Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3
Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 3
Briziarelli Luca ... 9
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 9
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9
Briziarelli Luca ... 9
Battistoni Francesco ... 9
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9
Braga Chiara (PD) ... 9
Briziarelli Luca ... 10
Ferrazzi Andrea ... 10
Patassini Tullio (LEGA) ... 11
Zolezzi Alberto (M5S) ... 11
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 12
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 12
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 13
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16
Ferrazzi Andrea ... 16
Patassini Tullio (LEGA) ... 17
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17
Braga Chiara (PD) ... 17
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 17
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 18
Zolezzi Alberto (M5S) ... 21
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 21
Vignaroli Stefano , Presidente ... 23
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 23
Vignaroli Stefano , Presidente ... 23
Potenti Manfredi (LEGA) ... 23
Patassini Tullio (LEGA) ... 23
Vignaroli Stefano , Presidente ... 24
Zolezzi Alberto (M5S) ... 24
Costa Sergio , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 24
Zolezzi Alberto (M5S) ... 25
Vignaroli Stefano , Presidente ... 25
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI
La seduta comincia alle 13.10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, Sergio Costa.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, generale Sergio Costa, accompagnato dalla dottoressa Stefania Divertito, capo ufficio stampa, e dal dottor Tullio Berlenghi, capo segreteria tecnica, che ringrazio per la presenza.
L'audizione odierna verterà prevalentemente sull'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sul territorio nazionale e sullo stato di avanzamento dei lavori di bonifica del sito di interesse nazionale di Venezia. Sull'argomento ieri è stato audito il sindaco di Venezia.
La Commissione è interessata anche ad ottenere informazioni sui decreti afferenti alla tematica dell’end of waste in corso di predisposizione presso il Ministero dell'ambiente, vista anche la novella dell'articolo 184-ter e successivamente della delega in legge delega europea.
Comunico che l'audito ha preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta che informa l'audito che della presente seduta sarà redatto un resoconto stenografico e, su motivata richiesta, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta; nel caso le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento; si invita comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
Visto che il Consiglio dei ministri deve iniziare alle 15.00, ha a disposizione circa quarantacinque minuti per queste tre tematiche e poi possiamo lasciare la parola ai commissari per eventuali approfondimenti.
Cedo la parola al nostro ospite per lo svolgimento della sua relazione.
SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie, buon pomeriggio a tutti, quindi abbiamo tre argomenti. Come mio solito e con il permesso del presidente per essere più preciso leggerò gli argomenti e su una quota parte come sempre parlerò a braccio.
Sempre se il presidente concorda, non leggerò tutte le argomentazioni, che in taluni casi sono particolarmente tecnicistiche, però consegno la mia relazione completa anche di queste parti di ulteriori approfondimenti al presidente, per l'ulteriore assegnazione alla Commissione.
Inizio con il primo argomento, l’end of waste, tema su cui si è già avuto modo di discutere in questa medesima sede nella seduta del 31 gennaio passato. Già in quell'occasione è stato sottolineato l'assoluto rilievo del tema relativo all'attuazione dell'articolo 184-ter, comma 2 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che disciplina la cosiddetta «cessazione della qualifica di Pag. 4rifiuto» per l'economia circolare di cui il Ministero dell'ambiente è attore principale.
Per dare centralità a questo obiettivo, nel recente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante il Regolamento di riorganizzazione del MATTM, approvato nella seduta del Consiglio dei ministri del 14 giugno scorso, è stata istituita un'apposita Direzione generale per l'economia circolare, cosa estremamente positiva che prenderà corpo con l'inizio dell'anno solare.
Si ricorda a tal proposito per completezza di esposizione che secondo l'articolo 184-ter un rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto ad operazioni di recupero, incluso il riciclo e la preparazione per il riutilizzo, che soddisfino determinati criteri, tra i quali in particolare l'assenza di impatti complessivi negativi sull'ambiente. Tali criteri vengono ricavati dalla disciplina comunitaria o, in mancanza di essa, sono fissati dal MATTM con propri decreti, caso per caso, per specifiche tipologie di rifiuto, includendo anche eventuali valori limiti.
È ben nota a tutti l'emergenza determinatasi nel settore del riciclo a seguito della sentenza del Consiglio di Stato del febbraio 2018, con la quale sostanzialmente sono state rimesse in discussione le procedure di autorizzazione regionale ai sensi dell'articolo 208 del Codice dell'ambiente per il riciclo di tutte le categorie di rifiuto che non siano già contemplate dai criteri end of waste nazionali o comunitari, ovvero non siano contenute nel decreto del Ministero dell'ambiente risalente al 5 febbraio 1998, che stabilisce i parametri guida di circa 200 procedure di recupero per altrettante tipologie di rifiuti.
Con la suddetta sentenza del Consiglio di Stato è stato osservato, alla luce dell'articolo 6 della direttiva europea 98 del 2008, riguardante la cessazione della qualifica di rifiuto, che la disciplina medesima della cessazione della qualifica di rifiuto è riservata alla normativa comunitaria e che quest'ultima ha previsto che sia comunque possibile per gli Stati membri valutare altri casi di possibile cessazione.
Tale prerogativa (si precisa nelle motivazioni della sentenza del Consiglio di Stato) compete tuttavia in forma esclusiva allo Stato e precisamente al Ministero dell'ambiente, che deve provvedere con propri atti di natura regolamentare. Finora erano stati pubblicati solo due decreti end of waste (parlo ovviamente di quelli del MATTM), emanati rispettivamente nel 2013 e nel 2018, relativi al combustibile solido secondario e al fresato d'asfalto.
Nel maggio scorso è stato emanato a firma mia il decreto ministeriale 132 del 15 maggio, che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto dei prodotti assorbenti per la persona, denominati PAP. Il decreto fissa i criteri (quindi siamo a tre complessivamente) in base ai quali i materiali derivanti da riciclo dei pannolini, pannoloni ed assorbenti femminili, provenienti da raccolte urbane differenziate, dedicate appositamente, possano essere trasformati e qualificati come materie prime seconde da immettere nuovamente nel processo produttivo, in piena sintonia con i princìpi dell'economia circolare, sui quali è opportuno fermarsi ulteriormente.
Il Regolamento (vi risparmio tutto l'aspetto tecnicistico che però ho consegnato al presidente) individua, sulla base della delega contenuta nell'articolo 184-ter, comma 2 del decreto legislativo 152 del 2006, i criteri nel rispetto dei quali i materiali derivanti dal trattamento dei prodotti assorbenti per la persona a valle di trattamento cessano di essere qualificati come rifiuti, per essere reintrodotti nel ciclo economico come prodotti.
Nel corso dell’iter istruttorio, il Ministero dell'ambiente ha intrattenuto una costante interlocuzione con l'Istituto Superiore di sanità e con l'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, dai quali si è fatto supportare soprattutto in relazione agli aspetti sanitari e ambientali.
Nell'istruttoria tecnica, che è stata lunga e laboriosa ma tutta tracciata e ha condotto alla formulazione dei pareri degli istituti, sono stati presi a riferimento i risultati delle analisi e degli studi, atti a mostrare che i materiali ottenuti dai PAP non costituiscono un pericolo per la salute umana e tantomeno per l'ambiente.
Nell'allegato 1, al punto 3 del Regolamento, titolato Criteri sanitari, è stabilito Pag. 5che le tre tipologie di materiale ottenuti dal trattamento di recupero relativamente ai parametri igienico-sanitari devono soddisfare tutti i criteri di cui al punto 3, cioè i criteri microbiologici, chimici e sanitari, oltre ovviamente al test di cessione. Ne discende che, qualora un materiale a valle del trattamento non rispettasse anche uno solo di questi criteri, il materiale resterebbe rifiuto e andrebbe gestito secondo la procedura dei rifiuti. Questo è contenuto nel Regolamento di autorizzazione a firma mia.
Fermo restando quanto detto, si rileva che il Regolamento in esame ha avuto parere positivo dal Consiglio di Stato (ovviamente dalla sezione consultiva per gli atti normativi) nell'adunanza dello scorso 20 dicembre 2018, ed è diventato poi Regolamento in pubblicazione il 15 maggio per il semplice motivo che, come sapete, il tempo di notifica all'Unione europea non è inferiore a 3 mesi.
In generale, si rileva che dal trattamento di PAP si producono 3 materiali: le plastiche eterogenee a base di poliolefine, il polimero super assorbente, denominato tecnicamente SAP, e cellulosa a basso o alto contenuto di polimero super assorbente.
La cessazione della qualifica di rifiuto costituisce un tassello indispensabile per la valorizzazione del potenziale dei rifiuti e, ove recepito in modo corretto, può dare un forte contributo allo sviluppo delle potenzialità del settore di riciclo e recupero dei rifiuti. L’end of waste rappresenta quindi una misura concreta e tangibile per realizzare, come deciso da tutti gli Stati dell'Unione europea, una società del riciclo e del recupero, che diventa reale nel momento in cui i materiali, risultato di un riciclo o recupero di alta qualità, possono nuovamente essere introdotti sul mercato ed essere in grado di competere con le materie prime vergini, consentendo una riduzione del consumo di risorse naturali e materie prime.
Al valore e al vantaggio ambientale si accompagna anche la valenza economica, che sussiste non solo per il singolo soggetto, ma anche per la collettività, generando pertanto anche benefici sociali.
Il beneficio è dato dal fatto di disporre, all'esito di opportune operazioni di riciclo e recupero, non più di un rifiuto, ma di un prodotto che in quanto tale avrà un mercato e quindi un valore economico. Il rifiuto diventa risorsa e contribuisce a ridurre l'utilizzo di materia prima e il quantitativo di rifiuti da destinare allo smaltimento.
L'obiettivo della previsione normativa è pertanto di stabilire modalità e criteri attraverso cui i materiali derivanti dal trattamento di una particolare tipologia di rifiuto, ossia i componenti dei prodotti assorbenti nel caso di specie per la persona post consumo, cessino di essere tali e possano essere utilizzati per gli scopi sopra descritti nell'allegato 5 del Regolamento.
Con riferimento alle condizioni di cui all'articolo 184-ter, comma 1, lettere a), b) e c) del Codice dell'ambiente, si rappresenta che dall'esame istruttorio condotto è risultato (questo è interessante perché è un brevetto tutto italiano, applicabile in tutto il mondo, e mi piace dire che si stanno progettando aperture di sessanta aziende con il medesimo brevetto in Italia, ma molte già si stanno aprendo in Germania e Olanda, quindi è una bella cosa per il Paese Italia, che darà molti posti di lavoro, perché lo stimato e di circa 1.000-1.500 posti di lavoro in Italia, ovviamente all'estero non saprei dire) che in Italia esiste un mercato per la cellulosa, per il materiale super assorbente e per le miscele plastiche eterogenee, che provengono dai PAP, in ragione del fatto che gli stessi materiali risultano comunemente oggetto di transazioni commerciali e possiedono un effettivo valore economico di scambio.
È stato verificato infatti che sussistono scopi specifici per i quali tali materiali sono utilizzabili, nel rispetto dei requisiti tecnici di cui al Regolamento, e che i medesimi rispettano la normativa e gli standard esistenti, applicabili ai prodotti e che il loro utilizzo non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.
In Italia ogni anno si producono circa 900.000 tonnellate di rifiuti da PAP, che vengono generalmente raccolte insieme al secco residuo e smaltite o in discarica per Pag. 6il 65 per cento o presso centri di incenerimento per il rimanente 35 per cento. In questo caso quindi li toglieremo tutti.
