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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 24 di Martedì 7 maggio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), Stefano Laporta:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Laporta Stefano , Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 3 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) ... 11 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) ... 12 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Nugnes Paola  ... 14 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) ... 14 
Nugnes Paola  ... 15 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) ... 15 
Laporta Stefano , Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 16 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 17 
Braga Chiara (PD)  ... 17 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) ... 18 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 18 
Laporta Stefano , Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 19 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 20 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 20 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 20 
Ferraioli Marzia (FI)  ... 20 
Muroni Rossella (LeU)  ... 21 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) ... 21 
Muroni Rossella (LeU)  ... 22 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) ... 22 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 23 
Lorefice Pietro  ... 24 
Bratti Alessandro , Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 24 
Lorefice Pietro  ... 24 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) ... 25 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 25 
Laporta Stefano , Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 25 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 25 
Laporta Stefano , Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 25 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) ... 26 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 26 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) ... 26 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 26 
Pascarella Fabio , Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra) ... 26 
Laporta Stefano , Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ... 26 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 26 

(La seduta, sospesa alle 10.55, è ripresa alle 11.10) ... 27 

Comunicazioni del Presidente:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 27

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 8.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito)

Audizione del Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), Stefano Laporta.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), dottor Stefano Laporta, accompagnato dal direttore generale onorevole Alessandro Bratti e dal dottor Fabio Pascarella, che ringrazio per la presenza.
  L'audizione odierna rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sullo stato di avanzamento dei lavori di bonifica nei siti di interesse nazionale.
  Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta.
  Invito i nostri ospiti a fare una relazione per quanto riguarda in generale i SIN, i siti di interesse nazionale, magari con particolare riferimento a quelli che la Commissione sta attenzionando.

  STEFANO LAPORTA, Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Grazie, presidente.
  Intanto voglio ringraziare, nella qualità di presidente dell'Ispra e dell'Snpa (Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente), la Commissione bicamerale per questa audizione, che è la prima per quanto riguarda questa legislatura, ma si inquadra in un ciclo di consolidata collaborazione tra l'Istituto che presiedo e la Commissione bicamerale, una collaborazione che si è ulteriormente arricchita nel corso di questi ultimi mesi dalla firma di un protocollo d'intesa che mira a intensificare le sinergie, nei limiti, ovviamente, delle competenze e dei mandati, tra la Commissione d'inchiesta e l'Istituto, al fine di approfondire, migliorare e implementare le collaborazioni in alcuni ambiti specifici di interesse rispetto alle attività della Commissione da lei presieduta.
  Oggi in audizione è qui con me - lei lo ha già presentato, anche se non ha bisogno di presentazioni in questa sede - il direttore generale dell'Istituto, il dottor Bratti. Abbiamo ritenuto, se lei permette, anche di avvalerci della collaborazione e della presenza del collega Fabio Pascarella, responsabile dell'area siti contaminati dell'Istituto, a cui poi, con il suo consenso, cederò la parola dopo una brevissima presentazione per una spiegazione tecnica rispetto all'oggetto dell'audizione.
  Ci siamo anche permessi di preparare alcune slide. Probabilmente non avremo il tempo di illustrarle tutte. Le lasciamo depositate agli atti della Commissione. Ovviamente, disponibili a ulteriori notizie, integrazioni o a fornire ulteriore materiale su questo come su altri argomenti ritenuti di interesse della Commissione, laddove non Pag. 4riuscissimo ad esaurire nel tempo di oggi la materia oggetto dell'audizione.
  Per evitare di perdere tempo, farei subito una brevissima presentazione. Da quando sono presidente, salvo che non mi venga richiesto espressamente, chiedo ai colleghi tecnici di partecipare alle audizioni perché ritengo che il contributo dei tecnici, che si occupano specificatamente delle materie, possa essere più utile. Confermo la mia personale disponibilità per ogni esigenza della Commissione. Oggi sono qui perché, trattandosi della prima audizione, ritenevo doveroso da parte mia portare il saluto dell'Istituto e del Sistema nazionale per la protezione ambientale e assicurare, attraverso la presenza del presidente, la collaborazione istituzionale alla Commissione.
  Per quanto riguarda l'oggetto dell'audizione, sui siti di interesse nazionale, visto che si tratta della prima volta che abbiamo l'occasione di parlarne, mi permetto di richiamare brevissimamente la disciplina generale contenuta nel decreto legislativo n. 152 del 2006, all'articolo 252, che stabilisce come vengono individuati i siti di interesse nazionale: in relazione alle caratteristiche del sito, alle caratteristiche di pericolosità, alle quantità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni ambientali e culturali. Questa individuazione avviene con un decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni interessate, secondo i princìpi che ho sinteticamente declinato. Sono individuati quali siti di interesse nazionale anche i siti interessati da attività produttive ed estrattive di amianto.
  Si tratta, evidentemente, di un'operazione che volgarmente viene definita «perimetrazione», per la quale sono sentiti anche gli enti locali, assicurando la partecipazione dei responsabili e dei proprietari delle aree da bonificare se diversi dai soggetti responsabili. La procedura di bonifica dei siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza - ci tengo a dirlo - del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero dello sviluppo economico.
  In questa definizione della procedura, il Ministero dell'ambiente può avvalersi anche dell'Istituto che presiedo, nonché delle agenzie regionali, dell'Istituto superiore di sanità, ovvero di altri soggetti qualificati, pubblici e privati. Ovviamente, questo avvalimento è stato riconsiderato ai sensi della normativa contenuta nella legge n. 132 del 2016, la legge istitutiva del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente. Sulla base di questa normativa, il Sistema, su richiesta del Ministero, formula pareri congiunti inerenti soprattutto i piani di caratterizzazione, i progetti di messa in sicurezza, bonifica, ripristino ambientale e analisi di rischio.
  Partecipiamo a centinaia - successivamente vedremo i numeri nel dettaglio - di riunioni, tavoli tecnici e conferenze di servizio. Svolgiamo attività e analisi di laboratorio per validare i dati e anche attività di controllo sul territorio. Prepariamo relazioni di certificazione finale e formuliamo, ai sensi della disciplina specifica contenuta nella legge n. 132, linee guida e protocolli.
  Adesso chiedo al presidente di consentire un intervento, al dottor Pascarella, non senza, ovviamente, aver detto – lo avevo omesso prima – che si tratta di un problema, quello dei siti di interesse nazionale, particolarmente rilevante, almeno per tre aspetti. In primo luogo, per la portata dei siti inquinati, anche in termini di estensione, strettamente correlata al tema del consumo e della riqualificazione del suolo. Parliamo di un'estensione complessiva, di siti di interesse nazionale, che più o meno raggiunge il 10 per cento del territorio della penisola. Vi è, poi, il tema di dover riqualificare le aree interessate nelle quali si trovano i siti di interesse nazionale.
  Il collega Pascarella entrerà nel dettaglio e ci dirà anche, ai sensi della normativa recente (il termine, ripeto, non è tecnicamente esatto), come sono stati ridefiniti, potrei dire «riperimetrati», passando dai precedenti 57 ai 41 attuali.

