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XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (VIII-X-XIV Camera e 10a-13a-14a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 6 giugno 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battelli Sergio , Presidente ... 3 

Audizione del Commissario europeo per l'azione per il clima e l'energia, Miguel Arias Cañete (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato della Repubblica):
Battelli Sergio , Presidente ... 3 
Arias Cañete Miguel , Commissario europeo per l'azione per il clima e l'energia ... 3 
Battelli Sergio , Presidente ... 6 
Braga Chiara (PD)  ... 7 
Girotto Gianni Pietro , Presidente della 10 ... 7 
Pettarin Guido Germano (FI)  ... 8 
Maggioni Marco (LEGA)  ... 8 
Buratti Umberto (PD)  ... 9 
L'Abbate Patty  ... 9 
Ferrazzi Andrea  ... 9 
Rossello Cristina (FI)  ... 10 
Battelli Sergio , Presidente ... 10 
Arias Cañete Miguel , Commissario europeo per l'azione per il clima e l'energia ... 10 
Battelli Sergio , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XIV COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
SERGIO BATTELLI

  La seduta comincia alle 8.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Commissario europeo per l'azione per il clima e l'energia, Miguel Arias Cañete.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Commissario europeo per l'azione per il clima e l'energia, Miguel Arias Cañete.
  Do il benvenuto al Commissario Arias Cañete, che ringrazio per la sua partecipazione alla seduta odierna anche a nome dei presidenti delle Commissioni della Camera dei deputati VIII, Ambiente, onorevole Alessandro Manuel Benvenuto, e X, Attività produttive, onorevole Barbara Saltamartini, nonché dei Presidenti delle Commissioni 10a, Industria, senatore Gianni Pietro Girotto, della 13a, Ambiente, senatrice Vilma Moronese, e 14a, Politiche europee, senatore Ettore Antonio Licheri.
  Desidero sottolineare l'importanza dell'odierna audizione, perché ci darà modo di avviare un confronto, da proseguire anche in futuro, in particolare sull'adozione da parte della Commissione europea di una visione strategica di lungo termine per un'economia prospera, moderna, competitiva e ad impatto climatico zero entro il 2050.
  Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori delle Commissioni e garantire a tutti i gruppi di poter intervenire, chiedo ai colleghi di far pervenire fin d'ora al banco della Presidenza le proprie richieste d'intervento, per poter stabilire il tempo a disposizione e dare modo al Commissario di replicare.
  Ricordo che l'audizione dovrà concludersi entro le ore 10.00, per dare modo ai colleghi senatori di partecipare alla seduta dell'Assemblea del Senato.
  Do quindi la parola al Commissario europeo per l'azione per il clima e l'energia, Miguel Arias Cañete, per lo svolgimento del suo intervento.

  MIGUEL ARIAS CAÑETE, Commissario europeo per l'azione per il clima e l'energia. Onorevoli parlamentari, vorrei ringraziarvi per avermi dato l'occasione di rivolgermi a voi.
  L'Italia ha un ruolo fondamentale da svolgere per il raggiungimento dei nostri obiettivi europei condivisi nel settore delle politiche per l'energia e il clima. Un tema fondamentale sull'agenda dell'Unione europea (UE) quest'anno è rappresentato dall'accordo per una strategia ambiziosa a lungo termine per la transizione dell'Unione europea verso la neutralità climatica, per la quale la Commissione ha presentato la propria visione nel novembre dello scorso anno.
  Questa strategia è un'opportunità per definire la direzione da seguire per la futura politica dell'Unione europea in materia di clima e di energia, e dovrebbe rappresentare la nostra risposta alla sfida globale per il clima. Siamo tutti consapevoli della portata e dell'urgenza di questo tema. Pag. 4
  Il rapporto speciale dello scorso anno dell'IPCC (Gruppo Intergovernativo di Esperti sui Cambiamenti Climatici) sul riscaldamento globale di 1,5 gradi centigradi, ci ha ammonito in merito alle gravi e parzialmente irreversibili conseguenze del superamento di questa soglia, appena a mezzo grado da dove siamo ora, eppure siamo diretti verso un aumento molto più alto.
  Il messaggio degli scienziati dell'IPCC è inequivocabile: se non agiamo urgentemente, ci attendono conseguenze ben peggiori; se non agiamo, i cambiamenti climatici colpiranno gravemente le nostre economie e quelle dei nostri vicini e partner. Ignorare questa minaccia minerebbe la nostra sicurezza e la nostra prosperità nel senso più ampio.
  È essenziale per la nostra azione una forte volontà politica; è responsabilità dell'Unione europea rimanere in prima linea nella lotta contro i cambiamenti climatici. Ecco perché la Commissione ha proposto un'azione dell'Unione europea, in linea con l'obiettivo di 1,5 gradi centigradi. Mentre l'IPCC ha concluso che ciò richiederebbe emissioni pari ad uno zero netto di CO2 globalmente entro il 2050, noi proponiamo per l'Unione europea di svolgere un ruolo guida e andare oltre, arrivando ad uno zero netto di tutte le nostre emissioni di gas serra entro il 2050.
  Facendo ciò, possiamo dimostrare al resto del mondo che la neutralità climatica è non solo possibile, ma auspicabile, in quanto fornisce opportunità economiche e migliora le vite dei nostri cittadini. La pressione sull'Unione europea affinché agisca è chiara: in vista del vertice sul clima delle Nazioni Unite a settembre, l'Europa sarà giudicata per le sue azioni. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ci chiede di aumentare il livello di ambizione e gli Stati membri devono essere all'altezza di questa sfida. La strategia a lungo termine è sull'agenda del prossimo Consiglio europeo, tra due settimane.
  È fondamentale per il ruolo guida dell'Europa che i Capi di Stato e Governo inequivocabilmente approvino l'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, tuttavia si tratta di un compito enorme e ciascuno Stato membro affronta sfide specifiche. In Italia rileviamo ad esempio la necessità di investire nell'efficienza energetica, rafforzare la rete elettrica, migliorare le interconnessioni con i Paesi vicini e adattarsi ad una più ampia quota di rinnovabili nel sistema.
  È necessario anche affrontare l'aumento delle emissioni provenienti dal trasporto su gomma, garantire che gli edifici, sia residenziali che commerciali, diventino molto più efficienti sul piano energetico. Ciò richiede investimenti consistenti, ma porterà anche a benefici consistenti. L'Unione europea è una delle prime, grandi economie ad aver tradotto in azioni concrete le promesse di Parigi, adesso abbiamo in piedi il corpus legislativo necessario per conseguire i nostri obiettivi del 2030, e questo ci conduce verso la neutralità climatica.
  La nostra analisi mostra che la piena attuazione delle politiche dell'Unione europea per il clima e l'energia dovrebbe consentirci di ridurre le nostre emissioni di gas serra del 45 per cento circa entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, il che è ben oltre l'obiettivo originario del 40 per cento. Per conseguire ciò, la legislazione europea deve tradursi in azioni concrete; gli Stati membri hanno compiuto il primo passo presentando proposte di piani nazionali per il clima e l'energia, che definiscono politiche e misure nazionali per conseguire gli obiettivi del 2030.