Il sistema di riciclo dei PAP consente il recupero di materiali performanti dall'alto valore aggiunto, che saranno valorizzati sul mercato nazionale e, come vi ho illustrato, anche internazionale. Da una tonnellata di PAP riciclati si recuperano 95 chili di plastica da usare in nuove produzioni, tra cui packaging non alimentare o sanitario, contenitori per pannolini usati e mollette, 185 chili di materiale cellulosico da usare per la produzione tra le altre cose di carta riciclata, zuccheri di seconda generazione, prodotti assorbenti per animali domestici e materiali per l'edilizia, 95 chili di polimero super assorbente riciclato per la produzione di nuovi prodotti assorbenti, che non siano ovviamente i medesimi PAP.
L'interesse per questi materiali da parte di potenziali acquirenti è dato sia dall'elevato livello di qualità dei materiali medesimi, che in termini di performance risultano essere migliori per alcune applicazioni delle materie vergini, sia dalla convenienza economica derivante anche dalla stabilità dei prezzi in relazione al fattore di produzione. Il prezzo di vendita dei materiali recuperabili dai rifiuti da PAP varia ovviamente in base al mercato dell'applicazione per cui vengono utilizzati.
Dall'istruttoria effettuata risulta incontrovertibile l'esistenza di un mercato dei tre materiali a cui innanzi facevo riferimento, che esitano a valle. Tale dato è dimostrato da numerosi accordi commerciali in corso di validità, aventi ad oggetto la commercializzazione e il successivo utilizzo.
Relativamente agli scopi specifici di utilizzo, i materiali recuperati attraverso il riciclo del PAP hanno ampiamente dimostrato di avere prestazioni analoghe alle materie prime. La frazione plastica infatti è stata certificata conforme alle norme UNI, che definiscono i requisiti e i metodi di prove di miscele eterogenee a base della sostanza proveniente. Tali plastiche possono essere utilizzate da sole o in miscela con altri materiali.
Vi risparmio l'aspetto squisitamente tecnicistico, che lascio al presidente, e con il vostro permesso passerei agli ulteriori decreti end of waste che sono in corso di elaborazione e istruttorio. È in corso di completamento anche l’iter relativo al decreto sul granulato di gomma proveniente dagli pneumatici fuori uso.
Il ministero è in fase avanzata di istruttoria e di altri decreti ministeriali, relativi al pastello di piombo, alle plastiche miste, alla carta da macero, al pulper, scarto prodotto dall'industria cartaria. Sono state altresì avviate le verifiche di fattibilità per altre tipologie di rifiuti attenzionate dal mercato, quali il vetro sanitario, la vetroresina, i rifiuti inerti da spazzamento di strada, gli oli alimentari esausti, le ceneri d'altoforno, i tessili e i residui da acciaieria. Aggiungo anche gli esiti delle demolizioni, per i quali stiamo attenzionando alcuni parametri più che altro chimici, ma siamo prossimi anche a quello.
Per tutti questi siamo in fase molto avanzata o avanzata, quindi stiamo lavorando con una certa velocità, però è chiaro che, essendo decreti di natura regolamentare, sapete meglio di me che hanno un tempo tecnico, che è mediamente non inferiore a nove mesi, perché c'è il passaggio in Consiglio di Stato, una volta elaborato l'aspetto ambientale e sanitario, c'è il passaggio in cui il Consiglio di Stato quasi sempre fa dei rilievi, vengono rielaborati rilievi di nuovo con l'Istituto Superiore di sanità e con ISPRA, si risponde al Consiglio di Stato, si ottiene quasi sempre, una volta definito questo passaggio, il via libera, e poi va all'Unione europea. Se sommate i sotto-tempi, arriviamo a un tempo complessivo tra 9 e 12 mesi, non è una carenza ministeriale o altro, è proprio la fase naturale del percorso che così funziona.
Lo dico perché questo ci aiuta a fare una riflessione per quello che vi dirò adesso. Quali sono quindi, alla luce di quello che vi ho riferito, le novità apportate dall'articolo 1, comma 19 del decreto-legge 32 del 2019, convertito nella legge 55 del 2019, in buona sostanza lo Sblocca cantieri?
Al fine di fronteggiare la situazione venutasi a creare successivamente alla pronuncia Pag. 7 del Consiglio di Stato che innanzi ho riportato, in fase di conversione con modificazioni del decreto-legge 32 del 2019, lo Sblocca cantieri, è stato definitivamente approvato con legge 55 del 2019 in giugno di quest'anno un emendamento che ha sostituito il comma 3 dell'articolo 184-ter, a cui facevo prima riferimento, prevedendo che, nelle more dell'adozione di uno o più decreti che fissano i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 del Titolo III bis della parte seconda del Codice dell'ambiente siano concesse dalle autorità competenti sulla base dei criteri indicati nell'allegato 1, sub allegato 1 al decreto ministeriale del Ministero dell'ambiente del 5 febbraio del 1998 e a quello del decreto ministeriale dell'ambiente 161 del 2002, e nell'allegato al Regolamento di cui al DM 269 del 2005, per i parametri ivi indicati, relativi a tipologia, provenienza e caratteristica dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività.
Qui c'è già un elemento di riflessione che vi riporterò come criticità. Tali autorizzazioni individuano le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei princìpi sulla gerarchia dei rifiuti, di cui all'articolo 178 del Codice dell'ambiente, per quanto riguarda le quantità di rifiuti ammissibili nell'impianto da sottoporre alle operazioni di recupero. In sostanza, ciò significa che le autorizzazioni regionali possono derogare ai limiti quantitativi fissati dai DM innanzi riportati sulle procedure semplificate di recupero.
Inoltre, con il predetto provvedimento normativo è stato disposto che con decreto non avente natura regolamentare, quindi ben più rapido della procedura che innanzi vi ho descritto a mia firma, possano essere emanate linee guida per uniformare l'applicazione del comma 3 dell'articolo 184-ter sul territorio nazionale, quindi evitare quelle che tecnicamente si chiamano economie di rapina territoriali, con particolare riferimento alle verifiche sui rifiuti in ingresso nell'impianto in cui si svolgono tali operazioni e ai controlli da effettuare sugli oggetti e sulle sostanze che ne costituiscono il risultato, tenendo comunque conto dei valori limiti per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente e sulla salute umana.
La norma prevede altresì che entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto sulle linee guida i titolari delle autorizzazioni rilasciate successivamente alla data di entrata in vigore della disposizione presentino alle autorità competenti apposita istanza di aggiornamento ai criteri generali definiti dalle linee guida medesime.
In sintesi, l'approvazione dell'emendamento Sblocca cantieri attribuisce alle regioni o agli enti da esse delegati la competenza a rilasciare le autorizzazioni caso per caso agli impianti per il trattamento dei rifiuti destinati a diventare end of waste, applicando i criteri nazionali del recupero agevolato. Le regioni dunque possono ora concedere le autorizzazioni per il recupero, applicando gli unici criteri ad oggi esistenti a livello nazionale, che risiedono nei decreti sul recupero agevolato.
La nuova norma infatti prevede la possibilità di autorizzare in forma ordinaria, in base agli articoli 208, 209 e 211 del Codice dell'ambiente sull'autorizzazione integrata ambientale, il recupero di specifiche tipologie di rifiuti individuati dai DM a cui facevo riferimento (quello del 1998, quello del 2002 e quello del 2005), rispettando le prescrizioni tecniche presenti negli allegati dei citati decreti, ma senza incontrare i limiti quantitativi ivi previsti.
Per le attività di recupero che rispettano le quantità previste nei decreti ministeriali sopracitati restano ferme le procedure autorizzatorie semplificate. Il Ministro dell'ambiente può adottare linee guida, come abbiamo detto innanzi. La nuova disposizione riguarda solo i flussi di materiali cosiddetti «tradizionali», cioè regolati dai suddetti decreti ministeriali a cui facevo riferimento, che non sono aggiornati all'evoluzione tecnologica del 1998, del 2005 e del 2012, quindi tecnologicamente un po’ datati ormai.
Per questa ragione, la nuova formulazione del comma 3 dell'articolo 18-ter della 163 del 2006, in buona sostanza dello Sblocca cantieri, a mio parere non può Pag. 8ritenersi risolutiva di tutte le esigenze del settore, quindi il sottoscritto (già da prima, ma oggi lo voglio confermare) rimane disponibile a confrontarsi sia con gli operatori del settore che con le associazioni di tutela ambientale, per affrontare questa criticità.
La recente modifica normativa introdotta dallo Sblocca cantieri ha posto il problema dell'applicabilità della norma anche alle autorizzazioni rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore della novella del comma 3 dell'articolo 184-ter del Codice dell'ambiente e a quelli in fase di rinnovo alla medesima data. Di tale questione si occupa dunque la delega in materia di end of waste di cui all'articolo 16, comma 1, lettera e) del DDL di delegazione europea 2018, Atto Camera 1201, attualmente all'esame della Camera dei deputati.
La proposta, nel recepire la direttiva 851 dell'Unione europea nella parte relativa alla cessazione della qualifica di rifiuto, si pone nell'ottica di fornire elementi di certezza agli operatori del settore, nonché di semplificare e agevolare l'attuazione di un sistema di economia circolare, nel rispetto di quanto stabilito dal Consiglio di Stato nella sentenza del febbraio del 2018.
A tale fine è indispensabile procedere rapidamente verso il superamento di un sistema di gestione imperniato sullo smaltimento in discarica ovvero a mezzo inceneritore, in quanto non più sostenibile, che può avvenire garantendo e favorendo le procedure per assicurare l'effettività dell'istituto dell’end of waste, il cui scopo principale è appunto quello di generare percorsi virtuosi.
La proposta in esame delega il Governo a disciplinare la cessazione della qualifica di rifiuto in attuazione di quanto previsto all'articolo 1, comma 6, della direttiva 851 dell'UE, secondo le indicazioni contenute nella medesima direttiva.
In tale ottica si prevede nell'articolato in primo luogo che, nel dettare la nuova disciplina in materia di cessazione della qualifica di rifiuto, il Governo debba prevedere che siano fatte salve le autorizzazioni già in essere alla data in entrata in vigore del decreto delegato, fermo in ogni caso l'obbligo per i titolari di quelle autorizzazioni di provvedere ad effettuare l'adeguamento o l'aggiornamento delle medesime alle linee guida in essere poi successivamente, di cui al comma 3 nel medesimo articolato. Ciò al fine di salvaguardare l'affidamento agli operatori economici in possesso di autorizzazioni pregresse per l'effettuazione di operazioni di recupero ai fini dell’end of waste.
Si prevede inoltre che, nelle more dell'adozione dei criteri di cui all'articolo 184-ter e delle linee guida a firma del MATTM, i rinnovi delle autorizzazioni per le quali sia stata presentata relativa istanza, ovvero che vengano a scadenza dopo l'entrata in vigore del decreto delegato siano effettuati eventualmente anche al fine dell'adeguamento delle cosiddette «migliori tecnologie disponibili», le best available techniques (BAT), nel rispetto dei criteri generali del decreto legislativo 152 e fatte salve le condizioni della direttiva di riferimento.