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione Pag. 5dei suoli e per i siti contaminati (Ispra). Buongiorno.
  Definiamo alcuni concetti generali per evitare fraintendimenti. Perdonatemi se, magari, qualcuno di voi già conosce il tema. Non voglio essere offensivo, ma solamente chiarire i concetti principali.
  In questo momento noi abbiamo 41 siti. Come vedete, il numero è salito e sceso nel corso degli anni, partendo dal 1999, e siamo arrivati fino a 57. Vi è stata, poi, una legge che ha ridefinito i criteri secondo i quali vengono definiti i siti. Alcuni siti di interesse nazionale, su quella base, sono stati ricondotti alle regioni. La procedura è tornata alle regioni piuttosto che al Ministero. Tra questi, i più importanti sono il Litorale Domitio e Flegreo, sicuramente, i fiumi Saline e Alento, il Distretto ceramico di Sassuolo, Frosinone, la discarica di Pianura, Maddalena, la discarica delle Strillaie e il Litorale Vesuviano. Sono tutti elencati qui.
  In termini di superficie, non c'è stato un grandissimo decremento. In sostanza, sono scesi di circa il 12 per cento. In questo momento ne abbiamo 41. Come diceva il presidente, svolgiamo attività insieme alle agenzie regionali, su richiesta del Ministero. Questo è importante dirlo. Noi non esaminiamo tutti i documenti inerenti i SIN, ma esaminiamo solo i documenti per i quali il Ministero ci richiede i pareri. Di questi pareri l'anno scorso ne abbiamo formulati 244, ma negli ultimi cinque anni circa 1.000. Andiamo, su per giù, a questo ritmo. Per dare un valore aggiunto ai nostri pareri, stiamo costruendo un database per capire quali sono le cose che vengono ripercorse, quindi le cose sulle quali porre maggiormente l'attenzione, sia da parte degli enti amministrativi che, ovviamente, dei soggetti obbligati a presentare questi progetti.
  Nel 2018, per esempio, su 244 pareri, 103 sono stati di sostanziale avallo tecnico, 72 hanno riguardato rilievi e richieste di integrazioni e 30 hanno rilevato criticità sostanziali. Questo per dire che, comunque, anche il nostro ruolo cerca di essere il più propositivo possibile, assumendoci alcune responsabilità - se mi posso permettere di dirlo - rispetto alle conferenze dei servizi, le quali ovviamente richiedono che qualcuno si esprima tecnicamente prima di prendere la decisione finale. In questo caso noi, con il sistema delle agenzie, in effetti, ci prendiamo una bella responsabilità e ci esponiamo tecnicamente, ma lo facciamo con molto piacere.
  Informazioni sui siti di interesse nazionale si possono trovare sul portale del Ministero, che è stato recentemente aggiornato (per un periodo è stato giù e non è stato possibile accedere), così come sul nostro portale Ispra. Nel portale Ispra e, più in generale, in quello del Sistema, che ha una sezione sui SIN, si trovano più notizie tecniche relative ai nostri protocolli e alle nostre procedure.
  A questo punto, potrebbe sorgere la seguente domanda: «Visto che non siete all'interno del procedimento e che lavorate solo su indicazione del Ministero, perché vi occupate di raccogliere i dati sui siti di interesse nazionale?». La motivazione è molto semplice e discende dalle conclusioni di questa Commissione nella scorsa legislatura, durante la quale - giustamente, secondo me - la Commissione riteneva indispensabile una conoscenza pubblica condivisa dello stato di attuazione delle bonifiche, per una serie di motivi condivisibili e per eventuali determinazioni del Parlamento e del Governo, per prevenire i fenomeni illeciti, per circoscrivere e superare politiche d'impresa inadeguate e comportamenti pubblici arcaici, ma anche per mantenere alta l'attenzione su quanto è accaduto, si sviluppa e sarà utilmente realizzabile in un settore di fondamentale rilevanza economica, sociale e ambientale. È un bell'impegno anche per noi stare dietro a queste affermazioni.
  A prescindere da queste dotte citazioni di Einaudi, molto più banalmente noi abbiamo l'articolo 3 della legge per la protezione dell'ambiente che tra le finalità del Sistema indica la produzione, la promozione e la pubblica diffusione tecnico-scientifica, nonché la trasmissione sistematica degli stessi ai diversi livelli istituzionali preposti al governo delle materie ambientali. Conoscete il tema meglio di me. Lo Pag. 6dico per inquadrare istituzionalmente il lavoro che facciamo.
  Inoltre, abbiamo alcuni obblighi. Come sapete, noi abbiamo una pubblicazione annuale, che si chiama «annuario», nella quale riportiamo tutte le informazioni ambientali a nostra disposizione per le diverse matrici. Allo stesso modo, forniamo dati per le reti europee all'interno dell'Agenzia europea dell'ambiente. I nostri dati sono utilizzati anche per monitorare i fondi degli accordi di partenariato 2014-2020 e le nostre fonti servono per rispondere alle richieste degli enti, alle interrogazioni parlamentari e agli organi di informazione. Abbiamo, quindi, questi obblighi.
  Vi riporto i dati dell'anno 2018, relativi al 2017, per le aree a terra. Come vedete, la situazione non è brillante. Per le aree a terra abbiamo solo il 47 per cento delle superfici. Noi sappiamo lo stato di avanzamento. Come vedete, il 66 per cento si è occupato dei piani di caratterizzazione, il 12 per cento ha fatto alcuni interventi variabili, dalla bonifica alla messa in sicurezza, e solo il 15 per cento ha concluso il procedimento. La situazione è simile per le aree a mare. Ovviamente, noi lavoriamo sui dati del Ministero. Il Ministero segue la procedura e ci fornisce i dati. Noi cerchiamo di controllarli anche sulla base delle nostre conoscenze e di valutarli con loro.
  Qui abbiamo declinato un po’ di dati. Sostanzialmente, come dicevamo, la superficie totale dei SIN rappresenta lo 0,57 per cento del territorio italiano. Sono distribuiti in tutte le regioni italiane, tranne il Molise. Qui abbiamo enumerato le regioni con le maggiori superfici. Qui abbiamo una serie di percentuali declinate in maniera più o meno benevola. In funzione di come si vedono le cose si possono declinare le percentuali. In ogni caso, la situazione in generale, in effetti, non è brillantissima.
  A questo punto, si aprirebbe un discorso che richiederebbe un'intera giornata. Si tratta delle criticità nelle procedure dei SIN. Ci siamo permessi di elencare alcuni motivi per i quali, secondo noi, i SIN non riescono a decollare o, comunque, hanno un andamento molto lento rispetto a tutto il resto. Partiamo dalla definizione stessa di «SIN». Sono siti complessi a livello di contaminazione e pressione della popolazione. Vi è anche un problema di multiproprietà. All'interno dei siti abbiamo moltissime proprietà frammentate e abbiamo moltissimi passaggi di proprietà. La questione non riguarda tanto il passaggio di proprietà in se stesso, quanto il fatto che in Italia, generalmente, in associazione al passaggio di proprietà sono difficilmente valutate le passività ambientali. Solo le multinazionali fanno operazioni di questo tipo. Soprattutto, il passaggio di proprietà implica difficoltà per ricondurre la contaminazione al responsabile, perché chi compra non si riconosce come responsabile della contaminazione, e questo provoca difficoltà e rallentamenti.
  Allo stesso modo, abbiamo moltissimi siti orfani, la cui definizione in Italia non esiste, ma sostanzialmente sono i siti per i quali non si riesce a individuare precisamente il responsabile o, comunque, il soggetto obbligato ad andare avanti. Abbiamo, quindi, una frammentazione. Alcune prime azioni sono state fatte in maniera molto ampia, molto vasta, comprendendo anche territori che probabilmente non avevano specificità tali da essere compresi.
  Vi è, poi, un problema normativo. Abbiamo norme che, di anno in anno, vengono inserite su varie tematiche, nel contesto generale, che, invece di facilitare, complicano le cose, perché mettono in contraddizione varie questioni. In più, vi è una difficoltà di aggiornamento. Noi abbiamo aggiornato gli allegati al decreto legislativo n. 152 del 2006, ma sono fermi nella segreteria del Ministro ormai da due anni perché, probabilmente, c'è qualche problema. Sarebbe, invece, molto più semplice prevedere una legislazione che articoli i princìpi generali e lasciare alle linee guida a cura degli Istituti nazionali, ovviamente, declinare la parte tecnica. In questo modo, potremmo essere anche un po’ più al passo con le tecniche e con l'ambito internazionale.
  Un esempio della frammentazione è questo che si evince dalle slides in proiezione. Qui siamo nel sito di Priolo. Quelle in blu Pag. 7sono tutte barriere idrauliche. Pensate all'interrelazione tra gli acquiferi con tutte queste barriere. Ognuna è costituita per conto proprio e non considera gli effetti delle barriere intorno. Si crea, quindi, una confusione idrogeologica. Qui siamo a Gela: come vedete, è molto frammentato, c'è una barriera di flusso dei contaminanti verso il mare, ma ce ne sono altre parallele all'interno. Questo non ci aiuta perché non ci consente di avere un quadro generale della contaminazione, così come non ci aiuta a far capire ai soggetti obbligati e agli enti in generale che vi è la necessità di avere un'organizzazione dei dati geografica, il che ci consentirebbe di coniugare i dati tra loro, di confrontarli e di avere un quadro generale, senza il quale non riusciremo veramente a fare un passo avanti.
  Ci siamo anche applicati nella costruzione di un database sui siti regionali, che non vanno sottovalutati. Nei siti regionali c'è il petrolchimico di Ravenna, il petrolchimico di Ferrara, così come il Cova, tanto per fare l'esempio di un sito abbastanza semplice. Ovviamente scherzo. Abbiamo censito 29.700 siti registrati, ovvero siti che sono entrati in procedura di bonifica. Di questi, il 50 per cento ne sono usciti perché sono stati bonificati o sono state fatte indagini che hanno dimostrato che non erano contaminati. Su questo, se volete approfondire, vi è un lavoro molto grosso che stiamo facendo con le Agenzie. È la prima volta in Italia che c'è questo tipo di dato. Stiamo andando avanti cercando di dettagliarlo il più possibile. Cercheremo di connotarlo geograficamente, quindi per ogni sede avremo la sua perimetrazione, così come avremo la superficie, che già abbiamo, e i contaminanti di interesse. Questa è una cosa nuova in Italia, nel senso che finora non c'era ed è costata moltissimo lavoro sia alle Agenzie sia alle regioni che, ovviamente, hanno collaborato con le Agenzie. Come sapete, le anagrafi regionali sono procedure gestite dalle regioni.
  Patto sui siti. Voi avete indicato dei siti con particolare riferimento. La filosofia che noi abbiamo utilizzato è quella di non portarvi l'elenco dei pareri che abbiamo rilasciato o delle conferenze di servizi, quanto farvi vedere geograficamente come sono articolati i siti e quali sono le criticità che, secondo noi, vanno affrontate sulla base della nostra esperienza, dei nostri pareri e anche delle esperienze di campo che facciamo con i colleghi delle agenzie regionali.
  Tito è uno dei due siti di interesse nazionale della Basilicata. È nell'alta Val Basento, poco prima di Potenza. È un'area industriale, un consorzio di sviluppo industriale. Perché è stato individuato Tito come sito di interesse nazionale? Perché si è verificato uno dei più grandi incidenti che ci sono stati in Italia. Sostanzialmente, questa fabbrica, che produceva materiale per batterie d'auto, si è persa da un serbatoio 15 tonnellate di tricloroetilene. Nel 2004 se ne sono accorti. Il problema è che, come vedete, ci sono delle concentrazioni stratosferiche, nel senso che nelle acque la CSC, la concentrazione soglia di contaminazione, è 1,5 microgrammi PPB (Parts Per Billion) e lì abbiamo concentrazioni di centinaia di migliaia di microgrammi. Questo è l'incidente che è avvenuto. Come vedete, questa è la sorgente, questo è un primo plume della contaminazione.
  Che cosa abbiamo fatto? Siamo stati incaricati, attraverso una convenzione con la regione Basilicata, di fare una progettazione preliminare di questi interventi e, in particolare, di bonificare l'area pubblica che è a valle idrogeologica di questo plume, come vedete. L'area è quella perimetrata in rosso. Come vedete, anche qui le concentrazioni sono molto elevate perché è un'area ex Liquichimica, un'azienda che è andata in fallimento. Quindi, c'è un problema di contenimento della contaminazione.
  Abbiamo affrontato questo problema con una barriera idraulica. Ora permettetemi di fare un disegno, solo per capirci, senza voler essere offensivi. Faccio uno schemino: avremmo un serbatoio interrato, avremmo dei pozzi che potrebbero approvvigionare acqua e un potenziale bersaglio costituito dal fiume.
  In questo caso, abbiamo optato per l'installazione di una barriera idraulica, che è uno dei procedimenti più utilizzati nelle bonifiche in Italia, su cui ci sarebbe da fare Pag. 8un discorso più generale, ma non vi tedio. In sostanza, abbiamo cercato di bonificare quest'area pubblica, che è a valle di questa sorgente, progettando una barriera idraulica che consenta di contenere la contaminazione all'interno dell'area del consorzio.
  Ci siamo accorti, guardando i sondaggi, che avevamo una grossa contaminazione di terreni perché la falda, oscillando, in pratica, aveva imbibito i terreni della fascia di oscillazione di solventi clorurati.
  In questo caso abbiamo coniugato un intervento di barrieramento con un intervento su una sorgente secondaria, che è quello che noi cerchiamo sempre di fare, perché una cosa che dobbiamo capire bene è che non basta il barrieramento, perché se noi non agiamo sulle sorgenti queste barriere vanno avanti decine di anni e non hanno un'azione significativa sulla contaminazione.
  C'è da dire che tutto questo, però, ed è quello che stiamo cercando di far capire al Ministero e al comune, non ha senso se non si agisce sulla sorgente principale della contaminazione, che è la famosa fabbrica ex Daramic. Anche la fabbrica ex Daramic è in fallimento. Ci sono degli imprenditori che vorrebbero utilizzare il capannone, ma, ovviamente, fino a quando non verranno ripristinati gli interventi di bonifica che sono già stati installati nella fabbrica Daramic sarà difficile ragionare su questo punto.
  È anche vero, però, che questa è una cosa critica, nel senso che se non si elimina la sorgente noi lì potremmo andare avanti per decine di anni. Stiamo cercando di convincere la regione e il comune a darsi da fare utilizzando l'accordo di programma.
  Val Basento è l'altro SIN (sito di interesse nazionale) della Basilicata. Come vedete, in sostanza, è un sito perimetrato a cavallo del fiume Basento, il medio corso del Basento. Siamo qui. È un consorzio industriale sostanzialmente diviso in tre aree industriali. La prima è Salandra, quella più a nord, dove c'è una centrale di desolforazione dell'ENI in dismissione. Quindi, in sostanza, non è una situazione particolarmente significativa.
  Viceversa, il lotto di Ferrandina e il lotto di Pisticci sono situazioni abbastanza critiche, nel senso che a Ferrandina noi abbiamo delle situazioni particolari che vedremo dopo, a Pisticci c'è il depuratore del Tecnoparco e ci sono molte piccole e medie industrie.
  Una breve descrizione della Val Basento. È lunga 26 chilometri. Sostanzialmente abbiamo giacimenti metaniferi e stabilimenti di chimica di base della Pozzi (Ferrandina). La Pozzi è fallita ed è intervenuta l'azienda statale che, alla fine, ha regalato l'area al consorzio industriale. Peccato che è ovviamente contaminata, ma questa è una cosa abbastanza diffusa in Italia. In sostanza, abbiamo tre zone.
  È un'area molto, molto investigata, anche troppo probabilmente. Ci sono stati piezometri nel 2005 e nel 2007. La maggior parte di questi piezometri sono ormai inutilizzabili perché abbiamo quest'altra mania, che facciamo i piezometri, ma non pensiamo a fare un piano di manutenzione delle opere. In questo caso in più c'è una cosa importante, cioè che il piezometro in quanto tale è un foro in plastica che permette di campionare l'acqua, ovviamente, è anche un facilissimo veicolo di contaminazione della falda sottostante. Se il piezometro non è manutenuto, invece di essere uno strumento utile, diventa uno strumento pericolosissimo.
  In sostanza, abbiamo lavorato sui tre lotti. Quello della Val Basento è il secondo lotto. In questo secondo lotto c'è una cosa particolare, nel senso che durante lo smantellamento della Pozzi, Liquichimica, celle a cloro-soda, quindi mercurio, tutto il materiale è stato portato all'interno di un'area incapsulata, quindi un'area in cui hanno fatto un diaframma intorno e una copertura superiore.
  Senza entrare nel merito se questo incapsulamento funziona o no, cioè se svolge le sue funzioni, il problema è che noi non abbiamo contezza del fatto che i materiali non siano stati smaltiti solo in questa zona, ma anche nelle zone limitrofe. E noi di questo abbiamo testimonianza, perché abbiamo trovato contaminazioni da solventi clorurati e da mercurio anche nelle aree Pag. 9adiacenti a questa discarica, e questa è una cosa abbastanza particolare.
  Come vedete, ho riportato un po’ di concentrazioni per far vedere come, in funzione dei piezometri campionati, le concentrazioni cambiano notevolmente. Si arriva fino a migliaia di picogrammi. Su quest'area abbiamo preparato un progetto per la regione che è in fase di assegnazione della gara.
  L'intervento sulla Val Basento è in corso. È stata installata la barriera e sono state iniettate queste miscele che permettono la degradazione dei solventi clorurati. Quello è in corso. Qui, invece, sta per essere assegnata la gara. Anche qui abbiamo pensato a iniettare, secondo una barriera lineare, dei prodotti che servono a degradare i solventi clorurati invece di una barriera idraulica. Questo perché si tratta di una zona agricola e quindi la manutenzione sarebbe stata difficilissima. In più, la barriera avrebbe reso necessaria una manutenzione che, in effetti, qui abbiamo visto che non è così semplice da attuare.
  In più, qui c'erano dei pozzi utilizzati dai contadini per irrigare i campi il cui utilizzo è stato vietato dal sindaco di Ferrandina in più occasioni. Invece, più a sud, arriviamo a Pisticci, alla zona industriale più in basso. Come vedete, ci sono moltissime piccole e medie industrie.
  C'è il depuratore di Tecnoparco, ci sono centrali, c'è la famosa pista Mattei, un aeroporto che è stato costruito negli anni Sessanta che, ovviamente, in questo momento non è in attività. Qui è stata installata già una barriera, abbiamo fatto un progetto anche qui preliminare che prevede l'allargamento di questa barriera, ma sostanzialmente anche delle indagini perché abbiamo la sensazione che ci stia sfuggendo la sorgente di contaminazione, nel senso che non siamo sicuri della sorgente. Mentre per Ferrandina siamo abbastanza sicuri, qui abbiamo previsto anche delle indagini in più. Questo è un breve schema.
  Passo a Crotone. È un sito di interesse nazionale costiero in Calabria. Come vedete, è articolato in questa maniera: abbiamo delle ex industrie ENI, quindi ENI Gas, Pertusola, ENI Agricoltura e Fosfotec. In mezzo c'è Sasol, un'area Sasol che adesso non c'è più. Ci sono delle discariche a mare che vanno rimosse e un'area archeologica alle spalle. Parte dell'area archeologica è gestita dal comune e parte dal Ministero per i beni culturali.
  Qui c'è una barriera. Questo è stato uno dei cambi filosofici delle bonifiche in Italia, nel senso che per fare la barriera di Crotone il Ministero ha chiesto a Ispra e al sistema di produrre un protocollo di monitoraggio, infatti prima le barriere idrauliche non erano utilizzate perché si diceva che non contenevano la contaminazione e si utilizzavano le barriere fisiche. Ricorderete Porto Marghera e Venezia. Il problema delle barriere fisiche è che hanno un dispendio mostruoso di materiale, nel senso che i materiali vanno scavati, va comunque colata una miscela cemento bentonite, quindi c'è una grande movimentazione di volumi e soprattutto alle spalle di questa barriera fisica c'è sempre bisogno di una barriera idraulica. Quindi, conviene fare direttamente una barriera idraulica ben fatta, ben progettata, ma soprattutto ben monitorata e ben manutenuta.
  Su questo abbiamo fatto un protocollo che poi è stato il protocollo secondo il quale attualmente si monitorano tutte le barriere idrauliche in Italia.
  Il problema di questa barriera idraulica – qui vi illustro le criticità, poi, se volete, scendiamo nel dettaglio – è che sostanzialmente c'è una barriera che va da ENI Gas, Pertusola, si ferma a ENI Agricoltura e poi si ferma a Sasol, perché Sasol ha venduto la propria area a Croton Gres.
  Croton Gres è fallita, ma questo è un classico, e quindi adesso stiamo discutendo di chi farà la barriera. Capirete bene che una barriera che va da qui a qui, poi c'è un buco e riparte qui ha una funzione propria, ma non complessiva.
  Qui pure c'è una questione, perché, come al solito, da un lato il comune sta chiedendo, sta preparando una progettazione della barriera, dall'altro lato Sasol sta pure pensando a progettare; vedremo chi farà prima a presentare questo progetto. La gestione è abbastanza particolare. Pag. 10
  Abbiamo queste due discariche a mare, che sono abbastanza consistenti. La gestione di queste discariche non è banale, nel senso che si è deciso di rimuoverle, però per rimuoverle devono essere fatte delle azioni preventive per evitare che durante la rimozione sia per la dispersione che può avvenire, perché sono in mare, sia per evitare danni dalle mareggiate è stato approvato, tra la commozione generale, nel marzo 2019, un progetto.
  È stato il primo progetto approvato a Crotone dopo anni, quindi pare che sia stata una cosa epica, con il sindaco in lacrime. È stata approvata la fase 1 di questo progetto, che riguarda la realizzazione di una scogliera di protezione per ridurre i rischi. Poi ci sarà la fase 2, che riguarderà la rimozione delle discariche e il conferimento in una discarica che ancora non si conosce.
  Come dicevo prima, c'è una barriera idraulica che è operativa dal 2018. È stata recentemente danneggiata da una mareggiata, ma è stata rimessa a posto.
  Delle aree private di ex Sasol abbiamo parlato. ENI Gas ha un progetto di bonifica della falda. Sulle aree pubbliche a Crotone, come si vede, c'è questa problematica inerente il CIC (Conglomerato Idraulico Catalizzato). Sulla base di un'inchiesta giudiziaria è emerso che questo conglomerato che è stato utilizzato per sottofondi stradali e anche per altre cose, sottoposto a prove di eluizione, rilascia metalli.
  Dell'area archeologica – anche qui è in fase di elaborazione un progetto – ne abbiamo già parlato. È un progetto da 65 milioni. Abbiamo rilasciato parecchi pareri su questo progetto e abbiamo cercato di raddrizzarlo un po’ perché era abbastanza particolare. Poi c'è una discarica, la Tufolo-Farina, per i rifiuti solidi urbani per cui è in corso il progetto di messa in sicurezza e bonifica.
  Il presidente mi chiede di velocizzare.
  Vengo al fiume Sacco. Sostanzialmente è stato definito nel 2005. Poi c'è stata un'ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri, quindi nella sostanza avevamo un sito nel sito. In questo sito c'è una parte che era gestita dal Ministero e una parte che era gestita da un commissario che gestiva nove comuni. Il tutto è finito, poi, con la legge che ha ridefinito i siti di interesse nazionale.
  Il sito è stato restituito alla regione, la regione ha fatto ricorso al TAR ed è tornato SIN. La faccio breve. Avrei potuto romanzare un po’ di più, ma nella sostanza è questo. Adesso abbiamo un nuovo SIN, riperimetrato nel 2016, lungo 40 chilometri. Questa è la perimetrazione e poi, se volete, posso fornire ovviamente dati digitali, KMZ o quello che volete.
  Sul fiume Sacco stiamo facendo un protocollo operativo e indagini preliminari, che detto così non significa niente, ma l'obiettivo di questo protocollo è evitare rallentamenti, nel senso che una volta individuati – e questo l'abbiamo individuato noi come Ispra – i centri di pericolo, cioè le aree che comunque potevano essere industriali, abbandonate, siti orfani, ovviamente rimangono tutte le altre aree che sono dei contadini, delle persone, dei condomini, dei centri sportivi.
  In questo caso abbiamo preparato questo protocollo per far sì che chi voglia possa farsi, seguendo questo protocollo, delle indagini per conto suo e svincolare i terreni, ovviamente fatti salvi i controlli dell'Agenzia regionale per l'ambiente.
  È un modo per superare alcuni rallentamenti che hanno caratterizzato lo svolgimento delle attività di caratterizzazione nei SIN.
  Oggi c'è una riunione al Ministero – i miei colleghi sono al Ministero – per discutere di questo protocollo, con una serie di interlocutori tra cui la regione, l'ARPA. In più c'è un accordo di programma che vale 50 milioni di euro. Il soggetto attuatore è la regione. Ci sono una serie di interventi già descritti in questo accordo di programma.
  Visto che abbiamo impiegato molto tempo, noi e l'Agenzia, a ragionare sul bacino del fiume Sacco vorremmo chiedere alla regione se ritengano opportuni servizi. Noi potremmo utilmente ragionare con loro per fare i piani di caratterizzazione, perché questi sono tutti piani di caratterizzazione. Pag. 11
  Con i colleghi dell'ARPA abbiamo lavorato tanto su questo, abbiamo tanti dati, anche organizzati. Abbiamo anche fatto dei sopralluoghi, per esempio, alle Industrie Olivieri, che è un'industria particolarmente attenzionata, perché sembrava essere stata oggetto di interramento di rifiuti.