  Redigere il piano non dovrebbe essere una semplice formalità: questi piani devono consentire un dibattito collettivo su politiche e misure nazionali e regionali necessarie per conseguire la transizione verso un'energia pulita a livello europeo nei prossimi decenni. I Parlamenti nazionali dovrebbero partecipare pienamente a questo processo.
  La Commissione sta attualmente valutando se l'Unione europea e i livelli di ambizione nazionali per il 2030 siano sufficienti in vista dei nostri obiettivi comuni; saranno presto formulate raccomandazioni agli Stati membri per sostenerli nell'ultimare i loro piani, anche aumentando o confermando il loro livello di ambizione. Pag. 5
  L'Italia ha presentato una proposta di piano nazionale molto ampia. Su questa base siamo fiduciosi che l'Italia sarà in grado di presentare un piano finale che confermi questo alto livello di ambizione, un piano finale forte, sufficientemente dettagliato, che guardi a tutte le dimensioni dell'Unione energetica e che sia frutto di una consultazione con i cittadini, con tutti gli Stati membri vicini e all'interno di sedi di cooperazione regionale.
  Senza ulteriori sforzi, tuttavia, la mera continuazione di queste politiche dopo il 2030 non ci consentirebbe di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, quindi dobbiamo intensificare i nostri sforzi. Per conseguire un'economia climaticamente neutrale entro il 2050, abbiamo un'ampia gamma di tecnologie e di opzioni disponibili; arrivare a zero emissioni nette di gas a effetto serra richiederà una combinazione ambiziosa di tecnologie e azioni in tutti i settori dell'economia.
  La nostra visione della neutralità climatica entro il 2050 si basa su sette blocchi fondanti.
  Efficienza energetica: l'energia più economica e più pulita è l'energia che non utilizziamo; entro il 2050 dovremo ridurre il nostro consumo energetico della metà. Gli investimenti nel settore dell'efficienza energetica per il nostro patrimonio edilizio sono fondamentali, e questo è un primo esempio di come gli investimenti intelligenti permetteranno di raggiungere benefici tangibili per i cittadini attraverso bollette energetiche più basse.
  L'aumento dell'uso delle energie rinnovabili. L'Europa è stata pioniera nel settore attraverso i nostri obiettivi e un quadro normativo di supporto, e dobbiamo continuare i nostri sforzi per massimizzare il dispiegamento delle rinnovabili e il loro utilizzo. Ciò vuol dire aumentare l'elettrificazione del nostro sistema energetico, arrivando a settori come il trasporto, il riscaldamento e il raffreddamento.
  La mobilità intelligente e a basse emissioni. Tutte le modalità di trasporto devono contribuire a decarbonizzare il settore. Ciò può portare ai cittadini significativi benefici in termini di salute e qualità della vita, con aria più pulita. So che questa è stata una grande sfida per l'Italia, ma anche in questo caso rileviamo segnali positivi in merito al fatto che siano in corso sforzi in questo settore.
  Rafforzare la competitività delle nostre industrie, riducendo le emissioni. Approcci legati all'economia circolare avranno un ruolo fondamentale.
  Garantire che ci siano infrastrutture per affrontare le sfide climatiche, in particolare interconnessione, reti intelligenti e integrazione settoriale.
  Sviluppare una bioeconomia sana e sostenibile, che sviluppi alternative credibili all'uso di risorse fossili, allo stesso tempo preservando i pozzi naturali di assorbimento del carbonio attraverso una migliore gestione delle nostre terre e foreste.
  Sviluppare tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio, per controbilanciare le rimanenti emissioni di gas serra.
  Questi blocchi fondanti, se utilizzati insieme, possono trasformare in realtà il nostro cammino verso lo zero netto di emissioni di gas serra. In questo contesto sottolineo l'importante lavoro che il vostro Paese sta svolgendo, perché già nel 2017 l'Italia ha raggiunto il proprio obiettivo di energia rinnovabile per il 2020 e ha continuato a promuovere uno dei settori delle energie rinnovabili più forti d'Europa. Ciò ha creato e continuerà a creare un significativo numero di nuovi posti di lavoro e aiuta a rafforzare il ruolo guida globale dell'Europa nelle tecnologie per le energie rinnovabili.
  La visione a lungo termine che noi proponiamo è fondamentalmente una strategia di investimenti in un'economia e in una società più prospere e più pulite. Mantenere il nostro attuale modello economico richiederà investimenti annui nell'ordine del 2 per cento del nostro PIL in qualunque circostanza, e l'investimento aggiuntivo per essere climaticamente neutrali rappresenta un ulteriore 0,8 del PIL, obiettivo fattibile per l'economia europea.
  Nello stesso tempo, la nostra analisi punta a guadagni fino al 2 per cento del PIL entro il 2050 e a considerevoli risparmi, ad esempio sulla nostra bolletta Pag. 6per le importazioni di combustibili fossili, che oggi è pari a più di 266 miliardi di euro l'anno. Anche ciò contribuisce ad una maggiore sicurezza energetica.
  Perché ciò accada, abbiamo bisogno di politiche intelligenti, che permettano l'utilizzo dei finanziamenti disponibili sul mercato privato e diano segnali giusti in relazione al prezzo del carbonio. Ci saranno tuttavia effetti asimmetrici in tutte le regioni e i settori, quindi abbiamo bisogno di essere pronti: la profonda trasformazione dell'economia deve essere gestita in modo corretto per evitare disparità sociali e regionali, soprattutto nei settori che possono affrontare sfide relative alla transizione a breve termine. Dobbiamo tenerlo presente e affrontare le conseguenze sociali.
  La Commissione europea è già pienamente impegnata su questo fronte, ad esempio attraverso la nostra Piattaforma sulle regioni carbonifere in transizione. La riqualificazione e il miglioramento delle competenze della nostra forza lavoro saranno fondamentali per promuovere nuove industrie e affrontare le numerose sfide che vanno oltre la decarbonizzazione, come l'impatto della digitalizzazione o la necessità di aumentare la produttività per contrastare l'invecchiamento della nostra forza lavoro. Sono disponibili fondi, attraverso il Fondo sociale europeo, per la riqualificazione dei lavoratori. La velocità e la portata della trasformazione dipenderanno dalla possibilità di creare condizioni favorevoli, con l'impegno dei cittadini e l'accettazione da parte dell'opinione pubblica di alcune tecnologie prive di carbonio o a basso livello di carbonio.
  In questo spirito, la Commissione europea ha proposto di aumentare la quota di spesa relativa al clima al 25 per cento per il prossimo bilancio pluriennale dell'Unione europea. Questo vorrà dire che 1 euro su 4 dovrà essere speso per questioni legate a clima ed energia pulita. Inoltre, la nostra proposta InvestEU consente di espandere il già positivo Fondo europeo per gli investimenti strategici (il «Fondo Juncker»). Anche i Fondi strutturali e di investimento europei, il Fondo per l'innovazione nell'ambito del sistema di scambio di quote di emissione ETS, il meccanismo per collegare l'Europa e il bilancio per la ricerca nell'ambito del progetto Orizzonte Europa ci aiuteranno a trovare mezzi finanziari per rinnovare edifici, creare le giuste infrastrutture, sviluppare nuove soluzioni per le nostre industrie legate all'economia circolare, climaticamente neutrali e convenienti sul piano economico.
