Sulla pubblicità dei lavori:
Zoffili Eugenio , Presidente ... 3
Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, sulle materie di competenza del Comitato, con particolare riferimento alle politiche internazionali in materia di immigrazione:
Zoffili Eugenio , Presidente ... 3
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3
Zoffili Eugenio , Presidente ... 7
Ravetto Laura (FI) ... 7
De Falco Gregorio ... 8
Scalfarotto Ivan (PD) ... 8
Di Muro Flavio (LEGA) ... 9
Silli Giorgio (FI) ... 10
Pacifico Marinella ... 10
De Luca Piero (PD) ... 11
Galizia Francesca (M5S) ... 12
Testor Elena ... 12
Zuliani Cristiano ... 13
Iwobi Tony Chike ... 13
Zoffili Eugenio , Presidente ... 13
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 13
Ravetto Laura (FI) ... 15
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 15
Ravetto Laura (FI) ... 15
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 15
Zoffili Eugenio , Presidente ... 18
Ravetto Laura (FI) ... 18
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 18
De Luca Piero (PD) ... 20
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 20
Zoffili Eugenio , Presidente ... 20
Iwobi Tony Chike ... 20
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 21
Zoffili Eugenio , Presidente ... 21
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
EUGENIO ZOFFILI
La seduta comincia alle 8.45.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web tv della Camera dei deputati e successivamente la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, sulle materie di competenza del Comitato, con particolare riferimento alle politiche internazionali in materia di immigrazione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, che ringrazio, sulle materie di competenza del Comitato, con particolare riferimento alle politiche internazionali in materia di immigrazione.
Do la parola al Ministro.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie. Il tema dell'impatto delle migrazioni sul funzionamento dell'area Schengen di competenza di questo Comitato è estremamente importante, perché naturalmente il sistema di libera circolazione senza controlli alle frontiere interne dei Paesi dell'Unione europea che aderiscono al sistema di Schengen rappresenta uno dei grandi valori, delle grandi conquiste del sistema europeo e la reazione agli arrivi di migranti ha determinato sovente una tensione a livello del funzionamento del sistema successivo di libera circolazione interna.
Per quanto riguarda la posizione del Governo, abbiamo sempre portato avanti, in sede europea, l'idea della necessità – abbiamo fatto anche proposte molto concrete – di un approccio a più livelli e in più direzioni.
Mi spiego in maniera più schematica. La questione delle migrazioni è una questione epocale. Si manifesta in tutto il mondo, si manifesta dalle zone meno favorite, per usare un eufemismo, del pianeta verso le zone più favorite. Non è una novità nella storia. Sappiamo bene che questo è avvenuto anche in passato. Sono fenomeni di un'ampiezza tale che richiedono una gestione inevitabilmente multinazionale, e vediamo che stanno creando tensioni e frizioni anche in sistemi Paese – pensiamo agli Stati Uniti d'America – ben più coesi dell'Unione europea o di dimensioni ben diverse rispetto a singoli Paesi come il nostro.
Per cui, parlare di un approccio a più livelli significa iniziare a tenere conto dei Paesi da cui partono le persone migranti e tra l'altro non dimenticare che trattasi di persone. Sono persone che partono per lasciare – detto in maniera semplificata nello schema – Paesi dove ci sono guerre e conflitti, Paesi dove ci sono regimi di tipo dittatoriale e non democratico, liberticida, e Paesi toccati da gravi situazioni di emergenza economica o climatica per via del cambiamento climatico.
Il primo livello d'azione è verso questi Paesi. Dove c'è la guerra bisognerebbe avere Pag. 4un impegno della comunità internazionale, che in parte esiste, naturalmente, ma che può essere reso più intenso, per portare la pace. Dove non c'è democrazia bisogna fare lo stesso tipo di azione. Dove esistono dei problemi di carattere economico, economico-sociale e climatico si possono fare degli interventi che richiedono, ad esempio, ingenti finanziamenti.
Naturalmente la differenza che esiste a livello delle persone migranti tra coloro che lasciano i Paesi delle prime due categorie è che di solito vengono considerati rifugiati ai sensi delle convenzioni internazionali e quindi hanno diritto a chiedere, e in linea di principio a ottenere, asilo nei Paesi in cui arrivano.
Le persone, invece, che lasciano, per motivi di carattere economico, economico-sociale e climatico sono considerati i cosiddetti – definizione un po’ generica – «migranti economici».
Queste persone non hanno di per sé diritto d'asilo, però, come è accaduto tante volte anche nel passato dell'umanità, vanno a cercare un futuro migliore, per loro stessi e per i propri figli.
Rispetto a quest'ultimo gruppo di persone, quanto più si riescono a fare degli investimenti nei Paesi di origine, a migliorare le condizioni socioeconomiche dei Paesi di origine, ad agire eventualmente per contrastare il cambiamento climatico, quanto meno queste persone tenderanno a lasciare il proprio Paese. Chiunque lo sa, si cerca di rimanere nei Paesi di origine. Questo è il primo livello di azione.
Il secondo livello di azione riguarda il tragitto che compiono queste persone che presenta anche qui due profili per la nostra azione. Uno è il contrasto alle reti di trafficanti di esseri umani, perché queste persone lasciano questi Paesi – anche i rifugiati lasciano i Paesi dove c'è guerra, dove ci sono dittature – non viaggiando come comunemente e teoricamente si può viaggiare, ma finendo il più sovente nelle mani di organizzazioni vere e proprie, organizzazioni criminali, che fanno vivere loro delle odissee nel senso deteriore del termine; tragitti tragici, tragitti drammatici, tragitti durante i quali spesso ci sono atti di violenza che possono anche finire drammaticamente con la morte di molte persone.
Primo punto: contrasto, lotta ai trafficanti di esseri umani, lotta a queste organizzazioni criminali e soprattutto, parallelamente, migliore informazione, perché all'origine, da quanto ci risulta, ci sono veri e propri imbonitori che girano molti villaggi, molte zone periferiche spiegando che si può trovare una situazione migliore, che si può trovare un futuro diverso senza spiegare cosa si passa durante questi viaggi terribili.
Il secondo profilo assomiglia un po’ al primo che abbiamo toccato per i Paesi di origine, vale a dire che anche nei Paesi di transito bisogna fare un'azione molto attenta di assistenza, di intervento: di intervento di carattere umanitario, di intervento di carattere socioeconomico, di investimento per cercare anche lì di migliorare la situazione. Qui è molto importante l'azione che viene svolta dalle organizzazioni specializzate delle Nazioni Unite.
C'è poi il terzo segmento dell'azione che riguarda quell'ultima parte del tragitto – stiamo vedendo la questione nella nostra prospettiva, come Italia, ma mutatis mutandis la situazione è analoga come Europa, quell'ultima parte del tragitto, spesso caratterizzato per l'attraversamento del Mediterraneo su barche di fortuna su barche tutt'altro che stabili e confortevoli, il salvataggio in mare e il successivo trattamento delle persone salvate.
In questo caso è ovvio ed è naturale che, se ci sono situazioni di pericolo, vadano salvate le persone, secondo tutte le convenzioni anche più antiche da secoli, forse da millenni vigenti nei contesti economici e sociali anche di tanti secoli fa.
La questione che si pone per lo sbarco e per la successiva accoglienza diventa a questo punto questione europea che incomincia a impattare direttamente sulle questioni Schengen che riguardano la competenza di questo Comitato.
Diventa una questione europea perché, naturalmente, nella maggior parte dei casi, e questo risulta anche dalle testimonianze proprio delle persone, le persone migranti Pag. 5non stanno cercando l'isola greca, l'isola italiana, l'Italia, la Spagna, la Grecia che sono i Paesi rivieraschi del Mediterraneo, stanno cercando una vita diversa, un rifugio o quel che sia, in Europa.
La questione, secondo noi, è profondamente europea. Questo «secondo noi», a leggere quanto è scritto nelle conclusioni del Consiglio europeo, quindi del vertice dei Capi di Stato e di Governo del mese di giugno del 2018 è un «secondo noi» condiviso dai ventotto Stati membri dell'Unione europea.
Si parla molto di sforzi condivisi, si parla di approccio comune, si parla di solidarietà. Tuttavia, per essere molto rapidi e molto diretti, questo è rimasto prevalentemente sulla carta. È rimasto prevalentemente sulla carta perché, nonostante il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea preveda basi giuridiche e quindi preveda norme in base alle quali possono essere adottate altre normative che riguardano il tema di cui stiamo parlando, la normativa principale che è stata adottata riguarda unicamente le norme comuni per la concessione del diritto d'asilo, il cosiddetto «Regolamento di Dublino», perché ha origine da una convenzione fra Stati firmata a Dublino, ma che oramai è diventata una norma dell'Unione europea.
Il Regolamento di Dublino ha un effetto specifico, oltre ad essere l'unica norma. Non sono state adottate a livello di Unione europea altre norme che riguardano più specificamente il cosa fare a fronte di flussi migratori così massicci.
Il Regolamento di Dublino adottato, peraltro, in un'epoca in cui i flussi migratori erano diversi, successivamente emendato, ma sempre in un'ottica non da flussi così importanti come ci sono stati soprattutto negli anni scorsi, prevede al punto principale che il Paese di primo arrivo debba svolgere le pratiche riguardanti la persona che arriva. Quindi, se ha documenti, controllare i documenti, comprendere se ha o non ha diritto d'asilo. Se ha diritto d'asilo, procedere alla concessione; se non ce l'ha, non concederlo e procedere se del caso al rimpatrio. Se non ha i documenti, deve identificare, identificare l'origine, fornire dei documenti e procedere agli adempimenti ai quali ho accennato.