  PRESIDENTE. Non lo state facendo?

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra). No. Abbiamo chiesto appuntamento alla Direzione ambiente della regione Lazio per formulare questa nostra proposta. Siamo in attesa che ci venga confermato questo appuntamento, noi e l'Agenzia regionale, insieme all'ARPA ovviamente: ci troviamo sempre con i colleghi regionali, ovviamente, mai da soli.
  In questo caso sarebbe interessante, perché sono due anni che ci lavoriamo. Abbiamo fatto sopralluoghi e potrebbe essere utile sfruttare quello che abbiamo fatto insomma. Poi, ognuno, va avanti come ritiene più opportuno.
  Porto Torres. Anche qui siamo in Sardegna, SIN costiero, zona industriale anni Sessanta-Settanta, contaminata significativamente nel suolo e nelle acque sotterranee. Abbiamo anche delle discariche. Questa è la perimetrazione, questa è l'area industriale, questa è l'area ex ENI e qui c'è la centrale elettrica ex Enel, ex Endesa. Adesso non ricordo chi sia il gestore, perdonatemi.
  In più, nella perimetrazione è anche compresa un'area a 20 chilometri di distanza, che è la discarica Calancoi, una discarica di rifiuti solidi urbani del comune di Sassari, 2 milioni di metri cubi, superficie di 10 ettari. Sono quindici anni che andiamo avanti e indietro, perché, come al solito, manca qualcosa: manca questo, manca l'altro, presenti questo, presenti l'altro, e andiamo avanti così. In sostanza, è l'area industriale.
  Invece, per quanto riguarda l'area industriale, abbiamo un progetto di bonifica che riguarda i terreni dell'area Minciaredda, che è una discarica, dell'area Palte Fosfatiche e dell'area Peci. Queste erano le aree più contaminate nei suoli. Qui abbiamo sia rimozione e smaltimento, quindi il metodo classico, ma anche un trattamento on site di termodistruzione. Poi c'è un'area Cava Gessi sulla quale stiamo approfondendo le indagini. In realtà, il Ministero ha chiesto di approfondire le indagini che stanno seguendo i colleghi dell'ARPA Sardegna.
  C'è anche un progetto di bonifica della falda che è stato molto lungo e difficile da portare avanti, perché il problema di questo sito è che ha degli spessori di prodotto. Sapete che quando il contaminante raggiunge l'acqua, quando arriva a livello di saturazione, il contaminante non riesce più a disciogliersi nella falda, ma ritorna alla sua fase iniziale. Quindi, se è più leggero dell'acqua, va in superficie, tipo benzina, se è più pesante, come in questo caso, va giù, e questo diventa un problema, perché va giù e ovviamente non è una vasca da bagno. La base della falda ha una morfologia e quindi diventa difficilissimo trovare dove queste sacche di solventi clorurati si depositano.
  È un sito che lavora. Ricordo che sono andato a fare il primo sondaggio nel 1995, ma lavoravo per un'altra «parrocchia». È un sito per alcuni versi spettrale, ma stanno piano piano recuperando.
  Questo è il progetto della falda. Qui c'è un barrieramento e qui c'è una barriera monitorata. Li abbiamo convinti a fare gli interventi per recuperare quelli che noi chiamiamo DNAPL (Dense Non Aqueous Phase Liquids) con un acronimo inglese, ma sostanzialmente sono sacche di solventi clorurati che si depositano sul fondo della falda. Li abbiamo convinti a fare delle azioni per il recupero sia di questi DNAPL che delle porzioni della falda più contaminate, perché ovviamente una barriera non risolve il problema, evita solo che la falda contaminata raggiunga il mare.
  Tuttavia, se non agisco sulle sorgenti questa barriera va avanti per i prossimi cento anni senza niente.
  Centrale Fiume Santo. Abbiamo il progetto definitivo di bonifica di terreni e della falda. Pag. 12
  Terni-Papigno. Questa è la perimetrazione.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Al limite, se non ci dovesse essere sufficientemente tempo per fare domande o approfondimenti, ovviamente, siamo disponibilissimi a ritornare anche su temi specifici. Adesso ci siamo orientati a dare un quadro. Però, ovviamente, siamo assolutamente a disposizione.