Si tratta di una norma di fondamentale importanza per tutelare l'affidamento degli operatori del settore del recupero dei rifiuti in quanto, al fine di evitare il blocco degli impianti di end of waste e conseguenti situazioni di criticità nel ciclo di gestione dei rifiuti, nelle more dell'adozione dei decreti previsti dall'articolo 184 del Codice dell'ambiente, prevede che le autorizzazioni di cui agli articoli che innanzi ho citato del Titolo III bis del Codice dell'ambiente in fase di rinnovo alla scadenza dette autorizzazioni in essere alla data in entrata in vigore della disposizione restino efficaci e siano rinnovate nel rispetto dei criteri generali. Questo è l'elemento importante, così non blocchiamo nulla.
Si prevede infine l'istituzione presso il MATTM di un Registro nazionale deputato alla raccolta delle autorizzazioni rilasciate ai fini del rispetto dei princìpi di trasparenza e di pubblicità. Aggiungo per chiudere sull’end of waste che io mi sto spendendo molto e mi fa piacere che sull'argomento tutti siate d'accordo, perché quell'emendamento è stato firmato da tutto l'arco costituzionale e per me è un piacere poterlo riferire in questa sede, perché, ove possibile, va in delegazione europea, ma Pag. 9ove troviamo un veicolo legislativo ulteriore, preliminare, più veloce (penso ad esempio a un DL, perché lo scopo è non bloccare l'attività di recupero e di riciclo), credo che siate tutti d'accordo, avendo tutti controfirmato questo emendamento, a poterlo portare in Aula al più presto. Il primo veicolo utile e compatibile con la Carta Costituzionale secondo me sarebbe un bel segno per ottenere il risultato.
Passerei ai PFAS. Oppure preferite che parli prima del SIN?
LUCA BRIZIARELLI. Sull'ordine dei lavori, presidente, proporrei, visto che gli argomenti sono tre distinti e in parte distanti, se fosse possibile...
PRESIDENTE. Sono d'accordo, possiamo fare un breve giro di domande su questo argomento, però siate rapidi.
SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Però, poi parlo degli altri. Li tengo in memoria e appena posso rispondo. Siamo d'accordo?
PRESIDENTE. Ho paura che poi saltiamo gli altri due temi e non vorrei. Cerchiamo, quindi, di essere più rapidi sugli altri due temi e poi facciamo le domande.
LUCA BRIZIARELLI. Presidente, tutte le volte finisce così. Io proporrei, peraltro raccogliendo una proposta che tempo addietro aveva fatto la collega Braga, di fare rapidamente le domande un argomento per volta. Se, però, non siamo d'accordo, pazienza. Altre volte, in precedenti sedute, ha stato espresso lo stesso concetto.
FRANCESCO BATTISTONI. Anch'io, sull'ordine dei lavori, mi associo a quello che ha detto il collega Briziarelli, anche perché obiettivamente sentir dire «siate rapidi» a noi senatori che siamo qui puntuali, quando gli impegni li hanno altri, mi sembra leggermente offensivo.
Credo che, se serve tempo, ci possiamo anche aggiornare, ma non può dire «siate rapidi», caro presidente, perché se questa è la condizione ce ne possiamo pure andare e siamo ancora più rapidi!
PRESIDENTE. «Siate rapidi» era rivolto a tutti. Anche al ministro ha detto di essere più rapido per poter affrontare tutti i temi e per essere più efficaci. Era rivolto a tutti, me compreso. Facciamo un breve giro di domande su questo argomento.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
CHIARA BRAGA. Presidente, intervengo in questa strana modalità di esame. La mia è una sottolineatura di quanto ha detto il ministro. La vicenda dell’end of waste è una vicenda di grande urgenza, attualità e rilevanza.
È notizia di oggi e sono sicura che il ministro come i colleghi sanno che in alcune province e in particolare nella provincia di Brescia si è generata una situazione di allarme per l'avvio di una procedura di eventuale revoca delle autorizzazioni, che non è ancora concretizzata, ma che ha messo in luce l'inadeguatezza della soluzione normativa contenuta nello Sblocca cantieri.
Noi, in particolare i colleghi senatori (credo di poter parlare almeno a nome dei senatori del mio gruppo), abbiamo concorso alla discussione sulla legge di delegazione europea, che è una legge di delegazione, quindi diciamo per non essere ipocriti che tutti sappiamo che ha bisogno dei tempi attuativi, e il motivo della nostra preoccupazione e dell'insistenza con cui le chiediamo di provvedere al più presto a quanto si è impegnato a fare, cioè a concordare in sede parlamentare con i portatori di interesse, che hanno manifestato più volte, in maniera molto netta e chiara, l'urgenza di un intervento normativo, a introdurre in uno dei prossimi provvedimenti che abbiano una cogenza immediata una soluzione almeno per risolvere questo punto.
L'unica domanda che ho da fare su questa questione è questa: mi sembra di aver colto nella sua relazione che lei ha ribadito ancora una volta l'interpretazione Pag. 10della titolarità esclusiva del Ministero dell'ambiente nel rilascio delle autorizzazioni, nel riconoscimento dei Regolamenti, credo che, alla luce del recepimento dell'articolo della direttiva comunitaria, si possa scrivere una formulazione che garantisca l'operatività delle attività in corso, ma anche l'autorizzazione nei tempi più rapidi possibili delle nuove attività che consentono un pieno sviluppo dell'economia circolare.
Riguardo, invece, ai tempi tecnici per il riconoscimento dei nuovi materiali end of waste le chiedo se sia possibile immaginare un'accelerazione per i tempi di competenza del Ministero, procedimentalizzando i passaggi che sono totalmente interni all'attività del Ministero.
LUCA BRIZIARELLI. Solo due domande, dettate dall'interesse condiviso da tutti per il tema e l'importanza. Intanto apprezzo a nome del gruppo che il ministro abbia riportato il percorso sulla legge delega, visto che l'emendamento 15, punto 28, sul quale poi si è costruita la condivisione, era un emendamento della Lega, l'abbiamo riformulato qualche decina di volte, quindi ben venga che si sia preso atto di una possibilità.
A questo punto apprendiamo che c'è la volontà del Governo, nonostante in fase parlamentare si sia stato detto l'opposto, cioè che si sarebbe teso a ridurre il ricorso alla decretazione (uno degli interventi in Aula del PD diceva che era meglio non utilizzarlo), ma, se si prende atto che c'è questa esigenza e che un decreto viene meglio, ovviamente non saremo noi a non prenderlo in considerazione, anche perché la gravità è data ad esempio dalla notizia di oggi di un rogo in un deposito di pneumatici a Battipaglia, che sicuramente non sarà sfuggito al ministro e su questo ho la prima domanda.
Visto che nell'audizione del 31 gennaio 2019 lei citava fra i decreti prossimi alla pubblicazione, prossimi ad essere notificate all'Unione europea secondo la procedura che vi ho appena illustrato, quelli per la gomma vulcanizzata granulare che riguarda circa 350.000 tonnellate, visto che era prossimo alla comunicazione al 31 gennaio, sono passati 8 mesi, c'è un calendario preciso dei tempi per questo?
Leggo sempre dalla relazione di allora «abbiamo già pianificato» gli stessi che sono stati letti ora, ossia il vetro sanitario, la vetroresina, i rifiuti inerti da spazzamento delle strade, gli oli alimentari (non so se sia il copia incolla dell'elenco), le ceneri da altoforno, i rifiuti di acciaieria, rispetto al 31 gennaio 2019, rispetto ai 9-12 mesi che ci erano stati elencati, dove eravamo allora su quel cronoprogramma e dove siamo adesso 8 mesi dopo?
Seconda domanda rispetto al quadro generale, che in parte è stata già fatta anche dalla collega Braga. Sulle regole in attesa della pubblicazione, perché oggi sono tre quelli che sono stati fatti, due annunciate gennaio più i pannolini che già erano inseriti nel 31 gennaio 2019, cosa possiamo aspettarci e con quali tempi, visto che lei è uno dei Ministri che già può vantare un lavoro di 14 mesi e non deve cominciare da zero? Che impostazione avrà, tenuto conto che eravamo tutti d'accordo, tranne il Movimento 5 Stelle, sulla possibilità di lasciare spazio anche alle regioni? Si ritiene che questo ostacolo sia superato semplicemente con il cambio cromatico dal verde al rosso e quindi potremo superare questo aspetto e puntare a un margine di manovra per le regioni, come auspicavamo, quindi ben felici se dovessimo andare in questa direzione, o si rimane a una visione esclusivamente centralizzata sul ministero?
ANDREA FERRAZZI. Su questa questione, ministro, lei ha aperto in maniera significativa questa mattina e mi pare di cogliere anche la disponibilità ad inserire una revisione organica in questa direzione, con un disegno da portare all'interno della discussione parlamentare in tempi molto rapidi, indicazione assolutamente da accogliere.
Credo che noi come parlamentari, a prescindere dall'appartenenza, si debba lavorare perché attorno alla questione dell’end of waste passa l'ambiente, passa l'economia, ci sono imprese che non sanno più cosa fare (lei lo sa meglio di me), ci sono costi aumentati, depositi che non sono Pag. 11più sufficienti e soprattutto impianti che non esistono.
Abbiamo situazioni in cui il paradosso è che c'è un'economia che può ripartire, ma l'assenza di impianti e l'assenza normativa complessiva stanno paralizzando un settore, aprendo spazi pericolosi alla criminalità organizzata, perché il combinato disposto di queste e altre ragioni sta aprendo possibilità per alcuni pericolosi criminali anche di stampo mafioso (lei lo sa meglio di me, avendo lavorato nella prevenzione e soprattutto nel contrasto in maniera significativa).
Siccome dobbiamo dare uno sfogo legislativo con i lavori di questa Commissione, ci adopereremo immediatamente in collaborazione con il Governo perché questo possa avvenire.
Considero corretto porre la questione del rapporto con le regioni, lo dicevano già la capogruppo Braga e il Vicepresidente Briziarelli, approfondiamolo sensatamente, perché potrebbe essere un nodo che a parer nostro potrebbe essere risolto in maniera intelligente e quindi dare la possibilità di decollare a questo settore fondamentale dell'economia circolare e della new green economy.
TULLIO PATASSINI. A proposito dell’end of waste vorrei portare un caso specifico, che sta diventando urgente, e chiedere al ministro se il Ministero dell'ambiente abbia iniziato ad occuparsene e se ne occuperà nei periodi successivi. Mi riferisco allo smaltimento e quindi al riutilizzo delle macerie conseguenti al terremoto del centro Italia.
Si tratta di una questione annosa, perché vi si unisce un aspetto legato all'emergenza (non mi riferisco alla fase di raccolta e recupero, che afferisce ad altri uffici, alla Protezione Civile), ma ormai questi 2-3 milioni di tonnellate di materia che derivano da fabbricati civili, abitazioni, in parte fabbricati industriali avrebbero come natura privilegiata non un abbancamento in discarica, ma un riutilizzo nel normale ciclo produttivo dell'edilizia.
Vorrei chiedere al ministero se si stia già occupando della questione o se se ne sia occupato, e quale sia lo stato dell'arte.
ALBERTO ZOLEZZI. Ringrazio il ministro. Siamo una Commissione d'inchiesta. L’end of waste ha avuto diverse indagini, comprese quelle sui falsi end of waste e anche dalla descrizione del ministro è venuto fuori che al momento non esiste un registro dell'autorizzazione al riciclo, che va assolutamente fatto. Ci sono alcune migliaia di autorizzazioni di cui con precisione nessuno ha contezza anche su rifiuti che apparentemente non potranno mai rientrare in nessuna linea guida (vedi l'amianto e una serie di rifiuti pericolosi).