Questo funziona o può funzionare secondo anche una logica su piccoli numeri. Quando passiamo a numeri massicci come è accaduto durante i grandi flussi degli anni scorsi, il sistema del Regolamento di Dublino finisce con il porre a carico del Paese o dei Paesi di primo arrivo – addirittura dei luoghi di primo arrivo, pensiamo alla nostra isola di Lampedusa, pensiamo alle isole greche di Lesbo ed altre dove ci sono stati gli arrivi – degli oneri estremamente rilevanti, anche perché l'identificazione delle persone migranti, se non hanno documenti, è molto complessa. Quando hanno documenti, va verificata l'autenticità. Spesso sono persone, soprattutto i rifugiati, che hanno lasciato in condizioni clandestine i Paesi da cui fuggivano per via di guerre o di regimi liberticidi e, di conseguenza, già questo è molto complesso.
Ad esempio: se a una persona, dopo l'accertamento dell'identità, per un motivo o per un altro, non viene riconosciuto il diritto d'asilo, in tutti gli Stati europei che sono Stati di diritto, questa persona può presentare un ricorso. Esistono, quindi, delle procedure di ricorso rispetto alla non concessione del diritto d'asilo che possono comunque durare svariati mesi, il più delle volte durano circa un anno e mezzo o due anni.
Nel frattempo, secondo le norme di Dublino, il Paese di primo arrivo deve comunque occuparsi di queste persone.
Cosa vuol dire «occuparsi»? Vuol dire non solo alloggiarle e dar loro ovviamente cibo e quanto possa occorrere, ma significherebbe – uso il condizionale – anche controllarle. Queste sono persone libere, non possono essere imprigionate. Per cui, il sistema di controllo può presentare, inevitabilmente, delle falle. Le falle producono che molte di queste persone si allontanano dai luoghi in cui, in teoria, avrebbero dovuto restare, si spostano e il più delle volte da Paesi come l'Italia, come la Grecia e come la Spagna, cercano di raggiungere altri Paesi che sanno essere in Europa maggiormente in grado di offrire loro delle opportunità di lavoro o in cui sanno che si Pag. 6trovano comunità di connazionali più massicce.
Questo determina il punto d'incontro con il sistema Schengen, perché naturalmente il sistema Schengen prevede che non ci sia il controllo alle frontiere. Per cui, una persona si sposta e passa la frontiera senza essere controllato: non ha avuto i documenti perché non è entrato nel meccanismo del Regolamento di Dublino, ma si sposta egualmente, in modo sempre clandestino, finendo il più delle volte anche nelle mani, a sua volta, di organizzazioni più o meno criminali come quelle che avevano organizzato il viaggio iniziale, che lo inseriscono, come minimo, in un sistema di mercato nero del lavoro e quindi entriamo in una situazione di illegalità.
Le persone che si spostano negli altri Paesi non sarebbero dovute andare in altri Paesi a norma delle regole di Dublino, quindi una persona che arriva in Italia non potrebbe spostarsi in Austria e poi in Germania. Se lo fa, le regole prevedono che debba essere rinviato nel Paese di primo arrivo. Questi sono i cosiddetti «movimenti secondari», che quindi determinerebbero un flusso di ritorno.
Il risultato di maggior tensione di questa situazione è che naturalmente le regole di Schengen, come sapete, possono essere sospese in casi emergenziali, ed è accaduto durante i momenti di flusso più massiccio che Paesi confinanti con i Paesi d'arrivo sospendessero le regole di Schengen. Secondo noi, questo ultimo profilo è estremamente articolato e complesso, può mettere in crisi e ha messo in crisi il sistema di Schengen, crea delle situazioni di diffusa illegalità.
Abbiamo fatto dunque una proposta, che stiamo ancora portando avanti a livello europeo in una situazione talvolta di condivisione con gli altri Governi degli altri Paesi sotto il profilo dei princìpi, ma che poi, quando si va alla fase operativa, finisce (per dirla francamente in termini poveri) con il bloccarsi. La nostra idea è che le persone che vengano salvate in mare debbano essere sbarcate anche per motivi di ragione umanitaria nell'accoglienza, ma dovrebbero essere sbarcate in zone franche (usiamo questo termine forse più familiare di altri) rispetto all'applicazione delle regole di Dublino, cioè nel porto italiano, greco o spagnolo in cui arrivano, però in aree che non fanno scattare immediatamente tutti gli obblighi di Dublino.
Noi chiederemmo che a questo punto ci sia una sorta di pre-distribuzione di queste persone fra gli Stati, in maniera che più Stati europei possano condividere l'onere di fare tutte le verifiche. Mi spiego in altri termini: in caso di flusso massiccio e di sbarchi supponiamo in Italia, ma può essere la stessa cosa in Grecia o in Spagna, perché abbiamo visto che i flussi si muovono molto rapidamente, le persone che sbarcano non vengano considerate sbarcate in quel dato Paese, vengano immediatamente distribuite fra più Paesi e ciascuno su numeri a quel punto più piccoli, quindi più semplici da controllare, da verificare, da gestire rispetto ai vari oneri di cui dicevo prima, possa effettuare le verifiche.
Su questo aspetto però non c'è consenso, ne abbiamo parlato in varie occasioni a vari tavoli dei Ministri degli esteri anche in ambito di altri Consigli dell'Unione europea, ma non c'è consenso e di conseguenza il meccanismo rimane quello che conosciamo: l'arrivo delle persone, le difficoltà allo sbarco, il rischio di assunzione di questi oneri massicci e quindi di reattività e di conseguenza una situazione oggettivamente non europea come dovrebbe esserlo. Questo – è obiettivamente triste ammetterlo – soprattutto perché è uno degli elementi su cui l'opinione pubblica in tutti i Paesi dell'Unione europea è estremamente sensibile, per cui sarebbe veramente uno dei grandi snodi in cui mostrare l'esistenza di un'Europa efficiente.
C'è da dire che l'emergenza che si era manifestata fino a un paio di anni fa, forse soprattutto fino a un anno fa, ha avuto una notevole riduzione, per cui i flussi migratori sono oggettivamente diminuiti. I dati del 2018 mostrano una riduzione dell'80 per cento degli arrivi sulle coste italiane e più in generale in Europa.
I flussi si sono spostati anche verso la Spagna, naturalmente per l'Italia il fatto di avere sull'altra riva del Mediterraneo uno Pag. 7Stato in grande difficoltà come la Libia ha determinato una maggiore possibilità di partenze, però negli ultimi mesi, anche con l'assistenza delle varie missioni europee (penso alla missione Sophia in particolare e alle missioni Frontex di addestramento per le Guardie costiere), c'è stato un miglioramento dei controlli sulle coste più vicine all'Italia (Tunisia, Libia e, in una certa qual misura, Algeria), però il problema generale esiste.
Ultima osservazione. Ho detto nella parte iniziale che occorre fare anzitutto (questo primo elemento è molto importante) degli investimenti significativi nei Paesi da cui originano sia i rifugiati a causa di guerre o di regimi liberticidi, sia i migranti economici. Naturalmente occorrono risorse ingenti, queste risorse superano la capacità di investimento di singoli Paesi (pensiamo anche alla nostra Italia) dovrebbero essere affrontati su scala molto più ampia, in particolare ovviamente su scala europea.
Questo è il motivo per cui noi abbiamo chiesto e qui ottenuto un potenziamento del cosiddetto Fondo fiduciario d'emergenza UE de La Valletta per l'Africa, che è nutrito in parte dal bilancio dell'Unione, in parte da contributi diretti dei vari Stati membri. Abbiamo posto, come un punto estremamente importante per il nostro consenso al nuovo quadro finanziario di bilancio dell'Unione europea per il periodo 2021-2027, l'aumento delle risorse dedicate alla cooperazione e allo sviluppo in particolare con i Paesi dell'Africa, in particolare quelli dai quali parte la maggior parte dei migranti verso l'Europa, che sono i Paesi subsahariani dell'Africa occidentale e i Paesi del Corno d'Africa.
Questo elemento risorse è un altro dei punti che noi abbiamo messo sul tavolo dell'Unione europea. Questo come quadro iniziale spero abbastanza esaustivo, ma naturalmente sono a disposizione per le domande.
PRESIDENTE. Grazie di cuore, Ministro. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
LAURA RAVETTO. Grazie, presidente. Grazie, Ministro, della sua relazione, quattro domande anche se brevi.
Operazione Sophia. Lei giustamente ci ha detto che avremmo la volontà di ottenere degli sbarchi anche su altri porti di altri Paesi europei, ma questa cosa non è possibile, siamo fermi di fatto a un anno e mezzo fa, perché questa era già la volontà discussa in questo stesso Comitato e proposta al precedente Governo, quindi che si fa, Ministro?
Il Ministro Salvini, in questa stessa sede, aveva detto esplicitamente che, se non si fosse ottenuta questa disponibilità dagli altri Paesi europei, la missione Sophia sarebbe stata interrotta. Sull'altro fronte, la Ministra Trenta invece aveva detto che questa è un'operazione prestigiosa, guidata dall'Italia. Lei oggi ci spiega che non si ottiene una disponibilità degli altri Stati europei, quindi Sophia continua o non continua? Questa è la prima domanda.