  PRESIDENTE. Noi abbiamo tempo, quindi decidete voi.

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra). Terni-Papigno si trova lungo il corso del fiume Nera, sito di interesse nazionale, siamo in Umbria, ovviamente. Quello che salta all'occhio è lo stabilimento AST di Terni, Acciai Speciali Terni.
  Vi invito sin da adesso a puntare la vostra attenzione su questo ovale giallo che si chiama aree di scarico e località a valle, perché è una cosa interessante che poi vedremo.
  Ci dovrebbe essere qui da qualche parte una strada statale che passa sotto le discariche e poi vi dico qual è il problema di questa strada statale. La parte più ingombrante è l'AST. Poi, abbiamo varie centrali elettriche, abbiamo delle aree militari dismesse, lanifici dismessi, discariche di Papigno. Abbiamo un po’ di cose. Questo è l'elenco delle aree che sono comprese nel SIN di Terni-Papigno. Qui iniziamo a ragionare, nel senso che abbiamo delle aree di competenza di AST, attualmente Thyssenkrupp, area stabilimenti.
  Come sapete, è uno stabilimento che produce acciaio, laminati, acciaio inox. Ha aree a caldo e aree a freddo. Per i terreni il procedimento è concluso, nel senso che sono stati bonificati attraverso la rimozione. Per quanto riguarda la falda è stato un po’ più difficile perché la falda qui si trova a circa 60 metri. All'inizio c'è stata un po’ di resistenza da parte dell'azienda ad arrivare a questa profondità perché, ovviamente, è un grande impegno economico arrivare a 60 metri con i piezometri. È anche difficile tecnicamente, insomma. Però, sono stati fatti. È emersa una contaminazione da cromo totale, cromo esavalente, tricloroetilene, solfati. Hanno una messa in sicurezza di emergenza. Loro hanno calato in questi piezometri delle pompe che prelevavano l'acqua, quest'acqua viene trattata da un depuratore e poi viene scaricata e riportata ai livelli da autorizzare. La falda è sotto controllo. È stato richiesto, nell'ambito delle conferenze di servizi, di fare un piano di caratterizzazione integrativo. L'azienda ha presentato i documenti, ma il Ministero non ha chiesto ancora il nostro parere. Sinceramente, se il Ministero non chiede non ci mettiamo a ragionare sui documenti, anche se li teniamo nel dovuto conto.
  Poi, c'è un'area ex discarica limitrofa allo stabilimento Thyssenkrupp. Questa è una discarica dal 1972. C'è un abbancamento di materiali refrattari. Vado un po’ indietro per farvela rivedere. È questa, area ex discarica limitrofa a stabilimento. Vedete, è al di fuori del pallino giallo. Questa discarica è così vecchia e così assestata che ci hanno costruito dei capannoni, ci sono degli uffici tecnici della Thyssenkrupp.
  È aperto un procedimento per la caratterizzazione integrativa, perché ovviamente il problema degli scarichi è capire che cosa c'è dentro per indirizzare meglio gli interventi poi di messa in sicurezza, perché se non si capisce quali sono le sorgenti potrebbe essere difficile poi fare gli interventi.
  Questo, invece, è il «papiello» generale. Questo è un bel problema. La faccio breve e poi, se volete, approfondiamo. In estrema sintesi sono delle discariche succedutesi negli anni. Ci sono sia discariche industriali, quindi di scorie, sia discariche di rifiuti solidi urbani. La cosa bella è che nella discarica dove è scritto «ex RSU» ci sono strati diversi di rifiuti solidi urbani e scorie. Questo complica un po’ le cose. Alcune discariche sono state autorizzate dalla provincia per essere ulteriormente coltivate, quindi risagomate e risviluppate. Il problema qui è che noi non siamo sicuri Pag. 13della impermeabilizzazione di base, di tutte le opere di ingegnerizzazione che sono state fatte.
  Abbiamo documenti dai quali si evince che alcune delle aree sono state impermeabilizzate, però, come voi sapete, se la discarica non è gestita bene, i rifiuti vengono smaltiti un po’ anche debordando e quindi questo potrebbe essere stato uno di questi casi.
  Il problema è che queste discariche si ha l'intenzione di risvilupparle, quindi bisognerebbe forse prima capire bene cosa c'è.
  C'è poi un problema sulla falda, nel senso che qui c'è una falda superficiale e una profonda, la cui direzione non è chiara. La cosa più importante è che al di sotto di quest'area c'è una galleria stradale.
  Nel 2014 ARPA Umbria ha riscontrato una contaminazione delle acque di percolamento presenti all'interno della galleria. ANAS e Thyssenkrupp hanno predisposto una serie di misure che consistono in intercettazione, raccolta e smaltimento delle acque di percolamento tuttora in corso. In estrema sintesi, noi abbiamo una galleria che drena il percolato delle discariche. Qui ci sarebbe un po’ da ragionare.
  In questa discarica ci sono altre problematiche, sempre connesse alla falda e alla direzione della falda, così come ci sono aree di proprietà di Thyssenkrupp, ma che sono state sede di altre attività. C'era uno iutificio, un lanificio, uno stabilimento, ma qui possiamo anche andare rapidi, così riesco a conquistare la vostra attenzione per i prossimi SIN.
  Il Sulcis-Iglesiente-Guspinese è un SIN che è stato riperimetrato per fortuna, perché all'inizio era vastissimo e soprattutto non ci aiutava a gestire le cose. Come ben sapete, ci sono tre aree industriali. Una è Portoscuso-Portovesme, famosissima; poi c'è Sarroch, che è sede di una delle più grosse raffinerie del Mediterraneo, della Saras; e infine c'è Assemini, che sta sullo stagno di Santa Gilla, una zona industriale di Cagliari con piccole e medie industrie. In più c'è una bella industria ex ENI che ha avuto dei problemi con le peci clorurate. C'è una barriera idraulica, però è abbastanza sotto controllo, nel senso che sono stati approvati, come vedete, i progetti di bonifica e di messa in sicurezza operativa.
  La messa in sicurezza operativa in pratica è una tecnica di bonifica che si usa negli stabilimenti in produzione, nei quali sostanzialmente si cerca di garantire la produzione e di fare le bonifiche senza interferire, o almeno garantendo che la produzione possa continuare. Questo ovviamente dà dei limiti alle bonifiche, che poi si rimandano ovviamente alla chiusura dell'attività industriale dello stabilimento.
  Come ben sappiamo, nell'area industriale di Portovesme ci sono parecchi soggetti: Alcoa, Enel, Eurallumina, Ligestra. Come sapete, ci sono dei progetti di risviluppo. Immagino che conosciate molto bene il bacino dei fanghi rossi nella laguna di Boi Cerbus.
  La realtà un po’ più difficoltosa sono le aree minerarie, nel senso che gestire queste aree minerarie è difficile perché, come immaginerete, sono volumi molto significativi, con presenze naturali di metalli e, quindi, gestire la bonifica di questi oggetti diventa abbastanza problematico. Stiamo cercando di gestirli sviluppando i nostri protocolli sui valori di fondo, che ci consentono di mettere in evidenza effettivamente le contaminazioni rispetto ai valori di fondo naturale.
  Questa è la sintesi. Sono stato veloce, ma se volete poi approfondiamo.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Vorrei aggiungere una cosa, presidente, se mi consente. Ovviamente noi qui abbiamo fatto un focus su alcuni dei siti, perché sono 41. Se si vogliono approfondire anche altri, si può fare. Inoltre, ci siamo ovviamente concentrati sul tema bonifica a terra. In tanti di questi siti ci sono delle perimetrazioni che riguardano anche il mare e, quindi, tutto il tema dei sedimenti. Ieri credo che abbiate fatto un convegno qui. Ovviamente, se c'è necessità di fare approfondimenti anche su questo, siamo disponibili. Abbiamo un'unità tecnica che si occupa specificatamente di queste questioni.
  Lo volevo dire per i parlamentari, perché quando si parla di SIN spesso ci sono Pag. 14il tema terra e il tema mare, che sono problematiche a volte diverse tecnicamente, che vanno affrontate con modalità assolutamente differenti.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLA NUGNES. Buongiorno, vi ringrazio molto. Io gradirei, se fosse possibile, avere dall'Agenzia approfondimenti anche sugli altri SIN. Ho qualche domanda da farvi, nonostante la bella relazione approfondita.
  Mi farebbe piacere soprattutto avere un quadro più chiaro del nuovo rapporto di ISPRA con le Agenzie. Cosa è cambiato con la legge sulle Agenzie? In pratica ISPRA si interessa in qualche misura anche dei SIR? Il decreto Clini per quanto riguarda gli ex SIN manteneva in piedi alcuni impegni importanti del Ministero rispetto ai SIR, quindi sarebbe interessante, semmai non come risposta adesso, avere una relazione di cosa è accaduto di questi siti, per esempio Pianura. Anche se è un interesse territoriale, è stata anche una delle discariche più grandi d'Europa e tutto giace, tutto è sospeso.
  Mi ha sorpreso sentire qualcosa sulle bonifiche dei valori di fondo. Come si procede effettivamente su questi dati? ISPRA, oltre ai pareri, alle valutazioni e, quindi, anche – credo – alla vidimazione dei monitoraggi, è autorizzata a fare anche dei progetti? Il Ministero può chiedere direttamente a ISPRA? Potrebbe essere una cosa auspicabile?
  Perché non si procede con le bonifiche in definitiva? Noi sappiamo bene che anche nella vecchia legislatura c'è stata una grossa implementazione di tutti i decreti attuativi, ma che comunque poi non si è dato corso alle bonifiche. I dati che ci ha riportato parlano del 12-15 per cento tra bonifica e messa in sicurezza, quindi è un dato che evidenzia un problema. Voi avete fatto un ragionamento chiaro su qual è il problema, oltre ovviamente a quello economico?
  Riguardo al fatto che ci siano più proprietà, in Italia abbiamo comunque la possibilità dell'esproprio. Perché non si procede in questo senso? Venendo ai suggerimenti, noi abbiamo fatto qualche proposta legislativa sulla responsabilità della contaminazione, soprattutto dell'acquirente, perché questa è una responsabilità che in altri settori esiste. Nell'acquisto di una casa, per esempio, sulla parte anche non nota, non condonata, non lecita, c'è una responsabilità conseguente. Come è possibile che non si riesca a determinare nella fase di acquisto una responsabilità anche sul pregresso? Nel momento in cui ci si appropinqua a fare l'acquisto si deve avere la possibilità di accedere ai siti e di fare tutte le valutazioni e nel momento in cui si acquista si prendono tutte le responsabilità. Cosa ostacola questo procedimento?