  Dunque, quale sarà il prossimo passo per la strategia dell'Unione europea a lungo termine?
  La nostra visione non è una proposta legislativa, è un punto di partenza per un dibattito europeo, che consenta all'Unione europea di adottare una strategia a lungo termine entro il 2020. Politiche e azioni dovrebbero però essere in piedi una volta che ci sia un accordo su una visione a lungo termine.
  Nei prossimi mesi continueremo il processo portando avanti un ampio dibattito con i soggetti interessati in tutta l'Unione. La Commissione europea continuerà a condurre un'attività di sensibilizzazione in tutti gli Stati membri, incontrando Governi, Parlamenti nazionali, cittadini. A prescindere dall'esito del dibattito, l'obiettivo dell'Unione europea ha bisogno di un'approvazione ampia e profonda non solo da parte dei leader e dei legislatori, ma anche di tutti i soggetti e i cittadini. Questa è la profondità della trasformazione economica e sociale che è necessaria; solo in questo modo potremo avere una forte approvazione della nostra ambiziosa strategia per l'Unione europea, da presentare alle Nazioni Unite entro il 2020.
  È chiaro che questo è un tema di grande interesse e preoccupazione per i cittadini europei, come dimostrato dal movimento giovanile per il clima, che è sceso in piazza per chiedere azioni più ambiziose, e dalle elezioni europee poco più di una settimana fa. Come politici europei e nazionali, abbiamo il dovere di ascoltare e rispondere a questo appello.
  Grazie ancora e auspico di poter continuare questo lavoro essenziale insieme a voi nei mesi a venire.

  PRESIDENTE. Grazie, Commissario. Pag. 7
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CHIARA BRAGA. Grazie, presidente, buongiorno, Commissario Arias Cañete, la ringraziamo per la sua relazione e per la sua presenza. Avrei da sottoporle alcune richieste, tenuto conto della relazione molto esaustiva che ha illustrato.
  La prima è una valutazione sui contenuti dell'attuale proposta di Piano clima energia italiano. Nel suo intervento ha sottolineato l'auspicio che la proposta finale del piano possa garantire e mantenere il livello di ambizione richiesto. Vorrei sapere se questo significhi che nella proposta trasmessa dal Governo italiano gli obiettivi contenuti non consentano allo stato attuale di mantenere quel livello di ambizione.
  La seconda questione riguarda il passaggio, che sappiamo decisivo, dei prossimi 20 e 21 giugno del Consiglio europeo sui cambiamenti climatici. Abbiamo assistito con una certa preoccupazione alla posizione di maggiore prudenza degli Stati membri rispetto alla posizione sia del Parlamento europeo che della Commissione europea sull'obiettivo della carbon neutrality al 2050. Cosa ci si attende da questo appuntamento?
  L'altra questione riguarda il ruolo dell'Unione europea nello scenario globale del contrasto ai cambiamenti climatici. Sappiamo che l'Unione europea ha giocato un ruolo importante, direi decisivo, nel raggiungimento dell'Accordo di Parigi nel 2015. L'attività svolta in questi anni e soprattutto quella che ci aspetta può continuare a prefigurare un ruolo di leadership dell'Unione europea su questo tema a livello globale?
  Vorrei chiederle infine, se possibile, un aggiornamento rispetto allo sviluppo e all'implementazione dello strumento della finanza per il clima, che sappiamo essere un punto decisivo e fondamentale dell'Accordo di Parigi. Grazie.

  GIANNI PIETRO GIROTTO, Presidente della 10a Commissione del Senato della Repubblica. Commissario Arias Cañete, grazie per la relazione. Mi ha fatto molto piacere negli anni passati che il tema dell'efficienza energetica sia stato dichiarato strategico quanto le infrastrutture, ma mi hanno fatto meno piacere atteggiamenti ancora troppo favorevoli a nuovi investimenti in infrastrutture in gas.
  Siamo tutti d'accordo che il gas sarà di appoggio durante la transizione, però quando si costruisce un'infrastruttura poi questa impiega 15-20 anni per essere ammortizzata, periodo di tempo troppo lungo, e soprattutto abbiamo delle capacità di rigassificazione e di trasporto che attualmente sono più che sufficienti per compiere la transizione. Chiederei quindi una revisione di questo atteggiamento, ancora troppo favorevole alle infrastrutture a gas.
  L'Unione europea è estremamente dipendente dalle importazioni e, come diceva un grandissimo rappresentante delle istituzioni italiane e dell'imprenditoria italiana, Enrico Mattei, non ci può essere indipendenza politica se non c'è indipendenza energetica, e questo vale anche a livello europeo. Mi sembra che non stiamo facendo sforzi sufficienti per avere un'Europa indipendente dal punto di vista energetico.
  Nella vostra relazione ipotizzate uno scenario in cui fra molti anni il nucleare abbia ancora il 15 per cento di produzione nel mix, nella mia Commissione stiamo per terminare un approfondimento sui rifiuti nucleari. Non c'è ancora una soluzione tecnologica per neutralizzare questi rifiuti, che impiegano 200.000 anni per diventare neutrali, non pericolosi, non c'è ancora un deposito per questi rifiuti cosiddetti «ad alta attività», quindi mi chiedo come faccia l'Europa ad appoggiarsi ancora così tanto su una soluzione tecnologica che allo stato attuale non ha una soluzione di fine vita.
  Abbiamo detto che l'economia circolare è assolutamente prioritaria, ma questo di circolare non ha niente, perché non abbiamo neanche una soluzione teorica.
  Sui trasporti chiedo un impegno maggiore. I trasporti sono l'unico settore in controtendenza, nel senso che le emissioni di CO2 aumentano a livello italiano, ma anche europeo, quindi l'aumento di efficienza delle automobili e degli aeroplani Pag. 8non compensa il loro maggior utilizzo (l'utilizzazione di questi ultimi sta crescendo molto), per cui emettiamo sempre più CO2 dai trasporti.
  Due domande secche. Carbon tax o una tassa generale sulle esternalità negative? Cosa pensa del fatto che alcuni Paesi stanno dichiarando lo stato di emergenza climatica? Nella vostra relazione avete scritto testualmente «le catastrofi legate alle condizioni meteorologiche», quindi vorrei conoscere la sua opinione su chi ha dichiarato lo stato di emergenza climatica. Grazie.

  GUIDO GERMANO PETTARIN. Desidero innanzitutto ringraziare i presidenti per questa occasione e il Commissario Arias Cañete per l'opportunità di confrontarci su questo tema, che riteniamo tutti importantissimo. Sarò estremamente breve perché ho due questioni da porre al Commissario.
  Tenuto presente che la sfida climatica che l'Unione europea si pone è importantissima e che gli obiettivi sono condivisi per quanto riguarda sia il loro contenuto, sia la tempistica, come si coniuga la sfida climatica con la sfida dell'allargamento ulteriore dell'Unione europea?