La seconda domanda è relativa ai rimpatri. Giustamente lei ha detto che sono diminuiti i flussi, noi di Forza Italia lo riconosciamo (non sto parlando a nome del Gruppo, però penso che tutti i colleghi di Forza Italia lo riconoscano come un gol raggiunto da questo Governo), tuttavia (dati Viminale sui rimpatri) da giugno a dicembre 2017, quindi Ministro Minniti, 3.968 rimpatri, da giugno a dicembre 2018, Salvini, 3.851 rimpatri, quindi siamo sui livelli precedenti, anzi inferiori.
La domanda è: abbiamo nuovi accordi di rimpatrio, ministro? Perché è chiaro che il tema è tutto lì, non è solo la creazione del centro, ci sono nuovi accordi allo stato o nel futuro?
Terza domanda. Lei ha giustamente parlato della volontà, che noi condividiamo, di aumentare i fondi a livello europeo sulla cooperazione, questa non è una domanda polemica, ma veramente di informazione, perché le informazioni sono diverse. Quanto è stato stanziato nel bilancio italiano invece sul Fondo cooperazione? Può dirci l'entità esatta?
Ultima domanda, di politica generale, lei è il Ministro degli esteri, per noi è un'occasione averla qui, anzi complimenti Pag. 8al presidente che l'ha invitata e a lei della disponibilità. Oggi leggiamo che Weber avrebbe posto delle condizioni a Orbán per rimanere nel PPE, cinque condizioni, tra cui quella di evitare una campagna elettorale contro Juncker, contro l'Europa. Qual è la sua posizione su questo? Ritiene che Weber abbia fatto bene, che Orbán quindi stia sbagliando o che la sua permanenza nel PPE sia da preservare?
Grazie.
GREGORIO DE FALCO. Buongiorno, intanto mi scuso per il ritardo, ma ho comunque potuto ascoltare alcune parti molto interessanti, con le quali convengo, però vorrei alcuni chiarimenti e porre qualche elemento di riflessione.
Si accennava alla differenza tra coloro che sono salvati in mare e coloro che arrivano come migranti, io su questa differenza stresserei l'accento, perché cosa differente è l'ingresso dei migranti che pervengono direttamente dalla navigazione autonoma rispetto a coloro che invece sono salvati dal mare e vengono condotti in Italia, perché è vero che c'è una – secondo me apparente – antinomia tra Schengen e Dublino e comunque tra le varie convenzioni che regolano il soccorso marittimo e Dublino 3, perché il soccorso marittimo, come forse ormai è diventato noto, si conclude non con il salvataggio, ma con l'ultima fase del soccorso, cioè con lo sbarco.
Lo sbarco in realtà non è parte dell'immigrazione, ma è parte del soccorso. Ecco perché posso convenire con lei, signor Ministro, quando parla di una sorta di zona franca, perché non è ingresso nel territorio dello Stato, ma è fase finale, approdo.
Questa non è de iure condendo una norma da modificarsi, ma è da leggere in questo senso. Come si fa a leggere in questo senso? Secondo me, basta semplicemente comparare il diverso rilievo che hanno i beni tutelati, da una parte la vita, l'integrità fisica, dall'altra parte le regole interne di un'Unione che vorremmo fosse più umana.
Secondo punto, Sophia. La domanda in parte è stata già posta dalla collega, ma dal punto di vista operativo a me sembra, per quello che posso vedere dai vari strumenti che restituiscono una raffigurazione dello scenario operativo e dalle notizie che abbiamo, che in realtà Sophia si sia disgregata. Poiché vedo che alcune navi vanno verso la Grecia, altre navi vanno verso Gibilterra e al centro non rimane nessuno, mi chiedo perché in questo momento questa operazione, la prima operazione che mi risulti veramente internazionale, non venga soprattutto dall'Italia compulsata, perché non si tenta in tutti i modi di far sì che l'operazione continui con efficacia?
Ritengo sia molto importante come azione pilota, anche perché è vero che gli sbarchi diminuiscono, ma anche ieri sera sembra ci sia stato un naufragio, non c'era nessuno, a quanto pare. Ho visto la raffigurazione del volo dell'elicottero della Guardia Costiera da Catania, dell'elicottero maltese che giravano su un punto molto ben definito, quindi vuol dire che lì c'era un target, un obiettivo, quindi non è che non partono più, non arrivano più, e questo è molto importante da tenere a mente.
Limito a queste le mie osservazioni, so che alcuni colleghi parleranno del Global Compact, ma l'importante secondo me è distinguere e far distinguere nelle sedi opportune l'immigrazione dal soccorso marittimo, entrambi sono oggetto di convenzioni internazionali, ma il soccorso tutela la vita e l'integrità fisica.
IVAN SCALFAROTTO. Grazie, signor Ministro. Intervengo soltanto per porle tre questioni, che si pongono brevemente perché possono essere riassunte in una questione soltanto, cioè che il Governo dichiara alcune cose, si prefigge degli obiettivi, dà messaggi all'opinione pubblica in una direzione, ma poi concretamente, fattualmente esegue esattamente il contrario o comunque pone in essere delle azioni che per definizione tendono a negare o a rendere impossibile ciò che il Governo promette.
Le faccio tre esempi. Noi sappiamo benissimo (ce lo ha detto anche lei stamattina) che il Regolamento di Dublino è modificabile soltanto se c'è un accordo tra i Paesi dell'Unione e questo accordo non c'è. Ci si aspetterebbe a questo punto che l'Italia svolgesse un lavoro prezioso e paziente di cucitura con quei partner europei Pag. 9più influenti per ragioni storiche, economiche e politiche, in modo tale da avere alleati intorno al tavolo del Consiglio, affinché si possa cominciare a costruire un consenso, che possa giungere poi alla fine alla riforma del Regolamento di Dublino.
Le chiedo allora anche come responsabile degli affari esteri in generale che senso abbia una politica di attacco politico pesantissimo all'alleato francese e invece fare il filo ai Paesi di Visegrád, cioè che criterio ha una politica estera che attacca gli alleati e blandisce gli avversari? Noi sappiamo benissimo che i Paesi di Visegrád, pur non avendo una particolare pressione migratoria, si guardano benissimo dall'aiutarci e sono stati sempre tra i più rigorosi nell'escludere ogni riforma non solo del Regolamento di Dublino, ma ogni partecipazione, ogni solidarietà europea.
Abbiamo un importante esponente del Governo, il vicepresidente del Consiglio, che va in Francia a incontrare persone che fanno blocchi stradali, che incendiano le macchine (ci sono stati undici morti durante le settimane dei gilet gialli), va in casa senza avvisare neanche il Governo francese, storico amico e alleato, abbiamo addirittura il ritiro dell'ambasciatore francese da Roma, e questo in che posizione mette lei, signor Ministro, quando si va a sedere al Consiglio e deve fare questa operazione di cucitura? Chi la aiuta, se i nostri possibili alleati vengono malmenati dal Governo e i nostri avversari vengono invece blanditi?
Secondo esempio. Lei ci ha detto giustamente che, quando le migrazioni diventano un fenomeno epocale, l'unica chance è che questa questione venga elevata a questione internazionale, cioè nessun Paese da solo può far fronte ad una situazione di questo genere. Allora le chiedo: nel momento in cui le Nazioni Unite si fanno promotrici del Global Migration Compact, che alcune anime del Governo e della maggioranza hanno anche sostenuto, come è possibile che l'Italia non prenda una decisione, che poi è la decisione di non aderire fondamentalmente, si vada in Aula e la sua maggioranza, signor Ministro, si astenga (Lega e Movimento 5 Stelle in Aula) sul Global Migration Compact, su un punto di una risoluzione presentata da Fratelli d'Italia?
Non si è mai visto che una maggioranza si astenga compatta su un tema di politica estera, non si esprima e lasci la politica estera alle opposizioni, quindi ci siamo scontrati PD e Leu da un lato, Forza Italia e Fratelli d'Italia dall'altro, e alla fine ha prevalso la linea di Forza Italia e Fratelli d'Italia per dieci voti, ma il suo Governo, signor Ministro, era assente, cioè ha deciso di non decidere. Come si fa rispetto al Global Migration Compact, che per la prima volta eleva il tema a tema internazionale plurilaterale, a non dire niente?
Infine, nel momento in cui, come ci ha spiegato giustamente lei, l'unica, effettiva mossa strategica è quella di essere vicini all'Africa e ai Paesi che stanno crescendo economicamente, per offrire occasioni di vita e di lavoro nei Paesi in cui queste persone nascono e crescono piuttosto che partire, come si spiega il fatto che abbiate tagliato i fondi alla cooperazione?
In discussione di legge di bilancio, per quel poco di discussione che siamo riusciti a fare perché la legge di bilancio il Parlamento quest'anno l'ha vista poco, anzi per niente, come ha detto anche la Corte costituzionale, alla fine abbiamo proposto degli emendamenti per aumentare i fondi alla cooperazione, ma sono stati bocciati dalla sua maggioranza. Non è anche questa una contraddizione?
FLAVIO DI MURO. Parto dalle ultime considerazioni dell'onorevole Scalfarotto, Ministro. Grazie della sua presenza. È brutto dividere tra amici e nemici, tra avversari simpatici e antipatici, la Francia da una parte e il blocco di Visegrád dall'altra.