Parlando di notizie di stampa, ieri si parlava di Brescia e di alcune scorie radioattive che erano state avviate al riciclo, per cui è un mondo complesso. Spero che a breve ci si sieda a un tavolo per ragionare, si parla di 835 codici di rifiuti, si è visto il grande risultato sui PAP, perché quando si lavora con un decreto e con un'istruttoria tecnica si arriva a un risultato economico stabile, senza tema di ricorsi o di problematiche ambientali e sanitarie, di sicuro sedendosi a un tavolo si potrà ragionare, ottimizzare, parlare di come questo dovrà essere fatto, parlare magari dei rifiuti più complessi, rifiuti pericolosi con i post-combustione, di un mercato vero di quello che viene riciclato.
Faccio riferimento chiaramente ai sottofondi stradali, probabilmente in Italia non esiste nessuno che mette rifiuti nei sottofondi stradali tecnicamente a norma, quindi stiamo parlando di qualcosa di molto delicato, sedendosi con calma a un tavolo faremo sicuramente meglio di quanto fatto finora.
PRESIDENTE. Io non ho capito se, secondo lei, il testo che è in delegazione europea sia buono, perché comunque fa sempre riferimento all'articolo 184-ter, che era stato già novellato, specificando che ci sono dei criteri che però si rifanno sempre ai criteri del 1998 che tutti hanno criticato, quindi va comunque rivisto.
Visto che anche questo materiale poi dovrà essere riutilizzato nelle plastiche miste o in tutti questi prodotti, vorrei sapere se si intenda incentivare questo mercato e soprattutto rivedere i criteri ambientali minimi (CAM), visto che in teoria sono obbligatori, Pag. 12 ma purtroppo pochi usano questo materiale, anche se non è più rifiuto, se si intenda fare qualcosa al riguardo e sia ipotizzabile secondo lei, visto che potranno essere le regioni a mettere una sorta di timbro da parte del ministero, oltre che il registro o le linee guida a monte.
Do la parola al nostro ospite per una prima replica.
SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ringrazio tutti per le domande. Intanto mi fa piacere (lo avevo già detto nella relazione e lo raccolgo nuovamente) che tutte le compagini che compongono l'arco costituzionale concordano nel far presto, e questo mi fa molto piacere perché il mio impegno principale è quello di far presto, troveremo il veicolo legislativo e quindi, raccogliendo la vostra ulteriore disponibilità che avete già dato a suo tempo, mi attivo in questa direzione.
Provo a fare una sintesi delle domande in modo da procedere più rapidamente. Detto dell'urgenza e della vostra disponibilità per cui vi ringrazio nuovamente, non c'è l'esclusività del MATTM, su questo siamo d'accordo, anche perché, per come vi ho disegnato il percorso, sarebbe letteralmente impossibile star dietro a tutti gli end of waste, non ce la faremmo.
C'è l'idea di fare le linee guida, che tradotto vuol dire dare uniformità nazionale, quindi è qualcosa di molto più rapido. Le linee guida consentono un quadro nel quale poi il soggetto regionale si muove, ma è anche vero che, se si è mosso prima, si adegua in un tempo dato successivamente, in un tempo dato vuol dire non dalla sera alla mattina, un tempo dato dal punto di vista anche della tutela economica, non soltanto della tutela ambientale e sanitaria per ciò che c'era prima.
Le linee guida per il cosiddetto «nuovo» invece vuol dire dare uniformità nazionale, dove poi le regioni dentro hanno tutto lo spazio per potersi muovere, perché ci sono realtà geografiche che sono ben diverse tra le varie regioni.
Su questo possiamo essere sereni. Mi è sembrata una proposizione condivisa non solo dalla vostra disponibilità nel precedente Governo (di tutti quanti, intendo dire), ma anche avendo sentito le regioni.
Mi sono state poste varie domande sulle regioni. Per quanto riguarda la delegazione europea, quell'emendamento è stato firmato da tutti, per cui già viaggerebbe. Se lo possiamo arricchire per rendere ancora più aperta e veloce la dinamica degli end of waste, va ancora meglio. Però, seppur si approva così, ringraziamo il cielo, perché non è stato facile arrivare a quell'emendamento. Va bene anche così.
Sulla questione CAM stiamo lavorando perché dobbiamo assolutamente accelerare. I CAM sono molto complessi perché sono norme secondarie di natura tecnicistica. L'elemento del CAM è principalmente quello di farlo comprendere, perché a volte è talmente tecnicistico che le stazioni appaltanti hanno difficoltà a comprenderli, tanto che noi stiamo immaginando di fare una task force ministeriale e delle varie regioni che concorrono, perché va spiegato.
Immagino il piccolo comune che ha il geometra a scavalco in tre comuni, come deve fare per interpretare un CAM quando si parla di elementi di fisica e chimica, talvolta anche esasperati. Il CAM non è facile, però credo che il lavoro fatto con un nucleo di accompagnamento possa aiutare, e su questo mi metto a disposizione.
Per quanto riguarda lo smaltimento delle materie di demolizione, è uno dell’end of waste. Rispetto alle altre domande sulla cronologia, penso a lei che me l'ha domandato e anche all'onorevole Briziarelli. Senza annoiarvi, vi consegno la scheda di tutti quelli che vi ho annunciato con i tempi, ma non i tempi di definizione dell’end of waste ministeriale, i tempi del progress, perché se il Consiglio di Stato fa un'osservazione che occupa molti più mesi, non posso gestirla. Adesso prenderei un impegno che non riuscirei a rispettare. Però qui ci sono gli impegni ministeriali end of waste per end of waste.
PRESIDENTE. Non ci sono nella relazione.
SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. No, Pag. 13perché non li avevamo segnati in questi termini.
Per quanto riguarda, però, le demolizioni il problema è banale, è forte, ma individuato: i cloruri e i fosfati delle demolizioni. È una questione che stiamo affrontando con ISPRA. Questa settimana abbiamo un incontro tra la Direzione generale dell'ISPRA e la Direzione generale rifiuti, la nostra, per i cloruri e i fosfati che sono, invece, in contrasto con la norma di salvaguardia sanitaria, e della norma di salvaguardia ambientale. Vanno, quindi, parametrati in modo tale che non ci sia rischio di inquinamento per la salute o per le falde.
Anche la gomma vulcanizzata è nell'elenco che ho consegnato al presidente.
PRESIDENTE. Adesso lo facciamo distribuire, così lo avete subito.
SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Delle regioni vi ho detto. Penso di avere più o meno risposto a tutti. Vi assicuro che io darò la massima urgenza alla cosa.
Se il presidente concorda, posso iniziare dal SIN di Venezia. Ho appreso questa mattina che ieri o l'altro ieri è stato audito il sindaco Brugnato, quindi è importante fornire delle precisazioni interessanti per la Commissione. Come è noto, ai sensi dell'articolo 252, comma 4, del Codice dell'ambiente, la procedura di bonifica di cui all'articolo 242 dei siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza del Ministero dell'ambiente, sentito il MISE.
Il Ministero dell'ambiente può avvalersi anche dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, delle regioni interessate e dell'Istituto superiore di sanità, nonché di altri soggetti pubblici o privati secondo necessità.
Con riferimento al sito di bonifica di interesse nazionale in argomento, occorre innanzitutto premettere che con DM del 2000 è stata individuata la perimetrazione del SIN ai sensi dell'articolo 1, comma 4 della legge 426 del 1998.
Inizialmente tale perimetro comprendeva un territorio di dimensioni pari a 3.221 ettari di aree di terra, 350 ettari di canali portuali e 2.200 ettari di area lagunare, in cui erano incluse anche aree pubbliche come aree private.
Con DM dell'aprile del 2013 il SIN è stato oggetto di ridefinizione del perimetro. La superficie totale attuale, corrispondente alla perimetrazione del SIN, comprende solo aree di terra pari a circa 1.600 per 18 ettari.
Si evidenzia, inoltre, che l'intero territorio comunale di Venezia è stato riconosciuto con decreto del Ministero dello sviluppo economico l'8 marzo del 2017 «area di crisi industriale complessa, in quanto soggetta a recessione economica, perdita occupazionale di rilevanza nazionale e con impatto significativo sulla politica industriale nazionale».
A ciò si aggiunga che ad aprile 2012 è stato sottoscritto l'accordo di programma «per la bonifica e la riqualificazione ambientale del sito industriale di Porto Marghera e aree limitrofe» tra il Ministero dell'ambiente, quello dello sviluppo economico e il Ministero delle infrastrutture, magistrato delle acque di Venezia in sostanza, la regione Veneto, la provincia di Venezia, il comune di Venezia, l'Autorità portuale di Venezia.
Da tale accordo discendono i protocolli operativi del gennaio 2013, attualmente in fase di revisione perché osservati in quanto elemento a volte di criticità, che semplificano e standardizzano le procedure tecnico-amministrative relative alle seguenti tematiche: caratterizzazione, misura di messa in sicurezza o bonifica, sperimentazione, garanzie finanziarie. Tali protocolli sono attualmente in fase di aggiornamento per renderli più speditivi.
È stato poi siglato dal Ministero dell'ambiente e dal comune di Venezia in data 31 gennaio 2017 il protocollo d'intesa per l'attuazione del Patto per lo sviluppo della città di Venezia, seguito dalla relativa convenzione attuativa, stipulata il 26 gennaio 2018 tra lo stesso ministero, il medesimo comune, la Città metropolitana di Venezia, Pag. 14convenzione che prevede tra l'altro l'istituzione di una cabina di regia.
Qual è lo stato di attuazione degli interventi di bonifica del SIN? I terreni. Le aree a terra caratterizzate sono il 95 per cento, quindi possiamo dire che è caratterizzato quasi tutto il SIN. Le aree con progetto di messa in sicurezza o di bonifica in fase di approvazione con decreto sono il 69 per cento, percentuale elevata, mentre le aree con procedimento concluso non risultanti contaminate il 16 per cento.
Acque di falda. Le aree caratterizzate delle acque di falda sono il 95 per cento (come il terreno, peraltro giustamente perché sono sottoposte, quindi è ragionevole che sia così); aree con progetto di messa in sicurezza approvato con decreto il 66 per cento, quindi quasi quelle di terra che è comunque una buona percentuale. Aree con procedimento concluso, che vuol dire acque di falda in questo caso, risultate non contaminate l'11 per cento.
Gli interventi di marginamento delle macro isole previsti dal masterplan approvato nel 2004, insieme all'attività di drenaggio e collettamento verso il depuratore di Fusina delle acque di falda inquinate, risultano strategici ai fini della messa in sicurezza e delle bonifiche dell'area di Porto Marghera (lo dico perché poi lo riporterò per un dato tecnico).
Lo stato dei marginamenti relativi all'attuale perimetrazione del SIN è il seguente: la lunghezza 42 chilometri circa e i tratti realizzati il 92 per cento (manca l'ultimo 8 per cento).
Se siete d'accordo, facendo riferimento a ciò che ho consegnato al presidente, vi dico solo per alcune aree di competenza privata lo stato di aggiornamento, perché altrimenti dovrei elencare tutto lo specifico tecnicistico presente nella relazione.
Sull'area di competenza della società Idromacchine Srl l'aggiornamento qual è? Per quanto concerne la matrice terreni, il procedimento di caratterizzazione si è concluso positivamente con l'emanazione del decreto del Ministero dell'ambiente nel 2018, a condizione che la Idromacchine, adesso diventata Spa, proceda alla verifica dell'origine geologica del parametro arsenico, per dire se sia un valore di fondo o meno e quale sia il valore di fondo di riferimento, rinvenuto nei suoli e trasmettere la relativa relazione tecnica al Ministero dell'ambiente, che disporrà poi i controlli.