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra). Cerco di rispondere, perché in effetti sono domande sulle quali ragioniamo da tanto tempo.
  Cosa è cambiato con il sistema? È cambiato molto, nel senso che noi prima avevamo rapporti con le Agenzie ovviamente anche per questioni tecniche, ma avendo un sistema definito normativamente cambia tutto, perché abbiamo la possibilità e abbiamo il luogo, sia istituzionale sia fisico, per confrontarci con i colleghi. Abbiamo la possibilità di sviluppare insieme i protocolli, abbiamo la possibilità di coniugare e confrontare due punti di vista: il nostro, che è centrale, un po’ più teorico, un po’ più tecnico, e il loro, che è un po’ più pratico, nel senso che a loro bussano alla porta le persone per chiedere perché certe cose non vanno.
  Ci siamo resi conto che molte delle nostre costruzioni teoriche falliscono nell'applicazione giornaliera. Inoltre, c'è molto scambio, perché ovviamente Ispra svolge un ruolo di coordinamento e, quindi, riesce anche a facilitare la diffusione delle informazioni. Noi riusciamo a portare conoscenze della Lombardia in Puglia o della Calabria in Trentino, e questa è una cosa importante, perché ci fa crescere come sistema, ci rende più fertili, ci dà anche più robustezza. Pag. 15
  Per esempio, il Ministero ci chiede pareri congiunti e, se dobbiamo redigere un documento su Porto Torres, lo facciamo congiuntamente ai colleghi dell'ARPA Sardegna. Questo ci permette sia di confrontarci sia di arricchire il parere, perché ovviamente noi non conosciamo la situazione specifica del sito, viceversa i colleghi ci stanno giornalmente, conoscono magari il pozzo che non funziona, conoscono la zona in cui ci sono i DNAPL e quindi riusciamo a costruire un parere molto più robusto.
  In più, essendo sistema, ci possiamo permettere anche di fornire delle linee guida nelle specifiche procedure che possono rendere più robuste le scelte di chi decide. Se noi come sistema facciamo un protocollo, spesso condiviso con ISS/INAIL, suoi valori di fondo, per esempio, quando portiamo al decisore un documento o quando esaminiamo un documento di un soggetto obbligato che ci porta uno studio sui valori di fondo, che segue la procedura, siamo tutti più tranquilli. Siamo più tranquilli noi che abbiamo fatto il protocollo, ma anche il decisore è più tranquillo, perché ha una leva robusta sulla quale declinare la decisione.
  Questa è un po’ la sintesi. Si potrebbe discutere tanto, ma noi personalmente siamo cresciuti molto. Rispetto a questa presentazione e a queste slide, voi ci avete fatto la «sorpresa» di cambiare il tema quattro giorni prima, ma comunque siamo riusciti a fare questa operazione mettendola su carta, ovviamente confrontandoci con le Agenzie. Noi da soli non abbiamo queste informazioni, se non su alcuni siti che magari conosciamo personalmente perché ci abbiamo lavorato in passato.
  Per quanto riguarda i SIR, stiamo facendo questo grosso lavoro, come dicevo prima, ovvero questo database sui siti contaminati, che riguarda principalmente i siti di interesse regionale per adesso. Sui siti di interesse nazionale, essendo di competenza del Ministero, ci siamo offerti di organizzare i dati in possesso del Ministero stesso secondo i nostri criteri, in modo da avere un criterio unico per tutti i siti contaminati, siano essi di livello nazionale o di livello regionale.
  È stato un grosso sforzo, perché, come voi sapete, molte regioni non hanno neanche le anagrafi regionali e i software per gestire questi dati. Quello che stiamo facendo è organizzare un database, che abbiamo, implementarlo di anno in anno con maggiori dati e costruire un applicativo – chiamiamolo così – che poi potrà essere distribuito gratuitamente e utilizzato da tante regioni che ce lo chiedono, perché non hanno questi applicativi per gestire i dati sui siti di interesse regionale.

  PAOLA NUGNES. Intende le ARPA...

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra). Sia le ARPA sia le regioni stesse. Alcune regioni non hanno applicativi. Adesso non faccio nomi, ma ci chiedono continuamente di passargli applicativi. Voi sapete che c'è un applicativo molto potente della regione Toscana che si chiama SISBON (Sistema informativo siti interessati da procedimento di bonifica). Il problema di questo SISBON è che è pesante e richiede delle macchine potenti. Stiamo progettando e realizzando un applicativo che, invece, è molto leggero e utilizzabile da tutti con molta tranquillità.
  Questo consente a noi come sistema di renderci anche un po’ più autonomi dalle regioni, nel senso che stiamo costruendo un ponte per far viaggiare i dati dalle anagrafi regionali al sistema senza avere contraddizioni e soprattutto renderli trasparenti a tutti, in modo che tutti abbiano i dati sui quali ragionare.
  Per quanto riguarda gli accordi di programma, sinceramente sono decisioni del Ministero. Noi sappiamo che le risorse dei siti che sono migrati alla competenza regionale sono rimaste, per esempio su Saline Alento qualcosa è rimasto, ma sinceramente non ci occupiamo di queste procedure.
  Per quanto concerne i valori di fondo, come dicevo, abbiamo realizzato delle linee guida molto belle. Anche a livello europeo Pag. 16hanno riconosciuto il nostro sforzo. Anche queste sono state fatte con le Agenzie. È stato un grosso lavoro che è durato due anni, in questi tavoli che facciamo con le Agenzie nei nostri programmi triennali di sistema. Abbiamo fatto queste linee guida sui valori di fondo, sui criteri per la gestione dell'inquinamento diffuso e, recentemente, sul soil gas, che, come sapete, sono oggetto di alcuni commenti da parte di Confindustria. Abbiamo aperto un tavolo e stiamo ragionando con loro soprattutto sul modo di applicare queste linee guida nelle varie situazioni. Loro ovviamente sono preoccupati, perché gli si apre una porta che fino adesso era chiusa, però mi sembrano anche abbastanza proattivi, adesso dobbiamo trovare un punto di caduta per uscirne.
  La proprietà, come abbiamo detto, è uno dei problemi storici che rallentano i SIN. Purtroppo è così, nel senso che non abbiamo questa taglia anglosassone. Gli anglosassoni quando fanno i passaggi di proprietà – e questo poi si riflette nella nostra nazione solo quando ci sono compravendite fra grosse multinazionali – hanno nei bilanci le passività ambientali, quindi tu prima di vendere mi metti nel bilancio X milioni di euro oppure mi fai una fideiussione sulla quale io mi possa appoggiare.
  Io ho seguito dei passaggi proprietari. Poiché si parla sempre e comunque di una cosa che è difficile da vedere e soprattutto quando si mette mano in uno stabilimento è difficile capire tutte le cose che usciranno, generalmente ci si cautela con delle fideiussioni, dicendo: «Io ti sconto X dal prezzo, ma in più tu mi apri una fideiussione, in modo che se trovo il serbatoio di cloroetilene che ha perso 140 tonnellate ho dei soldi per agire su quella situazione».
  Anche sulla responsabilità della contaminazione come sistema stiamo facendo una linea guida, perché in effetti esistono delle procedure, anche forensi, che sono utilizzate anche in Italia, ma ovviamente sempre migrate dal mondo anglosassone. Anche in questo caso ci sono parecchie procedure da utilizzare e stiamo cercando di fare, sempre con il sistema delle Agenzie, delle procedure che però siano applicabili.
  Infatti, il nostro problema di sistema è questo: creare delle linee guida e dei protocolli che siano applicabili. A volte infatti si realizza il miglior protocollo del mondo, come ci è capitato su alcune matrici, ma poi non si può applicarlo, sia perché c'è un problema di competenze delle Agenzie, che non ne hanno, sia perché c'è un problema di soggetto obbligato. Infatti, se noi parliamo con grosse multinazionali, non ci sono «problemi economici», invece certamente, se mi vado a interfacciare con la piccola e media industria e gli chiedo 10.000 euro per caratterizzare 200 metri di sedimenti di acque interne, giustamente posso avere dei problemi. Si tratta di bilanciare. Questo è il grosso lavoro che facciamo come sistema: cercare di capire dove ci dobbiamo fermare, trovando il più possibile dei criteri che non implichino grossi impegni finanziari.

  STEFANO LAPORTA, Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Per quanto concerne la declinazione del sistema in questi primi due anni di attività, da quando è entrata in vigore la legge, ovviamente siamo in una fase di crescita, ma sta dando risultati positivi sotto il profilo dell'omogeneizzazione delle prestazioni e della maggiore efficacia dei rapporti con i Ministeri. Parlo di «Ministeri» perché non c'è solo il Ministero dell'ambiente. In questo momento abbiamo interlocuzioni aperte anche con altri Ministeri, per citare una cosa che può sembrare lontana addirittura con il Ministero dell'interno per il tema della gestione della fauna selvatica o per alcuni profili di gestione, ma anche con il Ministero dello sviluppo economico e con il Ministero della salute. Sono aperte anche collaborazioni con altri Dicasteri e con le amministrazioni regionali. Si sta facilitando anche il rapporto in termini di interlocuzione con l'autorità giudiziaria, perché attraverso la raccolta dati e la loro omogeneizzazione si stanno creando anche delle possibilità di collaborazione di carattere conoscitivo e informativo, e ciò sta accadendo anche con le forze dell'ordine. Noi abbiamo sottoscritto un protocollo d'intesa con l'Arma generale dei carabinieri Pag. 17come sistema e spero di arrivare presto a siglare anche un protocollo d'intesa con la Procura generale della Cassazione, oltre che con la Guardia costiera.
  Alcune vicende recenti e drammatiche per la loro importanza, anche in Puglia, hanno testimoniato la possibilità che abbiamo avuto di poter parlare a una sola voce. Questo, anche sotto il profilo del rapporto di fiducia necessario sia con le istituzioni sia con i cittadini, è stato importante per testimoniare la qualità del sistema dei controlli e del sistema pubblico ambientale.
  Adesso stiamo cercando di fare di quell'esperienza un'esperienza pilota per integrare i dati anche con la salute, ma soprattutto per rendere la nostra reportistica in materia più strettamente ambientale, più chiaramente intellegibile e comprensibile. Ovviamente stiamo attenti sia alla qualità del dato che diffondiamo sia al fatto che questa diffusione di dati venga effettuata con cadenza regolare e, quindi, sia tempestiva e consenta a tutti di farsi un'idea precisa di quello che sta avvenendo. Ovviamente noi diamo le chiavi di lettura e forniamo anche i modelli interpretativi, ma poi evidentemente ognuno legittimamente, leggendo un dato, lo può interpretare come meglio ritiene.
  Questo, secondo me, è un valore aggiunto. Stiamo crescendo e lo stiamo implementando, ovviamente attraverso norme e guide tecniche. È un lavoro su cui magari sarò anche più preciso, perché io, come presidente, devo trasmettere la relazione sull'attività svolta nell'anno precedente entro giugno prossimo, quindi magari se avrete interesse l'approfondiremo anche in termini di sviluppo futuro.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Rispetto alla considerazione che ha fatto la senatrice Nugnes e che aveva detto in premessa il dottor Pascarella, visto che siete ovviamente legislatori, non è secondario il frazionamento normativo che fa da cappello a tutto il tema delle bonifiche. Come veniva ricordato, ci sono moltissime norme che sono sparse in vari provvedimenti e spesso alcune sono contraddittorie, quindi fare un testo unico o comunque razionalizzare il quadro normativo sarebbe utile, sia per chi deve bonificare sia per chi deve controllare.
  Inoltre – anche questo veniva ricordato dal dottor Pascarella – non c'è dubbio che il procedere con linee guida tecniche su una materia come questa, che è in continua evoluzione, è importante. Una volta che si ha il quadro normativo, proprio per non ingessare il sistema, sarebbe opportuno discendesse poi una credibilità nei confronti di linee tecniche che, tra l'altro, con la nuova norma sono vincolanti per tutto il sistema. Con la legge n. 132, una volta che la linea guida tecnica viene approvata dal consiglio che il presidente presiede, essa diventa vincolante per il sistema agenziale. Questo è un ulteriore valore aggiunto che la legge ha portato per il sistema.
  Tuttavia, come traspariva dalla relazione, c'è la necessità di approfondire ulteriormente le conoscenze. Noi abbiamo ancora dei siti di interesse nazionale, oltre a quelli regionali, in cui il grado di conoscenza – parliamo soprattutto di falde e anche di siti importanti – non è tale da consentire un intervento fattivo, perché i dati sono frammentati. Ci sono aree dove magari si sono verificati diversi commissariamenti o una stessa area fisica che, però, è gestita da un punto di vista amministrativo da tre o quattro componenti diverse. In precedenza è stato fatto l'esempio di Gela, di questo sistema di barrieramenti che magari da un punto di vista amministrativo funziona, ma da un punto di vista idrogeologico no, quindi fai fatica anche a intervenire in maniera efficace.