Riporto le parole che in questa sede il vicepremier Matteo Salvini disse in occasione di un dibattito di questo tipo: sui ricollocamenti, tema che non abbiamo trattato all'inizio, la Francia è in arretrato di 9 mila migranti, il Paese di Orbán di 800, quindi tracciamo le conclusioni su chi è amico e nemico, se vogliamo usare queste terminologie, dai numeri, dai dati e da quanto è stato detto. Pag. 10
In merito a termini come «malmenati» e «blanditi», l'unica occasione in cui ho visto nella realtà queste fattispecie è stato dieci giorni fa, quanto la Gendarmeria francese, quindi non la polizia ungherese o i Carabinieri italiani, ha lanciato dei lacrimogeni su un treno proveniente da Ventimiglia per stanare dei migranti che si nascondevano in un bagno, tra l'altro con evidenti problemi anche per gli italiani frontalieri che stavano andando a lavorare. Userei quindi queste terminologie per chi fa queste azioni e non per altri.
Ho apprezzato molto il suo intervento, Ministro, devo dire a nome mio, ma penso anche a nome della Lega che, da quando il Decreto sicurezza e immigrazione è diventato legge, il terzo livello di azione, come l'ha definito, è molto migliorato, quindi la gestione interna dei collocamenti, dell'ordine pubblico e della sicurezza è migliorata tantissimo. Resta aperta tutta la partita europea, e in un Comitato come questo, che come priorità di azione ha l'attuazione o la mancata attuazione dell'accordo di Schengen, il problema si pone, perché abbiamo visto che c'è una proposta del Governo. Mi fa molto piacere questa azione forte del Governo sul piano europeo, ma è chiaro che non c'è consenso o quanto meno nei prossimi mesi non è previsto consenso per rivedere le carenze di questo accordo.
Un suggerimento che faccio anche in qualità di domanda è che potremmo iniziare a vedere nel frattempo l'accordo di Chambéry, che magari è più limitativo e non così tanto impattante, è un patto bilaterale tra Italia e Francia, ma riguarda quello che nei movimenti secondari resta tuttora il confine più caldo tra l'Italia e la Francia, in modo tale che alcuni flussi secondari sui confini tra Italia e Francia siano gestiti non interamente a carico.
Su questo, visto che è notizia di ieri la lettera del Presidente Macron su una sorta di Rinascimento europeo, dichiarazione di intenti magari in vista delle elezioni europee (mi lascerete questa considerazione), vorrei capire nello specifico la posizione che ha avuto la Francia rispetto alla chiusura della sua frontiera e rispetto alla revisione dei trattati internazionali, che ovviamente, come è stato ricordato, penalizzano il nostro Paese. Grazie.
GIORGIO SILLI. Sarò molto veloce, perché chi mi ha preceduto ha fornito spunti di riflessione importantissimi, al di là del posizionamento politico.
Quando si parla di immigrazione, sappiamo tutti perfettamente che gli attori in causa che si muovono sulla scacchiera politica sono diversi. Si parla di politiche sociali, si parla di affari interni, ma si parla e si dovrebbe parlare soprattutto di affari esteri, tutto ciò che sono accordi internazionali, trattati internazionali, diplomazia con la «d» maiuscola giocano e dovrebbero giocare un ruolo assolutamente fondamentale.
Mi riallaccio quindi ad alcuni interventi di chi mi ha preceduto per chiedere in maniera esplicita, signor Ministro, se vi siano in questo momento alcuni iter già innescati e a buon punto per aumentare gli accordi bilaterali in materia di immigrazione e non solo su alcuni Paesi nello specifico dell'Africa subsahariana, con i quali ancora la Repubblica italiana non ha questi accordi, e se (ammesso che lo possa dire) ci siano delle interferenze esterne da parte di altri Stati europei, che magari giocano una partita non pulitissima.
Chiunque abbia studiato relazioni internazionali o tutto ciò che fa riferimento alla storia del XX secolo inerente alle colonie sa perfettamente che oggi molti Stati europei con un grande passato coloniale (non mi riferisco solo alla Francia, altrimenti rischiamo di «francesizzare» troppo questo Comitato e non è il caso) giocano ancora delle partite pro domo sua nelle loro ex colonie. Vorrei capire se remiamo tutti dalla stessa parte o se, anche negli accordi bilaterali sulle immigrazioni, qualcuno remi dietro le quinte dalla parte opposta.
Grazie.
MARINELLA PACIFICO. Benvenuto, Ministro. Lei è sempre disponibile e la ringrazio per questo.
Vorrei ritornare agli accordi bilaterali con i Paesi di provenienza dei migranti e ai dati che ci ha lasciato il Ministro dell'interno Pag. 11 Salvini per quanto riguarda le dichiarazioni che i migranti stessi fanno al momento dello sbarco, in fase di identificazione. Questi dati ci dicono che il 40 per cento dei migranti proviene da Tunisia, Eritrea, Nigeria, Costa d'Avorio, Sudan, Guinea, Pakistan, Mali e Algeria.
Vorrei sapere se il suo Ministero, la Farnesina, abbia attivato degli accordi bilaterali con questi Paesi per capire se sia possibile un processo di rimpatrio per chi non ha la possibilità di ricevere asilo e quindi di permanere nei Paesi in cui fa richiesta. Se questi accordi sono stati attivati, vorrei sapere eventualmente con quali Paesi.
Grazie.
PIERO DE LUCA. Ringrazio anch'io il Ministro per la disponibilità e la presenza.
Vorrei tornare ad italianizzare il dibattito, perché si è fatta un po’ di confusione per non porre con attenzione l'accento sul compito di questo Comitato, cioè capire quali azioni il Governo stia mettendo in campo per aiutare e sostenere il nostro Paese nella gestione del fenomeno migratorio. Credo sia questo l'obiettivo al quale dobbiamo ricondurre la discussione.
Ho apprezzato (in questi mesi abbiamo già avuto modo di confrontarci a più riprese con il Ministro Moavero Milanesi) la particolare dote diplomatica, la particolare capacità che ha avuto sugli scenari internazionali, però non posso non continuare a rilevare che l'azione del Governo è a nostro modo di vedere completamente fallimentare in tale settore, per alcune ragioni specifiche, non per ragioni ideologiche o astratte.
Al di là degli slogan che sono stati e continuano ad essere dati in pasto all'opinione pubblica, i risultati concreti che vediamo dai dati, dalle carte, dalle risoluzioni adottate nei Consigli europei, sono risultati che vanno nella direzione opposta agli slogan enunciati e nella direzione opposta – mi permetta di dire – agli interessi del nostro Paese.
Lei con grande onestà ha detto che dal vertice del 28 e 29 giugno il Consiglio europeo è rimasto sulla carta alle dichiarazioni di principio che erano contenute in quel documento finale. Ne abbiamo già parlato in altre occasioni e continuo a dire che il Governo italiano, a maggior ragione se si definisce sovranista come si definisce, più a parole che nei fatti, dovrebbe lavorare per non accettare il principio della modifica all'unanimità del Regolamento di Dublino, che è stato inserito in quel Consiglio europeo e che non era previsto prima. Se vogliamo modificare il Regolamento di Dublino, il Governo italiano deve ritornare a far accettare il principio della modifica a maggioranza qualificata, così come i trattati prevedono, perché se si deve modificare l'unanimità oggi e c'è, come lei dice, la necessità di condivisione di tutti i partner, è perché il Governo italiano ha accettato questa condizione che non era prevista.
Se i ricollocamenti di cui parlavano anche i nostri colleghi (vanno visti non in termini assoluti, ma in termini percentuali, perché l'Ungheria e i Paesi di Visegrád non ne hanno ricollocato nemmeno uno in termini assoluti) non vanno avanti è perché abbiamo accettato in quel Consiglio europeo il principio della relocation su base volontaria, quando invece quella relocation era obbligatoria ai sensi delle decisioni del 2015, adottate grazie allo sviluppo e all’input del Governo di centrosinistra. Perché continuiamo ad accettare il principio della redistribuzione volontaria?
Sugli accordi di rimpatrio questo Governo (eventualmente mi corregga, è un'informazione che le chiedo) credo non ne abbia stipulato neppure uno in più rispetto a quelli che l'Italia aveva già precedentemente stipulato.
Gli arrivi sono sicuramente ridotti, lo condividiamo tutti, ma, come lo stesso Ministro Salvini ha avuto l'onestà intellettuale di riconoscere appena insediatosi al Viminale, è merito anche e soprattutto delle politiche messe in campo nell'ultimo anno dal Governo Gentiloni e dal Ministro dell'interno Minniti se gli sbarchi per un'azione collettiva si stanno riducendo.
Entriamo però nel dettaglio, noi abbiamo delle proposte che sono sul tavolo dei partner europei, 10 mila nuovi agenti della Guardia costiera europea, 10 mila nuovi agenti europei. Perché il Governo Pag. 12non ha condiviso questo progetto? Perché il Governo non condivide l'idea di rafforzare le missioni Sophia o EunavforMed, che sono le uniche (oltretutto a guida italiana) che stanno producendo risultati concreti? Perché stiamo arrivando a portare alcuni partner europei a dire che sono disposti ad uscire fuori da queste missioni, che sono volte non solo a lottare contro le reti di trafficanti di uomini, ma anche ad effettuare, come detto dai colleghi, il soccorso in mare?