È in corso di emanazione, visti gli esiti dei pareri positivi acquisiti nell'ambito della conferenza indetta nel maggio 2019, il decreto di conclusione negativa, ex articolo della 241, inerente all'analisi di rischio sanitaria relativa alle acque di falda presentate dall'azienda.
Aree di competenza della società Edison Spa: è stata approvata con prescrizioni, con decreto del Ministero dell'ambiente, la variante al progetto di bonifica dei terreni, ai sensi del Codice dell'ambiente, trasmessa dalla Edison Spa nel 2017, così come integrata dalla medesima Edison a febbraio del 2018, che modifica il progetto di bonifica approvato dal MATTM, quindi è stata approvata e si sta procedendo.
Aggiornamento area di competenza della società Syndial, isola 46. È stata approvata, mediante decreto del Ministero dell'ambiente, con prescrizioni, la variante al progetto di bonifica dei terreni con misure di sicurezza, Area nuovo petrolchimico isola 46, che mostra, tramite analisi di rischio eseguite ai sensi del Codice dell'ambiente, che non vi è necessità di bonifica dei terreni. L'azienda deve invece completare la bonifica di tutti gli altri lotti.
Aggiornamento area di competenza della società Venice Newport Container and Logistics Spa. È stata approvata, con prescrizioni con decreto del Ministero dell'ambiente, la variante di progetto per tutta l'area monte Syndial. Mediante tale decreto è stata autorizzata la realizzazione degli interventi indicati nel progetto. I lavori previsti della variante di progetto dovranno iniziare entro e non oltre quattro mesi dalla notifica del decreto, quindi adesso.
Quali sono le criticità del SIN? Inadempienza da parte di talune aziende, mancata presentazione di documentazione inerente all’iter di bonifica. Per alcune aree è stato riscontrato il mancato avvio dei lavori di bonifica o ritardi rispetto al cronoprogramma, peraltro controfirmato dalle parti, quindi dalla medesima azienda, del progetto Pag. 15 approvato, come da periodiche comunicazioni che ci provengono dalla Città metropolitana di Venezia. A tal proposito sono state effettuate le opportune segnalazioni alle autorità competenti ora amministrative, ora penali (dal 2015 c'è l'omessa bonifica).
Alcune aziende hanno inoltre comunicato la necessità di presentare una variante progettuale rispetto al progetto di bonifica, che noi abbiamo approvato quando ovviamente è compatibile con l'interesse finale.
Necessità di individuazione dei soggetti responsabili della contaminazione da parte della Città metropolitana di Venezia che è la titolare per norma. Risultano segnalate da parte dell'ente Città metropolitana di Venezia alcune difficoltà procedurali. Tale aspetto, peraltro comune purtroppo a molti SIN, è in corso di esame nell'ambito delle riunioni del progetto PON GOV Mettiamoci in riga, che ha già organizzato incontri e tavoli tecnici sul tema.
In particolare, tra le criticità segnalate dalla Città metropolitana di Venezia vi sono da un lato gli elevati costi delle indagini da espletare a cura della Città metropolitana e la carenza di personale, dall'altro la circostanza che il SIN è fortemente caratterizzato da fenomeni di inquinamento diffuso.
Questo rende problematica la ricostruzione di un quadro conoscitivo preciso, che consenta di ricollegare gli inquinanti rinvenuti nelle singole matrici ad un determinato soggetto, anche alla luce dell'elevato numero di realtà produttive che si sono succedute nelle aree ricomprese nel SIN. Questo ovviamente è un limite tecnico molto grande, perché così non abbiamo l'individuazione del responsabile, con tutto ciò che ne consegue in termini amministrativi.
Abbiamo poi l'aggiornamento dei protocolli operativi del 2013, che molto hanno aiutato, ma che adesso con la Città metropolitana, la regione, ISPRA, INAIL, Istituto superiore di sanità, ARPA, oltre al Provveditorato alle opere pubbliche, ci siamo resi conto che vanno aggiornati e li stiamo aggiornando assieme, per essere ancora più speditivi.
Un elemento importante è la necessità di completamento delle opere di salvaguardia della laguna di Venezia, che sarebbe quell'8 per cento supplementare a cui mi riferivo poc'anzi. È di competenza della regione Veneto la realizzazione del marginamento dei tratti considerati prioritari per la chiusura delle macro isole del nuovo petrolchimico e Fusina. Su tale argomento abbiamo alcune riunioni tecniche nell'ambito della cabina di regia.
Quali sono gli elementi fino a ieri? In questo momento il Ministero dell'ambiente ha stanziato 72 milioni di euro, che entro il 31 dicembre dell'anno corrente in accordo di programma, che è nelle finiture amministrative finali ma ormai è chiuso, verranno assegnati per queste attività, di cui circa 28,5 milioni alla regione Veneto, che già però ha goduto di circa 30,5 milioni di euro, quindi sono 30,5 milioni che ha già avuto e 28,5 milioni che avrà entro il 31 dicembre. L'Autorità portuale competente avrà 41,69 milioni di euro. Tutto questo contemporaneamente entro il 31 dicembre dell'anno corrente per Fusina e per il petrolchimico, in modo da chiudere al 100 per cento i marginamenti.
In più, abbiamo ottenuto tramite le transazioni che stiamo chiudendo, una volta individuato il responsabile e durante le procedure cosiddette «giudiziarie», complessivamente scaglionati dal 2019 al 2023, circa 10,5 milioni di euro (dico scaglionati perché ci sono degli accordi transattivi che sono stati chiusi).
Daremo subito al Provveditorato alle opere pubbliche 3,5 milioni per le ulteriori attività che ha chiesto di fare, ma per le quali non aveva le risorse, e poi con uno stanziamento di 2-2,2 milioni su base annua, frutto di queste transazioni, sempre al Provveditorato delle opere pubbliche in concorso ai circa 10,5 milioni. Questo ad oggi ovviamente, magari riusciamo a chiudere altre transazioni entro un mese, un anno o due anni, e tutto ciò che ne seguirà andrà al Provveditorato, perché i soldi per i marginamenti sono stati definiti.
Questo è un aggiornamento proprio a ieri sera, perché ieri abbiamo chiuso quello dei 3,5 milioni.
La cabina di regia viene convocata dal direttore generale del mio Ministero su Pag. 16questioni squisitamente tecniche, quando occorre, ma, dato che l'accordo di programma è l'elemento di riferimento per chiudere finalmente i lavori e vi ho detto che al 31 dicembre queste risorse andranno in cassa, il direttore generale giustamente ha detto che chiuderemo l'accordo di programma e poi ci metteremo a tavolino per passare alla fase più tecnicistica.
Mi permetto di dirlo in questi termini con il massimo rispetto, perché non è vero che abbiamo dimenticato Venezia, come qualcuno ha recentemente detto, scusatemi, forse non è il luogo adatto, ma è una gran corbelleria, perché ho le prove provate (ve le ho trasmesse) che invece abbiamo fatto tutto quello che la norma ci consente di fare con i tempi ovviamente assegnati dalla norma. Non so, presidente, se ora vogliamo passare alle domande inerenti a questo punto.
PRESIDENTE. Certo. Do nuovamente la parola ai colleghi per altre eventuali domande.
ANDREA FERRAZZI. È assolutamente urgente, ministro, portare a termine quello che lei ha già indicato, perché dei 42 chilometri di marginamento ne sono stati fatti circa 38,5 e, se non finissimo, sarebbero stati spesi soldi pubblici in maniera del tutto inutile e, siccome siamo in presenza di aree fortemente inquinate, è chiaro che tutto lo sversamento in laguna non è assolutamente tollerabile e siamo già in ritardo.
È quindi urgentissimo chiudere questo lavoro di marginamento al 100 per cento, la notizia che i 72 milioni che il patto per la città di Venezia che l'ex premier Renzi mise a disposizione della città, un lavoro comune vista l'importanza a livello nazionale ma anche mondiale della città, adesso il ministero riesce a sbloccarli entro fine anno è una bellissima notizia, quindi lo seguiremo passo passo e soprattutto bisognerà indurre chi farà le opere a farlo in maniera veloce, rapida e assolutamente ineccepibile. Questa era una domanda che volevamo fare e sono felice di questa indicazione.
Il protocollo fanghi. Lei sa che il protocollo fanghi è stato attivato nella città di Venezia nel 1993, rispondeva a caratteristiche chimico-biologiche assolutamente superate e ha bisogno di essere radicalmente rivisto. Tra l'altro, è un protocollo studiato per lo scavo degli interni della città di Venezia, che invece adesso è stato utilizzato di fatto per l'escavo di tutti i canali e di tutta la laguna di Venezia.
C'è un lavoro in corso non di pochi mesi, ma di qualche anno, e volevo chiedere a che punto siamo perché riteniamo che questa partita si debba chiudere, perché la laguna di Venezia è una laguna delicatissima, c'è il problema dell'inquinamento, c'è il problema della perdita di sedimenti, bisogna evitare che la laguna di Venezia diventi il braccio di mare, l'antica Repubblica di Venezia ha combattuto per secoli per evitarlo con opere di ingegneria all'avanguardia, che hanno sempre mantenuto l'equilibrio tra le attività produttive, le attività antropiche e il rispetto della laguna.
Questo va assolutamente messo al centro e il protocollo fanghi è un elemento centrale in questa direzione. I lavori all'interno del Ministero, da quanto ho verificato, sono già avanti, sono già completati, lo studio con lo staff scientifico terzo che ha affiancato il lavoro dei Ministeri e degli altri organi pubblici è stato compiuto, si tratta di chiudere la partita, perché questo tra l'altro blocca una serie di iniziative essenziali per la salvaguardia della laguna, che non possono essere più rinviate.
L'ultimo punto è la questione dell'altro grande accordo di programma nella laguna di Venezia oltre a quello che lei ha citato, che è quello del Vallone Moranzani. Il Vallone Moranzani è stato un grande lavoro compiuto dall'amministrazione precedente e dal comune, in stretta collaborazione con la regione, con i Ministeri e anche con tutti i cittadini, le associazioni di categoria e il mondo dell'ambiente. Si tratta di trasformare i fanghi, soprattutto quelli in colonna C ed extra C, in occasione di rilancio di una zona fortemente degradata della nostra laguna. Pag. 17
Lì c'era il problema dell'interramento delle linee che era previsto dovesse fare Terna; Terna ha promesso 1 miliardo di euro per fare questa operazione di interramento, bisogna stare dietro questo lavoro, in modo che questi soldi vengano messi veramente a disposizione, perché se Terna non fa quello che deve fare, il protocollo non va in porto, perché blocca tutta l'attività di bonifica e di recupero ambientale ed economico dell'area.
TULLIO PATASSINI. Io vorrei proseguire sulle interessanti considerazioni del senatore Ferrazzi, perché siamo stati un paio di mesi fa a Venezia ad ascoltare i vari attori competenti per materia, per argomento, per territorio, per settore in relazione alla Laguna veneta che, come diceva il senatore, ha un ecosistema tutto suo, un suo equilibrio che dura da millenni ed è sempre fragile e a rischio.
Su questo si è evidenziato (da ultimo Brugnaro ieri, quindi sta continuando) come questo accordo di programma sembra non venire mai partorito (glielo dico così, nella cortesia e delicatezza reciproche) come se ci fosse quasi un'inerzia o un approccio tipo tela di Penelope, per cui quello che si costruisce il giorno poi viene smontato di notte.