  CHIARA BRAGA. Molto brevemente, ho notato con piacere che anche nella relazione e nelle slide evidenziate sono stati richiamati alcuni dati ed è stata utilizzata come fonte la relazione approvata da questa Commissione nella scorsa legislatura. Richiamandomi a quella, è noto a tutti, sicuramente al presidente, al direttore e al dottor Pascarella, che tra le conclusioni noi avevamo evidenziato una serie di criticità nelle modalità di attuazione delle bonifiche, come il numero impressionante di Pag. 18riunioni e di conferenze di servizi e, quindi, un eccesso di procedimenti interlocutori.
  In base alla vostra esperienza, questo punto, che a mio avviso è uno dei punti più critici, ovvero la possibilità di produrre da una serie di interlocuzioni delle decisioni concrete, ritenete sia effettivamente così? Eventualmente, nel caso, come si può provare a cambiare in qualche modo questo aspetto?
  La relazione era stata approvata a fine della scorsa legislatura, quindi a fine febbraio. È passato poco più di un anno e abbiamo anche una nuova guida al Ministero. Avete riscontrato una serie di stati di avanzamento di metodo e di risultato in termini generali? Non c'è modo di entrare in tutti i SIN evidentemente.
  Per quanto concerne i vari SIN vi chiedo per interposta persona, perché un collega oggi non è potuto essere qui per un problema familiare, se è possibile avere, anche successivamente, non oggi, un aggiornamento sullo stato di avanzamento eventuale del SIN di Priolo.
  Infine, anche alla luce delle indicazioni che sono emerse negli ultimi interventi sull'importanza delle linee tecniche e delle linee guida, ho saputo che il Ministero ha avviato un progetto a valere sul PON governance che si chiama «Mettiamoci in riga», a cui ha invitato a partecipare anche il sistema di Ispra, per la raccolta di informazioni e linee guida, finalizzato a un manuale tecnico. Voi siete stati coinvolti. Qual è il vostro obiettivo? Ritenete che questo possa essere lo strumento per raggiungere effettivamente l'obiettivo di ottimizzare, così come dice il progetto, la gestione dell'intero processo di bonifica delle aree SIN? Vi chiedo se potete darci un aggiornamento sul punto.

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra). Sulle procedure in effetti è vero. È una cosa abbastanza nota questa delle procedure. Noi su questo sinceramente ci siamo abbastanza impegnati, anche a livello personale, nel senso che elaborando dei pareri congiunti ovviamente facciamo un grande passo avanti, perché risolviamo prima di tutto quello che rimane irrisolto.
  In più, spesso siamo così bravi da fare dei pareri congiunti anche con l'Istituto superiore di sanità e con INAIL. Infatti, come sapete, l'Istituto superiore di sanità è molto coinvolto per la parte che riguarda l'analisi del rischio, così come l'INAIL è molto coinvolta per la parte relativa alla salute dei lavoratori. Tutti i nostri pareri sono congiunti, tranne alcuni particolari sui quali purtroppo non riusciamo a trovare un punto di caduta e, quindi, ognuno si presenta con il suo, ma è successo una sola volta negli ultimi due anni. Ovviamente dipende molto dalle Agenzie. Sinceramente più di questo non sapremo cosa fare.
  Inoltre, come ho già evidenziato prima, alla fine la conferenza si basa tutta sui pareri tecnici. Quello che secondo me manca spesso è un po’ più di coraggio, un po’ più di determinazione della parte «politica», ovvero delle amministrazioni, perché certe scelte sono tecniche, ma ovviamente richiedono anche un impegno politico, una decisione politica, una declinazione politica nella realtà nella quale si vive. Noi non possiamo fare questo. Noi possiamo dire qual è tecnicamente la cosa migliore, però poi ci vuole uno sforzo da parte degli enti coinvolti, che spesso si limitano a riportare cosa dice l'Ispra. Questo è un po’ limitante.
  Sul piano di aggiornamento non c'è problema. Sulle linee guida e il progetto «Mettiamoci in riga» nella pratica è avvenuto che siamo stati coinvolti in una riunione in cui abbiamo preso atto che esiste questo progetto e ci siamo messi in riga. Durante questa riunione ci siamo permessi di sottolineare che alcune cose che venivano previste da parte del Ministero, in particolare da parte della società in house del Ministero stesso che sta gestendo questa cosa, erano di competenza del sistema, nel senso che, se c'è una legge, le linee guida su quelle tematiche sono fatte dal sistema. Si può discutere, nel senso che le possiamo fare insieme, ma...

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Scusi se Pag. 19completo la risposta, che giustamente deve esserci. Per quanto riguarda l'interlocuzione col Ministero, non c'è dubbio che anche dai risultati della scorsa Commissione emerge che qualche difficoltà c'è, perché la problematica è complessa.
  Sapete bene che oggi la situazione all'interno del Ministero, in particolare nel rapporto Ministero-Sogesid, la società in house che dava il supporto tecnico anche e soprattutto su questo tipo di attività, è in una fase di criticità e di discussione. Non sta a me ricordarlo, avete affrontato il tema. Di conseguenza, anche il Ministero, che recentemente peraltro ha cambiato i propri vertici direzionali, si sta riorganizzando, perché quella è una direzione molto grande e, quindi, anche nella riorganizzazione che il Ministero sta affrontando molto probabilmente cercherà di potenziarla – almeno queste sono le linee di confronto con il Ministro – anche avvalendosi molto di più dell'attività di Ispra.
  Questo è un ragionamento che noi abbiamo già attivato con il Ministero, per poter supportare ulteriormente da un punto di vista tecnico tutte le procedure assolutamente complesse dei siti di interesse nazionale, quindi vi è un'interlocuzione interattiva in corso.
  Il progetto «Mettiamoci in riga» era un progetto nato con un'architettura probabilmente diversa rispetto a quella che oggi si realizza, era nato pensando che probabilmente il supporto della società in house fosse molto più forte di quello che è diventato in seguito alle scelte fatte.
  Dopodiché, in questa interlocuzione che è nata ovviamente, essendoci una legge approvata, la legge n. 132, che dà dei compiti, abbiamo di fatto ricalibrato le diverse responsabilità, quindi chiaramente il Ministero ha le sue, Sogesid manterrà una coda di quel progetto, ma non c'è dubbio che tutta la parte di costruzione delle linee guida tecniche rientra nel sistema.
  Non è che noi lavoriamo in maniera indipendente rispetto al Ministero, abbiamo un confronto continuo, per cui ci stiamo anche strutturando e organizzando per fare in modo che una volta che le linee guida tecniche saranno in fase di uscita ci sia un confronto, non solo con gli stakeholder di riferimento, ma soprattutto con il Ministero, perché quest'ultimo è quello che ha la responsabilità di tutto il procedimento di carattere amministrativo. Questi sono i passaggi.
  Non c'è dubbio che il tema dei siti di interesse nazionale e delle bonifiche è uno dei temi più complessi. Peraltro, quello che ricordava il dottor Pascarella credo sia molto importante. Tra i diversi protocolli che ricordava prima il presidente, abbiamo siglato questo con l'Istituto superiore di sanità. Sapete che se ne firmano tanti di protocolli. Uno può pensare: «Va bene, un protocollo in più, un protocollo in meno». In realtà, questo è particolarmente importante e stiamo cercando di affrontarlo, perché spesso le visioni di approccio tecnico che ha il sistema sanitario nel suo complesso, sui territori l'USL e a livello nazionale l'Istituto superiore di sanità, rispetto, ad esempio, a un tema come la valutazione del rischio non sono di carattere ambientale. Sono due approcci differenti e hanno bisogno, invece, di trovare una voce unica, perché poi giustamente per il cittadino o lo stakeholder esterno un rischio rappresenta un rischio e vogliono che sia esplicitato nella maniera più semplice possibile.
  Su questo c'è veramente un fortissimo impegno. Il presidente ricordava dei protocolli. Questo è particolarmente operativo, cioè stiamo proprio lavorando su queste questioni per cercare di parlare anche in questo caso con una voce unica come sistema pubblico.

  STEFANO LAPORTA, Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Aggiungo solo che è stata istituita di recente una commissione per la sburocratizzazione presso il Ministero dell'ambiente. Credo che si sia appena riunita e che abbia fatto un paio di riunioni. Non è il primo tentativo, a onor del vero, però c'è una perimetrazione di attività che potrebbe anche toccare alcuni dei temi che stanno emergendo adesso relativamente alle bonifiche e ai siti contaminati.

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  MARZIA FERRAIOLI. Io, benché nuova al tema, intendevo suggerire esattamente quello che è stato detto da ultimo dal presidente Pascarella. I miei appunti dicono che c'è una lontananza siderale tra i vostri studi e l'aspetto operativo, perché dal punto di vista tecnico, dal punto di vista teorico, dal punto di vista dello studio, voi avete le contezze. Il problema poi è ottenere la realizzazione di quello che suggerite, se non ho capito male.
  Pertanto, volevo proprio proporre questo. Il problema enorme è nei tempi tra le vostre indicazioni e l'operazione che poi va fatta, che trova una serie di ostacoli, una serie di personaggi, in senso positivo ovviamente, e una serie di organi che forse ostruiscono quello che andrebbe fatto subito. Infatti, qui c'è un problema di immediatezza di intervento.
  Io ho sentito delle cose terribili che non conoscevo e capisco che non possiamo stare ancora ad aspettare che vi sia l'acqua che percola dal soffitto di una galleria. Da quanti anni sta lì? Com'è che non si risolve?
  Il mio intervento vuole chiedere a voi esperti, che avete studiato benissimo la questione, conoscete tutti i passaggi e conoscete gli ostacoli, di indicare nelle linee guida..., non mi piacciono le linee guida, non mi piacciono i protocolli. Sono discorsi messi là che poi non trovano concretezza. Credo che, invece, le vostre indicazioni, più che linee guida, debbano essere delle indicazioni peculiari, anche in termini di sburocratizzazione, perché ci sono troppi passaggi che rallentano l'operatività.
  Ignoro alcuni aspetti e può darsi che dica anche delle cose sbagliate. Dei commissari regionali che si colleghino direttamente con voi sono previsti? Non mi dite che c'è l'ARPA, perché sappiamo bene come funziona spesso l'ARPA in alcuni contesti. Ci vuole una proiezione di chi è veramente esperto sui singoli territori, sulle singole regioni, perché altrimenti non usciremo mai da questo disastro. Questa è la mia idea. Sarà un po’ eccessiva, sarà fuori riga. Non so se rientra nel tema o è una mia fantasia, ma ho l'esigenza etica di sollecitare una celerità che diventa sempre più...

  PRESIDENTE. Quando usciranno queste linee guida?

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Le linee guida sono di diversi tipi e di diverso genere. Ne ha ricordate almeno cinque o sei prima il collega Pascarella.
  Perché le linee guida sono importanti? Perché, nel momento in cui diventano vincolanti, le autorità di controllo devono applicarle poiché, tra l'altro, diventano riferimenti anche per l'autorità giudiziaria. Una volta che esce una linea guida, oggi ha più valore di prima, perché appunto è vincolante – l'ho detto prima – per tutto il sistema.
  Dove ci siano situazioni di emergenza o di urgenza, noi siamo disponibili a collaborare con chiunque. È chiaro che ci sono dei passaggi che non dipendono da noi. Le modalità amministrative non sono di competenza dell'Ispra. Stiamo facendo un lavoro come sistema molto interessante e proficuo col commissario alle bonifiche Vadalà, ad esempio, in questo caso, commissario nazionale. È riuscito a sbloccare la sua attività – chiedetelo a lui, non lo dovrei dire io – grazie al lavoro che gli abbiamo fatto noi come sistema agenziale. Gli abbiamo dato tutto il supporto tecnico per poter affrontare le bonifiche. E voi sapete che, rispetto a una serie di vecchie discariche in infrazione, siamo rientrati in maniera efficiente ed efficace. Oggi, paghiamo molto meno rispetto a prima.
  In questo caso, quindi, il lavoro col commissario ha funzionato, ma non è che tutto possa essere fatto con i commissari, sennò si va in deroga alla normativa normale. Ripeto, però, che noi siamo disponibili tecnicamente a lavorare con tutte le istituzioni, dai commissari di Governo alle regioni, a volte anche agli stessi comuni, quando ci chiedono di intervenire, ma rispetto alle lungaggini, al sistema, quello non ci compete.