Due ultime questioni. Abbiamo dei dati che vale la pena diffondere nell'opinione pubblica perché fanno chiarezza su alcune azioni. I migranti che sono stati fatti sbarcare e accolti dalla Diciotti e dalla Sea Watch dove sono ora, sono tutti ancora nel nostro Paese oppure no? Ci sono Stati che li hanno ripresi (credo solo l'Irlanda)? Può confermarmi nel caso questi?
Questo è utile, perché ci consente di chiarire che, al di là della propaganda e delle dichiarazioni di principio, in realtà la gestione del fenomeno richiede scelte più complesse e delicate, che vanno affrontate con i partner europei senza propaganda, senza alzare la voce, ma con un lavoro concreto sui tavoli internazionali e sui tavoli dei nostri partner comunitari.
Ultimo aspetto. Ho presentato come primo firmatario una proposta di legge di modifica al Decreto sicurezza. Lei sa che nel decreto-legge sicurezza è stata cancellata la norma che consente l'iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, noi riteniamo che questo sia un errore grave, che sta provocando delle difficoltà oggettive enormi, che i sindaci di alcune grandi città del nostro Paese stanno riscontrando.
Questo infatti rallenterà le procedure di definizione delle richieste di asilo dinanzi alle Commissioni territoriali competenti, perché non avere un luogo fisico pubblico nel quale poter individuare la residenza o il domicilio dei richiedenti asilo creerà soltanto maggiori ostacoli e rallentamenti alle procedure di definizione delle domande di richiesta di asilo, inoltre non consentirà alle persone che sono in questo status temporaneo di beneficiare dei diritti assistenziali minimi che la nostra Costituzione e le norme europee garantiscono, infine non consentirà neppure di raggiungere gli obiettivi che il Decreto sicurezza sembrava voler raggiungere, cioè quelli di dare maggiore sicurezza e tutela al nostro Paese, perché se una di queste persone commette un reato o deve essere espulsa perché non ha diritto alla protezione internazionale, sussidiaria o umanitaria per come è stata ridefinita, avremo difficoltà anche a procedere all'espulsione di questa persona se non abbiamo un luogo fisico di residenza o di domicilio identificato pubblicamente.
Noi avevamo proposto come soluzione temporanea, per rimediare al vulnus normativo che attualmente esiste nel nostro ordinamento, di istituire un Registro anagrafico presso l'Ufficio territoriale del prefetto competente, è una proposta che abbiamo sottoposto al Governo, ma non abbiamo avuto nessun riscontro, la sottopongo nuovamente a lei, perché credo che anche questo possa dare una mano a gestire in modo più efficace, più ordinato e più equo il fenomeno migratorio nel nostro Paese. Grazie.
FRANCESCA GALIZIA. Grazie, signor Ministro. Nel suo intervento preziosissimo lei ha sollevato due questioni molto importanti: la questione che l'Italia non è il reale Paese di destinazione degli immigrati e, secondo, quella legata alla tratta degli esseri umani; due problemi che ovviamente l'Italia non può fronteggiare da sola e sui quali deve necessariamente dialogare con i partner a livello europeo.
Le chiedo di spiegarci quale sia l'attuale stato dell'arte sulla questione dei corridoi umanitari, perché lavorare sui corridoi umanitari sarebbe una soluzione che potrebbe ridurre il traffico di esseri umani e allo stesso tempo realizzare il reale progetto migratorio di chi abbandona il proprio Paese, in modo tale da poter sopperire all'onere dell'Italia nel farsi carico di tutti questi migranti rispettando l'immigrato stesso.
Grazie.
ELENA TESTOR. Grazie, Ministro, farò della sintesi anche perché noi dovremmo Pag. 13andare in Aula adesso. Volevo fare una semplice domanda sulle affermazioni rilasciate dal Presidente Macron e conoscere la sua opinione, visto che ha affermato che ci vuole una profonda revisione del patto di Schengen, cui potranno aderire solo i Paesi che rispettano i programmi di ricollocamento. Grazie.
CRISTIANO ZULIANI. Buongiorno, Ministro, sarò molto sintetico anch'io per i lavori in corso in Aula al Senato. Per quanto riguarda quanto ho sentito dai colleghi, per gli accordi bilaterali auspico, analogamente ad altri Paesi europei, di normare e creare una lista di Paesi terzi sicuri. L'Italia al momento non possiede questa lista, ma con questi accordi bilaterali potremmo agevolare eventuali rimpatri in Paesi esteri, in particolare del continente africano.
Per quanto riguarda invece a livello mediatico la comunicazione verso questi Paesi stranieri, come lei ha accennato, da sindaco del comune che amministro ho sollevato un caso di schiavitù. In un Paese progredito come l'India alcune persone, come attestato anche dalle forze di polizia, hanno pagato 20 mila euro per arrivare nel nostro Paese. Una persona con cui ho dialogato, con un interprete in lingua inglese, ha affermato che, pur essendo in condizioni economiche non disastrose nel suo Paese, si era vista dipingere l'Italia come l'Eldorado da alcune persone, per cui figuriamoci in altri Stati, ad esempio dell'Africa, cosa possano pensare del nostro Paese, pur non avendo una prospettiva, non avendo futuro. Per cui concordo sulla trattativa a livello europeo per comunicare a livello mediatico a quei Paesi che qui non tutti i loro problemi possono essere risolti.
TONY CHIKE IWOBI. Grazie, Ministro. Parto sempre dal presupposto che l'immigrazione è un tema fondamentale per l'umanità, e di questo siamo consapevoli, di conseguenza è impossibile sintetizzare l'argomento anche se cercherò di riassumere al massimo il mio pensiero.
Credo che vada regolamentata e che sia compito della politica regolamentarla, cosa che l'attuale Governo sta facendo, dobbiamo prenderne atto, è impossibile non riscontrare l'operato dell'attuale Governo sull'immigrazione.
Ho preso la parola per ribadire quello che il collega ha evidenziato, gli sbarchi sono stati fermati, ed è importante fermare gli sbarchi per potersi concentrare sul male già creatosi negli anni precedenti ad opera dei Governi precedenti. Per farlo abbiamo bisogno urgentemente della lista di Paesi terzi sicuri, senza la quale non possiamo capire quali dei Paesi da cui arrivano queste persone siano Paesi sicuri o in conflitto. Abbiamo bisogno di questa lista anche per accelerare i tempi di concessione dei permessi di asilo e per agevolare i rimpatri nei Paesi terzi sicuri, altrimenti non possiamo andare verso gli accordi bilaterali con questi Paesi. Abbiamo bisogno urgentemente di questo, perché è contemplato anche nel Decreto sicurezza.
Abbiamo evidenziato che dodici Paesi della Comunità europea hanno già questa lista, manca l'Italia e ne abbiamo bisogno per completare l'opera del Governo.
PRESIDENTE. Volevo ringraziarvi perché è stato un giro di interventi assolutamente partecipato e ringrazio anche il Ministro. Mi permetto di dire che il Ministro Moavero ha una grande dote di ascolto e adesso risponderà ad ognuno di voi perché ho notato (faccio parte anche della Commissione esteri, Ministro) che ad ogni vostro intervento ha preso puntualmente appunti di quanto avete espresso. Sono sicuro che ad ognuno di voi darà delle risposte chiare e sintetiche rispetto a quanto avete chiesto o esposto in Comitato.
Do la parola al Ministro Moavero Milanesi per la replica.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, presidente. Grazie a tutti voi per le domande.
Cerco di fare quello che il presidente ha appena detto, sperando di lasciarvi soddisfatti, naturalmente per sinteticità raggruppo alcuni temi e magari poi su qualcuno molto specifico troviamo anche altre occasioni per ritornarci. Pag. 14
Inizierei da Sophia, che è stato il primo punto sollevato ed è ritornato in varie domande. La missione Sophia (bisogna essere molto chiari su un punto base) non ha come vocazione né il controllo, né il salvataggio, né in qualche modo di interfacciarsi con la questione immigrazione, la missione Sophia nasce per il controllo delle rotte del Mediterraneo centrale con numerosi compiti, fra i quali ad esempio quello di addestrare Guardie costiere di Paesi che necessitino di opportuno addestramento e assistenza. Controllare le rotte significa naturalmente essere in mare e, come chi in questa sala è più esperto di me sa, per convenzioni plurisecolari, che se si incontrano persone in difficoltà, si salvano, non c'è ombra di dubbio. Quello è un obbligo che, prima ancora che umanitario, fa proprio parte dell'evoluzione della società civile nel mondo intero.
Le navi della missione Sophia sono quindi dispiegate con i compiti loro assegnati di controllo delle rotte e, se incrociano battelli in difficoltà o vengono chiamate in soccorso di qualcuno, intervengono e salvano.
Qual è il punto per cui la missione Sophia si interfaccia con la questione migrazione? Perché nelle regole d'ingaggio delle navi che partecipano alla missione Sophia è prevista l'applicazione delle regole di quella che è stata (nel frattempo si è conclusa ed è stata poi rinnovata con diversa denominazione) l'operazione Triton. L'operazione Triton sostituiva come missione europea l'iniziativa Mare Nostrum, che era stata presa nel 2013 dall'allora Governo italiano.