Diventa invece un'esigenza fondamentale, perché lei dice che la cabina di regia non si convoca se non c'è l'accordo di programma, gli attori veneti, dalla regione alla Città metropolitana, chiedono insistentemente che la cabina di regia chiuda questo cerchio, perché arrivati al 95 per cento sarebbe veramente un peccato anche per il lavoro fatto negli ultimi 10-15 anni, non nell'ultimo anno.
Siamo probabilmente a un passo dalla soluzione, siamo a una chiusura, ma anche per la sua precedente esperienza sa che un recinto chiuso al 95 per cento è come se fosse aperto. Si parla di 72 milioni, ma erano previsti 250 milioni, quindi vorrei chiederle se il ministero intenda stanziare i restanti 180 milioni per la chiusura del cerchio e in che tempi.
PRESIDENTE. I miei colleghi hanno già posto le domande che volevo fare io. La Commissione ha detto (lo ha confermato anche il provveditore) che servono 200 milioni, quindi queste cifre sono più basse, quindi la chiusura del recinto è ancora lontana.
Per quanto riguarda il piano fanghi, ci era stato illustrato dai vari attori che avevamo sentito a Venezia che manca poco, nel senso che c'è una sorta di rimpallo al ministero. Com'è la situazione? Andrà fatto anche il piano morfologico. Ci sono ancora cose che limitano.
Una cosa che mi ha incuriosito è: visto che, come è stato accennato, i fanghi si dividono in A, B, C e oltre C in base alla loro pericolosità, chi fa questi controlli?
L'ARPA ha detto che non li fa. La regione non li fa. Sono andato anche a vedere Molo Sali, che praticamente ospita anche gli oltre C. Alla fine, è il gestore della discarica che stabilisce se è oltre C o C. Dei controlli non c'è una verifica pubblica. Questa è una questione che vorrei affrontare, e quindi vorrei sapere se aveva notizie al riguardo per quanto riguarda i controlli.
CHIARA BRAGA. Il ministro faceva riferimento a soggetti che sono stati denunciati per il reato di omessa bonifica: è in grado di indicarci chi sono questi soggetti e a che punto è il procedimento penale?
L'altra domanda è: a quanto ammonta, se ha un dato a disposizione, l'entità dei procedimenti transattivi ancora in corso? Di che cifre stiamo parlando?
PRESIDENTE. Per quanto riguarda il SIN, a noi risulta che mancano i soldi per la macroisola della prima zona industriale, del vecchio petrolchimico, la macroisola delle raffinerie. Ci sono vari punti. Ancora non ci sono finanziamenti, e quindi non si riesce a chiudere il cerchio, il recinto.
SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per quanto riguarda il marginamento, effettivamente siamo al 92 per cento, quindi manca un 8 per cento... Se, però, anche se mancasse un 1 per cento, il discorso non è chiuso, è come se non avessimo fatto nulla, tra virgolette. Pag. 18
Ormai, però, l'abbiamo definito. La mia direttrice generale competente per materia mi conferma che al 31 dicembre i fondi verranno assegnati. Il 31 dicembre è domani mattina, tra virgolette, quindi ormai, ringraziando il cielo, ci siamo.
Rispondendo sempre un po’ per sintesi a tutte le domande pervenute, per quanto riguarda il protocollo fanghi, proprio lunedì – vado a memoria – è arrivato l'atto di ISPRA.
Noi sappiamo che c'è un rapporto ISPRA/Provveditorato alle opere pubbliche ed è di concerto il lavoro fatto tra Ministero dell'ambiente e MIT. Ha impegnato un certo tempo. Ci è arrivato l'atto di ISPRA rammento lunedì, a memoria, ma è recentissimo, nel quale si fissano dei passaggi definitivi nella combinazione con il Provveditorato alle opere pubbliche. Lo stanno proprio materialmente in queste ore elaborando in direzione generale per trasmetterlo poi al MIT e chiudere definitivamente con il Ministero delle infrastrutture.
Credo che anche su quello ormai siamo arrivati veramente al passaggio finale, e direi che dopo il 1993, come ha detto lei, senatore, finalmente nel giro tutto sommato di un tempo, per carità lungo ma ragionevole, di un anno di lavoro, abbiamo chiuso un gap presente da tanti anni. Magari, quando torno qui la prossima volta, vi do gli elementi di dettaglio. Letteralmente, essendo arrivato così recentemente, non è stato ancora «masticato».
I controlli, per quanto mi riguarda, a parte chi è deputato dal punto di vista del codice, che è altro tema, per me li fa chiaramente il sistema nazionale agenziale. Poi, su come debbano essere fatti stiamo lavorando, ma per me non è ammissibile che possa fare il controllo solo il soggetto ordinariamente...
PRESIDENTE. Ha dichiarato che non lo fa.
SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. ARPA fa parte dell'SNPA (Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente). Non è che ARPA sia un'altra Repubblica. Scusi la battuta. Mi sembra irragionevole che non li possa fare il sistema nazionale agenziale che appartiene alla Repubblica italiana, ancorché sia un'ARPA con le sue autonomie.
Sicuramente, sentirò il direttore generale, persona che peraltro so essere estremamente capace, e certo troveremo la quadra in congiunta con ISPRA e con – mi consenta di dire, presidente – anche tutti gli altri organi dello Stato che hanno la capacità di fare questi controlli. Alcuni sono presenti anche in Aula, in questo momento, tra i consulenti che sanno come si fanno i controlli. Direi che su questo mi sento particolarmente tranquillo nel dire che lo Stato non si tira indietro.
Per quanto riguarda la sua domanda, mi devo riservare, onorevole Braga, le chiedo scusa. L'elenco dei denunciati, in questo momento non ce l'ho. Se mi dà il tempo tecnico di procedere, lo faccio avere tramite il presidente, così come le transazioni. Mi spiego.
Le transazioni sono momenti quasi negoziali dal punto di vista giudiziario. La direttrice generale mi diceva che in questo momento siamo nell'ordine dei 10,5 milioni già definiti con step anno per anno fino al 2023. Io posso farle sapere chi ha negoziato, chi ha determinato la transazione e per quanto. È un elenco che esiste. Non l'ho al seguito, ma glielo faccio avere, così come quello dei denunciati, perché tanto sono atti pubblici.
Di quelle in negoziazione verifico lo stato di negoziazione. Le chiedo scusa, ma non l'ho portato, e a memoria non rammento, francamente.
Per definire la risposta al senatore Ferrazzi: sicuramente verificherò la questione Terna. Adesso, non ho una risposta esaustiva. Lei mi dovrà scusare. La approfondisco. Sicuramente, però, l'ho appuntato e lo verifico.
Procedo con il PFAS. Tra mezz'ora ho il Consiglio dei ministri, abbiate pazienza.
La problematica relativa alla presenza dei PFAS nelle acque della provincia di Vicenza e comuni limitrofi investe molteplici aspetti sia sanitari sia ambientali. Pensiamo alla tutela dei corpi idrici, alla disciplina Pag. 19 degli scarichi, alla programmazione di risorse, alle bonifiche, al danno ambientale e a molto altro.
Per quanto concerne le attività fin qui svolte, si rappresenta che il Ministero dell'ambiente commissionò al CNR il primo studio completo, conclusosi nel 2013, del rischio ambientale e sanitario associato alla contaminazione da PFAS nei principali bacini italiani. Per il Veneto, venne individuata l'area che comprendeva alcuni ambiti delle province di Padova e Verona e il territorio della bassa Valle dell'Agno.
In quest'ultimo, peraltro, negli scarichi fognari del depuratore di Trissino, in cui scaricava lo stabilimento industriale della società chimica Miteni Spa, accertato in seguito come il principale responsabile dell'inquinamento, furono segnalate le concentrazioni più alte di PFAS.
Il Ministero dell'ambiente istituì un gruppo di lavoro tra gli enti e gli istituti specifici e di ricerca competenti in materia, incaricandolo di definire per i PFAS gli standard quantitativi ambientali dei corpi idrici superficiali e dei valori soglia per la valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee. In seguito, i valori individuati sono stati formalizzati con l'inserimento, rispettivamente, nel decreto legislativo n. 172 del 2015 e nel DM ministeriale del 6 luglio 2016.
In merito al monitoraggio sulla presenza delle sostanze perfluoroalchiliche nei corpi idrici superficiali, nel maggio 2017 il MATTM ha chiesto a ISPRA di formulare proprie valutazioni e proposte con il coinvolgimento del sistema nazionale di protezione ambientale per quanto riguarda il monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche nei corpi idrici superficiali e sotterranei, così da permettere alle regioni la programmazione dello stesso nell'ambito delle attività dei piani di gestione dei distretti idrografici.
Al fine di dare seguito a questa specifica richiesta, ISPRA e tutto il sistema coordinato nel luglio 2017 hanno costituito un tavolo tecnico coordinato dal Centro nazionale per la rete nazionale dei laboratori di ISPRA e di ARPA Veneto.
Obiettivi del tavolo sono stati: definire i metodi analitici da adottare nelle attività di monitoraggio e dei relativi limiti di quantificazione; identificare la rete dei laboratori nazionali interessati alle attività analitiche; definire i criteri per il piano di monitoraggio dei composti PFAS, in particolare sulla base delle fonti di pressione ritenute significative; infine, avviare un monitoraggio sperimentale con copertura nazionale da concludersi entro il settembre 2018 ai fini della successiva presentazione della relazione finale al MATTM.
Preliminarmente all'avvio delle attività di monitoraggio da parte del sistema agenziale nazionale, sono stati definiti i metodi analitici, i limiti di quantificazione raggiunti e la strumentazione tecnica impiegata nonché i criteri di individuazione delle stazioni di monitoraggio interessate da pressioni ritenute significative per i composti PFAS sia per le acque superficiali interne sia per le acque sotterranee.
Le attività di monitoraggio sulla presenza di PFAS sono state condotte dal sistema nazionale agenziale nei mesi di febbraio e marzo 2018 su un numero complessivo di 302 stazioni collocate in varie regioni e province autonome: 185 stazioni di acque superficiali e 117 stazioni di acque sotterranee. Sono state effettuate 3.186 determinazioni analitiche. Il numero di stazioni campionate è stato molto variabile da regione a regione o da provincia autonoma, andando da un minimo di 4 stazioni a un massimo di 56.
Relativamente alle acque superficiali, la normativa fissa dei valori standard di qualità ambientale mediani per sei analiti considerati tra i più pericolosi, ovverosia i PFOA, i PFOS, i PFBA, i PFPeA, i PFBS e i PFHxA. Per questi sei analiti, come limite di quantificazione impiegato nell'elaborazione dei risultati è stato utilizzato il valore richiesto dalla normativa, corrispondente al 30 per cento dello standard di qualità ambientale medio annuo.
In 150 casi, quindi il 14 per cento del totale, sono state rilevate concentrazioni pari o superiori al limite di quantificazione distribuite in maniera non uniforme sul territorio nazionale, ma che interessano Pag. 20tutte le regioni e le province autonome investigate.
In particolare, tra le sostanze perfluoroalchiliche ricercate nelle acque superficiali, soltanto PFOS e PFOA raggiungono concentrazioni superiori alla soglia. Per il PFOS, si sono registrati 83 superamenti della soglia media annua, pari al 45 per cento dei casi; per il PFOA, sono stati registrati 7 superamenti del valore soglia, tutti nella regione Veneto.
Come per le acque superficiali, anche per le acque sotterranee, tra le sostanze perfluoroalchiliche ricercate, soltanto i PFOS e i PFOA hanno fatto rilevare casi di concentrazioni superiori ai valori soglia fissati per le acque sotterranee.
