con il sistema delle mafie sono costanti, dal mio punto di vista è bene mantenere tutto all'interno di una Direzione Pag. 16 che ha la supervisione di tutto, salvo poi incrementare le competenze in termini quantitativi, in modo che ci possano essere magistrati che si occupano di più di quei reati o comunque una parte di personale amministrativo.
Dobbiamo però cercare di garantire sempre una supervisione, soprattutto di reati come questi, che sono spesso molto vicini alle dinamiche con cui le varie mafie si diffondono sul territorio.
Riguardo al termine di prescrizione, come emerso dal tavolo di lavoro, la legge anticorruzione approvata alla fine dell'anno precedente ed entrata in vigore il 31 gennaio del 2019 sicuramente dà una mano, ma, come ho sempre detto fin dall'inizio, quella legge non ha risolto il problema della prescrizione in Italia, sicuramente è un passo avanti importante, che stabilisce che dopo la sentenza di primo grado lo Stato debba dare una risposta di giustizia.
Il punto è, come propone il tavolo tecnico, la possibilità di individuare per alcune contravvenzioni un termine più ampio. Questo è perfettamente in linea con la Costituzione, perché è possibile che ci siano dei reati che, implicando un'istruttoria più ampia, necessitino di maggior tempo, quindi si può valutare la possibilità che ci siano termini più lunghi o un calcolo differente per un certo tipo di reati.
Nella scorsa legislatura, ad esempio, la maggioranza portò avanti una normativa che mirava ad allungare i termini di prescrizione per i reati di corruzione, partendo dal principio per cui, in presenza di alcuni reati come quelli di corruzione, l'istruttoria o il livello di «sommerso» implicano necessariamente più tempo e quindi la necessità che ci siano tempi più lunghi.
È quindi assolutamente compatibile dal mio punto di vista (ci sono comunque esempi normativi) un intervento che vada a considerare termini di prescrizione mirati per reati che richiedano un'istruttoria più complessa.
PRESIDENTE. Alla Camera si sta votando, quindi ringrazio il Ministro Bonafede e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle 15, è ripresa alle 15.05.
Comunicazione del Presidente.
PRESIDENTE. Comunico che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione appena svoltasi, ha convenuto che la Commissione svolga approfondimenti sui seguenti temi: la connessione dei traffici transfrontalieri dei rifiuti con la morte di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin; la gestione dei rifiuti radioattivi; il dragaggio nei porti; un aggiornamento della verifica dell'attuazione della Legge n. 68 del 2015 in materia di delitti contro l'ambiente. Nella medesima riunione è stato infine convenuto che la Commissione si avvalga della collaborazione, con incarico a tempo parziale e a titolo gratuito, del contrammiraglio del corpo delle Capitanerie di porto – Guardia costiera, Capo reparto ambientale marino, Aurelio Caligiore, del dottor Domenico Della Porta, specialista in igiene e medicina preventiva e in medicina del lavoro e sicurezza ambientale, nonché di Maurizio Torrealta Tarozzi, giornalista, quest'ultimo nell'ambito dell'approfondimento appena deliberato sulla connessione dei traffici transfrontalieri dei rifiuti con la morte di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin.
La seduta termina alle 15.10.