La missione Triton prevedeva che persone salvate in mare nel quadro di questa missione fossero sbarcate nei porti italiani. La missione Sophia, applicando queste regole d'ingaggio su cui c'è un rinvio specifico, effettua gli sbarchi delle persone salvate nei porti italiani, però sarebbe approssimativo, oltre che inesatto, circoscrivere il compito della missione Sophia allo sbarco nei porti italiani delle persone che vengono salvate. Questo è un «di cui», come dicevamo il linguaggio corrente, di una serie di elementi che si ricollegano alla missione Sophia.
Quando parliamo della missione Sophia, parliamo di una missione tuttora attiva che ha un compito più vasto: addestramento di Guardie costiere, monitoraggio del mare, compiti importanti nel controllo di battelli normali, non in difficoltà, per individuare eventuali situazioni illecite di vario genere, che possono andare da persone che magari intendono tornare in Europa con intenzioni non buonissime come traffici di vario genere.
Perché la missione Sophia ad un certo punto è stata focalizzata dal Governo italiano come un punto su cui bisognava riflettere in relazione all'immigrazione? Perché avevamo pensato (siamo nel mese di luglio, poco dopo le conclusioni del Consiglio europeo di giugno 2018 che richiamavo) che questa missione inquadrata in una struttura militare potesse essere una punta di diamante dell'attuazione di quelle conclusioni del Consiglio europeo circa la condivisione degli sforzi al momento degli sbarchi, attuazione rispetto alla quale esisteva una difficoltà su un piano più generale. In altri termini, questa è una missione pubblica con compiti di un certo tipo, inquadrata in un meccanismo militare, proviamo a vedere se questi elementi di condivisione su cui si erano trovati d'accordo i capi di Stato e di Governo a giugno 2018 potessero essere immediatamente applicati.
In realtà, quello che si è verificato nel corso dei dibattiti è che intorno al tavolo, che è quello del Comitato politico e di sicurezza (COPS) a Bruxelles che discuteva della missione Sophia, si è detto che prima la questione va risolta su un piano generale. Gli elementi positivi collegati al mandato generale della missione Sophia sono presenti, alcuni elementi di frizione di cui abbiamo letto e sentito dire, per esempio la nave tedesca che poteva essere ritirata, non hanno nulla a che vedere con le questioni collegate ai migranti, la questione sollevata sulla nave tedesca, se l'ho compresa bene, era che la Germania obiettava che veniva dislocata in un quadrante in cui apparentemente c'era meno da fare, ma questi fanno parte di un altro tipo di discorso. Pag. 15
La questione che rimane per le persone salvate da navi che partecipano alla missione Sophia è quella dell'impegno assunto nel 2014 da Triton affinché lo sbarco fosse effettuato sempre nei porti italiani. Adesso stiamo discutendo della possibilità di mantenere un mandato della missione Sophia nell'ambito dell'attività più generale che fa, vedendo in che misura questa questione degli sbarchi possa essere risolta.
Teniamo anche conto che i salvataggi effettuati da navi della missione Sophia si sono ridotti in misura notevolissima, ma non perché non vengano più salvate le persone, ma perché si sono ridotte le situazioni in cui sono intervenute navi della missione Sophia, ma i salvataggi in mare vengono effettuati da tante altre navi, dalle navi delle ONG, come ben sappiamo perché lo abbiamo letto nelle cronache, da altre navi di passaggio. Noi stessi, se passassimo con una barca e ci trovassimo di fronte delle persone da salvare, saremmo tenuti, a norma delle ataviche regole del mare, a salvarle.
La missione Sophia non è direttamente collegata alla questione migrazioni, ma è indirettamente collegata alla questione migrazioni dall'applicazione delle regole di ingaggio di Triton, che prevedono gli sbarchi in Italia, e lo prevedono dal momento in cui Triton nacque, quindi, salvo sbagliarmi di data, dal 2014.
LAURA RAVETTO. Però, lei stesso dice che, se non ci sono le navi dell'operazione Sophia, arrivano le ONG, allora la mia domanda era se Sophia continua, se la volontà del Governo è compulsarla, come ha detto il collega tenente colonnello De Falco, o la chiudiamo, perché ci sono posizioni politiche diverse sulla finalità. Forza Italia ha una posizione su Sophia, il tenente colonnello ne avrà un'altra, il PD ne avrà un'altra, ma qual è l'intenzione del Governo? Le navi ormai sono pochissime, addirittura vengono dislocate (ce lo dice lei stesso) in un quadrante dove c'è poco da fare, quindi viene interrotta come ha detto Salvini se non si fanno dei passi avanti sugli sbarchi o continua? Qual è la sua idea del futuro di questa missione?
Triton non c'è più, quindi Sophia la sostituisce, ma che succede?
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Attenzione, Triton non c'è più, ma le regole d'ingaggio di Triton sono tuttora di applicazione, quindi dal punto di vista giuridico le regole d'ingaggio di Triton sono quelle che vengono applicate.
Seconda cosa: non è che la missione Sophia viene impiegata dove non c'è niente da fare, la missione Sophia viene impiegata laddove i suoi principali compiti di istituto hanno funzione di essere, le navi della missione Sophia, se incrociano delle persone bisognose di salvataggio, intervengono come hanno sempre fatto.
Sono diminuiti i transiti nel mare, ma, se posso permettermi, non è che dove non c'è Sophia ci sono le ONG, le due cose si possono tranquillamente sovrapporre come non sovrapporre, dipende da dove si trovano le navi, ma non è che le navi delle ONG non vanno dove c'è la nave di Sophia.
LAURA RAVETTO. Però vanno e li portano tutti in Italia, perché se non ci sono operazioni militari di redistribuzione europea, intervengono le ONG che ce le portano qui.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Mi scusi, non è così. Le navi di Sophia, essendo navi di una missione militare, rispondono a regole di ingaggio che regolano la missione stessa, che prevedono lo sbarco in Italia, andrebbero cambiate però rispondono a quelle regole. Le ONG rispondono alle generali convenzioni del mare, che prevedono (qui abbiamo esperti che potranno integrare o correggere) che le persone bisognose di aiuto vengano salvate e successivamente sbarcate in un porto sicuro, quindi sono due cose parzialmente diverse.
Se siamo nel Mediterraneo centrale, vicino alle coste italiane, verosimilmente il porto sicuro diventa quello italiano, però è diverso dal prevedere, nel quadro di una missione militare, che ovunque vengano Pag. 16trovate le persone da quella missione vengano portate in Italia.
La questione circa la missione Sophia è attualmente in discussione a livello di Governo, anche perché la missione Sophia ha avuto una proroga fino alla fine del mese di marzo, quindi entro la fine del mese di marzo il Governo preciserà la sua posizione, noi abbiamo esaminato anche di recente con il Ministro della difesa e il Ministro degli interni gli elementi che, a prescindere dalla questione immigrazione, sono importanti nel quadro della missione Sophia (ricordo l'addestramento delle Guardie costiere di Paesi rivieraschi della riva sud del Mediterraneo, oltre agli elementi di controllo).
Gli elementi che, invece, sono meno positivi per il nostro Paese, come l'impegno specifico a suo tempo preso con Triton, che trova applicazione in Sophia per esplicito rinvio normativo, di sbarcare tutte le persone in Italia.
Risposta finale su cosa si fa della missione Sophia. Fino a fine marzo la missione Sophia continua come è stata finora. Il problema è stato posto in sede europea per la questione unicamente dello sbarco dei migranti, questione della nave tedesca a suo tempo sollevata e risolta, perché la nave tedesca è regolarmente impiegata.
Secondo elemento che ritornava in numerose domande è la questione dei rimpatri (prendo prima gli elementi orizzontali che avete sollevato). La questione dei rimpatri, come dicevo prima, è una previsione del sistema di Dublino che, detta così, sembra il meccanismo che risolve tutto, perché chi non ha il diritto d'asilo o un'offerta di lavoro specifica in Europa deve essere rimpatriato, ma rimpatriare, come accennavo nell'introduzione, è un processo complesso. Detto per sommi capi (ma lo avete sostanzialmente individuato anche voi), richiede degli accordi di rimpatrio, ma soprattutto richiede l'identificazione delle persone, perché se una persona arriva da un Paese dell'Africa subsahariana, non è così evidente che si sia in grado di identificare con precisione il Paese di provenienza, di conseguenza quella accettazione al rimpatrio da parte dello Stato di provenienza può non venire.
Attualmente abbiamo una serie di accordi di riammissione, di cui poi faremo avere una lista, comunque riguardano Tunisia, Egitto, Marocco, Nigeria, Filippine, Algeria e Kosovo (facciamo avere comunque una lista precisa, così non vi sto a leggere elenchi che mi sono stati appena forniti dai miei collaboratori).
Il punto chiave per noi però è un altro, anche se direttamente collegato: gli accordi di rimpatrio devono essere fatti a livello di Unione europea. Se vogliamo una reale applicazione di questi meccanismi, l'accordo di rimpatrio deve essere fatto a livello di Unione europea, anche perché se l'Unione europea, come già avviene ma noi chiediamo che sia aumentato, prevede dei fondi di intervento a sostegno degli investimenti nei Paesi da cui provengono e attraverso i quali transitano le persone migranti, questi fondi potrebbero essere condizionati al funzionamento del sistema dei rimpatri e quindi diventerebbero una leva, che poi rende effettivamente applicabile in maniera più efficace e più spedita il meccanismo dei rimpatri.