In particolare, in 232 casi, quindi il 20 per cento, sono state rilevate concentrazioni pari o superiori ai limiti di quantificazione dei laboratori che hanno eseguito le analisi in modo non uniforme su tutto il territorio nazionale.
Per i PFOS, sono state rilevate presenze in 65 stazioni sotterranee su 117, cioè il 56 per cento dei casi, con sette superamenti dei valori soglia di 30 nanogrammi per litro in tre diverse regioni, in particolare il Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Veneto.
Per i PFOA, sono state rilevate presenze in 44 stazioni sotterranee su 117, cioè il 38 per cento dei casi, con quattro casi di superamento del valore soglia in ragione di 500 nanogrammi per litro, sempre nelle regioni sopracitate, cioè Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Veneto.
Su espressa richiesta della regione Veneto, il ministero ha anche di recente investito il gruppo di lavoro per la definizione dei valori soglia di contaminazione delle acque sotterranee e degli standard di qualità ambientali per le acque superficiali per il nuovo parametro HFPO-DA – il GenX, per intenderci – utilizzato in sostituzione dei PFOA. I relativi pareri (CNR-IRSA e Istituto Superiore di sanità) sono stati acquisiti nel dicembre 2018 e nel gennaio 2019.
Questa raccolta di informazioni sulla presenza dei composti PFAS nei corpi idrici superficiali e sotterranei, ancorché disomogenea rispetto alla numerosità delle determinazioni, che ovviamente variano in maniera rilevante tra le diverse regioni, è stata condotta in modo coordinato dal sistema nazionale di protezione ambientale e permette di evidenziare che la presenza di sostanze perfluoroalchiliche è un fenomeno diffuso che riguarda la maggior parte delle regioni del Paese.
Secondo quanto rilevato da ISPRA, la densità informativa molto eterogenea di questa rete di monitoraggio non consente di confrontare con elaborazioni statisticamente significative le concentrazioni rilevate a livello regionale. Piuttosto, consente di operare un confronto dei valori rilevati con i limiti di legge e i valori soglia fissati a livello normativo.
Sulla base delle informazioni raccolte, potranno quindi essere definite le reti di monitoraggio regionali delle sostanze perfluoroalchiliche (i PFAS) nei corpi idrici superficiali e sotterranei nonché la rete dei laboratori del sistema agenziale, che può operare conformemente ai requisiti normativi.
Sempre sulla base delle informazioni fornite da ISPRA, monitoraggi più estesi in termini spazio-temporali permetteranno di ottenere un quadro più completo sui livelli di presenza e, in particolare, consentiranno di confrontare gli intervalli di concentrazione che caratterizzano le diverse aree geografiche. Monitoraggi ripetuti nel tempo consentiranno, altresì, una valutazione dei trend di concentrazioni di questi composti, necessaria per comprendere se le concentrazioni dei PFAS mostrino nelle aree indagate un trend positivo oppure negativo.
Per quanto attiene alla disciplina degli scarichi, con riferimento alla specifica situazione della provincia di Vicenza, in ragione del grave stato di compromissione dei corpi idrici derivante dall'inquinamento da PFAS, l'Istituto Superiore di sanità, nel proprio parere alla regione Veneto sui valori limite di emissione da raggiungere per la tutela della salute pubblica, ha evidenziato che «L'obiettivo per le sostanze PFAS dovrà essere la virtuale assenza di tutte le emissioni e scarichi nei corpi idrici». Parliamo, quindi, di assenza. Poi specificherò meglio il concetto di virtuale. Pag. 21
Per supportare le regioni negli adempimenti di competenza in materia di limiti allo scarico delle sostanze chimiche, tra cui i PFAS, il Ministero dell'ambiente ha affidato agli esperti degli istituti scientifici nazionali (CNR-IRSA, Istituto Superiore di sanità e ISPRA) il compito di elaborare una proposta di linee guida, trasmessa nel dicembre 2018 ai rappresentanti delle regioni, inclusa la regione Veneto, e alle Autorità di bacino, per l'opportuna valutazione.
Relativamente al contributo fornito da ISPRA, in fase di predisposizione delle predette linee guida, l'Istituto ha segnalato che, nel definire i valori limite di emissione, ovviamente specifici per sostanza, si deve tener conto del conseguimento degli standard di qualità ambientale fissati per le diverse sostanze secondo quanto previsto dalla Direttiva quadro acque e della capacità del corpo idrico recettore di sostenere tali pressioni.
Tale approccio, tuttavia, non può essere applicato alle sostanze individuate come estremamente preoccupanti nell'ambito del Regolamento REACH, il 1907 del 2006, per le quali sono previste misure di gestione del rischio con l'obiettivo ultimo di sostituirle con alternative non pericolose.
In particolare, per le sostanze considerate senza soglia, quali quelle persistenti bioaccumulabili e tossiche e quelle molto persistenti o molto bioaccumulabili, non può essere stabilito un livello di sicurezza al di sotto del quale non ci si siano effetti per l'uomo o per gli altri organismi viventi. L'unico obiettivo, quindi, ripeto, l'unico obiettivo per me considerabile è la riduzione al minimo delle emissioni, che è il concetto di virtualmente zero, ossia la soglia di valutazione laboratoriale – il «virtualmente» sta a indicare quello – e dell'esposizione della popolazione e dell'ambiente stesso.
ISPRA ha conseguentemente evidenziato che il valore limite di emissione dovrebbe essere legato alle migliori tecniche disponibili di abbattimento dei rilasci, il concetto di virtuale cui facevo riferimento innanzi.
L'attuale regolamentazione europea concernente i PFAS prevede il divieto di produzione, immissione sul mercato e uso del PFOS e, per quanto riguarda il PFOA, il divieto di vendita al pubblico di miscele che lo contengono.
A partire da luglio 2020, quindi tra poco meno di un anno, entrerà in vigore il divieto di produzione e immissione sul mercato di sostanze, miscele e articoli che contengono più di 25 microgrammi per chilo di PFOA. La soglia prevista renderà di fatto inutilizzabili le miscele a base di PFOA nella maggior parte dei processi produttivi che ancora oggi ne fanno uso.
Oltre al PFOA e al PFOS, che rappresentano i PFAS maggiormente...
ALBERTO ZOLEZZI. Ministro, scusi se la interrompo: ha detto 25 microgrammi per chilo di PFOA?
SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sì, 25 microgrammi per chilo. Confermo.
Oltre ai PFOA e ai PFOS, che rappresentano i PFAS maggiormente utilizzati, altri PFAS a catena lunga sono stati inclusi nell'elenco delle sostanze del Regolamento REACH, cioè quelle particolarmente pericolose. Pertanto, quest'inclusione porterà a breve periodo all'adozione di restrizioni e divieti di questi PFAS a catena lunga sulla base delle valutazioni dell'Agenzia europea per le sostanze chimiche, analogamente a quanto già stabilito, come detto, per i PFOA e i PFOS.
Per i PFAS non ancora normati, quali quelli a catena più corta, si deve tenere conto che, pur non essendo ancora inseriti tra le sostanze del Regolamento REACH, presentano tuttavia motivi di preoccupazione equivalenti per quanto riguarda pericolosità e persistenza, con un elevato potenziale di contaminare le acque sotterranee.
Anche per queste sostanze, pertanto, fermamente, e sottolineo fermamente intendiamo seguire a livello europeo un approccio analogo a quello per i PFAS a catena lunga, teso all'eliminazione totale dei rilasci o virtualmente totale in base all'elemento laboratoriale.
Il Ministero dell'ambiente ha anche promosso uno studio effettuato dall'Istituto di Pag. 22ricerche farmacologiche «Mario Negri», che ha avuto come obiettivo principale l'individuazione di potenziali sostituti delle sostanze perfluoroalchiliche con sostanze di minore impatto ambientale e sanitario mediante l'analisi dei dati presenti nella letteratura scientifica e l'applicazione di modelli predittivi. I risultati di tale studio saranno disponibili a breve e sarà mia cura, non appena avuti, farveli avere.
Fermo restando quanto fin qui esposto, in considerazione della diffusione e della rilevanza del fenomeno dell'inquinamento da sostanze PFAS anche in altre regioni oltre al Veneto e della necessità di garantire alle amministrazioni interessate idoneo supporto, si segnala che il Ministero dell'ambiente ha avviato l'iter volto a istituire con proprio decreto, di concerto con il Ministero della salute, un'apposita cabina di regia per la delimitazione di un quadro nazionale dell'entità e dell'estensione della contaminazione da sostanze PFAS.
Vi risparmio gli elementi, che però sono nella relazione, in ordine ai tecnicismi di quest'atto.
A tale riguardo, vi dico che il Ministero dell'ambiente ha ritenuto necessario avviare un percorso virtuoso teso ad affrontare le cause della contaminazione da PFAS nelle acque e a mitigarne gli effetti mediante l'individuazione di possibili e immediate misure idonee a ridurre la problematica relativa a tale criticità.
La cabina di regia, così come è stato previsto dal citato decreto di costituzione, che appunto è ormai prossimo alla definizione, viene supportata da un gruppo di lavoro tecnico, che è un luogo di confronto e di integrazione delle politiche e delle azioni tra amministrazioni ed enti territoriali competenti, costituito da professionalità aventi comprovate conoscenze tecnico-scientifiche e al quale, pur nel rispetto delle competenze assegnate dall'ordinamento vigente alle diverse amministrazioni, è affidato il compito di fissare valori limite allo scarico per i produttori e i cosiddetti grandi utilizzatori.
Attualmente, il MATTM sta ultimando l'interlocuzione con il Ministero della salute al fine di licenziare il citato provvedimento con l'obiettivo di affrontare le dette problematiche. Premetto che nel gruppo di lavoro sono presenti anche ISPRA e ARPA Veneto, che ha chiaramente maturato un'esperienza significativa nel caso specifico, e quindi può dare un contributo estremamente importante.
Quanto al danno ambientale, anche qui, se siete d'accordo, vi evito alcuni aspetti più tecnicistici e vi tratteggio in linea di massima il percorso, per poi lasciare sempre nella relazione le specifiche.
Nel contesto delle problematiche fin qui esaminate, trova luogo un breve ma necessario riferimento alla procedura fallimentare della Miteni Spa.
All'atto della dichiarazione di fallimento della Miteni, intervenuta con sentenza del novembre 2018 del tribunale di Vicenza, il 100 per cento delle azioni della stessa era detenuto dalla ICI Italia 3 (International Chemical Investors Italia 3 Holding Srl). In vista della predisposizione del programma di liquidazione dell'attivo patrimoniale, con istanza depositata a marzo 2019 e autorizzata dal giudice delegato, in data 5 aprile 2019, il curatore fallimentare ha chiesto al giudice delegato di essere autorizzato a non, ripeto, a non apprendere all'attivo del fallimento il complesso immobiliare dello stabilimento chimico di Trissino, località Colombara 91, con conseguente ritorno di detti beni immobili, a decorrere dal giugno 2019, nella proprietà della Miteni Spa, per poi essere trasferiti alla ICI Italia 3. Ai sensi del richiamato articolo, infatti, il curatore, previa autorizzazione, lo può fare in base alla norma.