  L'eventuale allargamento a una zona molto delicata come quella dei Balcani, con Paesi che hanno una situazione molto diversa dalla nostra anche sotto questo punto di vista, a partire dalla Serbia per arrivare alla Macedonia, al Kosovo, alla Bosnia, e una situazione tecnologicamente necessitante investimenti importanti, quali tipi di opzioni, di obiettivi e di atteggiamenti richiede, tenendo conto dell'esigenza di sviluppare gli interconnettori nei Paesi vicini e di possibili situazioni di carattere regionale, con cooperazioni regionali specifiche, e da ultimo dell'esigenza in quei territori di un'attenzione molto importante al rinnovo degli edifici, il cui efficientamento in quelle zone è forse il problema più importante?
  Nel quadro dell'energia nucleare vi sono alcune situazioni di impianti nucleari particolarmente delicati, uno di questi è la centrale nucleare di Krško in Slovenia.
  Vi sono degli approfondimenti? Di che tenore? Grazie.

  MARCO MAGGIONI. Anch'io mi unisco ai colleghi nel ringraziare il Commissario per il suo contributo ad un tema molto delicato e complesso.
  Parto da un quadro d'insieme: se siamo qui a parlare di efficientamento energetico, è perché abbiamo un problema legato alle temperature globali, che sono in via di innalzamento. Si dibatte molto nella comunità scientifica sulle cause di innalzamento, c'è chi sostiene che siano del tutto naturali e chi che siano a causa dell'uomo, probabilmente sono entrambe le cose, quindi dobbiamo intervenire sulla componente umana che genera quest'innalzamento.
  Da questo punto di vista noto con piacere che è stata adottata a livello di Unione europea una serie di misure e che ci si prefigge di implementarne altre, in particolare nel merito del passaggio dei trasporti dalla gomma alla rotaia e di una serie di infrastrutture che devono essere messe in opera per eliminare l'impatto dei trasporti su gomma.
  Noto anche che gli obiettivi dell'Unione europea sono stati ambiziosi, siamo la parte del mondo che più di ogni altra ha fatto sforzi e sta raggiungendo buoni obiettivi, oggi confermati. Ci si prefigge di migliorare ulteriormente gli standard ambientali e climatici europei.
  Poiché l'innalzamento della temperatura è un fattore globale, il clima è un fattore globale, mi chiedo, a fronte dei nostri sforzi e dei costi a livello europeo, quanto invece venga fatto dagli altri soggetti mondiali, in particolare dalla Cina, perché nel momento in cui noi stiamo investendo per efficientare il trasporto, il riscaldamento e tutta una serie di misure che impattano anche sulla nostra economia, il principale player mondiale ha nelle proprie città problemi ambientali enormi, al punto che in alcune di esse perfino di giorno non si vede il sole.
  Vi chiedo quindi quale pressione l'Unione europea abbia fatto sulla Cina e quale sia lo stato dell'arte degli investimenti che la Cina intende fare per efficientare la propria economia dal punto di vista ambientale, quale sia l'impatto che l'economia Pag. 9 cinese ha a tutt'oggi sul riscaldamento globale complessivo. Grazie.

  UMBERTO BURATTI. Nell'ascoltare e condividere la relazione del Commissario, fra i vari temi credo che i sette punti sulle linee strategiche per una transizione verso un'economia zero emissioni siano un grosso impegno sul quale dobbiamo cercare sintonizzarci.
  Fra questi sette punti non sono riuscito, però, a individuare la necessità di recuperare alcuni settori. In Italia abbiamo, ad esempio, l'abbandono delle zone montane e collinari, che determina l'avanzamento del bosco che non può essere però visto solo come qualcosa di qualificante, in quanto in molti casi crea condizioni che determinano il dissesto idrogeologico. Quindi, vi è la necessità di politiche per garantire che in molte zone nelle quali si assiste a questo abbandono possano esserci degli investimenti per tornare ad una economia anche semplice, ma legata all'attenzione rivolta al territorio e quindi a zone così importanti per avere un'area con un certo tipo di qualità: quindi non solo le attività industriali, ma anche un ritorno a talune coltivazioni ed attenzione alla terra.
  Qual è la posizione che intendiamo adottare come Europa rispetto agli Stati Uniti e alla nuova dirigenza del Brasile, che sembrano non riconoscere i cambiamenti climatici, che invece tutti gli altri Paesi stanno sottolineando? In che modo intendiamo muoverci nei confronti di questi due Paesi? Grazie.

  PATTY L'ABBATE. Ringrazio il Commissario per la sua relazione, ho una domanda e qualche piccola cosa da aggiungere su quanto ho sentito.
  La domanda è riferita ad una parte che non avevo sentito. Quando parliamo di gas climalteranti sappiamo che, oltre alla CO2, c'è il metano, che è anche piuttosto importante e che, oltre al trasporto, la filiera che ha sicuramente un peso molto elevato nella produzione di gas climalteranti è la filiera che produce proteine di tipo animale, quindi l'allevamento. Cosa quindi si vuole fare in questo senso, quali azioni si è deciso di mettere in atto.
  Sono convintissima dell'efficienza energetica, del ridurre gli sprechi energetici soprattutto, poi abbiamo parlato delle CCS (carbon capture and storage), ossia della cattura e stoccaggio di carbonio. Essendo questo il mio background lavorativo passato, so che è una tecnologia che non ha poi funzionato al massimo, quindi vorrei capire se sia stata rivalutata essendo stata presa in considerazione, perché sappiamo che non funziona perché ha anche qualche rischio reinserire un gas sotto la nostra terra, è sempre qualcosa di non naturale e quindi il rischio è elevato. Lo avevo affrontato a Katowice, quando avevo visto che lo avevano riproposto, perché in Giappone so che stanno facendo molto sulle CCS, quindi chiedevo come stessero andando.
  Parliamo sempre di efficienza, ma vorrei porre l'attenzione sul fatto che parliamo di efficienza molto spesso, mentre bisogna parlare di ecoefficienza, perché dobbiamo considerare il fattore rebound. Se parlo di efficienza, infatti, può essere un'efficienza di tipo economico, che non è detto mi porti verso una sostenibilità ambientale, quindi è più opportuno parlare di ecoefficienza.

  ANDREA FERRAZZI. Sulle cause di mutamento del clima mondiale mi sembra che la comunità scientifica non stia ancora discutendo, ma abbia già discusso e purtroppo verificato che c'è una relazione diretta tra l'attività antropica e il mutamento stesso. Dico questo perché almeno tra noi la lettura dei dati scientifici e della corrispondenza ormai unanimemente definita deve essere il punto di partenza per una discussione sana (non mi riferisco naturalmente a lei, ma ho sentito qualche intervento adesso).
  Mi interesserebbe anche capire, più che la Cina, che mi sembra che qualcosa stia facendo, cosa stiano facendo gli alleati di alcune forze politiche del nostro Governo come gli Stati Uniti, la Russia e Bolsonaro, che stanno negando anche gli Accordi di Parigi. D'altro canto, è anche vero che non tutti hanno votato per la ratifica dell'accordo anche nel Parlamento europeo.
  Ieri, in Senato, abbiamo presentato una mozione per la definizione dell'emergenza Pag. 10climatica e ambientale, perché riteniamo che ormai sia assolutamente necessario, ma è stata bocciata dalla maggioranza. È necessario perché i piani nazionali integrati energia e clima, da una prima analisi fatta sia dalla Commissione europea che da enti terzi, non sono esattamente tranquillizzanti, perché non sono quasi mai allineati al percorso di Parigi.