Si tratta di un meccanismo importante, perché il rimpatrio è uno degli elementi chiave previsti dal sistema di Dublino per il rientro delle persone alle quali non sia stato dato il diritto d'asilo o offerto un lavoro nell'ambito dell'Unione. Il meccanismo dei rimpatri può funzionare meglio se gestito e convenuto a livello di Unione europea.
Questione diversa dai rimpatri è quella dei cosiddetti «ricollocamenti» o distribuzione delle persone che arrivano in Europa. Quando ho parlato prima di questa divisione al momento dello sbarco in quella che chiamavo «zona franca» (queste sono terminologie non regolamentate, quindi per cercare di comprenderci bene), pensavo come linea di Governo che le persone che vengano salvate in mare nel Mediterraneo debbano essere portate rapidamente nel porto sicuro, come prevedono le convenzioni del mare, questo sbarco non deve determinare l'immediata applicazione del Regolamento di Dublino, come il senatore Pag. 17De Falco confermava, e dovrebbe invece portare a una predistribuzione delle persone, ossia antecedente a quelle verifiche che portano poi a capire se abbiano diritto all'asilo, allo status di rifugiato o se viceversa debbano essere rimpatriate.
Perché una predistribuzione? Perché la predistribuzione consentirebbe a diversi Paesi di accogliere in questa preaccoglienza numeri più piccoli di persone, il che facilita l'accoglienza, l'alloggio, le verifiche, i controlli e anche gli eventuali rimpatri.
Personalmente continua a sembrarmi il sistema che potrebbe coniugare l'aspetto umanitario come ultimo atto del salvataggio in base alle regole del mare (mi permetto da profano di chiamarle in questo modo), che sono convenzioni molto specifiche che legano gli Stati, e l'applicazione di norme specifiche all'Unione europea che riguardano le regole di Dublino. Ci si può arrivare per accordo fra gli Stati, quindi questo richiede un meccanismo volontario di unanimità, ci si può arrivare applicando le basi giuridiche che esistono nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che prevedono la possibilità di adottare normative, in particolare Regolamenti, a maggioranza qualificata, e rispetto a questo non c'è nessuna convenzione o conclusione di Consiglio europeo che possa cambiare le cose.
Il meccanismo volontario interviene nel momento in cui, in carenza di normativa che richiede un processo legislativo che ha la sua durata, da noi come in Europa, si volesse anticipare, cosa che per ora non è avvenuta. Naturalmente un anticipo volontario per definizione richiede l'adesione di chi intende parteciparvi.
Temo ci sia una confusione, di cui peraltro con l'onorevole De Luca abbiamo già avuto modo di parlare in altre occasioni, perché i famosi collocamenti obbligatori di cui al 2015 sono avvenuti in virtù non di una richiesta o di un'azione politica, ma di una norma che esiste nelle regole europee, che prevede che, in caso di flussi massicci, anormali, ci sia una redistribuzione obbligatoria. Questo è ciò che è avvenuto.
I flussi poi si sono ridotti, non sono più così massicci e così anormali, di conseguenza quell'elemento come possibilità è venuto meno. Qualora questi flussi si re-impennassero, la possibilità potrebbe ritornare.
Per quanto riguarda i fondi della cooperazione, altra domanda dell'onorevole Ravetto, sono attualmente nella legge di bilancio fondi di cooperazione e sviluppo per 486,46 milioni di euro, dato verificato.
Per quanto riguarda la questione del Global Compact, come è noto è un documento a livello di Nazioni Unite, che prevede in senso ampio di occuparsi delle questioni immigrazione. Rispetto a questa questione alcuni Governi fra cui il nostro si sono rimessi al dibattito parlamentare, il dibattito parlamentare nella saggezza e nelle dinamiche del Parlamento ha avuto la conclusione che veniva descritta dal deputato Scalfarotto, e da Ministro, per giunta non parlamentare, mi rimetto alla dinamica che si è verificata in Parlamento.
Resta il fatto che anche il Global Compact for migration delle Nazioni Unite prevede una serie di elementi di principio più che di normative cogenti, quindi ha un suo valore o un suo disvalore a seconda dei punti di vista da cui lo si giudica, ma non avrebbe un impatto normativo di carattere immediato.
Paesi sicuri. La nozione di porto sicuro e di Paese sicuro dipende da convenzioni internazionali, la convenzione di Ginevra in particolare, quindi dipende dalla corrispondenza delle caratteristiche del Paese o del porto di cui stiamo parlando con le norme di queste convenzioni, quindi dipende in parte dai Paesi che lo riconoscono, ma dipende anche da quanto i Paesi a cui viene riconosciuto questo status sono adempienti con le convenzioni internazionali. Noi stiamo comunque lavorando alla elaborazione di una lista di Paesi e di porti che l'Italia riconosce come sicuri, così come lo fanno altri Stati.
I corridoi umanitari secondo me sono uno strumento fondamentale, penso che i rifugiati debbano viaggiare attraverso dei corridoi umanitari, dovrebbe essere proprio il modo per sottrarre i rifugiati ai sistemi dei trafficanti di esseri umani, anche perché i rifugiati, nella nozione stessa Pag. 18di aventi diritto d'asilo, dovrebbero poter viaggiare attraverso i corridoi umanitari.
A questo fine credo che sarebbe importantissimo creare già nei Paesi limitrofi – perché se tu scappi dal tuo Paese perché c'è una guerra o perché c'è una situazione di mancanza di democrazia o altro è difficile che in quel Paese ci possa essere un ufficio – degli appositi uffici dell'Unione europea, ancora una volta, che possano riconoscere già in loco lo status di rifugiato.
Dopodiché, le persone dovrebbero poter arrivare, come comunque qualche volta avviene ed è anche avvenuto di recente, attraverso il corridoio umanitario. Questo sarebbe il sistema per sottrarre persone che hanno realmente diritto d'asilo ai viaggi drammatici della tratta di esseri umani.
Spero di non aver dimenticato nulla. Se ho dimenticato qualcosa, completerò successivamente.
PRESIDENTE. Grazie, ministro. Vorrei ricordare al Comitato, così come per il Ministro Salvini che tornerà in audizione, che chiederemo anche al Ministro Moavero Milanesi degli aggiornamenti nei prossimi mesi.
LAURA RAVETTO. Mi rendo conto che esula un po’ dalla competenza di questo Comitato, che dovrebbe incentrarsi sul tema migratorio, ma, visto che conosco il Ministro Moavero Milanesi da anni e so benissimo che è disponibile, chiedo se anche sui rapporti – come detto dai colleghi, magari li sto anticipando – con la Francia e con Macron, con particolare riferimento anche al superamento di Schengen, e sulla questione Orbán – che comunque è legata, perché noi sappiamo che la critica di Weber a Orbán viene anche a maggior ragione dall'atteggiamento che ha nei confronti delle migrazioni – volesse dire qualcosa.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Volentieri, perché c'era la domanda su Macron, sulla posizione che lui ha assunto rispetto a Schengen nelle sue ultime dichiarazioni, c'era la domanda su Weber e più in generale sui rapporti con la Francia e con altri Paesi dell'Unione europea.
Faccio una premessa telegrafica di filosofia. L'Unione europea non è il paradiso terrestre e non è nemmeno il paese di Alice nel paese delle meraviglie. L'Unione europea è un posto dove si discute, come stiamo discutendo qui, come si discute nei condomini in cui molti di noi abitano. È identico e preciso.
È una interessante miscela di collaborazione e di competizione. Non dobbiamo stupirci che ci siano le frizioni, le liti, i dibattiti tra esponenti politici europei e fra Stati europei. È normale. Aggiungerei che la caratteristica della campagna elettorale in vista delle elezioni del prossimo Parlamento europeo è forse peculiare rispetto a precedenti elezioni del Parlamento europeo, che più o meno venivano vissute come un gran bel momento di verifica degli equilibri interni, visto che c'era anche il sistema proporzionale o in Paesi in cui c'era il sistema maggioritario veniva visto come un bel momento per contarsi.
Forse, questa volta, per la prima volta, siamo entrati in una vera campagna elettorale politica europea. Per fare grandi citazioni, il famoso «spazio pubblico europeo» teorizzato da Habermas forse sta arrivando. Naturalmente, come accade in politica, e lo sapete meglio di me, a volte le cose auspicate arrivano magari in maniera un po’ brusca. La politica è fatta anche di queste cose.
Questo è il motivo per cui stiamo assistendo per la prima volta a un dibattito politico in senso pieno europeo, transfrontaliero di conseguenza perché europeo, ma rispetto al quale tutti, me incluso, credo, perlomeno parlo per la mia sensazione, abbiamo ancora delle chiavi di lettura che sono inevitabilmente condizionate dal rapporto fra Stati.
Per cui, se in Italia un politico del Mezzogiorno accende un dibattito dialetticamente molto frizzante con un politico dell'estremo nord nessuno si stupisce più, mentre magari agli inizi del Novecento ci saremmo ancora stupiti. A livello europeo, se c'è un dibattito frizzante fra due politici di due Paesi diversi, ancora abbiamo incertezze Pag. 19 sui rapporti fra gli Stati. In politica si può avere garbo, si deve fare attenzione, si possono alzare e abbassare i toni, però il dibattito sta diventando europeo.
Oggi ci troviamo di fronte ad alcune situazioni diverse che emergono dalle domande che sono state fatte. Weber è il candidato di punta, come sappiamo, del Partito Popolare Europeo, il famoso spitzenkandidat.