  MARZIA FERRAIOLI. Vorrei solamente aggiungere qualcosa. Evidentemente, non mi sono spiegata. Pag. 21
  So benissimo che voi fate un tipo di lavoro diverso, però conoscete la complessità dei passaggi burocratici. Probabilmente, dal mio punto di vista, occorrono anche linee guida utili a snellire questi passaggi, a individuare i punti morti. Per questo parlavo di sburocratizzazione.
  Ed è chiaro che si interferisce anche con la magistratura, con la sanità. Io sono un giurista, quindi so benissimo che le linee guida servono poi, però, ci vuole un'autorevolezza a monte che non lasci fermare il percorso.
  Vi vedevo, nella mia mente, come possibili futuri audiendi – non si dice auditi, dovete ancora essere sentiti – su come rivedere l'attuale legislazione. È quella che va rivista, altrimenti non ne usciamo. Era questo che intendevo dire.

  ROSSELLA MURONI. Innanzitutto, il lavoro che in questi anni Ispra ha garantito e continua a garantire credo sia di grande importanza. È giusto anche riconoscerlo e ringraziarvi ufficialmente per quello che fate.
  Io ho delle domande. I siti individuati in questo momento sono 41: che cosa succede nell'individuazione di nuovi siti? Lo chiedo perché noi ci siamo occupati a vari livelli, anche questa Commissione, della vicenda dei PFAS in Veneto e voglio capire qual è la procedura di attivazione nell'individuazione di nuovi SIN, che tutti noi naturalmente non ci auguriamo, ma non si sa mai.
  Vorrei chiedervi se è possibile avere approfondimenti sulla provincia di Brescia, e sulla valle del Sacco in particolare, oltre a quanto abbiamo visto nelle slide sul fiume Sacco.
  Inoltre, nel momento in cui c'è la caratterizzazione dei SIN e si individua il tipo di interventi da fare su vostre indicazioni per mettere in sicurezza il sito, parte la gara per l'individuazione delle imprese: c'è una difficoltà nell'individuazione di imprese competenti per fare gli interventi che suggerite? C'è un ritardo dovuto anche al fatto che il sistema imprenditoriale italiano non è in grado di fornire quel tipo di operatività di interventi? Soprattutto, dalla mia esperienza in Legambiente ricordo che uno dei dibattiti è sul tipo di intervento, se in situ o se trasportare fuori dal sito gli elementi inquinanti e, in quel caso, sulla procedura da attivare.
  Relativamente alla lungaggine – ne abbiamo parlato per tanti anni, quindi non mi ripeto – a vent'anni di ritardo sulle bonifiche, secondo me vale la pena capire tecnicamente quali sono le difficoltà.
  Quanto all'ipotesi di un testo unico che affronti il problema in maniera organica, credo che sia davvero un'emergenza concreta. Vorrei capire se potete tornare un attimo sul rapporto con il commissario straordinario Vadalà. So che lì si è fatto un passo avanti importante.
  Prima, si accennava al tema delle discariche, su cui abbiamo smesso di essere in infrazione. A me risulta che siano 9 su 44 quelle su cui abbiamo smesso, dopo gli interventi, di essere in infrazione da parte dell'Unione europea. Vorrei capire come si sta procedendo lì, se è un'informazione in vostro possesso, e con quale velocità, se saremo in grado in tempi rapidi di azzerare quelle sanzioni che ci arrivano da parte dell'Unione europea.
  Ho capito male o la crisi che si è aperta sulla vicenda Sogesid sta rallentando il sistema, è un elemento di criticità rispetto alle competenze necessarie sugli interventi? Lo chiedo perché, per esempio, mi sembra che così sia stato per l'individuazione e l'aggiornamento dei SAD, dei sussidi ambientalmente dannosi. Vorrei capire se in questo momento il MATTM, in particolare, è in deficit di competenze e di organico per far fronte a questo tipo di necessità.
  Infine, a proposito dei siti orfani, a vostro giudizio l'istituzione di un super fund sul modello americano potrebbe essere una soluzione plausibile da continuare a proporre, come abbiamo fatto?

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra). Per quanto riguarda l'individuazione dei SIN, è un procedimento che parte dalle regioni, che chiedono al Ministero di iniziare a esaminare la procedura, dopodiché si perimetra e congiuntamente il Ministero individua e fa un decreto di definizione del Pag. 22SIN e poi c'è la perimetrazione. In teoria, è un procedimento che parte sia centralmente sia localmente.

  ROSSELLA MURONI. Mi scusi, specifico meglio.
  Il meccanismo mi è chiaro. Vorrei capire se ci sono in questo momento nuove procedure in corso per l'individuazione di nuovi SIN.

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra). Che io sappia, no.
  Per quanto riguarda Brescia e Valle del Sacco, se volete ci si può ragionare e possiamo andare più nel dettaglio. Ovviamente, vi posso fornire del materiale più specifico su queste due cose, anche se su valle del Sacco stiamo lavorando molto. Per adesso, abbiamo la definizione dei centri di pericolo, che abbiamo fatto noi come Ispra, questo protocollo e quest'accordo di programma. Ovviamente, le società che devono sviluppare o costruire nuovi impianti, stanno procedendo seguendo le indicazioni della normativa vigente, quindi in maniera abbastanza tranquilla.
  Per quanto riguarda le competenze delle imprese, questo è un discorso che abbiamo aperto in uno dei tavoli organizzati durante Remtech, il sistema in cui sono presenti consulenti, agenzie e altro.
  In effetti, il livello della progettazione in Italia in questo momento è un po’ in decremento. Adesso, non so bene perché, però effettivamente in generale come ingegneria italiana eravamo al top nel mondo. Negli ultimi anni, sulla base dei documenti che vediamo noi, direi che ci sono alcune società di consulenza che riescono a mantenere un livello abbastanza elevato, ma in genere non eccelliamo per brillantezza delle soluzioni né per attenzione ai problemi.
  Era nata l'esigenza di una sorta di albo dei progettisti delle bonifiche. In effetti, questo manca. Direi che non è nostra competenza decidere se sì o se no, ma forse potrebbe a aiutare.
  Per quanto riguarda tutta la gestione degli interventi di bonifica, abbiamo dato alcuni spunti con le slide.
  Nella sostanza, per adesso si tende molto a realizzare queste barriere idrauliche. Noi stiamo cercando di spingere nel chiedere ai soggetti obbligati, specialmente quelli che hanno maggiori disponibilità economiche, di esercitare il loro impegno sull'individuazione e la gestione delle sorgenti di contaminazione. Ad avere una barriera senza sapere se le tubazioni interrate perdono, se i serbatoi perdono, se i serbatoi fuori terra perdono, rischiamo di non risolvere il problema.
  Da un lato, è giusto dire che le bonifiche sono indietro, ma comunque abbiamo dei dispositivi che ci consentono di evitare che la contaminazione migri, e questo è da dire. D'altra parte, in questo senso stiamo spingendo molto.
  C'è da dire che è cambiata un po’ la mentalità. Prima, eravamo noi come sistema anche molto più resistenti ad accettare certe soluzioni per una serie di motivi sia di impostazioni ministeriali sia nostri. Adesso, siamo i primi a cercare di convincere le società di consulenza, i soggetti obbligati a esercitarsi ad applicare queste nuove metodologie che ci consentono di agire sulle sorgenti in maniera molto più efficace. Ci sono parecchie soluzioni che vengono distribuite generalmente da società del mondo anglosassone, ma che stanno utilizzando in Italia. A Tito, per esempio, le abbiamo utilizzate, le abbiamo progettate, così come in val Basento. Siamo noi i primi con le nostre progettazioni ad andare in una certa direzione.
  So che il direttore non è d'accordo che noi facciamo progettazione, ma in quel caso ce l'hanno chiesto. Loro rischiavano di perdere 20 milioni di euro su Tito e 20 milioni su Val Basento. Abbiamo fatto un progetto in due mesi e sono riusciti a recuperare i 20 milioni di euro su Tito e adesso c'è l'intervento.
  Per val Basento c'è stato un problema perché è cambiato il codice degli appalti, e quindi hanno dovuto cambiare completamente la gestione. Gli abbiamo rifatto un progetto. Adesso, hanno fatto una prima gara per le indagini preliminari e la progettazione definitiva degli interventi che avevamo progettato. Pag. 23
  Tecnicamente, secondo me, c'è una crescita, uno sviluppo. Faccio un esempio per capirci, sennò si parla sempre del nulla.
  Per utilizzare queste miscele che si iniettano nel terreno e nella falda per facilitare le operazioni, prima venivano chieste delle prove pilota di laboratorio, che vengono chieste anche adesso, e cioè si applicano queste miscele in un'area particolare e si vede come reagiscono, per poi farle a piena scala. Prima, si richiedeva un marginamento, ma poiché adesso queste tecniche sono abbastanza diffuse e funzionano abbastanza bene, non lo chiediamo più. Questo facilita molto le società di ingegneria e i soggetti obbligati a utilizzare queste tecniche.
  Noi lo preferiamo, ovviamente, perché è anche molto più gestibile, molto più monitorabile un intervento in situ, o on site, come vogliamo chiamarlo. In effetti, per noi è più facile da gestire, perché siamo lì sul sito, ci sono i nostri colleghi dell'ARPA, c'è molta meno movimentazione sia di materie, sia di mezzi, sia di energia elettrica. Queste tecniche generalmente non richiedono un grosso supporto di energia elettrica, perché in sostanza sono miscele. Ce ne sono di tanti tipi. L'importante è sforzarsi di capire e cambiare la mentalità.
  Una cosa molto importante sulla tecnica che non smettiamo mai di dire è che qui il problema fondamentale adesso è far capire a tutti, noi per primi, Agenzie, Ministero e regioni, che vanno assolutamente messi insieme i dati. Abbiamo moltissimi dati. Abbiamo realizzato anche un progetto che abbiamo cercato di far accettare alla regione Basilicata e all'ARPA Basilicata, in pratica un progetto secondo il quale noi cerchiamo di raccogliere tutti i dati ambientali che esistono e di metterli tutti insieme in un sistema geografico. Questo ci consente di monitorare meglio l'andamento delle matrici. Adesso abbiamo tutti i dati sparpagliati – perdonatemi il termine poco italiano – completamente poco organizzati.
  È anche un dispendio di denaro pubblico. La maggior parte di questi dati è raccolta con soldi pubblici. Questi dati vengono presi, stampati e messi da una parte. Noi abbiamo perso due mesi in una regione italiana per riprendere tutti i dati già esistenti dagli armadi, li abbiamo convertiti in fogli Excel e li abbiamo messi in un sistema geografico. Questo ci ha consentito di risparmiare decine di migliaia di euro nelle indagini, perché avevamo moltissimi dati pronti. Era inutile spendere altri soldi. Questo è importantissimo. Non riusciamo a convincere nessuno a farlo.
  Al Ministero stesso non riusciamo a realizzare un sistema geografico degno di tal nome. Il Ministero ha migliaia di dati. Per alcuni siti lo stiamo facendo per conto nostro, ci mettiamo lì e ce li carichiamo, ma è una follia. Basterebbe un portale sul quale la persona presente al piano della caratterizzazione carica i dati, così tu istruttore, tu cittadino, hai modo di andare su quel portale e vedere quali sono le qualità delle matrici che stanno dietro casa tua, non devi andare nell'armadio dell'ARPA a perdere due mesi per tirarli fuori. È importantissimo, sia per trasparenza nei confronti dei cittadini sia per trasparenza del processo amministrativo sia tecnicamente.
  Per i valori di fondo io ho bisogno di «n» dati. Altro è che li raccolgo ex novo e mi costano centinaia di migliaia di euro, perché devo fare sondaggi, piezometri e analisi. Altro è se, invece, ho già quei dati nell'armadio e li posso prendere, organizzare e farci delle esercitazioni statistiche, che per me è molto meglio. È il Paese che va avanti. Non si riesce a farlo capire. Non sappiamo più come dirlo. Sembriamo dei pazzi che continuano a chiedere dei geo database mentre tutti ci chiedono che vogliamo con questa richiesta. È allucinante.
  Abbiamo visto che in val Basento ci sono 200 piezometri. Lì ci sono migliaia di dati. In due mesi ce li siamo scaricati tutti, organizzati e messi sul GIS, ma non è possibile che un Paese nel 2019 funzioni così, ancora ad andare in giro con i fogli stampati di Excel. Non è plausibile.