  Siccome la revisione di quei piani è prevista nel 2023 ed è del tutto evidente che quei piani non porteranno al raggiungimento degli obiettivi già definiti con accordi internazionali vincolanti, come pensa l'Unione Europea di intervenire? Negli ultimi due anni sono aumentati a livello globale gli investimenti in combustibili fossili e contemporaneamente sono diminuiti gli investimenti per l'energia pulita, quindi stiamo andando nella direzione opposta a quella di Parigi.
  Seconda questione. È evidente che la transizione energetica ha bisogno di un finanziamento e dunque di meccanismi fiscali e di pricing, l'Unione europea aveva lanciato la carbon pricing, ma ora si è fermata. Vorrei sapere come intendiate muovervi. Grazie.

  CRISTINA ROSSELLO. Buongiorno, i ringraziamenti sono doverosi. Sotto il profilo del corpus legislativo e delle azioni concrete del dopo Parigi lei, Commissario, ritiene che i piani nazionali degli Stati membri finora proposti siano sufficientemente esaustivi e armonizzati sotto il profilo del ciclo del rifiuto?
  A noi pare che tutti i sette settori siano interessati da questo argomento e che ci sia una forma di assenza culturale, quantomeno relativamente al nostro piano, quindi volevamo fare degli approfondimenti e avere dei suoi suggerimenti sulla possibile armonizzazione con altri Stati. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al Commissario Arias Cañete per la replica.

  MIGUEL ARIAS CAÑETE, Commissario europeo per l'azione per il clima e l'energia. Vorrei innanzitutto ringraziare tutti per le domande, che sono molto mirate e molto complicate, ma cercherò di rispondere alla maggior parte di esse, eventualmente facendo poi un secondo giro.
  Partiamo dai progetti di piani nazionali integrati per l'energia e il clima. Quando abbiamo deciso in relazione all'Unione Energetica, abbiamo avuto mille restrizioni. Ci fu il Consiglio europeo nell'ottobre 2014, in cui furono stabiliti soltanto obiettivi vincolanti a livello europeo per la riduzione delle emissioni e le rinnovabili. L'efficienza era un'aspirazione all'epoca, non avevamo un sistema di controllo sull'operato corretto degli Stati membri, perché non avevamo obiettivi vincolanti nazionali.
  In seguito, abbiamo dovuto attuare un sistema di governance; abbiamo seguito un approccio ascendente, in virtù del quale abbiamo dovuto elaborare piani d'azione nazionale integrati per l'energia e il clima, un impegno difficile, perché all'interno dei Governi i Ministri dell'economia, dell'industria, dell'energia, dei trasporti, dell'ambiente e del clima hanno dovuto confrontarsi e presentare un documento coerente.
  La situazione è stata molto difficile, anche le DG Energia e Clima della Commissione europea hanno dovuto lavorare insieme a una valutazione, quindi l'esercizio non è stato facile. È la prima volta che ci siamo impegnati su un esercizio del genere.
  I piani che sono sul tavolo sono di qualità diversa e la Commissione europea, con le raccomandazioni che saranno presentate, sta operando per guidare questi piani nella direzione di una qualità ragionevole secondo gli standard dell'Unione europea, per garantire che a livello europeo siamo in grado di raggiungere l'obiettivo della riduzione delle emissioni, dell'efficienza energetica e dell'impiego delle rinnovabili. È un esercizio molto complesso.
  Mi sono state rivolte domande sul piano nazionale italiano. A proposito della carbonizzazione, ad esempio, sulla base delle informazioni fornite nel piano, le misure politiche indicate sarebbero sufficienti per l'Italia a raggiungere l'obiettivo sulle emissioni di gas serra nei settori non coperti dal sistema ETS (Emissions Trading System): si tratta di un obiettivo del 33 per cento. Pag. 11
  Sarebbero necessarie probabilmente ulteriori spiegazioni, ad esempio, su come l'Italia riuscirà ad applicare la regola «no debiti» a proposito dell'uso del suolo, del cambiamento di uso del suolo e della silvicoltura, su come verrà usata la flessibilità, perché è la prima volta che il suolo deve partecipare al piano per le emissioni.
  Sempre per l'Italia il contributo proposto di una quota di fonti rinnovabili pari al 30 per cento del consumo finale lordo entro il 2030 è leggermente al di sopra dello standard richiesto dal regolamento in materia; anche l'obiettivo relativo al numero di vetture elettriche è molto ambizioso. Come accade per molti altri piani nazionali, molti degli obiettivi formulati sono ambiziosi e potrebbero avere un maggiore sostegno se si accompagnassero a messaggi chiari. Nella maggior parte dei piani gli obiettivi presentati sono ambiziosi, ma le modalità di conseguimento non sono molto chiare e dettagliate, quindi occorre impegnarsi di più al riguardo.
  Lo stesso vale per l'efficienza energetica e la sicurezza energetica: l'Italia sta programmando anche una riduzione della propria dipendenza dalle importazioni. In generale, il piano italiano è completo e molto ben sviluppato, è sicuramente in linea con la maggior parte degli standard previsti dal regolamento, ma bisognerebbe lavorare meglio sulle sinergie tra le varie dimensioni e le varie politiche. Occorrerebbe anche maggiore trasparenza in merito alla base analitica del piano finale; sarebbero necessarie ulteriori informazioni sulla spesa e sulle fonti di finanziamento in relazione al fabbisogno di investimenti.
  In generale la versione provvisoria del piano, così com'è, si presenta come uno strumento fattibile. Occorre avviare un'ampia consultazione con tutti gli attori coinvolti perché si possa giungere ai piani finali e alle strategie per la metà del secolo.
  A proposito delle domande sull'efficienza energetica: nel 2007 il Consiglio europeo ha definito gli obiettivi «20-20-20», 20 per cento di riduzione delle emissioni, 20 per cento di rinnovabili e 20 per cento di efficienza energetica. L'Unione europea è sulla buona strada per raggiungere tutti questi obiettivi. Abbiamo ridotto già di oltre il 22 per cento le nostre emissioni, anche se il PIL è cresciuto del 58 per cento. A livello europeo siamo sulla buona strada per raggiungere il nostro obiettivo del 30 per cento di rinnovabili, ma è vero che nell'efficienza energetica stiamo affrontando alcune difficoltà, tra le altre cose perché il rinnovamento progressivo di riscaldamento e raffreddamento è ancora in corso, così come l'efficientamento degli edifici. Abbiamo fatto enormi progressi nel settore dell’eco-design.
  Ricorderete che c'è stato un cambiamento grande, alle elezioni europee, in merito a come è stato presentato il cambiamento climatico nelle campagne elettorali. Nelle precedenti elezioni europee l'unica cosa di cui si parlava rispetto alle politiche climatiche, in Paesi come la Germania e il Regno Unito e sui tabloid erano le politiche di eco-design. Si diceva che la Commissione europea voleva creare questa dimensione politica per stabilire quanta acqua dovessimo utilizzare per fare la doccia o come si dovessero usare gli aspirapolvere. Adesso il dibattito è diventato più maturo. Esiste un dibattito sul clima e l'efficienza energetica è alla base delle nostre politiche ed è diventata un obiettivo fondamentale.