Lo spitzenkandidat, il candidato di punta, è colui che in un certo qual modo corre, qualora il Partito Popolare Europeo arrivasse primo alle elezioni, per avere una sorta di diritto di prelazione, perché poi bisogna vedere questa volta come andrà a finire sulla presidenza della Commissione europea.
Il Partito Popolare Europeo potrebbe optare per altre personalità, magari anche per altre posizioni. Questo, lo vedremo, fa parte di questa dinamica interessante. Essendo Weber il candidato di punta del Partito Popolare Europeo, naturalmente discute anche con altre persone o personaggi della politica che fanno parte della sua famiglia politica. In particolare, il Primo ministro ungherese Orbán fa parte di questa famiglia. Succede che la visione normalmente portata avanti dal Partito Popolare Europeo è una visione che rientra un po’ nei canoni tradizionali di una visione di un'Europa in fieri che si integra sempre di più, per poi approdare, un giorno, ad una prospettiva più federale, mentre la politica che svolge il partito di governo in Ungheria e molte delle dichiarazioni politiche del suo primo ministro sono piuttosto un segno di contenimento di questa prospettiva federalizzante.
Questo contenimento, che è un ultra-eufemismo, viene normalmente identificato con questo neologismo sovranista. A mio personale parere, il neologismo «sovranismo» tenta di nascondere o di esorcizzare la parola «nazionalismo», che è quella che avremmo usato fino all'altro ieri. Parliamo, però, di sovranismo.
Che cosa c'è dietro questo? E qui entriamo un po’ nelle dichiarazioni di Macron, nella mia analisi perlomeno. Abbiamo oggi diverse visioni del futuro di Europa, mentre fino a qualche anno fa, sostanzialmente, ne avevamo una.
L'idea era la prospettiva federale. C'era chi voleva arrivarci prima, chi voleva arrivarci più lentamente, chi si rassegnava, chi non si rassegnava, ma l'idea era quella. Oggi non è così. Oggi, chiaramente, anche al di là delle terminologie, si può parlare di un'idea più confederale, quindi di una confederazione di Stati che mantengano forti elementi di sovranità, come di un'idea federale più tutto ciò che sta in mezzo.
Se noi leggiamo bene le posizioni di governo anche di Paesi considerati molto nella linea tradizionale dell'Europa che si federa, vediamo che l'entusiasmo per il trasferimento delle competenze a livello europeo è molto diminuito negli ultimi anni. Che fosse diminuito forse lo avevamo anche capito quando non andò avanti il progetto della cosiddetta «Costituzione europea», che poi non creava certamente la federazione, non era poi così diversa da ciò che è diventato successivamente il Trattato di Lisbona, che è quello che attualmente regge l'Unione europea, però evocava delle simbologie: la bandiera, l'inno e l'obiettivo, peraltro alla base anche molto della scelta della Brexit dell'Unione sempre più coesa.
Siamo in questo dibattito interno al Partito Popolare Europeo (PPE), alla famiglia del Partito Popolare Europeo, il che spiega la dialettica tra Weber e Orban: un Weber diciamo più legato all'ortodossia tradizionale che richiama Orban all'ordine. Spiega ancora di più la dialettica che esiste tra partiti politici che sono portatori di una visione diversa di Europa.
Chiudendo nell'analisi, credo che un dato interessante, che peraltro trova riscontro nei sondaggi di opinione, è che nessun partito, formalmente, e pochissimi esponenti politici della scena europea contestano l'idea di un'Unione europea. Quindi, l'idea di fare una exit «tana libera tutti», nella quale tutti escono e l'Unione si dissolve, non c'è. Perlomeno, la mia lettura è che non ci sia.
Naturalmente, anche l'idea che a bandiere spiegate si va verso la federazione europea, evocata da Robert Schuman nella dichiarazione del 9 maggio 1950, anche se Pag. 20è un'idea particolarmente nuova, indubbiamente si è affievolita. Si è affievolita anche nei cittadini europei.
Nei cittadini europei, e in particolare nei cittadini italiani, è molto interessante notare, perché questo è un dato politico, che l'affievolimento è coinciso con l'impatto della crisi economica e finanziaria e delle grandi immigrazioni. Sono due punti su cui nel primo l'Europa ci ha messo molto per trovare una via d'uscita e ancora si discute se sia stata la via d'uscita migliore. Nel secondo ci siamo dentro, ne abbiamo appunto parlato a lungo, ed è uno degli elementi in cui l'Europa è più incompiuta.
Emmanuel Macron nelle sue dichiarazioni porta avanti, da alfiere, il disegno europeo con una sua lettura francese. Teniamo conto che la Francia è alle origini dell'integrazione europea. Robert Schuman era francese – pur avendo passato gran parte della sua vita altrove ed essendo nato in una Lorena che apparteneva all'allora Impero germanico guglielmino – ma la Francia è sempre stata portatrice di una visione che con la terminologia di oggi definiremmo «sovranista».
Di conseguenza, la linea di Emmanuel Macron è una linea pro Europa – non c'è ombra di dubbio – è una linea che vede l'integrazione europea come il futuro politico che lui propone al continente, ma con una sua lettura che è fatta poi di sfaccettature in cui emergono degli elementi che forse piacciono di più in Francia che in altri Paesi. Questi li troviamo, per esempio, come materia di riflessione ben declinati nel rinnovato accordo franco-tedesco firmato ad Aquisgrana di recente, che rinnova l'accordo dell'Eliseo. Ricordo, ma lo sapete, che il Trattato dell'Eliseo è del 1963, con Presidente Charles de Gaulle, il quale non era esattamente il più entusiasta degli accordi firmati sei anni prima nel 1957 a Roma, che sono quelli che reggono l'Europa odierna.
C'è obiettivamente anche qui una sorta di dicotomia tra il rafforzare questo rapporto molto stretto Germania-Francia e Francia-Germania che nasce nel 1963, con qualche antitesi rispetto al Trattato di Roma del 1957 e il discorso più generale europeo.
Il resto è una dinamica estremamente fluida. Per chi ama le fluidità, suggerisco di studiarsi le posizioni dei Governi spagnoli dell'ultimo anno e mezzo. Sono estremamente interessanti da seguire per capire come, in fondo, l'Europa è bella anche perché si può cambiare idea molte volte.
PIERO DE LUCA. Due o tre punti non sono stati trattati in tutto questo complesso di domande.
Primo punto. Vorrei sapere se sono ancora in Italia i migranti sbarcati dalla nave Diciotti e dalla nave Aquarius e se sono monitorati.
Inoltre, vorrei sapere sui 10 mila nuovi agenti della Guardia Costiera, se condivide questo progetto. Il Governo lo sosterrà oppure no?
Un ultimo aspetto è quello della modifica al Decreto sicurezza sull'iscrizione anagrafica. Vorrei sapere se il Governo ha intenzione di colmare questo vulnus normativo, perché attualmente c'è un problema istituzionale che si è creato, quasi un conflitto, tra la Presidenza del Consiglio, il Governo e i sindaci e anche la rete rappresentata dall'ANCI, che ha interloquito già, credo, con la Presidenza del Consiglio e con il Governo.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. È vero, c'erano queste domande. La non risposta era un atto volontario, in quanto di nettamente maggiore competenza del mio collega vicepresidente Ministro dell'interno.
Di conseguenza, ritengo più appropriato, visto che veniva preannunciato il seguito dell'audizione, rivolgere la domanda a lui.
PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Avrei fatto la stessa richiesta, che non ho fatto per educazione nei suoi confronti.
TONY CHIKE IWOBI. Grazie, Ministro, per la lezione di questa mattina sull'Europa. È stata molto utile a titolo informativo. Pag. 21
La mia è una domanda abbastanza secca e mirata. Abbiamo parlato in modo approfondito questa mattina anche dell'operazione Sophia. Chiedo di sapere, se è possibile, quanto ci è costata fino ad oggi a livello europeo e la quota addebitata all'Italia. In più, sulle questioni delle ONG vorremmo sapere chi le finanzia, chi c'è dietro.
Una ONG non può operare in questo modo, continuamente, senza un finanziamento dietro. Non so se può darci queste informazioni.
Grazie.
ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Sull'operazione Sophia mi riservo di dare una risposta. C'è una competenza della Ministra della difesa Trenta. Di conseguenza, chiederò elementi a lei.
Per le ONG, questa è una questione obiettivamente aperta, per usare un termine molto generico e onnicomprensivo, perché il finanziamento delle ONG avviene con il sistema di ciascuna ONG che lo dichiara, naturalmente, perché sono enti che esistono ufficialmente.
L'operatività dei loro battelli sta più di recente sollevando una serie di interrogativi, perché talvolta battono bandiera di un Paese e non rispondono necessariamente all'autorità del medesimo. L'ONG appartiene a un altro Paese. Quindi, via via che si è entrati nella dinamica di questa realtà, si cerca anche di comprenderla meglio nelle sue implicazioni complessive, anche e soprattutto dal punto di vista del diritto della navigazione e delle norme del diritto internazionale della navigazione.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro, il vicecapo di gabinetto del Ministro, Vincenzo Celeste, e il capo dell'ufficio dei rapporti con il Parlamento, Alessandro Prunas, che è sempre a nostra disposizione. Speriamo, Ministro, di averla di nuovo qui con noi.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Faccio presente che il collega Tuzi mi ha rappresentato l'impossibilità a partecipare all'odierna seduta.
La seduta termina alle 10.25.