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Abbiamo dei margini di miglioramento.
  Quanto alla questione di Vadalà, stiamo procedendo. Voi sapete che all'inizio erano 800, poi 400. Non c'è dubbio che da quando Pag. 24è iniziata questa sinergia, si sta procedendo anche abbastanza velocemente, anche perché tantissime sono vecchie discariche che non si sa nemmeno se fossero urbane, di prima del 1992. Sono vecchissime discariche. Comunque, stiamo lavorando abbastanza bene. Anche qui, diamo un supporto che sta in mezzo tra la caratterizzazione e la progettualità. Dopodiché è il commissario che decide come bandire la gara e quale società scegliere come affidataria.
  Relativamente al tema Sogesid e personale del Ministero, sapete che il Ministero ha un problema, soprattutto il Ministero dell'ambiente, che ha lanciato questo grande concorso per acquisire nuovo personale. Non è una criticità relativa solo alle bonifiche. È un tema che lo stesso Ministro ha posto, cioè l'esigenza di implementare il proprio apparato.
  Su questo, però, noi abbiamo garantito, per le nostre capacità, tutto il supporto possibile e immaginabile per affrontare le diverse questioni. E direi che stiamo lavorando bene. Mi permetto di dire di dare un giudizio positivo a oggi sul rapporto tra l'istituto e il Ministero dell'ambiente.
  Quanto al tema dei siti orfani, è una bella discussione. Il super fund non ha funzionato neanche negli Stati Uniti veramente al 100 per cento. Chiaramente, nel momento in cui c'è bisogno di grandi risorse, trovarle è sempre un problema.
  È evidente che dove questi siti orfani possono essere valorizzati – in alcuni casi è stato fatto – si può intervenire valorizzando i terreni, ed è stato fatto in alcune aree. Poi ci sono state delle patologie, ma è un altro discorso. L'idea, però, era positiva. Non c'è dubbio che dove ci sono siti produttivi in essere, è molto più semplice affrontare il tema della bonifica e della messa in sicurezza: anche se l'interlocutore si dichiara non responsabile, si ha un'interlocuzione che porta progressivamente a effettuare quelle opere necessarie per poter almeno mettere il sito in sicurezza. Quelli orfani sono oggettivamente un problema, perché c'è un problema di risorse.
  Bisogna lavorare molto per non crearne ulteriori nel futuro. È un altro aspetto che fa parte di un altro tema, ma che sarebbe opportuno aggredire, che so che state aggredendo sul tema delle fideiussioni, ad esempio, delle discariche.

  PIETRO LOREFICE. Grazie ai dirigenti di Ispra, sia per la relazione sia per il gran lavoro che svolgono e che dovrete continuare a svolgere.
  Se possibile, chiaramente non oggi, vorrei un approfondimento sul sito di Gela e porre qualche domanda di carattere generale.
  Vorrei capire l'incidenza nel rallentamento dei processi di bonifica in generale dovuto ai soggetti pubblici: quanto in questo rallentamento hanno «colpe» i vari soggetti pubblici coinvolti? Vi siete fatti un'idea?
  Quanto allo stato dell'arte delle bonifiche di area SIN, dove la competenza è pubblica – spesso, puntiamo il dito contro i privati, ma essendo Stato dovremmo cominciare a dare l'esempio – secondo me per i siti di interesse nazionale, dove ripeto che la competenza è dello Stato, dobbiamo dare un'accelerazione. Io vi porto l'esempio della discarica Cipolla a Gela.
  Nonostante siano state assegnate risorse alla regione siciliana e sia passato un commissariamento, quel sito è ancora totalmente libero. Ci vanno a pascolare le pecore e sotto ci sono rifiuti speciali pericolosi. Devo vedere ancora che lo Stato non riesce a mettere una pezza neanche in piccole aree, neanche a fare la recinzione, la perimetrazione.
  Per quanto riguarda l'ampliamento e le riperimetrazioni dei SIN, la competenza normalmente è in capo solo alla regione? Qual è il soggetto che chiede o ha la competenza per chiedere l'ampliamento? Soggetti esterni o stakeholder possono incidere?

  ALESSANDRO BRATTI, Direttore generale dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). C'è anche un altro modo, che è quello di decretare, però occorre una norma. Si può intervenire con norma dicendo: faccio il sito, ma nella procedura ordinaria è la regione.

  PIETRO LOREFICE. Ultima questione per quanto riguarda gli interventi in situ: Pag. 25so che a Gela all'interno di una delle vasche dell’ex discarica si sta portando avanti da diversi mesi un trattamento di desorbimento termico in situ e vorrei capire se avete fatto una valutazione, se è efficace e se è da prendere ad esempio, evitando movimentazione di rifiuti.

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra). Sì. A seguire il monitoraggio sono i colleghi dell'ARPA Sicilia, che sono bravissimi. Sono due che seguono Gela e Priolo. I colleghi delle ARPA sono degli eroi, secondo me. Lo stiamo seguendo.
  Ovviamente, tutti questi procedimenti, queste tecniche che si usano, sono funzioni dei contaminanti che si affrontano, delle loro concentrazioni e della granulometria dei materiali, di una serie di condizioni. In questo caso, sembrano funzionare, è stata fatta una prova pilota. Poi, ovviamente, l'impianto è monitorato dai colleghi dell'ARPA, verificano che all'uscita i terreni siano al di sotto delle concentrazioni.
  A Gela ripeto che c'è questa barriera molto grossa. Poiché ci sono degli spessori di prodotto in sospensione nei piezometri, stiamo cercando di spingere sul surnatante. Senza rimuovere il surnatante la barriera lavora male. Inoltre, stiamo cercando di chiedere una verifica dei sottoservizi e dei serbatoi fuori terra, perché appunto ci sono delle sacche di contaminazione abbastanza significative. Va verificato che non ci siano ancora delle sorgenti attive.

  PRESIDENTE. Non è stato affrontato il tema di Porto Marghera. Mancherebbe anche, tra quelli più semplici, Taranto. Ce ne sono tanti, soprattutto Porto Marghera e Taranto, di cui cominceremo a occuparci.
  Ho una domanda specifica sull'Umbria, sul sito di Terni.
  Siamo andati a visitarlo durante una missione specifica e ho notato che il Ministero non fa una conferenza di servizi dal 2015. Addirittura, il Ministero della difesa, che ha una porzione di terreno dal SIN, che se non sbaglio è del 2001 – parliamo di vent'anni –, ancora non ha iniziato la caratterizzazione. Come è possibile?
  In generale, ci sono dei siti che probabilmente non sono né SIN né SIR, ma potrebbero essere SIR o SIN. C'è differenza? Non solo dal vostro punto di vista, per le varie ARPA, c'è tanta difformità tra una regione e l'altra? Soprattutto, passare da SIR a SIN vuol dire una maggiore garanzia o è soltanto un ente in più che aumenta il fattore di burocraticità?

  STEFANO LAPORTA, Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Rapidamente, in termini generali, poi il collega potrà aggiungere qualcosa nello specifico, il sito dell'Umbria che è stato richiamato non è l'unico nel quale le procedure sono un po’ farraginose. Può dipendere da varie ragioni. Noi non abbiamo un potere di impulso relativo alle convocazioni di conferenze di servizio. Si può vedere di fare uno stato dell'arte aggiornato in termini di quali sono gli ultimi atti ufficiali sui SIN che abbiamo.
  Il fatto che siano rallentati può dipendere da varie ragioni. Probabilmente, anche in un'ottica più generale, si possono un po’ razionalizzare alcuni passaggi amministrativi, che poi generano il giro di carte che a volte, magari non in questo caso specifico, è alla base di questi ritardi. Possiamo fornire una situazione aggiornata e dire a quale data risale l'ultimo atto, e magari la Commissione ne trae le conclusioni che ritiene più opportune.

  PRESIDENTE. Abbiamo già redatto una corposa relazione nella scorsa legislatura. Adesso, non ci occuperemo di tutti i siti SIN, ma un aggiornamento servirebbe a capire lo stato di avanzamento.

  STEFANO LAPORTA, Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Se ho capito bene, quello che si chiede, al di là dell'elencazione dei singoli casi, è di avere, relativamente alla tabella che abbiamo dei SIN, una nota schematica sinteticissima di aggiornamento con l'ultimo atto datato, in modo da capire da quanti anni – se non ho capito bene, presidente, mi corregga – alcune Pag. 26 situazioni non vengono almeno formalmente aggiornate. Chiedo a Fabio Pascarella se sia possibile farlo.
  Vorrei poi solo riepilogare gli approfondimenti specifici. Mi pare che siano Porto Marghera, Taranto, Bagnoli, Priolo, Brescia, valle del Sacco e Gela. Siamo a sette.

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra). Se posso, l'ultima volta che ci avete chiesto gli aggiornamenti ve ne abbiamo inviato uno della relazione che avevate già emesso nel 2018. Ritenete che sia quello il modo giusto o preferite...

  PRESIDENTE. Ci accorderemo con le segreterie.

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra). Come volete.

  PRESIDENTE. Per quanto riguarda la considerazione su SIN e SIR...

  FABIO PASCARELLA, Responsabile dell'area per la caratterizzazione e la protezione dei suoli e per i siti contaminati (Ispra). Tecnicamente, secondo me c'è stato un periodo in cui c'era la moda dei SIN. Tutti correvano al SIN e alla maggiore perimetrazione possibile. Forse, pensavano che le risorse sarebbero state date in funzione dell'estensione. In effetti, alcuni SIN hanno perimetrazioni inconcepibili, che non facilitano.
  Ci sono alcuni siti di interesse regionale che hanno dei forti impatti. Mi viene in mente il COVA, nel quale abbiamo lavorato con i colleghi dell'ARPA Basilicata. Da pochi giorni dopo che è stato evidenziato l'incidente fino a poco tempo fa, abbiamo visto insieme ai colleghi i rapporti di monitoraggio sulle barriere idrauliche. Quello, per esempio, è un sito che ha un impatto significativo.

  STEFANO LAPORTA, Presidente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Solo per completare, quindi lo dico qui anche formalmente, forse potrebbe essere utile rivedere la classificazione dell'impiantistica strategica nazionale. Questa è una classificazione che risale a un po’ di anni fa. Degli impianti che sono stati classificati in un certo modo hanno assunto probabilmente nel corso degli anni una rilevanza strategica nazionale, come i siti della Basilicata. Sono tutte situazioni che conseguono. Altri, magari, classificati di interesse nazionale 25-30 anni fa, potrebbero essere riconsiderati in una logica regionale.
  Lo diciamo perché insieme al SIN c'è il tema delle autorizzazioni e dei conseguenti controlli. Come è noto, le normative nazionali sugli impianti nazionali hanno caratteristiche «più stringenti» rispetto a quelli nazionali.
  La soluzione, come diceva il collega, non è quella di considerare tutto nazionale o tutto regionale. Sulla base di quello che è avvenuto, purtroppo anche per condotte illecite o criminose, e di una valutazione strategica, per l'importanza sociale ed economica degli impianti, si può riconsiderare complessivamente tutte queste situazioni, altrimenti si pone poi un tema di asimmetria tra il livello regionale e le norme che lo presiedono e il livello nazionale e le norme che lo presiedono e gli interventi richiesti a noi come sistema.
  Se, per esempio, dovessimo fare, anche in sinergia con l'ARPA, un'ispezione su un impianto soggetto ad autorizzazione integrata ambientale regionale, non potremmo applicare tutti i criteri che abbiamo a livello nazionale; di converso, in mancanza per esempio di un protocollo, di un atto volontario da parte dell'esercente, ci potrebbe essere anche impedito l'accesso, a meno che non siamo coperti da provvedimenti giudiziari. Giustamente, loro dicono «non siete voi l'esercente responsabile». Bisognerebbe fare, a mio modesto parere, cogliendo lo spunto del presidente, una riflessione più ampia.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. Ci riaggiorneremo, visto anche, come ha ricordato all'inizio, il protocollo d'intesa che abbiamo Pag. 27siglato proprio per uno scambio di dati e di lavoro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 10.55, è ripresa alle 11.10.

Comunicazioni del Presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione appena svoltasi ha convenuto che la missione nella provincia di Roma, prevista il 14 maggio 2019, abbia luogo l'11 giugno 2019. È stato altresì convenuto che abbia luogo una missione in Campania il 30 e 31 maggio 2019.

  La seduta termina alle 11.15.