  L'obiettivo europeo del 32 per cento è molto complicato e ambizioso. Si tratta di una politica win-win, vantaggiosa per tutti.
  Noi abbiamo una bolletta per le importazioni di combustibili fossili pari a 266 miliardi di euro, fino a 300 miliardi l'anno. Questo è quel che importiamo in termini di combustibili fossili. Se vogliamo un'economia neutrale sul piano del carbonio, dobbiamo ridurre questa bolletta in modo sostanziale. Non solo dobbiamo raggiungere un impatto sulla spesa in termini economici, ma dobbiamo pensare anche alla qualità della vita e alla salute dei cittadini. Abbiamo oltre 400.000 morti premature all'anno nell'Unione europea. Non accade solo in Cina, anche l'Europa ha delle città inquinate. La qualità dell'aria nell'Unione europea non fa che aggravare la situazione, con problemi respiratori per i cittadini. Ci sono persone che muoiono a causa della Pag. 12cattiva qualità dell'aria. La decarbonizzazione dell'economia ha un impatto in termini di efficienza energetica, ha ripercussioni positive anche sulla salute dei cittadini e aumenta la sicurezza delle forniture. Questa è una politica win-win.
  Senatore Girotto, la Sua è una domanda molto complicata. Lei ha parlato di gas, di nucleare e di trasporti allo stesso tempo. A proposito del gas, il Consiglio europeo ha approvato la neutralità climatica entro il 2050. Nel 2050 gli unici gas saranno i gas rinnovabili. Ci sarà l'idrogeno chiaramente nel sistema, ma non avremo il gas naturale. Per quanto riguarda le quantità, ci sarà un utilizzo di quel gas nel settore chimico, ma nei settori della generazione dell'elettricità e probabilmente del trasporto su gomma (il trasporto marittimo potrebbe fare eccezione) la quantità di gas sarà sostanzialmente ridotta.
  Cosa accadrà col nucleare? Alcuni hanno criticato il fatto che la strategia non consideri uno scenario di rinnovabili al 100 per cento. Nel nostro modello le rinnovabili saranno tra l'80 e l'85 per cento, perché al momento dobbiamo ricordare che a livello di Unione europea abbiamo 124 centrali nucleari in azione oggi. Molte di queste andranno ben oltre la loro aspettativa di vita e saranno chiuse e smantellate. Ma alcune di esse resteranno. Al momento abbiamo più di undici Stati membri che utilizzano centrali nucleari e quattro Stati membri che annunciano la costruzione di nuove centrali, Finlandia, Polonia, Slovacchia e Francia. Ci sarà una realtà di nucleare all'interno dell'Unione europea, se c'è uno Stato membro che decide di costruire una centrale nucleare o di prolungare la vita di una già esistente.
  Il ruolo della Commissione europea è creare il livello massimo di sicurezza e di incolumità. Questo è ciò che facciamo, ma dobbiamo ricordare che una parte di energia pulita sarà prodotta con il nucleare, probabilmente più del 15 per cento. L'articolo 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) afferma che per quanto concerne il mix energetico non è la Commissione che decide, ma sono gli Stati membri. Non è la Commissione che decide di vietare un tipo di energia, è lo Stato membro che decide.
  Mi è stata posta una domanda sulla centrale nucleare in Slovenia. Quando si decide di uscire dal nucleare, bisogna pensare alla sicurezza di un impianto nella zona circostante. Dopo Fukushima noi abbiamo condotto stress test su tutte le installazioni presenti nell'Unione europea, per garantire il rispetto dei massimi livelli di sicurezza.
  Per quanto riguarda i Paesi che non fanno parte dell'Unione europea, ma che sono nel vicinato, dobbiamo convincerli ad accettare una revisione tra pari, perché applichino gli stessi standard di sicurezza e incolumità che valgono nell'Unione europea. Non è un processo facile. Questa è la situazione.
  Abbiamo parlato di gas. Noi al momento consumiamo 420 miliardi di metri cubici di gas nell'Unione europea. Il consumo nei prossimi anni comincerà a scendere. La questione è: dobbiamo finanziare con denaro pubblico i grandi gasdotti nel futuro? Il criterio della Commissione europea al momento è che i gasdotti ritenuti prioritari sono quelli non collegati alle griglie: questo vale per i Paesi centro e sud-orientali, che hanno un solo fornitore. All'inizio di questa Commissione europea c'erano quasi dieci Paesi che avevano un unico fornitore, Gazprom in Russia. A un certo punto Gazprom, ovvero il Governo russo, come sappiamo, ha utilizzato il gas, non come bene, ma come arma politica. Sappiamo quel che è accaduto in Ucraina. Per il prossimo inverno non sappiamo ancora se ci saranno forniture di gas in Ucraina.
  In merito alla sicurezza delle forniture di gas, in Europa centro e sud-orientale abbiamo sviluppato interconnettori tra Grecia e Bulgaria, Bulgaria e Romania, tra Serbia e Bulgaria e infine tra Bulgaria, Romania, Ungheria e Austria, per garantire i flussi migliori, affinché il gas non vada solo da nord a sud, ma anche da est a ovest. Abbiamo stabilito cooperazioni, affinché possiamo dare il nostro appoggio anche in eventuali situazioni di crisi. Abbiamo fornitori che sono affidabili – penso alla Norvegia – ma la produzione interna nazionale Pag. 13al momento è stata ridotta e quindi è limitata, per esempio nei Paesi Bassi, a causa di attività sismiche, per cui stiamo producendo meno di quanto importiamo in termini di gas in Europa.
  Abbiamo sviluppato una strategia molto sofisticata per il gas naturale liquefatto (GNL), sviluppando impianti di GNL per tutti i collegamenti mancanti, in modo da avere un'alternativa ai gasdotti attraverso il GNL. Si tratta anche di una priorità del Presidente americano Trump, vale a dire disporre della capacità di esportare ulteriori quantità di GNL nell'Unione europea.
  Un ambito molto complesso di cui ci occupiamo è l'efficientamento energetico degli edifici. L'80 per cento degli edifici in tutta l'Unione europea è assolutamente inefficiente sotto il profilo di un uso razionale dell'energia e molti di questi sono stati costruiti dopo il secondo conflitto mondiale. Questa politica è complicata, perché i suoi progetti tendono ad essere di piccole dimensioni, mentre i grandi istituti finanziari preferiscono finanziare un grande progetto, come un grande gasdotto o un aeroporto, del quale possono occuparsi con «dovuta diligenza» e con una squadra di 10-20 persone, piuttosto che rinnovare venti complessi residenziali. Pertanto, stiamo sviluppando nuovi meccanismi (come quello denominato Smart Finance for Smart Buildings) per aggregare progetti e lavorare attraverso il piano Junker e la Banca europea per gli investimenti, per cercare di creare meccanismi che semplifichino i progetti di efficientamento.