Posto quanto sopra, che presumibilmente – lo dico a braccio, ma poi lo leggerete meglio – è collegato al fatto che le misure di bonifica probabilmente costano più del valore patrimoniale, ma è una ragionevole supposizione, che dovrà verificare poi il giudice fallimentare, ciò che rileva ai fini dell'identificazione del soggetto responsabile dell'inquinamento ambientale dell'area non è la persona giuridica che attualmente ne è proprietaria per effetto della mancata apprensione del bene da parte del fallimento della Miteni Spa, bensì la condotta del soggetto titolare del Pag. 23bene al momento della commissione dell'illecito ambientale e la sussistenza del nesso di causalità.
A tale proposito, si evidenzia che, nell'annotazione di polizia giudiziaria conclusiva degli accertamenti svolti in ordine alla delega di indagine emessa dall'autorità giudiziaria di Vicenza in data 13 marzo 2017 nell'ambito del procedimento penale risalente al 2016 relativo all'inquinamento da sostanze PFAS nella provincia di Vicenza, Padova e Verona, è espressamente segnalato che i soggetti apicali della Miteni fin dal 2013 non solo non hanno mai collaborato con le autorità deputate alla gestione di tale emergenza, ma hanno anche dichiarato informazioni false al fine di non far emergere le loro gravissime responsabilità.
Mi può dare, presidente, la mia relazione? Ho perso dei fogli. Non ce l'ha più, è stata già portata via. Allora, abbiate un attimo di pazienza.
Il Ministero dell'ambiente, in ordine a questo, e concludo, per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, provvederà pertanto a costituirsi parte civile nel processo penale del 2016, il procedimento n. 1943, nei confronti dei vertici delle predette società (la Miteni Spa, per intenderci) al fine di ottenere la condanna dei medesimi al risarcimento del danno ambientale, ritenendo tale procedimento la sede più idonea ai fini dell'identificazione dei soggetti responsabili delle condotte illecite da cui è conseguita la situazione di contaminazione da PFAS e di altre sostanze dannose per la salute e la salubrità dell'ambiente.
Ulteriori riscontri, per quanto concerne il soggetto tenuto alla bonifica del sito di Trissino, potranno emergere dal procedimento avviato ai sensi dell'articolo 245 del codice dell'ambiente, ovviamente curati in questo caso dalla provincia di Vicenza, perché è prevista in capo alla provincia di Vicenza la competenza dell'identificazione del responsabile dell'inquinamento da PFAS, che sia ICI o sia Miteni, che ancora non è conclusa. Non appena verrà conclusa, ovviamente noi ci costituiremo anche nei confronti di questo o di questi soggetti. Grazie.
PRESIDENTE. Vorrei fare una precisazione. Sono stato, forse, troppo sintetico per quanto riguarda i controlli. L'ARPA non li fa, ma anche perché non è titolata a farli in laguna. È titolato il Provveditorato. Lo fa, e stiamo vedendo come, attraverso laboratori privati. Ci chiediamo se questa sia una procedura corretta che garantisce...
SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Credo che possiamo trovare un accordo, sentendo il direttore dell'ISPRA: se il sistema agenziale nazionale, coordinato dall'ISPRA, ha laboratori adeguati, e li ha, su tutto il territorio nazionale, si fa una convenzione. Non è che io non li faccia e non li farò. Io servo lo Stato e li faccio, poi trovo l'atto amministrativo per farli, fermo restando che ci sono le forze di polizia e le forze armate che li possono fare indipendentemente da accordi. Meglio essere chiari.
PRESIDENTE. Le faccio, intanto, una domanda. Per quanto riguarda i PFAS, relativamente ai limiti agli scarichi, ma anche alle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione), vista anche la necessità di contestare un reato e ottenere una bonifica, vista la competenza anche dello Stato, questi valori delle CSC verranno messi nella parte IV del Testo unico ambientale e gli scarichi nelle tabelle degli allegati della parte III? Non ho ben capito se il punto di arrivo poi è quello, come credo.
MANFREDI POTENTI. Vorrei domandare al signor ministro, che ringrazio per essere venuto qua da noi in Commissione, se sono stati raccolti, promossi o richiesti i dati relativi alle interazioni di queste sostanze con la salute umana. Anche in riferimento alle aree individuate come luoghi in cui sono avvenuti i rilasci prevalenti sul territorio nazionale di queste sostanze PFAS, sono state approfondite anche le conseguenze legate alla salute umana? Eventualmente, quali intenzioni ha il ministero in quest'ambito?
TULLIO PATASSINI. Ho due domande. Capisco i tempi stretti, quindi non è un problema se ci possiamo anche eventualmente riaggiornare su questi argomenti. Pag. 24
Non so se l'ha espresso nella sua relazione, quindi mi scuso anticipatamente se mi è sfuggito: sulla quantità dei valori PFAS valida per il territorio nazionale è stato mai strutturato o prodotto un decreto ministeriale, per avere delle linee guida?
Inoltre, è stata istituita mai presso il ministero una cabina di regia avente a oggetto proprio la questione PFAS? È importante per la salute pubblica.
Mi dicono poi dal Veneto che non è stato mai firmato il protocollo d'intesa da parte del Ministero dell'ambiente in ordine alla bonifica dei suoli, chiaramente interessati dagli eventi che lei ha già descritto. Le risulta questo dato?
Da ultimo, so che risale un po’ indietro nel tempo, ma è importante anche per chiarire la storia, come diceva lei, delle responsabilità di chi ha creato in provincia di Vicenza, in quei territori, delle criticità: perché il Ministero dell'ambiente non ha mai impugnato l'atto di non apprensione del complesso industriale relativamente al fallimento? In questo modo, il tribunale ha scorporato la parte inquinata dagli asset buoni, e questo è un evidente nocumento per lo Stato. Adesso, infatti, non è possibile neanche recuperare dalla massa fallimentare eventuali partite attive che potrebbero essere utilizzate per la necessaria bonifica dei suoli.
Capisco che risalga a un po’ di tempo addietro, quindi non pretendo una risposta immediata.
PRESIDENTE. Integro, visto che ci siamo occupati proprio del fallimento della Miteni, che è una vicenda molto complessa e curiosa: mi domando se vi siate insinuati nel passivo del fallimento, oltre a costituirvi parte civile.
ALBERTO ZOLEZZI. È un tema importante dal punto di vista sanitario. Ricordo che alcuni studi retrospettivi un po’ grossolani denunciano oltre 1.300 decessi in più nella zona rossa dei PFAS rispetto al resto della regione Veneto, rispetto a quello che doveva essere atteso se fosse stata un'area normale del Veneto.
Soprattutto, nel 2016 la regione Veneto diede mandato all'Istituto superiore di sanità e a se stessa come direzione salute della regione di eseguire uno studio più completo epidemiologico, ma anche integrato da un biomonitoraggio, delle persone residenti per vedere che cosa era successo in termini di salute a molte persone avendo a disposizione anche i dati di quanti PFAS avevano nel loro sangue.
Questa delibera, purtroppo, è stata disattesa. Abbiamo avuto qui in audizione a luglio la dottoressa Dogliotti dell'Istituto superiore di sanità. Chiaramente, sono tutte audizioni pubbliche, per cui mi risulta che quanto è stato detto in relazione a possibili omissioni di atti d'ufficio e altro potrà avere anche un rilievo giudiziario. Dal 2016 a oggi, però, si poteva avere la risposta a quanto chiesto dal collega in precedenza.
Purtroppo, per una serie di aspetti, che chiaramente andranno chiariti da parte di chi di dovere, non abbiamo ancora risposte complete. La letteratura scientifica, compresa quella italiana del professor Foresta, ha però visto l'aumento dell'endometriosi nelle persone esposte ai PFAS e lo studio su 500.000 nascite in regione Veneto documenta un aumento di endometriosi, di nati piccoli, di malformazioni, di eclampsia nelle donne affette proprio da sindrome da PFAS, perché poi era una vera e propria sindrome. Di risposte, quindi, ce ne sono già tante. La risposta definitiva, per motivi che spero che qualche giudice stabilisca, non c'è.
SERGIO COSTA, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Vi ringrazio per le domande. Confermo che è nostra intenzione, mia personale, ma del Governo, inserire i limiti degli scarichi pari a zero, ma è uno zero laboratoriale, il cosiddetto zero virtuale, il livello di riconoscibilità del macchinario, in buona sostanza. Il punto di approdo è quello. Peraltro, l'ho anche detto – non l'ho detto durante la relazione, ma mi avete dato l'occasione con la domanda di proporlo – al Consiglio dei ministri per l'ambiente come Paese Italia, chiedendolo a tutti, sulla Direttiva acque. Non è, infatti, un tema che abbiamo solo noi. Sono in Europa, quindi è un tema da portare a livello internazionale. Stiamo negoziando con l'Europa proprio Pag. 25 per poter portare questo tema, che vuol dire appunto zero laboratoriale, a livello europeo. Stiamo negoziando in questo senso e ci siamo fatti portavoce in Europa dell'argomento, come in atti peraltro risulta.
Quanto alla questione sanitaria e a questa cabina di regia, premesso che ovviamente non è una competenza del Ministero dell'ambiente, come dicevo nella mia relazione, il decreto (collegato: Ministero dell'ambiente-Ministero della salute), che si è interrotto durante il periodo estivo per inciampi governativi e che adesso riproponiamo, serve proprio a questo. In questo modo, si acquisisce il dato sanitario anche dentro gli atti governativi. Si può dare, così, la significanza, collegata poi all'emissione degli scarichi pari a zero. Diversamente, dove l'appoggi, solo sulla letteratura scientifica? Lo devi fare tuo anche dal punto di vista amministrativo. Non so se mi spiego. È, quindi, prodromo ad arrivare poi alla definizione del valore zero degli scarichi. Per me, è esiziale.
È chiaro che il Ministro della salute ha la sua competenza nel caso di specie. Io non mi permetto di dire che cosa deve fare, però sicuramente, come c'era l'accordo precedentemente, ci sarà l'accordo in quest'altro caso. Onorevole, è la stessa cosa.
La cabina di regia, quindi, c'è e ha proprio questo scopo, il must è proprio questo. Peraltro, ARPA Veneto, oltre a ISPRA e ad altri esperti, e CNR, hanno veramente un'esperienza molto solida nella materia e anche un expertise maturata ahimè sulla pelle.
Chiedo, infine, l'opportunità di fare una verifica sulla situazione storica della procedura fallimentare del perché non ci si è costituiti storicamente come MATTM. Io non le so rispondere a braccio, perché risale ad anni fa, non saprei dire, ma faccio una verifica. Se mi date il tempo tecnico, avrò modo attraverso la presidenza di darvi questa risposta.
ALBERTO ZOLEZZI. Pongo alla sua attenzione anche un dato che credo importante, emerso nelle audizioni in Veneto e relativo al processo industriale della concia delle pelli.
Chiaramente, i prodotti contenenti i PFAS sono in moltissime industrie che arrivano al prodotto finito che poi verrà venduto. Mi risulta che al momento non sia prescritto per nessuna industria, nel senso che non esiste una normativa – non sto parlando di un illecito – il fatto di separare la fase in cui vengono miscelati o trattati i PFAS insieme al restante tessuto/materiale, e quindi lo scarico finale del prodotto può contenere o meno PFAS.
Anche su consiglio del dottor Dell'Acqua, il commissario all'emergenza PFAS, sarebbe da introdurre un obbligo di separare la fase di trattamento, di miscelamento dei PFAS, e relativo scarico dalla restante fase. Potremo anche imporre degli scarichi a zero, ma questo è realizzabile in poco tempo e dovrebbe essere integrato con i valori allo scarico.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro, con il quale ci aggiorneremo periodicamente, come ormai è prassi. Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.