  Voi siete legislatori. C'è un altro elemento che rende la situazione più complicata in termini di efficientamento energetico degli edifici a più piani. In alcuni Paesi per rinnovare gli edifici occorre l'unanimità e, se c'è l'opposizione di uno o due, si lascia un edificio nelle condizioni in cui era nel diciannovesimo secolo. Un elemento positivo della ristrutturazione degli edifici è che viene realizzata utilizzando tecnologie locali (pensiamo ad esempio all'installazione dei vetri o all'isolamento), e vengono coinvolte le piccole e medie imprese locali. Non sono coinvolte grandi società di high-tech. Il settore quindi crea posti di lavoro e crea posti di lavoro «verdi» a livello locale. Si tratta, quindi, di una politica molto interessante e noi teniamo molto acché gli Stati membri si impegnino per proseguire in questa direzione.
  L'onorevole Maggioni, tra le altre cose, mi aveva rivolto una domanda sulla sfida a proposito delle possibili cause, antropogeniche o non, del riscaldamento globale. Al momento, con l'eccezione di alcuni Paesi, tutti riconoscono che c'è la mano dell'uomo dietro l'attuale aumento delle temperature; negli ultimi quindici anni la popolazione globale si è raddoppiata, negli ultimi quindici anni la crescita economica si è quadruplicata, negli ultimi quindici anni il flusso degli scambi commerciali si è decuplicato, quindi le tensioni sulla gestione dei terreni, sul consumo di energia e sulla produzione di cibo sono cresciute enormemente. Pensiamo all'Africa, un continente che ha ancora centinaia di migliaia di persone che non hanno accesso all'energia.
  Di conseguenza, abbiamo una grande sfida che ci attende. Abbiamo lanciato la nostra strategia per la neutralità climatica avendo in mente il fatto che l'azione per la lotta al riscaldamento globale deve essere globale: ogni Paese deve fare la sua parte; che siano gli Stati Uniti, l'Unione europea o la Cina, tutti devono fare la loro parte.
  Non lo dico perché sono qui oggi, ma perché vedo quello che succede sul campo in tutto il mondo. Noi siamo in una posizione straordinaria nella lotta al riscaldamento globale, perché innanzitutto abbiamo gli obiettivi più ambiziosi, che ci condurranno alla riduzione di almeno il 40 per cento delle nostre emissioni rispetto al 1990 solo con l'azione nazionale, senza il meccanismo CDM (clean development mechanism). Si tratta dell'obiettivo più ambizioso del mondo. È fattibile, stiamo seguendo la direzione giusta e ce la faremo. La nostra azione è stata approvata a livello legislativo e probabilmente arriveremo al 45 per cento e se non cambieremo la nostra legislazione, nel 2050 avremmo ridotto le nostre emissioni del 60 per cento. Sicuramente stiamo procedendo molto bene.
  La situazione si è complicata in seguito all'annuncio del ritiro dall'Accordo di Parigi Pag. 14 degli Stati Uniti, ma fino ad ora esiste un'azione specifica da parte di undici-dodici dei maggiori Stati americani. Penso alla California, che potrebbe diventare la quinta economia al mondo, e che ha annunciato una decarbonizzazione entro il 2045, ai sindaci di grandi città, agli investimenti di grandi multinazionali, al cambiamento di condotta delle società che producono petrolio. C'è una forte azione anche all'interno degli Stati Uniti, che entro novembre di quest'anno dovranno decidere se usciranno per sempre dall'Accordo di Parigi o se resteranno formalmente, ma, che restino o meno, si continuerà con la nostra azione.
  La Cina al momento sta sviluppando il più grande mercato del carbonio del mondo. Abbiamo iniziato in vari settori e noi stiamo collaborando con loro, ma saranno loro ad avere il mercato del carbonio più grande al mondo. Questo vuol dire che le loro società, se emetteranno, dovranno pagare un prezzo molto consistente. Ci saranno il mercato del carbonio della Cina, quello dell'Europa, quello di altri Paesi (la Nuova Zelanda ad esempio) che saranno collegati tra loro; ci sarà quindi un mercato comune globale. In ogni caso c'è un'azione concreta sul campo.
  Quando gli Stati Uniti hanno annunciato che non sarebbero stati più un grande attore nel dibattito internazionale sul clima, abbiamo costituito un'alleanza con il Canada e con la Cina e abbiamo creato quella che chiamiamo Ministerial Climate Action, una sede nella quale cerchiamo di supportare i negoziati per lo sviluppo dell'Accordo di Parigi e continuiamo a sostenere una posizione ambiziosa.
  Mi è stata rivolta una domanda sul metano e le emissioni in agricoltura. Come ho affermato, è la prima volta che in agricoltura gli Stati membri devono ridurre le emissioni. Occorre flessibilità: nell'Unione europea dobbiamo ridurre globalmente le nostre emissioni del 43 per cento rispetto al 2005 nei settori coperti dal sistema ETS, cioè le industrie a intensità energetica molto alta, ma nei settori che non fanno parte del sistema ETS (agricoltura, edilizia, rifiuti, trasporti) l'obiettivo per l'Unione europea è il 30 per cento.
  Gli Stati membri possono ridurre, però, con percentuali diverse. L'obiettivo è il 30 per cento, ma possono decidere di ridurre del 15 per cento nell'agricoltura e del 45 per cento nell'edilizia, ma a condizione che ci sia un'aggregazione di percentuali.
  Esistono due aspetti legati all'agricoltura: anzitutto le emissioni che derivano dalla fermentazione enterica dei ruminanti (il metano), che possono essere ridotte grazie a specifiche tecnologie, nonché cambiando i modelli nutrizionali degli animali. Irlanda e Nuova Zelanda hanno la leadership nella ricerca che riguarda questo settore, stanno conseguendo risultati molto interessanti e, a basso costo, sono state in grado di ridurre le emissioni senza ridurre la produzione di carne. L'innovazione procede davvero molto rapidamente.
  Il secondo aspetto legato all'agricoltura riguarda i fertilizzanti e l'eccesso di azoto nei terreni. Nella politica agricola comune ci saranno elementi che consentiranno una decontaminazione più sostenibile. È chiaro che anche se noi puntiamo alle rinnovabili, all'efficienza energetica, all'economia circolare, all'idrogeno, ci saranno alcuni settori dell'economia ad alta intensità energetica che saranno molto difficili da decarbonizzare; per questo abbiamo bisogno di tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio.
  Nella road map stabilita nel 2011 per decarbonizzare la nostra economia del 20 per cento, noi ci siamo basati sulle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio. Quel che è accaduto è che molti dei progetti che abbiamo finanziato non hanno funzionato: non erano commerciabili, erano costosi, abbiamo avuto tante difficoltà. Quel che sta accadendo adesso è che in tutto il mondo si è capito che questa è una tecnologia che deve essere performante. Sono molte le regioni, che siano Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Canada o Cina, in cui ci sono ricercatori che stanno lavorando per rendere queste tecnologie commerciabili.
  Noi abbiamo uno strumento fondamentale e formidabile per supportare la ricerca e favorire la divulgazione di queste tecnologie e per renderle efficienti sul piano del Pag. 15mercato. Ora abbiamo il Fondo per l'innovazione. Nel sistema ETS abbiamo creato due fondi: il Fondo per la modernizzazione, a sostegno dei Paesi più poveri dell'Unione europea, perché migliorassero il loro sistema energetico rendendolo meno inquinante, e il Fondo di innovazione per le tecnologie d'avanguardia, un fondo sostenuto dai proventi che derivano dalla messa all'asta delle emissioni. Si tratta di fondi che hanno una dotazione di più di 12 miliardi di euro, perché il mercato del carbonio ha iniziato a funzionare, per cui se nel passato avevamo un prezzo di 5 euro a tonnellata, adesso siamo a più di 25 euro. Quindi ora il valore del Fondo di innovazione lo rende estremamente competitivo.
  Mi sono state rivolte diverse domande sulle emergenze climatiche. Abbiamo un problema quando si guarda ai dati del rapporto IPCC, il panel intergovernativo. Da un lato, ci sono loro, che dicono che noi abbiamo già superato il riscaldamento globale rispetto all'epoca preindustriale di 1 grado centigrado; dall'altro, con i flussi commerciali attuali, anche se fossero attuati tutti i contributi nazionali, in futuro avremo un aumento pari a 0,2 gradi per decennio. Pertanto, non riusciremo a rispettare l'obiettivo del contenimento di 1,5 gradi. D'altra parte, i compromessi legati alla mitigazione messi sul tavolo dalle parti non sono pienamente attuati e in molti casi sono legati al sostegno finanziario, quindi potremmo trovarci ad affrontare un aumento globale delle temperature che potrebbe diventare molto pericoloso. Se ci fosse un aumento globale di due o tre gradi, nel territorio subsahariano ci sarebbero 60 gradi durante l'estate e non sopravvivrebbe nessuna coltura. In quel caso, ci sarebbe una migrazione legata al clima, che è uno dei rischi di cui teniamo conto in ogni strategia che elaboriamo.
  Ci troviamo in una situazione complessa, abbiamo bisogno di leadership, abbiamo bisogno di qualcuno che dica: «Voglio diventare neutrale climaticamente, ma la mia economia crescerà; voglio diventare neutrale climaticamente, ma sarò il leader dell'industria automobilistica del futuro; voglio diventare neutrale climaticamente, ma con standard di efficienza energetica alti; voglio diventare neutrale climaticamente, creando allo stesso tempo posti di lavoro». Ecco perché dobbiamo essere la prima grande economia ad aprire la strada, mantenendo la crescita del PIL e dell'occupazione.
  Questo richiede una completa trasformazione del modello socioeconomico che abbiamo adesso. Ci sarebbero delle conseguenze per alcuni settori, per l'estrazione dei combustibili fossili e del carbone. Anche l'industria automobilistica dovrà cambiare.
  Basti pensare che una centrale a combustione ha 1.300 componenti. Una centrale elettrica più o meno altrettanti. Pensiamo quindi all'impatto su tutti i fornitori che lavorano per un impianto che deve essere decarbonizzato, nel momento in cui occorre operare una riconversione industriale, cambiando hardware, software, componenti meccanici, componenti elettronici, o riqualificando le risorse umane.
  La Commissione europea ribadisce che questa è una transizione energetica irreversibile, ma bisogna operare una transizione sociale in parallelo. Noi stiamo anticipando questa transizione. Non abbiamo una crisi finanziaria per una società che domani chiude un impianto. Noi abbiamo creato una visione per il 2050. Dobbiamo cambiare la nostra legislazione per adattarla a quella visione. Se vogliamo avere un impatto su tutti i settori dell'economia, dobbiamo anticipare, dobbiamo creare i mezzi e dobbiamo assicurare che tutti siano a bordo, senza lasciare indietro nessuno. Questa è la sfida.
  È inutile dire «io voglio essere paladino della difesa della politica climatica». Che si fa con la FIAT e con le altre società automobilistiche? Che si fa con i settori che si occupano della produzione del gas o del petrolio? Occorre un grande cambiamento.
  Il dibattito deve concentrarsi su questo. Vogliamo essere leader o follower, guidare o seguire? E faccio un esempio, legato alla Cina e all'industria automobilistica. Oggi, se un sindaco di una città europea volesse elettrificare il servizio di autobus della propria città e lanciasse una gara d'appalto per Pag. 161000 autobus, probabilmente non gli arriverebbe nessuna offerta da società europee: sarebbero tutte società cinesi.
  Pensiamo alle batterie: solo il 2 per cento delle materie delle automobili ora e nel futuro è prodotto in Europa. Le batterie saranno sempre più scarse. Adesso il numero di veicoli elettrici è molto basso, quindi c'è una sufficiente offerta di batterie, ma se pensiamo al numero di veicoli elettrici presenti negli impianti italiani, francesi e spagnoli, e agli impianti di ricarica che occorrerà realizzare e agli incentivi, noi avremo un problema con la fornitura di batterie e di materie prime necessarie per produrre le batterie, perché la politica energetica cambierà radicalmente come ulteriore conseguenza di questa transizione climatica.
  Alcuni Paesi, che si sono basati sempre sui combustibili fossili e avevano grande potere politico, lo perderanno, ma quelli che controllano le terre rare e i materiali rari, e le industrie che li trasformano, avranno un ruolo predominante in futuro. Dobbiamo anticipare questi movimenti.
  Onorevoli parlamentari, la nostra situazione è davvero impegnativa. Questa è probabilmente la più grande sfida che dobbiamo affrontare. Abbiamo pubblicato un sondaggio europeo sul clima. Il livello di preoccupazione dei cittadini per le politiche climatiche è cresciuto esponenzialmente.
  Adesso, però, noi europei abbiamo una posizione straordinaria: abbiamo tutti i nostri obiettivi sostenuti da una legislazione che è stata già approvata e siamo l'unica parte della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite che ha la legislazione pronta, quindi abbiamo tutte le misure legislative che servono. Se il Consiglio europeo l'approverà, avremo una visione per il 2050.
  La bellezza di avere un corpus legislativo che copre tutti i nostri obiettivi è che non ci sarà cambiamento anche se cambieranno i Governi. Quest'anno nell'Unione europea avremo 11 o 12 elezioni politiche. Ma la politica energetica e quella del clima resteranno le stesse, a prescindere dai risultati elettorali. Gli Stati Uniti cambiano il Presidente e il giorno dopo cambia la politica sul clima.
  Inoltre, noi siamo il più grande fornitore per i Paesi in via di sviluppo di finanza pubblica per il clima. Questo aumenta la nostra credibilità nei negoziati internazionali, perché riconoscono che noi siamo quelli solidali con i Paesi in via di sviluppo.
  Abbiamo l'obiettivo più ambizioso, abbiamo il corpus legislativo, abbiamo cooperazione, abbiamo un grande mercato e tutti i fattori che ci consentono di avere un ruolo guida, ma è il momento della verità. A giugno avremo il Consiglio europeo. Sarà un po’ complicato, perché dovranno decidere anche il nuovo presidente della Commissione europea e il nuovo assetto istituzionale, ma in quel Consiglio i leader saranno all'altezza della loro responsabilità, approvando una strategia per la neutralità climatica per il 2050 che tenga conto di tutti gli aspetti sociali correlati.
  Spero che questo accada e che raggiungeremo davvero gli obiettivi. Ecco perché chiedo ai Governi che hanno le politiche climatiche più ambiziose di essere attivi nel Consiglio europeo, per cercare di spingere il Consiglio stesso ad affrontare le proprie responsabilità.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Commissario Arias Cañete, i miei colleghi presidenti, i colleghi che sono intervenuti e tutti gli altri.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.35.